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La storia La storia della Riformadella Riforma

La Riforma della ContrattazioneLa Riforma della Contrattazione

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Il consiglio di Ladispoli (1953)

e la “cittadinanza nell’impresa”

La contrattazione aziendale, come modalità da affiancare a quella nazionale, è per la Cisl una priorità fin dal Consiglio di Ladispoli del 1953

Al fine non solo di tenere alti i salari e bassa l’inflazione, ma di sostenere la produttività e la partecipazione

dei lavoratori, ossia di realizzare la “cittadinanza nell’impresa”

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Gli accordi concertativi del 1992-93

Grazie ad un’azione decisa e responsabile la Cisl porta tutto il sindacato alla firma degli accordi del 1992-1993, che:

Introducono una politica dei redditi finalmente organica.

Aboliscono la scala mobile.

Ordinano in modo razionale gli assetti contrattuali su due livelli: uno nazionale di categoria e uno aziendale o territoriale.

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Limiti e divergenze interpretative

La riforma del 1993 prevede che la produttività sia contrattata a entrambi i livelli. Ciò dà luogo a forti controversie fra organizzazioni sindacali:

• La Cgil predilige il primo livello e i meccanismi generalizzati e automatici.

• La Cisl preme sul secondo livello come migliore garanzia di distribuzione della ricchezza prodotta, di partecipazione, di riconoscimento del merito.

Inoltre la riforma non considera che il recupero dell’inflazione deve tener conto delle differenze territoriali nell’aumento dei prezzi

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1997: la Cisl chiede la riforma

Nel 1997 è superata l’emergenza inflazione (con un tasso effettivo del 1,7% contro il 2,5% del Tip) e, in occasione della verifica dell’accordo del ’93: La Cisl chiede di modificare gli assetti contrattuali in favore del 2° livello in modo da sostenere i salari,Ma la ritrosia ideologica della Cgil (a favore del ccnl), la miopia della Confindustria e alcune resistenze interne impediscono il percorso nonostante gli sforzi (1998 “Patto di Natale”, 2001 congresso Cisl).

E’ chiaro che non si può aumentare il peso del livello decentrato senza prevedere una diminuzione del ruolo di quello nazionale

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2004: prove di “federalismo contrattuale”

Il 17 marzo 2004 (dopo mesi di “tira e molla” della Cgil) viene firmato il contratto dell’artigianato:

E’ il primo esempio di federalismo contrattuale: la negoziazione su produttività, previdenza integrativa e recupero dell’inflazione sono affidale al livello regionale.

Ma la speranza di una riforma organica degli assetti contrattuali è vanifica dal niet della Cgil (14 luglio) con l’abbandono del tavolo di trattativa.

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2007: si torna a parlare di riforma

Dal seminario della Cisl si rilancia il dibattito:il mutato contesto (bassa inflazione, nuovo assetto Ue, moneta unica, “questione salariale”) rende necessaria la revisione del modello del 1993, attraverso:

Produttività come materia esclusiva della contrattazione aziendale e territoriale, concertazione su politica dei redditi (prezzi, tariffe e fisco), riferimento inflattivo condiviso;

Utilizzo nei Ccnl di una parte della produttività di settore in caso di oggettiva difficoltà allo svolgimento della contrattazione di 2° livello o per finanziare adeguamenti normativi (orari, inquadramento)

Il problema centrale resta la diffusione della contrattazione integrativa

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Il dibattito del 2007 (1/2)

Il nuovo leader della Ig-Metall tedesca Berhold Huber, protagonista dello storico “accordo di Pfozheim” che ha inserito nel

contratto nazionale la clausola di “apertura” alla contrattazione aziendale,

dichiara la necessità di:

“spianare la strada a alla flessibilizzazione del lavoro e delle retribuzioni, gettando le

basi per lo smantellamento della politica contrattuale centralizzata”

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Il dibattito del 2007 (2/2)

Tiziano Treu in una lettera al Corriere (6 novembre) avverte che le basse retribuzioni e le disuguaglianze:

X NON si correggono aumentando le richieste nelle piattaforme nazionali,

√ MA attuando un welfare attivo e non assistenziale, promuovendo il merito, aumentando la produttività e facendo decollare la contrattazione aziendale.

√ UN legame virtuoso fra salari e produttività si può realizzare solo in azienda.

√ SOLO la contrattazione aziendale può migliorare la distribuzione del reddito e favorire l’innovazione.

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Il freno della Cgil

• La Cisl preme per l’apertura di un tavolo di riforma, anche sulla spinta dell’accordo del 23 luglio 2007 (che agevola il secondo livello di contrattazione) e della Piattaforma di novembre (che la indica come una delle priorità per uscire dall’emergenza salariale)

• La Cgil dopo 10 anni sembra disponibile a superare le proprie contrarietà alla riforma, ma oppone tante riserve e tante pregiudiziali che impediscono il buon esito del negoziato

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Il documento unitario (maggio 2008)

Con le “Linee di riforma della struttura della contrattazione” si giunge ad compromesso fra Cgil Cisl e Uil. Gli obiettivi sono:

Un modello unico per pubblico e privato che superi quello del 1993,

Una strategia più ampia per garantire un welfare solidaristico ed efficiente, un sistema di prezzi e tariffe trasparente, un sistema fiscale equo che pesi meno su lavoratori dipendenti e pensionati,

Ccnl come regolatore e strumento di definizione delle competenze del 2° livello,

Accorpamento di contratti per aree omogenee e per settori (attraverso il Cnel)

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La trattativa fino all’accordo (1/2)

12 Settembre 2008: Confindustria presenta una proposta per proseguire il confronto.

18 settembre 2008: Mentre la Cisl è impegnata la tavolo della trattativa per un risultato positivo, la Cgil di “Epi-maschi” definisce la proposta confindustriale di tipo “autoritario” e “sovietico”(!) e si dichiara pronta ad uscire.

30 settembre: La Cgil dichiara chiusa la trattativa con il pretesto di volerla allargare alle altre associazioni datoriali. In realtà la mossa risponde alla tattica del “rompere e rilanciare”, politicizzando il negoziato e preferendo l’unità interna a quella con Cisl e Uil.

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La trattativa fino all’accordo (2/2)

30 settembre 2008: Cisl e Uil vogliono continuare a trattare per non far fallire l’opportunità di una politica di difesa dei salari e aumento della produttività. Non cercano un patto separato, ma non sono disposti ad accettare diktat

1° ottobre 2008: Confindustria respinge il ricatto della Cgil e apre a Cisl e Uil (e Ugl) facendo proseguire il negoziato

30 ottobre 2008: viene siglato il Protocollo d’intesa con il governo sulla vertenza del pubblico impiego, definendo l’adattamento al settore pubblico a partire dal 2010 del nuovo modello contrattuale che si va costruendo. Con i successivi rinnovi dei contratti del pubblico impiego inoltre si ripristinano le risorse per il salario accessorio e la produttività

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L’accordo (1/3)

22 GENNAIO 2009: firma dell’ACCORDO QUADRO tra governo, associazioni datoriali e sindacati (esclusa la Cgil) sulla riforma degli assetti contrattuali.L’accordo accoglie le principali richieste della piattaforma unitaria:

Nuovo modello contrattuale per tutti i settori privati e pubblici di durata triennale, Nuovo indicatore di inflazione: Ipca, corretto dall’inflazione importata, migliorativo rispetto al Tip e rilevato da un soggetto terzo, Meccanismo di recupero certo, alla fine del triennio, degli scostamenti tra inflazione prevista e quella effettiva,

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Copertura dei nuovi contratti alla data di scadenza dei precedenti,Piena legittimità della contrattazione di secondo livello con aumenti salariali integrativi incentivati attraverso la detassazione e la decontribuzione Nel settore pubblico premi legati al conseguimento di obiettivi di miglioramento della produttività e qualità dei servizi offerti,Elemento retributivo di garanzia per le realtà in cui non si svolge contrattazione di secondo livello,Sviluppo della bilateralità,Definizione, per via negoziale di nuove regole della rappresentanza.

L’accordo (2/3)

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Accordo (3/3)

L’accordo sostituisce quello del 23 luglio 1993, conferma gli obiettivi di miglioramento delle attività delle imprese, dei servizi, della pubblica amministrazione e l’originalità del sistema contrattuale italiano.

Va nella direzione giusta rispetto alle nuove esigenze del sistema-Paese e dei lavoratori: la strutturalità degli sgravi fiscali e contributivi per il salario di produttività costituirà una spinta ad allargare i lavoratori interessati dalla contrattazione aziendale o territoriale.