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COUNSELING SKILLS: LINEE DI FORZA E CRITICITÀ PROF. MARIO FULCHERI ORDINARIO DI PSICOLOGIA CLINICA DIPARTIMENTO DI SCIENZE PSICOLOGICHE, DELLA SALUTE E DEL TERRITORIO UNIVERSITÀ ‘G. D’ANNUNZIO’ DI CHIETI-PESCARA 1

COUNSELING SKILLS: LINEE DI FORZA E CRITICITÀ · COUNSELING SKILLS Alla luce di tali complessi presupposti formativi, bisogna essere consapevoli del fatto che il termine e/o l’espressionecounseling

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COUNSELING SKILLS: LINEE DI FORZA E CRITICITÀ

PROF. MARIO FULCHERI

ORDINARIO DI PSICOLOGIA CLINICA

DIPARTIMENTO DI SCIENZE PSICOLOGICHE, DELLA SALUTE E DEL TERRITORIO

UNIVERSITÀ ‘G. D’ANNUNZIO’ DI CHIETI-PESCARA

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PRESUPPOSTO EPISTEMOLOGICO

NELL’AMBITO DELLA FORMAZIONE PER LA PROFESSISIONE DI COUNSELING

IL paradigma gnoseologico della complessità-multidimensionalità,differenziandosi dal classico modello biopsicosociale sia da un puntodi vista teorico (ambiguità e tolleranza del dubbio versus totalità eolismo), sia in termini applicativi (integrazione critica tra più livelli diintervento versus implicita onnipotenza metodologica), parerappresentare il presupposto epistemologico imprescindibile inrelazione al complesso iter formativo richiesto per poter effettuare unintervento di counseling psicologico-clinico con la necessariacompetenza tipica di ogni professione/relazione d’aiuto.

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IL CONCETTO DI FORMAZIONE “COMPLESSA”

Il raggiungimento dei necessari criteri ed obiettivi formativo-professionalizzanti,identificabili all’interno di un cosiddetto Core Curriculum, in grado di garantire, lungo ledimensioni del “sapere, del saper fare e del saper essere”, l’esercizio competente di unarelazione d’aiuto, come il counseling, pare epistemologicamente articolabile in un“complesso” di:

1. Conoscenze, saperi (insieme di nozioni, teorie e informazioni utili ai fini di unaspiegazione nomotetica della realtà);

2. Abilità, dal latino “habilis” , ovvero maneggevole, a voler intendere il maneggiare conconsapevolezza una funzione puramente tecnica;

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3. Capacità, dal latino “capacitas”, a sua volta derivato da “capax”, che significaatto, adatto a contenere, per intendere la funzione connessa al contenimento,nel senso di offrire accoglimento e disponibilità a ricevere, comprendendo ibisogni dell’altro (comprensione idiografica).

4. Competenza, ovvero la preparazione complessiva necessaria, per compieredeterminati atti e per esercitare una specifica attività professionale d’aiuto,come il counseling.

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COUNSELING SKILLS

Alla luce di tali complessi presupposti formativi, bisogna essere consapevoli del fatto che il

termine e/o l’espressione counseling skills (abilità di counseling), oltre che risultare riduttiva,

si presta a equivoci e ambiguità anche laddove viene utilizzata per indicare l’acquisizione,

nell’ambito di questa funzione, di quelle specifiche competenze relazionali e

comunicazionali necessarie per esercitare tale peculiare relazione d’aiuto.

Kaslow e colleghi (2004) precisarono a tal riguardo che “gli psicologi non devono definire la

competenza in modo da ridurre la professione a una collezione di skills (tecniche)

specifiche perché, altrimenti, si correrebbe il rischio di formare dei tecnici ma non deiprofessionisti della salute psicologica”.

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PRINCIPALI CRITICITÀ LEGATE AD UNA FORMAZIONE

SKILLS-BASED

La costruzione di liste di skills tende: 1) a creare suddivisioni inappropriate delcomportamento professionale; b) delineare troppi elementi (micro-skills) difficili da

descrivere in modo realistico; c) di ridurre il collegamento di queste skills con quanto si

osserva nel comportamento concreto di chi svolge le varie azioni professionali di

counseling che richiedono invece un’effettiva integrazione tra i vari elementi.

Le skills di per sé, infatti, se considerate singolarmente, non possiedono un valore intrinsecoper la professione, ma, al contrario, acquisiscono una certa rilevanza solo rispetto alla

finalità prestazionale complessiva, nella misura in cui riflettono la performance che ilclinico intende realizzare sulla base di standard professionali condivisi (Sarchielli, 2017).

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Questa funzione di integrazione contrasta l’idea che una professione possa essere

considerata una semplice “sommatoria” di skills e conoscenze anche specialistiche maframmentate.

Tale constatazione apre infatti la strada a considerare lo sviluppo della competenza stessa

all’interno di un complesso e progressivo percorso formativo che individua ciò che puòessere prioritariamente appreso nei corsi di studio (le conoscenze) e ciò che invece si

acquisisce nella pratica cioè by doing (skills-abilità, capacità e infine competenze) in un

processo di professionalizzazione (Guglielmi e Sarchielli, 2006) che si basa sul crescente

coinvolgimento con la comunità professionale.

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Anche rispetto al concetto di funzione di counseling, la competenza rischia di essere

definita o in termini di mera acquisizione di skills o, viceversa, tramite una scomposizione in

sotto-elementi e/o sub-competenze slegate dallo specifico contesto professionale.

Al contrario, un’operazione analitica di individuazione delle competencies in ambito

psicologico-clinico dovrebbe considerare il contesto operativo dove si esplicitano le

performances che caratterizzano il processo di relazione interpersonale su cui si fonda il

counseling psicologico-clinico.

Infatti, una prestazione che può definirsi valida non rileva solamente il possesso di

conoscenze e di un repertorio di skills (generiche e tecniche), ma la loro effettiva

padronanza e capacità di attivarle, mobilizzarle al momento giusto e nel contesto

professionale adeguato.

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A questo riguardo, infatti, si deve sottolineare che per dimostrare la padronanza di una

competence in una data area di attività, un operatore clinico dovrà essere in grado di

integrare le competencies (skills e microskills) in relazione agli scopi dell’azione

professionale che è chiamato a svolgere (ad esempio, scopi legati al determinare,

facilitare, valutare e sostenere gli esiti di migliore fronteggiamento delle difficoltà; scopi di

promozione e sviluppo; scopi di advocacy e giustizia sociale; scopi di valorizzazione delle

diversità, ecc.) e in considerazione delle specifiche caratteristiche della situazione/richiesta

di aiuto che viene affrontata.

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MICRO-SKILLS:

LINEE DI FORZA E POTENZIALITÀ

Alcune delle seguenti skills riportate da Sarchielli (2017) possono essere considerate come

tipiche delle varie fasi di scambio comunicativo intrinseche al processo di counseling e che

acquistano un senso non singolarmente ma in quanto “incastonate”, intrecciate, intessute inuna competenza più ampia:

saper attivare un processo fiduciario con l’utente/cliente finalizzato all’aiuto;

rispetto, congruenza, considerazione positiva dell’altro, compartecipazione emotivo-

affettiva, self-disclosure (apertura di sé), autenticità;

ascolto attivo;

interazione e conduzione (riformulazione, riflessione sui sentimenti, rassicurazione, sostegnoemotivo);

migliorare/potenziare il significato dell’interazione;

aumentare il coinvolgimento (interrogare, esplorare insieme, chiarificazione e feed-back,

riflettere criticamente, apprezzare e rinforzare, fornire feed-back correttivi/positivi).

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In questo senso, acquisisce significativa rilevanza situare un intervento di counseling

all’interno di uno specifico contesto socio-culturale;

In Italia il counseling come specifica pratica professionale dell’aiuto è delimitato da confini

normativi che proteggono il titolo di psicologo e la sua area di expertise; questo interventoriguarda, Infatti, categorie di azioni tipiche relative a «prevenzione», «diagnosi», «sostegno»,

«trattamento», «abilitazione» e «riabilitazione» riferita a individui, gruppi, organizzazioni

sociali e comunità;

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PERTANTO…..

Il modus operandi con cui si traduce in pratica clinica la funzione consulenziale di

counseling non è generico bensì fortemente “situato” ovvero è riconoscibile e

delimitabile sulla base della combinazione di tre criteri:

a) Contesti sociali e organizzativi di azione;

b) Tipo di clienti/utenti che esprimono categorie di bisogni specifici;

c) Metodi e tecniche convalidate scientificamente.

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Una ulteriore distinzione tra i termini:“Competence and Competency”

Competence e Competency sono termini strettamente legati tra loro.

Tuttavia:

Competence si riferisce al potenziale o alla capacità di performance.

Competency indica l’adempimento reale o dimostrazione reale di talecapacità.

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Competence (“competenza”)

• Implica un ampio spettro di capacità personali e professionali relative a dati standard o aesigenze esterne (capacità di pensiero critico, di analisi e di giudizio professionale nelvalutare una situazione e nel prendere decisioni cliniche basate su tale valutazione).

• “Capacità di valutare e modificare le proprie decisioni, a seconda dei casi, attraverso lapratica riflessiva” (Kaslow, 2004).

• “Uno stato di sufficienza relativa alle richieste di adempimento specifico o di formazioneall’interno dell’ambiente in cui si esercitano tali abilità” (Falender & Shafranske, 2004).

• “Uso consueto e assennato di comunicazione, conoscenza, abilità tecniche, ragionamentoclinico, emozioni, valori e riflessione nella pratica quotidiana per il bene dell’individuo edella comunità a cui si presta servizio” (Epstein & Hundert, 2002).

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Competency (“competenze”)

Si riflettono nella qualità dell’adempimento clinico, possono essere valutate rispettoagli standard professionali e possono essere sviluppate o potenziate con la formazioneprofessionale e la crescita personale (Kaslow, 2004).

“Si riferiscono alle conoscenze, abilità, capacità, attitudini e integrazioni tra di loro.Sono insiemi interattivi di conoscenza integrativa di concetti e procedure, capacità edabilità, comportamenti e strategie, attitudini/credenze/valori, disposizioni ecaratteristiche personali, autopercezioni e motivazioni che permettono ad una personadi adempiere pienamente ad un compito con un’ampia possibilità di risultati”(Kaslow, 2009).

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Competency (“competenze”)

In tutte le definizioni di competency emergono 5 aspetti fondamentali:

1. Capacità;

2. Integrazione di conoscenza, abilità e attitudini;

3. Beneficio per gli altri;

4. Valutazione rispetto a standard professionali;

5. Consolidamento con la formazione e la riflessione.

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Competency vs Ability

Spesso i due termini vengono utilizzati come sinonimi anche se sostanzialmente sono concetti diversi.

• La competency clinica è composta da conoscenza, abilità e componenti attitudinali necessarie alla pratica professionale.

• L’abilità (skill) è semplicemente una capacità che può essere acquisita con la formazione ma che non ha conoscenza (o componenti attitudinali o standard esterni di valutazione).

• Competency si riferisce all’insieme delle abilità, conoscenze e attitudini richieste per adempiere ad un compito.

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“Capability” (capacità)

La capability è considerata “il punto fino a cui gli individui competenti adattano leproprie abilità, generano nuove conoscenze e continuano a migliorare il proprioadempimento; è la confluenza di competenza e di apprendimento continuo”.(Kaslow, 2009)

È la convinzione che stimola gli individui a fare del loro meglio; è lo sforzo ad andareoltre il livello di competenza minimo richiesto.

È la capacità di adattare le competenze a circostanze nuove o in fase dicambiamento, espandendo continuamente la conoscenza e migliorando larealizzazione del compito.

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Tale complessa proposizione formativa, differenziando l’attività di counseling da una

generica relazione che implica l’aiuto psicologico (professioni come insegnanti, infermieri,assistenti sociali, ecc.) attraverso l’adozione di principi, regole, strategie e norme educative

ben precise e definite, è perfettamente in linea con il concetto di core curriculum (Fulcheri,2002) finalizzato a delineare il potenziale sapere minimo indispensabile che ogni

professionista (che intende attuare un intervento di counseling) dovrebbe aver acquisito

nel corso degli studi, attraverso momenti di didattica frontale (corsi di perfezionamento,masters, unitamente ad attività laboratoriali, role-playing, simulazioni, ecc.) e di training

esperienziali (Bellani & Bellotti, 1997).

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IL CONCETTO DI FUNZIONE DI COUNSELING

Nella sua accezione più ampia il counseling consiste in una relazione/scambio tra un

professionista ed una persona che chiede un suo aiuto, cura & rimedi, sostegno,

attenzione, collaborazione, informazioni, sviluppo personale …) per rispondere meglio allesollecitazioni ambientali che l’hanno messa in difficoltà;

Si tratta, pertanto, di una funzione (attività diretta a uno scopo) e non di un profiloprofessionale vero e proprio.

Tale funzione si esplicita come assolvimento di un insieme di compiti consulenziali specifici.

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•Sostegno alla persona

in stato di disagio e

difficoltà psicologiche,

•Gestione di life crisis

(lutti, separazioni….)

•Trattamenti (Remedial ,

modificazioni psi. e

comportamentali),

•Riabilitazione

•Compliance/aderenza

alle cure

•Gestione malattie…

……..

Prevenzione rischi,

Chiarimenti informativi,

Co-progettazione del

futuro, Sviluppo delle

risorse e potenzialità

personali e della

comunità,

Empowerment, e

rimotivazione

all’apprendimento……

….

Ricerca di significati ( nella scuola,

formazione professionale, famiglia,

comunità);

Adattamento attivo e

Superamento delle transizioni psicosociali e

carriera

Ricerca promozione di uno stile/stato di

benessere psicosociale e fisico,

Preoccupazioni per la promozione della

giustizia sociale, la riduzione delle

diseguaglianze, il riconoscimento delle

diversità come parte dei processi di

sviluppo……

Difesa e advocacy …….

Area di più netta individuazione di atti

riservati o caratteristici di professione

della salute (PSI)

Area di sovrapposizione e

competizione positiva (in base

alle competenze) con professioni

non psicologiche

Weakness remedial goals Strenghts improving goals

Salute, SanitàOrganizzazioni, Servizi pubblici e privati di comunità, Sistemi scolastici

e formativi

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NELLO SPECIFICO…….

Il counseling comprende un insieme diversificato di finalità dell’azione consulenziale

rappresentabili lungo un continuum.

Nel polo sinistro si trovano finalità di diretta rilevanza per la salute dei cittadini (come il

sostegno alla persona in stato di disagio psicologico, l’aiuto e cogestione delle life crises,l’advocacy, la difesa delle varie condizioni di vulnerabilità, la riparazione, la riabilitazione,

ecc.) mentre nel polo destro sono salienti gli scopi di promozione del benessere delle

persone: i chiarimenti informativi, la co-progettazione del futuro, la promozione e lo sviluppo

delle risorse e potenzialità personali, l’abilitazione e l’empowerment, ecc..

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In posizione intermedia sono collocabili numerose finalizzazioni di notevole rilevanza

psicosociale come, ad esempio: la ricerca da parte delle persone, in vari momenti della

loro vita, di significati plausibili per costruire una loro più soddisfacente “storia

personale”, nella scuola, nella formazione professionale, nel lavoro, nella famiglia, nella

comunità; l’incremento della «consapevolezza situazionale» e dell’adattamento attivo; ilsuperamento costruttivo delle transizioni psicosociali; l’esplorazione di soluzioni alternative

ai problemi concreti emergenti, ecc.

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La funzione di counseling può essere inoltre diversamente declinata, con «dosaggi»

differenti e metodi appropriati anche in contesti professionali distanti da quelli

primariamente psicologici.

Ciò significa che anche diverse professioni non psicologiche (soprattutto in camposanitario, genetico educativo/formativo, dei servizi sociali e assistenziali del lavoro, sportivo,

economico-finanziario, giuridico, ecc.) possono avvalersi di un nucleo di conoscenze e

competenze di base di counseling per integrare, arricchire e qualificare la loroprofessionalità primaria (counseling come “valore aggiunto”).

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Ciò significa che ci sono tre fuochi di azione della psicologia per

il Counseling

Consulenza

Psicologica

Primaria

(parte sinistra

del

continuum)

(Attiriservati a

psicologi)

1. Consulenza

orientativa,2. Consulenza di Job

placement,

3.Consulenza di

carriera,

4. Consulenza

Educativa, 5.

Consulenza sportiva;

6…..(Atti non riservati e

competizione su

competenza)

Contributo psicologico

alla formazione di altre

Professioni

Primarie interessate a

pratiche di counseling

integrative

della loro professionalità

(Collaborazione

Inter-

Professionale)

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LA CONSULENZA INDIVIDUALE DI COUNSELING RAPPRESENTA, GIÀ OGGI, UNA PRATICA PROFESSIONALE APPLICABILE IN DIFFERENTI CONTESTI APPLICATIVI CHE TENDERÀ A CRESCERE:

- nei contesti ospedalieri (stati emotivi di disagio soggettivo, malessere psicologico e sofferenza emotiva connessa a

esperienza di malattia, patologie organiche con prognosi infausta o ad andamento cronico,

disturbi in cui è fondamentale la compliance, ecc.)

- nei contesti sanitari (attività consultoriali su situazioni di complessità decisionali…..

- nella scuola e orientamento

scolastico

(“Sportelli di ascolto”. Guidance, consulenza orientativa, promozione stili salutari,

prevenzione condotte aggressive, dipendenze…) [utenti: adolescenti e insegnanti]

- nell’orientamento

universitario

(consulenza per costruzione di progetti: scelta iniziale, scelte successive…)

- nei servizi per l’impiego (consulenza orientativa, bilancio di competenze, accompagnamento, career counseling…);

- nella formazione e

nell’educazione degli adulti

(interventi per rimotivare le persone e avviare processi di autoconsapevolezza sugli

obiettivi personali e di apprendimento)

- nella consulenza organizzativa

per gestione delle risorse umane

(nell’inserimento, on-boarding, career counseling, analisi del potenziale, ecc.;)

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AMBIGUITÀ LEGATA ALLA SEDIMENTAZIONE DEL

COUNSELING ALL’INTERNO DI UNO SPECIFICO CONTESTO

STORICO

(MEDICINA-EDUCAZIONE-PSICOLOGIA-SOCIOLOGIA)

La nascita e l’evoluzione del counseling come intervento professionale di aiuto,distinto dalla psicoterapia, sono legate a diverse componenti: l’ibridazioneconnessa al trasferimento negli Stati Uniti dei principali esponenti, Viennesi e non,delle scienze mediche e psicologiche; del loro sviluppo all’interno anche delsistema educativo e nel settore del volontariato, etc…..

Nello specifico, il counseling inizia a caratterizzarsi come peculiare formad’intervento d’aiuto, condotto da professionisti dell’ambito sociale e sanitario, apartire dai primi anni ‘40 negli Stati Uniti; il primo peculiare riferimento sul tema risaleal 1939, quando avviene, da parte di Rollo May, la pubblicazione del testo: L’artedel counseling, contenente le lezioni e le esperienze da lui svolte, in qualità diconsulente “psicologo non medico”, all’Università del Michigan (l’incaricoprevedeva, oltre all’insegnamento, anche la consulenza psicologica agli studenti ela supervisione delle attività studentesche).

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L’impulso decisamente più importante e significativo allo sviluppo di questa

pratica si deve all’elaborazione, da parte di Carl Rogers (1942), delle prime

tecniche non direttive del counseling, inteso come specifica applicazione

di principi e metodi, desunti dalla clinica, in contesti educativi

(“educazione terapeutica”), attraverso il volume: “Psicoterapia di

Consultazione”, successivamente rielaborata dapprima nella “terapia

centrata sul cliente” e, in seguito, nella “terapia centrata sulla persona”.

In questo senso, il counseling assume la connotazione iniziale di

“cosiddetto intervento psicoterapeutico di superficie” volto ad affrontare,

nell’ambito del rapporto interpersonale che si viene a creare nel corso

della relazione d’aiuto, solo i problemi di superficie direttamente

comunicati dal paziente.

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DALLA PRIMA RIVOLUZIONE EUROPEA

(LA SCOPERTA DELL’INCONSCIO E IL PARALLELO SVILUPPO DELLE SCIENZE)

ALLA SECONDA RIVOLUZIONE AMERICANA

(UMANISTICO-ESPERIENZIALE)

Rogers ha esercitato un’influenza fondamentale sulle tecniche non direttive di

counseling, ma poi, elaborando la sua terapia centrata sul cliente, per la quale il

processo terapeutico consisteva essenzialmente nell’indurre una crescente presa dicoscienza delle proprie potenzialità, Rogers stesso finì con il fare confluire/corrispondere

il counseling nella particolare forma di psicoterapia che era andato codificando,

creando ulteriori successive elementi di ambiguità/confusività.

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• L’ulteriore sviluppo e sedimentazione del counseling può essere ricondotto alCONTRIBUTO ADLERIANO che sottolinea l’importanza dell’agire nei contestirelazionali ed educativi più importanti, ossia la scuola e la famiglia, luoghi primariall’interno dei quali si sviluppa e struttura la personalità.

• È proprio nella costruzione della personalità e dello “stile di vita” che si riscontra l’elementocardine del pensiero adleriano, ossia il SENTIMENTO SOCIALE, elemento che costituisceil terreno su cui si sviluppa il counseling.

• La nascita del counseling è legata anche all’area del VOLONTARIATO che si èoccupato sin dall’origine di servizi riconducibili anche in parte all’attuale attività dicounselor: OFFRIRE SOSTEGNO (a chi si trova di fronte a problematiche concernentidisagi sociali).

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Un altro studioso che, relativamente al counseling, ha svolto un ruolo

rilevante in quel periodo è stato certamente Rudolf Dreikurs, medico e

psicologo viennese, transfugo docente di Psichiatria presso la stessa sede

universitaria dove operava Rogers, particolarmente impegnato nel

diffondere il pensiero di Adler (di cui era stato allievo a Vienna) negli Stati

Uniti.

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Dreikurs riteneva, già all’epoca, che il trattamento di counseling dovesse

essere rivolto unicamente a persone in difficoltà per problemi correnti, per

aiutare la chiarificazione e il superamento delle loro difficoltà, e ribadiva

con fermezza che solo attraverso la psicoterapia ci si dovesse occupare dei

soggetti affetti da veri e propri disturbi psichici, con l’obiettivo di favorire la

revisione dello stile di vita, intesa come ristrutturazione della personalità

(Fulcheri, Accomazzo, 1999).

Solo intorno alla fine degli anni ’50, il counseling, così strutturato, farà

ufficialmente la sua comparsa in Europa, e in particolare in Gran Bretagna.

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IL DOPOGUERRA IN GRAN BRETAGNA

(COUNSELLING)

Solo intorno alla fine degli anni ’50, il counseling, così strutturato, farà ufficialmente la suacomparsa in Europa, e in particolare in Gran Bretagna; inizialmente questo tipo d’intervento,promosso soprattutto da agenzie territoriali, come centri ambulatoriali, consultori e centrigiovanili, sembrava essere rivolto alla modificazione dei comportamenti considerati a rischio(fumo, alcool, eccessi alimentari ecc..) o socialmente discutibili (maltrattatori e maltrattati,genitori con carenti capacità accuditive ed educative ecc…); gradualmente invece esso hafinito per coprire diverse altre aree con problematiche esistenziali, in particolare quelleriguardanti la salute, la scuola, il lavoro, la vita di coppia, ecc.; già alla fine degli anni ‘60 si è,infatti, assistito alla prima imponente diffusione di agenzie di counseling intese come serviziprevisti in relazione alle campagne preventive d’educazione demografica, peraltro conun’impronta eminentemente medico-terapeutica.

Ed è appunto in questo periodo che si assiste, in Gran Bretagna, all’ufficializzazione della praticaprofessionale del counseling, con la costituzione dello Standing Council for the Advancement ofCounseling (SCAC) nel 1971, successivamente (1976) ridefinito come British Association forCounseling (BAC) (McLeod, 1998).

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AMBIGUITÀ STRUTTURALI LEGATE ALLA RADICE ETIMOLOGICA DEL TERMINE COUNSELING

Il compito di definire in maniera univoca il termine counseling si presenta certamente comenon facile, da un lato per le difficoltà semantiche insite nei molteplici significati a cui tale

termine rimanda, dall’altro per i problemi legati alla sedimentazione, nel tempo, di pratiche

“professionali” di varia natura.

a) Il primo aspetto è legato alla confusione che risiede nel termine counseling, in quanto

derivato dalla lingua anglosassone;

b) infatti il riferimento al “dare consigli”, e la particolare accezione fornita dal termine to

counsel, inteso come “to urge the adoption of”, cioé un “far premura o pressione”, un

collaborare all’adozione della forma appropriata o adeguata di comportamento in una

determinata situazione, spesso ma non sempre operativa o professionale (Cappelletti,

2001), comporta ambigue utilizzazioni nell’ambito delle relazioni d’aiuto.

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A proposito dei differenti tentativi di tradurre il termine counseling, l’OxfordDictionary scrive: “consiglio da un consigliere-consulente”, definizione che ciappare poco condivisibile considerata la confusività che genera riguardoalle tante professionalità che rispondono a questo obiettivo durante la loroquotidiana attività.

Si riscontra ultimamente anche il ricorso al verbo latino “consulere”,accostamento scorretto visto che rappresenta la radice etimologica deltermine “consulenza”.

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Sempre su questo aspetto, va ricordata la sottolineatura, da parte di Pagani, sulla

ingannevole similarità linguistica tra la parole counseling e consiglio: questoautore propone pertanto un confronto che consenta meglio di cogliere le

differenze tra i due termini, di seguito così schematizzato.

Consiglio Counseling

Rapporto paritario Rapporto con un esperto

Accordo sul tema Ricerca di una strategia

Suggerire scelte Rendere possibili scelte o modifiche

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Sulla possibile “accettazione” della componente “consiglio” compresa nel

termine counseling, si ritiene particolarmente suggestiva la considerazione

proposta da Adolfo Pazzagli, in occasione del Primo Congresso Nazionale sul

Counseling Universitario (Torino, 7-8/02/02), relativa al detto comune: “la notte

porta consiglio”.

Secondo questo studioso, il counseling potrebbe, infatti, attraverso le

componenti di chiarificazione e riflessione, facilitare un processo maturativo

individuale, spesso inconscio, capace di consentire il superamento di

momenti critici attraverso la “creazione” di nuove visioni delle problematiche

esistenziali con la conseguente “inaspettata scoperta” di modalità idoneealla risoluzione delle difficoltà (Pazzagli, 2002).

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IL COUNSELING IN ITALIA

In Italia lo sviluppo del counseling è avvenuto con ulteriore ritardo rispetto ai paesianglosassoni; ciò pare determinato soprattutto dal contesto socio-politico e culturale che, finverso la fine degli anni ‘60, ha reso difficile una riflessione in quest’ambito.

Al riguardo, uno dei primi ambiti in cui si è ritrovato l’uso indifferenziato del termine counselingè stato, senza dubbio, il campo sociosanitario; infatti, l’evoluzione del concetto di salute e deiservizi socio-sanitari ha comportato il sorgere di “istituzioni nuove per nuovi bisogni”, tra lequali i Consultori Familiari.

A partire dai primi anni ’80, l’attività di counseling si è rivelata di grande importanza per lagestione dei problemi derivanti delle profonde ripercussioni che l’AIDS ha provocato econtinua a provocare sulla psicologia dei pazienti e dei loro familiari. Ciò ha determinato, daparte del Piano Nazionale di Formazione per Operatori socio-sanitari per la lotta alle infezionida HIV (PFH), approvato nel 1989, l’impegno a realizzare corsi centrati sul counseling chehanno coinvolto operatori con diverse professionalità (medici infettivologi, psicologi, assistentisociali, infermieri, operatori delle associazioni di volontariato).

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LA LEGGE SULLA PSICOTERAPIA

A determinare l’esigenza di un’accurata ridefinizione del counseling è certo

di fondamentale rilievo l’approvazione della legge 18 febbraio 1989, n. 56,

sulla psicoterapia.

Tale intervento legislativo, escludendo il counseling dall’area della

psicoterapia, ha comportato la sua ricollocazione nell’ambito,

estremamente variegato e ancora in via di definizione, dell’aiuto.

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RIPERCUSSIONI “PROFESSIONALI”

IL COUNSELING COME RELAZIONE D’AIUTO, TRA PROFESSIONI CHE IMPLICANO L’AIUTO E

PROFESSIONI CHE SI BASANO SULL’AIUTO PSICOLOGICO.

Tra le prime rientrano tutte quelle professioni (nell’ambito delle quali certo rivestono un

ruolo decisamente importante la relazione, la comunicazione e l’aiuto) che non hanno

come prioritario l’obiettivo di fornire uno specifico intervento di aiuto psicologico mentre,

tra le seconde, tutte quelle professioni il cui elemento caratterizzante è costituito dalle

varie modalità di aiuto psicologico (nel contesto di queste ultime si sono andate a

ridefinire sempre più le specializzazioni, così come l’uso degli strumenti è andato

progressivamente ampliandosi).

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VERSO LA CONSENSUS CONFERENCE:

L’AREA CLINICA E DELLA SALUTE E LE SUE SPECIFICITÀ

Dall’approccio biomedico al modello olistico, dal biopsicosociale alla complessità-multidimensionale

Dalla Psicologia Clinica alla Clinica Psicologica

(Psicologia Clinica dello Sviluppo, Psicologia Clinica Occupazionale, Psicologia Clinica Gerontologica, etc.)

Dalla Psicosomatica alla Somatopsichica

(Psicologia Clinica di Liaison-Consultazione-Collegamento-Ospedaliero-Sanitaria, etc.)

Dalla Psicologia della Salute alla Clinica Psicologica del Benessere, dalla qualità della vita al concetto di Well-Being Psicologico

(Psicologia Positiva, Mindfulness, Well-Being Therapy, etc.)

Dalla Psicologia Medica alla Medicina Psicologica

(Centrata sul paziente, lo psicologo di base, etc.)

ASPETTI FORMATIVI COMUNI: SAPERE, SAPER FARE, SAPER ESSERE NEL COUNSELING PSICOLOGICO-CLINICO E DELLA SALUTE

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DALL’APPROCCIO BIOMEDICO AL MODELLO OLISTICO, DAL

BIOPSICOSOCIALE ALLA COMPLESSITÀ-MULTIDIMENSIONALE

Senza nulla togliere ai grandissimi meriti sia del modello olistico sia di quellobiopsicosociale, si è comunque verificato che alla loro estremasignificatività in ambito teorico, non corrisponde una sostanziale ricadutasul piano della clinica; inoltre, i termini “totalità” (insito nella visione olistica)così come “l’integrazione multifattoriale” (connessa al modello di Engel),come sottolineato da Alberto Panza (2013), comportano una implicita“onnipotenza” metodologica che si scontra con una “impotenza”applicativa (l’aziendalizzazione degli ospedali con cronici problemi distruttura e gestione recentemente acuiti dalla crisi economicageneralizzata, che rischia di trasformare i luoghi di cura in spazi anti-terapeutici).

Modalità di relazione medico-paziente sempre più connotata versocontatti brevi, frammentati, asettici, impersonali: necessità di affiancare alconcetto del curare la dimensione del prendersi cura.

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In questo ambito, scopo principale di un intervento di counseling psicologico-clinicopuò diventare il potenziare l’adherence del paziente, tanto arginando uncontroproducente atteggiamento di passività nei confronti della malattia, quantopromuovendo uno stile di vita compartecipativo e responsabile nei confronti dellapropria condizione di salute, agendo attivamente su di essa sia attraverso la correttagestione delle proprie emozioni, sia adottando comportamenti e dinamicheinterpersonali salutogeniche, improntate alla collaborazione e cooperazione con lostaff medico in tutela e a protezione della propria salute fisica e mentale.

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DA COMPLIANCE AD ADHERENCE FINO A

CONCORDANCE

(IL RUOLO DEL COUNSELING PSICOLOGICO-CLINICO)

COMPLIANCE: evoca maggiormente l’idea di un paziente che obbedisce, segue, aderisce, in modo

più o meno rigoroso alle prescrizioni dettate dal medico – indica un comportamento specifico,

all’interno di una visione paternalistica dove il paziente ha un ruolo passivo e obbedisce ai consigli del

medico.

L’ADHERENCE: può essere definita, inoltre, come la capacità di un individuo affetto da una patologia

medica non solo di adottare comportamenti che coincidono con le indicazioni terapeutiche, ma

soprattutto con la disponibilità a riadattare il proprio stile di vita sia in termini oggettivi (la dieta,

l’attività fisica, ecc.), sia in termini soggettivi (convinzioni e idee su se stessi e sulla vita).

CONCORDANCE: evoca una condivisione di potere all’interno dell’interazione medico-paziente,

rispetta l’autonomia del singolo nel prendere decisioni riguardo la propria vita, valorizza la prospettiva

del paziente e gli riconosce il fatto di essere esperto del proprio vissuto di malattia e della propria

reazione al trattamento (COOPERAZIONE, RESPONSABILITÀ CONDIVISA, MOTIVAZIONE E MINOR

RISCHIO DI INCOMPRENSIONE).

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DALLA PSICOLOGIA CLINICA ALLA CLINICA

PSICOLOGICA

“La Clinica Psicologica può essere definita come l’applicazione di strumenti

psicologici finalizzati alla valutazione e alla presa in carico non solo di una malattiama soprattutto di un paziente (dalla radice etimologica latina patior = colui chesoffre), avendo cura di considerare come momento caratterizzante la dimensione

clinica la valutazione del ruolo dei fattori psicologici che hanno un peso

significativo nell’influenzare sia la vulnerabilità individuale ad una determinata

malattia, sia il decorso, così come la prognosi e l’esito finale di ogni tipo di

patologia.

La Clinica Psicologica prevede, inoltre, una considerazione complessa del paziente

promuovendo elementi e fattori di promozione dello stato di salute e benessere.

(Clinica Psicologica: Perinatale, dello Sviluppo, Occupazionale, Gerontologica, etc.).

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In questo senso, la Clinica Psicologica, differenziando sia a livello teorico sia a livellodell’intervento i concetti di cura e prendersi cura, si propone di superare il modellomedico neopositivistico della guarigione globale e definitiva di malattie,perseguendo in alternativa l’identificazione di aspetti clinici del disturbo che sianonon solo misurabili, ma soprattutto identificabili nelle dimensioni dell’alleanzaterapeutica, della compliance-aderenza-concordance e della compartecipazioneemotivo-affettiva.

La Clinica Psicologica, prevede, inoltre, una considerazione complessa del paziente,promuovendo non solo interventi di rimozione dello stato di malattia, masoprattutto elementi e fattori di promozione dello stato di salute e benessere”.

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DALLA PSICOSOMATICA ALLA SOMATOPSICHICA

Dai disturbi somatoformi ai Disturbi da Sintomi Somatici (DSM-5)

(Psicologia Clinica di Liaison-Consultazione-Collegamento-Ospedaliero-Sanitaria, etc.)

Le principali problematiche connesse alla richiesta di intervento di CONSULENZA-CONSULTAZIONE psicologico-clinica sembrano essere: il disagio e il malessere che

accompagna ogni esperienza di malattie e/o traumi; la sofferenza emotiva di pazienti

con gravi patologie organiche, croniche o con prognosi infausta; gli effetti di queste

esperienze su familiari e operatori, sanitari e non coinvolti; la realizzazione di protocolli diintervento, finalizzati all’assistenza e alla terapia psicologica, integrati con altri interventi

specialistici.

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Le principali attività di COLLEGAMENTO sembrano essere costituite dalla partecipazione

alla definizione e alla realizzazione dei seguenti cinque progetti, finalizzati principalmente

a:

1) supporto e formazione psicologica per operatori sanitari e sociali (conoscenza

psicologica della malattia, relazione con il paziente e il suo familiare, processicomunicativi nel lavoro di équipe);

2) umanizzazione dell’assistenza (miglioramento della qualità della vita dei pazienti e degli

operatori);

3) educazione, prevenzione e promozione della salute (fumo, alcol, consumo di farmaci);

4) ricerca e sperimentazione in ambito clinico e scientifico;

5) studio delle problematiche legate al burnout”.

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Il counseling psicologico-clinico, inteso come specifica relazione professionale di aiutofondata su una peculiare funzione eminentemente psicologica e finalizzato a interveniresulle condizioni di disagio, crisi, sofferenza e malessere che accompagnano ogniesperienza di malattia attraverso processi di analisi e accoglimento del problema,chiarificazione, confrontazione e successiva risoluzione, è un intervento che possiederilevanti potenzialità applicative all’interno dell’ambito sanitario.

Con l’obiettivo di evidenziare ulteriormente la rilevanza clinica di un intervento dicounseling psicologico-clinico in ambito sanitario, si riporta una sintetica tabella cheillustra le più significative potenzialità applicative di tale strumento nei principalicontesti di medicina generale.

49COUNSELING PSICOLOGICO-CLINICO NEI DIVERSI CONTESTI DI MEDICINA GENERALE

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I PERICOLI PERCEPITI DAI PAZIENTI

In questo ambito possono essere identificati alcuni tra i fattori più significativi checontribuiscono a influenzare negativamente una corretta adherence e su cui unintervento di counseling psicologico-clinico potrebbe agire efficacemente conl’obiettivo di promuovere nel paziente un atteggiamento più collaborativo.

Sono, infatti, diversi i cosiddetti pericoli percepiti dai pazienti nella relazione con ilmedico, che potrebbero comportare, come sostenuto da Shulman (1973), unabbandono (drop-out) della terapia.

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In particolare, i seguenti sarebbero per Shulman (1973) i principali fattori di rischio che unpaziente potrebbe presentare e su cui un intervento di counseling psicologico-clinicopotrebbe agire efficacemente arginando tali aspetti disfunzionali, ovvero:

1) il pericolo percepito dal paziente di rivelarsi imperfetto e inadeguato a causa della suamalattia;

2) il pericolo percepito dal paziente di essere mascherato, come se l’emergere della partadi sé malata potesse essere motivo di giudizio negativo;

3) il pericolo percepito dal paziente di incorrere nella disapprovazione nel momento in cuimostrano parti di sé vissute come deboli e deficitarie;

4) il pericolo percepito dal paziente di essere ridicolizzato e umiliato;

5) il pericolo di essere strumentalizzato o di non ottenere l’aiuto necessario (presentesoprattutto in persone pessimiste e scoraggiate, che non hanno sviluppato unasufficiente fiducia negli altri, ovvero con scarso sentimento sociale);

6) il pericolo percepito da alcuni pazienti di sottostare all’ordine (avvertito in special mododa individui con un forte bisogno di potere e per i quali la sicurezza consisteprevalentemente nel controllare gli altri);

7) il pericolo di dover affrontare responsabilità.

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Un intervento di counseling psicologico-clinico specificatamente mirato sia a esaminare talipotenziali problematiche sia a facilitare la comunicazione nella relazione di cura con ilpaziente, affiancando, accompagnando e supportando a livello non solo gnosico masoprattutto patico la persona sofferente, compartecipando emotivamente con la suaesperienza soggettiva (illness experience) di malattia, aiuterà tanto il paziente a nonviversi come oggetto passivo di attenzione medica (diagnostica e terapeutica), quanto ilmedico curante ad arricchire con la propria umanità (emotività) l’intervento che si apprestaa eseguire.

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In questo senso, come sottolineato in termini diversi da Jaspers (1913), il medico e ilmalato si troveranno uniti da un legame non solo medico-scientifico, ma, alcontrario, prevalentemente umano, in cui al dialogo razionale si accompagnainevitabilmente la dimensione emotiva della sofferenza individuale.

Quanto più l’operatore clinico è percepito dal paziente come una personacompartecipativa a livello affettivo, sensibile, professionalmente capace ecompetente, tanto più quest’ultimo riuscirà a ottenere la collaborazione necessariaper fornire l’aiuto richiesto (Fulcheri, 2005).

Luborsky (1984), al riguardo, sottolineava l’importanza rivestita dall’uso del noi,termine che facilita nel paziente la consapevolezza del suo ruolo attivo nel processodi cambiamento e al tempo stesso gli rimanda l’idea di avere un alleato in questocompito.

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Mostrare interesse alla persona nella sua complessità e non soltanto alle manifestazionidel disagio o del malessere, chiarire e ricordare ripetutamente gli scopi dell’intervento,nell’ambito di una collaborazione paritaria (pur ovviamente nella consapevolezzareciproca di un rapporto asimmetrico), sollecitare l’impegno attivo del proprio paziente,fornire un ambiente di sostegno e accettazione (dove si sottolinea costantemente e anchein maniera implicita il valore del soggetto in quanto essere umano) rappresentanofondamenti operativi irrinunciabili nella pratica clinica.

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Pertanto, proprio a partire dalla comunicazione della diagnosi è necessario monitorarecostantemente l’andamento della relazione medico-paziente, ricordando cheprescrivendo un farmaco o una qualsiasi altra forma di trattamento, il medico prescrivese stesso (Balint, 1957).

Dunque, il contributo di un intervento di counseling psicologico-clinico in questo ambitodovrebbe tradursi in un’attività clinica indirizzata a promuovere nel medico curante lanecessaria consapevolezza di come il suo modo di elaborare e gestire la relazione con ilmalato influisce sul suo stesso comportamento professionale, sulle decisionidiagnostico-terapeutiche, così come soprattutto sulle risposte del paziente, con leconseguenze che tutto questo comporta sul decorso della malattia e l’esito deltrattamento (Giberti & Conforto, 1973).

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Tali constatazioni concettuali preliminari sono state successivamente validate e verificateempiricamente attraverso studi scientifici che hanno confermato l’utilità clinica di unintervento di counseling psicologico-clinico in ambito sanitario.

È stato dimostrato, infatti, che un intervento di counseling, unito a una terapiafarmacologica efficace, comporta miglioramenti significativi degli outcome clinici innumerosi setting medici (Boulware et al., 2001).

Nello specifico, un intervento di counseling psicologico-clinico contribuisce, unitamente altrattamento medico-farmacologico, a ridurre significativamente i livelli della pressionediastolica e sistolica rispetto alla misurazione periodica tradizionale (3.2 e 11.1 mmHg,rispettivamente).

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Ulteriori risultati positivi, che confermano l’efficacia di un intervento di counselingpsicologico-clinico in pazienti affetti da diabete mellito, sono stati riportati in uno studiodi Smith, Heckemeyer, Kratt, e Mason (1997) che hanno messo in luce miglioramentisignificativi nella puntualità alle visite di controllo, nella compilazione del diarioalimentare, nel numero di misurazioni del valore glicemico, nella riduzione del pesocorporeo e nel controllo glicemico giornaliero.

Significativi miglioramenti sono emersi anche negli outcome clinici di pazienti condislipidemia (alterazione della quantità di lipidi circolanti nel sangue) che hannointrapreso un percorso di counseling psicologico-clinico, rispetto a pazienti che hannoseguito solo la dieta prescritta dal medico (Mhurchu, Margetts, & Speller, 1998).

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Nei primi pazienti, infatti, è stato registrato un miglioramento significativo nella riduzionedei lipidi totali assunti nella dieta (28.4%) rispetto ai pazienti che non hanno ricevuto unintervento di counseling (32.8%).

Sono emerse, in particolare, differenze significative anche nelle percentuali di lipidi saturi(9.2 vs 11.4%), calorie introdotte (< 239 kcal/die) e indice di massa corporea (BMI < 0.45kg/m2) tra i due gruppi, a testimonianza che un intervento di counseling psicologico-clinico, unito a un trattamento medico risulta significativamente più efficace rispetto a untrattamento medico privo di una componente clinica di natura psicologica.

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