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Come si legge nella 9a edizione del Rapporto sullo Sviluppo Umano pubblicato nel 1998 dal Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP): «Lo sviluppo umano è un processo di ampliamento delle scelte della gente [...] L’allargamento delle scelte delle persone si ottiene attraverso l’espansione delle capacità e dei funzionamenti umani. A tutti i livelli di sviluppo le tre capacità essenziali per lo sviluppo umano delle persone sono: condurre una vita lunga e sana, essere istruiti, avere accesso alle risorse necessarie ad un tenore di vita dignitoso. Se queste capacità di base non vengono raggiunte, molte scelte sono semplicemente non disponibili e molte opportunità rimangono inaccessibili. Tuttavia, il regno dello sviluppo umano va oltre: essenziali aree di scelta, a cui le persone danno grande valore, si estendono dalle opportunità politiche, economiche e sociali di essere creativi e produttivi, al godimento del rispetto di sé, dell’empowerment, del senso di appartenenza ad una comunità. Il reddito è certamente uno dei mezzi principali per espandere le scelte e il benessere, ma non è la somma totale della vita della gente». (RSU 9, 1998, p. 26)

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Come si legge nella 9a edizione del Rapporto sullo Sviluppo Umano pubblicato nel 1998 dal Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP): «Lo sviluppo umano è un processo di ampliamento delle scelte della gente [...] L’allargamento delle scelte delle persone si ottiene attraverso l’espansione delle capacità e dei funzionamenti umani. A tutti i livelli di sviluppo le tre capacità essenziali per lo sviluppo umano delle persone sono: condurre una vita lunga e sana, essere istruiti, avere accesso alle risorse necessarie ad un tenore di vita dignitoso. Se queste capacità di base non vengono raggiunte, molte scelte sono semplicemente non disponibili e molte opportunità rimangono inaccessibili.

Tuttavia, il regno dello sviluppo umano va oltre: essenziali aree di scelta, a cui le persone danno grande valore, si estendono dalle opportunità politiche, economiche e sociali di essere creativi e produttivi, al godimento del rispetto di sé, dell’empowerment, del senso di appartenenza ad una comunità. Il reddito è certamente uno dei mezzi principali per espandere le scelte e il benessere, ma non è la somma totale della vita della gente». (RSU 9, 1998, p. 26)

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dall’impotenza interiorizzataad un’azione di advocacy: verso un nuovo mandato?

• se dalla politica non arriverà più un mandato chiaro per i servizi sociali, perlomeno a tempi brevi, dobbiamo chiederci se non devono essere gli operatori e le operatrici del welfare ad assumersi la responsabilità di fare advocacy. Ossia di dare rappresentanza e rappresentazione alle condizioni sociali di chi oggi vive nella povertà, nella fragilità, nella solitudine. Pensando anche a percorsi di alleanza possibile con gli utenti stessi, i loro familiari, e provando a cercare altre alleanze possibili che riescano ad allargare a cerchi concentrici il raggio di azione.

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per un welfare capacitante:la teoria della capacitazione

• risorse scarse a fronte di problemi nuovi

• individuare risorse “altre” per fronteggiare problemi “nuovi” esplorando soluzioni “diverse”

• uscire:dalla zona confort ( stereotipi e delle routines) edalla zona stress ( ansia e dell’impotenza)

entrare nella zona apprendimento/riflessività per essere:attori e non prestatoriautori e non esecutori

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l’operatore come ricercatore imprenditivo

• alimentare:

immaginazione ( attraverso la ricerca)

vitalità ( attraverso l’inter-esse: stare tra, mettersi in gioco)

de-siderio ( attraverso l’agire progettuale: trasformare una situazione data in una situazione de-siderata o de-siderabile: dare forma alle nuvole)

imprenditività ( essere pro-attivi e intraprendenti: impresa sociale di comunità)

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dare forma alle nuvole: la progettazione

come costruzione di senso

• diceva Italo Calvino: “Nella forma che il caso e il vento danno alle nuvole l’uomo è intento a riconoscere figure: un veliero, una mano, un elefante....” ;

• progettare è essenzialmente un’attività di sensemaking nel senso di costruire, disapprendere per riapprendere, creare l’attualità, rendere tangibile l’intangibile ( Weick)

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dall’incapacità positiva alla capacità negativa: la resilienza dell’operatore

• l’incapacità positiva premia la prestazione specialistica, l’orientamento alle procedure, la conformità ai modelli, l’acquisizione di certezze;

• la capacità negativa permette di farsi avvolgere dal dubbio, essere resilienti di fronte alla perdita di senso, da qui nasce un agire che nasce dal vuoto per attivare contesti inediti e generare mondi possibili

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La comunità al centro

• la comunità è un luogo fisico e mentale: nel senso che la comunità la devi prima tenere nella testa!!)

deterritorializzazione: significa il passaggio dalla persona all’individuo;

persone senza territorio ( cioè individui isolati) creano operatori senza territorio ( cioè tecnici della prestazione puntiforme);

ri/conoscere i territori per essere ri/conosciuti da essi:attivando i soggettitessendo reticoordinando azionisostenendo percorsi

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Ridisegnare i servizi: dalla tecnicalità alla politicità

• I servizi si trovano a impattare con un target diverso dall'utente classico: famiglie “normali”, che hanno sì bisogno di un sostegno, ma che sono anche interlocutori con saperi e risorse. Rappresentanti di una “normalità” oggi in difficoltà a conciliare compiti di cura e di lavoro, con la quale è importante imparare a dialogare per costruire legittimazioni ai servizi.

• La tecnicalità crea un pensiero dicotomico: sano/malato, competente/incompetente.La tecnicalità non esplora i mondi vitali delle persone, non si mette in un atteggiamento di ascolto e conoscenza verso gli altri, perché il suo modello di sapere è in due tempi: c’è un tempo in cui si apprendono le nozioni per operare e c’è un tempo in cui le si applica.

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dalla tecnicalità alla politicità

• Svelare il dominio della tecnicalità nei processi di lavoro spinge quindi a riformulare la propria professione secondo linee e logiche di azione che continuamente problematizzano la realtà, l'ascoltano, la interpretano, provano a modificarla.

• Prendersi cura delle interazioni con il livello politico diventa oggi cruciale per tutelare i diritti, che non possono essere lasciati alla autorganizzazione dei singoli: come l'operatore, a partire dalla quotidianità del proprio agire, riesce a influenzare le dimensioni più macro, cioè le politiche di welfare locale? Come il pensiero che si costruisce nell'azione quotidiana può essere un pensiero che aiuta a costruire politiche del territorio?

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il lavoro sociale è il sociale messo al lavoro

• Le organizzazioni devono uscire dai propri confini per essere imprenditive nei territori.

• Devono riuscire a essere miste, plurime, cioè a comporre soggetti diversi, riuscendo a fare spazio ad altri soggetti, ad altri punti di vista, ad altre persone, ad altre organizzazioni che magari fino a quel momento non sono state implicate e che possono convergere su fini in maniera anche temporanea.

• Devono oggi avere un quid di trasgressione, che è l'ingrediente dell'innovazione, e non temere il conflitto.

• Uscire dalle cornici

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fine della storia o nuovo inizio?

• Hölderlin diceva “la dove c’è il pericolo, cresce anche ciò che salva”. Esiste la possibilità che le prese di coscienza vengano provocate da una situazione di vuoto, sapendo che il vuoto non è il nulla, ma “lo spazio del possibile”.

• Nel Trattato sulle probabilità, Keynes sostiene che “l’inevitabile non accade mai, l’inatteso sempre”, ma la probabilità di prevedere l’inatteso e orientarlo in vista dell’interesse collettivo dipende dalla conoscenza.

• Per questo è importante ricordare quanto diceva Spinoza: “Nec ridere, nec flere sed intelligere”.

• La ragione di cui si parla è quella di tipo “congetturale” ( Bodei), che ci permette di esplorare l’inatteso. 2

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il capitale sociale e i beni relazionali sono davvero il fattore centrale di ogni processo di crescita e innovazione perchè, parafrasando il titolo dell’opera principale di A. Smith,

“ le persone sono la vera ricchezza di una nazione!”.

In questa ottica il welfare delle capacità, costituito da interventi volti a promuovere le capacità individuali tramite politiche attive, rappresenta il nuovo modello di welfare state

In conclusione “il fine dello sviluppo globale, proprio come il fine di una buona politica nazionale, è di mettere in grado le persone di vivere un’esistenza piena e creativa, sviluppando il loro potenziale e organizzandosi una vita significativa all’altezza della loro uguale dignità umana. In altre parole, il vero scopo dello sviluppo è lo sviluppo umano”

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CAPACITA’ UMANE

• “Sosterrò che il miglior approccio è rappresentato da un atteggiamento che si concentra sulle capacità umane, vale a dire su ciò che le persone sono realmente in grado di fare e di essere, avendo come modello l'idea intuitiva di una vita che sia degna della dignità di un essere umano”

• ( A. SEN)

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CAPACITA’ UMANE

• Sen definisce "capacitazioni" (capabilities) l'insieme delle risorse relazionali di cui una persona dispone, congiunto con le sue capacità di fruirne e quindi di impiegarle operativamente.

• Ogni intervento di welfare dovrebbe focalizzarsi sulla complessa condizione delle persone che vivono, insieme a una riduzione del reddito, una drastica riduzione e perdita di possibilità umane e di competenza ad agire.

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L’approccio delle capacità prende le mosse da una domanda semplice:

cosa sono effettivamente in grado di essere e fare le cosa sono effettivamente in grado di essere e fare le persone sulla base della loro libertà sostanziale?persone sulla base della loro libertà sostanziale?

• I due concetti fondamentali che innervano questa teoria sono quelli di capacità e funzionamenti.

• Ora la capacità è un tipo di libertà: la libertà sostanziale di scegliere e agire a fronte di molteplici opportunità disponibili. Esse non sono solo delle abilità insite nella persona ma dipendono anche dalle possibilità offerte dall’ambiente sociale e politico e per questo sono da intendersi come capacità combinate ( ossia combinazioni di capacità interne al soggetto con le concrete situazioni sociali, politiche ed economiche).

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Amartya senM. C. Nussbaum

• L’impianto teorico del pensiero di Sen e della Nussbaum è sostanzialmente analogo anche se sono presenti alcune differenziazioni ed è costituito da una teoria normativa del benessere umano che rappresenta il fondamento per la promozione di un nuovo concetto di sviluppo.

• l’approccio delle capacità infatti, si fonda su un superamento critico dei paradigmi e delle teorie tradizionali; in particolar modo si pone esplicitamente come alternativo rispetto al paradigma neoliberista, al paradigma utilitaristico o welfarista, e al paradigma del libertarismo

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le differenze di paradigma

• Ciò che i due filosofi ritengono rilevante non è costituito dalle merci o dai redditi posseduti dalle persone, come nel paradigma neo liberista né dalle “utilità” così come vengono definite nell’ambito del paradigma utilitarista, e neppure dalle “libertà formali” concesse alle persone in termini di diritti, come afferma il libertarismo, bensì dalle componenti costitutive oggettive del vivere e dell’essere delle persone.

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libertà sostanziale

• L’elemento fondamentale del benessere delle persone, della qualità della loro vita, è costituto, dalla libertà sostanziale di cui essi godono (distinta dalla libertà formale); libertà considerata nella sua accezione positiva, come possibilità di agire e di essere, in contrasto con un concetto di libertà negativa intesa come assenza di impedimenti formali.

• La libertà è infatti intesa come l’espansione delle “capacitazioni” degli individui di vivere il tipo di vita al quale danno valore e al quale hanno motivo di dare valore.

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AGENCY

• Uno degli elementi che contraddistingue il paradigma delle capacità, è costituito dunque dall’importanza cruciale attribuita alla dimensione di “agency” degli individui, ritenuta fattore essenziale nel determinare la qualità della vita (considerata da un punto di vista normativo) dei singoli e delle collettività (e dunque il grado di Sviluppo complessivo di quella collettività).

• l’importanza del ruolo attivo del soggetto nel contesto sociale nel realizzare se stesso e i propri valori: la società deve fornire tutti quegli elementi che sono necessari al soggetto per poter provvedere attivamente

allo sviluppo del proprio io e all’eliminazione del proprio malessere.

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IL FINE DELLO SVILUPPO

• In tale ottica infatti, il fine dello sviluppo è “creare una situazione, un ambiente, in cui le persone, individualmente e collettivamente, siano in grado di sviluppare pienamente le proprie potenzialità e abbiano ragionevoli probabilità di condurre una vita produttiva e creativa a misura delle proprie necessità e dei propri interessi”.

• Il valore aggiunto dell’approccio delle capacità e del concetto di S. U. che, consiste non solo nel riconoscere l’importanza della soggettività, e nel garantire la sua libera espressione, ma anche nell’ affermare il ruolo attivo delle collettività e delle Istituzioni nel concorrere a formarla

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EQUITA’ SOCIALE

• si afferma un nuovo concetto di equità sociale e di uguaglianza, un concetto correlato non tanto alla distribuzione personale del reddito e della ricchezza, quanto alla distribuzione effettiva delle capacità fondamentali e delle opportunità.

• I principi di giustizia sociale che generano lo Sviluppo Umano sottolineano l’importanza di mettere la persona al centro del processo di sviluppo, così da assicurare empowerment e partecipazione, uguaglianza di opportunità tra uomini e donne, assenza di discriminazione, equità nella distribuzione del reddito prodotto.

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il contributo della nussbaum

• L’importanza attribuita al punto di vista soggettivo, secondo la Nussbaum, ha condotto Sen a non individuare una serie di capacità fondamentali minime, una soglia di capacità universali; ciò ha impedito una qualunque traduzione operativa del suo approccio.

• Secondo la Nussbaum, inoltre, la mancanza di una lista minima di capacità universali indebolisce o comunque rende più problematica la possibilità di valutare normativamente le stesse aspirazioni e le mete dei soggetti, il loro essere adeguate “ad una vita degna di un essere umano”, obiettivo che lo stesso Sen, invece, si pone.

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il contributo della Nussbaum

• La Nussbaum, nella revisione del pensiero di Sen propone dunque di introdurre una lista minima di capacità fondamentali che devono essere universalmente riconosciute. Tale lista, nella misura in cui individua gli elementi necessari per avere la possibilità di accedere ad una vita degna di un essere umano, ha il valore di uno strumento di rilevazione e di misurazione della qualità della vita delle persone in un determinato contesto sociale.

• Operativamente, tali considerazioni hanno portato alla realizzazione di un indice composto (ISU o HDI) che affianca gli indici di sviluppo tradizionali fondati sulla misurazione del PIL o del reddito pro capite.

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le capacità combinate

• Tra le critiche più rilevanti formulate al paradigma delle capacità, vi è anche la considerazione inerente la problematicità e la non chiarezza (nell’ambito della teoria di Sen) del rapporto concettuale tra “capacità” e “diritto”, ed in particolare tra “capacità” e “diritti umani”.

• Secondo la Nussbaum il concetto di capacità non è alternativo o differente rispetto a quello di diritto, semmai lo comprende; secondo la Nussbaum infatti, i diritti umani possono essere concepiti come “capacità combinate”.

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tre tipi di capacitàLa filosofa americana afferma infatti che concettualmente è possibile individuare e distinguere fondamentalmente tre tipi di capacità: le capacità fondamentali, le capacità interne e le capacità combinate.

Le prime costituiscono “l’attrezzatura innata degli individui che è la base necessaria allo sviluppo di capacità più avanzate”, si tratta, ad esempio, della capacità di provare affetto, della capacità di ragion pratica, ecc.;

le seconde rappresentano “stadi di sviluppo della persona per l’esercizio delle funzioni richieste”; si tratta per esempio della capacità di imparare a parlare la propria lingua, di funzionare sessualmente, ecc.,

Le capacità combinate infine possono essere definite come “capacità interne combinate con condizioni esterne adatte ad esercitare quella funzione”.

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il superamento dell’approccio centrato sulle risorse o sui beni

• L’approccio delle capacità prendendo in considerazione non solo ciò che le persone possiedono, ma quali capacità hanno per raggiungere stati di fare, di essere o di divenire, supera questo ostacolo, consentendo di verificare la reale situazione e condizione di vita di una persona.

• Lo Sviluppo Umano infatti si propone non solo di garantire le risorse alla persone, ma di far sì che tali risorse vengano utilizzate attivamente dalle persone, costituendo la base per la costruzione attiva e la libera espressione della propria individualità.

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CAPACITA’ UMANE

• La domanda non è “Il soggetto è soddisfatto?"; oppure "Quante risorse è in grado di controllare?". È invece "Che cosa è effettivamente in grado di fare e di essere?".

Ci chiediamo: la persona in questione è capace di questo o no? Non chiediamo soltanto se è soddisfatta di ciò che fa, ma cosa fa e che cosa può fare (di quali opportunità e di quali libertà dispone).

E ci interessano non solo quali risorse la circondano, ma in che modo entrino in azione permettendole di agire in modo pienamente umano (ibidem, 72).

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…Critica del welfarismo Limitare l’attenzione solo alla quantità di risorse

disponibili per il singolo individuo o per un’intera comunità significa precludersi la possibilità di perseguire altri aspetti della vita umana a cui le persone riconoscono valore di per sé sebbene a questi non corrisponda un valore monetario: è il caso dell’istruzione e della conoscenza, del livello di nutrizione o delle condizioni di salute, della sicurezza personale e della qualità dell’ambiente in cui si vive, delle libertà politiche, civili e culturali di cui si dispone.

Capacità di svolgere determinate funzioniN.B.:

Importanza della “libertà positiva”ovvero,

Ciò che una persona è effettivamente in grado di fare e di essere

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…L’ “approccio delle capacità”

• Si basa su due concetti:• capability: ciò che le persone sono in grado

di fare e di essere• functioning: stati effettivi di fare ed essere;

≠ soddisfazione dei desideri o felicità come massimizzazione dell’utilità (utilitarismo)

≠ guadagno (misura quantitativa)

• Differenza tra capability e functioning Importanza delle opportunità effettive di fare ed

essere rispetto agli stati di fare ed essere Importanza della capacità di fare ed essere rispetto

al raggiungimento di un funzionamento Priorità delle libertà rispetto all’attuazione concreta

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I concetti base - 1Functioning e Capability

• Functioning: “stati di fare e di essere” di una persona

• Capability: varie combinazioni di functionings che

una persona può raggiungere Set di vettori di funzionamenti che una

persona può raggiungere Riflette la libertà di una persona di condurre

un tipo di vita piuttosto che un altro Nozione di libertà positiva (opportunità

reali)

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I concetti base - 2Commodities e fattori di

conversione• Commodities: beni o servizi1. Differenza tra commodities e

functionings2. Importanza dei fattori di conversione

Caratteristiche personali Caratteristiche sociali Caratteristiche ambientali

Quindi:Interesse nella capacità di funzionare,

non nel livello di funzionamento raggiunto

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Diversità umana

Importanza della diversità umana

Functionings e capabilities come spazio di valutazione

Importanza dei fattori di conversione delle commodities in functionings

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Valori etici e principi normativi nell’approccio delle capacità…

Capacità ≠ possesso, bene materiale, stato = capacità di fare e di essere

Agency Facoltà di agire; committments (oltre il benessere individuale)

Libertà ≠ libertà di mercato e coesistenza di arbitrii individuali = capacità di scelta e di autorealizzazione

Sviluppo = libertà (vedi Sen 1999a)

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…Valori etici e principi normativi nell’approccio delle capacità

Dignità umana (v. Nussbaum 2000, 92 s.)

Ragione pratica (v. Nussbaum 2000, 98 e 105)

Felicità (come eudaimonia, flourishing)

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Sviluppo come libertà - Lo sviluppo (1)

Lo Sviluppo può essere visto come un processo di

espansione delle libertà reali godute dagli esseri umani (Sen 1999a, 9)

Concepire lo sviluppo come espansione delle libertà sostanziali ci porta a focalizzare l’attenzione:

su quei fini che rendono importante lo sviluppo non su alcuni dei mezzi che svolgono in questo

processo un ruolo di primo piano

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Sviluppo come libertà - Lo sviluppo (2)

Questa concezione mette al centro le libertà umane

e si oppone ad altre concezioni più “ristrette” che identificano lo sviluppo con:

Prodotto Nazionale Lordo Aumento dei redditi individuali Industrializzazione Progresso tecnologico Modernizzazione della società

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Sviluppo come libertà = espansione della capacitazione a vivere vite più degne e libere

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Approccio delle capacità: quale modello antropologico?

• L’approccio delle capacità può essere considerato dal punto di vista della sua antropologia filosofica:

importanza del concetto di ricchezza umana

ridefinizione dell’idea di persona

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Il modello antropologico: l’idea di persona

• Dimensione relazionale della persona (v. K. Marx 1844):gli esseri umani sia producono la società, sia sono

prodotti dalla società attraverso la loro dimensione relazionale gli esseri

umani possono diventare più “ricchi” le relazioni interpersonali possono cambiare

l’identità di ognuno di noi

• Dimensione dinamica della persona il ruolo del divenire (capability to become)Pluralismo intrinseco e processo di auto-

realizzazione mai concluso : diventare persone

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L’importanza delle capacità sui funzionamenti

• Pertanto la finalità che ogni istituzione politica dovrebbe porsi è quella di permettere a ciascuno di raggiungere una certa soglia di capacità combinate, non nel senso di imporre dei funzionamenti, ma di godere della libertà di scegliere ed agire.

• I funzionamenti, invece, sono la realizzazione attiva di una o più capacità, in questo senso il concetto di funzionamento costituisce il punto finale del concetto di capacità come possibilità di scelta tra una combinazione alternativa di funzionamenti. Perciò una capacità è un funzionamento potenziale.

• In altre parole mentre le capacità sono ciò che una persona è effettivamente in grado di essere e fare, i funzionamenti sono gli stati di essere e fare.

• Pur tuttavia, questo approccio annette valore preminente al concetto di capacità in quanto rappresenta la sfera di libertà e di scelta che permette un potere di definizione di sè delle persone.

• L’esempio classico riportato da Sen è quello della nutrizione: una persona che fa digiuno e una persona che soffre la fame hanno lo stesso tipo di funzionamento ( entrambi non mangiano) ma non la stessa capacità, perchè il primo sceglie di non mangiare mentre il secondo non ha scelta.

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Quindi la distinzione tra funzionamenti e capabilities consiste nel fatto che nel primo caso si intendono le realizzazioni effettive del proprio agire in termini di risultati conseguiti ( libertà di conseguire) mentre nel secondo caso si fa riferimento alla libertà di raggiungere quel risultato in termini di opportunità realizzabile (libertà di agire). Grande rilevanza hanno al riguardo i cosiddetti fattori di conversione, in quanto sono questi ultimi che influenzano l’abilità del soggetto di trasformare le risorse in funzionamenti. Essi possono essere ricondotti a tre tipologie:quelli interni, quali le caratteristiche personali ( condizioni fisiche, il genere, le abilità di base, ecc.);quelli sociali, ovvero le caratteristiche sociali ( ad esempio: le politiche pubbliche, le istituzioni, le norme, le discriminazioni, i rapporti di potere, ecc.);le caratteristiche ambientali, quali le infrastrutture, gli spazi, ecc.

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Per un welfare delle capacita’

• l’idea che è alla base di tale approccio è che gli assetti sociali dovrebbero tendere ad espandere le capabilities delle persone, ossia la loro libertà di promuovere o raggiungere stati di essere, di fare e di divenire ( beings, doings and becomings) a cui essi danno valore (i FUNZIONAMENTI).

• Questa libertà va intesa come complesso di capacità/opportunità ( set of capabilities) che mette il soggetto in grado di operare combinazioni alternative dei propri funzionamenti, perciò le capabilities non sono altro che i funzionamenti potenziali di un individuo.

• Per tale motivo preferiamo parlare di welfare delle capacità piuttosto che di welfare dei funzionamenti e poichè la capacità come libertà di agire e di scegliere la vita cui dare valore è la caratteristica più intima e peculiare di ogni soggetto umano è ancora più appropriato parlare, come abbiamo indicato nel sottotitolo, di “welfare dei soggetti”.

• L’obiettivo, dunque, deve essere quello di superare la logica di un mero riassetto funzionale di offerte sociali inteso come welfare dei servizi per configurare, invece, un nuovo “welfare dei soggetti” più dinamico e aperto.

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Beni disponibili set capacità potenziali funzionamenti reali

fattori di conversione scelte

Lo schema va letto in questo modo: ai beni disponibili ( commodities) devono corrispondere delle capacità potenziali ( libertà sostanziali) in grado di convertire ( fattori di conversione) questi stessi beni in funzionamenti reali sulla base delle scelte ( preferenze) che un individuo riesce a compiere passando dalla libertà di agire alla libertà di conseguire.

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EMPOWERMENT

• se la persona non è messa in grado di apprendere ( empowermentempowerment) le capacità per raggiungere le risorse, per utilizzarle, ma molto spesso anche solo per conoscerne la disponibilità, la relativa offerta del contesto resta, nel caso migliore, inutilizzabile e inutilizzata:

• Le criticita’ di tutti gli approcci basati sulle risorse nascono dal fatto che gli individui si differenziano a seconda della loro capacità di convertire le risorse in funzionamenti

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Mettere a tema i funzionamenti e non le “cose”

• significa passare da una logica distributiva ( erogare beni) ad una logica generativa ( promuovere capacità)

• Rigenerare le risorse e non solo consumarle, “farle rendere” mediante processi di capacitazione personale e collettiva

• Da quila configurazione dei servizi sociali come “INVESTIMENTO SOCIALE”

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i funzionamenti sono le esperienze di vita, cioè

l’esistenza nella sua concretezza

• funzionamenti vs. preferenze• funzionamenti vs. beni/servizi• valore in sè ( salute) - valore strumentale (sanità)

• Si comprende, allora, perchè questa teoria è alternativa all’approccio centrato sulle risorse: reddito e ricchezza non sono buoni descrittori di ciò che le persone sono effettivamente in grado di essere e di fare per condurre vite fiorenti.

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LA COMPETENZA AD AGIRE

• 'oggetto del servizio sociale, è la "competenza ad agire" (agency) delle persone. La persona, nella prospettiva dell'agency, viene rappresentata in quanto competente per l'azione. La "competenza ad agire" può essere definita come la tendenza-possibilità-libertà che ogni persona ha di: - immaginare e desiderare qualcosa che ancora non è data;

• individuare obiettivi per realizzarla, a partire da quanto è a disposizione;

• dare incominciamento a qualcosa di nuovo;• ri-costruire strategie e finalità (approccio

biografico-narrativo). 26

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FIORITURA UMANA ( Human Flourishing vs. Happiness) : un nuovo concetto di FELICITA’ come Vita fiorente

richiamandosi alla categoria aristotelica di eudaimonia ( dal greco eu dàimon, cioè il buon demone interiore, ossia il carattere positivamente orientato di una persona verso il futuro) rimanda al concetto di benessere sociale e sviluppo umano. L’Human flourishing (Martha Nussbaum) è : qualcosa di simile alla fioritura della vita, una vita attiva, che include tutto ciò che ha un valore intrinseco ed è completa, nel senso che non le manca nulla che la renda più ricca o migliore.”La Felicità non è ciò che ci accade ( Happen), ma il pieno e consapevole fiorire di tutti i nostri potenziali ( Flourish)

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NUOVE GRAMMATICHE DI LAVORO SOCIALE

1. Il realismo critico, 2. La svolta narrativa e il paradigma costruzionista, 3. L’approccio critico-riflessivo, 4. Il modello dialogico-interattivo,5. La prospettiva relazionale,6. La resilienza7. L’orientamento radicale8. Una pratica “senza basi”

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1. REALISMO INGENUO O REALISMO CRITICO?

la nostra conoscenza non è la riproduzione della realtà fattuale( rispecchiamento), ma una sua interpretazione dentro un orizzonte di senso ( disvelamento), allora è nostro compito superare l’ingenuità di questa illusione ( il realismo ingenuo) e incamminarci lungo il sentiero di una prospettiva critica (realismo critico). Già Nietzsche sosteneva che: “Non vi sono fatti, ma solo interpretazioni” e per aggiunta “anche questa è un’interpretazione!”.Siamo implicati nel gioco dell’interpretazione, in una situazione aperta in cui si annunciano delle possibilità e non si impone un’oggettività descrittiva ( una totalità fissa di oggetti indipendenti dalla nostra mente) In particolare, nel nostro caso, tale prospettiva si configura come “un processo che parte dall’analisi di una realtà, imprevedibile e sconosciuta e, riflettendo criticamente e teoricamente su di essa attraverso le mappe offerte dai diversi modelli teorico-operativi, avanza ipotesi esplorative sia di natura conoscitiva che operativa che possono dare origine a progetti da attuare nella pratica”

sincretismo metodologico ed epistemologico frutto di un eclettismo riflessivo basato sulla pratica.

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SERENDIPITY

• Il principio di indeterminazione inteso come “non so metodologico” mira a facilitare la serendipità della relazione rimuovendo la casualità e controllando il contingente.

• Dall’inglese serendipity. Lo scoprire qualcosa di inatteso e importante che non ha nulla a che fare con quanto ci si proponeva di trovare o con i presupposti teorici sui quali ci si basava. Il significato del termine trae origine dalla fiaba persiana I tre principi di Serendip, nella quale gli eroi protagonisti posseggono appunto il dono naturale di trovare cose di valore non cercate.

• La scoperta dell’America da parte di C. Colombo è un esempio di serendipity!

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IL “FATTORE MERAVIGLIA”

In fondo si tratta di utilizzare anche negli schemi euristici dei servizi professionali, il “fattore meraviglia”, quello per il quale è nato il pensiero interrogante : stiamo parlando dell’origine della filosofia, che, secondo Aristotele ( Libro della Metafisica ) è nata quando l’uomo ha cominciato a provare meraviglia per le cose esplorando la loro essenza più intima e abbandonando la doxa, cioè i luoghi comuni .

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PROBLEMATIZZARE L’OVVIO

quando si parla di meraviglia non si fa riferimento ad una generica sorpresa, ad una semplice reazione di stupore, ma al fatto che si resta colpiti da qualcosa e quindi dal colpo che si subisce nel percepire un problema. Ciò che il pensiero comune non coglie come emergenza problematica, invece la meraviglia percepisce come un avviso, un qualcosa su cui soffermarsi e indugiare. Andare oltre la doxa, ossia l’opinione comune e aprirsi all’inedito.

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DALL’APORIA ( dal gr.: strada senza uscita)

AL METODO (dal gr.: oltre il cammino)

L’operatore sociale si può trovare in una condizione aporetica, ossia in una strada senza via di uscita, per cui è necessario trovare un sentiero, un percorso che gli permetta di proseguire il cammino, ossia un orientamento metodologico, per poter andare oltre e non sostare nell’esitazione.

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CAPACITA’ NEGATIVA o

dell’incertezza costitutiva del lavoro sociale

un’altra espressione può essere ritenuta affine alla precedente, si tratta del concetto di “negative capability”, termine con il quale si fa riferimento ad “un agire che per così dire nasce dal vuoto, dalla perdita di senso e di ordine, ma che è orientato all’attivazione di contesti e alla generazione di mondi possibili” ( G.Lanzara).

Pertanto, abbandonando l’illusione ingenua di categorizzare ogni cosa inquadrandola entro schemi predefiniti, ci si dispone ad assumere una prospettiva critica molto più consona alla natura e alle caratteristiche del lavoro sociale contrassegnato da situazioni di elevata incertezza e di crisi, nelle quali le ‘solite’ modalità di pensiero e di azione mostrano nella pratica la loro palese inadeguatezza. In questo senso utilizzare una capacità negativa significa saper stare nell’incertezza, senza vacillare di fronte all’assenza o alla perdita di senso.

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Se ci perdiamo nel bosco…..

Utilizzare la capacità negativa significa accettare i momenti di indeterminatezza e di assenza di direzione e cogliere invece le potenzialità di comprensione e di azione che queste situazioni portano con sé.

Non si tratta di inventare attività totalmente nuove, ma piuttosto rivisitare e ricollocare all’interno di contesti diversi e mai sperimentati le ‘routine’ utilizzate abitualmente ( DAL PUZZLE AL BRICOLAGE).

E’ come se attraversassimo un bosco nel quale il sentiero che seguiamo è la routine cui siamo abituati, i ripetuti cammini che hanno avuto successo e che ci permettono di raggiungere efficacemente ed economizzando tempo l’obiettivo di arrivare a destinazione.

Ma se per un evento imprevisto non possiamo più contare sulla direzione e la traccia del sentiero e ci troviamo quindi smarriti, ecco che siamo costretti a sperimentare nuove azioni, decifrando ed organizzando i materiali offerti dal ‘contesto bosco’: alberi, aperture, passaggi, pendenze.

E’ esplorando e ricercando che produciamo il sentiero: solo la disponibilità e la capacità di riposizionarci rispetto al bosco accettandolo come risorsa, fonte di informazioni, luogo di sperimentazioni ci permetterà di raggiungere la nostra meta.

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VIANDANTE di

ANTONIO MACHADOViandante, sono le tue ormela strada, nient’altro;Viandante, non sei su una strada,la strada la fai tu andando.Mentre vai, si fa la strada e girandoti indietrovedrai il sentiero che maipiù calpesterai.Viandante, non hai una strada,ma sono scie nel mare.

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2. La svolta narrativa e il paradigma costruzionista

Anche nel mondo dei servizi sociali possiamo dire che si è verificata la svolta narrativa, approccio fondato sulle scienze discorsive che mette al centro il valore del linguaggio come costruzione della realtà. Words create Worlds, (le parole creano mondi) è il nucleo assiomatico di questo orientamento per il quale non esiste più solo l’universo dell’operatore ma occorre riconoscere il pluriverso di tutti gli attori in gioco.

Questa è la prospettiva propria del costruttivismo sociale secondo cui il processo di attribuzione di significati avviene su base interattiva e negoziale come co-costruzione di mondi condivisi.

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Come sottolineano Nigel Parton e Patrick O'Byrne, «il lavoro sociale può essere concettualizzato come un processo narrativo con risultati reali» (2005, 193) per cui le competenze degli assistenti sociali nel counselling sono essenzialmente quelle necessarie per la produzione delle domande efficaci, tali da generare storie e mondi di significato nuovi.

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STORIE CHE CURANO• In sostanza, ciò che viene proposto è lo slittamento da

un’impostazione puramente riparativa centrata sulla capacità diagnostica del problema di un soggetto ad un’altra nella quale, invece, si cercano di esplorare l’insieme delle strategie di fronteggiamento delle criticità emergenti mediante la costruzione comune di soluzioni possibili volte al miglioramento e/o modifica della situazione di partenza.

• Al centro di tale modello vi sono quelle che vengono chiamate le metodologie biografico-narrative, in cui attraverso un ascolto attento ed attivo da parte dell’operatore viene lasciato spazio alla narrazione del corso di vita da parte dell’utente al fine di individuare insieme quali sono i possibili significati che emergono da queste storie e quindi in che modo rimodulare il proprio agire secondo lo schema di un coping maturo ed di un’agency efficace.

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Trame di vita Ciò ha dato vita ad uno specifico orientamento

metodologico che va sotto il nome di approccio costruttivista centrato sulle soluzioni e basato sulle narrazioni o, più semplicemente detto, approccio costruttivo-narrativistico.

“La parola che narra ha la sacralità di un rito , diventa essa stessa accadimento”

A un rabbino, il cui nonno era stato discepolo del Baalshem, fu chiesto di raccontare una storia. “ Una storia, “ disse egli , “ va raccontata in modo che sia essa stessa un aiuto”. E raccontò : “Mio nonno era storpio. Una volta gli chiesero di raccontare una storia del suo maestro. Allora raccontò come il santo Baalshem solesse saltellare e danzare mentre pregava. Mio nonno si alzò e raccontò, e il racconto lo trasportò tanto che ebbe bisogno di mostrare saltellando e danzando come facesse il maestro. Da quel momento guarì. Così vanno raccontate le storie”.

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TEOREMA DI W.I.THOMAS

«Se gli uomini definiscono certe situazioni come reali, esse sono reali nelle loro conseguenze».

• Ogni comportamento (repertori di comportamenti) discende dall’idea che l’individuo si è venuto costruendo relativamente alla data situazione in cui egli si ritrova ad agire (definizione della situazione).

• Ne consegue che per la comprensione dell’agire sociale - più che la conoscenza dei «dati reali» di una situazione – è di importanza cruciale la conoscenza delle «credenze» e delle «convinzioni (teorie personali) in base alle quali un certo aspetto viene ritenuto reale dagli individui presenti nella situazione medesima: sono tali rappresentazioni (mentali) e convinzioni a generare gli atteggiamenti e le azioni.

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VERSO PRATICHE DI RIFLESSIVITA’

• Potremmo dire che non esiste solo un coping dell’utente, ma anche un coping dell’operatore che garantisca la possibilità di riuscita dell’azione professionale, il cui statuto fondativo è dato da tre dimensioni basilari:

• l’intenzionalità, l’operatore agisce sempre su base intenzionale dentro la dialettica del suo triplice mandato ( professionale, istituzionale, comunitario o sociale);

• la consapevolezza dei metodi e delle tecniche di intervento, ossia la competenza esperta dell’operatore nel suo dominio disciplinare come expertise riconosciuta;

• la riflessività, intesa non tanto come processo cognitivo di autoriflessione ma come pratica riflessiva che riflette mentre agisce e quindi diventa soggetto di conoscenza situata ( sempre più si riconosce nella comunità professionale questa necessità di accorciare la distanza tra azione e ricerca per affermare lo statuto di un’operatore non solo esperto di pratica ma anche PRODUTTORE DI SAPERE).

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3.l’approccio critico-riflessivo

In un contesto indeterminato e ambivalente il professionista sociale deve comportarsi come un ricercatore, ossia deve svolgere un’indagine esplorativa abbandonando procedure codificate ed astratte (razionalità tecnica) a favore di un approccio situazionale o contingente teso all’elaborazione di possibili linee di azioni ( razionalità riflessiva).

In questo modo il fertile disordine della pratica si configura come terreno generatore di un sapere contestualizzato promuovendo un pensiero competente per decidere il corso delle proprie azioni specie laddove non esiste una soluzione predefinita.

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Una conversazione riflessiva con la situazione (Schon)

L’arte del pensare e del riflettere diventa fondamentale per svincolarsi da prassi metodiche e predefinite, riflettendo in modo appropriato su ogni singolo caso, su ogni singolo problema, con ogni singolo utente.

Se la soluzione va costruita di volta in volta, allora il professionista potrà appoggiarsi alle prassi consolidate fino ad un certo punto; “ha bisogno di impegnare la sua capacità di pensiero competente, per decidere il corso d’azione da seguire”. Si tratta di una necessità che ricorre ogni volta che il problema da affrontare non ammette, se non in piccola parte, soluzioni predefinite.

Si può giungere a conclusione che l’atteggiamento riflessivo permette al singolo operatore di interrogarsi continuamente sul proprio operato, sulla relazione tra le varie teorie interiorizzate e sulla conoscenza generata dall’azione, sulle proprie competenze.

Un tale professionista è capace di riflettere sull’azione ( dopo che ha agito: reflection on action) e nel corso dell’azione ( pensare a ciò che viene fatto nel momento in cui si sta agendo: reflection in action) per adeguare il proprio agire professionale ai bisogni sociali e a contesti organizzativi dominati dall’incertezza. Connota la nostra capacità di dialogo con noi stessi e, quindi, il nostro modo di agire nel sociale. Pertanto essa è fondamentalmente prassi riflessiva, ossia conoscenza in azione

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…VA’ E STUDIA

Secondo una leggenda midrashica, un angelo insegna tutta la Torà alla creatura che attende di nascere. Poi, al momento del parto, l'angelo sfiora con un dito il bambino, tra la base del naso e la bocca, e cancella tutto il suo sapere. Il bambino nasce puro e ignaro, recando però il segno di quel tocco: il leggero solco in mezzo al labbro superiore, il cosiddetto «filtro».

La rimozione della sapienza prenatale è un invito a recuperarne la memoria attraverso lo studio. Nessuno è escluso perché tutti, già una volta, abbiamo saputo.

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5.IL PARADIGMA RELAZIONALE:

IL P.R. SI PONE COME ANTIDOTO AL TECNOSCIENTISMO POSITIVISTICO E AL FORMALISMO PROCEDURALE.

ESSO NON PONE AL CENTRO L’ESPERTO CON LE SUE ABILITA’ ESCLUSIVE, NE’ ENFATIZZA L’APPROCCIO CENTRATO SULLA PERSONA ( ROGERS), MA

FISSA IL BARICENTRO A META’ STRADA TRA L’OPERATORE SOCIALE E I SUOI INTERLOCUTORI ATTRAVERSO LA MEDIAZIONE DEI MONDI DI VITA ( HUSSERL).

PERTANTO L’AIUTO E’ UN PROCESSO EMERGENTE DA RELAZIONI SOCIALI INTENZIONALMENTE CONDOTTE,

DIVERSAMENTE :- DALL’APPROCCIO SISTEMICO-RELAZIONALE; - DALL’APPROCCIO PSICANALITICO;- DAL MODELLO COMPORTAMENTISTICO.LA RELAZIONE SOCIALE SI DECLINA A PARTIRE DALLE SCIENZE UMANE:

FILOSOFICHE (LEVINAS), ECONOMICHE / SEN), ANTROPOLOGICHE ( ILLICH), ETICHE ( NUSSBAUM) E RIGUARDA LA COMPRENSIONE DELL’ALTRO COME ALTERITA’.

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PARADIGMA RELAZIONALE

• I PRINCIPI CONTROINTUITIVI DEL P.R.• I PROBLEMI NON DEVONO ESSERE

RISOLTI DA QUALCUNO, Ma trovare una soluzione comune;

• LE PERSONE POSSONO CAMBIARE , MA NON DEVONO ESSERE CAMBIATE;

• TUTTO AVVIENE NELLO SCMABIO RELAZIONALE.

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PARADIGMA RELAZIONALE

• L’AIUTO EMERGE DA UNA REL-AZIONE COME SINERGIA TRA DUE PARTI O PIU’ AGENTI CHE SI IMPEGNANO VERSO UN MIGLIORAMENTO CONDIVISO.

• TALI CONFIGURAZIONI RELAZIONALI DANNO LUOGO A RETI DI FRONTEGGIAMENTO.

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PARADIGMA RELAZIONALE

• IL FRONTEGGIAMENTO E’ UNO SFORZO DI MOBILITAZIONE DELLE RISORSE PER LA RICERCA DI UN BENE ANCORA NON POSSEDUTO.

• L’OP. SOC. CONCORRE A GENERARE SOLUZIONI INCOGNITE ASSOCIANDO PERSONE MOTIVATE A RICERCARLE

• EGLI E’ UN FACILITATORE DI RELAZIONI UMANE IN QUANTO IL SUO AGIRE E’ DI SECONDA ISTANZA: AGISCE NON PER FARE DIRETTAMENTE, MA PER RENDERE PIù AGEVOLE L’AGENCY ALTRUI;

• DEVE FAR FLUIDIFICARE GLI ELEMENTI POSITIVI DENTRO UNA SITUZIONE DETERIORATA PER SBLOCCARE L’INCAPACITA’ DI AGIRE.

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PARADIGMA RELAZIONALE• Il paradigma relazionale afferisce al concetto di “azione

congiunta”, per il quale la relazione non appartiene mai solo ad uno dei soggetti agenti ( o l’operatore o l’utente dei servizi), ma è sempre l’effetto di una realtà sovraordinata o di un esito transoggettivo.

Come osserva Folgheraiter, si tratta di un’azione ricombinata a partire da due azioni distinte per cui “sia i problemi che le loro soluzioni sono eventi relazionali ossia prodotti attivi o passivi della relazione come azione congiunta.”

La relazione, perciò, consiste in azioni interdipendenti tra due o più persone da cui scaturisce un effetto altro, il cui risultato è irriducibile ai soggetti agenti.

E’ chiaro che non tutte le relazioni di per sè sono mature e positive, anche in questo caso è necessario trovare il giusto posizionamento tra le parti che non annulli le singole soggettività.

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Una giusta, moderata distanzadue porcospini in una notte di inverno

(Schopenauer) “una compagnia di porcospini in una fredda

giornata di inverno, si strinsero vicini, vicini, per proteggersi, col calore reciproco, dal rimanere assiderati. ben presto, pero’, sentirono le spine reciproche; il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l’uno dall’altro. quando poi il bisogno di riscaldarsi li porto’ di nuovo a stare insieme, si ripete’ quell’altro malanno; di modo che venivano sballottati avanti e indietro, fra due mali, finche’ non ebbero trovato una moderata distanza reciproca, che rappresentava per loro la migliore posizione.”

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UN NUOVO CONCETTO DIEMPOWERMENT

• SI TRATTA DELLA CAPACITA’ CONCRETA DELLE PERSONE ( INDIVIDUALMENTE E/O COLLETTIVAMENTE CONSIDERATE) DI ESERCITARE UN CONTROLLO PIù GRANDE SU CIO’ CHE E’ IMPORTANTE PER ESSE, LA LORO RETE O LA LORO COLLETTIVITA’ NELLA QUALE SI IDENTIFICANO.

• INSOMMA SIGNIFICA RESTAURARE LO STATUTO DI ATTORE O IL SUO POTERE IN RAPPORTO ALL’AZIONE DIVENENDO “SOGGETTO CAPACE”

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6. La resilienza ovvero

la forza della vulnerabilita’• questo termine ( dal latino resilio = rimbalzare) appartiene

alla fisica dei materiali e definisce la proprietà di un corpo di non eccedere ai limiti elastici in seguito ad una deformazione, in altre parole, di resistere ad un urto assorbendo energia cinetica senza rompersi. Sarebbe un pò la caratteristica di coloro che si piegano ma non si spezzano.

• Non senza ragione, alcuni autori si sono chiesti come mai nella nostra cultura si è tanto lavorato sui traumi, ma non su ciò che aiuta a superare i traumi? Perchè sappiamo moltissimo di ciò che non funziona, delle patologie, ma così poco di ciò che funziona, cioè, per stare nella terminologia fin qui usata, del “buon funzionamento”?

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La resilienza (2)• Eppure la resilienza è sempre esistita, senza di essa l’umanità

stessa non avrebbe potuto superare le fasi critiche della sua storia evolutiva trovando risposte creative e vitali che le hanno permesso di avanzare attraverso un percorso plurisecolare.

• Infatti resilienza non è invulnerabilità, ma “la capacità di attivare processi di riorganizzazione positiva della propria vita e di comportarsi in modo socialmente accettabile, a dispetto delle esperienze critiche che di per sè avrebbero potuto portare ad esiti negativi.”

• Infatti è opportuno sottolineare che, pur evocando l’espressione un atteggiamento reattivo connesso ad una forma di resistenza passiva, essa, nella concettualizzazione fatta dagli studiosi, va oltre questo elemento di passività per rimarcare l’aspetto di ricostruzione di un percorso di vita nuovo e positivo che non rimuove le sofferenze e le ferite, ma le utilizza come base dalla quale ripartire.

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Resilienza (3) La definizione del termine resilienza, secondo Cyrulnik,

indica una differenza notevole rispetto alla nozione di coping, poiché la resilienza presuppone tre movimenti.

Il primo è relativo alla modalità di resistenza allo stress o trauma e dunque alla capacità di far fronte,

il secondo alla capacità di continuare a svilupparsi e ad aumentare le proprie competenze nonostante la situazione avversa,

il terzo alla riorganizzazione positiva della vita.

Si può dire che le strategie di coping partecipano al fenomeno della resilienza considerato come processo più vasto e aprono a comportamenti di coping vari e differenti.

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Del buon uso del mondo ( Natoli)

Trarre forza dalla vulnerabilità significa ristabilire una capacità di azione.

Ma che cos’è l’azione: un fare o un agire? Per fare si intende eseguire un compito (meccanismi

ripetitivi) mentre per agire s’intende dare un senso alle proprie azioni (atteggiamento consapevole) .

Per essere autori di se stessi occorre amministrare la propria potenza ( nel senso di energia vitale o forza di esistere) per acquisire un’abilità a esistere in modo da raggiungere una vera libertà, distinguendo ciò che ci serve da ciò che ci asserve e quindi facendo un buon uso del mondo.

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7. l’orientamento radicale: verso un servizio sociale trasformativo

L’ approccio radicale fa perno su cinque principi fondamentali:• la dimensione strutturale della società con le sue dinamiche

conflittuali;• la rilevanza delle relazioni di genere, culturali ed etniche che

producono pratiche discriminatorie;• il peso dei rapporti di potere nei servizi e nelle relazioni tra

operatori ed utenti (dal sapere è potere al potere è sapere!);• la crucialità dell’atteggiamento riflessivo di fronte ai contesti di

incertezza e caoticità;• la necessità di una professione aperta e non autoreferenziale nel

fronteggiamento dei problemi attraverso l’assunzione di un’epistemologia della parzialità ( sentirsi parte di un sistema più ampio di azione cercando convergenze e connessioni con altri segmenti dell’organizzazione sociale per una prospettiva più ampia di sviluppo comunitario).

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La riflessione italiana nel tempo della crisi (1)

• la dignità umana è al centro dell’attività dei servizi sociali;• i servizi hanno una valenza politica nel senso che essi non

costituiscono solo una risposta molecolare ai bisogni individuali, ma infrastrutture della promozione sociale attraverso il coinvolgimento della comunità locale;

• i problemi individuali hanno cause sociali;• occorre dotarsi di un progetto di rinnovamento della società. La proposta, pertanto, è quella di far diventare i servizi come “luoghi

sociali”, cioè dei presidi di prossimità dove si organizzano azioni collettive per promuovere soggettività autonome. Qui si potrebbe introdurre il concetto di servizio sociale come produzione e cura di beni comuni generando capitale relazionale.

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La riflesione italiana nel tempo della crisi (2)

La convinzione di fondo è che ad uno scenario complesso, quale quello rappresentato dal tempo della crisi, si debba rispondere con un sistema di azione plurale sorretto da molteplici nessi reciprocamente interagenti:

• connettere il micro al macro ( dimensione sociopolitica);• connettere gli attori ( dimensione progettuale);• connettere le diverse gradazioni di mandato mantenendo l’unità

complessa della propria identità professionale dentro un campo di tensioni divaricanti ( dimensione identitaria);

• connettere le risorse qualificando le risorse in tutti i suoi aspetti: umani, cognitivi, finanziari, materiali, immateriali, ecc. ( dimensione operazionale).

• Operare in un’ottica sistemica

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Un nuovo profilo di servizio sociale

• Si connota non tanto in termini di “apparato erogativo” quanto piuttosto come “azione/costruzione sociale” modulata su processi collettivi,( il lavoro sociale come il sociale messo al lavoro cfr. Folgheraiter, 1998);

• Si configura un passaggio “da strutture a da strutture a processiprocessi” ( L. Bifulco- O. De Leonardis, 2003), ossia da servizi intesi come strutturestrutture amministrative cui si accede per l’erogazione di prestazioni a servizi intesi come processiprocessi sociali cui si partecipa per la costruzione di percorsi di empowerment.

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Il nuovo codice dell’azione sociale

I servizi tendono a divenire attivatori di processi sociali volti ad aprire interlocuzioni per costruire convergenze.

In questo senso essi non si rinchiudono solo nel trattamento dei singoli casi, ma cercano di tenere insieme il lavoro sul caso con il lavoro di comunità, socializzando i problemi attraverso processi di responsabilizzazione collettiva.

Non ad un servizio imbuto ( che fa entrare solo i casi difficili)

né ad un servizio spugna ( che assorbe tutto)Ma ad un servizo a rete ( che programma in una logia

di sistema sociale)

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Per un lavoro sociale “senza basi”

• La filosofia di E. Lèvinas è incentrata sull’epifania del Volto come ciò che è di più irriducibile in ogni soggetto.

• Ogni volto per questa sua irripetibilità va guardato e riconosciuto nella sua insopprimibile unicità per cui va accolto coma l’Altro e non come il Medesimo

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Il volto dell’altro

• Ma come si manifesta a noi questa singolarità? Il suo modo di manifestarsi è attraverso il Volto che è la caratteristica più individuale di ognuno. Tutta la filosofia di Lévinas è imperniata sul concetto di epifania del Volto che è nello stesso tempo presenza e interpellanza: il volto, infatti, è ciò che ci si presenta nella sua soggettività ma nello stesso tempo è anche richiesta di risposta cioè assunzione di responsabilità (dal latino: respondeo).

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L’etica del volto

• Perciò è la presenza del volto che dà avvio all’etica in quanto noi non siamo liberi di non rispondere, perchè se anche la risposta fosse quella di voltare le spalle in ogni caso sarebbe una risposta.

• E’ su queste premesse teoretiche che A. Rossiter parla di lavoro sociale come pratica professionale “senza basi” in quanto prima di classificare le persone in tassonomie diagnostiche è necessario incontrare il loro Volto, la loro individualità storica. “Incontrare l’unicità significa che non posso trattare l’altra persona come un’estensione delle mie categorie, delle mie teorie, dei miei modi spontanei o appresi di percepire gli altri.”

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Non violentare il volto

• La valenza esplicativa di questo pensiero per il servizio sociale sta nella sua capacità di riconsiderare la natura della conoscenza che non imprigiona in schemi categoriali le persone ma si apre alle loro irriducibili singolarità.

• Pensiamo a quanto spesso nei servizi sociali si verificano casi in cui prevalgono logiche classificatorie con cui si è soliti schematizzare le situazioni, facendo così violenza alle persone; non a caso l’autrice ( Rossiter) parla di “conoscenza violenta”.

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L’altro: Totalità o Infinito?

• Da tutto ciò, comunque, nasce un dilemma lacerante per l’operatore sociale: come si fa a coniugare l’esigenza di conoscenza professionale basata su teorie specifiche e il riconoscimento dell’unicità del soggetto irriducibile a tali strumenti conoscitivi?

• La risposta sta nel fondamentale valore della relazionalità: l’incontro con l’altro non è determinato tanto dalla intelligibilità dei suoi problemi ma dalla socialità, ossia dallo scambio relazionale. Se l’altro non è totalizzabile in una visione chiusa, allora l’unico modo per comprenderlo è entrare in relazione con la sua singolarità in modo da colmare la distanza con il non rappresentabile del suo infinito.

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Coscienza del limite• Pur nella sua apparente “infondatezza” ( perchè unsettled, come abbiamo

detto), questa pratica è connessa ad alcuni approcci largamente presenti nel Servizio sociale. Ci riferiamo in particolare ai seguenti:

• la tecnica che va sotto il nome di Ascolto attivo come attenzione a tutto ciò che va oltre la nostra comprensione, aprendoci all’infinito dell’altro;

• il metodo biografico-narrativo, in cui le storie degli utenti, con le loro incerte traiettorie esistenziali, rappresentano una sfida a ciò che si presume di sapere;

• la prevalenza della domanda sulla risposta: privilegiare la domanda oltrepassando la logica del ruolo professionale che confeziona le risposte;

• infine, l’affermazione della dignità umana come apertura vera all’altro portatore di insopprimibili diritti di cittadinanza.

In questo senso parlare di pratica senza basi diventa quasi una provocazione che punta a sostenere un atteggiamento personale sorretto dalla consapevolezza della propria fallibilità e della relatività di tutte le teorie nel campo dell’umano.

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I nuovi costrutti organizzatori delle pratiche sociali (1)

• Ciò ci permette di dire che alla base dell’attività professionale dei servizi vi è una relazione intenzionale con delle persone ( livello micro) o dei gruppi ( livello meso) – esito di un’azione congiunta - finalizzata a restituire/acquisire delle competenze di base ( detta anche competenza ad agire come metacompetenza trasversale in termini di enabling) che genera una capacità di azione ( processi di capacitazione individuale e collettiva nel senso di capabilities) secondo un agire intenzionale (in termini di agency) al fine di fronteggiare situazioni di vita ( coping).

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nuovi costrutti organizzatori delle pratiche sociali (2)

• Da qui ne deriva che l’obiettivo delle politiche sociali non è quello di promuovere l’uguaglianza delle opportunità ( quanto piuttosto l’uguaglianza delle capacità ( come possibilità concreta per ognuno di fare delle scelte ed agire in piena consapevolezza secondo quanto sostiene il modello delle competenze personali o teoria della capacitazione).

• In questo senso il fattore produttivo del servizio sociale non consiste nell’offrire soluzioni a problemi definiti quanto piuttosto nel favorire la capacità di ‘stare al mondo’ delle persone, come interpretano e danno significato alle proprie esperienze e fronteggiano gli eventi della propria vita. In altre parole, in questa prospettiva, “l’efficacia del servizio sociale si misura in primo luogo nella sua capacità di contribuire al recupero o all’acquisizione da parte delle persone della capacità di fronteggiare la vita, non nella soluzione dei problemi”.

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nuovi costrutti organizzatori delle pratiche sociali (3)

• Si viene, così, a determinare un viraggio epistemologico in quanto il focus dell’intervento non è tanto sulla coppia bisogni/deficit quanto piuttosto su quella diritti/capacità.

• Pertanto la pratica professionale dell’operatore sociale non può limitarsi a rispondere ai bisogni attraverso la logica erogativa delle prestazioni, ma deve agire nel senso della promozione delle possibilità di sviluppo della persona attraverso la formazione di capacità e restituzione di competenze.

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nuovi costrutti organizzatori delle pratiche sociali (4)

• Quando intervengono i sistemi esperti ( sistemi formali di aiuto) a fronte di un disagio percepito come problema sociale, possiamo avere, pertanto, due modalità di intervento:

• la prima, considera l’aiuto come trasferimento di risorse e/o soluzioni dentro schemi passivizzanti; in questo senso si parla di aiuto inabilitante in quanto de-capacita le persone di fronte ai propri compiti di vita (life skills);

• la seconda, invece, intende l’aiuto come supporto facilitativo per la ripresa di un ‘azione positiva e quindi si muove in un ‘ottica ri-capacitante favorendo una sufficienza di azione per efficaci strategie di fronteggiamento.

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nuovi costrutti organizzatori delle pratiche sociali (5)

• In questo modo si realizza veramente la prospettiva, più volte richiamata e presente nei documenti ufficiali degli organismi internazionali di lavoro sociale, di agire secondo l’approccio dei diritti umani, che possono essere riepilogati nel fondamentale diritto di essere considerati come persone che aspirano a realizzare una propria autonomia mediante l’offerta di opportunità associate a possibilità concrete di conseguirle, per essere soggetti competenti di un’agency riuscita intesa come azione nel triplice senso di:

• azione significativa, perchè dotata di senso;• azione finalistica, perchè orientata ad uno scopo;• azione generativa, perchè tesa a generare mondi

possibili.

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DENTRO LA CRISI O OLTRE LA CRISI?

Ripensare il proprio agire professionale• il neoliberismo,

• la globalizzazzione econonica, il managerialismo, ecc. influenzano massicciamente la fase attuativa delle politiche sociali, modificando gli strumenti, il ruolo, le strategie, la responsabilità di coloro che sono impegnati a concretizzarle.

• Anche gli operatori sociali subiscono pesantemente le ripercussioni di questo scenario critico in quanto gestiscono la quotidianità dell’intervento sociale e sono i responsabili della fase di implementazione degli orientamenti definiti da parte dei decisori politici.

• I Servizi sociali, infatti, rappresentano un elemento centrale nella produzione delle politiche di welfare, essi sono uno snodo particolarmente rilevante nell’attuazione degli orientamenti politici.

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“STREET-LEVEL STREET-LEVEL BUREAUCRACYBUREAUCRACY”

• Tra gli studi sui processi di implementazione delle politiche pubbliche sviluppatisi in particolare nel corso degli anni Settanta principalmente nei Paesi anglosassoni,si è proposta e sviluppata l’ipotesi elaborata da Michael Lipsky (94)

a proposito della rilevanza del ruolo di quella che egli stesso ha definito ‘street

• level bureaucracy’.

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Un ruolo mediativo e e discrezionale• L’autore evidenzia come nello svolgimento del proprio

compito, tali figure dispongano di un certo potere discrezionale. Infatti nell’interpretazione di norme e direttive, nel conciliare la limitatezza delle risorse con le richieste dei cittadini, nel mediare tra le indicazioni politiche, le esigenze organizzative e le proprie valutazioni sulla condizione dei richiedenti e sui bisognida soddisfare, ecc., gli street level bureaucrats assumono proprie strategie operative che finiscono per incidere in modo rilevante sugli effettivi esiti delle politiche pubbliche, determinando, almeno in parte, l’allocazione di alcuni beni e servizi all’interno della società.

• Lipsky rimarca, pertanto, l’importanza del ruolo mediativo e, potremmo dire, reinterpretativo di questi operatori in base a valutazioni autonome degli operatori che devono quindi essere considerati un veicolo cruciale nella produzione di politiche pubbliche e non semplici ‘esecutori’ di dispositivi dall’alto.

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Verso una discrezionalità riflessiva

Nell’incrocio di un mandato multiplo, composto sostanzialmente da tre livelli interdipendenti: istituzionale, professionale e comunitario, si può creare una discrepanza tra il mandato istituzionale, orientato al raggiungimento degli obiettivi di efficienza delle risorse, al taglio dei costi anche a scapito dell’efficacia dei risultati, e il mandato professionale e sociale che invece mira a realizzare obiettivi in senso trasformativo per la costruzione di condizioni di benessere della persona nel rispetto dei diritti e dell’equità.

• Pertanto l’operatore si troverebbe al centro di un campo di forze in tensione di diversa matrice che deve governare con quella che potremmo definire una discrezionalità riflessiva, ossia un atteggiamento attivo di mediazione nei processi e non semplicemente di gestore di procedimenti burocratici con logiche adempimentali.

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Per una professionalità deontologicamente orientata

• In questo senso, le politiche non si devono concretizzare attraverso un’adesione rigida a procedure, ma la loro trasformazione in pratiche deve essere mediata da una professionalità deontologicamente orientata.

• Da questa prospettiva emerge la differenza tra una pratica difensiva che nega ogni possibilità di discrezionalità ed una pratica professionale che rivendica spazi di discrezionalità per influenzare l’implementazione delle politiche sulla base del proprio mandato etico-professionale.

• Ciò presuppone che gli operatori si occupino in modo più sistematico dei processi di produzione delle politiche sociali al fine di migliorare la loro comprensione dei vincoli politici entro cui il servizio sociale stesso opera e di sviluppare la capacità di affrontare le sfide che ne derivano dal punto di vista specifico della professione mirando a due finalità principali:

• da un lato per sviluppare una professionalità all’altezza delle mutate condizioni;

• dall’altro per poter partecipare, tramite un dialogo interdisciplinare, ai processi di costruzione delle politiche.

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La discrezionalità come strumento professionale

in contesti di incertezza e caoticità• In primo luogo, va richiamato l’approccio riflessivo; • in secondo luogo occorre capitalizzare produttivamente le

implicazioni metodologico-operative di quella che viene chiamata l’epistemologia costruttivista con i correlati riferimenti al cosiddetto metodo biografico-narrativo o all’approccio argomentativo-discorsivo;

• Inoltre occorrerebbe maggiormente tematizzare la prospettiva critico-trasformativa del servizio sociale appoggiandola sulle basi solide di una teoria della giustizia sociale, dei diritti umani e del paradigma dello sviluppo umano mediante un approccio situazionale;

• infine sarebbe auspicabile che i nuovi costrutti organizzatori• del lavoro sociale che oggi costituiscano la sintassi fondamentale• nel campo delle metodologie di intervento fossero delineati in

maniera organica; ci riferiamo ai temi dell’agency, delle capabilities,• del coping, dell’enabling, della generatività.

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Quale l’equipaggiamento professionale degli operatori “al tempo

della crisi”• gestire l’incertezza e l’ambiguità, non difendendosi da esse con risposte

burocratiche ma elaborandole con un pensiero strategico;• riconoscere la natura negoziale ed interattiva della relazione

operatore/utente, valorizzando l’agency di entrambi;• collocare il lavoro sociale entro un contesto di affermazione dei diritti umani e

di cittadinanza, di equità e di empowerment;• comprendere la molteplicità e la fluidità dell’identità umana ed essere

consapevoli della sua costruzione sociale;• individuare le dinamiche oppressive e lavorare per eliminarle, realizzando

vere pratiche antioppressive e antidiscriminatorie;• lavorare sui punti di forza delle persone così come sulle loro difficoltà;• riconoscere le differenze e valorizzare le diversità;• accostarsi alle persone come a soggetti capaci di conoscenze e sapere;• smascherare le dinamiche di potere nella gestione dei servizi superando le

logiche del controllo sociale per essere agenti di cambiamento;• intercettare le tonalità emotive di ciò che viene detto e viene fatto;• agire in una prospettiva di servizio sociale costruttivo e trasformativo.

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Quale l’equipaggiamento professionale degli operatori “al tempo

della crisi”1la Riflessività come processo cognitivo finalizzato a produrre

conoscenza nell’azione, agendo con consapevolezza e sostando nel pensiero.

2 la Sostenibilità: lo sviluppo è dato dalla cura dei beni comuni e la valoriz- zazione dei potenziali locali dentro un’ecologia di giochi sociali temperati da una governance condivisa.

3 l’ Apprendimento collettivo: alimentare intelligenza sociale, sviluppare visione strategica per produrre Istituzioni per la qualità sociale.

4 la Generatività: non più servizi in grado di operare solo o in prevalenza sul deficit dei soggetti, ma servizi intesi come pratiche generative di benessere sociale. ssocialesociale,ricostituendo contesti di vita ricchi di beni relazionali, moltiplicato- ri di legami sociali dentro strategie di sviluppo locale integrati, per la rivi- talizzazione dei luoghi di vita, per l’attivazione di capitale umano e risorse sociali diffuse.

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alcune metafore operative,

1. la leggerezza nel senso di flessibilità, deburocratizzazione, personalizzazione ed innovazione;

2. l’obliquita’nel senso di servizi non autoreferenziali, ma che cercano di esercitare uno sguardo obliquo per interagire in modo laterale con gli altri attori;

3.la prossimità cioè servizi che si approssimano alla domanda, che si radichino nei luoghi di vita, che sono presenti nei mondi in cui si originano i disagi e quindi sperimentano forme di intervento con modalità di accompagnamento.

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alcuni imperativi per il lavoro sociale dei nostri tempi

1spostare i confini: concepire i confini come soglia e non come barriera decostruendo i prorpi attaccamenti;

2 non dare le spalle al territorio: pensare attività collettive e accompagnare in percorsi personalizzati;

3 abbassare la soglia: servizi come luoghi di attivazione di processi sociali in un rapporto orizzontale con l’esterno;

4riconoscersi parziali: abbandonare ogni senso di pienezza per scoprirsi punti e nodi di una più ampia logica sistemica.

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