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Crescita personale
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Le guide pratiche per vivere e lavorare meglio
www.giacomopapasidero.it
Come Diventare Leader
e avere Successo nel lavoro
Essere leader vuol dire mettere al centro le persone e le relazioni, mettersi al servizio degli altri, con gli stessi diritti e molti più doveri. La leadership è un onore, una responsabilità e un privilegio. Non si può fare il leader, si può solo diventarlo, e quindi esserlo.
Di Giacomo Papasidero
Come diventare leader e avere successo nel lavoro
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Indice generale
1. Introduzione
2. Cosa vuol dire essere leader
3. I pilastri della leadership
4. L’influenza del leader
5. La vision del leader
6. Definire il tuo business
7. Diventare operativi
8. Perché i dipendenti non sono un costo
9. Da dipendenti a collaboratori
10. Team building: creare una squadra vincente
11. Rapporti individuali e di gruppo
12. Delega e coinvolgimento
13. Come valorizzare i propri collaboratori
14. Avviare e gestire il cambiamento
15. Awareness Marketing e core business
16. Essere leader è tutta un’altra cosa
17. Note sull’autore
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1. Introduzione
Credo fermamente che potremo cambiare in positivo
qualsiasi cosa se sapremo farlo insieme con gli altri. La
leadership, in fondo, non è altro che la nostra capacità di
vivere e lavorare con gli altri in modo costruttivo e positivo. La
leadership di cui parlo in questa guida ha delle caratteristiche
precise e chiare: è una leadership positiva, orientata a
costruire e creare, non a distruggere. Il leader di cui parlo
pone le persone al centro del suo business, sa che qualsiasi
azienda, ogni istituzione o stato è un insieme di persone e che
queste, dunque, devono sempre venire prima di qualsiasi
macchinario, investimento economico o risultato finanziario. Il
leader di cui parlo io non ha dipendenti ma collaboratori
(userò sempre questa parola); non è un uomo piuttosto che
una donna (userò il maschile per semplicità ma mi rivolgo a
tutti, senza distinzione di sesso). Il leader di cui parlo non finge
di essere forte, sicuro o deciso, non inganna, non raggira né
manipola le persone. Il leader è, prima di tutto, un leader
come persona, nella sua vita privata e nel suo rapporto con se
stesso, solo dopo può esercitare la sua leadership con gli altri
e sul lavoro. Il leader di cui parlo non prende in prestito
tecniche e trucchi per ottenere i suoi obiettivi, ma crede
sinceramente che alla base di ogni grande vittoria ci siano
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valori come il rispetto, la comprensione, l’onestà, la
correttezza, la pazienza, la generosità e il perdono.
In questa guida ti mostrerò come diventare – per
esserlo realmente – un leader positivo e forte, capace di
migliorare la vita degli altri. Partirò quindi dalla persona,
dall’essere umano che sta dietro la scrivania o la targhetta
socialmente apprezzata, perché è nel nostro modo di essere
quotidiano che vinciamo o perdiamo. A quanti credono che il
business e l’amore siano cose separate, dico chiaramente che
si sbagliano, che stanno commettendo un grosso errore.
Mostrerò come correggerlo e come intraprendere il giusto
cammino , convinto che tutti, in qualsiasi contesto, possiamo
essere dei leader. Anche se mi rivolgo principalmente a chi nel
lavoro vuole essere leader, resta inteso che tutto quello che
ho scritto, sebbene riadattandolo, è valido per qualsiasi
ambito, dalle relazioni personali, alla famiglia, alle
associazioni. La leadership non cambia in base al tempo o al
luogo, essa si riferisce sempre a principi validi in ogni tempo e
contesto.
Spero che queste idee, questi esercizi e queste
indicazioni ti aiutino a diventare il miglior leader che tu possa
essere.
Giacomo Papasidero
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2. Cosa vuol dire essere leader
La leadership è un insieme di qualità personali e
relazionali, di capacità e competenze che ci permettono di
guidare altre persone verso un fine e un obiettivo
comunemente condiviso. Il leader non costringe nessuno a
seguirlo o ad assecondarlo, ma viene scelto come punto di
riferimento direttamente dalle persone su cui, di
conseguenza, potrà esercitare la sua influenza. Capita invece
spesso che si confonda il potere autoritario derivante dalla
propria posizione politica, economica o gerarchica con
l’autorevolezza che nasce dalla propria leadership: nel primo
caso si assisterà immancabilmente a un’imposizione delle
regole e delle azioni dall’alto, proprio in virtù del potere
disponibile, potere di tipo coercitivo e autoritario, come detto,
mentre nel secondo questo non accadrà perché la scelte e le
regole saranno accettate e condivise in modo attivo e non
passivo, viste come il risultato della partecipazione ad un
progetto e non come un’imposizione.
Essere leader, quindi, vuol dire essere una guida, un
punto di riferimento per chi ha scelto di seguirci, essere
persone capaci di stimolare, ispirare e valorizzare gli altri,
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mantenendo la disponibilità ad aiutarli e servirli perché
vincano le loro battaglie. Nel mondo economico sarà la
leadership – quella vera e non quella “di posizione” – a fare
veramente la differenza nei prossimi anni. Crisi o non crisi,
possiamo avvalerci della più grande, inesauribile e creativa
forza produttiva mai avuta a disposizione: le persone che
lavorano con noi. Vuol dire essere un esempio di integrità,
professionalità, abnegazione e voglia di lavorare. Tutto quello
che da leader chiediamo agli altri, siano collaboratori,
dipendenti, clienti o amici, dobbiamo per primi realizzarlo noi.
Non possiamo chiedere sacrifici economici ai nostri
collaboratori se poi ce ne andiamo in vacanza alle Maldive o ci
compriamo l’ultima automobile in vendita sul mercato, non
possiamo chiedere straordinari in momenti delicati se poi i
nostri problemi personali ci tengono lontani dal lavoro, non
possiamo chiedere responsabilità e impegno se noi non
trattiamo le persone con l’umanità che meritano.
Essere leader vuol dire venire dopo – e non prima – di
tutti quelli che lavorano assieme a noi. Significa che per prima
cosa dobbiamo metterci al loro servizio e aiutarli a fare bene il
proprio lavoro, metterli in condizione di impegnarsi e
assumersi responsabilità crescenti, offrendo loro tutto quello
di cui avranno bisogno: disponibilità ad ascoltarli, risorse
economiche, formazione continua, fiducia, incoraggiamento,
supporto di ogni genere. La scala gerarchica deve ribaltarsi
totalmente: il vertice deve scendere in basso e supportare e
sostenere le basi che vanno in alto. Significa mostrare per
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primi la strada da seguire, ma non per forza aver raggiunto la
destinazione. Il leader non è colui cha sa tutto e più di tutti,
ma colui che sa cosa conta e ricorda sempre quale sia la
direzione scelta. Il leader è il primo ad aver iniziato a prendere
quella strada e gli altri lo seguono non perché ha raggiunto la
meta, ma perché sa da che parte andare.
Essere leader comporta un cambiamento di
prospettiva nei confronti del sistema del tuo business: passare
da un’ottica in cui comandi e decidi senza chiedere nulla, in cui
tutto dipende sostanzialmente da te e dalle persone poste in
un ruolo (formale) di potere, in cui i dipendenti sono solo
pagati per fare un certo lavoro, svolgere certe mansioni ad un
sistema in cui tutte le persone sono coinvolte, dove le scelte
sono condivise e tutti hanno la possibilità di esprimere un
parere, dove le soluzioni partono dal basso e non dall’alto,
dove le persone vengono prima dei macchinari o dei processi.
Essere leader significa porre al centro del tuo modo di
lavorare un interesse vero e sincero nei confronti delle
persone, fare tua la filosofia del “vinciamo tutti insieme o non
vince nessuno”.
Essere leader, in conclusione, significa invertire i
classici ruoli piramidali, impegnandoti tu a supportare chi
lavora con te, non però in modo finto e formale, come spesso
accade nelle grandi aziende, ma in modo sincero e vero, come
non accade, ancora, quasi mai. Sarai un vero leader nel
momento in cui sarai capace di essere una guida sincera, un
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reale punto di riferimento per gli altri, quando avrai posto le
persone al centro dei tuoi interessi e del tuo business e
quando avrai compreso che servire non è un lavoro umiliante,
ma la vera e autentica strada per il successo.
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3. I pilastri della leadership
I pilastri su cui devi costruire la tua leadership sono
costituiti da sette elementi fondamentali, che io chiamo
Abilità. Si tratta, come ti dirò tra poco, di elementi trasversali
a ogni cultura, tradizione o periodo storico. Non sono una mia
invenzione, quanto il frutto dell’esperienza diretta e
dell’attenta osservazione che mi ha portato a comprendere
quali qualità fossero realmente indispensabili per vivere una
vita felice e gratificante.
Ogni successo e ogni fallimento dipendono sempre
dalla nostra capacità di padroneggiare o meno ciascuna di
queste abilità. Sono chiavi interconnesse tra loro, che si
influenzano a vicenda e che non possono essere prese in
considerazione separatamente o venire parzialmente escluse.
Tutte sono fondamentali e tutte possono essere sviluppate da
chiunque, indipendentemente dal percorso e dall’esperienza.
Come leader, ovviamente, devi imparare a sviluppare
ognuna di queste abilità per essere in grado di fare altrettanto
con le persone che ti seguono e poterle aiutarle a migliorare
costantemente. Il tuo successo professionale, quello del tuo
business e della tua leadership dipenderanno sempre dalla tua
capacità di padroneggiare queste abilità, che rappresentano,
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senza dubbio, i pilastri di base per costruire una leadership
solida e duratura.
Il primo pilastro è rappresentato dalla sicurezza
interiore, composta dalla vision personale, dalla nostra
missione, dallo scopo e dai valori che ne derivano. Qualunque
sia il settore in cui hai creato – o intendi creare – il tuo
business, se non sarà in grado di farti perseguire ciò che per
te, a livello personale, conta maggiormente, entrerà
inevitabilmente in conflitto con altri ambiti della tua vita.
Quello che devi definire adesso bene è il tuo ruolo come
persona: rifletti su quello che è il tuo scopo (il perché sei qui),
la tua missione (come stai perseguendo questo scopo), la tua
vision (come e dove sarai tra un anno, cinque o dieci e più) e
quali sono i tuoi valori (i punti di riferimento che ti guidano in
questo viaggio), ossia le priorità, gli elementi che ti
permettono di stabilire ciò che ritieni giusto e ciò che invece
credi sbagliato in funzione del tuo scopo.
Il secondo pilastro è la comunicazione, intesa come la
tua capacità di comprendere gli altri, cioè ci capire e di
condividere con loro le tue esperienze e le tue passioni, ossia
di farti capire. La prima chiave di comunicazione che devi
padroneggiare è l’ascolto. Ascoltare vuol dire non
interrompere gli altri mentre ci parlano, cercare ci capire cosa
ci dicono con le parole ma anche con la postura, con il tono
della voce o con le espressioni del viso. Ascoltare è un
processo molto più profondo del semplice “sentire” cosa ci
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viene detto, perché comporta il capire non solo cosa ci dicono,
ma anche i motivi di fondo, le paure, le convinzioni profonde,
le aspettative che nutrono. Il risultato di una comprensione
reale è che tu capisci i motivi che rendono valide le posizioni
degli altri. Si passa da un sistema in cui io osservo le situazioni
altrui con i miei occhi, i miei schemi e le mie regole e le
giudico, a uno in cui cerco di osservarle con gli occhi degli altri,
con le loro regole e i loro schemi, e le comprendo.
Questo ci apre le porte alla terza chiave della
comunicazione, che è la condivisione, ossia la tua capacità di
rendere gli altri partecipi della tua vita, delle tue esperienze e
delle tue aspettative. Questa comporta la tua disponibilità ad
aprirti agli altri, a farli entrare nel tuo mondo. Non ci può
essere condivisione se, prima, non hai coltivato una sicurezza
interiore e una forte indipendenza emotiva. Puoi condividere
le tue incertezze se queste non rappresentano, ai tuoi occhi,
una debolezza che vuoi nascondere; puoi condividere le tue
aspettative o i tuoi desideri se non temi che altri possano
ostacolarti o disapprovarti.
Come persona, prima che come leader, devi
padroneggiare la comunicazione in tutte e tre le chiavi. Inizia
ad analizzare se e come ascolti gli altri sinceramente (senza
interrompere o pensare ad altro o interpretare a modo tuo
quello che dicono), comincia a comprenderli meglio che puoi
(smettendo di giudicare per cercare di capire le motivazioni
profonde) e inizia a condividere in modo autentico le tue
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esperienze (aprendo agli altri le tue emozioni e i tuoi pensieri
senza timore del loro giudizio).
Il terzo pilastro della leadership è l’indipendenza
emotiva. Con questo termine definisco la tua capacità di
padroneggiare le tue emozioni e di non farle dipendere da
eventi esterni o da altre persone. Poniamo che tu sia a casa
tua e nel mezzo della notte senta la porta di casa aprirsi.
Ansia? Paura? Preoccupazione? Certo, se pensi che qualcuno
possa farti del male e si stia introducendo in casa tua. Ma se
aspetti che una persona cara rientri a casa, non proverai
sollievo, gioia, o contentezza nel pensare che è finalmente
rientrata? Ricorda che non ha potere su di te il
comportamento degli altri, ricorda che non hanno potere su di
te le situazioni o le circostanze che vivi. Sei tu che decidi cosa
accade dentro di te, perché ciò dipende dal modo in cui guardi
le situazioni e interpreti gli eventi. Se cambi la tua prospettiva,
tutto cambia.
Il quarto pilastro della leadership è la disciplina. La
disciplina che funziona è quella che noi stessi scegliamo di
seguire, poiché essa nasce da un atto di libertà e volontà e non
deriva da un’imposizione o una forma di coercizione che altri
esercitano su di noi. Quando le regole sono imposte, ci sarà
sempre una forma di opposizione e ribellione. Disciplina
significa avere regole precise e chiare, punti di riferimento
sicuri e stabili, norme di comportamento che ci mantengano
sulla rotta che abbiamo stabilito. Senza una disciplina
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personale, siamo vittime facili delle cattive abitudini che
possiamo aver sviluppato nel tempo, delle debolezze del
momento o delle incertezze che si presentano in particolari
momenti di difficoltà. Fondamentale è stabilire sempre un
ordine preciso nel tuo modo di agire, imparando a prendere
decisioni e fare scelte che si rivelino corrette. La disciplina
comprende anche la nostra capacità di realizzare piani e
progetti, specie quelli a lungo termine che richiedono doti
come la costanza e la tenacia che una sana disciplina allena e
migliora nel tempo.
Per padroneggiare la disciplina devi cominciare a
stabilire le tue priorità personali (cos’è più importante?), a
prendere decisioni corrette (stabilendo cosa vuoi ottenere,
valutando pro e contro, analizzando la coerenza delle
alternative ai tuoi valori), a programmare come realizzarle
(cosa farai? Come? Quando? Con chi?) e a valutare e valutarti
in modo costruttivo (dove ho sbagliato? Come posso
migliorare? In cosa sono andato bene?). La disciplina
personale ha ricadute positive su tutte le altre abilità
fondamentali perché diventa il fulcro su cui fai perno per
migliorare e realizzare qualsiasi cambiamento.
Il quinto pilastro è l’ottimismo. Essere ottimista
significa saper trovare sempre il lato positivo di ogni
situazione, saper guardare oltre i problemi trovando le
soluzioni, significa avere fiducia nelle proprie capacità e nella
possibilità che si trovi sempre, lavorando e impegnandosi, un
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modo per migliorare e progredire. L’ottimista vede le cose per
le possibilità che offrono e per le potenzialità che hanno, ha
fiducia in se stesso e negli altri. Essere ottimista non è una
dote o una caratteristica innata, ma un modo di osservare la
vita. Sviluppare l’ottimismo è il più grande favore che puoi fare
a te stesso e a tutti quelli che vivono e lavorano con te.
Sviluppa l’ottimismo per padroneggiare una delle
abilità più importanti. Comincia a cercare sempre un lato
positivo o vantaggioso in ogni circostanza, impara a guardare
le soluzioni (come posso fare per) e non solo i problemi, inizia
a notare ciò che hai e non ciò che manca (non lamentarti ma
sii felice per quello che possiedi).
Il sesto pilastro che regge la tua leadership è la
consapevolezza. Essere consapevole significa non solo esser
presente a quello che fai, mentre lo fai, ma significa,
soprattutto, che sei capace di osservare e comprendere la
realtà al di là dei tuoi condizionamenti, agendo in coerenza
con questa comprensione. La consapevolezza va sviluppata, e
padroneggiata, innanzi tutto relativamente a noi stessi: le
nostre emozioni e le motivazioni che le originano devono
essere chiare prima di tutto a noi; le scelte che facciamo o i
comportamenti che teniamo derivano sempre da
considerazioni interiori, da credenze o convinzioni che
possono essere, e spesso lo sono, figlie del condizionamento
esterno e non delle nostre scelte. Conoscere chi siamo
realmente richiede una profonda consapevolezza di noi stessi,
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una comprensione che va oltre l’osservazione dei fatti e arriva
alle motivazioni, ai principi che ci guidano e ci spingono ad
agire in un determinato modo.
La consapevolezza ricade poi su tutto il resto del
mondo: se impariamo a utilizzarla su noi stessi, sapremo
presto fare altrettanto con gli altri, divenendo quindi
consapevoli anche delle loro azioni, iniziando a osservarle in
modo più profondo, al di là del semplice apparire.
Siamo naturalmente inclini a essere consapevoli, a
voler capire e comprendere. Il segreto è riscoprire questa
qualità che ci caratterizza come esseri umani. Le domande
sono lo strumento con cui riprendiamo la nostra naturale
consapevolezza. Chiedersi “come, per quale motivo, in che
modo, cosa esattamente, rispetto a cosa o a chi, come
facciamo (o fanno) a saperlo, se potremmo sbagliarci, o cosa
accadrebbe se...” ci consente di diventare consapevoli delle
situazioni che viviamo, degli altri e di noi stessi. L’abitudine ad
andare oltre l’apparenza o la superficie è ciò di cui abbiamo
bisogno per diventare veramente consapevoli.
Il settimo e ultimo pilastro è anche la colonna portante
non solo della tua leadership, ma anche della tua vita, in
qualsiasi campo: la capacità di amare. Tutte le abilità viste
finora derivano da questa. Parlo di comprensione, ascolto,
interesse sincero, altruismo, pazienza, perdono, rispetto,
sincerità, onestà, incoraggiamento, empatia, cura. Qualunque
sia la tua missione, ovunque tu decida di realizzarla e con
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chiunque lo farai, ricorda che se non sarà l’amore al centro di
tutto, non troverai mai né la realizzazione che speri né la
felicità che desideri.
Questo vale prima di tutto per te come persona e poi
per te come leader, come imprenditore o professionista.
Imparare ad amare vuol dire imparare ad ascoltare gli altri,
come visto parlando di comunicazione, e a rispettare i loro
punti di vista e le loro convinzioni, comprenderle
profondamente. Vuol dire imparare a perdonare per gli errori
che commettono, consapevoli che anche noi avremmo potuto
fare altrettanto male. Imparare ad avere pazienza perché
anche noi ne vorremmo ricevere e ad aspettare che gli altri
arrivino secondo i loro tempi. Imparare a essere sinceri e
onesti, perché anche noi desideriamo un trattamento simile e
sappiamo bene che non può esistere fiducia o rispetto senza
sincerità e correttezza. Imparare a sostenere gli altri senza
attaccarli o sminuirli, perché il nostro valore non dipende da
loro e perché per primi apprezziamo chi ci sostiene e aiuta. Ma
non puoi fingere. Ecco perché l’amore deve essere il pilastro
portante della tua vita, perché solo essendo parte del tuo
modo di essere, il perno principale, potrà poi divenire una
naturale dote nella tua attività professionale, qualunque essa
sia.
Non esiste alcuna dicotomia tra azienda e clienti, tra
imprenditore e lavoratore, tra proprietari e sindacati, se non
nella nostra testa. In realtà il business è fatto di persone, di
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relazioni, di emozioni e scelte. Macchine, prodotti e servizi
sono una conseguenza. Per essere un vero leader devi prima
aver compreso bene questo, avere fatto tue le Sette Abilità
Fondamentali, perché fingere di essere qualcuno non ti farà
esserlo.
Dove le tecniche falliscono tu puoi riuscire solo se non
“fai” il leader, se non applichi dei “trucchi” per comunicare
meglio o convincere gli altri, ma dove tu sei la persona
coerente che scegli di essere. O sei leader o non lo sei.
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4. L’influenza del leader
Il leader deve essere carismatico. Cosa significa? Il
carisma è la capacità di influenzare gli altri. Presta bene
attenzione a una differenza fondamentale tra influenzare e
condizionare: nel secondo caso si pongono limiti e costrizioni
che servono a indurre gli altri a fare quello che dici tu.
Influenzare è differente. Quando influenzi qualcuno non ne
limiti le alternative di scelta, anzi, lasci che tutte le possibilità
siano a sua disposizione. Se vuoi influenzare gli altri devi
semplicemente dichiarare la strada che intendi seguire,
spiegare chiaramente e sinceramente i motivi per cui lo farai,
e poi intraprendere quella strada.
Perché un genitore, molto spesso, non è in grado di far
seguire i suoi consigli dai figli? Ti sei mai chiesto perché, poi, lo
stesso consiglio dato da un amico o un estraneo alla famiglia
viene accettato di buon grado? Se tanti possono essere i
fattori che concorrono, ricorda che un peso rilevante lo
possiedono la fiducia che il ragazzo ha nel sincero interesse
dei genitori (se non teme, cioè, che vogliano “comandarlo”) e
la presenza o meno di imposizione forzata da parte di questi
ultimi. Non puoi influenzare nessuno con la forza e non puoi
farti nemmeno seguire in questo modo. I tre elementi
fondamentali della credibilità che costituisce la tua influenza
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sugli altri sono: la coerenza (o integrità), l’interesse verso gli
altri e l’equilibrio.
La coerenza, o integrità, è la nostra capacità di
rimanere fedeli a qualcosa, di rimanere integri, appunto, senza
divisioni o spaccature. La coerenza interiore è il primo aspetto
da analizzare. Essa è la continuità che esiste tra quello in cui
credi a livello profondo – valori, ideali, convinzioni – e il tuo
modo di agire, parlare e comportarti. Se sei incoerente con te
stesso puoi anche fingere, ma tu sai sempre che disattendi ciò
che tu stesso hai definito come prioritario nella tua vita. Siamo
fatti per essere integri e non divisi: se una parte di te va in una
direzione, ma l’altra rema in quella opposta, non credere di
poter vivere una vita felice o positiva. La coerenza interiore è
anche la fonte della tua forza e della tua sicurezza. Come
leader devi tracciare una rotta non solo per te ma anche per
coloro che ti seguono (grande responsabilità). Se la coerenza
interiore viene meno, se non agisci nel rispetto dei tuoi valori,
manchi dell’energia necessaria per svolgere questo
importante compito. Quando devi mostrare coerenza esterna,
nelle tue relazioni sarai capace di farlo solo se quello che dici,
e che poi vorrai fare, è coerente con quello che credi
veramente. Osserva per una settimana se applichi
praticamente, nel quotidiano, i valori che dici di seguire nella
tua vita. Se non lo stai facendo ti consiglio di cominciare a
vivere ogni giorno i valori che hai scelto, a perseguire in ogni
occasione, seppur minima, lo scopo che hai definito, a vivere
la tua vita in modo estremamente coerente con le convinzioni
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profonde che hai individuato. La coerenza verso gli altri
diventerà solo una conseguenza naturale di quella, ben più
importante, che saprai sviluppare dentro di te, verso te stesso.
L’interesse sincero verso gli altri è la seconda chiave
per la tua influenza. Riflettici: se dimostri a una persona che
non vuoi manipolarla, modificare il suo comportamento ma
solo aiutarla a ottenere ciò che vuole, non credi che sarà più
incline a sentire cosa hai da dirle? Ricorda che non puoi
fingere. Dice una frase: «puoi ingannare poche persone molte
volte o una sola persona sempre, ma non puoi ingannare tutti
ogni volta». Se fingi un sincero interesse, che però non esiste
in realtà, potrai ingannare qualcuno o farlo per un certo
periodo, ma non potrai evitare due inevitabili situazioni:
Da una parte finirai con il venire scoperto.
Dall’altra non puoi comunque mentire a te stesso. La
coerenza personale di cui parlavo prima viene meno se
fingi un interesse che non provi.
Ci sono alcune basi su cui poggia questa caratteristica
e, sviluppandole ogni giorno, con pazienza e dedizione,
torneranno a essere parte integrante della tua vita. Dico
torneranno perché l’interesse verso gli altri è una delle qualità
che caratterizzano gli esseri umani se altre condizioni non la
nascondono. La nostra natura si basa sull’interesse verso le
altre persone, non si tratta quindi di alterare chi sei, ma di
riscoprirlo eliminando i veli che condizionamenti e educazione
possono aver disposto sulla tua reale identità.
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Gli elementi alla base del tuo interesse sono l’ascolto
sincero e la comprensione, di cui abbiamo già parlato prima, e
l’incoraggiamento che vuol dire cominciare, per primo, ad
avere fiducia nelle persone, a credere nelle loro capacità e
potenzialità a fornire momenti e spazio per esprimerle e
crescere. Inizia a fidarti degli altri, a esprimere apertamente il
tuo incoraggiamento nei loro confronti. Non basta dire che
credi in loro, devi agire e comportarti di conseguenza.
Essere equilibrati significa saper mantenere una certa
serenità interiore, la capacità di osservare i fatti in modo
obiettivo, di prendere in considerazione anche gli aspetti che
non ci piacciono, o che non sono a nostro vantaggio, nelle
varie situazioni. L’equilibrio è quindi la capacità di rimanere in
una condizione di imparzialità, per agire e pensare seguendo
una certa correttezza e giustizia. Come leader puoi diventare
un punto di riferimento per gli altri se loro ritengono che tu
possieda un’adeguata imparzialità per rappresentare un punto
fermo. Ancora una volta rientra in gioco la coerenza interiore:
anche l’equilibrio e l’imparzialità non possono essere finti,
perché le persone se ne accorgerebbero e tu stesso tradiresti
il tuo vero modo di essere. Se l’equilibrio è un tuo valore, se ti
impegni a sviluppare l’imparzialità e la correttezza come tuo
modo di essere, questa diventerà una conseguenza naturale
nei tuoi rapporti con gli altri, sociali o di lavoro che siano.
La cosa realmente importante e che tu riesca a
osservare, analizzare e valutare situazioni, comportamenti ed
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eventi in modo trasparente, senza nascondere nulla, senza
ignorare aspetti presenti. Questo tuo comportamento ti
permetterà di acquisire, agli occhi degli altri, una credibilità
fondamentale per esercitare la tua influenza su di loro.
Ricorda sempre che la sincerità e l’integrità interiore sono basi
imprescindibili per sviluppare la tua influenza.
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5. La vision del leader
La vision d’insieme è una sorta di pianificazione
strategica, l’equivalente delle fondamenta per una casa. Tutte
le scelte operative, commerciali, di relazione devono essere
coerenti con la visione d’insieme e lo potranno essere solo se
questa visione sarà stata definita in modo chiaro e preciso,
soprattutto se è stata oggetto di una scelta sincera e
consapevole.
Il primo elemento da considerare è lo scopo del tuo
business. Devi definire in modo preciso il motivo per il quale
hai deciso di svolgere la tua attività. Molti business sono
motivati esclusivamente dal denaro e dal profitto, ma questi
scopi, che in realtà non sono dei veri scopi (il denaro è sempre
un mezzo) non coinvolgono i collaboratori, né i clienti né i tuoi
valori o le tue priorità personali. Se non definisci uno scopo
che renda meritevole svolgere un certo lavoro, che sia
allineato con il tuo scopo personale, con i tuoi valori e con
quelli di chi partecipa al tuo business, semplicemente non stai
creando un business vincente. Non basta avere un motivo per
lavorare, bisogna che questo motivo sia anche un ottimo
motivo per farlo.
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Qualunque sia lo scopo che sceglierai, accertati che sia
coerente con il tuo scopo personale, che rispetti i tuoi valori,
che sia orientato alle persone. In qualunque settore lavori devi
sempre mettere al centro del tuo business l’interesse e il
benessere degli altri. Se parti da qui, troverai sempre il modo
di far crescere e prosperare il tuo business. Ricorda, prima
crea valore, solo dopo puoi raccoglierne i frutti.
Scritto lo scopo, va definita la mission della tua attività.
Essa consiste nel modo in cui, praticamente, persegui il tuo
scopo. Di solito coincide con il core business, ovvero con la tua
attività principale. Che tu ne abbia una o la debba definire,
ricorda che essa deve permetterti di esprimere le tue passioni,
i tuo interessi e le tue qualità, e deve essere coerente con lo
scopo. Ogni conflitto, in questa fase, produrrà solo problemi in
ogni successivo processo produttivo. Puoi sempre modificare
la missione del tuo business (lo vedremo in dettaglio nel
capitolo dedicato al cambiamento) e hai sempre la possibilità
di renderla un mezzo per la gratificazione di tutti coloro che ne
sono coinvolti. Se la missione del tuo business permette a tutti
quelli che lavorano con te di realizzare i propri scopi, allora il
coinvolgimento e la partecipazione – quindi anche i risultati –
cresceranno senza limiti.
Alla mission deve seguire la definizione dei valori. Essi
sono le linee di principio da cui deriva l’insieme di regole e
norme che determina scelte, comportamenti e azioni nel tuo
lavoro. Non solo, la definizione dei valori indica a tutti quali
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sono i principi da rispettare anche dove le regole non sono
adatte per via della particolarità dei casi. Se vuoi collaboratori
responsabili, devi indicare i valori cui attenersi, che devono
però condividere, e lasciare che abbiano lo spazio di prendere
decisioni in funzione di questi. Solo così sapranno tutti, e
sempre, come agire e cosa fare, senza che tu o chiunque altro
debba stare a dare istruzioni continue.
Considera l’importanza di definire valori che siano
coerenti con i tuoi personali e in grado di garantire lo
svolgimento della missione e il perseguimento dello scopo.
Ogni elemento deve essere sempre allineato. Da questi valori
determina anche alcune regole che servono a tradurre in
azione concreta i principi: definiscili chiaramente, spiegando
cosa intendi esattamente con ognuno di essi, e poi rendili
tangibili, falli diventare di uso quotidiano con semplici e chiare
regole. Non temere, in un contesto dove i valori di fondo sono
chiari e condivisi, di regole ne servono veramente poche.
Ecco come fare: scrivi lo scopo del tuo business, quindi
definisci in modo preciso la tua mission produttiva, poi scegli i
tre o quattro valori che sono i capi saldi della tua attività,
quindi spiegali bene e determina un paio di regole per ognuno
di essi, qualcosa di simile a dei “comandamenti”. Considera
che tutto dipende dalla tua onesta e sincerità: non basta
scrivere, devi agire. Molte aziende hanno valori e mission
aziendali scritte sui muri ma non messe in pratica. In questo
caso non ti servirebbe a nulla questo lavoro.
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Per far sì che tutto diventi concreto e che le persone
siano realmente coinvolte, ecco come devi agire.
Per prima cosa rendi sempre chiari e manifesti gli
elementi della tua visione: scrivi lo scopo, i valori, la mission
ovunque. In poster, in calendari interni, sul materiale
istituzionale, nelle pubblicità. Chiunque entri in contatto con il
tuo business, sia cliente, collaboratore o partner, deve
conoscere sempre questi elementi.
Comunicali tu personalmente, in ogni riunione, in ogni
colloquio o intervista, ogni volta che stringi un accordo o ne
perdi uno, quando parli con i clienti. Scopo, missione e valori
devono essere sempre sulle tue labbra e su quelle di chi lavora
con te. Organizza riunioni per valutare la condivisione e
ascoltare le idee e per rafforzare il messaggio.
Metti tutto questo in pratica: sii un esempio
personale, elogia chi agisce seguendo i valori, chi prende
iniziativa per raggiungere lo scopo, premia solo in funzione
all’aderenza ai principi della tua vision. Non venire mai meno
ad essa, non fare eccezioni. Lega ad essa le promozioni
interne, i bonus, i premi e le gratifiche.
Rendi tutto molto semplice: un collaboratore non
riesce a viver un certo valore? Aiutalo tu. Parla e comprendi
cosa lo ostacola, trova una soluzione insieme a lui (non per
lui) e aiutalo ad applicarla agendo sempre in coerenza con
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questi valori. Dagli il supporto che gli serve e comunica
sempre con trasparenza.
Se la vision del tuo business è realmente coerente con
chi sei tu, non avrai difficoltà a metterla in pratica. Se questo
comporta un cambiamento, vedremo più avanti come gestirlo,
se invece non è coerente con le tue priorità personali, allora
devi rivedere questo processo, perché senza integrità tra
l’ambito personale e quello professionale non otterrai mai un
grande successo, e non sarai mai un vero leader.
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6. Definire il tuo business
Adesso che hai pianificato la visione d’insieme del tuo
business, è fondamentale definirlo in modo preciso sotto altri
aspetti. In questa fase dobbiamo analizzare tre aree principali:
clienti, concorrenza e prodotto (o servizio).
Per quanto riguarda i clienti devi innanzi tutto
considerare che ve ne sono di due tipi: i clienti interni, ovvero
coloro che lavorano con te, e i clienti esterni, quelli cioè che lo
sono in senso stretto, che comprano i tuoi prodotti o servizi e
quelli che sono partner potenziali con cui creare progetti o
avviare collaborazioni. In questa seconda tipologia rientrano
però anche i fornitori e tutti coloro che, esterni, intervengono
nei processi per la realizzazione del tuo business. Per tutte
queste categorie valgono le considerazioni che faremo adesso,
e ti segnalerò quando ci sono delle particolarità che sono
invece specifiche di una certa tipologia di clienti.
La prima valutazione da fare è relativa ai tuoi clienti
attuali. Nel caso dei tuoi clienti in senso stretto, che comprano
i tuoi prodotti o servizi, davi stabilire chi sono, che
caratteristiche li accomunano, che bisogni anno, per quale
motivo scelgono te, che aspettative nutrono nei tuoi
confronti. Un’altra importante serie di informazioni riguarda i
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clienti potenziali, quelli che potrebbero diventarlo in futuro.
Devi stabilire che bisogni potrebbero spingerli a cercarti, che
tipo di esigenze hanno, devi definire, in sostanza, il tuo cliente
ideale per capire chi è a livello personale, come raggiungerlo e
aiutarlo con i tuoi prodotti o servizi. Questo vale anche per i
tuoi partner esterni.
I clienti interni, invece, richiedono anche altre risposte.
Capire se sono coesi e uniti, se condividono la stessa vision,
se condividono i valori del tuo business, se sono motivati e
da cosa, quali sono i più vicini a te, quelli con maggiore
responsabilità e influenza nel gruppo. In relazione ai
collaboratori potenziali, sarà importante che tu abbia un’idea
chiara e precisa delle competenze e qualità che cerchi per
assumere qualcuno. Devi stilare un profilo sia personale,
passioni, interessi o qualità, sia professionale, esperienza,
competenza o tecnica. Se sai chi cerchi, saprai anche quando
lo avrai trovato.
Capitolo concorrenti. Si tratta di definire con
precisione chi sono innanzi tutto. Poi devi sapere esattamente
come competono con te, che cosa caratterizza il loro business,
quali sono i loro punti di forza, e quali invece le loro
debolezze. Devi anche capire bene come comunicano le loro
offerte e in cosa si rendono unici e differenti dagli altri, te
compreso. In relazione a questa analisi sarà poi cruciale auto
valutare il tuo business: quali sono i tuoi punti di forza? In
cosa sei migliore degli altri? E in cosa, invece, sei peggiore?
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Che debolezze hai? Quali sono i punti deboli del tuo prodotto
o servizio? E ancora, per quale ragione ti scelgono i tuoi
clienti? Sai perché chi non ti scegli preferisce i tuoi
concorrenti?
Queste sono tutte analisi che devi fare in modo
accurato e preciso, recuperando informazioni e risposte che
siano attendibili, non basandoti sul “sentito dire” o sulle tue
sensazioni, ma attraverso dati, prove concrete. Nel prossimo
capitolo analizzeremo il passaggio alla fase operativa, ma le
informazioni che ti ho suggerito adesso, unite alla vision
generale delineata nel capitolo precedente, determineranno
tutto il processo successivo. Più sono ampie e precise le
informazioni che possiedi, più sarà facile per te pianificare ed
agire in modo efficace e vincente.
Le fonti cui attingere sono varie: interviste, colloqui,
riunioni, sondaggi, analisi dei dati di mercato e via dicendo. Il
canale che però farà la differenza sono le relazioni dirette:
quelle tue con collaboratori, partner e clienti (la trasparenza
da parte tua porterà a maggior trasparenza da parte degli
altri), sia attraverso il contatto diretto, e privilegiato, di chi
lavora con te, soprattutto nelle mansioni spesso considerate
meno rilevanti (fattorini, cassiere, centralinisti), ma che hanno
un contatto diretto con molte delle persone che interagiscono
con il tuo business.
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7. Diventare operativi
Passiamo adesso alla fase operativa, ovvero a valutare
gli aspetti principali per tradurre in azioni, programmi,
processi e risultati la vision generale del tuo business. Il primo
aspetto da considerare è la gerarchia delle priorità, i principi
stessi che definiscono cosa fare concretamente. In prima
istanza devi avere un’idea precisa di tutte le attività, le azioni e
i compiti che il tuo business richiede. Rifletti un momento, con
attenzione, e cerca di identificare subito i passaggi
fondamentali del tuo prodotto o dei tuoi servizi. L’elenco
dovrebbe contenere tutte le attività che tu e i tuoi
collaboratori svolgete quotidianamente, o in certi periodi, per
raggiungere la missione scelta. Per la creazione di questa lista,
tuttavia, utilizza alcune regole fondamentali: definisci solo
attività corrette (legali, eque verso tutti e che renderesti
pubbliche senza problemi), coerenti con lo scopo del tuo
business ed in linea con i valori e le regole interne. Non
ammettere eccezioni a questi tre vincoli, sono il sale del tuo
successo, ricordalo sempre: correttezza e coerenza con la
vision del business.
Per ogni attività, quindi, dobbiamo stabilire una
priorità: il tempo è un valore statico, le ore sono sempre
quelle e tu devi sapere come utilizzarle nel modo migliore,
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ossia quello che ti avvicina meglio al tuo scopo. Riguardo a
questo, e alla missione, devi valutare se le attività che hai
scritto sono importanti oppure no. Le prime sono quelle che ti
permettono, direttamente e in modo sostanziale, di
perseguire lo scopo e realizzare la missione. Le altre, quelle
non importanti, sono accessorie e di supporto, (anche se
molte saranno comunque necessarie). Adesso scorri
nuovamente la lista delle attività e assegna a ognuna un valore
tra urgente, ossia che non puoi rinviare e con scadenza
ravvicinata, e non urgente, che puoi quindi gestire per via di
una scadenza più lontana nel tempo.
La priorità spetta alle attività urgenti e importanti. A
seguire le urgenti ma non importanti (perché non hai scelta...),
quelle importanti ma non ancora urgenti (ricorda che
un’attività non urgente lasciata a se stessa tornerà fuori nel
momento peggiore e senza possibilità di posticiparla!) e le non
urgenti né importanti, a meno che tu non ti renda conto di
poterle eliminare del tutto.
Il tuo tempo, invece, dovresti sempre impostarlo in
questo modo: le attività non importanti, anche se urgenti,
lasciale ad altri se puoi delegarle con sicurezza; tu occupati
soprattutto di quelle importanti, con un occhio alle non
urgenti. Perché? Semplice: se ti basi sempre e solo sulle
urgenti, con le scadenze immediate, fai come fanno quasi
tutti, affronti le crisi a mano a mano che si presentano.
Concentrandoti sulle non urgenti riduci di mese in mese quelle
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che non puoi rinviare e ti ritroverai ad avere pochissime
emergenze, solo quelle veramente imprevedibili, e molto più
ordine e tempo per il resto delle cose, veramente importanti,
che devi svolgere. Ricorda che devi concentrare tutto il tuo
tempo e le tue energie migliori alle attività importanti. Sono
queste che ti permettono di portare al successo il tuo
business, le altre sono perdite di tempo e denaro.
Per migliorare in questo sfrutta strumenti che ti
permettono di pianificare ogni attività anche con molto
anticipo, che ti aiutano a tenere sotto controllo gli impegni
non in funzione delle date ma della loro importanza
(calendari, agende cartacee o elettroniche, memo, file, e
qualsiasi cosa ti venga in mente e faccia al caso tuo) e impara
a creare sempre profili di collaboratori in grado di fare tutto,
o quasi, quello che sai fare tu. La tua unicità non sta nel cosa
sai fare, ma nel come lo fai. Se hai sempre almeno un’altra
persona che sa svolgere compiti che ti competono, puoi
evitare di trovarti sepolto dalle urgenze e dedicarti alle attività
non solo importanti, ma in cui eccelli maggiormente.
Altrimenti sei tu che rincorri le situazioni e non puoi gestirle.
Questo, fidati, è un consiglio d’oro.
Gli obiettivi sono i risultati che intendi raggiungere,
devono essere coerenti, naturalmente, con la vision generale
e devi pensarli e programmarli come delle fasi intermedie per
la tua missione. Si tratta di una scomposizione in tappe della
missione generale, procedendo, comodamente, a ritroso,
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ovvero dalla fine verso l’inizio, ovvero dove ti trovi adesso.
Accanto a questa che viene spesso definita tecnica dello
scalatore, considera che gli obiettivi devono essere sempre:
scritti (quasi fossero un contratto, sebbene informale), precisi
e misurabili (non aumentare il fatturato, ma fatturare il 20% in
più o 25.000 euro), con una scadenza (entro quando
dobbiamo raggiungerlo?), coerenti con scopo e valori
(infrango un valore per realizzarlo?), realizzabili (risultati alla
portata delle persone e del business) ma ambiziosi (alza
sempre un poco l’asticella). Ma questo già lo sapevi!
Ecco cosa invece non sempre si dice ma che fa la vera
differenza per il successo: devono essere condivisi con tutte le
persone coinvolte (modificati e aggiornati in base ad un
dialogo tra pari) con lo spazio alla comprensione dei punti di
vista e delle idee. Se pensi che un obiettivo debba essere in un
dato modo, devi dare delle prove a supporto della tua idea. Se
gli altri devono fare cose in cui non credono, puntare a
obiettivi che non condividono o di cui dubitano, l’imposizione
non ti aiuterà a raggiungerli. Se hai la forza di influenzare le
persone a condividere i tuoi obiettivi, bene, altrimenti pensa
ad approfondire questo tema leggendo il terzo capitolo. Crea
obiettivi specifici a seconda del gruppo o delle persone a cui
li vorresti affidare, punta sui loro lati forti, sulle qualità, sulle
loro aspirazioni e sul loro talento. Come vedremo più avanti
hai il dovere di creare le occasioni per valorizzare e far
crescere chi lavora con te, gli obiettivi saranno utilissimi per
questo.
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Affianco agli obiettivi che rappresentano risultati,
pianifica sempre obiettivi di prestazione: individua per fare
questo gli aspetti critici di una mansione, ovvero quelle
competenze che renderebbero, se presenti in massimo grado,
eccellente un lavoro. Devi aiutare le persone che lavorano con
te a stilare obiettivi di comportamento, di performance su
questi aspetti che le portino, ogni giorno, ogni obiettivo da
raggiungere, a fare meglio. Per fare questo, lavora con i diretti
interessati su queste domande:
Cosa bisogna saper fare per eccellere in questo lavoro?
In base a cosa questa mansione possiamo definirla svolta bene
o male? In una scala di eccellenza da uno a dieci, a cosa
corrisponde il dieci in questa mansione? E gli altri punti? Chi
svolge il compito a che livello si trova? Come potrebbe scalare
la vetta? Ricorda: condivisione totale e partecipazione attiva.
Sono pur sempre obiettivi, anche se di natura differente, e per
certi versi sono determinanti forse anche di più perché sono la
base della sicurezza professionale, del senso di miglioramento
e portano, se realizzati, ad ottenere i risultati sperati, se non
anche migliori del previsto.
Ora sai cosa fare, cosa conta di più, chi deve fare cosa e
come farlo, non devi far altro che scrivere tutto, sempre, e
stabilire un programma collettivo, a cui tutti partecipano, e
renderlo pubblico perché tutti non solo lo abbiano sempre
disponibile ma lo possano utilizzare come mappa operativa.
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8. Perché i dipendenti non sono un costo
Una delle voci che pesano maggiormente nel passivo
di un bilancio sono gli stipendi. Non è infatti un caso che
spesso i dipendenti – o collaboratori, come mi piace definirli –
siano visti come un costo piuttosto che come una risorsa o un
investimento. Mentre macchinari destinati a diventare
obsoleti nel giro di pochi anni vengono considerati un
investimento che produrrà ricchezza (in realtà in quanto
oggetti non producono un bel niente...) le persone, dotate di
creatività, passione, intraprendenza, fantasia, competenza e
professionalità, nonché capaci di migliorarsi ogni giorno e
generare, loro sì, ricchezza (chi utilizza computer e
macchinari?), vengono viste come un costo o un peso, e qui
iniziano i tagli in caso di crisi. La scelta di licenziare in caso di
problemi economici, di difficoltà nel mercato, di dissesto
aziendale, è a mio avviso la meno saggia. Se riduci la sola
risorsa capace di creare ricchezza, come potrai superare una
fase di crisi?
Le persone, contrariamente a quanto si crede, sono un
potenziale enorme, e illimitato, di ricchezza: la creatività che
produce nuove idee, la passione che rigenera energie e
impegno, la competenza che produce servizi migliori e
qualitativi sono tutti elementi spesso trascurati ma di
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importantissimo impatto sul tuo business. Il grande errore che
spesso si commette è quello di guardare ai propri collaboratori
come numeri, come braccia per svolgere un certo lavoro,
come anonimi intercambiabili. Le risorse umane sono spesso
considerate più un problema, con ferie, malattie o distrazioni,
e non viene mai preso in considerazione il potenziale di unicità
che ogni collaboratore possiede. L’errore è che le persone non
sono quasi mai, salvo rare eccezioni, veramente valorizzate,
specialmente nei livelli base delle gerarchie. Di solito sono i
vertici a essere osannati per i grandi risultati, dimenticando il
lavoro che tante altre persone hanno apportato ai successi.
Non è mai l’allenatore a vincere un campionato, ma la
squadra. Se questo vale nello sport come nel business, il
problema è che non tutti lo hanno ancora capito, ma tu sì!
Il segreto è dare modo alle persone di prendere
consapevolezza del proprio valore: ciò che può fare la
differenza nel tuo business sarà la loro capacità di portare idee
e soluzioni per risolvere i problemi comuni o per migliorare i
tuoi servizi e prodotti. Nella loro intuizione, nella loro capacità
creativa, nella loro unicità e nella loro passione e competenza
risiede la grande ricchezza che tu puoi aiutarli a condividere.
Questo presuppone che tu pensi a loro come risorse da
valorizzare (come vedremo in seguito nel dettaglio), che la
logica del tuo fare business sia orientata alle persone. Come
leader è a loro che devi dare conto, come leader hai modo di
influenzarli e puoi farlo in modo fantastico se trasmetti loro
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convinzione nei propri mezzi, sicurezza della propria qualità,
fiducia nel proprio talento e nella propria unicità.
Qualunque sia la mansione che le persone svolgono nel
tuo business, chiediti:
Questa persona potrebbe darmi delle idee costruttive
e pratiche per migliorare il mio business?
Questa persona non ha forse esperienza a talento per
trovare risposte ai problemi o soluzioni per crescere?
Non è forse vero che i tuoi collaboratori conoscono
bene il proprio lavoro? Non è forse vero che tutti,
indipendentemente dalla nostra esperienza, possiamo avere
idee e intuizioni vincenti? Mi spieghi perché mai una cassiera
non potrebbe avere idee per migliorare la velocità delle code
in cassa, per rendere più piacevole il tempo che vi trascorrono
i clienti o per dare loro qualche servizio in più? Credi
realmente che un fattorino o un operaio non possa avere idee
per fare meglio il proprio lavoro o quello altrui? Non credi che
conosca molto bene le esigenze dei clienti e le loro lamentele?
Non conoscerà molto bene, e in dettaglio, le caratteristiche
tecniche dei tuoi servizi o dei tuoi prodotti?
Come entrare nel merito della valorizzazione dei tuoi
collaboratori lo vedremo nel tredicesimo capitolo dedicato
esclusivamente a questo tema , poiché nei momenti di crisi la
soluzione non è mai licenziare, ma valorizzare e incrementare
il ritorno sugli investimenti (questi sono i costi di stipendi che
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devi sostenere). Ciò che però è fondamentale è che tu creda,
veramente, nel potenziale di chi lavora con te. Rifletti:
quando hai iniziato a lavorare, o anche mentre studiavi ed eri
alle prime esperienze, non avevi forse idee che avresti voluto
realizzare ma per le quali nessuno ti dava fiducia? Non hai
forse ideato soluzioni ai problemi che affronti tutti i giorni
partendo da esperienza e fantasia? Non credi che anche chi
lavora con te abbia queste capacità?
Ricorda che la differenza tra un top manager e un
operaio, in fondo, sta solo nella formazione e nella possibilità
di fare molta pratica. L’operaio non ha di solito lo spazio per
pensare e creare soluzioni, il manager è pagato per quello.
L’operaio, che è peggio, non viene neanche incentivato a farlo
e si convince di non avere la capacità creativa di risolvere i
problemi, il manager cresce con la convinzione opposta. Se poi
credi che il manager abbia un talento innato, ricorda che
chiunque, senza quella dote innata, con passione, esercizio e
volontà, potrà fare almeno altrettanto bene. Ricorda
l’importanza della coerenza: tu devi credere negli altri e nelle
loro qualità, non puoi fingere su questo.
Hai sempre voluto che gli altri credessero in te, che si
fidassero di te. Tutti lo desideriamo per mostrare il nostro
valore e dare il nostro contributo. Sai cosa vuol dire e, come
leader del tuo business, puoi dare esattamente quello di cui gli
altri hanno bisogno per fiorire e tirare fuori la loro unicità, la
loro capacità ci creare ricchezza. Molto dipende da te. Se
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raccogli questa responsabilità, quest’onore, darai al tuo
business la linfa migliore per crescere e prosperare: la
passione, la motivazione e l’attaccamento positivo delle
persone che lavorano con te. Queste sono cose che non potrai
mai pagare e comprare, o sai crearle oppure dovrai farne a
meno.
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9. Da dipendenti a collaboratori
Questo e i prossimi quattro capitoli saranno
concentrati sul tuo rapporto diretto con i tuoi collaboratori.
Analizzando una serie di aspetti chiave ti permetteranno di
trasformare il classico rapporto gerarchico e passivo in una
vera e propria collaborazione capace di generare ricchezza. Il
primo aspetto che affrontiamo riguarda i principi della
motivazione, ossia come aiutare le persone che lavorano con
te ad avere quell’entusiasmo e quella spinta che permetta loro
di fare la differenza.
Alla base della motivazione altrui ad agire
positivamente nel tuo business, ci sono la tua capacità di
influenzare gli altri, e quindi la tua credibilità, oltre che la
coerenza tra i valori personali di ognuno e quelli comuni
dell’azienda. Così com’è fondamentale che la tua attività sia
allineata ai tuoi valori e al tuo scopo, lo stesso vale per tutti
coloro che lavorano per te: se farlo li aiuta a vivere secondo i
loro principi, migliorando così la loro vita, saranno ben felici di
farlo. Non sottolineerò mai a sufficienza quanto sia ingenuo
pretendere che una persona non solo lasci a casa i suoi
problemi, ma se ne dimentichi anche. Da leader non
dimenticare che hai davanti persone, mogli, padri, e non
robot. Questo significa che non puoi dimenticare che le loro
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emozioni, i loro sogni, i problemi, gli ideali e i loro valori sono
la base su cui costruire il vostro rapporto. Se vuoi trasformare
semplici dipendenti in collaboratori eccellenti, devi creare un
clima e un business in cui essi possano realizzarsi. Altrimenti
non accadrà nulla. Accertati, quindi, che i principi di chi assumi
siano sempre coerenti con quelli comuni, accertati che ogni
regola o comportamento siano condivisi. Sempre e in
qualunque situazione. Parlando dei rapporti individuali ti darò
alcuni consigli per ottimizzare questo lavoro. L’importante è
che tu tenga presente che la coerenza tra valori personali e
professionali deve essere una priorità.
Alla base della motivazione, ricordalo, si trova
sostanzialmente un dualismo: piacere e dolore. Tutti noi
agiamo sempre nel tentativo di vivere momenti piacevoli ed
evitarne di dolorosi. Sempre? Sì. La differenza è che il giudizio
di cosa sia piacevole o doloroso è sempre soggettivo, dipende
dalla nostra esperienza, dalle nostre associazioni mentali e
dalle nostre convinzioni. I nostri valori sono i principi più
importanti: ciò che è coerente con i propri valori verrà sempre
considerato positivo, da perseguire. Inoltre il tempo gioca un
ruolo determinante: spesso l’evento più vicino assume un
peso molto maggiore rispetto a quelli lontani. Così evitare un
dolore immediato diventa spesso preferibile a un piacere
futuro. Infine considera che un piacere ha spesso meno
impatto motivante di un dolore da evitare. Quest’ultimo,
infatti, non siamo capaci di tollerarlo, di solito, mentre del
piacere impariamo spesso a farne a meno.
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Quando parliamo di motivazione al piacere o al dolore
non si intende la sofferenza fisica non soltanto, ma
soprattutto quella psicologica. Fare un lavoro senza senso, nel
quale non contiamo o non siamo valorizzati, svolgendo attività
che non ci piacciono, che magari sono in parte incoerenti con
quello che per noi conta o che sono dannose per altri. Non
conta che questo sia consapevolmente percepito. Se un
lavoratore non è felice di lavorare, sta provando una
sofferenza psicologia, che puoi chiamare insoddisfazione, noia,
senso di inutilità: comunque la chiami produrrà persone
demotivate e poco produttive. Per il successo del tuo business
devi ricordare che la motivazione più forte è quella che nasce
da dentro, non quella che arriva dall’esterno sotto forma di
premi o punizioni. Non contare di raggiungere il successo
premiando e punendo con denaro o altri mezzi, le persone
eccellono se vogliono eccellere per se stesse o per qualcosa in
cui credono realmente. Devi permettere loro di lavorare con
gioia, di sentirsi importanti e soddisfatti, di essere felici di
alzarsi al mattino per lavorare con te. Queste sono cose che
non potrai mai comprare, ma che nessuno potrà mai toglierti
una volta che sarai diventato un leader vero e sincero.
Tutto questo ci riconduce anche al principio per cui
tutti cerchiamo di soddisfare al meglio i nostri bisogni e i nostri
desideri. Avrai un gruppo di collaboratori se dimostrerai loro
che attraverso il lavoro nel tuo business loro possono
realizzare i propri valori, procurarsi più emozioni piacevoli che
dolorose e, soprattutto, soddisfare i bisogni e le aspettative.
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Dimostra loro che attraverso il contributo nel tuo business
possono migliorare la propria vita, ed essi lavoreranno con te
come collaboratori attivi, come persone capaci di fare la
differenza e non come dipendenti passivi che attendono la
fine del mese per avere lo stipendio. Ricorda sempre che non
devi fingere, le persone che lavorano con te devono sentirsi
realmente realizzate. Tra qualche capitolo vedremo come
gestire i rapporti individuali anche per comprendere gli altri al
fine di aiutarli ad avere successo, ricorda adesso che esiste
una regola semplice della motivazione: devi aiutare gli altri a
ottenere ciò che vogliono per far sì che loro ti aiutino a
ottenere ciò che vuoi. Non dimenticare che se vincono loro
vinci anche tu.
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10. Team building: creare una squadra vincente
Un elemento molto importante nella creazione di un
team vincente è, innanzitutto, la corretta selezione di coloro
che lo compongono. Spesso possiamo evitare situazioni in cui i
membri del gruppo non sono interessati al business in
questione, semplicemente scegliendo solo coloro che sono più
adatti e motivati. Il primo passo per costruire una squadra
vincente è scegliere i giocatori giusti. Ecco gli accorgimenti
principali.
Devi innanzi tutto costruire il profilo del candidato
ideale. Questo significa che devi definire a priori le
caratteristiche personali e professionali che ritieni migliori
per il tuo business e per la quadra che hai o vuoi costruire.
Devi avere una precisa idea del tipo di persone che vuoi far
entrare in squadra: ricorda che l’aspetto umano e
comportamentale sarà sempre un fattore decisivo. Io ti
consiglio ti ricercare alcune caratteristiche ben precise:
ottimismo, onestà e correttezza, flessibilità, creatività,
vitalità, interesse verso gli altri. Queste sono alcune delle
qualità che possono fare veramente la differenza, e sono
coerenti con alcune delle Sette Abilità Fondamentali. Scrivi un
elenco di tutte quelle doti personali che vuoi nei membri della
tua squadra e poi individua come evidenziarle nelle persone.
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Per fare questo pensa: una persona ottimista (piuttosto che
flessibile o interessata agli altri) come reagirebbe in questa
situazione? Come si comporterebbe in quest’altra? In questo
modo individui le situazioni, le ipotesi o le domande che ti
aiutano a individuare le qualità che cerchi.
Costruisci anche un profilo professionale, cercando di
scrivere tutte le competenze e capacità, o anche le esperienze
o la formazione, che ritieni più idonee per il tuo business. Io ti
consiglio in particolare di valutare: le capacità di lavorare in
team, la predisposizione a innovare, il livello di competenza e
la profondità delle stesse. Come per le qualità personali,
chiediti cosa dovrebbe esprimere certe competenze, in che
situazioni potrebbero emergere facilmente, e utilizza queste
risposte per far emergere le competenze durante un colloquio
o un periodo di prova.
Ultimo aspetto – ma fondamentale – per selezionare
un team player vincente è valutarne le aspettative, le
pretese, i desideri e gli interessi, sia a livello personale che in
relazione al contesto del tuo business e alle persone che già ne
fanno parte. Anche un ottimo giocatore, se gioca in una
squadra in cui non può interagire a dovere, risulterà inefficace.
Vediamo adesso come far sì che il tuo gruppo diventi
una vera e propria squadra e sia anche vincente. Tutto
comincia dalla visione globale: valori e scopo di fondo del tuo
business devono essere tali anche per il team. Devi conoscere
i motivi per cui le persone lavorano con te e assicurarti che
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siano coerenti con la vision complessiva. Tutto il team, inoltre,
deve conoscerla perfettamente, sapere bene i valori che la
guidano, lo scopo che perseguite, la missione che volete
realizzare. Tutti devono sempre essere informati dei
cambiamenti e delle novità. Se inizi a nascondere anche piccoli
dettagli, mini seriamente la coesione e la partecipazione del
gruppo al successo del tuo business.
Ogni persona deve sempre sapere con chiarezza e
precisione qual è il suo ruolo, che compiti ha, per quale
motivo sono importanti, che peso hanno nel perseguirlo,
come questi interagiscono con gli altri componenti della
squadra, che cosa ti aspetti da lui e cosa si aspettano gli altri.
Inoltre tutti gli obiettivi devono sempre essere condivisi e
accettati. Non dimenticare che potresti imporli, ma non
avresti l’impegno, la passione e la qualità che ci mette una
persona che vuole raggiungere quell’obiettivo.
La squadra deve avere un’identità condivisa, che sia
rappresentata dal modo di vestire o parlare, dall’ambiente di
lavoro che tutti devono concorrere a personalizzare, da un
certo modo di agire, da segni distintivi che siano un marchio
all’interno e all’esterno della squadra. Non ti parlo di creare
divise o simboli cui legare emotivamente le persone, ma di
creare una condivisione, una forte relazione reciproca che
rende tutti partecipi di qualcosa che va oltre il semplice lavoro
svolto. Sono i valori condivisi e lo scopo perseguito i punti su
cui costruire l’identità del tuo team.
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Da questo deriva poi il senso di appartenenza, che
cementa i rapporti, accresce la motivazione e porta i grandi
successi. Il segreto per ottenere una squadra vincente, in fine,
è di far sì che sia una squadra democratica. Con questo
intendo che tutti devono sentirsi protagonisti, devono
condividere dubbi, incertezze e idee, ogni informazione deve
essere alla portata dei componenti, non devono esserci
disparità di trattamento, ingiustizie, favoritismi o menzogne.
Se manca il rispetto non ci sarà mai una vera condivisione, e
questo significa che tutti devono sentirsi liberi e sicuri di poter
esprimere le loro idee, sempre, su qualsiasi argomento.
Anche i ruoli e i compiti devono essere discussi,
sempre. Il tuo compito è aiutare tutti a comprendere il quadro
d’insieme, a capire il valore di ciascun compito, la sua
importanza, come esso incide sul lavoro degli altri, come
confluisce positivamente nel successo finale. L’interesse
sincero diventa una qualità indispensabile per realizzare
questo passaggio, per creare una squadra vincente, e la
valorizzazione delle persone è la conseguenza che ti consente
di avere un business di successo. Ricorda che una squadra è un
team dove tutti remano nella stessa direzione: tu indichi la
direzione e sei il primo a prendere il remo e mostrare come si
fa, gli altri ti seguono perché credono in te, si fidano di te.
Non puoi avere una squadra vincente se non sei veramente un
leader.
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11. Rapporti individuali e di gruppo
Parliamo adesso delle due modalità con cui puoi
interagire con i collaboratori: gli incontri di gruppo e quelli
individuali. Inizieremo la nostra analisi dal contesto di gruppo
e poi approfondiremo quello individuale.
È evidente che una delle funzioni più importanti che
hanno gli incontri collettivi è quella di facilitare lo scambio di
idee, creare una coesione maggiore attraverso momenti in cui
si lavora tutti insieme invece che separati. A seconda del tipo
di business di cui ti occupi, o vuoi occuparti, le riunioni
potrebbero essere più o meno frequenti, ma sicuramente non
coinvolgono sempre tutti i tuoi collaboratori, ma solo alcuni in
funzione dei temi trattati. La prima considerazione da tenere a
mente è che organizzare riunioni solo quando è necessario
non va bene. Le riunioni dovrebbero invece essere una prassi
consolidata del tuo business. Inoltre questo approccio deve
scendere in tutta l’organizzazione: tu non puoi riunirti con
tutti per prendere decisioni (dipende dalle dimensioni del tuo
business ovviamente) e quindi diventa cruciale che le riunioni
abbiano una struttura a cascata. Tu con un gruppo ristretto,
loro con altri gruppi e via dicendo, garantendo a tutti i tuoi
collaboratori, di ogni livello, di usufruire di questi momenti
fondamentali.
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Almeno una volta a settimana dovresti avere un
incontro di gruppo con il team più vicino a te, le persone di cui
ti fidi maggiormente, coloro che hanno le responsabilità
principali. A loro volta i tuoi collaboratori chiave dovrebbero
fare un incontro con i propri team almeno una volta ogni dieci
giorni, o comunque sempre dopo riunioni che hanno sollevato
temi importanti. Non temere, non voglio rendere il tuo
business una serie continua di incontri che sottraggono
energia la lavoro, ma aiutarti a modellare il tuo business sulla
partecipazione a incontri efficaci, rapidi e costruttivi. Prima di
spiegarti come gestire concretamente ogni incontro, voglio
sottolineare l’importanza di averne almeno uno annuale (se
hai un business molto esteso) con tutti i collaboratori,
eventualmente anche in un ambiente virtuale, piuttosto che
in forma convention (dipende sempre dalle dimensioni).
L’importante è garantirti momenti di aggregazione, confronto
e scambio di idee con le persone che lavorano con te e
credono nella tua vision.
Vediamo adesso come gestire questi incontri: tieni
presente che le stesse regole valgono per qualsiasi tipo di
riunione.
Regola numero uno: deve sempre esserci un
moderatore, tu o qualcuno cui vuoi dare spazio (per gruppi in
cui non partecipi direttamente, qualcuno che sia ritenuto
equilibrato e corretto). Utile sarebbe cambiarlo di volta in
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volta, per far praticare a tutti il ruolo di guida della discussione
e variare gli stili di gestione degli incontri.
Regola numero due: le regole vanno stabilite sin dal
principio. Dovresti sempre garantire che tutti possano
prendere la parola, che tutti possano esprimersi senza venire
attaccati oppure offesi, che il linguaggio resti sempre
rispettoso e che ognuno lasci finire gli altri prima di replicare.
Non derogare mai e mostra inflessibilità su principi come
questi, che regolano il buon vivere comune.
Regola numero tre: chiunque voglia prendere la parola
per una replica deve prima aver riformulato a parole sue il
contenuto delle osservazioni ascoltate e avere conferma di
aver compreso correttamente il discorso. Altrimenti si ascolta
con maggiore attenzione e si ottengono ulteriori chiarimenti.
Questa regola è fondamentale: se la gente rispondesse solo
dopo aver capito veramente ciò che gli altri sostengono, si
eviterebbero molte discussioni inutili e si risparmierebbe
moltissimo tempo. Prova e vedrai.
Regola numero quattro: tutti hanno lo stesso diritto di
esprimersi e nessuno, per esperienza, competenza,
orientamenti vari, può essere accusato di non avere diritto di
parola o gli può essere impedito di parlare. Ti sorprenderai dal
verificare come persone che di solito sono poco loquaci
cambino se sono in un ambiente in cui sentono di potersi
esprimere senza venire attaccate e come le idee migliori,
spesso, arrivino dalle persone da cui non te lo aspetteresti.
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Regola numero cinque: chi dirige la riunione deve
avere un piano del giorno preciso da rispettare; ogni
argomento deve essere introdotto in termini chiari e sintetici
(non più di qualche minuto); tutti devono avere a
disposizione i temi che si affronteranno con qualche giorno di
anticipo per approfondirli e poter dare un loro parere (salvo
che la riunione non nasca proprio per informare di novità da
analizzare in seguito); ogni tema affrontato deve portare ad
una decisione, anche parziale, e ad azioni specifiche da
adottare (rispettando le regole per gli obiettivi che abbiamo
già visto).
Regola numero sei: ogni tema si affronta meglio se si
definisce il problema, si espongono molte soluzioni possibili, si
valutano tutte per verificare quali siano migliori (coerenti con
la vision d’insieme ed efficaci e realizzabili), si scegli quale
strada prendere, si definisce chi farà cosa ed entro quando (se
non fai questo avrete perso solo tempo nella riunione!), si
agisce.
Regola numero sette: ogni riunione deve essere
occasione per rinnovare la missione, lo scopo ed i valori (con
le regole) del tuo business. Ricorda che la ripetizione dei
principi è fondamentale. Inoltre hai la possibilità e il dovere,
come leader, di motivare e coinvolgere le persone accanto a
te in questi incontri.
Regola numero otto: mostra i risultati ottenuti sinora, i
problemi presenti ma anche le soluzioni attuate, mostra
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sempre l’aspetto positivo e rinnova sempre la speranza nel
miglioramento continuo. Rinnova la fiducia nelle persone
dando spazio alle loro idee e chiedendo il loro aiuto e
supporto per risolvere i problemi e superare le difficoltà.
Sfrutta sempre ogni riunione per concentrare l’attenzione di
tutti sulle soluzioni, sulle occasioni che si presentano, sulle
opportunità da sfruttare. Come leader devi essere
catalizzatore di un atteggiamento mentale positivo e
proattivo.
Regola numero nove: facilita la presa di responsabilità
(lo vedremo meglio più vanti) dando spazio alle iniziative,
stimola le persone a presentarsi in riunione con idee e
soluzioni innovative e creative da applicare. Da’ spazio a chi
osa, supporta sempre la creatività e incoraggia e premia chi
mostra spirito di iniziativa. Il tuo business cresce solo se fanno
altrettanto le persone che lo compongono.
Regola numero dieci: rispetta sempre il principio della
democraticità. Tutti sono diversi ma devono avere gli stessi
diritti e doveri. Significa lo stesso tempo per parlare, lo stesso
spazio per esprimersi o replicare, il diritto di difendersi e non
venire umiliati. La riunione deve essere occasione per tutti di
aprirsi e condividere la propria esperienza e visione dei fatti,
solo in un ambiente sicuro, corretto e rispetto questo è
possibile. Nelle riunioni, più che mai, il principio dell’interesse
sincero verso gli altri deve essere il punto centrale su cui
costruire il lavoro da svolgere.
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Per ottenere il massimo da una riunione inizia per
primo – ed insegna agli altri – a gestire il tempo in modo
ottimale sviluppando in pochi minuti (altrimenti sì che
spenderai più tempo in riunioni che al lavoro) ciò che vuoi dire
seguendo alcuni consigli tratti da un interessantissimo libro di
Ron Hoff dal titolo “Dillo in sei minuti”: individua la questione
da affrontare (qual è il problema?), specifica il contesto (cosa
comporta e qual’ è la situazione conseguente?), spiega la tua
proposta (come risolviamo il problema?), mostra i vantaggi
(cosa ci guadagniamo ad agire così?), mostra l’azione da
svolgere (cosa si deve fare adesso secondo te?). Tutto in pochi
minuti.
In base a questo, ecco alcune regole di comunicazione,
conseguenza naturale dell’interesse sincero, che potranno
aiutarti a realizzare riunioni efficaci rapide oltre che a gestire
ogni altro tipo di relazione. Quindi passiamo a vedere come
affrontare un colloquio individuale.
Ascolta invece di parlare. È il solo modo per imparare
qualcosa e per comprendere gli altri.
Cerca sempre di individuare, o farti dire, qual è
l’obiettivo delle persone, cosa li spaventa e cosa
desiderano ottenere: scopri i loro interessi.
Evita di dare ordini: fai invece domande, spingi la
gente a riflettere, non ad ubbidire.
Sii aperto alle alternative, senza bloccarti su una
posizione senza possibilità di cambiamento.
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Prendi in considerazione le opinioni e le idee di tutti,
considerale importanti come le tue e valutale
attentamente.
Non dare nulla per scontato: chiedi chiarimenti in
merito a parole, emozioni e idee che potrebbero avere
significati differenti per persone diverse. Non
interpretare cosa pensano gli altri, fattelo dire.
Dichiara sempre se commetti un errore e sii sempre
pronto a chiedere scusa. Fallo presto.
Chiarisci sempre cosa ti aspetti esattamente dagli altri.
Non lasciare che gli altri si sforzino per capirti, spiegati
tu.
Osserva come gli altri comunicano con te, segna tutto
quello che non gradisci; scrivi come vorresti che gli altri
ti trattassero e agisci con tutti in questo modo.
Gli scopi di un colloquio individuale possono essere
molteplici: un richiamo, un premio, una delega (la vedremo
nel prossimo capitolo), una promozione, un licenziamento,
una spiegazione, un chiarimento e via dicendo. Oltre alle
situazioni in cui devi tenere un incontro individuale, considera
una regola di fondo: cerca di avere incontri personali con le
persone che lavorano con te (almeno quelle più vicine),
almeno un paio di volte a settimana. Come per gli incontri di
gruppo anche qui vale la regola della semplicità, chiarezza e
precisione: non servono interminabili e formali riunioni di ore,
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ma possono bastare, a seconda dell’occasione, anche pochi
minuti, purché siano efficaci e costruttivi.
Prenditi come obbligo quello di stabilire, ogni mese,
un incontro per fare, formalmente, il punto della situazione.
Inoltre cerca di incontrare spesso le persone con cui lavori,
individualmente, sul campo, non solo nel tuo ufficio ma dove
loro svolgono le loro mansioni. Se riesci a trovare il tempo
(questa è una delle priorità importanti da svolgere) per
incontrarli spesso e dare anche in pochi minuti il tuo supporto
e la tua disponibilità a parlare, discutere di argomenti per loro
importanti, ascoltare difficoltà e progetti, aspettative e
desideri, hai modo di comprendere le persone. Senza questo
continuo “stare in mezzo alla gente” non puoi costruire la tua
credibilità e non puoi svolgere il ruolo di leader, ovvero di
guida. Lascia perdere l’immagine di chi sta nel suo ufficio e dà
ordini: il vero leader lavora al fianco dei suoi collaboratori per
dare loro tutti gli strumenti ed il supporto per riuscire nel loro
compito. Gli incontri individuali ti servono per chiarire bene
ruoli e mansioni, le tue aspettative, per rinnovare fiducia e
motivazione, rinvigorire la vision del tuo business, per
pianificare la crescita del tuo team, per valorizzare le persone
che lavorano con te. In gruppo, cementi la squadra,
individualmente, fai crescere i singoli giocatori dandogli
modo di imparare a vincere. Senza questo continuo lavoro
individuale non puoi sperare di creare una squadra vincente.
Ecco alcuni importanti accorgimenti nella gestione di un
colloquio individuale a prescindere dalla sua natura.
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Prima regola: sei lì per ascoltare e fare domande. Dai
spazio alle persone perché ti spiegano di cosa hanno bisogno
(incoraggiali a farlo con le domande) e per avere le loro idee,
le proposte e le loro soluzioni. Abituali a non venire da te con
un problema, ma con una soluzione.
Seconda regola: accetta ogni critica negativa con
serenità. Non perdere né la calma né la pazienza, ma
incoraggia le critiche costruttive, pretendi dai tuoi
collaboratori sincerità, anche brutale. Non sapere cosa accade
perché le persone hanno paura di parlare potrebbe essere il
più grave dei tuoi errori. Crea un clima dove tutti possono
parlarti in modo trasparente e fa che questo avvenga anche a
tutti gli altri livelli.
Terza regola: scindi le persone dai fatti. Parla delle
cose che non ti piacciono senza coinvolgerli personalmente.
Un errore non vuol dire che sono incapaci, ma che hanno
sbagliato. Punto. Evita di colpevolizzare.
Quarta regola: rendi i colloqui individuali frequenti,
costruttivi e sereni, informali il più possibile. Evita di creare
un clima di ansia ogni volta che devi parlare a quattrocchi con
qualcuno, ma crea invece l’abitudine a farti cercare per
ricevere consigli o realizzare un confronto in modo sereno e
spontaneo.
Queste sono alcune regole di base, da sommare a
quelle per la gestione del gruppo. Prima di entrare nel
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dettaglio e vedere come delegare in modo efficace, voglio
mettere l’accento su una delle attività fondamentali di un
colloquio individuale: la restituzione di un feedback
costruttivo. In seguito parleremo della valorizzazione dei
collaboratori, sin da ora sappi che la resa di un feedback
costruttivo è uno degli strumenti più importanti per far
crescere le persone che lavorano con te.
Innanzi tutto il feedback va reso immediatamente, o
comunque con tempi stretti rispetto agli eventi cui si riferisce.
Devi dare input alle persone su attività che svolgono o hanno
appena svolto, non su situazioni di mesi precedenti magari
poco impresse nella memoria. Il tuo intervento deve essere
sempre riferito ai fatti, non alla persona (come visto prima) e
devi essere in grado di comprendere bene il quadro generale.
Avere tutte le informazioni necessarie è fondamentale per
affrontare un incontro in cui vuoi dare un buon feedback.
Devi sempre sottolineare i punti di forza che ritieni
siano importanti per un dato compito o in una data
circostanza e devi anche mettere in luce i punti deboli, non
come accusa, ma come condivisione. Evita di partire con
accuse o critiche, ma apri il discorso chiedendo
un’autovalutazione, offrendo l’occasione alla persona di dirti
come sono andate le cose, cosa ne pensa, che considerazioni
ne ha tratto. Cruciale è non solo concedere sempre il beneficio
del dubbio e presupporre quindi la buona fede, ma anche
parlare in modo trasparente, senza porre domande
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tendenziose per far “cadere” in errore l’altro o per mettere in
evidenza i suo sbagli. Si tratta di un importante momento di
confronto e crescita, non va bene sminuire gli altri
sottolineandone gli errori. Ricorda sempre che lo scopo reale
del feedback deve essere quello di aiutare un tuo
collaboratore ad analizzare in profondità situazioni e azioni
svolte, al fine di fare meglio in futuro. Non devi fare
ramanzine, dimostrare che sei più abile o ribadire la tua
posizione. Devi aiutare, metterti al servizio degli altri e fornire
un supporto per la loro crescita.
Devi quindi rispettare alcuni principi di base:
Sii sempre preciso e informato su quello che devi dire.
Il feedback deve contenere sia gli aspetti positivi
(anche solo potenziali ma sinceri) che negativi su cui
vuoi che il tuo collaboratore rifletta.
Devi essere il più equilibrato possibile.
Stimola sempre un’azione da compiere per migliorare,
con delle scadenze precise per metterla in pratica.
Rinnova sempre la tua fiducia nei confronti delle
persone per rassicurarli che gli errori sono il sale del
miglioramento.
Non dire cosa non va bene, aiuta tutti a vedere come
si potrebbe migliorare e agire in seguito.
Usa il feedback per fornire spunti attraverso molte
domande e poche verità. Stimola le persone senza
soffocarle o fare sermoni.
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Usa formule semplici come: ho visto questo, penso
quest’altro, credo che tu abbia sbagliato questo per
tale motivo, e potresti riuscire benissimo in questa
cosa per queste ragioni. Tu che ne pensi?
I feedback possono venire utilizzati in molti modi, ma
quello veramente corretto è come spinta alla crescita,
costruito e realizzato sempre nell’interesse delle persone cui
lo rivolgi. Devi mostrare anche a tutti i tuoi collaboratori, in
primis con l’esempio, come dare feedback utili e incitare tutti
a darne a te. Ricorda che il peggiore errore che tu possa fare è
quello di negarti la possibilità di ricevere critiche sincere e
feedback costruttivi da chi è più vicino al tuo lavoro.
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12. Delega e coinvolgimento
Una delle abilità meno insegnate ma molto importanti
è quella di delegare: se spesso pensi “se vuoi un lavoro fatto
bene devi fartelo da solo”, probabilmente hai commesso
errori in fase di delega. Innanzi tutto va chiarito che la delega
corrisponde a una responsabilità elevata che dai a un
collaboratore riguardo a un progetto. Delegare non significa
dire cosa deve fare e lasciarlo fare, ma dire cosa deve ottenere
e lasciargli decidere come, entro ovviamente dei limiti chiari e
precisi. Vediamoli in dettaglio.
La persona scelta deve essere all’altezza del compito:
delegare in tempi sbagliati, perché l’altro non è pronto
all’incarico, significa sovraccaricare il collaboratore,
spingerlo verso un fallimento, demotivarlo (per non
parlare dello stress) e magari “bruciarlo” in quel ruolo.
Devi definire bene cosa stai delegando: l’obiettivo
finale deve essere preciso e devi accertarti che l’altro
abbia compreso le cose come tu le intendi. Patti chiari,
amicizia lunga!
I criteri di verifica, il sistema di misurazione, i tempi in
cui controllerai il lavoro e le scadenza in genere
devono essere chiarite sin dal principio. Devo sapere
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quando sarà verificato e come, devo sapere in base a
cosa si valuterà se il lavoro è fatto bene o meno. Se
manca questa chiarezza non può esserci la fiducia e la
serenità per assumersi la responsabilità che la delega
comporta.
Chiarire le risorse disponibili: vale a dire in termini di
denaro per le attività da svolgere, di supporto
personale, di collaboratori, strumenti disponibili e
quant’altro fosse necessario per la realizzazione del
compito.
Stabilire i limiti operativi: quando non diamo un limite
al potere concesso stiamo creandoci dei problemi.
Dobbiamo sempre definire entro quali linee guida
muoversi, cos’è ammesso, cosa va autorizzato da te e
cosa non va fatto in nessun caso.
Dare il potere corrispondente all’incarico. Non basta
affidare una mansione, ma si deve conferire, anche agli
occhi di tutti gli altri collaboratori, il potere e l’autorità
per portarla a termine in modo appropriato.
Definire il supporto necessario, stabilendo, ad
esempio, le competenze che dovranno essere
sviluppate, prevedendo adeguati supporti in fase di
formazione, o eventuali affiancamenti pratici.
In tutte le fasi, ciò che conta, è coinvolgere il
collaboratore, concordare tempi e modi, definire in sintonia
ogni elemento e non imporlo per via della propria autorità.
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Coinvolgere significa rendere partecipi, lasciare
proporre modifiche e variazioni condivise agli obiettivi
(spiegando dove non si condivide e perché) e agli altri aspetti
della delega. Il processo di delega è un processo di relazione.
Per realizzare un processo di delega adeguato è
cruciale che il collaboratore cui affidi l’incarico, o il team di
persone, possa esprimere apertamente dubbi e incertezze,
dare opinioni per modificare alcune varianti. Non imporre una
delega, perché rischieresti di veder vanificato il progetto. Se le
persone credono di poter compiere un certo lavoro, daranno il
massimo per farlo, viceversa, non sapranno dare nemmeno il
minimo. Meglio non delegare a qualcuno che non crede di
poter adempiere al compito (anche per non caricare pressioni
e stress eccessivo), ma modificare il progetto di comune
accordo oppure assegnarlo ad altri. Spesso la soluzione
migliore è adottare piccole modifiche tenendo conto dei dubbi
e delle proposte dei tuoi collaboratori. Ricorda che stai
delegando, non dando ordini.
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13. Come valorizzare i propri collaboratori
Come si valorizzano le risorse umane del tuo
business? Come fare a incrementarne il valore e le capacità?
La strada più utilizzata è quella della formazione aziendale,
ossia l’uso di corsi e percorsi di formazione per i propri
collaboratori. I percorsi di formazione che le persone possono
seguire sono una base importante per ampliare capacità e
competenze, acquisire strumenti nuovi e rimanere aggiornati
nel proprio settore professionale. Benissimo. Prima ancora di
svolgere un corso di formazione, però, tu hai la possibilità di
valorizzare le persone che lavorano con te in maniera diretta,
facendo sì che poi, i corsi specifici, possano dare frutti ancora
migliori. Ecco come fare.
Per prima cosa devi renderti conto che valorizzare vuol
dire, letteralmente, dare valore. Nel caso dei tuoi collaboratori
vuol dire che devi saper accrescere il loro valore, le loro
qualità, ben prima di iscriverli a corsi di formazione specifica. Il
primo passo è comprendere quali sono le qualità che essi
posseggono e come aiutarli ad accrescerle. Ciò che rende
unico il sistema che ti sto mostrando è l’approccio basato sulle
Sette Abilità Fondamentali di cui ti ho parlato nei primi
capitoli. Il primo tassello è quindi aiutare tutti i tuoi
collaboratori a sviluppare queste abilità ogni girono,
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attraverso le loro attività quotidiane. Come ti spiegavo anche
prima, sono queste abilità che faranno la differenza nella vita
di chiunque. Svilupparle è un dovere come leader perché
consenti a chi ti segue di imparare ad affrontare in modo
costruttivo e vincente tutte le sfide. Ricorda che ogni
difficoltà, ogni ostacolo o problema che affrontiamo deriva
dalla nostra necessità di migliorare una o più di queste abilità.
Questo vale in ogni circostanza. Devi valutare il livello di
ciascuno e capire dove ci sono carenze o difficoltà, aiutando i
tuoi collaboratori a migliorare in questi aspetti. Inizia dalle
abilità che ti ho mostrato precedentemente: capacità di
amare, consapevolezza, ottimismo, disciplina, indipendenza
emotiva, sicurezza interiore e comunicazione.
Mentre i corsi di formazione permettono di sviluppare
alcune capacità specifiche, o a migliorare alcune qualità
personali in coerenza con un certo compito, la visione
d’insieme delle Setta Abilità parte dal presupposto che esse
sono il fulcro per qualsiasi successo, personale e
professionale. Se aiuti i tuoi collaboratori a svilupparle
(aiutandoli poi a fare altrettanto con altre persone), doni loro
non una competenza da spendere in un certo contesto, ma
degli strumenti necessari in ogni luogo e compito. Valorizzare
significa dare un valore, e non ve ne può essere uno maggiore
di aiutare le persone a esprimere al massimo il proprio
potenziale. Questo è possibile solo padroneggiando tutte le
Sette Abilità Fondamentali.
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A questo lavoro di carattere generale e di fondo, devi
anche imparare ad ascoltare bene gli altri. Per far crescere le
persone che lavorano con te devi innanzi tutto capire dove
vogliono andare e fino a che livello vogliono arrivare. Se le
Abilità Fondamentali valgono sempre e comunque, molte altre
competenze potranno essere più o meno ritenute
indispensabili, gli obiettivi e le mete individuali potrebbero
essere differenti da quello che ti aspetti. Ricorda sempre di
chiarire sin dal principio cosa loro vogliono, devi aiutarli a
raggiungere il livello che hanno stabilito, non quello che ti
sembra più opportuno. Questo comporta anche la
comprensione precisa della situazione attuale. Devi sempre
iniziare col definire con esattezza dove si trovano le persone.
Per farlo puoi utilizzare una serie di strumenti:
Costruire una scala di valore (da zero a dieci) per
definire le competenze tecniche che le persone hanno.
Questo ti serve per stabilire il livello (voto) di partenza,
quello attuale.
Analizzare ciascuna delle Sette Abilità e valutare il
livello di competenza che ognuno ha in ciascuna di
essa.
Mettere nero su bianco il livello attuale di
soddisfazione percepito dagli altri, come si sentono
nella loro situazione, quali disagi hanno. Chiedi loro i
motivi di queste valutazioni per capire che emozioni
provano e cosa significa per loro la situazione presente.
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A questo lavoro deve seguire la definizione di obiettivi
personali che possono avere a che fare con specifiche capacità
o competenze, con ruoli e mansioni ben precisi, con condizioni
economiche e formali desiderate. Scopri cosa vorrebbero
raggiungere le persone in termini concreti e precisi sia nel tuo
business che al di fuori di esso, ma non limitarti a scoprirlo,
cerca invece di capirne le ragioni, le aspettative legate a questi
traguardi. Potresti scoprire che inseguono un risultato per il
motivo sbagliato, oppure che quello per cui lottano non gli
darà ciò che desiderano. In questo caso sta a te renderli
consapevoli delle tue valutazioni e aiutarli a riflettere su
obiettivi e percorsi di crescita. Non dimenticare mai che sono
sempre e solo loro, tuttavia, a decidere cosa fare. Tu puoi
consigliare un percorso di formazione o crescita, ma se le
persone non sono convinte e non credono in quello che
proponi, nessuno otterrà il successo sperato. Ricorda che
l’imposizione non produce mai frutti maturi, ma solo acerbi e
poco saporiti.
Valorizzare i tuoi collaboratori comprende anche
definire bene i ruoli che svolgono in funzione dei loro interessi
e delle loro capacità. Devi fare in modo che ognuno di loro
possa svolgere mansioni in cui possa eccellere ed essere
motivato. Una regola fondamentale da seguire è: le persone
giuste al posto giusto. Ossia, rifletti se i tuoi collaboratori sono
tutti nei ruoli migliori per loro, se qualcuno non sarebbe più
efficace e motivato a svolgere compiti differenti, se uno
spostamento di ruolo potrebbe motivare le persone,
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appassionarle, spezzare la routine o semplicemente
valorizzare le loro caratteristiche. Studia con attenzione chi
lavora con te e cerca di visualizzare i compiti per cui lo reputi
adatto. Parti sempre dalla convinzione che chiunque, al posto
giusto, darà ottimi risultati. Ogni inefficienza o difficoltà
individuale deve indurti a valutare se sia corretta la posizione
che questa persona occupa. Come sempre non devi imporre
un cambiamento, ma lo devi condividere, proporre, far
valutare con attenzione (seguendo le idee del capitolo
precedente ed utilizzando sempre i colloqui individuali),
lasciando alle persone tempo e modi di comprendere
(vedremo meglio come nel prossimo capitolo). L’importante è
che ogni variazione di ruolo sia condivisa pianamente, che il
tuo collaboratore voglia il cambiamento e creda che sia utile
prima per lui, e poi per il tuo business.
Devi inoltre offrire spazi di crescita, mostrando le
opportunità e dando modo alle persone che sviluppano
qualità e competenze di migliorare la loro capacità di
contribuire, essere responsabili e protagonisti. Se le persone
non intravedono sbocchi al loro lavoro, se lo presenti come un
cerchio che si ripeterà all’infinito e non dai spazio alla crescita
o alla creatività, dimenticati di avere una squadra motivata e
vincente. Come leader puoi dare valore alle persone e questo
può fare – e farà – la differenza.
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14. Avviare e gestire il cambiamento
Il tema del cambiamento è uno dei temi più complessi
quando si deve dirigere un gruppo, spesso variegato, di
persone. La cultura aziendale è l’insieme di regole e
comportamenti, ruotine e schemi di relazione che si instaura
in un’azienda o, in generale, in una attività di business.
Qualsiasi realtà ha la sua cultura data, appunto, dalle relazioni
interne, possiamo esserne consapevoli o no, ma questo non
toglie che la cultura ha una notevole influenza sul successo del
proprio business. All’inizio di questa guida abbiamo affrontato
il tema della vision d’insieme del tuo business, adesso
dobbiamo capire come puoi cambiare quest’aspetto in un
contesto che già si è caratterizzato per certi valori. Prima di
entrare nel dettaglio di quest’argomento, che ha un valore
notevole essendo il fulcro da cui dipende il successo del tuo
business, voglio analizzare il modo in cui puoi apportare
qualsiasi cambiamento nel tuo business.
Prima regola, per il cambiamento, è stabilire la
direzione in cui vuoi andare, o meglio, identificare cosa vuoi
modificare nel tuo contesto. Potrebbe trattarsi dello scopo
aziendale, di un certo processo produttivo, di una figura
professionale nuova, di nuovi modi per definire promozioni e
premi. In ogni caso devi sempre avere chiaro cosa intendi
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cambiare: si tratta pur sempre di un obiettivo, quindi utilizza
quanto detto in proposito per definirlo correttamente. La
prima domanda che devi porti, a questo punto, è: sarà
vantaggioso per tutti? Coloro che saranno coinvolti ne
trarranno benefici? Chi, invece, sarà svantaggiato?
È chiaro che tutti i cambiamenti, anche in positivo,
possono avere effetti collaterali (e di solito ne hanno), ma
questo non deve e non può impedirti di cambiare. La
differenza su cui voglio che tu rifletta sta nello scopo che
intendi perseguire: se il cambiamento nasce per migliorare la
vita delle persone, che siano clienti, collaboratori o partner,
sappi che hai una base solida per cui attuarlo. Se nasce solo
per interesse, per speculazione o arricchimento, o per
danneggiare qualcuno, lascia perdere.
Se hai chiaro cosa vuoi cambiare, devi verificare che sia
coerente con lo scopo, la missione ed i valori del tuo
business. Anche se sono questi l'oggetto del cambiamento,
accertati che per applicare in azienda il valore della giustizia
non commetti scorrettezze nei confronti di qualcuno:
vanificheresti ogni sforzo perché i comportamenti e le scelte
valgono più degli slogan e delle belle parole. Accertati sempre
che il cambiamento sia coerente con i principi della vision
d’insieme che vuoi realizzare o rafforzare. Sempre. Se le cose
stanno così, è il momento di pianificare la sua realizzazione.
Ricorda che tutti abbiamo una certa tendenza a
resistere ai cambiamenti, specialmente in contesti in cui
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nutriamo scarsa fiducia verso chi li propone, specie perché di
solito vengono imposti e non condivisi, anche perché siamo
culturalmente abitudinari e tendiamo a non gradire lo
stravolgimento della nostra routine. Ti avviso perché ogni
cambiamento comporta una certa resistenza, e se ti mostrerò
come ridurla al minimo o anche annullarla, devi sempre
ricordare che potrai incontrarne quando meno te la aspetti.
Il primo passo è condividere la tua idea di
cambiamento. Per farlo non è sufficiente che tu dica cosa vuoi
cambiare, ma devi spiegare bene il motivo per cui vuoi farlo, i
vantaggi che ne deriveranno, gli svantaggi connessi e le
strategie per contenerli o annullarli, chi sarà coinvolto dal
cambiamento stesso e come, cosa tu farai per rendere il tutto
semplice e piacevole agli altri, che ruolo avrà ciascuno in
questo processo. Tutto questo deve andare oltre le semplici
parole: devi mostrare i vantaggi e renderli concreti, non basta
che i tuoi collaboratori capiscano, devono convincersi di quello
che dici, devono crederci. Il primo passo per coinvolgere le
persone è condividere il tuo progetto perché diventi il vostro.
Non devi imporre la tua idea ma metterla sul piatto in modo
trasparente, senza mai, e ripeto mai, nascondere eventuali
aspetti negativi. In primo luogo perché come leader non
sarebbe corretto, in secondo perché prima o poi salteranno
fuori e tu avrai evitato di parlarne e questo minerebbe la tua
credibilità e l’accettazione del tuo progetto di cambiamento.
Ricorda, sii trasparente.
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Il progetto devi mostrarlo prima di tutto alle persone
di cui ti fidi di più e che hanno un peso considerevole tra i
tuoi collaboratori. Si tratta di persone che godono di una
buona credibilità e di cui gli altri si fidano. In questa prima fase
coinvolgili tutti a discutere del tuo progetto, mostrandone le
caratteristiche e accogliendo ogni suggerimento e consiglio. Il
tuo obiettivo deve essere un unanime consenso. Se ciò non
avviene, potrai sempre procedere per la strada che ritieni
opportuna ma mettendo in conto che molti si opporranno al
progetto, creando problemi che potrebbero addirittura
renderlo irrealizzabile. Il tuo team, le persone più vicine,
devono tutte sorreggere la tua idea. E le modifiche e gli
accorgimenti devono comunque portare all’obiettivo finale
anche con variazioni. La vision deve sempre essere coerente
con la tua vision personale, altrimenti ti ritroverai a
combattere contro te stesso. L’appoggio della tua cerchia
ristretta ti servirà per migliorare il progetto e renderlo
realizzabile.
Da questa fase deve derivare l’appoggio pieno di tutti e
iniziare così la condivisione con tutti i tuoi collaboratori.
Organizza un incontro in cui spieghi cosa intendi fare, come e
per quali motivi. Devi dare sempre, e a tutti, ogni
informazione, evitando omissioni e inganni. Se ottieni la loro
fiducia il cambiamento sarà molto più vicino. Organizza
incontri di gruppo a più livelli, chiedi pareri, consigli e
modifiche a chiunque voglia fornirne, dai spazio a dubbi e
perplessità, anche all’opposizione feroce, purché se ne parli e
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non cresca di nascosto senza che tu la veda. Incontri di
gruppo, ma anche individuali, devono darti modo di mostrare
il cambiamento a tutti in modo corretto e veritiero, evitando
le frequenti distorsioni che rallentano qualsiasi progetto:
accertati che le persone abbiano capito esattamente cosa vuoi
fare. Spesso l’opposizione nasce da incomprensioni e
fraintendimenti. Parla con tutti, specie con chi ha un ruolo più
rilevante e magari subirà maggiormente gli effetti collaterali
del progetto. Soprattutto questi ultimi, ascoltali, richiedi idee
e consigli, alternative, falli partecipi e interessati ai loro
bisogni. Ricorda che se proponi un cambiamento e lavori
perché nessuno ne sia danneggiato, avrai molte probabilità di
avere successo.
Elemento fondamentale è che qualsiasi sacrificio
ricada soprattutto, e prima di tutto, su di te. Devi essere un
esempio del cambiamento che intendi realizzare. Tu che lo hai
ideato, per primo, devi metterlo in pratica. Se chiedi un
sacrificio economico, ad esempio, tu fanne uno maggiore. Non
commettere l’errore banale di chiedere e pretendere senza
dare di più e prima. Ricorda il concetto della piramide
rovesciata: tu sei in basso, sei al servizio dei tuoi collaboratori
per rendergli il lavoro più facile. Devi quindi essere esempio di
ottimismo, dando sempre una visione positiva, ma realistica,
della situazione e incoraggiando, sostenendo e supportando le
persone. Devi avere pazienza e calma, specialmente quando i
risultati tardano ad arrivare, e saper motivare e sostenere le
persone nel lungo periodo, quando la difficoltà o i tempi
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lunghi rischiano di fiaccare impegno ed entusiasmo. Questo
significa mettere sempre in evidenza i successi, anche piccoli,
mostrare che, sebbene a rilento, il processo di cambiamento
continua e porta i frutti previsti. Ottimismo, comunicazione e
indipendenza emotiva saranno abilità cruciali in questa fase.
Ricorda di essere sempre presente e disponibile perché tu hai
in mente il progetto e ci credi, gli altri potrebbero aver
bisogno del tuo supporto per farlo.
Se il cambiamento che intendi realizzare è modificare
lo scopo (o renderlo esplicito e chiaro), la missione (anche
sostanzialmente) o i valori (e quindi le regole), tieni a mente
che non ci sono differenze con quanto detto finora. I principi
sono sempre gli stessi e tutto andrà per il verso giusto se li
applicherai al tuo sincero e reale interesse verso gli altri.
Mantieni al centro del tuo business la tua capacità di amare
(comprensione, rispetto, pazienza, interesse ecc.) e avrai
successo. L’accorgimento più utile, comunque, è di non
togliere mai una staccionata prima di aver compreso il motivo
per cui è stata costruita. Parti dalla comprensione del tuo
mondo, chiedi alle persone in cosa credono, quali sono i loro
valori, quali pensano dovrebbero essere quelli del tuo
(vostro) business. Interrogale sulle regole interne presenti e
su quelle che ritengono migliori o che vorrebbero ci fossero,
approfondisci il clima che si respira e scoprine i motivi. Se
ricordi quanto detto nei primi capitoli, la vision di business non
è solo una cosa tua, ma appartiene anche a tutti, deve essere
coerente con quelle individuali di chi lavora con te.
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Se non accade questo, le persone non si sentiranno
coinvolte, non vedranno nel loro lavoro un’altra via per
realizzarsi o perseguire ciò che per loro è fondamentale. Nel
momento in cui ti trovi a voler cambiare elementi di questa
importanza è necessario comprendere cosa pensa e in cosa
crede chi ti sta vicino. Da questa comprensione sarà più facile
che nasca un progetto di cambiamento veramente condiviso e
veramente utile per tutti. Considera che tutto quello che ti ho
spiegato finora concorre al cambiamento che intendi
realizzare: accanto ai consigli specifici di questo capitolo, poni
sempre tutte le cose che hai imparato in questa guida. Non è
tanto un problema di tecniche o metodo, quanto un discorso
di leadership. Se sei un leader, non lo fai o fingi di esserlo,
cambiare non sarà un problema perché le persone già credono
in te. Questo mi porta a considerare che anche il tempo deve
essere opportuno. Se vuoi che un cambiamento attecchisca,
considera sia la tua influenza sul team (se è debole non
riuscirai a cambiare nulla), sia il momento collettivo in cui
agisci (se le persone non sono serene, fiduciose, motivate, non
ascolteranno le tue idee, pur se buone).
Non è così difficile, l’importante è essere realmente
leader, come ti spiegherò nell’ultimo capitolo.
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15. Awareness Marketing e core business
Viviamo in un periodo culturale in cui la
specializzazione è divenuta la forma normale di
professionalità: nessuno oggi si sognerebbe di ricoprire più a
mansioni differenti tra loro, nel processo produttivo, come
avveniva una volta. Il sistema di formazione fornisce sempre
più specifiche e approfondite competenze, ma comunque in
un determinato settore. Così avviene che fioriscano gli esperti
anche in attività di nicchia che solo pochi anni fa facevano
parte, in modo anche periferico, di altre mansioni principali.
Non intendo dire che questo sia sbagliato, ma che come
leader devi avere comunque una conoscenza d’insieme anche
di quello che deleghi agli esperti, soprattutto se parliamo di
due ambiti cruciali: il core business, ovvero il cuore della tua
attività (prodotto o servizio che sia) e il marketing, ossia tutte
le strategie di comunicazione che attui per far conoscere il tuo
business.
Partiamo dal core business. Essendo il cuore della tua
attività è ovvio che tu possieda una profonda conoscenza ed
esperienza in materia, per cui voglio affrontare il tema della
consapevolezza. Essere molto competenti in un settore
qualsiasi non ci garantisce che sapremo offrire il miglior
prodotto possibile, o che saremo capaci di soddisfare le
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esigenze dei nostri clienti. Qualsiasi piano di marketing deve
necessariamente basarsi su una definizione chiara e precisa
del core business che vai a pubblicizzare e diffondere. In
particolare voglio che ti soffermi sul definire in termini chiari e
precisi cosa offri: qual è il tuo prodotto? Qual è il tuo servizio?
Questo, ovviamente, non basta. Serve che tu sia consapevole
del valore che gli altri percepiscono del tuo prodotto o
servizio. Per comprenderlo devi chiederti quali bisogni ed
esigenze, di carattere astratto, valoriale, emotivo e umano,
soddisfano i tuoi servizi o prodotti.
Devi andare oltre il materiale (nessuno compra degli
oggetti) e cogliere i vantaggi che essi procurano: ad esempio
tu non porti come uno che vende poltrone, ma come un
professionista che vende comodità, relax, classe, prestigio.
Non devi pensare di vendere un corso di formazione per
docenti, ma vendi preparazione, conoscenza, capacità per
eccellere, realizzarsi, distinguersi. Non si tratta di manipolare
gli altri puntando sul valore inconscio ed emotivo dei prodotti,
ma di capire che ogni cliente che compra da te lo fa perché
ritiene che quel prodotto (o servizio) migliorerà la sua vita
(anche di poco) perché sarà capace di soddisfare un certo
bisogno. E non dimenticare che i bisogni sono quasi sempre di
tipo psicologico, più che materiale. Inoltre è difficile che una
persona possa scindere il valore emotivo e relazionale di un
oggetto da quello prettamente pratico o di sussistenza. Anche
se vendi beni di prima necessità non ti limiti a soddisfare
bisogni primari, ma anche bisogni secondari, legati ai valori,
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alla cultura e alla psicologia di ogni persona. Tu devi
comprendere qual è dunque il reale bisogno che soddisfi con il
tuo lavoro, quale valore sia percepito e se questa percezione è
coerente con quello che stai offrendo. Il marketing deve
comunicare valore, ma se tu per primo ignori il tipo di valore
che vuoi comunicare, come potrai farlo?
Il primo passo è definire il tuo prodotto o servizio in
termini valoriali, di bisogni e non solo materiali. Questo si
traduce in vantaggi. Dalle caratteristiche del tuo prodotto o
servizio devi arrivare ai vantaggi tangibili. Non basta dire che
la tua automobile percorre cento chilometri con dieci litri, devi
tradurre questo in un vantaggio percepito (che richiama un
valore o un bisogno) come il risparmio economico, la riduzione
dell’inquinamento, il prestigio o l’unicità di quello che proponi.
Ogni caratteristica (fai un elenco di tutte quelle che
caratterizzano i tuoi servizi o prodotti) deve diventare un
vantaggio tangibile e tale agli occhi del cliente, non ai tuoi
soltanto (traduci ogni caratteristica in un vantaggio percepito).
Capitolo marketing: ovviamente ci sono esperti che se
ne occupano e professionisti con abilità e competenze idonee,
ma tu, come leader del tuo business, devi avere un’idea chiara
di cosa vuoi fare e di come vuoi comunicarlo e devi imparare a
sviluppare l’awareness marketing, ossia il marketing
consapevole. Questo non significa che devi occuparti tu di
comunicazione se hai altre persone che lo fanno o il tuo
business richiede specialisti preparati, ma devi comunque
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avere in mano la situazione, comprendere la direzione
comunicativa da intraprendere e verificare se la state
seguendo o meno.
L’Awareness marketing si basa sulla consapevolezza del
tuo prodotto o servizio (come abbiamo appena visto), dei tuoi
clienti reali o potenziali (come visto nel capitolo dedicato alla
definizione del tuo business), dei canali e degli strumenti
utilizzabili per comunicare. Sostanzialmente lo scopo del
marketing è far comprendere i vantaggi tangibili del tuo
lavoro a chi ne avrebbe bisogno. Molti lo utilizzano per creare
questo bisogno, ma questo non avrebbe nessuna coerenza
con i discorsi fatti sin qui. Inoltre è quando soddisfi bisogni
reali che non smetti mai di lavorare. Poiché abbiamo già
approfondito il tema clienti e il tema prodotto, dobbiamo dare
un’occhiata al discorso canali di comunicazione.
Che si tratti di canali online oppure offline, il segreto è
porsi alcune domande chiave:
1. Dove posso incontrare i miei clienti reale e potenziali?
2. Come posso proporre il mio lavoro perché ne siano
percepiti i reali vantaggi?
Queste semplici domande sono sufficienti per
elaborare una buona strategia di marketing. Devi capire
innanzitutto dove incontrare i tuoi clienti. Qui mi riferisco ai
luoghi, fisici o virtuali, in cui trovi le persone che potrebbero
avere bisogno del tuo prodotto. Per questo è importante che
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nel definire i clienti tu introduca informazioni più precise,
come ad esempio:
Che tipo di locali o attività frequentano le persone che
potrebbero avere bisogno di me (se esiste qualche
peculiarità tu devi conoscerla)?
Quali ambienti virtuali (siti, social network, forum)
frequentano queste persone?
Che generi di interessi condividono? Che passioni le
accomunano? Dove la possono realizzare?
Coloro che hanno bisogno del mio lavoro, hanno
problemi particolari (frequentano quindi certi ambienti
specifici)? Hanno convinzioni, abitudini o
comportamenti abituali ben definiti? Quali?
Disporre delle risposte, quanto più precise possibili, a
queste domande è fondamentale per riuscire a comunicare il
valore del tuo business a coloro che potrebbero trarne
vantaggio. Se tu lavori per offrire vantaggi e servizi utili, puoi
prosperare solo se sai comunicarlo a coloro che li possono
utilizzare. Prima di tutto devi stabilire dove puoi entrare in
contatto con loro. Un aiuto deriva anche da un certo
ragionamento: definisci i tratti caratteriali, le abitudini più
probabili, l’atteggiamento mentale, le esigenze, i valori o le
convinzioni profonde del tipo di persona che vorresti fosse tuo
cliente o che avrebbe vantaggio a esserlo. Quindi chiediti dove
sarà più facile incontrarlo.
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Ho pubblicato una guida gratuita, come questa, sul
tema del lavoro. Ho definito cliente di quel progetto il
disoccupato, la persona che vorrebbe cambiare un lavoro che
non la soddisfa, ma anche chi vorrebbe fare carriera. Il cliente
ideale, però, quello cui potrebbe interessare maggiormente, è
sicuramente chi non lavora. Resta però evidente, almeno a
me, che tra i tanti disoccupati chi ha appena finito di studiare
e si approcciano al mondo del lavoro per la prima volta
saranno i clienti migliori. Perché sono più motivati, conservano
una maggiore passione e la voglia di realizzare i loro sogni,
perché sono abituati a studiare (o dovrebbero) e perché
hanno l’energia giusta per seguire le istruzioni che ho scritto.
Ovvio che con questo identikit mi sia chiesto: dove incontro
più facilmente queste persone? Così ho proposto il progetto a
un sito di studenti (www.studenti.it) e ottenuto la loro
collaborazione. Si tratta di una scelta dettata dalla coerenza
tra il target del sito (molti studenti universitari o neolaureati) e
il cliente tipo ideale per il mio e-book.
Devi ragionare allo stesso modo. Dove potrebbero
incontrarsi le persone che cerchi? Ci sono siti particolari o
forum che frequentano? Ci sono social network specifici in cui
si riuniscono (non sempre o per forza Facebook è la scelta
migliore)? Le associazioni sul territorio? Le istituzioni
pubbliche? Eventi o incontri occasionali che li attirano, quali
potrebbero essere? Che genere di riviste o libri leggono?
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Tuo compito non sarà necessariamente fare queste
ricerche o costruire concretamente il piano di comunicazione,
ma sapere come trovare le informazioni giuste e aiutare chi
lavora con te a focalizzarsi in modo consapevole sul piano di
marketing. Non serve essere esperti per imparare a farsi le
domande giuste. Devi sapere a chi ti rivolgi, dove li trovi e
come porti: meglio una e-mail o un sito? Meglio articoli tecnici
o un blog più personale? Meglio scrivere tu o lasciare che lo
facciano collaboratori e clienti? Meglio pubblicità a
pagamento o scambi banner gratuiti? Tutto dipende dal target
a cui ti rivolgi e dal luogo in cui li incontri.
Chiediti sempre: in che modo vorrei essere contattato
se fossi in un bar? E se fossi su internet? E ancora cerca di
immedesimarti nei tuoi clienti e chiedi che effetto potrebbe
avere la tua comunicazione. Non solo, rifletti su quale
obiettivo hai (contatto, visita a un sito, preventivi,
sottoscrizioni, commenti, ingressi nel negozio) e valuta i pro e i
contro di ogni alternativa: se uso una comunicazione via e-
mail otterrò più clienti nel negozio? Se invece uso le
locandine? E dove dovrei metterle? Dove i miei clienti
potenziali le vedrebbero più facilmente?
Ancora una volta non devi sapere tutto, ma devi far si
che i tuoi esperti sappiano dare risposta alle domande giuste.
Tu devi sviluppare la consapevolezza del processo per aiutare i
tuoi collaboratori a seguire una logica precisa e non provare
tutte le strategie a caso. Ricorda che loro ti daranno le risposte
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alle domande che fai, se le tue sono ottime, anche le risposte
lo saranno.
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16. Essere leader è tutta un’altra cosa
Siamo partiti da te, da chi sei, dalle qualità che puoi
sviluppare per essere leader, e abbiamo visto i tanti aspetti del
business, sempre da un’ottica umana, relazionale, basata sul
rispetto per gli altri, che sono al centro del tuo business, e in
relazione a valori e principi positivi. Il leader, ti ho ricordato, è
tale se gli altri lo seguono e ne riconoscono le qualità. Non è
qualcosa che si possa fingere, non sempre e non a lungo. Il
modello che ti ho proposto, con idee e suggerimenti pratici
che spero tu riesca e voglia, soprattutto, mettere in pratica, è
un modello che rompe con la maggior parte dei sistemi di
business. Non credo nella manipolazione, non ho parlato ti
tecniche o stratagemmi per persuadere gli altri a fare il tuo
volere, ti ho suggerito di accantonare pretese, violenze e
punizioni. Ti esorto a lavorare con una filosofia realmente
democratica, dove i tuoi diritti non sono mai superiori a quelli
di nessun altro, e dove tu, come leader, hai doveri invece
maggiori. So che sembra un controsenso, ma è la sola strada
per avere successo. Attento però a non fare di questo ideale il
motivo del tuo cambiamento: se non cominci a essere leader
(non a fare o comportarti da) perché questo è il tuo volere, la
tua scelta di vita, qualsiasi artificioso cambiamento a fine di
lucro non produrrà alcun esito positivo. Non conta
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semplicemente cosa fai, conta sempre di più il motivo reale
per cui lo fai, cosa hai dentro e cosa ti spinge ad agire in un
certo modo.
Essere leader è tutta un’altra cosa rispetto ai modelli di
potere che esistono, basati sul privilegio, sulla supremazia
imposta agli altri, sui vantaggi economici per pochi e
sull’egoismo più profondo, sensibile solo a potere e denaro.
Sarò diretto e senza fronzoli: il denaro è una conseguenza del
lavoro, mai la sua motivazione. Se lavori per arricchirti, cambia
idea. Se lavori per essere potente, rispettato o osannato,
lascia perdere. Lavora per amore, verso di te, verso gli altri e
verso il mondo che cerchi di rendere un posto migliore. Non
esiste un’altra strada, non avrai alcun successo profondo,
come uomo prima che come professionista, se non sarai un
vero leader.
Le idee di questa guida non sono negate a chi non
applica i suoi principi realmente e fedelmente, ma i risultati sì.
Nessuno di noi stabilisce le regole del gioco, possiamo solo
partecipare alla partita, guardare le nostre carte e iniziare. Le
regole ci sono e se non le rispettiamo non vinceremo mai. Puoi
anche sfruttare alcuni consigli e alcuni strumenti per
arrivismo, sei libero di agire come preferisci, ma non vincerai.
Se invece saprai essere leader, cambiando dal profondo ciò
che sei, la vittoria non sarà una questione di tempo, perché
nel momento stesso in cui comincerai a essere un leader ti
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renderai conto che stai già vincendo la partita più importante.
La tua vita.
Per questo posso garantirti che la base su cui tu debba
lavorare è racchiusa nei primissimi capitoli, quelli in cui ti
spiego cosa significa essere un leader e ti mostro i pilastri su
cui la tua leadership si reggerà. Il resto della guida ti aiuta a
praticare i principi giusti nelle varie aree in cui, come leader di
un business, devi muoverti. Il successo, in realtà, è semplice: ci
sono poche e semplici regole e tutto quello che devi fare è
seguirle. Punto. Difficile, se mai, è comprendere che sono
queste le regole da seguire e decidere di farlo, nonostante le
difficoltà che possono comportare.
Dalla politica all’economica, dal no profit ai gruppi di
persone, qualunque sia il contesto e l’ambito, solo
sviluppando una leadership profonda e autentica, positiva e
costruttiva come quella che permea tutte le pagine che hai
appena letto, si potrà cambiare in positivo il mondo. Non si
tratta di utopia o sogno, ma della consapevolezza che se
ognuno di noi fosse capace di migliorare il proprio pezzetto di
mondo, ci ritroveremmo con miliardi di pezzetti nuovi di
zecca. In fondo il mare è solo un insieme di piccole gocce.
Come leader puoi non solo farne parte, ma aiutare tutte
quelle che ti stanno vicino a fare altrettanto. Essere leader è
un onore, una gioia, una grande responsabilità e un grande
privilegio. Essere leader è tutta un’altra cosa.
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Note sull’autore
Giacomo Papasidero è dottore in Economia ed
Amministrazione delle imprese, consulente e formatore.
Dopo anni di esperienza nella GDO come responsabile e
direttore, si è dedicato alla formazione in materia di crescita
personale (relazioni interpersonali, autostima, comunicazione,
rapporto con se stessi) e professionale (carriera, leadership,
formazione). Ha dato il via, nell’ottobre del 2011, al Progetto
Amore, e adesso fa parte del Portale Tempovissuto con lo
scopo di aiutare chiunque a vivere una vita felice.
Per contattare l’autore puoi inviare una e-mail
all’indirizzo di posta elettronica [email protected]
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