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Cdo.net srl - via Melchiorre Gioia, 181 - 20125 Milano - Poste italiane SpA - D.L. 353/2003 (conv. 27/02/2004 L. n°46) art. 1 Comma 1, DCB Milano – House organ dell’Associazione Compagnia delle Opere (contiene allegati) un progetto per ripartire Il tema della crescita e delle strade da percorrere per rilanciarla sarà affrontato, in una serie di incontri con illustri personalità del mondo della politica e dell’eco- nomia, durante il prossimo Meeting di Rimini, in programma dal 19 al 25 agosto Trimestrale della Compagnia delle Opere Luglio 2012 10 n. C orriere o pere In allegato il libretto “servizi e convenzioni per i soci cdo”

CORRIERE DELLE OPERE X

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Corriere delle Opere X - Un progetto per ripartire

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un progetto per ripartireIl tema della crescita e delle strade da percorrere per rilanciarla sarà affrontato, in una serie di incontri con illustri personalità del mondo della politica e dell’eco-nomia, durante il prossimo Meeting di Rimini, in programma dal 19 al 25 agosto

T r i m e s t r a l e d e l l a C o m p a g n i a d e l l e O p e r e L u g l i o 2 0 1 2

10n.Corriere opere

In allegato il libretto “servizi e convenzioni per i soci cdo”

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QUANTA ENERGIA C’È IN UN ATTIMO?

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50 ANNI DI ENERGIA, MILIONI DI ATTIMI INSIEME. E MOLTI ALTRI ANCORA DA CONDIVIDERE.

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in questo periodo particolarmente difficile per l’economia di tanti Paesi sembra che il futuro sia limitato, chiuso, senza prospettive. Tante persone si rassegnano o cedono al cini-

smo. Tuttavia, proprio in un momento così particolare, è più che mai evidente come non sia possibile costruire giorno per giorno l’impresa, l’opera sociale e la propria professionalità se si teme di essere “schiacciati”, definiti totalmente dalle cir-costanze sfavorevoli. Per questa ragione dovrebbe destare una certa attesa il Meeting di Rimini di quest’anno, con un titolo che invita a riflettere su ciò che realmente determina il nostro decidere e il nostro agire: “La natura dell’uomo è rapporto con l’infinito”. Non c’è dubbio che il desiderio dell’uomo aspiri all’infinito poiché nulla lo può definitivamente appagare e la sua ricerca continua di un “oltre” dal confine già conosciuto è un’energia che nasce dal cuore dell’uomo e muove la vita di ciascuno. La possibilità di vivere un rapporto con l’infinito è una sorgen-te di libertà e di creatività: una libertà che consente di utilizzare con vera dedizione e profonda gratitudine tutte le opportunità che la realtà intera offre all’uomo - dalle risorse della natura fino ai talenti individuali che ognuno ha ricevuto in dono - e una creatività che permette di affrontare con passione le sfide che la vita sociale ed economica ci pone davanti. Anche se dal punto di vista mediatico questa possibilità suscita poco clamore, non relativizza affatto la portata dei frutti di un’esperienza umana che cerca di vivere “nel” mondo senza essere “del” mondo: una simile esperienza ha fatto accrescere la conoscenza in ogni campo del sapere, ha valorizzato la dignità di ogni persona e ha favorito un impegno comune per il miglioramento delle condizioni di vita che ha comportato uno sviluppo culturale ed economico senza paragoni nella storia. Come osserva Rodney

Stark ne La vittoria della ragione, «il successo dell’Occidenn-te, inclusa la nascita della scienza, si appoggiò interamente su fondamenta religiose e venne determinato da devoti cristiani». È un’affermazione che potrebbe apparire provocatoria, ma in realtà riassume adeguatamente la traiettoria della società oc-cidentale. Proprio in un momento come quello attuale la società occiden-tale avrebbe bisogno di riscoprire queste sue radici per costru-ire una socialità più umana e una economia veramente al ser-vizio di tutti gli uomini. E questo è possibile in un dialogo che cerca di valorizzare il bene che ognuno può portare attraverso la sua esperienza e la sua conoscenza - così come avviene anno per anno al Meeting di Rimini.Per questa ragione tante iniziative e incontri mirano a mostrare il nesso reale fra la posizione umana che ciascuno assume e la vita sociale ed economica nella quale agisce e sulla quale influisce. Chi sa di non dipendere totalmente dall’esito del suo impegno - e concepisce se stesso in rapporto con l’infinito - sarà anche più libero di prendere le decisioni più adeguate, sarà meno condizionato dalla paura o, viceversa, dalla superbia. Chi sa che ogni cosa, in fondo, è donata, sarà più portato ad attri-buire al profitto il suo giusto senso - quello di strumento che non va assolutizzato, non di fine ultimo - ed esprimerà inevita-bilmente una responsabilità che considera la propria opera un bene per tutti, “spaccando” il cerchio chiuso dell’individuali-smo, che si traveste da vera libertà ma, invece, ne costituisce la prigione più angusta. E chi è cosciente dell’Infinito come origine e scopo di ogni essere farà di tutto per tutelare la dignità di ogni persona e difenderà la natura e la bellezza come condi-zioni di una vita veramente umana. Il numero del Corriere delle Opere che avete tra le mani decli-na questa impostazione nel dialogo con i protagonisti della vita economica e sociale presenti al Meeting. Tra questi, le interviste a Giuliano Cazzola sulla recente riforma del lavoro e a Raffaele Bonanni su come risalire la china puntando al bene comune. Alessandro Benetton affronta alcuni temi chiave sul futuro dei giovani e spiega come vengono coltivati i talenti nell’impresa di famiglia, mentre Roberto Snaidero parla di come valorizzare ulteriormente il Made in Italy e Andrea Zappia affronta il tema dell’innovazione e dell’introduzione dei giovani nelle imprese.Tutti gli incontri e le mostre del Meeting, tra cui quella pro-mossa da Cdo “Ad usum fabricae”, saranno utili per riscoprire che la grandezza della propria persona è data dalla sua stessa natura, che ha una dignità infinita che risplende anche nelle sue opere. Quando si accoglie con gratitudine questa possibi-lità si diventa capaci di costruire una cultura e un’economia al servizio dell’uomo, in un’apertura verso tutti gli uomini e tutto il mondo. Vorrei invitare in modo particolare chi stenta a comprendere questa prospettiva a venire a Rimini. Sono certo che potrà scoprire che il rapporto con l’infinito è realmente in grado di spezzare i confini che sembrano rinchiuderci o para-lizzarci, aprendo la “vita attiva” a un realismo pieno di audacia e a una prudenza piena di coraggio. Arrivederci a Rimini. n

l’uomo, l’economiae l’infinito

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sommario

www.cdo.org N . 1 0 L u g l i o 2 0 1 2 C O R R I E R E D E L L E O P E R E 5

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ioAnno XXVI - n. 10 - luglio 2012Registrazione Tribunale di Milano n. 505 del 27 settembre 1986Iscrizione al Registro degli operatori di comunicazione n. 7521

Direttore responsabileDario Vascellaro

RedazioneBettina Gamba, Carmelo Greco

UfficiVia Legnone 20, 20158 MilanoTel. +39 02 673961 - fax +39 02 67396230

EditoreCdo.net srl - via Melchiorre Gioia, 181 - 20125 Milano

PubblicitàEvidentia Communication srlVia Legnone 20 - 20158 Milano - Tel. +39 02 [email protected]

StampaCentro Stampa Editoriale - Via del Lavoro 1836040 Grisignano di Zocco, Vicenza

Progetto graficoCurious Design

ImpaginazioneMaurizio Saporiti

Distribuzione e confezionamentoComp Editoriale Veneta srl - Via Cappelletto 12 30173 Mestre (Ve)

L’editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli associati Cdo e la possibilità di richiederne gratuita-mente la rettifica o la cancellazione scrivendo a: Cdo.net srl - via Melchiorre Gioia, 181 - 20125 Milano. Le informazio-ni custodite verranno utilizzate al solo scopo di inviare agli associati Cdo la testata e gli allegati, anche pubblicitari, di interesse pubblico (legge 675/96 - tutela dati personali).Il numero è stato chiuso in redazione il 12 luglio 2012.La percentuale di pubblicità di questo numero, comprensiva di inserti e allegati, è del 33%.

editoriale 3

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SERVIZI cdo ASSITECA. E se venisse a mancare l’uomo chiave dell’azienda? La polizza key man 18QUI!GROUP. Crescere attraverso l’innovazione 20UTILITà. L’energia che serve alle imprese 22La nuova edizione del libretto Servizi e convenzioni 24

matchingMatching Cina: la strada giusta per lo sviluppo 26EXPANDERE. In rete per crescere 32

VITA CDOSUDAMERICA. Un mondo che cambia 40

meetingLa sfida del Meeting: l’uomo e l’infinito 44Il programma del Meeting 50MOSTRA CDO. Ad usum fabricae. La costruzione del Duomo di Milano 68MOSTRA FONDAZIONE. L’imprevedibile istante. Giovani per la crescita 76CAZZOLA. Non solo articolo 18 82BENETTON. La fabbrica della creatività 86DIESSE. Edificare la scuola giorno per giorno 90FORMAZIONE IN AZIENDA/1. L’Italia d’acciaio 92FORMAZIONE IN AZIENDA/2. Giovani ingegneri crescono 94BONANNI. Così si costruisce il bene comune 96SENN. Puntare sulle infrastrutture per il rilancio della nostra economia 100SNAIDERO. Capitani coraggiosi 104ZAPPIA. Giovani, la vera innovazione 108ZAMPERINI. Innovare in tempo di crisi 112ANALISI. La globalizzazione non è un pranzo di gala 116L’Europa riscopre l’imprenditoria sociale 120TAJANI. Il non profit motore dell’Europa 122Le cooperative costruiscono un mondo migliore 126CARCERI. Dal lavoro la dignità 130SOSTENIBILITà. Le sfide che ci attendono 134PIATTI. L’ultimo miglio dello sviluppo sostenibile 140

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colog e officine italiane innovazione insiemecon il progetto “rinnova:costruire il futuro”Colog, associazione settoriale della Cdo per la logistica e i trasporti, ha ideato in collaborazione con Officine Italiane Innovazione un percorso di lavoro e formazione rivolto alle imprese della logistica. Con il progetto “Rinnova: costruire il futuro” Colog intende accompagnare gli operatori del settore fino al prossimo Matching di novembre. L’iniziativa vuole essere una proposta e uno strumento per meglio comprendere le potenzialità, ma anche i limiti, che ciascuna azienda ha al proprio interno. Si articola in una serie di appuntamenti all’interno di un percorso di lavoro e formazione della durata di circa sei mesi. Ogni appuntamento è guidato da esperti nel campo dell’innovazione, intesa nei suoi più diversi ambiti: di prodotto, di processo, tecnologici, di mercato e di comunicazione. La proposta si rivolge principalmente alle imprese italiane del comparto logistico più sensibili ai temi del cambiamento e interessate a ridefinire la propria strategia competitiva d’impresa.Per informazioni su costi, tempi e modalità di partecipazione si può scrivere a:[email protected]

Andrea Giussani è il nuovo presidentedi fondazione banco alimentare onlus

Andrea Giussani, 63 anni, mi-lanese, tre figli e dieci nipoti, laurea in Legge, vanta una lunga carriera in ambito profit in ruoli manageriali nella direzione delle risorse umane e nella direzione generale. Giussani, già nominato vicepresidente della Fondazione Banco alimentare onlus nel 2010, ha affiancato don Mauro Inzoli aiutandolo sia nelle relazioni con le 21 organizzazioni della Rete Banco Alimentare sia con le isti-tuzioni, le imprese e con tutti gli stakeholders.«È con grande piacere e orgoglio che assumo l’incarico di presiden-te - ha dichiarato in occasione del-la nomina avvenuta il 30 marzo -. Sono consapevole delle professio-nalità e delle eccellenze presenti sia in staff, sia tra gli oltre 1.500 volontari stabili come tra presidenti e direttori delle organizzazioni locali della Rete Banco alimentare. Ho grande fiducia che, insieme, potremo fornire il con-tributo di idee, progetti e attività che le oltre 8.600 strutture caritative con noi convenzionate si aspettano per far fronte alla crescente richiesta di aiuto che viene dalle persone in condizione di disagio e difficoltà. Con l’occasio-ne - ha aggiunto - vorrei ringraziare il mio predecessore don Mauro Inzoli per la dedizione profusa in questi 15 anni di intenso lavoro per costruire il Banco alimentare e anche i membri del Consiglio che mi danno fiducia e sui quali conto per rafforzare il ruolo e la funzione sussidiaria della Fonda-zione sia all’interno della Rete Banco alimentare sia con tutti coloro che la sostengono». n

A destra, giovani volontari durante la Colletta alimenta-re, evento organizzato dalla Fondazione Banco alimenta-re alla cui presidenza è stato nominato Andrea Giussani

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f e s t i va l d e l l e a b i l i t à d i f f e r e n t iu n ’ e c c e l l e n z a f u o r i d a l c o m u n e

Dal 2 al 15 maggio si è tenuta a Carpi, Correggio, Modena e Bologna la 14ma edizione del Festival internazionale delle Abilità Differenti, manifestazione che dal 1999 viene orga-nizzata dalla cooperativa sociale Nazareno di Carpi. Scopo principale del Festival è puntare i riflettori sulla valorizzazione della persona, partendo dall’assunto che ciascuno, al di là del limite e della disabilità più o meno grave, possa sempre mirare all’eccellenza. L’arte è uno strumento privilegiato per il perse-guimento e il raggiungimento di questa eccellenza. Attraverso di essa si può tendere a qualcosa di grande, perfino alla propria realizzazione. Per questo l’offerta culturale del festival è ricca e articolata: spazia dagli spettacoli ai laboratori, dai convegni alle mostre. Durante gli spettacoli si esibiscono artisti professionisti nazio-nali e internazionali, che portano sul palcoscenico l’eccellenza nella differenza. Come il pianista e tenore statunitense Carlos

Ibay - ospite acclamato di questa 14ma edizione del festival - che chiede ogni giorno a Dio il miracolo della guarigione dalla sua cecità, ma anche «di accettare e amare la mia condizione vivendola nella gioia». O come hanno fatto tanti dei prota-gonisti chiamati a calcare le scene durante le due settimane dell’evento o partecipando ai numerosi laboratori e seminari. «I segni che abbiamo visto - dice Sergio Zini, presidente del-la cooperativa Nazareno - interferiscono con una quotidianità apparentemente ricca e vivace, ma in fondo inconcludente e scoraggiata, che non scioglie il cuore. Ma un bel giorno - per breve tempo, lo spazio di una serata, un attimo - il cuore si riaccende, assetato, quando, per qualche grazia del cielo, si squarcia il velo dei pensieri soliti per far spazio all’imprevisto. Siamo tutti “differenti” e tutti abbiamo bisogno di queste inter-ferenze che rompono la consuetudine e riaccendono nel cuore la speranza». n

Uno spettacolo, tra i tanti, della manifestazione che ogni anno la cooperativa Nazareno di Carpi realizza coinvolgendo artisti da tutto il mondo

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I n d a g i n e m e d i o b a n c a - u n i o n c a m e r eS u l l e M e d i e i m p r e s e d e l n o r d ove s t

A fine maggio è stata presentata l’edizione 2012 dell’indagine Mediobanca-Unioncamere sulle medie imprese del Nord Ovest. La tipologia considera la classe tra i 50 e i 499 dipendenti e i 15 e 330 milioni di euro di fattura-to. Con l’ultimo censimento, sono state individuate 1.310 società dell’area nord occidentale. La maggiore concentrazione di medie imprese si raggiun-ge in Lombardia che ne ospita il 77% e in Piemonte e Valle d’Aosta con il il 20%. Tra le conclusioni a cui è giunta la ricerca, nel periodo 2000-2009 il bilancio aggregato delle 1.310 società si è sempre saldato in utile, sebbene il risultato del 2009 sia il più basso sia in termini assoluti (586 milioni di euro) sia relativi (1,1% del fatturato), 1,2 punti in meno rispetto al massimo toccato nel 2007. Nel 2009, inoltre, 278 medie imprese sono tornate piccole (non superando i parametri di fatturato e dipendenti), mentre dal lato delle imprese maggiori, a fronte di 10 imprese che hanno varcato la soglia della grande dimensione, 17 hanno percorso la strada inversa ritornando medie. Nel decennio considerato, 237 imprese sono divenute grandi, ma ciò ha comportato per le stesse aziende un aumento dei casi di default. Per il 2012 il 38,5% di tali aziende prevede un aumento del fatturato e il 34,9% un in-cremento della produzione. Così come rimane molto elevata la propensione all’export, tanto che la quota di aziende esportatrici resta superiore al 90%, con un’incidenza delle vendite all’estero pari al 48% del totale. Sul fronte occupazionale, più di un quinto del campione segnala un ampliamento della forza lavoro tra la fine del 2010 e la fine del 2012. Addirittura superiore sarà poi quest’anno l’allargamento della base occupazionale all’estero da parte di quelle medie imprese che hanno stabilimenti produttivi al di fuori dei confini nazionali. n

le date delle missioniimprenditorialiall’estero organizzateda cdo networkÈ disponibile il calendario di Cdo Network per le missioni imprenditoriali all’estero che si terran-no nel secondo semestre 2012. Il programma è

Le imprese di medie dimensioni continuano a mani-festarsi vitali, con una forte propensione all’export

rivolto alle imprese interessate a nuovi mercati e consente di identificare ca-nali distributivi e nuove opportunità di business a l l ’ e s t e r o at t raverso incontri bilaterali con partner preselezionati. Per le missioni le imprese lombarde potranno ottenere i contributi a fondo perduto di Regione Lombardia e Unioncamere richiedibili a partire da giovedì 6 settembre e fino a esaurimento del-le risorse messe a disposizione.

Ecco il calendario 2012:CILE Santiago 6-10 OttobreLITUANIA Vilnius 14-17 OttobreUCRAINA Kiev 17-20 OttobreGERMANIA Francoforte 15-18 OttobreCINA Shanghai 21-24 OttobreTHAILANDIA Bangkok 24-27 OttobreROMANIA Bucarest 4-7 NovembreISRAELE Tel Aviv 18-21 NovembreRUSSIA Mosca 18-21 NovembreBRASILE San Paolo 2-5 Dicembre

Per maggiori informazioni:[email protected]@cdonetwork.it

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I l B a n c o F a r m a c e u t i c o p r e m i ai P r e s i d i d e l l e F a c o lt à d i F a r m a c i aLa Fondazione Banco farmaceutico onlus è stata presente a Cosmofarma, la più importante manifestazione europea b2b sul mondo della farmacia (foto in basso) che si è tenuta dal 4 al 6 maggio a Roma. All’interno di questa corni-ce, la Fondazione ha conferito un riconoscimento pubblico alla Conferenza dei presidi delle Facoltà di Farmacia per l’impegno profuso a sostegno della Giornata nazionale di raccolta del farmaco, appuntamento che nel 2012 ha coinvolto 3.200 farmacie aderenti in 1.200 comuni. Un gesto di carità possibi-le non solo grazie ai volontari del Banco farmaceutico e a quelli dei 1.400 enti assistenziali convenzionati, ma anche all’apporto di molti giovani iscritti alle Facoltà di Farmacia che hanno offerto il loro contributo svolgendo attività di volontariato, in alcuni casi potendo benefi-ciare dell’assegnazio-ne di crediti formativi da parte delle Facoltà. Questa la ragione che ha spinto il Banco farmaceutico, durante la cena di gala di Co-smofarma, a conferire il premio alla Confe-renza dei Presidi delle Facoltà di Farmacia. Il riconoscimento è stato consegnato da Paolo Gradnik, presidente della Fondazione Ban-co farmaceutico. n

P e n s a r e e p r o g e t t a r el a s c u o l a d e l d o m a n iCinque associazioni lombarde di dirigenti e do-centi dell’universo scolastico hanno deciso di mettersi insieme per pensare la scuola presente e progettare quella futura. Si tratta di Aimc, Cisl Scuola, Disal, Diesse, Uciim. Le tiene insieme il comune riferimento alla dottrina della Chiesa nel campo educativo e una diagnosi condivisa della condizione attuale dell’istruzione in Italia.Il manifesto “Pensare e progettare la scuola”, che il gruppo propone, muove dall’affermazione che la scuola è un “bene comune”, che l’educazione è un diritto-dovere di ciascun uomo, che la fami-glia ha la responsabilità educativa primaria, che la libertà, la responsabilità e la personalizzazio-ne sono i cardini fondamentali dell’educazione. A partire da questa “piattaforma”, il gruppo, che porta lo stesso nome del manifesto, si propone un percorso di ricerca, elaborazione e di impe-gno sulle seguenti direttrici: analisi continua

e concreta del-la condizione del personale nella scuola; sviluppo pro-fessionale della figura docen-te, che superi l ’uniformità contrattuale e preveda dif-ferenziazioni salariali in linea con lo sviluppo dei processi di valutazione del sistema nazionale di

istruzione; formazione e assunzione dei do-centi che tengano conto delle reali necessità delle scuole e dei loro contesti territoriali; autonomia scolastica, da quella gestionale alla definizione di una nuova governance.Il prossimo appuntamento del gruppo “Pensare e progettare la scuola” sarà il 26 ottobre a Milano per un convegno sull’accountability delle scuole.

Per informazioni e adesioni:www.pensareprogettarelascuola.it. n

marco masi alla guidadi cdo opere educativeIl nuovo presidente di Cdo Opere Educative, l’associazione di gestori di scuole paritarie, è stato eletto dal consiglio direttivo formatosi in seguito al rinnovo degli organi associativi, avvenuto nel marzo scorso durante i lavori del conve-gno nazionale 2012. È l’avvocato Marco Masi, esperto di diritto scolastico, da anni impegnato nel mondo delle scuole paritarie e attivo in Cdo Opere Educa-tive sin dall’origine, dapprima come revisore dei conti e poi come membro del consiglio direttivo e dell’esecutivo.Marco Masi, che subentra a Vincenzo Silvano, è nato a Morciano di Romagna (Rimini) il 26 novembre 1959. Sposato, con tre figli, si è laureato in Giuri-sprudenza nel 1983 presso l’Università di Bologna. Nella stessa città felsinea, è stato tra i fondatori di uno studio legale associato dove ha maturato una consolidata esperienza professionale, giudiziale e stragiudiziale, nelle materie di diritto amministrativo, diritto scolastico, diritto del lavoro e diritto delle organizzazioni non profit.

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Aggregarsi per competere e affrontare con efficacia tutti i nodi critici per lo sviluppo delle pmi. Come la crescita dimensionale, l’innovazione, la realizzazione di economie di scala e i programmi di sviluppo a medio e lungo termine. Con questo obiettivo strate-

gico il 16 maggio si è svolto presso la sala dei Cinquecento di Pa-lazzo Lombardia l’incontro di presentazione dei 16 progetti finan-ziati dal programma Ergon Azione 2, nato per il coinvolgimento delle associazioni imprenditoriali nella promozione e animazione delle reti d’impresa. Compagnia delle Opere ha partecipato con il progetto Imir (Imprese in Rete), avviato lo scorso anno a partire da un’indagine condotta su 120 imprenditori lombardi interessati a iniziare un percorso di aggregazione, progetto che si è avvalso anche del supporto dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.L’analisi dei risultati ha consentito di articolare l’iniziativa come un sistema a moduli per aiutare gli imprenditori a comprendere appieno le opportunità concrete offerte da una rete, superando le criticità iniziali, quali la delineazione dei singoli obiettivi, la ricer-ca dei partner adatti e la stessa forma giuridica con cui costituire l’aggregazione. I moduli prevedono il supporto on line grazie ai portali e-matching.it e officineinnovazione.it, i workshop tematici di approfondimento, le consulenze con professionisti nel campo delle aggregazioni, lo Sportello reti e varie iniziative di tutoring per l’accompagnamento allo sviluppo dei progetti di rete, nonché l’identificazione del benchmark e la definizione dei programmi operativi.

B a n c o b u i l d i n g e m e e t i n gA f avo r e d e i t e r r e m o t a t iBanco Building è la onlus che da tre anni applica il “metodo banchi” ai settori edilizia, arredamento, tessile e a tutti i beni non deperibili. Raccoglie dalle aziende le eccedenze produttive, gli invenduti, per donarle a opere di carità, missioni, organizzazioni non profit. Dopo il terremoto che ha interessato in modo particolare l’Emilia, l’associazio-ne ha ricevuto molte richieste di biancheria, richieste alle quali intende rispondere lanciando la campagna “Un lenzuolo per l’amico” che prevede la raccolta al prossimo Meeting di Rimini, all’ingresso Ovest e nella Hall centrale, di lenzuola (soprattutto singole), bianche-ria inutilizzata, federe, asciugamani, tovagliato ecc. La biancheria deve essere nuova o, se usata, deve essere la-vata e stirata (diversamente non verrà ritirata). L’ultimo giorno del Meeting quanto raccolto sarà consegnate a chi ne ha fatto richiesta.Anche chi non sarà presente a Rimini durante la mani-festazione di fine agosto, può partecipare alla campagna inviando una mail a [email protected] nella quale in-dicare che cosa mette a disposizione e la quantità. In pochi giorni il materiale verrà ritirato direttamente e a costo zero nel luogo indicato dal donatore. n

G r a z i e a B a n d o e r g o n e I m i r L e p m i l o m b a r d e f a n n o r e t e

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Come da delibera del Consiglio Direttivo del 19 giugno 2012, si comunica che èconvocata la

ASSEMBLEA STRAORDINARIA E ORDINARIA DELL’ASSOCIAZIONE COMPAGNIA DELLE OPERE

presso la nuova Fiera di Rimini, sala A3in prima convocazione il giorno 22 agosto 2012 ore 6,00 e in seconda convocazione giovedì 23 agosto 2012 alle ore 20,30

con il seguente ordine del giorno:

Parte straordinaria:1. Modifiche di statuto

Parte ordinaria:1. Relazione del Presidente2. Relazione del Collegio dei Revisori dei Conti3. Approvazione del bilancio al 31.12.20114. Ratifica membri del consiglio direttivo cooptati5. Presa d’atto dimissioni revisori dei conti e nomina nuovi6. Varie ed eventuali

Milano, 9 luglio 2012 Bernhard Scholz Il Presidente

nel 2011 sono quelle manualile professioni più richiesteIngegneri, addetti alla segreteria, cassieri di banche e assicurazioni. Ma anche addetti alle pulizie, facchi-ni e autisti. Sono questi i mestieri più gettonati nel 2011 secondo un’analisi realizzata dall’Ufficio studi della Cgia-Associazione artigiani e piccole imprese di Mestre basata sui dati Istat dello scorso anno. Pro-fessioni che hanno offerto i maggiori sbocchi profes-sionali a giovani con meno di 35 anni. Oltre a quelle menzionate sopra, hanno registrato tassi di crescita superiori al 10% anche figure quali esperti di gestio-ne e controllo delle aziende private, spedizionieri e agenti di commercio/pubblicità, ragionieri contabili e interni di cassa. La Cgia rileva inoltre la crescita molto sostenuta tra i macellai, i panettieri, i pastai e i gelatai, nonché la ricer-ca di installatori di impianti elettrici ed elettromeccanici, di riparatori di apparecchiature informatiche, di meccanici e riparatori d’auto, frigoristi e montatori di apparecchi e mac-chine industriali. Si tratta in molti casi di attività riconducibili a mestieri tra-

dizionali a elevata intensità manuale. Nonostante la forte ri-chiesta proveniente dal mercato, 45 mila posti di lavoro sono rimasti inevasi. Segno che, a dispetto della crisi e dell’elevata disoccupazione giovanile, molte professioni continuano ad ap-parire di serie B e non intercettano l’interesse di tanti italiani under 35. n

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18 C O R R I E R E D E L L E O P E R E N . 1 0 L u g l i o 2 0 1 2

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P KLa polizza key manL

o studio delle coperture assicurative key-man o “uomini chiave” ha origine da un’attenta anali-si dei rischi che incombono sull’impresa.

Spesso l’attenzione si concentra su quelli di cono-scenza comune, quali ad esempio il rischio di in-cendio, di furto dei beni, oppure ancora di respon-sabilità civile verso terzi e dipendenti. Ma oggi l’imprenditore è conscio del fatto che l’eventuale perdita di una risorsa chiave - che costituisce per l’azienda un investimento importante in termini economici ma anche e soprattutto strategici - po-trebbe avere conseguenze altrettanto gravose.Quali figure possono essere considerate key man?L’uomo chiave è una figura che ricopre un ruolo fondamentale nell’azienda e che difficilmente è so-stituibile. Può essere uno dei soci fondatori, l’am-ministratore, un dirigente ma anche un commer-ciale con un portafoglio di particolare valore o un tecnico con competenze difficilmente replicabili.Quando una di queste figure viene a mancare im-provvisamente, l’impresa deve fronteggiare mol-teplici difficoltà:l il vuoto operativo a breve termine;l la perdita di uno specifico know-how azienda-

le a medio/lungo termine;l un possibile rallentamento della produzione;l il blocco temporaneo di decisioni importanti;l l’empasse per i collaboratori interni ed even-

tualmente di clienti e fornitori;l la ricerca di una nuova persona adatta alla so-

stituzione.In questi casi l’azienda non sempre dispone di ri-sorse sufficienti a sopperire, da un punto di vista economico, le impellenze di breve periodo, come ad esempio i costi per la sostituzione, l’impatto sul business e sulle relazioni. Va inoltre considera-to che quando la perdita riguarda un socio, il Co-

dice Civile prevede che gli altri debbano liquidare la sua quota agli eredi, a meno che non si decida di sciogliere la società o di mantenerla attiva con gli eredi stessi (art. 2284 c.c.). Uno strumento per limitare i danni dovuti agli eventi citati è la polizza Key Man: un prodotto assicurativo (Temporanea caso morte) dedicato proprio alle aziende che desi-derano proteggere il proprio business dal rischio di perdita delle risorse chiave.Che tipo di rischi copre la Polizza Key Man?Le coperture possono comprendere solo la ga-ranzia decesso o in forma congiunta la garanzia decesso e invalidità totale permanente.In una formula di copertura base (solo caso morte) la polizza prevede l’erogazione della pre-stazione (il capitale assicurato) nel caso in cui il decesso dell’assicurato avvenga a seguito di un infortunio o per malattia.In una formula più completa invece (caso mor-te e invalidità permanente) la polizza copre, nei limiti previsti dalle condizioni contrattuali delle varie compagnie, anche l’invalidità totale e per-manente a seguito di malattia o infortunio.

La durata e il premioNormalmente le polizze Key Man prevedono una durata annuale con un premio calcolato ogni anno in funzione dell’età dell’assicurato. Que-sta modalità di determinazione del premio per-mette all’azienda di versare per ogni annualità il

servizi cdo

E se venisse a mancare l’uomo chiave dell’azienda?

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premio corrispondente al reale rischio di perdita dell’uomo chiave e soprattutto di rinnovare (o meno) le coperture di anno in anno in funzione delle sue reali necessità.Sono comunque diffusi sul mercato prodotti con capitale fisso e premio costante parametrato su una durata pluriennale definita (5/10 o 15 anni).In questo caso l’azienda è vincolata con un contratto pluriennale a mantenere la copertura sull’uomo chiave indipendentemente dalle sue possibili variate necessità.Da rilevare, inoltre, che negli ultimi anni alcune compagnie assicurative hanno lanciato sul mer-cato delle forme di copertura per gli uomini chia-ve strutturate in forma collettiva. Rispetto alle coperture sull’individuo non cam-biano le esigenze che si vogliono soddisfare e i criteri delle coperture assicurative, cambiano in-vece le forme tariffarie, generalmente più conve-nienti se si considera l’economia di scala per la copertura di due o più soggetti.

L’entità della coperturaPer gli uomini chiave, sia in società di persone sia di capitali, sotto il profilo civilistico e fiscale non esiste alcun limite per la determinazione del capitale massimo assicurabile. In termini generali la copertura assicurativa deve rispettare il principio di congruità. La sua entità, quindi, va misurata in stretta relazione al peso della figura oggetto del contratto, in genere si va da un minimo di 300 mila euro fino a un massimo di 3/5/10 milioni. Nel caso l’assicurato sia socio in una società di persone, il

capitale assicurabile è pari alla sua quota nel valore patrimoniale della società nel mo-mento in cui viene sti-pulata la polizza.

Il regime fiscalePer quanto riguarda il regime fiscale, occorre

distinguere i beneficiari della polizza.Di norma l’azienda è contraente e beneficiario delle prestazioni (per sostenere il principio di inerenza del costo), mentre l’assicurato è ovvia-mente l’uomo chiave, che quindi non è interessa-to da alcuna imposizione fiscale. Se il Key Man viene a mancare, è previsto il pa-gamento di un capitale all’azienda, unico benefi-ciario, alla data di decesso dell’assicurato.Se invece la polizza viene utilizzata dal Key Man anche come strumento per garantire serenità ai propri cari, l’assicurato può designare i benefi-ciari del premio e il prodotto si configura come fringe benefit, con la conseguenza che la presta-zione non viene tassata. n

l’offerta di assitecaL’associazione Compagnia delle Opere offre a tutti i propri associati un servizio di consulenza assicurativa gratuito. Tale servizio è fornito da Assiteca, primario gruppo italiano di brokeraggio assicurativo.Assiteca offre alle aziende associate un servizio gratuito di consulenza assicurativa per individuare le loro reali necessità e le migliori soluzioni assicurative a costi fortemente competitivi:l analisi e studio delle polizze assicurative in corso;l assistenza e consulenza sulla definizione o revisione dei contratti;l indicazioni per una corretta gestione del rischio e delle problematiche

assicurative.Assiteca mette inoltre a disposizione le proprie strutture tecniche e commerciali per la copertura dei rischi più significativi legati all’attività aziendale e professionale.

Assiteca spa: Tel. 0254679571 - [email protected]

È fondamentale per le aziende tutelarsi con opportuna soluzione assicurativa - polizza Key Man - da un sicuro danno economico che deriverebbe dal decesso o da una invalidità per-manente grave delle per-sone “indispensabili” o difficilmente sostituibili

E se venisse a mancare l’uomo chiave dell’azienda?

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servizi cdo

QUI! Group spa azienda leader in Italia nel mondo dei buoni pasto, dei loyalty, del con-venzionamento di merchant sul territorio,

dei pagamenti e della monetica sviluppa le sue attività attraverso un business model che, unendo servizi, innovazione, tecnologia e reti, crea va-lori e opportunità per aziende e persone.

Grazie alla sua specia-lizzazione raggiunta nell’innovazione tec-nologica, QUI! Group offre una rete di servi-zi integrati, a marchio TornaQUI!, che fanno guadagnare efficienza, risparmio, semplifica-zione delle pratiche e nuove opportunità per aziende e singoli utenti finali. Quale prima società a

capitale interamente italiano nel mercato dei buo-ni pasto, la seconda società in termini assoluti del settore, è stata scelta come fornitore qualificato da oltre settemila clienti fra Enti pubblici (pluri-vincitore della gara Consip per la PA nazionale) e aziende di ogni dimensione e settore (Eni, Enel, Poste Italiane ecc.). A oggi QUI! Group si configura anche come qua-lificato operatore per la gestione di programmi

CI

crescere attraverso

l’innovazioneÈ questa la vocazione della genovese

QUI! Group che presenta ai soci Cdo

servizi e tecnologia d’eccellenza per

aziende e consumatori

di Welfare aziendale, fornendo alle aziende una serie di strumenti flessibili e innovativi per gra-tificare e motivare il personale dipendente, faci-litare la conciliazione dei tempi famiglia/lavoro, migliorare il potere d’acquisto dei dipendenti, sti-molare una mobilità più sostenibile, promuovere attività di prevenzione della salute e molto altro.

ATTIVITÀLa società genovese opera nei seguenti settori:l titoli di servizio: buoni pasto (cartacei ed elet-

tronici), buoni acquisto, voucher sociali, vou-cher trasporto, voucher cultura ecc.;

l servizi di pagamento elettronico: carte prepa-gate brandizzate e soluzioni integrate attra-verso carte elettroniche e reti PoS;

l servizi di reti e programmi loyalty: sviluppo di reti e sistemi di fidelizzazione cash-back e a punti;

l tecnologia: piattaforme tecnologiche per la gestione di servizi.

TITOLI DI SERVIZIONell’ambito dei titoli di servizio, QUI! Group è in grado di fornire soluzioni distintive altamente in-novative: dal buono pasto cartaceo con sistema di smaterializzazione alla card multifunzione su cui sono integrabili più servizi e funzionalità (badge aziendale, carnet di buoni pasto, sistema di paga-mento attivo su circuito Mastercard, programma di fidelizzazione con sconti nel circuito di esercizi con-venzionati ecc.).I titoli di servizio Torna-QUI! consentono il massi-mo risparmio per l’azienda e sicuro gradimento da par-te degli utilizzatori. QUI! Group garantisce eleva-ti standard di sicurezza e semplicità di gestione oltre a un’ampia rete di accet-tazione composta da 150 mila esercizi (food e non food) convenzionati sul territorio nazionale. n

i numeri di qui! groupFatturato anno 2011: 500 milioniOltre 20 anni di esperienza100 milioni di buoni emessi ogni anno1 milione di carte prepagate1000 tra dipendenti e collaboratori (oltre 70% donne)

Gregorio Fogliani (nella foto), fonda-tore e presidente di QUI!Group, indica nell’innovazione uno dei punti di for-za del gruppo.QUI! Group spa è un gruppo lea-der nel mondo dei buoni pasto e dei titoli di servizio, dei sistemi di fidelizza-zione, del conven-zionamento di punti vendita sul territo-rio, dei sistemi di pagamento

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Le imprese italiane scontano un grave gap in ter-mini di costi dell’energia rispetto a quelle del Vecchio Continente. Infatti, manager e impren-

ditori del Paese pagano una bolletta maggiorata del 31,7% rispetto alla media Ue. Il che, tradotto in euro, equivale a un maggior costo annuo comples-sivo pari a 7,93 miliardi di euro, pari a circa mez-zo punto del valore aggiunto, ovvero 1.776 euro in media all’anno in più rispetto ai colleghi europei. Ma ci sono punte medie annuali in regioni come il Friuli Venezia Giulia (3.151 euro in più a imprese), la Sardegna (2.708 euro), la Lombardia (2.208 euro) e la Valle d’Aosta (2.187 euro). Per alleviare questo gap, Utilità, storico partner di Cdo che si dedica dal 2000 alla vendita di energia elettrica e gas naturale in tutto il territorio italiano a chi è titolare di una Partita Iva, ha ideato un’offerta unica nel suo genere per le aziende di piccola e media grandezza.Veronica Totti, responsabile marketing e media rela-tions di Utilità, ci spiega come la società ha preparato la sua offerta riservata agli associati Cdo: «Nell’ana-lizzare l’attuale contesto del mercato dell’energia elet-trica per le pmi, siamo arrivati alla conclusione che è in corso un inarrestabile processo di finanziarizzazione del bene “energia elettrica”. Non esistono più listini di riferimento, è venuta meno la trasparenza verso il cliente finale e le logiche di definizione del prezzo sono sempre più complesse. La conseguenza di questa situazione è che solamente chi ha un’esperienza con-solidata nel settore è in grado di affrontare tali com-plessità. Sulla base di queste considerazioni - continua Veronica Totti - Utilità ha costruito in esclusiva per la Compagnia delle Opere un’offerta unica nel suo gene-

Compagnia delle Opere, grazie alla storica partnership con

Utilità, propone agli associati un’offerta per la fornitura di

energia elettrica unica nel suo genere, per aiutare le pmi nel

contenimento dei costi energetici: “Utilità Tutti x Uno”

re in grado di soddisfare tre importanti esigenze delle pmi: trasparenza, flessibilità, convenienza».Vediamo, dunque, nel dettaglio quali sono le carat-teristiche fondamentali dell’offerta di Utilità per la fornitura di energia elettrica dedicata ai soci Cdo.

trasparenzaPer un’azienda gestire il proprio consumo di ener-gia elettrica in modo efficiente e trasparente è fon-damentale. “Tutti x Uno” è la soluzione ideale per aziende che hanno una spesa di energia elettrica su-periore a 500 euro al mese. “Tutti x Uno”, infatti, è l’unica offerta in grado di garantire alle piccole e medie imprese massima trasparenza sui prezzi, variabili e fissi, definiti giornalmente nei mercati all’ingrosso. Così gli associati Cdo potranno final-mente avere un contratto costantemente aderente agli scenari energetici del mercato, inoltre paghe-ranno prezzi che sono perfettamente calibrati sui consumi della propria azienda: in questo modo la trasparenza è massima.

flessibilità“Tutti x Uno” prevede inoltre la possibilità di bloc-care in ogni momento il prezzo dell’energia per 3, 6 o 12 mesi. In questo modo le aziende non dovran-no subire passivamente i cambiamenti repentini del mercato, poi, una volta che avranno terminato il periodo di applicazione del prezzo fisso prescelto, potranno decidere di ribloccare il prezzo o di tornare al prezzo variabile iniziale del mercato all’ingrosso. In pratica, con “Tutti x Uno” gli associati Cdo po-tranno sfruttare i ribassi del mercato e fermare tem-

eI

L’energia che serve alle imprese

Veronica Totti, respon-sabile marketing e me-dia relations di Utilità, sottolinea che l’offerta pensata per gli asso-ciati Cdo è trasparente, flessibile e conveniente

Da sempre Utilità, uno dei principali fornitori di energia e gas presenti sul mercato libero dal 2000, aiuta le piccole, medie e grandi imprese a con-tenere e razionalizzare i propri costi con offerte su misura e servizi di ef-ficienza energetica anche a salvaguardia dell’am-biente

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i VANTAGGI di “UTILITÀ TUTTI x UNO”1. Massima Trasparenza dei costi - accesso ai prezzi dell’energia definiti giornalmente nei mercati all’ingrosso. Per disporre di un contratto costantemente aderente agli scenari di mercato.2. Elevata Flessibilità del piano tariffario - possibilità di fissare tempestivamente e senza costi aggiuntivi il prezzo, per 3, 6 o 12 mesi. Per sfruttare i ribassi del mercato e fermare tempestivamente i rialzi.3. Grande Convenienza grazie al Doppio Sconto - il prezzo diminuisce progressivamente grazie al Bonus Consumi e al Bonus Tutti x Uno. Per premiare la fedeltà del cliente e la capacità di fare squadra delle aziende associate a Cdo.4. Assistenza tempestiva e qualificata - Utilità, grazie alla sua consolidata esperienza nei mercati energetici, garantisce a ciascun socio consulenza e assistenza dedicata, tempestiva e continuativa.Per maggiori informazioni:- il portale www.cdo.org nella sezione ENERGIA della parte dedicata a SERVIZI E CONVENZIONI PER I SOCI- il link www.utilita.com/pmi-corriereopere- il numero verde di Utilità 800 94 39 39.

pestivamente i rialzi. Tutto ciò senza sostenere costi aggiuntivi e dover firmare nuovi contratti.

convenienzaIl prezzo “Tutti x Uno” diminuisce nel tempo e que-sto grazie a un doppio sconto: il Bonus Consumi e il Bonus Tutti x Uno. Il primo cresce all’aumenta-re della quantità di energia elettrica consumata nel tempo da una singola azienda. Il secondo, invece, viene assegnato al raggiungimento di un determina-to consumo di energia elettrica generato da tutte le aziende che aderiranno all’offerta. Quindi lo scon-to non è limitato al singolo anno di fornitura, ma cresce nel tempo, premiando non solo la fedeltà del cliente o la capacità delle imprese Cdo di fare squa-dra, ma permettendo anche ad aziende di piccola dimensione di ottenere prezzi per l’energia elettrica oggi accessibili solo ad aziende più grandi.

assistenzaUtilità, inoltre, grazie alla sua consolidata esperien-za nei mercati energetici, accompagnerà i clienti du-rante il periodo della loro fornitura. Un messaggio di alert, ad esempio, avviserà gli imprenditori in caso di variazioni significative di prezzo. Semplici grafici on line mostreranno costantemente l’andamento dei prezzi del mercato all’ingrosso e gli imprenditori potranno inoltre usufruire, giorno per giorno a costo zero, di una consulenza telefonica direttamente con gli specialisti di Utilità.

anche i professionisti fanno squadraNell’elaborare la sua offerta per gli associati Cdo

Utilità ha pensato anche ai liberi professionisti. È stato rinnovato, infatti, il prodotto lanciato nel 2011 “Utilità Tutto + Semplice Web”, grazie al quale studi e attività che hanno consumi di energia inferiori a 25.000 kWh/anno e una spesa indicati-va inferiore a 6.000 €/anno possono usufruire di un’offerta dedicata che permette di godere della semplicità di un prezzo unico in tutte le ore della giornata, di seguire - come “Utilità Tutti x Uno” - il mercato all’ingrosso e di usufruire del prezzo conveniente nelle ore in cui l’energia costa di più e il professionista consuma di più. I professionisti, inoltre, possono utilizzare l’Opzione Cambio Prez-zo che dà la possibilità di fissare il prezzo una volta ogni 12 mesi.La novità e l’ulteriore vantaggio è che i soci Cdo, liberi professionisti, che aderiscono all’offerta, contribuiranno al raggiungimento del bonus “Tutti x Uno”, beneficiandone a loro volta sul prezzo del-la pura energia. «Abbiamo così valorizzato l’idea di Cdo come gruppo di acquisto - dice Veronica Totti - e le opportunità che derivano dal fare squa-dra degli associati».«Sono convinta - conclude Totti - che con “Utilità Tutti x Uno” e “Utilità Tutto + Semplice Web” ab-biamo trovato la soluzione ideale per imprenditori e professionisti che vogliono gestire al meglio e nel modo più conveniente l’energia elettrica della loro attività per essere sempre più competitivi». n

In Italia, le aziende pagano la bolletta dell’energia elet-trica più costosa del conti-nente: il 31,7% in più della media dei Paesi dell’Unio-ne europea. Con l’offerta di Utilità “Tutti x Uno” la bolletta sarà meno cara per le imprese associate

utilitàNel 2011 Utilità ha quasi raddoppiato il numero di clienti rispetto all’anno precedente raggiungendo quota 7.000 utenze elettriche e 1.000 gas. Anche i volumi di elettricità e gas naturale venduti sono cresciuti in modo sostanziale: circa 1 miliardo di kilowattora e 650 milioni di metri cubi. Nel primo semestre 2012 Utilità ha superato a b b o n d a n t e m e n t e quota 10.000 utenze business, tra energia elettrica e gas naturale.

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Aperti al mondo, attenti ai dettagli

la proposta associativa di Compagnia delle Opere è innanzitutto un invito a partecipare a una socialità che mette al centro la libertà

e la responsabilità della singola persona e cer-ca di sostenerla con momenti che favoriscono lo scambio di esperienze e il confronto delle idee. La consuetudine ad affrontare insieme le sfide e le problematiche del presente aiuta in modo semplice, ma molto concreto a riscoprire il valo-re reale della collaborazione per la vita dell’im-presa, nel rapporto con i propri colleghi, fornito-ri, clienti e in larga misura anche verso i propri concorrenti.Mano a mano che la conoscenza reciproca fa emergere con maggior chiarezza le esigenze più specifiche e le aree di lavoro più bisognose di un sostegno o di un approfondimento professionale, prendono forma anche tutti i servizi che Compa-gnia delle Opere offre agli associati e che questa pubblicazione presenta.Lo scopo comune di tali proposte, nel loro in-sieme, è quello di aiutare le imprese nel loro sviluppo e nella loro crescita, “innescando” una dinamica che mette in moto tutta la creatività e professionalità della persona sia nell’individua-re e selezionare i migliori partner per realiz-zare concretamente i vari servizi ed eventi sia nell’utilizzo o nella partecipazione agli stessi da parte degli associati. Questo è il valore virtuoso della rete, che giunge fino alla capacità di sostenere nel dettaglio il sin-golo, per contribuire al bene di tutti. n

Bernhard Scholzpresidente Cdo

sLa nuova edizione del libretto

servizi e convenzioniPubblichiamo i due interventi introduttivi del presidente e del direttore generale Cdo contenuti nello

strumento che illustra i servizi studiati da Cdo per accompagnare gli imprenditori nella loro attività

quotidiana

La copertina della nuova edizione del libretto che illustra i servizi Cdo offerti agli imprenditori e alle loro imprese. Il libretto è allega-to a questo numero del Corriere delle Opere

L’innovazione a servizio di tutti

per sua natura, Compagnia delle Opere orien-ta la sua attività verso gli ambiti che meglio possono rispondere alle esigenze degli as-

sociati e alle sollecitazioni della vita culturale e sociale del Paese. L’impegno primario nel promuovere la cultura della collaborazione si realizza in maniera em-blematica attraverso gli eventi della rete Cdo: Ex-pandere a livello territoriale e Matching a livello internazionale, con l’ormai tradizionale edizione milanese di fine novembre e, dal 2011, con l’edi-zione all’estero. Vi sono poi i servizi finanziari, che offrono un contributo serio e professionale nell’essenzia-le rapporto tra banca e impresa e le iniziative di formazione, con i percorsi e le conversazioni imprenditoriali, a cura della Scuola d’impresa. È inoltre da sottolineare l’ampia e crescente serie di convenzioni commerciali, un’area storica per Cdo, che concretizza l’aiuto agli imprenditori nell’individuare significative possibilità di rispar-mio nell’acquisto di prodotti e servizi.Di fondamentale importanza è il sostegno che Cdo si propone di dare per l’aiuto al lavoro, con la recente introduzione del portale on line di con-sultazione gratuita, punto di riferimento per l’in-crocio tra la domanda e l’offerta. Tutte queste attività e proposte si inseriscono nel-la linea dell’innovazione per l’impresa, un vero e proprio “sostegno al cambiamento” che può gui-dare tutti alla crescita e a una piena soddisfazione professionale e umana. n

Enrico Biscagliadirettore generale Cdo

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Mmatching cina: la strada giusta per lo sviluppoU

n successo frutto del lavoro, della compe-tenza crescente e della collaborazione reci-proca, che segna una tappa importante delle

iniziative per l’internazionalizzazione proposte da Compagnia delle Opere. Parliamo ovviamente di Matching Cina, l’evento Cdo per lo sviluppo delle imprese italiane all’estero, che si è svolto a Shanghai il 25 e 26 giugno scorsi con numeri importanti: oltre 100 imprese italiane hanno in-contrato circa 500 imprenditori cinesi, dando vita a oltre 1.000 incontri di business. Da parecchi anni un numero così elevato di imprenditori ita-liani non si muoveva insieme verso la Cina grazie a un’iniziativa comune di business. Il presidente Bernhard Scholz ha dato una prima ma precisa chiave di lettura per gli apprezzabili risultati del-la seconda edizione internazionale di Matching, seguita a quella tenutasi a Mosca l’anno scorso: «Il lavoro nei due giorni a Shanghai è andato ben oltre le aspettative. Per alcuni imprenditori si trat-ta già di prendere decisioni operative sulla base delle nuove opportunità emerse nel dialogo con i partner cinesi, mentre per altri il contatto inizia-le si approfondirà in successivi incontri. È nella natura stessa di un evento come Matching Cina favorire nuove possibilità di crescita, che valoriz-zano la creatività e la responsabilità di ognuno». Matching Cina ha dunque espresso compiuta-mente l’orizzonte entro il quale Cdo incoraggia la formazione di nuove reti tra imprese, per af-frontare meglio il mercato interno ma anche, e in qualche caso soprattutto, in vista dell’internazio-nalizzazione: «Matching Cina si è rivelata un’oc-casione importante di conoscenza e di apertura al mercato globale, una tappa decisiva per com-prendere come e che cosa migliorare nella propria organizzazione aziendale per potersi presentare in

Grande successo a Shanghai per l’edizione internazionale di Matching:

oltre 100 aziende italiane hanno incontrato 500 imprenditori cinesi per

una due giorni di lavoro che ha aperto nuove prospettive. Il presidente

Scholz: «Un successo oltre le aspettative. L’internazionalizzazione è la

chiave per la crescita»

di Nicola Varcasia

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smatching cina: la strada giusta per lo sviluppo

I lavori del primo giorno si sono svolti entro la cornice del Grand Central Hotel con la formula degli appuntamenti one-to-one, mentre il giorno successivo gli imprenditori si sono recati presso le aziende con le quali hanno preso contatto per approfondire le opportunità di business (a fianco, la sede del Matching Cina; sotto, un momento dei lavori)

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maniera più competitiva sullo scenario internazio-nale e in particolare su quello cinese, con il quale sarà sempre più fondamentale essere in rapporto. Compagnia delle Opere continuerà a dare tutto il suo supporto affinché questo percorso prosegua e si sviluppi», ha affermato ancora il presidente.

Spirito di collaborazioneLo stesso Matching Cina è un esempio di come sia utile muoversi con uno spirito di collaborazione. L’evento è infatti stato promosso insieme con Cdo Network, Camera di commercio di Milano, Union-camere, il ministero dello Sviluppo Economico e con il patrocinio della Fondazione Italia Cina. I lavori del primo giorno si sono svolti entro la cornice del Grand Central Hotel con la formu-la degli appuntamenti one-to-one. In occasione dell’inaugurazione, è stato molto apprezzato l’in-tervento di Vincenzo De Luca, console generale d’Italia a Shanghai che ha evidenziato «l’impor-tanza di poter offrire alle imprese italiane che ven-gono in Cina un quadro unico di riferimento, una capacità di relazione con le autorità cinesi quali fattori essenziali per condurre il business in ma-niera adeguata». «La Cina - ha proseguito il con-sole - è il primo partner per l’Europa e l’Europa è il primo partner per la Cina. Questa interdipen-denza tra le economie è ancora più rimarcata per l’Italia che vanta un interscambio con la Cina pari a 51,5 miliardi di euro, superiori ai 45 miliardi di interscambio con gli Stati Uniti». Ha confermato questa prospettiva Patrizia Giarratana, vice diret-trice per le politiche di internazionalizzazione e per la promozione degli scambi del Mise, che ha ricordato come la Cina sia uno dei Paesi focus per le imprese italiane in quanto fasce sempre più larghe di consumatori sono pronte ad apprezzare l’eccellenza del made in Italy e per questo il Mise si propone di organizzare eventi specifici per i dif-ferenti settori trainanti dell’export.Maurizio Forte, direttore Ice Shanghai, ha inoltre dettagliato i settori di riferimento per l’export ita-liano in Cina, ricordando innanzitutto che la Cina è il settimo cliente per l’Italia: con il 48% la mecca-nica è la spina dorsale del nostro export in Cina, la seconda voce sono i semilavorati industriali (20%), soprattutto nel tessile, mentre, tra i beni di consu-mo, la moda occupa il 13%. Nel corso della prima giornata, il presidente Scholz ha tenuto anche vari incontri con importanti istituzioni cinesi, in parti-colare con Qiu Xiang Rong, segretario generale di Ccpit Shanghai Pudong e con You Yongshen, vice direttore del ministero dello Sviluppo economico di Shanghai, dipartimento commercio e promozio-

voci dal matching«Ora torniamo a casa e comincia il vero lavoro», scandisce l’imprenditore lombardo mentre si sale sul pullman verso l’aeroporto.«Di giornate così ce ne vorrebbero quattro o cinque», rilancia un suo illustre collega. In questi commenti raccolti en passant tra gli oltre cento protagonisti di Matching Cina, è racchiuso l’orizzonte entro cui si è svolto l’evento Cdo di Shanghai. Da un lato è emersa in tutti la consapevolezza che «in questi giorni sono stati gettati dei semi, ora bisogna curare il terreno perché cresca la pianta, coltivando al meglio ogni singolo contatto»; dall’altro aiuta molto «il clima di positività che si respira a Matching», tanto che verrebbe quasi voglia di rimandare il ritorno.C’è chi, come Mauro Meroni, ha presentato l’offerta di comunicazione integrata della sua azienda proponendosi come partner di comunicazione sia per le aziende italiane sia per le imprese cinesi e chi, come Pierroberto Fumagalli, non perde un’edizione di Matching, anche nella sua versione internazionale, per proporre al mercato le premiate soluzioni tecnologiche della sua Fumagalli Componenti nel settore washroom. Come ha scritto anche il Sole 24 Ore «c’è un significativo campione di made in Italy tra le cento aziende iscritte a Matching» e infatti i mille e passa incontri che hanno consentito agli imprenditori italiani giunti a Shanghai di conoscere e avviare contatti con le realtà cinesi sono stati altrettanti affreschi di quell’imprenditorialità diffusa - bene tra i più preziosi del nostro Paese - che comincia a comprendere l’importanza di mettersi in rete, cambiando anche qualcosa dove è necessario: «Una delle cose che succedono alle aziende che vanno all’estero è che cambiano al loro interno», ha ribadito il presidente

Momenti dell’inaugu-razione del Matching Cina, alla quale hanno partecipato Vincen-zo De Luca, conso-le generale d’Italia a Shanghai, Patrizia Giarratana, vice diret-trice per le politiche di internazionalizzazione e per la promozione degli scambi del Mise, Maurizio Forte, diret-tore Ice Shanghai, Mat-teo Copreni, ad di Cdo Network e Bernhard Scholz, presidente Cdo

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ne. Nel secondo giorno di lavori gli imprenditori, oltre a proseguire con gli appuntamenti presso il Grand Central Hotel, si sono recati presso alcune delle aziende con le quali hanno preso contatto per approfondire le opportunità di business emerse dai primi dialoghi. Il presidente Scholz aveva intro-dotto i lavori ricordando «l’impegno di Compa-gnia delle Opere affinché ogni imprenditore possa esprimere al meglio le sue potenzialità» e che un obiettivo così importante si può raggiungere attra-verso l’internazionalizzazione e l’apertura a nuovi mercati: «Per questo Matching Cina rappresenta un’opportunità concreta per aiutare le imprese a trovare le nuove strade di cui hanno bisogno per crescere». Gli ottimi risultati raggiunti da questa seconda edizione internazionale di Matching, la prima in Cina, rappresentano un nuovo punto di partenza per affrontare la sfida della crescita con la giusta dose di realismo e audacia. Quasi impos-sibile non intravedere il fil rouge con il tema del Meeting, a cui il presente numero del Corriere delle Opere è in gran parte dedicato: “La natura dell’uomo è rapporto con l’infinito”. Senza questo sguardo positivo ma non utopistico sulla realtà - economica, sociale, internazionale - sarebbe stato quasi impossibile realizzare un evento di apertu-ra, dialogo economico, professionale e, per certi aspetti, culturale, come Matching Cina. n

Scholz nel momento di confronto conclusivo con le aziende partecipanti.Così si scopre che il più grande esportatore italiano di cucine, Aran World, già presente nel Paese del Dragone da alcuni anni, in questi due giorni ha posto alcune premesse per ampliare la penetrazione dei suoi prodotti, mentre per il giovane creatore di moda milanese Paris Ciccone, al primo viaggio in Cina e tra i più entusiasti della spedizione, Matching è servito ad «aprire le porte di questo immenso mercato, per capire che cosa gli operatori cinesi si aspettano da noi e viceversa».Molta soddisfazione hanno espresso anche i numerosi imprenditori nel campo della green economy, che rappresenta uno dei cinque asset di investimento del XII piano quinquennale del Governo cinese e quindi incoraggia gli investimenti in questo settore. Coscienti delle difficoltà, ma desiderosi di giocare la partita fino in fondo, gli imprenditori del settore edilizio: «Shanghai 30 anni fa quasi non esisteva», ricorda uno di loro, «però occorre lavorare insieme per superare i vincoli delle normative italiane ed europee nella realizzazione di alcune soluzioni costruttive».Degli operatori cinesi ha colpito soprattutto l’orgoglio manifestato nel presentare i propri prodotti. Lo stesso orgoglio italiano rappresentato dalle eccellenze del padiglione dell’Expo, oggetto di una delle tre visite guidate - che hanno abbracciato i temi dell’hi-tech, del lusso, dell’agroalimentare e del design - da parte degli imprenditori italiani.Ma in fondo, la formula del Matching ha mostrato tutte le sue potenzialità anche nel lontano Oriente, superando perfino i paletti delle pianificazioni economiche di sistema. Così, il direttore commerciale di un’azienda italiana di rubinetterie, trasferitosi in Cina da qualche tempo, figurava tra gli interlocutori “cinesi” da incontrare nell’agenda di un’impresa bresciana. Il valore di un “re-incontro”.

I principali settori merceologici rappre-sentati a Matching Cina - uno spaccato del made in Italy - sono stati: l’agroalimentare, l’ambiente, l’arredamento, l’automotive, la chimica, il design, l’edilizia, l’elettrotecni-ca, l’energia , la meccanica, la sanità e i trasporti

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R CIn rete per crescere

Dopo le tre edizioni del 2011, a Foggia, Roma e Napoli, il 18 aprile è ripartito da Abbadia di Fiastra, nelle Marche, il network Expande-

re with Matching, la serie di eventi territoriali di Compagnia delle Opere. Queste giornate, che sono aperte anche alle imprese non associate, mettono a disposizione degli imprenditori un’opportunità fondamentale per far conoscere la propria attività, per approfondire i contatti e le relazioni con altre imprese sul territorio e per scoprire tutti i servizi veicolati dalla rete di Cdo. Il network Expandere with Matching comprende 12 manifestazioni, che coinvolgono 27 sedi locali Cdo. Di seguito, anche grazie alla viva voce dei protagonisti, raccontiamo sinteticamente cos’è accaduto durante gli appun-tamenti di Expandere che si sono svolti lungo tutto lo Stivale negli scorsi mesi.

Marche-umbriaIl 18 aprile all’Abbadia di Fiastra di Urbisaglia, 150 aziende, prevalentemente di Marche e Um-bria, si sono incontrate per sviluppare contatti che potranno diventare collaborazioni, partner-ship, opportunità e per assistere a una decina di workshop proposti dagli associati durante l’anno: testimonianze di imprenditori che avevano af-frontato il problema dell’internazionalizzazione, dell’innovazione e del credito, oppure questioni più tecniche della filiera edile o meccanica.La manifestazione, giunta alla terza edizione, è stata patrocinata dalle aziende speciali delle Ca-mere di commercio di Macerata Ex.it e dall’ente Fermo Promuove, diventati partner storici della rassegna insieme alla Cna (Confederazione nazio-nale dell’artigianato e della piccola e media im-

Quest’anno sono stati tredici gli eventi territoriali in cui,

attraverso incontri b2b prefissati, workshop e seminari

informativi, la comunità di Expandere ha potuto

consolidare le relazioni tra gli aderenti e individuare nuove

strategie di sviluppo

di Dario Vascellaro

presa) delle province di Ascoli Piceno e Fermo, dalla Confartigianato di Macerata e da Artigian-casse.Una novità della terza edizione di Expandere Mar-che-Umbria è stata “sorprendentemente” accolta dagli imprenditori presenti alla manifestazione. La Cdo, infatti, ha preso un’iniziativa per affron-tare la piaga della disoccupazione. Dieci ragazzi delle Marche hanno partecipato all’evento per of-frire la loro professionalità alle aziende che hanno aderito all’iniziativa. I giovani, i cui curricula sono stati selezionati dal Centro di solidarietà della Compagnia delle Opere Marche Sud, hanno potuto avere in questo modo l’opportunità di contattare direttamente le azien-de. I risultati sono stati sorprendenti: due ragazze hanno iniziato una stage subito dopo la manifesta-zione, mentre a un ragazzo argentino è stato pro-

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tre 1000 appuntamenti b2b. Sono questi i numeri dell’Expandere with Matching che si è svolto lo scorso 9 maggio ad Acireale. All’iniziativa sono intervenuti aziende, ditte individuali, cooperati-ve, liberi professionisti impegnati nei più diversi settori dell’economia e dei servizi. Ad Expandere hanno partecipato tutti gli istituti di credito con-venzionati Cdo con i quali si è discusso di accesso al credito e di alcuni servizi finanziari innovativi come il Pmi tutoring. Gli iscritti alla manifestazio-ne hanno potuto partecipare a workshop tematici, uno sulla sanità e l’altro sull’edilizia con l’analisi dettagliata sul cosiddetto housing sociale.In Expandere Sicilia ha avuto un ruolo importante il non profit, con la presenza del Banco alimentare Sicilia e diverse opere sociali che operano con ef-ficacia nel settore.Al convegno conclusivo della manifestazione, al quale sono intervenuti il direttore nazionale della Cdo, Enrico Biscaglia, e Antonio Intiglietta, pre-sidente di Ge.Fi., è stato introdotto il concetto di rete inteso come fattore di sviluppo fondamenta-le, speci in un momento di crisi economica quale quello attuale.«Expandere - ha affermato il direttore della Cdo Sicilia Orientale, Cristina Scuderi - ha espresso più di ogni altro evento il cuore della Compagnia delle Opere. Nel fare impresa, l’imprenditore non può restare nella solitudine e nell’individualismo, ma ha bisogno di mettersi in rete con altri impren-ditori, sperimentando che insieme si fa quello che da soli non si riuscirebbe a fare e lo si fa meglio».

Alta lombardia«Un successo inatteso», così Dionigi Gianola, direttore della Cdo di Como e Lecco e Sondrio, ha definito la seconda edizione di Expandere Alta Lombardia che, lo scorso 15 maggio, a Lariofiere, ha riunito 512 imprese, vale a dire più del doppio dei partecipanti del 2011. «Oltre il 60% di queste - fa notare Gianola - appartenevano al settore ma-nifatturiero. Per evitare il rischio di trovare solo le categorie riservate ai servizi, accanto a una filiera verticale abbiamo creato una filiera orizzontale». Da segnalare che all’evento hanno aderito alcune imprese non profit, fra cui il Banco alimentare, che hanno avuto modo di implementare le loro relazioni e instaurare con le altre aziende un’occa-sione di confronto e crescita reciproca.Tante le novità dell’edizione 2012 dell’evento or-ganizzato dalla Compagnia delle Opere di Como, Lecco, Sondrio e Monza e Brianza. Innanzitutto, per la prima volta le aziende comasche e lecche-si hanno avuto la possibilità di interfacciarsi con

posto dal responsabile del personale di Indesit di andare a lavorare per l’azienda in Argentina.Tra le novità di questa edizione di Expandere Marche-Umbria vi è stato anche il bando di con-corso “Brevetta il tuo futuro” per il conferimento di due premi del valore totale di cinquemila euro in servizi di consulenza. I premi, destinati a sog-getti e/o imprese maggiormente distintisi nella progettazione di un prodotto innovativo e asse-gnati a quattro laureandi in Ingegneria di Modena, consistevano in: al primo classificato redazione e deposito di domanda di brevetto di invenzione in Italia; al secondo classificato ricerca d’anteriorità brevettuale mondiale e analisi di brevettabilità per l’elaborato oggetto del progetto e/o del prototipo.

Catania150 imprenditori, più di 400 persone presenti, ol-

Dalla Lombardia alla Sicilia, il net-work Expandere (nelle foto, alcuni momenti delle ma-nifestazioni in varie parti d’Italia) coin-volge 27 sedi locali Cdo permettendo agli imprenditori di conoscersi per co-gliere nuove oppor-tunità

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quelle brianzole. «In un momento di crisi come quello che stiamo vivendo, è evidente che bisogna cambiare qualcosa - ha spiegato Angela Familia-ri, direttore della Cdo di Monza Brianza -. Os-servando questi imprenditori capaci di guardare alla collaborazione e alla partnership superando il concetto di concorrenza, ognuno di noi si sen-te chiamato a fare altrettanto. Fare rete, in questa nuova era che chiamare crisi non è più possibile, è fondamentale».Rispetto al 2011, poi, l’evento si è svolto in un’unica giornata per contenere i costi di iscrizio-ne e rendere Expandere accessibile a tutti. Altra novità la presenza di 25 tavoli random dove ogni azienda aveva tre minuti di tempo per presentare i suoi prodotti e servizi. Non sono mancati anche i tavoli di filiera, con l’obiettivo di far incontrare aziende dello stesso settore merceologico per una conoscenza reciproca e uno scambio di esperienze nell’ottica di una possibile collaborazione futura.Un ruolo importante, infine, è stato svolto dalla grande distribuzione organizzata alla ricerca di fornitori, con il coinvolgimento di gruppi come Iperal spa, Edelka, gruppo leader nella grande di-stribuzione tedesca con 300 punti vendita, e Sig-ma, una delle più importanti organizzazioni italia-ne con una rete di oltre 2600 punti vendita distri-buiti su tutto il territorio nazionale. Del comparto della meccanica, oltre a emissari di importanti aziende tedesche, era presente il colosso Nissan che ha lavorato alla selezione di nuovi fornitori che possano entrare nella sua galassia. A riprova del fatto che il mirino tedesco è sempre ben pun-tato sul nostro Paese, la presenza anche di cinque imprenditori edili.L’evento si è chiuso con un convegno alla presen-za del presidente Cdo Bernhard Scholz e con l’in-tervento del comico Paolo Cevoli.

ToscanaLo scorso 23 maggio, presso il Mandela Forum di Firenze si è tenuto Expandere - Piazza Toscana. L’evento ha visto la partecipazione di circa 300 imprese di diversi settori merceologici, tra cui al-cuni grandi gruppi presenti con il loro ufficio ac-quisti tra cui Gucci, Ferragamo, gruppo Estra, Me-narini, Conad, Savino Del Bene, Trenitalia, Poste Italiane, Antinori, Braccialini, Brain Technology ed enti pubblici come il Comune di Firenze e il Comune di Prato sempre con i loro uffici acquisti.All’interno dell’evento è stato tenuto un incontro dal titolo “Il lavoro e l’ideale”, durante il quale la professoressa Mariella Carlotti ha illustrato le for-melle del ciclo del lavoro del campanile del Duo-

mo di Firenze.«Da parte dei partecipanti a Expandere ho notato - dice Alessio Castelli, direttore Cdo Toscana -, una maggiore consapevolezza delle potenzialità dello strumento: durante tutta la giornata il clima che si respirava era determinato dall’apprezzamento del fatto che conoscersi ha un valore in sé al di là di quello che si riesce a “fatturare”; cioè la valoriz-zazione del fatto che la nuova relazione che nasce, o la vecchia che si consolida, porta sempre una maggiore consapevolezza della propria intrapresa e del potenziale cambiamento che si può sviluppa-re. Tale clima, però, non è arrivato casualmente, a mio avviso, ma è stato determinato dalla presenza di persone che vivono Cdo con questa attenzione».«Rispetto al lavoro fatto nei mesi precedenti - con-tinua Castelli -, sottolineerei il coinvolgimento dei soci (in particolare quelli del Direttivo) nel met-tere in gioco i propri rapporti personali sia all’in-terno di Cdo che verso imprese non associate; questo ha anche determinato una crescita in valore assoluto delle presenze rispetto alla precedente edizione. Infine, vorrei porre l’attenzione sulla ri-sposta del territorio: evidentemente lo strumento è piaciuto vista la numerosità (relativamente alla piccola dimensione della nostra sede locale) dei nuovi partecipanti rispetto alle imprese associate a Cdo Toscana; tra questi spiccano le presenze di al-

La formula Expan-dere porta a livello locale quello che il Matching rap-presenta a livello nazionale e interna-zionale: una rete di relazioni tra chi fa impresa

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cune importanti imprese presenti nella nostra area intervenute coi loro uffici acquisti, e la partecipa-zione dell’Università di Firenze con il Polo della Ricerca e il Dipartimento di Design».

Emilia romagna490 aziende si sono incontrate, lo scorso 30 mag-gio, a Bologna, per la prima edizione di Expandere with Matching Emilia Romagna. Il Palazzo della Cultura e dei Congressi della città delle due torri si è animato grazie al lavorio di imprese impegnate in diversi settori dell’economia convinte che “in-contrarsi per crescere” non è solo uno slogan, ma un obiettivo reale. All’evento, organizzato dalle cinque sedi locali dell’Emilia Romagna - Bolo-gna, Forlì, Cesena, Modena, Ravenna e Rimini - e di San Marino della Compagnia delle Opere, si è parlato di credito, internazionalizzazione, contratti di rete, social network e business familiare. In con-clusione della giornata di lavori, si è svolta la con-versazione imprenditoriale dal titolo “Costruire in un mondo che cambia”, condotta dal presidente di Compagnia delle Opere, Bernhard Scholz.«Abbiamo pensato alle esigenze delle imprese di conoscersi e lavorare insieme - ha spiegato Lam-berto De Carolis, direttore della Cdo bolognese -. Vogliamo spingere le aziende a guardare al di fuo-ri della regione, ad allargare i propri orizzonti. In

un momento così duro dopo il terremoto, è stato bello vedere imprenditori che si muovono e non si lamentano - ha aggiunto De Carolis -, anzi da Modena e Cento hanno insistito per fare questo evento».

Brescia e trivenetoA Brixia Expo, lo scorso 5 giugno, si è tenuta la prima edizione territoriale bresciana del Matching organizzato in autunno a Milano dalla Cdo. Oltre 280 aziende della provincia di Brescia e del Tri-veneto sono state impegnate per tutta la giornata in un fitto calendario di appuntamenti business-to-business. Roberto Zanolini, direttore della Cdo di Brescia, ci racconta com’è nata l’iniziativa: «Ab-biamo deciso a marzo con il Consiglio Direttivo - anche se i tempi erano ormai stretti - di cimentarci nella realizzazione di un primo Expandere anche a Brescia perché ci siamo resi conto dell’urgen-za di creare un’occasione di incontro e confronto per le imprese e per le imprese sociali, nella qua-le rendere protagonisti e responsabili gli stessi imprenditori e collaboratori, senza attendere che la condizione fosse “quella ottimale”. Abbiamo proposto quindi anche alle istituzioni e ad alcune associazioni imprenditoriali del territorio di col-laborare insieme a noi all’evento e - in corsa - si sono aggregate anche le sedi Cdo del Triveneto; il

Un’intera giorna-ta per conoscersi e dialogare, alla qua-le si arriva prepa-rati, con un’agenda di appuntamenti prefissati: un siste-ma ormai rodato in varie parti d’Italia

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riscontro con tutti è stato estremamente positivo e l’intento ora è quello di proseguire in un lavoro comune anche per il futuro. Siamo inoltre riusciti a inserire nel nostro Expandere anche un’iniziati-va sull’orientamento al lavoro rivolta agli studen-ti, con la presenza di circa 300 giovani che hanno incontrato e ascoltato le testimonianze di alcuni imprenditori. Al forte impegno ed entusiasmo dei nostri collaboratori e di alcuni amici del Consiglio Direttivo - sia nell’organizzazione che nella mo-dalità di essere presenti il giorno stesso dell’even-to - hanno dato risposta visibile gli imprenditori - presenti durante la giornata di lavoro in fiera - con il loro mettersi in movimento e cercare risposta al desiderio iniziale di conoscere e farsi conoscere. A noi va solo il merito - ed è il nostro compito - di creare un ambito dove ciò sia possibile e possa diventare anche un lavoro».

PesaroVenerdì 8 giugno, all’Hotel Flaminio di Pesaro, si è tenuto l’appuntamento di Expandere organizzato dalla Cdo di Pesaro e Urbino. «L’idea di partenza - ha spiegato il presidente della Cdo di Pesaro e Urbino Michele Montagna - è quella di mettere insieme la “gente che fa” per cercare di costruire nuove relazioni, per condividere le sfide e le diffi-coltà del nostro territorio, ma al tempo stesso per stringere più relazioni possibili e impostare even-tuali progetti di collaborazione futuri. Questo si realizza con una maggiore conoscenza reciproca e successivamente con l’approfondimento delle tematiche destinate a sviluppare nuove strategie di sviluppo sostenibile». Tale idea è stata sviluppata mettendo in relazione le imprese medie, piccole e gli artigiani con partita Iva iscritti alla manife-stazione con le grandi imprese che hanno aderito all’iniziativa come Eden Viaggi, Biesse, Alluflon, Ifi, imprese forti che vogliono meglio coniugarsi con il tessuto produttivo del territorio dove tante sono le piccole eccellenze.Gli iscritti a Expandere hanno potuto arricchire l’agenda della giornata rivolgendosi agli esper-ti dedicati che hanno offerto la loro competenza sui temi cruciali per la competitività dell’impresa: mercati esteri, credito e finanza, reti di impresa, finanziamenti agevolati e contributi, pubbliche utilità, rapporti con la pubblica amministrazione.«Un’altra novità è stato lo “Sportello lavoro”, gra-zie al quale gli imprenditori hanno potuto valutare i curricula di candidati da noi selezionati» aggiun-ge Angela Tringali, direttore della Cdo di Pesaro e Urbino.L’appuntamento che ha concluso l’evento è sta-

to il convegno “Fare rete: esperienze, normativa e modalità operative” con Luca Castagnetti, tra i massimi esperti in Italia del contratto di rete e di aggregazioni tra imprese.

SardegnaNovanta aziende sarde si sono ritrovate, lo scorso 11 giugno, nella Città dell’Impresa di Pirri a Ca-gliari per Expandere with Matching, l’evento or-ganizzato dalla Compagnia delle Opere della Sar-degna, in collaborazione con la Confapi regionale.«In un momento in cui è più semplice rivendicare colpe altrui o chiudersi in se stessi, occorre ripar-tire dalla responsabilità di ognuno che per gli im-prenditori significa ripartire dalla propria azienda, con la consapevolezza che il primo cambiamento riguarda il proprio modo di fare impresa. Per sta-re di fronte ai nuovi scenari abbiamo necessità di acquisire nuove competenze, nuovi criteri con cui guardare al mercato, ai clienti e al prodotto» spie-ga Paola Appeddu, direttrice della Cdo sarda.«Con questo spirito e con queste motivazioni - ag-giunge Appeddu - abbiamo organizzato Expande-re Sardegna. Questa è anche la ragione che giusti-fica il successo dei workshop tematici. Infatti, ol-tre ad aver affrontato temi molto attuali (il mercato del lavoro e l’apprendistato, il contratto di rete, il problema del credito, il valore della comunica-zione, l’accreditamento dei servizi alla persona, la nuova normativa dei trasporti e della logistica), l’aspetto vincente è stato quello di averli fatti or-ganizzare dagli imprenditori stessi che hanno fatto da docenti, collaborando anche se competitor. Vo-gliamo che i nostri imprenditori siano i protagoni-sti di Expandere e della loro crescita. La strada di Expandere è quella, un evento locale di conoscen-za, confronto e formazione non organizzata solo dalla sede Cdo, ma dagli stessi imprenditori. Che hanno più idee di noi. Lasciamoli fare con noi. Ci sorprenderanno nella prossima edizione!».

Roma e lazioCom’è andata la seconda edizione di Expandere with Matching Lazio ce lo racconta Alessandra Natalizia, direttore di Cdo Roma e Lazio. «Lo sco-po di Expandere With Matching è quello di met-tere in relazione imprese e imprenditori tra loro con la finalità di stimolare e favorire la creazione di sinergie, collaborazioni e rapporti di rete reali. Partendo da questo la manifestazione svoltasi il 14 giugno alla Fiera di Roma ha raggiunto pienamen-te il suo obiettivo che si consoliderà con l’evolversi di questi rapporti nelle prossime settimane e mesi, esattamente come è avvenuto per l’edizione 2011.

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to di educazione alla vita, ai rapporti, alla passione per se stessi, qualunque ruolo e posizione si rico-pra all’interno di un’azienda. Quando le persone si incontrano, con il desiderio di costruire e di diven-tare protagonisti del proprio lavoro, ogni incontro può assumere un valore grande. Expandere nasce per velocizzare questo percorso, identificando un luogo e un momento in cui incontrare tante realtà in un confronto che non è fatto per vincere o per apparire, ma per crescere e intercettare le opportu-nità utili dentro una fitta trama di rapporti».«In questa edizione - conclude il direttore - abbia-mo voluto insistere molto sull’importanza stra-tegica, per le pmi, di accrescere le proprie com-petenze manageriali e gestionali che favoriscano quel cambio di passo ormai indispensabile per po-ter competere in un mercato sempre più comples-so e con clienti sempre più esigenti e con minori risorse economiche».

LiguriaLa prima edizione di Expandere with Matching Liguria, che si è svolto lo scorso 15 giugno alla Fiera di Genova, ha visto la partecipazione di più di 100 aziende e il coinvolgimento di circa 250 professionisti in rappresentanza dei più diversi settori merceologici: dall’informatica all’edilizia e impiantistica, dalla ristorazione ai servizi di for-mazione fino al non profit.Oltre agli incontri b2b, durante la manifestazione si sono svolti 25 workshop di formazione e ag-giornamento professionale per approfondire temi di attualità. Tra questi, l’incontro tecnico “L’espe-rienza della rete d’impresa verso il mercato della Cina” rivolto alle pmi, la cui relatrice è stata Irene Pivetti, presidente di Only Italia, la rete d’impresa che nasce con la finalità di tutelare, valorizzare e promuovere le aziende italiane sul mercato cinese per affrontare le migliori opportunità commercia-li.Nel contesto degli eventi formativi si è svolto anche un momento originale, pensato per appro-fondire l’approccio di un grande protagonista del mercato a confronto coi temi dell’impresa e della sfida alla crisi: “Un caffè con l’imprenditore”, con Mario Preve, presidente di Riso Gallo spa, che ha saputo raccontare in maniera appassionata il mo-dello dell’azienda familiare e l’importanza della familiarità in azienda quale valore attribuito al la-voro dei propri dipendenti. Durante la manifestazione è stato anche affrontato il grande tema del lavoro per i giovani e dell’in-terscambio scuola-formazione-impresa attraver-so tre esperimenti: nel primo dieci imprenditori

Il livello di attenzione e di interesse che la ma-nifestazione ha suscitato è stato alto, testimoniato dal coinvolgimento con altre associazioni impren-ditoriali (Federlazio, Cna, Confartigianato, Agci, Confcommercio, Acer) e dalla presenza di tutte le istituzioni locali, Regione, Provincia e Comune, che con i loro massimi rappresentanti hanno con-diviso la strategia della cooperazione costruttiva come via preferenziale per sostenersi in un mo-mento così difficile per l’economia e i mercati e per non subire passivamente le conseguenze della crisi. Le imprese che hanno partecipato (suddivise per settore al fine di favorire la conoscenza e quin-di le possibili sinergie tra imprese complementari o anche concorrenti ma potenzialmente partner) sono state circa 250 a cui vanno aggiunte una ven-tina di grandi aziende che hanno fornito indicazio-ni preziose sulle modalità di interazione tra grandi committenze e pmi in generale. La partecipazione ha coinvolto aziende provenienti dalle cinque pro-vince laziali più una decina di aziende provenienti dal resto d’Italia.Natalizia spiega anche perché Expandere with Matching è importante per la mission di Cdo. «Cdo ha sempre posto al centro della propria azio-ne l’imprenditore come persona e le imprese come espressione di ricchezza umana, professionale e sociale, al punto da considerarle luogo privilegia-

Le giornate di Ex-pandere, che sono aperte anche alle imprese non asso-ciate, mettono a di-sposizione degli im-prenditori un’oppor-tunità fondamentale per far conoscere la propria attività, per approfondire i con-tatti e le relazioni con altre imprese

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hanno riservato nella propria agenda un’ora di colloquio orientativo a dieci disoccupati, le due figure sono state incrociate con riguardo al profilo professionale e alla merceologia dell’azienda con la finalità di “orientare” il candidato nella corretta presentazione di se stesso e nella conoscenza del suo settore di riferimento; il secondo momento di lavoro è stato riservato a 12 allievi del corso di formazione professionale del Ciofs (Centro ita-liano opere femminili salesiane) per la figura di “segretario tecnico informatico”, che in questa occasione hanno potuto assistere ai colloqui b2b e ai workshop; la terza e ultima azione è stata de-dicata al tema “dalle persone alle imprese”, così alle imprese presenti a Expandere è stata chiesta una sintesi della loro situazione del personale per verificare difficoltà, opportunità e suggerire strumenti concreti per le agevolazioni all’assun-zione o per l’accompagnamento alla fuoriuscita dall’azienda dei lavoratori. Infine è stato proposto l’uso dei Fondi interprofessionali, strumento sta-tale che consente di usare la propria quota di ver-samento previdenziale obbligatorio riservata alla formazione in progetti utili e personalizzati. Que-sti momenti di lavoro sono stati curati dai soggetti specialisti dell’Area Lavoro e Formazione di Cdo Liguria (Centro di solidarietà, per l’orientamento dei disoccupati; Piazza del Lavoro, per la ricerca e selezione da parte delle aziende, Focus, ente di formazione per disoccupati e occupati).

FoggiaIl 20 giugno si è svolta la quarta edizione di Ex-pandere with Matching Foggia. L’evento per le imprese è tornato in Capitanata, dove è nato nel 2009. Centotrenta le imprese presenti, rappresen-tanti i principali settori merceologici e provenien-ti principalmente dalle regioni del Mezzogiorno. Quest’anno a Expandere Foggia hanno partecipa-to anche alcuni gruppi nazionali, come La Linea Verde, Gruppo Tosoni, Astoi, TeamService e Co-log. Più di mille gli incontri b2b che si sono svolti a Expandere with Matching, che è stato caratte-rizzato anche da workshop, seminari e tavoli di lavoro. «Siamo felici dell’attenzione rivolta verso Expandere e verso il territorio di Capitanata - ha affermato soddisfatto il direttore della Cdo Foggia Massimo Mezzina - da parte di aziende protago-niste del tessuto produttivo nazionale. Un’atten-zione che si concretizzerà in rapporti che queste aziende vogliono stringere con il nostro territorio e soprattutto con le realtà imprenditoriali di Capi-tanata. Questa ricerca di sinergie - continua Mez-zina - è senza dubbio uno dei segnali più impor-

tanti di questa quarta edizione».«Come Compagnia delle Opere - sottolinea Mez-zina - attraverso Expandere with Matching abbia-mo voluto dare un chiaro segnale. Quello della ne-cessità dell’incontro e di mettere in circolo oppor-tunità, che possono venire soltanto dal confronto. Con Expandere quest’anno siamo andati oltre l’evento b2b provando a fare rete non solo attra-verso slogan, ma mettendo in circolo esperienze lavorative concrete. Non a caso nell’edizione del 20 giugno abbiamo parlato e promosso la costi-tuzione di contratti di rete». La manifestazione, infatti, ha rappresentato anche un momento di confronto sul progetto Rinnova ideato dalla Com-pagnia delle Opere Foggia con la collaborazione di Know Net Officine Italiane Innovazione, che prevede, come step finale, il coinvolgimento delle venti imprese partecipanti in uno o più contratti di rete. Tale progetto, con la durata di un anno, guida l’impresa nella ridefinizione del proprio vantaggio competitivo. La verifica del piano di innovazione avviene - come detto - sia attraverso alcuni eventi b2b, come Expandere e Matching, sia per mezzo di un’accurata analisi di fattibilità economico-fi-nanziaria del piano.«L’innovazione non è soltanto una sfida - ha af-fermato Mezzina -, ma un’opportunità da coglie-re. Troppo spesso vediamo la situazione attuale

Il Network Expan-dere with Matching comprende 13 mani-festazioni, che coin-volgono 27 sedi lo-cali Cdo

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come frutto di difficoltà insuperabili, mentre esistono strumenti a disposizione delle imprese per essere competitivi sul mercato nazionale ed estero».

CampaniaSono circa 200 le aziende che sono state presen-ti alla seconda edizione di Expandere Campania with Matching, ospitato, lo scorso 21 giugno, ne-gli spazi della Stazione Marittima di Napoli.«Siamo giunti alla seconda edizione di un even-to nato dalla necessità di sostenere la persona in quello che fa; di fornire all’imprenditore gli stru-menti per affrontare senza timore le sfide che la realtà gli mette di fronte - spiega Salvatore Del Monaco, presidente Cdo Campania -. E, a vede-re questa seconda edizione con i suoi numeri, mi sembra che gli obiettivi siano stati ampiamente centrati: Expandere si pone e si presenta come un tentativo di risposta sistematico al bisogno che l’imprenditore ci ha posto». «La presenza di partner importanti come Campania Innovazione per il trasferimento tecnologico, Ga.fi. sud per il sostegno al credito, le aziende speciali delle Camere di commercio e di altri player importan-ti per lo sviluppo dell’impresa - dichiara Nicola Santoro, direttore Cdo Campania - ha favorito il dialogo di una rete presente sul territorio, ma che

a volte stenta a incontrarsi. Per crescere bisogna fare rete e da qui anche il titolo di questa seconda edizione “Incontrarsi per crescere”».

InsubriaIl 12 luglio, all’Hotel “Le Robinie” a Solbiate Olona, si è tenuta la prima edizione di Expandere with Matching Insubria, organizzato dalle Cdo di Varese, Saronno e Alto Milanese. Notevole la presenza di grandi aziende, finalizzata alla ri-cerca di fornitori e partner: Cimberio, MC Car-naghi, Giana, Terzi Profilati, Rancilio e Caleffi per la meccanica e le macchine utensili, Tigros e Gbianchi per l’alimentare e il non-food, Ya-mamay per il tessile e Deles per gli imballaggi. Nutrita la proposta di contenuti e workshop di grande interesse per le pmi. Sono state presentate le esperienze riguardanti: l’estero, con Polonia e Serbia, i contratti e la riforma del lavoro, con Corno Consulting e Trenkwalder, l’e-commerce, il riuscito progetto di Web To Go, Varese nel Cuore, ovvero le oltre sessanta aziende del Con-sorzio della Pallacanestro Varese. Con questo appuntamento si è concluso il fitto programma degli Expandere with Matching del 2012. Adesso l’appuntamento è per il Matching di Milano, che si terrà dal 26 al 28 novembre nell’or-mai tradizionale cornice di fieramilano a Rho. n

Dopo le tre edizioni del 2011, a Foggia, Roma e Napoli, il 18 aprile il network Expandere with Matching è ripartito da Abbadia di Fia-stra, nelle Marche

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Una delegazione, composta da Bernhard Scholz, Monica Poletto, Enrico

Biscaglia e Maurizio Giuliano, ha incontrato le realtà Cdo di Brasile e Cile. È

stata un’occasione per riflettere insieme su cosa significa fare un’opera e vivere

la Cdo, in un continente che sta attraversando un periodo di impetuoso sviluppo

vita cdo

M CUn mondo che cambia

di Dario Vascellaro

Quello latinoamericano è un continente in forte sviluppo. La crescita economica pro-segue impetuosa da diversi anni. Il Brasile,

la “locomotiva” del Sudamerica, con un prodotto interno lordo di 2,52 trilioni di dollari è diventa-to la sesta economia mondiale, superando quella britannica ferma a 2,48 trilioni di dollari. Il Pil del Cile è cresciuto del 6% l’anno scorso mentre quest’anno la sua economia si espanderà “solo” dal 3,75 al 4,7%, dato che subirà gli effetti della caduta del prezzo del rame.Nonostante questi lusinghieri risultati economici, la ricchezza è ben lungi dall’essere equamente ripartita nei Paesi latinoamericani e larghe fasce della popolazione vivono ancora in condizioni di forte disagio, anche se molto è stato fatto per migliorarne le condizioni. Il governo di Brasilia, ad esempio, ammette di avere ancora problemi di forte diseguaglianza tra la sua popolazione di 190 milioni di abitanti, ma nell’ultimo decennio la povertà è diminuita: il 50 per cento meno agiato dei brasiliani ha visto crescere il proprio reddito del 68 per cento.A visitare questa realtà così composita e in rapido mutamento è tornata (dall’8 al 12 giugno scorsi), dopo il viaggio in Venezuela, Brasile e Colombia dell’anno scorso, la delegazione della Compa-gnia delle Opere composta dal presidente della Cdo Bernhard Scholz, dal presidente della Cdo

Opere Sociali Monica Poletto, dal direttore ge-nerale Enrico Biscaglia e dal responsabile Estero Maurizio Giuliano.

scuola d’impresa in brasileIl primo dei due Paesi visitati dalla delegazio-ne Cdo è stato il Brasile, dove Scholz, Poletto, Biscaglia e Giuliano hanno fatto tappa a Belo Horizonte. Anche se il Paese latinoamericano è ormai entrato a far parte del club ristretto delle realtà più economicamente sviluppate del mondo e sono sempre più numerose le aziende competi-tive, questo non vuol dire che i suoi imprenditori non abbiano bisogno di riflettere su cosa significa fare impresa. Questa necessità, anzi, è forse an-cora più urgente.Per venire incontro a questa esigenza di medi-tare sul proprio operato e sul metodo da seguire nel gestire le proprie aziende, gli associati della Cdo Brasile hanno chiesto al presidente Scholz di tenere un corso intitolato “Costruire opere e im-prese in un mondo che cambia”. Al corso hanno partecipato circa 120 iscritti, imprenditori e col-laboratori di realtà profit e non profit, educative e sanitarie. In serata, si è svolto l’incontro pubbli-co del primo Forum nazionale della Compagnia delle Opere Brasile “Un cammino di libertà” che ha visto come relatori Bernhard Scholz e Marcus Pestana, deputato federale.Al primo appuntamento di Scuola d’impresa dell’8 giugno ha fatto seguito, il giorno seguente,

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Un mondo che cambia

un dibattito sul contenuto proposto dal corso. Du-rante il momento assembleare, dal titolo “Cosa significa fare un’opera e come l’opera può diven-tare utile per tutti?”, gli associati brasiliani hanno potuto discutere con il presidente della Cdo di come ricercare il personale, dei criteri da segui-re per motivarlo (forte condivisione sugli scopi), di come far crescere le persone che lavorano in azienda per non ridurle a semplici esecutori. Gli associati hanno domandato a Scholz anche da dove è possibile partire per una proposta cultura-le della Cdo e come stimolarla. Il presidente Cdo ha riflettuto con gli astanti anche su come nelle opere si può suscitare la creatività che nasce dalla determinazione di raggiungere uno scopo.Nel pomeriggio del 9 giugno, i partecipanti si sono divisi in gruppi (profit, non profit, educazio-ne, sanità) per lavorare sul tema “Come la Cdo può sostenere la crescita e lo sviluppo delle ope-re?”. Tutti i gruppi hanno cercato di rispondere a tre quesiti: quali sono le opportunità e i problemi che si incontrano nell’agire quotidiano; come ci si può aiutare tra imprese e opere per affrontare i problemi e cogliere le opportunità; quali possi-

Santiago del Cile (in alto a sinistra) è la capitale e il centro urbano più importante del Cile. Rappresenta un centro finanziario molto im-portante dell’America Latina. Il 27 febbraio 2010 Santiago è stato colpito da un forte sisma.Belo Horizonte (foto grande), 2.438.526 abitanti, è una città del Brasile sud-orientale, capitale dello stato di Minas Gerais dal 1897. Circa il 30% dei cittadini di Belo Horizonte sono oriundi italiani

Sopra, un momento del Forum della Cdo Brasile; sotto, uno degli edifici antisismici costruiti dalla Tensocret, impresa cilena di eccellenza visitata dal-la delegazione Cdo

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bilità di rappresentanza esistono per le imprese Cdo e per le imprese e le opere in generale. Al-tri quesiti sono stati proposti specificamente per i diversi gruppi. Le imprese profit hanno cercato di individuare con quali strumenti possono creare o sviluppare un rapporto migliore con il mercato (anche finanziario) e per l’innovazione. Le opere sociali hanno riflettuto sui metodi e gli strumenti con i quali creare, rafforzare o dare stabilità alle opere. I partecipanti del settore educazione e sani-tà, infine, si sono sforzati di individuare con quali metodi è possibile sviluppare il proprio lavoro.Le conclusioni dell’interessante lavoro a gruppi, durante il quale i partecipanti hanno dimostra-to di volersi mettere in gioco in prima persona, sono state tratte da Bernhard Scholz. Il presidente della Cdo ha sottolineato l’importanza di avere chiaro lo scopo del fare impresa e di come la Cdo può aiutare a tener vivo tale scopo in uno scam-bio proficuo tra associati.La Cdo sarà vicina a tutti gli associati brasiliani nell’accompagnarli nel loro percorso, fornendo anche strumenti utili come il libretto Fare impresa o i contenuti del portale. Monica Poletto, dal canto suo, ha annunciato un lavoro specifico con le ope-re sociali riguardante il budget e il fund raising. Tra gli strumenti suggeriti per “fare impresa” e vivere la dimensione del network Cdo non poteva mancare il Matching di novembre e la possibilità di organizzare degli Expandere latinoamericani, sul modello di quelli realizzati in Italia.Se il metodo di lavoro, comunque, sarà suggerito dalla Cdo, gli strumenti saranno declinati secon-do le esigenze locali. Al termine dei lavori si è tenuto il concerto di João di Souza e Chico Lobo, due artisti che hanno realizzato un cd insieme, grazie al contributo di diversi associati Cdo che hanno curato le diverse fasi di realizzazione del prodotto (dal packaging alla promozione).

intraprendere in cileIl Cile sta vivendo un boom economico parago-nabile a quello di altri Paesi sudamericani, ma tra gli imprenditori locali serpeggia un po’ di incer-tezza. Essendo votati all’export, infatti, la recente crisi che sta colpendo i Paesi dove solitamente vendono le loro merci li preoccupa non poco.Nell’incontro pubblico dal titolo “Intraprendere in tempo di incertezza”, Bernhard Scholz ha vo-luto spronare gli imprenditori cileni a continuare il loro lavoro, acquisendo la certezza del loro sco-po, importante anche nei momenti positivi come quelli che stanno vivendo le aziende del Cile.La delegazione della Cdo ha visitato diverse im-

prese cilene. Tra queste, ha colpito la storia di Agragama, azienda che esporta pomodori sec-chi e olio d’oliva, creata volutamente dai suoi fondatori nella zona epicentro del disastroso terremoto che due anni fa ha colpito il Cile. La Tensocret, azienda edile che parteciperà al pros-simo Matching, realizza prefabbricati antisismici che godono di un innovativo sistema (brevetta-to dall’azienda) che annulla le eventuali scosse. Chissà che questa impresa non possa trovare clienti anche in Italia, magari tra le imprese emi-liane che hanno necessità di ricostruire i propri capannoni danneggiati dal recente sisma.Oltre a queste e altre eccellenze del settore profit, Scholz, Poletto, Biscaglia e Giuliano hanno visi-tato anche diverse scuole, dagli asili alle scuole superiori, da quelle che operano in quartieri be-nestanti a quelle che si trovano nelle realtà più di-sagiate. Tra tutte, ha colpito l’esperienza di Edu-down, una scuola che insegna a leggere, scrivere e a svolgere attività lavorative a trecento bambini disabili (anche di due mesi d’età).Tanto altro ci sarebbe stato da vedere in un conti-nente che sta cambiando molto rapidamente, ma il volo di ritorno non poteva attendere. Ci sarà una prossima volta, comunque, per incontrare la Cdo in America Latina: una compagnia che sta crescendo. n

Nelle foto in queste pagine, alcune imma-gini del primo Forum nazionale della Cdo Brasile

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MULa sfida del meeting:l’uomo e l’infinito

«Come sempre, fin dal titolo, il Meeting sa catturare quella interiore curiosità, che è radicata nello spirito umano e che attesta

il nucleo religioso del nostro essere. Un’affer-mazione chiara e convinta. Non un dubbio! Ma proprio per questo apre uno squarcio di pensiero, che di per sé è quasi scandaloso rispetto al più familiare relativismo tipico dei nostri giorni».Parola del cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione delle Chiese orientali, in-tervenuto alla presentazione ufficiale della XX-XIII edizione del Meeting. Lo scorso 6 giugno a Roma, nella cornice dell’ambasciata italiana presso la Santa Sede, erano presenti più di 300

Presentata a Roma la XXXIII edizione. All’Ambasciata

italiana presso la Santa Sede un confronto sulla

provocazione lanciata quest’anno: testimoniare che si può

essere veri uomini in qualsiasi circostanza

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All’ambasciata italiana presso la Santa Sede, lo scorso 6 giugno, si è svolto un con-fronto sulla provocazione lanciata quest’anno dal Meeting di Rimini: testimoniare che si può essere veri uomini in qualsiasi circostanza

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persone, per ascoltare la sfida culturale che il Me-eting propone quest’anno.«Il Meeting di Rimini - ha introdotto l’ambascia-tore Francesco Maria Greco - è una di quelle ec-cellenze che fanno apprezzare l’Italia nel mondo intero».E l’aspetto internazionale è stato sottolineato an-che dal cardinale Sandri: «Il Meeting di Rimini ha adottato un orizzonte internazionale, ossia una prospettiva universale che dice bene il legame con una Chiesa, per la quale la nota della catto-licità è essenziale. L’apertura al dialogo ecume-nico e all’incontro interreligioso lo conferma», lasciando un proprio auspicio agli organizzatori, di «vivere intensamente la cattolicità inseguendo con amore un “Oltre” infinito ed eterno, che fin d’ora è più intimo a noi di noi stessi».Poi è intervenuto il ministro della Salute Renato Balduzzi, soffermandosi sul titolo di quest’anno e sul rapporto tra finito e infinito. «Esistono rap-porti non facili tra finito e infinito di oggi, cioè tra il disincanto del mondo con i suoi problemi di

dubbi e di incertezza». E poi l’augurio: «Diciamo al Meeting: vola alto, non solo per il nostro Pa-ese, tenendo assieme materia e spirito, o quello che si tende a opporre. Col gusto dell’infinito si sperimenta meglio il gusto per il finito. Non solo per i credenti».Ha portato il suo saluto anche il sottosegretario agli Affari Esteri Staffan de Mistura: «Qualcuno ha detto che il modo migliore di delineare un’ini-ziativa profonda è di poterla definire da una sola parola, e credo che in Italia quando si dice Mee-ting si parli solo del Meeting di Rimini».

il compito del meetingInterventi sentiti dai quali è emerso il grande compito che viene affidato al Meeting: richiama-re tutti a essere veri uomini, al rapporto personale con l’infinito. La sfida che viene proposta è quel-la di intraprendere un cammino, per uno sguardo nuovo su di sé e sulla realtà. «L’avversità delle circostanze economiche, sociali, ambientali - ha affermato Emilia Guarnieri, presidente della Fon-

Lo scorso 6 giugno all’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede si è tenuta la presenta-zione della XXXIII edi-zione del Meeting per l’Amicizia fra i popoli dal titolo “La natura dell’uomo è rapporto con l’infinito”, che avrà luogo a Rimini dal 19 al 25 agosto 2012

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dazione Meeting per l’amicizia fra i popoli - co-stringe a domandarsi se la vita degli uomini sia solo in balìa di ciò che accade o se esista un pun-to solido di ripartenza. Il Meeting di quest’anno non si limita a dire che si può ripartire dall’uomo, ma lancia una sfida sulla natura dell’uomo, affer-mando che “la natura dell’uomo è rapporto con l’infinito”. L’uomo vale perché ciò che lo costi-tuisce è qualcosa che precede i suoi antecedenti fisici e biologici, così come precede le circostan-ze etniche, storiche ed economiche che pur lo determinano». E poi ha continuato: «Solo il rap-porto con l’infinito fonda il diritto dell’uomo alla libertà aprendo l’orizzonte di una paradossale evidenza: che l’uomo è libero in quanto afferma un’unica dipendenza, quella dal Mistero da cui tutte le cose si originano».Ospite speciale è stato Ivan Caracalla dal Libano, direttore del Caracalla Dance Theatre, che ha rac-contato di sé, della sua compagnia e dell’incontro con il Meeting, da cui sono scaturiti rapporti mol-to importanti per lui. «Viviamo un mondo in cui siamo diventati servi della tecnologia moderna e in cui la sincerità dei contatti umani si è trasfor-mata in comunicazione virtuale e priva di vita. In

questo contesto il Meeting sta giocando un ruolo significativo, preservando il valore dell’umana esistenza e passando un messaggio fondamenta-le: che uno dei significati ultimi della vita è l’uni-tà di razze e religioni. Il Meeting è diventato “il dialogo della civilizzazione” che assicura sempre una continuità di speranza».«Un’avventura di conoscenza e di arricchimento personale», dunque ha dichiarato il presidente del-la Compagnia delle Opere Bernhard Scholz, pre-sentando i temi principali legati alla società, alla politica, all’economia: dall’educazione al lavoro, dall’economia al Welfare, dalla cooperazione inter-nazionale fino alle neuroscienze: «La vita dell’uo-mo è espressione del suo rapporto con l’infinito, nel suo lavoro, nella sua vita famigliare, nella sua vita economica e anche nel suo rapporto con la po-litica. Non sono le condizioni che determinano il nostro agire. È importante capire questo in un mo-mento dove tutto sembra condizionato dalla crisi e dai problemi che oggettivamente ci sono, ma per domandarci quali sono le risorse, bisogna prima di tutto chiederci chi siamo noi, da dove tiriamo fuori le capacità e quindi anche la forza per cambiare questa situazione in meglio». n

Insieme all’ambascia-tore d’Italia presso la Santa Sede Francesco Maria Greco sono in-tervenuti alla presen-tazione del Meeting: il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione delle Chiese orientali, Re-nato Balduzzi, ministro della Salute, Ivan Ca-racalla, direttore di Ca-racalla Dance Theatre, Bernhard Scholz, presi-dente della Compagnia delle Opere, ed Emilia Guarnieri, presidente della Fondazione Mee-ting per l’amicizia fra i popoli

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P MIl programma del meetingI convegni, le mostre, gli spettacoli della XXXIII edizione del Meeting per

l’amicizia fra i popoli, dal titolo “La natura dell’uomo è rapporto con l’infinito”,

che si svolgerà dal 19 al 25 agosto a Rimini Fiera (il programma aggiornato della

manifestazione è consultabile sul sito www.meetingrimini.org)

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Testimoniare che si può essere veri uomini in qualsiasi circostanza. Questa è la sfida della XXXIII edizione del Meeting per l’amicizia

fra i popoli che si terrà a Rimini dal 19 al 25 ago-sto 2012, presso Rimini Fiera. Disse don Luigi Giussani agli universitari nel 1990: «In tutte le circostanze e contingenze della vita, del mondo, della storia, quello che conta, ciò da cui sempre si può partire, ciò che sostiene la novità, il creativo, ha un luogo che si chiama persona: è il soggetto, che si chiama io […]. Quanto più i tempi sono duri, tanto più è il soggetto che conta, è la persona che conta».Ed è per questo che in un momento in cui il pro-blema non è che tutto sta crollando, ma che sem-bra difficile, quasi impossibile rialzarsi, il Meeting mette a tema ciò che rende la persona veramente umana: il suo rapporto con l’infinito.La questione del rapporto con l’infinito è antropo-logica, definisce appunto l’uomo in quanto tale, ne individua la natura religiosa come tensione continua verso un “oltre” che sottende ogni mo-vimento umano. Solo l’esperienza vissuta di tale rapporto, infatti, crea uomini certi della propria identità e liberi nel riconoscere e valorizzare quel-la altrui, capaci di costruire insieme e di prendere iniziativa nella cultura, nell’economia e nella po-litica per un bene comune.La XXXIII edizione del Meeting vuole essere per ciascuno l’occasione per incontrare persone ed esperienze capaci di risuscitare il desiderio e la consapevolezza del proprio rapporto con l’infini-to.In programma come ogni anno oltre 100 conve-gni, 10 mostre, 26 spettacoli, 10 manifestazioni sportive. Ospiti e visitatori provenienti da tutto il mondo, quasi 4000 i volontari che costruiranno e lavoreranno al Meeting durante i sette giorni della manifestazione.

Personaggi di importanza internazionale hanno contri-buito a rendere il Meeting di Rimini il luogo d’incontro privilegiato di esperienze e testimonianze non comuni. Il programma del Meeting racchiude una serie di eventi tra i quali concerti, spettacoli, mostre, incontri e pre-sentazioni editoriali, occasioni uniche per approfondire tematiche di interesse internazionale all’interno di un contesto intellettualmente molto vivace (nella foto, la Caracalla Dance Theatre, compagnia libanese tra le più importanti del mondo arabo, che inaugurerà il cartello-ne degli spettacoli)

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LE MOSTRESarà uno dei capolavori della pittura italiana del Quattrocento, il Cristo morto con quattro angeli di Giovanni Bellini, il grande pittore col quale ini-zia il Rinascimento dell’arte a Venezia, al centro della mostra che aprirà il 19 agosto presso i Mu-sei comunali di Rimini e resterà aperta fino al 4 novembre. Nell’esposizione, promossa insieme al Comune di Rimini, il dipinto sarà a confronto con altre opere del Quattrocento: il Cristo e angeli di Marco Zoppo, cui si aggiungerà dello stesso pitto-re il San Giovanni decollato, entrambi nel Museo Civico di Pesaro; il Cristo in pietà e angeli, rilie-vo in cartapesta del Museo di Faenza; la tavola del bolognese Francesco Francia della Pinacoteca Nazionale di Bologna Cristo morto e angeli; la splendida medaglia di bronzo con Cristo morto, due angeli e la croce di Matteo de’ Pasti.Nove invece saranno le mostre allestite all’inter-no dei padiglioni fieristici con temi quali: i gio-vani e la crescita, Jérôme Lejeune e la genetica odierna, Fëdor Dostoevskij, il rock, il bicente-nario dell’America Latina, il centenario dell’in-dipendenza dell’Albania, le immagini scattate dall’astronauta Paolo Nespoli, la Fabbrica del Duomo di Milano e la montagna sacra del bud-dhismo Shingon, il monte Koya.

In programma alla fiera di Rimini come ogni anno oltre 100 convegni, 10 mostre, 26 spettacoli, 10 ma-nifestazioni sportive. Ospiti e visitatori provenienti da tutto il mondo, quasi 4000 i volontari che co-struiranno e lavoreranno al Meeting durante i sette giorni della manifestazione (sopra, un affollato in-contro della scorsa edizione del Meeting; a sinistra, un danzatore del Caracalla Dance Theatre)

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GLI SPETTACOLIA inaugurare il cartellone degli spettacoli del Meeting sarà “The Villager’s Opera” di Caracalla Dance Theatre, compagnia libanese tra le più im-portanti del mondo arabo, definita “il re del mon-do teatrale musicale nel Medio Oriente”. Oltre che dal Libano, artisti provenienti dalla Spagna e dalla Russia e nomi italiani come Paolo Jannacci.

appuntamenti clou del programmaL’incontro inaugurale vedrà la presenza del presi-dente del Consiglio Mario Monti sul tema “I gio-vani per la crescita”, titolo di una delle mostre del Meeting, realizzata dalla Fondazione per la sussi-diarietà. La mostra pone la questione dei giovani, del loro percorso sociale e personale, che è quello in cui un popolo dimostra la capacità di progettare il suo futuro, documentato attraverso esempi vir-tuosi ed esperienze che meglio sembrano affron-tare i bisogni, e le difficoltà soggettive e ricondu-cibili a “difetti” del sistema, incontrate nelle varie fasi (formazione professionale, università, lavoro post-universitario, studio all’estero ecc.).A tema i giovani, quindi, perché quanto di meglio

Tra le manifestazioni culturali più frequentate al mondo, il Meeting di Rimini raccoglie mediamen-te 800 mila persone di ogni nazionalità. A partire dall’esperienza del movimento di Comunione e Li-berazione il Meeting ogni anno propone riflessioni di elevato contenuto culturale sui temi della teo-logia, della filosofia, della storia, dell’arte e della scienza

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c’è in Italia, povera di altre risorse, viene dall’in-telligenza, dalla creatività, dall’energia costrutti-va - da ciò che gli economisti chiamano capitale umano e sociale - delle persone e dei “corpi inter-medi” che esse costituiscono.Parteciperanno all’incontro con il presidente del Consiglio, il presidente del Meeting Emilia Guarnieri e il presidente della Fondazione per la sussidiarietà Giorgio Vittadini.Uno dei momenti centrali del Meeting sarà il convegno dal titolo “Homo Religiosus”, poiché l’uomo, come documentano gli studi di antropo-logia religiosa del cardinale Julien Ries, fin dallo sbocciare della sua umanità è sensibile al sacro e possiede una dimensione spirituale. Di questo parleranno il cardinale Ries e il monaco buddhista Shodo Habukawa, abate del Tempio Muryoko-in.Il titolo del Meeting sarà al centro della relazione del rettore dell’Università San Dámaso di Madrid Javier Prades López.Racconterà la sua esperienza umana e professio-nale nello spazio, nell’incontro dal titolo “Guar-dando la terra... dalle stelle”, l’astronauta Paolo Nespoli introdotto dall’astrofisico Marco Bersa-nelli.Libertà, desiderio e politica saranno i temi su cui si confronteranno due personaggi d’eccezione: la già ambasciatrice presso la Santa Sede e pre-

meeting on line Segui il Meeting con un click

Web siteIl sito www.meetingrimini.org è il portale ufficiale della XXXIII edizione, con il programma aggiornato in tempo reale, anticipazioni e approfondimenti su ospiti, mostre e spettacoli. Inoltre tutte le informazioni utili al pubblico su come arrivare e dove alloggiare. Durante la manifestazione il portale viene aggiornato con notizie e approfondimenti, i comunicati stampa su tutti gli eventi, una selezione degli articoli e dei servizi dei media e il Quotidiano Meeting pubblicato dalle ore 10.

#meeting - Vivilo con noiDa quest’anno i social network saranno uno dei canali privilegiati, attraverso i quali seguire in diretta la manifestazione. “#meeting - Vivilo con noi”, per esprimere l’intenzione di condividere on line l’esperienza del Meeting, sia attraverso il lavoro di un social media team di volontari, sia attraverso quella dei visitatori e partecipanti. #meeting sarà l’hashtag ufficiale attraverso il quale condividere una foto, un video, un messaggio, perché come è stato detto anche nella presentazione ufficiale a Roma: “quando in Italia si dice Meeting, si parla solo del Meeting Rimini”.Seguici su: TWITTER: www.twitter.com/MeetingRiminiFACEBOOK: www.facebook.com/meetingriminiYOUTUBE: www.youtube.com/meetingdiriminiFLICKR: www.flickr.com/meetingdirimini/Sempre dal nostro sito e sul canale Youtube sarà possibile seguire live 15 convegni e in differita 60 in italiano e inglese. www.youtube.com/meetingdirimini

FoursquareAttraverso il geo-social network Foursquare, il Meeting per l’Amicizia tra i popoli metterà il programma della XXXIII edizione a portata di smartphone.Le sale, le mostre, gli spazi, gli appuntamenti del Meeting potranno essere consultati in mobilità sul proprio smartphone senza dover accedere al sito Web o avere sempre con sé il programma cartaceo. Se siete interessati al programma di uno specifico

giorno; se desiderate informazioni su tutte le mostre o sulle presentazioni dei libri; se volete leggere in anteprima i principali articoli del Quotidiano Meeting sarà sufficiente sottoscrivere su Foursquare le Liste corrispondenti. Questa modalità di pubblicazione, inoltre, consentirà di avere il programma aggiornato in tempo reale con le modifiche dell’ultima ora.Una pagina Web con la piantina del Meeting metterà in evidenza il programma day-by-day e tutte le liste disponibili per essere aggiornati su ciò che, del Meeting, maggiormente vi interessa.Foursquare è un’app gratuita. Per poter consultare il programma del Meeting occorre scaricare l’app di Foursquare sul proprio smartphone e registrare un account. Le Liste saranno disponibili sulla Brand Page del Meeting (www.foursquare.com/meetingrimini).

IlSussidiario.net - TgMeetingTorna IlSussidiario.net-TgMeeting con un appuntamento giornaliero alle 19.30 e con alcune rubriche online nel corso della giornata. Il Tg è disponibile sia sul sito del Meeting che su IlSussidairio.net e potrà essere visionato in lingua inglese e spagnola, grazie alla collaborazione con Rome News Report.

L’App del MeetingÈ disponibile sull’AppStore la nuova versione dell’App del Meeting per Ipad

e Iphone: nuova grafica, la sezione multimedia del nostro sito interamente disponibile e, come l’anno scorso, il programma aggiornato in tempo reale, la mappa dettagliata con tutte le sale dei convegni, delle mostre e degli spettacoli in programma, news condivisibili sui social network e il Quotidiano Meeting da sfogliare.

Attraverso i nuovi media sarà possibile seguire on line tutto quello che offrirà il Meeting 2012, con il lavoro del “social media team”: volontari che per tutta la settimana racconteranno gli appuntamenti principali sul Web

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sidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali Mary Ann Glendon e il professore egi-ziano e fondatore del Meeting Cairo Wael Fa-rouq. A tema invece la politica internazionale e la libertà religiosa con il presidente dell’assemblea generale dell’Onu Nassir Abdulaziz Al-Nasser, il cardinale Jean Louis Tauran e il ministro degli Esteri italiano Giulio Terzi di Sant’Agata.

Europa, democrazia e libertà religiosa: le gran-di questioni che interrogano l’uomo del XXI secoloInnanzitutto l’Europa e il suo futuro con il presi-dente del Parlamento europeo Martin Schulz, il capo delegazione del Pdl al Parlamento europeo Mario Mauro e Luís Miguel Poiares Maduro, giurista all’European University Institute.La questione della democrazia e della libertà dei popoli, anche alla luce della primavera araba, con Tahani Al Gebali, vice presidente della Corte costituzionale suprema egiziana e presidente del Cairo Meeting, Jason Kenney, ministro federale canadese dell’Immigrazione e Multiculturalismo, l’arcivescovo Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede per le Nazioni unite a Ginevra.Infine verrà trattato il problema della libertà reli-giosa in un incontro a cui sono stati invitati S.B. Chrysostomos II, archbishop of New Giustiniana and All Cyprus, Primate of the Orthodox Church of Cyprus; Usama Elabd, president of Al Azhar University; Franco Frattini, presidente della Fondazione Alcide de Gasperi; Salman Shaikh, director of the Brookings Doha Center and Fellow at the Saban Center for Middle East Policy.Un dibattito urgente e che riguarda tutto il mondo è quello del rapporto tra Islam e Occidente, oggi. Di questo parleranno Wael Farouq, vice presi-dente del Meeting Cairo, Abdel-Fattah Hassan, professore di Letteratura italiana alla Ain Shams University del Cairo e Robert Reilly, politologo cattolico americano, già direttore di Voice of Ame-rica e Senior Fellow for Strategic Communication at the American Foreign Policy Council.

Felicità ed educazione, le esigenze dell’uomoQuesti saranno i temi di alcuni incontri con per-sonaggi che racconteranno la loro vita per docu-mentare l’esigenza dell’uomo di felicità e il suo bisogno di essere educato.Il primo di questi sarà Izzeldin Abuelaish, “il me-dico di Gaza”, palestinese musulmano che ha lot-tato e lotta per un rapporto pacifico tra palestinesi e israeliani. Con esperienze che riguardano la vita

Alcuni degli illustri personaggi che parte-ciperanno al prossimo Meeting di Rimini: dall’alto, il presidente del Consiglio Mario Monti, il ministro del Welfare Elsa Fornero, il ministro dell’Ambiente Corrado Clini

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dell’uomo interverranno Orlando Carter Snead, direttore del Center for Ethics and Culture della Notredame University ed Elvira Parravicini, ne-onatologa, fondatrice del primo hospice neona-tale a New York presso la Columbia University. Sul tema dell’educazione due esperienze italiane, quella di Franco Moscone, preposito genera-le dell’Ordine dei Chierici Regolari Somaschi e Carlo Wolfsgruber, rettore della Fondazione Va-silij Grossman di Milano.

Cultura: quando la realtà diventa l’occasione in cui l’uomo scopre il proprio rapporto con l’infinito

Ogni anno arrivano al Meeting grandi personaggi della politica, manager dell’economia (a si-nistra, Fulvio Conti, ad di Enel), rappre-sentanti di religioni e culture, intellettuali e artisti, sportivi e pro-tagonisti dello scena-rio mondiale (nelle altre foto, momenti dell’edizione 2011)

A confrontarsi sulla bellezza e la cultura sono stati invitati Cri-stina Acidi, sovrinten-dente del Polo Museale di Firenze, il vescovo di San Marino Monte-feltro Luigi Negri e il ministro per i Beni e le Attività Culturali Lo-renzo Ornaghi.Il 2013 sarà l’an-no dell’anniversario dell’editto di Mila-no e il Meeting per quest’anno propone un incontro con Fran-cesco Braschi, dottore incaricato della Bi-blioteca Ambrosiana, Giorgio Feliciani, docente di Diritto ca-nonico all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Gio-vanni Maria Vian, direttore de L’Osser-vatore Romano, Alfredo Valvo, docente di Storia Romana all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.Un biblista e un archeologo si confronteranno al Meeting sul tema della consapevolezza che i po-poli antichi avevano della realtà: Ignacio Carba-josa Pérez, docente di Antico Testamento presso la Facoltà di Teologia San Dámaso di Madrid, Giorgio Buccellati, fra i più noti studiosi al mon-do di civiltà antiche.A tema il rock nella presentazione della mostra a cura di John Waters, editorialista dell’Irish Times. Saranno, invece, Massimo Pulini, assessore alla

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Cultura di Rimini e Marco Bona Castellotti, do-cente di Storia dell’arte, a presentare la mostra su Giovanni Bellini. La grande esperta russa di Do-stoevskij Tat’jana Kasatkina parlerà dello scritto-re russo, a partire dalla mostra a lui dedicata.In occasione del bicentenario dell’America Lati-na, interverranno Carlos Freile, Pontificia Uni-versità Cattolica dell’Ecuador, Anibal Fornari, ricercatore indipendente del Consiglio nazionale delle ricerche scientifiche e tecniche dell’Argen-tina e Rodrigo Gutiérrez Viñuales, docente di Storia dell’arte a Granada.A presentare invece la mostra sulla Fabbrica del Duomo di Milano sono stati invitati a intervenire le curatrici Mariella Carlotti e Martina Salta-macchia, ed Erasmo Figini, presidente dell’As-sociazione Cometa.Un reading di poesia sarà quello con i poeti Da-vide Rondoni, Ángel Guinda, Gianfranco Lau-retano e Jean-Pierre Lemaire. Nell’anno del centenario dalla morte, si celebrerà poi Giovanni Pascoli e la sua poesia. Un altro grande scrittore di cui si parlerà al Meeting sarà Shakespeare con Alison Milbank, professore di Letteratura e Te-ologia all’Università di Nottingham ed Edoardo Rialti, studioso e traduttore di Letteratura inglese.Educazione, identità e dialogo saranno i temi del confronto tra cattolici, ebrei e musulmani: Igna-

Paolo Scaroni, ad di Eni, sarà tra i protagonisti del prossimo Meeting di Rimini

cio Carbajosa Pérez, biblista di Madrid, Alon Goshen-Gottstein, direttore dell’Elijah Interfaith Institute.A tema la natura dell’uomo nel seminario di filo-sofia con Costantino Esposito ed Eugenio Maz-zarella e in quello con Andrew Davison, tutor in Doctrine at the Westcott House in Cambridge, John Milbank, professore di Religione, Politica ed Etica all’Università di Nottingham, e Aaron Riches, Ricercatore alla University of Notting-ham e alla Edith Stein University di Granada.

Scienza e ricerca, per rispettare la vera natura dell’uomoInnanzitutto la genetica con la presentazione della mostra su Lejeune, insieme a Birthe Bringsted Lejeune, moglie dello scienziato francese e la fi-glia Clara Lejeune Gaymard, presidente e ceo di GE Francia, con Carlo Soave, curatore della mo-stra e docente di Fisiologia vegetale all’Università degli Studi di Milano.In un Meeting che parla dell’uomo, non poteva mancare un incontro sul tema delle neuroscienze e dell’unità dell’io. Ne parleranno Giancarlo Ce-sana, docente di Igiene all’Università degli Studi di Milano-Bicocca, Michele Di Francesco, pre-side della Facoltà di Filosofia all’Università Vita-Salute San Raffaele, e Andrea Moro, docente di

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Linguistica generale presso la Scuola superiore universitaria a ordinamento speciale Iuss di Pavia.L’evoluzione biologica dell’uomo è al centro di un incontro con William E. Carroll, Aquinas Fellow in Theology and Science alla Blackfriars Faculty of Theology della University of Oxford e Ian Tattersall, Curator Emeritus in the Division of Anthropology of the American Museum of Na-tural History in New York City.

Politica, economia e società: la ripresa scom-mettendo sull’ioOltre ai convegni già previsti, sono in via di defi-nizione altri momenti di confronto con esponenti politici e istituzionali.Uno dei temi principali del Meeting sarà quello della crescita e delle condizioni per attuarla, a partire prima di tutto dall’investimento sulla per-sona, sull’io, una scommessa sull’uomo, capace di generare novità, cambiamenti positivi nell’eco-nomia e nel sociale.A discutere sul “La sfida del cambiamento: Wel-fare e sviluppo. Come uscire dalla crisi senza sacrificare nessuno”, ci saranno Mauro Moretti, amministratore delegato di Ferrovie dello Stato, Corrado Passera, ministro dello Sviluppo Eco-nomico, Infrastrutture e Trasporti e Giorgio Vit-tadini, presidente della Fondazione per la sussi-diarietà. Sul tema dell’educazione, fondamentale perché ci sia un futuro per il Paese, interverranno Sergio Belardinelli, docente di Sociologia dei Processi Culturali e Comunicativi all’Università degli Stu-di di Bologna, e Giorgio Israel, docente di Mate-matica all’Università La Sapienza di Roma.Il tema delle carceri e della giustizia sarà il tema dell’incontro al quale parteciperà Luciano Vio-lante, presidente del Forum Riforma dello Stato del Partito democratico, insieme a Nicola Bosco-letto, presidente del Consorzio Rebus, e Giovan-ni Tamburino, capo del Dipartimento dell’Am-ministrazione Penitenziaria.I temi della riforma del lavoro verranno trattati in un convegno al quale sono stati invitati Elsa Ma-ria Fornero, ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Raffaele Bonanni, segretario generale Cisl, e Fulvio Conti, ad di Enel.Come è ormai tradizione da qualche anno, si terrà al Meeting l’appuntamento dell’Intergruppo per la sussidiarietà che quest’anno avarà per titolo “Sono ancora possibili riforme condivise?”. All’incontro parteciperanno: Enrico Letta, deputato al Parla-mento italiano, Pd; Maurizio Lupi, vicepresiden-te della Camera dei deputati; Gian Luca Galletti,

Durante la manifesta-zione riminese sono impegnati migliaia di volontari, in maggio-ranza giovani, che si occupano dell’orga-nizzazione, dell’alle-stimento degli stand e delle mostre, dell’acco-glienza del pubblico

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deputato al Parlamento italiano, UdcPtp; Tiziano Treu, vicepresidente della Commissione Lavoro e Previdenza Sociale del Senato della Repubblica italiana; Raffaello Vignali, vicepresidente della Commissione Attività Produttive della Camera dei deputati. Introdurrà Emmanuele Forlani, coordinatore della Segreteria dell’Intergruppo parlamentare per la sussidiarietà.Ambiente e risorse del pianeta il tema di due in-contri. Il primo quello con Corrado Clini, mi-nistro dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare, Paolo Andrea Colombo, presidente dell’Enel, Roberto De Santis, presidente di Co-nai, Gian Carlo Muzzarelli, assessore Attività produttive, Economia verde, Edilizia, Autorizza-zione unica integrata della Regione Emilia Ro-magna, Giuseppe Nucci, amministratore dele-gato di Sogin, e Antonino Turicchi, presidente di Alstom Italia. Il secondo con Paolo Scaroni, amministratore delegato di Eni, Alberto Piatti, segretario generale della Fondazione Avsi, e Jef-frey Sachs, professore di Sviluppo sostenibile e di Politica e gestione della salute alla Columbia University.Numerosi anche i temi economici come quello delle infrastrutture con, tra gli altri, Giovanni Castellucci, amministratore delegato di Au-tostrade per l’Italia e di Atlantia spa, Raffaele Cattaneo, assessore alle Infrastrutture e Mobilità della Regione Lombardia, Michele Pizzarotti, vice presidente dell’Impresa Pizzarotti & C. spa,

e Mario Ciaccia, vice ministro delle Infrastruttu-re e dei Trasporti.Di nuove tecnologie, dell’innovazione e della formazione all’imprenditorialità discuteranno coloro che sono in prima linea nel favorire l’in-novazione e le start up giovanili: Luca Conti, giornalista e consulente per Social Media, Mar-co Marinucci, fondatore e direttore esecutivo di Mind The Bridge, Marco Zamperini, Chief In-novation Officer NTT Data Italia.Il non profit motore dell’Europa sarà il tema di confronto cui sono stati invitati Giuseppe Gue-rini, presidente di Federsolidarietà e membro del Comitato economico sociale europeo (Cese); Marco Morganti, amministratore delegato di Banca Prossima, e Antonio Tajani, vice presi-dente della Commissione europea. Due appuntamenti avranno al centro le tematiche sanitarie: uno sul delicato problema dell’Hiv e l’altro sulle strategie per la ricerca.Importanti ospiti del mondo economico, impren-ditoriale e della cooperazione presenti al Meeting saranno, tra gli altri: Maximo Ibarra, ammini-stratore delegato di Wind, Vincenzo Tassinari, presidente del Consiglio di gestione di Coop Ita-lia, Leo Wencel, presidente e ad di Nestlè Italia, l’amministratore delegato di Sky Italia Andrea Zappia, Antonio Mastrapasqua, presidente Inps, Pietro Scott Jovane, amministratore dele-gato di Rcs e Massimo Scaccabarozzi, presiden-te di Farmindustria. n

Gli spettatori del Meeting potranno fare un viaggio nel mondo del-la danza e della musica folklori-stica libanese del Caracalla Dance Theatre, “il re del mondo teatrale musicale nel Me-dio Oriente”

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Aad usum fabricae. La costruzione del duomo di milano

La mostra promossa dalla Compagnia

delle Opere al Meeting di Rimini

intende presentare il secolare cantiere

del Duomo di Milano, raccontando le

storie di uomini e donne che hanno

dato il loro contributo all’impresa e il

ruolo fondamentale che questa ebbe

per la vita sociale ed economica della

città

a cura di Marco Barbone, Mariella Carlottie Martina Saltamacchia

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Nell’estate del 1386, nel centro di Milano eb-bero inizio i lavori per la costruzione di una nuova, gigantesca cattedrale, che mirava a

divenire la più grande al mondo. Al monumenta-le progetto dette l’abbrivio un potente personag-gio, il signore della città Gian Galeazzo Visconti, che concesse alla Fabbrica del Duomo l’usufrut-to della cava di marmo di Candoglia, nei pressi del Lago Maggiore, e l’esenzione di dazi per il trasporto dei blocchi. Per facilitarne il riconosci-mento, su di essi era apposta la sigla AUF: Ad Usum Fabricae. Da questa gratuità che nei secoli contraddistinse la storia della costruzione prende le mosse la mostra proposta al Meeting 2012 dal-la Compagnia delle Opere in collaborazione con la Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano che per l’occasione darà in prestito quattro preziosi pezzi di sua proprietà.Quest’anno la scelta dell’allestimento è legata in maniera particolare al titolo del Meeting: se c’è un’opera che nella nostra storia esprime compiu-tamente la natura dell’uomo come rapporto con l’infinito, questa è la cattedrale. Abbiamo deciso di narrare la costruzione del Duomo di Milano, un edificio sacro per cui è possibile ripercorrere in maniera molto dettagliata il nesso con il suo popolo e con la sua città, il suo cantiere e le vi-cende degli uomini che lo innalzarono.Fin dall’inizio dei lavori, straordinaria fu la parte-cipazione di migliaia di cittadini di ogni mestiere e classe sociale che si accalcavano davanti all’al-tare maggiore della chiesa per portare il proprio obolo: una moneta, un diadema prezioso, una formaggetta. Dai voluminosi registri delle dona-zioni spuntano storie di uomini e donne che con-corrono con quel che hanno alla costruzione: il ricchissimo mercante che si spoglia di tutti i suoi averi, le prostitute che offrono la decima del loro lavoro notturno, la vecchietta che dona la pellic-cetta con cui si ripara dal freddo.

Dad usum fabricae. La costruzione del duomo di milano

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Un’impresa gigantescaNon è infrequente sentire un’obiezione, da par-te dell’uomo della strada: le cattedrali furono un enorme investimento improduttivo, fatto in un’epoca in cui ben altri bisogni avrebbero me-ritato le ricchezze di quelle enormi intraprese. A smentire tale obiezione non è solo l’enorme valo-rizzazione che una grande cattedrale rappresen-tava per una città di allora e di ora, per il flusso di persone che convogliava, pellegrini o turisti. Il cantiere del Duomo era innanzitutto una gi-gantesca impresa che, almeno nei primi decenni, impiegava stabilmente 4000 persone, con punte di 7000. Milano non aveva alla fine del Trecento il know how per edificare una grande cattedrale: per questo numerose maestranze straniere con alte e nuove professionalità giunsero nella città lombarda. Nei primi anni del cantiere, gli stra-nieri occupati erano circa il 20-25% del totale: nel tempo tale presenza andò diminuendo perché i milanesi impararono le abilità necessarie. Ne-gli amministratori della Fabbrica del Duomo era infatti molto sentita la necessità che il cantiere divenisse una scuola permanente: dalle cave alla cassina, il luogo prossimo alla cattedrale in cui avveniva la lavorazione dei marmi, avvenne nei secoli la formazione dei giovani. Nel cantiere si svilupparono innovazioni tecnologiche, si ardiro-no sperimentazioni architettoniche, si crearono macchine e strumenti. Solo per fare un esempio, alla fine del Quattrocento, per risolvere il proble-ma della grande cupola del Duomo, la Fabbrica consultò i migliori cervelli allora a disposizione, grandi geni italiani come Leonardo da Vinci, Do-nato Bramante, Francesco di Giorgio Martini e famosi maestri delle cattedrali d’Oltralpe. Per fa-cilitare il trasporto dei marmi, vennero realizzate infrastrutture grandiose, potenziando la rete dei navigli dal lago Maggiore fino al cuore di Mi-lano. Innovazione, infrastrutture, internazionaliz-zazione, occupazione, formazione: sono le parole che ricorrono nelle odierne ricette per superare la crisi, sono le parole che definiscono l’ordinaria attività del cantiere del Duomo.

L’orgoglio dei costruttoriMa forse - e soprattutto - il grande cantiere espresse ed educò un atteggiamento umano di cui oggi sentiamo la mancanza, tanto più grave in un momento di crisi economica e ideale. Lo ricordò, in pieno boom economico italiano, un personaggio non sospetto di simpatie clericali e nostalgie medioevali, Pietro Nenni, leader stori-co del socialismo italiano nel secondo dopoguer-

ra, in un discorso pronunciato nel 1959 durante una seduta del Parlamento. Nenni raccontò un aneddoto: «Due operai stanno ammucchiando mattoni lungo una strada. Passa un viandante che s’informa sulla natura del loro lavoro. Uno mo-destamente risponde: “Sto ammucchiando mat-toni”. L’altro esclama: “Innalzo una cattedrale!”. È di un animo così, che sente la grandezza del proprio contributo a un’opera, che ha bisogno la fatica di ogni giorno: senza questo orizzonte,

Nel mondo medio-evale, un edificio esprimeva la natu-ra dell’uomo come rapporto con l’infi-nito: la Cattedrale

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non si costruisce nulla di grande per la propria persona e per il mondo. Antoni Gaudí, il grande architetto della Sagrada Familia di Barcellona, parlando della sua opera diceva: «Mentre costru-ivo la Sagrada, la Sagrada costruiva me». L’acuta osservazione dell’architetto catalano è estensibile a quanto accadde a Milano: mentre quel popo-lo edificava il Duomo, questo contribuì alla vita economica e all’identità culturale e politica della comunità milanese.

Sei secoli di lavoriCi vorranno sei secoli prima di giungere alla con-clusione dei lavori nel XX secolo. Gli uomini che spendevano le loro energie e averi per la costru-zione, ben sapevano di darsi tutti per un’opera che mai avrebbero vista ultimata. Anche questo suggerisce qualcosa a un mondo come il nostro che vuole tutto subito.La mostra racconta la storia del cantiere, ma dà uno sguardo anche all’opera finita. Il Duomo di Milano riserva mille scoperte a chi si avventu-ra sotto le sue volte o tra le sue guglie: i sei se-coli della sua edificazione hanno lasciato tracce variegate di bellezza e di fede. Nella mostra ne indicheremo alcune, suggestionati anche da un grande poeta milanese, Clemente Rebora, che l’8 settembre 1956, giorno della Natività di Maria, scrisse una lirica in cui dà un’affascinante lettura del Duomo:

Il portentoso Duomo di Milanonon svetta verso il cielo,ma ferma questo in terra in armonianel gotico bel di Lombardia:mistico afflato va per le navatela Presenza del Verbo:e in tripudio di luce all’esternonuova umanità saliente sboccia,e dall’Unica Personain vertici di santi rifioriscedietro il materno invito di Mariache da Nascente si fa via viaAssunta; e il popol definisce, e accostaa sé a farla più vicina, diceMadonnina.

Il Duomo di Milano - dice Rebora - non si slancia verso il cielo, ma lo porta nel cuore della città: nel-le forme del gotico, Cristo fiorisce nelle centinaia di santi, rappresentati nelle statue che gremiscono le fiancate e le guglie del tempio, fino al culmine di Maria, che il popolo milanese fa prossima al pro-prio cuore chiamandola Madonnina. n

In occasione della mo-stra promossa dalla Compagnia delle Opere con il patrocinio della Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano, saranno esposti alcuni pezzi significativi del patrimonio archivisti-co e museale della Ve-neranda Fabbrica del Duomo di Milano

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IGL’imprevedibile istante. giovani per la crescita

È questo il titolo della mostra che Fondazione per la

sussidiarietà e Fondazione Meeting per l’amicizia fra i

popoli, con la collaborazione di un gruppo di studenti

universitari, promuoveranno in occasione della prossima

edizione del Meeting

di Giorgio Vittadini presidente Fondazione per la sussidiarietà

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L’iniziativa della Fondazione per la sussidiarietà si colloca sulla scia del lavoro svolto sui “150 anni di sussidiarietà” (e proposto in una mostra inaugurata dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano lo scorso agosto)

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La crisi economica globale sta provocando una pesante recessione, innestata sul rallenta-mento del sistema produttivo italiano iniziato

ormai da tempo, con conseguenze pesantissime sull’occupazione soprattutto giovanile. Ma c’è di più. Anche il motore ideale e sociale, oltre che economico, del nostro Paese sembra inceppato e incapace di ritrovare fiducia e punti fermi dai quali ripartire. Come sbloccarlo? Nell’era della globalizzazione, non possiamo pensare che il no-stro sviluppo dipenda solo da come risolviamo i nostri problemi internamente. La quota italia-na sulla produzione mondiale diminuisce anche perché gli operai e gli imprenditori coreani, viet-namiti, cinesi, brasiliani, sudafricani, indiani la-vorano ed esportano di più per uscire dal sotto-sviluppo e quindi, se non vogliamo divenire un Paese povero, prima di discutere come distribuire una torta sempre più esigua dobbiamo chiederci come produrla reggendo una concorrenza inter-nazionale sempre più spietata. Neanche l’appello a riforme e regole condivise però può bastare, se è vero che la recente crisi finanziaria si è diffusa anche nel rispetto delle regole stabilite. E non ba-sta nemmeno affinare le capacità di adattarsi e di gestire meglio l’esistente. È arrivato invece il mo-mento di un colpo d’ali: quello della coscienza di sé, unica strada per liberare creatività, desideri, spirito di iniziativa, e fare di queste energie dif-fuse il motore di un nuovo sviluppo e di un equi-librio sociale più giusto. A questo scopo è neces-sario innanzitutto andare alla ricerca di quanto di positivo, capace di generare bene comune è già in atto, in modo da trovare ispirazione e moltiplica-re questi esempi. È ciò che si propone una mostra che verrà presentata al prossimo Meeting di Ri-mini dal titolo: L’imprevedibile istante. Giovani per la crescita realizzata dalla Fondazione per la sussidiarietà con la collaborazione di un gruppo di studenti universitari e il contributo del Tg1. La mostra descrive un momento cruciale della vita personale e sociale, quello in cui viene proget-tato il futuro: la fase in cui i giovani sono impe-gnati nello studio e poi nell’avviamento dell’at-tività professionale. Questo iter viene descritto attraverso la documentazione di esempi virtuosi, esperienze che meglio sembrano affrontare i bi-sogni e le difficoltà, soggettive e riconducibili a “difetti” del sistema, incontrate nelle varie fasi e riguardanti sia il percorso dei giovani che dopo la scuola superiore accedono all’università e poi al mondo del lavoro, sia il percorso di coloro che frequentano una scuola professionale e da qui si avviano al lavoro.

L’imprevedibile istante. giovani per la crescita

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Imprevedibili istantiIl visitatore potrà accostarsi a un modo nuovo di vivere e affrontare i problemi che caratterizzano questa fase della vita, sarà aiutato a scoprire le op-portunità che si celano anche dietro a grandi pro-blemi e soprattutto vedrà descritta una modalità positiva di affrontarli. La mostra è innanzitutto la documentazione di tanti “imprevedibili istanti”, esperienze nate da momenti in cui qualcuno ha deciso di non lasciarsi trascinare dal flusso delle cose e ha preso iniziativa seguendo un’intuizione che lo ha portato a creare soluzioni nuove. Vie-ne quindi raccontato di insegnanti spinti dalla passione per la conoscenza e per l’insegnamen-to che condividono un lavoro di aggiornamen-to continuo; doposcuola liberi che sostengono i ragazzi nell’impegno dello studio e svolgono un’importante funzione di integrazione sociale; sperimentazioni di nuovi processi didattici ed educativi; la collaborazione tra imprese e realtà sociali che riqualifica la formazione professiona-le combattendo l’abbandono scolastico; giovani che accettano di recarsi all’estero e di collaborare con prestigiose università mondiali; progetti di orientamento gestiti da associazioni studentesche che aiutano l’ingresso in università di studenti

La mostra della Fondazione per la sussidiarietà descrive, fra l’altro, il percorso dei giovani che dopo la scuola superiore accedono all’università e poi al mondo del lavo-ro, oppure che frequentano una scuola professionale per avviarsi al lavoro

esperienze in videoFrancesco Magni, 25 anni, a giugno si è laureato in giurisprudenza alla Statale di Milano. Insieme a un folto gruppo di studenti universitari ha collaborato alla realizzazione della mostra “L’imprevedibile istante. Giovani per la crescita”. «La sfida di quest’anno è stata quella di trovare persone che, a partire da un imprevedibile istante, affrontano oggi le circostanze a cui sono chiamati, dal lavoro all’università, trovando nella realtà di tutti i giorni e nonostante mille difficoltà, strade nuove, in grado di aprire orizzonti impensabili - racconta Magni -. Sarà una mostra interattiva, non a pannelli, ma incentrata su video e tecniche innovative di comunicazione dei contenuti e l’idea è quella di far compiere al visitatore lo stesso percorso che si trova a dover affrontare un giovane: dalla scuola fino al mondo del lavoro». Francesco si è occupato della sezione della mostra dedicata all’università. «Abbiamo provato a dividere questa sezione - spiega al Corriere delle Opere - in tre grandi fasi: l’ingresso in ateneo, la vita universitaria e infine il collegamento tra università e mondo del lavoro. Tutti sono sempre molto critici nei confronti degli atenei italiani, non compaiono nelle classifiche delle migliori università internazionali e c’è uno scetticismo diffuso per quanto riguarda il livello di formazione che viene offerto. Il fatto incredibile è stato quello di raccogliere le testimonianze di una serie numerosa di studenti che, grazie al buon livello di conoscenze acquisito nei nostri atenei, hanno ottenuto all’estero delle preziosissime opportunità». Ogni ragazzo ha una sua storia unica, come lo studente che va in Russia a scrivere la tesi e diventa professore di italiano

in questo grande Paese, o lo studente che si ferma in Egitto perché desideroso di imparare l’arabo, non c’è una storia uguale all’altra e non esiste un modello o una ricetta da applicare. E nella mostra proprio attraverso i video saranno gli stessi studenti a raccontarcelo.

Alcuni degli studenti universitari che hanno curato la mostra che offre testimonianze di giovani alle prese con le sfide del lavoro

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spesso isolati e disorientati; iniziative culturali di diverso genere che permettono l’incontro con esperienze di spessore; iniziative di housing e co-operazione sociale che permettono di sopperire alle carenze dell’organizzazione universitaria. E ancora, nel campo del lavoro, iniziative che coin-volgono le università o loro consorzi nell’outpla-cement; interventi solidali per orientare al primo lavoro diplomati o laureati; realtà formative che aiutano i giovani ad avviare nuove imprese; espe-rienze di chi decide di continuare a formarsi on

the job, di riciclarsi o addirittura di cercare soluzioni lavorative in altri Paesi; inizia-tive imprenditoriali di successo, nate con pochi soldi ma tante idee, tanto coraggio ed entusiasmo, capaci di esportare e operare sui mercati mondiali, investire, occupare.

oltre la crisiMa può bastare mette-re al centro l’iniziativa personale per ripartire in una situazione di crisi mondiale, dove le problematiche di-pendono da dinamiche ben al di là della por-tata della singola per-sona? Sicuramente la prospettiva più interes-sante offerta dal corso degli eventi è quella dell’arricchimento e della crescita personali; la storia del nostro Pae-se ha dimostrato inoltre che ogni crisi può essere l’opportunità di una nuova costruzione anche so-ciale, sostenuta da un’educazione continua, inte-sa come “introduzione alla realtà totale” secondo l’espressione di J. A. Jungmann resa celebre da don Giussani. Quanto di meglio c’è in Italia, po-vera di altre risorse, viene dall’intelligenza, dalla creatività, dall’energia costruttiva - da ciò che gli economisti chiamano capitale umano e sociale - delle persone e dei “corpi intermedi” che esse costituiscono. Non è possibile alcuna svolta sen-za un popolo che prenda coscienza di sé, del suo valore e delle opportunità che gli sono date dal corso della storia. n

I curatori della mo-stra racconteranno le storie di molti giovani ricercatori italiani che raggiun-gono vette di eccel-lenza studiando e lavorando in Italia. Si descriveranno le vicende umane e professionali di molti giovani che, accettati in dottorati e post doc nelle più prestigiose università mondiali, stanno costruendo un ponte con le universi-tà italiane

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sanon solo articolo 18

il 27 giugno la riforma del lavoro targata Elsa Fornero è stata approvata definitivamente. Per capirne impianto e visione di fondo, abbiamo in-

terpellato l’onorevole Giuliano Cazzola, vice pre-sidente della Commissione Lavoro della Camera e relatore del provvedimento per il Pdl.Qual è un suo primo giudizio complessivo?«Il mio giudizio rimane negativo anche se ho mol-to apprezzato il lavoro di ragionevole mediazione compiuto dai relatori al Senato. Il mercato del la-voro diventerà più rigido e ciò sarà un guaio per le imprese e i lavoratori soprattutto in un periodo di grave crisi come l’attuale. Però si ritorna al gioco dell’oca della politica: il Governo doveva andare avanti o no? Visto che per Monti questo provvedi-mento è importante, e il Parlamento non può stac-care la spina all’Esecutivo, perché staccherebbe anche la sua, abbiamo finito per votare il ddl anche alla Camera».C’è chi accusa la riforma di “tradire” lo spirito della legge Biagi e di fare marcia indietro sulla liberalizzazione del mercato del lavoro. È così? E se sì, perché?«È così, soprattutto per la sua impostazione cul-turale di fondo. Secondo il ddl il lavoro normale è quello subordinato a tempo indeterminato. Le

Giuliano Cazzola, vice presidente

della Commissione Lavoro della

Camera, commenta la riforma varata

dal ministro del Welfare Elsa Fornero

che confida con essa di imprimere una

scossa all’occupazione stagnante nel

nostro Paese

di Carmelo Greco

giovani e imprese: crescere insiemeDopo Fare impresa, il fascicolo della Compagnia delle Opere realizzato nel 2010 come aiuto all’attività dell’imprenditore, la Cdo pubblica Giovani e imprese. Crescere insieme. «Con il pre-sente documento - scrive il presidente Bernhard Scholz nell’in-troduzione -, Cdo vuole sostenere imprenditori e manager nel loro impegno ad aprire le porte delle proprie aziende ai giovani e, al contempo, a favorire per i giovani stessi una formazione adeguata. Ciò di cui tanti giovani hanno bisogno è l’incontro con persone che, con l’autorevolezza del maestro, risveglino in loro il desiderio nasco-sto, e forse incrostato, di mettersi in gioco anche attraverso il lavoro».Il libretto è suddiviso in tre parti: la prima, “Lavoro e giovani: un in-contro possibile?”, affronta il tema della disoccupazione giovanile, con particolare attenzione al fenomeno dei cosiddetti Neet (Not in Employment, Education and Training), e propone alcune ipotesi di soluzione; la seconda parte, attraverso la testi-monianza di dieci fra aziende e centri di formazione, offre alcune best practices di come sia possibile, e anzi conveniente, investire sui nuovi talenti; la terza, infine, è una breve appendice che riporta le principali forme contrattuali, a cominciare dall’apprendistato, che possono essere utilizzate per l’ingresso dei giovani in azienda.Il testo, veicolato con il Corriere delle Opere n. 9 del marzo 2012, è disponibile in tutte le sedi locali Cdo e si può scaricare in formato digitale dal sito www.cdo.org.

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altre fattispecie si presumono illegittime, salvo prova contraria. Biagi pensava che un certo gra-do di flessibilità fosse inevitabile per come è fatta l’economia, per come è organizzato il lavoro. Il problema, secondo Biagi, stava nel riconoscere dei diritti e delle tutele anche ai lavoratori flessibili e precari. Su questo punto è carente il disegno di leg-ge, perché non vi sono risorse adeguate ad adottare misure universalistiche di protezione sociale. Poi il provvedimento è vittima della suggestione nor-mativa, come se bastasse una legge a trasformare la realtà. Mi spiego con un apologo. Secoli or sono nell’impero ottomano scoppiò un’epidemia di rab-bia canina. Il sultano, preoccupato non solo per i suoi sudditi ma anche per la sua incolumità, con-vocò l’archiatra di Corte e gli chiese spiegazioni. Il medico fece notare che le uniche persone non contagiate erano i proprietari dei cani, perché que-sti animali tendono a non rivoltarsi nei confronti del loro padrone. Al che il sultano pensò di aver trovato la soluzione. Emanò un decreto in cui stava scritto che da quel momento tutti i cani dell’im-pero sarebbero stati di proprietà del sultano. È la medesima linea di condotta di Elsa Fornero».

Sotto, Giuliano Caz-zola, vicepresidente della commissione Lavoro della Came-ra; in alto a destra, Elsa Fornero, mini-stro del Welfare

Come cambia il lavoroIl disegno di legge recante “Disposizioni in materia di Riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita”, approvato alla Camera il 27 giugno 2012, introduce importanti novità. Ecco le principali:L’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori nella nuova versione prevede l’in-dennizzo tra le 12 e le 24 mensilità, e non il reintegro, nei casi in cui il giudice ritenga non valido il motivo economico addotto dall’azienda. Resta sempre nullo invece il licenziamento discri-minatorio. Nei casi dei licenziamenti per giusta causa o giustificato motivo ci sarà minor discrezionalità del giudice nella scelta del reintegro, che sarà deciso solo sulla base di quanto previsto nei contratti collettivi.L’apprendistato viene considerato il contratto preva-lente di ingresso dei giovani nel mercato del lavoro.Per i co.co.pro aumenta l’aliquota contributiva di un punto l’anno fino a raggiungere nel 2018 il 33% previ-sto per il lavoro dipendente. Lo stipendio minimo dovrà fare riferimento ai contratti nazionali.Stretta sulle false partite Iva, considerate vere se hanno un reddito annuo lordo di almeno 18 mila euro.L’Aspi, Assicurazione sociale per l’impiego, partirà nel 2013 e sostituirà a regime, nel 2017, l’indennità di mobilità e le varie indennità di disoccupazione.Per i lavoratori immigrati aumenta da sei mesi a un anno la validità del permesso di soggiorno quando be-neficiano di interventi di ammortizzazione.Confermato il bonus produttività, cioè gli sgravi con-tributivi introdotti in via sperimentale per il triennio 2008-2010.

Quali sono, secondo lei, gli elementi positivi e qua-li, invece, quelli negativi? La riforma incentiverà la crescita del Paese o sarà un’ulteriore zavorra?«La parte meno criticabile è quella riguardante gli ammortizzatori sociali, perché almeno tenta di ra-zionalizzare il settore, anche se l’afflato riformato-re è piuttosto modesto. La parte peggiore riguarda la nuova disciplina del licenziamento. Il mio è un giudizio tecnico giuridico, prima ancora che poli-tico. Fornisco un dato che a mio avviso è illumi-nante: l’articolo 18 era composto di poco più di 600 parole, la nuova disciplina ne ha più di 2.500, senza contare gli aspetti processuali e le ricadute

Su Cdo per il Lavoro, il servizio gratuito a cui

si accede dal sito www.cdo.org,

si trovano tutte le novità contrattuali introdotte dalla riforma Fornero

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sui licenziamenti negativi».Proprio su questo tema, cioè sulla modifica dell’articolo 18, si è concentrato gran parte del dibattito. Ma cambierà davvero qualcosa o c’è stato “tanto rumore per nulla”?«È stato il tragico errore compiuto anche da Con-findustria e dal mio partito, l’aver attribuito una importanza eccessiva a una modifica molto limi-tata come quella di consentire, rispetto alla cosid-detta soluzione tedesca, soltanto l’indennizzo in caso di licenziamento economico. Era evidente che quella soluzione non avrebbe tenuto. Quando è crollata miseramente ci siamo accorti che nel frat-tempo avevano scippato la flessibilità e sconvolto la legge Biagi. Al Senato siamo riusciti a recupera-re qualche soluzione sensata, ma ormai la battaglia era persa».Veniamo a partite Iva e co.co.pro. L’intento del ministro è stato quello di frenare gli abusi. Le so-luzioni previste nel ddl le sembrano soddisfacenti?«Per le partite Iva il testo è migliorato. Resta il pro-blema della stangata contributiva che metterà molti professionisti senza ordine in difficoltà rispetto ad altri che, grazie all’appartenenza a un ordine o a un collegio, verseranno alla loro cassa contributi pensionistici inferiori alla metà di quella richiesta dalla gestione separata. Per i collaboratori è in atto un massiccio tentativo di stabilizzarli per legge».Le Agenzie per il lavoro lamentano che il ri-corso al contratto di somministrazione non sia sufficientemente incentivato nel testo di legge. È d’accordo?«Hanno ragione. Ed è un peccato perché la som-ministrazione meriterebbe di essere sviluppata. Ma su di essa grava un assurdo pregiudizio ide-ologico».Il disegno di legge cita esplicitamente il contrat-to di apprendistato quale forma prevalente di ingresso dei giovani nel mercato del lavoro. Se-condo gli ultimi dati Isfol, la percentuale degli apprendisti in Italia è calata. Perché nonostan-te l’attenzione del legislatore, che si è occupato dell’argomento anche con il recente varo di un Testo unico, questo strumento non decolla?«L’incidenza sul totale dell’occupazione è inferio-re al 4%. Tutti sono disposti a potenziare questo istituto. Ma anche in questo caso sono stati intro-dotti criteri più rigidi che non ne aiuteranno lo svi-luppo».Il decreto interministeriale sui primi 65 mila esodati è stato accompagnato da forti polemi-che, a cominciare dal numero delle persone in-teressate dal provvedimento. Come spiega que-sta “balletto” delle cifre che ha contrapposto

stefano colli-lanzi, ad GI group:«una riforma incompiuta»

Per aumentare la produttività del mercato del lavoro e contrasta-re la disoccupazione è importante trovare un modo efficace per unire il pubblico e il privato nella definizione dei servizi al lavoro. Un tema cruciale, per una riforma che appare “incompiuta” e in un periodo di crisi che durerà a lungo. Si puntava infatti a co-struire un sistema più flessibile in uscita, magari anche costoso per le imprese, ma che in cambio garantisse certezza: obiettivo raggiunto solo parzialmente. C’è sì un’evoluzione nell’articolo 18, con un maggior ruolo dato all’indennizzo, ma non si è avuto il coraggio di giungere alla completa eliminazione della rein-tegrazione. Un altro esempio di “incompiuta” riguarda l’introduzione della procedura di conciliazione obbligatoria: la riforma la presenta come estremamente rapida e con la possibilità di ridurre il ricorso al giudice, ma si limita solamente a suggerire al suo interno l’utilizzo del supporto alla ricollocazione professionale. Se c’è un impegno che un’azienda che licenzia dovrebbe prendersi è proprio quello di cercare di porre rimedio alla problematica che crea, sostenendo la ricerca di una nuova occupazione per il lavo-ratore. Più che suggerire, sarebbe stato meglio incentivare questo tipo di politica attiva del lavoro. Ma oltre che sul lato dell’uscita, anche nel disciplinare l’ingresso nel mercato del lavoro si è persa una grande occasione. Oltre a “punire” alcune forme contrattuali spesso usate in maniera distorta, ci si sarebbe potuti focalizzare sulle migliori forme contrattuali flessibili, ovvero il lavoro a termine e, soprattutto, quello somministrato. Quest’ultimo garantisce più sicurezza al lavoratore, grazie alla presenza dell’Agenzia per il lavoro che può tutelarlo nei passaggi da un’occupazione all’altra. Purtroppo non è stata creata una vera differenziazione tra queste due forme contrattuali e, considerando che non sono state coinvolte nel processo di formulazione della riforma, non si è forse creduto nel ruolo che nell’evoluzione del mercato del lavoro possono avere le Agenzie per il lavoro. Per fortuna si è riusciti a razionalizzare gli ammortizzatori sociali e a raf-forzare l’apprendistato: un aiuto per contrastare la crescente disoccupazione giovanile e l’utilizzo distorto di alcune forme contrattuali. Per aiutare i giovani sarà però anche importante finanziare politiche attive di orientamento pubblico-privato sulla base dei risultati raggiunti, come qualche Regione sta già facendo.

Esecutivo, Inps e parti sociali?«Il Governo assicura che con la salvaguardia per i 65 mila, per i quali sono previste le coperture fi-nanziarie, si affrontano e si risolvono i problemi di coloro che esauriscono le tutele nei prossimi mesi. Per il futuro il Governo si è impegnato a provvede-re quando sarà il momento».Infine: che cosa servirebbe al nostro Paese per un mercato del lavoro che funzioni al meglio rispondendo adeguatamente al bisogno di oc-cupazione di un numero crescente di giovani e meno giovani?«Un effettivo equilibrio tra maggiori tutele in en-trata e maggiore flessibilità in uscita. Servizi per l’impiego più efficienti in modo da difendere il la-voro nel territorio e non il posto di lavoro, anche se finto». n

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F CLa fabbrica della creatività

Dall’aprile di quest’anno Alessandro Benetton, 48 anni, è subentrato come presidente di Be-netton Group al padre Luciano, fondatore del

noto marchio di abbigliamento. Prima di entrare nell’azienda di famiglia, ha fondato nel 1992 la holding di partecipazioni 21 Investimenti, un si-stema di fondi di private equity che ha raccolto più di 1.300 milioni di euro. Alessandro Benetton sarà uno degli ospiti illustri al prossimo Meeting di Rimini.

Alessandro Benetton, seconda generazione alla guida dell’omonimo Gruppo,

affronta in questa intervista alcuni temi chiave sul futuro dei giovani e spiega

come vengono coltivati i talenti nell’impresa di famiglia

È la prima volta che interviene alla manifesta-zione? Che cosa si aspetta da questo appun-tamento?«Parteciperò per la prima volta e mi aspetto di incontrare persone interessate a fare una vera riflessione, scevra da posizioni ideologiche, sui giovani e il mercato del lavoro. Mi auguro di trovare entusiasmo, volontà di cambiamento e consapevolezza di quanto sia necessario per i giovani trovare una loro direzione, alternativa ai modelli tracciati da coloro che li hanno precedu-ti. Perché il mondo dei loro padri non basta più a

di Carmelo Greco

Sopra, la sede centrale del Gruppo Benetton a Ponzano Veneto, in provincia di Treviso; nella foto a sinistra, una veduta di Villa Pastega Manera dove ha luogo Fabrica, il centro di ricerca sulla comuni-cazione di Benetton che premia giovani talenti con un sistema di borse di studio

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La fabbrica della creatività

offrire garanzie di futuro. Il difficile compito che li attende, quindi, è costruirne uno nuovo».La disoccupazione giovanile è uno degli aspet-ti più preoccupanti dell’attuale crisi. Quali sono, secondo lei, i fattori di maggiore criticità che rendono così “impenetrabile” il mercato del lavoro a chi vuole entrarvi per la prima volta?«È un insieme di fattori che si intrecciano con la crisi attuale: alcuni generali, come la competi-zione globalizzata, la necessità di ridurre i costi per rimanere sul mercato e il cambiamento del mondo produttivo. Altri più specificamente ita-liani, in particolare la parallela incapacità delle imprese di fare vera innovazione e dell’istruzio-ne di adeguarsi alle nuove tecnologie. Secon-do studi dell’Ocse, ad esempio, sono proprio i

settori più innovativi che assumono più giova-ni, mentre le aziende poco innovative hanno un maggiore bisogno di lavoratori che assicurano continuità anziché innovazione. E sono i Paesi più innovativi che si preoccupano maggiormente dell’inserimento dei giovani nel mondo di lavoro e di un rapporto ottimale tra istruzione e lavoro».Che cosa succede se manca questo rapporto tra istruzione e lavoro?«La conseguenza più grande dei nostri ritardi è la formazione di una sorta di blocco sociale, appiattito sulla precarietà presente. In sintesi, i giovani senza lavoro non possono progettare il loro avvenire e sono bloccati. E i loro padri, i cinquantenni che vedono svanire il modello so-ciale su cui hanno costruito la loro vita, temono ugualmente per il futuro. Insomma, una situazio-ne di stallo che necessita di una generale ripro-gettazione dei modelli di lavoro e Welfare».Vale a dire?«In un’età così dinamica, fluida, bisogna trasfor-mare la difesa del lavoro in valorizzazione del lavoro. Per migliorare la situazione è necessario essere consapevoli che è il contesto dell’eco-nomia italiana a dover mutare, per adeguarsi ai tempi, colmare il divario tra chi è totalmente privo di tutele e chi è titolare di un impiego a tempo indeterminato, scardinare le posizioni di privilegio, le rendite di posizione e le clientele. Insomma, per mettersi in condizione di utilizza-re al meglio il talento e la voglia di fare dei gio-vani, indispensabili per riprendere il cammino dello sviluppo».Sempre su questo versante, che cosa, secondo lei, ha più necessità di interventi strutturali in Italia: il complesso della formazione, dalla scuola all’università, o le modalità di ricerca e selezione da parte delle aziende?«La formazione è la priorità delle priorità. Oggi non si tratta più semplicemente di migliorare gli standard dell’offerta formativa. Diventa sempre più necessario promuovere lo spirito di inizia-tiva, la capacità di innovazione e la creatività, fondamentali per dare valore aggiunto al proprio futuro lavoro e, con esso, alla propria dignità personale. Occorre dunque pensare a una forma-zione nuova, che prepari i giovani ad assumersi prima possibile la responsabilità dell’agire nel-lo studio e nel lavoro, nella vita stessa. Perché anche la migliore delle preparazioni non è suf-ficiente se segnata dall’incapacità di ragionare sulle cose, di esaminare i fatti e agire di conse-guenza».Qual è il sistema principalmente adottato da

In alto, Alessandro Benetton, dall’apri-le scorso presiden-te dell’azienda di famiglia, dopo che per vent’anni è sta-to impegnato nella sua “creatura”, la società di private equity 21 Investi-menti

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Benetton Group nella ricerca e selezione di nuovi collaboratori?«I metodi sono diversi a seconda del livello della posizione ricercata. Per i livelli più semplici viene utilizzato il database interno e il sito careers; per posizioni creative ci affidiamo anche a siti specia-lizzati che, di norma, forniscono buoni riscontri. Per posizioni più alte si lavora su ricerca diretta o attraverso cacciatori di teste. Ma la ricerca diretta rimane sempre uno dei canali principali».A proposito delle posizioni più semplici, si parla sovente della necessità di tornare ai la-vori manuali. I dati di Unioncamere-Excelsior fanno emergere richieste di mestieri artigia-nali snobbati dagli italiani. Ma è veramente così? Da imprenditore lei conferma questo disallineamento tra domanda e offerta delle professioni?«Secondo le indicazioni delle nostre risorse uma-ne, rispetto al passato ci sono più persone che si propongono per lavori manuali, anche se di fat-to non è un settore che riguardi molto Benetton Group. In generale si avverte maggiormente il desiderio di tornare a esprimersi attraverso lavori manuali, concreti, che danno subito la misura del saper fare. Che peraltro è sempre stata una delle ricchezze del nostro Paese».La riforma Fornero punta sull’apprendistato quale contratto prevalente di ingresso dei gio-vani nel mondo del lavoro. Tuttavia, recenti studi dell’Isfol sottolineano che si tratta anco-ra di uno strumento sottoutilizzato. Qual è la sua esperienza in proposito?«Come modalità di ingresso noi utilizziamo prin-cipalmente lo stage: è retribuito e per chi viene da fuori forniamo anche l’alloggio. Per l’estero la ri-cerca è più complessa perché occorre rispettare le quote emanate dall’agenzia del lavoro locale, con l’utilizzo di borse di studio. Per quanto riguarda il design della moda, collaboriamo direttamente con prestigiose università, ad esempio la Central Saint Martin’s di Londra, la Parsons School di New York e la scuola della Moda di Anversa, che hanno nella capacità di stimolare la creatività - che noi riteniamo il nutrimento del futuro - il loro punto di forza».Altre modalità per intercettare giovani pro-mettenti?«Il bacino creativo di Fabrica, il nostro centro di ricerca sulla comunicazione, che pur non avendo una relazione diretta con le attività di business, grazie a un sistema di borse di studio ai giova-ni crea opportunità di sperimentazione, e quindi indirettamente di contaminazione con il Gruppo.

Fabrica è uno spazio dove i giovani possono re-alizzare i loro progetti: chi arriva, anche giova-nissimo, con un’idea da sviluppare viene aiutato a farlo. Il campo d’azione è il mondo e in questo senso può essere sia un trampolino di lancio sia un’esperienza di vita».Con lei il Gruppo Benetton giunge alla secon-da generazione. Che cosa l’ha aiutata mag-giormente nell’affrontare il passaggio del testi-mone? Che cosa lo rende invece problematico nelle family companies italiane?«Credo che le parole d’ordine siano due: continu-ità e innovazione, da coniugare insieme. La con-tinuità è quella della cultura imprenditoriale della mia famiglia, centrata sulla passione per la moda e sulla capacità di costruire, a partire da questa passione, un sistema unico, insieme locale e glo-

il gruppo benettonPresente in 120 Paesi del mondo con i marchi United Colors of Benetton, Under-colors of Benetton, Sisley e Playlife, il Gruppo Benetton ha una rete commerciale di oltre 6.500 negozi e un fatturato totale che supera i due miliardi di euro.Nonostante la dimensione globale, ha mantenuto forti legami con il territorio trevigiano d’origine, in particolare mediante le attività culturali della Fondazione Benetton Studi e Ricerche e i progetti che ruotano intorno allo sport.Il radicamento nella società si manifesta anche attraverso Fabrica, il centro di ricerca sulla comunicazione della Benetton in cui si vuole coniugare cultura e industria tramite la comunicazione affidata non solo alle forme pubblicitarie consuete, ma a mezzi quali il design, la musica, il cinema, la fotografia, i pro-dotti editoriali e Internet.

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bale. L’innovazione sta nella necessità di reinven-tare continuamente questo sistema per adattarlo ai tempi nuovi, alla nuova geografia economica e sociale. E qui entrano in gioco le mie esperienze personali di imprenditore che, attraverso 21 Inve-stimenti, ha sperimentato una finanza al servizio delle idee buone, del fare impresa positivo e con-creto, per dargli sviluppo e visibilità internazio-nale. Senza entrare nel merito delle altre family companies italiane, credo che in generale le diffi-coltà nascano proprio dall’incapacità di collegare un passato magari glorioso agli scenari sempre nuovi del futuro».Da una recente ricerca emerge come la classe dirigente italiana sia la più anziana d’Europa. Come legge questi dati? Ritiene che i nostri ra-gazzi siano poco propensi all’attività impren-ditoriale o invece che l’Italia non sia “un Paese per giovani” perché tarpa le ali anche ai più capaci?«Credo che lo scenario sia quanto mai variega-to. L’immobilismo della nostra classe dirigente è indubbio ma è anche vero che nel primo trime-stre del 2012, per la prima volta in Italia, ci sono stati più ventenni che hanno aperto un’impresa di quanti abbiano trovato un posto di lavoro tra-dizionale. È un dato confortante perché esprime un cambiamento di prospettiva epocale: non più solo cercare lavoro ma, come prima scelta, cre-are lavoro. Comunque se parliamo di ostacoli al nuovo, di certe inossidabili rendite di posizione, la strada da percorrere è ancora tanta perché da noi le cose sono immobili da decenni. È tutto il

nostro sistema - familiare, scolastico, sociale, po-litico - a rimanere fermo, incapace di interpreta-re e capire la realtà. Le nuove leve potranno fare strada - e il Paese con loro - solo se gli adulti sapranno rovesciare le logiche attuali, trasmettere senso di responsabilità e valori collettivi, cambia-re i meccanismi di selezione e premiare il vero merito».Rispetto agli ostacoli da lei citati, che ruolo gioca il rapporto sempre più controverso fra industria e finanza, un rapporto in cui il ruolo della seconda sembra essersi allontanato dagli scopi della prima? Chi, meglio di lei, nella dop-pia veste di fondatore di una società di private equity e di imprenditore in un settore manifat-turiero può rispondere a questa domanda?«Come accennavo prima, parlando di 21 Inve-stimenti, è importante che finanza e industria marcino, ciascuna con le proprie gambe, nella stessa direzione, recuperando un giusto equili-brio tra necessità di investimento, valutazione del rischio, senso di responsabilità e orizzonti tempo-rali. Penso, ad esempio, a scelte e politiche fina-lizzate troppo al breve periodo: alla logica della “trimestrale”, del misurare il successo o la diffi-coltà di un’azienda con il respiro corto e affan-nato dei risultati calcolati ogni tre mesi. Proprio l’ossessione dei risultati immediati, a mio avviso, ha finito per sfociare in una distribuzione di va-lore - a pochi - più che in una vera creazione di valore. È quindi necessario che si torni a investire nelle imprese che fanno innovazione, che espri-mono una solida identità, non appiattita su una semplice scelta di mercato o sulla momentanea quotazione di borsa».Basta questo per ritrovare un giusto equilibrio?«Oggi nelle piazze del mondo - anche da noi - ri-suonano slogan, e purtroppo non solo, contro ma-nager, banchieri, imprenditori, ritenuti a torto o a ragione i principali responsabili della crisi. Per rispondere efficacemente a questa crescente ten-sione sociale, penso che per il mondo economi-co-finanziario siano necessarie al contempo una nuova cornice di regole e una profonda assunzio-ne di responsabilità. Per guardare con senso etico anche all’esterno del sistema aziendale: al conte-sto sociale, al territorio, ai valori ambientali. Per conciliare la creazione di valore con una maggio-re uguaglianza sociale. In generale, sarebbe op-portuna una nuova alleanza tra capitale e lavoro, tra responsabilità e democrazia, per evitare che la crisi, prima finanziaria poi economica, diventi proprio deficit di uguaglianza e quindi problema sociale sempre più acuto». n

Il negozio Benet-ton a Bangalore, in India, uno dei 120 Paesi in cui è presente il noto marchio di abbi-gliamento. La rete commerciale del Gruppo è forma-ta da più di 6.500 punti vendita

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SGEdificare la scuola giorno per giornodi Fabrizio Foschi, presidente Diesse

La presenza dell’associazione Diesse (Didatti-ca e innovazione scolastica) al Meeting 2012 esprime, attraverso lo stand nel padiglione

Cdo, e gli appuntamenti che vi si svolgeranno, una operosità di insegnanti che sono interessati alla educazione e alla formazione dei giovani in tutte le loro dimensioni. In particolare sono tre le direzioni della presenza che saranno sottoli-neate.

Le botteghe dell’insegnareLe botteghe dell’insegnare sono reti stabili di incontri e rapporti in cui si approfondisce, tra insegnanti, la coscienza dell’oggetto dell’inse-gnamento. La bottega è un servizio, un tentativo di risposta al bisogno di sintesi della cultura, un percorso didattico da verificare a partire da una ipotesi di giudizio iniziale. Ogni bottega è perciò guidata da un responsabile-tutor, il cui compito è quello di offrire lo spunto iniziale orientativo come espressione della propria professionalità, che poi verrà ripreso nella costruzione di una cultura comune. Le botteghe sono cresciute, come consapevolezza e anche di numero: oltre a quelle già esistenti (Arte; Clil-Content and Lan-guage Integrated Learning; Governance delle scuole; Lavoro; Infanzia; Italiano-incontro con l’autore; Italiano-lingua; Latino; Matematica; Progettazione; Religione cattolica; Scienza e scienze; Scienze motorie e sportive; Storia; Ve-

L’associazione di insegnanti Diesse sarà presente al Meeting

con un proprio stand che fungerà da punto di incontro per

quanti lavorano nell’istruzione e per tutti coloro che sono

interessati alla didattica e all’insegnamento

rifica e valutazione) se ne prevedono due nuo-ve: Filosofia e Sostegno. Tra le varie botteghe assume una valenza strategica quella del lavoro, grazie alla quale esperienze di istruzione e di formazione professionale dialogano tra loro. La bottega lavoro valorizza soprattutto tentativi di scuole che dialogano con il mondo del lavoro e dell’impresa: da questo punto di vista essa è an-che un collettore di esperienze significative nel panorama nostrano.

La novità dei TfaUna seconda funzione dello stand è quella della informazione su tutto quanto accade nel mondo della scuola, con particolare riferimento ai gio-vani insegnanti per i quali è previsto un tavolo di consulenza permanente. La novità di questo anno scolastico/accademico è che sono partiti i Tfa (Tirocini formativi attivi) che quando queste pagine saranno pubblicate saranno stati effettuati

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per la prima parte introduttiva, cioè i test prelimi-nari di accesso curati a livello nazionale dal Miur per un certo numero di classi di concorso (non tutte). Poi seguiranno la prova scritta e la prova orale disposte autonomamente dalle università. Si arriverà così alla determinazione di graduatorie che terranno conto dei titoli valutabili, dei pun-teggi delle prove e dell’eventuale servizio svolto. In successione, poi, dovranno essere accredita-te dalle università, in regime di convenzione, le scuole disponibili ad accogliere i tirocinanti per la parte del tirocinio da svolgere a scuola. Nel-le singole scuole dovranno essere individuati gli insegnanti tutor dei tirocinanti: insomma, l’iter è ancora lungo. A Diesse interessa che le procedu-re siano applicate in modo ordinato e per questo l’associazione continuerà a informare su questo tema, come pure su quello dei percorsi speciali abilitanti, promessi per coloro che hanno matu-rato almeno tre anni di servizio dal 1999/2000.

Convention Scuola 2012Infine, lo stand è il punto di informazione e di prima raccolta di adesioni in vista del principale appuntamento annuale di Diesse: la Convention Scuola che si terrà a Bologna dal 13 al 14 Ottobre 2012. Il titolo dell’appuntamento è “Protagonisti nella scuola, per la crescita della società”. È pos-sibile vivere la scuola da protagonisti? Come? La Convention Scuola di Diesse da alcuni anni è un luogo in cui, in tanti modi diversi, insegnanti testi-moniano ad altri insegnanti il punto sorgivo della quotidiana sfida educativa. Questo punto è la percezione piena di interesse e meraviglia per quel pezzo di realtà che si mostra nell’attività da svolgere, nella materia da inse-gnare, nella scuola come comunità da guidare o nella quale inserirsi. La scuola si costruisce ogni giorno, in rapporto agli alunni e ai colleghi che si hanno di fronte, ma anche in rapporto alle materie che si è chiamati a insegnare a persone desiderose di apprendere. Il motore della Convention, per-ciò, sono le relazioni che alcuni insegnanti hanno costruito attorno a sé nella scuola, percependosi come risorse e non adeguandosi al clima di sfidu-cia generale. Si tratta di una dinamica in cui tutto, dalla materia al profilo della scuola, al rapporto con il territorio, viene giudicato e il giudizio di-venta operosità. I punti cardine della Convention in questo senso sono indicativi. Anzitutto le botte-ghe dell’insegnare, di cui abbiamo detto. La Convention presenta poi, come ogni anno, la piazza della didattica, cioè una rassegna di pro-duzioni (libri di testo, pubblicazioni, esperienze ecc.) espressive del lavoro di insegnanti e realtà regionali di Diesse. Girando tra i tavoli e gli stand allestiti appositamente, gli insegnanti che parte-cipano alla Convention potranno aggiornarsi e anche paragonarsi con i tentativi altrui (sono pre-senti anche case editrici). Infine saranno proposti momenti assembleari in cui ascoltare altre voci significative ed eventualmente interloquire con le autorità scolastiche (è stato invitato il ministro dell’Istruzione Francesco Profumo). Nel com-plesso, un gesto proposto a tutta la scuola: la Con-vention intercetta, infatti, una domanda di verità e di aiuto che circola, seppure a volte in maniera implicita, tra i docenti. In questo senso un’as-sociazione come Diesse esercita un’importan-te funzione sussidiaria non perché si sostituisce all’istituzione, ma perché rappresenta un pezzo della società civile che si organizza liberamente e chiede all’amministrazione centrale di porre le condizioni affinché sia riconosciuta la professio-nalità docente. n

Nelle foto picco-le, momenti della Convention Scuo-la di Diesse 2011, a p p u n t a m e n t o annuale dell’as-sociazione di insegnanti all’in-terno del quale si affrontano le que-stioni principali dell’istruzione

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I AL’Italia d’acciaio

«Sono critiche ingenerose quelle che spesso vengono rivolte ai nostri ragazzi, personal-mente non le condivido». Giuseppe Pasini,

presidente di uno dei più grandi gruppi siderurgici europei, la Feralpi di Lonato del Garda in provin-cia di Brescia, non vuole entrare in polemica con chi considera i giovani d’oggi demotivati e un po’ ignoranti, al contrario, dice, per uscire dalla crisi bisogna sostenere e credere nelle nuove generazio-ni. Le sue non sono solo parole. Il gruppo brescia-no, infatti, grazie all’apprendistato in azienda ha assunto ben 48 giovani a cui lavorare piace e tanto. Il progetto di apprendistato è partito nel 2007, con sessanta ragazzi tutti neodiplomati periti industriali e provenienti dal quarto e quinto anno dell’istituto tecnico di Lonato. L’obiettivo del progetto, voluto da Feralpi e terminato nel 2011, è stato quello di insegnare ai ragazzi tutte le conoscenze utili per un inserimento duraturo in azienda, in particolare nei settori meccanico-metallurgico, elettronico ed elettrotecnico e informatico. «Il settore siderurgico è in evoluzione continua - spiega Pasini - e deve affrontare ogni giorno la spietata concorrenza dei Paesi emergenti come Oriente e Sud America. In-vestire nelle competenze di questi giovani, creando all’interno dell’azienda un percorso di formazione qualificata, figure professionali capaci di stare al passo con un mercato così competitivo è per noi un elemento strategico». Durante il periodo di ap-prendistato i ragazzi, tutti regolarmente retribuiti, si sono alternati tra l’attività pratica in azienda e l’apprendimento della parte teorica in aula. Carat-teristica innovativa del progetto è stata la centralità dell’azienda nell’organizzazione del corso che ne

La Feralpi, leader in Europa nel settore siderurgico, grazie all’apprendistato in

azienda ha assunto 48 giovani. Un progetto portato avanti nonostante la crisi del

2009 con gli operai in cassa integrazione. «Ma alla fine ci siamo riusciti - dice il

presidente Giuseppe Pasini -. Le crisi passano e quando passano bisogna mettere

in campo i migliori»

di Bettina Gamba

ha scelto le discipline, i contenuti, le modalità di inserimento in reparto degli apprendisti, i docenti e i tutor. L’azione formativa si è svolta nell’ambito di un contratto di apprendistato volto a garantire l’assunzione a tempo indeterminato di tutti i par-tecipanti dopo il superamento degli esami finali in una delle aziende del Gruppo Feralpi. I 48 giovani assunti sono stati tutti inseriti nei reparti produtti-vi dell’azienda e tra dieci-quindici anni diverranno quadri intermedi, un’anima importantissima e de-licatissima del settore siderurgico. «Quando siamo partiti con il progetto di apprendistato, nel 2007, i bandi non erano ancora avviati - spiega il presi-dente del Gruppo bresciano - per questo non siamo stati più di tanto aiutati dalle istituzioni e quando nel 2009 la Feralpi si è trovata nel bel mezzo di una pesante crisi il progetto si è dimostrato finanziaria-mente oneroso». Nel 2009 il fatturato è sceso da un miliardo e 600 milioni (nel 2008) a 720 milioni. Molti lavoratori sono stati messi in cassa integra-zione e le attività produttive ridotte. Ma gli appren-disti non potevano finire in cassa integrazione. «In un momento così duro portare avanti fino alla fine il programma è stato pesante, ma alla fine ci siamo riusciti perché le crisi passano e quando passano bisogna mettere in campo i migliori».

Il settore italiano batte l’Europa«I cambiamenti in economia sono rapidi e non si può pretendere che la scuola sia altrettanto rapida» ripete Pasini, per dieci anni presidente anche di Federac-ciai. I dati, che rispecchiano questi veloci cambi di rotta, lo confermano: il settore siderurgico italiano sta battendo la crisi. Nel primo trimestre 2012, infat-

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ti, secondo Federacciai, l’Italia ha prodotto 7,4 mi-lioni di tonnellate di acciaio (+5,7% rispetto al 2010) crescendo più della media europea e confermando la ripresa del 2011. «L’anno scorso l’industria siderur-gica nazionale ha fatto registrare un +11,5%, meglio di noi hanno fatto solo la Turchia e la Sud Corea - ribadisce Pasini -: questo dimostra che il settore si-derurgico, troppe volte tacciato di essere un settore old economy è al contrario vivo e dinamico. A livello europeo siamo la seconda potenza siderurgica dopo la Germania, quanti comparti in Italia possono van-tarsi di una tale posizione?». Fare l’imprenditore, oggi in Italia, secondo Pasini è un po’ come fare il parroco, è una missione. «L’Italia è un Paese compli-cato - continua - ogni giorno ascolto i problemi che i miei colleghi devono superare, a volte insormonta-bili. C’è una burocrazia lunga, costosa e disarmante che osteggia le aziende, allontana gli imprenditori e i capitali esteri. La crisi in Feralpi l’abbiamo superata grazie alla capacità del nostro Gruppo di guardare oltre confine e di non smettere di investire all’interno dell’azienda». La metà del fatturato di Feralpi, in-fatti, proviene dall’estero e negli ultimi tre anni gli investimenti in tecnologia e innovazione hanno sfio-rato i 130 milioni di euro. «Le crisi si superano se hai validi collaboratori e per averne bisogna insegna-re loro un attaccamento vero al lavoro» ed è questo che Pasini vuole trasmettere ai suoi ragazzi, anche lui poco più che ventenne quando entrò in azienda nell’83 dopo la morta improvvisa del padre Car-lo, il fondatore. Tante le battaglie che la Feralpi ha combattuto in questi decenni e le crisi che ha supe-rato. «A volte mi arrabbio perché conosco gli sforzi che fanno oggi gli imprenditori in campo nazionale per mantenersi efficienti. Perché vede - conclude - un’azienda non è fatta solo di numeri e bilanci… fare l’imprenditore è il mestiere più bello del mondo». n

Il Gruppo Feralpi ha in-vestito nelle competenze dei giovani, creando all’interno dell’azienda un percorso di forma-zione qualificata, figure professionali capaci di stare al passo con un mercato così competiti-vo. Durante il periodo di apprendistato i ra-gazzi, tutti regolarmente retribuiti, si sono alter-nati tra l’attività pratica in azienda e l’apprendi-mento della parte teori-ca in aula

«L’anno scorso l’industria siderurgica nazionale ha fatto registrare un +11,5%, meglio di noi hanno fatto solo la Turchia e la Sud Corea - dice Giuseppe Pasini (nella foto), presidente di Feralpi ed ex presi-dente di Federacciai -: questo dimostra che il settore siderurgico, troppe volte tacciato di essere un settore old economy è al contrario vivo e dinamico. A livello europeo siamo la seconda potenza siderurgica dopo la Germania, quanti comparti in Italia possono van-tarsi di una tale posizione?»

Il Gruppo Feralpi, leader di settore in Europa, opera nell’ambito della siderurgia a servizio dell’edilizia. Il Gruppo si presenta oggi con a capo la Feralpi Holding Spa e per quanto riguarda le società a core business siderurgico, comprende collegate in Italia, Germania, Repubblica Ceca, Ungheria e Romania. Con oltre 1300 addetti, ha una produzione superiore a cinque milioni di tonnellate all’anno tra acciaio e prodotti finiti. Nel biennio 2009-2010 ha investito 72 milioni di euro per migliorare l’efficienza degli impianti e 24,5 milioni di euro per sicurezza e ambiente. È l’unica realtà siderurgica italiana con giudizio A+ dal Global Reporting Initiative, associazione internazionale che detta le linee guida per lo sviluppo sostenibile.

72 milioni di euro investitiper la sicurezza degli impianti

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G CGiovani ingegneri crescono

«Il bisogno aguzza l’ingegno». Lo dice Clau-dio Pigazzini, fondatore e titolare della Sepam di Civate, in provincia di Lecco,

azienda nata alla fine del 2005 come spin-off di una precedente società. Oggi la Sepam fattura

La Sepam di Civate, in provincia di Lecco, propone percorsi di studio-lavoro agli studenti del

Politecnico. In questo modo tre di loro sono già stati assunti a tempo indeterminato e altri due stanno

svolgendo un tirocinio formativo

hanno fatto lo stesso percorso con la forma del tirocinio. Tre di loro, dopo un periodo di appren-distato, sono stati assunti a tempo indeterminato. Gli ultimi due, che tuttora stanno completando lo stage, hanno come maestri gli ex colleghi di uni-

quasi tre milioni di euro e opera nel cam-po dell’automazione industriale, offrendo servizi ingegneristici in una decina di settori che spaziano dal legno e dal tessile fino al si-derurgico e alle gran-di centrali frigorifere. All’avvio dell’impre-sa, Pigazzini può con-tare su un paio di tec-nici e il “bisogno” in questione è quello che, di lì a poco, lo vedrà alla ricerca di nuove figure che rispondano alle esigenze di cresci-ta aziendale. «Mi sono subito imbattuto in una difficoltà - racconta -: era improbabile che

Lo stand della Sepam all’ultimo Matching, che si è svolto dal 21 al 23 novembre 2011

tecnici di esperienza abbandonassero posti sicuri per venire a lavorare in una micro impresa che, seppure dalle ampie aspettative, era stata costitu-ita da poco. Così ho attivato le “antenne” e mi è venuta l’idea di proporre a un giovane universita-rio del Politecnico conosciuto per caso, che stava finendo il terzo anno di Ingegneria, di iniziare un percorso di studio-lavoro, completando il quarto e il quinto anno in azienda da me. Ovviamente senza stravolgere il suo piano accademico». Era il 2007. Da allora sono stati cinque gli ingegneri che

versità. «È una dinamica molto positiva - spiega Pigazzini -: sono giovani, parlano lo stesso linguag-gio, provengono da uno stesso tipo di formazione, in alcuni casi hanno per-fino frequentato lo stesso istituto tecnico. Questo fa emergere una capacità del-la squadra di esprimersi al meglio». Ma ciò che tiene a sottolineare specialmen-te il titolare della Sepam è l’importanza del ruolo del “maestro”: «Nel nostro settore i tempi di profes-sionalizzazione, necessari per imparare il mestiere, sono molto lunghi. È fon-damentale che ci sia qual-cuno che, da una parte, accompagni l’allievo ad

acquisire cognizioni e competenze, dall’altra, lo invogli lungo il cammino e lo spinga a crescere. Questo richiede un’attenzione da parte dei se-nior, perché non si possono “buttare” i ragazzi dentro l’oceano con una zattera: rischiano di an-negare». Perché non bastano le competenze tec-niche, servono anche altre capacità, quelle che rientrano nel cosiddetto “curriculum implicito”, capacità quali responsabilità, attitudine a rela-zionarsi e a farsi carico di impegni, disposizione al lavoro di squadra e al rapporto con il cliente.

di Carmelo Greco

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Giovani ingegneri crescono

e Orio al Serio, la presenza internazionale di que-sta clientela fa sì che i sistemi e gli impianti instal-lati dall’impresa si trovino in ogni parte del mon-do. «Ho sempre avuto una particolare attenzione all’internazionalizzazione - aggiunge Pigazzini, di ritorno dal Matching Cina organizzato dalla Cdo a Shanghai il 25 e 26 giugno - e l’opportunità della Cina si inserisce in un contesto più ampio, che è quello della rete. Per una piccola impresa come la mia, internazionalizzazione e rete finiscono per coincidere: non si può internazionalizzare se non si fa anche rete. E questo può avvenire sia come part-ner di qualche cliente importante sia come pool di aziende complementari che offrono un prodotto fi-nito unendo le loro singole forze». Una cosa è evi-dente: l’Italia (ma anche l’Europa) è diventato or-mai un ambito troppo piccolo per il nostro sistema produttivo. «Mai come oggi - continua il titolare della Sepam - il mondo ha offerto importanti op-portunità di lavoro; la novità consiste nel fatto che il baricentro dell’economia si è spostato in altre aree del pianeta. Quindi, o noi siamo in grado di affrontare questa nuova situazione, oppure rischia-mo un’involuzione abbastanza repentina. La sfida dell’internazionalizzazione spinge a prendere più coscienza di quello che sei e di quello che fai, met-te in moto dinamiche positive. Ad esempio, stiamo rifacendo una parte del sito, ci stiamo focalizzando su alcuni settori di intervento per essere più precisi nella proposta al mercato cinese, stiamo realiz-zando un database per avere una mailing list più consistente di possibili clienti». Nel Paese del Dra-gone le prospettive potrebbero essere molteplici: dal supporto tecnico a investitori che, ad esempio, necessitano della tipologia di servizi per i quali Se-pam è specializzata fino al coinvolgimento di in-gegneri locali che, dopo adeguato training, siano in grado di supportare attività di service su instal-lazioni precedentemente realizzate da costruttori italiani. Quest’ultima eventualità si presterebbe a una variante che amplierebbe i confini geografi-ci dell’esperienza che Pigazzini porta avanti con gli studenti del Politecnico. “Importare” studenti dal Paese asiatico ai quali proporre un tirocinio in Italia, diventerebbe una risorsa preziosa sia per la Sepam sia per altre aziende italiane interessate a investire sul mercato asiatico.«Inoltre - conclude Claudio Pigazzini -, possiamo diventare un service point tecnologico per imprese cinesi che vogliono investire nell’area del Mediter-raneo o del Sud Europa. L’esperienza mi insegna che quando ci si muove, si aprono varie opportuni-tà. Se stai invece seduto al tuo tavolino, aspettando che qualcosa accada, nulla mai accadrà». n

che da genitore, la forte convinzione che è fonda-mentale investire sui giovani, e per giovani intendo una fascia che va dai bambini della prima elemen-tare agli universitari. È una convinzione che ha in-fluenzato anche le mie scelte aziendali. Da qui na-sce l’idea di creare sempre nuove opportunità che stimolino la crescita dei nuovi collaboratori. Que-sto, nel tempo, genera una positiva dinamica inno-vativa». E l’innovazione, per l’azienda di Civate, è inscritta nel Dna. Insieme alla propensione a internazionalizzare. Sebbene, infatti, i clienti della Sepam siano concentrati soprattutto nel perimetro dei quattro aeroporti di Lugano, Malpensa, Linate

Talvolta l’“oceano” si presenta sotto forma di situazioni difficili da gestire a stretto contatto con la committenza, situazioni per le quali la semplice conoscenza specifica del prodotto o del servizio è insufficiente.

Passione educativaDa dove nasce questa modalità fondata sul ruo-lo del “maestro”? Claudio Pigazzini ha portato nella sua azienda un modus operandi che punta sull’educazione e sulla formazione dei giovani. Insieme ad altri amici ha dato vita nel 2005 alla Fondazione Don Giovanni Brandolese di Lecco che gestisce dei licei paritari. «Ho maturato, an-

La porta d’ingresso dell’azienda di Ci-vate, nel lecchese; in basso, il fondato-re e titolare, Clau-dio Pigazzini

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C BCosì si costruisce il bene comune

«La disoccupazione aumenta perché l’econo-mia va male. Il peggioramento progressivo degli ultimi anni non può che portare a que-

sti dati, ed è chiaro che a pagarne le conseguenze più pesanti sono i più deboli, i giovani, le donne e gli ultra cinquantenni. Senza crescita, non si crea occupazione». Il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, il quale al prossimo Meeting di Rimini parteciperà a un incontro dal titolo “Lavoro e cre-scita”, è preoccupato per il clima che c’è nel Pa-ese. Gli abbiamo chiesto di spiegare ai lettori del Corriere delle Opere in che modo l’Italia potrebbe ricominciare a crescere.Da tempo lei si dice preoccupato per la man-canza di politiche legate allo sviluppo del Paese. Ritiene che le recenti mosse del Governo siano un’adeguata risposta alle sue preoccupazioni?«L’azione del Governo è stata finora insufficiente sul piano dello stimolo alla crescita e allo svilup-po. La linea del rigore nei conti pubblici non basta a tirare fuori il Paese dalla crisi. Sono mesi che noi ripetiamo che il patto sociale è l’unica strada per dare forza non solo al Governo ma anche alle politiche che possono essere efficaci. Se il Gover-

«Per risalire la china della crisi

occorre ricostruire innanzitutto un

“capitale sociale” di fiducia che può

venire soltanto dalla valorizzazione

di una diffusa partecipazione

democratica dei cittadini e delle

loro organizzazioni. La politica

deve tornare a esprimere capacità

progettuale, di mediazione, obiettivi

condivisi. Solo così - secondo il

segretario della Cisl Raffaele Bonanni

- può realizzare gli interessi generali»

di Dario Vascellaro

no si lamenta di aver perso l’appoggio iniziale dei poteri forti, allora occorre recuperare il senso del rapporto con le forze sociali che sono responsabili e ben consapevoli della necessità di una svolta nel-le politiche di sviluppo».Lei ha anche denunciato la mancanza di con-sapevolezza della classe dirigente italiana della situazione che stiamo vivendo. Ritiene che tale mancanza perduri?«La politica ha deciso di farsi da parte in questo momento per coprire le sue manchevolezze e le sue omissioni. La classe dirigente ha dimostrato di pensare più alla sopravvivenza dei propri appa-rati che agli interessi reali del Paese e della gente. Alla base di tutto c’è un problema di etica pubbli-ca. Sono più di vent’anni che il nostro Paese non ha una governabilità all’altezza di un grande Paese occidentale, rinviando quelle riforme istituzionali ed economiche che sono indispensabili per garan-tire al Paese di poter competere in uno scenario globale. Il bipolarismo di questi anni, che si è espresso in continue delegittimazioni, prevarica-zioni, intolleranze reciproche, ha portato a un de-grado della vita politica, con la mortificazione del

La Cisl continua a sol-lecitare l’esigenza di un Patto per la crescita, in cui tutti facciano la pro-pria parte per favorire il rilancio degli investi-menti

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Così si costruisce il bene comunesuo ruolo di progetto, di proposta, di ricerca del confronto, di moderazione e di mediazione. Non si sono fatte quelle riforme in grado di dare senso, trasparenza programmatica e vitalità allo stesso bipolarismo. È stata messa in crisi la democrazia partecipativa, avendo sottratto ai cittadini anche il diritto di scegliere chi li deve rappresentare in Par-lamento. La latitanza della politica sta producendo il rifiorire di posizioni populistiche e qualunquisti-che che rischiano di travolgere e di scompaginare tutto il quadro politico».La Cisl chiede da diversi mesi un vero e pro-prio patto per il Paese che veda coinvolti tutti, Governo centrale, Governi locali, parti sociali e politica. Pensa che sia una richiesta realistica?«Il patto sociale che noi auspichiamo non ha nulla a che vedere con un modello consociativo. Occorre tornare alla vera concertazione, fissando tre-quat-tro grandi obiettivi di riforma e su questi obiettivi ciascuna delle parti deve portare il proprio contri-buto responsabile. Questo è il significato del patto sociale. A che cosa pensiamo? In primo luogo una riforma fiscale che abbassi le tasse ai lavoratori, ai pensionati e alle aziende che assumono, redistri-buendo il peso del fisco in base alla reale capacità contributiva delle persone e delle società. Chi ha di più deve pagare di più. Chi ha di meno deve pa-gare di meno. E poi bisogna riorganizzare tutta la macchina pubblica. Ci sono troppi sprechi, troppe ruberie, troppe sovrastrutture. Si è fatto tanto fumo finora ma la sostanza non è cambiata. Noi propo-niamo per esempio di vendere gran parte dei beni

demaniali, oggi completamente sottoutilizzati, che potrebbero fruttare circa 40 miliardi di euro. Ma il Governo finora ha fatto le orecchie da mercante».Nel manifesto del Forum delle persone e delle associazioni di ispirazione cattolica nel mondo del lavoro (Cisl, Mcl, Confartigianato, Confco-operative, Compagnia delle Opere, Acli e Coldi-retti) “La buona politica per tornare a crescere” si legge la seguente frase: «Noi crediamo nella capacità dell’Italia di avviare una nuova stagio-ne di crescita, nel quadro della globalizzazione contemporanea, così da riaprire il futuro dei nostri giovani, delle nostre famiglie, dei nostri territori». In che modo, secondo i partecipanti al Forum, si potrebbe rilanciare la crescita, evi-tando il circolo vizioso austerity-recessione?«I problemi economici e sociali che abbiamo di fronte vanno affrontati con il dovuto rigore, ma an-che con la necessaria equità sociale. Il manifesto

del Forum offre a tutti un quadro chiaro di ri-forme economiche e di governo della società. Tante associazioni del mondo dell’impresa e del lavoro, durante questi mesi di crisi eco-nomica, hanno dimo-strato nei fatti di voler portare avanti i principi della dottrina sociale della Chiesa attraverso la cooperazione e l’as-sunzione di responsa-bilità. Così si costrui-sce il bene comune. Per risalire la china della crisi occorre ricostruire innanzitutto un “capi-tale sociale” di fiducia che può venire soltanto dalla valorizzazione di una diffusa partecipa-zione democratica dei cittadini e delle loro

«Tocca al Governo - dice Bonanni -, alle forze po-litiche, alle imprese, al sindacato saper raccogliere la sfida, per far ripartire la crescita del Paese in uno sforzo straordinario di solidarietà e coesione nazio-nale»

organizzazioni. La politica deve tornare a espri-mere capacità progettuale, di mediazione, obiettivi condivisi. Solo così può realizzare gli interessi ge-nerali e il bene comune. Ecco la necessità di una testimonianza forte di valori, la formazione di una nuova classe dirigente per promuovere una poli-tica in grado di misurarsi con i problemi concreti della realtà, di diventare progetto di cambiamento, di promuovere libertà e responsabilità, giustizia e

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solidarietà».Quale deve essere, in questo tempo di crisi, il ruolo del sindacato?«A differenza dei partiti, il sindacato ha visto cre-scere i suoi consensi in questi anni in termini di iscritti e di capacità di mobilitazione. Il sindacato ha una responsabilità in più che gli viene da una capillare presenza nei posti di lavoro e nella so-cietà italiana. Stiamo facendo e dobbiamo fare la nostra parte in questa fase di crisi, sapendo che i sacrifici necessari devono essere distribuiti con equità. Finora non è stato così. Hanno pagato solo i lavoratori e i pensionati. Io stimo Monti come presidente del Consiglio, ma non si può governare il Paese con scelte unilaterali e solitarie. Occorre coinvolgere le parti sociali nelle decisioni, tessere la tela dei rapporti per ottenere il massimo consen-so sociale. Questo è mancato finora. Ecco perché il sindacato deve insistere con la sua linea concer-tativa, come è già avvenuto in altre epoche della storia del nostro Paese. Dobbiamo avere anche un approccio partecipativo e non antagonistico nei posti di lavoro e nella società italiana, con un cam-biamento culturale forte».Negli ultimi due decenni si è diffusa l’idea che la libertà sindacale e il diritto alla contrattazio-ne collettiva abbiano un impatto negativo sulla crescita. Dando per scontata la sua contrarietà a tale posizione, come è cambiato oggi - anche in seguito alle recenti riforme - il ruolo della contrattazione collettiva nell’economia globale e quali conseguenze positive per la crescita del Paese dovrebbero portare tali cambiamenti?«La Germania è la prova evidente di come la con-trattazione sia stata in questi anni il motore del cambiamento economico e sociale. Questa è la strada da seguire. Solo con un coinvolgimento dei lavoratori nei processi produttivi si può migliorare la qualità della produzione, aumentare i livelli di produttività per poter competere nel mercato. Tut-to questo si può fare anche scambiando aumenti significativi di salario, con una diversa regolazione dei turni di lavoro. Lo abbiamo fatto in Italia con gli accordi aziendali alla Fiat che ci hanno permes-so di salvare l’occupazione e aumentare anche i salari. La contrattazione aziendale è oggi fonda-mentale per adattare i meccanismi produttivi alle nuove esigenze del mercato».Il sindacato è spesso accusato di aver privilegia-to gli anziani rispetto ai giovani. Come risponde a tale accusa? E cosa sta cercando di fare il sin-dacato per andare incontro alle esigenze delle giovani generazioni?«È una tesi infondata e pretestuosa. Chi accusa il

sindacato di non pensare ai giovani lo fa in mala-fede per coprire le proprie omissioni. Siamo stati noi a chiedere al Governo di eliminare tutte quelle forme di flessibilità malate come le false partite Iva o i contratti di compartecipazione che sono una vera truffa per i giovani. Che cosa hanno fatto gli altri per i giovani? Niente. Non hanno voluto rendere obbligatoria la previdenza integrativa per proteggere le assicurazioni. Non si è finanziato il credito d’imposta automatico per favorire nuove assunzioni, soprattutto donne, come ha chiesto ripetutamente il sindacato in questi anni. La Cisl si è battuta invece in questi anni per aumentare gradualmente le tutele contrattuali e previdenziali ai giovani assunti con contratti atipici e a tempo determinato. L’occupazione si crea solo con una buona economia, con meno tasse sul lavoro e una maggiore qualità della produzione».Da cattolico, cosa le suggerisce il tema del Mee-ting di quest’anno, “La natura dell’uomo è rap-porto con l’infinito”? Tale rapporto le è d’aiuto nella sua attività di sindacalista? E il recupero di tale rapporto potrebbe aiutare la nostra socie-tà che lei, di recente, ha descritto come basita, paralizzata?

Secondo Bonanni, il rigore va coniugato con le misure per la cresci-ta, altrimenti si rischia di peggiorare le cose

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«Penso che il tema del Meeting anche quest’anno sia davvero stimolante non solo per i credenti. La vita dell’uomo è espressione del suo rapporto con l’infinito, nel suo lavoro, nella sua vita familiare, nella sua vita economica e anche nel suo rapporto con la politica. Non sono le condizioni che deter-minano il nostro agire. È importante capire chi siamo noi come persone, in un momento dove tutto sembra condizionato dalla crisi e dai proble-mi gravi sul piano sociale per cambiare questa si-tuazione in meglio. Come diceva Sant’Agostino “i cristiani devono dimostare di essere i migliori cittadini”. I cattolici hanno una responsabilità in più perché i nostri valori comuni sono quelli della partecipazione, della fratellanza e della so-lidarietà che sono i cardini per costruire una so-cietà più equa e giusta. Veniamo da un ventennio terribile influenzato dal mito del consumismo e della finanza facile. Tutto questo ha spinto a com-portamenti individualistici che hanno portato al disimpegno e a un sistema politico sempre più oligarchico. Dobbiamo superare questa situazio-ne, riscoprendo la centralità delle persona. È la persona stessa che si deve prendere in carico la propria responsabilità. Occorre tornare alla par-tecipazione e a un impegno collettivo, ma evitan-do che questa spinta collettiva possa portare al ribellismo». n

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I EPuntare sulle infrastrutture per il rilancio della nostra economia

di Lanfranco Senn professore ordinario di Economia Regionale e presidente di Metropolitana Milanese spa

In una fase della vita del Paese in cui si dibatte per “inventare” soluzioni per uscire dalla crisi, la realizzazione di infrastrutture è spesso ci-

tata come una delle soluzioni appropriate. Non sempre, tuttavia, sono chiari i motivi per cui le infrastrutture dovrebbero contribuire a rilanciare l’economia. C’è chi sostiene, ad esempio, che spendere in (qualsiasi) infrastruttura consenta, avviando opere subito cantierabili, di genera-re un aumento diffuso e tecnologicamente non selettivo della produzione del settore dei lavori pubblici, di riattivare subito nuova occupazione e nuovi redditi medi e di dar vita ad attività di ser-vizi complementari. Questa è la visione di breve periodo, incentrata sull’aumento immediato della spesa pubblica (sempre che ci siano - comunque - risorse disponibili). Una simile argomentazione appare dunque, nella migliore delle ipotesi, par-ziale e poco efficace. Quando si saranno esauriti gli effetti della spesa, ci si ritroverebbe con qual-che realizzazione in più, ma senza aver concepito quel cambiamento “strutturale” dell’economia che rende più efficiente il sistema Paese, pronto a ricominciare su nuovi presupposti.Al termine della crisi non ci si troverà a ripartire

«Un serio programma di

infrastrutturazione del Paese pone il

seme di un cambiamento strutturale

dell’economia e aiuta persone e

imprese a uscire dalla crisi». Parola

di Lanfranco Senn, uno dei maggiori

esperti del tema

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Puntare sulle infrastrutture per il rilancio della nostra economia

dopo un periodo in cui si è semplicemente “entra-ti in pausa”, o riaccelerando dopo una curva dif-ficile in cui si è semplicemente “sbandati”. Dalla crisi si uscirà solo dopo la fatica di un cambia-mento volto a modificare le abitudini di consumo e di produzione, ad approfondire i valori della solidarietà, della sussidiarietà e del bene comune.In questa prospettiva, un serio programma di infrastrutturazione del Paese pone il seme di un cambiamento strutturale dell’economia e aiuta persone e imprese a uscire dalla crisi.

Le infrastrutture - volute, scelte e realizzate - possono infatti contribuire a rilanciare l’econo-mia perché cambiano le condizioni del nostro sviluppo, della nostra competitività e della nostra efficienza. L’infrastrutturazione di un Paese - nei settori dei trasporti, dell’energia, delle telecomu-nicazioni, del trattamento dell’acqua e dei rifiuti - non è del resto un fine ma un mezzo per mi-gliorare efficienza e qualità della vita. È utile, ad esempio, costruire binari ferroviari solo perché poi ci corrono sopra dei treni veloci, costruire ae-roporti perché i (numerosi) aerei che vi atterrano o vi decollano consentono di collegarsi con (nu-merose e) importanti destinazioni; costruire cen-trali elettriche per ridurre i costi energetici di fa-miglie e imprese, reti a banda larga per facilitare le comunicazioni, reti idriche per garantire acqua da consumare a tariffe basse e di elevata qualità.

I meccanismi economiciCon che “meccanismi economici” le infrastruttu-re cambiano le condizioni per lo sviluppo? Pen-siamo a una strada o a una ferrovia: le si costru-isce non perché la loro realizzazione dà lavoro a molti operai. Anche, ma si potrebbe creare lavoro magari più qualificato in molti altri settori. Ma soprattutto perché quella strada o quella ferrovia consentirà alle imprese, soprattutto quelle medio piccole, di ridurre i propri costi di trasporto fa-cendo transitare le loro merci più efficientemente e direttamente verso i mercati e rendendole più competitive. Quelle infrastrutture, rafforzando la rete di mobilità, serviranno nuove destinazio-ni per i prodotti delle imprese (si moltiplicano gli scambi) o nuove “origini” da cui acquistare materie prime e semilavorati, con più “scelta” di fornitori e clienti.Quelle infrastrutture consentono - nella misura in cui rendono accessibile una località - di sce-gliere addirittura se andarci a operare, fuggendo da aree congestionate o troppo competitive per le loro forze.Ma lo stesso ragionamento si può fare su altri “settori infrastrutturali” in cui investire a bene-ficio delle piccole imprese: quello energetico, perché la bolletta pesa in modo proibitivo sul complesso dei costi; quello delle telecomunica-zioni, che se non sono rapide ed efficienti non consentono alle piccole imprese di fare un salto di qualità sul mercato globale…Anche per le persone le stesse infrastrutture - o altre, quali quelle idriche e ambientali - generano nuove opportunità e migliore qualità della vita.Per tutte queste ragioni è difficile capire l’“oppo-

«Le infrastrutture - dice Lanfranco Senn (nella foto piccola) - possono contribuire a rilan-ciare l’economia perché cambiano le condizioni del no-stro sviluppo, della nostra competitività e della nostra effi-cienza»

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sizione” alle infrastrutture, specie quando questa prende la forma di un “no” totale e preconcetto. È vero che costi e benefici non sono uniformi sul territorio. Ma proprio per questo il dialogo va iniziato e costruito da subito con informazioni, comunicazione preventiva e soprattutto un coin-volgimento delle popolazioni colpite dai costi più che dai benefici persino nella fase della gestione delle infrastrutture. In altri Paesi (Francia, Belgio, Danimarca, Germania) tale coinvolgimento ha tramutato consapevolmente l’ostilità in condivi-sione, secondo una dinamica virtuosa.

Le risorseUn altro capitolo delicato che concerne l’infra-strutturazione per il rilancio dell’economia riguar-da le risorse per finanziarla. In un periodo in cui le risorse sono scarse, il problema del finanziamento delle infrastrutture è molto serio; molto più serio e difficile che quello di aumentare la spesa pubblica per altri scopi (politiche industriali, politiche di Welfare, politiche ambientali). Prima di tutto per-ché i volumi finanziari da mettere in gioco sono maggiori; poi perché i risultati, politicamente, si vedono dopo un periodo medio-lungo: le inaugu-razioni di opere infrastrutturali avvengono spesso a favore non dei politici o degli amministratori che hanno deliberato quelle infrastrutture nell’ot-tica del bene comune, ma di quelli che sono in carica dal tempo del loro compimento. Questo fa sì che decidere e finanziare infrastrutture sia più facile in periodi di grande stabilità e continuità politica e/o quando esiste una grande capacità di lungimiranza e responsabilità da parte dei deciso-ri (oggi situazioni difficili da reperire).In terzo luogo il finanziamento delle infrastrutture è difficile perché - essendo come si è detto le ri-sorse pubbliche disponibili scarse - è necessario per la loro realizzazione coinvolgere risorse priva-te. Oggi si parla di varie forme (project financing, public private partnership, project bond…): ma i privati - per scegliere di investire in infrastrutture invece che in altre attività - misurano quali saran-no i rendimenti comparativi dei loro investimenti (titoli di Stato, obbligazioni, azioni e fondi, im-mobili, beni durevoli…). Essi non sono condizio-nati dal fatto che - come per il pubblico - sarebbe “socialmente” più utile investire in infrastrutture, e non hanno problemi di efficacia della spesa, ma solo di ritorno economico. Per questo sono atten-tissimi ai rischi che corrono: e oggi i rischi per un privato che investe in infrastrutture si chiamano incertezza della programmazione e dei tempi di ritorno, instabilità e farraggine amministrativa,

veti e ricorsi dei con-correnti nelle gare, re-golazione poco chiara per la gestione una volta che le infrastrut-ture siano realizzate. Le risorse finanziarie che servirebbero per finanziare le infrastrut-ture ci sono, magari sotto forma di capitali esteri: ma questi non si muovono se non vengono ridotti sensi-

bilmente quei rischi. Da questo punto di vista le infrastrutture rappresentano una grande occasione per attuare riforme nel Paese: delle norme, delle procedure, della Pubblica Amministrazione. Fatte queste, senza spesa aggiuntiva monetaria “diret-ta”, le infrastrutture potrebbero favorire finanzia-menti anche nelle diverse forme citate (che quindi sono “fungibili” tra di loro senza ricorrere a “cre-atività” finanziarie di dubbia efficacia).

Quali le prioritàPotrebbe rimanere a questo punto il problema delle priorità nello scegliere le infrastrutture più “urgenti”da realizzare. È un altro problema vero: prima le strade o le ferrovie? Prima le centrali elettriche o i rigassificatori, prima i termovaloriz-zatori o l’adeguamento delle risorse idriche? Su questo tema i criteri per decidere sono due: de-cidono gli “utenti” finali o decidono i “program-matori”? A priori non sembra possibile decidere, in modo non ideologico, per l’una o l’altra solu-zione. Ciò che rimane essenziale è invece che sia combinata (e dialogata) l’esigenza di chi formula le proprie aspettative in modo sussidiario (perché percepisce i bisogni infrastrutturali dal “basso” e in modo decentrato, purché con grande responsa-bilità e assenza di “egoismo locale”); e la capacità di chi ha visioni più sintetiche e può meglio valu-tare i fabbisogni comparati (Governi regionali o nazionali, a seconda delle infrastrutture: anche in questo caso con la responsabilità che tiene fuori dalla porta calcoli elettorali o addirittura cliente-lari). Se imboccassimo alcuni dei percorsi virtuosi che abbiamo ricordato, puntare seriamente su un grande programma infrastrutturale potrebbe avere risultati assai positivi: strutturali e non congiuntu-rali, di medio e non di breve periodo, di responsa-bilità intergenerazionale e non di egoismo di corto respiro. Gli italiani ne beneficerebbero e l’Europa ci stimerebbe di più. n

La mancanza di forme di consultazione delle popolazioni locali sulle grandi opere e di norme costituzionali che diano allo Stato la compe-tenza esclusiva di in-frastrutture strategiche è una delle questioni cruciali che impedisco-no all’Italia di stare al passo con i vicini euro-pei nella realizzazione di infrastrutture

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C Ccapitani coraggiosi

Il prodotto italiano di arredamento è tra i più ricercati

e amati al mondo. Roberto Snaidero, presidente di

FederlegnoArredo, conosce il coraggio e il talento dei “suoi”

imprenditori che nessuna crisi (o terremoto) può fermare

di Bettina Gamba

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capitani coraggiosi

Per fare gli imprenditori ci vuole coraggio, ieri come oggi. Era il 1976, maggio, un sisma di magnitudo 6,4 sconvolse il Friuli e la ditta di

cucine di Rino Snaidero, a Majano, ne uscì com-pletamente distrutta. Questo “falegname” friula-no, creatore di un marchio premiato nel mondo come modello di eccellenza italiana, non si perse d’animo e sobbarcandosi un indebitamento di 23 miliardi di lire riprese la produzione dei suoi mo-bili e un anno dopo inaugurò il nuovo stabilimen-to. «Sono cose che non si dimenticano - racconta suo figlio Roberto Snaidero, presidente di Feder-

Roberto Snaidero, presidente di FederlegnoArredo, sarà anche quest’anno tra i pro-tagonisti del Meeting per l’amicizia fra i popoli. La Federazione ha partecipato per la prima volta all’evento riminese nel 2011 con l’obiettivo di incontrare i tanti giovani presenti e aprire con loro un canale di comunicazione per mostrare la bellezza di im-parare a plasmare il legno. «I nostri falegnami - ha detto Snaidero - sono disponibili a insegnare il loro mestiere ai giovani che desiderano farlo»

legnoArredo - la nostra storia viene da lontano e dietro a ogni ripresa c’è sempre la voglia dell’im-prenditore di mantenere il proprio know how e di non disperderlo. Dobbiamo riprendere in mano le redini della storia e andare avanti». A scuotere oggi la filiera della lavorazione del legno, patri-monio italiano con 400 mila addetti e un fatturato annuale di 33 miliardi di euro, è la morsa della crisi finanziaria. «Le nostre imprese sono come gazzelle dietro alle quali corrono i leoni - ripete Snaidero -, solo chi esporta sopravvivrà e chi non lo fa deve organizzarsi per farlo, non è mai troppo tardi». I dati confermano l’attuale trend: il 38% del fatturato della filiera proviene dall’estero, sui mercati internazionali il made in Italy va a gon-

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fie vele, mentre il nostro mercato interno registra un meno 15%. Per superare il sempre più preoc-cupante calo di consumi, la Federazione ha pro-posto all’attuale Governo una riduzione dell’Iva al 4% per l’acquisto degli arredi a muro (cucine, bagni e armadi) da parte delle giovani coppie. La proposta però non è stata ancora accolta.

Siamo soli, ma non ci perdiamo d’animoAl primo Forum del Legno Arredo di giugno gli imprenditori che hanno partecipato sono stati cir-ca 500, ognuno con problematiche diverse, pic-cole e grandi aziende, non tutte per dimensione in grado di internazionalizzarsi. Imprenditori che a volte si sentono abbandonati dallo Stato, una “solitudine” avvertita e subita dai molti presenti al Forum, ma che non ferma la voglia di fare im-presa e rimboccarsi le maniche. «Noi crediamo in questo Paese - rilancia il presidente Snaidero - no-nostante non ci venga riconosciuto chi siamo: un settore vitale di 80 mila piccole e medie aziende, gente che con la valigia in mano affronta il mondo, vende mobili che sono amati e ricercati, perché il made in Italy funziona ed è sinonimo di bellezza». Ma il nostro, secondo Snaidero, è un potenziale inespresso. «Abbiamo un tessuto industriale com-posto da una miriade di medie e piccole imprese, non tutte in grado di affrontare nuovi mercati. Le grandi vanno all’estero da sole, senza problemi, ma le piccole non riescono. E in un momento così cruciale come quello che l’Italia sta attraversando e di fronte a una crisi finanziaria internazionale il Governo italiano decide di chiudere l’Ice (Istituto commercio estero) che era il punto di riferimento per queste pmi. Noi potenzialmente siamo pronti a crescere sul mercato estero, ma decisioni di que-sto tipo non ci aiutano (di recente l’Ice è risorto, ndr)». Per questo sono sempre più numerose le strategie adottate dalla Federazione per supporta-re le sue imprese. Una di queste è il Programma di sostegno per l’ingresso dei produttori italiani nel mercato cinese, «un mercato difficile - così lo descrive Snaidero - dove non si può andare zop-picando, ma dove bisogna essere uniti e offrire l’immagine di un Paese ben organizzato, con un made in Italy di eccellenza in grado di ottenere grandi risultati». La Federazione ha anche aperto da circa un anno un ufficio di rappresentanza a Chicago. «L’Ice non c’era più - spiega il presi-dente - e io non ho potuto tralasciare il fatto che le mie aziende, su questo mercato, hanno bisogno di assistenza e grazie a questo ufficio le imprese del legno-arredo ce l’hanno e possono ottenere in-formazioni utili anche per trovare partner locali».

nasce il polo formativo dei mestieri del legno arredo

La filiera legno-arredo in Italia occupa l’8% dei dipendenti del settore manifatturiero e con il 15% delle imprese è il secondo settore italiano per numero di imprese. Le aziende sono circa 80 mila per un giro d’affari di 33,5 miliardi di euro. L’Italia è il maggior produttore di mobili in Europa. La FederlegnoArredo (2500 aziende associate) rappresenta il settore in tutte le sue componenti, dalla materia prima al prodotto finito, in Italia e nel mondo. L’evoluzione del legno-arredo ha portato alla richiesta di figure professionali sempre più specializzate. Per questo, quattro anni fa FederlegnoArredo e Aslam (Associazione Scuole Lavoro Alto Milanese) hanno iniziato a pensare alla creazione di un Polo formativo dei mestieri del legno-arredo, che a maggio di quest’anno è stato ufficialmente presentato alla stampa. La scuola avrà sede a Lentate sul Seveso e offrirà alle aziende della zona (seimila dislocate tra Monza e Como) giovani capaci con una formazione mirata e di qualità i quali avranno la possibilità di fare pratica presso le aziende associate a FederlegnoArredo. Il polo formativo si pone l’obiettivo di diventare un vero e proprio “Centro servizi per i mestieri del territorio”, un luogo di incontro fra gli attori del distretto.

un patrimonio da non disperdereAnche quest’anno Roberto Snaidero sarà tra i pro-tagonisti del Meeting per l’amicizia fra i popoli. «È l’entusiasmo dei molti giovani ad avermi col-pito - dice - e spero che questi ragazzi possano capire e conoscere davvero che cos’è il settore del legno-arredo ed entrare nelle nostre aziende. I vecchi falegnami sono disponibili a trasmettere alle nuove generazioni la bellezza di plasmare il legno, che è la materia prima per eccellenza». Del resto sono proprio i falegnami gli artefici di questa eccellenza italiana, una storia millenaria la nostra, fatta di talento, pazienza e coraggio. «Le scosse di terremoto e le crisi finanziarie non ci fermano - conclude Snaidero -, ma bisogna essere forti e non arrendersi». n

«Quello del legno-arredo - dice Roberto Snaidero - è un settore vitale di 80 mila piccole e medie aziende, gente che con la valigia in mano affronta il mon-do, vende mobili che sono amati e ricercati, perché il made in Italy funziona ed è sinonimo di bellezza»

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«È un vero e proprio scandalo che un terzo dei giovani italiani non abbia lavoro. E trovo inaccettabile che venga addossata

loro la responsabilità». Con questa intervista An-drea Zappia, alla guida di Sky Italia, una delle aziende che in Italia impiega più giovani, lancia un forte messaggio: senza giovani non può esser-ci innovazione. Dopo la sua esperienza a Londra come Mana-ging Director Customer Group di BSkyB, che

I dipendenti e i collaboratori di Sky Italia hanno in media

35 anni. Valorizzare questo enorme capitale in termini di ta-

lento e di professionalità è importantissimo per la crescita di

una azienda. «Chi non si dimostra in grado di innovare cre-

ando valore e non comprende i cambiamenti in atto rischia

di essere travolto». Parola di Andrea Zappia, ad di Sky Italia

di Bettina Gamba

effetto le ha fatto tornare a lavorare in Italia in un momento storico come quello attuale, in cui i genitori, se possono, consigliano ai figli di an-dare all’estero?«L’esperienza in Inghilterra è stata sicuramente molto importante per il mio percorso professiona-le. Confrontarsi con un modo diverso di concepire e organizzare il lavoro ti dà la possibilità di acqui-sire nuovi strumenti e un nuovo punto di vista e, pensando all’Italia, di comprendere quanto siano ampie e non sempre evidenti le potenzialità del nostro Paese. Con il ritorno in Italia questa convin-zione si è rafforzata. Alla guida di Sky, un’azienda nella quale ho lavorato fin dalla sua nascita e che tanto ha investito in questi anni per portare sempre più innovazione e far crescere nuove professiona-lità, ogni giorno mi rendo conto di quanto siano oggi articolati i percorsi professionali e personali dei nostri ragazzi. Per questo credo che la prospet-tiva di veder partire i propri figli all’estero non deb-ba essere vissuta come una sconfitta, anzi. Molto spesso si tratta di una tappa nel percorso lavora-tivo, di un’opportunità e non necessariamente di

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G Igiovani, la vera innovazione

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una scelta definitiva. Oggi più che mai, non ha senso cercare il posto della vita: non è soste-nibile dalla società e non è cer-tamente il modo migliore per curare la propria crescita per-sonale e contribuire alla crea-zione di un contesto dinamico. Bisogna invece concentrare le proprie energie per coglie-re quelle opportunità, anche all’estero, che valorizzano il proprio talento, le proprie ca-pacità e aspirazioni. Sia chia-ro, ciò non significa ignorare le pesanti conseguenze che la crisi economica mondiale sta

Andrea Zappia, amministratore delegato di Sky Italia. Classe 1963, bolognese (ma nato a Tripoli), lau-reato in Economia, Zappia è stato managing director di BSkyB

creando nel nostro Paese, soprattutto fra i più gio-vani. Ma credo che, proprio in ragione della con-tinua evoluzione delle professionalità a cui stiamo assistendo, un cambio di mentalità possa aiutare chi si affaccia nel mondo del lavoro».Ma l’Italia è ancora un Paese per giovani? Que-sta domanda continua a suscitare accesi dibat-titi, soprattutto in un momento di crisi globale come quello che stiamo attraversando. La ro-vina di una società sta proprio nel trascurare le giovani generazioni privandole sia di politi-che adeguate, sia di un reale sostegno quando si tratta di inserirle nel mondo del lavoro. Sky come valorizza i giovani talenti?«Credo sia molto preoccupante, anzi un vero e proprio scandalo, che oggi circa un terzo dei gio-vani italiani non abbia un lavoro. E trovo inaccet-tabile che venga addossata loro la responsabilità. La partecipazione dei giovani nel mondo del lavo-ro è fondamentale se si vogliono stimolare innova-zione e cambiamento. È un problema che richiede un atteggiamento pragmatico da parte di tutti, dal-le istituzioni alle imprese, per correggere i limiti del nostro sistema e valorizzare l’enorme capitale in termini di talento e di professionalità dei nostri giovani. La loro mobilità va promossa e le loro ini-ziative incoraggiate. In particolare, c’è un settore in cui il Paese deve cambiare passo, e farlo al più presto: quello dell’economia digitale. Un settore strategico, nel quale l’Italia può mettere in campo un potenziale di creatività ed energia intellettuale senza pari, ma che ha bisogno di rapidi interventi sulle reti e le infrastrutture per essere competitivo e attrattivo per gli investitori. La storia di Sky di-mostra come proprio in questo settore un grande investimento di un gruppo internazionale possa produrre benefici economici e posti di lavoro. Sky

dà oggi lavoro, tra dipendenti e collaboratori, a circa 7500 persone e, con un’età media di 35 anni, è una delle azien-de che impiega più giovani in Italia. Inoltre, per citare il progetto più recente, abbia-mo promosso nell’ambito del Consorzio Elis un progetto di company rotation interazien-dale per 100 neo-laureati. Un buon esempio, a mio avviso, di “percorso formativo occu-pazionale”, che valorizza la flessibilità per creare lavoro e trae la forza dalla condivisio-ne di alcune fra le più grandi e

dinamiche aziende del Paese. I cento giovani che parteciperanno potranno infatti svolgere un perio-do formativo in tre differenti aziende e costruire professionalità poliedriche, capaci di inserirsi con più facilità nel mercato del lavoro».In un Meeting che mette a tema l’infinito (“La natura dell’uomo è rapporto con l’infinito” è il titolo dell’evento di Rimini di quest’anno) lei parlerà della sfida dell’innovazione. Lo scrittore francese Albert Camus scriveva: «Siate realisti, domandate l’impossibile». Che cosa vuol dire nel suo lavoro accogliere la grande e decisiva sfida dell’innovazione?«La tendenza dell’uomo verso l’infinito, per defi-nizione non conosciuto, è alla base dell’innovazio-ne, dell’esplorazione personale e collettiva. Cam-biamento e innovazione ci sono sempre stati anche se con velocità molto diverse, ma sempre guidati dagli individui e dai contesti in cui operano. Oggi il cambiamento è solo più veloce e nel mercato nuovi operatori si affacciano e nuove sfide emer-gono ogni giorno. L’innovazione non può limitarsi perciò a una mera dichiarazione di intenti: è l’uni-co strumento che un’azienda ha per garantirsi una posizione e un futuro. Ogni giorno i consumatori, sempre più selettivi, sono esposti a un ventaglio crescente di innovazioni potenzialmente in grado di migliorare la loro vita e scelgono solo quei pro-dotti e servizi di cui percepiscono il reale valore aggiunto. Chi non si dimostra in grado di innovare “creando valore” e non comprende i cambiamenti in atto, quindi, rischia di esserne travolto. Credo che Sky, fin dalla nascita e in tutti questi anni, abbia dimostrato una grande capacità di portare avanti e promuovere innovazioni su più fronti: nella tecnologia, nei contenuti, nei programmi, nel modo in cui operiamo. Per noi, infatti, l’innova-

Sopra, un’immagi-ne di X-Factor, il talent musicale più famoso al mondo la cui edizione ita-liana è trasmessa su piattaforma Sky

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zione, più che la somma di evoluzioni successive, è una “mentalità”. un approccio insito nel nostro Dna e che continuerà a caratterizzare la nostra attività anche nei prossimi anni, consci del ruolo che abbiamo per contribuire allo sviluppo cultura-le e sociale del Paese».Il reality show più famoso d’Italia, il Grande Fratello in onda su Canale 5, è stato battuto quest’anno da una fiction su Maria di Nazareth in onda su Rai Uno che si è aggiudicata ben sette milioni di telespettatori (il reality, sebbene fosse la serata della finalissima, ne ha contati circa quattro milioni). Lei ha dichiarato che «l’obiettivo di Sky è offrire ai clienti la miglior televisione possibile». Che cosa vuol dire oggi “offrire il meglio” a un pubblico televisivo sem-pre più imprevedibile, ma forse più maturo e selettivo rispetto a dieci anni fa?«Per una pay tv come Sky significa garantire contenuti eccellenti e la migliore esperienza di visione possibile. Nove anni fa, alla nascita di Sky, erano in molti a dimostrarsi scettici, a dire che gli italiani non avrebbero mai pagato per la televisione. Noi invece credevamo che la nasci-ta di una televisione evoluta e di qualità, con i migliori contenuti, nazionali e internazionali, di sport, cinema e intrattenimento, capace di inter-cettare nuovi bisogni e di andare incontro alle preferenze di tutta la famiglia, rappresentasse un valore aggiunto che i telespettatori italiani avreb-bero accolto con entusiasmo. I fatti ci hanno dato ragione. Le nostre famiglie abbonate sanno di poter contare su una piattaforma all’altezza delle loro aspettative: non solo grandi eventi e conte-nuti esclusivi - dallo sport alle serie tv - ma una tv eccellente ogni giorno, con un’informazione equilibrata e indipendente, produzioni originali di qualità, e un’ampia scelta di film, documentari e programmi per bambini. Inoltre, con strumenti come il Parental Control, le famiglie hanno il pie-no controllo sui programmi accessibili ai propri figli e, grazie alle tante innovazioni tecnologiche introdotte in questi anni, possono personalizzare al massimo e rendere sempre più libera la fruizio-ne di questi contenuti. In sintesi, una tv migliore è una tv che ci consente di scegliere e rimette le passioni e gli interessi di chi la usa al centro. Offre opportunità di informazione obiettiva, contenuti leggeri ma ben prodotti, o educativi e capaci di stimolare curiosità e apprendimento. Una tv che soddisfa le nostre passioni e ci unisce come ac-cade nello sport, e che ci porta grandi storie con i film e le serie tv di qualità. È una tv che ci libera dagli obblighi temporali e spaziali, assecondando

i nostri tempi e le nostre esigenze di fruizione».Nell’anno 2011 Sky ha investito un miliardo e 119 milioni di euro nel prodotto audiovisivo ita-liano, comprendendo produzioni di programmi originali, news e sport. Di fronte a queste cifre lei ha dichiarato che «l’azienda vuole continua-re a investire e a far da catalizzatore alle forze produttive». Quali sono gli obbiettivi che si è impegnato a raggiungere per i prossimi anni? «Sky è oggi un’azienda italiana a tutti gli effetti. È naturale quindi che l’investimento in contenuti esclusivi e nella realizzazione di prodotti origina-li italiani ha rappresentato e rappresenta una leva fondamentale per il radicamento di Sky nelle abi-tudini televisive delle famiglie italiane. Uno dei nostri obiettivi è stato infatti da sempre quello di valorizzare il potenziale italiano in termini di creatività, professionalità e talento. Vogliamo che nel futuro Sky sia vista sempre di più come l’in-terlocutore preferenziale per chi voglia realizzare prodotti realmente di qualità. A questo proposito, nei prossimi mesi lanceremo un progetto molto importante, il nuovo canale “Sky Arte”, che nasce per dare spazio e visibilità al patrimonio artistico e culturale del nostro Paese. Un patrimonio unico al mondo, che manca di una comunicazione inte-grata e che ancora oggi produce, in tutti i campi, talenti che meritano di essere valorizzati, soprat-tutto fra i più giovani. Sky Arte sarà un canale de-dicato a ogni forma di arte e cultura, raccontate con autorevolezza ma con un linguaggio contem-poraneo. Un focus particolare sarà dedicato alle espressioni contemporanee delle arti e alle più prestigiose manifestazioni culturali italiane. Sarà quindi una vetrina unica per il nostro Paese e, an-che grazie alla collaborazione con la britannica Sky Arts, avrà una vocazione e un respiro interna-zionali. Sarà quindi una nuova occasione per “fare sistema”, creare sinergie e stringere partnership fruttuose con istituzioni pubbliche locali e nazio-nali, investitori e soggetti culturali che vogliono dare visibilità al loro operato». n

«Vogliamo - dice Zappia - che nel futuro Sky sia vista sempre di più come l’interlocutore pre-ferenziale per chi voglia realizzare prodotti realmente di qualità»

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Marco Zamperini, chief innovation officer di NTT Data Italia, spiega cosa

vuol dire oggi essere innovativi. Dalla Apple al pastificio di Gragnano, i grandi

innovatori sono uomini appassionati

cinnovare in tempo di crisi

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di Bettina Gamba

Quella della rete è una rivoluzione silenziosa che negli ultimi anni ha profondamente mu-tato il nostro modo di vivere.

Nel mese di aprile, in Italia, gli utenti attivi di In-ternet, quelli che almeno una volta si sono colle-gati alla rete tramite un computer sono stati 28,6 milioni (secondo i dati Audiweb). Un incremen-to del 7,6% rispetto all’anno precedente. Un terzo degli italiani, inoltre, possiede uno smartphone e solo nell’ultimo anno la spesa di questi utenti per collegarsi a Internet in mobilità ha superato gli 800 milioni di euro. Quello di ta-blet, smartphone e dei contenuti a loro collegati è uno dei rari settori che non ha risentito della crisi, ma al contrario è in costante crescita. «La domanda è ormai questa: ma tu dove sei?» spiega Marco Zamperini, chief innovation offi-cer di NTT Data Italia, responsabile dell’innova-zione di una delle più grandi aziende di teleco-municazioni al mondo, una specie di “Telecom giapponese”. «Un’azienda, soprattutto se è pic-cola, deve essere su Facebook, è obbligatorio - continua -, che piaccia o meno è comunque il media numero uno in Italia. Solo a maggio è arrivato a contare 21 milioni e 678 mila utenti attivi. Questa è una ricchezza che non ha nessun altro media, non ci sono 21 milioni di persone che guardano il tg. Ignorare quello che sta avve-nendo è criminale perché qualunque messaggio che ci passa raggiunge tutti». Un esempio è il “caso Groupalia”, un sito Web dove ogni giorno puoi trovare proposte di tutti i tipi, da un viaggio alle Maldive a un capo di abbigliamento firma-to, a prezzi scontatissimi. Il Gruppo, dopo l’en-nesima scossa di terremoto in Emilia, diffonde via Twitter questa frase: «Paura del terremoto, molliamo tutto e andiamo a Santo Domingo». Il tweet, come era prevedibile, ha scatenato una marea di commenti negativi tanto che il count-ry manager di Groupalia, dopo poche ore dalla gaffe, ha chiesto scusa. La prima attitudine che deve sviluppare un’azienda, infatti, è la capacità di ascolto. «Siamo in un mondo in cui la barriera di ingresso alla diffusione dei messaggi è molto bassa - continua Zamperini - chiunque può co-municare e la cosa più sbagliata è ignorare quel-lo che si dice in rete… Anche se uno non ha un profilo e non parla, comunque sui social media si parla di lui». È importante quindi che un’azienda utilizzi i social media come strumento per comu-nicare se stessa. «Se uno clicca su Google il mio nome - spiega Zamperini - viene fuori quello che

Tutte le pmi possiedono ormai un loro sito Internet, ma questo non basta più. In Italia la percentuale di Pil investita in ricerca, sia pubblica che privata, è nettamente più bassa rispetto ad altri Paesi, ma - commenta Marco Zamperini - «anche se manca un vero e proprio sistema alla fine riusciamo a stare a galla e questo perché esistono tante per-sone con un’indole all’innovazione». Chi sono allora gli innovatori? Essere innovativi vuol dire saper utilizzare bene la ricerca che altri hanno fatto e convertirla in business (nella foto grande, clienti in fila in un emporio Apple, azienda che, grazie ai suoi pro-dotti innovativi, non conosce crisi)

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io ho detto di me: il mio blog, il mio profilo Lin-kedin, il mio profilo Facebook ecc. Quello che a me interessa è che emerga con chiarezza la mia identità e sono io che decido il modo migliore perché ciò avvenga». Questo vale per la Barilla, ma anche per la pizzeria sotto casa.

convertire in business la ricerca Tutte le pmi possiedono ormai un loro sito In-ternet, ma questo non basta più. In Italia la per-centuale di Pil investita in ricerca, sia pubblica che privata, è nettamente più bassa rispetto ad altri Paesi, ma «sembrerà un’ovvietà - commen-ta Zamperini -: anche se manca un vero e pro-prio sistema alla fine riusciamo a stare a galla e questo perché esistono tante persone con un’in-dole innovativa». Chi sono allora gli innovatori? Essere innovativi vuol dire saper utilizzare bene la ricerca che altri hanno fatto e convertirla in business. Questa regola vale sia per la grande azienda informatica, sia per il piccolo pastificio di eccellenza. «Un esempio classico è la Apple che non si è quasi mai inventata niente - con-tinua Zamperini -. Prima che mettesse sul mer-cato l’iPod, di apparati per ascoltare la musica digitale ce ne erano già parecchi, ma l’azienda di Steve Jobs realizza un’operazione straordinaria: non fa innovazione sulla tecnologia, che già esi-steva, ma sul prodotto. Lo ingegnerizza, ragio-nando bene su ciò che una persona prova quando lo utilizza, si chiama user experience e il gesto di ruotare il dito per scegliere un brano divente-rà infatti di uso comune: iPod sarà sinonimo di player mp3. E lo stesso è avvenuto per l’iPad». Quando si parla di innovatori del calibro di Steve Jobs o di Mark Zuckerberg, fondatore di Face-book, il paragone può risultare spiazzante per un piccolo imprenditore che fatica ad arrivare a fine mese, anche se le regole valgono per tutti. Essere innovativi conviene, ma come si fa? Zuckerberg non ha inventato nulla, i social media già esiste-vano prima di Facebook, «ma lui ha trovato la chiave per agganciare le persone» precisa Zam-perini. L’innovazione, infatti, non è solo legata alla tecnologia, ma ai modi di proporsi e di pen-sare. «Mia moglie è una food blogger - racconta Zamperini -. Un giorno mi presenta un signore, è un produttore di pasta del distretto di Gragnano, che rappresenta l’eccellenza della pasta di gra-no duro». Di aziende che producono spaghetti è piena l’Italia, ma questo imprenditore, figlio di una dinastia di pastai, vuole innovare e produr-re una pasta di qualità altissima. Decide così di seguire i migliori canoni di eccellenza, miglior

grano, miglior trafilatura ecc. Intuisce però che per essere davvero innovativo manca ancora qualcosa: la trasparenza assoluta sulla filiera del-la sua produzione. Così sulla bella scatola rossa dei suoi spaghetti ci pone la foto del contadino Nicola, che ha cresciuto il grano con cui è fatto lo spaghetto, poi di seguito la foto del mugnaio Antonio con le coordinate geografiche di longi-tudine e latitudine di dove è situato il mulino, e ancora le foto di tutte le persone dell’azienda che hanno contribuito a produrre quel pacco di pasta. «Questo imprenditore è un grande innovatore - commenta Zamperini - perché pur producendo spaghetti, e non chips per microcomputer, ha pensato al suo prodotto raccontandolo. Non si è inventato gli spaghetti, ma ha creato una diffe-renza. L’innovazione ha come requisito princi-pale la passione, la voglia di cambiare e andare avanti. La tecnologia aiuta ma alla fine è solo un mezzo». n

impara digitaleImpara Digitale è un progetto a cui hanno aderito 30 scuole italiane, pubbliche e private, che vuole promuovere l’uso delle tecnologie nelle classi che desiderano aderire all’iniziativa. I libri cartacei vengono sostituiti con ebook reader; nasce così un modello di apprendimento dinamico basato sulla collaborazione fra i ragazzi che non si limita allo studio, ma all’analisi e all’approfondimento delle materie attraverso una selezione delle informazioni via Web. Secondo Zamperini, che fa parte degli esperti che sostengono il progetto, l’atteggiamento degli adulti nei confronti delle tecnologie è spesso pregiudiziale. Invece, «bisogna ascoltare i nostri figli e superare tali barriere». La sperimentazione è partita nel 2010, dopo un finanziamento dell’Ufficio scolastico regionale della Lombardia, che ha consentito di acquistare i primi mobile devices per una classe del Liceo Scientifico Lussana di Bergamo. I risultati sono stati ottimi, tanto che l’anno successivo il liceo ha raddoppiato il numero degli iscritti e il rendimento degli studenti pilota è nettamente migliorato.

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meeting

GG

La globalizzazione non è un pranzo di gala C

ome ogni rivoluzione che si rispetti, la glo-balizzazione non è un pranzo di gala. Oggi a ricordarcelo c’è l’evidenza di tutti i giorni:

è, infatti, proprio la crisi economica europea, a partire dalla sua genesi che risale agli scompen-si finanziari statunitensi emersi nel 2007-2008 e per finire con le sue conseguenze che investono i mercati emergenti, a richiamare alla mente il carattere marcatamente globale e interconnesso delle attività produttive e finanziarie. Ma parafra-sare l’aforisma di Mao Tse Tung non è un modo per deprecare questo processo planetario di in-tegrazione economica e finanziaria, i cui effetti complessivamente positivi non sono in dubbio; piuttosto deve suonare come un’esortazione ad attrezzarsi per governare la situazione attuale. Quella che è nata come una crisi in un compar-

Al prossimo Meeting di Rimini si parlerà di “Economia

globale: penalizzazione o valorizzazione dell’Europa?”. Uno

dei relatori dell’incontro affronta la scottante questione,

ancor più attuale nel momento di crisi che stiamo vivendo

di Domenico Lombardi presidente dell’Oxford Institute for Economic Policy e Senior Fellow della Brookings Institution

La globalizzazione dell’economia mondiale non consente solo l’integrazione di economie, un tempo povere, nel processo produttivo globale, ma facili-ta anche la delocalizzazione del processo produtti-vo consentendo a piccole e medie imprese di Paesi avanzati, come anche di economie in via di sviluppo, di partecipare a cicli di produzione relativamente complessi grazie all’abbattimento virtuale di confini spaziali operato dalla moderna tecnologia

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meeting

La globalizzazione non è un pranzo di gala

to nel settore dei mutui ipotecari americani ha rischiato di provocare una depressione globale come mai l’abbiamo conosciuta nel corso della nostra generazione. Gli effetti potenzialmente dirompenti, generatisi nel cuore della maggiore economia avanzata del mondo, sono stati però evitati grazie all’azione concertata dei leader del-le “economie sistemiche”, cioè quelle economie che, date le loro dimensioni, influenzano le dina-miche del sistema economico globale. I capi di Stato e di Governo dei Paesi avanzati ed emer-genti, per la prima volta seduti al tavolo del Grup-po dei 20 (G20) nel summit di Londra dell’aprile 2009, promossero allora un’azione collegiale e concertata in grado di stabilizzare le aspettative dei mercati. In quell’occasione, la Cina e gli Stati Uniti introdussero politiche espansive, nell’or-dine di vari punti percentuali di prodotto inter-no lordo (Pil), volte a sorreggere le fondamenta dell’economia globale. L’Italia e gli altri membri del G20 accettarono da parte loro di rafforzare il ruolo del Fondo monetario internazionale (Fmi) come guardiano degli scambi finanziari globali e istituirono una nuova organizzazione, il Financial Stability Board (Fsb), con a capo Mario Draghi, per rafforzare la regolamentazione finanziaria in-ternazionale. Nello stesso anno, il neo-presidente americano, Barack Obama, definì il consesso del G20, dove le maggiori economie avanzate siedo-no fianco a fianco con quelle emergenti, «il foro principale per la cooperazione economica inter-nazionale». Solo pochi mesi dopo, oltre la metà dei Paesi in via di sviluppo aveva già riguadagna-to il terreno perduto attestandosi su livelli di atti-vità economica paragonabili, o persino superiori, a quelli pre-crisi. Nell’arco di qualche settimana, l’opinione pubblica mondiale aveva preso atto in modo inconfutabile di ciò che era comincia-to qualche decennio prima con la graduale ma crescente integrazione delle economie emergenti nell’attività produttiva mondiale. Il messaggio del G20 di Londra dell’aprile 2009 era in fondo il seguente: così come la crisi si era propagata rapidamente tra mercati distanti ma strettamente interconnessi, anche le ricette anti crisi non pote-vano che essere globali.

Le sfide per gli emergentiOggi, a oltre quattro anni da quel vertice di Lon-dra, l’economia mondiale si è nuovamente inde-bolita in seguito all’intensificarsi della crisi che colpisce l’Europa, una regione che, nel suo com-plesso, rappresenta il più grande mercato di sboc-co di quelle economie emergenti e in via di svi-

luppo la cui forza macroeconomica era riuscita a stabilizzare la situazione internazionale soltanto pochi anni prima. Non solo: oggi, a differenza di allora, se la crisi europea dovesse provocare una nuova recessione mondiale, l’effetto-traino delle economie emergenti e in via di sviluppo non sa-rebbe più assicurato, avendo anch’esse esaurito i cuscinetti macroeconomici di cui disponevano. Insomma, fatto inedito nella storia economica degli ultimi decenni, quella europea è la secon-da crisi in pochi anni che, generatasi all’interno delle economie avanzate, si trasmette al resto del mondo compromettendo le prospettive di crescita delle economie meno mature.Le economie emergenti mantengono dunque una loro centralità strategica ed economica, ma una centralità da non considerare facilmente e in modo scontato. Certo, se la globalizzazione dell’attività economica fosse misurata dal nu-mero delle più grandi corporation di Paesi emer-

Domenico Lom-bardi è considera-to tra i maggiori esperti nel campo della riforma del sistema monetario e finanziario inter-nazionale, del Fmi e della Banca mon-diale

genti che rientrano nella lista stilata dalla rivista Fortune, non si potrebbe non osservare che negli ultimi anni il loro numero è più che raddoppiato. Non sorprende inoltre che la quota sugli scambi commerciali internazionali delle economie in via di sviluppo sul totale mondiale sia raddoppiato anch’esso negli ultimi vent’anni e, secondo alcu-ni, potrebbe persino raggiungere il 70 per cento degli scambi totali entro il 2050. La Cina poi, al momento già la seconda maggiore economia del pianeta in termini di Pil, potrebbe scalzare gli Stati Uniti dal loro primo posto entro il prossimo decennio. Lo slancio nei flussi commerciali, in seguito all’integrazione delle economie emergen-ti, è stato reso possibile dall’abbattimento di bar-riere al commercio estero, dal rapido declino nei costi di trasporto e di comunicazione, e dall’in-

L’attrattività del nostro Paese e del-le sue infrastruttu-re, intese in senso ampio, è diminuita in maniera signi-ficativa nel giro di due decenni. Questo problema è particolarmen-te rilevante, come dimostrato anche da tutte le prin-cipali statistiche internazionali che registrano un bas-so livello di gradi-mento internazio-nale del Paese per gli investitori esteri

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meeting

troduzione di nuovi modelli di divisione del lavoro e di orga-nizzazione produttiva che su tali innovazioni hanno alimentato la propria competitività. Economie come quel-la di Pechino si sono affermate nel pano-rama mondiale come assemblatori di pro-dotti finiti, importando manufatti intermedi da altre economie in via di sviluppo ed espor-tando il prodotto fina-le nei Paesi avanzati, tipicamente in Europa e Nord America. Per queste economie “gio-vani”, però, la sfida è quella di progredire nella catena dal va-

soprattutto in quelle economie, come la nostra, in cui le piccole e medie imprese rappresentano una fetta importante dell’occupazione complessiva.

Le sfide per l’ItaliaSe le organizzazioni internazionali devono resta-re il foro privilegiato per mediare e coordinare le risposte di politica economica globale, come dimostra il successo del summit di Londra del 2009 a fronte di risultati più modesti dei G20 successivi, ciò non dovrebbe spingere alla dere-sponsabilizzazione del policy maker nazionale. Infatti, l’evoluzione descritta nel paragrafo pre-cedente, centrata sulla competitività di soggetti economici nell’economia mondiale, non riduce l’importanza delle variabili di politica economica e istituzionali nell’alimentare la competitività del tessuto domestico delle imprese, ma piuttosto la accresce. Queste variabili sono ormai le nuove “infrastrutture” di cui le nostre aziende devono poter beneficiare. Ad esempio, l’efficienza del-la logistica e delle procedure legate all’import e all’export è un fattore decisivo nel determinare la scelta dei partner in un dato network globale. Non è un caso che il Doing Business Report redatto annualmente dalla Banca mondiale annoveri fra i suoi criteri per formulare la graduatoria delle economie dove è più facile investire proprio la snellezza dei requisiti per import ed export delle merci. In presenza di un indebito appesantimento

L’economia mon-diale si è indeboli-ta in seguito all’in-tensificarsi della crisi che colpisce l’Europa, una re-gione che, nel suo complesso, rappre-senta il più grande mercato di sbocco di quelle economie emergenti e in via di sviluppo la cui forza macroecono-mica era riuscita a stabilizzare la situazione inter-nazionale soltanto pochi anni prima

lore, spostandosi nelle fasce più strategiche e maggiormente remunerative della ricerca, dello sviluppo e della progettazione di nuovi prodot-ti. (Progressione, tuttavia, che deve avvenire in piena sintonia con l’apparato normativo e di tute-la dei brevetti che hanno sottoscritto nel quadro dell’Organizzazione mondiale del commercio).La globalizzazione dell’economia mondiale non consente solo l’integrazione di economie, un tempo povere, nel processo produttivo globale. L’introduzione di catene produttive globali (glo-bal supply chains), facilita infatti la delocaliz-zazione del processo produttivo consentendo a piccole e medie imprese di Paesi avanzati, come anche di economie in via di sviluppo, di parte-cipare a cicli di produzione relativamente com-plessi grazie all’abbattimento virtuale di confini spaziali operato dalla moderna tecnologia. In altri termini, l’evoluzione tecnologica sta ridu-cendo la posizione di forza (o di debolezza) de-rivante dall’essere parte di un certo agglomerato geografico. Tale tendenza sta cambiando anche la morfologia dell’apparato produttivo, consen-tendo a imprese particolarmente flessibili e agili, come sono quelle piccole e medie, di costruirsi una nicchia potenzialmente significativa grazie ai network globali di produzione. Questo aspetto nuovo e particolarmente rilevante del processo di globalizzazione in atto è in grado di creare ri-cadute occupazionali potenzialmente importanti

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delle varie procedure, lo sfavorevole differenziale di costo che esse comportano dovrà essere assor-bito dall’impresa del network; i minori margini di profitto per l’operatore privato, nel tempo, in-deboliranno le sue possibilità di ammodernare lo stock di capitale, riducendo ulteriormente la ca-pacità di attrarre investimenti diretti dall’estero.Questo circolo vizioso, avviatosi indipendente-mente dal deflagrare della crisi internazionale, è quantificato in maniera piuttosto intuitiva dal XVI Rapporto sull’economia globale e l’Italia, curato dall’economista Mario Deaglio e pubbli-cato dal Centro Einaudi nell’ottobre 2011. Gli studiosi hanno preso come riferimento lo stock di investimenti diretti all’estero e dall’estero che riguarda l’Italia e poi il G20 nel suo comples-so, e hanno scoperto così che nel 1990 il nostro Paese investiva all’estero il 5,3 per cento del Pil e le economie straniere investivano nel nostro Paese una quota simile (allora i Paesi dell’odier-no G20 investivano all’estero per l’8,9 per cento del Pil e ricevevano investimenti dall’estero pari al 7,8 per cento); nel 2000 l’Italia ha investito all’estero l’equivalente del 16,4 per cento del Pil (in media con il G20) ma ha ricevuto investimen-ti per l’11 per cento (meno della media Ocse); nel 2010 gli investimenti in uscita sono pari al

27,4 per cento del Pil (poco meno della media G20), quelli in entrata sono pari al 18,6 per cen-to (molto meno del 27,7 per cento della media G20). L’attrattività del nostro Paese e delle sue infrastrutture, intese in senso ampio, è diminuita dunque in maniera significativa nel giro di due decenni. Questo problema è particolarmente ri-levante, come dimostrato anche da tutte le prin-cipali statistiche internazionali che registrano un basso livello di gradimento per l’Italia degli in-vestitori esteri. Nel 2011, secondo il World Eco-nomic Forum, l’Italia è al 48esimo posto nella classifica globale per la competitività (dietro Germania e Francia e molti altri meno blaso-nati); secondo il rapporto Doing Business della Banca mondiale, l’Italia è all’87esimo posto (su 183), giù di quattro posizioni rispetto all’anno precedente, in quanto a facilità di fare impresa; secondo il Foreign direct investments index di A. T. Kearney, l’Italia è fuori dalla top-25 di attrat-tività per gli investitori internazionali (mentre Germania, Francia e Spagna sono in classifica). E così via. Si potrà sostenere, non sempre a tor-to, che queste classifiche siano fondate su dati non propriamente incontrovertibili e su metodi di calcolo nient’affatto inattaccabili, ma la ten-denza è evidente e sconfortante. n

Tutte le principali statistiche inter-nazionali registra-no in tutta la sua evidenza il gap del nostro Paese in termini di competi-tività, attrattività, facilità di fare im-presa, capacità di investire

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meeting

E SL’europa riscopre l’imprenditoria sociale

Nel mese di novembre 2011 la Commissione europea ha presentato un documento relativo alla “iniziativa per l’imprenditoria sociale”.

Si tratta di un importante riconoscimento della capacità «delle imprese sociali e dell’economia sociale di dare risposte innovative alle presenti sfide economiche, sociali e, in certi casi, ambien-tali promuovendo un’occupazione stabile e poco delocalizzabile, l’integrazione sociale, il miglio-ramento dei servizi sociali locali, la coesione ter-ritoriale».

La Commissione

europea qualche

mese fa ha

emanato una

Comunicazione

che promette di

essere la pietra

miliare di un

nuovo ciclo di

politiche a favore

delle imprese

sociali

di Monica Poletto presidente Cdo

Opere Sociali

un’iniziativa importanteIl primo punto di notevole interesse di questo do-cumento è il riconoscimento di una economicità non finalizzata alla distribuzione di utili, ma alla creazione di un valore sociale.In Italia è purtroppo ancora presente una cultura che stenta a riconoscere il valore di un’azione so-ciale che sia attuata attraverso gli strumenti tipici dell’impresa - organizzazione e creazione di beni e servizi - ma che abbia scopi diversi.Tant’è che, anche dal punto di vista fiscale, spes-

La Comunicazione della Commissione europea intitola-ta “Iniziativa per l’imprenditoria so-ciale” intende co-struire un ecosiste-ma per promuovere le imprese sociali al centro dell’econo-mia e dell’innova-zione sociale

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so è la singola azione - scollegata dal suo scopo, dalla distribuzione o meno degli utili prodotti, dalle modalità con cui essa è attuata, dai soggetti a cui essa è rivolta - a dettare le regole della tas-sazione, arrivando all’assurdo che realtà che non distribuiscono utili e che si occupano di problemi sociali importanti hanno lo stesso trattamento fi-scale delle società per azioni. La mancanza di riconoscimento dell’imprendito-ria sociale ha portato anche a prese di posizioni in materia di concorrenza che mal si adattano a realtà che inseriscono lavorativamente disabili o persone in difficoltà.

QUALI OBIETTIVI SI PONEQuesta iniziativa europea per l’imprenditoria so-ciale non si limita a riconoscerne il valore. Essa si pone alcuni obiettivi strategici, nell’ambito della Strategia Europa 2020.Innanzitutto, la Commissione europea ritiene che il sistema di finanziamento delle imprese sociali sia sottosviluppato rispetto a quello delle imprese for profit. Per questa ragione essa intende propor-re due azioni chiave:l disegnare un quadro normativo europeo per i

fondi di investimento solidale;l agevolare l’accesso al microcredito.Per quanto riguarda, poi, i fondi strutturali, la Commissione elaborerà un’azione specifica di finanziamento delle imprese sociali, con la pre-visione esplicita di una priorità d’investimento “imprese sociali” nei regolamenti Fesr e Fse a partire dal 2014.Oltre all’intervento di carattere finanziario, la Commissione intende agire per migliorare il con-testo giuridico dell’imprenditoria sociale, anche attraverso l’elaborazione di idonee forme giuri-diche europee: semplificazione del regolamento sullo statuto della società cooperativa europea; predisposizione di un regolamento che istituisca lo statuto della fondazione europea.Infine, la Commissione affronta il tema degli ap-palti pubblici, proponendo che nel quadro della riforma degli appalti pubblici europea si valutino «le modalità per tener conto delle condizioni di lavoro delle persone che partecipano alla produ-zione di beni e servizi oggetto dall’appalto».

IL QUADRO ITALIANOIn Italia in molti hanno plaudito a questa comuni-cazione della Commissione europea. È inutile dire che una certa preoccupazione ser-peggia tra le file delle opere sociali: il quadro normativo è complesso e inadeguato; i fondi pub-

la geografia dell’impresa sociale in italiaLe imprese sociali in Italia sono 12.577. Tra queste, 365 hanno assunto la qualifica di “impresa sociale”, adeguandosi alla recente normativa in materia, 404 sono le organizzazioni che nella propria ragione sociale riportano la dicitura “impresa sociale” ma non ancora iscritte nella sezione dedicata e 11.808 le cooperative sociali (dati Unioncamere-Infocamere 2011), il modello giuridico-organizzativo di impresa sociale più diffuso e consolidato in Italia e in Europa.A queste organizzazioni si affiancano 110.913 organizzazioni che costituiscono il “potenziale di imprenditorialità sociale”: 22.468 enti non profit di natura produttiva (diversi dalle cooperative sociali e dalle imprese sociali che hanno assunto la qualifica per legge) e 88.445 imprese for profit che operano nei settori identificati dalla normativa come ambiti in cui è possibile produrre e scambiare beni e servizi di “utilità sociale” in vista di obiettivi di “interesse generale”.

blici sono pochi e arrivano tardi; gli enti pubblici - dal canto loro - spesso usano le realtà sociali per esternalizzare servizi a basso costo. Allo stesso tempo la povertà e la disoccupazione sono in aumento; e tra i poveri e i disoccupati vi sono molte persone in seria difficoltà a ricollocar-si, a ripartire. Come sono in difficoltà i giovani, che hanno bisogno di luoghi non standardizzati in cui degli adulti li aiutino a scoprire la loro uni-cità, introducendoli alla loro professione futura. La nostra esperienza ci mostra come in moltis-simi casi sia proprio l’incontro con realtà sociali che - per educazione e per statuto - sono nate e continuano a operare mettendo al centro la perso-na a permettere questa “rimessa in moto”.Certo, anche le opere sociali devono accettare la sfida del cambiamento radicale che questa crisi sta portando a tutti i livelli sociali ed economici. Ed è un cambiamento che richiede competen-za, energia e realismo. Richiede soprattutto una disponibilità al paragone serrato e leale con la realtà, con gli altri soggetti che operano nei pro-pri luoghi di vita o settori di attività. Richiede di amare così tanto le persone che ci sono affidate da non avere paura di rimettersi in discussione, e di mettersi insieme ad altri.Se questo è il cambiamento importante richiesto alle opere sociali, c’è un cambiamento da chie-dere alle istituzioni, che spesso poco conoscono - nonostante i benefici che il nostro Paese riceve - le realtà del privato sociale. Per questo speriamo che questa inattesa apertura europea sia colta anche dalle istituzioni italiane come una possibilità di riscoprire il valore impor-tante dell’imprenditoria sociale, in modo da favo-rirne sussidiariamente lo sviluppo, nella comune tensione al bene di tutti. n

José Manuel Bar-roso, presidente della Commissio-ne europea (nella foto), ha affermato che «dobbiamo pro-muovere nuovi modi di essere impresa, dobbiamo bilancia-re mercato e socie-tà, usando coraggio e intelligenza», in-vitando a sbloccare l’incredibile po-tenziale rappresen-tato dalle imprese sociali, perché «il social business può rappresentare un’agenda molto potente per genera-re cambiamento». Di questo tema si parlerà al Meeting di Rimini in un in-contro dal titolo “Il non profit, motore dell’Europa”

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meeting

NM Il non profit motore dell’Europa

di Dario Vascellaro

Nel bel mezzo della loro più grave crisi eco-nomica e d’identità le istituzioni dell’Unio-ne europea si dimostrano particolarmente

attive, e innovative, nel campo dell’impresa so-ciale. Dopo un periodo in cui questi temi (inno-vazione sociale e social entrepreneurship) erano trattati quasi esclusivamente in ambienti anche fin troppo specialistici, ora queste parole sem-brano essere sulla bocca di tutti. Ed è un bene perché finalmente si apre una discussione pub-blica sul significato di fare innovazione sociale e si sdogana il fatto che attraverso l’attività di impresa si può contribuire a generare cambia-mento.Ma l’attenzione verso l’imprenditoria sociale è solo un fatto contingente, dovuto all’urgenza di trovare ricette valide per uscire dalla crisi, o è un

Antonio

Tajani, vice

presidente della

Commissione

europea, spiega

l’impegno

dell’Unione

europea a favore

dell’imprenditoria

sociale e perché

questa può essere

un antidoto alla

crisi

atteggiamento duraturo?Questa e altre domande abbiamo rivolto ad An-tonio Tajani, commissario europeo responsabile dell’Industria e dell’Imprenditoria, e vice presi-dente della Commissione europea.Dopo la presentazione del documento relativo alla “iniziativa per l’imprenditoria sociale”, quali sono stati i passi compiuti e le iniziative realizzate dalla Commissione europea a favo-re dell’imprenditoria sociale, e quali sono in progetto nel prossimo futuro?«La Commissione ha già cominciato ad applica-re la maggior parte delle azioni chiave dell’ini-ziativa per l’imprenditoria sociale. Ad esempio, il progetto di regolamento sul Fondo europeo d’imprenditorialità sociale, uno strumento di fi-nanziamento europeo da 90 milioni di euro per le imprese sociali, la semplificazione dell’ap-plicazione delle norme sugli aiuti di Stato ai

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Il non profit motore dell’Europa

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servizi d’interesse generale ecc. Sul migliora-mento dell’ambiente giuridico, la Commissione ha pubblicato il rapporto sull’attuazione del re-golamento sulla Società cooperativa europea in febbraio. È su questa base che stiamo consultan-do le parti interessate. Una grande conferenza si è tenuta nel mese di aprile a Bruxelles per visi-tare le cooperative e le loro organizzazioni. Una seconda conferenza si terrà nel mese di settem-bre sotto la presidenza di Cipro per consultare gli Stati membri. Per quanto riguarda le altre forme giuridiche utilizzate dalle imprese socia-li, la Commissione ha avviato uno studio sulla situazione in tutti gli Stati membri e la relazione finale è attesa per fine anno. Per migliorare la visibilità delle imprese sociali, la Commissio-ne ha co-finanziato la prima Fiera europea delle imprese e cooperative sociali delle persone disa-bili in Bulgaria nel mese di aprile. Stiamo inol-tre lavorando per lanciare un invito a presentare proposte per misurare l’impatto socioeconomi-co delle imprese sociali e migliorare la loro vi-sibilità nei sistemi statistici nazionali».Michel Barnier, commissario europeo al Mer-cato interno, ha affermato che «abbiamo bisogno di ascoltare e supportare i pionieri dell’imprenditoria sociale» e che l’economia sociale è una delle possibili vie d’uscita dalla crisi essendo in grado di «riportare la morale nel mondo degli affari» e di indicare la strada per una crescita più sobria. Condivide que-sta affermazione? Se sì, può spiegarci come l’impresa sociale può fornire un paradigma in grado di superare le storture del turbo-capita-lismo finanziario?«Sono completamente d’accordo con il mio collega. L’iniziativa per l’imprenditoria sociale è stata pensata per gli imprenditori per i quali il fine sociale o d’interesse comune è lo scopo dell’attività commerciale, che spesso si tradu-ce in elevato livello d’innovazione sociale. Gli imprenditori sociali sono uomini e donne che dimostrano creatività e grande desiderio di rea-lizzare progetti sulla base di modelli di business solidi e sostenibili a lungo termine, e di fornire soluzioni efficaci a problemi socioeconomici spesso molto importanti. Un’impresa sociale è dunque una società il cui obiettivo principale è avere un impatto sociale piuttosto che generare profitti per gli azionisti o soci. In tempi di crisi, queste società sono spesso più produttive e com-petitive di altre. Ciò è dovuto al forte impegno personale dei loro leader e dei loro dipendenti, e alle migliori condizioni di lavoro che offrono.

Inoltre, rispondendo spesso a bisogni non soddi-sfatti, le imprese sociali partecipano a una cre-scita intelligente. Infine, tenendo conto del loro impatto ambientale e della visione a lungo ter-mine, contribuiscono alla crescita sostenibile».L’attenzione verso l’imprenditoria sociale è solo un fatto contingente, dovuto all’urgenza di trovare ricette valide per uscire dalla crisi, o è un atteggiamento duraturo?«La politica per la promozione delle imprese sociali non è nuova (la prima comunicazione risale al 1989) e mira alla realizzazione di mi-sure che non sono tutte legate alla crisi, come ad esempio il miglioramento della legislazione di settore. Inoltre l’imprenditorialità sociale è uno dei dodici pilastri dell’atto sul mercato unico ed è strategica per stimolare la crescita e rafforzare la fiducia dei cittadini europei nel loro mercato interno. Per promuovere una “economia sociale di mercato fortemente competitiva”, come stabi-lito dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, la Commissione incoraggia l’impren-ditoria sociale come naturale complemento alle iniziative per l’innovazione sociale. Queste ini-ziative sono radicate nella strategia Europa 2020 per una crescita più intelligente, più sostenibile e, soprattutto, più inclusiva».Per supportare l’imprenditoria sociale biso-gna mettersi d’accordo su alcuni punti chia-ve. C’è ancora un po’ di confusione sulla ter-minologia e i modelli dell’impresa sociale. Si sente l’esigenza di un framework regolatorio comune. E nonostante i dirigenti della Com-missione promettano di «sostenere il social business in tutte le sue forme», si sa bene che a un certo punto delle scelte dovranno esse-re prese. E che qualcuno rimarrà irrimedia-bilmente scontento. Quali difficoltà prevede che andranno affrontate in questo cammino e come pensate di superarle?«Nel suo approccio a questo settore diversificato la Commissione non ha la pretesa di dare defi-nizioni normative che si impongano a tutti e che si tradurrebbero in una costrizione regolamen-tare. Intende rispettare la diversità delle scelte politiche, economiche e sociali, così come la ca-pacità di innovazione degli imprenditori sociali. Per trovare un linguaggio comune tra i diversi attori, quali gli Stati membri, i collettivi locali e gli imprenditori sociali, la Commissione ha istituito il Gruppo di esperti della Commissione sull’imprenditoria sociale (Gces) che esaminerà tra l’altro i problemi che potranno sorgere per la definizione contenuta nell’iniziativa». n

Il commissario al Mer-cato interno e ai Servizi finanziari Michel Barnier (nella foto) indica l’im-presa sociale come un esempio da seguire per lo sviluppo di un’economia che sia responsabile e al tempo stesso contribui-sca alla crescita

Antonio Tajani (nella foto), ha rilevato come le iniziative contenute nella Comunicazio-ne dello scorso ottobre siano rivolte all’alleggerimento degli oneri amministrativi per le pic-cole e medie imprese e pongano le condizioni per la crescita di un’economia sociale di merca-to forte e dinamica

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CSC, i professionisti della sicurezzaInformazIone pubblIcItarIa

«Innanzitutto bisogna affidarsi a un’azien-da specializzata nel settore che offra prodotti certificati (normative UNI-ENV 1627/1630) contro le effrazioni almeno in classe Tre, possibilmente certificata ISO, che garantisca un ottimo montaggio».Quali sono i vantaggi di affidarsi a CSC per la sicurezza delle nostre abitazioni?«Centro Sicurezza Casa è l’unica azien-da in Italia che produce esclusivamente grate blindate di sicurezza, per ogni tipo di esigenza. Tutte le fasi di lavorazione (compresa la verniciatura) avvengono al proprio interno e le installazioni sono fatte da personale dipendente. Inoltre è certifi-cata ISO 9001 e i prodotti sono certificati contro le effrazioni sino alla classe Quat-tro, azienda all’avanguardia nel mondo».

Intervista ad Antonio Rotigliano, responsabile commerciale del gruppo CSC, leader nella sicurezza passiva

Il 2011 è stato un anno record per le rapine nelle abitazioni, sono aumentate del 28%. Cosa possiamo fare per rendere più sicu-ra la nostra casa? Lo abbiamo chiesto ad Antonio Rotigliano, responsabile commer-ciale del gruppo CSC (Centro Sicurezza Casa), leader nella sicurezza passiva.«Gli ultimi anni hanno visto un’intensifi-cazione dei reati contro la proprietà e ul-timamente le rapine aumentano rispetto ai furti. Bisogna entrare nell’ottica di un investimento nella sicurezza della propria abitazione e delle persone che ne fanno parte con soluzioni attive o passive».In cosa consistono le sicurezze attive e quelle passive, quali sono le differenze?«Per attive si intendono sistemi d’allarme (rilevatori a infrarossi, contatti magnetici,

Antonio Rotigliano, responsabile commerciale del gruppo CSC

telecamere ecc.), che si attivano nel momento dell’effrazione. Per passivi serramenti blindati o grate blindate, che impon-gono al malfattore la loro forzatura con adeguati strumenti, obbligandoli a essere visibili durante l’aggressione per il tem-po necessario. Purtroppo i sistemi attivi pongono limitazioni

Quale rapporto si instaura con i clienti CSC e qual è il loro grado di soddisfazione?«Sia i nostri clienti che i potenziali, oltre a Internet, hanno a disposizione un numero verde a cui risponde direttamente il nostro personale. Sei giorni la settimana l’ufficio tecnico e il commerciale sono a loro completa disposizione. Da anni raccogliamo su un questionario di soddisfazione le opinioni rispetto al prodotto e servizio offerto; con orgoglio posso af-fermare che il 98% delle risposte sono positive, spesso elo-giative per il lavoro effettuato».Quali sono i suoi consigli per “dormire sonni tranquilli”?«Le rispondo a tono: “chiudere la stalla prima che scappino i buoi”. Proteggete la Vostra abitazione prima che accada qualcosa di negativo ai Vostri beni o ai Vostri cari. Scegliete il sistema (attivo o passivo) che soddisfi meglio le vostre esi-genze, ma affidatevi sempre a un’azienda altamente specia-lizzata con prodotti certificati ai massimi livelli che garantisca nel tempo un’adeguata assistenza. Anche in questo settore ci sono, purtroppo, molti avventurieri che seguono l’onda del momento. La sicurezza è un bisogno primario, le grate durano tutta la vita, scegliete con cura e al meglio a chi affidarla».

csc in cifreIl gruppo CSC è attivo dal 1999, conta su 25 addetti e nel 2011 ha fatturato circa 3.100.000 euro

all’uso quotidiano della casa e non impediscono in alcun modo l’accesso, i passivi permettono una maggiore vivibilità dell’abi-tazione (se pur chiusi permettono, nel caso delle grate, il pas-saggio di luce e aria) ponendo un ostacolo fisico al ladro».Quali caratteristiche devono avere i sistemi passivi per ga-rantire un’adeguata sicurezza?

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CLe cooperative costruiscono un mondo migliore

L’esperienza cooperativa affonda le radici nella storia del continente europeo. Fu infatti nei primi decenni del XIX secolo che, contem-

poraneamente all’affermarsi del moderno sistema industriale e finanziario, fondato sulla centrali-tà del capitale privato, si produsse una reazione allo stato di cose che si andava delineando. Tutti conoscono il pensiero di Marx, la sua idea che il capitale come strumento di controllo dei mezzi di produzione andasse sottratto ai privati e attribu-ito, attraverso lo Stato, al controllo della classe

dei lavoratori. Conosciamo bene anche gli effetti che questo punto di vista e l’azione politica che ne seguì produssero sulla storia dell’umanità del secolo successivo.In quello stesso periodo si sviluppò anche un di-verso fenomeno di contrasto al dominante capita-lismo industriale: quello cooperativo. L’idea cen-trale delle esperienze che si andarono affermando fu quella di non legare la proprietà dell’impresa alla detenzione del capitale, bensì, di volta in vol-ta, alla condizione di cliente o di lavoratore o di

Il mondo delle coopera-tive è un valido osserva-torio per un nuovo mo-dello di sviluppo eco-nomico fondato sulla inclusione, sia in Italia che nel mondo

È questo lo

slogan ufficiale dell’Anno

internazionale delle cooperative. Il

2012 è infatti l’anno che l’Onu ha dedicato

al milione e 400 mila cooperative diffuse in

oltre cento Paesi del mondo e agli 800 milioni

di cooperatori. Una realtà con una funzione

economica e sociale rilevantissima che ha

dimostrato di reggere molto meglio di fronte alle

difficoltà della crisi

di Felice Scalvini vicepresidente dell’Ica (International co-operative alliance)

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MLe cooperative costruiscono un mondo miglioresofisticando le tecniche organizzative in relazio-ne ai diversi settori dell’economia - credito, agri-coltura, distribuzione di beni di largo consumo, costruzioni, produzioni industriali, gestione dei servizi sociali e di comunità - e ai contesti eco-nomici, culturali e sociali all’interno dei quali si collocavano. Così, in pressoché tutti i Paesi europei, nacque-ro le banche di credito cooperativo, le coopera-tive agricole, quelle della pesca, le cooperative di consumo e quelle di lavoro, e al contempo nacquero le organizzazioni nazionali e inter-nazionali di rappresentanza e di promozione. L’International cooperative alliance fu costituita nel 1895 a Londra, con la partecipazione delle

fornitore di quell’azienda. In questo modo questa avrebbe avuto come obiettivo quello di funzio-nare in modo economicamente equilibrato per soddisfare i bisogni dei membri-proprietari e non per arricchire l’investitore di capitale. L’ipotesi si dimostrò realizzabile e fu così che nacque, si diffuse e si sviluppò l’esperienza della coopera-zione. Nella seconda metà del XIX secolo in tutta Europa vi fu un fiorire di cooperative di consu-mo, cooperative agricole, ban-che cooperative, cooperative di lavoratori. Esse svolsero una funzione economica e sociale rilevantissima. Non richieden-do per la costituzione signifi-cativi apporti di capitale, per-misero l’accesso alla proprietà e alla gestione delle imprese a centinaia di migliaia (oggi decine di milioni) di famiglie, lavoratori, produttori agricoli che, non disponendo di risor-se, sarebbero rimasti esclusi dalle dinamiche di governo dell’espansione economica o vi sarebbero entrati solamente in una posizione di subordina-zione e sfruttamento.

nate dal bisogno

Felice Scalvini (nella foto) da tem-po opera nell’ambito delle orga-nizzazioni mondiali del movimento cooperativo. Dal 2010 è giunto a occupare importanti posizioni di vertice come co-presidente dell’or-ganizzazione europea - Coopera-tives Europe - e vicepresidente di quella mondiale, Ica

Questa fu la grande invenzione dei cooperatori dell’ottocento: costituire imprese non a partire dal capitale, ma dai bisogni delle persone. Dalla loro capacità di aggregarsi e di operare insieme in modo economicamente efficiente ed equilibrato, con spirito e metodi ispirati dai principi di soli-darietà e uguaglianza. Robert Owen e i Rochdale Pioneers in Inghilterra, Friedrich Wilhelm Raif-feisen in Germania, Charles Gide in Francia, don Lorenzo Guetti e Luigi Luzzatti in Italia e mol-ti, molti altri promotori diffusero in tutti i Paesi europei, nel corso della seconda parte dell’800 e agli inizi del 900, le idee e l’esperienza cooperati-va, fissando i principi fondamentali e affinando e

organizzazioni di diversi Stati europei, tra cui la Lega delle cooperative italiane, che allo-ra rappresentava tutta la realtà italiana.

le coop nel mondoLe radici della cooperazione nel tessuto economico e so-ciale dei popoli europei sono dunque remote e profonde e hanno saputo diffondersi, nel corso del XX secolo, in tutto il globo. Oggi, sulla Terra, sono un miliardo i soci di coopera-tive: molti di più degli azio-nisti di tutte le Borse. Sono circa cento milioni i lavoratori all’interno delle cooperative o nelle strutture a esse collega-te. Soprattutto, le cooperative dimostrano una straordinaria adattabilità ed elasticità così da saper operare bene in qual-siasi settore dell’economia, in

qualsiasi contesto e quale che sia la loro dimen-sione: dagli 80 mila lavoratori del Gruppo Mon-dragon, settimo gruppo industriale della Spagna, alle Casse Dejardin in Canada, con un attivo di 190 miliardi di dollari, 40 mila occupati e 5,6 mi-lioni di soci, alle cooperative di villaggio delle donne del Burkina Faso, che insieme producono ortaggi e mandioca, alle piccole realtà di ahorro (in italiano “risparmio”) e credito dei campesinos delle Ande equadoregne, passando per imprese di tutte le taglie e di tutte le tipologie (l’unica attivi-tà economica che non risulta realizzata in forma cooperativa in qualche parte del mondo è la ge-stione delle ferrovie).

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il primato italianoL’Italia, in questo panorama globale, si presenta come il Paese con la presenza più completa nei diversi ambiti economici. Le Bcc coprono oltre il 13% del mercato del credito, le cooperative di consumo rappresentano il 30% della grande distri-buzione, quelle agricole sostengono, trasformano o commercializzano oltre il 50% della produzione agricola made in Italy, quelle sociali rappresenta-no il principale pilastro del Welfare locale del no-stro Paese, quelle di lavoro annoverano molteplici aziende leader nelle costruzioni, nell’industria e nei servizi, quelle edilizie hanno contribuito in modo determinante all’acquisizione della casa da parte di milioni di italiani, a quelle della pe-sca è riconducibile oltre un terzo della produzione nazionale. Nel complesso stiamo parlando di 43 mila imprese, 12 milioni di soci, un milione due-centomila lavoratori, un giro d’affari di 127 mi-liardi di euro. Una realtà imponente e in costante progresso, sostenuta da un nuovo spirito di colla-borazione tra le tre principali organizzazioni che la rappresentano, che ha portato alla costituzione dell’Aci - Alleanza cooperative italiane, auspica-bile embrione di un’unica, grande organizzazione di riferimento.

la crisi e le imprese cooperativeE infine la crisi. Di tale portata per cui è naturale che i protagonisti principali siano gli Stati, con le loro politiche e i loro interventi e che le imprese debbano sostanzialmente subire e adattarsi, per quanto sanno e possono. Per quanto concerne le cooperative, tutti i dati e le informazioni ci dico-no che ciò è avvenuto molto meglio delle altre imprese. Ormai è stata adottata una parola, re-cuperata dalle scienze fisiche e psicologiche, per indicare il comportamento delle imprese coope-rative: “resilienza”, che sta a indicare la capacità di resistere adattandosi e sfruttando innanzitutto la propria elasticità. Nella crisi le cooperative hanno dimostrato di reggere molto meglio le difficoltà. Mentre grandi banche commerciali erano ogget-to di veri e propri salvataggi da parte degli Stati, nessuna banca cooperativa, in nessun Paese del mondo, ha ricevuto aiuti pubblici, continuando, con i propri mezzi finanziari, a finanziare fami-glie e imprese, anche durante le fasi più acute del credit crunch. Nuove cooperative sono nate e l’occupazione è aumentata, anche nel 2010 e nel 2011, seppure a ritmi più blandi rispetto a quelli degli anni precedenti. In molti casi i soci lavora-tori, riducendosi gli stipendi, hanno garantito la

sopravvivenza delle loro aziende e la possibilità per tutti di conservare il posto di lavoro. In vari Paesi, diverse imprese in crisi sono state trasfor-mate in cooperative e hanno continuato a produrre e a garantire l’occupazione di gran parte dei lavo-ratori, diventati anche proprietari. Le cooperative sociali, riorganizzandosi e innovando, stanno di-fendendo per la popolazione livelli essenziali di Welfare, pur di fronte a una sensibile contrazione della spesa pubblica.Gli elementi di solidarietà, di flessibilità e di le-game con le comunità locali e soprattutto la di-versità di natura e vocazione rispetto alle imprese di capitale stanno, ancora una volta, dimostrando che le imprese cooperative si trovano a essere, in qualsiasi situazione, nel popolo e con il popolo per difendere e promuovere le migliori condi-zioni di vita possibili per la generalità delle per-sone. Per questo l’anno 2012, proclamato dalle Nazioni Unite “anno mondiale delle cooperative” è, per tutti i cooperatori del mondo, anche l’anno dell’orgoglio cooperativo. Molta strada è davanti a loro, da percorrere, ma molte buone cose sono state realizzate nei due secoli passati. Un solco ni-tido e positivo è stato tracciato, un solco nel quale possono continuare a camminare e operare tutti quanti i cooperatori del mondo, fiduciosi di potere e sapere dare un contributo importante allo svilup-po di tutti i popoli della terra, al loro benessere, alla loro uguaglianza, alla loro libertà. n

Le Nazioni Unite han-no dichiarato il 2012 “Anno internaziona-le delle cooperative” (IYC: International Year of Cooperatives), riconoscendo alle im-prese cooperative un ruolo importante su scala globale per lo svi-luppo equo e sostenibile dei popoli. Con circa 800 milioni di membri in più di 100 Paesi, at-tive in molteplici settori produttivi, le imprese cooperative rappresen-tano un motore reale per l’inclusione socio-lavorativa e la creazio-ne di reddito.Durante il prossimo Meeting di Rimini al movimento cooperativo sarà dedicato l’incontro dal titolo “Una econo-mia fondata sulla cor-responsabilità. Espe-rienze di cooperazione a confronto”

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L DDal lavoro la dignità

Alla rassegna riminese il tema della

detenzione e delle attività lavorative

che possono ridare speranza ai reclusi

è stato sempre caro. Carcerati e

Meeting si sono incontrati, si sono

piaciuti e hanno fatto un pezzetto di

strada insieme

di Nicola Boscoletto presidente del Consorzio Rebus di Padova

Dopo l’esperienza del 2008, i detenuti del carcere di Padova, guidati dagli operatori del Consorzio Re-bus, anche nel 2009 sono stati presenti nella fiera di Rimini in uno spazio loro dedicato con il laboratorio di pasticceria e il bar “dai carcerati” dove, oltre a degustare le loro squisite delizie, è stato possibile in-contrarli e continuare il dialogo

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Se a qualcuno venisse il dubbio che il tema del Meeting di quest’anno “La natura dell’uomo è rapporto con l’infinito” sia suggestivo, affa-

scinante ma - come dire? - un tantino filosofico, mi permetto di raccontare alcuni spunti della mia esperienza di trent’anni a contatto con il mondo del carcere. Perché dalle vicende che mi è stato dato di vedere e di vivere nelle case di reclusione emergono alcuni elementi che tolgono ogni ragio-nevole dubbio.Provo a spiegarmi, partendo proprio dal Meeting. Alla rassegna riminese il tema della detenzione è stato sempre caro, ma dal 2006 in poi è come se fosse scoccata una scintilla. È in quell’anno che si tiene l’incontro “Il lavoro nelle carceri” con Andreotti, Mastella (allora ministro della Giustizia) e il magistrato Pavarin. È l’alba di un evento straordinario come la mostra “Libertà va cercando ch’è sì cara - Vigilando redimere” del 2008, con esperienze di umanità dai penitenziari di tutto il mondo, visitata da decine di migliaia di persone colpite e commosse per l’impatto umano delle esperienze raccontate dai detenuti e dagli operatori. Nel 2009 è la volta del bar “Pasticce-ria ai carcerati”, che (come già l’anno precedente)

I detenuti sono all’opera per sfornare nel laborato-rio del Due Palazzi la colomba de I Dolci di Giotto (realizzati dai detenuti del Consorzio Rebus), preli-batezza pasquale tanto lodata dal celebre chef spa-gnolo Albert Adrià

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distribuisce fette di panettone a decine di miglia-ia, fino al coinvolgimento, iniziato nel 2010, dei detenuti come volontari del Meeting e altre ini-ziative come la partita detenuti-resto del mondo dell’anno scorso. Carcerati e Meeting si sono incontrati, si sono pia-ciuti, hanno fatto un pezzetto di strada insieme. Come è potuto accadere che tra due mondi così distanti sia scattato il feeling? È proprio qui che il tema di quest’anno torna a galla.

Una situazione difficileMa prima di spiegare perché, occorre fare un cen-no veloce al momento che le carceri italiane stan-no vivendo. Che, a detta di tutti, è uno dei punti più bassi della storia del nostro Paese. I reclusi in Italia nel 2012 sono circa 67mila, cifra in costante ascesa, a fronte di una capienza teorica di circa 44mila unità. 26mila, circa il 40 per cento, sono i non ancora definitivamente condannati, e anche questo è un dato che fa pensare. Il sovraffolla-mento e le pessime condizioni di vita - pensiamo anche all’assistenza sanitaria spesso sotto gli stan-dard minimi - hanno creato in molte carceri un clima di esasperazione. Tra il 2000 e il 2011 negli istituti di pena sono morte 1915 persone, di cui 685 suicide, senza dimenticare i 100 agenti di po-lizia penitenziaria che si sono tolti la vita. Il con-testo sociale raramente è stato così negativo verso le persone che hanno sbagliato e devono scontare la loro pena e che prima o poi, quasi per tutti e almeno teoricamente, dovrebbero rientrare come cittadini nella società. Mai come ora l’articolo 27 della Costituzione è rimasto lettera morta, sia là dove ricorda che le pene devono essere ispirate a un senso di umanità (un grosso problema per tutti noi, non solo per i 67mila detenuti), sia dove afferma che la pena deve tendere alla rieducazio-ne. Oggi le carceri italiane, nonostante la buona volontà di tanti operatori, magistrati e agenti, cre-ano scientificamente il contrario: diseducazione, disaffezione a sé, ritorno irreversibile alla delin-quenza per impossibilità di rifarsi una vita nor-male.Difficile pensare, in un contesto “civile” come quello italiano, una situazione in cui sia più im-pedita una reale speranza a una persona. Eppure la nostra storia e quella di tante altre realtà incon-trate in tutta Italia dice proprio il contrario. Dice che anche in situazioni così tragiche un detenuto può sperimentare il rapporto con l’infinito, nor-malmente dentro una compagnia di amici che lo condividono con lui, come speranza per sé e per i propri cari. E dice che su questa certezza si può

costruire, si può ricominciare a lavorare (o comin-ciare del tutto, perché spesso chi sta in galera non ha mai fatto l’esperienza del lavoro), a riallaccia-re i rapporti con i propri cari, a mettere da parte qualche soldino, a riprendere a pensare al proprio futuro come qualcosa di diverso da un buco nero.

Rinascere è possibileIn un contesto oggettivamente così sfavorevo-le, sempre più numerose in tutta Italia sono le

esperienze di cooperative, associazioni, di sem-plici volontari che testimoniano che rinascere è possibile, che la speranza può essere qualcosa di diverso da un appello generico o una parola vuo-ta. In un contesto in cui i diritti più elementari, l’umanità, l’educazione sono calpestati è possibi-le fare esperienze di umanità, in cui - incredibil-mente - una persona detenuta può giungere a sera contenta della giornata trascorsa. In tanti racconti che ho sentito in questi anni da amici carcerati c’è un’asimmetria pazzesca tra gusto del vivere e qualità della vita. Si può davvero essere liberi anche dietro le sbarre.Perché questo accada, evidentemente, deve scat-tare qualcosa nel profondo della persona, una scintilla che nessun operatore sociale, nessun pro-gramma di riabilitazione o nessuna riforma può dare. Però è innegabile che alcuni fattori siano facilitanti, sia per la ripresa di speranza e di ini-ziativa della persona detenuta, sia per gli effetti positivi nella comunità civile. Il primo tra questi è creare reali opportunità di lavoro in carcere. Non lavori qualsiasi, ma spendibili “fuori”. Se leggete le statistiche vi diranno che oggi 14 mila detenuti sono coinvolti nei cosiddetti lavori domestici. Ov-

Un’immagine del-la mostra “Libertà va cercando ch’è sì cara. Vigilando redimere”, allestita al Meeting di Ri-mini del 2008, che presentava l’espe-rienza di lavoro tra le sbarre dei detenuti di alcuni penitenziari italia-ne e il mondo del carcere, attraverso esempi di umanità da alcune case di detenzione italiane e del mondo (tra cui Padova Due Palazzi, Milano San Vittore e Como)

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vero sono occupati in cucina, nelle lavanderie o nelle pulizie quindici giorni ogni 45 per tre ore al giorno, con stipendi tra i trenta e i settanta euro al mese. Il lavoro vero è un’altra cosa, è quello offer-to dalle cooperative purtroppo solo a poche centi-naia di fortunati: un lavoro con orari, turni, man-sioni e stipendi veri, spendibili anche all’esterno.

Usare la ragionePer abbattere tanti luoghi comuni basterebbe usa-re la ragione in modo elementare. Dare lavoro ai detenuti, si dice - significa sottrarre possibilità alle persone che non trovano occupazione. Ma non si dice che, ed è un dato documentabile, per ogni euro investito nel recupero se ne risparmia-no dieci in termini di minori interventi sia sociali sia repressivi, di maggiore sicurezza per i cittadi-ni, di minori costi di struttura carceraria. C’è un assioma tanto incontestabile quanto stranamen-te dimenticato, anche in questo caso con cifre schiaccianti alla mano: chi lavora in carcere quasi mai torna a delinquere. Per questo, la più grande miopia per lo Stato (la Ragioneria dello Stato, la Corte dei Conti che a tal proposito non interviene) sarebbe non sviluppare le attività lavorative per i detenuti. Cosa direste infatti di una politica che

riesce alla perfezione a creare simultaneamente queste tre conseguenze: 1. far crollare il rispetto della legge 2. creare insicurezza diffusa 3. spende-re una montagna di soldi? Purtroppo è il risultato che decenni di interventi poco lungimiranti stan-no determinando nel sistema penitenziario italia-no. Basterebbe usare un pizzico di buon senso, di “recta ratio”… n

al teatro del carcere di siracusa va in scena l’apocalisseSul palco del teatro della Casa circondariale di Siracusa un gruppo di sopravvissuti - interpretati da persone detenute - si aggira in un mondo desolato cercando di risolvere l’esigenza primaria di alimentarsi. Il loro cammino è sostenuto dalla speranza di incontrare Gatto santone, figura messianica che si auspica possa guidare la rinascita dopo la catastrofe. È davvero la fine del mondo, come previsto dal calendario Maya? Oppure si tratta di una apocalisse circoscritta a un limbo dimenticato dal resto della nazione? È quello che si scoprirà nel corso della “commedia apocalittica” Gatto santone messa in scena il 2 luglio dentro il carcere (nelle foto, alcuni momenti) per un pubblico formato da reclusi e da spettatori venuti da fuori. La rappresentazione, scritta da Carmelo Greco

per la regia di Liddo Schiavo e le scenografie di Vincenzo Medica, è l’esito finale del corso proposto dal primo istituto comprensivo Vincenzo Messina di Palazzolo Acreide ad alcuni allievi maggiorenni in regime di detenzione. Coordinato dalla professoressa Manuela Caramanna, il lavoro rientra fra i progetti finanziati dal Programma operativo nazionale (Pon) del Miur che punta, fra l’altro, a «migliorare i sistemi di apprendimento durante tutto l’arco della vita» in quattro regioni d’Italia: Calabria, Campania, Puglia e Sicilia. In questo caso, grazie alla mimesi teatrale, gli allievi-detenuti-attori sono andati alla scoperta di che cosa una crisi, anche la più devastante, può distruggere e di che cosa, invece, non è in grado di cancellare: il valore irriducibile della singola persona.

Il Consorzio di coo-perative sociali Rebus - di cui è presidente Ni-cola Boscoletto, autore dell’articolo - è sorto alla fine del 2004 per rispondere in maniera più efficace alle esigen-ze presenti nell’attività lavorativa di alcune co-operative operanti pres-so la Casa di reclusione di Padova fin dal 1991

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Partendo dal dato di fatto che nei prossimi 40 anni la popolazione mondiale supererà i nove miliardi, nel suo recente saggio 2030 La tem-

pesta perfetta Gianluca Comin si è chiesto come potrà il nostro pianeta reggere i consumi attuali, tanto più se estesi ad altri due o tre miliardi di per-sone che aspirano a omologarsi allo stile di vita dei Paesi più ricchi. In questa intervista riflette sulla necessità di smettere di perseguire miopi priorità e di cominciare ad adottare politiche lungimiran-ti, consapevoli della necessità di trovare soluzioni globali. È questa la vera sfida per tutti noi citta-

S ALe sfide che ci attendono

Gianluca Comin, autore, insieme a Donato Speroni, del

saggio 2030 La tempesta perfetta, spiega le priorità che

bisognerebbe tener presenti per uscire dall’attuale crisi

di Dario Vascellaro

dini, comunità locali, imprese, organizzazioni non profit.Il suo libro è uscito a gennaio di quest’anno, per cui è stato scritto, presumibilmente, durante il 2011. Dopo mesi convulsi che hanno visto cam-biamenti profondi in tutto il mondo, spesso det-tati dalla crisi economica, oggi lei è più o meno ottimista riguardo alle capacità dell’umanità di affrontare la grande crisi che si delinea all’oriz-zonte?«Mi rendo conto che è difficile essere ottimisti di fronte a una crisi così lunga e con la sensazione

Cosa fare per evitare il collasso del Sistema Terra? A chiederselo sono due esperti di comunicazione come Gianluca Comin e Donato Speroni che nel volume edito da Rizzoli “2030. La tempesta perfetta - Come sopravvivere alla Grande Crisi” portano a termine un’analisi completa dei vari settori “malati” suggeren-do cure di volta in volta in prospettiva micro o macro (http://2030latempestaperfetta.it)

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di incapacità ad affron-tarla da parte dei leader della terra. Le convul-sioni del nostro sistema economico continue-ranno ancora per un po’ e le possibili soluzioni sono ancora lontane dall’essere individuate in maniera unanime e applicate con decisio-ne. Non sbaglia chi considera gli anni che stiamo attraversando pari, per gravità, a una terza guerra mondiale. Tuttavia questa stessa amara considerazione evidenzia anche i se-gni positivi del futu-ro. Dopo la Seconda Guerra Mondiale furo-

ne nella cosiddetta “coda lunga” dell’attenzione resa possibile dai nuovi media basati su Internet. L’abbondanza di spazi di comunicazione e dialo-go offerti dalla rete offre infatti l’opportunità a un gran numero di comunità di interessi e di valori per tenere alta l’attenzione e la capacità di approfon-dimento sui grandi temi anche quando essi esco-no dal cono di luce dei media di massa. Alla coda lunga di Internet si unisce il potere catalizzante dei social media, che riesce di tanto in tanto a dettare l’agenda, portando temi poco considerati al centro dell’attenzione pubblica. Un esempio clamoroso di questa dinamica è senz’altro la campagna on line che ha convinto il Governo Usa a interveni-re per rimuovere il signore della guerra africano Kony. Un tema che nessun mass media avrebbe mai considerato rilevante, ma che la mobilitazione dal basso di un gruppo compatto di opinion maker ha saputo trasformare in priorità politica».Si dice spesso che l’attuale crisi economica può essere anche una grande opportunità e che l’unico modo per uscirne è cambiare profon-damente, innanzitutto nelle coscienze di cia-scuno di noi. Ritiene che, per attuare questo cambiamento, possa servire da stimolo anche il “rapporto con l’infinito” di cui parla il tema del Meeting di quest’anno?«Certamente le risposte alla grande crisi e alle sfi-de globali che l’umanità si trova davanti non ver-ranno solo dalle innovazioni tecnologiche, o dalla politica internazionale. Vi è, invece, un ruolo enor-me che resta nelle mani di ciascuno di noi: una

no poste, infatti, le fondamenta che consegnarono l’Europa al più lungo periodo di crescita e prospe-rità da molti secoli a questa parte: le fondamenta dell’Unione europea, della solidarietà atlantica, dell’apertura dei mercati e delle frontiere. Il prez-zo fu, anche allora, altissimo. Ma i leader europei seppero lasciare in eredità ai loro figli un continen-te più ricco, più libero e più aperto di quello che gli avevano lasciato i loro padri. È questa la responsa-bilità che pesa sulle spalle di ciascuno di noi e in particolare su quelle della classe politica europea».I fattori di criticità di cui lei parla nel suo libro non sono certo venuti meno negli ultimi tempi, ma, a parte lodevoli eccezioni, mi sembra che i mezzi di comunicazione, presi da problemi contingenti (crisi economica ecc.), siano meno sensibili di un tempo a problemi quali il riscal-damento globale, i flussi migratori ecc. Come giudica l’atteggiamento del mondo dell’infor-mazione?«Una delle principali ragioni per cui, con Donato Speroni, ho deciso di scrivere 2030 La tempesta perfetta è proprio tentare di superare la logica dell’ultima ora e di guardare un po’ più in là nel tempo. Esiste anche una ragione “costitutiva” che impedisce ai media di dare il giusto rilievo alle sfi-de globali: i tempi dei media e dell’attenzione del pubblico sono necessariamente più rapidi di quelli necessari per affrontare globalmente grandi sfide come il cambiamento climatico, la crescita della popolazione, la spinta migratoria o la sfida dell’ac-cesso all’energia per tutti. Questo genera una sfa-

Gianluca Comin, direttore delle Relazioni esterne di Enel, è stato presidente della Ferpi, la Federazio-ne delle relazioni pubbliche italiana, si è occupato di comunicazione per le più importanti aziende ita-liane. È membro della Giunta nazionale di Confin-dustria e insegna comunicazione strategica e mar-keting alla Luiss

satura temporale, che tiene per lunghi periodi le grandi problemati-che al di sotto dell’oriz-zonte ottico lungo il quale naviga l’infor-mazione. Le grandi sfi-de emergono all’atten-zione dei media solo quando presentano le loro manifestazioni più acute - gli eventi meteorologici estremi, i drammi dell’immi-grazione come quelli di Lampedusa - per poi tornare “sommer-si” in breve tempo. Questa caratteristica dei media, soprattutto di quelli tradizionali, trova parziale soluzio-

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nuova, più forte sensibilità per i comportamenti in-dividuali in ottica di sostenibilità è probabilmente tra i cambiamenti più rilevanti di cui siamo testi-moni in questo inizio di millennio. Pare che, dopo anni di eccessiva concentrazione sul presente, le persone tornino a interrogarsi sul futuro, e sul loro ruolo nel costruirlo. Sul ruolo di ciascuna perso-na nella costruzione del futuro di tutti. Si tratta di una tendenza ancora minoritaria, che si sviluppa in maniera non organica e con esiti diversi. Ma è, senza dubbio, una tendenza che va incoraggia-ta. Anche attraverso la riflessione profonda che il Meeting saprà proporre quest’anno».Al di là delle ricette economicistiche, quali nuo-ve priorità bisognerebbe tener presenti per af-frontare le sfide dei prossimi decenni?«L’economia è una componente essenziale delle sfide che ci troviamo ad affrontare. Ma certamente non può essere l’unico strumento per superare il guado. Credo che tra le priorità per affrontare le sfide dei prossimi decenni vi sia, innanzitutto, la centralità della persona e del suo lavoro. Perché, come ricorda anche l’enciclica Caritas in Veritate, “i costi umani sono sempre anche costi economici, e le disfunzioni economiche comportano sempre anche costi umani”. La seconda priorità, diretta-mente collegata alla prima, è il recupero della su-premazia dell’economia reale sulla finanza nella creazione di valore. Infine, le nuove tecnologie e la coscienza sempre più condivisa delle sfide globali ci offrono un’opportunità unica: quella di passa-re dalla pura considerazione dei legittimi interessi individuali all’attivazione di meccanismi di intelli-genza collettiva sempre più efficaci per rispondere ai bisogni delle persone e della società. Penso a In-ternet, ma anche alle nuove frontiere della cittadi-nanza attiva e dell’elaborazione-controllo dei cit-tadini sull’operato della politica e delle aziende».Nel suo libro lei afferma che solo un governo mondiale potrebbe imporre comportamenti adeguati. Lei stesso, però, ritiene molto im-probabile che ci si possa arrivare nei prossimi vent’anni. In effetti, anche i sistemi di governo continentali (l’Europa in primis) mostrano la corda e sembra esserci una tendenza al ritorno delle “piccole patrie”. Se la gestione internazio-nale della crisi economica continuasse a segnare il passo, ritiene che questo potrebbe ribaltare la situazione, rilanciando una governance globale?«Certamente la gestione internazionale della crisi non è soddisfacente e la classe politica europea fa-tica a proporre una visione comune del futuro del continente. Ma, forse, di fronte a sfide così impo-nenti e rapide saremo capaci di una risposta poli-

tica comune. La crisi dei debiti sovrani ha dimo-strato che l’Europa non può più fermarsi in mezzo al guado. Non lo fecero i padri fondatori, che ini-ziarono a unire un continente lacerato dalla guerra a partire dai fondamentali - il carbone e l’acciaio. Non possiamo permettercelo noi: se l’euro soprav-vive, necessariamente comporterà istituzioni più forti e politiche comuni che si estenderanno anche ai Paesi dell’Unione che finora non hanno adottato la moneta comune. E che toccheranno nel profon-do la storia democratica del nostro continente».Nel nostro Paese si parla molto di “antipoliti-ca”. Ritiene che il rifiuto della politica così come finora si è manifestata possa essere legato anche al fatto che si dimostra incapace di affrontare le sfide del futuro?«Senz’altro. L’antipolitica è come l’acqua che si inserisce nei vuoti lasciati dalla politica tra i mat-toni che compongono la società. Con il freddo della crisi, l’acqua gela e si formano le crepe. E credo che in questo momento, e al netto della gra-ve crisi etica che flagella senza distinzione i partiti al potere, il grande vuoto che allontana i cittadini dalla politica sia dato proprio da una mancanza di visione del futuro. L’incapacità, non solo di offrire soluzioni, ma ancor prima di offrire una narrazio-ne credibile e coinvolgente del futuro è probabil-mente il carburante che sta mancando nei serbatoi dei nostri partiti. Lasciando spazio all’antipolitica, che però è rifiuto del presente senza visione del futuro».Lei afferma che la disponibilità di dati, lo scam-bio di informazioni e la possibilità di contribuire al dibattito attraverso Internet offrono nuove speranze per arrivare a decisioni condivise. A oggi, però, la Rete veicola anche populismo e demagogia. Ritiene che possa prevalere l’aspet-

Il disastro ambientale e la crescita demografi-ca metteranno il mondo di fronte alla sfida deci-siva, i problemi verran-no definitivamente al pettine e solo se si pren-deranno le scelte giuste nel 2050 si potrà tirare un sospiro di sollievo

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to positivo di Internet?«Certamente Internet veicola populismo e demagogia, come qualsiasi altro mez-zo di comunicazione nelle mani delle persone. Ma non credo che la demago-gia e il populismo siano la caratteristica distintiva di quello che si muove su In-ternet. Al contrario, la pluralità di voci e la possibilità di interagire incoraggia chiunque a un “ascolto partecipato”, più responsabilizzante rispetto a quello proposto dalla televisione. In-ternet è un mezzo di comunicazione che richie-de all’utente uno sforzo di partecipazione che tv e giornali non richiedono. E, per definizione, la partecipazione fa maturare le idee. Bisogna edu-care a un uso responsabile di questo strumento di partecipazione e valutare sempre la reputazione e la credibilità di chi diffonde informazione. Ma i presupposti per rendere questo strumento una leva poderosa per una nuova cittadinanza attiva ci sono tutti».Non crede che parte delle attuali difficoltà e, soprattutto, il ritardo nell’affrontare i problemi che potrebbero portarci alla “tempesta perfet-ta”, siano da addebitare a una scarsa attenzio-ne al “bene comune”, alla tendenza a confon-dere o contrapporre in modo insanabile le pur legittime istanze e gli interessi di una parte con quelli di tutti?«La vera opposizione non è tra bene individuale e bene comune, quanto piuttosto tra breve perio-do e lungo periodo. È solo nel breve periodo che il bene individuale viene perseguito a scapito di quello comune. Ma un comportamento basato sul-la responsabilità individuale sa pensare all’effetto delle proprie azioni nel lungo periodo. È questo il modo di coniugare interesse individuale e bene comune. La chiave sta nella responsabilità del guardare lontano, oltre l’utilità immediata. Una responsabilità che spetta a ciascuno».Lei auspica che le organizzazioni collettive, a cominciare dalle imprese, diano prova di effet-tiva responsabilità sociale. Come giudica il gra-do di corporate social responsibility presente nel nostro Paese? E nel resto del mondo?«L’impegno delle organizzazioni collettive è es-senziale nei giorni che stiamo vivendo. Le crisi che affrontiamo - economica, ambientale, demo-grafica - rendono evidente che gli Stati nazionali non ce la fanno da soli. Questo impone alle azien-de nuove responsabilità. Prima alle aziende spet-tava soltanto il ruolo di massimizzare il profitto e agli Stati quello di garantire la giustizia sociale e la sostenibilità. Ora questi obiettivi sociali e am-

bientali, per la grandezza dello sforzo che richiedono, ricadono anche sulle spalle delle aziende, che devono, per così dire, installare il chip della re-sponsabilità nel cuore delle loro stra-tegie di profitto. In un tale contesto, la responsabilità delle imprese verso le persone entra nel cuore pulsante del

business, e si sostanzia in valori, pratiche, policy e metodologie che permeano tutta l’organizzazio-ne aziendale, dall’amministratore delegato, agli operai, agli impiegati. La dimensione della soste-nibilità e della responsabilità sociale dell’attività aziendale, in questo modello, non è soltanto rico-nosciuta, ma è monitorata, misurata e utilizzata come parametro di valutazione dei dipendenti e delle performance aziendali. È, soprattutto, vista come coerente alla massimizzazione del profitto. In Italia vi sono casi di eccellenza. Enel da otto anni è presente nel Dow Jones Sustainability In-dex, nell’indice FTSE4Good e, unica tra le utility, nella classifica delle migliori aziende sostenibili del mondo stilata dal Carbon Disclosure Project. Ed è altissima la credibilità e l’interesse che ci riconoscono gli Investitori socialmente responsa-bili (Sri): al 31 dicembre 2011 erano presenti nel capitale Enel 81 Investitori socialmente responsa-bili, che rappresentano circa il 13,9% dell’aziona-riato istituzionale. D’altro canto, però, le ridotte dimensioni della maggior parte delle nostre im-prese fanno in modo che la responsabilità sociale d’impresa si esprima in maniera più “informale”, senza essere monitorata o inserita negli obiettivi di business. Si fa largo poi, seppur lentamente, un nuovo approccio all’impresa, legato ai concetti di impresa sociale e di low profit. Un fenomeno ca-ratterizzato anche dalla nascita di numerose start up, spesso animate da giovani, che fin dall’inizio nascono con obiettivi di utilità sociale. Si tratta di un elemento interessante, che mutua approc-ci sia dal mondo anglosassone sia da quello dei Paesi emergenti, come l’India. Un fenomeno che dimostra come l’impresa abbia in sé gli strumenti e le modalità per agire per la soluzione delle pro-blematiche sociali, spesso con altrettanta efficacia delle istituzioni».Qual è il ruolo che può giocare il mondo dell’associazionismo per creare una nuova co-scienza collettiva? E come dovrebbe cambiare per svolgerlo?«Un ruolo essenziale, se saprà coltivare l’ambi-zione di non essere solo “corpo intermedio della società”, ma vero e proprio catalizzatore di stimo-li e incubatore di una visione di futuro». n

Dell’ambiente e delle risorse del pianeta si discu-terà anche in un paio di incontri del Meeting di Rimini che vedranno come protagonista, tra gli altri, il ministro Corrado Clini

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uS

L’Ultimo miglio dello

sviluppo sostenibiledi Dario Vascellaro

Poche settimane fa si è svolta la conferenza mondiale Rio+20, a vent’anni dalla confe-renza delle Nazioni Unite del 1992 a Rio de

Janeiro che ha lanciato per la prima volta a livello mondiale il concetto di sviluppo sostenibile. Al di là delle conclusioni della conferenza, che a molti sono parse deludenti, il summit è stato un’occa-sione importante per porre all’attenzione dei Go-verni e dei cittadini la necessità di individuare lo sviluppo possibile per il pianeta.Di sviluppo sostenibile parleranno al Meeting di Rimini Alberto Piatti, segretario generale di Avsi (vedi box), Jeffrey Sachs, direttore dell’Earth Institute della Columbia University, considerato uno degli esperti di sostenibilità più autorevoli al mondo, e Paolo Scaroni, amministratore delega-to e direttore generale di Eni. Ad Alberto Piatti abbiamo chiesto qual è il suo punto di vista sullo sviluppo sostenibile e sulla lotta alla povertà.Dottor Piatti, com’è possibile neutralizzare le

La battaglia per

trovare soluzioni

durature per sra-

dicare la povertà

e l’ingiustizia ha

avuto il suo cul-

mine al summit

mondiale Rio+20.

Appuntamento

tanto più impor-

tante perché arri-

vato dopo 20 anni

dal primo summit

sulla Terra. Dei

temi al centro

della conferenza

internazionale

parla Alberto

Piatti, segretario

generale di Avsi

disuguaglianze tra regioni e Paesi?«La comunità internazionale, nel secolo scorso, ha espresso il desiderio di uguaglianza e la vo-lontà di diminuire le disuguaglianze attraverso una serie di conferenze organizzate dalle Nazioni Unite. Queste grandi conferenze hanno prodotto gli Obiettivi di sviluppo del Millennio (Millen-nium Development Goals o MDGs, o più sem-plicemente Obiettivi del Millennio) delle Nazioni Unite: otto obiettivi che tutti i 191 Stati membri dell’Onu si sono impegnati a raggiungere per l’anno 2015. Questi Obiettivi rappresentano l’in-frastruttura sociale che la comunità internazio-nale si è data per diminuire le disuguaglianze ed eliminare la povertà. Gli Obiettivi, però, come tutte le grandi infrastrutture, per funzionare han-no bisogno dell’infrastruttura basica, “dell’ulti-mo miglio”. Nel caso degli Obiettivi del Millen-nio, l’infrastruttura dell’ultimo miglio è l’essere umano in tutto il mistero della sua persona. Io penso che la comunità internazionale, per dimi-nuire le disuguaglianze dovrebbe accelerare il

L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha organizzato dal 20 al 22 giugno 2012 a Rio de Janeiro la conferenza sullo sviluppo sostenibile (Uncsd), denominata anche Rio+20, in quanto caduta a 20 anni di distanza dal Vertice della Terra di Rio de Janeiro Unced del 1992

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L’Ultimo miglio dello

sviluppo sostenibile

processo di creazione dell’infrastruttura dell’ul-timo miglio al servizio dell’essere umano, della persona. Occorre cioè creare un aggancio tra la singola persona e l’infrastruttura stessa. Poiché tale accesso dipende inesorabilmente dall’inizia-tiva personale, è il punto debole per le persone più fragili e che vivono nell’informalità e nella solitudine. Questo compito di una relazione con le persone più fragili è sempre stato svolto dalla comunità di appartenenza. Tuttavia, il solidificar-si di questa infrastruttura sociale richiede che la relazione diventi sistematica: per questo la comu-nità si organizza con strutture di servizio, ossia organizzazioni della società civile. Quest’idea mi è venuta durante un recente colloquio con il mio caro amico Enrique Iglesias, per 18 anni presi-dente della Banca interamericana per lo sviluppo. Egli, all’età di 83 anni, dopo aver passato tutta la vita a realizzare politiche pubbliche per ridurre il divario tra le varie aree del mondo, si è reso conto che, senza un lavoro come quello che svolgiamo noi di Avsi, che arriva fino all’ultimo miglio, tali politiche pubbliche sono destinate al fallimento».In effetti, le politiche adottate finora, basate su aiuti “a pioggia” ai Paesi più poveri non sem-brano aver ottenuto i risultati auspicati. Ci vuo-le, dunque, un nuovo metodo, una nuova impo-stazione. Può spiegarci quale dovrebbe essere?«Bisognerebbe riconoscere la persona per quello che è e non per il bisogno che la definisce, perché una persona può avere fame o sete, può essere ammalata, ma non è questa condizione che la definisce ultimamente. Benedetto XVI ha usato una geniale e sintetica espressione per spiegare questo concetto. Il Papa ha parlato di innata o na-tiva dignità di ogni essere umano, magari coperta dalla miseria, dalla malattia o dalla fame. Se non

chi è avsiLa Fondazione Avsi (nella foto sotto, la sua presenza nel mondo) è una organizzazione non governativa, onlus, nata nel 1972 e impegnata con oltre 100 progetti di cooperazione allo sviluppo in 38 Paesi del mondo di Africa, America Latina e Caraibi, Est Europa, Medio Oriente, Asia.Avsi opera nei settori socio-educativo, sviluppo urbano, sanità, lavoro, agricoltura, sicurezza alimentare e acqua, energia e ambiente, emergenza umanitaria e migrazioni, raggiungendo più di quattro milioni di beneficiari diretti.La sua missione è promuovere la dignità della persona attraverso attività di cooperazione allo sviluppo con particolare attenzione all’educazione, nel solco dell’insegnamento della Dottrina sociale cattolica.

«Si può avere uno sviluppo sostenibile - afferma Al-berto Piatti (nella foto sopra), segretario generale di Avsi - solo partendo dall’essere umano per quello che è: desiderio di felicità, bellezza, giustizia e verità»

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si riscopre questa innata dignità che rende la persona protago-nista unica di fronte al mistero del vivere, non può iniziare lo sviluppo. Per fare ciò, non serve il dirigismo, o lo statalismo a li-vello internazionale che preten-de di risolvere tutti i problemi. Bisogna, invece, valorizzare le forme libere di associazione, di autorisoluzione dei problemi, le realtà che erogano servizi alla persona o servizi di pubblica utilità. Tali realtà vanno valo-rizzate perché sono espressioni del mistero dell’essere umano.

gravi crisi economiche che la storia ricordi?«Io noto una crescente sensibili-tà sociale da parte delle imprese. Vorrei ricordare che molti dei nostri padri e dei nostri nonni hanno visto il mare per la prima volta grazie alle colonie estive organizzate dalle aziende in cui lavoravano (basti pensare alla Olivetti, alla Ignis, alla Fiat, alla Bassani Ticino). La sensibilità sociale era una dimensione esi-stente nel patrimonio genetico del nostro popolo che ha espres-so questi imprenditori illumi-

Jeffrey Sachs, direttore dell’Earth Institute della Colum-bia University, è considerato uno degli esperti di sostenibilità più autorevoli al mondo. Parteciperà al prossimo Meeting di Rimini

Árvore da Vida, il progetto per la formazione pro-fessionale dei giovani, realizzato da Avsi in collabo-razione con Fiat Brasile, ha permesso di dare lavo-ro in fabbrica a 1200 giovani di una favela di Belo Horizonte

La tendenza dell’attuale siste-ma di erogazione degli aiuti allo sviluppo attraverso il Budget Support - ossia il finanziamento diretto agli Stati - non consente il supporto di quelle organiz-zazioni della società civile che operano efficacemente sul cam-po. Un approccio sussidiario richiederebbe inve-ce alla comunità internazionale di riconoscere la loro presenza come, appunto, quell’ultimo miglio necessario affinché la persona sia effettivamente origine e scopo dell’intera infrastruttura sociale».L’equazione economica necessaria per cresce-re in modo sostenibile dovrebbe comprendere inclusione, cooperazione e responsabilità am-bientale. Ma com’è possibile farlo in un mondo come quello attuale, scosso da una delle più

nati. Mi sembra che oggi ci sia un ritorno a questa sensibilità

di Welfare “aziendale”, soprat-tutto da parte di quelle aziende che delocalizzano le produzioni o che, a causa di partecipazioni azionarie o per business pro-prio, sono presenti nei cosiddetti

Paesi in via di sviluppo. L’Avsi, ad esempio, ha un’interessante collaborazione con Eni, soprat-tutto in Africa. La multinazionale dell’energia vuole capire come abbinare la propria presenza imprenditoriale a un beneficio sociale per le po-polazioni delle aree in cui interviene. Analoghi progetti stiamo realizzando con Enel, mentre con Fiat Brasile abbiamo realizzato il progetto “Árvore da vida” grazie al quale, in una favela degradata e violenta di Belo Horizonte, è stato possibile dare lavoro in fabbrica a 1200 ragazzi, evitando che finissero a spacciare droga».Questo è quello che succede quando una gran-de multinazionale va all’estero e cerca di mi-gliorare le condizioni delle popolazioni locali. Ma come si può sviluppare un tessuto econo-mico tale da attrarre le multinazionali?«L’uomo educato coltiva e intraprende, l’uomo che è cosciente di sé, di questa sua innata dignità, si mette all’opera. Per aiutare lo sviluppo bisogna risvegliare questa innata dignità e accompagnare le persone non solo con aiuti, ma aiutandole a es-sere protagoniste del proprio sviluppo».La conferenza Rio+20 ha rappresentato una sfida importante per indicare nuovi modelli di sviluppo sostenibile per un futuro migliore, ca-pace di sradicare la povertà, promuovere una società più equa e assicurare una maggiore protezione dell’ambiente. Con quale proposta Avsi ha partecipato al summit?

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sviluppo sostenibileLo sviluppo sostenibile è un processo finalizzato al raggiungimento di obiettivi di miglioramento ambientale, economico, sociale e istituzionale, sia a livello locale che globale. Tale processo lega, quindi, in un rapporto di interdipendenza, la tutela e la valorizzazione delle risorse naturali alla dimensione economica, sociale e istituzionale, al fine di soddisfare i bisogni delle attuali generazioni, evitando di compromettere la capacità delle future di soddisfare i propri. In questo senso la sostenibilità dello sviluppo è incompatibile in primo luogo con il degrado del patrimonio e delle risorse naturali (che di fatto sono esauribili), ma anche con la violazione della dignità e della libertà umana, con la povertà e il declino economico, con il mancato riconoscimento dei diritti e delle pari opportunità.

«La parola “sostenibile” porta in sé delle gravi ambiguità. Se per sostenibilità si intende quan-te persone la comunità internazionale, attraverso gli aiuti, decide di lasciar vivere, e quindi quante ne devono morire di malaria, Tbc o Aids; se si intende, ancora, come e quanto devono potersi riprodurre e avere figli le popolazioni povere, questo concetto di sostenibilità non va bene. Se per sostenibilità si intende mettere al centro la di-gnità dell’essere umano, nel suo mistero ultimo, allora le politiche sostenibili devono piegarsi a un sano realismo, ora che le ideologie sono cadute, il liberismo ha mostrato i suoi limiti e l’economia pianificata centralizzata e statalista ha mostrato di non poter funzionare. Si può avere uno svilup-po sostenibile solo partendo dall’essere umano per quello che è: desiderio di felicità, bellezza, giustizia e verità».Di questo “sano realismo” di cui lei parla fa-rebbe anche parte un ripensamento del nostro modello consumistico?«Io sono ottimista sulla possibilità di ridurre la po-vertà nel mondo, a patto di considerare la persona per quello che è. In questo senso, forse l’aver fatto

coincidere l’essere con il possedere ci ha portati a vivere sopra le righe per tanti anni, schiavi del consumismo. Forse i nostri nonni, che conduceva-no un’esistenza più morigerata, vivevano meglio».Dunque anche lei è favorevole al modello della decrescita, così di moda in questi tempi?«Non sono in grado di esprimere un pensiero de-finitivo su tale modello. Certamente non si può pensare che lo sviluppo del mondo possa basarsi sul vendere un’auto a chi ne possiede già tre». n

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llibr

eria

a c u r a d i C a r m e l o G r e c o

L’italia degli ultimi vent’anniIn un’inchiesta vecchio stampoÈ una boccata d’aria fresca, l’inchiesta di Gianluigi Da Rold che ricostruisce gli ultimi vent’anni della storia eco-nomica italiana, in particolar modo di quella parte carat-terizzata da imponenti privatizzazioni senza liberalizza-zioni. È una boccata d’aria fresca per il coraggio, l’acume e l’ampiezza di visione con cui vengono riportati fatti che molti hanno dimenticato, ma le cui conseguenze (nega-tive) continuano a pesare sulle spalle dei contribuenti. A cominciare dall’irrisolta questione del debito pubblico. Pochi giornalisti oggi sono in grado di muoversi a proprio agio tra la fine della Prima Repubblica, lo smantellamen-to dell’Iri, la cessione di asset strategici dell’Eni e la ra-dicale trasformazione del sistema bancario nazionale. E di questi pochi, quasi tutti sono soliti intingere il pennino nell’inchiostro dei luoghi comuni o negli schematismi più logori, quando non sono in aperta malafede. Da Rold, no. Il suo metodo è quello del cronista vecchio stampo, domi-nato dalla curiosità e dal desiderio di capire, per il quale interrogarsi sul passato recente, proporre al lettore le do-mande giuste coincidono con una passione civile piena di amore per il proprio Paese.

Il riscattoL’Italia e l’industriainternazionalenani beccalli falcoantonio calabrò2012 egea216 PAGINE 16 €

Mani bucateMarco cobianchi2011Chiarelettere295 pagine15,90 €

assaltoalla diligenzaIl bottino delleprivatizzazioniall’italianagianluigi da rold2012Guerini e Associati159 pagine16,50 €

QUEL FIUME DI SOLDI ALLE IMPRESECHE NON SONO SERVITI A NESSUNOAltro che gli sprechi della “casta” di partiti e politici sempre più spesso indicata come la causa principale dei mali che affliggono il Paese. Ben maggiore è lo sperpero di denaro pubblico che in questi anni ha sovvenzionato in Italia imprese e settori produttivi più o meno decotti. Un fiume di risorse sotto forma di contributi provenienti dall’Unione europea, dallo Stato e dagli enti locali che non hanno lesinato “aiutini” a nessuno: dal caso em-blematico della Fiat a quelli meno noti dell’high tech e dell’energia verde, dal mondo dello spettacolo a quello dell’agricoltura e del turismo. C’è spazio per tutti nell’im-pietosa e documentata carrellata del giornalista econo-mico Marco Cobianchi che sul blog www.manibucate.com continua a tenere aggiornato il tema.

C o m e r e c u p e r a r e s e i m i l i a r d id i c i b o c h e o g g i v i e n e b u t t a t oOgni anno in Italia vengono buttati via 12,3 miliardi di euro di cibo pari a 5,5 milioni di tonnellate. Per i consuma-tori si tratta di 42 Kg a persona di avanzi non riutilizzati e alimenti scaduti o andati a male che equivalgono a 117 euro l’anno. Tuttavia, già oggi quasi un miliardo di euro di cibo viene recuperato e in futuro si potrebbero portare sulla tavola dei poveri altri sei miliardi di euro. Sono alcu-ni dei risultati della ricerca realizzata da Fondazione per la sussidiarietà e Politecnico di Milano in collaborazione con Nielsen Italia, che non si limita a dare una stima dello spreco alimentare in Italia, ma offre elementi concreti a chi sia interessato ad adottare e diffondere pratiche vir-tuose di gestione delle eccedenze. I benefici - economici e sociali - di queste pratiche sono lo stimolo migliore per un maggiore coinvolgimento di tutti gli attori della filiera.

R i p a r t i r e s i p u ò e s i d e v es o p r a t t u t t o i n t e m p i d u r i«L’Italia è pur sempre il secondo Paese manifatturiero d’Europa, dopo la Germania, soprattutto grazie a un si-stema di imprese medie e medio-grandi leader in nicchie d’eccellenza, nelle macchine utensili, nella componen-tistica, nella chimica e nella gomma, nella meccanica di precisione, oltre che nei tradizionali settori del made in Italy dell’abbigliamento, dell’arredamento e dell’agro-alimentare». È da queste basi che può nascere il riscatto a cui fa riferimento il titolo del volume, che non nascon-de i problemi endemici del sistema Paese: legislazione pletorica, burocrazia, carico fiscale, costi energetici, infrastrutture, giustizia, rigidità del mercato del lavoro ecc. Ma se un riscatto è possibile, è in una stagione di crisi come quella attuale che può essere favorito.

Dar da mangiareAgli affamatiLe eccedenze alimentari come opportunitàpaola garronemarco melacinialessandro perego2012 Guerini e associati266 pagine 15 €

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Ii n d i r i z z ile aziende e gli enti citati in questo numerodel Corriere delle Opere

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assiteca spaDirezione generale:Via Sigieri 1420135 MilanoTel. 02546791Fax [email protected] n n n n n n n n n n n n n n n n n n n

banco building onlusTel. [email protected] n n n n n n n n n n n n n n n n n n n

benetton groupSede centrale:Via Villa Minelli 131050 Ponzano Veneto (Tv)Tel. 0422519111Fax 0422969501www.benettongroup.comn n n n n n n n n n n n n n n n n n n n

Cdo networkVia Canova 1920148 MilanoTel. 0234599656Fax 02310347210www.cdonetwork.itn n n n n n n n n n n n n n n n n n n n

Cdo opere educativeViale Lunigiana 2420125 MilanoTel. 0266987185Fax 0270037103www.foe.it

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Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoliVia Flaminia 1847923 RiminiTel. 0541783100Fax [email protected] n n n n n n n n n n n n n n n n n n n

Fondazione per la sussidiarietàVia Torino 6820123 MilanoTel. 0286467235Fax [email protected]

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