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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta Gennaro Magliulo Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta Gennaro Magliulo Comunità Europea Fondo Sociale Europeo Dottorato di Ricerca in Ingegneria delle Strutture

Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con · 2.2.3 Modelli a plasticità diffusa 27 2.2.4 Legami momento-curvatura 31 2.2.4.1 Le leggi cicliche 32 2.2.5 Modelli che

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con

irregolarità in pianta

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Comunità EuropeaFondo Sociale Europeo

Dottorato di Ricerca in Ingegneria delle Strutture

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Universita’ degli Studi di Napoli Federico II Facoltà di Ingegneria

Gennaro Magliulo

Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta

Tesi di Dottorato XIII Ciclo

Comunità EuropeaFondo Sociale Europeo

2000

Dottorato di Ricerca in Ingegneria delle Strutture

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Ringraziamenti

Desidero innanzitutto ringraziare il Prof. Roberto Ramasco, per tutto ciò che mi ha fatto capire ed apprendere nell’ambito dell’Ingegneria delle Strutture e la cui professionalità ed umanità saranno sempre per me di riferimento. Al Prof. Giovanni Romano sono grato per avermi indotto ad affrontare lo studio e la ricerca in maniera interdisciplinare e perciò affascinante.

Ritengo che il ciclo di Dottorato di Ricerca, ormai conclusosi, sia stata la più bella esperienza della mia vita; per questo motivo esprimo la mia profonda gratitudine al Prof. Giuseppe Faella, il quale mi ha sostenuto nelle fasi iniziali, e perciò più difficili, della stessa. A proposito di fasi difficili, ringrazio l’ing. Roberto Realfonzo per i suoi utili consigli relativi alla stesura della tesi. Per la sua disponibilità al confronto scientifico ringrazio anche il Prof. Mario De Stefano.

Desidero, inoltre, ringraziare cordialmente l’ing. Paolo Negro, per avermi fornito i dati relativi ad alcune prove sperimentali, i quali mi hanno permesso di realizzare un interessante confronto con le analisi numeriche da me effettuate.

Sono grato ai Proff. Vojko Kilar e Peter Fajfar per aver reso utile ed interessante il periodo durante il quale ho lavorato presso l’Università di Lubiana. Voglio menzionare anche il Prof. Helmut Krawinkler dell’Università di Stanford: ricordo con piacere i momenti di confronto scientifico che abbiamo avuto durante il periodo che egli ha trascorso a Napoli.

Ringrazio, infine, i miei familiari, la mia ragazza ed i due carissimi amici, gli ingg. Mario Gaeta e Marco Pulli.

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta I

Indice

Capitolo I. Introduzione 1 1.1 Generalità 1 1.2 Obiettivo e contenuti della tesi 4 Capitolo II. Modellazione numerica 7 2.1 Il comportamento sperimentale degli elementi in c.a. 7 2.1.1 Elementi trave 8 2.1.2 Elementi pilastro 12 2.2 Modelli numerici 14

2.2.1 Modelli a fibre 19 2.2.2 Modelli a plasticità concentrata 26 2.2.3 Modelli a plasticità diffusa 27 2.2.4 Legami momento-curvatura 31

2.2.4.1 Le leggi cicliche 32 2.2.5 Modelli che tengono conto dell’interazione momenti flettenti – sforzo normale 36

Capitolo III. Aspetti normativi 41 3.1 Criteri di regolarità ed irregolarità 41

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II Indice

3.1.1 Criteri di regolarità in pianta secondo l’Eurocodice 8 42 3.1.2 Criteri di regolarità in elevazione secondo l’Eurocodice 8 42 3.1.3 Criteri di irregolarità in pianta secondo lo Uniform Building

Code 43 3.1.4 Criteri di irregolarità in elevazione secondo lo Uniform Buiding Code 44 3.1.5 Criteri di irregolarità secondo la normativa italiana 44

3.2 Analisi strutturale 45 3.2.1 Tipologie di analisi secondo l’Eurocodice 8 45 3.2.2 Tipologie di analisi secondo l’Uniform Building Code 47 3.2.3 Tipologie di analisi secondo la normativa italiana 48

3.3 Forze sismiche di progetto secondo le diverse analisi 49 3.3.1 Analisi modale semplificata secondo l’Eurocodice 8 49 3.3.2 Analisi multimodale secondo l’Eurocodice 8 49 3.3.3 L’analisi statica e l’analisi statica semplificata secondo

l’Uniform Building Code 50 3.3.4 L’analisi dinamica secondo l’Uniform Building Code 52 3.3.5 L’analisi statica secondo la normativa italiana 52 3.3.6 L’analisi dinamica secondo la normativa italiana 53

3.4 Gli effetti torsionali 54 3.4.1 Valutazione degli effetti torsionali secondo l’Eurocodice 8 54 3.4.2 Valutazione degli effetti torsionali secondo l’Uniform Building Code 56 3.4.3 Valutazione degli effetti torsionali secondo la normativa

italiana 57 3.5 Gli effetti ortogonali 58

3.5.1 Valutazione degli effetti ortogonali secondo la normativa italiana 58

3.5.2 Valutazione degli effetti ortogonali secondo l’Eurocodice 8 58 3.5.3 Valutazione degli effetti ortogonali secondo l’Uniform

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta III

Building Code ed il NEHRP 60 Capitolo IV. Confronto numerico-sperimentale 63 4.1 Introduzione 63 4.2 Prove sperimentali 64 4.3 Modellazione numerica dell’edificio testato ad Ispra 69

4.3.1 Travi 70 4.3.2 Pilastri 74

4.4 Analisi numeriche 83 Capitolo V. Effetti dell’eccitazione sismica bidirezionale 91 5.1 Introduzione 91 5.2 Prove sperimentali 92 5.3 Stato dell’arte 101

5.3.1 Sistemi doppiamente simmetrici 101 5.3.2 Sistemi eccentrici 104

5.4 Analisi numeriche 109 5.4.1 Confronto in termini di risposta globale dell’edificio 111 5.4.2 Confronto in termini di danneggiamento delle colonne 120

Capitolo VI. Analisi non lineari relative ad edifici irregolari in pianta 125 6.1 Stato dell’arte 125

6.1.1 Parametri del problema 126 6.1.2 Modello strutturale 128 6.1.3 Valutazione delle prescrizioni sismiche di progetto relative agli effetti torsionali 129

6.2 Progetto degli edifici esaminati 132 6.2.1 Geometria 132 6.2.2 Calcolo delle azioni di progetto 134

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IV Indice

6.2.3 Calcolo delle armature 138 6.3 Analisi non lineari 140

6.3.1 Risultati in termini di comportamento globale 141 6.3.2 Risultati in termini di risposta locale 145

6.4 Caso di edificio con eccentricità di massa 152 6.4.1 Analisi numeriche 154 6.5 Risposta sotto eccitazione unidirezionale 161 Capitolo VII. Conclusioni 169 Bibliografia 173

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 1

Capitolo I

Introduzione

1.1 GENERALITÀ

Negli ultimi anni il mondo scientifico ha mostrato grande interesse per le strutture che presentano irregolarità in pianta, proprio perché si è osservato che, sotto l’azione di terremoti violenti, esse sono le più danneggiate. Per effetto delle accelerazioni sismiche orizzontali, infatti, si destano nelle strutture degli edifici oscillazioni orizzontali ed oscillazioni torsionali (si intende rotazioni degli impalcati nel proprio piano). Queste ultime producono aggravi delle condizioni di lavoro delle membrature (telai) di perimetro della costruzione, lì dove i modi torsionali danno luogo agli effetti maggiori.

In campo elastico tale problema è facilmente analizzabile e si potrebbe pertanto tenerne conto con apposite indicazioni di normativa. In realtà il problema è reso più complesso dalla circostanza certamente nota che in occasione di un terremoto violento le strutture escono dal campo elastico.

I codici sismici più moderni affrontano tale problema fornendo apposite prescrizioni in merito al progetto di edifici irregolari in pianta; va tuttavia osservato che tali prescrizioni si presentano diverse fra loro sicché appare di notevole interesse cercare di comprendere quale di esse sia più efficace.

Purtroppo le conclusioni cui sono giunti i numerosi studi svolti negli ultimi anni relativamente alla valutazione della risposta dinamica di sistemi

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2 Capitolo I – Introduzione

asimmetrici in pianta progettati secondo codici differenti, spesso non sono applicabili ai casi reali.

Infatti, i primi lavori analizzavano la risposta di sistemi elastici, mentre, come si è detto, gli edifici reali sotto l’azione di terremoti violenti sono decisamente sollecitati in campo plastico.

Inoltre esiste la complessa questione della modellazione numerica, sia per quanto concerne il sistema strutturale che in relazione ai singoli elementi. I primi studi di tipo non lineare sono stati condotti, infatti, su sistemi strutturali aventi elementi resistenti orientati secondo una sola direzione, assunta coincidente con la direzione dell’azione sismica. E’ ovvio che il comportamento dinamico non lineare di tali sistemi non è attendibile, dal momento che nella realtà esso è fortemente condizionato dalla presenza degli elementi trasversali e dalla componente sismica agente nella loro direzione.

Recentemente sono stati studiati sistemi idealizzati in maniera più realistica, dal momento che presentano elementi resistenti in entrambe le direzioni ed, in alcuni casi, sono sollecitati mediante entrambe le componenti orizzontali del terremoto. Tuttavia questi comunque sono abbastanza lontani dalla realtà; infatti, essi sono monopiano ed agli elementi strutturali è generalmente assegnato un comportamento elastico perfettamente plastico con comportamento isteretico non degradante. Inoltre gli elementi resistenti in entrambe le direzioni ortogonali generalmente non tengono conto dell’interazione sul dominio limite della sezione tra i momenti flettenti e lo sforzo normale, ma agiscono nelle due direzioni indipendentemente.

E’ ovvio che la semplicità di tali modelli è giustificata dalla volontà di eseguire analisi parametriche, in cui le variabili principali sono il criterio di progetto, il periodo di vibrazione traslazionale disaccoppiato, cioè del sistema simmetrico equivalente, l’eccentricità di massa e di rigidezza, la rigidezza torsionale e la distribuzione delle resistenze in pianta. Ciò comporta, però, che siano trascurate alcune caratteristiche delle strutture reali che condizionano decisamente la loro risposta sismica. Tra queste sicuramente il comportamento del materiale, che, come nel caso di sezioni in cemento armato, può essere decisamente differente da quello elastico perfettamente plastico e che, con l’aumentare dei cicli di carico, può presentare degrado di rigidezza e di resistenza. Inoltre, la risposta sismica di un edificio multipiano non è ben rappresentabile mediante lo studio di un sistema monopiano.

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Ciò ha spinto la ricerca verso lo studio e l’implementazione di modelli più complessi con l’obiettivo di realizzare un sistema strutturale come assemblaggio di tanti subelementi. L’attenzione, pertanto, è stata dapprima rivolta alla definizione di un modello in grado di riprodurre il comportamento del singolo elemento strutturale: la trave, il pilastro, il pannello nodale, etc..

L’importanza di studi effettuati sull’elementare sistema ad un grado di libertà è nuovamente emersa. Infatti, i primi modelli di asta prendono le mosse dalla definizione di un modello ciclico ad un grado di libertà in grado di rappresentare il comportamento isteretico di molle alla rotazione concentrate all’estremità dell’elemento (modelli a plasticità concentrata). Anche i successivi sviluppi, rappresentati dai cosiddetti macromodelli a plasticità diffusa, pur introducendo in modo semplificato la distribuzione della plasticizzazione all’interno dell’elemento, erano strettamente connessi al modello costitutivo ciclico.

Solo l’adozione di modelli del tipo a fibre ha consentito, successivamente, di superare le limitazioni connesse all’utilizzazione di un macromodello. Con essi, infatti, la modellazione è finalmente scesa nel dettaglio, consentendo di riprodurre l’effettiva geometria delle sezioni e di rappresentare il comportamento dell’elemento a partire dai legami costitutivi dei materiali. Tuttavia l’adozione di modelli a fibre, in ogni caso non ancora completamente affidabili, comporta forti oneri computazionali qualora si vogliano studiare intere strutture e pertanto i programmi di calcolo tutt’oggi utilizzati per lo studio del comportamento dinamico non lineare delle strutture si fondano per lo più su macromodelli del tipo a plasticità diffusa o concentrata.

Al fine di garantire l’affidabilità di tutti i modelli numerici è necessario un attento confronto numerico-sperimentale; è per questo motivo che assumono grande importanza le prove di laboratorio realizzate su provini in cemento armato sollecitati a flessione e pressoflessione retta e, negli ultimi anni, anche a flessione e pressoflessione deviata. Infatti ai macromodelli a plasticità diffusa e concentrata va assegnato un legame isteretico agli estremi la cui curva di inviluppo monotono, cioè quelle che verrebbe descritta se il carico fosse monotono, e le leggi che regolano il degrado di rigidezza e resistenza nei cicli sono determinate sulla base di tali prove sperimentali. Di ancora più difficile determinazione e, quindi, che richiedono una sperimentazione ancora più accurata sono i legami tensione-deformazione da assegnare ai modelli a fibre, dal momento che con questi si tenta di rappresentare anche fenomeni più

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complessi, quali per esempio lo scorrimento delle barre a causa della perdita di aderenza col calcestruzzo.

Molto recenti ed altrettanto importanti sono i tests eseguiti su interi edifici in scala reale o ridotta; infatti esistono alcuni fenomeni che nascono unicamente in virtù dell’interazione fra i vari elementi del sistema strutturale e che altrimenti non possono essere colti.

1.2 OBIETTIVO E CONTENUTI DELLA TESI

Lo studio oggetto di questa tesi riguarda la progettazione e l’analisi sotto sisma di edifici multipiano intelaiati in cemento armato, con particolare attenzione nei riguardi di quelli che presentano eccentricità del centro delle rigidezze rispetto al baricentro.

Al fine di ottenere risultati numerici attendibili, particolare attenzione è stata rivolta al confronto numerico-sperimentale. E’ in quest’ottica che capitolo II sono affrontati gli aspetti relativi alle prove effettuate in laboratorio su elementi in cemento armato, sottolineando le caratteristiche del comportamento ciclico emerse dalla sperimentazione.

Nello stesso capitolo è trattato il problema della modellazione numerica dando ampio risalto alla tecnica per la quale la struttura è riconducibile ad un assemblaggio di macromodelli. Questi, che riproducono il comportamento del singolo elemento strutturale, si differenziano fondamentalmente per la tecnica con cui viene definita la matrice di rigidezza tangente. Alcuni macromodelli sono descritti approfonditamente, soffermandosi sulle differenze che intercorrono tra quelli del tipo “a fibre” e quelli semplificati. Inoltre, ampio risalto viene dato ai macromodelli ciclici che rappresentano l’elemento chiave nella definizione del comportamento di macromodelli semplificati a plasticità diffusa ovvero concentrata.

Nel capitolo III sono riportate e commentate le prescrizioni di alcune normative, in particolare quella italiana, l’Eurocodice 8 e l’Uniform Building Code, in merito alle problematiche strettamente concernenti l’oggetto della tesi, quali i criteri di regolarità ed irregolarità, l’analisi strutturale e le relative forze sismiche di progetto, la valutazione degli effetti torsionali e la valutazione degli effetti ortogonali.

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Nel capitolo IV è descritto e tarato il modello numerico utilizzato per tutte le analisi effettuate per tale lavoro di tesi. Il programma di calcolo adottato è il CANNY-E, recentemente sviluppato presso l’Università di Singapore.

Per le travi è stato utilizzato un modello che presenta un elemento lineare a comportamento sia flettente che tagliante di tipo elastico e due elementi agli estremi a comportamento flessionale uniassiale non lineare. Il legame momento-rotazione assegnato a questi ultimi è caratterizzato da una curva monotona trilineare, presenta degrado di rigidezza allo scarico e tiene conto del fenomeno del “pinching”. Per quanto concerne le colonne queste presentano un elemento centrale a comportamento flessionale, tagliante ed assiale elastico e due elementi multi-molle agli estremi a comportamento assiale e flessionale non lineare; questi ultimi tengono conto dell’interazione sul dominio limite della sezione fra le sollecitazioni flettenti e lo sforzo normale. Il legame assegnato a ciascuna molla corrisponde a quello di una fibra di calcestruzzo o di una barra di acciaio.

Al fine di tarare alcuni parametri assunti nel modello numerico, difficilmente determinabili sulla base di valutazioni teoriche o sulla scorta di dati noti ed al fine di verificare l’effettiva affidabilità del programma di calcolo utilizzato, sono riportati i risultati di un confronto numerico-sperimentale. Le prove sperimentali sono di tipo pseudodinamico, realizzate presso l’ELSA del Joint Research Centre ad Ispra su di un edificio di quattro piani, in scala reale, in cemento armato, privo di tamponature, con tre telai per ciascun lato, progettato secondo le prescrizioni dell’Eurocodice 2 e dell’Eurocodice 8. Il confronto, per il quale è stata utilizzata un’eccitazione sismica generata artificialmente ed amplificata in modo da danneggiare decisamente l’edificio, è stato realizzato in termini di storie temporali di spostamenti e tagli di piano e spostamenti di interpiano.

Nel capitolo V viene affrontato in maniera dettagliata uno dei problemi più dibattuti nell’ambito dello studio degli edifici asimmetrici in pianta, cioè quello del confronto della risposta sismica delle strutture sotto eccitazione unidirezionale con quella ottenuta considerando agenti entrambe le componenti orizzontali dell’azione sismica. Sono riportate diverse prove sperimentali ed i risultati dei lavori più significativi relativi a questo tema. Inoltre sono mostrati i risultati di un ampio numero di analisi effettuate sull’edificio descritto nel capitolo precedente. La risposta sismica dello stesso considerando agente la sola componente principale di ciascuno dei cinque terremoti reali utilizzati nella direzione in cui esso si presenta asimmetrico è confrontata con la risposta

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6 Capitolo I – Introduzione

ottenuta facendo agire entrambe le componenti orizzontali dello stesso terremoto. Questo confronto è realizzato sia in termini di risposta sismica globale dell’edificio che a livello delle sezioni trasversali delle colonne. Tutti i risultati di tipo “direzionale”, quali il taglio alla base, gli spostamenti del piano più alto e dei telai e gli spostamenti di interpiano, sono valutati sia nella direzione di azione della componente principale che calcolandone i loro massimi valori vettoriali.

Nel capitolo VI, sulla base degli studi riportati nei capitoli precedenti, si affronta il tema centrale della tesi; si tenta, infatti, di valutare la bontà di alcune prescrizioni di normativa in merito al progetto di edifici irregolari in pianta.

A tale fine è studiato il comportamento di un edificio in cemento armato sottoposto all’azione di terremoti violenti e progettato attraverso diverse metodologie. L’edificio risulta a pianta rettangolare di 8x10 m, con eccentricità di rigidezze sul lato lungo, ha quattro piani e tre telai in ciascuna delle direzioni principali; l’altezza di interpiano è di tre metri.

Il progetto di tale struttura è stato eseguito mediante tre prescrizioni differenti, ma uguagliando, per ciascuna direzione, il taglio alla base di progetto. Sono stati, così, generati tre edifici di uguale geometria e resistenza totale, per i quali, però, quest’ultima è suddivisa in maniera diversa fra i telai. Il primo è stato progettato con l’analisi modale, procedimento di calcolo ammesso da tutte le normative sismiche ed applicabile senza limitazioni, qualunque sia la geometria della struttura; il secondo attraverso l’analisi statica equivalente dell’Eurocodice 8 ed il terzo, infine, mediante l’analisi statica equivalente come prescritta dall’Uniform Building Code.

Il comportamento lungo la direzione irregolare dei tre edifici progettati è stato studiato sottoponendoli alle azioni di cinque terremoti reali violenti. La risposta di tali edifici è stata valutata sia da un punto di vista globale che a livello locale e confrontando i risultati ottenuti considerando agenti entrambe le componenti del terremoto con quelli determinati dall’azione della sola componente principale.

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Capitolo II

Modellazione numerica

2.1 IL COMPORTAMENTO SPERIMENTALE DEGLI ELEMENTI IN C.A.

Uno degli aspetti più importanti nell’ambito degli studi sul comportamento non lineare sotto sisma di edifici in cemento armato è senz’altro quello della modellazione delle strutture. L’implementazione di modelli analitici in codici di calcolo semplici ma affidabili, consente, infatti, di condurre indagini parametriche particolarmente interessanti, che risultano fondamentali per una più chiara comprensione della risposta nonché per saggiare la bontà delle scelte progettuali effettuate. L’interesse per problemi di modellazione d’altronde è sempre stato molto vivo ed è andato via via rinvigorendosi con il contemporaneo sviluppo degli strumenti di calcolo.

Tuttavia, perché un modello abbia validità scientifica bisogna che sia ben chiaro il fenomeno fisico da modellare. L’aspetto sperimentale, pertanto, ha avuto una posizione prioritaria nello sviluppo della materia e l’attenzione di quanti hanno profuso i loro sforzi nel tentativo di riprodurre analiticamente la realtà fisica del problema non poteva non essere rivolta ai risultati delle numerosissime campagne sperimentali condotte negli ultimi anni.

Prima di affrontare, pertanto, l’aspetto modellazione è giusto riassumere, seppur brevemente, gli aspetti salienti del comportamento ciclico delle strutture in cemento armato messi in luce dall’opera degli sperimentatori.

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8 Capitolo II – Modellazione numerica

La filosofia progettuale sposata da tutti i codici più moderni, nota come “capacity design”, conduce alla realizzazione di edifici tipo colonne forti-travi deboli, in cui il comportamento non lineare è governato dalla flessione e non dal taglio e le dissipazioni energetiche sono affidate prevalentemente al comportamento ciclico a flessione delle travi. Si può riassumere, pertanto, che lo stato di sollecitazione dominante è dato dalla flessione monoassiale nelle travi, dove si può considerare praticamente nullo lo sforzo assiale, mentre i pilastri sono soggetti, generalmente, ad una sollecitazione flessionale di tipo deviato accompagnata da livelli non trascurabili dello sforzo normale.

Per tale motivo le sperimentazioni condotte hanno riguardato elementi in calcestruzzo armato sollecitati a flessione semplice oppure a pressoflessione con sforzo assiale costante ovvero variabile. La valutazione sperimentale non ha trascurato per altro il caso della pressoflessione deviata.

Va detto che, tuttavia, la mancanza di procedure standardizzate non rende sempre possibile confrontare i risultati sperimentali conseguiti e, pertanto, di realizzare una banca dati costituita da prove cicliche tutte omogenee tra di loro. Inoltre, studi recenti hanno messo in luce l’importanza di una caratterizzazione adeguata dell’input sismico: una corretta determinazione statistica dei cicli plastici relativi ad eventi sismici reali consentirebbe di sottoporre a prova elementi in cemento armato con storie di carico significative di condizioni effettive, potendo, in tal modo, ottenere informazioni interessanti relative al comportamento in corrispondenza del sisma atteso.

2.1.1 Elementi trave

In figura 2.1 è riportato il diagramma forza-spostamento di una trave armata simmetricamente e sollecitata a flessione retta ciclica [Ma et al. 1976].

Si osserva che, come del resto generalmente avviene, il degrado di resistenza connesso all’azione dei carichi ciclici è basso, per cui la curva ottenuta per inviluppo dei cicli di isteresi approssima la curva di carico ottenibile da prove monotone. Procedendo a descrivere quest’ultima, si può dire che essa mostra, con il manifestarsi delle prime fessurazioni, una perdita di rigidezza rispetto all’andamento iniziale elastico lineare. Il comportamento non lineare post-fessurativo è condizionato dal diffondersi della fessurazione, dal fenomeno del “tension stiffening”, cioè dall’aumento di rigidezza delle barre di armatura dovuto al calcestruzzo resistente a trazione presente tra due fessure, dalla perdita di aderenza tra il calcestruzzo e le barre, che determina lo scorrimento

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 9

delle stesse, e dal comportamento non lineare del calcestruzzo compresso. Generalmente, all’aumentare del carico, si ha lo snervamento dell’acciaio e/o l’espulsione del copriferro, fenomeni che determinano un ulteriore decremento della rigidezza; questo è seguito da una ripresa legata all’incrudimento dell’acciaio, all’incremento del braccio delle forze interne, dovuto ad una traslazione verso il lembo compresso dell’asse neutro ed all’attivazione dell’effetto di confinamento dovuto all’armatura trasversale, se questa è presente.

Figura 2.1. Trave armata simmetricamente sollecitata a flessione retta ciclica.

Per quanto concerne i cicli di isteresi, si osserva che, in fase di scarico, inizialmente la rigidezza è prossima a quella del tratto elastico lineare, dopodiché al decrescere della forza essa decresce risentendo del degrado del calcestruzzo determinatosi nella fase di carico precedente; all’annullarsi della forza esterna, permane uno spostamento residuo dovuto principalmente all’aliquota di deformazione plastica delle barre di armatura ed a scorrimenti residui tra le barre stesse ed il calcestruzzo circostante, fenomeno che determina pure il permanere in tale fase di fessure aperte.

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10 Capitolo II – Modellazione numerica

Sono proprio tali fessure che determinano, in corrispondenza dell’inversione dell’azione esterna, una rigidezza molto bassa. Infatti in tale fase si manifestano ulteriori lesioni in corrispondenza delle nuove fibre tese con conseguente drastica riduzione dell’aliquota di calcestruzzo resistente; la sollecitazione flettente, pertanto, viene affidata alle sole barre d’acciaio. La successiva chiusura delle fessure e la conseguente attivazione del calcestruzzo in compressione determinano un deciso incremento di rigidezza. Questi fenomeni caratterizzano il noto effetto “pinching”, il cui nome deriva dalla forma “pizzicata” che il diagramma assume in corrispondenza dell’asse dei valori nulli dell’azione esterna.

Dopo tale fase si osserva un decremento di rigidezza legato allo snervamento dell’armatura in trazione ed in compressione, il quale avviene prima se confrontato con la curva di carico iniziale a causa del noto effetto Baushinger. Del tutto simili, invece, a quelli che condizionano tale curva, sono gli effetti determinati dalla successiva espulsione del copriferro e dall’incrudimento dell’acciaio.

I cicli successivi sono caratterizzati da andamenti simili a quelli descritti, con curve di ricarico generalmente dirette verso il punto di massimo spostamento raggiunto al ciclo precedente, quindi caratterizzate da degrado di rigidezza, e con successivo andamento che segue la curva di carico monotono. In verità rispetto a tale curva si può manifestare un maggior degrado di resistenza dovuto, innanzitutto, al degrado del calcestruzzo determinato dall’alternanza di aperture e chiusure delle fessure; tale degrado impedisce la chiusura completa delle fessure stesse e riduce drasticamente la resistenza a taglio dovuta all’asperità delle superfici del calcestruzzo (“aggregate interlock”) nel caso di fessure che interessano l’intera altezza della sezione. A questi fenomeni bisogna aggiungere lo scorrimento delle barre d’armatura, che incrementa l’ampiezza delle fessure e riduce gli effetti del “tension stiffening”, e la perdita di aderenza e l’espulsione del copriferro, determinati dall’incremento di stato tensionale nel calcestruzzo indotto dalle armature longitudinali che trasferiscono il taglio in sezioni fessurate lungo l’intera altezza (“dowel action”). Ovviamente, l’incremento di armatura trasversale, migliorando il comportamento ciclico a taglio della sezione ed il confinamento del calcestruzzo, determina un abbattimento del degrado di resistenza. Al contrario, un incremento di degrado sia di resistenza che di rigidezza si manifesta all’aumentare della quantità di armatura longitudinale, dal momento che il danneggiamento si concentra nel calcestruzzo, causa di tale degrado.

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 11

Il collasso di un elemento inflesso è generalmente graduale, in virtù del progressivo deterioramento del materiale in zona compressa; esso comincia con l’espulsione del copriferro e prosegue con l’instabilizzarsi delle barre di armatura e con la distruzione del calcestruzzo confinato. Ovviamente tale fenomeno è condizionato da alcuni parametri, quali, per esempio, la percentuale di armatura longitudinale e l’entità del confinamento del calcestruzzo. Nel caso in cui le sollecitazioni taglianti non siano trascurabili rispetto a quelle flessionali, il collegarsi di fessure presenti sui due lati opposti della sezione può determinare il collasso dovuto allo scorrimento lungo tale piano trasversale. In caso di elementi debolmente armati, la crisi può avvenire nell’armatura tesa. In un diagramma momento rotazione o forza abbassamento il collasso si manifesta con un cambiamento dell’andamento della risposta; secondo alcuni autori [French & Schulz 1991, Saatcioglou 1991] convenzionalmente si può assumere che si è raggiunto il collasso quando si osserva un decremento di resistenza pari ad almeno il 20% rispetto alla massima resistenza ottenuta nel corso della prova.

Figura 2.2. Trave armata asimmetricamente sollecitata a flessione retta ciclica.

Infine è importante osservare che gli elementi in cemento armato inflessi possono presentare sezioni non simmetriche o, più spesso, pur se rettangolari, tali sezioni sono armate in maniera asimmetrica. A ciò si aggiunga l’effetto

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12 Capitolo II – Modellazione numerica

dell’incremento della zona della soletta in cui l’armatura si snerva al crescere della rotazione della trave, fenomeno che determina un incremento della rigidezza della trave stessa, soprattutto in fase post snervamento, quando le fibre tese sono quelle superiori. Tali asimmetrie rendono asimmetrico anche il diagramma forza-spostamento [fig. 2.2] o momento–rotazione e non solo determinando una diminuzione di rigidezza e resistenza relativa al lato “debole”, cioè quello con minore armatura in trazione. Infatti in tali circostanze può accadere che la curva di ricarico non assume proprio la nota forma “pizzicata”, dal momento che la tensione di snervamento delle barre in trazione non è sufficiente a snervare le barre in compressione e quindi a richiudere le fessure determinatesi precedentemente.

Per quanto concerne il comportamento globale dell’elemento, bisogna osservare che l’accumulo graduale di deformazione plastica nelle barre di armatura in trazione ad entrambi i lati della sezione trasversale determina un allungamento graduale dell’elemento stesso; nelle travi tale allungamento è contrastato dai pilastri che applicano su di esse uno sforzo normale, il quale modifica, per esempio incrementando la rigidezza e la resistenza, il comportamento flessionale della trave. E’, inoltre, da non trascurare la rotazione rigida che si ha in corrispondenza delle sezioni di incastro, dovuta sia allo scorrimento delle barre rispetto al conglomerato in corrispondenza della fine del tratto dritto di lunghezza di ancoraggio sia all’allungamento delle barre tra tale sezione e quella di momento massimo. Tale rotazione può incrementare in maniera significativa gli spostamenti della trave e l’effetto “pinching” dei cicli di isteresi. E’ ovvio che questo fenomeno è fortemente legato alle caratteristiche del nodo.

2.1.2 Elementi pilastro

Quando oltre alla flessione retta ciclica sull’elemento in cemento armato è anche applicato uno sforzo normale costante, al crescere dell’azione di compressione l’effetto “pinching” tende a scomparire; infatti tale azione tende a chiudere le fessure presenti al momento dell’inversione del carico accelerando lo snervamento delle barre in compressione. Inoltre, il degrado della resistenza all’aumentare del numero di cicli cresce considerevolmente; tale effetto, però, si manifesta solo in minima parte nel caso in cui il calcestruzzo sia ben confinato mediante armatura trasversale. E’, infine, interessante osservare che, al crescere dello sforzo normale, l’allungamento residuo caratteristico di elementi sollecitati a flessione ciclica diminuisce fino a

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 13

diventare accorciamento residuo [fig. 2.3]; tale fenomeno è legato all’espulsione ed al graduale deterioramento del calcestruzzo compresso.

Figura 2.3. Storia temporale degli spostamenti assiali del provino

[Bousias et el 1992].

Nei telai sollecitati mediante azioni sismiche, però, lo sforzo normale determinato da tali azioni nelle colonne, più alto in quelle laterali ed ai piani bassi, varia proporzionalmente al momento che nasce alle estremità delle stesse colonne, almeno fino a quando alle estremità delle travi ad esse collegate non si formi una cerniera plastica. Il diagramma forza-spostamento risente di tali variazioni contemporanee di sforzo normale e momento flettente; infatti la curva monotona mostra un più rapido degrado di rigidezza quando lo sforzo normale diminuisce, mentre quando questo aumenta insieme al momento flettente non solo tale degrado diminuisce, ma si può al limite produrre un incremento di rigidezza. In prove di laboratorio in cui l’azione di compressione è stata fatta variare intorno ad un valore costante proporzionalmente al momento flettente, per incrementi di tale azione sono stati osservati decrementi di spostamento, pur aumentando la forza trasversale [Kreger & Linbeck 1984]. Va detto, infine, che il raggiungimento dello snervamento in una sezione pressoinflessa in cui lo sforzo normale aumenta al crescere del momento flettente o dello spostamento, è seguito da un significativo decremento di resistenza nei cicli successivi a parità di massimo spostamento attinto.

La sollecitazione che generalmente interessa i pilastri di edifici in cemento armato soggetti a sisma è quella di pressoflessione deviata ciclica. Questo

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14 Capitolo II – Modellazione numerica

problema sarà trattato con particolare attenzione nel Capitolo V di questa tesi, all’interno del più generale discorso del confronto tra la risposta di un edificio intelaiato in cemento armato soggetto ad eccitazione unidirezionale e bidirezionale.

In generale il tenere conto di questo tipo di sollecitazione è molto importante perché l’effettiva risposta dei pilastri soggetti ad azioni sismiche è di tipo decisamente tridimensionale, ma soprattutto perché la presenza dell’azione flettente in entrambe le direzioni tende a ridurre la capacità resistente dei pilastri, incrementando l’abbattimento di rigidezza e resistenza con i cicli. Contemporaneamente si deve osservare che, al contrario, la sollecitazione predominante negli elementi trave è quella di flessione retta. Per cui tale riduzione di capacità resistente nei pilastri, che non avviene nelle travi, ha effetti opposti rispetto a quelli desiderati dagli attuali codici di calcolo, le cui prescrizioni tendono a concentrare il danno nelle travi piuttosto che nelle colonne. Infine va notato che, rispetto alla conoscenza del comportamento di elementi in cemento armato sollecitati a flessione e pressoflessione retta, quella relativa ad elementi sollecitati a pressoflessione deviata ciclica è sicuramente inferiore. Ciò è dovuto sia al più recente interessamento da parte del mondo scientifico nei riguardi di questo tipo di sollecitazione, e quindi al minor numero di prove sperimentali effettuate, sia alle maggiori variabili che entrano in gioco e che complicano le prove sperimentali stesse.

2.1 MODELLI NUMERICI

In maniera semplificata si può dire che il comportamento globale in regime non lineare di un edificio intelaiato è dipendente dal comportamento delle travi soggette a flessione e taglio e da quello delle colonne soggette a pressoflessione e taglio. L’effetto della forza assiale induce legami costitutivi momento-curvatura dissimmetrici e la sua interazione col momento flettente può assumere una certa importanza se gli sforzi normali presentano forti variazioni al mutare del verso dell’azione orizzontale. Quindi la risposta globale dell’edificio dipende strettamente dalle caratteristiche dei suoi elementi: rigidezza, resistenza e duttilità e dalla loro distribuzione geometrica. Inoltre, generalmente, negli edifici in cemento armato, l’effetto instabilizzante della forza di gravità è ignorato. Ciò è conseguenza dell’assunzione

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 15

semplificativa secondo la quale la geometria degli elementi strutturali rimane sostanzialmente invariata durante il processo di carico e, quindi, l’ipotesi di piccoli spostamenti può essere utilizzata nel determinare le equazioni che governano il problema. All’aumentare delle deformazioni plastiche, tuttavia, l’influenza delle non linearità geometriche cresce gradualmente e può determinare una sensibile riduzione della capacità di resistenza globale, riduzione comunemente nota come effetto P-∆.

Le equazioni differenziali che governano il moto del sistema soggetto a forze dinamiche in campo non lineare possono scriversi nella forma:

(2.1) [ ] [ ] ))(()()()( tuFFtuBtuAtPF sie ==−−=

essendo: [ ]A la matrice delle masse,

[ ]B quella degli smorzamenti,

)(tP i carichi dinamici esterni,

))(( tuFS le forze interne che sono funzione degli spostamenti nodali incogniti . )(tu

Tuttavia, l’analisi strutturale è generalmente effettuata seguendo un approccio incrementale, per cui la (2.1) può scriversi nella forma:

(2.2) [ ] [ ] [ ] )()()()( tPtuCtuBtuA ∆=∆+∆+∆

dove:

[ ]CuF

t

s =⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛∂∂ (2.3)

è la matrice di rigidezza tangente della struttura assemblata. Infine, la (2.2) può essere espressa nella forma:

[ ] ** RuC =∆ (2.4)

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16 Capitolo II – Modellazione numerica

dove: [ ]*C rappresenta la matrice di rigidezza effettiva ed è funzione della

matrice tangente [ nonché di quella delle masse e degli smorzamenti ,

]C [ ]A[ ]B

u∆ è il vettore delle incognite,

*R è il vettore dei carichi equivalenti.

Affinché sia possibile risolvere il sistema di equazioni non lineari è necessario definire la matrice di rigidezza tangente [ in ogni istante, assumendo costanti le matrici [ e . I modelli di asta proposti in letteratura differiscono sostanzialmente per la tecnica con cui è ottenuta la matrice di rigidezza tangente dell’elemento dalla quale, assemblando, si ottiene la matrice

finale.

]C]A [ ]B

[ ]C

Le tecniche di modellazione usualmente adoperate per analisi numeriche di strutture a più gradi di libertà differiscono tra loro per il livello di discretizzazione utilizzato. Si possono pertanto riconoscere tre diverse metodologie: 1) micromodellazione a livello dei materiali; 2) macromodellazione a livello dell’elemento strutturale; 3) macromodellazione a livello dell’intera struttura.

Qualora si intenda effettuare una micromodellazione, la struttura è discretizzata in un grande numero di elementi finiti alcuni dei quali, nel caso di strutture in cemento armato, rappresentanti il calcestruzzo, altri l’acciaio; è possibile, inoltre, introdurre l’effettivo legame di aderenza tra i due materiali. A fronte dei vantaggi evidenti, quali la possibilità di considerare nel dettaglio la geometria della struttura nonché di seguirne l’evoluzione puntuale dello stato deformativo e tensionale, le tecniche di micromodellazione hanno mostrato chiari limiti di applicabilità a problemi di analisi dinamica non lineare di intere strutture a causa del forte onere computazionale e delle eccessive richieste di memoria. Le esperienze fino ad oggi condotte con modelli siffatti hanno pertanto interessato problemi semplici ovvero analisi effettuate su singoli elementi o su subassemblaggi (ad esempio i nodi travi-colonna), mentre gli esempi di valutazione della risposta di intere strutture concernono al più analisi di tipo statico. I rari esempi di valutazioni della risposta dinamica

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condotti su strutture in cemento armato di piccole dimensioni non hanno chiarito i dubbi circa l’effettiva superiorità della micromodellazione nei confronti di macromodelli meno sofisticati. Tuttavia il rapido progresso degli elaboratori elettronici ed il contemporaneo sviluppo di legami costitutivi mono e pluriassiali sempre più affidabili e semplicemente codificabili, dovrebbe

garantire il successo futuro della micromodellazione.

Figura. 2.4. Esempi di macromodellazione globale.

Nella macromodellazione a livello dell’elemento strutturale sussiste, invece, una corrispondenza biunivoca tra elementi del modello ed elementi della struttura. Il telaio pertanto è descritto come assemblaggio di elementi interconnessi, utilizzando elementi trave, elementi pilastro, modelli di nodo e così via, accettando un’approssimazione di ordine maggiore che, tuttavia, consente una buona rappresentazione di tutte le caratteristiche basilari del comportamento strutturale. Inoltre la modellazione di una struttura a partire dai modelli dei singoli elementi che la compongono, consente di descrivere l’evoluzione del danneggiamento conseguito elemento per elemento mentre l’onere elaborativo risulta sempre piuttosto ragionevole. Molti sono i modelli

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di asta presenti in letteratura, alcuni dei quali caratterizzati da una non linearità distribuita lungo l’intera lunghezza dell’elemento, altri a plasticità concentrata. Il comportamento non lineare degli elementi è generalmente retto da un legame costitutivo di tipo ciclico e la matrice di rigidezza della struttura è ottenuta assemblando le matrici di rigidezza dei singoli elementi.

Il terzo livello di discretizzazione è fornito dalla tecnica di macromodellazione globale. L’intera struttura, cioè, è riprodotta adoperando un unico modello a pochi gradi di libertà (al limite con un oscillatore semplice), ovvero come assemblaggio di macromodelli che rappresentano parti del complesso strutturale. La figura 2.4 fornisce un’idea delle possibili schematizzazioni adottabili nei casi riportati. E’ evidente che i macromodelli globali non consentono di valutare in dettaglio lo stato deformativo elastoplastico di un particolare punto, ma permettono di avere informazioni significative sul comportamento globale della struttura. Perciò essi si adattano meglio ad una utilizzazione quali strumenti di ricerca per l’analisi della risposta anelastica globale di strutture generiche, aventi una geometria regolare, rappresentative di una più ampia categoria o per la conduzione di analisi di sensibilità riguardanti l’importanza dei vari parametri di progetto. Infatti il ridotto numero dei gradi di libertà che tali modelli possono presentare consente a volte di definire direttamente un legame fra l’entità delle azioni sismiche orizzontali ed un parametro di spostamento orizzontale, ovvero in altri termini di stimare direttamente la duttilità traslazionale delle strutture.

Figura 2.5. Possibili meccanismi di collasso.

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Kilar e Fajfar [Kilar & Fajfar 1996] definiscono un modello di edificio come assemblaggio di macromodelli bidimensionali (sottostrutture) quali telai, pareti, pareti accoppiate e pareti su colonne che possono essere orientati arbitrariamente nel piano. Ciascun macroelemento è considerato agente solo nel proprio piano e collegato ad altri macroelementi in corrispondenza di ciascun livello di piano da diaframmi ipotizzati infinitamente rigidi nel proprio piano e privi di rigidezza fuori da esso. Il modello ha tre gradi di libertà per ogni impalcato (due traslazioni orizzontali ed una rotazione intorno all’asse verticale). Tale modello peraltro, prima dell’ingresso di programmi di calcolo più evoluti che considerano la struttura nella sua reale tridimensionalità, è stato frequentemente utilizzato per lo studio degli edifici. Interessanti osservazioni sono scaturite studiando i telai piani nell’ipotesi di comportamento rigido plastico degli elementi. La figura 2.5, ad esempio, riporta alcuni possibili meccanismi di collasso cui è facilmente associabile, sotto determinate ipotesi semplificative, un moltiplicatore dell’azione sismica di progetto.

Nei prossimi paragrafi si illustrerà più diffusamente la macromodellazione a livello dell’elemento strutturale, sia perché è la tipologia attualmente più utilizzata per analisi numeriche relative ad edifici intelaiati in cemento armato sia perché è stata adottata anche per le analisi presentate in questa tesi.

2.2.1 Modelli a fibre

Tra quelli che verranno presentati, i modelli a fibre appaiono decisamente i più promettenti sia perché con essi può essere descritto il comportamento di elementi generalmente soggetti a pressoflessione deviata sia perché la discretizzazione a livello della sezione permette di assegnare le proprietà meccaniche ed isteretiche ai singoli materiali acciaio e calcestruzzo; inoltre si può tenere conto in maniera precisa della geometria della sezione. Questo tipo di modellazione si avvicina a quella a livello dell’elemento strutturale perché assume un modello di membratura come suo blocco di costruzione. Tuttavia, durante l’analisi al passo, viene seguita la risposta dettagliata tensioni-deformazioni in un gran numero di punti e su diverse sezioni trasversali della membratura. Quindi un modello a fibre può considerarsi come un’applicazione del metodo agli elementi finiti ad un continuo monodimensionale di membrature prismatiche, che utilizza l’ipotesi di Bernoulli di planeità delle sezioni rette come vincolo cinematico, al fine di esprimere i gradi di libertà di tutti i punti di una sezione trasversale in funzione delle tre componenti di

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20 Capitolo II – Modellazione numerica

deformazione della sezione. Altra somiglianza con la micromodellazione a livello dei materiali è il forte onere computazionale richiesto.

L’elemento [fig. 2.6] è discretizzato sia longitudinalmente, in un certo numero di conci delimitati dalle sezioni di controllo, che, in ciascuna di tali sezioni, trasversalmente in areole. Avendo assegnato ad ognuna di queste un legame costitutivo e determinate leggi che regolano il comportamento ciclico, per ciascuna è noto il modulo tangente Et in ogni istante. Facendo l’ipotesi di piccole deformazioni e di conservazione delle sezioni piane, risulta:

yz zyzy Φ−Φ+= 0),( εε (2.5)

essendo ε0 la deformazione in corrispondenza del baricentro della sezione, Φy e Φz le curvature rispettivamente intorno agli assi baricentrici Y e Z.

z

y

x ie s im a fib raε

σ

Figura 2.6. Modello a fibre.

Per cui si può scrivere:

[ ] )()()( xdxKxdS StSS ε= (2.6)

essendo

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TzyS zdNxdMxdMxdS )()()()( =

il vettore delle sollecitazioni,

[ ]⎥⎥⎥⎥

⎢⎢⎢⎢

=

∫∫∫∫∫∫

dAEsimmydAEdAyEzdAEyzdAEdAzE

xKt

tt

ttt

tS

.

)( 2

2

la matrice delle rigidezze

incrementali,

TzyS xdxdxdxd )()()()( 0εε ΦΦ= il vettore delle deformazioni.

Per quanto concerne il calcolo della matrice delle rigidezze dell’intero elemento esistono tre procedure differenti:

1) metodo della rigidezza, 2) metodo della deformabilità, 3) metodo misto. Nel primo caso viene calcolata direttamente la matrice delle rigidezze

tangenti [ ]tmK che, in caso di soli carichi nodali, soddisfa la relazione:

[ ] mtmm dvKdS =

(2.7)

essendo

TBz

By

Az

Aym NMMMMS = il vettore delle sollecitazioni in

corrispondenza degli estremi dell’elemento,

TBz

By

Az

Aym uv ΘΘΘΘ= il vettore delle corrispondenti

deformazioni. Per semplicità non si è tenuto conto di momento e rotazione torsionali. Uno dei modi per ottenere la [ ]t

mK è quello di integrare la matrice delle rigidezze della sezione [ ])(xK t

S lungo l’elemento. Utilizzando il Principio dei Lavori Virtuali o della Minima Energia Potenziale si ottiene:

(2.8) [ ] [ ] [ ][ ]∫=l

tS

Ttm dxxBxKxBK )()()(

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22 Capitolo II – Modellazione numerica

essendo la matrice che relaziona il vettore degli incrementi di deformazione della sezione

[ )(xB ])(xd Sε al vettore degli incrementi di

deformazione dell’elemento : mdv

[ ] mS dvxBxd )()( = ε (2.9)

La si ricava considerando che in un elemento prismatico con uniforme rigidezza gli spostamenti trasversali incrementali sono polinomi cubici dell’ascissa x (Polinomi di Hermite).

[ )(xB ]

Una volta che ad un certo passo temporale sono stati determinati i parametri di spostamento in corrispondenza degli estremi dell’elemento e quindi i relativi incrementi di deformazione , mediante la (2.9) possono essere calcolati gli incrementi dei parametri di deformazione in corrispondenza delle sezioni di controllo

mdv

)(xd Sε e le corrispondenti sollecitazioni . Applicando il Principio dei Lavori Virtuali si ottengono le forze elastiche relative all’elemento in esame:

)(xdSS

Q

(2.10) [ ] ∫=l

T dxxSxBQ )()(

integrali delle sollecitazioni calcolate per ciascuna sezione di controllo:

)(xS

(2.11) T

A xA xA x dAydAzdAxS ∫∫∫= σσσ)(

Uno dei maggiori difetti di questo tipo di approccio (metodo della rigidezza) è legato ai problemi di instabilità che esso manifesta quando si tenta di riprodurre il comportamento del materiale dopo l’attingimento della resistenza massima, quando inizia il ramo decrescente. Inoltre, quanto più la distribuzione delle rigidezze lungo l’elemento è non uniforme a causa delle plasticizzazioni tanto più i polinomi di Hermite mal rappresentano la distribuzione delle curvature, essendo da essi assunta lineare.

Nel metodo della deformabilità, al contrario, la matrice [ ]tmK si ottiene

invertendo la matrice di deformabilità tangente dell’elemento [ ]tmF , che a sua

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volta si ottiene integrando lungo l’elemento la matrice di deformabilità della sezione. Infatti applicando il Principio dei Lavori Virtuali si ha:

[ ] [ ] [ ][ ]∫= dxxexFxeF ts

Ttm )()()( (2.12)

Il vantaggio di tale metodo è che esso ipotizza che la distribuzione delle sollecitazioni nelle sezioni di controllo si ottenga dall’espressione:

(2.13) [ ] mS SxexS )()( =

essendo un matrice che soddisfa l’equilibrio; tale condizione evidentemente è indipendente dalla distribuzione delle rigidezze lungo l’elemento. La scelta della funzione di interpolazione [ è, quindi, fondamentale, dal momento che mediante essa si determina la distribuzione delle sollecitazioni lungo l’elemento.

[ )(xe ]

])(xe

Difficoltà non trascurabili sorgono, però, quando si vogliono determinare tali sollecitazioni; infatti il problema è staticamente indeterminato, dal momento che lo stato tensionale in ciascuna fibra, se esse sono in numero maggiore di tre, non può essere determinato mediante le sole tre equazioni di equilibrio. Una delle soluzioni adottate è quella di calcolare la matrice di rigidezza tangente della sezione [ ])(xK t

S , che soddisfa la relazione (2.6) e poi invertirla al fine di ottenere la matrice di deformabilità tangente [ ])(xF t

S . Nota quest’ultima si può determinare lo stato tensionale in ciascuna fibra. Infatti, note le azioni agenti nei nodi e, quindi, all’estremità dell’elemento in esame, mediante la (2.13) possono essere calcolati gli incrementi di sollecitazione nelle sezioni di controllo e da questi, mediante la (2.6), gli incrementi di deformazione. Noti questi, la (2.5) permette di determinare lo stato deformativo in tutte le fibre, che consente di ricavare in ognuna di esse lo stato tensionale, avendo assegnato dei legami costitutivi.

In [Taucer et al. 1991], invece, si propone un metodo misto in cui l’algoritmo per la risoluzione dell’elemento si basa sul calcolo di scarti di deformazione a livello della sezione e dell’elemento. Tale algoritmo segue i seguenti passi:

a) dagli incrementi di spostamento nodale noti dalla soluzione al passo precedente si determinano gli incrementi delle sollecitazioni in

mdv

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24 Capitolo II – Modellazione numerica

corrispondenza dei nodi, utilizzando la matrice [ ]tmK , ottenuta sempre al

passo precedente; b) mediante la (2.13) si calcolano gli incrementi di sollecitazione

lungo l’ascissa x e quindi il vettore aggiornato di tali sollecitazioni ;

)(xdSS

)(xSS

c) si calcolano gli incrementi di deformazione a livello di sezione mediante l’inversa della (2.6) utilizzando la matrice di flessibilità a livello della sezione [ ])(xF t

S calcolata al passo precedente;

d) mediante la (2.5), quindi, si può conoscere la distribuzione delle deformazioni in ciascuna sezione;

e) di conseguenza, possono essere calcolate le tensioni ed i moduli tangenti per ciascuna fibra;

f) considerando l’equilibrio a livello della sezione dalla (2.6) si ricava la matrice delle rigidezze tangenti della sezione [ ])(xK t

S e dalla (2.11) il vettore delle sollecitazioni . Dalla inversione della )(xS [ ])(xK t

S , si calcola la matrice di flessibilità tangente della sezione [ ])(xF t

S . Si osserva che tale matrice è diversa da quella relativa al passo precedente perché deriva da un vettore aggiornato;

mdv

g) si calcola lo sbilanciamento di sollecitazione a livello di sezione ; )()()( xSxSxS SU −=

h) si calcola il vettore degli scarti di deformazione [ ] )()()( xSxFxr Ut

S= ;

i) si applica il Principio dei Lavori Virtuali al fine di calcolare il vettore dello scarto di spostamento relativo all’elemento

e la matrice delle flessibilità tangenti

[ ] ∫=l

T dxxrxes )()(

[ ]tmF dalla (2.12);

j) invertendo la [ ]tmF si ricava la matrice delle rigidezze tangenti

dell’elemento [ ]tmK ;

k) dal momento che l’aggiunta del vettore scarto di spostamento al vettore spostamenti nodali viola la congruenza di questi ultimi, si applica all’elemento un vettore incremento di forza pari a [ ] )( sKS t

mm −=∆ . In questo modo può iniziare un nuovo ciclo di iterazione.

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 25

I passi da b) ad i) si ripetono finché non sia soddisfatto un assegnato criterio di convergenza. Generalmente il controllo viene effettuato o sul vettore delle forze sbilanciate o in termini energetici, calcolando il prodotto

.

)(xSU [ ] sKs t

mT

Ritornando a considerare i modelli a fibre nella loro generalità, essi possono essere elencati sicuramente fra i modelli a plasticità distribuita. Infatti generalmente la risposta in termini di tensione-deformazione viene monitorata in corrispondenza di un certo numero di fibre e poi, come descritto dalle espressioni (2.8), (2.10) e (2.12), integrata numericamente lungo l’elemento. Solitamente per tale integrazione si adotta la regola del trapezio, vale a dire si assume una variazione, tra due sezioni di controllo successive, lineare della grandezza in esame. E’ ovvio che, dal momento che in seguito ad azioni sismiche travi e pilastri si danneggiano maggiormente in corrispondenza dei loro estremi, conviene ivi considerare un numero maggiore di sezioni di controllo.

Figura 2.7. Modello di Clough.

2.2.2 Modelli a plasticità concentrata

Proprio per quanto si diceva sopra, i modelli più semplici che tengono conto di un comportamento non elastico dell’elemento strutturale, presentano cerniere plastiche di lunghezza nulla ai loro estremi.

A B

BM

AM

Elemento a comportamentoelastico-perfettamente plastico

K = (1-p)EI

Elemento a comportamento elastico

K = pEI

M

θ

K = pEI

K = pEI

K = qEI

p + q = 1

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26 Capitolo II – Modellazione numerica

Uno dei primi modelli di questo tipo fu presentato in [Clough et al. 1965] e prevede due elementi posti in parallelo [fig. 2.7]. Il primo elemento è caratterizzato da cerniere in corrispondenza degli estremi a comportamento elastico-perfettamente plastico. Dopo l’attingimento del momento di snervamento in corrispondenza di uno degli estremi, la matrice istantanea delle rigidezze diviene quella caratteristica di un elemento incernierato-incastrato; quando anche in corrispondenza del secondo estremo viene attinto tale momento, l’elemento diviene del tipo incernierato-incernierato. Il secondo elemento è una trave elastica di rigidezza pari a di gran lunga inferiore rispetto a quella ( del primo elemento. Ne risulta, quindi, un comportamento isteretico complessivo in corrispondenza degli estremi con curva monotona di tipo bilineare e ramo di scarico e ricarico con rigidezza pari a quella iniziale.

pEI)EIp−1

Figura 2.8. Modello di Giberson.

A B

Molla flessionale non lineare

[Giberson 1967] ideò, invece, un elemento [fig. 2.8] a comportamento

elastico lineare, con due molle agli estremi caratterizzate da un comportamento flessionale inelastico. Il punto di flesso del diagramma del momento è assegnato ed è generalmente assunto coincidente con la mezzeria dell’elemento, cosa che nella realtà avviene per un edificio abbastanza regolare soggetto unicamente ad azioni orizzontali. Le deformazioni flessionali plastiche, per ciascuna metà della trave sono concentrate nella rotazione iθ relativa alla molla di estremità i e correlate unicamente al corrispondente momento di estremità , con . Da cui segue che il contributo delle molle di estremità alla matrice di flessibilità tangente dell’elemento è una matrice diagonale del tipo:

iM BAi ,=

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 27

(2.14) [ ] ⎥⎦

⎤⎢⎣

⎡=

BB

AAtinel f

fF

00

Infatti la proprietà di diagonalità di tale matrice è strettamente legata all’ipotesi che il rapporto fra i momenti MA ed MB sia costante durante la risposta. Si osserva, infine, che se l’elemento elastico tra le due molle tiene conto di tutta la deformazione elastica, il primo tratto del legame momento-rotazione ad esse assegnato è verticale, cioè rigido.

E’ doveroso sottolineare che il modello ora descritto è ancora molto utilizzato in ambito scientifico, in virtù dei diversi aspetti positivi che presenta. Innanzitutto bisogna considerare la convenienza, da un punto di vista computazionale, che risiede nella mancanza di accoppiamento tra i comportamenti flessionali inelastici relativi ai due estremi dell’elemento; questa si aggiunge al generale vantaggio determinato dal basso onere computazionale richiesto, in virtù della semplicità del modello. Ma, probabilmente, il motivo principale della sua diffusione risiede nella sua grande versatilità; infatti, la determinazione dei coefficienti ( ) può essere fatta in relazione ad una qualunque tipologia di legame momento-rotazione, alcuni dei quali saranno riportati nel paragrafo 2.2.4. Un altro vantaggio non trascurabile è quello legato alla possibilità di determinare i parametri del modello numerico sulla base di prove sperimentali, dal momento che i risultati di queste sono generalmente forniti in termini di legami forza-spostamento o momento-rotazione; in tal modo si riescono a cogliere effetti, quali per esempio quelli legati alle deformazioni inelastiche a taglio o allo scorrimento delle armature in corrispondenza dell’ancoraggio, che altrimenti sarebbero difficili da modellare separatamente.

iif BAi ,=

2.2.3 Modelli a plasticità diffusa

Innanzitutto si osserva che nel caso in cui si vuole modellare un comportamento flessionale in una sola direzione in assenza di sforzo normale, sollecitazione caratteristica delle travi, la matrice di flessibilità tangente della

sezione [ ])(xF tS degenera nello scalare

dMdxf t

SΦ=)( e la matrice di rigidezza

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28 Capitolo II – Modellazione numerica

tangente della sezione [ ])(xK tS nello scalare

Φ=

ddMxk t

S )( . Da cui segue che la

matrice di rigidezza dell’elemento risulta:

(2.15) [ ] ∫= dxxbxkxbK tS

Ttm )()()(

e quella di flessibilità risulta:

(2.16) [ ] ∫= dxxexfxeF tS

Ttm )()()(

Queste mettono in relazione gli incrementi dei momenti di estremità agli incrementi delle rotazioni . T

BA dMdM , TBA dd ΘΘ ,

Sono definiti modelli a plasticità diffusa quelli in cui si tiene conto della distribuzione della plasticità lungo l’elemento, utilizzando espressioni analitiche per integrare le (2.15) e (2.16), pur se tale distribuzione è fatta dipendere unicamente dallo stato delle sezioni di estremità.

Interessante è il modello proposto da [Soleimani et al. 1979] e da [Arzoumanidis & Mayer 1981] e poi rielaborato da [Filippou ed Issa 1988]. Esso è costituito da due elementi in serie. Il primo, elastico, è del tutto analogo a quello utilizzato per il modello di Giberson. Il secondo è ancora una volta rigido-plastico ma, a differenza di quanto avviene per i modelli a plasticità concentrata, è considerata la diffusione delle deformazioni anelastiche all’interno dell’asta. Tale elemento, infatti, è costituito da due regioni di lunghezza finita (le cerniere plastiche) a comportamento rigido-plastico connesse tra loro da un tratto intermedio infinitamente rigido. Le lunghezze e delle due zone plastiche sono variabili in funzione della distribuzione dei momenti nella trave consentendo in tal modo di controllare durante l’analisi dinamica sia la diffusione graduale delle deformazioni plastiche che lo spostamento del punto di flesso. In particolare, e rappresentano la zona nella quale la sollecitazione flettente supera la soglia M

az

bz

az bzy di snervamento e sono

valutate mediante la:

i

yii V

MMz

−= max (2.17)

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 29

in cui Vi è il valore del taglio in corrispondenza dell’estremità interessata. La (2.17) può tuttavia condurre a forti valori di zi: questo, ad esempio, può accadere in corrispondenza dei piani superiori di edifici alti, dove il taglio dovuto ai carichi orizzontali è basso. Inoltre, la (2.17) non ha alcun senso se Vi diventa negativo. In definitiva, per prevenire valori poco realistici di zi, si assume un limite massimo:

(2.18) lz 25.0max =

essendo l la lunghezza dell’elemento. Definite le zone plastiche, il problema è, dunque, la determinazione della matrice di flessibilità. A tal fine si effettuano due assunzioni fondamentali:

a) lo stato della zona plastica è determinato da quello della sezione di interfaccia trave-colonna. Ciò significa che, ad esempio, se la sezione di interfaccia j è in fase di ricarico, tutta la zona plastica di lunghezza zj è considerata in tale stato;

b) la rigidezza è considerata costante nella zona plastica e pari ad un valore che dipende dalla rigidezza della sezione di interfaccia suddetta.

Tali due ipotesi associano il comportamento della zona plastica a quello della sezione di interfaccia riducendo notevolmente l’onere computazionale rispetto ai modelli a fibre, ma introducendo discrepanze tra il comportamento effettivo e quello colto dalla modellazione. L’ipotesi b) comporta l’introduzione di un legame ciclico del tipo momento-curvatura dal quale ottenere, al passo, la rigidezza cEI della zona plastica. In particolare, in accordo con l’ipotesi a), si ha:

pc = nella fase post-snervamento della sezione di estremità, dove pEI è la rigidezza del tratto incrudente del legame ciclico;

∞=c allo scarico, in quanto la fase di scarico è governata dall’elemento elastico;

02sc = al ricarico, essendo s0EI la rigidezza in tale fase della sezione di interfaccia trave pilastro. La matrice di flessibilità dell’elemento rigido-plastico può essere scritta nella forma:

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30 Capitolo II – Modellazione numerica

(2.19) ⎥⎦

⎤⎢⎣

⎡=

bbba

abaatinel ff

ffF

Se si assume che la lunghezza delle zone plastiche alle estremità a e b è pari rispettivamente a e , mentre la rigidezza, considerata costante nei due tratti plastici, è uguale rispettivamente a c

az bzaEI e cbEI, è possibile dimostrare che,

applicando il Principio dei Lavori Virtuali, si ottiene [Filippou ed Issa 1988]:

( )( )[ 33113

1bbaaaa ]

EIf ξγξγ +−−= (2.20)

( ) ([ 3232 23236

1bbbaaaab )]

EIf ξξγξξγ −+−−= (2.21)

con lzi

i =ξ e i

i c1=γ . I termini ed si ottengono dalle espressioni

(2.20) e (2.21) sostituendo a con b e viceversa. Avendo assunto la rigidezza costante all’interno delle zone plastiche, la (2.19) risulta simmetrica. E’ interessante notare come, al contrario di quanto avveniva per l’elemento rigido-plastico di Giberson, i termini fuori dalla diagonale sono diversi da zero.

bbf baf

Nel loro modello, a differenza di quello precedente, [Park et al. 1987] e [Kunnath et al. 1990, Kunnath et al. 1991] non valutano direttamente una lunghezza di cerniera plastica ed ipotizzano una distribuzione della flessibilità tangente lineare a tratti lungo l’elemento. Ciò permette di integrare analiticamente la (2.16). Questa distribuzione è determinata in funzione dei valori di deformabilità tangente assunti in corrispondenza degli estremi, vale a

dire

)(xf S

EIaγ

e EI

bγ e del valore di deformabilità elastica

EI1 assunto in

corrispondenza del punto di nullo del diagramma del momento. E’ ovvio che se tale punto di nullo è esterno all’elemento, la distribuzione delle deformabilità è di tipo trapezoidale; la sua posizione è determinata al passo. aγ e bγ sono variabili e dipendono direttamente dal legame ciclico adoperato.

La tecnica della distribuzione lineare a tratti della flessibilità, suggerita ed utilizzata da [Park et al. 1987] per modelli di trave sottoposti a flessione

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 31

semplice, fu ripresa e sviluppata successivamente da [Bousias 1993] per modellare il comportamento di pilastri a pressoflessione deviata.

Si osserva che i modelli a plasticità diffusa possono essere abbinati con una qualunque delle leggi momento curvatura di tipo isteretico di cui si discuterà nel paragrafo 2.2.4.. [Soleimani et al. 1979] e [Filippou ed Issa 1988] utilizzarono per il loro modello il legame di Clough-Johnston modificato, mentre [Arzoumanidis & Mayer 1981] optarono per il modello di Takeda. [Park et al. 1987] utilizzarono nel modello ora descritto, implementato nel programma di calcolo IDARC 3.0, un legame da essi ideato, che tiene conto dell’effetto “pinching” e del degrado della rigidezza e della resistenza.

2.2.4 Legami momento-curvatura

Passando dall’elemento al concio plastico, il quale, come visto, può essere modellato mediante una cerniera plastica, è interessante osservare velocemente quali siano le relazioni momento-curvatura o momento-rotazione più comunemente assegnate. Ovviamente l’utilizzo delle curvature oppure delle rotazioni dipende dal tipo di modellazione adottato.

Dalle prove sperimentali riportate si osserva che, per quanto concerne la curva di carico monotono, possono essere individuati quattro andamenti diversi. Quello iniziale fino al momento della fessurazione, quello post-fessurazione fino allo snervamento dell’armatura e quello post-snervamento fino al raggiungimento della resistenza ultima. Esiste un ultimo tratto decrescente il quale, però, nel caso di sezioni ben progettate e realizzate, non appare; per questo motivo, generalmente, la curva monotona viene schematizzata come trilineare. In verità, poiché spesso gli elementi strutturali sono già fessurati a causa della presenza dei carichi gravitazionali e dal momento che ciò che maggiormente interessa nelle analisi non lineari è il comportamento post-snervamento, a volte la differenza tra comportamento pre- e post-fessurazione è trascurata, considerando un andamento della curva monotona bilineare. E’ ovvio che tale curva non è solo importante relativamente alla fase di carico iniziale, ma rappresenta anche l’inviluppo dei cicli di scarico e scarico in assenza di degrado di resistenza e, quando tale degrado è presente, esso è generalmente calcolato comunque relativamente a tale curva. Infine, appare interessante fare due osservazioni. La prima è relativa alle travi gettate insieme al solaio. E’ noto che l’ampiezza della soletta collaborante aumenta al crescere del momento e della rotazione della trave e

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32 Capitolo II – Modellazione numerica

quindi cambia sia nel tempo che lungo la trave stessa. Per tale motivo è difficile assegnare un valore certo a tale ampiezza, la quale condiziona in maniera non trascurabile l’andamento della curva monotona. La seconda osservazione è relativa alla pendenza del tratto post-snervamento, generalmente espressa in funzione della rigidezza iniziale. Tale pendenza può essere calcolata o mediante prove sperimentali o utilizzando dei modelli a fibre; altrimenti bisogna scegliere in maniera arbitraria un valore variabile fra lo 0.5% ed il 5%, dipendente dall’incrudimento dell’acciaio. Fortunatamente tale parametro non condiziona eccessivamente il risultato dell’analisi dinamica.

2.2.4.1 Le leggi cicliche Esistono alcune caratteristiche del comportamento isteretico in regime di

flessione uniassiale in assenza di sforzo normale che sono fondamentali. Innanzitutto la rigidezza allo scarico ed al ricarico, le quali decrescono all’aumentare delle deformazioni plastiche; in secondo luogo l’ampiezza dei cicli di isteresi, che deve tenere conto dell’effetto “pinching” e da cui dipende l’entità dell’energia isteretica dissipata. Infine, il degrado di resistenza all’aumentare dei cicli, da cui dipende la stabilità della risposta e la velocità di raggiungimento del collasso. E’ pur vero che, in virtù della forte stabilità della risposta imposta dalle prescrizioni dei codici recenti, tale degrado talvolta può essere ignorato.

Figura 2.9. Modello ciclico bilineare.

Spostamento

Forza

O

Curva di caricomonotono

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 33

Il modello ciclico più semplice fra quelli proposti in letteratura è quello

bilineare [fig. 2.9], il quale è non evolutivo, nel senso che le regole di carico e di scarico sono costanti ed indipendenti dalla storia plastica subita. Esso presenta una curva monotona bilineare con un primo ramo di rigidezza pari a quella della sezione fessurata ed un secondo ramo che consente di rappresentare l’incrudimento susseguente lo snervamento dell’acciaio; nel caso in cui tale incrudimento sia nullo, il legame è definito elasto-plastico. I rami di carico e scarico presentano una rigidezza pari a quella della sezione fessurata. Ovviamente il modello bilineare sovrastima decisamente l’energia isteretica dissipata dagli elementi in cemento armato, per i quali, quindi, non è utilizzato.

Uno dei primi modelli evolutivi è quello proposto da [Clough & Johnston 1966]; infatti, al crescere della deformazione raggiunta, esso evolve mostrando degrado della rigidezza. Tuttavia, esso non è degradante, nel senso che le regole di scarico non dipendono dallo stato di danneggiamento raggiunto e, pertanto, a parità di deformazione attinta cicla su se stesso. La curva monotona ha le stesse caratteristiche di quella del modello bilineare, lo scarico avviene con rigidezza pari a quella della sezione fessurata, mentre il ramo di ricarico segue una traiettoria che punta alla massima deformazione raggiunta al ciclo precedente.

Figura 2.10. Modello di Wang e Shah.

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34 Capitolo II – Modellazione numerica

[Wang & Shah 1987] modificarono il modello di Clough & Johnston facendo dipendere il degrado di resistenza e rigidezza dal parametro essendo un indice di danno definito dagli stessi autori separatamente per ciascuno dei due versi (positivo e negativo) della flessione [fig. 2.10].

wsD−1 ,

wsD

Il degrado si ottiene moltiplicando la curva monotona per il valore corrente del parametro wsD−1 .

Uno dei modelli ciclici più utilizzati in letteratura è quello evolutivo non degradante di [Takeda et al. 1970]. Esso è stato tarato sulla base di prove sperimentali effettuate su subassenmblaggi trave-pilastro presso l’Università dell’Illinois e presenta una curva “primaria” trilineare. Le leggi che regolano lo scarico ed il ricarico sono sedici, coprendo tutte le possibili sequenze di carico. La rigidezza allo scarico da una condizione successiva allo snervamento è pari a:

4.0

max

' ⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛ΦΦ

= yt KK (2.22)

essendo K’ la pendenza della retta che unisce il punto di snervamento con quello di fessurazione di segno opposto, Φy la curvatura in corrispondenza dello snervamento e Φmax la massima rotazione attinta nel verso del carico. Con tale modello non è possibile riprodurre l’effetto del “pinching”.

Il modello di [Park et al. 1987] oltre al degrado di rigidezza tiene conto dell’effetto “pinching” e del degrado di resistenza all’aumentare dei cicli [fig. 2.11]. La curva monotona è trilineare come nel caso del modello di Takeda, pur se la legge che regola la variazione di rigidezza allo scarico è differente. Infatti il prolungamento della curva di scarico interseca sempre il prolungamento del ramo iniziale elastico della curva primaria in corrispondenza di un’ordinata che è pari ad un multiplo α del relativo momento di snervamento; in genere si pone 0.2=α [fig. 2.11 (a)]. Il ramo di ricarico è inizialmente diretto verso un punto appartenente al ramo di scarico più esterno fra quelli precedenti in corrispondenza di un’ordinata pari ad un’aliquota γ del momento di snervamento; il valore suggerito è .5.0=γ Però, all’ascissa corrispondente al punto di intersezione tra l’asse delle ascisse ed il

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 35

ramo di scarico più esterno fra quelli precedenti il ramo di ricarico si irrigidisce deviando verso il punto di massima deformazione [fig. 2.11 (b)]. Per quanto concerne il degrado di resistenza, questo è proporzionale alla quantità di energia dissipata dEs fino all’istante in esame; il coefficiente di proporzionalità dipende da vari fattori tra i quali la percentuale di armatura longitudinale e trasversale presente nel concio in esame [fig. 2.11 (c)].

Figura 2.11. Modello di Park.

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36 Capitolo II – Modellazione numerica

2.2.5 Modelli che tengono conto dell’interazione momenti flettenti – sforzo normale

Tranne che nel caso del modello a fibre, il quale è molto generale, i modelli finora presentati non possono essere utilizzati per riprodurre in maniera affidabile il comportamento di elementi colonna. Infatti essi non tengono conto dell’interazione in campo non lineare tra i momenti flettenti e lo sforzo normale ed in particolare degli effetti della variazione di quest’ultimo; inoltre, nel calcolo delle rotazioni, spesso ipotizzano che il punto di nullo del diagramma del momento sia coincidente con la mezzeria dell’elemento. Tali due approssimazioni sono decisamente limitative. Infatti la variazione di sforzo normale ha sicuramente effetto sul degrado di rigidezza e resistenza; inoltre è noto che, soprattutto al primo ed all’ultimo piano, il punto di nullo del diagramma del momento può essere molto vicino ai nodi. Quindi, la difficoltà principale che nasce in caso di pressoflessione deviata rispetto al caso uniassiale è quello di modellare le relazioni costitutive tra forze e deformazioni a livello di sezione o agli estremi dell’elemento; infatti l’integrazione delle flessibilità o delle rigidezze lungo l’elemento non varia se non nel fatto che al problema si aggiunge un’ulteriore dimensione.

I primi tentativi di riprodurre in campo non lineare il comportamento di sezioni sollecitate mediante pressoflessione deviata sono legati ai modelli cosiddetti “biassiali bilineari”, nei quali viene applicata in maniera sic et simpliciter la classica Teoria della Plasticità con la regola dell’incrudimento cinematico di Prager, nello spazio bidimensionale My ed Mz, considerando lo sforzo normale costante. Viene assegnata una superficie limite , generalmente di forma ellittica, alla cui area interna corrisponde un comportamento elastico della sezione, mentre quando il vettore delle tensioni

( )Sf

S verifica la ( ) 0=Sf vuol dire che la sezione è snervata. Ad un incremento del vettore delle tensioni , che punti verso l’esterno del dominio di plasticizzazione, corrispondono deformazioni plastiche che si aggiungono a quelle elastiche. Questo tipo di modello fornisce risultati soddisfacenti unicamente nel caso di carico monotono. Infatti quando questo inverte il segno esso produce cicli isteretici stabili, privi di degrado di rigidezza e resistenza, che sono eccessivamente ampi e che sovrastimano decisamente l’energia dissipata. Ciò è evidente in figura [fig. 2.12], dove è riportato il confronto fra risultati sperimentali (in alto) [Otani et al 1980] e numerici, denotati con la sigla BL [Lai et al. 1984].

Sd

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 37

Figura 2.12. Confronto fra risultati sperimentali e modelli numerici.

[Tzeng & Penzien 1975] aggiunsero al modello biassiale bilineare sopra descritto l’effetto di N considerando una superficie limite nello spazio (My, Mz, N); essa si presenta ellittica nei piani N = costante, mentre nel fascio di asse N è descritta da un polinomio cubico completo in N. E’ ipotizzato un comportamento del tipo elastico perfettamente plastico.

Una generalizzazione del modello biassiale bilineare è quello “biassiale trilineare”, che utilizza la “Multisurface Plasticity Theory” di Mroz. In tale teoria le superfici limite sono molteplici, una interna all’altra, simili fra loro da

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38 Capitolo II – Modellazione numerica

un punto di vista geometrico e ciascuna di esse associata ad un diverso parametro, detto “Modulo plastico” da cui dipende la rigidezza. [Takizawa & Aoyama 1976] adottarono un modello trilineare con due superfici limite, una interna, definita “di fessurazione” ed una esterna “ di snervamento”. Esse nello spazio bidimensionale dei momenti flettenti si presentano ellittiche e possono essere inizialmente non concentriche, per simulare un’eventuale asimmetria della sezione ed una condizione iniziale dovuta, per esempio, ai carichi gravitazionali. Fino a quando il vettore rappresentativo dello stato tensionale è interno alla superficie limite più interna il comportamento è elastico; quando tale superficie viene raggiunta inizia il comportamento non elastico regolato dal primo modulo plastico. Se il vettore continua a crescere muovendosi verso l’esterno, questo trascina con se la superficie di fessurazione in una direzione tale da raggiungere la superficie di snervamento in un punto di normale parallela a quella relativa al punto in cui la superficie limite interna è stata raggiunta, in modo che non sorgano ambiguità in fase di scarico. Tale fase è elastica e termina, per dar luogo ad una nuova fase plastica, quando il vettore raggiunge in un altro punto il contorno della superficie di fessurazione. Per tener conto del degrado di rigidezza e resistenza, è possibile programmare il restringimento delle superfici limite e la diminuzione del Modulo plastico all’aumentare dei cicli. Con tale tipo di modello gli autori hanno ottenuto un buon accordo tra analisi numeriche e risultati sperimentali [fig. 2.12 (TR)].

S

S

S

Di caratteristiche completamente differenti è il modello “a molle triassiali” ideato da [Lai et al. 1984], per il quale la matrice delle rigidezze della sezione si costruisce come nel modello a fibre, mentre la matrice di rigidezza dell’elemento come nei modelli a plasticità concentrata. Una colonna in cemento armato è idealizzata mediante la combinazione di un elemento lineare elastico tridimensionale e due elementi di lunghezza nulla a ciascuna delle due estremità, a molle plastiche, anch’essi a comportamento tridimensionale [fig. 2.13]. Ciascuno dei due elementi di estremità è costituito da nove molle non elastiche; cinque di esse riproducono il comportamento del conglomerato, quattro dell’acciaio. A ciascuna di queste ultime è assegnata un’area Asi (i = 1, …, 4) pari all’area totale delle barre longitudinali della relativa sezione di estremità, alle quali la molla è più prossima. Il legame forza-spostamento uniassiale nel caso delle molle d’acciaio è, per quanto concerne la curva monotona, del tipo bilineare con incrudimento, il quale può anche essere nullo;

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 39

per quanto riguarda le curve di carico e scarico, queste seguono una versione semplificata delle regole del modello di Takeda.

Figura 2.13. Modello di Lai et al.

La rigidezza elastica iniziale è pari a b

ssi

lEA2

, nella quale Es è il modulo di

Young dell’acciaio ed lb è la lunghezza di ancoraggio della barra, calcolata considerando una tensione media di aderenza pari a [Mpa]; da ciò si osserva che la molla non tiene conto della rigidezza propria dell’acciaio, ma dello scorrimento della barra, assumendo una tensione di aderenza costante lungo la lunghezza di ancoraggio. Le cinque molle che riproducono il comportamento del conglomerato non hanno alcuna rigidezza in trazione, mentre in compressione presentano una curva monotona del tipo elastico-perfettamente plastico ed il ramo di scarico che punta verso l’origine, mentre quello di ricarico che punta alla massima deformazione raggiunta al ciclo precedente. La forza massima in compressione è assunta pari alla resistenza a compressione uniassiale del conglomerato, f

2/15.1 cf

c, moltiplicata per un quinto dell’area della sezione trasversale e lo spostamento al limite elastico è assunto

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40 Capitolo II – Modellazione numerica

pari a quello delle molle d’acciaio. L’ipotesi di conservazione delle sezione piane permette di esprimere lo spostamento assiale e le due rotazioni della sezione in funzione degli spostamenti di tre molle d’angolo. In figura 2.12 (LC) si osserva che il modello ora descritto riproduce bene i risultati sperimentali ottenuti da [Otani et al 1980]. E’ pur vero che in esso, per la costruzione della matrice di rigidezza, si assume che l’asse neutro passi sempre per il baricentro della sezione trasversale, ipotesi decisamente non realistica.

Questo errore è stato corretto da [Saiidi et al. 1989], i quali, inoltre, nel loro modello numerico implementarono una procedura iterativa la quale tendeva ad eliminare lo squilibrio di sforzo normale che caratterizzava il modello di Lai.

Infine si vuole osservare che il modello utilizzato per le colonne degli edifici analizzati per questo lavoro di tesi è a molle. Questo, evoluzione di quelli sopra citati, verrà descritto in seguito.

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 41

Capitolo III

Aspetti normativi

3.1 CRITERI DI REGOLARITÀ ED IRREGOLARITÀ

Il più importante principio guida per la progettazione in zona sismica è quello della regolarità della struttura. Questo principio è chiaramente enunciato nell’Eurocodice 8 nel quale sono sanciti in maniera esplicita quelli che devono essere i criteri di una corretta progettazione in zona sismica e cioè:

1. semplicità strutturale, 2. uniformità e simmetria, 3. iperstaticità 4. resistenza e rigidezza bidirezionali, 5. resistenza e rigidezza torsionali. L’Uniform Building Code, normativa americana, non riporta esplicitamente

tale principio e prescrive che le strutture in zona sismica devono essere dotate di un’adeguata resistenza al fine di sopportare gli spostamenti laterali indotti dal moto del suolo considerando la risposta inelastica della struttura stessa, la sua sovraresistenza, la sua duttilità e il tipo di sistema resistente alle forze laterali. La normativa italiana, infine, non contiene alcun principio guida.

L’Eurocodice 8 e l’Uniform Building Code definiscono rispettivamente i criteri di regolarità e di irregolarità tanto in pianta quanto in elevazione. Nella

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42 Capitolo III – Aspetti normativi

normativa italiana è data, invece, una generica descrizione delle strutture irregolari.

3.1.1 Criteri di regolarità in pianta secondo l’Eurocodice 8

1. La struttura dell’edificio deve essere approssimativamente simmetrica rispetto a due direzioni ortogonali per quanto riguarda la rigidezza laterale e la distribuzione della massa.

2. La configurazione della pianta deve essere compatta. La dimensione delle rientranze in una direzione non deve superare il 25% dello sviluppo in pianta del perimetro dell’edificio nella direzione corrispondente.

3. La rigidezza degli impalcati nel loro piano deve essere sufficientemente grande rispetto a quella laterale degli elementi strutturali verticali.

4. In presenza della distribuzione delle forze sismiche prescritta dal codice, applicata tenendo conto dell’eccentricità accidentale, a ciascun piano lo spostamento massimo nella direzione dell’azione orizzontale non deve superare del 20 % lo spostamento medio dell’impalcato.

3.1.2 Criteri di regolarità in elevazione secondo l’Eurocodice 8

1. Tutti i sistemi strutturali resistenti alle azioni orizzontali si devono sviluppare senza interruzioni dalle fondazioni fino alla sommità dell’edificio.

2. Piano per piano sia la rigidezza che la massa devono rimanere costanti o ridursi gradualmente dalla base alla sommità.

3. Allorché fossero presenti degli arretramenti si devono applicare le seguenti disposizioni: a) nel caso di arretramenti graduali che conservino la simmetria assiale,

l’arretramento ad un certo piano in una data direzione non deve essere maggiore del 20% della dimensione in pianta del piano precedente nella medesima direzione [fig. 3.1];

b) nel caso di unico arretramento entro il 15% dell’altezza totale del sistema strutturale principale partendo dal basso, esso non deve essere maggiore del 50% della dimensione in pianta del piano precedente nella direzione corrispondente [fig. 3.1]. In tal caso, la

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 43

parte della struttura che cade nel perimetro descritto dagli impalcati dopo l’arretramento deve essere progettata in modo da sopportare almeno il 75% delle forze orizzontali di taglio che si svilupperebbero in tale zona in un analogo edificio senza la base allargata;

c) Nel caso in cui gli arretramenti non conservassero la simmetria, la somma degli arretramenti di tutti i piani in una data direzione non deve essere maggiore del 30% della corrispondente dimensione in pianta del primo piano ed i singoli arretramenti non devono essere superiori al 10% della dimensione in pianta del piano precedente [fig. 3.1].

Figura 3.1. Criteri di regolarità in elevazione secondo l’Eurocodice 8.

L2

1L

L

3L

1L L2

L10.20

4LH

H b

Se bH 0.15 H 0.50L

L4L3

43 0.200.15 HL L

LH bSe

1

2

L

L

LL 2L

L0.30

1L 2L1L

0.10

3.1.3 Criteri di irregolarità in pianta secondo l’Uniform Building Code

1. Esiste irregolarità torsionale quando il massimo spostamento orizzontale di piano, ortogonale ad uno degli assi principali del sistema e calcolato applicando le azioni orizzontali con la prescritta eccentricità accidentale, è superiore a 1.2 volte la media degli spostamenti orizzontali delle due estremità del piano.

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44 Capitolo III – Aspetti normativi

2. Rientranze in una direzione maggiori del 15% della dimensione della struttura in quella direzione.

3. Discontinuità negli impalcati di piano o brusche variazioni di rigidezza fra essi, come aperture all’interno del perimetro degli stessi con area maggiore del 50% dell’intera area o come variazioni di rigidezza maggiori del 50% da un piano all’altro.

4. Discontinuità negli elementi resistenti laterali, come spostamenti di elementi verticali fuori dal piano, tali da modificare il percorso delle forze.

5. Presenza di elementi resistenti laterali disposti in modo non simmetrico o non parallelo rispetto ai due assi ortogonali principali del sistema resistente alle azioni orizzontali.

3.1.4 Criteri di irregolarità in elevazione secondo lo Uniform Buiding Code

1. Irregolarità di rigidezza: il piano soffice. Un piano soffice è quello in cui la rigidezza laterale totale è inferiore al 70% di quella del piano superiore o minore all’80% della media delle rigidezze dei tre piani superiori.

2. Irregolarità di massa. Tale irregolarità dovrà considerarsi quando la massa di un piano qualsiasi è superiore al 150% della massa dei piani adiacenti.

3. Irregolarità geometriche verticali. Queste esistono quando la dimensione orizzontale di un sistema resistente laterale ad un qualsiasi piano è maggiore al 130% di quella ai piani adiacenti.

4. Discontinuità verticali negli elementi resistenti laterali come spostamenti di elementi fuori dal piano, di quantità maggiori della loro altezza.

5. Discontinuità nella capacità resistente: il piano debole. Un piano debole è quello nel quale la resistenza di piano nella direzione della forzante è minore dell’80% della resistenza del piano superiore.

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 45

3.1.5 Criteri di irregolarità secondo la normativa italiana

La normativa italiana definisce costruzioni irregolari quelle configurazioni che presentano, in modo significativo, variazioni della disposizione planimetrica lungo l’altezza o della disposizione altimetrica lungo la pianta, ovvero disuniformità nella distribuzione planimetrica o altimetrica delle rigidezze o delle masse o, infine, scostamenti planimetrici o altimetrici tra centro di massa e centro di rigidezza di un qualsiasi piano.

3.2 ANALISI STRUTTURALE

Di seguito verranno presentate brevemente le diverse metodologie di progetto prescritte dai tre codici in relazione alla suddivisione delle strutture in regolari e non.

3.2.1 Tipologie di analisi secondo l’Eurocodice 8

Ai fini del progetto in zona sismica, gli edifici sono divisi in regolari e non regolari. Questa distinzione si riflette sui seguenti aspetti progettuali:

1. il modello strutturale, che può essere sia piano che spaziale; 2. il metodo di analisi che può essere modale semplificata o multimodale; 3. il valore del coefficiente di comportamento q che può essere ridotto in

caso di non regolarità in elevazione. Il coefficiente di comportamento tiene conto della capacità di dissipare

energia da parte del sistema strutturale e viene valutato mediante la seguente espressione:

(3.1) 5.10 ≥= wrd KKKqq

dove: q0 è il valore base del coefficiente di comportamento; Kd è il coefficiente che dipende dalla classe di duttilità; Kr è il coefficiente che dipende dalla regolarità nello sviluppo verticale;

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46 Capitolo III – Aspetti normativi

Kw è il coefficiente che riflette la modalità di collasso attesa in sistemi strutturali con pannelli. Le implicazioni che la regolarità strutturale può avere sul progetto in zona

sismica riassunte in tabella 3.1.

Tabella 3.1. Semplificazioni e coefficiente q in funzione della regolarità

REGOLARITA’ SEMPLIFICAZIONI CONCESSE

COEFFICIENTE

PIANTA ELEVAZIONE MODELLO ANALISI q SI SI Piano Semplificata Di riferimento SI NO Piano Multimodale Diminuito

NO SI Piano / Spaziale Multimodale Di riferimento NO NO Spaziale Multimodale Diminuito

Come si evince dalla tabella 3.1 esistono due tipi di analisi: 1. l’analisi modale semplificata; 2. l’analisi multimodale. L’analisi modale semplificata può essere applicata ad edifici che possono

essere analizzati mediante due modelli piani e la cui risposta non risulti essere significativamente influenzata dai modi di vibrazione più alti. Questi requisiti si ritiene siano soddisfatti dagli edifici che:

1. rispettano i criteri di regolarità in pianta e in elevazione; 2. rispettano i criteri di regolarità in elevazione e quelli specificati

nell'Appendice A [CEN 1994b] e aventi un periodo proprio T1 nelle due direzioni principali che risulti minore dei seguenti valori:

(3.2) sec0.2;4min cTT ≤

dove i valori di TC sono riportati in Tabella 3.2:

Tabella 3.2. Valori del coefficiente Tc

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 47

Classe di sottosuolo TC [sec] A 0,40 B 0,60 C 0,80

Le forme modali fondamentali dei due modelli piani dell’edificio possono essere calcolate utilizzando metodi propri della dinamica strutturale o possono essere approssimate ipotizzando una distribuzione degli spostamenti che cresca linearmente lungo lo sviluppo verticale della struttura. Per gli edifici che soddisfano solo i criteri dati nell’Appendice A, quindi non regolari in elevazione o con un periodo fondamentale che non soddisfa le condizioni prima riportate, l’analisi dinamica può essere ancora condotta su due modelli piani (uno per ogni direzione principale) ma deve essere multimodale. Modelli piani nelle due direzioni e analisi multimodale sono consentiti anche nel caso di edifici che presentano solo regolarità in pianta. Per edifici, infine, che si presentano irregolari in pianta e non soddisfacenti le condizioni date nell’appendice A il modello deve essere spaziale.

3.2.2 Tipologie di analisi secondo l’Uniform Building Code

La suddivisione tra edifici regolari e irregolari non sembra coinvolgere tutti gli aspetti di procedura progettuale visti per l’Eurocodice 8, nel senso che, secondo tale codice, né il modello strutturale né i coefficienti di comportamento sono condizionati da tale suddivisione. Infatti l’Uniform Building Code prescrive che sempre il modello matematico della struttura deve includere tutti gli elementi resistenti. Il modello deve includere anche tutte le rigidezze e le resistenze degli elementi che sono significativi per la distribuzione delle forze e dovrà rappresentare la distribuzione spaziale delle masse e delle rigidezze della struttura. Il punto in comune tra i due codici resta, pertanto, l’influenza sul tipo di analisi. Il tipo di analisi da condurre non è solo funzione della regolarità o irregolarità della struttura ma entrano in gioco numerosi altri parametri. Essi sono essenzialmente: la destinazione d’uso della struttura, la zona sismica, l’altezza della struttura, il tipo di sistema resistente alle forze laterali ed il tipo di suolo su cui sorge la struttura.

Esistono tre tipi di analisi: 1. analisi statica semplificata;

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48 Capitolo III – Aspetti normativi

2. analisi statica; 3. analisi dinamica. L’analisi statica semplificata può essere condotta su edifici con

destinazione d’uso ‘standard’, alti non più di tre piani (escludendo le fondazioni) se costituiti di una struttura intelaiata oppure alti non più di due piani se costituiti di una qualsiasi altra struttura. In questo caso non c’è la differenziazione tra edifici regolari o irregolari.

L’analisi statica può essere condotta: 1. per tutte le strutture regolari e irregolari nella zona sismica 1 (zona di

minor rischio sismico) e su quelle di destinazione d’uso ‘standard’ nella zona sismica 2;

2. per le strutture regolari con altezza inferiore ai 240 piedi ( 73 m) che non si trovino su di un suolo di tipo SF;

3. per le strutture irregolari alte non più di cinque piani o 65 piedi (20 m); 4. per le strutture che sono costituite di una parte flessibile superiore

giacente su una parte rigida inferiore laddove le due parti della struttura considerate separatamente possono essere classificate come regolari, con la parte inferiore che sia dotata di una rigidezza media pari a 10 volte la rigidezza media della parte superiore e con un periodo dell’intera struttura che sia non maggiore di 1.1 volte il periodo della parte superiore considerata separatamente.

L’analisi dinamica deve essere condotta per tutte le rimanenti strutture.

3.2.3 Tipologie di analisi secondo la normativa italiana

Nella normativa italiana la distinzione tra edifici regolari e irregolari non è certamente così ben definita come lo è nei due codici prima esaminati, inoltre tale distinzione sembra doversi applicare solo agli edifici con strutture intelaiate.

Sia per le strutture in muratura che per quelle a pannelli portanti è prescritta solo l’analisi statica. Per le strutture intelaiate di norma si applica l’analisi statica, qualora però queste fossero dotate di un periodo proprio To > 1.4 s nonché di configurazione irregolare deve essere eseguita un’analisi dinamica. Questa può essere eseguita con il metodo dell’analisi modale.

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 49

3.3 FORZE SISMICHE DI PROGETTO SECONDO LE DIVERSE ANALISI

3.3.1 Analisi modale semplificata secondo l’Eurocodice 8

Il taglio alla base dovuto all’azione sismica per ognuna delle direzioni principali è pari a:

(3.3) WTSF db )(=

dove: Sd(T) è l’ordinata dello spettro di progetto per il periodo fondamentale T della struttura; W è il peso sismico totale della struttura. L’espressione dello spettro di progetto per l’analisi lineare può essere

trovata al punto 4.2.4 della parte 1.1 dell’Eurocodice 8 [CEN 1994a]. Gli effetti dell’azione sismica vanno determinati applicando forze

orizzontali Fi in corrispondenza della massa mi dell’i-esimo piano. La forza Fi va determinata secondo la seguente regola di distribuzione:

=

= n

jjj

iibi

Ws

WsFF

1

(3.4)

dove: si, sj sono gli spostamenti delle masse mi ed mj del modo fondamentale di vibrare; Wi, Wj sono i pesi sismici delle masse mi ed mj.

3.3.2 Analisi multimodale secondo l’Eurocodice 8

Nell’analisi multimodale si considerano tutti i modi di vibrare che danno un contributo significativo alla risposta globale, ossia quelli caratterizzati da una massa modale effettiva maggiore o uguale al 5% della massa totale. La somma delle masse modali effettive per i modi considerati deve essere almeno il 90 %

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50 Capitolo III – Aspetti normativi

della massa totale della struttura. Se le richieste suddette non possono essere soddisfatte, come per esempio nel caso di edifici caratterizzati da significativi modi torsionali, il numero minimo k di modi da prendere in considerazione deve soddisfare le seguenti condizioni:

nk 3≥ (3.5)

(3.6) sTk 2.0≤

dove n è il numero di piani sopra il piano di campagna e Tk è il periodo di vibrazione del k-esimo modo.

Quando le risposte modali possono essere considerate indipendenti e cioè quando:

(3.7) ij TT 9.0≤

il valore massimo EE di un effetto dovuto all’azione sismica può essere considerato:

∑=i EiE EE 2 (3.8)

dove EEi è l’effetto dell’azione sismica dovuto all’i-esimo modo di vibrare.

3.3.3 L’analisi statica e l’analisi statica semplificata secondo l’Uniform Building Code

Nell’analisi statica semplificata il taglio Fb alla base è dato da:

WRC

F ab

0.3= (3.9)

dove: Ca è un coefficiente funzione della zona sismica e del tipo di sottosuolo; R è il fattore di sovraresistenza dei sistemi resistenti alle forze laterali;

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 51

W è il peso sismico totale. La forza orizzontale a ciascun piano è pari a:

ia

i WRC

F0.3

= (3.10)

dove wi è il peso sismico del piano i-esimo. Nell’analisi statica il taglio alla base Fb è dato da:

WRT

ICF v

b = (3.11)

con la limitazione:

WR

ICFWIC a

ba5.2

11.0 << (3.12)

dove: Cv è un coefficiente funzione della zona sismica e del tipo di sottosuolo; I è il coefficiente di importanza funzione della destinazione d’uso; T è il periodo fondamentale di oscillazione della struttura, da determinars icon formule approssimate; Ca, W, R sono le grandezze prima definite. La forza totale sarà distribuita lungo l’altezza in modo che sia ovviamente

verificata l’espressione:

(3.13) ∑=

+=n

iitb FFF

1

cioè considerando che il taglio alla base calcolato in precedenza è dato dalla somma delle n forze di piano e della forza Ft di sommità data da:

(3.14) bt TFF 07.0=

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52 Capitolo III – Aspetti normativi

La rimanente parte del taglio alla base è distribuita in altezza in accordo alla formula:

( )

∑=

−= n

jjj

iitbi

hW

hWFFF

1

(3.15)

dove Fi è la forza orizzontale al piano i-esimo di peso sismico wi ed altezza hi dalle fondazioni.

3.3.4 L’analisi dinamica secondo l’Uniform Building Code

L’analisi dinamica è essenzialmente un’analisi multimodale. Le azioni orizzontali sono calcolate mediante uno spettro di risposta elastico funzione dei coefficienti Ca e Cv. I modi da considerare devono essere tanti quanti sono necessari ad avere una massa partecipante almeno pari al 90% di quella totale per ognuna delle due direzioni. I parametri di risposta elastica (forze, momenti e spostamenti), ottenuti combinando statisticamente i massimi effetti dei vari modi, saranno opportunamente ridotti se la struttura è regolare.

3.3.5 L’analisi statica secondo la normativa italiana

Gli effetti sismici possono essere valutati convenzionalmente mediante analisi statica delle strutture soggette a due sistemi di forze orizzontali. I due sistemi di forze non agiscono contemporaneamente ma una volta in una direzione ed una seconda volta nella direzione ortogonale alla precedente. La forza orizzontale Fi alla generica quota, secondo una prefissata direzione, si ottiene dalla relazione:

iii WIRCF ⋅⋅⋅⋅⋅⋅= γβε (3.16)

dove: C è il coefficiente di intensità sismica; R è il coefficiente di risposta; ε è il coefficiente di fondazione; β il è coefficiente di struttura;

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 53

I è il coefficiente di protezione sismica; γi è il coefficiente di distribuzione della forza sismica; Wi è il peso sismico del piano i-esimo. Il coefficiente di distribuzione γi assume l’espressione:

=

== n

jjj

n

jji

i

Wh

Wh

1

1γ (3.17)

3.3.6 L’analisi dinamica secondo la normativa italiana

L’analisi dinamica, anche qui multimodale, va fatta adottando lo spettro di risposta dato dall’espressione:

IRCga ⋅⋅⋅⋅= βε (3.18)

Il modello da utilizzare deve rappresentare l’articolazione planimetrica e altimetrica della struttura in esame. I modi di vibrazione da considerare devono essere tanti quanti ne occorrono per assicurare l’eccitazione di oltre l’85% della massa totale della struttura. Le sollecitazioni totali si calcolano mediante l’espressione:

∑=i

iEE 2 (3.19)

dove Ei sono le sollecitazioni dovute al modo i-esimo.

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54 Capitolo III – Aspetti normativi

3.4 GLI EFFETTI TORSIONALI

3.4.1 Valutazione degli effetti torsionali secondo l’Eurocodice 8

In tutti quei casi in cui baricentro delle rigidezze e baricentro delle masse sono pressoché coincidenti e disposti secondo un’unica verticale, casi nei quali è possibile applicare l’analisi modale semplificata sul modello piano, l’effetto torsionale strutturale è praticamente trascurabile. Si tiene conto, però, degli effetti torsionali accidentali amplificando gli effetti delle azioni, derivanti dall’analisi modale semplificata, nei diversi elementi resistenti mediante un fattore dato da:

eL

x6.01 +=δ (3.20)

dove: x è la distanza dell’elemento considerato dal centro dell’edificio, misurata perpendicolarmente alla direzione dell’azione sismica considerata; Le è la distanza tra i due elementi di controvento più esterni, misurata come sopra. Nel caso degli edifici che rispettino i criteri dell’Appendice A [CEN 1994b],

si usano per le analisi, che possono essere sia modale semplificata che multimodale, modelli piani. In questi casi devono valutarsi oltre agli effetti torsionali accidentali anche quelli strutturali. L’effetto torsionale totale può essere determinato come inviluppo degli effetti calcolati da un’analisi di due situazioni di carico statiche, date dai momenti torcenti Mi:

(3.21) )( 2101 eeeFM ii ++=

(3.22) )( 102 eeFM ii −=

dove: e0 è l’eccentricità statica, cioè la distanza fra CM e CR, valutata nella direzione ortogonale a quella di Fi;

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 55

e1 è l’eccentricità accidentale della massa dell’impalcato calcolata secondo l’espressione:

(3.23) Le 05.01 ±=

applicata nella stessa direzione di e0 ad ogni piano.

( )

⎪⎪⎭

⎪⎪⎬

⎪⎪⎩

⎪⎪⎨

⎥⎦⎤

⎢⎣⎡ +−++−−

+≤+=

220

2220

2220

2

0

0

2

421

)(1.010)(1.0min

rerelrele

BLLe

BLe

ss

(3.24)

dove: ls è il raggio di inerzia polare e nel caso di impalcato rettangolare risulta

12

222 BLls

+= ;

∑∑=

yKK

r φ2 , con nel caso di sistemi eccentrici

in una sola direzione, è il rapporto fra la rigidezza torsionale e laterale dell’edificio (raggio delle rigidezze);

( ) 220 ixiiyi yKexKK +−=φ

L e B sono le dimensioni in pianta dell’edificio. L’eccentricità addizionale e2 può essere trascurata se:

(3.25) ( 20

22 5 elr s +> )Per gli edifici non regolari sia in pianta che in elevazione, per gli edifici

regolari in elevazione ma non regolari in pianta e che non rispettano i criteri dell’Appendice A, il modello è spaziale e l’analisi multimodale. Gli effetti torsionali strutturali sono già valutati nell’analisi, ma bisogna comunque tener conto degli effetti torsionali accidentali che possono essere valutati come l'inviluppo degli effetti risultanti da una analisi statica della struttura soggetta ad una distribuzione di momenti torcenti:

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56 Capitolo III – Aspetti normativi

(3.26) iii eFM 1=

con Fi forza orizzontale agente al piano i-esimo e e1i eccentricità accidentale della massa dell’i-esimo impalcato.

3.4.2 Valutazione degli effetti torsionali secondo l’Uniform Building Code

Per quanto riguarda le analisi statiche la forza di piano di progetto è applicata nel centro di massa e sarà distribuita tra i vari elementi resistenti in proporzione alle loro rigidezze. Per tener conto degli effetti torsionali accidentali la forza orizzontale sarà applicata con una eccentricità pari a ±5% della dimensione dell’edificio perpendicolare alla direzione della forza; per ciascun elemento il calcolo della resistenza avverrà considerando la posizione della forza più sfavorevole.

Nel caso di edifici irregolari in pianta gli effetti torsionali saranno tenuti in conto amplificando l’eccentricità accidentale mediante un fattore Ax pari a:

2

max

2.1 ⎥⎥⎦

⎢⎢⎣

⎡=

avgxA

δδ (3.27)

dove: δavg è la media degli spostamenti alle estremità della struttura al piano x; δmax il massimo spostamento al piano x. Il valore di Ax non deve essere superiore a 3. Perciò le forze orizzontali saranno applicate a ciascun piano con eccentricità

pari a:

2

max0max1 2.1

05.0 ⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛+==

avg

Leeeδ

δ (3.28)

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 57

02.1

05.02

max0min2 ≤⎟

⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛−==

avg

Leeeδ

δ (3.29)

Per quanto riguarda l’analisi dinamica l'effetto torsionale accidentale dovrà portarsi in conto con appropriate correzioni del CM oppure sommando gli effetti torsionali statici forniti dalla sola eccentricità accidentale ai risultati ottenuti con l'analisi dinamica.

3.4.3 Valutazione degli effetti torsionali secondo la normativa italiana

Nelle strutture regolari le forze orizzontali vanno ripartite a ciascun livello fra le diverse strutture dell’edificio in proporzione alle rispettive rigidezze. Nel caso di eccentricità tra il baricentro delle rigidezze e quello delle masse si dovrà considerare l’effetto delle coppie torcenti. Quando il rapporto fra i lati in

pianta dell’edificio risulta 5.2>BL , anche in assenza di eccentricità, dovrà

considerarsi al piano i-esimo una coppia torcente provocata dalle forze orizzontali agenti ai piani sovrastanti non minore di:

∑=j

jti FLM λ (3.30)

dove λ è un coefficiente i cui valori minimi sono riportati in Tabella 3.3.

Tabella 3.3. Valori del coefficiente λ in funzione di BL

5.35.2 <<BL )5.2(02.003.0 −+=

BLλ

5.3≥BL 05.0=λ

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58 Capitolo III – Aspetti normativi

Tali momenti torcenti vogliono tenere implicitamente conto di eventuali eccentricità accidentali. Da quanto visto si osserva, quindi, che non vengono da

one dell’eccentricità tra CM e CR è implicitamente portata in conto, ma questa volta nulla si precisa circa la valutazione degli effetti torsionali accidentali.

tano e commentano le prescrizioni di alcune normative in merito alla combinazione degli effetti delle due componenti ori l

i dir

po di struttura, le sollecitazioni ed il danno non siano condizionati dalla co

a dei quadrati degli effetti

te eccentricità aggiuntive (amplificazione dinamica dell’eccentricità statica) che tengano conto degli effetti torsionali.

Quando si applica l’analisi dinamica al modello spaziale l’amplificazi

3.5 GLI EFFETTI ORTOGONALI

In questo paragrafo si ripor

zzonta i dell’azione sismica.

3.5.1 Valutazione degli effetti ortogonali secondo la normativa italiana

La normativa italiana, nel Decreto Ministeriale dei Lavori Pubblici del 24 gennaio 1986 , nel paragrafo “Direzione delle componenti orizzontali delle accelerazioni del terreno durante il sisma”, prevede che “si assumerà che il moto del terreno possa avvenire non contemporaneamente, in due qualsias

ezioni orizzontali ortogonali prefissate dal progettista”. Tale disposizione è confermata dal Decreto Ministeriale dei Lavori Pubblici del 16 gennaio 1996.

Evidentemente la normativa italiana assume che, per qualunque ti

ntemporaneità dell’azione delle componenti orizzontali del terremoto.

3.5.2 Valutazione degli effetti ortogonali secondo l’Eurocodice 8

L’Eurocodice 8 [CEN 1994a, b, c] prevede che l’azione sismica orizzontale possa essere riprodotta mediante due componenti ortogonali indipendenti rappresentate dallo stesso spettro di risposta e considerate agenti simultaneamente. La combinazione degli effetti di tali due componenti può essere eseguita in due modi differenti. Una prima possibilità è quella di calcolare, per ciascun effetto, il massimo valore dovuto ad entrambe le componenti mediante la radice quadrata della somm

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 59

di ciascuna di esse, valutati mediante analisessere utilizzate le seguenti leggi di combinazione:

effetti dovuti all’applicazione dell’azione sismica lun

fferenziali del moto. Nel caso in cui si scelga questo tipo di azi

de

questo, come è noto, è più gravoso dell’analisi dinamica, che deve essere

i modale. In alternativa, possono

(3.31) EdyEdx EE 30.0+

EdyEdx EE +30.0 (3.32)

essendo EEdx ed EEdy gligo l’assegnata direzione X ed Y rispettivamente della struttura. In tali

combinazioni, per ciascun effetto considerato, è scelto il segno più sfavorevole di ciascuna componente.

Tale codice permette anche di riprodurre l’azione sismica mediante accelerogrammi, che possono essere generati secondo opportune regole o registrati, ed ottenere la risposta strutturale integrando numericamente al passo le equazioni di

one e per modelli strutturali spaziali, bisogna far agire contemporaneamente entrambi gli accelerogrammi che rappresentano le due componenti orizzontali del terremoto.

Infine, per quanto concerne le sezioni delle colonne, per quelle appartenenti alla classe di duttilità alta, è imposta le verifica a presso- o tenso-flessione

viata. Invece, per quelle progettate in classe di duttilità media e bassa, la verifica può essere condotta in maniera approssimata, vale a dire in ciascuna direzione separatamente riducendo il momento resistente di progetto del 30%.

Alla base delle prescrizioni sopra richiamate evidentemente esiste la consapevolezza del fatto che la contemporaneità delle due componenti orizzontali dell’azione sismica determina un aggravio in termini di sollecitazioni rispetto al caso in cui queste siano considerate agenti separatamente; e che non è corretto tenere conto di tale aggravio andando semplicemente ad incrementare l’azione di progetto in ciascuna direzione separatamente. Per quanto concerne le regole di combinazione degli effetti, la prima citata, cioè quella che prevede la radice quadrata della somma dei quadrati degli effetti di ciascuna componente, è più gravosa della seconda. Ciò si può spiegare se si considera che quest’ultima può essere applicata anche nel caso in cui il metodo di verifica sismica adottato sia quello statico equivalente;

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60 Capitolo III – Aspetti normativi

ne aradice qua i quadrati.

o le prescrizioni, sempre relativamente all

ategoria include quegli edifici che ospitano servizi indispensabili in caso di evento sismico; la II comprende edifici di pubblica fruizione, la cui capac inate soglie, mentre nella III sono inc

Tabella 3.4. Categoria sism

Categoria di destinazione d’uso

cessari mente utilizzata al fine di poter combinare gli effetti mediante la drata della somma de

3.5.3 Valutazione degli effetti ortogonali secondo l’Uniform Building Code ed il NEHRP

Nel seguito si riportano e commentana combinazione degli effetti delle due componenti orizzontali dell’azione

sismica, di due codici statunitensi, vale a dire il NEHRP [FEMA 1994a, b], l’UBC [Uniform Building Code 1997].

Le relative prescrizioni del NEHRP (National Earthquake Hazards Reduction Program) variano con l’intensità del terremoto di progetto e con la destinazione d’uso degli edifici, come mostrato in tabella 3.4. In essa Av è un valore di accelerazione, legato alla velocità di picco, che varia al variare della sismicità della zona considerata e che, quindi, la determina. Per quanto concerne la destinazione d’uso, la III c

ità sia superiore a determlusi tutti gli altri.

ica.

Valore di Av I II III

Av < 0.05 A A A 0.0 10 5 ≤ Av < 0. B B C 0.10 ≤ Av < 0.15 C C D 0.15 ≤ A < 0.20 C D D v

Av ≥ 0.20 D D E

Per le categorie A e B tale codice prescrive che le azioni sismiche possano essere applicate separatamente in ciascuna delle due direzioni ortogonali e che gli effetti trasversali possano essere trascurati. Per la C vale la stessa regola, tranne che per gli edifici che presentano un particolare tipo di irregolarità in pianta, cioè con elementi resistenti ad azioni verticali ed orizzontali né paralleli

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 61

agli assi ortogonali principali del sistema resistente ad azioni orizzontali né simmetrici rispetto ad essi. In tal caso si progetta come per le categorie D ed E. Per queste il NEHRP consiglia di analizzare l’edificio con le forze sismiche applicate nella direzione che determina gli effetti più gravosi. In alternativa, l’edificio può esser studiato secondo due qualunque direzioni ortogonali in maniera indipendente e gli effetti massimi dovuti alla variazione della direzione di applicazione delle azioni sismiche possono essere portati in conto se gli elementi resistenti e le loro fondazioni sono progettati per una co

aggiori. nche tali prescrizioni prevedono, quindi

effetti del tipo:

mbinazione di carichi pari al 100% delle azioni in una direzione più il 30% delle azioni nella direzione ortogonale. Il verso di tali azioni è scelto in modo da avere le resistenze di progetto m

A , una regola di combinazione degli

21 EdEd EE λ+ (3.33)

essendo EEd1 ed EEd2 gli effetti dovuti all’applicazione delle azioni orizzontali lungo due direzioni orizzontali ortogonali e λ il fattore di combinazione, che è assegnato uguale a 0.3. Gli autori del codice motivano tale prescrizione con la necessità di tenere conto della variazione dell’angolo di incidenza del sisma, come è evidente considerando il metodo di verifica alternativo all’applicazione della (3.33). Ciò è chiaramente detto anche nel Commentario [FEMA 1994b] al codice, dove si sottolinea come, a causa di tale variazione, le colonne d’angolo possono essere soggette a sollecitazioni superiori a quelle previste nel progetto, la qual cosa può in parte spiegare la vulnerabilità che esse hanno manifestato durante gli eventi tellurici. Nello stesso Commentario il valore assegnato al coefficiente di combinazione, pari a 0.3, è giustificato dalla considerazione che è improbabile che, per ciascuna caratteristica della sollecitazione, gli effetti delle due componenti orizzontali del sisma attingano il massimo contemporaneamente. Infine si fa notare come gli “effetti ortogonali”, vale a dire quelli relativi ad elementi strutturali appartenenti a sistemi resistenti a for

i al fine di conoscere la distribuzione delle forze. Il

ze orizzontali lungo due assi ortogonali, mentre per i pilastri di un edificio possono essere significativi, per altri elementi a comportamento essenzialmente unidirezionale, quali le travi, sono trascurabili.

L’UBC (Uniform Building Code) prescrive che le strutture debbano essere modellate matematicamente tenendo conto della rigidezza e della resistenza di tutti gli elementi significativ

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62 Capitolo III – Aspetti normativi

mo

considerata agente non contetranne ch2, 3 e 4 e che presentano le seguenti condizioni:

2.

3. ano (questa condizione non è da considerare

ni ortogonali devono essere combinati mediante la radice qu

direzioni ortogonali sono identiche a quelle dell’Eurocodice 8, pur se, mentre il codice europeo impone di applicarle sempre, quello statunitense prescrive la combinazione degli effetti solo per determinate tipologie strutturali.

dello dovrà, inoltre, rappresentare la distribuzione spaziale di massa e di rigidezza della struttura; esso, perciò, dovrà essere tridimensionale nel caso di edifici irregolari in pianta.

L’azione sismica di progetto dovrà produrre forze orizzontali comunque dirette nel piano. Essa potrà essere

mporaneamente in ciascuna delle due direzioni principali della struttura, e per gli edifici costruiti in zone sismiche appartenenti alle categorie

1. elementi resistenti ad azioni verticali ed orizzontali né paralleli agli assi principali ortogonali del sistema resistente ad azioni orizzontali né ad essi simmetrici; il massimo spostamento di interpiano ad un estremo della struttura ed ortogonale ad uno degli assi della stessa, calcolato tenendo conto dell’eccentricità accidentale, è maggiore della media degli spostamenti di interpiano degli estremi della struttura almeno di 1.2 volte; almeno una colonna della struttura appartiene a due o più sistemi resistenti che si intersecse lo sforzo normale nella colonna dovuto alle azioni sismiche agenti in una direzione è minore del 20% della resistenza massima a sforzo normale della colonna).

Per gli edifici che presentano tali condizioni, gli effetti ortogonali possono essere presi in considerazione in due modi alternativi. Una prima possibilità è quella di progettare tali elementi considerando il 100% delle azioni sismiche di progetto in una direzione più il 30% delle stesse azioni nella direzione ortogonale; i segni di tali azioni sono scelti in modo da ottenere la condizione più sfavorevole. In alternativa, gli effetti ottenuti applicando l’azione sismica nelle due direzio

adrata della somma dei quadrati (metodo SRSS). Anche in tal caso i segni degli effetti devono essere scelti in modo da progettare secondo la condizione più sfavorevole.

E’ evidente che le prescrizioni dell’Uniform Building Code relative alla combinazione degli effetti delle azioni sismiche agenti lungo due

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 63

Capitolo IV

Confronto numerico-sperimentale

4.1 INTRODUZIONE

Le analisi numeriche che saranno illustrate in questa tesi sono state tutte realizzate mediante il programma di calcolo CANNY-E [Li, 1996a, b], recentemente sviluppato presso l’Università di Singapore. Infatti, quando, agli inizi del 1998, si è dovuto scegliere un programma per eseguire le analisi in campo non lineare, questo era uno dei pochi che permetteva di modellare il comportamento dinamico di edifici tridimensionali multipiano. Inoltre, rispetto ad altri che pure davano tale possibilità, quali per esempio l’IDARC-3D [Park et al. 1987] ed il DRAIN-3DX [Powell & Campbell 1994, Prakash et al. 1993], presentava alcuni vantaggi. Il più importante è senz’altro quello che il CANNY-E nasce proprio per il calcolo di edifici in cemento armato e, quindi, presenta modelli che ben riproducono il comportamento di tale materiale. Inoltre esso è in via di perfezionamento e ciò da un lato fa ben sperare per il futuro, dall’altro garantisce l’interesse da parte dell’autore, un giovane ricercatore, a mantenere contatti con gli utenti dello stesso, cosa che effettivamente si è verificata in questi anni. Infine è noto che l’utilizzo in ambito scientifico di altri programmi di pari potenzialità, ha messo in evidenza loro carenze.

Ovviamente prima di adoperare il CANNY-E in maniera diffusa, si è ritenuto necessario effettuare una serie di verifiche del buon funzionamento dello stesso. Tralasciando le più banali, per la maggior parte rappresentate dal

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64 Capitolo IV – Confronto numerico-sperimentale

confronto con altri programmi circa la risposta dinamica di semplici sistemi strutturali, si vuole diffusamente parlare, invece, del confronto numerico-sperimentale relativo alle prove eseguite presso l’ELSA di Ispra, ampiamente descritte nel prossimo paragrafo. E’ necessario sottolineare, comunque, che lo scopo più importante di tale confronto non è quello di verifica del programma di calcolo adottato, ma quello di taratura dei modelli scelti. Infatti allorquando si vuole riprodurre numericamente il comportamento complesso di una struttura sollecitata mediante azioni cicliche bisogna fornire una serie di informazioni, le quali condizionano la risposta molto più di ogni altra cosa. La conoscenza di alcune di esse è banale, quale per esempio la geometria della struttura; per altre, si pensi ad esempio alla resistenza ed alla deformabilità del calcestruzzo confinato, esistono formulazioni teoriche, supportate da studi sperimentali, che possono ritenersi più o meno affidabili. Ma esistono taluni parametri, come quelli che regolano il degrado di rigidezza allo scarico o l’effetto “pinching”, che non sono facilmente determinabili; per la taratura degli stessi, che possono anche condizionare significativamente la risposta della struttura, è importante effettuare un confronto numerico-sperimentale.

4.2 PROVE SPERIMENTALI

Le prove sperimentali descritte sono state realizzate ad Ispra (VA) presso lo European Laboratory for Structural Assessment (ELSA) del Joint Research Centre della Commissione Europea.

L’edificio è realizzato in scala reale [Negro et al. 1994]; esso è di quattro piani, con pianta quadrata di lato uguale a 10 m ed altezze di interpiano pari a 3 m, tranne quella del primo interpiano che è uguale a 3.5 m. La struttura in cemento armato è intelaiata, priva di tamponature, con tre telai per ciascun lato; nella direzione lungo la quale sono state eseguite le prove essa è simmetrica presentando due campate da 5 m ciascuna, mentre nella direzione ortogonale essa è asimmetrica, con una campata lunga 6 m ed una lunga 4 m. Tutte le colonne hanno sezione quadrata di lato 0.4 m, tranne la colonna interna la cui sezione ha lati pari a 0.45 m. Tutte le travi hanno sezione uguale a 0.45 x 0.30 m, mentre gli impalcati sono costituiti da una soletta piena di spessore pari a 0.15 m. I materiali utilizzati sono calcestruzzo ordinario di classe C25/30 e barre di acciaio B500 Tempcore, con giunzioni saldate; tale

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 65

acciaio è stato utilizzato perché molto diffuso in Europa, pur se non rispetta i limiti fissati dall’Eurocodice 8 per quanto concerne il rapporto fra la resistenza ultima e quella di snervamento. In tabella 4.1 è riportata la resistenza massima in compressione ottenuta mediante prove su elementi cubici di lato 150 mm di cemento prelevati dal getto; in tabella 4.2, invece, sono mostrati i risultati di alcune prove di trazione sulle barre di armatura.

Tabella 4.1. Resistenza a compressione cubica media Rc del conglomerato

Elementi strutturali Data del getto Rc [N/mm2]

Colonne del I piano 26/02/93 49.8 Travi del I piano 08/03/93 56.4

Colonne del II piano 09/03/93 47.6 Travi del II piano 16/03/93 53.2

Colonne del III piano 17/03/93 32 Travi del III piano 24/03/93 47.2

Colonne del IV piano 25/03/93 46.3 Travi del IV piano 31/03/93 42.1

Tabella 4.2. Caratteristiche medie dell’acciaio in trazione

Diametro

[mm]

Area

[mm2]

Tensione di snervamento

[Mpa]

Tensione ultima [Mpa]

Deformazione ultima A5 %

6 29.2 566.0 633.5 23.5 8 51.4 572.5 636.1 22.3 10 80.3 545.5 618.8 27.5 12 113.1 589.7 689.4 23.0 14 153.3 583.2 667.4 22.7 16 199.2 595.7 681.0 20.6 20 310.0 553.5 660.0 23.1 26 517.2 555.6 657.3 21.6

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66 Capitolo IV – Confronto numerico-sperimentale

Il progetto è stato condotto in base alle prescrizioni degli Eurocodici 2 ed 8, assumendo i valori dei carichi usuali, quali 2.0 kN/m2 per le tramezzature e le finiture e 2.0 kN/m2 quale carico accidentale; inoltre è stato utilizzato uno spettro con accelerazione massima al suolo pari a 0.3 g, suolo tipo B e fattore di importanza pari ad 1.0. E’ stata, inoltre, scelta una classe di duttilità “alta”, con fattore di comportamento pari a 5; ciò è anche conseguenza del fatto che l’edificio soddisfa completamente i criteri di regolarità in pianta ed in elevazione [fig. 4.1].

Figura 4.1. Geometria dell’edificio oggetto delle prove sperimentali.

Innanzitutto sono state realizzate prove di rilascio di bassa intensità, cioè tali da non determinare un significativo stato di fessurazione. L’obiettivo di questi tests preliminari è quello di determinare le caratteristiche dinamiche dell’edificio, vale a dire le frequenze iniziali e lo smorzamento e quindi di valutare l’attendibilità delle successive prove pseudodinamiche. Al fine di portare in conto i carichi fissi non strutturali ed i carichi accidentali calcolati secondo le prescrizioni dell’Eurocodice 8, sono state aggiunte masse pari a 24.3 t ai primi tre piani e 26.1 t al piano superiore. In media lo smorzamento è risultato pari ad 1.8%.

Per quanto concerne le prove pseudodinamiche, queste sono state condotte nella direzione in cui l’edificio è simmetrico, modellando la struttura come un sistema a quattro gradi di libertà; infatti apposita strumentazione è stata posta

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 67

al fine di eliminare i gradi di libertà rotazionali e traslazionali nella direzione di asimmetria dell’edificio. L’algoritmo utilizzato deriva dalle equazioni di

Newmark avendo assegnato ai coefficienti β e γ i valori β = 0 e γ = 21 ; in tale

modo esso diventa matematicamente uguale a quello delle differenze centrali, diventando, quindi, un metodo esplicito, condizionatamente stabile e privo di smorzamento numerico. E’ preferibile utilizzare la formulazione di Newmark rispetto a quella delle differenze centrali, perché il comportamento della prima è migliore per quanto concerne gli errori di troncamento quando il passo di integrazione è piccolo. Lo spostamento, la velocità e l’accelerazione iniziale sono assunte nulle, l’intervallo temporale di integrazione è posto pari a 4 msec e non è assegnato alcun smorzamento viscoso. Nel seguito si riporta brevemente la procedura iterativa considerando lo step n-esimo della prova:

1) il vettore delle forze esterne è noto, essendo ovviamente 1+nF

(4.1) [ ] )()( tsIAtF −=

dove [ è la matrice delle masse pari a (le misure sono in tonnellate): ]A

(4.2)

⎥⎥⎥⎥

⎢⎢⎢⎢

0.8300009.8500009.8500009.86

2) si calcola il vettore degli spostamenti:

nnnn qtqtqq2

2

1∆+⋅∆+=+ (4.3)

3) tali spostamenti sono imposti alla struttura mediante attuatori elettroidraulici;

1+nq

4) si attende che gli attuatori si fermino e si misurano le forze interne associate ai nuovi spostamenti; 1+nR

5) si calcolano i nuovi valori dell’accelerazione e della velocità:

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68 Capitolo IV – Confronto numerico-sperimentale

[ ] [ ] [ ] [ ] ⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ ∆−−−⎟

⎠⎞

⎜⎝⎛ ∆+= ++

+ nnnnn qCtqCRFCtAq22 11

1

1 (4.4)

( 11 2 ++ +∆+= nnnn qqtqq )

(4.5)

6) si pone n = n+1; 7) si riprende dal passo 1). Nella (4.4) la matrice [ è quella degli smorzamenti, che nel caso in esame risulta nulla.

]C

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2

0 0.4 0.8 1.2 1.6 2

Periodo [sec]

Sa/g S7

EC8

Figura 4.2. Spettri elastici dell’Eurocodice 8 e generato.

L’accelerogramma utilizzato (definito S7) è stato generato sulla base di alcune registrazioni del terremoto del Friuli del 1976 e modificato in modo che il suo spettro elastico approssimasse quello dell’Eurocodice 8 per suolo tipo B, smorzamento pari al 5% ed accelerazione massima al suolo

)(ts

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 69

pari a 0.30 g [fig. 4.2]. Tale accelerogramma, di durata uguale ad 8 sec, è stato scalato per un coefficiente pari ad 1.5 al fine di sollecitare la struttura decisamente in campo plastico e sono stati forniti i risultati delle prove in termini di spostamenti e tagli di piano.

4.3 MODELLAZIONE NUMERICA DELL’EDIFICIO TESTATO AD ISPRA

Come detto nell’Introduzione a questo capitolo tutte le analisi numeriche sono state effettuate mediante il programma di calcolo CANNY-E e, quindi, anche i modelli utilizzati, che ora saranno descritti, sono alcuni tra quelli di libreria di tale programma.

Il modello adottato per riprodurre la risposta ottenuta dalle prove pseudodinamiche è del tipo con mocromodelli a livello di elementi, nel senso che si può considerare un insieme di travi e pilastri, con le solette rappresentate da impalcati infinitamente rigidi nel loro piano. Le masse assegnate nel baricentro di ciascun impalcato, sono quelle utilizzate per le prove sperimentali e riportate nella (4.2).

E’ stata assegnata una matrice degli smorzamenti proporzionale a quella delle masse e delle rigidezze iniziali [Ramasco 1993]:

(4.6) [ ] [ ] [ ]00 KaMaB m +=

dove i due coefficienti ed sono stati ricavati mediante le equazioni: ma 0a

⎪⎪⎩

⎪⎪⎨

=+

=+

22

02

11

01

22

22

νω

ω

νω

ω

aa

aa

m

m

(4.7)

avendo assegnato ai fattori di smorzamento ν1 e ν2 relativi al primo ed al secondo modo di vibrazione un valore pari a 0.4%.

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70 Capitolo IV – Confronto numerico-sperimentale

4.3.1 Travi

Il modello adottato per le travi è quello di Giberson [Giberson 1969], già descritto nel Capitolo II. Il comportamento a taglio è ipotizzato essere elastico, la deformabilità assiale nulla in virtù dell’ipotesi di impalcato infinitamente rigido.

Figura 4.3. Modello numerico utilizzato per le travi.

L’elemento è capace di assorbire momenti flettenti agenti in una sola direzione; tutta la deformazione flettente non elastica è concentrata agli estremi ed è rappresentata dalla rotazione di due molle a comportamento non lineare [fig. 4.3]. Il modello isteretico assegnato [Edo & Takeda 1977] è una versione modificata di quello ben noto di Takeda [Takeda et al. 1970], descritto nel Capitolo II di questa tesi.

La curva monotona è trilineare, definita dai momenti di fessurazione e snervamento e dalle rigidezze iniziale, post-fessurazione e post-snervamento. Tali parametri sono stati ricavati mediante una semplice routine numerica [Li 1996b], che, come dati di ingresso, richiede le caratteristiche dei materiali di cui la sezione è costituita, essendo questa divisa in fibre. Come poi verrà ampiamente illustrato quando verrà descritto il modello utilizzato per le colonne, quali tensioni e deformazioni medie dell’acciaio e del calcestruzzo non confinato sono stati assunti i valori sperimentali riportati nelle Tabelle 4.1 e 4.2, mentre nel caso del calcestruzzo confinato esse sono state calcolate mediante le formule di Mander [Mander et al. 1988, Paulay & Priestley 1991]. Per calcolare le rotazioni dalle curvature, la routine di calcolo assume una distribuzione variabile linearmente delle curvature stesse con punto di nullo costantemente coincidente con la mezzeria della trave.

L’unico valore della curva monotona che è stato valutato in base a considerazioni diverse è la pendenza del tratto post snervamento nel caso di

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 71

momento negativo, vale a dire quando questo tende le fibre superiori. Infatti è ben noto che la zona in cui l’armatura della soletta si snerva aumenta al crescere della rotazione della trave [CEB 1994, Dolsek & Fajfar 2000, Negro et al. 1994]e ciò può essere tenuto in conto considerando un’ampiezza crescente della soletta, e quindi della sua armatura, partecipante al meccanismo resistente. Questo fenomeno può essere modellato più semplicemente lasciando invariata la geometria rettangolare della sezione ed incrementando fittiziamente la rigidezza del tratto tra il momento di snervamento e quello ultimo: tale rigidezza è stata assunta pari al 5% di quella iniziale nel caso dei telai esterni e pari al 10% di quella iniziale per le travi afferenti ai telai interni.

Figura 4.4. Fase di scarico dalla curva principale prima e dopo lo snervamento.

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72 Capitolo IV – Confronto numerico-sperimentale

Si ritiene interessante a questo punto descrivere le leggi che regolano lo

scarico ed il ricarico nel modello isteretico utilizzato. Per quanto concerne lo scarico dalla curva monotona, bisogna distinguere il caso in cui esso avvenga prima dello snervamento o dopo di esso [fig. 4.4]. Nel primo caso risulta:

⎪⎪

⎪⎪

≥−−

<

=

⎪⎪

⎪⎪

≥−−

<

= ff

ddff

ff K

K ; ff

ddff

ff K

K'pp'

cp

'cp

'pp4

11

p'p'

p

'p

p'p5

10

c

c

(4.8)

Per quanto concerne, invece, lo scarico da un punto della curva monotona successivo a quello di snervamento, valgono le regole geometriche:

dd

ddff

K ; dd

ddff

Km

y'cy

'cy

9'm

'y

c'y

c'y

8

γγ

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

−−

=⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

−−

= (4.9)

Per quanto concerne lo scarico relativo ai cicli interni, cioè quelli per cui lo scarico avviene prima del raggiungimento del picco, la rigidezza è pari a:

88' KK ⋅= ξ , 99' KK ⋅= ξ (4.10)

Si deve osservare che, al fine di ottenere la migliore corrispondenza possibile tra i risultati delle analisi numeriche e le prove sperimentali, alle curve di scarico è stata assegnata la pendenza più dolce possibile (γ = 0.5 e ξ = 0.5) ; ciò implica che la rigidezza allo scarico e l’energia dissipata nei cicli dopo lo snervamento sono molto piccole. In tal modo si è anche cercato di tenere parzialmente in conto, sebbene in modo approssimativo, l’effetto dello scorrimento delle barre di armatura.

Per quanto concerne la retta di ricarico, questa punta al picco più esterno raggiunto nei cicli precedenti. Bisogna sottolineare, però, che il modello tiene conto dell’effetto “pinching” assegnando una rigidezza al ricarico pari a [fig. 4.5]:

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 73

dd

ddf

K ; dd

ddf

Km

y

0m

ms'

m

'y

'0

'm

'm'

s

λλ

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

−=⎟

⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

−= (4.11)

essendo (fm, dm) e (f’m, d’m) i punti corrispondenti ai picchi sulla curva monotona dopo lo snervamento, d0 e d’0 le rotazioni in corrispondenza dell’inversione del carico e λ un parametro da cui dipende l’entità dell’effetto “pinching”. A tale parametro è stato assegnato un valore medio, cioè λ = 0.5.

Figura 4.5. Modello isteretico assegnato alle sezioni di estremità delle travi.

All’estremità di ciascuna trave sono stati considerati dei conci rigidi la cui lunghezza è stata calcolata mediante la formula:

42

tccrt

hhl −= (4.12)

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74 Capitolo IV – Confronto numerico-sperimentale

essendo hc la dimensione della sezione del pilastro nella direzione della trave di cui si sta calcolando la lunghezza del concio rigido ed ht l’altezza di tale trave.

Figura 4.6. Modello numerico utilizzato per i pilastri.

4.3.2 Pilastri

Le colonne sono idealizzate mediante un modello multi-molle [fig. 4.6]. Esso è costituito da un elemento elastico lineare a comportamento sia tagliante che flessionale elastico in entrambe le direzioni principali della sezione trasversale e con deformazioni assiali elastiche. Agli estremi di ciascuna colonna sono presenti due elementi multi-molle, capaci di modellare il comportamento flessionale ed assiale non lineare delle sezioni trasversali di estremità e che tengono conto dell’interazione triassiale; con tale terminologia si vuole intendere la mutua dipendenza delle tre sollecitazioni, flettenti nelle due direzioni ortogonali ed assiale, quando la sezione si trova in fase plastica e che è legata dalla forma del dominio di plasticizzazione, a sua volta dipendente

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 75

dalle caratteristiche di resistenza e deformabilità dei materiali che costituiscono la sezione stessa.

L’elemento multi-molle, di lunghezza nulla, è separato dal resto della colonna da due nodi interni ed è caratterizzato da almeno quattro molle, che riproducono il comportamento delle aree in cui è stata divisa la sezione stessa. Ciascuna molla è sollecitata mediante una forza assiale ed è soggetta ad uno spostamento assiale. Tale spostamento è basato sull’ipotesi di sezione piana ed è determinato dalla rotazione flessionale non lineare e dalla deformazione assiale dell’elemento multi-molle. Poiché da un punto di vista numerico è difficile considerare delle molle con comportamento rigido-plastico, la flessibilità dei due conci di estremità della colonna, di lunghezza pari a quella ipotizzata di cerniera plastica, è assegnata alle molle come flessibilità iniziale. Alla generica molla, quindi, si fornisce la rigidezza iniziale:

0

iii0s L

AEKη

= (4.13)

dove: isK 0 è la rigidezza iniziale dell’i-esima molla;

Ei è il modulo di Young del materiale; Ai è l’area della molla; ηL0 è l’assegnata lunghezza della cerniera plastica; L0 è la lunghezza dell’elemento colonna, a meno, ovviamente, dei conci

rigidi. La flessibilità iniziale dell’elemento colonna è divisa tra l’elemento lineare

e l’elemento multi-molle. Supponendo la sezione trasversale della colonna simmetrica, le molle possono essere disposte simmetricamente attorno al baricentro della sezione. In questo caso la deformabilità iniziale alla rotazione δsr dell’elemento multi-molle lungo l’asse principale e la deformabilità iniziale a sforzo normale δs0 possono essere calcolate attraverso le espressioni:

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76 Capitolo IV – Confronto numerico-sperimentale

EAL

AEL

EI9.0L

YAEL

0

ii

00

02iii

0r

ηηδ

ηηδ

≈=

≈=

s

s

(4.14)

dove Ei è la rigidezza flessionale iniziale della sezione dell’elemento colonna lungo l’asse considerato ed EA la sua rigidezza assiale iniziale. La deformabilità flessionale in una direzione dell’elemento elastico può essere espressa come:

⎥⎥⎥⎥⎥

⎢⎢⎢⎢⎢

EI3L

EI6L

EI6L

EI3L

00

00

b

a

γ

γ

(4.15)

e la deformabilità assiale come:

EA

L00γ (4.16)

dove γa, γb e γ0 sono i fattori di riduzione della deformabilità associati all’elemento multi-molle disposto alle due estremità dell’elemento colonna. Poiché la deformabilità totale a flessione uniassiale della colonna è:

⎥⎥⎥⎥⎥

⎢⎢⎢⎢⎢

+−

−+

=

⎥⎥⎥⎥⎥

⎢⎢⎢⎢⎢

EI9.0L

EI3L

EI6L

EI6L

EI9.0L

EI3L

EI3L

EI6L

EI6L

EI3L

000

000

00

00

ηγ

ηγ

b

a

(4.17)

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 77

i fattori di riduzione γa, γb e γ0 risultano pari a:

ηηγ

ηγγ

−−=

−==

0.1

3.00.1

0

ba

(4.18)

Figura 4.7. Modellazione numerica delle sezioni di estremità dei pilastri.

Nel caso in esame, ciascun elemento multi-molle costituito da otto molle rappresentative delle barre di armatura e da sedici molle rappresentative del calcestruzzo, di cui otto relative al calcestruzzo non confinato ed otto a quello confinato [fig. 4.7].

Il comportamento di ciascuna molla è caratterizzato da un legame forza-spostamento, che per l’acciaio è riportato in Figura 4.8. Ciascun valore di forza è ricavato moltiplicando la tensione assegnata per l’area di armatura afferente alla molla in esame. Ciascun valore di spostamento è ottenuto, invece, moltiplicando la corrispondente deformazione per l’assegnata lunghezza della cerniera plastica. Tale lunghezza è stata assunta pari alla metà del lato della sezione trasversale [Priestley & Park 1987].

Le otto molle che riproducono il comportamento dell’acciaio sono poste ad una distanza dal bordo della sezione pari al copriferro; quattro di esse sono poste negli angoli, le altre quattro al centro dei quattro lati. Le aree di armatura afferenti a ciascuna molla sono pari a:

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78 Capitolo IV – Confronto numerico-sperimentale

siyx

ii AJJyx

A =1 ; ( )

siyx

iyi AJJ

yJxA

−=2 ;

( )si

yx

iix AJJ

yxJA

−=8 (4.19)

dove: x ed y sono gli assi principali della sezione trasversale; A1, A2 ed A8 sono le aree delle molle rispettivamente d’angolo, giacente sull’asse positivo delle x e giacente sull’asse positivo delle y [fig. 4.6]; Jx e Jy sono l’ascissa e l’ordinata di tali molle; Asi l’area della i-esima barra di armatura; xi ed yi l’ascissa e l’ordinata della i-esima barra di armatura.

Figura 4.8. Legame forza-spostamento assegnato alle molle di acciaio.

La curva monotona del legame forza-spostamento è bilineare, con tensione di snervamento e rigidezza post-snervamento ricavate in base alle tensioni e deformazioni medie riportate in tabella 4.2. Lo stesso legame è assegnato sia in compressione che in trazione. La rigidezza allo scarico è stata assunta pari a

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 79

quella iniziale, mentre il coefficiente θ [fig. 4.8], che tiene conto dell’effetto Baushinger, è stato assunto pari a 0.75.

Figura 4.9. Legame forza-spostamento assegnato alle molle di calcestruzzo.

Per quanto concerne il calcestruzzo, ciascuna molla è posta nel baricentro dell’area ad essa relativa; al calcestruzzo non confinato è stato assegnato uno spessore pari a due volte il copriferro, per tener conto del minore effetto di confinamento delle staffe lungo i lati della sezione. Il legame assegnato è riportato in figura 4.9.

In compressione la curva monotona è trilineare. Per quanto concerne il calcestruzzo non confinato, come tensione massima è stata assunta quella riportata in tabella 4.1, la corrispondente deformazione pari allo 0.2%; per ottenere ciò, in corrispondenza di una tensione pari alla metà di quella massima, si è assunto un valore della rigidezza minore di quello iniziale. La deformazione massima è stata, invece, assunta pari allo 0.4%, la corrispondente tensione nulla.

Per quanto concerne il calcestruzzo confinato, la tensione massima e la corrispondente deformazione e la deformazione massima e la corrispondente

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80 Capitolo IV – Confronto numerico-sperimentale

tensione sono calcolate mediante le formule di Mander [Mander et al 1988, Paulay & Priestley 1991]. Poiché tutti i pilastri hanno sezione quadrata, il rapporto tra la tensione massima del calcestruzzo confinato e quella del calcestruzzo non confinato risulta:

c

l

c

l

c

cc

ff

ff

ff

''2

''94.7

1254.2254.1''

−++−= (4.20)

dove:

yhel fKf ρ=' è la tensione di confinamento,

75.0=eK per sezioni generalmente rettangolari è il coefficiente di confinamento, fyh è la tensione di snervamento delle staffe, il cui valore è riportato in Tabella 2.2.,

"shAs=ρ è il rapporto tra la sezione trasversale complessiva delle staffe e

l’area del calcestruzzo confinato ottenuti tagliando la sezione con un piano ortogonale alla direzione in esame, s è il passo delle staffe, h” è la larghezza della parte di sezione confinata. Per quanto riguarda le travi, essendo le sezioni delle stesse rettangolari, si

sono dovuti calcolare i rapporti c

ly

ff

''

ed c

lx

ff

''

e mediante un abaco [Mander

et al 1988, Paulay & Priestley 1991], quindi, si è potuto calcolare il rapporto

c

cc

ff

''

.

La deformazione del calcestruzzo confinato relativa alla tensione massima, considerando che la corrispondente deformazione del calcestruzzo non confinato è stata assunta uguale a 0.002, è pari a:

⎥⎥⎦

⎢⎢⎣

⎡⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛−+= 1

''

51002.0c

cccc f

fε (4.21)

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 81

Al fine di ottenere tale deformazione, la rigidezza iniziale è stata decrementata in corrispondenza di un valore della tensione pari alla metà della tensione massima.

La deformazione massima del calcestruzzo confinato, considerando che la corrispondente del calcestruzzo non confinato è stata assunta uguale a 0.004, risulta pari a:

cc

smyhscu f

f'

4.1004.0

ερε += (4.22)

dove:

yxs ρρρ += è il rapporto volumetrico del calcestruzzo confinato,

ρx, ρy coincidono con il rapporto ρ prima descritto nel caso di sezioni quadrate, assumono valori tra loro differenti nel caso di sezioni rettangolari, εsm è la deformazione dell’acciaio corrispondente alla tensione massima, valore che è stato letto nella Tabella 4.2. La tensione corrispondente alla deformazione ultima è stata calcolata mediante l’espressione:

r

ucccu xr

rxff

+−=

1'

' (4.23)

essendo:

cc

cuux

εε

= (4.24)

secEE

Er

c

c

−= (4.25)

con

cc fE '4700= [MPa] modulo tangente,

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82 Capitolo IV – Confronto numerico-sperimentale

cc

ccfE

''

sec ε= modulo secante.

Sia per il calcestruzzo confinato che per il calcestruzzo non confinato la retta di scarico prima dell’attingimento della massima tensione di compressione è diretta verso il punto appartenente alla retta di carico iniziale e di ordinata pari alla metà della tensione massima, ovviamente di segno opposto rispetto alla tensione che si sta scaricando.

La tensione massima di trazione è stata ricavata dalla relazione fornita dalla Portland Cement Association:

[MPa] (4.26) 538.0606.0 ccilct ff =

essendo

cccil ff 83.0= la tensione cilindrica di compressione massima,

fc la tensione massima di compressione letta dalla Tabella 2.1. La deformazione corrispondente a tale tensione massima è quella del punto

giacente sulla retta elastica; è verso tale punto che è diretta anche la curva di carico in trazione successiva ad uno scarico dalla curva monotona di compressione prima dell’attingimento della tensione massima. Non c’è trazione, invece, quando lo scarico dalla curva monotona di compressione avviene da un punto che è sul ramo discendente. Lo scarico dalla tensione massima di trazione è diretto ad un punto sull’asse delle tensioni nulle che presenta una deformazione pari a tre volte quella corrispondente alla tensione massima di trazione.

Anche agli estremi dei pilastri è stata tenuta in conto la presenza di conci rigidi, la cui lunghezza è data da:

42ct

crchh

l −= (4.27)

essendo ht l’altezza della trave in corrispondenza della quale termina il pilastro di cui si sta calcolando il concio rigido e hc la dimensione della sezione di tale pilastro.

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 83

4.4 ANALISI NUMERICHE

Per calibrare il modello numerico alcuni parametri sono stati assegnati sulla base di valutazioni teoriche, come sinteticamente illustrato nei paragrafi precedenti, mentre altri sono stati determinati elaborando i risultati delle prove sperimentali descritte. Per la valutazione di tali ultimi parametri sono state condotte numerose analisi, facendoli variare all’interno di intervalli fisicamente ammissibili e scegliendo i valori che hanno fornito la migliore correlazione tra risultati sperimentali ed analisi numeriche. Nelle analisi, come già detto, si è posta particolare attenzione nella determinazione dei coefficienti di smorzamento, dei parametri che regolano l’andamento dei cicli di isteresi delle travi e dei pilastri (quali la pendenza della curva di scarico e di ricarico) e della porzione di soletta collaborante. Come in parte prevedibile si è rilevato che il comportamento non lineare delle travi condiziona il comportamento della struttura più di quello delle colonne; questo fenomeno è legato al tipo di progetto che l’Eurocodice 8 impone, vale a dire a colonne forti e travi deboli, per cui queste ultime sono interessate più delle prime da plasticizzazioni.

Le analisi sono state condotte sollecitando la struttura con lo stesso accelerogramma utilizzato per eseguire le prove pseudodinamiche, scalandolo per un coefficiente amplificativo pari a 1.5 al fine di riprodurre i tests di alto livello.

Nelle figure 4.10, 4.11, 4.12 e 4.13 è mostrato il confronto tra i risultati delle prove sperimentali e quelli delle analisi numeriche in termini di storie temporali degli spostamenti dei baricentri dei quattro impalcati. In tutti e quattro i casi il massimo spostamento viene colto molto bene; riteniamo che questo sia un dato importante dal momento che quasi tutti i risultati presenti in questa tesi sono riportati in termini di massimi valori di storie temporali e ciò ci garantisce la loro affidabilità. Ovviamente è importante sottolineare che, oltre al valore massimo, è tutto l’andamento nel tempo delle due curve per ciascun caso che corrisponde abbastanza bene, sia in termini di forma dell’andamento stesso che in termini di fase e di massimi relativi.

Analoghe osservazioni si possono fare in merito al confronto numerico-sperimentale relativo agli spostamenti di interpiano, riportato, per i quattro piani dell’edificio, nelle figure 4.14, 4.15, 4.16 e 4.17 in termini percentuali rispetto all’altezza di interpiano. Questo confronto è ancora più significativo del precedente dal momento che i risultati non sono sommati a quelli dei piani inferiori. A questo proposito è doveroso osservare che, in corrispondenza

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84 Capitolo IV – Confronto numerico-sperimentale

dell’ultimo livello, gli spostamenti ottenuti dall’analisi numerica sono generalmente più ampi di quelli ottenuti sperimentalmente; è pur vero che anche gli sperimentatori [Negro et al. 1994] osservano che spostamento tanto bassi in corrispondenza dell’ultimo piano non erano attesi.

Anche in termini di taglio di piano, come mostrato nelle figure 4.18, 4.19, 4.20 e 4.21 per i quattro piani dell’edificio, esiste una buona corrispondenza in termini di fase tra i risultati sperimentali e quelli numerici. E’ pur vero che i picchi delle storie temporali ottenute numericamente sono generalmente un po’ inferiori rispetto ai corrispondenti valori sperimentali e soprattutto nel primo caso l’andamento della curva si presenta più irregolare rispetto al secondo. Questa discrepanza, che in misura minore può essere notata anche in termini di spostamento, è legata allo smorzamento. Infatti, essendo le prove pseudodinamiche comunque prove statiche, esse non tengono naturalmente conto dello smorzamento; questo, inoltre, è stato posto uguale a zero nell’algoritmo utilizzato nelle prove stesse. Nelle analisi numeriche, di tipo dinamico, al contrario deve necessariamente essere assegnato un valore dello smorzamento. Nel caso in esame, quindi, al fine di ottenere degli spostamenti di entità prossima a quelli sperimentali è stato assegnato uno smorzamento relativo molto basso, come illustrato nel paragrafo 4.3; ciò contemporaneamente, però, è causa dell’irregolarità degli andamenti delle storie temporali.

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 85

I impalcato

-80

-60

-40

-20

0

20

40

60

0 1 2 3 4 5 6 7

Tempo [sec]

Spo

stam

ento

[mm

]

Test Analisi

8

Figura 4.10. Storia temporale degli spostamenti del I impalcato.

II impalcato

-150

-100

-50

0

50

100

0 1 2 3 4 5 6 7 8

Tempo [sec]

Spo

stam

ento

[mm

]

Test Analisi

Figura 4.11. Storia temporale degli spostamenti del II impalcato.

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86 Capitolo IV – Confronto numerico-sperimentale

III impalcato

-200

-150

-100

-50

0

50

100

150

0 1 2 3 4 5 6 7 8

Tempo [sec]

Spo

stam

ento

[mm

]

Test Analisi

Figura 4.12. Storia temporale degli spostamenti del III impalcato.

IV impalcato

-250

-200

-150

-100

-50

0

50

100

150

200

0 1 2 3 4 5 6 7 8

Tempo [sec]

Spo

stam

ento

[mm

]

Test Analisi

Figura 4.13. Storia temporale degli spostamenti del IV impalcato.

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 87

I piano

-2.5

-2.0

-1.5

-1.0

-0.5

0.0

0.5

1.0

1.5

2.0

0 1 2 3 4 5 6 7

Tempo [sec]

Spo

stam

ento

d'in

terp

iano

/Hi [

%]

Test Analisi

8

Figura 4.14. Storia temporale degli spostamenti di interpiano (I piano).

II piano

-2.5

-2.0

-1.5

-1.0

-0.5

0.0

0.5

1.0

1.5

2.0

0 1 2 3 4 5 6 7

Tempo [sec]

Spo

stam

ento

d'in

terp

iano

/Hi [

%]

Test Analisi

8

Figura 4.15. Storia temporale degli spostamenti di interpiano (II piano).

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88 Capitolo IV – Confronto numerico-sperimentale

III piano

-2.5

-2.0

-1.5

-1.0

-0.5

0.0

0.5

1.0

1.5

2.0

0 1 2 3 4 5 6 7

Tempo [sec]

Spo

stam

ento

d'in

terp

iano

/Hi [

%]

Test Analisi

8

Figura 4.16. Storia temporale degli spostamenti di interpiano (III piano).

IV piano

-2.5

-2.0

-1.5

-1.0

-0.5

0.0

0.5

1.0

1.5

2.0

0 1 2 3 4 5 6 7

Tempo [sec]

Spo

stam

ento

d'in

terp

iano

/Hi [

%]

Test Analisi

8

Figura 4.17. Storia temporale degli spostamenti di interpiano (IV piano).

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 89

Taglio alla base

-1500

-1000

-500

0

500

1000

1500

0 1 2 3 4 5 6 7 8

Tempo [sec]

Tagl

io [k

N]

Test Analisi

Figura 4.18. Storia temporale del taglio alla base.

II piano

-1500

-1000

-500

0

500

1000

1500

0 1 2 3 4 5 6 7 8

Tempo [sec]

Tagl

io [k

N]

Test Analisi

Figura 4.19. Storia temporale del taglio relativo al secondo piano.

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90 Capitolo IV – Confronto numerico-sperimentale

III piano

-1000

-800

-600

-400

-200

0

200

400

600

800

1000

0 1 2 3 4 5 6 7

Tempo [sec]

Tagl

io [k

N]

Test Analisi

8

Figura 4.20. Storia temporale del taglio relativo al terzo piano.

IV impalcato

-800

-600

-400

-200

0

200

400

600

800

0 1 2 3 4 5 6 7

Tempo [sec]

Tagl

io [k

N]

Test Analisi

8

Figura 4.21. Storia temporale del taglio relativo al quarto piano.

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 91

Capitolo V

Effetti dell’eccitazione sismica bidirezionale

5.1 INTRODUZIONE

Negli edifici intelaiati l’azione bidirezionale del sisma tende a ridurre la resistenza delle colonne a causa degli effetti dell’interazione biassiale. Inoltre, mentre in campo elastico esiste accoppiamento latero-torsionale solo in caso di strutture asimmetriche in pianta, in campo anelastico la plasticizzazione degli elementi strutturali può innescare oscillazioni torsionali anche negli edifici simmetrici.

Per questo motivo negli ultimi anni si è molto discusso della possibilità di cogliere mediante analisi di tipo unidirezionale l’effettiva risposta degli edifici, che generalmente presentano elementi resistenti orientati lungo due direzioni ortogonali e che ovviamente sono soggetti ad entrambe le componenti orizzontali dell’azione sismica. De La Llera e Chopra [De La Llera & Chopra 1995] correlano la possibilità o meno di trascurare gli elementi ortogonali all’intensità dell’azione sismica; i risultati ottenuti da Riddel e Santa-Maria [Riddel & Santa-Maria 1999] mostrano, invece, che l’effetto dell’input sismico bidirezionale si risente in particolar modo sul lato flessibile delle strutture asimmetriche in pianta di basso periodo ed aumenta all’aumentare dell’eccentricità e dell’intensità della componente secondaria del sisma ed al diminuire della resistenza e del periodo.

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92 Capitolo V – Effetti dell’eccitazione sismica bidirezionale

Come già ampiamente detto nel capitolo III, le moderne normative, quali l’Eurocodice 8, l’Uniform Building Code ed il NEHERP, generalmente prescrivono di combinare gli effetti ottenuti dall’applicazione delle due componenti orizzontali mediante la radice quadrata della somma dei quadrati oppure, per ciascuna delle direzioni di analisi, aggiungendo agli effetti ottenuti dall’applicazione della componente agente in quella direzione, un’aliquota degli effetti ottenuti dall’applicazione della componente agente nella direzione ortogonale, aliquota generalmente pari al 30%.

Tali incrementi delle sollecitazioni di progetto mirano, ovviamente, all’aumento della resistenza degli edifici, affinché il progettista sia cautelato nei confronti di alcuni effetti negativi legati alla esistenza, nella realtà fisica, di due componenti orizzontali dell’azione sismica. Tali effetti sono: 1) l’incremento di energia che la struttura deve assorbire in virtù della presenza non di una, ma di entrambe le componenti orizzontali dell’azione sismica; 2) gli effetti dell’interazione triassiale (vale a dire l’interazione sul dominio di plasticizzazione della sezione delle due azioni flettenti agenti in piani ortogonali e dello sforzo normale variabile); 3) la variazione dell’angolo di incidenza del sisma, il quale potrebbe sollecitare l’edificio lungo direzioni di minore resistenza rispetto a quelle principali di progetto.

A sottolineare l’attualità dell’argomento trattato, si osserva che oltre dieci articoli presentati all’ultima Conferenza Mondiale di Ingegneria Sismica, tenuta in Nuova Zelanda nel febbraio 2000, avevano come oggetto il problema in esame.

5.2 PROVE SPERIMENTALI

I risultati sperimentali analizzati nel seguito sono in particolare relativi ad elementi in cemento armato sollecitati mediante presso-flessione deviata ciclica, tipo di sollecitazione caratteristico dei pilastri di un edificio intelaiato soggetto ad azione sismica. L’interesse specifico relativo al comportamento degli elementi colonna è giustificato dal fatto che, mentre le travi sono quasi per nulla condizionate da azioni ortogonali al piano cui appartengono, i pilastri, soprattutto se quadrati, sono preposti a sopportare indistintamente sollecitazioni flettenti agenti secondo entrambe le direzioni principali delle loro sezioni trasversali. Quindi, la diversa risposta della struttura nei casi in cui

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 93

questa sia sollecitata da azioni orizzontali cicliche in una sola direzione oppure in entrambe è fortemente legata proprio al loro diverso comportamento nei due casi.

Figura 5.1. Prova sperimentale su elemento in c.a. sollecitato a flessione deviata [Takizawa & Aoyama 1976].

Tra le diverse prove eseguite con controllo degli spostamenti su elementi a sezione trasversale quadrata incastrati ad un estremo e privi di sforzo normale riportate in [Takizawa & Aoyama 1976] una di esse presenta risultati che appaiono interessanti. Essa è caratterizzata da un carico monotono con spostamento imposto parallelo ad un lato del provino condotto oltre la condizione di snervamento e spostamenti successivi a 45° rispetto a tale direzione, la cui traccia sul piano cartesiano forma tre quadrati ognuno

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94 Capitolo V – Effetti dell’eccitazione sismica bidirezionale

contenente il precedente [fig. 5.1]; ciascuno dei due quadrati interni è tracciato due volte. Riportando su un piano cartesiano i valori delle forze necessarie per ottenere gli spostamenti assegnati, si osserva che i punti corrispondenti a tali valori formano dei quadrati che sono ruotati di circa 15°-20° rispetto a quelli relativi agli spostamenti. Ciò è dovuto al fatto che quando viene fatto variare lo spostamento in una direzione la forza necessaria a mantenere costante lo spostamento nella direzione ortogonale diminuisce; questo fenomeno rivela un decremento di resistenza in una direzione a causa dell’azione nella direzione ortogonale.

Figura 5.2. Prova sperimentale su elemento in c.a. sollecitato a flessione secondo le due direzioni principali [Otani et al. 1980].

Anche in [Otani et al. 1980] sono presentate alcune prove su mensole in

cemento armato a sezione quadrata sollecitate a flessione deviata mediante spostamenti imposti. Una delle prove è caratterizzata da due cicli di spostamenti in una direzione di entità pari a 2 volte lo spostamento al limite elastico, seguiti da otto cicli nella direzione ortogonale con spostamento massimo pari a 4.5 volte lo spostamento al limite elastico; seguono, infine, 2

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 95

cicli identici, in direzione ed entità, ai primi due. Il confronto in termini di diagramma forza-spostamento fra la prima e l’ultima serie di cicli, mostra in questo secondo caso un forte abbattimento della resistenza, il quale rivela che per l’elemento esaminato azioni cicliche di alta intensità in una direzione influenzano decisamente il comportamento nella direzione ortogonale.

Altra prova interessante condotta dagli stessi autori su un provino simile consta di cicli di spostamenti assegnati caratterizzati da una duttilità massima pari a 2 e seguiti da cicli nella direzione ortogonale caratterizzati da duttilità massima pari a 2 i primi due e pari a 4 i secondi due. I risultati ottenuti da tale prova sono confrontati con quelli determinati su un provino identico, al quale è stata imposta la stessa storia di spostamenti, ma tutti nella stessa direzione. I diagrammi forza-spostamento ottenuti nei due casi si presentano molto simili, pur se nel caso unidirezionale l’abbattimento della resistenza in corrispondenza dell’ultimo ciclo è molto più evidente [fig. 5.2]. Ciò da un lato conferma l’influenza che l’azione in una direzione presenta nella direzione ortogonale, dall’altro mostra, però, che l’azione ciclica secondo una direzione fissa determina un danneggiamento maggiore rispetto al caso in cui la direzione di tale azione sia variabile.

[Takiguchi et al. 1980] e [Kobayashi et al. 1984] confermano quanto detto sopra confrontando la risposta di un provino incastrato ad entrambe le estremità soggetto a flessione uniassiale a quella dello stesso provino soggetto a flessione deviata. Tale flessione è indotta mediante una storia di spostamenti imposti caratterizzata da quattro orbite circolari o ellittiche, ciascuna contenente la precedente e di raggio pari all’ampiezza dei cicli uniassiali di riferimento; tale ampiezza è circa pari a 0.5, 1.5, 2.5 e 3.5 volte lo spostamento corrispondente allo snervamento. I diagrammi forza-spostamento dei provini con storie di spostamenti indotti uniassiale e biassiale sono simili, pur se nel secondo caso si mostrano più stretti, rivelando un decremento della resistenza di snervamento. Considerando la forma del dominio di resistenza di una sezione in cemento armato, tale decremento è facilmente spiegabile.

[Saatcioglou 1984] e [Saatcioglou & Ozcebe 1989] sollecitano provini di sezione quadrata incastrati ad un estremo a pressoflessione deviata. E’ imposta una storia di spostamenti la cui traccia nel piano orizzontale è tale da formare 5 ellissi concentriche con raggio minore pari alla metà del maggiore e quest’ultimo pari a 0.5, 1.0, 2.0, 3.0 e 4.0 volte lo spostamento al limite di snervamento; ciascuna ellisse è tracciata 3 volte in senso orario. I risultati sono confrontati con quelli ottenuti sollecitando provini uguali a flessione retta

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96 Capitolo V – Effetti dell’eccitazione sismica bidirezionale

mediante la stessa storia di carico. I cicli forza-abbassamento nella direzione dei lati della sezione ottenuti nel primo caso risultano più ampi di quelli ottenuti nel secondo, mostrando un incremento di energia dissipata dovuto all’accoppiamento delle sollecitazioni agenti nelle due direzioni. Tale accoppiamento si manifesta anche nel decremento, rispetto al caso di sollecitazione uniassiale, della forza massima attinta nella direzione dell’asse minore dell’ellisse a parità di spostamento.

Figura 5.3. Prova sperimentale su elemento in c.a. sollecitato a flessione deviata [Bousias et al. 1992].

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 97

Figura 5.4. Prova sperimentale su elemento in c.a. sollecitato a pressoflessione deviata [Li et al. 1987].

Molte sono le prove sperimentali presentate in [Bousias et al. 1992, Bousias 1993] relative a provini tipo mensola ai quali è imposta una storia di

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98 Capitolo V – Effetti dell’eccitazione sismica bidirezionale

spostamenti secondo due direzioni ortogonali, essendo assegnato uno sforzo normale costante; i risultati sono confrontati con quelli ottenuti su un provino simile da una storia di spostamenti imposti unidirezionale. Una prima prova è caratterizzata da cicli di spostamenti applicati separatamente nelle due direzioni ortogonali in maniera alternata di ampiezza crescente linearmente. Da questa si osserva un certo degrado di resistenza in una direzione dovuto al ciclo immediatamente precedente di uguale ampiezza nella direzione ortogonale. Inoltre sono misurati gli spostamenti assiali dovuti sia all’accumulo di deformazione plastica nelle barre di armatura sia allo scorrimento delle stesse. Si rileva che tali spostamenti sono proporzionali alle deformazioni flessionali, indipendenti dalla direzione dello spostamento trasversale imposto e molto legati, invece, all’entità dello sforzo assiale applicato. Considerando anche altre prove si deduce che quando tale sforzo normale ha un valore basso tali spostamenti sono degli allungamenti, altrimenti sono degli accorciamenti; inoltre, gli iniziali allungamenti possono convertirsi in accorciamenti col progredire del danneggiamento.

Una prova è caratterizzata da uno spostamento nella direzione trasversale costante a tratti e crescente da tratto a tratto e per ciascuno di tali tratti da spostamenti ciclici crescenti nella direzione principale da zero al valore imposto nella prima direzione. Se da un lato si può notare che la presenza di tale ultimo spostamento influenza poco l’andamento dei cicli nella direzione principale, dall’altro si osserva che la forza necessaria a mantenere lo spostamento costante decresce decisamente, fin quasi ad annullarsi, al crescere dell’ampiezza dei cicli nella direzione principale [fig. 5.3]; quest’ultimo fenomeno determina un forte incremento dell’energia dissipata.

In [Li et al. 1987] sono riportate 5 prove sperimentali con provini sollecitati mediante flessione biassiale, una delle quali caratterizzata da sforzo normale costante, le altre da sforzo normale variabile. Il percorso di spostamenti imposti consiste in due quadrati uniti a formare un 8; per ogni massimo spostamento sono tracciati quattro 8, il cui asse longitudinale è nei primi due parallelo ad una diagonale della sezione quadrata del provino, nei secondi due è parallelo all’altra diagonale della sezione. Nel primo e nel terzo caso tale percorso è compiuto in senso antiorario, nel secondo e nel quarto in senso orario. In due delle prove (B8-1, B8-2) lo sforzo normale adimensionalizzato

cc fA

N=ν (5.1)

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 99

dove Ac è l’area di calcestruzzo ed fc la resistenza dello stesso, varia intorno ad un valore medio pari a 0.07, nelle altre due (B40-1, B40-2) il valore medio di ν è pari a 0.32. Se si considerano le prove B8-1 e B40-1, in cui lo sforzo normale varia con l’entità della forza trasversale nella direzione NS, il diagramma momento rotazione si presenta asimmetrico sia in termini di rigidezza che di resistenza quasi unicamente nella direzione NS e nel caso di ν basso [fig. 5.4]; gli effetti di tale variazione sono lievi per ν alto e nella direzione EW. Nelle prove B8-2 e B40-2, invece, ν è fatto variare proporzionalmente ad entrambe le azioni trasversali; in tutte e due le direzioni nel caso di sforzo normale medio adimensionalizzato basso i cicli sono fortemente asimmetrici, mentre nel caso in cui ν medio sia alto tale fenomeno non si rileva sistematicamente.

Figura 5.5. Prova sperimentale su elemento in c.a. sollecitato a pressoflessione deviata [Low & Moehle 1987].

In [Low & Moehle 1987] sono riportate alcune prove su elementi in cemento armato incastrati ad un’estremità di sezione rettangolare in cui la sollecitazione di sforzo normale è tenuta costante oppure è fatta variare da un valore di ν = 0 ad un valore di ν = 0.13. Tra le altre è interessante la prova in cui la storia di spostamenti imposti è del tipo “a quadrifoglio” [fig. 5.5], con quattro diversi livelli di spostamento: innanzitutto è tracciato il quadrato nel primo quadrante in senso antiorario, dopodiché quello nel quarto quadrante

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100 Capitolo V – Effetti dell’eccitazione sismica bidirezionale

sempre in senso antiorario, quindi quelli nel secondo e terzo quadrante in senso orario. Facendo variare l’entità dello sforzo normale in funzione dello spostamento trasversale nella direzione debole, si osserva che nella direzione forte i cicli relativi a valori crescenti dello sforzo normale presentano rigidezza e resistenza crescenti, quelli relativi a valori decrescenti, al contrario, presentano rigidezza e resistenza decrescenti. Tale fenomeno è evidenziato anche dalle prove di [Li et al. 1987].

Figura 5.6. Prova sperimentale su elemento in c.a. sollecitato a pressoflessione deviata [Bousias et al. 1992].

In [Bousias et al. 1992] sono riportate, sulla stessa tipologia di provini

sollecitati a pressoflessione deviata ciclica con sforzo normale costante

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 101

descritti precedentemente, prove in cui lo sforzo normale adimensionalizzato ν è fatto variare da 0 a 0.27 ciclicamente proporzionalmente alla forza in una delle direzioni trasversali, mentre in quella ortogonale lo spostamento è tenuto costante. Le prove sono realizzate considerando sei combinazioni tra quattro valori dell’eccentricità (0.4, 0.6, 1.0 e 1.2) e tre dello spostamento trasversale costante (pari ad 1.0, 2.0 e 2.5 volte lo spostamento uniassiale di snervamento). I cicli forza-spostamento trasversale si presentano asimmetrici con il già osservato abbattimento della resistenza e della rigidezza in fase di carico ed allo scarico al decrescere dello sforzo normale [fig. 5.6]. In tal caso l’asimmetria è molto marcata dal momento che il dominio limite della sezione è raggiunto nella direzione dello sforzo normale decrescente, mentre per sforzi normali alti il comportamento è quasi elastico. Dai cicli che differiscono unicamente per una variazione dell’entità dello spostamento trasversale costante si osserva che l’incremento di questo determina un generale abbattimento di rigidezza e resistenza da cui deriva un incremento di deformabilità flessionale ed assiale. Infine si nota ancora che la forza necessaria al mantenimento di tale spostamento costante all’aumentare dei cicli flessionali ed assiali decresce decisamente, tanto che i diagrammi rappresentanti tali azioni in funzione della suddetta forza puntano al piano in cui essa è nulla.

5.3 STATO DELL’ARTE

5.3.1 Sistemi doppiamente simmetrici

I primi passi nello studio di edifici in cemento armato intelaiati soggetti ad azioni sismiche in cui gli effetti ortogonali sono portati in conto sono compiuti negli anni Settanta.

In [Takizawa & Aoyama 1976] è sviluppato un modello di comportamento di una sezione in cemento armato soggetta a pressoflessione che estende al caso bidimensionale quello con curva monotona trilineare e degrado di rigidezza. La bontà di tale modello è verificata sulla base di prove sperimentali statiche eseguite su pilastri in cemento armato soggetti a pressoflessione deviata. E’ inoltre esteso al caso bidimensionale il modello senza degrado di rigidezza, in modo da valutare l’influenza di tale degrado sulla risposta di

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102 Capitolo V – Effetti dell’eccitazione sismica bidirezionale

elementi colonna sollecitati da azioni sismiche (terremoti reali) bidirezionali di forte intensità. Tale confronto mostra che gli effetti dell’interazione biassiale possono essere significativi nel caso in cui il modello numerico assunto tenga conto del degrado di rigidezza della sezione all’aumentare delle deformazioni plastiche, mentre non lo sono in assenza di tale degrado. Inoltre tali effetti si risentono di più quando il livello di sollecitazione è tale che la sezione si trovi nella zona di passaggio tra il comportamento elastico e quello plastico, piuttosto che nel caso in cui essa sia fortemente plasticizzata.

In [Park et al. 1986] vengono presi in considerazione sistemi a due gradi di libertà traslazionali. Ad essi viene assegnato sia un comportamento tipo acciaio, vale a dire elasto-plastico con incrudimento senza alcun degrado, sia tipo cemento armato; in quest’ultimo caso il legame forza-spostamento presenta una curva monotona di tipo trilineare ed un comportamento ciclico caratterizzato dal degrado sia della rigidezza che della resistenza. L’eccitazione sismica è rappresentata da accelerogrammi generati. La duttilità richiesta nella direzione orizzontale X del sistema di riferimento (µIX), quella nella direzione Y (µIY) ottenute per eccitazione unidirezionale agente rispettivamente lungo X e lungo Y e la radice quadrata della somma della somma dei loro quadrati (µIR) sono confrontati con gli stessi parametri calcolati sotto eccitazione bidirezionale (µX, µY, µR). Tale confronto è realizzato al variare del rapporto tra le resistenze in corrispondenza dello snervamento nelle due direzioni ed la variare di µIX. Si osserva che µX e µR sono maggiori dei corrispondenti parametri ottenuti sotto eccitazione unidirezionale e tale differenza aumenta al crescere del livello di impegno plastico del sistema e del rapporto tra la resistenza nella direzione X e quella nella direzione Y; inoltre gli effetti dell’interazione biassiale sono più evidenti nel caso in cui il modello presenti degrado di rigidezza e resistenza. Si conclude, quindi, che nel caso di sistemi in cui tale degrado è assente ed in cui la richiesta plastica non è molto elevata (µIX < 4), la:

22IYIXIR µµµ += (5.2)

fornisce risultati attendibili; altrimenti bisogna considerare l’azione contemporanea delle due componenti dell’eccitazione sismica.

Anche in [De Stefano & Faella 1993, De Stefano & Faella 1995, De Stefano & Faella 1996] viene studiato un sistema a due gradi di libertà traslazionali. Al

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 103

modello è assegnato un comportamento elastico perfettamente plastico ed un dominio di plasticizzazione di forma ellittica. La resistenza massima nelle due direzioni orizzontali è assegnata mediante spettri inelastici a duttilità controllata di sistemi ad un grado di libertà soggetti alle due componenti dei terremoti utilizzati nelle analisi agenti separatamente; i terremoti scelti sono sia generati che storici. Questo tipo di progetto ha permesso di isolare la duttilità richiesta dal periodo del sistema e dal fattore di riduzione adottato. Dalle analisi eseguite si è potuto osservare che un indice di danneggiamento dipendente dalla dissipazione di energia, quale la duttilità isteretica biassiale, permette di determinare in maniera più chiara gli effetti dell’azione contemporanea di entrambe le componenti del sisma rispetto ad un parametro dipendente dal massimo spostamento attinto, quale la duttilità radiale richiesta. Per duttilità isteretica biassiale si è definita l’espressione:

yoyo

hy

xoxo

hxhr uF

EuF

E++= 1µ (5.3)

essendo Ehx, Fxouxo ed Ehy, Fyouyo le energie plastiche dissipate e quelle elastiche che il sistema può assorbire rispettivamente nella direzione X ed in quella Y. Inoltre le analisi numeriche svolte hanno mostrato che l’incremento di danno nel caso di eccitazione bidirezionale rispetto a quella unidirezionale dovuto agli effetti dell’interazione biassiale è maggiore nel caso di sistemi a basso periodo (Tx < 0.5 sec); tale risultato è confermato al variare dell’input sismico utilizzato, della rigidezza del sistema e dell’impegno plastico richiesto. Infine sono stati calcolati i fattori di sovraresistenza da assegnare al sistema al fine di ricondurre il danneggiamento ottenuto sotto doppia componente del sisma a quello accettato sotto singola componente. Poiché le analisi parametriche mostrano che tali sovraresistenze variano dal 20% al 40%, si afferma che è confermata l’adeguatezza delle prescrizioni dell’Eurocodice 8 relative agli effetti ortogonali.

[Kitajima et al. 1996] confrontano la risposta in termini di spostamenti di colonne in cemento armato soggette ad una sola delle componenti di terremoti reali con quella ottenuta utilizzando entrambe le componenti degli stessi terremoti. Il modello computazionale utilizzato è del tipo a fibre ed è tarato sulla base di prove sperimentali realizzate su tavola vibrante e descritte nel II capitolo di questa tesi. Si osserva che i massimi spostamenti delle colonne ottenuti sotto eccitazione bidirezionale sono uguali a quelli che si otterrebbero

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104 Capitolo V – Effetti dell’eccitazione sismica bidirezionale

sotto eccitazione unidirezionale se la resistenza delle colonne fosse ridotta

mediante un coefficiente variabile da 1.0 ad 2

1 ; ciò è evidentemente dovuto

al noto fenomeno dell’interazione biassiale che si verifica nel primo caso. Molto interessanti sono i risultati presentati in [Zeris & Mahin 1991],

relativi allo studio di un edificio intelaiato in cemento armato di due piani e con una campata per ciascun lato. I pilastri della struttura sono modellati mediante il metodo agli elementi finiti. Essi sono divisi in cinque conci, le cui sezioni trasversali sono divise in un certo numero di fibre, che riproducono il comportamento del calcestruzzo confinato, di quello non confinato e dell’acciaio delle barre di armatura. La risposta di tale edificio sollecitato da una delle componenti del terremoto registrato a Taft nel 1952 è confrontata con quella ottenuta applicando la stessa componente contemporaneamente nella direzione ortogonale; in entrambi i casi tale componente è amplificata per ottenere un picco di accelerazione assegnato. Si osserva che nel caso di eccitazione bidirezionale la resistenza e la rigidezza flessionale dei pilastri sollecitati a pressoflessione deviata si riduce rispetto al caso di eccitazione unidirezionale. Inoltre, a livello locale, le deformazioni aumentano, soprattutto quelle delle barre di armatura d’angolo; da ciò segue che il danneggiamento delle sezioni trasversali delle colonne a causa dell’eccitazione bidirezionale cresce. Tale incremento, però, non è ben quantificabile mediante gli indici di danno utilizzati nel caso di edifici in cemento armato soggetti a carichi ciclici uniassiali. Infine si fa notare che, a causa della presenza contemporanea di due componenti ortogonali dell’azione sismica, anche una struttura doppiamente simmetrica in pianta può manifestare una risposta non lineare di tipo torsionale. Le asimmetrie in termini di rigidezza e resistenza che si generano sono accentuate dalla variazione di sforzo assiale nelle colonne, dovuta alle azioni orizzontali.

5.3.2 Sistemi asimmetrici

Negli ultimi anni la comunità scientifica si è molto interessata agli effetti dell’eccitazione bidirezionale nell’ambito del più vasto filone di ricerca relativo alla risposta torsionale di strutture asimmetriche in pianta. Lo studio di tali effetti in questo ambito è strettamente legato al problema della valutazione dell’importanza della presenza nei modelli di calcolo di elementi resistenti alle azioni orizzontali ortogonali alla direzione di analisi. Si vuole osservare che

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 105

generalmente tutti gli elementi resistenti di tali strutture sono modellati numericamente mediante molle a comportamento elastico-perfettamente plastico ed i cui cicli isteretici non prevedono degrado, né in termini di rigidezza né in termini di resistenza. Tali elementi, ovviamente, offrono resistenza unicamente in una direzione.

In [Correnza et al. 1994] è studiata la risposta torsionale di edifici monopiano intelaiati in entrambe le direzioni aventi l’impalcato infinitamente rigido; essi, progettati secondo le prescrizioni dell’Uniform Building Code, sono simmetrici in una direzione e con eccentricità delle rigidezze variabile nell’altra. La loro risposta sotto entrambe le componenti di terremoti storici è confrontata con quella ottenuta facendo agire la sola componente principale degli stessi nella direzione di asimmetria. Si osserva che, nel caso di edifici aventi periodo fondamentale basso, una esatta valutazione degli effetti torsionali in campo non lineare può essere ottenuta unicamente mediante eccitazione bidirezionale; ciò è particolarmente vero per quanto concerne la risposta inelastica degli elementi appartenenti al lato flessibile, che sotto eccitazione unidirezionale può essere sottostimata anche del 100%. Invece, per quanto concerne gli elementi del lato rigido, l’eccitazione della struttura mediante una sola componente del sisma permette di ottenere una risposta non lineare soddisfacente, sebbene leggermente non cautelativa. Inoltre si fa notare che gli elementi resistenti ortogonali alla direzione principale di analisi, manifestano, nel caso di strutture fortemente eccentriche di basso periodo, un comportamento fortemente non lineare anche quando agisce la sola componente principale del terremoto; invece in tal caso gli elementi ortogonali di strutture di periodo più elevato, attingono un valore di duttilità al più pari a 2. Tale valore cresce molto, ovviamente, se è applicata anche la seconda componente del sisma.

Anche in [Goel 1997] si eseguono analisi non lineari di edifici monopiano con eccentricità delle rigidezze variabile (in entrambe le direzioni), soggetti ad entrambe le componenti di terremoti storici. Si osserva che gli elementi resistenti del lato flessibile dei sistemi asimmetrici in pianta sono soggetti a richieste di duttilità isteretica di gran lunga maggiori rispetto ai corrispondenti elementi dei sistemi simmetrici; ciò non accade per gli elementi resistenti del lato rigido. Tale fenomeno può spiegare il collasso, durante i recenti terremoti del Messico (1985) e di Kobe (1995), di alcuni edifici i quali presentavano elementi resistenti ad azioni orizzontali con bassa capacità di dissipare energia isteretica. Si conclude, quindi, osservando che le normative dovrebbero

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106 Capitolo V – Effetti dell’eccitazione sismica bidirezionale

prevedere particolari prescrizioni per gli edifici asimmetrici in pianta, che assicurino che tale capacità sia pari a quella richiesta.

[De Stefano et al. 1996, De Stefano et al. 1998] studiano, come [Correnza et al. 1994], sistemi monopiano ad eccentricità variabile in una sola direzione e simmetrici nell’altra, progettati secondo le prescrizioni dell’Uniform Building Code e soggetti ad entrambe le componenti di terremoti storici. Gli autori, però, in questo caso concentrano la loro attenzione proprio sugli elementi resistenti del lato simmetrico; essi osservano che, a causa della rotazione dell’impalcato, la massima duttilità richiesta a tali elementi è sempre maggiore rispetto ai corrispondenti elementi di edifici dello stesso tipo ma doppiamente simmetrici. Da ciò concludono che l’asimmetria non può essere considerata una caratteristica della direzione di analisi, ma è una proprietà intrinseca dell’edificio; essi sottolineano, quindi, la necessità di modelli ed input sismici bidirezionali al fine di studiare taluni aspetti della risposta torsionale delle strutture. Per quanto concerne il progetto, essi sostengono, infine, che la pratica comune di considerare le azioni sismiche agenti non contemporaneamente lungo due direzioni ortogonali arbitrarie dovrebbe essere abbandonata.

Confronti molto interessanti fra la risposta non lineare dello stesso tipo di edifici sotto eccitazione unidirezionale e bidirezionale al variare dei due periodi traslazionali e del rapporto tra rigidezza torsionale e laterale sono condotti da [Riddel & Santa Maria 1999]. Dal rapporto tra le deformazioni massime ottenute sollecitando la struttura con entrambe le componenti orizzontali di diversi terremoti reali e con la sola componente principale degli stessi, gli autori deducono che la presenza della seconda componente del sisma amplifica evidentemente la risposta degli elementi appartenenti al lato flessibile della pianta di sistemi di basso periodo fondamentale. Tale effetto aumenta all’aumentare dell’eccentricità delle rigidezze e della intensità della seconda componente ed al diminuire della resistenza massima e del periodo fondamentale. Al contrario, la risposta gli elementi resistenti appartenenti al lato rigido della struttura varia lievemente in caso di eccitazione bidirezionale rispetto al caso di eccitazione unidirezionale.

[De la Colina 1999] riprende lo studio dei sistemi finora analizzati, pur se agli estremi degli elementi resistenti assegna un legame isteretico del tipo Clough-Otani, caratteristico degli elementi in cemento armato soggetti a flessione; la rigidezza post-snervamento è assunta pari al 10% di quella iniziale. Anche in tale lavoro per le analisi sono utilizzate entrambe le componenti di terremoti storici. Le componenti di ciascuno di essi aventi

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 107

l’accelerazione di picco più elevata (principali) sono scalate in modo che tale picco sia uguale ad 1g; quelle secondarie sono moltiplicate per lo stesso coefficiente in modo che conservino il rapporto reale rispetto alle principali. L’autore conclude sottolineando la necessità di eseguire studi specifici per indagare circa l’equivalenza, in termini di risposta torsionale degli edifici, tra analisi unidirezionali e bidirezionali, avendo egli stesso notato differenze di risultati tra i due tipi di analisi.

Decisamente differente è il tipo di struttura analizzata in [Cruz and Cominetti 2000]. Gli autori analizzano la risposta elastica e non lineare di edifici di 5 piani in cemento armato in cui vengono fatti variare l’eccentricità delle rigidezze in pianta, la rigidezza traslazionale e rotazionale ed il periodo fondamentale. Tali edifici sono progettati secondo le prescrizioni della normativa cilena, la quale non tiene conto degli effetti ortogonali, prevedendo che l’azione sismica orizzontale possa agire nelle due direzioni principali in maniera indipendente. Il modello numerico prevede la formazione di cerniere plastiche agli estremi di ciascun elemento e tiene conto dell’interazione fra momenti flettenti agenti nelle due direzioni e sforzo assiale sulla superficie di snervamento. La risposta sismica di tali edifici è valutata in termini di massimi spostamenti di piano, sforzi normali e duttilità rotazionali delle travi e delle colonne del primo livello. Per ciascuno dei terremoti reali utilizzati, i risultati ottenuti considerando agente la sola componente orizzontale avente picco di accelerazione maggiore sono confrontati con quelli ottenuti considerando agenti entrambe le componenti orizzontali. Gli autori asseriscono che il progetto unidirezionale delle resistenze, cioè non considerando gli effetti ortogonali, è adeguato, tranne nel caso in cui le rigidezze nelle due direzioni risultino molto differenti. Essi, inoltre, osservano che, tranne nel caso degli elementi resistenti del lato flessibile, le massime rotazioni plastiche delle colonne, valutate nella direzione di azione della componente principale del sisma, sono generalmente poco sensibili alla presenza della componente secondaria; l’entità degli sforzi normali, invece, varia molto rispetto al caso di eccitazione unidirezionale. Inoltre essi legano il marcato comportamento torsionale rilevato nel caso di eccitazione bidirezionale, all’aumento delle rotazioni plastiche massime degli elementi resistenti appartenenti al lato flessibile. Infine concludono che, se lo scopo dell’analisi è conoscere il livello di danno attinto dai pilastri di un edificio oppure il suo comportamento torsionale elastico o non lineare, è necessario considerare l’azione contemporanea di entrambe le componenti orizzontali del terremoto. Invece, se lo scopo è definire le resistenze di progetto, l’azione sismica può essere

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108 Capitolo V – Effetti dell’eccitazione sismica bidirezionale

considerata agente secondo le due direzioni principali della struttura separatamente.

Tabella 5.1. Principali caratteristiche dei terremoti utilizzati.

Terremoto

Data

Stazione

Durata

[sec]

PGA Comp.

principale [g]

PGA Comp.

secondaria [g]

Imperial Valley Kern County Montenegro Valparaiso Northridge

18-05-40 21-07-52 15-04-79 03-03-85 17-01-94

El Centro Taft

Petrovac El

Almendral Newhall

53.40 54.40 19.60 72.02 59.98

0.348 0.179 0.438 0.284 0.590

0.214 0.156 0.305 0.159 0.583

Figura 5.7. Direzione delle componenti dell’azione sismica.

6.0 m 4.0 m5.0 m

5.0 m

3 .0 m3 .0 m

3 .0 m3 .5 m

0.8 m

0.15m

0.30x0.45

0.45x0.45

0.40x0.40

0.45x0.45

0.30x0.45

0.40x0.40

X

Y

Z

Componentesecondaria

Componenteprincipale

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 109

5.4 ANALISI NUMERICHE

In questo paragrafo si esegue un confronto fra i risultati di un’analisi bidirezionale e di un’analisi completamente bidirezionale. Con la prima delle due dizioni si intende un’analisi numerica eseguita considerando un modello strutturale tridimensionale, eccitato, però, da una sola delle componenti orizzontali del terremoto; in un analisi completamente bidirezionale, invece, il modello strutturale è sempre tridimensionale, ma esso è eccitato da entrambe le componenti orizzontali dell’azione sismica.

0

0.5

1

1.5

2

2.5

0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6 1.8 2

Periodo [sec]

Sa/

g

El CentroTaftPetrovacEl AlmendralNewhallEurocodice 8MEDIA

Figura 5.8. Spettri elastici delle componenti principali dei terremoti utilizzati.

L’edificio descritto ed analizzato nel capitolo precedente è soggetto a due diverse condizioni di eccitazione sismica, utilizzando le registrazioni di cinque terremoti storici violenti [tabella 5.1]. Nel primo caso la componente principale di ciascuno di tali terremoti è fatta agire nella direzione in cui l’edificio si comporta in maniera asimmetrica [fig. 5.7], cioè lungo l’asse Y del riferimento

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110 Capitolo V – Effetti dell’eccitazione sismica bidirezionale

globale; nel secondo caso è fatta agire anche la componente secondaria, nella direzione ortogonale. Per componente principale di un terremoto si intende quella che, fra le due orizzontali, presenta il picco al suolo più alto.

0

0.5

1

1.5

2

2.5

0 0.5 1 1.5 2

Periodo [sec]

Sa/

g

El CentroTaftPetrovacEl AlmendralNewhallEurocodice 8MEDIA

Figura 5.9. Spettri elastici delle componenti secondarie dei terremoti utilizzati.

Poiché, come è noto, l’input sismico condiziona significativamente il risultato delle analisi, per tutte quelle presenti in questa tesi sono stati utilizzati gli stessi cinque terremoti, in modo da ottenere risultati fra loro confrontabili. Essi sono stati scelti perché la media degli spettri elastici delle loro componenti principali approssima abbastanza bene [fig. 5.8] lo spettro elastico dell’Eurocodice 8, calcolato per un picco di accelerazione al suolo pari a 0.4g e per un suolo medio (tipo B). Inoltre essi presentano intensità diverse tra loro e rapporti diversi tra le intensità della componente principale e della componente secondaria; in questo modo il confronto in esame è realizzato considerando diversi livelli di danno dell’edificio in esame. In [fig. 5.9] sono riportati gli spettri elastici delle componenti secondarie delle cinque registrazioni utilizzate.

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 111

Il confronto fra i risultati dell’eccitazione bidirezionale e quelli dell’eccitazione unidirezionale è condotto sia in termini di risposta globale dell’edificio che a livello delle sezioni trasversali delle colonne. Tutti i risultati di tipo “direzionale”, come il taglio alla base e gli spostamenti dei baricentri degli impalcati sono valutati sia nella direzione di azione della componente principale che calcolando i loro massimi valori vettoriali.

0

200

400

600

800

1000

1200

1400

El Centro Taft Petrovac ElAlmendral

Newhall MEDIA

Tagl

io [k

N]

Uni-dir Y Bi-dir Y Bi-dir vec

Figura 5.10. Massimi tagli alla base.

5.4.1 Confronto in termini di risposta globale dell’edificio

Quali parametri globali della risposta dinamica dell’edificio in esame sono valutati il taglio alla base, lo spostamento del baricentro dell’impalcato più alto, gli spostamenti di interpiano, la rotazione dell’impalcato più alto e gli spostamenti di sommità dei singoli telai. Nelle figure che seguiranno con “Uni-dir Y” sono indicati i risultati ottenuti nella direzione Y del riferimento globale

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112 Capitolo V – Effetti dell’eccitazione sismica bidirezionale

applicando la sola componente principale di ciascun terremoto in tale direzione. Con “Bi-dirY” sono indicati sempre i risultati nella direzione Y, ma in questo caso sono ottenuti facendo agire anche la componente secondaria di ciascuno dei cinque terremoti nella direzione X del riferimento globale. Sempre dall’analisi con eccitazione bidirezionale provengono i risultati denominati “Bi-dir vec”, questa volta, però, calcolati mediante l’espressione:

( )( ) ( )( )22max iyix tEtE + (5.4)

essendo Ex(ti) ed Ey(ti) i generici effetti rispettivamente nella direzione X e nella direzione Y all’istante i-esimo della storia temporale.

0

50

100

150

200

250

300

El Centro Taft Petrovac ElAlmendral

Newhall MEDIA

Spo

stam

ento

[mm

]

Uni-dir Y Bi-dir Y Bi-dir vec

Figura 5.11. Massimi spostamenti dei baricentri dell’impalcato più alto.

In figura 5.10 sono riportati i risultati “Uni-dir Y”, “Bi-dirY” e “Bi-dir vec” relativi ai massimi tagli alla base, per i cinque terremoti considerati e facendo

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 113

la media aritmetica tra i risultati ottenuti per ciascun terremoto. Il massimo taglio alla base ottenuto nella direzione Y sotto eccitazione bidirezionale è generalmente inferiore rispetto a quello ottenuto sotto eccitazione unidirezionale, sebbene tale decremento è sempre inferiore al 10%: in media tale decremento è pari a circa il 4%. Al contrario, i tagli alla base “Bi-dir vec” sono generalmente maggiori di quelli “Uni-dir Y”, sebbene l’incremento, eccetto che nel caso della registrazione di Taft (28%), è al massimo pari al 12%: in media risulta uguale all’8%.

Si osservi che i risultati ottenuti nel caso della registrazione di Taft risultano essere differenti dagli altri dal momento che in tal caso l’edificio si danneggia pochissimo, cioè ha un comportamento quasi elastico.

I risultati riportati in figura 5.11 confermano il precedente andamento. Il massimo spostamento del baricentro dell’impalcato più alto calcolato sotto eccitazione bidirezionale nella direzione Y è prossimo a quello ottenuto sotto eccitazione unidirezionale. Gli spostamenti di tipo “Bi-dir vec” sono generalmente maggiori rispetto a quelli “Uni-dir Y”, sebbene la differenza, eccetto che nel caso della registrazione di Taft (29%), è inferiore al 10% ed in media è pari al 6%. Considerando le figure 5.10 e 5.11 si possono fare osservazioni molto interessanti: quando il comportamento dell’edificio è di tipo non lineare, la presenza della componente secondaria del terremoto generalmente determina una diminuzione del massimo taglio alla base e del massimo spostamento del baricentro dell’impalcato più alto valutati nella direzione Y del riferimento globale. Al contrario, i valori massimi vettoriali calcolati sotto eccitazione bidirezionale mediante la formula (5.4) sono generalmente superiori a quelli calcolati sotto eccitazione unidirezionale, sebbene, quando il comportamento dell’edificio è non lineare, l’incremento è basso: esso è inferiore al 13%.

Ciò è dovuto all’accumulo, quando agisce unicamente la componente principale del terremoto, del danno e, soprattutto, dello spostamento plastico nella direzione Y. Al contrario sotto eccitazione bidirezionale, la direzione della componente vettoriale dell’eccitazione sismica (somma delle componenti agenti nella direzione Y e nella direzione X) e delle oscillazioni dell’edificio varia istante per istante; di conseguenza, lo spostamento plastico ha una direzione variabile e non si accumula nella direzione Y. Inoltre, nel secondo caso, le forze di smorzamento isteretico, che tendono a decrementare lo spostamento, sono istante per istante maggiori rispetto al primo caso. Gli effetti determinati da tali condizioni risultano essere mediamente maggiori di quelli

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114 Capitolo V – Effetti dell’eccitazione sismica bidirezionale

opposti dovuti alla riduzione della resistenza flessionale dovuta all’interazione dei momenti flettenti agenti nel piano YZ e nel piano XZ e dello sforzo normale, sollecitazioni la cui contemporanea presenza su ciascuna colonna cresce quando agisce anche la componente secondaria del terremoto. Questo, come si è detto, è un risultato medio; analizzando i massimi spostamenti di interpiano si osserva che piano per piano si determinano condizioni differenti.

00.5

11.5

22.5

33.5

4

El Centro Taft Petrovac ElAlmendral

Newhall MEDIA

Rot

azio

ne [m

rad]

Eccitazione unidirezionale Eccitazione bidirezionale

Figura 5.12. Massime rotazioni dell’impalcato più alto.

In figura 5.12 sono riportate le massime rotazioni, intorno all’asse verticale, dell’impalcato più alto per i cinque terremoti esaminati e considerando la media dei risultati, nel caso di eccitazione unidirezionale e di eccitazione bidirezionale. E’ evidente, in questo secondo caso, il forte incremento di tali rotazioni che in media risultano essere 2.5 volte maggiori. Questo effetto è determinato dalle asimmetrie generate in campo non lineare dalla presenza della componente secondaria. Infatti, tale componente determina la presenza di un diverso livello di sforzo normale nei pilastri simmetrici appartenenti ai telai esterni; per cui la plasticizzazione in tali pilastri è raggiunta in punti diversi del

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 115

dominio e quindi per valori di sollecitazione differenti. Tale tipo di asimmetria, di rigidezza e resistenza nella direzione Y del riferimento globale, si aggiunge a quella propria dell’edificio.

Telaio di estremità - Lato rigido

0

50

100

150

200

250

300

El Centro Taft Petrovac ElAlmendral

Newhall MEDIA

Spo

stam

ento

[mm

]

Eccitazione unidirezionale Eccitazione bidirezionale

Figura 5.13. Spostamenti di sommità del telaio appartenente al lato rigido.

Tale incremento di rotazione, però, non ha effetti significativi sugli spostamenti di sommità dei telai laterali, come mostrato nelle figure 5.13 e 5.14. In particolare, in figura 5.13 gli spostamenti massimi (in direzione Y) di sommità del telaio parallelo all’asse Y ed appartenente al lato rigido, cioè più vicino al centro delle rigidezze, calcolati considerando entrambe le componenti orizzontali dei cinque terremoti, sono confrontati con quelli ottenuti sotto eccitazione unidirezionale: la figura mostra che tali risultati sono molto simili a quelli trovati per i massimi spostamenti del baricentro del piano più alto. In figura 5.14 è mostrato lo stesso confronto in termini di spostamenti massimi di sommità del telaio appartenente al lato flessibile, cioè più distante dal baricentro e si possono trarre le stesse conclusioni. L’effetto trascurabile dell’ampio incremento di rotazione sui telai laterali è legato alla comunque

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116 Capitolo V – Effetti dell’eccitazione sismica bidirezionale

bassa entità delle rotazioni stesse; infatti in media nel caso di eccitazione bidirezionale l’incremento di spostamento dovuto alla rotazione dell’impalcato è inferiore al 10% dello spostamento massimo complessivo del lato flessibile. Quindi, si può affermare che l’asimmetria generata nella direzione Y in campo non lineare dalla presenza della componente secondaria del terremoto agente nella direzione X non condiziona in maniera significativa la risposta torsionale dell’edificio.

Telaio di estremità - Lato deformabile

0

50

100

150

200

250

300

El Centro Taft Petrovac ElAlmendral

Newhall MEDIA

Spo

stam

ento

[mm

]

Eccitazione unidirezionale Eccitazione bidirezionale

Figura 5.14. Spostamenti di sommità del telaio appartenente al lato

deformabile.

Confrontando le ultime due figure, infine, si osserva che l’input sismico bidirezionale determina un aggravio in termini di spostamento per il lato flessibile della struttura; questo conferma quanto notato nel caso di studi parametrici su sistemi più semplici da [Correnza et el. 1994] e [Riddel & Santa Maria 1999]. E’ ovvio che, nel caso in esame tale effetto è poco evidente in virtù della bassa eccentricità statica dell’edificio, il quale può essere definito regolare.

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 117

El Centro Uni-dir Y

0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4

1

2

3

4

Spostamento di interpiano/Hi [%]

El Centro Bi-dir Y

0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4

1

2

3

4

Spostamento di interpiano/Hi [%]

El Centro Bi-dir vec

0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4

1

2

3

4

Spostamento di interpiano/Hi [%]

Taft Uni-dir Y

0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7

1

2

3

4

Spostamento di interpiano/Hi [%]

Taft Bi-dir Y

0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7

1

2

3

4

Spostamento di interpiano/Hi [%]

Taft Bi-dir vec

0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7

1

2

3

4

Spostamento di interpiano/Hi [%]

Petrovac Uni-dir Y

0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4

1

2

3

4

Spostamento di interpiano/Hi [%]

Petrovac Bi-dir Y

0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4

1

2

3

4

Spostamento di interpiano/Hi [%]

Petrovac Bi-dir vec

0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4

1

2

3

4

Spostamento di interpiano/Hi [%]

Figura 5.15. Massimi spostamenti di interpiano adimensionalizzati.

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118 Capitolo V – Effetti dell’eccitazione sismica bidirezionale

El Almendral Uni-dir Y

0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4

1

2

3

4

Spostamento di interpiano/Hi [%]

El Almendral Bi-dir Y

0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4

1

2

3

4

Spostamento di interpiano/Hi [%]

El Almendral Bi-dir vec

0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4

1

2

3

4

Spostamento di interpiano/Hi [%]

Newhall Uni-dir Y

0 0.5 1 1.5 2 2.5 3

1

2

3

4

Spostamento di interpiano/Hi [%]

Newhall Bi-dir Y

0 0.5 1 1.5 2 2.5 3

1

2

3

4

Spostamento di interpiano/Hi [%]

Newhall Bi-dir vec

0 0.5 1 1.5 2 2.5 3

1

2

3

4

Spostamento di interpiano/Hi [%]

MEDIA Uni-dir Y

0 0.3 0.6 0.9 1.2 1.5

1

2

3

4

Spostamento di interpiano/Hi [%]

MEDIA Bi-dir Y

0 0.3 0.6 0.9 1.2 1.5

1

2

3

4

Spostamento di interpiano/Hi [%]

MEDIA Bi-dir vec

0 0.3 0.6 0.9 1.2 1.5

1

2

3

4

Spostamento di interpiano/Hi [%]

Figura 5.16. Massimi spostamenti di interpiano adimensionalizzati e loro

media.

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 119

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120 Capitolo V – Effetti dell’eccitazione sismica bidirezionale

Nelle figure 5.15 e 5.16 sono riportati i massimi spostamenti di interpiano, calcolati in percentuale rispetto all’altezza di interpiano, per tutti e cinque i terremoti e considerandone la media. Ancora una volta si osserva che per i terremoti di El Centro, Petrovac, El Almendral e Newhall i risultati ottenuti in direzione Y considerando la sola componente principale del terremoto o entrambe le componenti orizzontali sono prossimi tra loro. E’ interessante notare, però, che esiste una certa differenza tra il comportamento dei piani alti e quello dei piani bassi. Infatti generalmente lo spostamento dell’interpiano più alto nella direzione Y sotto eccitazione bidirezionale è inferiore a quello relativo al caso di eccitazione unidirezionale, tanto che nel caso di Newhall, che è il terremoto più violento fra quelli considerati, tale decremento è pari al 19%, mentre considerando la media di tutti e cinque i terremoti è pari al 9%; al contrario, lo spostamento dell’interpiano più basso, nel primo caso è generalmente superiore rispetto al secondo tanto da raggiungere nel caso di Newhall un incremento pari al 16% e nel caso medio un incremento pari 6%. Per quanto concerne gli spostamenti di interpiano “Bi-dir vec”, essi sono generalmente superiori rispetto agli “Uni-dir Y”, pur se, anche in questo caso, si osserva una forte differenza fra i piani alti ed piani bassi. Dando uno sguardo ai valori medi sui cinque terremoti al primo piano si osserva un incremento pari al 19%, che diminuisce con l’aumentare dei piani, fino a diventare un decremento del 7% all’ultimo piano.

Queste differenze tra i piani bassi ed i piani alti sono determinate dalla più forte entità e variazione ai piani bassi dello sforzo normale, condizione che è incrementata dalla presenza, nel caso di eccitazione bidirezionale, della componente secondaria; cosa che determina, come si è visto, anche un incremento delle rotazioni degli impalcati e quindi del momento agente nella direzione ortogonale a quella di azione della componente principale. Tutto ciò determina un effetto più marcato dell’interazione triassiale e, quindi, una maggiore riduzione della resistenza flessionale nella direzione del riferimento globale Y. Tale riduzione determina, soprattutto al primo piano, un incremento di spostamento nella direzione Y rispetto al caso di eccitazione unidirezionale. E’ ovvio che, se si assume una relazione tra lo spostamento massimo di interpiano ed il danneggiamento degli elementi strutturali, si può concludere che le colonne ai piani bassi nel caso di eccitazione bidirezionale sono più danneggiate rispetto al caso di eccitazione unidirezionale. E’ per questo motivo che risulta interessante, come si farà nel prossimo paragrafo, indagare circa il danneggiamento delle sezioni dei pilastri.

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 121

Due sono le ragioni dell’effetto opposto ai piani alti. La prima è legata senza dubbio alla minore entità e variazione dello sforzo normale, per cui gli effetti dell’interazione triassiale sono di minore entità. Inoltre il fatto stesso che sotto eccitazione bidirezionale i piani bassi siano più danneggiati determina una variazione del periodo dell’intera struttura, il quale si sposta verso valori più alti, corrispondenti ad ordinate spettrali dei terremoti utilizzati più basse. Per questo motivo la restante parte della struttura è meno sollecitata rispetto al caso di eccitazione unidirezionale.

Concludendo tale paragrafo, si può affermare che dall’analisi del danneggiamento globale dell’edificio, appare che le regole prescritte dall’Eurocodice 8 per la combinazione degli effetti dovuti all’applicazione dell’azione sismica secondo due direzioni orizzontali ed ortogonali, siano cautelative.

5.4.2 Confronto in termini di danneggiamento delle colonne

In questo paragrafo è presentata un’analisi più dettagliata della risposta sismica delle sezioni trasversali di estremità delle colonne, al fine di comprendere il livello di danno nelle colonne stesse dovuto all’azione contemporanea delle componenti orizzontali del terremoto. Tale risposta locale sotto eccitazione bidirezionale ed unidirezionale è analizzata in termini di richiesta plastica delle barre di armatura, stato di danneggiamento delle sezioni trasversali, storie temporali del momento-rotazione e storie temporali forza-spostamento delle barre di armatura. L’attenzione è ovviamente concentrata sui pilastri dell’edificio e non sulle travi, dal momento che queste ultime, essendo elementi resistenti di tipo prevalentemente unidirezionale, quasi per nulla risentono degli effetti dell’eccitazione bidirezionale.

Nella figura 5.17 è riportato il rapporto tra l’allungamento massimo e quello di snervamento della molla d’acciaio più allungata per ciascuna sezione trasversale. E’ presentata nel caso di eccitazione unidirezionale e bidirezionale, per ciascun piano, la media dei risultati ottenuti per le sezioni di base e di sommità dei pilastri e facendo la media aritmetica sui cinque terremoti utilizzati; gli ultimi due istogrammi rappresentano le medie sui quattro piani. La figura 5.18 mostra gli analoghi risultati, ma per ciascun terremoto e sempre mediati sui quattro piani. E’ evidente che nel caso in cui agiscono entrambe le componenti orizzontali dell’azione sismica la richiesta plastica delle sezioni trasversali esaminate è molto maggiore rispetto a quella ottenuta nel caso in cui

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122 Capitolo V – Effetti dell’eccitazione sismica bidirezionale

agisce unicamente la componente principale; l’incremento è pari al 53% al primo piano ed al 40% in media.

0.0

0.5

1.0

1.5

2.0

2.5

3.0

I piano II piano III piano IV piano MEDIA

Allu

ngam

ento

max

/A. a

llo s

nerv

amen

to

Eccitazione unidirezionale Eccitazione bidirezionale

Figura 5.17. Impegno plastico delle barre di armatura dei pilastri.

In figura 5.19 è riportato il numero delle sezioni fessurate snervate, ed in cui per almeno una molla di calcestruzzo è stata superata la deformazione corrispondente alla tensione massima e quindi si è raggiunta la crisi; tale numero è valutato considerando le sezioni trasversali di estremità di tutte le colonne dell’edificio e per tutti e cinque i terremoti. Si osserva che sotto eccitazione bidirezionale il numero delle sezioni fessurate è maggiore del 13%, quello delle sezioni snervate del 53%, quelle in cui il calcestruzzo va in crisi sono in numero cinque volte maggiore rispetto al caso di eccitazione unidirezionale.

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 123

0.0

0.5

1.0

1.5

2.0

2.5

3.0

3.5

4.0

El Centro Taft Petrovac ElAlmendral

Newhall MEDIAAllu

ngam

ento

max

/A. a

llo s

nerv

amen

to

Eccitazione unidirezionale Eccitazione bidirezionale

Figura 5.18. Impegno plastico delle barre di armatura dei pilastri.

Tali risultati mettono chiaramente in evidenza che la componente secondaria del terremoto incrementa molto il danneggiamento a livello delle sezioni trasversali delle colonne. Ciò è dovuto a:

1. la maggiore energia che deve essere assorbita dalla struttura quando è eccitata da entrambe le componenti orizzontali rispetto al caso in cui agisca unicamente la componente principale del terremoto;

2. l’incremento del campo di variazione delle sforzo normale delle colonne dovuto alla componente secondaria;

3. l’interazione momenti flettenti nelle due direzioni ortogonali-sforzo normale che interessa le sezioni trasversali delle colonne.

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124 Capitolo V – Effetti dell’eccitazione sismica bidirezionale

0306090

120150180210240270300330360

Fessurate Snervate Crisi del cls

Num

ero

di s

ezio

ni

Eccitazione unidirezionale Eccitazione bidirezionale

Figura 5.19. Stato di danneggiamento delle sezioni dei pilastri.

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 125

Capitolo VI

Analisi non lineari relative ad edifici irregolari in pianta

6.1 STATO DELL’ARTE

La vulnerabilità sismica delle strutture asimmetriche, dotate cioè di eccentricità in pianta, è stata ripetutamente dimostrata durante i terremoti violenti. I rilevamenti e le analisi, condotte successivamente a tali eventi sismici portano alla conclusione che circa il 50% dei collassi sono direttamente o indirettamente attribuibili ad asimmetrie strutturali nella forma, nella distribuzione di massa o nel rapporto rigidezza/resistenza.

Sebbene un considerevole numero di ricerche sia stato condotto negli ultimi 15 anni, non esiste un accordo generale né tra i ricercatori né tra i legislatori circa i criteri per giungere ad una soluzione dei problemi posti dalla presenza di tali asimmetrie. Ciò è principalmente dovuto al fatto che i complessi effetti dei parametri che governano la risposta sismica in campo non lineare di strutture con eccentricità del centro delle rigidezze rispetto a quello delle masse non sono stati pienamente compresi. L’influenza di questi sulla distribuzione della richiesta di duttilità degli elementi posti ai bordi, come pure una chiara relazione tra la risposta inelastica ed i fondamentali parametri elastici di una struttura che presenta asimmetrie in pianta devono ancora essere pienamente definite.

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126 Capitolo VI – Analisi non lineari relative ad edifici irregolari in pianta

6.1.1 Parametri del problema

Spesso gli studi effettuati da diversi ricercatori hanno condotto a risultati e conclusioni differenti tra loro perché differenti sono state le scelte relative a parametri fortemente condizionanti. Nel caso monopiano i più importanti sono:

1. differente localizzazione e distribuzione delle rigidezze tra gli elementi resistenti;

2. considerazione o meno dell’eccentricità accidentale nel calcolo delle resistenze degli elementi strutturali;

3. variazioni tra i modelli di riferimento per normalizzare i risultati dei modelli asimmetrici;

4. diverse sovraresistenze dovute all’applicazione delle diverse prescrizioni normative per tener conto degli effetti torsionali (cioè legati alla rotazione degli impalcati dovuta alle asimmetrie in pianta);

5. influenza degli elementi resistenti trasversali; 6. resistenza rotazionale e raggio di resistenza; 7. definizione di rapporto tra le frequenze disaccoppiate torsionale-laterale

(Ω) 8. livelli di smorzamento strutturale; 9. rapporto di incrudimento nel legame forza-spostamento; 10. input sismico. Nel seguito si riportano in maniera sommaria alcune delle differenti scelte

effettuate dai vari studiosi in merito ad alcuni dei parametri sopra citati. Eccentricità accidentale: il considerare o meno l’eccentricità accidentale

(ea) (del baricentro rispetto al centro geometrico dell’impalcato) di progetto può condurre a differenti conclusioni. Essa tiene conto di effetti imprevisti come moto sismico rotazionale, differenze tra rigidezze progettate e costruite e distribuzione reale delle masse, mai uniforme. Si osserva che, mentre in campo elastico gli effetti in termini di risposta dell’aver considerato o meno in fase di progetto l’eccentricità accidentale sono chiari, ciò non è vero in campo plastico; per questo motivo sovente risultati di studi diversi non sono confrontabili.

Modello di riferimento: la scelta di un modello di riferimento è utile al fine di confrontare la risposta di un sistema asimmetrico con il modello a comportamento regolare. Tale modello di riferimento può essere il sistema

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 127

simmetrico o un oscillatore semplice avente lo stesso periodo naturale e la stessa resistenza totale al limite elastico, uguale al taglio statico alla base calcolato secondo normativa. In alternativa il sistema di riferimento può essere il sistema torsionalmente bilanciato (TB), ossia il modello è geometricamente uguale a quello torsionalmente non bilanciato (TU) ma avente il centro di rigidezza coincidente con il centro di massa (CR=CM).

Sovraresistenza (OSR): si presenta quando le forze statiche laterali di progetto per il sistema torsionalmente non bilanciato sono maggiori di quelle corrispondenti al sistema di riferimento, queste ultime calcolate con lo spettro elastico di progetto divise per un coefficiente di riduzione R. Il rapporto tra queste due forze statiche totali è chiamato sovraresistenza; essa è maggiore dell’unità e dipende dall’eccentricità statica (eo), distanza tra centro di rigidezza e centro di massa, dall’eccentricità accidentale (ea) e dall’eccentricità aggiuntiva che tiene conto degli effetti torsionali. Quindi la sovraresistenza è una caratteristica della struttura e della normativa utilizzata.

Rapporto tra frequenze disaccoppiate torsionale-laterale (Ω): è un importante parametro dinamico elastico e può essere calcolato intorno al centro di massa o di rigidezza del modello di riferimento. Quando Ω è maggiore dell’unità il sistema è detto torsio-rigido, quando è minore è torsio-deformabile. Il comportamento di sistemi torsio-rigidi è generalmente migliore rispetto ai sistemi torsio-deformabili.

Smorzamento: è scelto dal 2 al 5%, ma le differenze di smorzamento non sono causa di significative variazioni dei risultati finali, soprattutto nelle analisi in campo non-lineare.

Input sismico: i risultati delle analisi dinamiche in campo non-lineare dipendono dall’input sismico ed in particolare dal suo contenuto in frequenze. Utilizzando pochi accelerogrammi, ognuno dei quali aventi differenti caratteristiche, si ottengono differenti risposte sismiche. Due sono i metodi generalmente utilizzati per rendere confrontabili i risultati. Il primo consiste nell’utilizzare per il modello asimmetrico e per quello di riferimento una serie di registrazioni e per ognuna di loro calcolare il rapporto di duttilità o di spostamento, evidenziando così l’amplificazione dovuta all’asimmetria, e poi calcolare la media o la media + 1.0 σ (con σ = deviazione standard). L’approccio alternativo consiste nel selezionare o scalare una serie di accelerogrammi affinché abbiano uno spettro compatibile a quello elastico di normativa. Ovviamente non essendo lo spettro di tali accelerogrammi piatto,

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128 Capitolo VI – Analisi non lineari relative ad edifici irregolari in pianta

per un dato periodo l’ordinata spettrale può essere più grande o più piccola del valore letto sullo spettro di normativa.

Modello strutturale: la scelta dei modelli per le analisi non-lineari sembra essere il motivo più importante della variazione dei risultati ottenuti dai vari ricercatori; per questo motivo, nel prossimo paragrafo, si cercherà di illustrare il problema.

6.1.2 Modello strutturale

Lo studio degli edifici intelaiati irregolari in pianta implica l’abbandono di una visione completamente piana della struttura, vale a dire a livello del singolo telaio, e la necessità di una visione spaziale della stessa. Questo passaggio, e conseguentemente l’evoluzione del modello spaziale di edificio, sono problemi più complessi di quanto possano sembrare, tanto che il dibattito nel mondo scientifico ad essi relativo è a tutt’oggi acceso. Non a caso, nelle circostanze in cui è possibile, come ad esempio nel caso di confronti numerico-sperimentali relativi alla risposta sismica di edifici simmetrici [Dolsek & Fajfar 2000] o per lo studio delle irregolarità in elevazione [Al-Ali & Krawinkler 1998], ancora si preferisce riferirsi a schemi del tutto piani e quindi l’edificio viene progettato in una sola direzione e studiato come treno di telai o isolando il singolo telaio.

Fino ad oggi, nello studio delle strutture irregolari in pianta, i ricercatori hanno utilizzato per lo più modelli molto semplici. Essi sono caratterizzati da tre elementi resistenti, generalmente modellati numericamente con delle molle elasto-plastiche, posti nella direzione dell’eccitazione sismica; talvolta, sono anche presenti due o tre elementi resistenti ad essi perpendicolari. Tuttavia tali modelli standard sono lontani dall’essere univoci nelle varie ricerche; infatti, perfino quando presentano lo stesso comportamento elastico, non necessariamente hanno uguali proprietà inelastiche. La più grande differenza tra modelli apparentemente simili, nei quali le resistenze degli elementi sono state calcolate con le prescrizioni statiche torsionali delle norme, è la localizzazione degli elementi ai bordi, poiché differenti valori della dimensione (b) dell’impalcato ortogonale a quella di non simmetria implicano notevoli variazioni nel raggio di giratore di massa, ρm, normalizzato a b.

I modelli studiati possono dividersi in due grandi categorie: a) modelli a rigidezza eccentrica (SES = stiffness eccentric system). La

distribuzione di rigidezza dei tre elementi è non simmetrica rispetto al

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 129

centro di rigidezza (CR), mentre l’elemento centrale è localizzato sul centro di massa (CM) coincidente generalmente con il centro geometrico.

b) modelli a massa eccentrica (MES = mass eccentric system). La distribuzione di rigidezza dei tre elementi è simmetrica rispetto al centro di rigidezza (CR) e l’eccentricità è dovuta allo spostamento del centro di massa (CM) dal centro di rigidezza (CR).

6.1.3 Valutazione delle prescrizioni sismiche di progetto relative agli effetti torsionali

In questo paragrafo ho ritenuto opportuno riportare i risultati più recenti ottenuti relativamente alla risposta torsionale di edifici asimmetrici in pianta, con particolare riferimento ai sistemi bidirezionali ed ai confronti fra prescrizioni di normativa. Infatti è proprio in tale direzione che punta il presente lavoro di tesi.

[De Stefano et al. 1996] analizzano la risposta sismica non lineare di un monopiano asimmetrico in pianta in una direzione e simmetrico nella direzione ortogonale, soggetto ad entrambe le componenti di un terremoto e progettato sia secondo le prescrizioni dell’Eurocodice 8 che secondo quelle dell’Uniform Building Code. La massa totale M è uniformemente distribuita sulla soletta, così che il centro di massa (CM) è coincidente con il centro geometrico. Al contrario la distribuzione di rigidezze lungo y è asimmetrica e lungo x è simmetrica, pur se le rigidezze totali nelle due direzioni sono uguali, vale a dire Kx=Ky=K.

Le analisi compiute sono di tipo parametrico; infatti sono assunti diversi valori per il periodo Tx=Ty=T disaccopiato traslazionale, per il rapporto tra frequenze disaccoppiate torsionale-laterale (d/ρ = Ω), e per l’eccentricità statica. E’ stato variato anche il rapporto fra le dimensioni in pianta. In tutti i casi per gli elementi resistenti è stato assunto un legame isteretico non degradante con curva monotona elastica-perfettamente plastica ed ai primi due modi è stato assegnato uno smorzamento relativo pari al 5%. Gli accelerogrammi utilizzati per le analisi numeriche sono gli stessi adoperati nel presente lavoro di tesi.

Il progetto dell’edificio è stato realizzato calcolando gli spettri a duttilità controllata (assunta costantemente uguale a 4) di ciascuna delle due componenti dei cinque terremoti, e calcolando, nota la massa, la resistenza

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130 Capitolo VI – Analisi non lineari relative ad edifici irregolari in pianta

totale nelle due direzioni. L’eccentricità delle azioni orizzontali di progetto è stata calcolata sia considerando le prescrizioni dell’appendice A dell’Eurocodice 8 [CEN 1994b], sia quelle previste dall’Uniform Building Code e trascurando sempre l’eccentricità accidentale. Tali prescrizioni determinano, ovviamente, un incremento di resistenza nella direzione in cui l’edificio si comporta in maniera asimmetrica, che, rapportata alla forza statica di progetto, determina il fattore di sovraresistenza. Gli autori osservano che per bassi valori di eccentricità statica, l’EC8 fornisce un valore di sovraresistenza più grande di quello dell’UBC, mentre accade l’opposto se l’eccentricità statica aumenta. Il danno strutturale è stato quantizzato mediante la richiesta di duttilità in termini di spostamento; infatti, al fine di confrontare le prestazioni delle due normative, per entrambe le direzioni, è stata calcolata la richiesta di duttilità media per i cinque terremoti dei vari elementi resistenti.

Figura 6.1. Duttilità richiesta in sistemi progettati secondo l’EC8 e l’UBC.

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 131

Le analisi numeriche eseguite mostrano che le prescrizioni torsionali

statiche dell’UBC conducono ad un miglior comportamento non lineare da parte degli elementi resistenti disposti in maniera asimmetrica, rispetto alle corrispondenti prescrizioni dell’EC8. Infatti per tali elementi le prescrizioni dell’UBC determinano una distribuzione delle azioni in campo non lineare più uniforme, con massime richieste di duttilità di gran lunga inferiori; queste risultano essere prossime o anche minori rispetto a quelle che caratterizzano la risposta dei sistemi simmetrici equivalenti. Al contrario i sistemi progettati secondo l’EC8 presentano maggiori richieste di duttilità, che si concentrano sempre sugli elementi resistenti appartenenti al lato rigido, mentre quelli appartenenti al lato flessibile appaiono sovradimensionati [fig. 6.1].

[De Stefano et al. 1996] analizzano, per i casi considerati, anche il comportamento degli elementi disposti simmetricamente. Essi osservano che entrambi i codici non proteggono sufficientemente tali elementi, dal momento che non tengono conto degli effetti indotti dalla rotazione degli impalcati. Si è osservato che, in media, le richieste di duttilità massima degli elementi disposti simmetricamente superano sempre quelle relative ai corrispondenti elementi dei sistemi simmetrici equivalenti.

Gli autori concludono, quindi, che l’asimmetria dovrebbe essere considerata dai codici quale proprietà intrinseca del sistema; perciò gli edifici asimmetrici in una sola direzione dovrebbero essere progettati mediante prescrizioni specifiche che tengono conto degli effetti torsionali anche nella direzione in cui sono simmetrici.

6.2 PROGETTO DEGLI EDIFICI ESAMINATI

In questo capitolo si riporta lo studio del comportamento di un edificio multipiano in c.a., asimmetrico lungo una sola direzione, soggetto a terremoti reali violenti e progettato secondo diverse prescrizioni.

Come si è visto nel capitolo III i codici sismici permettono di utilizzare due procedure per stimare la distribuzione delle azioni orizzontali su di un edificio: l’analisi statica equivalente, che si applica sostanzialmente a strutture regolari, o che pur non essendo regolari rispettino determinate caratteristiche geometriche, e quella dinamica; nel primo caso, le prescrizioni relative

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132 Capitolo VI – Analisi non lineari relative ad edifici irregolari in pianta

all’eccentricità da assegnare alla forza orizzontale a ciascun piano variano di codice in codice. L’edificio in esame è stato scelto in modo che consentisse di utilizzare entrambe le procedure; sono stati eseguiti tre progetti diversi:

1. mediante analisi dinamica; 2. mediante analisi statica equivalente secondo le prescrizioni

dell’Eurocodice 8 con calcolo delle eccentricità riportato nell’appendice A [CEN 1994b];

3. mediante analisi statica equivalente con calcolo dell’eccentricità effettuato secondo le prescrizioni dell’Uniform Building Code.

E’ importante sottolineare che le resistenze del secondo e del terzo schema sono state modificate mediante coefficienti moltiplicativi, in modo da ottenere nei tre casi differenti la stessa resistenza totale. Ovviamente anche i carichi verticali da combinare in fase di progetto con le azioni sismiche sono gli stessi per i tre schemi ed in particolare si sono utilizzate le prescrizioni degli Eurocodici 1, 2 ed 8 [CEN 1989, 1994a, b, c, d].

6.2.1 Geometria

L’edificio progettato secondo diverse prescrizioni è di quattro piani, con sei telai resistenti lungo le due direzioni ortogonali X e Y, come mostrato in figura 6.2. La pianta è di forma rettangolare con lati di dimensioni 10 ed 8 m. Il lato asimmetrico è quello lungo X con i telai disposti rispettivamente alle ascisse x=0, x=3m e x=10m; quello simmetrico, lungo Y, ha i telai in corrispondenza delle ordinate y=0, y=4m ed y=8m. L’interpiano è costante lungo tutta l’altezza dell’edificio ed è di 3m. I pilastri, di sezione costante a ciascun piano, al primo livello hanno dimensione pari a 50x50 cm2, all’ultimo 35x35 cm2, essendo rastremati di 5 cm per ogni piano. Tutte le travi hanno la stessa sezione pari a 30x50 cm2.

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 133

Figura 6.2. Geometria dell’edificio studiato e modelli numerici utilizzati.

Tali dimensioni e la disposizione asimmetrica dei telai paralleli all’asse Y del riferimento globale sono stati fissati in modo che l’edificio possa essere definito irregolare, secondo le prescrizioni dell’Eurocodice 8 (cfr. cap. III parag. 3.1.1). Infatti, applicando staticamente le azioni orizzontali di normativa, con la prescritta eccentricità accidentale (±5% della dimensione dell’impalcato ortogonale alle azioni), si ottiene a ciascun piano uno spostamento massimo maggiore di circa 20% dello spostamento medio. E’ stata scelta una condizione limite tra regolarità ed irregolarità per due motivi. Il primo è legato alla scelta di ottenere l’eccentricità in pianta solamente traslando il telaio centrale ed assumendo rigidezze uguali per tutti i telai dell’edificio; in questo modo la loro risposta sismica è facilmente confrontabile. Il secondo motivo è legato alla volontà di passare gradualmente, in termini di analisi della risposta sismica, da edifici regolari ad edifici irregolari.

6.2.2 Calcolo delle azioni di progetto

Per quanto concerne il calcolo dei carichi verticali, eseguito secondo le prescrizioni dell’Eurocodice 1, è stato assunto un coefficiente moltiplicativo dei carichi permanenti γG = 1.35 ed uno moltiplicativo dei carichi accidentali γQ = 1.50. Nel calcolo dei carichi verticali da combinare con le azioni orizzontali, il coefficiente di combinazione, relativo ai carichi accidentali, è stato assunto pari a 0.3. Lo stesso coefficiente, nel calcolo dei pesi sismici, è stato ridotto della metà ai piani intermedi e lasciato invariato al piano più alto (0.3). In tabella 6.1 sono riportati i pesi e le masse sismiche calcolati espressi in tonnellate e metri.

Tabella 6.1 Pesi e masse sismiche dell’edificio.

Piani Wi [ton] M [ton*s^2/m] 1 88.030 8.97 2 84.992 8.66

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134 Capitolo VI – Analisi non lineari relative ad edifici irregolari in pianta

3 82.292 8.39 4 76.892 7.84

totale 332.207 33.86

Lo spettro di progetto utilizzato è quello dell’Eurocodice 8, con accelerazione massima al suolo (PGA) 0.4g, per suolo medio (tipo B) e fattore di comportamento q = 5 (Alta Duttilità). In figura 6.3 sono riportati lo spettro elastico di normativa e quello di progetto adottati fino ad un periodo di 0.6 sec, essendo il periodo fondamentale dell’edificio in esame pari a 0.456 sec.

Spettri

0.000.100.200.300.400.500.600.700.800.901.001.101.20

0.00 0.05 0.10 0.15 0.20 0.25 0.30 0.35 0.40 0.45 0.50 0.55 0.60Periodo

Acc

eler

azio

ne

Spettro di progetto Spettro di risposta elastico

Figura 6.3. Spettro elastico di normativa e spettro di progetto adottati.

Innanzitutto è stato verificato che tale edificio si trovasse in una condizione limite tra irregolarità e regolarità, cioè che, applicando staticamente le azioni

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 135

orizzontali di progetto con una eccentricità pari a quella accidentale, a ciascun piano lo spostamento massimo dell’impalcato fosse circa maggiore del 20% di quello medio. Perciò è stato calcolato il taglio alla base di progetto mediante l’espressione:

(6.1) WTSF db )( 1=

essendo Sd(T1) l’ordinata spettrale in corrispondenza del periodo fondamentale e W il perso sismico totale. Considerando che la deformata associata al primo periodo può essere approssimata mediante spostamenti linearmente crescenti lungo l’altezza, le forze a ciascun piano sono state calcolate mediante la:

=jj

iibi Wz

WzFF (6.2)

essendo zi l’altezza del piano i-esimo e Wi il suo peso sismico. Dopo tale verifica, l’edificio è stato progettato mediante analisi modale,

analisi statica equivalente con il calcolo delle eccentricità descritto nell’appendice A dell’Eurocodice 8 [CEN 1994b] e mediante analisi statica equivalente con calcolo dell’eccentricità effettuato secondo le prescrizioni dell’Uniform Building Code.

Nel primo caso è stato utilizzato il programma di calcolo SAP90 [CSI 1991].

Nel secondo caso è sorta innanzitutto la necessità di calcolare ad ogni piano l’eccentricità statica e0, vale a dire la distanza fra baricentro delle masse, assunto coincidente col baricentro geometrico dell’impalcato, e baricentro delle rigidezze, che, ovviamente, sarà spostato nella direzione in cui è traslato il telaio centrale. La posizione di tale baricentro è stata valutata calcolando le rigidezze effettive di ciascun telaio, vale a dire applicando le forze orizzontali statiche di progetto e facendo il rapporto fra il taglio relativo al telaio in esame ed il suo spostamento di interpiano. L’eccentricità statica è risultata coincidente a tutti i piani e circa pari a 0.65 m.

A questo punto è opportuno osservare che si è potuta utilizzare un’analisi statica sebbene l’edificio sia irregolare in pianta, perché lo stesso soddisfa due requisiti:

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136 Capitolo VI – Analisi non lineari relative ad edifici irregolari in pianta

1. è soddisfatta l’ipotesi di impalcato infinitamente rigido; 2. i baricentri di tutti i piani sono allineati su di una stessa verticale e lo

stesso accade per i centri delle rigidezze, calcolati come descritto sopra. Essendo, però, l’edificio irregolare, per tenere conto degli effetti torsionali,

il calcolo statico secondo l’Eurocodice 8 prevede che la forza orizzontale sia applicata con una eccentricità aggiuntiva pari alla minore delle (3.24). Nota questa, possono essere calcolati i momenti torsionali mediante la (3.21) e la (3.22). In tali formule, però, si è deciso di trascurare l’eccentricità accidentale, onde evitare di aggiungere al problema in esame un ulteriore parametro non indispensabile. Perciò i momenti torsionali sono uguali a:

(6.3) ( 20max1 eeFeFM iii +== )

(6.4) 0min1 eFeFM iii ==

Il valore minore fra i due calcolati mediante le espressioni (3.24) risulta essere a ciascuno dei quattro piani circa m. 60.02 =e

Il terzo modello è stato, invece, progettato calcolando le eccentricità che tengono conto degli effetti torsionali secondo le espressioni (3.28) e (3.29), vale a dire secondo quanto prescrive l’Uniform Building Code. Trascurando, come già detto, l’eccentricità accidentale e considerando che nel caso in esame

risulta 12.1

max =avgδ

δ, esse diventano:

(6.5) 0max1 eee ==

(6.6) 00min2 ≤== eee

Poiché risulta , allora si assume , che vuol dire applicare la forza nel centro delle rigidezze e, quindi, non avere momento torsionale (cioè rotazionale nel piano dell’impalcato). Invece e

00 ≥e 02 =e

1 coincide proprio con l’eccentricità statica e quindi determina un momento torsionale che è uguale a quello riportato nella (6.4).

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 137

Una volta note le azioni orizzontali ed i momenti torsionali di progetto, è nota la resistenza totale, in termini di taglio alla base, dei tre modelli. Tali tre resistenze sono state uguagliate, al fine di poter comprendere quale delle tre metodologie di progetto adottate determina una distribuzione di resistenze più efficace, indipendentemente dalla entità della resistenza totale. Perciò sono stati calcolati i coefficienti riduttivi delle resistenze totali ottenute nei due casi di analisi statica equivalente al fine di uguagliarle al caso dell’analisi dinamica. Come è noto, infatti, quest’ultimo tipo di analisi determina una resistenza totale inferiore di circa il 20% rispetto all’analisi statica; ciò è dovuto al fatto che in quest’ultimo caso si assume che la massa partecipante associata al primo modo sia coincidente con la massa totale del sistema, mentre in realtà tale massa è circa l’80% di quella totale. I coefficienti α di riduzione dei tagli per le due analisi statiche risultano:

[ ][ ] 76236.0

4.683521

max,8

max,8, ===

kNkN

TT

yEC

yDinECyα (6.7)

[ ][ ] 75246.0

4.692521

max,

max,, ===

kNkN

TT

yUBC

yDinUBCyα (6.8)

79367.0][2.664][1.527

max,

max,,8, ====

kNkN

TT

x

xDinUBCxECx αα (6.9)

I tagli massimi lungo il lato simmetrico, vale a dire lungo X, sono uguali per le due analisi statiche, in quanto non c’è l’effetto dovuto all’eccentricità; da ciò segue che il coefficiente riduttivo nei due casi è lo stesso. Operando in campo elastico è lecito, a questo punto, moltiplicare le forze orizzontali, da applicare ai casi statici, per i coefficienti prima calcolati così da progettare le strutture a parità di resistenza totale.

Il calcolo delle sollecitazioni di progetto è stato eseguito tenendo conto, come prescritto dall’Eurocodice 8, degli effetti ortogonali, secondo le combinazioni (3.31) e (3.32).

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138 Capitolo VI – Analisi non lineari relative ad edifici irregolari in pianta

6.2.3 Calcolo delle armature

I materiali utilizzati sono il calcestruzzo classe C20/25 e l’acciaio FeB38k. Le caratteristiche meccaniche del conglomerato cementizio, riportate nell’Eurocodice 2 [CEN 1989] sono:

resistenza caratteristica cilindrica fck = 20 N/mm2; resistenza cilindrica di calcolo fcd = 13.3 N/mm2; resistenza media a trazione fctm = 2.2 N/mm2; modulo di Young Ecm = 29 kN/mm2. Quelle dell’acciaio sono: tensione caratteristica di snervamento fyk = 380 N/mm2; tensione di calcolo di snervamento; fyd = 330.4 N/mm2; modulo di Young Es = 200 kN/mm2. Note le sollecitazioni massime relative agli elementi resistenti di ciascun

modello sono state calcolate le armature utilizzando il metodo semi-probabilistico agli stati limite ultimi secondo quanto previsto dall’Eurocodice. A questo punto è importante sottolineare che, secondo quanto previsto dall’Eurocodice 8 per colonne progettate in Alta Duttilità, si sarebbe dovuta effettuare la verifica delle stesse a pressoflessione deviata. Invece, al fine di snellire la procedura di calcolo delle armature, le colonne sono state verificate nella maniera semplificata prevista dall’Eurocodice 8 per le colonne progettate in Media e Bassa Duttilità, vale a dire separatamente in ciascuna delle due direzioni ortogonali riducendo il momento resistente del 30% in modo che risultasse:

(6.10) SdiRdi MM ≥7.0

essendo MRdi il momento resistente ed MSdi il momento sollecitante. Al fine di evitare variazioni di caratteristiche meccaniche del calcestruzzo

confinato è stata assunta una staffatura uguale per tutti gli elementi strutturali in corrispondenza dei loro estremi e cioè di diametro φ10 ogni 10 cm.

Ai pilastri è stata assegnata un’armatura minima pari a 2 φ14 per lato. Per le travi si è imposto che l’armatura al lembo inferiore fosse pari ad almeno la metà di quella calcolata al lembo superiore. Sia per le travi che per i pilastri è stato assunto un copriferro pari a 3 cm.

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 139

Come si può osservare da quanto riportato finora, nel progetto non è stato utilizzato il Capacity Design, con il preciso intento di non assegnare ai tre modelli sovraresistenze che potessero mascherare le differenze di risposta dovute esclusivamente alla differente metodologia di progetto utilizzata nei tre casi.

6.3 ANALISI NON LINEARI

I tre edifici, progettati secondo quanto descritto al paragrafo precedente, sono stati modellati numericamente mediante il programma di calcolo CANNY-E. Per le travi e per i pilastri sono stati utilizzati gli stessi modelli numerici descritti nel capitolo IV, assegnando lo stesso degrado di rigidezza allo scarico ed al ricarico e gli stessi andamenti delle curve monotone descritti nel caso del confronto numerico-sperimentale. I valori assegnati alla resistenza ed alla deformabilità di acciaio e calcestruzzo, però, sono quelli caratteristici. Anche in tal caso sono state utilizzate le formule di Mander per il calcolo delle proprietà del calcestruzzo confinato. Per quanto concerne le travi, a differenza del confronto numerico-sperimentale, non è stata tenuta in conto la collaborazione dell’armatura della soletta, cioè non è stata incrementata la rigidezza post-snervamento relativamente al caso in cui il lembo superiore della trave sia teso. Tale scelta, ancora una volta, è legata alla volontà di non assegnare sovraresistenze ai tre edifici, al fine di non mascherare le differenze legate alle tre differenti metodologie progettuali adottate.

Per lo stesso motivo l’armatura assegnata agli elementi resistenti del modello numerico è perfettamente coincidente con quella ottenuta dal progetto, nel senso che non è approssimata per trasformarla in aree di tondini equivalenti. Per quanto concerne le sezioni dei pilastri, ai quattro angoli di ciascuna sezione sono assegnate quattro aree di ferro uguali e ciò che rimane dell’area di armatura totale in una direzione è posta sull’asse di simmetria della sezione avente quella direzione, sempre con lo stesso copriferro. Per quanto concerne le travi, a ciascuno dei due lembi della sezione tutta l’armatura è posta allo stesso livello.

L’intento delle analisi dinamiche effettuate è quello di comprendere quali delle tre metodologie di progetto adottate garantisce, allorquando la struttura si comporti in maniera non elastica, una migliore distribuzione del

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140 Capitolo VI – Analisi non lineari relative ad edifici irregolari in pianta

danneggiamento e quindi maggiori garanzie che la stessa struttura non collassi. Per questo motivo i tre edifici sono stati sottoposti ad entrambe le componenti di cinque terremoti reali violenti, gli stessi utilizzati e descritti al capitolo precedente. La componente principale di ciascuno di essi è stata fatta agire nella direzione in cui l’edificio si comporta in maniera asimmetrica, vale a dire lungo la direzione Y del riferimento globale, la componente secondaria, ovviamente, è stata fatta agire nella direzione ortogonale.

Inoltre, al fine di confrontare le differenze in termini di risposta, anche nel caso di edifici irregolari, tra eccitazione unidirezionale e bidirezionale, le stesse analisi sono state ripetute considerando agente unicamente la componente principale del sisma nella direzione Y del riferimento globale.

0100200300400500600700800

IV III II IPiano

Tagl

io [k

N]

Analisi modale EC8 UBC

Figura 6.4. Massimi tagli di piano in direzione Y.

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 141

6.3.1 Risultati in termini di comportamento globale

I primi risultati che si vogliono mostrare sono quelli che descrivono il comportamento globale dei modelli esaminati. Si riportano, infatti, gli spostamenti massimi in valore assoluto e di interpiano in corrispondenza dei baricentri degli impalcati ed in corrispondenza di ciascuno dei tre telai nella direzione in cui gli edifici si comportano asimmetricamente; si mostrano, inoltre, i tagli di piano calcolati in tale direzione e le rotazioni degli impalcati. Tali risultati sono relativi al solo terremoto di El Centro, sia considerando agenti entrambe le componenti orizzontali dello stesso, che nel caso in cui agisca la sola componente principale.

0102030405060708090

IV III II IImpalcato

Spo

stam

ento

[mm

]

Analisi modale EC8 UBC

Figura 6.5. Massimi spostamenti del baricentro degli impalcati in direzione Y.

Analizzando innanzitutto il caso di eccitazione bidirezionale si osserva che il massimo taglio alla base [fig. 6.4] è molto simile per i tre modelli; ciò ovviamente deriva dal fatto che essi sono stati progettati a parità si resistenza.

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142 Capitolo VI – Analisi non lineari relative ad edifici irregolari in pianta

Analogamente accade per quanto riguarda gli spostamenti di piano e di interpiano valutati in corrispondenza del baricentro di ciascun impalcato; questi ultimi sono calcolati in percentuale rispetto all’altezza di ciascun interpiano [figg. 6.5 e 6.6]. Da ciò si evince che, nel caso in esame, in termini di risposta globale della struttura non esistono grandi differenze tra i tre tipi di progettazione adottati. Sicuramente più interessante è l’analisi del comportamento dei singoli telai, con particolare riferimento a quelli esterni, dal momento che è proprio in base alla risposta di questi che si valuta la bontà della prescrizione di normativa adottata.

00.10.20.30.40.50.60.70.80.9

1

IV III II IPiano

Spo

stam

ento

di i

nter

pian

o/H

i [%

]

Analisi modale EC8 UBC

Figura 6.6. Spostamenti di interpiano in direzione Y relativi al baricentro.

012345678

I II III IVImpalcato

Rot

azio

ne [m

rad]

Analisi modale EC8 UBC

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 143

Figura 6.7. Massime rotazioni degli impalcati intorno all’asse verticale.

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144 Capitolo VI – Analisi non lineari relative ad edifici irregolari in pianta

Telaio 1 (lato rigido)

0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1 1.1 1.2 1.3

I

II

III

IV

Inte

rpia

no

Spostamento di interpiano/Hi [%]

Analisi modale EC8 UBC

Telaio 2

0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1 1.1 1.2 1.3

I

II

III

IV

Inte

rpia

no

Spostamento di interpiano/Hi [%]

Analisi modale EC8 UBC

Telaio 3 (lato deformabile)

0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1 1.1 1.2 1.3

I

II

III

IV

Inte

rpia

no

Spostamento di interpiano/Hi [%]

Analisi modale EC8 UBC

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 145

Figura 6.8. Spostamenti di interpiano in direzione Y in corrispondenza dei telai.

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146 Capitolo VI – Analisi non lineari relative ad edifici irregolari in pianta

A questo proposito si vuole ricordare che in un edificio caratterizzato da eccentricità del centro delle rigidezze rispetto a quello delle masse, si definisce lato rigido quello che è più vicino al centro delle rigidezze; il lato opposto è definito deformabile o flessibile.

La risposta dei telai esterni è sicuramente condizionata dalle rotazioni degli impalcati. Dalla figura 6.7, dove queste sono riportate in termini massimi, si osserva che nel caso dell’edificio progettato secondo l’analisi statica equivalente prescritta dall’Uniform Building Code esse sono decisamente maggiori rispetto agli altri due casi; per l’impalcato più alto, l’incremento rispetto all’analisi dinamica, che determina le rotazioni più basse, è maggiore del 100%, mentre rispetto al terzo caso è maggiore del 50%. Per quanto concerne gli spostamenti di interpiano, calcolati in percentuale rispetto all’altezza del relativo interpiano, in corrispondenza dei tre telai ai vari piani, dalla figura 6.8 si osserva che l’analisi secondo l’Uniform Building Code protegge il lato rigido decisamente meglio rispetto agli altri due casi, pur se, al contrario, sul lato flessibile presenta la peggiore risposta. L’analisi dinamica presenta, invece, la peggiore risposta sul lato rigido, mentre quella sul lato flessibile è praticamente equivalente a quella ottenuta utilizzando le prescrizioni dell’Eurocodice 8.

6.3.2 Risultati in termini di risposta locale

Al fine di comprendere quale delle tre metodologie di progetto utilizzate protegge meglio l’edificio con eccentricità di rigidezza in esame, è necessario un confronto in termini di danneggiamento locale degli elementi resistenti. Tale danneggiamento è stato valutato in termini di duttilità massima richiesta in corrispondenza delle sezioni di estremità delle travi e rotazioni massime delle sezioni di estremità delle colonne. Nel caso delle travi, cioè, è stato considerato il rapporto tra la rotazione massima e quella di snervamento; ovviamente per i pilastri questo rapporto sarebbe stato più difficile da valutare dal momento che la rotazione di snervamento varia al variare dello sforzo normale. Nelle figure che seguono, i risultati saranno riportati considerando per ciascuno dei telai giacenti nel piano YZ (1, 2 e 3) la media delle duttilità richieste alle estremità delle due travi appartenenti a ciascun piano; tale valore viene riportato in termini di lunghezza di un segmento. I segmenti relativi a ciascun piano, per tutti e quattro i piani dell’edificio, vengono posti uno sull’altro, in modo che il segmento somma sia indicativo della duttilità

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 147

richiesta alle travi del telaio in esame. Analogamente, per quanto riguarda le colonne, ciascun segmento rappresenta la media delle rotazioni massime di estremità dei tre pilastri appartenenti a ciascun piano del telaio in esame. I segmenti relativi ai quattro piani vengono posti uno sull’altro in modo che il segmento somma possa essere indicativo del danneggiamento delle colonne di un telaio.

In figura 6.9 è riportata la duttilità richiesta alle travi ottenuta eccitando la struttura mediante il terremoto di El Centro; il telaio 1 è quello all’ascissa zero, il telaio 2 è quello all’ascissa tre, il telaio 3 all’ascissa dieci. Il danno in assoluto minore si osserva nel caso dell’edificio progettato mediante l’Uniform Building Code, dal momento che i due telai posti sul lato rigido presentano duttilità richieste totali inferiori (misurate dall’altezza di ciascuna colonnina in figura); per quanto concerne il telaio più esterno fra i due, rispetto al caso di edificio progettato mediante analisi dinamica il decremento è del 12%, rispetto a quello progettato mediante l’Eurocodice 8 è dell’8%.

Si deve osservare, però, che la struttura progettata con l’Uniform Building Code presenta, al contrario, una duttilità richiesta superiore a quella degli altri due casi per il telaio sul lato flessibile, pur se questo incremento è inferiore al 10%. Tale circostanza è negativa dal momento che tale telaio è proprio quello che in assoluto è il più danneggiato.

Dalla figura in esame si osserva, inoltre, che l’analisi dinamica determina la distribuzione del danneggiamento più uniforme, nel senso che sono inferiori rispetto agli altri due casi le differenze tra i tre telai; in sostanza si manifesta un incremento di duttilità richiesta sul lato rigido ed un decremento su quello flessibile, dato molto positivo perché, come si è già detto, quest’ultimo è in assoluto il più danneggiato.

Infine è doveroso osservare che le massime differenze riscontrate nei tre casi sono di poco superiori al 10% e quindi abbastanza basse. Questo risultato è sicuramente confortante, dal momento che implica che non esiste in particolare una metodologia di progetto, fra le tre analizzate, decisamente errata. D’altra parte si deve osservare che un’importante motivazione di questa scarsa differenza è legata alla resistenza dell’edificio nella direzione ortogonale (direzione X del riferimento globale) a quella in esame , cioè quella lungo la quale esso si comporta in maniera simmetrica. Tale resistenza, infatti, si presenta molto simile nei due casi di analisi statica ed, inoltre, abbastanza elevata se paragonata a quella relativa alla direzione in cui la struttura è asimmetrica (Y del riferimento globale). A questo proposito si ricorda che il

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148 Capitolo VI – Analisi non lineari relative ad edifici irregolari in pianta

progetto lungo X avviene applicando le azioni di calcolo lungo X con il loro intero valore e quelle ortogonali, con le relative eccentricità, per un valore pari al 30%. La somiglianza delle resistenze nei due casi di analisi statica è dovuta al fatto che le azioni lungo X, essendo applicate senza eccentricità, producono effetti identici. Il fatto che la resistenza sia elevata rispetto a quella calcolata in direzione Y è legato innanzitutto all’asimmetria presente in direzione Y, la quale determina effetti lungo X. Inoltre i coefficienti moltiplicativi delle forze, utilizzati al fine di uguagliare nei tre casi le resistenze totali di progetto, calcolati lungo X sono maggiori rispetto a quelli calcolati lungo Y, proprio perché in quest’ultima direzione cresce l’importanza nell’analisi dinamica dei momenti di piano rispetto ai tagli e quindi si ha necessità di un maggior decremento delle forze orizzontali calcolate con i metodi statici.

I risultati riportati in figura 6.10 in termini di rotazioni massime di estremità dei pilastri, nella forma descritta sopra, confermano completamente quanto osservato nel caso delle travi. Il decremento della somma delle medie delle rotazioni massime a ciascun piano relativamente al telaio appartenente al lato rigido è, nel caso del progetto effettuato con l’Uniform Building Code, di circa il 4% rispetto al progetto realizzato con le altre due normative. Per quanto concerne il telaio appartenente al lato flessibile, l’incremento è dell’8% rispetto al progetto effettuato con l’analisi dinamica e del 4% rispetto al progetto effettuato con l’analisi statica equivalente prescritta dall’Eurocodice 8.

Le duttilità massime richieste alle travi e le rotazioni massime alle estremità dei pilastri sono calcolate anche sollecitando i tre edifici diversamente progettati mediante altri quattro terremoti reali, Taft, Petrovac, El Almendral e Newhall, di cui si è parlato nel capitolo precedente. Nella figura 6.11 per ciascun telaio ciascun segmento corrisponde alla media aritemetica, considerando tutti e cinque i terremoti, della media delle duttilità richieste alle due estremità delle due travi di ciascun piano; i quattro segmenti, posti uno sull’altro, corrispondono ai quattro piani. Gli stessi risultati sono riportati in figura 6.12 in termini di rotazioni massime alle estremità dei pilastri. Dalle ultime due figure si nota che le osservazioni fatte relativamente alla risposta della struttura sollecitata dal solo terremoto di El Centro sono pienamente confermate considerando le medie su tutti e cinque i terremoti.

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 149

Analisi modale

0.001.002.003.004.005.006.007.008.009.00

0 1 2 3

Telaio D

uttil

ità ri

chie

sta

Telaio 1 (l. rigido) Telaio 2 Telaio 3 (l. flessibile)

EC8

0.001.002.003.004.005.006.007.008.009.00

0 1 2 3

Telaio

Dut

tilità

rich

iest

a

Telaio 1 (l. rigido) Telaio 2 Telaio 3 (l. flessibile)

UBC

0.001.002.003.004.005.006.007.008.009.00

0 1 2 3

Telaio

Dut

tilità

rich

iest

a

Telaio 1 (l. rigido) Telaio 2 Telaio 3 (l. flessibile)

4

4

4

Figura 6.9. Duttilità richiesta alle travi (terremoto di El Centro).

Page 157: Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con · 2.2.3 Modelli a plasticità diffusa 27 2.2.4 Legami momento-curvatura 31 2.2.4.1 Le leggi cicliche 32 2.2.5 Modelli che

150 Capitolo VI – Analisi non lineari relative ad edifici irregolari in pianta

Analisi modale

02468

1012

0 1 2 3

Telaio

Rot

azio

ne [m

rad]

Telaio 1 (l. rigido) Telaio 2 Telaio 3 (l. flessibile)

EC8

02468

1012

0 1 2 3

Telaio

Rot

azio

ne [m

rad]

Telaio 1 (l. rigido) Telaio 2 Telaio 3 (l. flessibile)

UBC

02468

1012

0 1 2 3

Telaio

Rot

azio

ne [m

rad]

Telaio 1 (l. rigido) Telaio 2 Telaio 3 (l. flessibile)

4

4

4

Figura 6.10. Rotazioni massime dei pilastri (terremoto di El Centro).

Page 158: Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con · 2.2.3 Modelli a plasticità diffusa 27 2.2.4 Legami momento-curvatura 31 2.2.4.1 Le leggi cicliche 32 2.2.5 Modelli che

Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 151

Analisi modale

02468

101214

0 1 2 3

TelaioD

uttil

ità ri

chie

sta

.

Telaio 1 (l. rigido) Telaio 2 Telaio 3 (l. flessibile)

EC8

02468

101214

0 1 2 3

Telaio

Dut

tilità

rich

iest

a .

Telaio 1 (l. rigido) Telaio 2 Telaio 3 (l. flessibile)

UBC

02468

101214

0 1 2 3

Telaio

Dut

tilità

rich

iest

a .

Telaio 1 (l. rigido) Telaio 2 Telaio 3 (l. flessibile)

4

4

4

Figura 6.11. Duttilità richiesta alle travi (media dei cinque terremoti).

Page 159: Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con · 2.2.3 Modelli a plasticità diffusa 27 2.2.4 Legami momento-curvatura 31 2.2.4.1 Le leggi cicliche 32 2.2.5 Modelli che

152 Capitolo VI – Analisi non lineari relative ad edifici irregolari in pianta

Analisi modale

02468

10121416

0 1 2 3 4

Telaio

Rot

azio

ne [m

rad]

Telaio 1 (l. rigido) Telaio 2 Telaio 3 (l. flessibile)

EC8

02468

10121416

0 1 2 3 4

Telaio

Rot

azio

ne [m

rad]

Telaio 1 (l. rigido) Telaio 2 Telaio 3 (l. flessibile)

UBC

02468

10121416

0 1 2 3 4

Telaio

Rot

azio

ne [m

rad]

Telaio 1 (l. rigido) Telaio 2 Telaio 3 (l. flessibile)

Figura 6.12. Rotazioni massime dei pilastri (media dei cinque terremoti).

Page 160: Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con · 2.2.3 Modelli a plasticità diffusa 27 2.2.4 Legami momento-curvatura 31 2.2.4.1 Le leggi cicliche 32 2.2.5 Modelli che

Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 153

6.4 CASO DI EDIFICIO CON ECCENTRICITÀ DI MASSA

Il progetto e le analisi descritti sopra sono stati ripetuti nel caso di un edificio di uguale geometria, ma con eccentricità di massa. Infatti è stato traslato il centro di massa dal centro geometrico di 1 metro verso il lato flessibile, in modo da aumentare l’eccentricità statica. Note le azioni orizzontali di progetto, già calcolate mediante la (6.1) e la (6.2), queste sono state applicate con l’eccentricità accidentale (3.23) ed è stato calcolato il rapporto tra lo spostamento massimo dell’impalcato e lo spostamento medio nella direzione di applicazione di tali forze; tale rapporto è risultato pari ad

1.35. Poiché si ha che 2.1max >avgδ

δ allora, per quanto prescritto sia

dall’Eurocodice 8 che dall’Uniform Building Code, la struttura in esame è decisamente irregolare.

Successivamente sono state calcolate le eccentricità statica e dinamiche, cioè che tengono conto degli effetti torsionali, al fine di applicare i metodi di progetto statici equivalenti dei due codici; per tale calcolo sono state utilizzate le rigidezze valutate come nel caso precedente, cioè applicando nel baricentro le forze statiche di progetto e calcolando il rapporto tra il taglio relativo a ciascun pilastro e lo spostamento di interpiano in corrispondenza del telaio cui il pilastro appartiene. Anche in questo caso è stata sempre posta uguale a zero l’eccentricità accidentale.

L’eccentricità statica, uguale a tutti i piani, è risultata pari a 1.63 m. Per quanto concerne le eccentricità dinamiche calcolate secondo l’Eurocodice 8, poiché l’eccentricità accidentale è assunta pari a zero, la prima è proprio pari a quella statica. Dalla (3.24) risulta, invece, e2 = 1.21 m a tutti i piani, la quale si somma a quella statica. I momenti torsionali saranno calcolati come nelle (6.3) e (6.4).

Per quanto concerne il calcolo secondo l’Uniform Building Code le (3.28) e (3.29), eccentricità calcolate rispetto al centro delle rigidezze, al fine di escludere l’eccentricità accidentale, diventano:

⎥⎥

⎢⎢

⎡−⎟

⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛+== 1

2.105.0

2

max0max1

avg

Leeeδ

δ (6.11)

Page 161: Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con · 2.2.3 Modelli a plasticità diffusa 27 2.2.4 Legami momento-curvatura 31 2.2.4.1 Le leggi cicliche 32 2.2.5 Modelli che

154 Capitolo VI – Analisi non lineari relative ad edifici irregolari in pianta

012.1

05.02

max0min2 ≤

⎥⎥

⎢⎢

⎡−⎟

⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛−==

avg

Leeeδ

δ (6.12)

Considerando che, secondo quanto detto in precedenza, risulta 35.1max =avgδ

δ,

allora si ottiene e1 = 1.76 m ed e2 = 1.50 m. Poiché risulta e2 > 0, allora si assume e2 = 0, cioè la forza è applicata nel centro delle rigidezze.

Si è proceduto, quindi, al calcolo dei tagli complessivi alla base agenti sia lungo la direzione del riferimento globale Y, che lungo X per i tre casi di analisi dinamica, analisi statica equivalente secondo l’Eurocodice 8 ed analisi statica equivalente secondo l’Uniform Building Code. Sono stati, quindi, calcolati i coefficienti riduttivi dei tagli ricavati nei casi statici, necessari al fine di eguagliare questi quelli ottenuti mediante analisi dinamica. Si è ottenuto:

[ ][ ] 69546.0

5.7163.498

max,8

max,8, ===

kNkN

TT

yEC

yDinECyα (6.13)

[ ][ ] 67329.0

1.7403.498

max,

max,, ===

kNkN

TT

yUBC

yDinUBCyα (6.14)

79367.0][2.664][1.527

max,

max,,8, ====

kNkN

TT

x

xDinUBCxECx αα (6.15)

Ovviamente i tagli alla base e di conseguenza il coefficiente riduttivo calcolati nella direzione X rimangono inalterati; infatti la traslazione del baricentro lungo l’asse di simmetria parallelo all’asse X non modifica assolutamente le caratteristiche dell’edificio in tale direzione.

Si osserva, inoltre, che il taglio dinamico calcolato nella direzione Y del riferimento globale si riduce. Questa è una conseguenza del crescere, con l’aumentare dell’eccentricità, dell’importanza dei modi torsionali rispetto a quelli traslazionali e quindi dei momenti che sollecitano la struttura rispetto ai tagli. Al contrario, nel caso delle analisi statiche equivalenti il taglio

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 155

complessivo cresce; infatti l’incremento del valore delle eccentricità cosiddette dinamiche determina un aumento dei tagli agenti sui telai laterali e, quindi, un incremento del taglio complessivo. Da ciò segue ovviamente che i coefficienti che consentono di eguagliare le resistenze complessive di progetto relative alle analisi statiche equivalenti a quella relativa all’analisi dinamica, si riducono drasticamente.

Il calcolo delle sollecitazioni di progetto e quindi delle armature è stato condotto in maniera completamente analoga al caso descritto nei paragrafi precedenti.

6.4.1 Analisi numeriche

Anche la modellazione numerica dei tre edifici progettati presenta le stesse caratteristiche relative al caso in cui il baricentro coincideva col centro geometrico degli impalcati.

Tali modelli sono stati sollecitati dinamicamente mediante i cinque terremoti precedentemente descritti, sia considerando agenti le due componenti orizzontali secondo le direzioni principali degli edifici, sia facendo agire la sola componente principale dell’azione sismica nella direzione caratterizzata dal comportamento asimmetrico.

I risultati che saranno mostrati nelle figure che seguono, relativi al caso di eccitazione bidirezionale, mettono in evidenza come qualitativamente essi siano dello stesso tipo di quelli già mostrati nel caso in cui la massa non presentava eccentricità. Per questo motivo tutte le osservazioni fatte in precedenza sono pienamente confermate.

Le figure 6.13, 6.14 e 6.15 rappresentano rispettivamente, per i tre edifici progettati, il massimo taglio alla base, il massimo spostamento del baricentro di ciascun impalcato ed il massimo spostamento di interpiano per ciascun piano calcolato in corrispondenza del baricentro. Tali risultati sono ottenuti eccitando la struttura mediante entrambe le componenti orizzontali del terremoto registrato ad El Centro e sono ovviamente tutti calcolati nella direzione Y del riferimento globale.

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156 Capitolo VI – Analisi non lineari relative ad edifici irregolari in pianta

0100200300400500600700800

IV III II IPiano

Tagl

io [k

N]

Analisi modale EC8 UBC

Figura 6.13. Massimi tagli di piano in direzione Y.

0102030405060708090

IV III II IImpalcato

Spo

stam

ento

[mm

]

Analisi modale EC8 UBC

Figura 6.14. Massimi spostamenti del baricentro degli impalcati in direzione Y.

Page 164: Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con · 2.2.3 Modelli a plasticità diffusa 27 2.2.4 Legami momento-curvatura 31 2.2.4.1 Le leggi cicliche 32 2.2.5 Modelli che

Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 157

00.10.20.30.40.50.60.70.80.9

1

IV III II IPiano

Spo

stam

ento

di i

nter

pian

o/H

i [%

]

Analisi modale EC8 UBC

Figura 6.15. Spostamenti di interpiano in direzione Y relativi al baricentro.

012345678

I II III IVImpalcato

Rot

azio

ne [m

rad]

Analisi modale EC8 UBC

Figura 6.16. Massime rotazioni degli impalcati intorno all’asse verticale.

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158 Capitolo VI – Analisi non lineari relative ad edifici irregolari in pianta

Telaio 1 (lato rigido)

0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1 1.1 1.2 1.3

I

II

III

IV

Inte

rpia

no

Spostamenti di interpiano/Hi [%]

Analisi modale EC8 UBC

Telaio 2

0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1 1.1 1.2 1.3

I

II

III

IV

Inte

rpia

no

Spostamenti di interpiano/Hi [%]

Analisi modale EC8 UBC

Telaio 3 (lato flessibile)

0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1 1.1 1.2 1.3

I

II

III

IV

Inte

rpia

no

Spostamenti di interpiano/Hi [%]

Analisi modale EC8 UBC

Figura 6.17. Spostamenti di interpiano in direzione Y relativi ai telai.

Page 166: Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con · 2.2.3 Modelli a plasticità diffusa 27 2.2.4 Legami momento-curvatura 31 2.2.4.1 Le leggi cicliche 32 2.2.5 Modelli che

Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 159

Analisi modale

02468

101214

0 1 2 3

Telaio

Dut

tilità

rich

iest

a .

Telaio 1 (l. rigido) Telaio 2 Telaio 3 (l. flessibile)

EC8

02468

101214

0 1 2 3

Telaio

Dut

tilità

rich

iest

a .

Telaio 1 (l. rigido) Telaio 2 Telaio 3 (l. flessibile)

UBC

02468

101214

0 1 2 3

Telaio

Dut

tilità

rich

iest

a .

Telaio 1 (l. rigido) Telaio 2 Telaio 3 (l. flessibile)

4

4

4

Figura 6.18. Duttilità richiesta alle travi (media dei cinque terremoti).

Page 167: Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con · 2.2.3 Modelli a plasticità diffusa 27 2.2.4 Legami momento-curvatura 31 2.2.4.1 Le leggi cicliche 32 2.2.5 Modelli che

160 Capitolo VI – Analisi non lineari relative ad edifici irregolari in pianta

Analisi modale

02468

10121416

0 1 2 3

Telaio

Rot

azio

ne [m

rad]

Telaio 1 (l. rigido) Telaio 2 Telaio 3 (l. flessibile)

EC8

02468

10121416

0 1 2 3

Telaio

Rot

azio

ne [m

rad]

Telaio 1 (l. rigido) Telaio 2 Telaio 3 (l. flessibile)

UBC

02468

10121416

0 1 2 3 4

Telaio

Rot

azin

e [m

rad]

Telaio 1 (l. rigido) Telaio 2 Telaio 3 (l. flessibile)

4

4

Figura 6.19. Rotazioni massime dei pilastri (media dei cinque terremoti).

Page 168: Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con · 2.2.3 Modelli a plasticità diffusa 27 2.2.4 Legami momento-curvatura 31 2.2.4.1 Le leggi cicliche 32 2.2.5 Modelli che

Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 161

In figura 6.16 sono riportate le massime rotazioni degli impalcati. Confrontandole col caso in cui non era presente l’eccentricità di massa [Fig. 6.7], si osserva che esse sono pressoché raddoppiate, come era prevedibile. Ancora una volta si osserva che l’edificio progettato secondo l’Uniform Building Code ruota più di quello progettato secondo l’Eurocodice 8, che a sua volta ruota di più di quello progettato mediante analisi dinamica; tuttavia le differenze percentualmente diminuiscono.

Nella figura 6.17 sono riportati i massimi spostamenti di interpiano, in percentuale rispetto all’altezza di piano, calcolati relativamente al telaio posto sul lato rigido (1), a quello centrale e a quello posto sul lato flessibile (3). Come per le quattro figure precedenti, l’eccitazione sismica è quella di El Centro bidirezionale. Anche in questo caso, da un punto di vista qualitativo, sono confermati i risultati mostrati nei paragrafi 6.3.1 e 6.3.2. [fig. 6.8], pur se sono evidenti le conseguenze dell’incremento di rotazione degli impalcati. Infatti, gli spostamenti di interpiano massimi relativi ai due telai posti sul lato rigido dell’edificio decrescono, mentre aumentano quelli relativi al telaio posto sul lato flessibile.

Quanto detto è evidente in figura 6.18 dove è riportata, per ciascuno dei tre telai e per ciascuno dei tre edifici, la media per piano delle massime duttilità richieste alle travi. Il modo in cui tale figura deve essere letta è stato diffusamente spiegato in precedenza. A differenza delle figure precedenti i risultati riportati sono relativi alle medie fatte piano per piano considerando tutti e cinque i terremoti utilizzati. L’incremento di rotazione degli impalcati, rispetto al caso di assenza di eccentricità di massa [fig. 6.9], accentua le differenze di duttilità richiesta tra i telai appartenenti al lato rigido e quello appartenente al lato flessibile, pur se gli andamenti rimangono inalterati. Questo risultato è molto importante, dal momento che mostra come tutte le metodologie progettuali prescritte siano carenti, in quanto proteggono poco gli elementi strutturali appartenenti al lato flessibile rispetto a quelli posti sul lato opposto. Tale osservazione è evidente nel caso dell’Uniform Building Code, la cui caratteristica è proprio quella di proteggere maggiormente il telaio posto sul lato più vicino al centro delle rigidezze. E’ da sottolineare, infine, il comportamento dell’edificio progettato secondo l’analisi statica equivalente prescritta dall’Eurocodice 8; nonostante le prescrizioni di tale codice mirino ad assegnare più resistenza agli elementi strutturali lontani dal centro delle rigidezze, anche in tal caso tali elementi sono i più danneggiati.

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162 Capitolo VI – Analisi non lineari relative ad edifici irregolari in pianta

Le medie per i cinque terremoti utilizzati delle medie per piano delle rotazioni massime alle estremità delle colonne, riportate in figura 6.19 confermano quanto sopra osservato.

6.5 RISPOSTA SOTTO ECCITAZIONE UNIDIREZIONALE

Come è già stato accennato, sono state condotte analisi numeriche anche utilizzando unicamente la componente principale, cioè quella tra le due orizzontali con accelerazione massima, dei cinque terremoti violenti descritti. La direzione assegnata a tale componente è quella Y del riferimento globale [fig. 6.2], secondo la quale l’edificio si comporta in maniera non simmetrica. Ciò è stato fatto sia per l’edificio con sola eccentricità del centro delle rigidezze rispetto al centro geometrico, che per quello in cui è presente anche l’eccentricità di massa. Poiché i due casi presentano risposte qualitativamente simili, i risultati riportati nel seguito sono tutti relativi al solo secondo caso.

Le figure 6.20, 6.21 e 6.22 mostrano, per i tre differenti progetti, rispettivamente il massimo taglio alla base, il massimo spostamento assoluto di ciascun impalcato ed i massimi spostamenti di interpiano per tutti i piani, calcolati in corrispondenza del baricentro del relativo impalcato, ovviamente nella direzione Y. Fin da questi primi risultati, confrontandoli con quelli riportati nelle figure 6.13, 6.14 e 6.15, si osserva che i rapporti fra le risposte dei tre modelli sono praticamente inalterati. Inoltre anche quantitativamente, per quanto concerne il massimo taglio alla base e gli spostamenti assoluti del baricentro degli impalcati, l’eccitazione unidirezionale fornisce risultati molto prossimi a quelli ottenuti mediante eccitazione bidirezionale. Sotto singola componente del terremoto si osserva, però, che gli spostamenti di interpiano ai piani alti sono leggermente superiori rispetto al caso bidirezionale, mentre accade il contrario ai piani bassi.

In figura 6.23 sono riportate le massime rotazioni degli impalcati intorno all’asse verticale; il confronto con la figura 6.16 mostra una diminuzione del valore assoluto delle stesse, soprattutto in relazione ai sistemi strutturali progettati mediante analisi dinamica ed analisi statica equivalente secondo l’Eurocodice 8. Le osservazioni fatte fino a questo momento sono pienamente concordi con quelle riportate nel capitolo V.

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 163

Questo decremento determina, come era da aspettarsi, rispetto al caso di eccitazione bidirezionale, un incremento degli spostamenti di interpiano massimi sul lato rigido ed un decremento sul lato flessibile. Ciò si deduce confrontando la figura 6.24 con la 6.17.

Questa variazione, seppur in maniera minima, si riflette sul danneggiamento delle travi e delle colonne. Confrontando le figure 6.25 e 6.26 con le corrispondenti 6.18 e 6.19 si deduce che, nel caso in cui agisce la sola componente principale del terremoto, le differenze di danneggiamento tra il telaio appartenente al lato rigido e quello appartenente al lato flessibile diminuiscono lievemente, aumentando quello relativo al primo telaio e diminuendo quello relativo al secondo. Sebbene questa variazione tende a sottostimare il danneggiamento proprio lì dove è massimo, essa è talmente bassa da potersi ritenere trascurabile.

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164 Capitolo VI – Analisi non lineari relative ad edifici irregolari in pianta

0100200300400500600700800

IV III II IPiano

Tagl

io [k

N]

Analisi modale EC8 UBC

Figura 6.20. Massimi tagli di piano in direzione Y.

0102030405060708090

IV III II IImpalcato

Spo

stam

ento

[mm

]

Analisi modale EC8 UBC

Figura 6.21. Massimi spostamenti del baricentro degli impalcati in direzione Y.

Page 172: Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con · 2.2.3 Modelli a plasticità diffusa 27 2.2.4 Legami momento-curvatura 31 2.2.4.1 Le leggi cicliche 32 2.2.5 Modelli che

Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 165

00.10.20.30.40.50.60.70.80.9

1

IV III II IInterpiano

Spo

stam

enti

di in

terp

iano

/Hi [

%]

Analisi modale EC8 UBC

Figura 6.22. Spostamenti di interpiano in direzione Y relativi al baricentro.

012345678

I II III IVImpalcato

Rot

azio

ne [m

rad]

Analisi modale EC8 UBC

Figura 6.23. Massime rotazioni degli impalcati intorno all’asse verticale.

Page 173: Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con · 2.2.3 Modelli a plasticità diffusa 27 2.2.4 Legami momento-curvatura 31 2.2.4.1 Le leggi cicliche 32 2.2.5 Modelli che

166 Capitolo VI – Analisi non lineari relative ad edifici irregolari in pianta

Telaio 1 (lato rigido)

0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1 1.1 1.2 1.3

I

II

III

IV

Inte

rpia

no

Spostamento di interpiano/Hi [%]

Analisi modale EC8 UBC

Telaio 2

0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1 1.1 1.2 1.3

I

II

III

IV

Inte

rpia

no

Spostamento di interpiano/Hi [%]

Analisi modale EC8 UBC

Telaio 3 (lato flessibile)

0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1 1.1 1.2 1.3

I

II

III

IV

Inte

rpia

no

Spostamento di interpiano/Hi [%]

Analisi modale EC8 UBC

Figura 6.24. Spostamenti di interpiano in direzione Y relativi ai telai.

Page 174: Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con · 2.2.3 Modelli a plasticità diffusa 27 2.2.4 Legami momento-curvatura 31 2.2.4.1 Le leggi cicliche 32 2.2.5 Modelli che

Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 167

Analisi modale

02468

101214

0 1 2 3

Telaio

Dut

tilità

rich

iest

a .

Telaio 1 (l. rigido) Telaio 2 Telaio 3 (l. flessibile)

EC8

02468

101214

0 1 2 3

Telaio

Dut

tilità

rich

iest

a .

Telaio 1 (l. rigido) Telaio 2 Telaio 3 (l. flessibile)

UBC

02468

101214

0 1 2 3

Telaio

Dut

tilità

rich

iest

a .

Telaio 1 (l. rigido) Telaio 2 Telaio 3 (l. flessibile)

4

4

4

Figura 6.25. Duttilità richiesta alle travi (media dei cinque terremoti).

Page 175: Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con · 2.2.3 Modelli a plasticità diffusa 27 2.2.4 Legami momento-curvatura 31 2.2.4.1 Le leggi cicliche 32 2.2.5 Modelli che

168 Capitolo VI – Analisi non lineari relative ad edifici irregolari in pianta

Analisi modale

02468

10121416

0 1 2 3

Telaio

Rot

azio

ne [m

rad]

.

Telaio 1 (l. rigido) Telaio 2 Telaio 3 (l. flessibile)

EC8

02468

10121416

0 1 2 3

Telaio

Rot

azio

ne [m

rad]

.

Telaio 1 (l. rigido) Telaio 2 Telaio 3 (l. flessibile)

UBC

02468

10121416

0 1 2 3

Telaio

Rot

azio

ne [m

rad]

.

Telaio 1 (l. rigido) Telaio 2 Telaio 3 (l. flessibile)

4

4

4

Figura 6.26. Rotazioni massime dei pilastri (media dei cinque terremoti).

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 169

Capitolo VII

Conclusioni

I risultati relativi al confronto numerico-sperimentale mostrano che la risposta sismica non lineare di un edificio intelaiato in cemento armato privo di tamponature può essere riprodotta numericamente in maniera abbastanza soddisfacente. Ciò può essere fatto idealizzando le travi mediante dei modelli uniassiali elastici, che tengono conto del comportamento flessionale non lineare concentrandolo agli estremi dell’elemento; ed utilizzando, invece, per le colonne, un modello multi-molle.

Relativamente all’edificio esaminato, sono fornite indicazioni circa le correzioni da applicare ai legami momento-rotazione assegnati agli estremi delle travi e ricavati utilizzando i legami tensione-deformazione dei materiali ottenuti sperimentalmente. Sono anche fornite indicazioni circa i valori da assegnare ai parametri che regolano l’andamento dei cicli isteretici assegnati sia alle travi che alle colonne. In questo modo è stata ottenuta una buona corrispondenza tra risultati numerici e sperimentali in termini di storie temporali degli spostamenti di piano, di interpiano e dei tagli di piano.

Lo stesso modello è stato utilizzato al fine di valutare gli effetti della presenza di entrambe le componenti orizzontali del terremoto sulla risposta non lineare di un edificio. Risultati interessanti sono ottenuti confrontando la risposta di questa struttura eccitata mediante la componente principale di alcuni terremoti storici a quella ottenuta facendo contemporaneamente agire anche la componente secondaria di ciascuno di tali terremoti.

Il massimo taglio alla base e lo spostamento del baricentro dell’impalcato più alto, valutati nella direzione di azione della componente principale, non aumentano in virtù della contemporanea presenza della componente

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170 Capitolo VII – Conclusioni

secondaria. Inoltre, l’incremento dei loro massimi valori vettoriali, valutati cioè considerando la radice quadrata della somma dei quadrati dei valori ottenuti in direzione X ed Y, dovuto all’eccitazione bidirezionale rispetto a quella unidirezionale, è basso. Ciò è dovuto al fatto che, quando agiscono entrambe le componenti del terremoto, l’edificio oscilla in molte direzioni; conseguentemente, il danno ed in particolare lo spostamento plastico non si accumula in una sola direzione, come nel caso in cui agisce la sola componente principale del sisma. Questo effetto globalmente copre anche il possibile decremento di resistenza dovuto all’interazione, sul dominio plastico delle sezioni dei pilastri, tra i momenti flettenti agenti nelle due direzioni e lo sforzo normale (interazione triassiale). Si osserva, quindi, che, quando si vuole confrontare la risposta di una struttura sotto eccitazione unidirezionale con quella ottenuta sotto eccitazione bidirezionale, i parametri della risposta caratterizzati da una direzione, come gli spostamenti ed i tagli, ottenuti in questo secondo caso non vanno valutati calcolandone il massimo vettoriale.

Osservando i massimi spostamenti di interpiano, si deduce che nel caso in cui agiscono entrambe le componenti orizzontali del terremoto i piani bassi sono più danneggiati rispetto al caso in cui agisce la sola componente principale dell’azione sismica; ciò non si verifica ai piani alti. Questa è una chiara conseguenza dell’incremento di variazione di sforzo normale determinato nei pilastri dall’eccitazione sismica bidirezionale. La conferma viene proprio dall’analisi del danneggiamento delle sezioni trasversali dei pilastri; in media, considerando l’intero edificio, la richiesta plastica dell’armatura delle colonne aumenta del 40% rispetto al caso unidirezionale, mentre il numero di sezioni in cui il calcestruzzo va in crisi per compressione è cinque volte maggiore. Questo incremento dipende non solo dall’aumento della variazione dello sforzo normale, ma anche dall’aumento di energia che la struttura deve assorbire quando è eccitata da entrambe le componenti dell’azione sismica ed è anche legato agli effetti dell’interazione triassiale.

Volendo valutare, quindi, in base ai risultati ottenuti, le prescrizioni dell’Eurocodice 8, simili a quelle delle altre moderne normative, relativamente agli effetti ortogonali, si deve concludere che, se si considera la risposta globale della struttura, esse appaiono cautelative; ad una conclusione opposta si giunge, invece, osservando il danneggiamento delle sezioni trasversali dei pilastri. Tale differenza è probabilmente in parte legata alla non eccessiva sofisticatezza del modello numerico utilizzato per le colonne.

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 171

Come è stato detto nel primo capitolo di questa dissertazione, l’obiettivo principale della stessa è quello di valutare la bontà di alcune prescrizioni di normativa in merito al progetto di edifici irregolari in pianta. Per questo motivo un edificio di quattro piani intelaiato in cemento armato è stato progettato mediante analisi modale, analisi statica equivalente secondo quanto dettato dall’Eurocodice 8 ed analisi statica equivalente secondo le prescrizioni dell’Uniform Building Code. E’ stato considerato sia il caso in cui tale edificio presentasse unicamente eccentricità del centro rigidezze, sia il caso in cui alla stessa fosse aggiunta un'eccentricità del baricentro, dovuta alla traslazione dello stesso di un metro nella direzione del lato flessibile dell’edificio. Poiché interessava capire quali delle tre metodologie progettuali distribuisse meglio le resistenze, si è operato sia a parità di geometria che a parità di resistenza globale, cioè uguagliando nei tre casi i tagli alla base di progetto in ciascuna delle due direzioni principali della struttura.

Per gli edifici così progettati, è stata utilizzata la stessa modellazione numerica tarata mediante confronto con i dati sperimentali. Inoltre, nel caso delle analisi non lineari, tali edifici sono stati sollecitati mediante entrambe le componenti orizzontali di cinque terremoti storici.

I risultati ottenuti mostrano che il progetto mediante l’analisi statica equivalente secondo l’Uniform Building Code determina una distribuzione delle resistenze da cui risulta un danneggiamento degli edifici globalmente minimo; infatti i due telai posti sul lato rigido della struttura sono meno danneggiati rispetto agli stessi progettati secondo le altre due metodologie. Si deve sottolineare, però, che, al contrario, dal confronto emerge che il telaio posto sul lato flessibile presenta gli spostamenti e le richieste plastiche massime. Questo dato è certamente negativo dal momento che tutte e tre le metodologie progettuali adottate determinano una distribuzione delle resistenze tale che le richieste plastiche maggiori sotto azioni sismiche sono relative al telaio appartenente al lato flessibile della struttura; perciò è proprio tale telaio dell’edificio progettato secondo la normativa americana a presentare in assoluto la peggiore risposta. Al contrario il progetto mediante analisi dinamica appare quello da cui scaturisce la risposta della struttura più uniforme, nel senso che le richieste plastiche dei tre telai tendono ad essere meno differenti ed, in particolare, quella massima, sempre relativa al lato deformabile, è minore rispetto a quella ottenuta progettando mediante le due analisi statiche equivalenti.

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172 Capitolo VII – Conclusioni

L’incremento di eccentricità della struttura, ottenuto, come si è detto, spostando il centro delle masse dal centro geometrico dell’impalcato, ha come conseguenza, in termini di risposta non lineare dell’edificio, l’aumento della rotazione degli impalcati. Ciò determina l’accentuarsi delle differenze tra i telai posti ai lati opposti della struttura, il che si traduce in un ulteriore incremento di danneggiamento del lato flessibile rispetto a quello rigido. E’ questo, probabilmente, il dato più significativo e meno atteso che emerge da tutte le analisi effettuate.

Dato non atteso nel senso che, in lavori svolti in precedenza da altri ricercatori, si era osservato che, soprattutto nel caso di progetto effettuato mediante analisi statica equivalente come prescritto dall’Eurocodice 8, il danneggiamento degli elementi strutturali appartenenti al lato rigido della struttura poteva anche superare quello relativo agli elementi posti sul lato flessibile. E’ ovvio che il confronto con questi risultati deve tenere conto di due differenze fondamentali. La prima è relativa ai modelli strutturali adottati; la seconda concerne le prescrizioni progettuali non relative strettamente alla protezione delle strutture dagli effetti torsionali.

Infine bisogna osservare che, tutto sommato, gli edifici esaminati non presentano una risposta molto variabile al variare della metodologia progettuale adottata. Ciò, in verità, è anche dovuto alla forte resistenza ad essi assegnata nella direzione in cui si presentano simmetrici; questa, infatti, tende ad abbattere le differenze, in termini di risposta strutturale, legate alla diversa distribuzione delle resistenze, che caratterizza le tre metodologie nella direzione di asimmetria della struttura.

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Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 173

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