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Tesi di laurea: Solfuro di idrogeno e cardioprotezione: effetti di un H 2 S-donor di nuova generazione in un modello sperimentale di ischemia/ riperfusione. Relatori Dott. Vincenzo Calderone Dott.ssa Lara Testai Candidato: Paola Scavo Anno accademico: 2012-2013 UNIVERSITÀ DI PISA Dipartimento di Farmacia Corso di Laurea Specialistica in Chimica e Tecnologia Farmaceutiche brought to you by CORE View metadata, citation and similar papers at core.ac.uk provided by Electronic Thesis and Dissertation Archive - Università di Pisa

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Tesi di laurea:

Solfuro di idrogeno e cardioprotezione: effetti di un H2S-donor di nuova

generazione in un modello sperimentale di ischemia/ riperfusione.

Relatori

Dott. Vincenzo Calderone

Dott.ssa Lara Testai

Candidato:

Paola Scavo

Anno accademico: 2012-2013

UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Farmacia

Corso di Laurea Specialistica in

Chimica e Tecnologia Farmaceutiche

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INDICE

1. INTRODUZIONE .............................................................................. - 1 -

1.1 Biosintesi di H2S ............................................................................. - 3 -

1.2 Metabolismo di H2S ........................................................................ - 6 -

1.3 Ruolo biologico di H2S nei diversi sistemi ..................................... - 8 -

1.4 Meccanismi d’azione di H2S ......................................................... - 14 -

1.5 Ischemia miocardica – Meccanismi di cardioprotezione. ............ - 19 -

1.6 Donatori di H2S ............................................................................. - 22 -

2. SCOPO DELLA RICERCA .......................................................... - 27 -

3. MATERIALI E METODI ............................................................... - 29 -

3.1 Sperimentazione in vitro ............................................................... - 29 -

3.2 Valutazione dell’attività cardioprotettiva su cuore isolato e perfuso

alla Langendorff .................................................................................. - 30 -

3.3 Analisi dei dati .............................................................................. - 35 -

4. RISULTATI E DISCUSSIONE ...................................................... - 36 -

BIBLIOGRAFIA .................................................................................. - 54 -

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1. INTRODUZIONE

I “gas trasmettitori” sono da anni oggetto di studio. I più conosciuti sono

stati l’ossido d’azoto, NO e il monossido di carbonio, CO, che presentano

effetti tossici evidenti a concentrazioni superiori a quelle fisiologiche. Il

primo porta alla formazione di specie reattive dell’ossigeno (ROS), che

provocano grossi danni al sistema cardiocircolatorio e nervoso, mentre il

secondo impedisce il legame tra l’emoglobina e l’ossigeno. Tuttavia questi

“gas trasmettitori” sono mediatori endogeni di importanti funzioni

fisiologiche, tra cui la vasodilatazione. Uno dei principali prodotti

dell’endotelio vascolare è, infatti, proprio l’NO, prodotto dall’enzima NO-

sintasi, il quale gioca un ruolo fondamentale nella regolazione di numerosi

aspetti della circolazione sanguigna. L’azione di tale gas, infatti, è quella

di indurre vasorilasciamento, attraverso l’aumento intracellulare di GMPc,

e la conseguente attivazione di proteine chinasi G, che sottraggono Ca++

intracellulare, inibiscono la AMPc fosfodiesterasi e riducono in modo

diretto la concentrazione di Ca++ citosolico. Inoltre ha azione anti-

piastrinica, in quanto inibisce l’adesione e l’aggregazione delle piastrine ed

è in grado di ridurre il rimodellamento della parete vascolare, mediante la

modulazione della proliferazione e della migrazione della muscolatura

liscia verso la parete più interna della parete del vaso (Martelli et al., 2006).

Recenti scoperte hanno visto come protagonista il solfuro di idrogeno, H2S,

un altro gas, di cui finora era nota solo l’attività tossica di compromissione

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della respirazione mitocondriale. E’ stato visto che anche in questo caso il

nostro organismo ne produce in piccole quantità, tali da svolgere un ruolo

utile, contribuendo all’omeostasi del sistema cardiocircolatorio e di altri

organi. H2S non è implicato nella produzione di ROS, tipiche invece di NO

(Abe e Kimura, 1996, Szabò C., 2007).

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1.1 BIOSINTESI DI H2S

L’H2S è un prodotto endogeno dei tessuti dei mammiferi. La sua biosintesi

può avere un’origine enzimatica e un’origine non enzimatica. Per quel che

concerne la via enzimatica il principale substrato da cui deriva l’H2S è

l’L-cisteina. Cistationina β- sintasi (CBS) e cistationina γ- liasi (CSE) sono

i principali enzimi interessati nella sintesi ed entrambi, più in particolare

sono da considerarsi enzimi piridossal 5-fosfato dipendenti (Stipanuk et

Beck, 1982).

La distribuzione di questi enzimi, tuttavia, non è omogenea. Da una parte,

infatti, il CBS è espresso prevalentemente a livello del sistema nervoso

centrale, dall’altra, invece, il CSE è espresso maggiormente nel sistema

cardiocircolatorio e in particolare nelle cellule endoteliali dei vasi

sanguigni.

La produzione di solfuro di idrogeno si esplica mediante quattro vie di

sintesi.

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La prima consiste nell’idrolisi dell’L-cisteina in L-serina e H2S ad opera

del CBS (Fig.1.1).

CBS

L-cisteina L-serina + H2S

Figura 1.1

La seconda prevede la formazione di un dimero di L-cisteina, che il CSE

scinde e trasforma in tiocisteina, piruvato e NH3. La tiocisteina a sua volta

genera L-cisteina e H2S, mediante via non enzimatica, oppure, sempre per

azione di CSE, reagisce con un tiolo (R-SH) e forma CyS-R e H2S

(Stipanuk et al., 1982, Yamanishi et al., 1981) (Fig.1.2).

Figura 1.2

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La terza prevede la formazione di H2S a partire dal 3-mercaptopiruvato,

prodotto della reazione catalizzata dall’enzima cisteina amminotransferasi

(CAT) tra cisteina e α-ketoglutarato. Il 3-mercaptopiruvato può essere,

infatti, desolforato per dare come prodotti finali piruvato e solfuro di

idrogeno (Shibuya et al., 2009) (Fig.1.3).

Figura 1.3

La quarta, infine, interessa la reazione tra L-cisteina e solfito per mezzo

dell’enzima cisteina ligasi che genera L-cisteato e H2S (Fig.1.4).

Figura 1.4

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L’H2S può anche essere prodotto tramite via non enzimatica, con

un’ossidoriduzione tra zolfo elementare e glucosio, come schematizzato

dalla seguente reazione

2C6H12O6 + 6S0 +3H2O 3C3H6O3 + 6H2S + 3CO2

Il glucosio viene ossidato e trasformato dunque in lattato, mentre lo zolfo

elementare viene ridotto a H2S. Ci sono anche altri substrati dai quali si può

ottenere H2S, come i trasportatori di elettroni NADH e NADPH, e il

glutatione (GSH).

In soluzione acquosa, il solfuro di idrogeno è un acido debole biprotico:

H2S H+ + HS- 2 H+ + S2-

A valori di temperatura e pH fisiologici è presente sotto forma di acido

indissociato per il 20% e sotto forma di specie anionica HS- per l’80%,

quindi l’azione biologica di H2S è dovuta al contributo di entrambe le

specie (Dorman et al., 2002).

1.2 METABOLISMO DI H2S

Anche le vie metaboliche di H2S sono molteplici e il suo smaltimento è

dovuto al copioso numero di agenti ossidanti presenti in circolo. Il

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processo ossidativo mitocondriale che vede la conversione dello stesso in

tiosolfato (S2O32-) è probabilmente una delle principali vie di smaltimento.

E’ stato osservato nei mitocondri del fegato di ratto.

Il tiosolfato viene convertito dalla rodanasi in solfito (SO32-), a sua volta

trasformato in solfato (SO42-) dall’enzima solfito ossidasi (Goubern et al.,

2007; Hildebrandt e Grieshaber, 2008). Un’ altra via metabolica prevede

la reazione di H2S con la metaemoglobina per dare come prodotto la

sulfaemoglobina, buon marker biologico per valutare i livelli plasmatici di

H2S, diversamene dal solfato (Kurzban et al., 1999). Nel citosol il solfuro

di idrogeno viene metilato dall’enzima S-metiltransferasi, producendo

dimetilsolfuro (Furne et al., 2001). Infine sono stati scoperti altri processi

di ossidazione di minore rilevanza dell’H2S nei neutrofili attivati in cui si

ha la conversione a solfito (Mitsuhashi et al., 2005).

Nei mitocondri

2HS- + 2O2 S2O32- + H2O

S2O32- + CN- SCN- + SO3

2-

SO32- SO4

2-

ossidazione

Rodanasi

SO ossidasi

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Nel sangue

H2S + metaemoglobina sulfaemoglobina

Nel citosol

H2S CH3-SH CH3-S-CH3

1.3 RUOLO BIOLOGICO DI H2S NEI DIVERSI SISTEMI

Sistema respiratorio

In passato l’H2S era conosciuto come tossico anche a livello respiratorio

per l’inibizione dell’azione del complesso IV della catena di trasporto

degli elettroni. Test in cui animali venivano posti per 30 minuti in ambienti

contenenti alte concentrazioni di Na2S avevano mostrato diminuzione

dell’ossigenazione e della frequenza respiratoria (Forgan and Forster,

2010). In realtà è stato scoperto che basse concentrazioni di questo gas

giocano un ruolo benefico a livello delle vie aeree. Sulla base dei benefici

ottenuti, sono stati eseguiti studi sperimentali su anelli di muscolatura

liscia bronchiale di due specie di roditori. Nei topi è stato ottenuto un

TSMT TSMT

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ampio effetto rilasciante, mentre nelle cavie tale rilasciamento è risultato

molto meno marcato. Questo effetto rilasciante è inoltre indipendente da

quei fattori che caratterizzano il rilasciamento vascolare (NO,cGMP)

(Kubo et al., 2007). La via CSE/H2S provoca effetti benefici in patologie

polmonari come l’ipertensione polmonare. E’, infatti, stata riscontrata una

“dawnregulation” dell’enzima CSE nell’ipertensione polmonare da ipossia,

che si traduce in un aumento dello stress ossidativo e in un abbassamento

dei livelli di H2S endogeno nei tessuti polmonari del ratto. Ridotti livelli di

H2S endogeno inibiscono la produzione di alcuni peptidi vasoattivi, come

l’endotelina-1 e sono pertanto coinvolti nel rimodellamento delle fibre di

collagene dell’arteria polmonare, indotto dal flusso sanguigno polmonare.

Altri effetti positivi sono riscontrabili nell’asma e nella

broncopneumopatia conica ostruttiva (COPD) (Wu et al., 2007, Wu et al.,

2008, Chen et al., 2009).

Sistema nervoso centrale

L’H2S è coinvolto nel controllo di importanti funzioni del sistema nervoso

centrale. L’enzima CBS è ampiamente espresso a livello del cervelletto e

dell’ippocampo. Nei neuroni del sistema nervoso centrale l’H2S promuove

la produzione di AMP ciclico e, dunque, incrementa la sensibilità dei

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recettori NMDA al glutammato (Kimura, 2000), coinvolgendo il

meccanismo di apprendimento e memorizzazione. L’aumento di c-AMP

attiva anche la proteina chinasi A, che regola funzioni cerebrali come la

fosforilazione delle proteine intracellulari. Mediante l’attivazione di

recettori tirosin-chinasici, il solfuro di idrogeno protegge i neuroni dallo

stress ossidativo (Tan et al., 2010). E ha anche azione antiinfiammatoria e

neuroprotettiva quando viene sintetizzato a livello endogeno dagli enzimi

CBS degli astrociti umani. Questi risultati inducono a vedere nei composti

che rilasciano H2S delle potenziali terapie per malattie neurodegenerative

come il morbo di Parkinson e quello di Alzheimer (Lee et al., 2009),

tuttavia è ancora oggetto di studio, visti gli effetti tossici molto gravi che

sono stati riscontrati a questo livello, come l’inibizione delle MAO, che

conduce ad un eccessivo incremento delle concentrazioni di noradrenalina

e adrenalina nell’ippocampo e nel tronco encefalico, ma non nella

corteccia e nel cervelletto (Warenycia et al., 1989).

Sistema gastrointestinale

L’H2S è stato indicato come possibile importante mediatore della motilità

gastrointestinale. Sia CBS che CSE sono espressi nel sistema

gastrointestinale dei ratti. La somministrazione di H2S provoca un

rilasciamento dose-dipendente della muscolatura liscia di ileo e colon

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(Fiorucci et al., 2006, Teague et al., 2002). Il fatto che la glibenclamide

antagonizzi questa azione induce a pensare al coinvolgimento dei canali

KATP nel suo meccanismo d’azione. Oltre all’effetto di rilasciamento

sembra anche esercitare un effetto antinocicettivo, dimostrato dalla

riduzione del dolore provocato dalla distensione del colon-retto in ratti sani

e in ratti con colite. Il suo più importante effetto è quello di protezione

della mucosa gastrica, effetto mediato dal CSE. Infine la somministrazione

di H2S porta ad un significativo aumento del flusso sanguigno, altro effetto

antagonizzato dalla glibenclamide, che riporta alle precedenti

considerazioni (Martelli et al., 2012).

Sistema endocrino

E’ noto l’importane ruolo dei canali KATP nel controllo della secrezione di

insulina da parte delle cellule beta-pancreatiche. L’attivazione di tali canali

da parte di H2S potrebbe, secondo recenti scoperte, proteggere questo tipo

di cellule dalla sindrome metabolica, una delle cause del diabete mellito di

tipo II (Hansen et al., 2004). A questo livello sono infatti largamente

espressi sia CBS che CSE e risultano maggiormente espressi nei pazienti

diabetici (Yusuf et al., 2005).

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Sistema cardiovascolare

L’H2S svolge un importante ruolo di controllo dell’omeostasi del sistema

cardiovascolare, paragonabili a quelli dell’NO. Studi recenti hanno

dimostrato, però, che il suo ruolo risulta particolarmente importante e

critico quando il controllo mediato da NO risulta compromesso (ad

esempio in caso di disfunzione endoteliale). L’H2S causa una risposta

rilasciante a livello della muscolatura liscia vascolare. Questa azione è

stata osservata sia su vasi di grande calibro, ad esempio l’aorta toracica e la

vena porta (Hosoki et al., 1997), che sui vasi che regolano le resistenze

vascolari e di conseguenza la pressione sanguigna (Cheng et al. 2004).

L’H2S esercita la sua azione vasorilasciante agendo su vari canali del

potassio e induce così iperpolarizzazione della membrana delle cellule

muscolari lisce vascolari (Cheng et al. 2004, Tang et al. 2005). L’effetto

rilasciante a livello vascolare di H2S è, molto probabilmente, influenzato

dalla presenza di NO endoteliale. Esiste, dunque, un cross-talk fra questi

due importanti mediatori, che può essere negativo, ma anche positivo.

Inibitori dell’NO-sintasi possono ridurre il rilasciamento indotto da H2S e

portare ad un deficit di espressione e attività del CSE, suggerendo che NO

contribuisce in parte all’effetto mediato da H2S (Palmer et al., 1988; Zhao

et al.,2003; Zhao et al., 2002). Composti donatori di NO, invece,

promuovono la produzione di H2S da parte dell’enzima CSE in maniera

cGMP-dipendente (Zhao et al., 2003). Dall’altro lato è emerso che H2S

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agisce come scavenger di NO, sia a livelli fisiologici, sia in stati

infiammatori in cui l’ossido d’azoto è presente in eccesso. Una carenza

della produzione endogena di H2S contribuisce alla patogenesi

dell’ipertensione (Martelli et al., 2012).

Oltre all’effetto vasorilasciante l’H2S svolge altre importanti funzioni quali

l’inibizione dell’aggregazione piastrinica indotta da ADP, collagene,

epinefrina, acido arachidonico, tromboxano e trombina, benchè non si

conoscano con precisione le vie coinvolte. Questo tipo di controllo è tipico

anche di NO (Zagli et al., 2007).

H2S diminuisce anche il rimodellamento vascolare tipico

dell’ipertensione, bloccando la proliferazione delle cellule muscolari lisce

indotta da endotelina nell’aorta di ratto e frenando in questo modo la

progressione delle lesioni aterosclerotiche (Yan et al., 2004; Zhong et al.,

2003; Du et al., 2004).

Inoltre H2S potrebbe influenzare anche il processo infiammatorio

vascolare, importante nella destabilizzazione e nella rottura delle placche

aterosclerotche. Tale meccanismo non è ancora chiaro, poiché sembra che

H2S abbia un ruolo proinfiammatorio sulle cellule della muscolatura liscia

vascolare (Jeong et al., 2006), ma uno antinfiammatorio sui macrofagi (Oh

et al., 2006). A questo proposito è importante, infatti, precisare che un

fattore legato all’infarto miocardico è l’intensa risposta infiammatoria,

regolata da neutrofili, monociti e macrofagi. L’infiltrazione di leucociti e

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macrofagi contribuisce alla rimozione del tessuto danneggiato mediante il

rilascio di enzimi proteolitici. Altri importanti mediatori

dell’infiammazione sono i mastociti. Classicamente sono stati descritti

come mediatori dell’ipersensibilità immediata e delle reazioni allergiche

croniche. Il loro citoplasma è ricco di granuli secretori contenenti

importanti mediatori della flogosi come l’istamina e diversi enzimi

proteolitici (triptasi, chimasi, ecc). L’attivazione di queste cellule stimola la

sintesi di mediatori lipidici e di molteplici citochine e chemiochine, che

modulano la funzione dei linfociti. A livello miocardico la loro funzione

non è ancora chiara e i risultati ottenuti sono contrastanti. In numerosi studi

sono stati descritti come dannosi, in quanto partecipano all’induzione

dell’apoptosi dei miocardiociti, giocando quindi un ruolo rilevante nella

progressione dell’infarto miocardico (Hara M et al., 1999). Secondo

un’altra teoria, invece, la degranulazione mastocitaria può svolgere azione

cardioprotettiva attivando l’angiogenesi, responsabile della preservazione

della funzione ventricolare, attraverso l’attivazione della chinasi Akt

(Kwon et al., 2011).

1.4 MECCANISMI D’AZIONE DI H2S

L’H2S ha, dunque, una duplice attività all’interno dell’organismo umano.

Ad elevate concentrazioni (circa 50 µM) risulta essere tossico, in quanto

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induce un’inibizione completa di tipo non-competitivo del complesso IV

della catena respiratoria (Nicholls e Kim,1982). A concentrazioni più

basse (circa 20 µM), invece, è in grado di donare elettroni ai trasportatori

della catena respiratoria, a livello dell’ubichinone (Goubern et al., 2007),

stimolando la fosforilazione ossidativa e incrementando la sintesi di ATP.

Esiste, dunque, un livello soglia di gas tale per cui si scatenano eventi

citotossici che conducono a morte cellulare (Pun et al., 2010).

Il primo meccanismo d’azione è da attribuirsi all’interazione con

sistemi ossidoriduttivi. Il solfuro di idrogeno reagisce, infatti, con

specie altamente reattive, quali il radicale anionico superossido, il

perossido di idrogeno, il perossinitrito, e l’ipoclorito e ne promuove

la neutralizzazione. Così facendo, limita i danni indotti da queste

specie aggressive nei confronti di proteine e lipidi (Whiteman et al.,

2004; Whiteman et al., 2005). E’ stata poi riscontrata la sua capacità

di sopprimere la produzione di ROS e di ridurre alcuni eventi

associati allo stress ossidativo e proteolitico, come la nitrazione dei

residui di tirosina.

E’ stato dimostrato che l’H2S agisce anche a livello di altri canali del

potassio, quelli calcio-attivati (KCa). Il tetrapentilammonio, infatti,

bloccante dei canali KCa, è in grado di impedire il passaggio di ioni

indotto da H2S. I canali del potassio calcio-attivati sono classificati,

a seconda della conduttanza del singolo canale, in SK, IK e BK.

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Benchè sia stato riscontrato che l’H2S sia un possibile induttore di

neuroprotezione, mediante l’attivazione dei canali SK, quelli più

studiati rimangono i BKCa (a grande conduttanza), proprio per

l’influente azione che esercitano sul potenziale di membrana. La

loro attivazione è regolata dalla concentrazione di calcio o dal

potenziale di membrana (Hoorigan e Aldrich, 2002). I canali BKCa

sono coinvolti nella regolazione di molteplici funzioni biologiche

come il controllo del tono vascolare, la secrezione di ormoni, il

rilascio di neurotrasmettitori e l’attività elettrica delle cellule

(Eichorn e Dobrev, 2002; Brunton et al., 2007; Wang et al., 1992). E

grazie a studi sperimentali sull’intestino di ratto è stato riscontrato

che l’effetto benefico di precondizionamento nei confronti del danno

mitocondriale da ischemia è dovuto proprio all’interazione tra H2S e

i canali BK (Liu et al.,2009).

Inoltre è stato osservato il coinvolgimento di un altro tipo di canali, i

canali del potassio voltaggio-dipedenti 7 (Kv7), nei meccanismi di

regolazione di H2S a livello vascolare e in particolare il sottotipo

KV7.4. I canali Kv7, sono stati riconosciuti come ulteriori target

dell’H2S. Per arrivare a tali conclusioni sono stati studiati gli effetti

di NaHS in presenza di specifici bloccanti, come il tetraetilammonio

cloruro (TEA), sugli anelli di aorta di ratto (Martelli et al., 2013a). I

canali Kv sono costituiti da 4 subunità α e da un numero variabile di

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subunità β. Sono canali sensibili al voltaggio di membrana e sono

stati suddivisi in 9 sottofamiglie (Chandy et Gutman 1995),

diversamente espresse a seconda dei distretti: cervello, cuore,

orecchio interno, muscolatura liscia vascolare, intestino e tiroide. La

sottofamiglia dei KV7 è stata scoperta essere largamente espressa a

livello della muscolatura liscia vascolare. Il suo ruolo è stato

valutato sempre su studi effettuati sia su anelli di aorta di ratto, che

su cellule di aorta umana, mediante l’utilizzo di bloccanti quali 4-

amminopiridina, bloccante di svariate sottofamiglie di Kv, eccetto i

Kv7, e non è stato osservato nessun effetto inibitore nei confronti di

NaHS. Al contrario, l’utilizzo di Linopiridina e XE-911, entrambi

bloccanti selettivi dei canali Kv7, ha mostrato un evidente

antagonismo nei confronti dell’azione iperpolarizzante e

vasorilasciante di NaHS, facendo pensare a un possibile

coinvolgimento dei canali in esame e in particolare del sottotipo

KV7.4 (Martelli et al., 2013a).

Fondamentale è invece l’azione mediata dall’attivazione di specifici

target molecolari, quali i canali ionici del potassio ATP-sensibili (KATP)

sulla membrana delle cellule della muscolatura liscia, o delle cellule

beta-pancreatiche, di quelle miocardiche e di quelle neuronali,

regolando importanti funzioni biologiche. Questi canali, che sono stati

identificati sia nelle membrane sarcolemmatiche, che in quelle

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mitocondriali, sono ottameri costituiti da due tipi di subunità

transmembrana: Kir e SUR (recettore per le sulfaniluree). Le subunità

proteiche Kir sono quattro, costituiscono il poro di membrana e

appartengono alla sottofamiglia Kir6. Ognuna di esse è associata ad una

subunità SUR, che appartiene alla famiglia delle proteine leganti ATP

ed è sensibile a variazioni del rapporto ATP/ADP (Miki e Seino, 2005;

Bryan et al., 2005). All’interno della sottofamiglia Kir6 riconosciamo

due sottotipi Kir6.1 e Kir6.2, mentre per le SUR sono stati individuati

tre sottotipi SUR1, SUR2A e SUR2B (Inagaki et al., 1995; Matsuo et

al., 2005). Le subunità che compongono la struttura dei canali KATP

presenti a livello cardiaco sono Kir6.2 e SUR2A, a livello della

muscolatura liscia vascolare sono Kir6.1 e SUR2B e a livello

pancreatico sono Kir6.2 e SUR1. Questi canali possono essere aperti o

chiusi da segnali elettrici o chimici. In condizioni di soddisfacente

fosforilazione ossidativa, gli alti livelli di ATP determinano la loro

inibizione. Tali canali risultano quindi chiusi (silenti). Viceversa, in

condizioni di stress metabolico, come l’ischemia miocardica, quando i

livelli energetici sono ridotti, o meglio non è soddisfatta la richiesta di

energia, aumentano i livelli di ADP, si riduce il rapporto ATP/ADP e si

ha l’attivazione dei KATP, con conseguente fuoriuscita degli ioni

potassio e iperpolarizzazione della membrana (Testai et al., 2007). I

KATP generalmente inibiscono l’eccitabilità cellulare, per bilanciare le

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risorse in situazioni di stress metabolico, più precisamente stress

ossidativo come accade a livello cardiaco. E’ stato dimostrato che H2S,

attivandoli, gioca un importante ruolo di protezione nei confronti del

cuore contro il danno da ischemia e riperfusione (Zhang et al., 2007) .

Esso dilata i vasi sanguigni dell’uomo e del ratto sia in vivo che in vitro,

andando ad agire a livello dei canali situati nella muscolatura liscia

(Zhao et al., 2001; Zhao e Wang, 2002). Il sito di interazione tra H2S e

il canale KATP è localizzato nella subunità SUR, e più nello specifico

nell’estremità N-terminale extracellulare (Jiang et al., 2010).

1.5 ISCHEMIA MIOCARDICA – MECCANISMI DI

CARDIOPROTEZIONE.

L’H2S gioca un ruolo favorevole anche nei confronti degli eventi di

ischemia/riperfusione miocardici, limitando i danni del ventricolo sinistro.

E’ stato infatti osservato su modello in vivo di topo che l’aumento di questo

“gas trasmettitore” limita, in maniera dose-dipendente, l’area dell’ischemia

miocardica durante la ripefusione. Questo tipo di protezione è

accompagnato da una diminuzione dell’infiammazione del miocardio e

dalla protezione della funzione mitocondriale (Elrod et al., 2007, Johansen

et al., 2006).

L’ischemia miocardica è dovuta ad una parziale o totale occlusione delle

arterie che porta, quindi, ad un’ostruzione dei vasi e ad un abbassamento

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del flusso di sangue. Vengono dunque meno ossigeno e nutrienti ai vari

organi o tessuti e la cellula va incontro a morte. Sorprendentemente, il

danno da ischemia è incrementato anche nella fase della riperfusione,

ovvero la fase successiva in cui vengono ripristinate le precedenti

condizioni. Si va dunque a parlare di danno da “ischemia-riperfusione”.

Durante la fase ischemica la mancanza di ossigeno e nutrienti causa nella

cellula squilibri metabolici che portano ad alterazioni biologiche,

morfologiche e funzionali della stessa (quali variazioni del potenziale di

membrana, erronea distribuzione degli ioni, disorganizzazione del

citoscheletro) (Collard and Gelman, 2001). Induce inoltre ad un accumulo

di metaboliti che possono essere potenzialmente tossici per la cellula stessa.

Durante la riperfusione un ruolo cruciale viene giocato dall’apertura di un

poro, situato sulla membrana mitocondriale interna detto “Mitochondrial

Permeability Transition Pore (MPTP)”. I mitocondri sono nuovamente in

grado di respirare e di generare un potenziale di membrana in grado di

guidare la sintesi di ATP. Questo facilita, però, un accumulo di ioni calcio

all’interno della matrice mitocondriale e porta così ad un sovraccarico di

tali ioni. Inoltre si ha un’elevata produzione di ROS e, quindi, di ossidi e

superossidi, che inducono danno tissutale e necrosi. Queste condizioni

stimolano l’apertura degli MPTP, e dunque l’entrata di ioni e molecole, che

induce un incremento della pressione osmotica ed infine la rottura della

membrana esterna mitocondriale. Questo comporta il rilascio nel citosol di

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proteine, quali il citocromo c e altri fattori, che regolano il processo

apoptotico (Halestrap et al., 2003).

I canali KATP, soprattutto quelli situati a livello mitocondriale, sono

coinvolti, insieme ad altri fattori, in un importante fenomeno protettivo,

chiamato precondizionamento ischemico (IPC). Tale fenomeno si identifica

con brevi periodi di occlusione coronaria, seguiti da brevi periodi di

riperfusione, che conferiscono al miocardio maggiore resistenza nei

confronti del danno causato da una fase seguente e prolungata di ischemia.

Ne risulta una marcata riduzione dell’entità dell’infarto (Murry et al. 1986).

A tal proposito hanno suscitato molto interesse i composti attivatori dei

canali KATP. Sono stati effettuati studi sperimentali che prevedevano la

somministrazione di H2S esogeno in modelli di cuore di ratto isolato e

perfuso a cui veniva indotto un infarto acuto. I risultati hanno messo in luce

gli effetti protettivi nei confronti del danno da ischemia/riperfusione

(Johansen et al., 2006; Zhu et al., 2007). L’H2S può svolgere un ruolo di

protezione da danno ischemico anche attraverso un altro fenomeno, il post-

condizionamente ischemico (o IPostC), una serie di rapide interruzioni del

flusso di sangue nella prima fase della riperfusione. La ricerca

farmacologica si è concentrata anche su questa fase per identificare nuovi

target farmacologici contro il danno da ischemia-riperfusione. E’ stato visto

recentemente che IPostC causa una significativa stimolazione della

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biosintesi del solfuro di idrogeno nelle prime fasi della riperfusione. Ne

risulta, perciò, evidente il fondamentale ruolo che tale gas esercita nel

meccanismo cardioprotettivo del IPostC. E’ stato anche dimostrato che

l’H2S è in grado di attivare protein-chinasi (come la ERK e la PKC)

fondamentali nell’ IPostC e che la somministrazione esogena di NaHS

nella fase della riossigenazione incrementa la performance postischemica

nel cuore di ratto, sottoposto ad una fase di ischemia-riperfusione (Yong et

al., 2010). Entrambi i fenomeni di IPreC e IPostC sono antagonizzati da

bloccanti dei canali KATP, glibenclamide e 5-HD (Zhao e Vinten-Johansen,

2006; Yong et al., 2008).

Tutte queste azioni benefiche possono trasformarsi in veri e propri

“avvelenamenti cardiaci”, se si superano i valori soglia di concentrazione,

legati a ipossemia locale, ma soprattutto, ad una tossicità selettiva sul

miocardio (Amino et al. 2009).

1.6 DONATORI DI H2S

La somministrazione di tale gas è altamente limitata, vista la sua scarsa

maneggevolezza ed è, quindi, difficile garantire un accurato controllo della

posologia, non rischiando di andare incontro ad overdose. Per queste

ragioni, si è sempre più interessati alla ricerca di composti in grado di

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rilasciare H2S (Martelli et al 2012). I primi ad essere stati investigati sono i

semplici Sali di zolfo. Il più comune tra questi è l’NaHS, sodio idrosolfuro

(NaHS), che rilascia istantaneamente H2S in soluzione acquosa. Tuttavia il

rapido rilascio di H2S endogeno può causare effetti avversi, come una

riduzione pronunciata della pressione sanguigna (Ling et al., 2008). Questo

sale non è, quindi, utilizzabile ad usi clinici. Idealmente, un ottimo

donatore di H2S dovrebbe mostrare un lento rilascio del gas (Caliendo et al.,

2010). Alcuni derivati di origine naturale, derivanti dall’aglio, possono

essere considerati ottimi donatori. Ecco perché il consumo di aglio è da

sempre associato ad una significativa riduzione dei fattori di rischio, quali

ipercolesterolemia, stress ossidativo, ipertensione, iperaggregazione

piastrinica (Banerjee and Maulik, 2002). Uno dei costituenti dell’aglio è

l’alliina, un amminoacido solforato, che ad opera dell’enzima allinasi è

rapidamente convertito in allicina. Quest’ultimo poi si decompone nei

composti organosolfuri, ovvero il diallil disolfuro e trisolfuro (Amagase,

2006). Il diallil disolfuro, DADS, e trisolfuro liberano H2S lentamente,

grazie all’intervento di tioli endogeni, primo fra tutti il glutatione ridotto

(GSH) (Koenitzer et al., 2007). Tutto ciò è provato dal significativo effetto

vasorilasciante endotelio-indipendente e dalla riduzione della contrazione

muscolare indotta su anelli isolati di aorta di ratto (Benavides et al., 2007).

Oltre ai composti di origine naturale, sono diventate oggetto di studio

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molecole di sintesi. Una di queste è il 4-morfolino 4-metossifenil-

morfolino-fosfinoditioato, GYY 4137 (Fig. 2), che rilascia lentamente H2S.

Figura 2 Struttura di GYY 4137

Questa molecola è capace di rilasciare lentamente H2S (Li et al., 2008) in

soluzione acquosa a livelli fisiologici di temperatura e pH, con un picco

massimo dopo 10-15 min, in seguito si mantiene costante, a differenza di

quanto osservato, invece, in presenza di NaHS. Tale molecola induce un

rilassamento quasi totale della muscolatura liscia vascolare negli anelli di

aorta di ratto precontratti (Li et al. 2008).

Altri composti di sintesi in grado di rilasciare H2S sono stati scoperti presso

il laboratorio di ricerca dove è stata svolta questa tesi, le Ariltioammidi.

Sono state sintetizzate a partire dalla p-idrossibenzotioammide, mediante

l’aggiunta di sostituenti sull’anello aromatico. Alcuni derivati hanno

mostrato un buon rilascio di H2S dovuto alla presenza di tioli organici, altri,

invece, sono H2S-donors indipendentemente dalla presenza di tioli. La p-

idrossibenzotioammide ha prodotto i tipici effetti dell’H2S in esperimenti

condotti sia in vivo che in vitro, quindi questi derivati rappresentano altri

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potenziali agenti in grado di sviluppare un effetto terapeutico nei confronti

di malattie cardiovascolari (Martelli et al., 2013b).

Recentemente studi sperimentali hanno posto la loro attenzione sugli

isotiocianati. In particolare cinque arilisotiocianati, fenilisotiocianato

(PhNCS), 4-carbossifenilisotiocianato (PhNCS-COOH), metil

fenilisotiocianato (PhNCS-CH3), 2-trifluorometil fenilisotiocianato

(PhNCS-CF3), 2-isopropil fenilisotiocianato (PhNCS-iPr), sono stati

studiati e la loro azione è stata comparata a quella di DADS e GYY4137.

Diversamente da questi, il lento rilascio di H2S dipende dalla presenza di L-

cisteina, infatti in assenza di L-cisteina i livelli di H2S rilasciato diventano

trascurabili (Fig. 3).

Figura 3 Aumento della concentrazione di H2S nel tempo, in assenza (quadratini bianchi) e in presenza (quadratini neri) di L-cisteina 4mM.

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La presenza di un gruppo carbossilico in posizione para incrementa questo

rilascio, mentre la presenza di un sostituente in posizione orto lo riduce

drasticamente. Il fenil isotiocianato e il para-carbossifenil isotiocianato

(PhNCS-COOH) sono risultati in grado di produrre i tipici effetti vascolari

dell’H2S. Sono stati testati a livello dell’aorta e a livello coronarico,

mostrando la tipica azione vasorilasciante di NaHS e a livello delle cellule

della muscolatura liscia aortica umana (HASMCs), dove si è riscontrato

l’effetto di iperpolarizzazione del potenziale di membrana. Negli anelli di

aorta di ratto isolati e privi di endotelio si è notato un potere vasorilasciante

inferiore rispetto a quello riscontrato negli anelli in cui l’endotelio era

intatto, probabilmente a causa del contributo di NO. Questo effetto è

antagonizzato dai bloccanti selettivi del canale KV7, quindi è facilmente

intuibile che uno dei loro target sia proprio questo canale. In definitiva gli

isotiocianati possono rappresentare un valido strumento per studi futuri sul

ruolo di H2S nell’organismo (Martelli et al., 2014).

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2. SCOPO DELLA RICERCA

Alla luce di quanto appena detto, risulta chiaro l’interesse nei confronti dei

fenilisotiocianati, i quali rilasciano lentamente H2S e hanno dunque azione

cardioprotettiva, giocando un ruolo favorevole nei confronti delle malattie

cardiovascolari, quali l’ipertensione. Negli ultimi anni sono stati sintetizzati

diversi derivati dei fenilisotiocianati, ma dagli studi farmacologici effettuati

si è evinto che PhNCS (Fig 4.1) e PhNCS-COOH (Fig. 4.2) sono in grado

di produrre i tipici effetti vascolari dell’H2S (Martelli et al., 2014).

N C S

Figura 4.1 Fenilisotiocianato

N C S

CO

OH

Figura 4.2 p-carbossi fenilisotiocianato

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In questo lavoro di tesi, quindi, si è voluto approfondire il ruolo del

PhNCS-COOH nei confronti del danno da ischemia e ripefusione, su un

modello sperimentale di cuore isolato e perfuso alla Langendorff. La

valutazione è avvenuta sia in acuto, a seguito di sommistrazioni singole,

che in sub-cronico, a seguito di somminisrazioni ripetute per sette giorni.

Inoltre, sapendo che gli H2S-donors hanno un’azione inibitoria, come

dimostrato nel laboratorio presso cui questa tesi è stata svolta, nei confronti

della degranulazione dei mastociti (Marino et al., 2012, Marino et al., 2013)

e posto che ultimamente vi è la tendenza ad attribuire alla degranulazione

mastocitaria di mastociti residenti a livello miocardico un ruolo importante

nei processi di danno tissutale conseguente a ischemia-riperfusione ( Know

et al., 2011), scopo di questa tesi è stato anche quello di indagare se

nell’attività cardioprotettiva di H2S vi fosse almeno una componente

riconducibile a tale meccanismo d’azione.

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3. MATERIALI E METODI

3.1 SPERIMENTAZIONE IN VITRO

Animali

Nella sperimentazione sono stati utilizzati ratti maschi albini, normotesi di

ceppo Wistar Kyoto, il cui peso variava da 270 a 350 grammi.

Gli animali sono stati allevati in gabbie di dimensioni tali da consentire

libertà di movimento all’animale, rifornite con acqua e cibo ed esposte a

cicli alternati di luce/buio di 12 ore. Lo studio è stato svolto in conformità

alla normativa della Comunità Europea (Direttiva CEE 86-609) e alla

normativa italiana (D.L n° 116-92) riguardante l’utilizzo di animali.

Sono stati suddivisi in due protocolli sperimentali, perché le stesse

valutazioni potessero essere fatte sia in acuto che in cronico.

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Gli animali del primo protocollo sono stati trattati due ore prima

dell’espianto del cuore, mediante un’iniezione i.p. di PhNCS-COOH o del

suo veicolo (DMSO).

Gli animali del secondo protocollo, invece, sono stati trattati in sub-

cronico per 7 giorni con PhNCS-COOH o con DMSO, mediante

un’iniezione sottocutanea al giorno. Al termine dei giorni di trattamento è

avvenuto il sacrificio ed è stato eseguito il medesimo esperimento per tutti i

ratti.

Nel protocollo in acuto le dosi di tale composto testate sono state: 0.072

mg/Kg, 0.24 mg/Kg, 0.72 mg/Kg e 2.4 mg/Kg. Nel protocollo sperimentale

in cronico le dosi testate sono state: 0.024 mg/Kg, 0,072 mg/Kg e 0,24

mg/Kg.

3.2 VALUTAZIONE DELL’ATTIVITÀ CARDIOPROTETTIVA SU

CUORE ISOLATO E PERFUSO ALLA LANGENDORFF

I ratti sono stati sottoposti ad un’iniezione di eparina 500 U.I. i.p., per

evitare la formazione di microtrombi nelle coronarie, e dopo dieci minuti

ad un’iniezione di pentobarbitale sodico 100 mg/Kg i.p. per indurre

l’anestesia. Il cuore è stato espiantato mediante recisione dei vasi e

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dell’aorta e posto in un becker contenente soluzione salina di Krebs

(NaHCO3 25.0 mM, Glucosio 11.5 mM, NaCl 118.1 mM, KCl 4.8 mM,

MgSO4 1.2 mM, CaCl2 H2O 1.6 mM, KH2PO4 1.2 mM), saturato di

carbogeno (gas con 95% di O2 e 5% di CO2), a 4°C per ridurre eventuali

fenomeni di precondizionamento. Il cuore è stato poi incannulato mediante

l’aorta ascendente su un apparato alla Langendorff, e perfuso con la

soluzione salina di Krebs a 37°C e a pressione costante (70-80 mmHg), per

mezzo di una pompa peristaltica (Peristar, 2Biological Intruments). Dal

momento dell’espianto il tutto è stato eseguito entro due minuti. L’arteria

polmonare è stata rapidamente recisa in modo da evitare che il perfusato

refluo si accumulasse nel ventricolo destro. Poi è stato inserito un

palloncino in lattice riempito di acqua bidistillata nel ventricolo sinistro,

attraverso la valvola mitrale, collegato ad un trasduttore di pressione

(Bentley Trantec, mod 800). Il palloncino è stato riempito in modo da

sviluppare una pressione diastolica di 5-10 mmHg. Il trasduttore invia il

segnale ad un programma di elaborazione dati, che registra la pressione

sviluppata dal ventricolo sinistro (LVDP) e la frequenza cardiaca (HR). Il

prodotto tra i due è l’RPP, parametro di funzionalità miocardica. Il

programma ricava anche un altro valore: dP/dT, corrispondente alla

velocità di contrazione e rilasciamento del cuore, indice della performance

cardiaca. Il protocollo prevede:

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30’ di stabilizzazione, gli ultimi 5’ dei quali è stato raccolto il

perfusato ed espresso come ml al minuto.

30’ di ischemia globale

120’ di riperfusione

30’stabilizzazione 30’ischemia globale 120’riperfusione

Figura 4 Tracciati rappresentativi che mostrano la pressione sviluppata dal ventricolo sinistro (LVDP) durante un protocollo di ischemia/riperfusione. Il primo tracciato è stato ottenuto da un esperimento su cuore di ratto trattato con il veicolo, mentre il secondo è stato ottenuto da un esperimento su cuore di ratto protetto. (A) LVDP pre-ischemico. (B) contrattura ischemica. (C) LVDP post-ischemico.

Durante il periodo di ischemia globale è stata osservata una tipica

contrattura ischemica (B, Fig. 4). L’ampiezza del picco massimo della

curva della contrattura ischemica (MIC) è stata valutata in percentuale

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rispetto all’ LVDP pre-ischemico. Inoltre è stato calcolato il tempo

(espresso in minuti) richiesto per raggiungere la metà del picco massimo

della contrattura ischemica (Thc).

Durante la riperfusione sono stati monitorati la funzionalità cardiaca,

mediante il calcolo di RPP e di dP/dT. Inoltre è stato raccolto il perfusato

ed è stato espresso in ml al minuto, calcolo che ci ha fornito la misura

volumetrica del flusso coronarico (CF). I valori dei tre parametri sono stati

espressi in percentuale rispetto ai valori acquisiti al termine della fase di

stabilizzazione.

Al termine della riperfusione i cuori sono stati rimossi dall’apparato, sono

stati asciugati ed è stato isolato il ventricolo sinistro. Questo è stato poi

tagliato in sezioni trasversali, che sono state immerse in una soluzione

all’1% p/v di 2,3,5 trifeniltetrazolio cloruro (TTC) in tampone fosfato

(pH=7.4) per venti minuti al buio e a 37°C. Infine le fettine di ventricolo

sono state fissate in soluzione acquosa di formaldeide al 10%. Il TTC

reagisce con le deidrogenasi presenti nelle cellule integre e vitali, e si

riduce a formazano, composto rosso e insolubile. Di conseguenza

conferisce alle aree vitali un colore rosso. Le aree che invece hanno subito

il danno da ischemia/riperfusione, e che risultano pertanto necrotiche,

rimangono color bianco o rosa pallido. E’ stato possibile così calcolare

l’area ischemica in percentuale rispetto all’area totale del ventricolo sinistro,

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tramite fotografie delle sezioni sottoposte ad analisi planimetriche

effettuate 24 ore dopo la reazione con il TTC (Ai/Avs).

Figura 5.1 Sezione trasversale di ventricolo sinistro di cuore di ratto altamente infartuato.

Figura 5.2 Sezione trasversale di ventricolo sinistro di cuore di ratto protetto.

E’ stata misurata la β-esosaminidasi, marker dell’infiammazione del tessuto

miocardico. Sono state raccolte le ultime 5 gocce di perfusato refluo dal

cuore prima dell’ischemia e le prime 5 gocce di perfusato della riperfusione

(poche gocce per non diluire troppo l’enzima). 50 microlitri di perfusato

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sono stati messi nei pozzetti di una piastra ed è stato aggiunto il reagente p-

NO2 acetil glucosaminide (50 microlitri di soluzione 1.4 mM, disciolta in

buffer citrato a pH=4.2). La piastra è stata lasciata in incubazione a 37°C

per un’ora. La β-esosaminidasi scinde il legame ammidico della p-NO2

acetil glucosaminide liberando il nitrofenolo, che conferisce una

colorazione gialla alla soluzione. La reazione è stata poi stoppata

alcalinizzando l’ambiente di reazione con 100 microlitri di TRIS buffer a

4°C ed è stata eseguita una lettura con metodo spettrofotometrico a 405 nm

(EnSpire, Perkin Elmer).

3.3 ANALISI DEI DATI

Gli effetti dei diversi dosaggi di PhNSC-COOH sui parametri funzionali

post-ischemici (RPP, CF e dP/dt) sono stati espressi come % dei rispettivi

valori pre-ischemici e graficati utilizzando il programma Graph-Pad Prism

5.0. Infine è stata eseguita l’analisi ANOVA a due vie per valutare la

significatività rispetto al trattamento con il veicolo.

Gli effetti, invece, dello stesso su MIC, Thc e Ai/Avs sono stati graficati,

utilizzando il programma Graph-Pad Prism 5.0 e analizzati statisticamente

con t-test di Student, seguito dal post-test Bonferroni. Un valore di P<0.05

è stato considerato statisticamente significativo.

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4. RISULTATI E DISCUSSIONE

La somministrazione acuta per via intraperitoneale dell’H2S-donor PhNCS-

COOH a dosaggi di 0,072, 0,24 e 0,72 mg/Kg ha condotto ad un recupero

dei parametri funzionali di inotropismo cardiaco (RPP e dP/dT) (Grafico

1.1 e 1.2) durante la fase post-ischemica nei cuori di ratto allestiti e perfusi

alla Langendorff. Al dato funzionale corrisponde con perfetta coerenza il

dato morfologico (Grafico 1.3), in quanto i cuori degli animali trattati con

PhNCS-COOH hanno mostrato una netta riduzione delle aree ischemiche,

riscontrate nel ventricolo sinistro. E’ interessante notare che anche i dati

relativi alla riduzione della MIC percentuale (Grafico 1.4) e all’aumento

del Thc (Grafico 1.5), prodotti dalle tre dosi in esame, sono in perfetta

coerenza col dato funzionale e con quello morfologico. In definitiva, alle

dosi comprese tra 0.072 e 0.72 mg/Kg la somministrazione acuta i.p. di

questo particolare donatore di H2S produce effetti cardioprotettivi. Tali dosi

di PhNCS-COOH non hanno, invece, prodotto significativi effetti sul flusso

coronarico post-ischemico (Grafico 1.6). Questo risultato lascia ipotizzare

che il meccanismo dell’effetto cardioprotettivo risieda nell’attivazione di

target intrinseci a livelli dei miocardiociti e non nell’azione a livello

vascolare.

La somministrazione di una dose ulteriormente incrementata di PhNCS-

COOH (2,4 mg/Kg) sembra, invece, produrre effetti contrari,

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probabilmente riconducibili al raggiungimento di una soglia di tossicità.

Infatti, pressoché tutti i parametri sono sostanzialmente equivalenti a quelli

riscontrati negli esperimenti condotti con il veicolo (Grafici 1.1 - 1.2 - 1.3 -

1.4 - 1.5 - 1.6 - 1.7).

Nel tentativo di ricercare un eventuale contributo dell’azione

antidegranulativa sui mastociti nell’effetto cardioprotettivo riscontrato, gli

esperimenti sono stati finalizzati alla valutazione e alla titolazione della β-

esosaminidasi, un affidabile marker di origine mastocitaria, nel perfusato

cardiaco post-ischemico. Le tre dosi cardioprotettive di PhNCS-COOH

(0,072, 0,24 e 0,72 mg/Kg) non hanno, però, alterato in modo significativo

questo parametro. I valori riscontrati sono infatti equivalenti a quelli

ottenuti dai cuori degli animali trattati con il veicolo. Il farmaco di

riferimento (composto A), dotato di significativa azione inibitoria nei

confronti della degranulazione mastocitaria, ha ridotto significativamente la

concentrazione della β-esosaminidasi nel perfusato post-ischemico,

confermando l’affidabilità e l’adeguatezza dell’approccio metodologico

(Grafico 1.8).

La dose ulteriormente aumentata di PhNCS-COOH ha prodotto un

incremento dei valori di β-esosaminidasi a conferma della già citata

possibile tossicità di questa dose (Grafico 1.7).

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- 38 -

Grafico 1.1 RPP percentuale

0 15 30 45 60 75 90 105 120

0

20

40

60

80

100

vehicle

PhNCS-COOH 0,24 mg/Kg

PhNCS-COOH 0,72 mg/Kg

PhNCS-COOH S 2,4 mg/Kg

PhNCS-COOH 0,072 mg/Kg

minuti di riperfusione

% R

PP

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- 39 -

Grafico 1.2 dP/dt

0 20 40 60 80 100 120

0

20

40

60

80

100

vehicle

PhNCS-COOH 0,24 mg/Kg

PhNCS-COOH 0,72 mg/Kg

PhNCS-COOH 2,4 mg/Kg

PhNCS-COOH 0,072 mg/Kg

minuti di riperfusione

dP

/dt

%

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- 40 -

Grafico 1.3 Ai/Avs percentuale

vehic

le

PhN

CS-C

OOH 0

,072

mg/K

g

PhN

CS-C

OOH 0

,24

mg/K

g

PhN

CS-C

OOH 0

.72

mg/K

g

PhN

CS-C

OOH 2

,4 m

g/Kg

0

10

20

30

40

50

*

Ai/A

vs

%

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- 41 -

Grafico 1.4 MIC percentuale

vehic

le

PhN

CS-C

OOH 0

,072

mg/K

g

PhN

CS-C

OOH 0

,24

mg/K

g

PhN

CS-C

OOH 0

.72

mg/K

g

PhN

CS-C

OOH 2

,4 m

g/Kg

0

10

20

30

40

50

MIC

%

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- 42 -

Grafico 1.5 Thc min

vehic

le

PhN

CS-C

OOH 0

,072

mg/K

g

PhN

CS-C

OOH 0

,24

mg/K

g

PhN

CS-C

OOH 0

.72

mg/K

g

PhN

CS-C

OOH 2

,4 m

g/Kg

10

15

20

25

30

Th

c m

in

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Grafico 1.6 CF percentuale

0 20 40 60 80 100 120

0

50

100

150

vehicle

p-CARBOSSI-Ph-NCS 0,24 mg/Kg

p-CARBOSSI-Ph-NCS 0,72 mg/Kg

p- CARBOSSI-Ph-NCS 2,4 mg/Kg

p-CARBOSSI-Ph-NCS 0,072 mg/Kg

minuti di riperfusione

CF

(%

)

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- 44 -

Grafico 1.7 β-esosaminidasi

vehic

le

PhN

CS-C

OOH 0

.072

mg/K

g

PhN

CS-C

OOH 0

,24

mg/K

g

PhN

CS-C

OOH 0

.72

mg/K

g

PhN

CS-C

OOH 2

,4 m

g/Kg

0.00

0.01

0.02

0.03

0.04In

cre

ase o

f

-e

so

sam

inid

ase

vs p

re-i

sch

em

ia

Grafico .8 β-esosaminidasi del composto A

vehic

le

Com

posto A

40

mg/K

g

0.00

0.01

0.02

0.03

0.04

0.05

**

Incre

ase o

f

-e

so

sam

inid

asi

vs p

re-i

sch

em

ia

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- 45 -

Dopo aver valutato gli effetti cardioprotettivi del PhNCS-COOH nelle

somministrazioni in acuto, i protocolli sperimentali si sono spostati sulla

valutazione degli effetti della somministrazione sub-cronica dell’H2S-donor

con vie di somministrazione a più lento assorbimento rispetto alla via i.p.,

usata nel protocollo in acuto. La somministrazione sottocutanea del

PhNCS-COOH alla dose 0,024 mg/Kg/die per una settimana non ha

prodotto effetti cardioprotettivi. L’effetto cardioprotettivo inizia a

manifestarsi, infatti, alla dose di 0,072 mg/Kg/die per una settimana,

mentre la dose più alta, 0,24 mg/Kg/die per una settimana, è stata l’unica a

produrre chiari effetti cardioprotettivi sui parametri funzionali e

morfologici (Grafici 2.1-2.2-2.3-2.4-2.5-2.6). A conferma di quanto già

osservato nel protocollo in acuto, gli effetti cardioprotettivi riscontrati nella

somministrazione sub-cronica del PhNCS-COOH per via s.c. non sono

attribuibili ad un significativo effetto inibitorio sulla degranulazione

mastocitaria. Infatti i livelli di β-esosaminidasi rilevati nel perfusato post-

ischemico sono perfettamente sovrapponibili a quelli riscontrati nei

soggetti trattati con veicolo (Grafico 2.7).

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- 46 -

Grafico 2.1 RPP percentuale

0 30 60 90 120

0

25

50

75

100

125

vehicle

PhNCS-COOH 0.024 mg/Kg

PhNCS-COOH 0.072 mg/Kg

PhNCS-COOH 0,24 mg/Kg

minuti riperfusione

RP

P%

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- 47 -

Grafico 2.2 dP/dt percentuale

0 30 60 90 120

0

25

50

75

100

125

PhNCS-COOH 0,024 mg/Kg

vehicle

PhNCS-COOH 0.072 mg/Kg

PhNCS-COOH 0.24 mg/Kg

minuti riperfusione

dP

/dt

%

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- 48 -

Grafico 2.3 Ai/Avs percentuale

vehic

le

PhN

CS-C

OOH 0

.024

mg/K

g

PhN

CS-C

OOH 0

.072

mg/K

g

PhN

CS-C

OOH 0

.24

mg/K

g

0

10

20

30

40

50

Ai/A

vs%

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- 49 -

Grafico 2.4 MIC percentuale

vehic

le

PhN

CS-C

OOH 0

.024

mg/K

g

PhN

CS-C

OOH 0

.072

mg/K

g

PhN

CS-C

OOH 0

,24

mg/K

g

0

20

40

60

80

100

MIC

%

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- 50 -

Grafico 2.5 Thc

vehic

le

PhN

CS-C

OOH 0

.024

mg/K

g

PhN

CS-C

OOH 0

.072

mg/K

g

PhN

CS-C

OOH 0

.24

mg/K

g

10

15

20

25

30

Th

c m

in

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Grafico 2.6 CF percentuale

0 30 60 90 120

0

50

100

150

vehicle

PhNCS-COOH 0.024 mg/Kg

PhNCS-COOH 0.072 mg/Kg

PhNCS-COOH 0,24 mg/Kg

minuti riperfusione

CF

%

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- 52 -

Grafico 2.7 β-esosaminidasi

vehic

le

PhNCS-C

OO

H 0

.024

mg/K

g

PhNCS-C

OO

H 0

.072

mg/K

g

PhNCS-C

OO

H 0

.24

mg/K

g

0.00

0.01

0.02

0.03

0.04

0.05

Incre

ase o

f

-e

so

sam

inid

ase

vs p

re-i

sch

em

ia

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- 53 -

In conclusione, è possibile affermare che questo nuovo H2S-donor presenta

attività cardioprotettive nel modello sperimentale di cuore isolato e perfuso

alla Langendorff, sottoposto a cicli di ischemia globale e riperfusione. Tale

attività è stata registrata sia con modalità di somministrazione in acuto,

mediante via parenterale a rapido assorbimento, che in sub-cronico,

mediante via sottocutanea, a più lento rilascio. Future prospettive

sperimentali saranno finalizzate a valutare gli effetti prodotti dalla

somministrazione acuta e sub-cronica attraverso la via orale.

Infine, l’attività cardioprotettiva non sembra risiedere in un meccanismo

d’azione correlabile con la degranulazione dei mastociti. E’ pertanto

ragionevole ipotizzare che gli effetti antischemici possono essere attribuiti

ad altri meccanismi di H2S noti, quali l’attivazione di canali ionici

mitocondriali. Questa ipotesi farmacodinamica sarà oggetto di studi futuri

su appropriati modelli sperimentali.

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