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CENTRO PER LA FORMAZIONE IN ECONOMIA E POLITICA DELLO SVILUPPO RURALE DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E POLITICA AGRARIA Università degli Studi di Napoli Federico II Collana Working Paper Questa pubblicazione è disponibile on-line al sito del Centro per la Formazione in Economia e Politica dello Sviluppo Rurale http://www.centroportici.it o al sito del Dipartimento di Economia e Politica Agraria dell’Università di Napoli Federico II http://www.depa.unina.it This publication is available online on the CENTRO website:http:// www.centroportici.unina.it Per commenti o questioni relative al contenuto di questo paper si prega di contattare gli autori For questions or comments about the contents of this paper, please contact the authors

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CENTRO PER LA FORMAZIONE IN ECONOMIA E POLITICA DELLO SVILUPPO RURALE

DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E POLITICA AGRARIA

Università degli Studi di Napoli Federico II

Collana Working Paper Questa pubblicazione è disponibile on-line al sito del Centro per la Formazione in Economia e Politica dello Sviluppo Rurale http://www.centroportici.it o al sito del Dipartimento di Economia e Politica Agraria dell’Università di Napoli Federico II http://www.depa.unina.it This publication is available online on the CENTRO website:http:// www.centroportici.unina.it Per commenti o questioni relative al contenuto di questo paper si prega di contattare gli autori For questions or comments about the contents of this paper, please contact the authors

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La sostenibilità economica dell’agricoltura biologica in Campania. Quanto sono efficaci i sussidi previsti

dal piano di sviluppo rurale?

The economic sustainability of the organic production in Campania Region. Are subsidies provided by the Rural Development Plan really

important?

Teresa Panico*

working paper n. 4/2006 16th March 2006

Abstract

European Agricultural Policy has shown an increasing interest in reducing the negative environmental impact of agricultural production. The main steps of EU policy in this field are EU Regulation 2078/92, Agenda 2000 and EU Regulation 1257/99. The aim of this paper is to evaluate the convenience of the organic production in Campania Region throughout: a)the different role played by the premium price and the subsidies for organic production provided by the Rural Development Plan in determining the economic sustainability of the organic procedure; b) the conditions of competitiveness of the Regional organic farms with respect to alternative productive uses of the resources (land, labour and capital) involved in organic procedures.

Riassunto

La Politica Agricola Comunitaria ha mostrato un interesse crescente verso la riduzione dell’impatto ambientale negativo della produzione agricola. Le principali tappe di questo percorso sono: il Regolamento 2078/92, Agenda 2000 ed il Regolamento UE n.1257/99. Lo scopo di questo contributo è quello di valutare la convenienza della produzione biologica in Campania attraverso: a) il diverso ruolo giocato dal premium price e dai sussidi per l’agricoltura biologica previsti dal PSR nel determinare la sostenibilità economica dei metodi biologici; b) le condizioni di competitività delle aziende biologiche regionali rispetto a possibili usi alternativi delle risorse impiegate (terra, lavoro, capitale). Key words: Community Agricultural Policy; Organic production: environment: Rural Development Plan; competitiveness; economic sustainability. Parole chiave: politica agricola comunitaria; agricoltura biologica; ambiente naturale; piano di sviluppo rurale; competitività; sostenibilità economica.

*Dipartimento di Economia e Politica Agraria, Università degli Studi di Napoli “Federico II”, via Università 96, 80055 Portici (Napoli), [email protected], tel: (+39) 0812539095. Questo contributo è parte di un più ampio Rapporto di Ricerca, “Evoluzione delle filiere biologiche in Campania alla luce delle nuove politiche agro-ambientali”, finanziato dal CRAA, Regione Campania il cui è responsabile scientifico è il prof. G. Cicia. L’autrice desidera ringraziare i professori G. Cicia, A. Cioffi ed A. Coppola per gli utili suggerimenti forniti e per la disponibilità manifestale. Un ringraziamento va anche al collega L. Cembalo. Resta interamente propria la responsabilità del lavoro svolto.

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1. Premessa Sempre più frequentemente il processo di riforma della Politica Agricola Comunitaria (PAC) si è

incrociato con il dibattito che ha preso corso a livello internazionale, oramai da quasi un ventennio,

e che ha avuto ed ha ad oggetto l’esigenza di salvaguardare e valorizzare l’ambiente naturale.

Sicuramente una spinta in tal senso è stata rappresentata dall’esigenza di trovare una forte

giustificazione ai consistenti trasferimenti di risorse comunitarie verso il settore agricolo, in

particolare a quelli attuati via mercato. Ciò alla luce degli effetti distorsivi prodotti in diverse

direzioni, non ultima proprio quella connessa allo sviluppo di un’agricoltura fortemente intensiva

soprattutto nell’uso di input chimici e, perciò, non certo in linea con un corretto uso delle risorse

naturali. D’altro canto, date le proprie peculiarità, il settore agricolo diviene elemento cardine della

politica ambientale comunitaria, nel senso che le politiche ambientali divengono elemento

intrinseco delle politiche agricole. L’agricoltura può e deve svolgere un ruolo importante nella

tutela e nella valorizzazione dell’ambiente in virtù del fatto che l’elemento principale della sua base

produttiva è costituito dalla risorsa suolo e che le ripercussioni dei processi produttivi agricoli

possono essere significativamente importanti sia in termini di dispendio e degrado di risorse naturali

che, viceversa, di conservazione e valorizzazione delle stesse.

Come conseguenza di queste due grosse motivazioni si fa strada l’idea che le politiche di sostegno e

stabilizzazione del reddito degli agricoltori debbano muoversi verso misure disaccoppiate dai livelli

di produzione. La Riforma Mac Sharrry del 1992 con le relative misure di accompagnamento (Reg.

2078/92 relativo all’agricoltura compatibile; n.2079/92 relativo all’istituzione del regime

comunitario di aiuti al prepensionamento ed, infine, n.2080/92, relativo al regime di aiuti alle

misure forestali nel settore agricolo) sancisce l’inizio di questo nuovo corso. In particolare il

Regolamento 2078/92 relativo ai metodi di produzione agricola compatibili con le esigenze di

protezione dell’ambiente e con la cura dello spazio naturale, istiuisce “un regime di aiuti per tutti

gli agricoltori della Comunità che si impegnino ad esercitare la loro attività in modo da

proteggere, mantenere in buone condizioni o migliorare l’ambiente o lo spazio naturale e che

rinuncino a qualsiasi nuova iniziativa volta a intensivizzare la produzione agricola.” Il regime di

aiuti introdotto, “volto a compensare gli agricoltori per le perdite di reddito lordo arrecate dalla

riduzione della produzione e/o dall’aumento dei costi di produzione, nonché per il ruolo che essi

svolgono nel miglioramento dell’ambiente”, è tipicamente un regime di aiuti disaccoppiati in

quanto fissati per ettaro di superficie coltivata. (Consiglio delle Comunità Europee, 1992)

Il regolamento 2078/92 è rimasto in vigore fino alla definizione ed all’applicazione delle politiche

di sviluppo rurale previste da Agenda 2000 ed in particolare dal reg. 1257/99. Nel 1997, con l’avvio

della discussione sulla programmazione della politica comunitaria per il periodo 2000-2006,

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contenuta in Agenda 2000, inizia, difatti, una fase di riflessione e di valutazione della riforma Mac

Sharry e si riconosce l’esigenza di rivedere gli obiettivi tradizionalmente assegnati alla PAC. Senza

mettere in discussione la necessità di assicurare un tenore di vita equo agli agricoltori della

comunità, si afferma il principio che le misure di sostegno dei redditi vadano inquadrate nel

contesto di una PAC a forte valenza ambientale. Le aree rurali, e dunque gli agricoltori, hanno un

ruolo importante e peculiare finalizzato anche al mantenimento ed alla creazione di spazi dagli

elevati valori ricreativi ed ambientali. La PAC, date le risorse che assorbe, deve essere accettabile

su un piano economico e sociale il che si traduce nell’attribuzione all’agricoltura di un ruolo più

forte in termini di salvaguardia delle risorse naturali e di produzione di alimenti di qualità elevata.

In questa direzione si muove anche il cosiddetto Regolamento orizzontale (Regolamento CE

n.1259/1999), scaturito dall’Accordo di Berlino del 1999, che introduce due nuovi strumenti ai

quali è sottoposta l’erogazione degli aiuti al reddito dei produttori: l’eco-condizionalità e la

modulazione degli aiuti diretti (Cioffi A., 2005; INEA, 2004).

Il regolamento 1257/99 praticamente unifica tutte le misure di sviluppo rurale messe in piedi nel

tempo nell’ottica di una visione integrata delle politiche che possono influire sullo sviluppo delle

aree rurali. Molte delle misure previste fanno riferimento alla necessità di sostenere tecniche di

produzione finalizzate alla protezione e alla conservazione delle risorse naturali. Tra esse si

ritrovano quelle relative alle misure agroambientali in relazione alle quali è istituito un meccanismo

di sostegno inteso a promuovere:

• forme di conduzione dei terreni agricoli compatibili con la tutela e con il miglioramento

dell’ambiente, del paesaggio e delle sue caratteristiche, delle risorse naturali, del suolo e

della diversità genetica;

• l’estensivizzazione, favorevole all’ambiente, della produzione agricola e la gestione dei

sistemi di pascolo a scarsa intensità;

• la tutela di ambienti agricoli ad alto valore naturale esposti a rischi;

• la salvaguardia del paesaggio e delle caratteristiche tradizionali dei terreni agricoli;

• il ricorso alla pianificazione ambientale nell’ambito della produzione agricola (Consiglio

dell’Unione Europea, 1999).

Di fatto sono state due, quindi, le misure in base alle quali sono stati erogati sussidi specifici

all’agricoltura biologica, il reg. 2078/92 e quello 1257/99 recepito nei Piani di Sviluppo Rurale

(PSR) delle diverse regioni. In particolare in Campania il regolamento 2078/92 è rimasto, di fatto,

in vigore fino al 2003, anno in cui si è avuto il primo bando relativo alle misure agroambientali

sulla base del PSR regionale. Sul piano operativo vi sono state comunque delle differenze

importanti nell’applicazione del programma agroambientale tra 2078/92 e PSR. Le differenze

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investono la logica di erogazione degli aiuti alle diverse colture nelle diverse aree del territorio

regionale.

Date queste premesse, lo scopo del presente lavoro è quello di pervenire ad una valutazione della

sostenibilità economica di lungo termine dell’agricoltura biologica in Campania, mettendo in risalto

l’importanza avuta dagli aiuti previsti dalle politiche agricole comunitarie e quindi le possibili

conseguenze di un loro eventuale ridimensionamento. Nello specifico si intende verificare:

• le variazioni determinate nei costi di produzione aziendali e nei redditi agricoli dal

passaggio all’agricoltura biologica;

• la diversa importanza dei sussidi previsti dalle misure agroambientali e del premium price

nel determinare la convenienza delle produzioni biologiche;

• le condizioni di competitività delle aziende biologiche.

In altri termini, l’intento è capire se i sussidi per le produzioni biologiche riescono a compensare gli

agricoltori:

a) per le perdite di reddito arrecate dalla riduzione della produzione e/o dall’aumento dei costi

di produzione;

b) per il ruolo che essi svolgono nel miglioramento dell’ambiente;

o se non sono, invece, necessarie altre condizioni per il successo dell’agricoltura biologica, investita

di un forte ruolo di salvaguardia e valorizzazione delle risorse naturali al di là dell’obbiettivo, già di

per sé importante, di produzione di alimenti salubri e di qualità.

Di seguito si procederà illustrando, preliminarmente, la metodologia utilizzata per la verifica degli

obiettivi che il lavoro si propone, quindi i risultati dell’analisi. L’ultima parte prevede alcune

considerazioni conclusive sulle possibilità di sviluppo del settore in Campania e, per quanto reso

possibile dal tipo di dati utilizzati, una valutazione delle differenze introdotte con il PSR rispetto al

regolamento 2078/92.

2. Metodologia La verifica degli obiettivi indicati è stata svolta facendo uso di bilanci aziendali. Per i primi due

obiettivi essi sono relativi a Sistemi Aziendali Rappresentativi (di seguito SAR) dell’agricoltura

regionale; per il terzo ad aziende biologiche reali localizzate nelle diverse province campane. Si

precisa subito che i SAR sono modelli aziendali opportunamente costruiti. Si è fatto ricorso a due

differenti set di dati perchè, mentre con l’analisi sui SAR si intendono effettuare valutazioni su ciò

che avverrebbe se, realtà agricole rappresentative dell’agricoltura convenzionale, passassero

all’agricoltura biologica cambiando le tecniche di produzione così come previsto dal Reg. CE

2092/91, l’analisi su aziende agricole biologiche, dato il metodo con cui esse sono state scelte, mira

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ad avere indicazioni sulle condizioni di redditività e competitività di talune realtà biologiche

regionali. In altri termini, l’analisi sui SAR, attraverso la verifica di ciò che succede in sistemi che,

pur non essendo aziende reali, sono rappresentativi dell’agricoltura regionale, tende a verificare

sotto quali condizioni, stante il programma agro-ambientale previsto dal PSR, è conveniente e

sostenibile il passaggio ai metodi dell’agricoltura biologica. Di contro, la seconda parte dell’analisi,

basandosi su un gruppo di aziende scelte tra quelle che in Campania effettivamente operano con

metodo biologico, mira a valutare le reali condizioni di produzione, di redditività e di competitività

di talune realtà agricole aziendali diffuse nella relativa provincia di appartenenza.

Per le modalità di definizione e la scelta dei SAR utilizzati si rimanda al lavoro riportato in

bibliografia (Cembalo et al., 2005). Ciò che qui si ritiene importante precisare è che per SAR si

intendono sistemi aziendali che per caratteristiche strutturali e produttive rappresentano nel miglior

modo possibile l’agricoltura regionale e della provincia cui appartengono. La loro definizione è

avvenuta per fasi successive. In un primo momento, essa ha previsto l’uso dei dati relativi alla

classificazione ISTAT delle aziende in base alle caratteristiche tipologiche (orientamento tecnico

economico, OTE) e alle classi di dimensione economica (ISTAT, 2000). In tal modo, per ogni

provincia, sono state individuate le tipologie più rilevanti e a ciascuna è stato associato un SAR la

cui costruzione, in termini di dotazione dei fattori e tecnologie di produzione, è stata effettuata

utilizzando i dati desumibili dalla Rete di Informazione Contabile Agricola (Rica-INEA). La

definizione delle caratteristiche strutturali e produttive dei SAR è stata ulteriormente affinata

attraverso l’uso di informazioni desunte da questionari somministrati ad aziende reali. In ultimo, i

sistemi definiti sono stati sottoposti al giudizio di tecnici e personale qualificato per validare i

risultati ottenuti, soprattutto per quanto riguarda le differenze nelle tecniche di produzione tra

sistemi convenzionali e biologici. Difatti, per ciascun SAR sono previste due modalità: agricoltura

convenzionale ed agricoltura biologica e l’ipotesi che sottende la loro costruzione è che, con la

conversione all’agricoltura biologica rimanga invariata la disponibilità di terra e lavoro familiare

mentre può subire variazioni l’impiego delle macchine agricole così come, eventualmente,

l’impiego di lavoro extra-familiare, in dipendenza dei cambiamenti nelle tecniche di produzione.

L’analisi svolta ha riguardato i sistemi aziendali nel loro complesso, facendo riferimento all’azienda

in quanto realtà consolidata che presenta uno specifico ordinamento produttivo realizzato in una

data area geografica e che ha trovato un equilibrio rispetto alle disponibilità familiari di terra, lavoro

e capitale. Nel confronto tra i diversi sistemi aziendali analizzati, data la loro varietà, resta

comunque possibile mettere in evidenza la convenienza o meno del biologico, con riferimento a

singole colture.

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Per ogni SAR, il confronto agricoltura convenzionale ed agricoltura biologica ha riguardato il

reddito netto aziendale, il reddito da lavoro, il costo totale di produzione ed il rapporto tra costo

totale e ricavo totale. Quest’ultimo rapporto, assimilabile ad una sorta di costo medio, costituisce un

quoziente inverso rispetto ad un normale indice di economicità della gestione1. Esso assume un

significato interessante poiché esprime le unità di costo che si sostengono per ogni unità di valore

della produzione dando, così, una misura dell’incidenza del costo dei fattori sul valore della

produzione stessa (Torquati, 2003). Volendo, pertanto, valutare la convenienza della conversione al

biologico non della singola coltura, ma del sistema aziendale nel suo complesso caratterizzato dallo

specifico ordinamento produttivo attuato, si è ritenuto utile ricorrervi per effettuare il confronto tra

sistema convenzionale e biologico.

L’analisi dei costi di produzione è stata svolta considerando, in un primo momento, solo quelle

componenti tipicamente esplicite del costo di produzione2 nella grande maggioranza delle aziende a

conduzione diretta del coltivatore con esclusivo ricorso a manodopera familiare, qual è il caso delle

aziende che qui sono state considerate (De Benedictis M, Cosentino V., 1979). Si è ottenuta, così,

una prima aggregazione dei costi di seguito indicata con Costi Espliciti Totali (CE) e Costi Espliciti

Medi (CEM, come rapporto tra CE e RT). Successivamente sono stati considerati anche i costi

connessi all’impiego del capitale fondiario, agrario e del lavoro familiare, valutati a costo

opportunità in quanto componenti tipicamente implicite del costo di produzione nella tipologia di

aziende qui considerate. Si è ottenuta in tal modo una seconda aggregazione dei costi, di seguito

indicata con Costi Totali (CT) e Costi Medi (CM, come rapporto tra CT e RT), che corrispondono a

quelli che l’azienda avrebbe dovuto sostenere se tutti i fattori fossero stati di provenienza

extraziendale. Analogamente, il reddito da lavoro familiare è stato derivato sottraendo al reddito

netto aziendale3 i compensi spettanti al capitale fondiario ed a quello di esercizio, valutati a costo

opportunità. Le modalità di stima seguite per la determinazione dei costi opportunità sono state le

seguenti. Per il capitale fondiario è stata attribuita una remunerazione pari al 2% ai valori fondiari di

1 Gli indici di economicità mettono, difatti, a confronto i ricavi con i costi di gestione. L’indice di economicità generale si calcola dividendo il valore della produzione totale (VP) per i costi totali relativi all’utilizzazione dei fattori necessari a determinarla (CF) (Torquati, 2003). 2 Com’è noto, nelle aziende a conduzione diretta del coltivatore con esclusivo ricorso a manodopera familiare ed uso di capitale agrario e fondiario proprio, sono componenti tipicamente esplicite del costo di produzione: a) le spese sostenute per l’acquisto dei fattori a logorio totale e dei beni e servizi extraziendali; b) la quota annua del costo relativo ai fattori aziendali a logorio parziale (quote di ammortamento, di manutenzione e di assicurazione); c) le imposte. Sebbene alla quota di ammortamento, non corrisponda, nella gran parte delle aziende a conduzione diretta del coltivatore, un flusso di cassa annuale, comunque essa è da considerare tra i costi espliciti, per la sola quota capitale, al fine di ripartire, negli anni di utilizzo dello specifico fattore considerato, il costo effettivamente sostenuto in un determinato momento. Nell’analisi svolta non sono state considerate le imposte per la difficoltà di quantificarle correttamente e per evitare, quindi di inficiare il confronto tra i diversi sistemi aziendali. 3 Il reddito netto aziendale è stato ottenuto detraendo dai Ricavi Totali (RT) i costi espliciti, così come definiti nella nota precedente. Si è ottenuto in tal modo un reddito netto comprensivo di profitto imprenditoriale, della remunerazione per il lavoro familiare, per il capitale fondiario e per quello di esercizio, al lordo delle imposte.

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fonte INEA (INEA, 2002; INEA, 2003). Per il capitale di esercizio è stata attribuita una

remunerazione pari al 3% al capitale mediamente utilizzato in azienda. Per la forza lavoro familiare

si è proceduto alla stima di una sorta di salario facendo riferimento a dati ISTAT (ISTAT, 2002;

ISTAT, 2005) considerando, per ciascuna provincia, la remunerazione contrattuale annua prevista

per il “livello d”, ossia per il lavoratore cosiddetto “qualificato”. Questa scelta è stata dettata

dall’esigenza di considerare, per il lavoro familiare, una remunerazione che non fosse proprio quella

del lavoratore con la più bassa qualifica prevista dal contratto nazionale, in considerazione del fatto

che il lavoro familiare riassume in sé, oltre al lavoro manuale non qualificato, tutta una serie di

operazioni di tipo specializzato e di funzioni, tipicamente di gestione ed amministrazione, della cui

totalità è possibile tener conto, in qualche modo, riferendosi ad un livello di specializzazione più

elevato.

Il confronto, per ciascun SAR, tra la modalità convenzionale e quella biologica è stato effettuato

considerando, sia per l’analisi sui costi che per quella sui redditi, quattro diverse ipotesi. Con la

prima si è preso in considerazione ciò che succederebbe se la conversione al biologico avvenisse in

circostanze tali da non consentire di spuntare prezzi più elevati per i prodotti biologici ed in assenza

anche di un sussidio specifico. Con la seconda si è tenuto conto dell’aiuto al biologico ma non del

premio di prezzo. Con la terza si è valutato l’effetto congiunto del sussidio e del premium price ed,

infine, con la quarta l’effetto dovuto alla presenza del solo premium price. Questo allo scopo di

verificare l’importanza congiunta e/o separata del premium price e degli aiuti nel colmare le

differenze di costo e/o di reddito dovute al passaggio all’agricoltura biologica. Le domande alle

quali si intende dare una risposta sono: cosa accade quando l’azienda non è in grado di spuntare un

premium price ed ancora, cosa accadrebbe se i sussidi dovessero venire a mancare, in presenza e/o

in assenza di un premium price? Ciò anche in considerazione del fatto che la realtà è fortemente

composita dal punto di vista degli ordinamenti produttivi, della rilevanza degli aiuti, dei

collegamenti con il mercato e così via, per cui è importante capire quali sono le condizioni

necessarie per rendere economicamente conveniente il passaggio a tecniche di produzione più

compatibili con la salvaguardia delle risorse naturali. Il premio di prezzo adottato per le diverse

colture è stato desunto sulla base di informazioni di mercato acquisite nelle aree dove sono

localizzati i SAR anche attraverso interviste a testimoni privilegiati. In genere, si è rilevato che

l’incremento di prezzo che si riesce a spuntare per il prodotto biologico è pari, in media, al 20% di

quello relativo al prodotto convenzionale. Ciò trova conferma anche in altri contributi presenti in

questo stesso Rapporto (Cicia G. et al., 2006). Tuttavia, i dati desunti attraverso le indagini

effettuate ad hoc (Cembalo et al., 2005) hanno evidenziato anche incrementi superiori. Per talune

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ortive e taluni tipi di frutta fresca, come le fragole bio, il prezzo può più che raddoppiare,

incrementare del 70% per le albicocche, del 30% per le pesche.

I sistemi aziendali rappresentativi presi in considerazione sono 12. Informazioni sulla loro

localizzazione e sulle loro principali caratteristiche strutturali e produttive sono contenute nella

tabella 1.

L’altro obiettivo che ci si è posti con questo lavoro è quello di verificare le condizioni di

competitività dell’agricoltura biologica. Anche in questo caso l’analisi è stata basata su bilanci

aziendali relativi, stavolta, ad otto aziende biologiche scelte tra quelle comprese, nel 2003, nel

registro delle notifiche di attività di produzione agricola con metodo biologico della Regione

Campania.

La valutazione della convenienza e della competitività della produzione biologica è stata effettuata

confrontando, per ciascuna delle aziende considerate, il reddito netto aziendale ottenuto detraendo

dai ricavi totali i costi espliciti, così come descritto precedentemente per l’analisi sui SAR, con la

somma delle remunerazioni, a costo opportunità, dei fattori apportati dall’imprenditore.

Per la valutazione dei fattori familiari sono stati seguiti gli stessi criteri adottati per l’analisi sui

SAR4. La somma delle remunerazioni, a costo opportunità, dei fattori di provenienza familiare

fornisce una misura delle remunerazioni ottenibili in usi alternativi. Pertanto, il rapporto tra il

reddito netto aziendale e tale somma rappresenta un indice che può assumere valori uguali, inferiori

o superiori all’unità a seconda di quanto il reddito netto aziendale si discosti dalla somma dei costi

opportunità, dei fattori impiegati. In sintesi,

Indice di competitività = 1<>

∑ tunitàCostiopporRNA

dove con ∑Costi opportunità ci si riferisce al costo di opportunità del lavoro familiare, del capitale

fondiario e di quello agrario.

Un valore superiore ad uno sta ad indicare buone performance dell’agricoltura biologica data la

migliore remunerazione dei fattori familiari rispetto a quella che si otterrebbe in usi alternativi. Un

valore inferiore all’unità implica, ovviamente, il contrario.

Per evidenziare la misura in cui il risultato ottenuto è influenzato dall’entità degli aiuti comunitari

specifici per il biologico, il reddito netto aziendale è stato calcolato sia in presenza che in assenza

4 Solo nel caso di un’azienda del salernitano, a conduzione tipicamente imprenditoriale-manageriale, per la valutazione del lavoro familiare si è fatto riferimento al livello contrattuale c, qualificato super, date anche le ragguardevoli dimensioni aziendali.

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degli incentivi previsti per l’agricoltura biologica e, per ciascuno di tali valori, si è proceduto alla

determinazione dell’indice suddetto.

Le otto aziende biologiche utilizzate per questa parte dell’analisi sono state scelte, come già

specificato sopra, tra quelle iscritte, nel 2003, nel registro delle notifiche di attività di produzione

agricola con metodo biologico della Regione Campania. La loro scelta è stata effettuata

stratificando la popolazione regionale in base alle cinque province, agli ordinamenti colturali

biologici in esse prevalenti ed alle dimensioni aziendali. Sono state così selezionate aziende che, per

caratteristiche strutturali ed ordinamento produttivo ben rappresentano realtà biologiche

particolarmente diffuse nella provincia di appartenenza. Alle aziende selezionate è stato sottoposto

un questionario volto ad approfondire informazioni sulle loro caratteristiche strutturali,

sull’ordinamento produttivo, sulle modalità di commercializzazione dei prodotti e sulle

problematiche ritenute più rilevanti nell’introduzione delle tecniche di produzione biologica.

Tabella 1 – Alcune caratteristiche strutturali dei 12 Sistemi Rappresentativi in esame

Codice Provincia OTE Giacitura SAU (Ha) Colture (Ha) ULU Sistema PSR

AV12 AvellinoCerealicole ed altri seminativi

special.acclive 17,7 grano duro (8,85), avena (8,85) 1,5

2

CE14 Caserta Altriseminativi, seminativi misti piana 2,75 avena (0,76), mais (1,68),

pomodoro (0,31) 1 1

BN14 Benevento Altriseminativi, seminativi misti

leggermente acclive 4,97

grano duro (1,06), mais (0,75), pomodoro (0,92), tabacco (1,67),

olivo (0,57)1,4

3

SA20 Salerno Specializzate orticole piana 3,63

pomodoro (0,32), pesco (0,37), broccolo (0,49), cavolfiore (0,49),

finocchio (0,65), lattuga (0,65), fragola (0,66)

1,7

1

CE20 Caserta Specializzate orticole piana 0,62 pomodoro (0,21), finocchio (0,2),

lattuga (0,21) 1,3 1

NA20 Napoli Specializzate orticole piana 0,5 pomodoro (0,11), scarola (0,15),

lattuga (0,24) 0,8 1

CE32 Caserta Frutticoltura e agrumicoltura piana 0,93 pesco (0,21), albicocco (0,72) 0,8 1

SA32 Salerno Frutticoltura e agrumicoltura

leggermente acclive 3,08 pesco (1,45), albicocco (1,08),

nocciolo (0,55) 1 3

SA33 Salerno Olivicoltura leggermente acclive 2,01 olivo (2,01) 1,1 2

BN33 Benevento Olivicoltura acclive 4,02 olivo (4,02) 1,7 3

BN34 BeneventoDiverse

coltivazioni permanenti comb.

leggermente acclive 1,33 olivo (0,98), vite (0,35) 1

3

AV34 AvellinoDiverse

coltivazioni permanenti comb.

acclive 4,64 olivo (1,88), vite (2,19), nocciolo (0,57) 1,3

3Fonte: tratta da Cembalo ed altri (2005) Le interviste sono state effettuate nel 2004. Da tener presente che il primo bando relativo alla

misura F, “Agricoltura biologica”, del PSR della Campania, emanato nel 2003 non è andato a buon

fine, per motivi discussi da Domenico Tosco in questo stesso volume, per cui il primo bando “utile”

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è stato quello del 2004. Pertanto, nel 2003, i sussidi per l’agricoltura biologica sono stati erogati

ancora secondo quanto previsto dal reg. 2078/92. Tuttavia, volendo valutare gli effetti del PSR,

anche per questa parte dell’analisi, sono stati usati i sussidi previsti dalla misura F, Azione 2,

Agricoltura biologica, del PSR della Campania.

3. Analisi sui sistemi aziendali rappresentativi 3.1. Analisi dei costi di produzione

3.1.1. Un rapido sguardo ai Costi Totali

L’analisi delle variazioni che si verificano nei costi di produzione, per la conversione al biologico,

ha un’importanza duplice. Difatti, la conoscenza dei costi di produzione, oltre ad avere importanza

in sé fornisce utili elementi anche per l’interpretazione delle variazioni dei redditi aziendali che

possono cambiare a causa di variazioni riconducibili a quelle che si verificano nei ricavi e/o nei

costi, a loro volta determinate da variazioni nei prezzi (dei prodotti e dei fattori), nei sussidi, nelle

rese e nelle tecniche di produzione.

L’analisi svolta si riferisce, come già specificato, ai costi di produzione aziendali, relativi cioè

all’intero ordinamento, considerando, sia per il costo totale che per quello medio, il caso in cui si

tiene conto dei soli costi espliciti e quello in cui vengono stimati anche i costi impliciti (CE e CEM

da un lato, CT e CM dall’altro).

È ovvio che le indicazioni più importanti sono desumibili dalle variazioni che si verificano in quello

che, per semplicità, abbiamo definito costo medio in quanto esso solo fornisce indicazioni

sull’incidenza del costo dei fattori sul valore della produzione. Il che, poi, è ciò che interessa per

valutare la convenienza o meno del biologico. Oltretutto è solo la sua utilizzazione che può

consentire di mettere in luce il ruolo svolto dagli aiuti comunitari e dal premium price nel

determinare l’incidenza del costo di produzione sui ricavi totali.

Ciò premesso, uno sguardo alla dinamica dei costi totali può servire come elemento di

interpretazione di ciò che avviene nei costi unitari. Orbene, una lettura puntuale dei dati contenuti

nella tabella 2, riportati nella figura 1, consente di dedurre che il passaggio al biologico non sempre

determina un aumento nel costo di produzione, sia esso costituito dalle sole componenti esplicite

che da quelle implicite. In particolare, in tre casi, quello della grande azienda cerealicola

dell’avellinese, piccola azienda viticola-olivicola del beneventano e grande azienda frutticola del

salernitano (rispettivamente indicate come AV12, BN34 e SA32), ciò si verifica già considerando i

soli costi espliciti. Ad essi si vanno ad aggiungere altri due SAR (ma solo due OTE) quando si

considerano anche il costo di opportunità del capitale fondiario, agrario e del lavoro familiare. È il

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caso dell’olivicoltura specializzata, sia di grandi che di medie dimensioni del beneventano e del

salernitano (BN33 e SA33) e dell’orticoltura specializzata della provincia di Salerno (SA20).

Tabella 2 - Costi totali di produzione nei SAR della Campania

costi espliciti (a) quote (b)*

Costo esplicito totale CE (a+b)

Var. % del CEbio vs CEconv.

costo di opportunità del capitale di esercizio (c)

costo di opportunità del capitale fondiario (d)

costo di opportunità del lavoro familiare (e)

costo opp. totale (f) (c+d+e)

Costo totale di produzione CT (a+b+f)

Var. % del CTbio vs CTconv.

BN33 CONV 3497 3.575 7.072 1.887 2.412 17.231 21530 28602

BIO 3955 3.415 7.370 4,21 1.103 2.412 17.231 20746 28116 -1,70

BN34 CONV 1594 4.476 6.070 1.795 798 3.857 6450 12520

BIO 1526 4.476 6.002 -1,13 1.779 798 3.857 6434 12436 -0,67

SA33 CONV 1655 3.888 5.543 1.561 1.206 8.695 11462 17005

BIO 2178 3.415 5.593 0,90 1.080 1.206 8.459 10746 16338 -3,92

SA32 CONV 2525 4.943 7.468 1.737 3.511 7.521 12769 20237

BIO 2313 4.943 7.256 -2,83 1.727 3.511 7.004 12242 19498 -3,65

SA20 CONV 12573 6.368 18.941 2.042 4.392 11.243 17676 36617

BIO 13088 6.368 19.455 2,71 2.040 4.392 10.163 16595 36050 -1,55

AV12 CONV 7408 6.285 13.694 1.953 7.169 1.529 10652 24345

BIO 7794 5.368 13.162 -3,88 1.742 7.169 1.202 10113 23275 -4,39

AV34 CONV 3621 5.220 8.840 2.886 2.826 12.901 18613 27453

BIO 4425 5.220 9.645 9,10 2.893 2.826 12.479 18197 27842 1,42

CE32 CONV 901 1.987 2.888 627 967 2591 4185 7072

BIO 1133 1.987 3.119 8,03 624 967 2.655 4246 7365 4,14

CE20 CONV 1643 2.329 3.972 601 558 928 2087 6059

BIO 2176 2.329 4.505 13,41 602 558 926 2085 6590 8,77

NA20 CONV 1699 3.140 4.839 938 620 874 2431 7270

BIO 2114 3.140 5.253 8,57 937 620 932 2489 7742 6,49

BN14 CONV 6808 6.538 13.346 2.138 2.171 9.882 14192 27538

BIO 7342 6.538 13.880 4,00 2.133 2.171 9.679 13983 27863 1,18

CE14 CONV 2534 5.354 7.888 1.649 1.925 706 4279 12167

BIO 3364 5.354 8.718 10,53 1.654 1.925 645 4224 12942 6,37

I valori sono tutti in espressi in €

Fonte: ns elaborazioni

SAR della Campania

* allo scopo di rendere evidente l'importanza delle quote per la reintegrazione dei fattori aziendali a logorio parziale, queste sono state tenute separate dagli altri costi espliciti.

Le cause di tale situazione vanno ricercate in una “semplificazione” delle tecniche di produzione

biologica che comportano un minore uso di mezzi tecnici, connessa, nel caso degli ordinamenti

cerealicoli ed olivicoli, anche ad una semplificazione del parco macchine.

Il caso del SAR ad orticoltura specializzata della provincia di Salerno riveste particolare interesse.

Esso dimostra che anche in presenza di un ordinamento orticolo, il risultato complessivo può non

essere un aumento nei costi di produzione, dipendendo questo dal diverso peso delle colture che

costituiscono l’ordinamento e dalle possibilità di compensazione che si verificano tra di esse

nell’uso dei mezzi tecnici e nell’impiego della manodopera.

In tutti gli altri casi il passaggio al biologico è accompagnato da un aumento del costo di produzione

determinato, principalmente, dal costo connesso alla certificazione. Considerando i soli costi

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espliciti, la variazione più elevata, 13,4%, è quella che corrisponde al caso della piccola azienda ad

orticoltura specializzata della provincia di Caserta (CE20).

Figura 1 – Variazione percentuale del costo totale di produzione dei SAR della Campania nel

passaggio al biologico

AV12

BN14

CE14

BN33

SA33

BN34

AV34

SA32

CE32

SA20

CE20

NA20

-6,00

-4,00

-2,00

0,00

2,00

4,00

6,00

8,00

10,00

12,00

14,00

16,00

Var. % CE Var. % CT

Va evidenziato che rispetto a quanto avviene con la considerazione dei soli costi espliciti, l’aumento

percentuale, nel passaggio al biologico, si riduce (le variazioni spaziano dall’1,4% a circa il 9%).

Infine, un ultimo elemento ci sembra degno di essere evidenziato. Pur non essendo gli effetti della

conversione al biologico univoci all’interno degli stessi OTE, le variazioni di costo nei diversi SAR

sembrano delineare una riduzione del costo di produzione per le aziende cerealicole specializzate ed

olivicole specializzate.

3.1.2 I Costi Medi

Il costo medio di produzione è stato calcolato sotto le diverse ipotesi precedentemente illustrate,

considerando in un primo momento i soli costi espliciti (CEM; Figura 2; Tabelle 3, 4, 5 e 6) e

successivamente anche quelli impliciti (CM; Figura 3).

In assenza sia di aiuti specifici che di premium price il costo esplicito medio aumenta sempre e

tranne che per l’azienda cerealicola specializzata della provincia di Avellino e di quella olivicola del

beneventano, anche in misura consistente. L’introduzione dell’aiuto comunitario non consente il

ribaltamento della situazione se non solo per queste due ultime tipologie aziendali. È l’introduzione

del premium price, accoppiato all’aiuto comunitario specifico per il biologico, che determina la

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riduzione del costo medio di produzione per tutti i SAR, ad eccezione di quelli con seminativi misti

della provincia di Benevento e Caserta e di quello orticolo, di piccole dimensioni, del casertano.

Tabella 3 - Costi Medi per € di RT senza aiuti comunitari specifici per il biologico e senza premium price

RT (€)

Costo esplicito

totale CE (€)

CEM CE/RT

(€)

Var. % del CEMbio vs CEMconv.

Costo totale di

produzione CT (€)

CM CT/RT

(€)

Var. % del CMbio vs CMconv

BN33 CONV 25.406 7.072 0,28 28602 1,13BIO 25.406 7.370 0,29 4,21 28116 1,11 -1,70

BN34 CONV 9.797 6.070 0,62 12520 1,28BIO 8.312 6.002 0,72 16,53 12436 1,50 17,08

SA33 CONV 10.693 5.543 0,52 17005 1,59BIO 9.624 5.593 0,58 12,11 16338 1,70 6,76

SA32 CONV 27.361 7.468 0,27 20237 0,74BIO 22.615 7.256 0,32 17,56 19498 0,86 16,57

SA20 CONV 28.630 18.941 0,66 36617 1,28BIO 22.922 19.455 0,85 28,29 36050 1,57 22,97

AV12 CONV 13.561 13.694 1,01 24345 1,80BIO 12.896 13.162 1,02 1,07 23275 1,80 0,54

AV34 CONV 37.750 8.840 0,23 27453 0,73BIO 34.912 9.645 0,28 17,97 27842 0,80 9,66

CE32 CONV 8.044 2.888 0,36 7072 0,88BIO 6.060 3.119 0,51 43,40 7365 1,22 38,24

CE20 CONV 5302 3.972 0,75 6059 1,14BIO 4161 4.505 1,08 44,51 6590 1,58 38,59

NA20 CONV 5540 4.839 0,87 7270 1,31BIO 4637 5.253 1,13 29,70 7742 1,67 27,23

BN14 CONV 22315 13.346 0,60 27538 1,23BIO 18419 13.880 0,75 26,00 27863 1,51 22,58

CE14 CONV 6581 7.888 1,20 12167 1,85BIO 5629 8.718 1,55 29,22 12942 2,30 24,36

Fonte: ns elaborazioni

SAR della Campania

È interessante soffermarsi sull’entità delle riduzioni, consistenti nel caso dell’orticoltura

specializzata della provincia di Salerno (32%), della cerealicoltura specializzata dell’avellinese

(24,4%) ma anche della frutticoltura del casertano e del salernitano (rispettivamente 21,8% e 23%).

Ma ancor più interessante è vedere cosa succede quando l’aiuto comunitario viene a mancare e si

resta in presenza del solo premium price. Sebbene le variazioni non mutino di segno rispetto

all’ipotesi precedente, aiuti più premio di prezzo, esse restano consistenti per gli ordinamenti

orticoli di Salerno e Napoli, per quelli frutticoli di Caserta e Salerno mentre si riducono

sensibilmente per gli ordinamenti cerealicoli e per quelli olivicoli o misti, viticoli-olivicoli.

Considerando anche le componenti implicite del costo di produzione (figura 3), i risultati ottenuti

considerando le sole componenti esplicite risultano, a grandi linee, confermati. In assenza di aiuto e

di premium price non vi è convenienza a spostarsi sulle produzioni biologiche; l’introduzione

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dell’aiuto comunitario consente il ribaltamento della situazione solo per l’ordinamento cerealicolo

di Avellino e per quelli olivicoli specializzati. È solo con la contemporanea introduzione di un

premio di prezzo che la situazione si ribalta per tutti gli altri SAR tranne per quelli con seminativi

misti di Benevento e Caserta (OTE 14) che si confermano come sistemi per i quali la conversione al

biologico non appare conveniente, almeno sulla base della valutazione dei costi di produzione.

Tabella 4 - Costi medi per € di RT senza premium price e con aiuti comunitari specifici per il

biologico

RT (€)

Costo esplicito

totale CE (€)

CEM CE/RT

(€)

Var. % del CEMbio vs CEMconv.

Costo totale di

produzione CT (€)

CM CT/RT

(€)

Var. % del CMbio vs CMconv

BN33 CONV 25406 7.072 0,28 28602 1,13BIO 27.746 7.370 0,27 -4,58 28116 1,01 -9,99

BN34 CONV 9.797 6.070 0,62 12520 1,28BIO 9.333 6.002 0,64 3,78 12436 1,33 4,27

SA33 CONV 10.693 5.543 0,52 17005 1,59BIO 10.679 5.593 0,52 1,03 16338 1,53 -3,79

SA32 CONV 27.361 7.468 0,27 20237 0,74BIO 24.964 7.256 0,29 6,50 19498 0,78 5,60

SA20 CONV 28.630 18.941 0,66 36617 1,28BIO 24.296 19.455 0,80 21,04 36050 1,48 16,01

AV12 CONV 13.561 13.694 1,01 24345 1,80BIO 16.003 13.162 0,82 -18,55 23275 1,45 -18,98

AV34 CONV 37.750 8.840 0,23 27453 0,73BIO 38.144 9.645 0,25 7,97 27842 0,73 0,37

CE32 CONV 8.044 2.888 0,36 7072 0,88BIO 6.897 3.119 0,45 26,00 7365 1,07 21,46

CE20 CONV 5302 3.972 0,75 6059 1,14BIO 4275 4.505 1,05 40,67 6590 1,54 34,90

NA20 CONV 5540 4.839 0,87 7270 1,31BIO 4767 5.253 1,10 26,17 7742 1,62 23,75

BN14 CONV 22315 13.346 0,60 27538 1,23BIO 19117 13.880 0,73 21,41 27863 1,46 18,11

CE14 CONV 6581 7.888 1,20 12167 1,85BIO 6073 8.718 1,44 19,77 12942 2,13 15,27

Fonte: ns elaborazioni

SAR della Campania

Togliendo l’aiuto comunitario specifico e lasciando solo il premium price la convenienza dello

spostamento al biologico, ovviamente, si riduce. Tale riduzione si rivela consistente per gli

ordinamenti cerealicoli, olivicoli specializzati e misti viticoli-olivicoli. Mostrano, viceversa, una

buona tenuta gli ordinamenti orticoli e frutticoli. In sostanza si confermano i risultati relativi

all’ipotesi precedente, aiuti più premio di prezzo. L’unica differenza è rappresentata dal SAR ad

orticoltura specializzata del casertano che, con l’eliminazione dell’aiuto, vede aumentare di nuovo il

costo medio di produzione.

14

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Tabella 5 - Costi medi per € di RT con premium price e con aiuti comunitari specifici per il biologico

RT (€)

Costo esplicito

totale CE (€)

CEM CE/RT

(€)

Var. % del CEMbio vs CEMconv.

Costo totale di

produzione CT (€)

CM CT/RT

(€)

Var. % del CMbio vs CMconv

BN33 CONV 25406 7.072 0,28 28602 1,13BIO 29756 7.370 0,25 -11,03 28116 0,94 -16,07

BN34 CONV 9797 6.070 0,62 12520 1,28BIO 10716 6.002 0,56 -9,61 12436 1,16 -9,19

SA33 CONV 10693 5.543 0,52 17005 1,59BIO 12126 5.593 0,46 -11,03 16338 1,35 -15,27

SA32 CONV 27361 7.468 0,27 20237 0,74BIO 34641 7.256 0,21 -23,25 19498 0,56 -23,90

SA20 CONV 28.630 18.941 0,66 36617 1,28BIO 43.389 19.455 0,45 -32,22 36050 0,83 -35,04

AV12 CONV 13.561 13.694 1,01 24345 1,80BIO 17.249 13.162 0,76 -24,43 23275 1,35 -24,83

AV34 CONV 37.750 8.840 0,23 27453 0,73BIO 44.542 9.645 0,22 -7,54 27842 0,63 -14,05

CE32 CONV 8.044 2.888 0,36 7072 0,88BIO 11.121 3.119 0,28 -21,86 7365 0,66 -24,67

CE20 CONV 5302 3.972 0,75 6059 1,14BIO 5841 4.505 0,77 2,95 6590 1,13 -1,27

NA20 CONV 5540 4.839 0,87 7270 1,31BIO 7089 5.253 0,74 -15,16 7742 1,09 -16,78

BN14 CONV 22315 13.346 0,60 27538 1,23BIO 20703 13.880 0,67 12,10 27863 1,35 9,06

CE14 CONV 6581 7.888 1,20 12167 1,85BIO 6833 8.718 1,28 6,45 12942 1,89 2,45

Fonte: ns elaborazioni

SAR della Campania

In sintesi, i risultati ottenuti, in termini di costi di produzione, evidenziano quanto segue.

Considerando solo i costi espliciti:

• il costo esplicito totale (CE) aumenta nel 75% dei SAR esaminati;

• il costo esplicito medio (CEM) aumenta sempre, se in assenza di aiuti e di aumenti nei

prezzi di mercato; diminuisce in soli due casi con l’introduzione degli aiuti; diminuisce nel

75% dei casi con l’introduzione anche del premium price o solo del premium price;

• i SAR con seminativi misti e quello ad orticoltura specializzata del casertano si rivelano

sistemi per i quali la conversione all’agricoltura biologica non appare essere conveniente,

almeno sulla base di questi primi risultati.

Prendendo in considerazione anche i costi impliciti:

• il costo totale (CT) aumenta nel 50% dei casi;

• il costo medio (CM) aumenta, in maniera quasi generalizzata, in assenza di aiuti e di premio

di prezzo; si riduce solo per i sistemi cerealicoli specializzati e per quelli olivicoli

specializzati quando si introduce l’aiuto; si riduce sempre, tranne che per i SAR con

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seminativi misti di Benevento e Caserta, quando accanto all’aiuto, si introduce anche il

premium price.

Tabella 6 - Costi Medi per € di RT con premium price e senza aiuti comunitari specifici per il

biologico

RT (€)

Costo esplicito

totale CE (€)

CEM CE/RT

(€)

Var. % del CEMbio vs CEMconv.

Costo totale di

produzione CT (€)

CM CT/RT

(€)

Var. % del CMbio vs CMconv

BN33 CONV 25406 7.072 0,28 28602 1,13BIO 27416 7.370 0,27 -3,43 28116 1,03 -8,91

BN34 CONV 9797 6.070 0,62 12520 1,28BIO 9695 6.002 0,62 -0,09 12436 1,28 0,38

SA33 CONV 10693 5.543 0,52 17005 1,59BIO 11071 5.593 0,51 -2,55 16338 1,48 -7,20

SA32 CONV 27361 7.468 0,27 20237 0,74BIO 32292 7.256 0,22 -17,67 19498 0,60 -18,36

SA20 CONV 28.630 18.941 0,66 36617 1,28BIO 42.015 19.455 0,46 -30,01 36050 0,86 -32,91

AV12 CONV 13.561 13.694 1,01 24345 1,80BIO 14.142 13.162 0,93 -7,83 23275 1,65 -8,32

AV34 CONV 37.750 8.840 0,23 27453 0,73BIO 41.310 9.645 0,23 -0,30 27842 0,67 -7,32

CE32 CONV 8.044 2.888 0,36 7072 0,88BIO 10.284 3.119 0,30 -15,50 7365 0,72 -18,54

CE20 CONV 5302 3.972 0,75 6059 1,14BIO 5727 4.505 0,79 5,00 6590 1,15 0,70

NA20 CONV 5540 4.839 0,87 7270 1,31BIO 6959 5.253 0,75 -13,57 7742 1,11 -15,22

BN14 CONV 22315 13.346 0,60 27538 1,23BIO 20005 13.880 0,69 16,01 27863 1,39 12,87

CE14 CONV 6581 7.888 1,20 12167 1,85BIO 6389 8.718 1,36 13,85 12942 2,03 9,57

Fonte: ns elaborazioni

SAR della Campania

Siccome la causa principale degli incrementi nei costi unitari, che si verifica sotto la prima e la

seconda ipotesi (assenza sia di premio di prezzo che di aiuto specifico per il biologico; presenza del

solo aiuto), è rappresentata dalle variazioni negative delle rese, i risultati ottenuti sono molto

interessanti e forniscono un primo elemento di valutazione ed interpretazione delle attuali e future

politiche di sostegno all’agricoltura biologica. Per incentivare la diffusione del biologico, bisogna

renderne conveniente la conversione il che significa che la caduta dei ricavi totali, dovuta alla

diminuzione della produzione, deve essere necessariamente controbilanciata, vuoi da un premium

price, vuoi dall’aiuto comunitario e/o da entrambi. È appena il caso di sottolineare che con

l’introduzione delle tecniche biologiche, le rese calano drasticamente per alcune colture. Si va da un

minimo del 10-11% nel caso della produzione di olio biologico e di alcune ortive come broccoli e

finocchi, al 14% per la lattuga, 17% per la vite, 20% per la fragola ed il grano duro, 23% per il

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pesco, 25% per il pomodoro e 33% per il finocchio. Solo per colture come nocciolo, avena e

albicocco le variazioni sono praticamente irrisorie (Cembalo et al., 2005).

Figura 2 – Variazione percentuale del Costo Esplicito Medio per € di RT (CEM)

AV12

BN14CE14

BN33

SA33

BN34 AV34 SA32

CE32

SA20

CE20

NA20

-40

-30

-20

-10

0

10

20

30

40

50

senza aiuto, senza premium price con aiuto, senza premium pricecon aiuto, con premium price senza aiuto, con premium price

Figura 3 – Variazione percentuale del Costo Medio per € di RT nel passaggio al biologico (CM)

AV12

BN14CE14

BN33

SA33

SA32

CE32

BN34

AV34

SA20

CE20

NA20

-40

-30

-20

-10

0

10

20

30

40

50

senza aiuto, senza premium price con aiuto, senza premium pricecon aiuto, con premium price senza aiuto, con premium price

17

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Da quanto detto si possono derivare delle prime indicazioni sull’importanza delle strategie di

mercato per il successo dell’agricoltura biologica. Difatti, l’analisi ha mostrato che l’aiuto da solo

non basta mentre il premio di prezzo si. Insieme fanno la differenza, soprattutto nel determinare la

convenienza dei sistemi specializzati, cerealicoli ed olivicoli, delle aree interne, per i quali è la

semplificazione delle tecniche di produzione l’elemento chiave della riduzione dei costi. Proprio per

queste aziende il possibile ridimensionamento, nei prossimi anni, dei sussidi attualmente previsti

potrebbe determinare una netta caduta della convenienza a spostarsi su tecniche di produzione più

rispettose dell’ambiente naturale. Per esse, l’attuale vantaggio della conversione al biologico, si

rivela determinato principalmente dalla possibilità di incrementare i ricavi grazie ai sussidi, in

presenza di una “sostenibile” riduzione delle rese quale effetto di una sostanziale affinità tra le

tecniche di coltivazione generalmente già praticate e quelle previste dal disciplinare per il biologico.

Quelle orticole o ad ordinamento frutticolo misto mostrano una maggiore possibilità di tenuta in

relazione alle maggiori opportunità conquistate nello spuntare più elevati prezzi di mercato. Non si

tratta di un risultato di poco conto tenuto presente che la cerealicoltura e l’olivicoltura, specializzata

e non, sono tra le colture che, proprio per i motivi sopra esposti, hanno fatto registrare i più grossi

incrementi delle superfici passate all’agricoltura biologica e non solo nella nostra regione, così

come documentato in numerosi contributi (de Stefano et al., 2000; Lalla et al., 2002a; Lalla et al.,

2002b; Lalla et al., 2002c; Lalla et al., 2002d; INEA, 2003). Ma prima di trarre ulteriori conclusioni

è opportuno procedere negli altri aspetti dell’analisi, relativi ai risultati economici dei SAR

esaminati.

3.2. Analisi dei redditi aziendali

3.2.1 In assenza di premium price e di sussidi specifici per il biologico

La prima delle ipotesi considerate per verificare l’entità delle variazioni determinate nella

redditività dell’attività agricola dal passaggio al biologico, è quella di assenza sia di aiuti specifici

che di premium price. In tal modo è possibile evidenziare gli effetti dovuti alle variazioni nelle

tecniche di produzione e nelle rese.

I risultati ottenuti dal calcolo dei redditi netti aziendali (Tabella 7, Figura 4) mettono in evidenza

che in due dei sistemi rappresentativi analizzati il reddito netto assume valore negativo già con la

tecnica convenzionale. Uno è il SAR con seminativi misti della provincia di Caserta per il quale,

peraltro, con la conversione al biologico, si assiste a una riduzione dei ricavi totali che, nel sistema

convenzionale, si avvantaggiano di maggiori aiuti alla produzione; l’altro è quello cerealicolo

specializzato dell’avellinese per il quale il dato negativo del reddito si amplifica nel passaggio al

biologico stante la caduta delle rese non compensata dalla riduzione dei costi totali di produzione.

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Tabella 7 - Risultati economici dei SAR della Campania per assetto produttivo senza premium price e senza aiuti comunitari specifici per il biologico

Ricavi Totali

RNA*

var % del RNAbio

vs RNAconv

Reddito da lavoro

familiare (Rlfam)

var % del Rlfambio vs Rlfamconv

Rlfam/ora

var % del Rlfam/orabio

vs Rlfam/oraco

n.

BN33 CONV 25406 18.334 14.036 5,27

BIO 25406 18.037 -1,6 14.521 3,5 5,45 3,46

BN34 CONV 9797 3.727 1.134 2,00

BIO 8312 2.310 -38,0 267- -123,6 -0,47 -123,55

SA33 CONV 10693 5.150 2.384 1,78

BIO 9624 4.031 -21,7 1.745 -26,8 1,34 -24,75

SA32 CONV 27361 19.893 14.645 12,68

BIO 22615 15.359 -22,8 10.121 -30,9 9,41 -25,79

SA20 CONV 28630 9689 3256 1,89

BIO 22922 3467 -64,2 -2965 -191,1 -1,90 -200,74

AV12 CONV 13561 -133 -9255 -38,73

BIO 12896 -266 -100,6 -9177 0,8 -48,88 -26,2

AV34 CONV 37750 28909 23198 11,51

BIO 34912 25267 -12,6 19548 -15,7 10,03 -12,88

CE32 CONV 8044 5156 3562 8,72

BIO 6060 2941 -43,0 1350 -62,1 3,22 -63,03

CE20 CONV 5302 1330 171 1,17

BIO 4161 -344 -125,9 -1503 -979,3 -10,30 -981,39

NA20 CONV 5540 701 -856 -6,29

BIO 4637 -616 -187,9 -2173 -153,7 -14,96 -137,8

BN14 CONV 22315 8969 4660 3,05

BIO 18419 4538 -49,4 234 -95,0 0,16 -94,86

CE14 CONV 6581 -1306 -4880 -43,83

BIO 5629 -3089 -136,5 -6667 -36,6 -65,51 -49,5 *RNA: Reddito netto aziendaleI valori sono tutti espressi in €Fonte: ns elaborazioni

SAR della Campania

Per tutti gli altri casi, in assenza di quelle variazioni dei RT connesse alla presenza degli aiuti

comunitari specifici per il biologico e alla possibilità di catturare un premio di prezzo, gli

incrementi nei costi totali di produzione, che si verificano in quasi tutti i SAR, determinano, insieme

alla diminuzione delle rese per ettaro, la riduzione dei redditi netti aziendali che, in taluni casi

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divengono addirittura negativi. Vale la pena sottolineare che ci stiamo quì riferendo ad una nozione

di reddito che tiene conto anche di voci di costo, quali le quote di ammortamento dei capitali fissi

aziendali, che in genere non costituiscono un effettivo esborso per le aziende agrarie della tipologia

che qui stiamo considerando, aziende a conduzione diretta del coltivatore, ma il cui peso sui costi

totali è ragguardevole in considerazione del generalizzato sovradimensionamento del parco

macchine che caratterizza molte aziende agricole italiane grazie ai contributi di cui si è potuto

beneficiare fino a pochi anni or sono. Questo elemento ha sicuramente importanza non trascurabile

per la comprensione della permanenza di talune aziende nel settore.

Figura 4 – Redditi netti aziendali per SAR senza premium price e senza aiuti comunitari specifici per il biologico

AV12

BN14

CE14

BN33

SA33BN34

AV34

SA32

CE32

SA20

CE20 NA20

-5000

0

5000

10000

15000

20000

25000

30000

35000

convenz. biolog.

Riprendendo i risultati dell’analisi si rileva che in assenza di integrazioni, con la conversione al

biologico, diverrebbero negativi i redditi relativi ad aziende piccole ad ordinamento orticolo

specializzato. Negli altri casi si assisterebbe ad una variazione percentuale negativa che risulterebbe

irrisoria solo per l’olivicola specializzata di grandi dimensioni mentre andrebbe dal 12.6% per

l’azienda viticola-olivicola della provincia di Avellino, al 21% per l’olivicola specializzata di medie

dimensioni del salernitano, fino a raggiungere e superare il 40% per l’azienda frutticola della

provincia di Caserta e superare il 60 % per quella ad orticoltura specializzata della provincia di

Salerno.

L’analisi del reddito da lavoro familiare conferma i risultati ottenuti in termini di reddito netto

aziendale. Le differenze percentuali tra sistemi biologici e convenzionali risultano amplificate,

tranne che per due sistemi aziendali: quello olivicolo di grandi dimensioni della provincia di

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Benevento e quello cerealicolo di Avellino. Nel primo il reddito da lavoro familiare nel biologico è

più elevato di quello che si ha nel convenzionale; nel secondo si riduce, anche se in misura

trascurabile, il valore negativo del reddito. Ciò è dovuto, in entrambi i casi, alla minore incidenza,

nella determinazione del costo di produzione del biologico, del costo legato all’uso del capitale di

esercizio, già evidenziata e discussa nel paragrafo precedente. In tutti gli altri casi il passaggio al

biologico si accompagna a cadute vistose nel livello del reddito da lavoro, particolarmente

consistenti nei sistemi orticoli di Caserta, Napoli e Salerno ed in quello viticolo-olivicolo di piccole

dimensioni del Beneventano. Ancora più interessante, è esaminare ciò che accade alle

remunerazioni orarie del lavoro (Figura 5).

Figura 5 – Confronto tra la remunerazione contrattuale oraria del lavoro e il reddito da lavoro orario nei sistemi Conv e Bio senza premium price e senza aiuti specifici per il biologico

AV12 BN14 CE14 BN33 SA33 BN34 AV34 SA32 CE32 SA20 CE20 NA20

-70,00

-60,00

-50,00

-40,00

-30,00

-20,00

-10,00

0,00

10,00

20,00

contr. conv. bio

21

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Tenendo conto che le remunerazioni a costo opportunità sono comprese tra € 6.34 per la provincia

di Caserta ed € 6.51 per la provincia di Salerno5, bisogna anzitutto rilevare che le remunerazioni

orarie sono generalmente più basse di questi valori, se non addirittura negative, già in taluni sistemi

convenzionali, quali quello cerealicolo della provincia di Avellino, orticolo della provincia di

Napoli e con seminativi misti della provincia di Caserta.

Risaltano, pertanto, i casi in cui, nei sistemi convenzionali, si assiste ad una remunerazione oraria

del lavoro ragguardevole, rispetto alle remunerazioni contrattuali: più che doppia nel caso

dell’azienda frutticola della provincia di Salerno; del 37.50% in più nel caso dell’azienda ad

analogo ordinamento della provincia di Caserta e quasi doppia nel caso dell’azienda ad ordinamento

prevalentemente viticolo-olivicolo della provincia di Avellino. Con la conversione al biologico la

remunerazione oraria rimane più che comparabile solo nel primo e nel terzo caso.

In sintesi la conclusione che si può trarre da questa parte dell’analisi è che i redditi aziendali ed

ancor più quelli da lavoro, si riducono drasticamente nel passaggio dal convenzionale al biologico.

Ciò è determinato non solo dall’aumento nei costi di produzione ma anche dalla caduta delle rese

che gioca un duplice ruolo. I ricavi totali diminuiscono, infatti, per effetto non solo di un minore

volume della produzione ma anche dei minori introiti rappresentati da quella parte degli aiuti

comunitari ancora legati alle quantità prodotte. In che misura gli aiuti comunitari specifici per il

biologico, accoppiati o meno a prezzi più elevati per gli stessi prodotti biologici, riescano a

ristabilire o a migliorare le condizioni di convenienza, rappresenta l’interrogativo a cui si cercherà

di rispondere nei successivi passaggi dell’analisi.

3.2.2 In presenza dei soli aiuti comunitari specifici per il biologico.

Quando nell’analisi vengono considerati gli aiuti comunitari specifici per il passaggio al biologico,

non si evidenziano sostanziali variazioni rispetto ai risultati precedenti anche se vale la pena

evidenziare talune differenze (Tabella 8; Figura 6).

Il reddito netto aziendale rimane negativo, per il sistema con seminativi misti del casertano,

qualsiasi sia la modalità di coltivazione seguita, mentre diventa positivo nel caso della grande

azienda cerealicola specializzata della provincia di Avellino. Altro risultato da sottolineare riguarda

l’olivicoltura specializzata: la grande azienda del beneventano realizza un incremento di reddito

dell’11%; per quella delle zone interne della provincia di Salerno la caduta del reddito diviene

impercettibile. Continuano a diventare negativi i redditi netti relativi ai piccoli sistemi aziendali

orticoli della provincia di Napoli e Caserta, mentre per tutti gli altri si assiste a variazioni

percentuali negative nel passaggio al biologico. 5 Le remunerazioni contrattuali nelle altre province sono le seguenti: Napoli € 6,42; Avellino € 6,40; Benevento € 6,47.

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Tabella 8 - Risultati economici dei SAR della Campania per assetto produttivo senza premium price e con aiuti comunitari specifici per il biologico

Ricavi Totali

RNA* var % del RNAbio vs RNAconv

Reddito da lavoro

familiare (Rlfam)

var % del Rlfambio vs Rlfamconv

Rlfam/ora

var % del Rlfam/orabio

vs Rlfam/oracon.

BN33 CONV 25406 18.334 14.036 5,27

BIO 27.746 20.377 11,1 16.861 20,1 6,33 20,14

BN34 CONV 9.797 3.727 1.134 2,00

BIO 9.333 3.331 -10,6 754 -33,5 1,33 -33,52

SA33 CONV 10.693 5.150 2.384 1,78

BIO 10.679 5.086 -1,2 2.800 17,5 2,15 20,75

SA32 CONV 27.361 19.893 14.645 12,68

BIO 24.964 17.708 -11,0 12.470 -14,9 11,59 -8,56

SA20 CONV 28.630 9.689 3.256 1,89

BIO 24.296 4.841 -50,0 1.591- -148,9 -1,02 -154,05

AV12 CONV 13.561 133- 9.255- -38,73

BIO 16.003 2.841 2242,9 6.070- 34,4 -32,33 16,53

AV34 CONV 37.750 28.909 23.198 11,51

BIO 38.144 28.499 -1,4 22.780 -1,8 11,30 -1,80

CE32 CONV 8.044 5.156 3.562 8,72

BIO 6.897 3.778 -26,7 2.187 -38,6 5,22 -40,10

CE20 CONV 5302 1.330 171 1,17

BIO 4275 230- -117,3 1.390- -912,7 -9,52 -914,7

NA20 CONV 5540 701 856- -6,29

BIO 4767 486- -169,3 2.043- -138,5 -14,07 -123,5

BN14 CONV 22315 8.969 4.660 3,05

BIO 19117 5.236 -41,6 932 -80,0 0,62 -79,6

CE14 CONV 6581 1.306- 4.880- -43,83

BIO 6073 2.645- -102,5 6.223- -27,5 -61,15 -39,5* RNA: Reddito netto aziendaleI valori sono tutti espressi in €Fonte: ns elaborazioni

SAR della Campania

Tali variazioni risultano consistenti per l’azienda specializzata orticola della provincia di Salerno

(del 50%); di poco più del 10% per l’azienda con seminativi misti del beneventano; più contenute

per i sistemi caratterizzati dalla presenza di ordinamenti frutticoli (SA32 e CE32) e dagli

ordinamenti misti viti-olivicoli quali quelli del beneventano e dell’avellinese.

Ciò consente di dedurre che l’aiuto comunitario di per sé non riesce a compensare, nella maggior

parte dei casi, i minori guadagni dovuti alla caduta nelle rese, data anche la dinamica dei costi

unitari di produzione che aumentano quasi ovunque. Solo i sistemi agricoli ad olivicoltura

specializzata, soprattutto se di più grandi dimensioni, e quelli cerealicoli specializzati reggono il

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passaggio al biologico in presenza del solo aiuto comunitario, pur a fronte di una caduta nelle rese.

Del resto sono proprio questi i sistemi aziendali per i quali i costi unitari di produzione migliorano

già in presenza del solo aiuto.

Figura 6 – Redditi netti aziendali per SAR senza premium price e con aiuti comunitari specifici per il biologico

-5.000

-

5.000

10.000

15.000

20.000

25.000

30.000

35.000

AV12 BN14 CE14 BN33 SA33 BN34 AV34 SA32 CE32 SA20 CE20 NA20

convenz. biolog.

Figura 7 – Confronto tra la remunerazione contrattuale oraria del lavoro e il reddito da lavoro orario nei sistemi Conv e Bio senza premium price e con aiuti specifici per il biologico

NA20CE20SA20CE32SA32AV34BN34AV12 BN14 CE14 BN33 SA33

-70,00

-60,00

-50,00

-40,00

-30,00

-20,00

-10,00

0,00

10,00

20,00

contr. conv. bio

L’analisi dei redditi da lavoro familiari conferma questa scarsa capacità di tenuta nel passaggio al

biologico a meno dei sistemi che migliorano la propria situazione già in termini di reddito netto. Gli

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ordinamenti orticoli registrano tutti la comparsa di redditi negativi, peraltro già presenti con il

sistema convenzionale nel caso della piccola azienda del napoletano.

Risultano confermate remunerazioni orarie del lavoro generalmente basse ed in qualche caso

addirittura negative, come nella cerealicoltura specializzata dell’avellinese ed in quella con

seminativi del casertano. Fanno eccezione le situazioni già precedentemente evidenziate quali i

SAR ad ordinamento frutticolo della provincia di Caserta e di Salerno e quello misto viti-olivicolo

dell’avellinese, per i quali già nel convenzionale le remunerazioni del lavoro, assolutamente

ragguardevoli rispetto a quelle contrattuali, pur diminuendo, restano a livelli apprezzabili o più che

apprezzabili con il passaggio al biologico.

Anche la grande azienda specializzata olivicola del beneventano presenta un valore comparabile a

quello contrattuale già nel convenzionale che migliora ulteriormente nel passaggio al biologico. In

tutti gli altri casi le remunerazioni orarie sono piuttosto basse, e peggiorano in misura più o meno

consistente (Figura 7).

3.3 In presenza sia degli aiuti comunitari specifici per il biologico che del premium price.

L’introduzione di un premium price accanto all’aiuto comunitario consente un netto e generalizzato

miglioramento della situazione. Si confermano quali casi negativi le aziende con seminativi misti

del casertano e del beneventano. Le variazioni percentuali nel reddito netto aziendale superano in

molti casi il 20% (Tabella 9; Figura 8).

Seguendo il percorso logico che va dai sistemi meno intensivi a quelli più intensivi, il primo

risultato da mettere in evidenza riguarda l’azienda cerealicola specializzata della provincia di

Avellino che, come avvenuto già in presenza del solo aiuto comunitario specifico per il biologico,

vede diventare positivo e questa volta, notevolmente incrementare, il proprio reddito. Ancora una

volta risaltano le possibilità di tenuta dell’olivicoltura, sia di più grandi che di medie dimensioni,

con variazioni percentuali del reddito anche superiori al 25%.

Analogo ragionamento può farsi per le coltivazioni permanenti con incrementi superiori al 50% nel

caso della frutticoltura mista del casertano. Ma il dato più interessante è senza dubbio quello

relativo all’orticoltura. Il passaggio al biologico consente anche alle piccole aziende del casertano e

del napoletano di fare un balzo in avanti che risulta più che doppio, nel caso dell’azienda della

provincia di Napoli.

Questo quadro di generale miglioramento risulta confermato quando si passa all’analisi del reddito

da lavoro familiare ad eccezione, ancora una volta, dei sistemi con seminativi misti del beneventano

e del casertano. L’entità delle variazioni supera anche il 150% nelle aziende orticole della provincia

di Napoli e Salerno; il 70% e l’80% per la media azienda olivicola specializzata del salernitano e

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per quella ad ordinamento misto vite-olivo del beneventano; considerevoli sono pure gli aumenti

per le aziende a frutticoltura mista del casertano e del salernitano.

Tabella 9 - Risultati economici dei SAR della Campania per assetto produttivo con premium price e

con aiuti comunitari specifici per il biologico

Ricavi Totali RNA *

var % del RNAbio vs RNAconv

Reddito da lavoro

familiare (Rlfam )

var % del Rlfambio vs Rlfamconv

Rlfam/ora

var % del Rlfam/orabio

vs Rlfam/oracon.

BN33 CONV 25406 18334 14036 5,27BIO 29756 22387 22,10 18871 34,45 7,09 34,46

BN34 CONV 9797 3727 1134 2,00BIO 10716 4714 26,50 2137 88,44 3,76 88,44

SA33 CONV 10693 5150 2384 1,78BIO 12126 6533 26,85 4247 78,18 3,27 83,14

SA32 CONV 27361 19893 14645 12,68BIO 34641 27385 37,66 22147 51,22 20,59 62,40

SA20 CONV 28630 9689 3256 1,89BIO 43389 23934 147,02 17502 437,62 11,21 494,73

AV12 CONV 13561 -133 -9255 -38,73BIO 17249 4087 3182,76 -4824 47,87 -25,69 33,67

AV34 CONV 37750 28909 23198 11,51BIO 44542 34897 20,71 29178 25,78 14,47 25,78

CE32 CONV 8044 5156 3562 8,72BIO 11121 8002 55,18 6411 79,97 15,31 75,59

CE20 CONV 5302 1330 171 1,17BIO 5841 1336 0,45 176 3,13 1,21 3,38

NA20 CONV 5540 701 -856 -6,29BIO 7089 1836 161,81 279 132,61 1,92 130,56

BN14 CONV 22315 8969 4660 3,05BIO 20703 6822 -23,95 2518 -45,97 1,68 -44,83

CE14 CONV 6581 -1306 -4880 -43,83BIO 6833 -1885 -44,28 -5463 -11,96 -53,68 -22,48

* RNA: Reddito netto aziendaleI valori sono tutti espressi in €Fonte: ns elaborazioni

SAR della Campania

Le remunerazioni orarie del lavoro risultano più elevate di quelle contrattuali in cinque casi su

dodici (Figura 9). Per l’azienda olivicola specializzata del beneventano e, cosa interessante, per

quella ad orticoltura specializzata della provincia di Salerno, questo avviene solo con il passaggio al

biologico. In quest’ultimo caso la remunerazione oraria del lavoro diviene quasi doppia rispetto a

26

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quella contrattuale, più che doppia negli ordinamenti frutticoli del casertano e del salernitano e per

quello misto, con vite, olivo e nocciolo, dell’avellinese.

Figura 8 – Redditi netti aziendali per SAR con premium price e con aiuti comunitari specifici per il

biologico

AV12

BN14

CE14

SA33

BN33

AV34

BN34

SA32

CE32

SA20

CE20 NA20

-5000

0

5000

10000

15000

20000

25000

30000

35000

40000

convenzionale biologico

Figura 9 – Confronto tra la remunerazione contrattuale oraria del lavoro e il reddito da lavoro orario nei sistemi Conv e Bio con premium price e con aiuti specifici per il biologico

AV12 BN14 CE14 BN33 SA33 BN34 AV34 SA32 CE32 SA20 CE20 NA20

-60,00

-50,00

-40,00

-30,00

-20,00

-10,00

0,00

10,00

20,00

30,00

conv. bio contr.

27

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Permane la negatività del dato relativo ai sistemi cerealicolo specializzato ed a quelli con seminativi

misti del casertano (CE14). Le variazioni percentuali sono quasi generalmente positive.

3.4 In presenza del solo premium price.

L’ipotesi di assenza di aiuti comunitari specifici per il biologico e di presenza del solo premio di

prezzo rivela risultati molto interessanti che è utile commentare richiamando quanto avviene in

presenza del solo aiuto e dell’aiuto e del premio di prezzo insieme. Tutti i sistemi aziendali, ad

eccezione di quello con seminativi del casertano, presentano redditi netti positivi, mentre in

presenza del solo aiuto erano negativi anche quelli dei sistemi orticoli di Napoli e Caserta (Tabella

10; Figura 10).

Tabella 10 - Risultati economici dei SAR della Campania per assetto produttivo con premium price e senza aiuti comunitari specifici per il biologico

Ricavi Totali RNA *

var % del RNAbio vs RNAconv

Reddito da lavoro

familiare (Rlfam )

var % del Rlfambio

vs Rlfamconv

Rlfam/oravar % del

Rlfam/orabio vs Rlfam/oracon.

BN33 CONV 25406 18.334 14.036 5,27BIO 27416 20.047 9,3 16.531 17,8 6,21 17,8

BN34 CONV 9797 3.727 1.134 1,90BIO 9695 3.693 -0,9 1.116 -1,6 1,97 3,3

SA33 CONV 10693 5.150 2.384 1,78BIO 11071 5.478 6,4 3.192 33,9 2,46 37,7

SA32 CONV 27361 19.893 14.645 12,68BIO 32292 25.036 25,8 19.798 35,2 18,40 45,2

SA20 CONV 28.630 9.689 3.256 1,89BIO 42.015 22.560 132,8 16.128 395,4 10,33 448,0

AV12 CONV 13.561 133- 9.255- -38,73BIO 14.142 980 839,3 7.931- 14,3 -42,24 -9,1

AV34 CONV 37.750 28.909 23.198 11,51BIO 41.310 31.665 9,5 25.946 11,8 13,31 15,6

CE32 CONV 8.044 5.156 3.562 8,72BIO 10.284 7.165 38,9 5.574 56,5 13,31 52,7

CE20 CONV 5302 1.330 171 1,17BIO 5727 1.222 -8,1 63 -63,4 0,43 -63,3

NA20 CONV 5540 701 856- -6,29BIO 6959 1.706 143,3 149 117,4 1,03 116,3

BN14 CONV 22315 8.969 4.660 3,05BIO 20005 6.124 -31,7 1.820 -60,9 1,22 -60,1

CE14 CONV 6581 1.306- 4.880- -43,83BIO 6389 2.329- -78,3 5.907- -21,1 -58,05 -32,4

* RNA: Reddito netto aziendaleI valori sono tutti espressi in €Fonte: ns elaborazioni

SAR della Campania

28

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Figura 10 – Redditi netti aziendali per SAR con premium price e senza aiuti specifici per il biologico

AV12

BN14

CE14

SA33

CE20 NA20

BN33

BN34

SA20

CE32

SA32

AV34

-5000

0

5000

10000

15000

20000

25000

30000

35000

convenzionale biologico

Essi, inoltre, migliorano in otto casi su dodici mentre in presenza del solo aiuto ciò avveniva solo

per i sistemi ad olivicoltura specializzata del beneventano e cerealicolo dell’avellinese; le variazioni

negative riguardano, come avveniva in presenza del solo aiuto, l’azienda viticola-olivicola del

beneventano, orticola del casertano e quelle con seminativi misti di Benevento e Caserta. Rispetto

all’ipotesi “aiuti più premium price”, dove sono solo questi ultimi due a far registrare un

peggioramento, ciò è evidentemente determinato dal fatto che la presenza del solo premium price

non riesce a compensare gli effetti negativi della diminuzione delle rese sui ricavi e sui costi unitari

di produzione.

I redditi da lavoro presentano una dinamica analoga a quella dei redditi netti nel senso che

rimangono gli stessi i sistemi che presentano variazioni percentuali negative; in presenza del solo

aiuto i redditi da lavoro peggioravano sempre tranne che per le aziende olivicole specializzate e per

il sistema cerealicolo dell’avellinese. Le remunerazioni orarie del lavoro (Figura 11) risultano

essere superiori di quelle contrattuali in cinque casi su dodici e, come già visto per la

contemporanea presenza dell’aiuto, in due casi, azienda orticola del salernitano ed olivicola del

beneventano, ciò avviene con il passaggio al biologico. L’orticoltura biologica, quindi, quando non

è di piccolissime dimensioni, consente di raggiungere buoni risultati anche sul fronte della

remunerazione del lavoro. Rimangono negative le remunerazioni orarie per i sistemi cerealicolo

dell’avellinese e con seminativi misti del casertano.

29

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Figura 11 – Confronto tra la remunerazione contrattuale oraria del lavoro e il reffito da lavoro oraria nei sistemi Conv e Bio con premium price e senza aiuti specifici per il biologico

AV12

BN14

CE14

BN33SA33 BN34

AV34

SA32

CE32SA20

CE20 NA20

-70,00

-60,00

-50,00

-40,00

-30,00

-20,00

-10,00

0,00

10,00

20,00

30,00

contr. conv. bio

4. Analisi sul gruppo di aziende biologiche campane 4.1 Le caratteristiche delle aziende intervistate

Prima di passare al commento dei risultati ottenuti e per meglio interpretarli si ritiene opportuno

descrivere, almeno nelle caratteristiche principali, le aziende esaminate. Alcune informazioni sugli

ordinamenti produttivi attuati e sulla loro distribuzione tra le province campane ed i sistemi

individuati dal PSR, sono desumibili dalla tabella 11. Tutte le aziende sono a conduzione diretta del

coltivatore ad eccezione di una, quella orticola specializzata della provincia di Salerno (SA1), le cui

caratteristiche la rendono assimilabile ad una vera e propria azienda di tipo imprenditoriale-

manageriale. Quattro di esse occupano full time sia l’imprenditore che la moglie, mentre le altre

sono condotte in part-time. Solo la grande azienda ad ordinamento misto del beneventano

(cerealicolo-foraggero-olivicolo-orticolo; BN1) fa ricorso a manodopera extrafamiliare nei periodi

di più elevate esigenze di lavoro, quali quelli in cui si concentrano le operazioni di raccolta e di

potatura.

30

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Tabella 11 - Aziende e relativa SAU per coltura Coltura

AV1 sist.2

AV2 sist.2

BN1 sist.3

BN2 sist.3

BN3 sist.3

NA1 sist.1

SA1 sist.1

SA2 sist.2

AlbicoccoCereali 8,50 3,35Foraggio 8,50 3,00Frutta fresca 0,60Frutta secca 4,50 0,90Lattuga 0,60 17,10Limone 1,03Olivo 3,00 5,30 5,00 0,75 2,40Ortaggi 0,15 3,55Vite 1,20 1,50 7,00 4,50Totale 9,45 20,00 15,20 12,00 5,25 1,03 17,10 2,40SAU in HaFonte: ns elaborazioni Gli ordinamenti produttivi sono per lo più misti. Tre aziende sono specializzate: le due del

salernitano, l’una olivicola (SA2), l’altra orticola (Sa1) e quella del napoletano, agrumicola, (NA1).

La superficie agricola utilizzata (SAU) è sempre completamente di proprietà del conduttore ad

eccezione dell’azienda orticola specializzata del salernitano che presenta una quota della superficie

in affitto.

L’azienda del napoletano, di piccole dimensioni, è situata sulle colline litoranee della penisola

sorrentina (NA1) e produce limone Ovale di Sorrento IGP.

Le tre aziende del beneventano sono localizzate in diversi comuni dell’area collinare del Calore

inferiore. Due di esse presentano lo stesso ordinamento produttivo, viticolo-olivicolo, ma si

differenziano per le dimensioni aziendali (quella indicata con BN2 ha dimensioni di gran lunga

maggiori di quella indicata con BN3); l’altra è tipicamente una grande azienda ad ordinamento

misto (BN1).

Le aziende ricadenti nella provincia di Avellino sono entrambe situate sulle colline dell’Irpinia

Centrale. L’una (AV1) di grandi dimensioni, produce olio, vino, frutta fresca, frutta secca ed ortaggi

con un ordinamento che, data la ripartizione della superficie tra le diverse colture, è

prevalentemente frutticolo; l’altra (AV2), anch’essa di grandi dimensioni, ha ordinamento

prevalentemente cerealicolo-foraggero ma produce, in piccole quantità, anche uva da vino e olive

da olio.

Infine, in provincia di Salerno sono state considerate due aziende. Quella orticola specializzata,

come già anticipato precedentemente, ha caratteristiche tipicamente imprenditoriali-manageriali.

Trattasi di una grande azienda orticola specializzata situata nella piana del Sele che produce insalata

da taglio per il consumo fresco su una SAU protetta di 17,10 ettari di cui 4 in affitto. La produzione

31

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(350 q.li/ha di insalatina, verde e rossa, e valeriana) avviene completamente sotto serra secondo

cicli continui, raggiungendone, in media, sei in un anno. L’azienda svolge al suo interno anche

attività di selezione, lavaggio e confezionamento per il consumo fresco. Il prodotto confezionato

viene commercializzato direttamente ed è destinato alla grande distribuzione del Centro e del Nord

Italia. È condotta dal proprietario che ricopre solo la funzione direttiva mentre la manodopera, tutta

salariata, è composta da 24 operai a tempo determinato. La dotazione del parco macchine, per

quantità e qualità, è adeguata alle esigenze aziendali e la tecnica colturale è tipicamente molto

avanzata. I costi espliciti di produzione sono più elevati rispetto alle altre aziende data anche

l’incidenza della manodopera salariata e lo standard raggiunto nelle tecniche di produzione che

fanno largo uso di mezzi tecnici specifici per coltivazioni biologiche.

L’altra azienda (SA2), ubicata sulle colline litoranee del Cilento, è di medie dimensioni e produce

olio extravergine di oliva Cilento DOP.

Tra le problematiche più pressanti evidenziate dagli agricoltori, quali conseguenze del passaggio

all’agricoltura biologica, grande importanza assumono quelle legate all’aumento dei costi unitari di

produzione ed alla riduzione delle rese e, dall’altro, le difficoltà di valorizzazione del prodotto in

fase di commercializzazione. Con riferimento al primo di tali aspetti, le interviste effettuate hanno

consentito di rilevare che, in molti casi, la caduta delle rese, determinata dal minor impiego di

mezzi tecnici, secondo quanto previsto dal regolamento 2092/91, assumeva maggiore rilevanza a

causa di un livello delle stesse già più basso della media per la presenza di impianti arborei piuttosto

vecchi rispetto ad una durata ordinaria. La risposta, alquanto generalizzata, a tale situazione è stata

quella di procedere al reimpianto dei frutteti in vista di una futura migliore prospettiva. Non sempre,

però, il reimpianto ha interessato tutta la superficie e/o tutte le specie arboree presenti in azienda del

che, evidentemente, hanno risentito negativamente le rese medie. Ciò è quanto è stato riscontrato

nell’azienda del napoletano, in quelle ad ordinamento viticolo-olivicolo del beneventano ed in

quella ad ordinamento prevalentemente frutticolo dell’avellinese.

Con riferimento al secondo dei problemi evidenziati, nella quasi generalità dei casi, difficilmente i

prodotti vengono venduti come biologici, per l’assenza di collegamenti con idonee strutture di

trasformazione e distribuzione in grado di valorizzare il prodotto. Solo in pochi casi si riesce a

valorizzare le produzioni ottenendo un adeguato premio di prezzo, grazie ai giusti collegamenti con

strutture di trasformazione e commercializzazione specifiche per i prodotti biologici o alla

possibilità di sfruttare posizioni di vantaggio determinate dal fatto che l’azienda svolge anche altre

attività, quali l’agriturismo, in misura non trascurabile. Utile risulta, a questo proposito, dare un

rapido sguardo a ciò che avviene nelle diverse aziende in alcune delle quali si realizzano produzioni

che godono di marchi di certificazione della provenienza. L’azienda agrumicola del napoletano

32

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produce limone ovale di Sorrento IGP ma, pur conferendo tutto il prodotto ad una cooperativa

locale, ne vede riconosciuto solo il 10% come biologico (ad un prezzo di € 0.75 al Kg) mentre il

resto è commercializzato come prodotto convenzionale (ad un prezzo di € 0.50 al Kg). Delle due

aziende della provincia di Salerno, quella orticola specializzata, grazie all’espletamento di attività di

trasformazione al suo interno e all’integrazione con il settore della commercializzazione (Grande

Distribuzione Organizzata), riesce ad ottenere un premium price per il proprio prodotto ed a

realizzare un’attività molto remunerativa anche in assenza del sussidio comunitario specifico per il

biologico. Quella olivicola specializzata, viceversa, produce olive che vengono conferite, per la

trasformazione in olio extravergine DOP, ad una cooperativa locale. Il prodotto così ottenuto viene

commercializzato quasi completamente dalla stessa cooperativa; solo una parte viene venduta

direttamente ai consumatori dalla stessa azienda (ad un prezzo di €10 al litro).

Delle aziende del beneventano, quella di grandi dimensioni, ad ordinamento cerealicolo-foraggero-

orticolo-olivicolo, coniuga l’attività di produzione agricola con quella agrituristica. Ciò consente di

valorizzare i prodotti biologici, tra cui l’olio DOP∗, serviti nell’attività di ristorazione o venduti

direttamente agli ospiti dell’azienda. Le altre due aziende producono uve da vino falangina DOC ed

olio. La maggior parte della produzione viticola è venduta come prodotto convenzionale. L’olio è

venduto direttamente al consumatore come prodotto biologico (al prezzo di € 5/l), completamente

nel caso dell’azienda di più piccole dimensioni (BN3), solo per il 25% nel caso di quella di

dimensioni maggiori (BN2).

Infine, per quanto riguarda le due aziende dell’avellinese, quella frutticola (AV1), coniuga l’attività

di produzione agricola con quella agrituristica nella quale impiega i prodotti ottenuti in azienda

ottenendone una certa valorizzazione; buona parte di quelli non consumati come prodotti freschi

vengono trasformati in azienda e venduti come biologici. Viceversa, l’altra azienda (AV2) che

produce cereali, foraggio, olive ed uve da vino IGT, Aglianico e Coda di volpe, vende l’intera

produzione a prezzi convenzionali, non avendo alcun collegamento con il mercato dei prodotti

biologici.

4.2 Analisi dei redditi aziendali

I risultati economici delle aziende rilevate, in termini di reddito netto aziendale e reddito netto per

ettaro di SAU, sono stati riportati nelle tabelle 12, 13, 14 e nelle figure 12 e 13. Per rendere evidente

il ruolo giocato dagli aiuti comunitari specifici per il biologico sui risultati economici conseguiti,

∗ Per la precisione l’olio extravergine di oliva Colline Beneventane gode di protezione transitoria nazionale essendo la DOP in corso di registrazione presso la UE.

33

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essi sono stati calcolati sia in assenza che in presenza degli aiuti previsti dai Programmi

Agroambientali di cui al Reg. 2078/92 ed alla misura F, Azione 2 del PSR della Campania.

Tabella 12 - Risultati economici delle aziende rilevate senza aiuti comunitari specifici per il

biologico Codice aziendale AV1 AV2 BN1 BN2 BN3 NA1 SA1 SA2

SAU 9,45 20 15,2 12 5,25 1,03 17,1 2,4

Ricavi Totali 27224 18173 78437 55154 21615 12437 1107225 24432

RN aziendale (RN) 22737 9300 63023 41136 10721 4823 630365 21169

RN/ha 2406 465 4146 3428 2042 4683 36863 8820

Costo opp. Cap.agrario 141 597 333 825 772 168 13003 25

Costo opp. Cap. fondiario 5622 5110 6749 5230 2413 1042 13493 1440

Costo opp. lav. Familiare 8384 4974 10734 19947 12641 2775 16155 3115

∑costi di opportunità 14147 10681 17815 26002 15826 3986 42651 4580

Indice di competitività 1,61 0,87 3,54 1,58 0,68 1,21 14,78 4,

SAU in Ha; valori in €

Fonte: ns elaborazioni

62

Tra i casi analizzati risalta, in modo particolare, quello relativo alla grande azienda ad orticoltura

specializzata della provincia di Salerno che raggiunge notevoli risultati economici, anche in assenza

di aiuti comunitari. Il dato è così distante da quello relativo alle altre aziende del gruppo da dover

essere considerato completamente a parte. Per tale motivo si è preferito non riportare tale azienda

nei grafici onde evitare un effetto schiacciamento sulle altre con conseguente difficoltà di

evidenziazione delle differenze esistenti.

Tabella 13 - Risultati economici delle aziende rilevate con aiuti comunitari specifici per il biologico

(Reg. 2078/92)

Codice aziendale AV1 AV2 BN1 BN2 BN3 NA1 SA1 SA2

SAU 9,45 20 15,2 12 5,25 1,03 17,1 2,4

Ricavi Totali 29216 20207 81280 59328 24138 13179 1107225 25248

RN aziendale (RN) 24729 11334 65866 45310 13244 5565 630365 21985

RN/ha 2617 567 4333 3776 2523 5403 36863 9160

Costo opp. Cap.agrario 141 597 333 825 772 168 13003 25

Costo opp. Cap. fondiario 5622 5110 6749 5230 2413 1042 13493 1440

Costo opp. lav. Familiare 8384 4974 10734 19947 12641 2775 16155 3115

∑costi di opportunità 14147 10681 17815 26002 15826 3986 42651 4580

Indice di competitività 1,75 1,06 3,70 1,74 0,84 1,40 14,78 4,80

34

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Tabella 14 - Risultati economici delle aziende rilevate con aiuti comunitari specifici per il biologico (PSR)

Codice aziendale AV1 AV2 BN1 BN2 BN3 NA1 SA1 SA2

SAU 9,45 20 15,2 12 5,25 1,03 17,1 2

Ricavi Totali 30248 21298 82131 63899 25805 13273 1107225 25692

RN aziendale (RN) 25761 12425 66717 49881 14910 5660 630365 22429

RN/ha 2726 621 4389 4157 2840 5495 36863 9345

Costo opp. Cap.agrario 141 597 333 825 772 168 13003 25

Costo opp. Cap. fondiario 5622 5110 6749 5230 2413 1042 13493 1440

Costo opp. lav. Familiare 8384 4974 10734 19947 12641 2775 16155 3115

∑costi di opportunità 14147 10681 17815 26002 15826 3986 42651 4580

Indice di competitività 1,82 1,16 3,74 1,92 0,94 1,42 14,78 4,90SAU in Ha; valori in €

Fonte: ns elaborazioni

,4

Gli altri casi, difatti, sono più confrontabili tra di loro e la variabilità dei redditi può trovare

giustificazione nelle premesse fatte precedentemente in merito alle cause delle basse rese unitarie e

alle modalità di valorizzazione dei prodotti ottenuti.

Figura 12 – Confronto tra i redditi netti aziendali con e senza aiuti PSR per l’agricoltura biologica

0

10000

20000

30000

40000

50000

60000

70000

80000

AV1 AV2 BN1 BN2 BN3 NA1 SA2

Reddito Netto senza aiuti Reddito Netto con aiuti

Nella tabella 15 le aziende sono state ordinate secondo valori crescenti del reddito netto per ettaro.

Ciò che risalta è che tale ordinamento rimane sostanzialmente invariato quando si introducono gli

35

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aiuti comunitari. Pertanto, l’azienda olivicola del salernitano, che è quella che raggiunge i migliori

risultati in termini di reddito netto per ettaro senza aiuti, conserva tale posizione anche quando

vengono considerati gli aiuti. Allo stesso modo, l’azienda cerealicola-foraggera-frutticola

dell’avellinese (AV2) consegue i risultati peggiori sia senza aiuti che con aiuti. Tra di esse si

collocano tutte le altre. Ciò premesso, per valutarne la distribuzione rispetto ai risultati economici,

vale la pena iniziare proprio da queste due aziende che rappresentano i due estremi del gruppo

considerato.

Figura 13 – Incremento percentuale del reddito netto aziendale per effetto degli aiuti PSR all’agricoltura biologica

0,0

5,0

10,0

15,0

20,0

25,0

30,0

35,0

40,0

45,0

BN3 AV2 BN2 NA1 AV1 SA2 BN1

Nel caso della olivicola specializzata, il più elevato valore del reddito netto per ettaro, sia in assenza

che in presenza di aiuti comunitari specifici per il biologico, è sicuramente dovuto, come già

evidenziato precedentemente, alla forte integrazione di questa azienda con una cooperativa locale

che si occupa sia della trasformazione che della commercializzazione dell’olio DOP prodotto, di cui

una parte viene venduto dalla stessa azienda direttamente al consumatore finale. La presenza degli

aiuti per il biologico conta veramente poco nella determinazione dei risultati economici (6%), date

anche le ridotte dimensioni aziendali, mentre un peso maggiore rivestono gli aiuti legati

all’organizzazione comune di mercato dell’olio di oliva.

L’azienda dell’avellinese, invece, è un’azienda tipicamente estensiva, ad ordinamento

prevalentemente cerealicolo-foraggero, con una ridotta produzione di uva da vino ed olive da olio.

Tra le aziende considerate è tra quelle che maggiormente si avvantaggiano degli aiuti comunitari

specifici per il biologico (PSR), vedendo incrementare il proprio reddito di circa il 34% (graf.7). I

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risultati complessivamente ottenuti sono, probabilmente, considerati accettabili dall’imprenditore,

atteso che le pratiche colturali attuate sono proprio quelle essenziali ed è assente qualsiasi tentativo

di collegamento con strutture di trasformazione e commercializzazione dei prodotti biologici, tant’è

che tutta la produzione è venduta come prodotto convenzionale.

Delle altre aziende che si collocano nel mezzo un posto a parte merita quella di piccole dimensioni

della penisola sorrentina, specializzata nella produzione di limone IGP Ovale di Sorrento. Tra le

aziende rimaste è quella che raggiunge i migliori risultati per ettaro di superficie. Gioca qui

favorevolmente la possibilità di valorizzare, sebbene non completamente, il prodotto biologico

grazie ai collegamenti con una cooperativa locale. Da tener presente che questa è un’azienda a

conduzione diretta, part-time. L’incremento di reddito che si realizza grazie agli aiuti per il

biologico supera il 17%. Procedendo nel senso della progressiva riduzione del reddito netto per

ettaro, troviamo la grande azienda della provincia di Benevento (BN1). I discreti risultati che qui si

raggiungono sono dovuti alla capacità di valorizzare tutte le produzioni grazie all’attività

agrituristica. Difatti, gli aiuti comunitari incidono sull’incremento di reddito solo per il 5,9%.

Le altre aziende presentano analogie per quanto riguarda l’ordinamento produttivo. Quelle del

beneventano hanno entrambe ordinamento viticolo-olivicolo; quella dell’avellinese (AV1) produce

anche frutta fresca, frutta secca ed ortaggi. Delle due aziende del beneventano, l’una di maggiori

dimensioni (BN2) raggiunge risultati di gran lunga migliori rispetto all’altra (BN3) per la quale,

tuttavia, l’incremento percentuale di reddito dovuto agli incentivi per il biologico è il più alto tra le

aziende del gruppo. L’azienda ad ordinamento prevalentemente frutticolo dell’avellinese (AV1), in

assenza di aiuti, realizza risultati economici intermedi alle due peggiorando, però, la propria

posizione in presenza di aiuti. Questa è, tipicamente, una di quelle aziende che si sono convertite al

biologico per convinzione culturale dell’imprenditore che svolge anche attività agrituristica. Grazie

a ciò i prodotti vengono venduti tutti direttamente in azienda come biologici, freschi o trasformati,

ma il premio di prezzo che si riesce a spuntare è controbilanciato negativamente dalle basse rese

unitarie.

Questi primi risultati consentono di affermare che, a parte il caso del tutto particolare della grande

azienda specializzata della Piana del Sele, le altre sette aziende costituiscono un gruppo che

presenta differenze ed analogie utili a spiegare la variabilità dei risultati economici ottenuti. Difatti,

gli estremi superiori di tale gruppo sono costituiti da due aziende entrambe specializzate su

produzioni che godono di un marchio di certificazione della provenienza (olio DOP del Cilento

l’una e limone ovale di Sorrento IGP, l’altra) che riescono a valorizzare grazie ai collegamenti con

idonee strutture di trasformazione e/o commercializzazione o grazie, il che è ancora meglio, alla

vendita diretta al consumatore finale in virtù dell’esistenza di situazioni di mercato di nicchia. Delle

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due, solo l’azienda della penisola sorrentina si avvantaggia in misura non proprio trascurabile degli

incentivi comunitari specifici per il biologico.

All’estremo inferiore si trova l’azienda cerealicola foraggera della provincia di Avellino della quale

si è già detto abbondantemente, quindi vi è il gruppo costituito da quattro aziende nelle quali

prevalgono le colture arboree, compresi l’olivo e la vite. Tutte sono a conduzione diretta del

coltivatore con occupazione full-time di almeno due persone (generalmente l’imprenditore e la

moglie). All’interno di questo gruppo, inoltre, due aziende (BN1 ed AV1) riescono a valorizzare il

prodotto biologico grazie all’attività agrituristica. Infine, ed anche questo è un dato interessante,

solo per l’azienda di più piccole dimensioni del beneventano e quella cerealicolo-foraggera

dell’avellinese, che sono poi quelle che realizzano i risultati peggiori in termini di reddito netto per

ettaro, il peso degli incentivi comunitari per il biologico non è assolutamente trascurabile.

4.3 Il livello di competitività delle aziende biologiche

Come riportato nel paragrafo relativo alla metodologia utilizzata, per analizzare la convenienza

della produzione biologica, in termini di competitività, i risultati economici realmente ottenuti dalle

aziende esaminate, in presenza ed in assenza degli incentivi comunitari sono stati confrontati con la

somma delle remunerazioni a costo opportunità dei fattori apportati dall’imprenditore: lavoro

familiare, capitale fondiario ed agrario. Tale somma è assimilabile alla stima di un reddito netto

ottenibile qualora le stesse risorse venissero impiegate in usi alternativi ed il rapporto tra il reddito

reale e questa somma rappresenta un indice sintetico di competitività della produzione biologica.

I risultati ottenuti sono sintetizzati nella tabella 15 e nella figura 14. Come visto già per la

classificazione delle aziende secondo il reddito netto per ettaro, anche nel caso dei valori assunti

dall’indice di competitività, le posizioni relative delle aziende rimangono sostanzialmente le stesse,

sia che esso venga calcolato in presenza che in assenza di aiuti specifici per il biologico (Reg.

2078/92 e PSR). Se i valori dell’indice vengono, poi, ordinati in modo da avere una scala crescente,

pur non ottenendo la stessa classificazione ottenuta con i valori del reddito netto per ettaro, restano

le stesse le aziende in posizione di testa e di coda. Ancora una volta la grande azienda della Piana

del Sele presenta un valore dell’indice all’incirca pari a 15 che non è paragonabile a nessuno dei

valori relativi alle altre aziende del gruppo.

Delle sette rimanenti, in assenza di aiuti, sono due le aziende che conseguono i risultati peggiori,

con un valore dell’indice inferiore ad uno. Si tratta dell’azienda viticola-olivicola del beneventano

di più piccole dimensioni (BN3) e di quella cerealicola-foraggera-frutticola della provincia di

Avellino.

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Tabella 15 - Aziende secondo valori crescenti del reddito netto per ettaro e dell’indice di competitività e secondo valori decrescenti dell’incremento di reddito dovuto agli aiuti comunitari (PSR) per il biologico.

AV2 AV1 BN3 BN2 BN1 NA1 SA2 SA1

Reddito Netto/ha con aiuti PSR 621 2726 2840 4157 4389 5495 9345 36863

AV2 BN3 AV1 BN2 BN1 NA1 SA2 SA1

Reddito Netto/ha senza aiuti 465 2042 2406 3428 4146 4683 8821 36864

BN3 AV2 BN2 NA1 AV1 SA2 BN1 SA1

39,1 33,6 21,3 17,3 13,3 6,0 5,9 0,0

BN3 AV2 NA1 BN2 AV1 BN1 SA2 SA10,7 0,9 1,2 1,6 1,6 3,5 4,6 14,8

BN3 AV2 NA1 BN2 AV1 BN1 SA2 SA10,8 1,1 1,4 1,7 1,7 3,7 4,8 14,8

BN3 AV2 NA1 AV1 BN2 BN1 SA2 SA1

0,9 1,2 1,4 1,8 1,9 3,7 4,9 14,8

I valori sono espressi in €Fonte: ns elaborazioni

Incremento % del Red. Netto/ha per effetto degli aiuti PSR per il bioInd. di competitività senza aiuti per

il bio

Ind. di competitività con aiuti 2078/92

Ind. di competitività con aiuti PSR per il bio

Figura 14 – Indice di competitività in assenza e in presenza di aiuti PSR

0,0

1,0

2,0

3,0

4,0

5,0

6,0

BN3 AV2 NA1 BN2 AV1 BN1 SA2

Ind. di compet. senza aiuti Ind. di compet. con aiuti PSR Questo risultato conferma e rafforza i risultati precedenti essendo, queste due aziende, le peggiori

del gruppo anche in termini di reddito netto per ettaro. Tra le altre, risaltano l’azienda olivicola

specializzata del Cilento e quella agrituristica del beneventano per le quali l’attività di produzione

agricola biologica, si rivela di gran lunga più remunerativa rispetto ad usi alternativi delle risorse

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impiegate (con un valore dell’indice, rispettivamente di 4,6 e 3,5). Due gli elementi principali che

determinano questo risultato. Da un lato i bassi importi del capitale di anticipazione e la presenza di

un parco macchine ormai fuori ammortamento, il che dà luogo ad un costo opportunità del capitale

particolarmente basso. Dall’altro, l’elevato valore dei ricavi totali determinato dalle modalità di

collocazione del prodotto biologico sul mercato.

Da notare il cambiamento della posizione relativa della piccola azienda agrumicola della penisola

sorrentina che da una di testa, in termini di reddito netto per ettaro, passa ad una di coda, pur

assicurando alle risorse impiegate una remunerazione del 20% superiore rispetto a quella ritraibile

in possibili usi alternativi. Ovviamente, gioca nel determinare tale risultato il più elevato costo di

opportunità del capitale fondiario.

In presenza di aiuti, il valore dell’indice diviene maggiore di uno per l’azienda dell’avellinese.

Quella del beneventano, nonostante il più elevato incremento percentuale di reddito, non riesce a

colmare il gap iniziale, rivelandosi così come la peggiore dell’intero gruppo. Per le altre,

l’introduzione degli aiuti, non comporta grosse variazioni confermando, così, che quando con

l’agricoltura biologica si conseguono buoni risultati, questi sono solo marginalmente influenzati

dalla possibilità di ottenere gli incentivi comunitari. La loro importanza, viceversa, si rivela

maggiore ed in alcuni casi, diviene anche determinante per la permanenza delle risorse nel settore

biologico, in quelle aziende che presentano una scarsa redditività. Il posizionamento relativo delle

aziende conferma anche che là dove si raggiungono buoni risultati sono altri i fattori importanti,

quali la possibilità di stabilire i giusti collegamenti con le strutture di trasformazione e

commercializzazione e l’integrazione con attività, quali l’agriturismo, che si è rivelato essere un

canale importante per la giusta valorizzazione di tali produzioni.

5. Considerazioni conclusive La sintesi dei risultati ottenuti dall’analisi su sistemi aziendali rappresentativi e su un gruppo di

aziende biologiche campane consente di fare interessanti considerazioni sull’efficacia degli aiuti

specifici all’agricoltura biologica rispetto agli obiettivi previsti dal PSR della Campania anche con

riferimento alle differenze introdotte rispetto al programma agro-ambientale previsto del Reg. CE

2078/92. A tale ultimo proposito vale la pena sintetizzare le differenze più significative tra

l’impostazione di detto regolamento ed il PSR.

Il Reg. 2078/92, per l’attuazione del programma agro-ambientale, prevedeva 9 misure tra cui la A3

relativa all’introduzione o mantenimento dei metodi dell’agricoltura biologica, secondo quanto

previsto dal reg. 2092/91. Si individuavano 6 tipologie di ambienti che corrispondevano ad

altrettante zone di intervento: pianura costiera, pianura interna, collina litoranea, collina interna,

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territorio montano ad indirizzo zootecnico prevalente, territorio montano ad indirizzo boschivo

prevalente. La zonizzazione veniva utilizzata, però, solo per l’applicazione delle misure A1 e A2

(sensibile riduzione dei concimi; sensibile riduzione dei fitofarmaci), mentre le altre interessavano

indistintamente tutto il territorio regionale. Le colture sovvenzionate erano comprese in gruppi

piuttosto ampi:

• Colture annuali che beneficiano di premi per ettaro in virtù della regolamentazione relativa

alle organizzazioni comuni di mercato;

• Altre colture annuali;

• Oliveti specializzati;

• Agrumeti;

• Frutteti e vigneti.

Erano ammesse agli aiuti anche le colture protette. Il premio era differenziato tra introduzione e

mantenimento della produzione biologica. Oltre al rispetto dei vincoli posti dal reg. 2092/91, in un

primo momento, i produttori erano obbligati ad aderire alla misura con tutta la superficie aziendale.

La superficie minima ammissibile (sma) era di 0,30 ettari per le colture annuali che beneficiavano

di premi per ettaro in virtù della regolamentazione relativa alle organizzazioni comuni di mercato;

0,50 ettari per le altre colture annuali; 0,50 ettari per gli oliveti specializzati, i frutteti ed i vigneti;

0,20 ettari per gli agrumeti (Pergamo R., 1999). L’entità della sma, combinata all’obbligo di

adesione con tutta la superficie aziendale rappresentava, ovviamente, un vincolo troppo forte per la

conversione al biologico delle aziende regionali date le ridotte dimensioni medie. Di ciò la Regione

Campania si rese subito conto inoltrando alla Commissione europea la richiesta di apportare

modifiche relativamente alle misure A1, A2 ed A3. Si ottenne così la possibilità di effettuare la

conversione al biologico anche solo su alcuni appezzamenti aziendali il che effettivamente ha poi

consentito e favorito la conversione.

Vediamo, invece, cosa è successo con il PSR (Regione Campania, 2001). Le azioni previste dalla

Misura F, “Misure Agroambientali”, si applicano all’intero territorio regionale. Questo viene

suddiviso in tre ambiti specifici, individuati sulla base dei differenti ordinamenti produttivi

prevalenti nelle aziende in relazione alle differenti condizioni di produzione dovute alle variabili

pedoclimatiche. In altri termini la ripartizione effettuata tiene conto di considerazioni ambientali. In

particolare dell’influenza della qualità delle risorse naturali sulla qualità degli ordinamenti

produttivi. Gli ambiti territoriali suddetti coincidono con i seguenti ordinamenti:

intensivo: localizzato nel territorio delle fasce pianeggianti del territorio regionale, con

inclusione della Penisola Sorrentina-Amalfitana (quest’ultima, più che per le caratteristiche

fisiche dell’ambiente di produzione, per l’intensità dei processi produttivi praticati);

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cerealicolo-zootecnico: interessa i territori delle aree interne, coincidenti con ambiti di alta

collina e di montagna.

frutticolo-viticolo: si identifica nella fascia collinare intermedia;

A questi tre diversi ambiti, denominati anche Sistemi, rispettivamente 1, 2 e 3, del territorio

regionale, corrispondono colture specifiche ammesse agli impegni dell’Azione 1, “Agricoltura

integrata” e dell’Azione 2, “Agricoltura biologica”. Inoltre, per le colture ammissibili, presenti in

più di un ambito territoriale, si prevede l’erogazione di premi differenziati in relazione ai diversi

risultati economici ottenibili. Siamo, quindi, adesso di fronte ad una zonizzazione per l’agricoltura

biologica a differenza del 2078/92 che pur prevedendone una, a maglie anche più strette, non la

applicava all’azione A3. Ma veniamo ora alle colture sovvenzionate. Resta la differenza tra premio

di introduzione e di mantenimento. Per ogni coltura è prevista una sma che, però, subisce variazioni

rispetto a quanto previsto con il 2078/92. In particolare per gli agrumi si passa da un minimo di 0,20

a 0.30 ettari e, dato più interessante, per le ortive, da 0,50 a 0,30 ettari, sicuramente più coerente con

le ridotte dimensioni aziendali medie dell’orticoltura regionale. Come già per il 2078/92, è prevista

la possibilità di aderire al programma anche se solo per una coltura si raggiunge la sma. Per le altre

si può scegliere o meno la conversione al biologico vedendo ridotto in modo proporzionale il

premio. Si può anche non scegliere la conversione ma allora comunque negli appezzamenti non

biologici si dovrà seguire la Normale Buona Pratica Agricola e comunque sottostare ad una serie di

vincoli che mirano a tutelare l’integrità della produzione ottenibile negli appezzamenti convertiti.

Per quanto riguarda le colture sovvenzionate c’è un maggiore livello di dettaglio sia per le colture

arboree che per quelle erbacee che a seconda della loro importanza relativa, nei diversi sistemi,

possono venire o non venire sovvenzionate o possono avere sussidi differenziati.

Si assiste così ad una diversificazione, nell’ambito delle colture erbacee, tra ortive, fragola, anche in

coltura protetta, patata, cerali da granella, oleaginose e foraggere; nell’ambito delle colture arboree,

tra drupacee, agrumi, pomacee ed altre frutticole, frutta in guscio (nocciolo e noce), actinidia, olivo

e vite. Mentre scriviamo è stato già emanato il terzo bando che prevede ulteriori variazioni. Si

introduce la possibilità di sovvenzionare, nell’ambito delle ortive, il pomodoro in pieno campo, cosa

non prevista in precedenza. Inoltre si prevedono sussidi anche per ortive minori, il fico ed il

castagno (reintrodotto così com’era nel 2078/92) subordinati però, all’approvazione da parte della

Commissione UE.

Rispetto al 2078/92 si riducono drasticamente i premi di introduzione (tab.12), in modo

generalizzato per tutte le colture e le risorse liberate vanno ad impinguare i premi di mantenimento.

In termini di premi di introduzione il 2078/92 incentivava in misura maggiore le arboree, gli agrumi

in particolar modo, seguiti dalle erbacee. Ed in effetti la conversione al biologico ha interessato

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soprattutto le colture arboree, la frutta in guscio in particolare, mentre tra le erbaceee è stata la

foraggicoltura e la cerealicoltura ad avere avuto maggiore espansione. Poco si è avuto

nell’orticoltura.

Tabella 16 – Confronto tra i premi 2078/92* e PSR** per l’Azione Agricoltura Biologica

Premio di introduzione Premio di mantenimento Variazione assoluta

Colture 2078/92 ECU/HA

PSR €/HA

2078/92 ECU/HA

PSR €/HA

Premio di

introduzione

Premio di

mantenimentoCereali 145 35 120 182 -110 62Altre colture 240 50 180 542 -190 362Olivo sist.1 340 725 385sist.2 420 80 340 525 -340 185sist.3 340 582 242Agrumi sist.1 960 130 720 812 -830 92sist.2 720 724 4Drupacee sist.1 540 900 360sist.2 720 120 540 649 -600 109sist.3 540 813 273Pomacee sist.1 540 781 241sist.2 720 140 540 731 -580 191sist.3 540 732 192Frutta in guscio sist.1 540 496 -44sist.2 720 80 540 434 -640 -106sist.3 540 532 -8Vigneti sist.1 540 688 148sist.2 720 130 540 842 -590 302sist.3 540 834 294

Fonte: Regione Campania

* i premi utilizzati sono quelli relativi all'ultimo bando 2078/92, cioè al 2003

** i premi utilizzati sono quelli relativi al bando 2004 Con il PSR si assiste ad un generalizzato incremento dei premi di mantenimento, fatta eccezione per

la frutta in guscio per la quale si ha una riduzione consistente. In particolare per le colture ortive il

premio di mantenimento raggiunge i 542 €/ha a fronte dei 180 ECU/ha previsti dall’ultimo bando

2078/92 (+362€/ha). Nel sistema 1 tale incremento è secondo solo a quello relativo all’olivicoltura

specializzata. In termini assoluti, l’entità del premio è maggiore per le colture arboree rispetto alle

erbacee. Nel sistema 2, cerealicolo-zootecnico, le colture arboree hanno i maggiori premi per ettaro

e tra le erbacee non sono presenti le ortive. Nel sistema 3, frutticolo-viticolo, il maggior incremento

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del premio per ettaro va alle drupacee che, in termini assoluti, hanno un premio per ettaro all’incirca

pari a quello dei vigneti.

Venendo ora ai risultati del lavoro, l’analisi sui SAR ha evidenziato che il passaggio al biologico

richiede il rispetto di tecniche di coltivazione che determinano, da un lato, aumenti nei costi totali di

produzione e, dall’altro, riduzioni nelle rese per ettaro. Per quanto riguarda i costi di produzione si è

visto che il risultato finale dipende da quanto le tecniche produttive convenzionali tradizionali si

discostano da quelle biologiche. Generalmente lo scostamento è inferiore per quei sistemi aziendali

caratterizzati da ordinamenti più estensivi quali quelli cerealicoli e quelli olivicoli tipici delle aree

interne. Le diverse ipotesi considerate hanno, poi, consentito di mettere in evidenza che il solo aiuto

comunitario non basta a ristabilire “situazioni di parità” rispetto all’agricoltura convenzionale, a

parte il caso dei sistemi cerealicoli specializzati ed olivicoli specializzati. L’introduzione di un

premio di prezzo da solo, invece, basta a far ridurre i costi unitari di produzione in tutti i SAR

tranne in quelli che, per il concomitante effetto di dimensioni fisiche, tecniche di coltivazione,

ordinamento produttivo, modalità di commercializzazione, si sono delineati quali sistemi

assolutamente non convenienti: entrambi i SAR con seminativi misti e quello orticolo specializzato

della provincia di Caserta. L’aiuto ed il premio di prezzo insieme fanno la differenza rispetto al

convenzionale. I sistemi che si avvantaggiano maggiormente del premium price sono quelli orticoli

ma anche quelli frutticoli per i quali le strategie di mercato messe in atto si rivelano fondamentali.

In assenza di aiuti ma in presenza di premium price sono questi i sistemi a reggere maggiormente il

passaggio al biologico mentre tutti gli altri mostrano una netta caduta del vantaggio acquisito.

L’analisi dei redditi netti aziendali conferma questi risultati rappresentando essi una sintesi di ciò

che avviene dal lato dei costi e dei ricavi. La caduta delle rese determina riduzioni nei ricavi totali

più che proporzionali in quanto si riducono anche quelle entrate rappresentate dagli aiuti comunitari

ancora legati alle quantità prodotte. Il recupero di condizioni di convenienza da parte del biologico

si mostra, perciò, legato più che agli aiuti comunitari al premio di prezzo che si riesce a spuntare sul

mercato. Siccome, però, non tutte le produzioni si sono rivelate in grado di acquisire analoghi

vantaggi di mercato ne segue che il vantaggio legato al premio di prezzo è variamente distribuito,

risultando maggiore per le colture ortive e per quelle frutticole, inferiore per quelle cerealicole e

viticole-olivicole. Pure interessanti sono da ritenere i risultati ottenuti in termini di redditi da lavoro

aziendali ed unitari, data la tradizionale natura di costo figurativo associata alla remunerazione del

lavoro familiare. In generale i redditi da lavoro seguono la dinamica dei redditi netti, riducendosi

nel passaggio al biologico. Solo la contemporanea presenza del premium price e dell’aiuto

comunitario consente di ribaltare la situazione per tutti i SAR ad eccezione di quelli con seminativi

misti che si confermano come sistemi per i quali la conversione al biologico risulta assolutamente

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non conveniente avendo essi, caratteri di marginalità già con la produzione convenzionale. La

retribuzione oraria del lavoro risulta maggiore di quella contrattuale in cinque SAR, per due dei

quali, orticoltura specializzata del salernitano ed olivicoltura specializzata del beneventano, ciò

avviene proprio con il passaggio all’agricoltura biologica, risultato questo non di poco conto.

I risultati ottenuti dall’analisi delle aziende iscritte nel registro regionale delle notifiche di attività

biologiche forniscono ulteriori interessanti informazioni, utili anche per l’interpretazione dei

risultati dell’analisi sui SAR. In primo luogo emerge la difficoltà a commercializzare il prodotto

come biologico, il che costituisce uno dei principali problemi denunciati dagli agricoltori

intervistati. Data l’assenza di adeguati collegamenti con strutture di trasformazione e vendita

specifiche per il biologico, la maggior parte degli agricoltori vende i propri prodotti sul mercato

convenzionale. Le aziende che ottengono i migliori risultati sono pertanto, quelle che riescono a

mettere in campo tali collegamenti o a creare situazioni di sbocco per le proprie produzioni legate a

condizioni di mercato di nicchia o alla contemporanea presenza, in azienda, di attività, quali

l’agriturismo, che si è rivelato estremamente importante come modalità di valorizzazione del

prodotto biologico. Tutto ciò si rafforza in presenza di produzioni che godono di marchi di

certificazione della provenienza. Non è sicuramente un caso il fatto che le aziende che riescono

maggiormente a valorizzare le proprie produzioni producono per lo più prodotti di questo tipo.

Questi risultati risultano pienamente confermati dall’analisi dell’indice di competitività. Le aziende

che si rivelano più competitive lo sono sia in assenza che in presenza di sussidi e la situazione

relativa non cambia nel passaggio al 2078/92 e poi da questo al PSR. Ovviamente, con il passaggio

al PSR la situazione migliora per tutte le aziende ma i miglioramenti sono di un qualche significato

ancora una volta per le due aziende viticole-olivicole del beneventano (BN2, +10%; BN3, +13%

all’incirca) e per quella cerealicola-foraggera dell’avellinese (+9,6%). Orbene, le due aziende

viticole-olivicole del beneventano sono localizzate l’una nel sistema 2, l’altra nel sistema 3;

l’azienda dell’avellinese è localizzata nel sistema 3. Questa circostanza consente di dedurre che con

il PSR non si ravvisano significative inversioni di tendenza rispetto a quanto avvenuto con il Reg.

2078/92: le colture arboree tipiche delle aree interne, la cerealicoltura e la foraggicoltura sono le

maggiori beneficiarie di entrambi i Programmi agroambientali, indipendentemente dalla

localizzazione delle aziende tra i sistemi individuati. In definitiva, questa parte dell’analisi rafforza

ed arricchisce la conclusione alla quale si è pervenuti con l’analisi sui SAR: non è l’aiuto

comunitario ad essere strategico per il successo del biologico, più importante è il premio di prezzo,

perché là dove si riesce a spuntare un adeguato premium price gli aiuti si rivelano irrilevanti.

Tuttavia, l’importanza dell’aiuto risulta amplificata proprio dalla scarsa presenza di adeguati

collegamenti all’interno della filiera del biologico. Interessanti da questo punto di vista i risultati

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raggiunti dalla piccola azienda olivicola specializzata del Cilento che proprio in virtù di produzioni

di qualità e della possibilità di conferire quasi tutto il prodotto ad una cooperativa locale di

trasformazione e commercializzazione, rappresenta l’elemento migliore del gruppo, sia in termini di

risultati economici per ettaro di superficie coltivata che di indice di competitività, pur in presenza di

un peso degli aiuti specifici per il biologico che è il più basso tra quelli delle aziende intervistate.

Questa conclusione assume maggiore significato se combinata a considerazioni sulle differenze

introdotte con il PSR rispetto al 2078/92. Con il PSR si verifica, come era naturale attendersi, un

miglioramento dei risultati economici per tutte le aziende intervistate. Ciò come effetto diretto

dell’incremento dei sussidi che va dal 12.8% per l’azienda agrumicola della penisola sorrentina

(sist.1) al 30% per l’azienda agrituristica del beneventano (BN1; sist. 3), a valori che superano

quelli ottenibili con il 2078/92 di circa il 50% e più, arrivando finanche a raddoppiare nel caso

dell’azienda BN2, viticola-olivicola (sist.3). Da tener presente che il passaggio al PSR consente di

migliorare la propria posizione anche alle aziende con ordinamenti misti, localizzate nei sistemi 2 e

3 e comprendenti ortive, pur non essendo più queste colture sovvenzionate in questi due sistemi.

Per quanto riguarda, poi, l’efficacia della suddivisione in sistemi del territorio regionale, dati i

risultati ottenuti, sono comunque possibili alcune considerazioni di carattere generale. Ciò che si

può affermare è che la differente dinamica manifestata dai diversi SAR nel passaggio dal

convenzionale al biologico sembra essere legata più agli ordinamenti produttivi che alla

localizzazione delle aziende. I due SAR olivicoli specializzati, l’uno del beneventano, sistema 3,

l’altro del salernitano, sistema 2, in presenza del solo aiuto vedono entrambi ridurre i costi di

produzione e migliorare i redditi aziendali, anche se l’azienda del beneventano in misura più

consistente rispetto a quella del salernitano. Del resto nel passaggio dal sistema 2 al 3 il sussidio per

ettaro per l’olivicoltura subisce un incremento che è dell’ordine di circa l’11%. La stessa cosa

avviene per il SAR cerealicolo della provincia di Avellino localizzato nel sistema 2 che, con

l’introduzione del solo aiuto per il biologico, vede ridurre i costi medi di produzione ed aumentare il

reddito netto. Proprio per i cerali da granella, tuttavia, non vi è differenza nei premi di

mantenimento tra i 3 sistemi. Miglioramenti in tal senso non si verificano per i SAR ad orticoltura

specializzata, tutti localizzati nel sistema 1, pur prevedendo il PSR incentivi per l’orticoltura

biologica solo in questo sistema ed in modo indifferenziato tra le diverse ortive a parte il caso delle

fragole in coltura protetta e della patata sovvenzionabili, tra l’altro, anche nel sistema 2.

Analogamente non si assiste a miglioramenti, in presenza del solo aiuto, né per i SAR ad

ordinamento viticolo-olivicolo (OTE 34) entrambi localizzati nel sistema 3, né, infine, per la

frutticoltura, i cui SAR sono localizzati l’uno nel sistema 1, CE32, l’altro nel sistema 3, SA32.

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Ciò dimostra che non è tanto la localizzazione l’elemento chiave quanto l’indirizzo produttivo ed il

peso delle diverse colture che compongono l’ordinamento a fare la differenza nel determinare in che

misura gli incentivi siano importanti nell’indurre la conversione al biologico. Sulla base dei risultati

ottenuti si possono, pertanto, trarre le seguenti considerazioni.

Il fatto che, come già con il 2078/92, continuino ad essere maggiormente beneficiati dagli aiuti i

SAR tipici delle aree interne, quelli cioè ad ordinamento cerealicolo ed olivicolo specializzato,

indica che vi sono tutti i presupposti perchè continui ad operare l’effetto “conversione virtuale”

(Cicia, 2000). Anzi, l’incremento verificatosi in generale nei premi di mantenimento, anche se in

misura più ridotta per le colture cerealicole e foraggere, addirittura potrebbe aver rafforzato

quest’effetto ma di ciò si potrà avere certezza solo analizzando i dati relativi all’erogazione degli

aiuti nei diversi sistemi.

Affinché l’agricoltura biologica tipica del sistema 1 divenga sostenibile, è necessario che si

realizzino adeguate strategie di mercato considerato che il suo successo più che dipendere dai

sussidi dipende dal premium price che si riesce a spuntare e da quanta parte della produzione si

riesce a collocare sul mercato del bio. Da non trascurare l’importanza che può aver assunto

l’esclusione del pomodoro, tipica coltura del sistema 1, dalle ortive ammesse a sussidio. Difatti con

il terzo bando (2005) viene reintrodotto ma anche qui, per avere indicazioni veritiere bisognerà

aspettare i dati relativi agli aiuti erogati in base ad esso.

L’analisi svolta sulle aziende biologiche reali consente di rafforzare queste considerazioni. Se è

vero che gli aiuti sono importanti nel determinare la convenienza della conversione al biologico per

gli ordinamenti produttivi tipici delle aree interne, la loro importanza risulta drasticamente

ridimensionata quando si riescono a mettere in atto adeguate strategie di valorizzazione delle

produzioni come avviene per le aziende agrituristiche del beneventano e dell’avellinese e per quella

olivicola specializzata del Cilento.

Per concludere, alcune considerazioni sulle prospettive possibili per l’agricoltura biologica in

Campania. Partiamo dal bando relativo alla Misura F, Azione 2, Agricoltura biologica, avente

scadenza 21 giugno 2005. I valori previsti, sia come premi di introduzione che come premi di

mantenimento non hanno subito variazioni rispetto a quello precedente, il che significa che le

considerazioni sin qui svolte sull’incapacità degli aiuti a sostenere le sorti dell’agricoltura biologica

risulteranno più che confermate. Ciò anche in considerazione degli aumenti generalizzati dei prezzi

verificatisi negli ultimi anni, legati anche all’introduzione dell’euro, che sicuramente stanno ancora

dispiegando i propri effetti negativi sui redditi agricoli attraverso le conseguenze sui costi di

produzione.

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A questo punto ciò che sembra si possa affermare è che il tipo di impegni previsto per gli agricoltori

che si spostano su tecniche di produzione più rispettose degli equilibri naturali non trova un

sostegno adeguato da parte dell’intervento pubblico. Gli obiettivi della misura F in generale e di

quelli dell’Azione 2 in particolare, sono obiettivi ambiziosi e sicuramente giustissimi: contenimento

dell’impatto ambientale dei metodi di produzione; conservazione dello spazio naturale; tutela della

salute dei consumatori e degli operatori agricoli; incentivo di tecniche colturali volte ad eliminare

l’impiego di sostanze chimiche di sintesi mediante l’introduzione ed il mantenimento dei metodi di

produzione biologica di cui al Reg. CEE 2092/91; incremento del numero delle aziende biologiche;

soddisfacimento della crescente domanda di prodotti biologici proveniente dal mercato (Regione

Campania, 2001). Per poter accedere agli aiuti i beneficiari devono sottostare ad una serie di

obblighi relativi al periodo minimo di impegno (5 anni), alle tecniche di coltivazione, alla

certificazione e, non ultimo, ad aspetti contabili ed amministrativi che già da soli rappresentano un

voltar pagina per molte aziende, con oneri in più rispetto a situazioni consolidate. Tutto ciò a fronte

di importi che non riescono da soli a ristabilire condizioni di parità rispetto alle tecniche

tradizionali. Il che, nei fatti, equivale ad assumere che coloro che si spostano sull’agricoltura

biologica lo fanno perché sanno già di godere di un vantaggio in termini di prezzo di mercato,

pertanto la scelta sarebbe dettata più dalla possibilità di catturare tale vantaggio piuttosto che di

godere degli aiuti comunitari. Si è visto che, in realtà, questo non sempre è vero e che per alcune

colture, generalmente quelle più diffuse nelle aree interne, gli aiuti sono più importanti che per altre.

Ciò deve far riflettere in relazione agli obiettivi di cui la misura F, nel suo complesso, viene

caricata. Ma deve far riflettere anche in relazione al fatto che gli aiuti accordati dovrebbero trovare

giustificazione nella necessità di compensare gli agricoltori non solo per le perdite di reddito lordo

arrecate dalla riduzione della produzione e/o dall’aumento dei costi di produzione, ma anche per il

ruolo che essi svolgono nel miglioramento dell’ambiente. L’analisi svolta indica che, allo stato, il

settore non sembra muoversi nella direzione desiderata mentre anche gli ultimi dati rivelano, per il

nostro Paese in generale, una riduzione delle aziende e delle superfici destinate alla coltivazione

integrata e/o biologica (INEA, 2003; INEA, 2004). In particolare, in Campania tra il 2002 ed il

2003, si è ridotto il numero dei produttori biologici e si è ridotto pure il numero dei trasformatori e

degli importatori. Tra il 2003 ed il 2004, i produttori continuano a diminuire (-30,8%), mentre

praticamente stazionaria rimane la situazione per il settore della trasformazione e della

importazione. Nella regione Campania sembra delinearsi, dunque, una contrazione del comparto nel

suo complesso perché si ridimensionano non solo le superfici, i produttori ma anche il settore della

trasformazione e dell’importazione il che non lascia spazio a considerazioni ottimistiche, atteso che

il settore della trasformazione rappresenta un importante anello della filiera in quanto elemento in

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grado di valorizzare le produzioni biologiche dando loro una più remunerativa collocazione sul

mercato. La riduzione nel numero degli importatori rafforza tali conclusioni, tanto più perchè

quest’ultima tendenza va in senso contrario rispetto a quanto avviene a livello nazionale. L’intera

dinamica del settore biologico non è sicuramente disgiunta dalla ridotta capacità di spesa dei

consumatori, particolarmente acuitasi negli ultimi anni. Se poi essa sia anche legata ad una tendenza

all’aumento delle dimensioni aziendali e, quindi, al consolidamento del settore che si sposterebbe

verso dimensioni medie più elevate, è ancora da accertare. Potrebbe, invece, questo essere

determinato proprio dall’avvenuta consapevolezza che per rendere competitivi i prodotti biologici è

necessario conquistarsi un mercato, entrare a far parte di strutture di commercializzazione del

prodotto che assicurino certi sbocchi, attrezzarsi, cioè, non solo sul piano delle tecniche di

produzione ma anche di quelle della commercializzazione. L’analisi svolta ha dimostrato che non

sempre e non tutti riescono a compiere questo salto di qualità che richiede non solo tempi più lunghi

ma anche competenze tutte da diffondere ed acquisire. Richiede anche una corretta informazione ai

consumatori sulle caratteristiche dei prodotti biologici sì da farne accettare il maggior livello di

prezzo rispetto ai prodotti non bio. Nel mentre più consistenti aiuti all’agricoltura biologica

troverebbero adeguata giustificazione nella necessità di orientare concretamente l’agricoltura verso

un modello di sviluppo sostenibile nella consapevolezza che le risorse che oggi si ha il privilegio di

utilizzare non appartengono solo alle generazioni presenti ma anche a quelle future.

6 . Riferimenti bibliografici

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