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POLITIKÒN ZÔON Collana di Storia del pensiero politico

Collana di Storia del pensiero politico 1 - aracneeditrice.it · scenza di autori, temi e ricerche nell ... Il mulino, Bologna, 1992, ... aspetti dottrinali e sistematici della riflessione

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POLITIKÒN ZÔONCollana di Storia del pensiero politico

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DirettoriAlessandro AUniversità degli Studi di Napoli Federico II

Giovanni BUniversità degli Studi di Torino

Giorgio SUniversità degli Studi di Palermo

Comitato scientificoAlberto CUniversità degli Studi Niccolò Cusano – Telematica Roma

Chiara CUniversità Cattolica di Milano

Alberto D SUniversità degli Studi di Genova

Marta FUniversità degli Studi di Padova

Claudia GUniversità degli Studi di Palermo

Fausto PUniversità degli Studi di Perugia

Fabio RUniversità degli Studi di Salerno

Comitato scientifico internazionaleJoseba AUniversidad del País Vasco

Pierpaolo ASt. John’s College – University of Cambridge

Jérémie BCNRS – Centre national de la recherche scientifique – Paris

Jean–Yves FUniversité de Rouen – Normandie

Benedetto FCity University of New York

Maurizio IQueen Mary University of London

Koen SErasmus Graduate of Social Sciences and the Humanities – Rotterdam

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POLITIKÒN ZÔONCollana di Storia del pensiero politico

Nata all’interno del mondo universitario grazie all’iniziativa di ungruppo di studiose e studiosi di varie provenienze ed esperienzeaccademiche, la collana intende contribuire alla diffusione della cono-scenza di autori, temi e ricerche nell’ambito della Storia del pensieropolitico. Come questa è una disciplina da sempre dialogante conaltre, così Politikòn Zôon è aperta alla filosofia politica e del diritto, airapporti tra teorie, istituzioni politiche e sistemi giuridici, alla storiaintellettuale e delle idee e a quella delle tradizioni e dei linguaggipolitici, in una dimensione che è tanto quella locale quanto quellainternazionale e globale, e in un’ottica sia di breve periodo sia dilunga durata.

Essa si rivolge alla comunità scientifica e a un pubblico più vastodi cultori e appassionati, mettendo a disposizione lavori originali, me-todologicamente rigorosi e innovativi: saggi monografici di giovaniricercatori e di studiosi affermati; lavori collettanei frutto di avanzatecompetenze intorno a prospettive, temi e problemi rilevanti; edizionicritiche di testi inediti o dimenticati, di grandi autori o dei cosiddetti“minori”, in grado comunque di approfondire e problematizzare losguardo sulla storia del pensiero politico; traduzioni, infine, di operestoriografiche straniere che possano costituire significativi strumen-ti di lavoro. I testi saranno sottoposti alla valutazione del comitatoscientifico e alla revisione tra pari.

Ad animare, nel suo complesso, tale iniziativa editoriale è la con-vinzione che non possa esservi autentica indagine scientifica senzacondivisione e dialogo: questo è lo spirito del percorso che qui siintende intraprendere.

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La pubblicazione di questo volume è stata possibile grazie al contributo dell’Univer-sità degli Studi di Padova – Dipartimento di Scienze Politiche, Giuridiche e StudiInternazionali SPGI.Giorgio Scichilone e Marta Ferronato desiderano dedicare questo lavoro ad ArtemioEnzo Baldini e a Franco Todescan.

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Lo scrittoio dell’intellettuale

Il conflitto: itinerari storico–politici

a cura di

Giorgio ScichiloneMarta Ferronato

Contributi diAngelo Arciero

Alessandro ArienzoArtemio Enzo Baldini

Andrea CatanzaroChiara Continisio

Marta FerronatoLuigi Firpo

Claudia GiurintanoDiego Lazzarich

Fausto ProiettiFabio RaimondiGiuseppe Sciara

Giorgio Scichilone

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Aracne editrice

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Copyright © MMXVIGioacchino Onorati editore S.r.l. – unipersonale

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via Sotto le mura,

Canterano (RM)()

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I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: dicembre

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Indice

9 Premessa. Sui pensatori politici minori Giorgio Scichilone 19 Introduzione. Sul conflitto Marta Ferronato 31 Per una ricerca sistematica sugli scrittori politici italiani

“minori” Luigi Firpo 35 Perché studiare i pensatori politici minori

Artemio Enzo Baldini 43 L’arte di governo tra poimeniké e magheiriké: Dione Cri-

sostomo e l’antitesi monarchia–tirannide nei Discorsi sul-la Regalità

Andrea Catanzaro 59 Giordano Bruno: la politica della natura Fabio Raimondi 79 Valeriano Castiglione, tacitista, neostoico e cortigiano Chiara Continisio 97 Conflitto e “moderazione” nel pensiero politico di George

Savile, Marchese di Halifax Alessandro Arienzo

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8 Indice

113 Vattel e il nuovo ordine politico post-westfaliano Diego Lazzarich 131 Nicola Spedalieri: la delegittimazione del nuovo ordine Claudia Giurintano 153 Il pensiero politico–costituzionale di Chateaubriand e il

conflitto tra la nuova e la vecchia Francia (1814–1816) Giuseppe Sciara 173 Una fonte trascurata dell’antiparlamentarismo: Émile De

Girardin e la sua proposta di “Simplification du gouver-nement” (1850)

Fausto Proietti 191 Irving Babbitt: la polemica antiromantica e il lascito di

Burke Angelo Arciero 215 Pace e guerra tra le nazioni: costituzionalismo e federali-

smo nel pensiero politico di Vittorio Emanuele Orlando Giorgio Scichilone 239 «Quell’operazione di dispendioso massacro e di preteru-

mana stupidità»: appunti su guerra e antropologia ne Le due città di Igino Giordani

Marta Ferronato 259 Indice dei nomi a cura di Lucia Martines 269 Autori

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Premessa

Sui pensatori politici minori

di GIORGIO SCICHILONE

Una raccolta di saggi1 che ha l’obiettivo dichiarato di studia-re pensatori politici “minori” trova — come è ben noto agli ad-detti ai lavori — il suo solido fondamento in una ormai quasi secolare stagione di riflessione sui fondamenti epistemologici e sul metodo di indagine propri della storia del pensiero politico, con i suoi intensi dibattiti, la pluralità delle sue tradizioni e le inevitabili rotture2.

Per giustificare la scelta — da cui questo volume trae la sua ragion d’essere e che viene nel dettaglio presentato da Marta Ferronato nelle pagine che seguono questa premessa — di ri-proporre figure significative (e successivamente trascurate) che

1 Marta Ferronato ed io desideriamo ringraziare Lucia Martines, che con pazienza e attenzione ci ha supportati nella preparazione grafica del testo in vista della stampa.

2 Non è possibile qui dare conto degli innumerevoli saggi e lavori relativi alla storia del metodo della storia del pensiero politico con particolare riferimento all’Italia. Indi-spensabile rimane il testo di S. TESTONI BINETTI, La Storia delle Dottrine Politiche in un dibattito ancora attuale, in «Il Pensiero Politico», IV, n. 3, 1971, p. 305-380 e la bi-bliografia in esso contenuta. Si vedano, tra gli altri, alcuni saggi significativi come E.A. ALBERTONI, Introduzione alla storia delle dottrine politiche: tre saggi di ricerca, Cisal-pino-Goliardica, Milano 1977; G.M. BRAVO, S. ROTA GHIBAUDI, Il pensiero politico contemporaneo, FrancoAngeli, Milano 1985, I, pp. 11-18; S. ROTA GHIBAUDI, Che cos’e la storia del pensiero politico?, Olschki, Firenze 1987; E. GUCCIONE (a cura di), Strumenti didattici e orientamenti metodologici per la storia del pensiero politico, Ol-schki, Firenze 1992; N. MATTEUCCI, Alla ricerca dell’ordine politico: da Machiavelli a Tocqueville, Il mulino, Bologna, 1992, pp. 7-30; S. ROTA GHIBAUDI, Il difficile mestiere dello storico del pensiero politico, in Studi politici in onore di Luigi Firpo, a cura di S. Rota Ghibaudi, F. Barcia, FrancoAngeli, Milano 1990, pp. 139-155; A. D’ORSI, Guida alla storia del pensiero politico, La Nuova Italia, Scandicci 1995; G.M. BRAVO, C. MA-LANDRINO, Profilo di storia del pensiero politico: da Machiavelli all’Ottocento, Caroc-ci, Roma 2000, pp. 13-21.

9ISBN 978-88-548-9924-7, DOI 10.4399/97888548992471, pag. 9–17 (dicembre 2016)

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hanno avuto un ruolo intellettuale e un peso teorico-politico nei loro rispettivi contesti storici, basta richiamare la lezione meto-dologica dei due maggiori “classici” italiani fra gli studiosi e docenti di storia delle dottrine politiche, maestri riconosciuti della materia (non solo in senso scientifico ma anche accademi-co): Gaetano Mosca e Luigi Firpo. Nella Prefazione alla prima edizione della Storia delle dottrine politiche del 1937 Mosca esplicita l’oggetto del manuale: dai «più antichi cenni del pen-siero politico […] alle dottrine più recenti»; lo studioso palermi-tano opera una selezione di autori, reputati rilevanti, che si sono dedicati «allo studio dei problemi politici»3. Firpo invece intro-duce la Storia delle idee politiche economiche e sociali, la mo-numentale opera di otto volumi portata avanti con innumerevoli collaboratori e pubblicata nel 1982, mostrando l’inadeguatezza del termine dottrina, fedele trasposizione degli anni Trenta dal tedesco in cui era frequente l’uso di Lehre, che produce «effetti riduttivi e rinunciatari quasi che le grandi sintesi speculative, gli aspetti dottrinali e sistematici della riflessione politica fossero degni di passare alla storia e, come tali, meritassero l’onore e il dispendio di una ricerca scientifica»4. Da questo presupposto il passaggio dalla “Storia delle dottrine” a quello delle “idee poli-tiche”, che dà il titolo all’enciclopedia firpiana e al suo progetto, è così argomentato: «Già legata, pertanto, a contingenze stori-che e di regime, nonché ad un momento culturale di attardato i-solamento, questa delimitazione troppo rigida tende oggi a farsi più comprensiva e sfumata, abbraccia con le austere “dottrine” anche i meno ambiziosi pensieri e tutta quanta la materia, tanto più varia e ineguale, del ribollente magma delle “idee”, secondo un’accezione anche più ampia e stimolante, che ha ispirato […] il titolo della presente Storia»5.

3 G. MOSCA, Storia delle dottrine politiche (1937), Laterza, Bari 1962, p. 7. Come è

noto, la prima edizione del libro è del 1937 edito da Laterza, che riprende una versione precedente del 1932 dal titolo Lezioni di storia delle istituzioni e delle dottrine politiche edito da Castellani.

4 L. FIRPO, Storia delle idee politiche, economiche e sociali, Utet, Torino 1982, vol. I, p. VI,

5 Ivi, p. VII.

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Premessa 11

Sulla scia di una tale prospettiva si muove la più vasta storia delle idee, senza ulteriori determinazioni, come è stata immagi-nata da Arthur O. Lovejoy (la cui The great chain of being è del 1936) fino a H. Stuart Hughes (per citare due esempi autorevo-li), un’indagine che esplora un campo di ricerca sconfinato, che consente di includere nell’analisi storiografica le svariate mani-festazioni di pensiero nelle più diverse forme, una straordinaria vi-sione che, nonostante la distanza da una storia intellettuale specifi-catamente politica, si addentra negli ambiti culturali in cui vengono alla luce idee e teorie politiche e le circolazioni geostoriche di pen-siero politico che finiscono per avere rilevanza nella storia sociale. Le parole dell’autore di Consciousness and society (1958) sono un’esemplificazione luminosa di una tale prospettiva:

La storia delle idee è un genere di storia che, com’è naturale, si oc-

cupa al medesimo titolo di pensieri e di sentimenti, di argomentazioni ragionate e di slanci appassionati. L’intera gamma delle espressioni uma-ne, quale si manifesta nello scrivere, nel parlare, nelle consuetudini e nelle tradizioni rientra nel suo orizzonte. In realtà ogni manifestazione di umanità più esplicita di un grido animalesco può in certo senso essere considerata oggetto di storia delle idee6. Nello stesso tempo in cui H. Stuart Hughes pubblicava appun-

to Consciousness and society: the reorientation of European so-cial thought, 1890-1930, e quindi prima che Luigi Firpo mettesse a punto il suo progetto storiografico con quella declaratoria che oggi costituisce il riferimento metodologico nell’ambito degli studi storico-politici, nel 1959 Jean Touchard licenziava il suo Histoire des idées politiques, chiarendo i confini del lavoro del proprio gruppo di specialisti da lui diretto. Marcando, al di là del ricono-sciuto debito intellettuale, una differenziazione con il grande classico della storiografia politica francese pubblicato dieci anni prima, Les grandes oeuvres politiques di Jean-Jacques Cheval-lier, la premessa è un’efficace ed esemplare manifesto dello statu-

6 H. STUART HUGHES, Coscienza e società. Storia delle idee in Europa dal 1890 al

1930, Einaudi, Torino 1967 (ed. or. 1958, Consciousness and society: the reorientation of European social thought, 1890-1930).

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to epistemologico della storia del pensiero politico di cui appare assai utile riportare un ampio stralcio:

La distinzione tra “dottrine politiche” e “idee politiche” è un dato

fondamentale per tutti quelli che hanno collaborato a questo libro. Co-me può leggersi nel Littré, la dottrina è “un complesso dei dogmi – re-ligiosi e filosofici — che guidano un uomo nell’interpretazione dei fatti e nella direzione della propria condotta”. Pressoché identica la definizione del Larousse. Da entrambe queste definizioni possiamo quindi dedurre che la dottrina politica è un sistema complesso di pen-siero fondato su di un’analisi teorica del fatto politico. […] La espres-sione “idee politiche”, così come la usa Thibaudet parlando delle “i-dee politiche della Francia”, è più ampia. Qui non dobbiamo limitarci ad analizzare i sistemi politici elaborati da qualche pensatore, ma oc-corre invece riportare questi sistemi in un determinato contesto stori-co, cercando di vedere come siano nati e che cosa rappresentassero per i contemporanei7.

Data una simile distinzione tra dottrine e idee, la scelta di Tou-

chard di indagare sul campo più ampio della storia delle idee poli-tiche è rimarcata in modo netto per presentare il rovesciamento di paradigma interpretativo rispetto al classico Chevallier:

Nell’espressione “storia delle dottrine politiche” il termine “storia”

ci sembra assumere maggiore rilievo del termine “politico”. Non cre-diamo affatto alla politica pura, e la storia delle idee politiche ci appare inseparabile dalla storia delle istituzioni e delle strutture sociali, dei fatti e delle dottrine economiche, dalla storia della filosofia, delle religioni, della letteratura, delle tecniche, ecc. Estrapolarne qualche dottrina e stu-diarla sub specie aeternitatis, confrontarla a una certa concezione della scienza politica, a una sorta di archetipo è opera di indiscutibile interes-se; ma da parte nostra si è cercato di fare qualcosa di diverso; non ci siamo cioè tanto preoccupati di analizzare nei dettagli qualche sistema politico, quanto di puntualizzare questi sistemi in un’epoca e in una so-cietà determinate. […] L’analisi delle “grandi opere politiche” occupa in questo uno spazio relativamente limitato. […] Più che studiare nel parti-colare Lo Spirito delle Leggi o Il Contratto Sociale, ci siamo sforzati di dimostrare, o almeno di suggerire: 1) che Lo Spirito delle Leggi non esprime tutto il pensiero di Montesquieu, allo stesso modo che il pensie-ro di Rousseau non si esaurisce nel Contratto Sociale, e che inoltre,

7 J. TOUCHARD, Storia del pensiero politico (1a ed. or. 1959), Etas libri, Milano

1986, p. IX-XI.

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Premessa 13

l’opera di un autore bisogna studiarla nel suo contesto; 2) Che le opere di Montesquieu e di Rousseau sono ben lontane dal riassumere le idee politiche della Francia nel XVIII secolo: per molti aspetti, invece, resta-no ai margini della ideologia dominante — l’utilitarismo borghese —, che trova invece espressione nelle opere di Voltaire, Diderot, Hume, Franklin, ecc8.

Di qui l’anello di congiunzione stringente tra la storia delle

idee politiche e la categoria dei pensatori cosiddetti minori, una fattispecie indubbiamente duttile, anche scivolosa, ma che ha come idea generale quella di includere nello studio della storia politica un patrimonio culturale ritenuto essenziale o prezioso offerto da teorici che, nonostante abbiano scritto testi di filoso-fia o teoria politica importanti ed influenti nel loro tempo, ovve-ro da intellettuali i quali, pur non avendo presentato un sistema di pensiero politico organico e sistematico hanno, con le loro opere (politiche, ma anche letterarie, artistiche, pubblicistiche ecc.) contribuito, come i primi, al dibattito teorico-politico del proprio ambiente storico in modo rilevante, e successivamente, quanto gli uni che gli altri, siano in sostanza caduti in oblio dal-la lettura dei posteri. Touchard non potrebbe essere più chiaro alla fine del suo ragionamento:

Molto ampio lo spazio lasciato ad autori che non sono “pensatori

politici”, ma le cui idee, avendo ottenuto a loro tempo una grande diffu-sione, crediamo possano contribuire a rendere più chiara la condizione di una certa società. Forse abbiamo indugiato troppo sui “minori”? In-dubbiamente, penseranno alcuni dei nostri lettori9. La primissima osservazione è che lo storico francese sembra

operare — e quindi anticipare — una svolta metodologica ri-spetto al suo illustre predecessore Chevallier simile a quella che Quentin Skinner avanzerà nel 1978 con The Foundation of Mod-ern Political Thought nei confronti del celebrato studio di Pierre Mesnard sul pensiero politico rinascimentale, L’essor de la phi-losophie politique au XVIe siècle, la cui prima edizione in fran-

8 Ibidem.

9 Ibidem.

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cese è del 1936. L’influente opera di Skinner è tra i risultati più appariscenti della cosiddetta Cambridge School, l’ambiente ac-cademico-scientifico in cui storici come Peter Laslett, John Po-cock, John Dunn10 e appunto Skinner innovano durante gli anni Sessanta lo studio della storia del pensiero politico attraverso un approccio contestualistico. Nelle parole di Pocock, «what is proposed is not that we should study the history of political phi-losophy, but that we should study political philosophy histori-cally»11. Su questa scia, Quentin Skinner ha voluto presentare con un’enfasi particolare la propria metodologia volta a rivolu-zionare lo studio dei testi politici12, dando un ruolo risolutivo alla correlazione essenziale tra testo e contesto per l’interpretazione delle opere e delle teorie politiche. Il passaggio cruciale esposto nella prefazione fornisce una sintesi di quella metodologia che l’autore di The Foundation ha esposto in innumerevoli saggi:

One dissatisfaction I fell with the traditional ‘textualist’ method is

that, although its exponents have generally claimed to be writing the his-tory of political theory, they have rarely supplied us with genuine histo-ries. It has rightly become a commonplace of recent historiography that, if we wish to understand earlier societies, we need to recover their dif-ferent mentalités in a broadly sympathetic a fashion as possible. But it is hard to see how we can hope to arrive at this kind of historical under-standing if we continue, as students of political ideas, to focus our main attention on those who discussed the problems of political life at a level of abstraction and intelligence unmatched by any of their contemporar-ies. If on the other hand we attempt to surround these classic texts with their appropriate ideological context, we may be able to build up a more realistic picture of how political thinking in all its various forms was in fact conducted n earlier periods. One merit I should thus like to claim for the approach I have described is that, if it were practised with suc-

10 J. DUNN, The identity of history of ideas, in «Philosophy», 43 (164), 1968, pp.

85-104. 11 J. G. A. POCOCK, The history of political thought: a methodological inquiry, in P. LASLETT, W.G. RUNCIMAN (eds.) Philosophy, Politics and Society, 2nd ser., Barnes and Noble, New York 1962, pp. 183–202, ora in J. G. A. Pocock, Political Thought and History. Essays on Theory and Method, Cambridge University Press, Cambridge 2009, p. 58.

12 Rinvio, a questo proposito, a G. SCICHILONE, La libertà e il mestiere dello sto-rico. Dialogo con Quentin Skinner, Teoria Politica, 1, 2003, pp. 177-191.

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Premessa 15

cess, it might begin to give us a history of political theory with a genu-inely historical character13.

Sulla scorta di simili considerazioni, se un accenno metodo-

logico deve essere qui fatto, si può senz’altro sostenere che il campito che ci siamo dati, o ciò a cui ci siamo ispirati, è stato esattamente questo, indugiare sui cosiddetti minori, come ha scritto Touchard. Del resto, recuperare il contesto storico attra-verso uno scavo che porti alla luce la maggior quantità possibile di informazioni per comprendere idee, pensieri, teorie e dottrine politiche di un’epoca è ritenuto oggi obbligatorio. Ma non si po-trebbe neppure escludere che in un senso lato anche Gaetano Mosca, per il quale era essenziale il termine dottrina, abbia avu-to un’attenzione a una tale esigenza, declinata espressamente in termini di reciprocità tra organizzazioni politiche e teorie politi-che. Enfatizzando infatti come l’interpretazione delle dottrine politiche non possa prescindere dalle istituzioni politiche alle quali esse sono storicamente legate14, di fatto stabilisce una con-nessione stringente tra il pensiero politico e la relativa epoca. Il punto naturalmente non è questo, che di per sé sarebbe scontato. Occorre guardare a ciò che di peculiare e ancora prezioso con-tiene quel manuale che è stato un riferimento per diverse gene-razioni di studiosi e studenti universitari della disciplina in Italia e oggi ineluttabilmente datato. I primi passaggi della Storia del-le dottrine politiche assumono al riguardo un’importanza deci-siva. A distanza di circa cinquant’anni dalla Teorica dei Governi e governo parlamentare, nella Storia Mosca ripropone in modo quasi letterale la nozione di formula politica. Ma è la cornice ‘e-ditoriale’ a rendere differente il senso dell’intuizione giovanile. A

13 Q. SKINNER, The Foundation of Modern Political Thought, Volume I: The Re-naissance, Preface, Cambridge University Press, Cambridge 1978, p. xi.

14 Questa reciproca azione del pensiero sul fatto politico e di questo sul pensiero spiega perché è impossibile studiare la storia delle dottrine politiche senza studiare con-temporaneamente quella delle istituzioni politiche, giacché non possiamo bene conosce-re una data dottrina senza tener conto del tipo di organizzazione politica al quale essa si riferisce, sia per difenderlo che per combatterlo. In altre parole senza la nozione esatta della organizzazione politica di una data epoca e di un dato popolo riesca assai malage-vole di acquistare una nozione esatta di quelle dottrine che in quell’epoca e presso quel popolo sono state formulate (MOSCA, Storia delle dottrine politiche, cit., p. 10).

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differenza del trattato politologico in cui veniva originariamente proposto, adesso il concetto, che resta immutato — la dottrina e le credenze che danno una base morale al potere delle classi diri-genti15 — serve a rileggere la storia del pensiero politico.

E qui l’autore precisa che «necessariamente la formula poli-tica deve essere adattata al grado di maturità intellettuale e ai sentimenti ed alle credenze prevalenti in una determinata epoca e presso un dato popolo, e nello stesso tempo essa deve trovare la sua corrispondenza nel modo come viene formata ed organiz-zata la classe dirigente in quell’epoca e presso quel popolo»16. Per cui, mentre sappiamo che essa è il principio astratto a cui ri-corre una classe politica per giustificare il proprio potere, prin-cipio in base al quale la maggioranza dei governati accetta di sottomettersi alla minoranza organizzata che comanda, ripro-posto nella storia delle dottrine questo concetto restituisce l’idea che le dottrine politiche di un certo periodo possono es-sere comprese solo in riferimento a valori morali, norme giuri-diche, organizzazioni politiche e credenze popolari dello speci-fico momento storico in cui esse emergono. E sebbene nell’e-sposizione della storia del pensiero politico che segue, questo assunto non assicuri sostanzialmente lo svolgimento di una tale indagine, rimane che la cultura («In ogni società umana arrivata a un certo grado di cultura», tale è l’incipit della Storia) di una congiuntura storica sia essenziale per interpretare il relativo pensiero politico.

In questo senso si apre un orizzonte vasto e complesso di ri-cerca che appunto non può limitarsi alle dottrine sistematiche e alle grandi opere del pensiero politico, o agli autori maggiori. E come una lezione del genere sia stata sviluppata dall’allievo di Mosca, Rodolfo De Mattei, in una polemica anticrociana con Felice Battaglia, secondo il quale il pensiero che non sia «elabo-rato, sistematico, elevato a dottrina, non spetta alla storia delle dottrine politiche»17, è una pagina nota della storia della disci-

15 MOSCA, Storia delle dottrine politiche, cit., p. 10. 16 Ibidem. 17 S. TESTONI BINETTI, La Storia delle Dottrine Politiche in un dibattito ancora at-

tuale, in «Il Pensiero Politico», IV, n. 3, 1971, p. 340.

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Premessa 17

plina in Italia. Nel rievocarla, Luciano Russi ha messo in evi-denza come al contrario per De Mattei «la tendenza idealistica a istituire meriti e a identificare stature gli sembrava portare ad escludere la possibilità di studiare (ed eventualmente recupera-re) gli autori e personaggi cosiddetti “minori” o restati tali vuoi per le caratteristiche asistematiche del loro pensiero o della loro azione, vuoi per le loro appartenenze ad aree geografiche perife-riche, vuoi infine per la scarsa fortuna storiografica al momento incontrata. E invece i “minori”, proprio per la loro marginalità e forse meglio di altri, potevano rappresentare un’epoca, intuire una transizione, contenere specificità e contraddizioni»18.

Quanto Luigi Firpo abbia insistito in questa direzione è al-trettanto familiare a chi studia la storia del pensiero politico. In questo nostro volume riproponiamo una sua Nota del 1978, uno strumento di lavoro, una bozza sulla scrivania dello storico, che compendia la metodologia firpiana e la sua idea di ricer-ca storica del pensiero politico. Appunti preziosi, commentati con comprensibile emozione da Enzo Baldini, che ci ha regalato per questa occasione pagine autobiografiche che costituiscono un capitolo importante e a noi vicino della storia della disciplina in Italia e che, sulla scia del Maestro, ribadiscono come siano inestimabili gli studi storici che mirano a riguadagnare i profili oggi incerti o perduti di figure indicative del proprio tempo. E se non robusti per vigore speculativo sotto l’aspetto della teoria politica (come Firpo osserva), o comunque per svariate ragioni non strettamente riconducibili sotto la rigorosa classificazione di pensatori politici, cionondimeno rimangono intellettuali (nel senso ampio del termine) importanti per avere contribuito a ca-ratterizzare sotto il profilo delle teorie e dei dibattiti politici gli ambienti culturali ed ideologici ai quali appartennero. E per un tale motivo, lo storico del pensiero politico, qualunque paradig-ma interpretativo scelga di privilegiare, non può rassegnarsi a lasciarli nell’oblio in cui sono caduti o a trascurarli.

18 L. RUSSI, L’opera di Rodolfo De Mattei, in Storici del Pensiero Politico. Itinera-

ri tra le due guerre, Scritti di A. Agnelli, A. Andreatta, G. M. Bravo, A. Colombo e L. Russi, Giuffrè, Milano 2002, p. 37.

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Introduzione

Sul conflitto

di MARTA FERRONATO

Ciò che costituisce il “nuovo”, in questo libro che inaugura una “nuova” impresa editoriale, concerne l’originaria aggrega-zione di undici studiosi attorno a un tema quale affrontato e svi-luppato da figure del passato che, nel panorama scientifico at-tuale, sono poco note o poco frequentate come pensatori politici e, per questa ragione, sono designate come “minori”.

Il fine, come ha messo in luce Giorgio Scichilone nella Pre-messa, appare evidente e duplice: anzitutto, più immediatamen-te, richiamare il lettore, cólto o semplicemente appassionato, a soffermarsi a osservare la storia in alcuni suoi scorci meno co-nosciuti e, nondimeno, significativi per cogliere la bellezza nel-la varietà del pensiero dell’uomo che si confronta con gli eterni problemi che l’esperienza di vita porge ineluttabilmente; in se-conda istanza — ma prima nell’ordine logico —, aprire una sfi-da per il ricercatore chiamato a far rivivere dal (e del) passato opere e persone più dimenticate rispetto ad altre e, tuttavia, non per questo meno rilevanti per il periodo in cui furono composte o vissero: certo — si potrebbe commentare — che nulla c’è di nuovo per lo storico di professione, abituato a scavare in luoghi (metaforicamente) lontani dalle folle e dal noto…, non fosse che il focus sui minori costituisce l’idea guida del libro — progetto di ricerca che, come è stato illustrato in un respiro piu ampio nelle pagine che precedono, conosce in Luigi Firpo un suo auto-revolissimo progenitore.

Il tema sul quale gli studiosi si sono cimentati è quello del con-flitto. È facile e persino banale ricordare che si tratta di un argo-

19ISBN 978-88-548-9924-7, DOI 10.4399/97888548992472, pag. 19–30 (dicembre 2016)

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mento tipicamente trasversale: il lemma che, etimologicamente, richiama (in base alla radice “cum”) l’urto reciproco tra due cose, lo scontro e, perciò, il combattimento, è stato, ed è, adoperato se-condo un ampio spettro di accezioni, con valore semantico che spazia dall’ambito militare (battaglia, guerra) a quello spirituale (combattimento), attraversando l’agone politico e giuridico, la sfera morale e quella psicologica, la dimensione filosofica e quel-la logica, quella ermeneutica, per non dimenticarne l’uso nei campi economico e sociologico, nella sfera religiosa, e finanche in medicina (conflitto neuro–vascolare), in fisica (conflitto elettri-co1) e in matematica (matematica dei conflitti2), in biologia (con-flitti all’interno del genoma umano3) e via seguitando: insomma, richiamando Aristotele, osserviamo che la parola conflitto trova impiego sia nel campo delle scienze pratiche sia in quello delle scienze teoretiche, non escludendo — va da sé — le scienze poietiche.

Parrebbe necessario, avanzate queste sommarie considerazio-ni, porre una domanda: “perché?”; perché il conflitto è presente (quasi) ovunque?

Non è questa la sede per abbozzare risposte a un interrogati-vo di tale spessore4. Ci piace, tuttavia, offrire qualche semplice suggestione. E a tale scopo, facciamo riferimento ad una tra le tante occasioni di riflessione sul tema, un convegno che si cele-brò (quasi) venticinque anni orsono ad Anacapri, dove la Socie-tà Italiana di Filosofia Giuridica e Politica, che annoverava an-che diversi storici delle dottrine politiche, si radunò per avviare un confronto giustappunto intorno al conflitto. Il titolo degli at-

1 Ad esempio, Hans Christian Oersted osservò e studiò il conflitto elettrico; si parla

di conflitti anche in meccanica. 2 Cfr. A. DRAGO, La Matematica è Senza Conflitti? Matematica dei Conflitti e Con-

flitti nei Fondamenti della Matematica, in «Atti della Fondazione Giorgio Ronchi», an-no LV, 2000, n. 2, pp. 243-259.

3 Cfr. A. BURT, R. TRIVERS, Geni in conflitto. La biologia degli elementi genetici egoisti, Codice, Torino 2008.

4 Per un’introduzione al tema del conflitto necessariamente si deve rinviare a E. ARIELLI-G. SCOTTO, I conflitti. Introduzione a una teoria generale, B. Mondadori, Mi-lano 1998.