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Con la faccia di cera

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Con la faccia di cera, di Girolamo De Michele

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verdenero

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noir di ecomafia

Girolamo De MicheleCon la faccia di cera

© 2008 by Girolamo De Michele published by arrangement with Agenzia Letteraria Roberto Santachiara

© 2008, Edizioni Ambiente S.r.l., via Natale Battaglia 10, 20127 Milanowww.edizioniambiente.it; tel. 02 45487277

Immagine di copertina: © Thom Lang/CORBIS

Tutte le edizioni e ristampe di questo libro sono su carta riciclata 100%

Finito di stampare nel mese di settembre 2008 presso Genesi Gruppo Editoriale – Città di Castello (Pg)

Gli autori devolvono una parte delle proprie royalties al progetto SalvaItaliadi Legambiente. VerdeNero è una campagna di mobilitazione contro l’ecomafia e il silenzio che l’avvolge, un’occasione concreta per affermare nel paese una nuova cultura della legalità a difesa dell’ambiente.

Per saperne di più: www.verdenero.it; blog.verdenero.it

Questa è un’opera di fantasia. Ogni riferimento a fatti accaduti o personerealmente esistenti è da ritenersi puramente casuale.

girolamo de michele

con la faccia di cera

a Sbancor, amico e cattivo maestroa Picinin, indimenticabile commediantein memoriam

a tutti quelli che antepongono la dignità e la vita al profittoe al benesserea tutti quelli per i quali una festa in costume non vale la vita di un cavallo

“Ante esta realidad sobrecogedora que a través de todo eltiempo humano debió de parecer una utopía, los inventores

de fábulas que todo lo creemos nos sentimos con el derecho decreer que todavía no es demasiado tarde para emprender la

creación de la utopía contraria. Una nueva y arrasadorautopía de la vida, donde nadie pueda decidir por otros hasta

la forma de morir, donde de veras sea cierto el amor y seaposible la felicidad, y donde las estirpes condenadas a cien

años de soledad tengan por fin y para siempre una segundaoportunidad sobre la tierra.”

[“Dinanzi a questa realtà impressionante che dovettesembrare un’utopia durante tutto il tempo umano, noiinventori di favole, che crediamo a tutto, ci sentiamo in

diritto di credere che non è ancora troppo tardi perintraprendere la creazione dell’utopia contraria. Una

nuova e devastante utopia della vita, dove nessuno possadecidere per gli altri addirittura il modo in cui morire,

dove davvero sia certo l’amore e sia possibile la felicità, edove le stirpi condannate a cent’anni di solitudine

abbiano finalmente e per sempre una seconda opportunitàsulla terra.”]

Gabriel García Márquez, Nobel Lecture, 8 dicembre 1982

demichele DEF:verdenero 12-09-2008 17:24 Pagina 5

Nota dell’Autore

I fatti qui narrati sono una finzione letteraria. Fittizi sonoanche i personaggi di questo racconto. Reali sono invecei personaggi altri (capirà il lettore quali), e le vicende acca-dute nei loro tempi. Realissime sono le vicende della Sol-vay di Ferrara.L’Autore fa presente che in realtà il Palio del 2008 è statorinviato dal 25 maggio al 1º giugno a causa di un’improv-visa bufera che si è abbattuta sulla città di Ferrara.

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Nella città di Ferrara, e altrove:

David Belli, fotografo. Crede di avere due lavori dafare, scoprirà che c’è ben altro nel suo destino.Lucia Tagliaferri, una ragazza. Bella e terribile, esoprattutto sfuggente. Forse troppo.Ruben Tagliaferri, zio di Lucia. Operaio in pensio-ne e gonfaloniere della contrada della Vergine Mise-ricordiosa, ha un sogno da realizzare e una secondaopportunità da non perdere.Bao Nero, purosangue da corsa. Azzoppato e abbat-tuto al Palio di Ferrara nel 2006. Anche lui ha unaseconda opportunità.Gary Troup, scrittore. Scomparso assieme agli altri

dramatis personae (1)

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passeggeri del volo 815 della Oceanic Airlines. Ilsuo romanzo Bad Twins, invece, non riesce a scom-parire.

Nel condominio:

Agnese Tagliaferri, una zia di Lucia. Ha memoriacompromessa dall’età: non è detto che sia un male.Edvige Stefanelli, sarta. Perseguitata dai rumori edai cinesi.Gelindo Stefanelli, marito. Ha commesso un erro-re: sposare Edvige Stefanelli.Clarissa Pénola, la vedetta del condominio. Capeg-gia il partito dell’è-ora-di-finirla-adesso-basta! diSpettegolandia.Luisa Zellera, telespettatrice. Vorrebbe solo starse-ne in casa a guardarsi le sue soap.Sauro Detrito, geometra. Per lui ci sono molte coseche devono cambiare.Massimo Batacchio, Dirigente Condominiale. Hauna frase per tutte le stagioni: “chi mi conosce losa!”.Romeo Pocaterra, sindacalista. Ha una certezza: i

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tempi e i modi del confronto sono altri. Sempre.Angiolina Lucente, nubile all’anagrafe e zitella nel-l’anima. Sempre pronta a infilarsi in una lite.Ada Piangipane, un raro essere umano. Forse unangelo. Conosce a memoria tutti i santi, e ha undebole per David.Enzo Valenzetti, anziano matematico. Ha calcolatouna combinazione vincente al lotto ed è partito perlidi migliori.

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Belli come noi / ben pochi sai / ce n’erano /e dicevano / quelli vengono dalla campagna. / Ma ridevano / si spanciavano/ già sapevano / che saremmo ben presto anche noi diventati

/ come loro. / Tutti grigi / come grattacieli con la faccia di cera.Adriano Celentano, Un albero di trenta piani

Ferrara, mercoledì 21 maggio 2008

«FERRARA, stazione di Ferrara. Treno regionale delleore 8 e 15 minuti in arrivo finecorsa alla stazione diFerrara. I passeggeri sono pregati di controllare i pro-pri bagagli...»

Alzarsi dal sedile essudato. Afferrare i propri

ferrara

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bagagli, borse, sporte di plastica piene di oggetti.Accodarsi al viaggiatore già in fila. Sbuffare. Usciresul binario.

Le luci della stazione baluginano, lattiginose. Lanebbia avvolge il corpo principale della stazione.Sembra sera.

(Hei... Scusa... Scusaaa!)Dov’è finita la stazione? E gli autobus fermi

davanti al piazzale? Quelle ombre sembrano... Sem-brano... Vetture a cavalli?

(Scusaaa!... Ma stai male?)«... Ma quale nebbia, dai: l’ultima di maggio alle

otto del mattino?»È un attimo: la nebbia svanisce, la penombra s’il-

lumina, dal finestrino scivola via in direzione con-traria il treno per Bologna.

«Dormivi di brutto» dice la ragazza sorridente,continuando a scuoterlo con gentilezza.

«E sì, mi ero proprio... Pensa che mi sembrava diessere... Sai quelle foto d’epoca, quelle della Ferrarad’una volta...»

«Beh, meglio che ti alzi: sono già su quelli dellepulizie» dice alludendo a una coppia di asiatici conla pettorina colorata, secchi e scope in mano.

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«Grazie» dico alzandomi. «Scusa, non mi sononeanche presentato...»

«Difficile presentarsi se si dorme» ammicca. «Ameno che non parli nel sonno».

«No, non credo proprio. Comunque: DavidBelli, fotografo. E tu?»

«Ah, fotografo... Ecco perché ti vengono inmente le foto d’epoca... Stai dimenticando il libro?»

Libro? Quale libro?Mi volto. Lo raccolgo dal sedile. Bad Twins, dice

il titolo: un disegno tracciato sulla sabbia. Di...«Gary Troup» dice lei. «Lo conosco. E già che ha

anche scritto un giallo, prima di scomparire...»«Ah... È morto?»«No, non proprio: è scomparso. Più che altro è

scomparso l’aereo su cui viaggiava. Dev’essere fini-to nell’oceano, da qualche parte tra l’Australia e leHawaii... Il mistero del volo 815, quattro anni fa ogiù di lì: non l’hai sentito? Ma tu leggi l’inglese?»

E già, il libro è scritto in inglese: Sometimes evilhas a familiar face, dice la fascetta stampata sullacopertina.

«Sì, leggo l’inglese. Insomma, me la cavo... Piut-tosto: posso offrirti qualcosa, in cambio?»

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E infilo il libro in tasca: metti mai che valga lapena...

«In cambio di che?» risponde sorridente. «Beh, se restavo a dormire il treno ripartiva, per-

devo un appuntamento di lavoro, e chissà dove misvegliavo. A proposito, non mi hai mica detto cometi chiami...»

Lucia. Si chiama Lucia, questa ragazza sorridente.Ha gli occhi che brillano, come se luccicassero. Unbagliore che si coglie quando ti guarda negli occhi:ma il più delle volte il suo sguardo sfugge.

«Devo andare a trovare una vecchia zia, niente diche. Ogni tanto non risponde più al telefono: sidimentica di mettere la cornetta al posto giusto, disolito. Vado, verifico che sia tutto a posto, facciodue chiacchiere, riempio il frigo e faccio la scortaper il micio. Poi ritorno a casa. Brava ragazza, no?»conclude. Ora sorride, facendo luccicare gli occhi.«E tu? Fotografo di che?»

«Mi arrangio. Posso mangiare e dormire in unasola stanza, così nell’altra ho messo su la cameraoscura. Se va bene... Per ora ho un paio di lavori ingioco: illustrare un libro della Camera di Commer-

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cio sul polo industriale ferrarese, e un book foto-grafico sul Palio. Il Palio, no? Lo sai che è il più anti-co d’Italia? Domenica prossima c’è la gara dei caval-li, fotografo la gara, e completo il book. Paganobene. Io però preferisco quell’altro... Le fabbrichesono un soggetto bellissimo: acciaio, masse scure...A volte le fotografo in bianco e nero, mi sembrapersino più realistico... È una città da bianco e nero,da colori d’epoca, Ferrara...»

Peccato che la vecchia carta della città tanto roman-tica da meritare una visita, l’osteria più antica delmondo, il ghetto, o magari il giro notturno dellemura, con Lucia non attacchi: grazie, sei molto cari-no, vedrai che prima o poi ci rincontriamo, maadesso devo proprio andare, sennò la zia chissà cos’ècapace di fare...

Non resta che guardarla allontanarsi canticchian-do. Poco a poco la sua voce s’affievolisce, lasciandomonca la canzone intonata.

Ora invece qui, nella città, i motori delle macchi-ne già ci cantano la marcia funebre...

Lampo d’ispirazione: sfoderare la macchina por-tatile, chiamarla – LUCIA! – e fotografarla al volo

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mentre si volta, col seno che accenna dolce sotto lacamicetta da zingara, da hippy forse, e le dita dellamano che si agitano per un altro saluto. Sembra luc-cichino anche loro.

Non sono tanto bravo con i soggetti in movimen-to, speriamo di averci preso, mi dico ricoprendo l’o-biettivo.

Lucia si rigira e da lontano fa un gesto, come adire di no.

«Dunque» esordisco aprendo la cartellina, «la dida-scalia dovrebbe più o meno essere questa: “Nel1936, in pieno regime fascista, con regio decretoveniva decisa la costituzione di un polo chimicoche, in pieno periodo di autarchia, potesse far fron-te all’occupazione di numerosa manodopera resainattiva dalla conclusione delle grandi opere dibonifica, e dall’avvento della meccanizzazione dialcuni lavori agricoli”».

«E sotto» aggiungo mentre apro il primo catalo-go di foto, «una tra queste: cosa le sembra?»

Il dirigente della Camera di Commercio valutale vecchie stampe in bianco e nero. «Foto d’epoca?»chiede. «Foto d’epoca» rispondo, «ma ritoccate.

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Con qualche limatura e una leggera correzione delcontrasto». «Molto bene», commenta il dirigenteindicando una delle foto. «Questa andrà benissimo.Vediamo la seconda pagina di prova?»

«“Nel 1942 l’insediamento poteva contare al suointerno già cinque industrie del settore chimico.Nel 1939 era stato stabilito che all’interno del polodovesse nascere una nuova società, la S.A.I.G.S.(Società Anonima Industriale Gomma Sintetica) ea essa vennero adibiti 50 ettari per la costruzionedi impianti. La gomma sintetica crebbe d’impor-tanza grazie al suo impiego in fatti bellici, e nel1942 l’industria poté contare sulle ricerche e le sco-perte di Giulio Natta. Questo stabilimento ebbeun’importanza strategica senza eguali dato il suoruolo di unico produttore di gomma durante laseconda guerra mondiale. Gli impianti avevano unacapacità annua di 8.000 tonnellate di gomma e uti-lizzavano le tecnologie Pirelli e le conoscenze svi-luppate nell’impianto pilota di Milano Bicocca”. Edecco l’immagine: in questo caso mi sono permessodi scegliere questa. Il biplano sullo sfondo è un foto-montaggio, aiuta a dare profondità. Ho appena scu-rito la massa dell’impianto per aggiungere dramma-

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ticità: siamo in piena guerra, i bombardamenti sonoun pericolo concreto, e...»

«Benissimo» sorride compiaciuto il dirigente.«Direi che lei ha compreso alla perfezione lo spiri-to del lavoro che le abbiamo assegnato. E credo chea questo punto si possa prendere un appuntamen-to in amministrazione per la stipula del contratto.»

«Allora, se permette» sussurro con deferenza estra -endo dalla borsa un catalogo anni Sessanta, «le lasce-rei questa rassegna di oggetti di design in Moplen, trai quali selezionare quelli da inserire nel capitolo suglianni del miracolo italiano a Ferrara. Ho segnato conun post-it quelli che ritengo più significativi».

«Bene, bene... Ma già che siamo in argomento,Belli: come vedrà alla stipula dell’accordo, su que-sto periodo non stia a perdere tempo per i testi delledidascalie. Assieme al contratto riceverà un allegatocon alcuni testi già redatti, si limiti ai periodi chelasciamo scoperti.»

Sorrido: meno lavoro del previsto, e la certezzadi un contratto.

Saluto con una stretta di mano, passo in ammi-nistrazione a concordare l’appuntamento e mi avvioverso casa.

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Scatto per strada qualche foto, tanto per comple-tare il rullino che ho fretta di sviluppare.

Il rullino invece deve aspettare. Prima di poter sali-re le scale di casa, c’è la consueta bega condominia-le da risolvere.

Altro che bega, poi: l’alta sartoria sull’orlo dellacrisi nel bel mezzo della globalizzazione, mica robada poco. «I LABORATORI CINESI!», mi urla in facciala signora Edvige Stefanelli con i capelli scompiglia-ti, il golfino di lana e le calze 80 denari nonostantela primavera avanzata, «I LABORATORI CINESI! Leinon ha idea della concorrenza, ormai le grandiaziende si rivolgono solo a loro, che non si sa nean-che dove stiano, nascosti come topi, rintanati negliappartamenti a decine, A DECINE LE DICO!, e cucio-no, cuciono, lo vuol capire che cuciono? Ma lei, aquanto pare, se ne frega! Ma vedrà, vedrà se non lemando l’avvocato: l’avvocato, ha capito? Le chiedoi danni, prima a lei e poi ai cinesi. Ha capito o no,Belli?».

In tutta sincerità: no, non ho capito. Va bene lamaledetta farfalla di Hong Kong, quella che invecedi ridiventare bruco non trova di meglio da fare che

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scatenare temporali a Londra e finire sulle magliet-te new age di mezzo mondo, ma cosa c’entro io coni cinesi e la crisi del mercato della moda? Mi chie-do cercando di infilare la chiave nella serratura,mentre ancora i passi pesanti dell’Edvige risuonanoper le scale.

«E non creda di darsi tutte quelle arie solo per-ché fa il fotografo, che anch’io ho un cugino cheporta sempre a sviluppare i rullini all’Ipercoop!»

Finita?Macchè: dalla porta prospiciente s’affaccia Cla-

rissa Pénola, due fulmini al posto degli occhi.«Giusto lei, Belli! Lei che crede di essere il miglio-

re qua dentro, vero? Lei che fa e disfa come le pare,tanto per lei siamo tutti scartine, non è vero?»

«Se solo sapessi...»«Non faccia lo gnorri, signorino! È lei che ieri ha

tagliato il prato nell’area comune – sottolineo: CO-MU-NE! – proprio sotto la sua finestra, vero?»

«Non dovevo?»«No che non doveva! Ma non si preoccupi, ho

già avvertito l’amministratore condominiale e...»«E, caro signor Belli» soggiunge la voce del geo-

metra Sauro Detrito dal piano di sopra, «di questo

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e altro prima o poi bisognerà parlare con moltachiarezza. Ci sono molte, troppe cose che in que-sto condominio non vanno, sa?».

E mentre i due condomini si guardano dal bassoall’alto e viceversa, solidali e ammiccanti, riesco ainfilare la chiave giusta nella serratura, scivolo all’in-terno e per buona misura uso tutte le quattro man-date per chiudermi dietro la porta: giusto in tempoper essere raggiunto dalla telefonata del dottor Mas-simo Batacchio, l’amministratore condominiale.

«Prego, Belli: Dirigente Condominiale.»«Dirigente, mi scusi.»«Ecco, cominciamo a mettere i puntini sulle i.

Lei lo sa, Belli, che la sfalciatura delle aiuole comu-ni è suddivisa tra i condomini in misura proporzio-nale ai millesimi degli appartamenti? C’è una pre-cisa norma contenuta nel Regio Decreto 1938numero...»

«In tutta franchezza, mi sembra una norma unpo’ vecchiotta, amministratore...»

«Dirigente, prego! E guardi, Belli, che le leggi nondeve certo insegnarmele lei: non ho mai sbagliatol’interpretazione di una norma, io, e chi mi cono-sce lo sa!»

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Dalla finestra, intanto, irrompono le urla di altridue condomini dall’identità indefinibile: il partitodell’è-ora-di-finirla-adesso-basta! cresce di giorno ingiorno.

Non tanto da sovrastare gli Einstürzende Neubau-ten sparati a palla: à la guerre comme à la guerre!

Messe le stampe ad asciugare, nell’attesa mi con-centro sul giallo che ho in tasca. Niente male comeattacco, e neanche difficile come linguaggio. Si vasul classico, comunque: famiglia potente, padre-patriarca, due figli gemelli uguali e diversi al tempostesso. Il primo sembra buono e l’altro è descrittocome cattivo, il cattivo è scomparso, e Paul Artisan,l’investigatore privato, deve ritrovarlo per una sto-ria di eredità.

All’improvviso il CD termina: silenzio.I condomini sono sistemi complessi, ma preve-

dibili. Dopo un po’ ne capisci le dinamiche. Quel-lo in cui vivo, ad esempio, non è del genere “litecontinua”, ma di quelli a equilibri punteggiati. Letempeste, come all’improvviso scoppiano, altrettan-to all’improvviso si placano. Anche se il lasso ditempo tra l’una e l’altra sembra accorciarsi: così,

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almeno, dice l’isterigramma che ho creato, nel qualetraduco i tempi delle liti e della quiete in una sinu-soide dalle curve sempre più strette e dagli apici viavia sempre più alti. Il tempo si misurare la durata,annotare le ultime due diverse curve isteriche chesi sono sovrapposte, e un flebile tic-toc riesce a farsiudire dalla porta.

Dallo spioncino buone notizie: la signora AdaPiangipane, un raro essere umano, o forse un ange-lo, che dedica il suo molto tempo libero a preoccu-parsi dell’intero condominio. Oggi, nello specifico,della vedova Tagliaferri.

«Ha presente, la moglie del pittore, lo conosceva ilpittore Tagliaferri.» «No signora, ogni volta me lonomina, ma io sono qui da un solo anno.» «Ecco,appunto, era già morto il pittore Tagliaferri, le dicevobene che la signora Agnese è vedova.» «Sì, signora, lavedova Tagliaferri.» «Ecco, appunto, l’ha mica vista?Mi sembra che manchi da due giorni, al negozio difronte l’hanno vista l’altro ieri che comprava la ciupé-ta, i quadrucci all’uovo, i dadi e lo stracchino...»

Morale della favola: sembra che da due giorni lasignora Tagliaferri non si faccia vedere, avrà micalasciato il gas aperto che andiamo tutti al Creatore?

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«No che non andiamo al Creatore, signora, lavedova Tagliaferri ha l’impianto di sicurezza, glieloabbiamo fatto installare proprio dopo quella voltache aveva lasciato il gas aperto, e quindi...»

«Ecco, lo vede che già un’altra volta aveva lascia-to il gas aperto, Beata Vergine dell’Assunzione,finiamo tutti al Creatore in un batter d’occhio!»

Mezz’ora dopo, constatato che nessuno rispondedall’appartamento al piano terra, che non filtraodore di gas e che in ogni caso proprio sotto la fine-stra ci sono anche gli appositi fori di sicurezza perlo sfiato delle fughe, e che quindi almeno per ogginessuno salterà in aria. Intercettato un supplemen-to di occhiate omicide da parte della signora Stefa-nelli e della coppia Pénola-Detrito (vuoi mai chenon si affaccino tutti a guardare, alla ricerca dinuovi motivi per l’è-ora-di-finirla-adesso-basta! delpomeriggio?), posso tornare al laboratorio. Racco-gliendo le foto, mi accorgo solo allora che non c’ètraccia di Lucia nei soggetti delle mie foto. Non c’èdubbio che ho ancora molto da migliorare in mate-ria di riprese in movimento: lo scatto è buono, lamano era ferma, ma l’obiettivo non era puntato sul

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bersaglio. Nella foto si vede il Castello Estense, madi Lucia neanche l’ombra.

Neanche l’ombra di un sorriso, commento.Però, riguardando meglio la foto: vedi che un fili-

no di nebbia stamattina c’era?

In effetti, alla faccia dell’ultima settimana di mag-gio che è appena cominciata, il filino di nebbia hatutta l’intenzione d’ispessirsi in questo pomeriggio.Esco di casa per andare a ritirare del materiale sulPalio nella sede di una delle contrade intra moenia.Materiale che verrà buono per studiare le possibiliangolazioni, la disposizione delle macchine per leriprese, i soggetti. E quasi quasi, anche se le condi-zioni di luce non sono delle migliori, varrebbe lapena di passare in piazza Ariostea...

Ritornare a casa per deporre la documentazionee prendere una piccola cinepresa ha lo svantaggiodi dover ancora una volta sfidare l’occhiuta sorve-glianza della vedetta condominiale, l’arcigna Cla-rissa Pénola affacciata alla finestra. Affacciata? Piùche altro, soggiornante. Capace di appoggiare suldavanzale il piatto di minestra per non interrom -pere l’osservazione durante i pasti, la Pénola. «Per -

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ché qui, a Spettegolandia, bisogna guardarsi le spal-le da tutti» sta urlando alla dirimpettaia, «fannotutti a gara a credersi dei fenomeni, e intantotagliano e cuciono alle spalle». «Tutti chi?», provaa intercalare la povera Luisa Zellera che vorrebbesolo sciogliersi dalla loquela della furibonda vicinae tornare in casa a guardare la sua serie televisivapreferita. «Tutti, tutti!» ribadisce acre Clarissa. «Adesempio quel signorino lì che sta rincasando comeniente fosse, quello che si è fatto il giardino priva-to impossessandosi dell’aiuola condominiale colsuo tagliaerba.»

«Ma in fondo fa un favore a tutti» sussurra incau-ta la Zellera, «ci fa risparmiare il costo del giardi-niere».

«E no che non fa un favore!» strepita la Pénola,«perché se lo facesse per noi userebbe il tagliaerbacondominiale, invece di comprarsene uno tuttosuo!».

«Ma il tagliaerba comune è sparito da anni», insi-ste la Zellera che proprio non la vuol capire.

«Infatti! Perché qui ciascuno si fa i comodi pro-pri, me lo diceva anche il geometra Detrito al telefo-no poco fa. Ma se davvero voleva fare un favore al

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condominio, l’avrebbe addebitato agli inquilini perfarsi rimborsare la spesa, il tagliaerba. E invece sacosa m’ha detto l’amministratore? Che quando gliha chiesto lo scontrino per rimborsarlo della spesa,lui ha risposto che non gl’importava di quei pochisoldi. Lo vede? Vuole avere un tagliaerba tutto persé, dunque è evidente che considera l’aiuola che harasato di sua proprietà. Si è fatto il cortile privato,glielo dico io, altro che favore al condominio: manon finisce qui, glielo assicuro io, urla la Pénolaperché il sottoscritto, che cerca invano di passareinosservato strisciando verso l’ingresso della palaz-zina mimetizzato da intonaco senta bene, NON FINI-SCE QUI!»

Eppure, al di là del muro dell’improperio, sembraproprio che qualcuno stia canticchiando...

Per la tua mania di vivere in città, guarda benecome c’ha conciati la metropoli...

Lucia! Possibile? Dalla finestra non è che si vedabene, con questa foschia...

Possibile, si! Eccola lì comparire in fondo al cor-tile, non appena un ciuffo di nebbia si sposta, sco-stato da un filo di vento.