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COLLANA DEL MASTER “ENRICO MATTEI IN VICINO E MEDIO ORIENTE”

COLLANA DEL MASTER “ENRICO MATTEI IN … di Ennio Di Nolfo, già espressa nel testo (pp. 412-415), ha costituito un momento di ulteriore crescita prendendo coscienza e sviluppando

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COLLANA DEL MASTER “ENRICO MATTEIIN VICINO E MEDIO ORIENTE”

Direttore

Claudio MUniversità degli Studi di Teramo

Comitato scientifico

Bruno ARoskilde Universitetscenter

Paolo BUniversità degli Studi di Enna “Kore”

Massimo CUniversità degli Studi di Trento

Franco CIstituto Italiano di Scienze Umane

Antonio Giulio Maria RUniversità degli Studi di Bari “Aldo Moro”

Ugo FUniversità degli Studi di Napoli “Federico II”

Umberto MCentro Studi Terzo Mondo

Augusto SStudio legale Sinagra–Sabatini–Sanci

Daniele UUniversità degli Studi di Teramo

COLLANA DEL MASTER “ENRICO MATTEIIN VICINO E MEDIO ORIENTE”

Questa collana è l’espressione editoriale del Master “Enrico Mattei in Vi-cino e Medio Oriente”, un corso di studi caratterizzato da un approcciomultidisciplinare e plurale, e da uno scavo “a gradi”, come scrive il suofondatore e direttore Claudio Moffa in un servizio de “Il Sole ore” delgiugno dedicato ai corsi specialistici nelle Università italiane.

Inaugurato il febbraio con una prolusione di Giulio Andreottisulla figura di Enrico Mattei, il Master è giunto alla sua nona edizione, for-te di una lunga serie di conferenze e convegni che hanno visto succedersi levoci più diverse e autorevoli di storici, giuristi, sociologi, giornalisti, intel-lettuali, testimoni, tutti specialisti dei complessi e variegati temi dell’areamediorientale. Tra i docenti: i magistrati Forleo, Priore, Scordamaglia, igiuristi internazionalisti e avvocati Sinagra, Bargiacchi, Barletta-Caldarera,Marinelli, i giornalisti Chiesa, Cucchiarelli, Micalessin, Salerno, Tramballi;storici del Medio Oriente antico, dell’Islam e delle Relazioni Internazionalicome Cardini, Campanini, De Robertis, Pizzigallo, Ilan Pappe e l’archeo-logo Matthiae; sociologi come Melotti e Ungaro; e poi ancora intellettualicome Israel Shamir e Gilad Atzmon, o figure della diplomazia internazio-nale – oltre ad Andreotti – come Samir Al Kassir (Siria), Mordechay Le-vy (Israele), Vittorio Dan Segre (Israele), Antonio Napolitano e AbolfazlZohrevand (Iran). Tante le voci, tanti i temi – articolati in cinque moduli:Storia e Geopolitica, Culture e Religioni, Diritto internazionale e umanita-rio, Economia, Mass media e informazione – ma tanti anche gli scacchieritrattati, oltre le frontiere geografiche di un “Medio Oriente” che – un po’come il “Mediterraneo” di Braudel – non è riducibile a criteri puramenteconfinari: da cui il modulo più volte sperimentato “Il Medio Oriente fuo-ri del Medio Oriente”, che si tratti dell’islamismo ceceno o africano, dellaGeorgia di Gigashvili, o degli Stati Uniti divisi tra Israeliani e Arabi; o delfenomeno terribile proprio perché globalizzato, del terrorismo “islamico”.Una complessità nella complessità, che richiede alte competenze, per unpercorso di ricerca e una didattica professionali e libere.

Ugo Frasca

Le tormentate vicissitudini vaticanein Jugoslavia, URSS e Cina viste dall’Italia

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Aracne editrice

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Copyright © MMXVIIIGioacchino Onorati editore S.r.l. – unipersonale

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via Vittorio Veneto,

Canterano (RM)()

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I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: marzo

Al vero Amico. . .

Indice

Premessa

Capitolo ILo scisma “apparente”

.. Interessi occidentali e intransigenza vaticana, – .. Peculiareposizione dello Stivale, – .. «La Chiesa è completamente italianiz-zata», – .. Il “nodo” comunista, .

Capitolo IIStrategia moscovita e ipocrisia istituzionale

.. Ortodossi, bolscevichi e un comune nemico, – .. La dipartitadi Stalin, .

Capitolo IIIIl terribile impatto

.. Unione Sovietica e diffidenza cinese, .

Conclusioni

Fonti

Indice dei nomi

Premessa

L’obiettivo del presente lavoro consiste fondamentalmente nel com-pletare un percorso di studi realizzato presso l’Archivio Storico Di-plomatico e della Cooperazione Internazionale del nostro Ministerodegli Affari Esteri, grazie all’utilizzo di varie Fonti tra cui i docu-menti dell’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede (-). I duelibri già editi da Studium nel , Antichità e contemporaneità : Ita-lia, Santa Sede e comunismo: il dramma polacco (-); Medioevo eContemporaneità : Santa Sede, Ambasciata d’Italia e Cecoslovacchia (-), hanno rappresentato l’inizio di un cammino proseguito coni due articoli concernenti la Bulgaria e la Repubblica DemocraticaTedesca, pubblicati insieme a un altro libro sulla Grande Guerra dalprof. Francesco Perfetti su «Nuova Storia Contemporanea». Infine,nel ricordare l’estremo contributo umano e professionale dell’im-pegnatissimo e originale prof. Alessandro Duce, il mio sentitissimograzie va anche al prorettore emerito della Libera Università MariaSS. Assunta, prof. Giuseppe Ignesti, autore della Presentazione cheintroduce Fascismo, comunismo e Guerra Fredda : Attenzione dell’Italia ediplomazia vaticana in Albania, Romania, Ungheria (-). Uominiche non hanno temuto di “esporsi” già durante la presentazionealla Camera dei deputati del mio Noi Italiani, poiché la critica neiriguardi di Ennio Di Nolfo, già espressa nel testo (pp. -), hacostituito un momento di ulteriore crescita prendendo coscienza esviluppando l’indirizzo tendenzialmente teologico, evidente negliultimi contributi. Difatti, di lui scrivevo che, «in Dagli imperi militariagli imperi tecnologici, pare confinare nella sfera contingente del pro-gresso materiale eventi contemporanei e del Novecento compositi»,con deduzioni «povere soprattutto di respiro filosofico e teologico»,asserendo che «il dogmatismo appare come il nemico della societàaperta, cioè come principio delle forme di organizzazione politica edi elaborazione del pensiero che non accetta di rimettersi in discus-sione ininterrottamente. La pretesa di conoscere una volta per tutte laverità e di affermarla con ogni mezzo e su ogni piano diviene, da talepunto di vista, un’imposizione priva di radici razionali». Un’ottica

Premessa

simile e rinvenibile in Storia delle relazioni internazionali -, oveafferma addirittura che

la verità storica è solo coerenza soggettiva. il passato, che ogni autore vor-rebbe o narrare o ricostruire o spiegare o capire, è una trama irripetibile dieventi che stimolano la sua sensibilità culturale e politica. Occorre il gustodi ridar senso alla trama, non l’illusione di recuperarne la totalità. [. . . ] Ilpensiero umano ha abbandonato, nella parte del mondo in cui un dibattitostoriografico ha luogo, gli assoluti religiosi e ideologici, aprendosi verso unmodo di riflettere sul passato che non rinuncia alla tradizione culturale masi riconosce, al tempo stesso, come sapere «possibile» e non più come sapere«irreversibile». [. . . ] Nella secolare lotta dell’uomo per conoscere, compren-dere e controllare la natura, gli anni Novanta appaiono dunque come quellidel crollo degli stereotipi semplificanti, delle crisi dei sistemi politici che suquesti basavano la loro coesione, del trionfo del sistema del mercato contutte le sue varianti e contraddizioni ma anche con lo slancio innovativoderivante dalla rinuncia ai valori assoluti e dalla riscoperta del valore creativoe innovativo della ricerca scientifica e delle capacità intellettuali.

Una prospettiva, ho osservato, tendente a negare dignità cultu-rale e professionale al ricercatore intento a individuare i punti fissidell’uomo e quindi della Storia, producendo una visione fondatacomunque sul dogma e l’intolleranza, che pone aprioristicamenteun limite alla ricerca o all’esaltazione di valori assoluti. Né è vero, hoaggiunto, che «il compito dello storico non sia quello di profetizzare»,come sostiene in Prima lezione di storia delle relazioni internazionali,in quanto i giudizi mossi al francese Renouvin, per l’analisi delle«forze profonde», coinvolgono in un’accezione estensiva pure quelleinvisibili dell’essere, per cogliere il significato degli eventi e cercaredi capire dove andiamo. La sua nuova edizione di Storia delle relazioniinternazionali : Dal ai nostri giorni non offre elementi di novitàin tal senso, benché sia come in altri casi un’ottima ricostruzionedell’accaduto. La totalità per lui è inafferrabile, perché «non crede cheesista solo una spiegazione dei fatti del passato né crede che una soladottrina serva a disporli scientificamente. Questa speranza di veritàe completezza, che qui viene consciamente abbandonata, appartie-ne ad altri tempi». In effetti, essa depone a favore di un relativismocontrastante con «l’idea di possedere la chiave dell’interpretazionestoriografica» per cui lo storico non perviene a risultati di rilievo, maa schematismi aridi e “tecnici” privi di slancio spirituale anche ne Ilsignificato politico della politica estera italiana.

Premessa

Sulla medesima scia del medesimo Ateneo fiorentino, FrancescoMargiotta Broglio pensa che nel Terzo Millennio la sfida per gliStati consiste nel favorire l’incontro tra le varie religioni e i loroideali, contrariamente alla pretesa di vantare un monopolio dellaVerità nell’ambito della globalizzazione economica e della cultura.Ho obiettato che la Storia ha natura oggettiva, altrimenti non sarebbescienza, e spetta a noi scoprirne la portata operando un confrontoserratissimo tra i culti, volto a ridefinirne l’essenza reale. Per taliragioni sono dense di attualità le riflessioni di Giuseppe Vedovato inPolitica estera italiana e scelta europea dell’ormai lontano , in cui silegge che la Chiesa di Cristo «è l’unica organizzazione, senza dubbioa raggio mondiale, vitale nel suo profondo afflato di civiltà», tale dadare all’Europa la sensazione di aver ritrovato a Roma

la propria identità ed il suo ruolo, civili perché universali e perché presuppon-gono l’uomo autonomo, libero, spinto verso la solidarietà e la convivenza frai popoli. Non è l’Europa di Yalta, sconfitta, spaccata e umiliata da Roosevelte da Stalin; non è l’Europa del fascismo, del nazismo e delle democrazieborghesi; non è l’Europa dei grandi odi, quella del ’ e di Versailles. Ma èquella antica, con Roma perno centrale a quei cerchi sempre più allargati,capaci, secondo l’immagine di un grande geografo italiano ed europeo, diabbracciare il mondo intero per il valore autentico dei suoi principî, dellesue libere vocazioni e della sua costante creatività. ed è venuto il momentodi far sì che la tecnologia serva il compito di unione, di solidarietà, di rico-struzione intellettuale e spirituale, perché la base della pace fra gli uomini efra le nazioni si fondi su quella redenzione e quella resurrezione per le qualiCristo si è immolato. I problemi politici e non solo politici, quale che essisiano, si risolvono, riappellandosi alle sorgenti della nostra civiltà, non al difuori di esse. e questa civiltà è europea: diciamolo con orgoglio, ma anchecon responsabilità.

Quanto s’intende comunque sottolineare, in questa sede, è ilrispetto per le scelte o le inclinazioni di ogni studioso poiché diversa-mente il confronto storiografico diventa solo una maschera oltre laquale può nascondersi un clima di “cordata” che acceca. Premessociò, il presente studio è un ulteriore tentativo volto a porre l’accentosull’immane sofferenza patita dal mondo cattolico nei regimi comu-nisti anche per la resistenza opposta dai Pontefici, a differenza di altreChiese, al materialismo senza alcuna possibilità di compromesso.La vittoria dei Pontefici, paragrafo del mio Noi Italiani, rappresentapertanto uno stimolo ulteriore alla luce delle indagini specifiche com-piute riguardo all’azione della Chiesa cattolica nei primi anni dellaGuerra Fredda, che rivela ricchi spunti di riflessione allorquando il

Premessa

suo operato è stato davvero immane nell’opporsi ideologicamente edeticamente alla tirannide bolscevica, fondata sull’irrazionale ateismoche è tale perché nessuna mente umana può negare la magia dell’U-niverso e astenersi dal porre interrogativi. Un impegno intensissimo,quello della Santa Sede nei Paesi d’“oltre cortina”, contraddistintoda una diplomazia prudente, paziente quanto determinata e simileperciò a quello profuso da Alcide De Gasperi per spingere l’Italialontano dalla sconfitta fascista, evitando nel contempo l’abisso comu-nista e operando con acume, inneggiando alla libertà e seguendo condiligenza, sincerità e partecipazione il martirio subito dal Vaticanoanche in Jugoslavia, Unione Sovietica e Cina. Ecco allora l’ottica giàriportata a proposito di Alcide De Gasperi, Vaticano e regimi dell’Est inAntichità e Contemporaneità. . . (pp. -), considerando appuntole sue esternazioni circa «Le basi morali della democrazia» rese aBruxelles e inviate al ministro Carlo Sforza dall’ambasciatore pressola Santa Sede, Pasquale Diana, il novembre . Per il nostro Pre-sidente del Consiglio «l’ottimismo di Rousseau ha fatto sentire la suainfluenza nella dittatura comunista, più di quanto non si creda», deri-vando il male nell’uomo dalla vita sociale e, per i marxisti ortodossi,dalla proprietà privata. Tuttavia, per il Presidente del Consiglio, lafonte di ciò che è nefasto alberga nel cuore della persona, che è «nonsolo il trastullo della libido possidendi ma anche della libido dominandi,della volontà di dominare». La strada della perfezione, tra figli di Dio,si realizza perciò in una libera democrazia nell’amore, che «esigelo spirito di sacrificio nel servizio della comunità» e, richiamandoMontalembert, Carlo Woeste, Donoso Cortés, De Gasperi disquisivadi politica interna, che certamente era un tutt’uno con quella estera,realizzando l’armonia tra pensiero, azione e testimonianza, grazie al-l’incrocio tra Teologia e Relazioni internazionali, «facendo appello atutte le risorse del cristianesimo, la cui età dell’oro non sta nel passatoma nell’avvenire». Affermava, inoltre, che «non abbiamo il diritto didisperare dell’uomo, né come individuo né come collettività: nonabbiamo il diritto di disperare della storia, poiché Dio lavora non solonelle coscienze individuali, ma anche nella vita dei popoli». Un’ideaattualissima nel Terzo Millennio suffragata dalla giustizia sociale, per«risolvere il grande problema di una più equa circolazione e riparti-zione dei beni, messi a nostra disposizione dal progresso», mentre«nei paesi latini l’eccessivo individualismo e liberismo si presentaronocome un ostacolo» alla medesima e perciò «la partecipazione delleforze operaie organizzate alla vita pubblica deve essere tale da intro-

Premessa

durre negli organi politici l’impulso verso la giustizia economica enegli organi economici il presupposto irremovibile della libertà poli-tica». Tutto ciò ovviamente non poteva prescindere dalla pace e dallanecessità di «ricorrere alle energie ricostruttive ed unitarie di tuttal’Europa» alla quale l’Italia era pronta a dare il suo contributo. Infine,«noi abbiamo imparato a negligere la cosiddetta abilità della tatticamachiavellica per confidare, invece, nelle grandi linee strategiche diuna politica di civiltà, animata dai valori umani e cristiani, così glialtri popoli, abbandonando gli egoismi propri di tradizioni ormaisuperate, sentano i vincoli di una solidarietà rinnovatrice».

Pensieri nobili quanto odiernissimi, che presuppongono una co-noscenza profonda sia dei valori che degli strumenti per raggiungerli.Persino l’indagine storica non può prescinderne, per cui è logicoquanto asserito da Henri-Irénée-Marrou, docente cattolico pressole note Università di Montpellier, Lione e della Sorbona, riguardoalla possibilità di utilizzare validamente un documento d’archivio eogni oggetto suscettibile di fornire informazioni, perfino un monu-mento e «osservazioni di ogni genere». Essi sono utili allo storico«soprattutto uomo in tutta la sua complessità», capace di percepireuna prospettiva inedita fruendo pure di fonti già abbondantementesviscerate in passato. Ha ragione quindi nel constatare che, in al-ternativa all’obiettivismo della vecchia scuola positivista fondato suun’impostazione fredda o distaccata dello studioso, si punti invecesulla creatività per coinvolgere ogni slancio vitale dello Spirito. Mal-grado quest’ultimo sia frutto di attitudini, conoscenze, mentalità ecultura proprie di natura prettamente esistenziale, in sintonia conHeidegger, non deve cadere però nell’eccesso opposto, ponendo l’io«al centro e come all’origine di ogni storia». Ciò, pur apprezzandola dottrina di Raymond Aron, in quanto «a un certo momento unindividuo comincia a riflettere sulla sua avventura, una collettività delsuo passato, l’umanità sulla sua evoluzione». Non dobbiamo lasciarciprendere, cioè, dall’influsso negativo delle passioni sulla razionalità,che si avvale dei principî di Cicerone e Tacito, in base ai quali biso-gna «evitare assolutamente ogni sospetto di favore o odio» e «nonparlare di alcuno con amore o risentimento», malgrado l’enfasi attri-buita dallo stesso intellettuale ai ragionamenti di Aron o all’idea diWilhelm Dilthey «sulla storia universale come estrapolazione dell’au-tobiografia». Si è certamente d’accordo che la prima sia al contempo«percezione dell’oggetto e avventura spirituale del soggetto conoscen-te», non totale oggettivismo né radicale soggettivismo, non «cieco

Premessa

dogmatismo» né «avvilente scetticismo» di chi esplora. Allo stessomodo, è condivisibile che questi «dovrebbe saper tutto, aver vistoletto e conosciuto ogni cosa», quantunque l’apprendimento risultiattendibile solo se costituito su supporti razionali e consistendo, unodei suoi compiti maggiori, nel recupero delle virtù di ieri per arric-chire il presente. Sono meritevoli conseguentemente le riflessioni diCinzio Violante nell’introduzione all’edizione italiana del medesimolibro di Marrou, La conoscenza storica, a favore di un fine ultimo «inriferimento al quale tutti gli avvenimenti umani, in rapporto tra loro,assumono un significato definitivo e acquistano un valore assoluto».Un’angolatura colta esclusivamente per mezzo della fede trascen-dente alla luce della rivelazione divina, il “mistero della storia” disant’Agostino, per il quale il fatto non è racchiuso nella dimensionecontingente in chi l’oltrepassa al di là del tempo. Appaiono giustepertanto le conclusioni del professor Giuseppe Ignesti, espresse in unincontro nazionale di docenti, secondo cui «dobbiamo farci teologi»nell’afferrare i fondamenti scientifici delle nostre acquisizioni, inco-raggiando «un autentico e utile dialogo con quanti nel nostro campodi ricerca e di insegnamento sono mossi da altre visioni ideologiche,religiose, culturali». Insomma, precisano Ottavio Barié, Massimo deLeonardis, Anton Giulio de’ Robertis e Gianluigi Rossi in Storia dellerelazioni internazionali : Testi e Documenti (-), occorre andareoltre «una visione angustamente diplomatica» pur rispettando «i pregie il rigore» della disciplina.

Infine, non può essere trascurata la sana provocazione di De Leo-nardis allorquando invita a recuperare dal passato più remoto elementiadatti a inquadrare in maniera più compiuta il presente, poiché «laStoria delle relazioni internazionali non si pone limiti cronologici»,scrive in Storia dei Trattati e Politica Internazionale : Fonti, metodologia,nascita ed evoluzione della diplomazia permanente. Ecco allora il richiamoalle Città-Stato greche o al contributo dei romani nella prassi diplo-matica, ponendo le basi del Diritto internazionale, mentre l’Imperod’Oriente migliorava significativamente le tecniche, aspetti approfondi-ti dall’Autore anche in Fede e Diplomazia : Le relazioni internazionali dellaSanta Sede nell’età contemporanea. Coglie momenti peculiari delle sceltecattoliche precisando che hanno caratterizzato la politica estera «piùantica del mondo», operando nell’ambito della Respublica Christiananonché in quello degli Stati sovrani e dei totalitarismi fino alla “guerrafredda”. Il diplomatico permanente era già presente in veste di inviatostabile presso l’Imperatore d’Oriente dal V secolo, mentre papa Grego-

Premessa

rio X, nel XIII, «teorizzò formalmente il principio dell’immunità» e nel nacque la Pontificia Accademia Ecclesiastica per la formazione disacerdoti da impiegare nel settore. Il docente cita poi alcuni passaggiconcernenti gli auguri di inizio anno rivolti da Benedetto XVI e papaFrancesco al Corpo diplomatico, volti a evidenziare «il ruolo della reli-gione per l’ordine e la pace internazionali», constatando che «quando sicessa di riferirsi a una verità oggettiva e trascendente, com’è possibilerealizzare un autentico dialogo?» In effetti, senza una tale apertura l’uo-mo è facile preda del relativismo e quindi l’armonia tra le nazioni nonprescinde dalla Verità, né si edificano «ponti tra gli uomini dimentican-do Dio». Bisogna perciò dimostrare l’autentico valore di tali asserzioniper rendersi conto pienamente dell’azione svolta dalla Santa Sede per-sino in frangenti e situazioni estremi e De Leonardis indica non sologli scontri con nazismo e comunismo, ma anche quelli «con regimiespressione di un violento anticlericalismo di stampo massonico, comela Seconda Repubblica spagnola e il Messico». Rammenta all’uopo do-cumenti importantissimi dopo il Concilio Vaticano II, tra cui DignitatisHumanae, Nostra Aetate e Gaudium et Spes, che «segnarono un profondoripensamento della dottrina tradizionale della Chiesa sui suoi rapporticon le altre religioni del mondo». È la «scuola storica di analisi dellerelazioni internazionali» guidata prima di lui da Ottavio Barié pressol’Università del Sacro Cuore dell’Università Cattolica di Milano, citatada Anton Giulio De’ Robertis in Riflessioni del terzo dopoguerra : Riseand Withering of the “Third Chance”. Ne espone l’intento di superare «ilrilevamento cronicistico dei fatti concreti e di cogliere la dimensionestorica», richiamando Machiavelli e l’idea che per scrutare nel futurooccorre capire quanto già accaduto, eludendo «scelte politiche ignaredel passato e di quanto l’eredità di esso andava riservando».

Un percorso di ricerca, dunque, particolarmente toccante per lesue connotazioni prettamente esistenziali, conseguito in questa sedegrazie pure agli studi realizzati e ai risultati raggiunti con i contributiprecedenti, cui si rimanda per le problematiche più generali concer-nenti il contesto storico-politico e diplomatico. Ciò, analizzando idocumenti editi ma soprattutto quelli dell’Ambasciata d’Italia presso laSanta Sede (-) nell’ambito dell’Archivio Storico Diplomaticoe della Cooperazione Internazionale del Ministero degli Affari Esteri.Quanto a un aspetto formale, si avverte il lettore che si è inteso evita-re gli antiestetici numeretti in apice relativi alle note, chiaramenterimandate alle Fonti con l’indicazione dell’autore o del mittente diun atto, accompagnata da date, concetti e pagine corrispondenti.