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B

III.

MADDALENA

ulla di nuovo era avveauto da pacecchi anni nel castello, qluando

gli avvenimenti che andrem narrando sopraggiunsero a dare

novella e trista occasione a quelle sciagurate passioni che do-

veano avere per catastrofe la morte del conte don Gusmano

'e l' eterna e materiale separazione de' due fratelli, chie una si notevole di-

versita morale e fisica disgiingeva insin da'primi anni della loro vita.

Gill dicemmo che uno degli svagamenti ed esercizi a cui con piid amore

si abb>andonava il giovinie Armiando era la caccia, la qluale a poco a poco

aveva in 10i preso forza di passionse, cui egli coltivava con assiduith e fer-

vore. E quanto magg;iormente era quiesta disastrosa e piena di pericoli,

tanto pid' iva a sangue del cavalierotto, che vi si buttava a corpo perduto,

ne si allenava per sopraggiungere di nuovi pericoli e fatiche.

Ormal prediligeva la caccia della volpe, del einghiale; e non si spa-

ventava del lupo, alla cui persecuzione aveva compagni i valorosi e tidi

suoi bracchii da seguito, che non perdevano quasi mai l'orma dlel nemico.

Accennlammo alla natura del bosco nel quale Armando placevasi di

andare a caccia, Era una parte di esso cost malandata e perigliosa che il

Pierucci, vedutala un glorno, avera caldaments raccomandato al glovine

suo amico di non trarre giammai fino a quei brutti macchioni che si adl-

dimandavano da' paesani la Bocca dlel 1lupo. Eranlo in questo luogoo alcunie

paludi, il cui strato argilloso era talmente affondo, che il seccamnento sa-

rebbe stato assai difficile: e queste, per· maggior pericolo, erano al tutto

ricoperte e nascoste da tanito numero di bui cespuigli e maechie fittissime,

ovvero, in altri siti, da ontani, da tamarischii, da giunghi e da quante pa-

lustri erbacce allig~nano su melmoso terreno. Non è a dire la tristezza che

ti mettean nell' animo queste boscaglie, dove gli stessi animali avrebbero

trovato malsano nutrimento, tranne di qluel sozzi lombriconi che vivono

ella puitroiline che li hia grenerati. La terra stessa di questa parte del

osco era necra, perocch6~ îormata ell' era del marcimento di vegetabili e

i animiali; onde spugrosa, elastica o puzzolenite per fetide esalazioni spe-

imentavala il mal capitato viandante, che trariato vi si abbattesse per

lala ventura.

Noni 6a dire come il lupo perseguitato dai cani de' circostanti poderi,

.ndasse. quivi a cercar suo covaccio, e come di notte temnpo vi facesse

idire la suia mrala v·oee che mattea lo spavento nelle ossa dal lontano cam-

,aganuolo ridlottosi in grembo.alla sus povera famniglia. Onde quel brutto

uogo aveva preso la denominazionie di Bocca dli lupo0 anche per ragione

tella paura che metteva.

Or non raramente interveniva che Armando, cacciato dalP'ardenza

lella sua glovanile passione per P> esercizio di Nembrotte, o chiamato dal

:uaire~ dei suoi bracchii, avventuravasi alla cieca nella Bocca dlel lupo C

;enza guardare: a pericoli, e senz' altra arma che il suo moschetto o la sua

:erbottana. E non raramrente occorrea puranche: si trovasse nelmezzo di

lue' pessimi luoghii in sullPimbrunir della sera, e quando il nero diventa

iid sero.

Un glorno del mese di ottobre, Armando-Asmodeo, tratto dal cat-

;ivo grenio di cui portava il nome, si diede a seguitare le orme di un cin-

hliale che i suoi bracchi gli aveano indicato : addentrossi ternerariamente

nel piid litto del bosco, e tenne quella via che alla Bocca del lupo dritto

Iritto menlava. Saltar fossi, districarsi dalle piul aggrovigliate ceppale,

:amminare sovra un suolo di due palmii di me!ma; tutto sembrava fatte-

voleall'ar·dimentoso cacciatore, percui 1' olezzo del cignale alla sua mensa

giB compensava, nella sua fantasia, le fatiche e i pericoli cui si esponeva.

La sera il colse in qIuesta corsa disperata; smarri la traccia de' cani;

p'id non seppe riconoscere it punto in cui si trovava. Per la prima volta,

un senso di sbigottimento si apprese al suo animo masellio e coraggioso.

Gli si affollarono al pensiero stranie immagini di malfuittori e di animali

nemici dlelP> uomo. Basta che per poco si lasci pigliar la mnano a quella

fosforica facolth della mente chie si chiamia fantasia, per ismarrire onni-

namente ogni senso di rag~ione e di criterio e per essere governato a preci-

piziodaa quella pazza e dispotica padrona degrli uom-ini flacchi e apprensivi.

Armando, vedendo cadersi addosso le tenebre, e, non si sapendo che

via tenere per riparare al castello, si pose a segulire un sentiero storto

e ingarbugrliato chie ignorava dove andasse a metter capo. La terra si fa-

cea sempre piii spugnosa e attaccatiocia, e l'aria sempre? pesante piid e

gravida di pessime esalazioni di vegoetazione marcita e corrotta da'fîetidli

ristagrni. La luice si perdea celeramente e gia il povero Armiando piti non I

discerneva chie i lugrubri fusti chie gl` intercettavano il camnmino, e chie gli

apparivano comne infiniti spettri della piii siniistra natura.

Poco appresso, le tenebre pidi dense aveano ricoperto il cielo e la

terra, giacchO financo il chiiarore delle stelle era sparito sotto un fosco

velo di vapori chie si era amnmucchiiato nelle basse regioni dell'aria.

Armando soffriva una smania insopporltaile. La mala aria glL pe-

sava comeo piomb>o in su i polmnoni. Al brevi intervalli, la fredda e squal- .t

lida ala di qlualchie sinistro uccello notturno e paluStre grli battea sul viso,

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e grli facea sentire quel grido r'auco e feroce che ricorda i cimiiter·i e gli

OSSAPHi.

SPer la primia volta Armando si penti della sua follia, a maledisse

aillb sun passionie per la caccia, che it facea trovare in cosi trista e peri-

colosa situazione.

Per la prima volta, Armando si avvili e pianse; ma pur ei sampre

camminava, immergendo le sue ginocchia nel fango a nell' argilla. 11 ter-

mnarsi anche per poco avrebbie forse potuto cagrionargli la: morte.

Ma Armando era di anirno forte. e rimproccib a sé medesimno I' av-

vilimento in cui era caduto; si fermb per avvisare freddamsnte a quello

che areasi a fare nella sua disperata posizione.

Gli uomini di viril temperi< non si lasciano facilmente abbattere dialle

rie fortune che possono incogrlier loco. So per poco lo scoraggiamento e la

disperazione li governa, tosto rialzansi fieri e sdegrnosi per andare con-

tro a' mnali che lor sovt·astano e g~uatanli con disprazzante soggBhigrno.

Armando raccolse, per dir cost, tutte le facolth della sua mente per

cercare di ricoiioscere il sito in cui si trovava e la via onde uscirne, in-

nanzi che la notte viemmaggpiormente addensasse le sue tenebre su quiella

squallida e orrorosa campagna.

Cogrliocchi spalancaiti nel fitto del buio, colle orecchie tese al minimo

romore, il povero glovine avrabbe dlato dieci anni di sua vita per un poco

di luce chie lo avesse rischiarato anche per pochi secondi.

Egli non avea dubbiezza alcuna di ritrovarsi alla Bocca del lupo.

La natura del terrenio, la selvatichezza degli alberi, 1' orrore del sito lo

faceano di ci6 avveduto. Ma qual via tenere per ginnger·e almeno a parte

men., sospetta, e dove gli fosse conceduto almanco di riposare le affrante

mnembra, senza tema di rimanere attossicato dell'aere pestifero o som-

merso in qualche pantanaccio, o ingiuriato da qualchie mala bestiaf Acco-

mandossi cani coraggio alla sua stella, e trasse innanzi alla ventura, ac-

celerando i suoi passi i1 pidi che fatto gli venisse nel limaccioso terreno

su cui si trovava.

E camnmin6, credaiamo, un altro buon quarto d' ora non senza rabbr·ivi-

dire ascoltando P> orrenda voce del lupo nella selva circostante.

E cammiinava sempre, or tenendo una via, ora un' altra, or trovando

pidi docile il terreno, or pieno d' acqua per le passate piogge e sempre te-

nebroso e orrido per milile stratfi fantasmi.

Noni sappiam dire quanto tempo avesse camnminato senza trovare una

uscita qualunqlue da quello strano laberinto in cui mialavventuratamente si

era cacciato. Era arrivato a un punto in eui le forze fisichie e miorali lo ab-

bandonarono. Non ci era altro partito a prend.ere che gittarsi a terra, e?

aspettare tra la vita e la mnorte la luce del glorno.

Ma nel momento in cui la disperazione dettava questo funesto con-

siglio, un luime lontano, perduto tra densi macchioni, colpi la morta vi-

st3 di Armando, come visione celeste. Tosto, nella speranza d' un nau-

frago chie scorge uina lontana vela, egli appuntij 10 sguardo inverso quella

parte donde veniva il lume provvidenziale. Forte batteragli il cuore per

la tema che qluel lume non fosse uno de' tanti fuochii fatui che sorgono

nelle campagne, e massime nei cimiteri, fosforescenze di gas infiamma-

bli chie han dato luogo a molte curiose superstizioni.

Ma per somma ventura, quel lume, secondo che Armand0 avvicina-vasi piid ad esso, rivelavasi pid distintamente, infrrio a che, coil inificibile,gioia del povero glovane, rivel6 un' abitazione.

Si, era un misero abituro sulP'alto di un-poggio?: quel lume partivada un vano di finestra chiiusa a vetri.

Quel lume, ad ogui modo, attestava la presenza d' un essere umanoin quella casupola. Ancorch6 fosse stata quella l' abitazione de' pii cru-deli briganti, era meglio arrischiare la vita alla pie'th di costor-o h per-derla immanicabilmente, come il pidi disperato degli uomini, nel mezzodi una lurida campagna.

Armando non titubb un momhento ad affidarsi allfessere umano di-morante in quella stanza, che sola omai rilucea per lui ne!lla tittezza dellenotturne tenebre.

E si avviO con passo fer;mo inverso quell'abitazione.Era una specie di pian terreno a ridosso d'un monticello. Una sola(

stanza comnponea forse tutta quella campestre abitazione.Col cuore palpitante, Armando batté timidamente all'usciolino.Al primo picchiio non fu risposto, al.secondo, appl icato con piti fo~rza,

F>invetriata della finestra, mIessa a flanco dellfuscio, fu aperta, e Armandovide distiataniente apparire da quella it capo di una donna.

Oh i chi pub> dire la giola onde fu inondato il sto cuore ? Tutt' i suoidubbi crudeli, tutti i suoi timori si dissiparono. Una donna abitava cola,epperb doveano di necessit8, albergarvi la carith, la dolcezza, la conso-lazione, la ProDvidenza insomma, nella sua veste umana piti bella ed amo-tosa. Oh ! chi puo, dire la possaniza chie esercita la presenza d' una donnanei supremni iste.nti in cui la disperadione costringe un cuore nei suoi ar-tigli di ferro I Benedetto, mille volte benedetto e ringraziato P' AlttssimoFattore degli uornini p~er aver mnesso accanto a' nostri dolori 'quest' an-grelo di pace, di amore, di annegrazione, chie si addimanda la ·Donna I Be-nedetto, mille volte benedetto e ringraziatoper averne fatta la nostra lom -pagrna in questo tristissimo esiglio I

- Chii siete P che volete ? - dimandb quella donna con una di quellevoci che rivelano subitamnente un bel cuore, niella quale pertando traspa-riva una legrgiera trepidazione di paura per P· ospite inatteso che veniva inquell' ora tarda della sera a picch~iare a quell'uscio, e le cui vestimenta dacacCiatore gli davano sinistra apparenza.

- Sono an viandante smarrito - rispose Armando. Sono stanco amorte; vi chiiegrgo un ristoro, per amor di Dio. Ho dell' oro per compen-sare la vostra carith.

Le donne actingrono nel loro cuiore le pidi puire ed infallibili ispir·azioninegli eventi dlubbiosi della loro vita. Sentire la voce di Armnando, in cuiera P' accetito della pid incontrastabile verit8, e non frapporre indugrio al-cuno ad apr·ire l' uscio, fui la piid chiiara prova chie il cuore- della donnas' inganna assai meno della sua ragione.

L' uscio fu aperto. Armnandco si cacci6 nell'unica stanza di quell'a-bituro.

- Entraite, e non fate rumore-dissegli quella sublime voce di an-glolo piid chie di dlonnia-II mio povero padre giace infermo in qluel letto,e a qluest'ora riposa.

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Armando gitt6 uno guardo sul letto Cch gli indicava la giovane clie

avea dinanzi ) un vecchio era li dentro, con lunga barba canutai; il suo

russare violento e concitato addimostrava lo sconcerto della sua respira-

zione.

Armando, gittandosi senza pidl a sedere su mnisera sedia, balestrb

quirili a sé d'intorno un'occhiata, e si cred6 nel dominiod'un sogno, im-

perocch6 egli non sapea spiegarsi per quale incredibile innocenza e sem-

plicitd, o per quale virthl soprannaturale, qluella bella fanciulla, giacché

tal'era colei, avesse incontanents aperto l'uscio ad un uomo straniiero,

ignoto, armato, a mezzo del corso della notte, non avendo in casa altra

guardlia che un vecchio infermo e addormentato.

Alla floca luce d' una meschinissima lucerna di creta, Armando pote

ben raffigurare il volto di quella glovinetta. II quiale non ci faremo a de-

scrivere minufamente, contentandoci di definirlo un fenomeno di biellezza,

di candore, di soavith.

Dimentico della sua posizione, dimentico del mondo intero, Arman-

do affisava quella fanciulla come si affiserebbe un essere soprannatu-

rale apparso improvvisamente davanti agli occhi d:an uomo minacciato

da gravi pericoli di vita.

Senza dir molto, qIuella donna avea preso una bottiglia, un biochiero,

e offriva del vino all' attonito giovane.

- Bevete-gli disse quell' angiolo-rinfrancate le vostre forze. Come

siete pallido ! Donde venitel

- Dal castello del conte-rispose Armando togliendo dalle mani

della fanciulla il bicchiero che questa gli offriva - Grazie, g;razie, mia buona

fanciulla. Voi mi date la vita... Ma voi bell'angioto, come in qluesta orrida

selvaP

- e un anno che qui dimoro. Mio padre esercita it mestiero di le-

gnaiuolo, ma ora é un mese che é a letto infermo; ed is debbo pensare

a tutto.

- Voi lavorate, bella fanciulla ?

- Se lavor·o! Ogni mattina mni reco allo spuntar del giorno alla Val-

letta, dov' é la piecola filanda del signor Diego; e non ritorno dal povero

mio padre chre in sulla sera.

- E quanto lucrate per la vostra glornataf

- Dodici grana e la zuppa, chie io traggomi a casa per dividerla col

vecchio mio babbo.

Gli occhii di Armando si empirono di lagrime.

- Dodici grana 1 una glornata intera di lavoro I E durante la rostra

assenza chi assiste vostro padreo

- Colui che é mnisericordioso verso gl' infelici, il Padlre di tutti, che

é nei cieli.

Giammai piid sublime espressione erasi dipinta su volto umano. Ar-

mando provava una di quelle commozioni che non si cancellano mai pidi

dall' imo del cuore.

- Qual é il vostro nomne, bJellai fanciulla t

- Maddalena - ella rispose -e mio padre si chiama Agostino Ca-

sali, di Catanzaro.

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SE voi pure siste calativese, Maddalena t- Si, ma non ricordo la mia patria che come un sogno.- Ma il vostro linguaggio rivela in voi una educazione superiore

al vostro stato.- Ah Isignore, noi non siamo stati sempre cost poveri, come ci ve-

dete. Mio padre ha goduto per lo addietro una certa agiatezza; avevamouna bella casetta, un orticallo, delle capre, eravamo tanto felicil

- E per qual disavventura siete stati privi di tutto cib ?- Sarebbe troppo lungo il raccontarvi questa istoria. Una denun-

zia, signore, un tradimento gitt6 mio padre in ptigions. La povera mammane? mori di dolore.xlo, fanciulla di diecianni,caduta nelle mani d' un pa-rents senza cuore, mi vidi ben presto dispogliata di tutto. Don SulpizioArbaci....

- Don Sulpizio Arbaci ! - esolamb Armnando... E questi era P- II mio tiranno, il parente nelle cui mani caddi, e che ha divorato

tutte le mie sostanze.- E da quant'o tempo nion avete pid riveduto questo uomoP- Sonio parecch'i anni, e dal momento che mio padre, la cui inno-

cenza era stata riconosciuta, usci di prigione. Chi puo dirvi, signore, 10stato del povero padre mio t La sua invidiabile salute si perdé; il suo buoniumnore si'converti nella pid profonda tristezza; e, se non ci foss' io chemi studio di sollevarlo nelle sue sofferenze, da qlualc~he tempo egli ripose-rebbe laggiid nel cimitero, accanto alla sua compagna.

Maddalena port6 agli occhi il suo gremnbiale, e, rascingata in frettauna lagrima:

- Mille perdoni, signore - ella diss;e i se la intrattengo di coseche non le premono. Vorrebbe gradire un altro bicdhiere di questo vino i

- Grazie, grazie, buona fanciulla. Voi non potete imnmaginarvi qluantapremura io mi abbia ora a conoscere la vostra istoria. Non temete di af-.fidarvi a me, Maddalena...Iddio forse ha voluto ch' io mi fossi questa serasmarrito nella foresta della Bocca del lupo rer condurre i miei p~assi finqIui. La mia venuta non sara sterile di bene per voi e per vostro padre.Ma egli occorre ci' io sappia ancor·a di pidi sul conto di codesto don Sul-pizio Arbaci.

- Nulla saprei pidi dirvi di lui, signore. Soltanto io so ch' ei vive an-cora, e non si 6 dipartito di questa provincia.

- E non avete potuto pJid ricuperare la roba di che quest' infame sife' padrone 2

- Ahi! sigrnore, la legalitd. non é sem~pre la giustizia ; e i bricconisanno assai bene far valere a loro pro> la prima a detrimento della se-condla.

Queste parole d' una pro fonda verith sulle labbra d' una fanciulla dicampagna sorpre sero estre mamenite il giovine Armando, che, spinto d a'g;e-nerosi impulsi delle aniime nobili e grandi, g;iurb di rendere felice quellafancialla, che la provvidenza gli faceva incontrare.

- Maddalena -- le disse Armando dopo qualche momento di silen-zio - mi estimate voi un uomo onesto ?

- Basterebbe I' accento della vostra voce per farvi giudicar tale; enetL vedervi nessunai dubbiezza ho pidi avuto della vostra onesta.

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- Ed io vi ringrazio col cuore di tanta tiducia. A voi debbo la vita,buona fanciulla; perocché se non mi aveste dato cost cordiale ospitalit8,io sarei questa notte rimasto vittima della mia imprudenza. Voi, sublimefanciulla non avete consultato i timori e le convenienze; avete apertol'uscio della vostra abitaz.ione ad uno straniero, nel colmo della notte, eavendo un padre vecchio e informo confinato nel fondo di quel letto; voiavete tlischiusa la porta della vostra casa ad us uomo che vi ha ·chiestoun ristoro per.amor di Dio, e gli avete offerto un biechier di vino chie gliha infusa novella vita. Ebbene, Maddalena, ascoltate le mie parole. Que-st' (lomo che voi avete generosamente accolto; questo straniero a cutiavetepresentata la tazza della pidi sincera ospitalitbi: questo viandante smnarrito,le cui armi non vi han fatto paura, giacché voi avete sol con`sultato idet-tami della legge di Dio che ci comanda di porgere amica mano al nostroprossimo che chiede aiuto; quest' uomo che vi parla colle la·r·ime agli oc-chi perocché, sopra tutto, goli avete fatto il dono della vostra confidenza,quest'uomo vi giura innanzi a Dio chie vi rendera felice a mille doppi erestituira a vostro padre la salute, la prosperit8, la gioia. Accogliete, voiMaddalena, un tal gluramento ?

La povera giovine era talmenlte sorpresa, stordita e confusa da taliparole che non sapea rispondere. Armando ripeté la sua interrogazione.

- Prima ch'io accetti il vostro giuramento, o signore, fa d'uopo ch' iosappia donde mi viene e chi il proferisce.

- È giusto I- solamnb Armando. A tanta vostra confidenza ho mnalcorrisposto celandovi il mio nome. Ebbene, Maddalenia, sappiate ch'io sonoArmando Asmodeo di Voltierra, figlio del conte di Castelmoresco.

La glovine mise un grido di spavento.- Voi, signore! II disedlo del castello IA qIuel grido, il padre di Maddalena si destb a soprassalto.- Figrlia, figlia mia!!11 vecchio si era levato a sedere in mezzo al letto. Al debil lumne della

lucerna di creta avea soorto uno straniero armato.- Chf siete vol f che volete 1 Maddalena, chie é mnal quel grrido...- Non vi spaventate babbo>... Non é niente... La sorpresa, il pia-

cere... Abbiam tra noi...- Chi mai ?- Il signorino di Castelmoresco, il figlio di S. E. il Conte.- Ah ! signore! che onore 6 mai in questo misero tugurio l a qIue-

st> ora...

- I mniei bracchi da caccia hanno inseguito il lupo in qluesta orridla

foresta.,. Hosmarrito leorme loro... La notte... mi ha colpito alla sprov-

veduta... Sarei mnorto senza la generosa ospitalitj che, mi é stata offerta

dla quest' angiolo di vostra figlia.

- Che dite miai, sigrnore ? Noi siam troppo onorati chie vi siate degnato

di porre i piedli in questa misera stanza.E, veggendo che Armando erasi alzato per andar via.- Ma voi non partirete, io spe:ro a qluest'ora l Non ritrovereste fa-

cilmnente il sentiero del castello. Riposerete alqluanto suil letticcinolo dlimia tigrlia: ella é avvezza a star so e a veigliare: accanlo al rnio letto: dlor-

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mira dontani a suo bell' agio. Intanto, mentre voi riposerete, ella mi leg-gera la Bibbia.

- Oh ! no, non é possibile l - esclamb Armando.-MlilliB volts mo-rire,.anzi che togliere un'iora di riposo a questa adorabile fanciulla.

- SignoI'e, voi non ci dar'ete questo cordoglio-insist8 il vecchio I- S. E. il signor conte vostro padre non ci perdonerebbe giammai

di avervi lasciato partire a quest'ora avanzata della notte.- Mio padre nulla sapr bdi cib; e siate sieuri che in qIuesto mo-

m-iento nissuno al castello si é accorto della mia assenza.- Ma eg·li é impossibile che voi partiate in questa fittezza di tene-

-bre... Dorreste a(ttraversare la valle dello Sparviero... Raceapriccio alpericolo che correreste.

- Non temete di nulla, ho meco le mie armi... Ho fermo di partire.Gli oechi di Armando eran rimasti sempre fissi sulla fanelulla, la

quale combattea tra it timore de' pericoli che avrebbe corso il giovin si-gnore nella solinga e orrida via che dovea battere, e usia vaga e indefi-nita pauira di trovarsi alla presenza di quel giovine, sulla cui condottastrane e assurde voci erano corse insino a lei.

- Non ei 6 altra via da tenere per giungere al castello senz'attra-versare la valle dello sparviero P - dimand6 Armando.

- Si, ma 6 molto lunga; arrivereste allo spuntare del giorno.- Tanto meglio I - disse Armando -Indicatemela, brav' uomo.- Avete dunque ben fermo di non rimanere con noi t- Si, ho bisogno di essere al castello in sulia dimane assai per

temnpo.- Ebbene-disse il vecchio-io vi accompagneri6.- Che l-sclam6 Armando, stupefatto da tanto cuore, da tanta an-

negazione, da tanita virtii -Dite da senno P- Nel miglior senno del mondo. To conosco le strade: non isdegne-

rete la mia compagnia.- Neanche se fossi cer(o d' incontrare la morte-rispose Armando

con termezza. - La vostra sarebbe una imperdonabile imprudenza I In-fermo qual siete,, esporvi in si trista notte; intraprendere un camnminosi lungo I uscire dal tepore benefico del vostro letto I

-- Non! é la prima volta che ho fatto cid; sono avvezzo allepid durefatiche; e, benché vecchio idfermo, ho ancora l'anima, il cuore. D'altraparte, avvegnachO la mia gita mi riesca dannosa, che montaB 10 sono giapresso a toccare i settanta; sono vivuto abbastanza. Dio veglierd su miafiglia. Ma non sard mal detto che Armando di Voltierra, venuto a cer-care ospitalita e ristoro nel tugurio di Agostino il legnaiuolo, sia partitosolo e senza scorta nel mezzo della notte, per fare quattro buone migliadi pericoloso cammino. QSuello che to pel figlio di S. E. il conte di Ca-stelnmoresco, farei per qualunque viandante che fosse qlui venuto a chiie-diere a me ed a mia figlia un asilo e una guida.

Armando pidl non r·ispondeva. Egli era assorto ini un pensiero chegli rimescolava il cervello ed il sangue. Pensava - Co!si nobili cuori tro-varsi tra gli uomini e rimanere nei cenci, nella miseria, nell' abbandono !mentre, dall'altro lato, turpi esistenze hanno a sfoggiare nel luisso, nei

placeri, nella impunita I E quiel Sulpizio Arbaci che toglieva il pane dhocca a qjuesto vecchio si rispettabile, che uinaltro infamie denunziatoredannava al earcere, pr·ivando una inno-ente fanelulla dol solo appoggriochie si avesse in terra! E questo padre e questa figlia, gloria ed onoi·edell' umanitb, flori olezzanti di questa valle di corruzione, destinati a ri-maner forse per sempre ignorati dal rimnanente degrli uomini, vivere unavita di continuo oscuro eroismo di virtii, e morire di miseria, mnentre tuttele ricchezze del mondo non basterebbero a compensare un sol glornodlella loro vita l

II vecchiio Agostino si accingeva a grittarsi dal letto per porre adl 0-pera il suo proponimento di accompagnare il gliovine al castello; ma que-sti avanzatosi verso di lul:

- Non sara iai ch' io permetta codesta follia - gli disse -e, poichétanto a cuore vi sta la mia sieuirezza, accetto le vostre generose e nobillofferte. Rimarr6 con voi questa notte. Entrambi sentiremo la Parola diDio dal labbro di quest' angiolo.

- Ah 1 voi rimanete I- esclamb con gioia 11 buon vecchio.- Farb il placer vostro.- Ah1 Maddalena, egli rimane 1-- Vostro padre ha voluto an tal sacrificio da voi, Maddalena; si af-

frettb a dirle Armando.- E vostro il sacriticio, o sigrnore; ma l'ospitalith hia i suoi dritti e

i suoi doveri.Poco appresso, Armando, che, per delicata deferenza vei·so la fan-

ciulla. non avea voluto gittarsi in sul letticciuolo di lei, seduto pertantoatlla sponda di esso, appaggiava il capo al guanciale.

Maddalena, seduta dappresso al letto di suo padlre, leggeva la storiadel Vecchio Testamento, di cui il cuore patriarcale del buon legnaiuoloprendea som·mo diletto.

Sarebbe imipossibile 11 dire quali pensieri si aggirassero nel capodrl griovane Armando nella strana posizione in cui si trovava, alla pre-senza di quelle due sublimi creature.

Per lui, amante appassionato del tipo antico, del bello, del giusto,del gran!de, quella riproduzione della vita innocente e pura dli oltre aqjuattromil'anni addietro, qIuella scena rSammringa cosi solenne e soave,quella lettura della storia dell' antiea umnana fa migrlia, quella voce di ver-gine che s' innalzava dappresso al letto d' un viecchiio infermno, nel sacrosilenzio della notte, e chie ricardava l' amore <lell'Etertiio Creatore per leprime sue creatuire innanzi che pentito si fosse di aver·le create (1);tutto ciO aveva un linguagrgio inesprimibile pel giovine solitar·io di Ca-stelmoresco, la cuii immnaginazione vivissimna era co1pita in pari tempochie il suo cuore entusiasta.

Egili ritornava a profer·ire nell'interno dell' anima sua i1 griuramentodi rendere felici quel vecchio e quella fanciulla.

Egli avea fermno di abbhattere tutte le barriere che i pregiudizi socialifrapponevano al compimrenlto de' suoi desiderii e del sun giuro.

(1) P>oeniituit Eu:lm qjuad hominem fa:cisset in terra, iber' Genes;i· Caput. 6i. v. 5.

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Armando-Asmodeo di Voltierra, I:'altero primogrenito dei conti diCastelmoresco e dei marchesi di Gaudixo, il filosofo autore del- romanzoLa Stella nera, giurava tra sP, innanzi a Dio di sposare in legittimo e sa-cro nodo Maddalena, la povera figlia del legnaiuolo Agostino, la. lavo-rante a un carlino al glorno della Filauda alla Valletta.

Intanto, la stanchezza eccessiva, I'ora tards, I' imperioso hisognodi natura domarono quel corpo dli ferro e quell'aniima ardente.

Armando si addormient6.Allorchhs Maddalena si avvide che il glovin signore avea ceduto al-

1' impero del sonno, sospese la lettura; chinb il bel capo vicino a quellodel suo genitore; e, un minuto appresso, anch' ella dormliva di queli sonnoinvidiabile delle anime giuste e innoenti

11 buon legnaiuolo, raccolto nella santitic del suo cuore, godeva allospettacolo di quelle due belle creature addormentate nella purezza deiloro sentimenti.

11 vecehio vegliava su i due giovani dormienti.Iddio vegliava su lui.

IV.

DON SUL.PIZIQ

ella solitudine del castello, nelP amore dello studio e ne' vio-

leniti esercizii del corpo, Armando benchB venuto a matura

glovinezza, non aveva giammal provato quel soavissimno sen-

timento che abbella la vita d' un sorriso celeste e che é pur

supremo bisogno delle animne gentili e ssnsitive. Fin allora, tutta la tra-

boceante effervescenza della sua anima il nobile gloVane avea trasfusa in

qluel campo infinito del bello ch-e le lettere e le arti dischinudono innanzi

ad una ver·gine mente; e I' ardlenza de' snoi spiriti glovanili ei disfogava

nelle corporali fatiche alle quali si abbandonava. Ma il suo cuore, che

pur sentiva un vago e immenso hisogno di amore, in floo a quel momento

era rimasto mnuto, non trovando esca adegruata neppure in quelle care af-

fezioni di famiglia. che talvolta riconcentrano tutta la generosa espan-

sione d' un cuore ardente di affetti. Le tristi condizioni di famiglia in cui

Armando erasi trovato per la crudele animosita paterna e per la irrecon-

ciliabile antipatia fraterna, aveano tenuto soffocato sotto agghiacciata ce-

nere quello incendiabile vulcano, che aspettava una scintilla per disco-

prirsi ed irrompere, abbattendo ogni ostacolo chie gli si fosse frapposto.

Lasciamo considerare a' nlostri lettori chie prepotente impero eserci-

tar dovesse sovra un cuore come qluello di Armîando una passione come

1' nimore, nata da fervida amnmirazione per la più schiietta e sublime vir-

tii. Armando amava in Maddlalena il tipo di quella grandezza morale ch-e

egli erasi creata nella sua fantasia e che gi8 da mnolti anni amava con

delirio, con passione d' artista. Maddalena era agi occhii suoi la virthi e-

solusiva cristiana, celeste, la virtil chîe ignora si stessa, oscura e igno-

rata, annegazione e sacrificio d'ogni momiento. Maddalena era l'amor fi-

liale niella sua pidi cara e commovente espressione. E, perciocch6 queste

adorabili virthi disposavansi ad un viso incantevole ed albergavano nel

cuore d' un angriolo leggiadrissimio, era mai possibile per Armando il non

agognare con delirio1 pl ossesso di qluesto tipo idolatrato ?

Non diremio della subitanea trastormrazione chie s'era oiperata n·el 1i-

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gliuolo del conite di Castelmores·co. Egli era tornato al cast%~llo coll'ani-

ma sossopra, colla mente esaltata. Un solo era ormai P'oggetto de' suoi

pensieri: Maddalena.

Egli ricordava corr iscoraggiamento la parola chie era slug;gjta dalle

labbra della innocente giovinetta, quand'ei le pales6 if sue nome. Egrli si

avea dunque la p;id trista riputazioiae nell-ë vicinanze del caslello, egli che

menava la vita pidi ritirata, pid. studiosa e pidi esemplare I Le sue pretese

disobbedienze alla volonith del genitore gli aveano forse fatto acquistare

quiel malvag~io grido.

Tra ]e cose a cui con isdegno-iva pensando il figlio del conte era la

inaudita infamia dell' ex suo aio don Sulpizio, che era stato il pirata delle

sostanze della povera Maddalena. Nella imprudente sua sete di vendetta

e di giustizia, non si tosto egli era tornato al castello, nonostante la ri-

pugrnanza chIe grl'ispirava quel brigadnte, entrb di botto nelle stanze di lui,

Don Sulpizio Arbaci era seduto alla sua colezione. 001l petto rico-

perto da imn enormsb tovagrliuolo, era tutto in sul dissossare un pollo ar-

restito.

Armando avsa spinto con impeto la bussola della stanza, e si era

trovato faccia a faccia' con d!on Sulpizio, il quale poco manc6 non si affo-

g;asse per la sorpresa.

- Conoscete voi, signore, Maddalena Casali %-chiiesegli di repente

il giovine con uno, sgiuardo che fece convertire in veleno tutto cib che

avea divoraio il rispottabile aio, la cui faccia, a quella dimnanda, avea

I`reso tosto il colore grigio-peria. Asciugossi in fretta il grifo, cerc6 di

mandar glii gli avadmi di un boccone saporoso chie quel maledetto Arman-

do veniva cost brutalmente ad amareggiargli e:

- Chi 69~ che voleteiJ che cosa é cotesta Maddalena Casalit N\unl-

qluarn audivi...

-- Ah! voi non la conoscete! Nu~nquarn audicil...

- Maddalena Casali ! - ripetea, comne tra sé, il paffuto briccone, a

come se si fosse sforzato a voler pur ricordare un nome che gili era scap-

pato dalla memoria.

- Si, Maddalona, la figlia del legnaiuolo Agrostino Casali, di Ca-

tanlzaro.

- Si, or mi ricordo; questo nome non mi 6;_ nuovo dlel tutto; una

donnaccia...

A qluesta parola oltraggriosa, Armnando, non potendo rattenere 10

sdegno,

- Infamne I esclamnb avanzandlosi con ira verso di lui-ed hai an-

chie 11 coragrgio di vilipenderla, d'insultarla, dopo chie ti sei pasciuto delle

sue sostanze, dopo che, abuisando della prigionia del padre, hal r·idotta

q1uesty infelice famiglia alla piid desolante miseria ! Ed ecco it modello di

virtdl the mio padria pone al nostro fianeo p:er educarcil Ecco il rispet-

tabile aio della casa del conte di Castelmoresco! Va, scellerato, va pltr

superbo dlel tuo allievo G;iovannii, mio fratello: egrli é degrno di te; e tu

sei degrno di Iiui. Ma bada a qulanto io ti dico: Eli fa d'uiopo restituire a.

Mladdalena Casali tutto eib che le hiai rapito, intenidi? fa dl'nopo r·estituirle

agni cosa. So 11 tuo delitto é rimnasto imnpunito fin'ora; se ti è stato- facil

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cosa trarre nella trappola ed inganuare una innocente e debile fanciulla,non potrai cosi facilmente sluggire al mio sdegno. Ti lascio alquantigiorni da considerare le mie parole. Affrettati a restituire a quella sven-turata famiglia il pane. che le hai rapito dalla bocoa, o tr·ema della giu-stizia di Dio di cui ora mi fo strumento.

Cie, detto, Armando lascib don Sulpizio in uno stato di sbigottimnentoche i nostri lettori potranno figourarsi. Per la prima volta in sua vita, lasua digestione fu alterata.

Facilmnente s'intendera che Armando non lasciava ormal passarenessun gliorno senza riveder Maddalena, nella quale ad ogni istante di-scopriva novelli tesori di sensibilit8, di virthi, di angelica rassegnazione.

11 glovine signore del castello colorava le sue visite sotto if pr·etestodegl' interessi del legrnaiuolo, di cui diceva di occuparsi alacremente. Lebenedizioni di quell' uomo onesto e di sua figlia piovevano sul capo del ge-neroso figlio del conte, it quale non dissimulava a sé medesimno 11 veromotivo che gli facea desiderare con avidith la compagnia di Maddalena.

L' amore colle sue febbirili commozioni, c.olle sue notti insonni, collesue larve incantatrici aveva ormai investito tutto P' esser del giovine Ar-mando, che pidi non vedea nel mondo ch-e un solo oggetto. Egli amavacon quella vergine e prepotente passione che la solitudine, i libri e leamarezze della dornestica sua vita avean preRparata niel suo cuore.

Maddalena godeva della felicita di essere amata, senza osare di di-scendere nel proprio cuore, giacchè ella misurava la immnensa distanzache la dividea dal suo amante. Laonde, pronta a sostenere qlualunque sa-crificio, a cui pertanto erasi avvezza, ella g`odea di quello impensatoJ e su-blime amore chie si Iirestamente avea desto nel cuore dlel giovin signore,senza ragguardIare al domani, la cui cura ella riponea tutlta nella divinaprovvidenza.

Armando volle fare il ritratto di questa bellissima fanclulla, il qualeriusci uin portento di rassomigrlianza. Non é a dire quanto egli si esti-masse felice di aver seco 1' imnmagoine della cara donna !

Che cosa intanto facea don SulpizioP L' umriana malvagrita non si ri-mane griamnmai inoperosa quando massimarnente i suol materiali g;odi-menlti son conturbati dal conto chie hia a renjeri! altrui delle sue male o-pere, e quando trattasi di scavare le minle sotto i piedi della virthi e del-I' onesta.

Dal griorno ch-e la codarda sua usurpazione eragrli stata si brusca-mente rimprocciata sul viso, don Sulpizio che vedlea ridesta a suo mag-glor danno una faccenda che egli credea si fosse addlormentata per semn-pre, e chie sapea l'aborrito primogrenito del conte esser padrone di unisegrreto che disonorava lui, tenuto fino ar quel momnento in concvtto dli ri-spettabile persona, don Sulpizio, a cal era stato ingriunto coni espliciteminacce di restitair·e tra pochii glorni qIualche cosa che potea rassomi-gliare ad onl furto, don Sulpizio pens6 per un glorno intero a ciO chie a-veasi a fare in tale trista emergenza che veniva propriamente dalloinferno per disturbargrli i dolci chiimi delle sue digestionii e chie minac-ciava di fargli perdlere 1' onorecole e lucroso suo posto inl casa Castel-moresco.

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Pensh e ripens6 e tored a pensare con qIuell' acutezza di mente ondesog·lionio penlsare i birbanti per miandare ad effetto i loro tristi proponi-menti .

E, dopo aver pensato un buon tratto, argomentO che Armaendo nonpoteva aver· saputo tutto cid che avea saputo senza aver veduto Madda-lena e senza aver parlato con lei: immagin6 il ribaldo una infame treseaamorosa tra fl glovine e la figliuola del legnaiuolo; giaccho gli scelleratidi quella stampa non sanno concepire altro scopo nelle umane azioni chlela mralvagith e la scelleratezia; pensi, dunqlue esser co.sa natuirale chieArmando dovesse vedere ogni di M~addalena.

Non riusci malagevole al briccone il far seguitare i passi del figliodel conte: it ritiro delP'onesta giovane fu discoperto.

Una, mattina (qualchie glornio di poi che Armando avea imprudente-menite rinfacciato a don Sulpizio la sua bassa usur`pazione) Palo entrbnell' apparta'mento del vecchio conte don G;usmano, 11 quiale da qIualobeanno glaceva nel fondo del suo letto, tt*avagliato da una serie di malannichie g;li torturavano I'esistenza.

- Voi siete disonor'ato, signor conte - gli disse bruscamente donSuilpizio facendo sembiante di essere profondamente adelolorato da que-sto fatto. 11 ribaldo facea glocare a danno di Armando gfna terribile cor-da, la vanita del vecchio conte, e i suoi pregiudizii aristocratici.

Don Gusmano mise, dal fondo del sue letto, una specie di ululiato ;e, se le membra paralizzate dalla infermita non glielo avessero inibito,

Ssi sarebbe con impeto scagliato su lo stesso don Sulpizio, che ven·iva agittargli cosi brutalmente sul volto quella ignominiosa parola.

- Disonorato ldisoniorato l! dice.ste-grid6qcuegli-per I'anima mia,per la memoria dei mniei antenati, è la prima volta in qluattro secoli, chesimigliante parola é yroferita in qluesto castello. Avete ben ponderatoqluello che dite, sigrnor dlon Sulpizio 2 Disonorato, disonorato, avete detto I

- E non ritraggo il mnio detto, signor conte. Attribuite la mnia trop-pa franchezza all' eecesso del mio zelo per I' onorv della vostra famiglia;

- Parlate, parlaite presto, per tutt' i demnoni dell' inferno. Chi é chiegitta fl disonore sulla mia famigrlia t

- Armando Asmodoo di Voltierra, vostro figlio.- Ahi!-esclamo it cotite battendosi la frontet- P'avea prevecluto l

L' eterna cagrione di tutti i minii mali, dli tutti i miei dispiaceri, di tutta lamia collera I Vediamo, che altra sventura ci regrala questo indegrno miofiglio. Parlate, e dite il vero.

- Come avrb la forza di parlare, signor conte, quando veg~go bale-nare sul vostro cigrlio un'ira terribile ?

- Tremiate anche voi degrli effetti di quest'ira se non dite il vero esubito.

La faccia del conte era divenuta d' un pallore cinereo: i suoi occhii,pel consueto smorti e cupi, divampavano di fosca flamma: tutto il suocorpo tremava per P'eccesso dello sdegno.

- Ebbene, ascoltatemni attentamnente, signor conte. Bisogna adope-rarie mezzi pronti e violenti per tronicare it male, qualora pidl non si pos-sa impedire.

- Ma duniquef - gi·ido don Gusmano con voce fulmninea.- Dunque, il;vostr·o signor· figlio Armnando-Asmnodeo vive immerso

ne' pidi luridi e abietti amorazzi, Una dontiaccia di campagna, la figlia diun legnaiuolo, stato in carcere per la sua mala condotta, 8 if nobiile ag-getto delle premuire del primogenito della casa Castelmoresco. Dappres-so a questa vil donnieciuola ei passa le inter·e glornate, e .. sovence...anche le notti; giacch68, pochi giot*ni fa, eglinon ritorni, al castello cheil domani. Secondo*ogni probabilitd, avrete, signor conife, dei nipotinibastardelli che vi faranno onore.

- If nome, il nome di questa infamel - chiese il conte.- Maddalena Casali.- Dove abita P- Sul1 poggetto della quercia, al di la della Valle dello sparoiero.- Che si trascini questa donna a me dinanzi-grid6 nelP> eccesso

·del furore il vecchio niobile-Andate; voglio vederia spirare qui, avantiagli occhi miei.

E la sua mano si apprestava a trarre la corda del campanello perfar dare immnediata esecuzione al suo volere.

- Fermatevi, signor conte. Vipregoo di considerai·eche questo é unpartito troppo violento... Pub darsi che vostro figlio sia con lei quando ivostri domestici andranno a prenderla, ed allora tutto sarebbe perduto,impercioech6 questo mnatto glovine sarebbe capace di ogani eccesso persalvar·e la sua bella.

- Farb frustar luii per lo primio -disse il conte - Sono stanco or-mnai di vedermi innanzi questo scellerato, a cui mi adonto di dar·e 11 nomedi figlio. Farb uiso ormal di quella paterna auforita ch-e le leggi mi accor-dano. Una severa puniz~ione O necessaria ad eterno esempio dei nipoti.

-· Pria di gastigare vostro figlio, é meetieri sigonor conte, toglieredi mezzo la vil creatura che osava alzare gli occhii fino ad un Voltierra,sperando forse il bel sogno d' un matrimonio/

-Si, é vero; é mestieri che questa sozza creatura sia punita di tantatracotanza. Si seriva in mio nome alle autorit8 perch6é venga discacciatada' miei feudi.

- Discacciata I Perdonate, signor conlte - ripigliava quel tristo -non mi semibra qluesto un ottimo partito; cio farebDbe nascere del rumo-re; tutti vorrebbero essere informrati del fatto. Il rispettab>ile niome di Ca-stelmoresco v·errebbe confuso coll' obbrobrioso di Casali; una simile ver-gogna rniacchiierebbe 1' ermellino della vostra famiglia. I d' uopo chie si-mile tristizia rimnangra nel mistero. D'altra parte, chii vi assicura chiequiel demnente di vostro figlio non seguirebbe la sua innamorata anchiea capo del mondo 1 Ben sapete qluanto la glioventU é sctpata, e massimequando le frulla pel capo questo maledetto capriccio che si addlimrandaamiore. Laonde, io diviserei che dovreste appigliarvi ad un partito pidisicuro, e chfiudere g·li occhi per seinipre...

- Chle intendete diret - dimand6 it conte aggrottando le soprac-cigliia e figgendo una oechliata torva e acuta nel semnbiante inialterabiledlell' aio.

- Ecco qlua, sigrnor comte. To credo chie voi cr·ederete al destinio,

siccome ci credo io. Non rIcordo in che libro ho letto che ognii noumo na-see col suo destinlo.

- Ebbene f- Ebbene, it destino di cotesta Maddalena é dli.... finir presto. Not

non saremmo che 10 strumento di qluesto destino.11 conte fece us movimento col capJo comne se P>infame suggerimento

di quello scellerato gli avesse desto orrore. Per quanto pervertito dallaignoranza, dal1a vanita, dalia malsania e da stolti pregiudizil fosse P>ani-mna di don Gusmano, il seniso morale non era del tutto obliterato in lui.Per Ja prima volta, la persona di don Sulpizio gl' ispir6 rib~rezzo.

- Ammiazzarla I- esclam6 it conte - maechiarmi d' un delitto I- Che cosa dite mnai, signor conte 1- soggiunse quel serpe, a cui

la vita di Maddalenla era una minaccia continua - macchiarvi d' un de-litto l voi dunque nion credlete alla forza del destinio Oltraccib chiamatevoi delitto il garentire 11 proprio onor·e dalle pill vergognose insidie chegli vengono tramiate P il distruiggere la cagione principale di queste insi-die I Che cosa importa alla umanita se una Maddalena Casall vivao muoiaBNot abbiamo it dritto di salvare it proprio onore meglio chie la vita; voiavete ricevuto dai vostri antenati incolumle questo sacro dleposito; e fadl' ulopo, ineolumne trasmeIterlo a' vostri figli e nepoti. 11 mondo guardaa' vostri blasoni; e, quando li vede onorati e rispettati, s'incarica benpoco di sapere con quali sacrificii si sono conservati cost. In quanto allavostra coscienza, non sarebbe per· voi mrag~gior rimnorso veder perduto edisonorato un figlio, chie dee portare if vostro cogrnome, i vostri titoli di-sonorato it primogenito della casa dli Castelmoresco; e avere qluejto ri-mrorso per aver dato ascolto ad unl vano srrupolo ! Comprendo chie vio-lento é il rimnedio; ma violento é il male; ed io non veggo altra via disalvare 1' onor vostro e forse la vita di vostro figlio.

La malvagita dava tanta eloquenza a quel rettile; mnentr,e in paritempo l'ignoranza di doni Gusmano, congriunta alia sua oltraggiata vanita,gli faceano trovare giuste e senalte le parole di don Sulpizio.

SPrima di appigrliarm~i al vriolento partito chea ml~ proponste-disseit conte, dopo qualchie miniuto di silenzio-voglio fare un' ultima pruova;voglio appellarmi a' sentimenti di onore dlello stesso mio figlio.

- Temlpo sprzcato e dannoso--osservj doni Sulpizio--Le vostre pa-role, lungi dal rimnuoverlo da qluesti amorazzi, gli mretteranno nell'animoun grave sospetto sulle vostre intenzioni in riguardo a Madldalena. Ri-cordlatevi, signor' conlte, chie vostro figlio Armnando non é sciocco comevostro figlio Giovanni.

- Basta cosi ! - gridO 11 conte, a cui oramnal la presenza di don Sul-pizio riscaldava la hile -andate, a fate chie Armando venga da me at pidpresto.

L' aio s'inchiino e ando via, non istimb~ prudenite I'insistera di van-taggio. D'altr·a parte, egrli era sicuro chte, speculando sulla vanita ecces-siva e sulia suscettibilitj del conite, Maddalenia non po~tea sfuggive al de-stino che le adveastava.

IL RIFR.JTb

ualchie ora appresso a questo colloquio, Apm ando si pre senta-

va al cospetto di suo padre.

Don Gusmano area preso un sembiante tranquillo ed an-

chie (strano a dirsi l) affabile e dolce; di che molto ebbe a ma-

ravigrliare il figlinolo, pel quale il: volto del genitore era sempre un rim-

provero o una minaccia.

SAccostatovi, Armando-gli disse con voce insinuante - sedete

qlui, vicino al mio letto; ho a dirvi qualche cosa da cui forse dipendono

la vostra felicita e il vostro avvenire.

- Vi ascolto - rispose Armando nell'atto che sedea dappresso al

letto del pad re, e tutto bramoso di conoscere a che doves se attribuire quell a

visibile trasformazione nei sentimenti del conte a suo rigruardo.

- Armandlo-comincid don Gusinano con lenta voce e studiando le

parole-è molto tempo che io sono travagliato da una moltitudine di ma-

lori che mi tengono inchiodato nel fondo di qIuesto letto da cuii forse non

mi alzerb che per trarre all'ultimno asilo.

Don Gusmnano fermosisi un tratto come se avesse aspettato una os-

servazione del figlio, il quale rimiase mutolo e concentrato. E seguith :

- E ben doloroso al cuore d'un padre il vedersi prive della presenza

de' figli, ne'suoi miomenti di tristezza, di solitudine, di sofferenze.SÇolo,

sempre solo in que'sta camera, dove non veggo che 1' insopportabile

aspetto de' miei fittaiuoli, de' miei nemici e del vostro riio don Sulpizio.

A qIuesto nomne Armando non pote frenare uni movimento di sdegnO

e dli odio, chie non isfuggi all' occhio del conte.

- So I'antipatia che vi ha seimpre ispirato quest' uomo ; ed eccomi

risoluto di appagare i vostri voti col liberarvi della sua importuna pre;senza.'

- Ah, finalmenite, -eselamnb Armando--ne era tempo ormai IArmando non avea giamnmai flatato motto col padre intorno alle turpi

azioni di che si era mlacchiato il ris~pettabile aio; e abé ora che redealo di-

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sposto a mandarlo via dal castello, toceava una parola sulla infame usur-

pazione delle sostanize della finniglia Gasali.,

Per la qlual cosa, dlon Gusmano nonl potea comprendere la sigrnifica?

zionedelP' esola mazione del f~igio n' era ormina tempo; 1' attribut alla somma

antipatia di lui per don Sulpizio.

.Yi - seguitQ it padre, e ~ormai tempo di restituire don Sulpizio Ar-

h~ac at suo paese, e tra qualche mnese egli ažrr abbandonato questo ca-i

stello. Ohi! come alloutanar vorrei tanti altri nelle cui rhani mercena·ie

hio dovato mettere gP' interessi della famiglia, ma voi, chie 1' avreste po-

tuto, non avete mai voluto incaricarvene unia iota, e vostro fratello nol

pub per mala ventura. Io dunque vi diceva che é ben doloroso per: me il·

non vedere altre Facce che quelle de' mliei salariati eP lessere abbhando-

niato da' misi figli, quando appunto avrei di loro pid gran hisogno. Fate,

Armando,' di spogliarvi per poco di quell'avversions di eui mi onorate, e

guardate in me 1' autore de' vostri glorni, ch~e pur pensando sempre al vo-

stro benessere, vi ha pertanto lasciato padrone assoluto di voi medesimo,

e non vi ha mai chiiesto conto· del vostro operare, mentre no avrebibe it

dritto e il dovere.

i Bea mi ricordo, signior padre - rispose A rmando figgendo al sualo

il suo sguardo malinconico - che fin dacché tnil ebbi il pienio sviluppo della

mia ragione, si comcb di soffocarmela sotto una barb>ara ed avviliente igno-

ranza. Iddio mi avea dato an poco d' ingegno, e si voleva rendermi idiota

e stupido come Glovanni thio fratello. Vi ricordlo chie si dichiar6 aspra

guerra a tutt'i miei istinti generosi, a tutt'i miei studi favoriti, al rnio

culto ·del bello, per far di me non altro che un camipagnuolo titolato. Vi

ricordo la continua irottia alia quale, fino alia mia maggiorita, sono stato

sottoposto, coll' avermi imposto, in qualith di aio, un animale della stamipa

dti questo don Sulpizio. Vi ricordo da ullimo c~he voi stesso mi avete inibita

la rostra presenza come al pidi reprobo de'vostri servi~

Don Gusmano abbass6 it capo, a stette in silenzio alcun tempo. Po-

scia, guardo it figlio in modLo singolare, e distesagli la destra:

- Armando, voi siete nobile e generoso -gli disse con voco com-

mossa - ravviciniamoci e procuriamo d'intenderci. Poso altro tempo min

rimane da vivere; hio d' uopo di un amico.

AI·mando, commosso fino alle lagrime, si precipith sulla destr'a del

padre e ris~pettosamente gliela bacio a pidl riprqse.

La natura avrebbe riportato it pid bal trionfo, rannodando que' due

uomini chie, per uno strano ed incompyrensibile fenomeno, erano si dive.rsi

e opposti nel morale e nel fisico; ma I' egoismo, la caparbietj, la vanit8,

gli abbarbicati pregiludizii doveano, per disgrazia, vincere e sogrgiograrei

pid cari senitimenti di natura.

- Ho due figli, disse con tristezza ilconte, ma egli é come se ne avessi

u'in solo; giacch6e su vostro fr·atello Giovanni, io non posso fare nessuino

assegnamento per l' avveniire della nostra famigrlia. Lo stato di dappocagr-

g'ine della sua mente, il suo umnore malinconico e cupo, if terranhio forse

per semnpre lontano dal matrimronio. Su voi dunque, Armando, riposa l' aiv-

venire de' Voltierra. Sappiate chie in vista de~lle tante idecrmith che minac-

clano la miia esisteniza, mi risolsi, eg;li 6 un annio, a scrivere di mnio puigno

i1 mio testamento,

Cid dicendo, il conte apriva un forzierotto di ebano che avea sul letto,e ne traeva una carta piegata.

- Ecco la mia ultima volont;i - soggiunse - non hio che ad apporviuna postilla tutta a vostro vantaggoio; ma questa dipendera da un atto diobbedienza da parte vostra: Un cospicuo matrimonio mi vien proposto-per vol.

- Rifl·uto - disse risolutamente Armando, senza lasciare al padre·di aggiangere un' altra paro0la.

11 conte guardo bieco il figlio ; indovinb donde nasceva qualla si bru-sea ed aperta ribellione alla sua volonth; ma si contenne, giacch6 egli aveafermo di adoperare tutt' i mezzi possibili di pers·uasione.

-- Come 1 voi riflutate anche prima di conoscere di clie si tratta I an-Sche primra che io vi dica il nome della illustr·e famiglia che vuole apparen-tarsi co' Voltierra di Castelmoresco!;

- Non mi cale di conoseere chii sia la donna chie mi si vuol dare percompagna e a qual famiglia appartenga. Rifluto.

- Ma io non saprei comprendere cotesto vostro rifluto, Armando.È antipatia allo stato coniugale, ovvero 6 inesptrecabile guerra alla mia vo-lontaF

-: Né P> una cosa né l'altra rispose il glovine - egli é semplice-mnente perché io amo altra donna.

- Voi amate altra donna! Cid sembramii strano e singrolare nel ge-nere di vita che voi menate in questa solitudine. E qual donna di nobil fa-migrlia t! a Castelmoresco per la quale abbiate potuto accendervi d' amore ?

- Credete voi, signor padre, che soltanto le donne di sanguenobilesieno capaci d'ispirare amore?

-- ChelI forse colei che amate appartiene alla vil borghesia 4 - di-mand6 don GUsmano con severo aggrottamento di ciglia e figgendo unosgruardo fulmineo sul volto di Armando.

- Ella nion appartiene alla vil borghesia - rispose questi colla mas-sima freddezza - La donna che io amo é la figlia d' un legnaiuolo.

Don Gusmano non poteva esser sorpreso di queste parole, perocchi~ei ben sapeva cio che il figlio annunziavagli: mra P' orribile freddezza e tra-cotanza del glovine passava i limiti dell' immaginabile. Era propriamenteun disprezzo insultante, unia gruerra stacciata contro tutt' i principii delvecchio conte, il quale senti formarsi un niodo alla gola per1' ira che 10soff'ocava, e che pur si studib di raffrenare, il pidi che potè.

- La figlia d' un legnaiuolo! - ripetea come se non avesse capitoil sentimento di queste parole.

-- Propriamnentel]a figlia d' un legnaiuolo - ripeté spietatamente Ar-Smando, che si sentiva forte e felice di confessare quel puro amore di chie

superbiva.- Ma siete propriamente voi, Armando Asmodeo di Voltierra, dei

conti di Castelmoresco e dei marchesi di Gaudixo, chie parlate in tal guisa,e che dite di amare la figlia,di un ·legnaiuolo t

- Sono lo, propriamente io, Armando Asmodeo di Voltierra, de'contidi Castelmoresco e de' marchiesi di Gaudixo, chie dico di amare Madda-lena Casali, figlia di Agostino il legnaiuolo.

- Cib mi farebbe uscir matto I - esolam6 il conte.... Voi dunqrue

avete fermo di disonorare la famiglia 3

- Amare! la virth povera e oppressa non vuol dire disonorare la fa-

miglia -si content6 di osservare P>ardito Armando.

-1 vostri i;tolti prinicipii tron mi sorprendono guari-disse ileonte-

j· Questo 6 il disgraziato effetto de' libri. Credevo pertanto che fosse rima-

sta in voi un'omibra di dignith e ~di d'ecoro. Ma alla fin de' conti, anche

amando, corne évoi dlite, cotesta cirthi che ha l'imprudenza di farsi amat*e

da un Voltierra, non; veggo perch6é dobbiate riflutare il cospicuo matri-

monio che vi viene offerto da chi forse ignora ancora siffatta fanciullesca

follia.

- Per la semplice rag;ione che non si possono sposare due donne-

rispose Armando colla solita imiperturbabile freddezza.

- Che intendete dire e -chiese: questa volta don Gusmano coni tale

occhiata Chie avrebbe fatto fremere qualunque altro chie non fosse stato

Armando-Asmodeo.

- Intendo dire che la donna che io sposerb é Maddalena Casali, fi-

glia di Agostino il legnaiuolo.

11 conte fece un balzo sul suo letto.

- Questo é troppo l- egli eselamb~ coll' anima accesa d' uno sdegno

escandescente, e che tanto piid minacciava d'irromper'e furioso quanto

piii a lungo era rimasto soffocato e compresso - Uscite - gridb al figolio

- usCite ; voi non siete mio figlio, non vi riconosco... Voi mnarcirete nel

fango e nella miseria... Ecco la postilla che aggiungo al testamento in

vostro favore.

Cib dicendo, con mani tremanti di rabbia lacerava in mille pezzi il

fogrlio che avea dinanzi a sB e che avea preso dalla cassetta di ebano.

Armando si alzb comnpostamente. L'atto di furore del padre chie

forse il rendea povero, non gli fe'smarrire la sua seria tranquillita.

- Grazie, grazie, padre mio-eoli esolam - Togliendomi il peso delle

ricolvezze, voi rendete il mio stato pid conforme a quello della mia cara

Madldalena. Anch' io lavorerb per vivere a flanco di lei. Diseredandomi,

voi togliete 1' ultimo ostacolo che forse ella avrebb-e 81 compimento del

miei desiderik.

- Tu non isposerai qluesta donna - disse don G3usmano coni voce

bassa e trucolenta.

- CiO si vedr8, padre mnio.

- Tu non la sposerai.

Armando usciva dalla camera del conte suo padre.

Un momnento dopo, vi rientr·ava don Sulpizio Arbaci.

VI.

IL RITRATTO

rmando volb a ritrovare la sua Maddalena. Egli semrbrava or-

mai pidi conitento, pidi felice di porre a' piedi di quella caraiSdonna la sua povert8.- Maddalena, Agostino - ei disse entrando nel tugurio

del legnaiuolo-spero ormai non troverete piid oblezioni alla mia felicita.

Vi annunizio che mio padre mi disereda.

11 legnaiuolo e sua figlia rimasero impietriti dalla sorpresa.

- Fbbene t - seguito Armando in ar·ia gioconda e quasi scherze-

vole-che cosa 6 7 Siete rimasti muti t Non partecipate della mia giloa e

- Signore-disse Agrostino-mia figlia ed io siamo profondamente

addolorati di quanto ci dite. E che cosa ha potuto indlurre il signor conte

a questo estremo eccesso di rigore t

- Niente altro che if mio rifluto di sposare un' altra donna che uii

si proponeva.

- Ah I P>aves ben preveduto io I - esolamb Agostino - E voi, si-

gnore, avete riflutatoB

- Come avr·ei rjifutato chiunque altra - disse Armando con entu-

slasmo.

Agostino volse grli occhi al cielo, e rimase concentrato in angosciosi

pensieri .

- Iddio ci salvi da sventure I - egli sclamb>.

Maddalena piangea. Sarebbe diflicile il definire la vera cagione delle

sue lagrime.

Ella piangea per la gioia di vedersi preferita nel cuore del giovin si-

grnore ad una sposa ricca e brillante; preferita colP'enorme sacrificio di

una eredita chie vieni perduta; piangea di rammarico per veder privo quel

generoso glovine di quella parte delle paterne ricchezze che gli sarebbe

spettata; e finalmente piangea per un tristo ed inesplicabile presenti-

mento di prossima sciagura. La felicith che ella gaodea in quel momento

era troppo grande pel suo povero cuore; se ne sentiva oppressa e come

schiacciata.

--- Cessa dal piangere, Maddalena - le disse Armando con vsce in-

sinuante e con quelP accento di commozione Che soltanto P amor vero e

sublime sa dare. Non piid lagrime, angiol mio; e tempo ormai di sor-

: ~ridere; non ti prenda di me pensiero; io son ricco abbastanza di quel -

c che mia madre mi lascib. D'altra parte, lavorer6 con piacere; non in-

darno ho speso la mia glovihezza su i libri e neg;li studii; non indarrio

ho imparato a ridermi dell'avversa foi*tuna. La religione, la filosofia e

P' amore mi consoleranno di.qualunque perdita... Ma cessa dal piarigere,

Maddalena, se vuoi che io sorrida, ch' io sia felice... Ditumi una parola,

una sola parola, ed to non avrb pidi nulla a desiderare sulla terra.

- Signore - balbettb Maddalena levaindo quel volto bellissimo, su

cui brillava la pidi pura gioia del elelo.

- Non piid signore, chiamami Armando, chiamnami tuo sposo...

:: - Arman`do, Iddio vi benedica della felicita che mi fate provare.

Quiesto istante compensa tutte le amnarezze della mia vita.

- ComL. sei bella, o Maddalena l Quanto piliti veggo e ti contemplo,

is ritrovio in to la perfezione della creatura.

Quie' due giovani rimasero lunga pezza a rig;uardarsi in un'estasi che

riempiva la loro anima d'una gloia cel'este.

- 2 tempo ch'io mi rechi alia Valletta, disse Maddalena, la Filanda

mi aspetta.

- SarA questo P'ultimo giorno che tu lavori cold -disse Armando-

Ormai non vog;lio che la mia fidanzata si affatiehi per si vil mercede.

- L' ultimo glorno/ - mnormnorb Maddalena con un accento che fece;:

rab-brividire il cuore di Armando a di Agostino.

laesplicabili misteri della vital

II vecchio infermo si senti nel cuOre una indicibile e straordinaria

tenerezza per la diletta figlia; la chiamb a sé,1la strinse al petto, le bacib

mille volte la candida fronte, e mille volte la benedisse.

- Va, va pure, figlia mia; domnani provvederemo diversamente col

signor Armando a cib che ti risguarda.

- lo 1' accompagno - disse Armando -- voglio vedere la Filanida

della Valletta.

- Mia figlia é vostra -- disse 11 vecchio con intera confidenza e ab-

bandono nella virtdi del glovine signore.

Armando e Maddalena partirono.

Eglino si erano appena discostati un quarto di mig:lio dalla casa;

camminavano a fianco l'uno dell' altra e si guardavano sempre negli oc-

chi amorosi, e ragionavano del loro avvenire : quando un colpo di schioppo

parti da un cespuglio dietro ad essi.

Maddalena, colpita a'reni, cadde morta a pie'del suo amnance.

Vi sono momenti nell' umana vita che é tale la forza del dolore chre

le facolth tutte delP>anima e del corpo nie rimangono come colpite da in-

vincibile paralisi: estimasi quasi un sogno P> accaduto; e P uomo si ri-

trova per dir cosi, in una regione straniera al resto degli uomini collo-

cati nelle comuni e consuete condizioni di vita.

Maddalena, nel ricevere il colpo che la toglieva a' viventi, non aveva

avuto il tempo~ che di pronunziare il nome del padre; a la sua bellfanimia,

stacenta .sI bruscamentePa quel leggiadro corpo, era andata a raggiun-

gere quella della diletta genitrice.

Armando figgea gli occhi sul cadavere di Maddalena; e parea come

so non avesse tostainente compreso I' orrendo significato di quella giaci-

tu'ra. Ma, citornato appresso un momento da quella selvaggia stupefazio-

,ne, il suo primo pensiero fu di correre cold donde era venuto P'inaudito

misfatto; ma 1' assassino era sp~arito; e neppure le orme delle sue pedate

furon· trovate sulP> umide terreno.

'Tiriamo un relo sulla scena che seguitb nel tugurio di Agostino il

legnaiuolo, quando Armnando vi fece trasportare 11 cadavere della infe-

lice giovinetta.

Due mesi dopo questa scena straziante che lasciamo alla immag;i-

nazione de' nostri lettori, un' altra volta i lenti rintocchi della campana del

villaggio annunziavano un'altra morte e un' altra umana salma che ve-

niva a pagare il suo tributo alla terr·a.

Era quella di Agostino Casali, padre intelice della sventurata Mad-

dalena, il quiale, gid mal ridotto in salute da passati travagli, non avea

potuto sopravvivere all' eccessivo dolore della figlia, all' abbandono ir\ eui

la mnorte di lei, che era tutta la sua provvidenza e sostegno, avealo gittato.

Che cosa frattant6 facea il vulnerato amante di Mladdalena, sul cui

cadavere egli avea solennemenle giurato di vendicarla, anche a costo della

propria vitat

Qual tigre assetata di sangue egli era corso al castello: avea la cer-

tezza morale che 1' orribiile assassinio era stato l' opera di don Sulpizio Ar-

baci, ovvero (cib che il facea fremere e raccaipricciare) dello stesso suo

padre. Ma fl suo cuore il persuadeva che suo padre non si sarebbe giam-

mai maechiato di cost infamne delitto, il quale non potevai essere stato con-

cepito ed eseguito che da quel ribaldissimo di don Sulpizio, al quale egrli

giurava di strappare 11 culore colle sue proprie mani.

Ma don Sulpizio non fu si gonzo da lasciarsi trovare al castello, dopo

che ebbe dato compimento allo scellerato disegno di torre dal mondo l' in-

felice fanciulla, cui tolto avea le sostanze. Le mninacco, di Armando, 10i

spirar del termine asseganatogli per la restituzione della roba involata, e

1' iradelvecchio conte, suscitata dall' ultimo dialogo che questi areasi avato

col figliuolo, aveanlo maturato e precipitato quel colpo che dovea troncare

due belle e nobiill esistenze.

La morte vioilenta dei giusti é uno di quei solenni problemi la cui so-

luzione si riserba l'E~terna Sagrgezza. AlP>occhio della mefnte umnana chie

ha fosca e limitata guardatur·a, simnigrlianti funesti avvenimenti possono pa-

rere di vaste e incomprensibili sproporzioni nell'ordinie stupendo dell' u-

niverso; ma tutto ha la sua ragrionie e il suo esplicamento nel magistero

della vita si mirabilmnente dalla Provvidenza~ ordinato.

Che parte aveva avuto il vecchiio conte di Castelmoresco nell' assas-

sinio di Maddalenal Non vogliamo assottigliarci in cosi fatta. odiosa inda-

gine, che a niulla mena per la nostra istoria. Diremo sol questo, che: non

2 120 -

I ·si tosto adita la mlorte della glovase, il conte era stato fulminato da unviolento colpo disangue, ehie mmnacciava senza altro di ridurlo agli estremi.

Armando fe' risonare nel castello la sua voce di leone che volea sni-

dare dal sue covile F'infame Sulpizio; ma indarpo ~quella voce terribile

rimnbombava ;sotto le volte e sotto i palchi delle vaste camere di quegli ap-

partamenti. Iservi spaventati dall'anspotto feroce del giovine loro padrone,

non sapevapo dar contezza dell' aio; e si affrettavano ad accorrere dap-

presso al vechhiio signor·e colpito da si grave accidente.

Armnando pid nulla intendea; pidi nulla capiva di quanto era interve-

nulto. Comech6 i servi gli avessero detto che il conte suo padre era stato

sovrap reso da una specie di apoplessia, egli non prestava ascolto a'loro

detti, dominato essendo da un sol pensiero, quello di ritrovar·e l'infamne

autore della morte di Maddalena.

Nella siia rabbia, nell' i mpossente furore ehe gli cagnionava 1' ass e nza

dell'uomro sul quale egli avea giurato di vendicare la s:ua Maddalenia, Ar-

maildo giltava le pidi disperate grida, correa turibondlo per le solinghe stanze 1del castello, si torturava i capelli e la b~arba. I~n quegl' istanti del pidi eleco

furor8, avrebbe dato la sua vita per avere quella dedll'assassino di quel-

P' angiolo.

Ma, per somnma felice ventura delP> uomo, qlualunque violenza di- pas-

sioni non pub a lungro durare. 11 furore e la sete di vendetta cedettero il

posto nel cuore di Armando al pidi cocente diolorj : copiose e calde lag·rims

tennero dietro alle sue strida di leone.

Ebbene, in quell'inferno, un oggaetto di suprema felicita gli restava:

P' imrmagine di Maddalena, il ritratto che egli st·esso le avea fatto : corse

nelle sue stanze per ritrovare quiesto earissimo aggetto, sul quale dl' ora

inuanzi avrebbe concentrato tutti i suoi affetti e takte 14 sue memorie. 11

ritratto di iMaddalena era conservato ini un forziere accanto al letto; era

un ovale di avorio, chie P'amante avea fatto fregriare d'una cornice d'oro.

Coll' ansia delirante d' uno sposo che corre a s-oprirj la bara in cui

riposano i cari avanzi della sua diletta, Armndo corse ad aprire il for-

ziere in cui riposava l' immagoine di colei che sola egrli aveva amata d' un

amore, la cui felicith era stata si breve. Ma non era tuttora esaurita la

.coppa del dolore che dovea tracannare l'infelice figlio del conte.

11 ritratto di Maddalena pid non era niel forzieral

Tutto cid che trovavasi in quella stanza and6 in ruina; tutto fu grillato

sossopra; ma tutto invano ! Il ritratto era sparito, rubato forse dallo stesso

infame don Sulpizio, che a tal modo compiva tutto P>esecrabile dramma

del suo misfatto.

Cieco questa volta d'uno sdegno chie gli toglieva la nagione, Armando,

senza sapere quello che si facesse, si armb d'una pistola carica, etras~se

con occhi di sangue nelle stanze di suo fratello Giovannii.

Quelle stanze erano vuote e deserte come tutto il resto dell' apparta-

mento I

Ricordballora lo sciagurato glovine chie una parola avea colpito 11 suo

orecch-io quand'egli interrogava i servi sulia sparizione di don Sulpizio :

quella parola dices: Vostro padre sii moore !

Armando nion sapea rendersi ragione di questa fraseI; cih non p>er-

- 121 -

tanto, essa il facea rabbrividire, a g;li spiegava la solitudine del castello:ebbe un lamipo d' intendimiento, che sue paépe fosse davvero presso arnorire 1

Col pie' vacillante, ineerto come quello di un ebbro, Armando si av--'vid verso le stanze del padre, che erano al primo piano del vecohio ca-stello.

L' agitazione e it moviinento che regnavano in qluelle stanze feeeroacdorto il glovine di un sinistro avvenimento.

Egli entra nella camera del genitore.Doni Gusmano giaceva nel suo letto, circondato da medici, da servi,

da persone chie fino a quel momento nessuno avea giammnai veduto nel ca-stello. La sua faccia di color cadaverico dava aperto indizio della pros-sima sua fine.

Giovanni P>idiota era al suo fiarico. Le sue semb-ianze noni attestavanoit minimo dispiacere per lo stato del padre.

Armando si avr~icinb al letto del genitore, e varie volte il chiamb.Don Gusmano alzo lentamente le morte palpebre.- Chi siete 7... che volete ?- Sonio io, padre mrio, sono A~rmando vastro figlio.- Armanido!... Andate.... io non pidl viaricoaosco...:' io non he che

unl sol figlio..Armanidogitt6 un' occhiata di· profondo disprezzo sul fratello, il quale

Ssorrideva con quel suo sorrise~ d'imbelle.- 11 dovere mi chiama presso di voi -disse Armnando con somma

tr·istezza - II vostro stato mi fa per poeo dimenticare 1' infam%è assassiniioche 6 stato comm·,sso sulla persons di Maddalena Casali.

Gli occhi del conte fecero un griro convuilsive nelle orblite, e si rinchiiu-sero un istante.

- Non credo - sogrgiunse Armando - chie voi, padre imio,vrogrliateportare nella tomba i1 vostro odio per me,. A quest' ora suprema ...

- O)ra suprema ! - eselamj it conte - Chi dice ch'io sono alia miaora supremna Abl tu fai voti per la mia morte'! Tou credi clie 10 mioriroab intestato? Non lo sperare... È gr;ik qualche te.mpo che li mie. disnpoizion itestamlentarie riposano in luogo sicuro.... Nulla, nu;la a' figli ingrati e

sconoscenli... Cib non pertanto, il lustro diel cogrnome mi é stato a cuor·e;

ho pensato pl figrlio tuo, qualora avrai un firglio.

- Pel figrlio mio !- sclambd Armando che nul1a capiv~a del linguiag-

glo del padre.

- Si, pvl figlio tuo.. Or va chi'io non ti vegrga... Va va, a piangere,la tua Maddalena Casali, la figrlia del legrnaiuolo ]

E~ra troppo il veleno di che era colma l' anima di Armiando. Que st' ul-timra selvaggia ironia fe' trabboccare i' amara coppa... 11 griovinle mise ungrido di dolore come se gli avessero tocca con ferr·o arrovenitato una vivapiaga.

- Dio, Dio miio I - esclam60 - qluesto 6 troppo !E una lagrima dli rabbia e di dolore si affaccib alle sue ardtenti plu-

pille.

Intanto, il conte, accecato da inesplicabile odio,i sollevavasi alquanto

sui guanciali, e,

- Giovanni - diceva - Giovanni, dammi quella scellerata imma-

gine, dammiela.

Giovanni andava a prendere in un piccolo. armadio un ogrgetto che

presentava al padre.

-- Ecco finl dovie gitingeva la tua vergogt1a -disse don Gusmano vol-

gendosi ad Armando che al sentire la parola immagine aves prestamente

levato il capo, che teneva abbassato -ecco il ritratto di colei...

E A~rmando feee un atto comeper impossessapsene ; ma donG usmano

ritir6 bruscamente la mano.

- Sping:ere 1' audacia fino a questo l

- Questo ritratto 6 mio -grid6 Armando con voce di leone-e

Sgiuro al cielo che...

-- Temerario, oderesti f

-- A me il ritratto...

- Va e raggiungilo - disse don Gusmano, g~istando quel quaidrettino

dali' alto di un finestrone aperto.

Armando mise un grido di disperazione. e fece un movimento verso

il padre come so avesse voluto acrostare la inano di lui che scagrliava dalla

finestra quellf oggetto adorato.

Nel brusco mnovimento che fece Armando, la pistola che eg·li si era

posta niella saccoccia dlell' abito entrando nella camnera del grenitore, cadde

a terra.

Don Giovanni raccolsela tosto, e con sataninica soddisfazione :

- Egli 6 armato, padre mio -disse il perfido.

- Armato !... contro di me !!

- Ecco 1' arma.

- Ahi! infame ! -gridb il vecchio conte... -v~a .. ti.. maledico !

Un grido d' orrore sfigrgi dalle labbra degli astanti.

Armanlo era corso prr ritrovare i frantumi del ritratto di Maddalena ;

ina P' orre nda maledizione del padre gli risono all' orecch io quando egrli non

aves ancora valicato l'uscio della stanza contiguva.

Un mese dopo> questa dep!orabile scenia, il conte di Castelmoresco

dlon Gusmano di Voltierra pidl non era nel numero de' viventi.

Le pruove testimoniali aveano convalidato le disp;osizioni testamenta-

ria del conte a dannio del primogenito; imnperciocché fu provato avere Ar-

mando attentato alla vita del geniitore.

Il testamlentoolograi'fod<i don Gusimano investiva il figrlio donn Giovanni

di tutta la eredit8; b·,ninteso che, qIualora Armando si fosse amimogliato

e avesse procreato un figrlio maschio, la qluota legittimia sarebbe r·icadutai

a questo figlio, di coi Armanldo sarebbe stato il tutore e 1 usufruttuario

dle' beni fino alla mIaggiorit8.

Riprendiamo ormai la niostra narrazione al punto in cui la lasciamumo

alla fine della seconda parte.

LEi DIE MCII

i~ ~~Sn passatii iii i alqani mes i da di ch Agr entr bi in qua- i

Jih'i ovrniante ine casa di Crastea ylaoeso .. oe, r -

Nulla di notevole era avvenuto in questo volgere di tempo. Neppure

un delto, neppure un gesto aveira tradito il caro segreto che Agar custo-

diva gelosamente nel suo cuore. Per6 chie ad og~niora del gior·no ella po-

tea disfogare la sua tenerezza materna, ella era contentissima; e, se il

sorriso piid non poteva balenare suil suo labbro, una certa calena era nel

fondo delP>anima sua. Cib nonpertanto, le dava alcuna volta infinita

malinconia if pensiero della casa paterna ch'ella av·eva abbandonata, ch4é

nessuna novella avea mal piti sentita del padre suo e della cara sua sorel-

la, mientre ella volgreva al cielo i pidi ardenti voti per istringrerli un'altra volta

al suo seno. Ohi come le tornavano al pensiero con immenFo rammiarico

i giorni innocenti della sua infanzia, i dolci affetti del genitore, i soavis-

simi giuochii fanciulleschii a'qluali avela comipagna la sua diletta Matilde !

Ohi come si struggea di pentirnento allo immuagrinarsi ch-e forse il padre

era stato tcatto alla tomnba dlalla forzadcel dolore e dal cordogilio della ver·-

gogna ch-e ella avea gittato sulla v.!noranida canizie di lui !

Siffatte immagrini e pe:nsieri dav~ano a qIuando a qluando una disper·ata

mialinconia alla gliovane, che cercava allora nelle preci chie a ·Dio volgeva

e nelle carezze del bambino, quel sollievo e quel balsamro chie non avreb>be

potuto ritrovare in nessoin umano conforto.

Non era venuta manco in verun mnodo la benevoglienza che il conte

e la conitessa aveanio addimostrata inverso la glovane governante.; se non

chec Armando, adldivenuto piid serio e taciturno e forse pid impensierito

da qiualchie tempyo, rar·amente indirizzavale la parola; ed era verso lei di

una sostenutezzia che ~ricordava sempre la distanzyz che separava le lorocondizioni.

Ma la buona Eugenia era tutta espansione ed amorevolezza per quiellacara creatura di Agar, la quale essa trattava ormai con quella medesima

.· : domestichezza e con qluello stesso affetto onde avrebbe :trattato nd pid ubmeno che una dolce sorella. Egli B pertanto mestieri il dire che non potea

':la pidi affezionata sorella addimostrare pidi delicato. e sensibile amore diquel che Agar addimostrava alla contessa, per Ja cuti sdlute ella pro-fonidea le pidi minute cure.

Comeché Eug;enia giammal lieta fosse stata per lo passato, e sem-pre la sua fronte si fosse mostrata annuvolata da tristi pensieri, orasiffatta tristezza era si venuta cregscendo che la sua troppo fiqcca sani-til ne risentiva, e non di rado era costretta a porsi a letto per certe fu-g~aci febbri nervose chie l' assalivano, a per le quali i medici non aveanosaputo consigliarle altri pidl efficaci rimedi che la distrazione e 10 sva-gamento.

Ma egli 6 un ragionare almorti qIuando si .discorne di svagamenti adun; animo che ha seril niotivi di perturbazioni. Sarebbe necessith di ri-niuovere pr;imamente le cagioni che quelle p>erturbazionl induicono e man-tengrono, e, per` disavventura, P'arte di Esoul:apio non trova farmaci atti asradicare ce-te malinconie chie riconosoono le loro cause nelle afflizionimorali.

Noi non lasceremno giammai di levare a clelo la nobiltd e la squisi-tezza de'sentimneniti della donna. Si parla della forza dell'uomo a frontode'miali della vita l Bugrie, ampollosita l L' uomo élPessere piu debole con-tro gli assaiti della ria fortunia.: ogrni lieve contrarieta lo esaspera, i ro-vesci lo avvilisconio, la disperatione lo spinige sovente a inauditi e maniacieccessi. L'amore veste in lui la forma della follia,1a gelosia ha it carattersdell' ira, e ogni passione si tramuita in lui in violento egoismo. Cie diffe-renza nella donna I L'annegazione, il sagrificio, la muta soffe·renza, la ras-segnazione cristiana, la forza d'animo chie le fa superare i suggerimaentidelle basse passioni, 11 perdono sempre pronto contro le offe.se, it sorrisosemprie stabile sulle labbra anchie qluando la disperazione e la miorte sononel cuore; ecco gli esempi gliornalieri chie queste povere creature ci por-gono a nostra vergogna. QSuardo P>uomro si appiglia al flinesto dettamne delsuicidio, la donna prega e spera; e si lascia miorire adempiendlo ai suoidloveri con sublime edl eroica mansuetudine.

CiO diciamo per le genierali, prer dire in particolare di Euge~nia, chiesembrava chf udere nell'animo un' am~`izione di cui nion sarebbe stato assaifacile indovinare la cagrione. E né noi il potremmo, avvegrnacché pur pen-slamno chie dovesse ispirac·le un senso di ripugnlanza l' avere usurpato i di-ritti di madre sovra uin fanelullo, e cid per secondare una mira d' interes-si. Non tanto ilrimorsao di qluesta azione chie potea rassomigliarsi ad unfurto, quanlto la tema dell'onia chie sarebbe caduta sulla famniglia qualorasi fosse discoperta la falsith del figlio, travagliavala di continuo, e mnet-tea le p:id grrandi apprensioni nell'animo di lei, che, nobile e digrnitosoper sua natura, si senitiva umiliato e oppresso sotto if p>eso d!ella falsitHcomnmes sa.

Msquialche altro segreto motivo doveva pesare sul cuore di Eugenia,

altre quello chec albôiam menzionato, e questo novello motivo sol da qual-

che mese parea che avesse itnpero sulla malineonica giovine, sulle sem-

bianze della quale non era difficile il legrgere qualche altra passione chie

si- vertiva aggiungendo alle molte chie le andavano sottilmente afiorando

`· la sanith e minorandlo la bella freschezza degli anni.

Eligenia sembrava men travagliata e meno trista soltanto allorché si

troavaut in compagnia di Agnar, chie i nostri lettori si sovverranno aver

preso il nome di Adele insin dal giorno che era fuggita dalla casa pater-

na. Una dolce consuetudine di affetti avvincea queste due donne, la cui

diversa condizione spariva sotto quel legame che ravvicina e incatena i

cuori, la sventura.

Eugenia non vedea pii in Aldele la grovernante del suo bamnbino; e que-

sta pll non ciguardava quella come la sua siganora da cui ricevea stipendio

e trattamento, Non rare volte la contessa si lasciO trasportare dalla Sua

traboceante sensibilith fino a stringieersi al seno la cara giovine, che, quànr

do cio interveniva, sentiva sul cuore piovere un torrente di tenerezza, unde

ella inondava d'i lagrime e di bacj le mani della sua nobile amiica e signora.

Una sera, la contessa era a letto: una delle solite periodiche febbrette

l'aveva assalita nelle~ ore pomeridiane.

II conte era da parecchi glorni a Castellammare, dove avea preso in

fitto un casinetto e dove spesso traeva ini compagaia de'suoi amici.

II fanciulletto Errico dIormiva nelle braecia di Agar, la quale sede·va

dappresso al letto della contessa, mlostrando la piU viva solleeitudine per

lo stato della sua salute.

Una lagrima vagava incerta ingli occhii di Eugenia. Agar guardava

qIuella lagrima che ricadea pesante e amara sul suo cuore.

- Adele - esolamb la contessa dopo un lungro silenzio - ohi quanto

io sono infelice 1

- Ben vorz'ei con tutto 11 mio sangue rendervi lieta, o signora-ri-

spose Agar con accento chie tradiva la sua profonda commozione.

- lo so chie mi ami, Adele; e questo solleva in parte le pene chie

soffro. Ringrazio Dio di avermi data in te una dolce amica.

Cid dicendo, stese la sua pallida destra ad Agar, che la strinse al

cuore e per lungo tratto vi tenne attaccate le labbra.

- La vostra mano é scottante, signora; voi avete la feb>bre ?

- Che mraraviglia! Noi Il'ho io semnpre?..

- Semîpre ! - esolamb con angoscia la glovine donna, e~i suoi oc-

chi si velarono di lagrime compassionievoli.

SFaccia Dio che pill non cessi la mia febbre ! -- disse cupamente

la contessa.

- Oh! chie mnai dite, signora I che vuol dir questol

- Vuol dire ch'io, sono assai sventurata, e che la sola morte potra

por fine alle mie sofferenze.

- Vi 6 nel cielo un Dio di pieta e di misericordia. Egli non pui> non

sollevare e render felice un cuore come il vostrol Oh! perché non mi é

dato di sceemar·e e di raddoleire le vostre sofferenize, signora contessal...

i . ~~-- Old1i no... ngn voglio che mi chiamni cost, Adele;: chiamard9... semi-

pliceumente Eugenia.

- 10, signora, chiiamiarvi...

I: ;- Si, seinplicemente Eugenia. 10 li amno tanto, mia buona Addel-tu sei la mia buona arniica, la sola mia amica... Pensa chie lo non ho co-nbseiuto mia madre.... che non hio avuto nessuna sqrella;.. Perch6 .rionvui -esserlo per me, Adele n~ila

- ~Agar strinise convulsivamente la mano della coritessa chie riposavanelle. sue. È: indicibile leffetto chie queste parole produssero su lei. On

,pensiero si affaccib subitamente, tristo a: scoraggiante, alla mente di lei:ella non corrispondeva coni pieria confidenza ed abbandono al'amore dellacontessa, giacche le nascondeva il suo vero esseIe, simrulava it suo no-me, 11 suo stato I Ma lioteva ella n\ai risolversi a palesarle la sula vergo-gna? tpotea risolversi a discoprirlejil terribile segreto del iiglio e

SElla pianse, e, per un istantaneo mnoto, di tenerezza, colmb di hacilaiTaccia sorr·idente del fanelullo che le riposava in sul grambo, come soavesse voluto rimproverargli la necessit8In cui ellai era per lui di nascori-dersi agli occhi della sua amica.

- Si, Adele - soggiulnse la contessa - d ora in poi io voglio chle· _. ~tu non mi abbi a chiamare altrimenti chiecome mi chiiamnerebb>e una so-

rella. D'ora in poi, vedi, io non permegtterb che tu pranzi ad altra tavolache alla mina...

- Comne signiora! possibjile l- esolanua Agar corr islancio d'im-menisa gloia... -- anche quander il signor conte 6 con voi 1

- Certamente... Oh! a liI non dispiacearb vedeartia mensar tra not .Un vivo rossore copri il volto diAgar, che abbass6 gli occhii, e parve

confusa della sua felicith,....- Sed uta: dappresso a qIuesto caro himbol - esolamava assorta nella

sua gloia - dappresso alla pidi sublime delle donne I al pidi virluoso tragli uominil

- 11 conte! ·- disse tristamente Eugenia - il piid virtuoso tra grliuominil

E la sua sinistra manio si portb a'suoi occhil E 11 soo seno, pocostante, si sollevavta pe'singhiozzi che la soffocavano,

Questi singahiozzi ri elavano aspramente una grande amarezza di cuidoveva essere abbeverato il cuore della buona Eugeniia a causa di suo ma-rito: e forse la conidotta di costui entrava per la massima parte nei mo-tivi di quella tristezza e di quelle sofferenze the travagl!iavano la giovanesignora.

Agar non ardiva interrogare la sua sigrnora sovra un subietto si di-licato, e, colla faccia abbassata sul caro pargoletto, parea profondamenteaddolorata da quanto soffriva la contessa.

- Adele - dissele costei dopo qualche momento-hio hisogrno di sfo-gave niel enore di un'amica la piena del mio affanno. Sara qIuesta uni'altraprova che ti dard della mia amicizia e della mia confidenza in le. Avve-gnacchbé io non sappia i casi di tua vita, h-o indovinato in te, fini dal primoistante che ti vidi, una tempera d'animo eguale alla mia e una senisibi-lita capace di comprendere le pene del cuore. Io sentirommni assai sgra-

vala del mio dualo quiando ne avrb aperte le cagioni ad una dolce amica

qual tupei. :

- Come poteb ringraziarvi, o signriora, di tanta houth e di tanta af-

fezionetP arlate. Chi sal Forse troverd ne' seiitimenti della mnia rictmo-

sbenza qualche ispirazione cele~ste che possa in parte spargere alcua sol-

lievo sulle vostre affiizioni. E: so tanta gioia non mi A concedula, potremo

aImeno piangere e pregare insiems.

--- Ebbene, Adele -- prese a dire lentamente la contessa; - io non

pdtrb mai rivelarli la precipua sorgente: della tristazza chie mii menerh

alla :tomba, ma posso fartid~a 'confidenza chie la condotta di mio marito 6

utia delle piagrhe onde sanguina ,il mio povero chore.

-- La condotta del conte 1 - eselamb Agar come se giAi avessie so-

spettato quando le diceva Eugenia.

SDel conte, si, Adele.

SE che cosa avete a rimproverare al: vostro signor maritoP

Un tristo sorriso sflor6 le labbra della contessa.

- Chie -cosa ho a rimproverarglit Oh to nort sai quanto tempo ho

meco stessa combattuto innanzi di risolvermni a sposare quest'uomo, sul

cui capo sapeva che pesava la paterna mialedizione.

i Che mai dite, signora:·

- Si, il vecehio conite di Castelmoresco malediva At mando poco tem-

po prima di passare di questa vita; e sai tu perch6 il vecchio conte tra-

spor~tavasi a cosi tristo e severo eccesso contro il figliu~olo B

- Perch6 mai P

- Perch6 Armando osava levar la mano sacrilega armata di pistola

contro il venerando capo del genitore.

- Oh Dio l esolamb Agar pallida e commossa.

-lIo ben sapeva questo terribile avvenimento; eppure le esterne qua-

lita non meno chie P' ingegnu di Armando misedussero, mi abbagliarono;

e mi lasciai vincere dalla voce del miio cuoreo che lo scusava, prestando

eziandio I'orecchio ia coloro che mi dlicevano essere stato ingiusto il di-

seredamento al qluale avea condannato ilfiglio, in cuii riunivansi le piid belle

qualith della mente e del cuore.

- E cib 6 vero, signora- osservi> Agar -il conted éil modello della

pidl comipita gentilezza... Oltre a cib, egli vi ama...

- Mi amal - sclamo, Eugenia con sardonico riso - mi ama, dici

tu ! Or bene, vedremio se tra poco dirai lo stesso·. Or sonmi convinta chie

la mnaledizione del padre non pub che essere feconda di pessimi frutti e

chie il capo su cui essa ricade é stato gi8 da Dio maledetto.

Un fremnito d orrore corse per le mrembra dli Agar; giacche pens6>

chie forse anchi'ella era stata maledetta da suo padre.

Eugenia non s' avvide dell'effetto che qIuelle ultimesue parole aveanl

p'rodotto sulla sua amica e prosegul:

- Ben presto mi avvidi che la poesia ond' io aven circondato qluesto

uomo erasi dileguata. Una certa cupezza di temnperamento, un ricercare

soverchiiamente i piaceri e le distrazioni, ed una miatta prodigalith pose-

ro allo scoperto i suoi difetti e i suoi vizii. Ho veduto entrare nella mia

casa alcuni vermi turpi e schifîosi, abominio del genere umano ; alcuni di

que' sozzi nominii che prestan diinaro a enorms usura; he veduto mnib ma-

rito impallidire e tremare innarizz a costoro; e nion e guari egli Pon ·si 6

salvato da comnpiuta ruina e dal disonore che commettendo una violesza;

inaudita:. 11 eielo, ha voluto risparmiare .alla riostra famiglia l' ontai d ua

:-::j: :·:proCesso chie avrebbe :forse :menato a vergognose indagini; a dico, it

eiefo ha· voElito risparatiarci, imperoçché sentii esser morto di apoplessta

fulminante P'uome cbe av'rebbe potuto gittare il disohiore sti Armandoi lit

Castelmrhbesco. E questa febbre: dello spendere a ocehi chiusi non 10 hia

lasciato d~ice di avere i'l pid grani disprezzo' per qIuesto idolo del secolo

Sche si addimarida debnaro; a intanto ne ha bisogno ed anche in gran:quan-

tità. Non: posso dirti a che dura pruova egli ha messp I'amor niio lier lui;

E doveva io essere coist malamnente carrisposta ·di tanti sacritiziil

Agar ebbe .un lampe che quieste parole alludessero alla faecenda del

figlio fattitio the eglino si eran dati, spogliandone lei vetba·madre . ebbe

un senso di rancore per l!a contessa, il quale si fugh bhen presto al pen-

siero delle sofferenze di quella povera donia` e delf amore ch~e le addli-.

mnostrava nobilissimo e sinchro. TV'alt a partr, Agar noni sapeva fino a

chie punto Eug~ertia era stata colpevole del rapimento del piecolo Gabrie-

le, ed era disposta a credere chte tutta la responsabilit6 di questo fatto

dovesh~e ricadere sul conte.

- Eppure -continuo Eug;enia - a dispetto di: tutt' i torti e di tutt' i

vizil che ggli hia, io il perdohava -e I'amava; e giammrai un'aspra parola

non usci dal mio labbro per· rimproverarlo; upn mat siulle mie placide

sembianze èegli hia scorta la miniina dispiacenza o il mirlimo rancore. H-o

soffocalo in fondo al cuor mnio la pena chie mi divdrava per non mostrar-

gli semnpre the uni volto sorridente e tranqluillo.

SVoi siete un angelo, Eugoenia1 ] solamb Agar in un trasportca di

Iid*efrenabile ainmiratione.

-Oh! 1finalmente ! -disse la contessa con caro sorriso, facendo

allusione alla parola Eugenia; che Agar area _pronunciata invece d·i si-

glnora.

Agar si 1é rossa, e bialbeltt:

- Perdonlo... perdone, sigrnora contessa.

-- Eugenia si contentb di stringerle la mano e riprese:

- Ed i-, tutto gli perdonava, tutto era pronlta a sacrificai·e per lai;

ma l'abbandono, il disprezzo, F'ingratitudine, il tradimento!

- Ohi! ched dite mrai l

- Si, Adele, if tradimecnto, F'infedlelta... é cosa chie mi addolora,

mi avvilisce, mi strazia... griacchAé vedi, amica mia, mia buona Adele,

io P'amo ancora quest' uiomo, si, ho la debolezza dli amnarlo.

Gli occhii di Eugrenia si velarono di grrosse lagrime; ed ella era snf-

focata dalla pienezza della sua commozione.

Peor un' ritorno istantaneo suil suo proprio stato e su i sudi amo·-

ri cost indegnamente tradit;i, Agar non poté contenere le lagrime; e le

due glovani amichie si abbandonarono per polco allo~ sfoga dolcissimo del

planto.

Per uno di quegl' inesplicabili concatenamnenti dii circostanze, onde

place all'alta Provvidenza tessere i piul bei drammi di qluesta vita, qlue-

- 129 -

ste due donne, messe in qualphe modo nella stessa condizione di afl"tti,si vedevano ravvicinate, e trovavano la pid soave consolazione nella pidipura amicizia.

iAvrei potuto forse ancora esser felice I-soggianse la contessa?- Di nulia mi savei dato pensiero; io P>amava tantoI... Ma, o mio Dio,

il pensarci solamentel... Eg·li mi tradisce, Adele mia, si, mi tradiscel...ama... altra donna... assai pidl bella di me 1

- Che sentol Oh no, non 6 possibile, signora, non é possibile. 11conte vi ama, lo giurerei sul mio caipo... No, egli non ama altra doRnae... pii& bella di voi, non 6 possibile. V'ing~annate, Eugenia... contessa,la vostra debile fantasia e la vostra eccessiva temenza vi tradiscono e vipingono strani fantasmii.

- Fantasmi, tu dici l Dio il volesse t Ma non é mica un fantasmaquello che mi strazia il cuore; non sono mica fantasmni le pruove che hodella sua intedelth.

- Delle prove 1- Si, Adele; arrei potuto credere un effetto della mia esaltata fanta--

sia il vederlo da qualche tempo in preda ad una straordinaria preoccupa-zione,i chie non gli han dato giamlmai neanche i pid vivi interessi di fami-glia. Da qualche tempo egrli pidl non si abbandona a' suoi soliti diverti-menti; il suo umore si é fatto pidl cupo, pid intrattabile, piui selvatico.Da qualche tempo egli sembra schivare la mia compagnia, come se iodovessi leggere sulla sua fronte una colpa. Da qualche tempo ei non 6andato pidi a caccia, non esce piid, non vede pidi nessuno, tranne qualchevolta il dottor Pierucci... Pochi glorni fa, egli entr6 in questa camera,pallido, agitato e sospottoso: non osava levare gli occhi su me, figgea losguardo a terra qual reprobo.-Eugenia, egli mi disse, io sento la ne-cessild di allontanarmni per poco: ho preso in fitto un casino a Castellamn-mnare; verra meco il dottor Pierucci e qualche altro amnico; rimnarrmorncold per qualche mnese; ho bisogno d'aria, dli distrazione. Verrete a ve-derci B - 10 non so quel che risposi, g;iacchè queste sue parole mi fece-ro male al cuore, senza che io ne avessi comnpresa tutta la significazio-ne - Fate il piacer vostro - io risposi, e non potetti frenare 1' impetodelle lagrimle che mi si affacciarono alle cig;lia-A~ddio, Eugenia-ei sog-giunse, stendendomi la mano, ch' io trovai fredda e tremante, e volgen-domi una occhiata nella quale credetti scorgere un senso di pieta per mne.Tutto cib sarebbe rimasto inesplicabile mistero senza cio che vidi ieri echie rischiar6 I'anima mia d'una luce funesta e terriblle... Oh! io nemorirb, si. certamente nie morirO !

- Ohi mio Dio ! e che vedeste% ·- chiese Agar con viva agitazione.- Ascoltami, Adele.-leri io trassi nelle stanze di mio marito, do--

ve raramente entlro, tranne quando egli stesso mi vi ch-iama. Non so qualpresentimento funesto mi avvertiva che se avessi ro·vistato nella robsadel conte, avrei trovato la parola del mistero onde io era si crudelments~travagliata. Noi altre donne abbiamo certi presentimenti chie non c' in-gannano mai. Or bene, ieri dopo la colezione, io mi chiiusi entro lo stu-dio di Armanido: conoscevo if sito dov'ei ripone le chiavi della sua scri-vania, delle sue librev·ie e dei suoi armadli: cominciai, con un batti-cuore

- I30 -

che mi soffocava, a dare amnpio sfog;o alla mia curiosith. Iln prima co-

mnincial la mia rivista nella sua scrivania, di cui dischiusi P' un dopo

I'altro i cassettini. Dapprima nulla trovai, trannie che earte di faccende

le quali mi rattristarono, giacché mi fecero pid- ampiamento conoscore

lo stato deplorabile dei suoi affari. Faccia Dio che un giorno o I' altro,

egli nion si abbia a trovare sulP'orlo della ruina! In un altro cassettino ;

trovai parecchie sue seritture letterarie, varie po`esie, sulle- quali gitIial

appena 10 sguardo, imperocche noni formavano queste carte 1 aggetto della

mia curiosith... Ma ecco chie un demone, inimico della miia pace, mi caccia `

sotto gli occhi una carta, che parea si volesse nascondere tra le altre, co-

me per involarsi ail giusto mio sdegno, o come so avesse voluto rispar-

miare al mio povero cuore una cocentissima pena. Questa carta era forse

una bozza di lettera, miille cancellatur;e vi erano quasi ad ogni parola...

Ascolta, Adele, ascolta quel che dicea questa carta: ( Che infernoé I

questo che io provol... Dopo tante scenture, dopo tanti tormnenti, que-

st'altro mi era serbato dalla mia nera s~tella/ Pocera Eugeniall -

Comprendi, Adele, quanto vuol dire questa parolal Ei ml compiange, si :

duole di me... e mi tradisce... e ama un' altra 1

La voce della contessa era soffocata dal suo vivo dolore; cib non

pertanto ella fece forza a se stessa. e prosegui:

- E cib non é tutto, amica mia: finisci di ascoltare I'orrenda rive-

lazione che it eielo mettea sotto i mniei occhi per illumiiate la mla mnen-

te. Quella carta, di cui ricordo tutte le frasi, aggiungea: - A trentased

anni, nella etd del disinglanno, della fredda ragione, nella eta del pen-

siero e non dlel cuore, io sono la aittima della piU dlisperata passionelI...

Oh mio Dio, com' & orribile amare a 36 anni, amare con tuctte le forze

aucora vice della glooinezza, amare con tutta la febbre dle' sensi, e sen-

tirst dlalla coscienzoa rimproverare questo amore come un dlelittol... Io

credea che la coppa dlel dclori fosse per mne esauritalI... Credeca alraeno

che a fanco della piu cara e virtuosa donna acessi trocato quella pace

e quella giola,. di che fuLrono furati i miei verdli anni I... Credeco che

dlopo aver sentito uLna oolta l'amzore in tuLtta la possartad cel suo impero,

piu non dovesse questo mio cuore ribelle acdersi suo vilissimo schiacol

Inesplicabile fatalitct della taia citall A che passo mi condurrd questa

folliaf .. NTon bastarto le torture che mi cagionano i mie·i credlitori... che!

un' altra aggiunger·si dlooeval... - Ecco, Adele mia, tutto ci6 che con-

tiene di orribile questa carta scritta di sue pugno, questa carta che mi

torrj la vita. In sul primo gittarvi gili occhii e nel leggrervi le prime righe,

una speranza mi baleno alla mente. Fosse mai questo un passo d'an suo

romanzol! dissi tra me con palpito di spemie, la quale: doves cosi presto

svanire colla certezza di essere tradita ! Tutte le parole di qluella crude-

lissima scrittura non poteanio riferirsi chie a lui; il mio nome era ivi de-

signato come una povera vittima l Non ci era dubbio l CollPamaro diletto

onide un condannato si place a rileggere mille volte la sentenza di mor'te,

ho riletta anch'>io mille volte quella carta funesta, di cui ogni parola mi

ê rimasta scolpita incancellabilmiente nella memor·ia... 10 dunque ho per·-

duto e per sempre I'amore di Armnando ! .. Un'altrai donna, ch'>io Fo es-

sere di me piid bella, mi rapisce il cuore di miio maritol... Eppure Adele

- 131 -

miia, io non so dirti qluanto amo quest'uomol io 1'amo, si, e pid P'amo

ormai, che egli si alloritana da mne e mi abbandonal... E quando penso

qhe la mia morte il fard felice, giacche il redîder8 libero di possedere la

donina che egli ama, sento, amica mia, che la rassegnazione mi abbando-

na, e la disperazione mi afferra il cuore tra i suoi artigli di ferro. Ohfl io

sono infelice I assai infelice I

Copiose lagrime sgorgarono dagli occhi di Eugenia. Inesprimibile

Bra la pena che Agar ne risentiva. Nou sapendo in che modo .consolare

Squella sventurata donna, depose per poco sul letto il fanciullo addormenta-

to a si avvicinb alla contessa, che parea venisse meno sotto la forza delle

sue morali sofferenze. Eugenia attirb tra le sue braccia la diletta amica,

la quale, dimentica della distanza che la sorte area messa apparente-

mente tra loro due, si abbandonb a tutto P>eccesso della sua tenerezza, e

copri di caldi baci le pallide guancie della softerente.

Sotto il fuoco di quei baci di simpatia che discoprivano un'anima ar-

dente, la quale avea forse provato una sventura uguale alla sua, Euge-

nia senti scenderle in sul cuore un soilievo celeste che teamut6 le sue

pene in estasi deleissimna. Elettrizzata da quella inattesa espansione di

affetto, ella guiardava con vera ammirazione l'amica, e non sapea per--

suadersi che tanta squisita sensibilita albergasse in douna di non alta

condizione.

Oh I Iamicizia é pure il pidi gran dono del cielo ! Beati coloro cui ri-

mane ancora un amico vero nelle loro sventure ! Oh perch6 le donnie sono

cosi raraments favorite dal cielo di questo dono sublimne perché la pa-

rola amicizia ha uni significato ignoto a questi esseri, per cui la parola

amore é tutta P> esistenza t

Grandemente sollevata da questo carissimo stogo, un sorriso appar-

ve sulle labbra di Eugenia.

- lo non so persuadermi di quanto mi dite, signora Eugiënia-disse

Agar-2, egli mai possibile che il conte...

- 11 comte... ama... un'altra-ripetè tristamente la povera donna.

- E quest' altra... ch' egli ama-interrogrd Agar con voce commnos-

sa e abbassando le lunghe ciglia-voi, signora .. P>avete reduta, poiché...

dite essere pidi bella di voi...

- Si, Adele... I'ho... veduta in immagine.

- In immagine I

- Si; in altro cassettino della scrivania di Armando. Nel recondito

fondo... vidi un ritratto della pidi bella fanciulla che grli occhi miei aves-

sero mai veduta. L' una donna che forse appartiene alla classe operaia,

che tale addimostraula i suoi vestimenti.

- Un' operaia I selamb Ag7ar.

- Ma bella, come 11 piid bello degli angioli.

Agar si sentiva sollevata da un peso mortale, chie le avea stretto il

cuore fin dal primo islante che Eugenia le avea accennata la cagione delle

sue sofferenze. Imnperocché la tapina aveva avato un fulgore di sospetto

che la donna che il conte amava, e per cui tradiva la sua consorte, fosse

ella stessa. Non sapremmo dire che motivo poteva avere indotto Agar a

nutrire un tal sospetto; ma 6 certo cheR il suo cuore prov6 una soddisfa-

- 132 -

fione grandissima nellsentire che altra era la malaugurata dOnna che ave- -

va ispirato al contei un colpevole amore.

11 fanciulletto intant~o si ridestava, e apriva que' suol due occhi.~di se-

ratino, i qIuali si fissarono con an certo senso di malinconia su Agar, le

chii orecchiie furono per ~la prima voltq colpite dd uina parola che le fece

Sbalga,re il cuore come so avesse voluto scoppiare ; ed ella impallidi come

morta.

11 pargoletto area per la prima volta proiferita la cara par·ola mam-

ma, dirigendola, per naturale iistinto, alla vera sua madre.

IL PRANZO

ualche giorno appresso, il conte di Castelmoresco era di ri-

torno da C;astellamnmare.·Q Parea che la campagna, gli amici, gli svagoamenti non

avessero operato un gran muta mento nelle disposizioni delP>a-

nitno suo; anzi egli era tomnato piid tristo, pid pallido,,pid taciturno.

Eugenia, rjimessa in parte datla sua ultima indidposizione, aves ac-

colto suo marito con quel sorriso che giammai non si scompagnava dalle

sue labbra, anche quando la pidi cruda sofferenza era nel fondo del suo

citore. La presenza di A.rmando, it suo stato di salute che sembrava al-

quanto deteriorato, la pallidezza del suo volto, le aveano gia fatto dimen-

ticare tutto quanto ella aveva a rimproverargli; ed ora ella era soltanto

inquieta, coiiturbata per le visibill sofferenze di lui.

- lo non vi aspettava cost presto, disse Eugenia.

- Mi sono mortalmente annoiato a Castellammare: trovo tutto in-

sopportabile, anch'e i miei amici pidi cari, anche il mio Pierucci.

- E rimarrete qui qualche glorno pria di ripartire?

- Non andro pidi a Castellammare; speravo divertirmni, distrarmi;

ma vi hio trovato invece magrgiore tristpzza. Anelavo dli ritornare qui.

- Non é a Castellammare la donna che egli ama -disse tra sé Ja

povera Eugemia.

- venuto alcuno nella mia assenza?-chiiese Armando fissando

a terra uria sguardo cupo e tenebroso.

- De' vostri amici nessuno tranne il principe di B...

- 11 principe di B...l Oh! gli avete detto forse ch'io era a Castel-

lammare ?

- Vol non mi avevate fatto un divieto di dirglielo.

- ]2 vero; ma ora non amerei di vederlo, lui meno di ogni altro;

ho fatto bene a ritornarmene; cosi ho evitato la sua visita cola. Vi prego

di dire alia mia genle chie io nion voglio vedere nessuno, assolutamnente

nessuno.

* - Neanche il dottore%-chiese Eugenia con un certo significato.- Ah I it dottore1... per lui la cosa B differente... Ben sapete che

io non posso far di meno di lui; mna B it solo, capits, il solo, che vedr6.Detto cio, Armando lasciava sua moglie e ritiravasi nelle sue came-

re, senza che le avesse rivolto ad~ppure una di quelle frasi che si diconotalvolta per semplice cortesia, senz~a che il volto di lei emaciate e pallidoSavesse fermato per poco la sua attenzione, epperb le avesse chiesto contodella sua salute.

Questa assoluta noncuranza, questo avvilienite disprezzo che il ma-rito le mostravai, avea crudelmente ferito 11 cuore della misera, che, co-me tosto quegli si fu ritirato nelle/sue stanze, corse a ritrovare Agar, lesi gittb piangetido tra le braccia, e

- Itgli mi odia, Adele mia - solamb-egli mi oditt; it suo sguardomi ha fatto fremere... O Dio, 0 mio Dio, ho perduto per sempre'il suocuore, si, per sempre !... Or non mi rimane che morire.

- Fate animo, Eugenia - le disse Agar-forse vi siete ingannatasu i sentimenti del conte. Ben sapete che gli uomini non addimostranomai alP'esterno quiello che sentono.

- E quella lettera l quel ritratto I- Sperate Eugenia; il cuore di vostro marito 6 nobile e generoso.

10 per me sono sicura che voi riacquisterete il suo amore, se pur mal loavete perduto... Ebbene, io vi dird e~he il suo pronto ritorno da Castellam-mare é una prova che egli non pub> vedersi lungi da voi.

Un tristo sorriso sflorb le labbra della contessa.- E tu credi, Adele, che egli sia ritornato per me cosi presto?- Ma, certamente... D)' altra parte, ve ne assicurerete tra breve,

giacché so i suoi pensieri sono diretti altrove, si affrettera ad uscire.- Gli 6 vero, Adele; ina pure io sono conviata, piu chie convinta,

che egli non mi ama piid LSe tu avessi veduto com' era torbida e pensie- :rosa la sua fronite I come la sua parola mi mettera il ghiaccio e lo spaventonel cuore!

- Ma e perché if suo malumore non potrebbe essere figlio di serioperturbazioni che gli danno i suoi interessi e 10 stato dei suoi affari8-os-serv6 Agar, non seaza qIualche fondamento di apparente ragione.

- I suoi affari l i suoi interessil Tu dici bene; ma io troppo conoscoit suo carattere. So che questi non hanno avuto mai la forza di melterlodi cattivo umnore. Oltre a cio, egli è sofferente; ha una ciers,~ un lividoresulle labbra che non gli ho veduto mai per lo intianzi; mi é sembrato discorgrere profonde occhiaie solcate sulle sue guance... Si, Adele, eglisoffre, egli é infelice; una sciagrurata passionle S nel profondo del suo cuo-re ; ed uina passione é terribile per un uomo della sua tempera; é tossicomortale che gli rodera le fibre... E quella donna del ritratto... 6 cosi bel-la 1... ha sembianze cosi care ed ininocenti.

11 piccolo Errico venne a distrarre le due giovani donnie dal subiettodel loro discorso, con qluelle tante imperiose esigenze dei fanciulletti, ilcut mondo é ristretto ai giocherelli con chie si baloccano.

All' ora consueta, fu annunziato al conte essersi servito 11 desi-nare.

E;ntrabdo nella stanza da pranzo, egli non si aspettava alla novith

che 10 colpi.

Agar era seduta tra Eugenia ed il piccolo Errico.

II conto si ferm6 attobito alla soglia di quella stanza: un raggio di

vivissima gloia balen6 sulle· sue sembianze. e massime negli occhi che

stolgorarono d'una elettrica luce: una legglera tinta vermiglia colorb le

smorte sue guance.

Eugenia,nulla sospettando del vero motive c3he cagionava qulel lampo

di gioia sul volto di Armando, si trov6 contentissima che la sorpresa pre-

paratagli non gli fosse dispiaciuta, ed avesse fugato per poco le tenebre

di quella fisonomia.

Da parte suai, Agar, confusa e vergognosa, divenuta una vampa di

fuoco nel volto, non osava levar gli occhi.

Diretno di sfuggita che, per far onore alla contessa e alla prova di

vera affezione che costei le dava, Agar si era vestita quella mattina in

modo cost semplice ad un tempo ed elegante, che ti·adiva il suo .gusto,

la sua educazione e la civile sua nascita. Giammai non si era offerto agli

sguardi di Armnando un tipo di cost perfetta avvenenza ed eleganza. Egli

era attonito, rapito, abbagliato.

Pochi secondi passarono nel silenzio. Eugenia (sventuratal) godea

della sorpresa e del piacere del marito; e questi, cogali ocehi ardente-

mente fissi sulla governante, non sapeva in certo modo dissimulare la

pienezza della sua traboccante ammirazione.

- Ebbene, Armando, che ne dite della sorpresa che vi ho prepa-

ratae

- Voi siete un angelo, Eugenia; siete antivenuta al pidi vivo mio

desiderio, the da molto tempo io nutriva, e che non osava manifestarvi,

temendo che potesse dispiacervi.

- Dispiacermi- -esolam6 ·la cara donna volgendo ad Agar una di

quelle occhiate in cui tutta la bonta dell'anima e la tenerezza del cuore

sono trasfuse-dispiacermi ! Voi dunque non sapete che Adele Parrini non

è pid la governante di Errico; ma la piid dolce, la pidi cara mia amica, 0,

per meglio dire, la mia diletta sorella B

Ci6 dicendo, stese la manio ad Ag;ar che la baci6 con si gran tra-

sporto che rivelava una pura e sincera affezione, mista alla pid viva ri-

conoscenza!

Non sapremme dire quello obe avvenisse nell' animo del conte a

questo sublime spettacolo. 11 vermiglio che per un momento avea colo-

rito il suo volto spart, cedendo il posto ad un plumbeo pallore. On rimor-

so pungentissimo strazi6 in qulell' istante it cuore di quiest'uomo, che gittO

uno sguardo sulla moglie, aguardo assai tristo, e nel quale intravedeasi

un sentimento di rispetto per quella angelica donna.

11 conte si sed6 dirimpetto alla contessa.

- Giacch6 voi, Eugenia, avete cost ben cominciato - ei disse te-

nondo gli occhi abbassati sul tondino di zuppa che avea dinanzi -io con-

tinuo la vostra bella opera. Ei conviene, a rigruardo di questa glovane,

emendare 11 torto dell'avversa fortuna. D'ora in poi, é miia precisa vo-

lo ath che ogrni vestigio di servit t e di soggrezione sparisca da lei : fa d'uopo

che i mief domestici si avvezzino a trattare Adele come un'altra padrona;che non sia diversith veruna tra voi, Eugenia, e lei.

- Per carit8, signorel. . - mormorb Agar nell' eccesso della con-'fusione e della giola.

Il conte 11nse di non aver inteso quella eselamazione, a continub:- D'ora in poi, Adele Parrini rion sara pidi qual donna mercenaria

in mia casa: io le assegao una pensione di an.nui ducati mille e duecento...- Ohi I non sard mai, signor conte - disse Agar con quella riso-

lutezza propria de' euori ndhili e alteri - io non potrei a ·nessun titolo:accettare un simile eccesso di bomba, di cui sento pertanto la più viva gra-titudine. Che la vostra generosith si spinga fino ad elevarmi al di sopradel mio stato, accetto con confusione an simil tratto, e vi benedico dalfondo del mio cuore.... Ma io... non potrei ugualmenite... accettare...: lapensione che volete farmi... 11 mondo phiederebbe a me ragiorie del vo-stro operare... ed io saret:costretta di arrossire innanzi a tutti. . e spe-cialmet~te innanzi a me stessa... No, signor conte, 'thirate la vostra pa-rola... e permettete ch' io vi ricordi che ora... avete un jiglio.

Queste parole erano cost strane e iriaspettate e, tanta dignita erasulle sembianze della giovape, che it conte rimase qual trasognato, nonprestanido fede ai suoi orecchi.

- Possibile che voi riousiate, Adele 1 - esolamb il conte.- Ella diviene sempre piu degna della mnia stima e della mia amn-

mirazione - disse Eugenia che avea preveduto il rifluto di Agar - Eb-bene, Armando, noi ci regroleremo diversamente, non 6 verot

Armando, cogli occhli fissi so Agar, non sentiva pid niente. Piii chiele sembianze della glovane, era I'anima di lei quella che formava ormalil subletto della sua pidi estetica ammTiratione.

11 pranzo continub alcun tratto nel silenzio.- Abbiamo una grande sventura a Castellammare- disse Armando

affin di dare altra piega alla conversazione.- Una sventural e qualeP- 11 pid onest' uomo che viva sotto il sole, Lorenzo del Gigrlio, u

uscito matto lA questa inaspottata e terribile rivelazione, Agar gittb un grido, im-

pallidi... e svenine.A questo grido, Armando ed Eugenia si alzarono spaventati, e corse:·o

alla sedia di Agar, sulle cui semlbianze si era sparso 11 pallore della morte.Tutte le pidi tenere ed affettuose cure furono profuse per richiamare.

in vita la misei·a, la quale fu immediatamente adagiata su:l suo letticciuolo.Quel grido e quello svenimento furono attribuiti ad un colpo di sani-

giue al cuore. Nissuno sospettO che tra il nominato Lorenzo del Giglio e

'i superfléPuoP 1d~ie ome E~C;~cugenia epre per· un islante abbandonas-se la sponda del letto della sua amica, e come ad ogni minuto spiasse coniangroseiosa ansietÿ il ritorno dli qluella vita che tanto ormai le era cara.

I1 conte non si mlosse oin momento dalia camera dlove era Agrar. Egliaves mandatai a chiiamnare in tutta fretlta il dottor Pieracci, la cui veniutaegli aspott colla pidi mortale imnpazienza.

- 137 -

Questi arrivb dopo uria deeina di minuti: esaminb attentamento lagiovane che dava appena segui di vita; le fece apprestare tutti i neceS-saril rimedii, e disse al conte suo amico:

- Un impensato a straordinario avvenirmento è dovuto accadtere, dacui questa donna 6 stata vižamente coIpita; o un gran placere o un grandolore.

11 conte ricordb allora ch·e Agar era; svenuta nel sentire la disgrazia.accaduta al· signor Lorenzo del Giglio, e sospette> qhe abcuna aderenza·dovesse essei·e trla questo e lei: beast egli era assai lontano dal supporreche questa giovane fosse la smarrita figliuola del vecchio negoziante diCastrellammare.

17 azione de'rimedii apprestati dal dottor Pieriioci non manc6 di ri-chiamare ben presto alla vita la governante, la quale ebbe dapprima uncerto stupore di quanto le era avvenuto; né piii ricordava le parole cheaveva udito al desinare.

Ella sorridea di piacere redendo intorno al suo letto Eugrenia, ilconte, il dottor Pierucci ed altri assistenti e domestici.

- Ebbene, Adele - dissele Eugenia abbracciandola - ti sembraben fatto il farci palpitare a que~sto modo, e la prima volta che abbiamnoavuto il placere di aZTerti alla nostra miensa !

Agar sorrise, e nullta'rispose, perocch6é quel chie le diceva la con-tessa era tuttavia una seiarada per lei.

A poco a poco pertanto, col ritornarle la sanith e la ragione, veninerammentandosi della scena del pranzo e delle parole proferite dal conte.Allora la: svbuturata ruppe in copiose lagrrime, che grandemiente contri-starono gli astaniti, a' quali ella addusse per pretesto usa inesplicabiledebolezza nervosa, che suo malgrado storzavala a piangere. Siffatta ra-giioan parve non soddisfacesse Eugenia e il conte, che ben si avvisava-nio altra dover essere la cagione del sinistro accidente occorso alla gio-vane Adele.

11 dottor Pierucci avera or·dinato che Adele non lasciasse il letto pertutta quella glornata; imperocché temea che un'aura di fe~bbre non l'aves-se assalita in sulle ore vespertine.

11 fancialletto Errico non avea voluto staccarsi un momento dal lettodi let, come anche la tenera e sensibile Eugenia, che avea per poco dl-menticato le sue sofferenze per non pensare chie a qluelle della sua dlilet-tissinia amica.

Agar fu trattata meglio che nol sarebbe stata la stessa contessa.Armand3 aveva dato grli ordini pidi severi perch6é niente le fosse manca-to; ed Eugenia le apprestava colle sue proprie mnahi le bevande prescrittedal dottore.

Nella somma delicatezza di sentimento che costituiva it fondio delcarattere di Eug·enia ella non avea toccato motto ad Agar sul fatto dellacrisi che le parole di. suo marito aveani cagrionato, aspettando che ellastessa le ne avesse fatta confidenza. Mlille penisieri, mille congietture pas-savano per la miente della con(essa senza chie ella potesse formarsi uniaidea de' legamni che stringeoano Agar e Lorenzo del Giglio.

III.

AQAR ED A\RMANDO

n sull' imbrunire, la contessa ricevé la visita d' una ragguarde-

vole dama; onde le fu forza distaccarsi per poco dal flanco di

egar, la quale aveva con molta premura aspettato una occasio-

no come questa per far pregare il conte a recarsi un momento

da lei, avendo a chiedergli un favore.

Armando s'intedtteneva nel suo studio col suo amico Pierucci, quan-

do un servo gli venne a dire che la signora Adele (non altrimenti chia-

mavania i servi di quella casa) il pregava di andar da lei che avea qualche

cosa da dirgli.

Armando balzb> sulla sedia, ed it suo masehio volto si copri di ros-

sore.

- A me 1 - siclamb - a me propriamente ella vuol parlare I Hai

to ben capitot

- A vostra eccellenza, signor conte; rispondeva il servo.

- Ci é nissuino nella sua camera P

- Nissuno.

- E la contessaP

- È nel salotto, in compagnia della duchessa di S...

- Addio, Pierucci - gli disse il conte stringrendogli la mnano - a

domani, n' é vero g

- A dothani, rispose il dottore con un malizioso sorriso; e si alzo

per andar via.

II conte entrb nella camera di Agar.

Un grlobo d'alabastro diffondea la sua luce in qluesta stanza, e mettea

nell'ombra la persona della glovine donna. La foltissima e bella chioma

di Agar, disordinata dal funesto avvenimento del mattino e dalla giacitura

nel letto, scendea sulle sue spalle come una massa di velluto; il cui nero

densissimno dava maggrior pallidezza a quella faccia dilicata e gentile. Nei

guoi occhii lucenti come nere stelle legrgeasi qualche cosa di straordinario.

- 4139 -

Nessuna donna avea mai prodotto nelP>animo di Armando I' impres-

sione p·he Agar vi producea ; era la febbre che lo aguardo di questa donna

gli mettea ne' polsi i era il disordine della ragione, il fascino de' sensi.

Quest)-uomo cost istruitio, cost forte, cost alla prova delle passioni, si tro-

vava P>essere pidi debole al cospetto di, quella donna: perdea persino la

disinvoltura del suo spirito.

-: Eccoini a voi, Adele - ei disse fermato alP' uScio di quella ca-

Smera - che cosa pub mai procacciarmi il sommo piacere di ricev·ere un

comando dal vostro labbro t

- Perdoni, signor conte, mille perdoni -rispose la giovane arros-

sendo vivamnente - la vostra eccessiva bonta per .me mi ha renduta ar-

dita.

- Parlate, Adele, parlate; qualunque cosa pub rendervi lieta e fe-

lice, siate sicura che Armando di Castelmoresco la porrh a' vostri piedi,

per quanto arduo e difficile ei sia l'ottenerla. Oh! se io potessi lusingar-

mi della vostra piena confidenza in me 1

II conte si era seduto alla sponda del letto di Agar, in su quella me-

assima sedia dove pocanzi era stata seduta Eugenia.

-- Signor conte - disse Agar lentamente e con tal batticuore chie

le parole ne erano soffocate - io mal risponderei a tanta vostra benevo-

glienza e bonta se non riponessi nel vostro cuore nobilissimio e generoso

quella confidenza che mi chiedete... Io ho un dovrere a compiere verso di

voi e unia grazia a chiedervi.

- 11 solo dovere che voi avete verso di mne, Adrle, é quello di non

tardare uni istante a chiedermi quello che pub farvi placere.

- Ebbene, signor conte, io comincio dall' adempiere a un dovere,

confessandovi che... il mio nome non é... Adele Parrini.

- Che l voi non siete !...

- lo non sono che una sventurata. Un dovere assai pidi imperioso

m' imponeva di celarvi il vero mnio nome..·. Ma voi non avrete ad arros-

sare di avermi accolta nella vostra casa, signor conte... Vittima del pidi

inaudito tradimento, io porto alta l'a fronte, che la sventura e non la col-

pa ha umiliata.

-Oh qual pensiero l-selamb il conte... quel grido... di questa mat-

tina l le parole di Pierucci... sareste voi mai...

- La sventurata Agar del Gigrlio!

- Dio ! solambO Armrando... - vol... la figlia di L;orenzo del Giglio !

- lo, signor conte.

- Ohi! che mai sentolI E quel ribaldo che vi tradiva...

- NYon P'hot mai piid riveduto, né ho mai pid sentito a parlar di 10i...

Un breve silenzio tenne luogo tra questi due. Agar ripigli6 con voce

aljpena sensibile:

- Senza le impensate vostre parole di questa mattina, signor con-

te, 10 sarei rimasta ancora per qualche tempo agli occhii vostri la gover-

nante Adele Parrini; ma gia sentivo sorgere nel mio cuore il vivo ri-

morso d' ingannare la vostra bonta e quella della signora contessa, chie

mi ha onorata de'titoli pidl lusinighieri ed affettuosi... Quando questa mat-

tina mi sono sedula alla vostra mnensa, ho detto a me slessa: Non 6 pos-

- 14~0 --

sibile che to sequiti ad ingannare due enori si de'cellenti: a rischio di ve;

dermi discacciata di questa casa, dove ho goduto, dopO le mie sventure,

giorni si placidi e felici, io non debbo corrispondere cost male alla bene-

volenza del conte e della conitessa di Castelmoresco, che un glorno forse,

per qualche impensata casualith, potran sapere la verith da altre labbea:

che le mie. Ed in questa ferma deliberazione io era qqando questa mati

tina fl nome di Lorenzo del Giglio, dell' infelice mi9 padre, é uscito dalle

vostre labbra, accompagonato da una circostanza che mi hia lacerato il

cuore in modo che ho creduto morirne. Se egli (? vero quanto voi avete

detto, signor conite, se egli 6 vero che mio p)adre ha smarrito per me la:

ragione, io nie morrth di dolore e di pentimento; si, ne morrb disperata,,

giaicoh6 non potrb neanche avere la speranza che egrli mi perdloni.

Agar era soffocata da singhiozzi; abhondanti lagrime le inondav~ano,

le guance.

Sarebbe oltremodo dificile 11 dipingere :lo stato delP>animo del conte,

in cui si agitavano tamte e si diverse commozioni, che l'uso della favella

gli veniva tolto. Laonde poscia che un tratto di tempo rimase in silenzio,

collo sguardo fisso suilla giovine, cosi parlb:

- Fate animo, Agrar. Voi non vi siete apposta malamente nel giu-

dicarmni degno della vostra confidenza. Dal primo istante che vi vidi, in-

dovinai che non eravate quella che volevate danti a credere. La vostra

bellezza, la nobilta delle vostre sembianze, it vostro linguaggio, i vostrf

modi, il vostrù cuore, tutto vi tradiva. La stessa umiliazione di cui vole-

vate ricoprirvi pidi vi riailzava e renidea pidi bella e pidi nobile. O Agar, e

come poteste voi amnare un uomo, abbandonarvi a lui pura ed innocente,

e quest'uomo poté tradirvi, abbandonarvi l Destino incomprenlsibile I Que-

st'uomo adunque non dové mai guardarvi negli occhi, mal vedervi a pian-

giere come ora vi veggo io, mai sentirvi a parlare come ora vi ho intesa !

Vile, cento volfe vilel O Agar, voi avete commessa una colpa inaudita,

qluella di esservi abbandonata ad un rettile cosi vile....

- PietB, signore, pietal - mormorb tra isinghîiozzi 'Agar, inter-

pretando qlual rimprovrero`le parole del conte.

- Pietà I Non siete voi, Agar, quella chie e p~id degna di pieth !

II conte tacque, imnmerso ne'suoi pensieri, indi ripiglib:

-- Innanti che io vi apra la mia mente, Agar, aspetto che mi diciate

in chie cosa 10 possa farvi contenta. Ricordatevi chie mi avete promesso

di chiedermi qualche cosa.

- Si, signor conte, ho a chiedervi una grrazia; ma prima, ripongo

nel vostro onore il seg~reto che vi ho rivelate. Nissuno, tranne voi e la

contessa, dovra sapere che io sono Agar del Giglio.

- Ve 10 giuro sul mio onore - rispose Armando.

- Ebbene;, la grazia chie ho a chiedervi,' sigrnor conte, é che, ora

che sapete chi mi sono io, non mi discacciate dalla vostra casa.:. Oh...

Jungi... di qui... io ne mnor·reil

Agar non pote cont,inuare, che la sua voce era soffocata dal pianto.

- Discacciarvi dalla mia casa !Io diseaeciarvi, Agar! Cost dunque

mi avete mal giudicato!... E qluesta era la grazia che avevate a chieder-

mi 1 Ebbene, un'altra io debbo chiederne a voi, Agar.

- A me,:signor conteS- Si, Agar, ed é che giuriate di non lasciare mai questa casa, dove

Dio vi ha dollocata dopo quella in cui nasceste. ~Giuro innanzi a Dio thesarete qui rispottata e onorata comne convienlsi... Vol sarete la sorella diEugenia, di mia tidoglie.

·-Oh... la contessa mi disprezzerb quando saprb che io...S- La contessa vi amera di pidi... ed io... vi...Armanido trattenne suille labbra l'audace parola che era per bruciar-

SEd io soni, felice di possedere nella mia casa un angoelo di bonthSquale voi siete.

- Un'altra grazia, signor conte.- Parlate, Agar.- Mio padre, I'infelice mio padre, vorrei vederlo un'altra volta an-

edra... vederlo so1tanto... e mia sorella Matilde...- Ve 10 prometto.- È egli ahcora a Castellammare g

- Si, Agar.

- Signor conte, io vi dovrb la mia vita.

- Ora io vi chieggo, Ag;ar, un' intera confidenza.... Voi aveste....

un figlio!

- Ah! - solamb Agar, covrendosi la faccia con ambo le mani.

- Ebbene, Agar...

- Perduto... signor conte... perduto I forse morto l

-- Mi basta; perdonate se ho tratitto il vostro cuore di madre... So

pendeste un figlio, ne ritrovate un altro, nel mio Errico.

Agar: non rispose. Colle mani tuttavia spiegate sul volto, ella piani-

geva: e i suoi singhiozzi le sollevavano il seno come1' onda in tempesta.- Ma egli é d'uopo che io ritrovi il perfido che vi tradiva - sog-

giunse Armando cogli occhi slavillanti di collera-I1 tradimento fatto adun angaelo di donna, la morte d' un fanciullo, la follia d'un rispettabile vee-chio, sono delitti chie dimandano giustizia jinnanzi al cielo; ed io mi fardlo strumento di questa inesorabile giustizia. In qualunque Juogo il codardosi sla appiattato, sia purance alla estremith della terra, saprb snidarlo echîiamarlo e render conto di tanta sua infamia... Ma ditemi, Agar, dite-

i~mi, oh ve ne prego: comne poté il troSatello insinuarsi nel vostro cuore,carpire il vostro amore, e abusare della vostra innocenza fino a farvi por-re in oblio quella virtii che I'integerrimno padre vostro vi aveva istillatanel sanguee

- Deh ! signor conte, di g~razia, non mn'interrograte su questo punto;non fate ch'io rammenti la storia dell' onta mia. Tiriamo un velo sul tri-sto passato.

- Mi fu detto che egli spinse la sua infamia sino ad involare unaconsiderabile somma di danaro al suo benefattore.

- Ed io, signor conte, ignara ed innocente, io gli fornive i mezzidi comnplere questo furto, che doveva servirgli per abbandonarmi.

- Oh! 10l scelleratol Le v~ostre parole, Agar, mi cacciano nlelle fi-bre un tal fuoco di sdegno, cheé ormai sento che non riposerb fino a tanto

che vi avrb vendicata. di tante offese. Ditemni: nessuna congetturaI si é mai

avuta sul luogo del suo ritirot>

- Nessuna.

- Non si chiama egli Luigi Montero B

- Questo è il suo nome. Ohî, signor conte, se voi l'aveste vedutol

che sembiante d'innocenza, di candore, di semplicith! quanta leggiadria

d' aspetto l Come poteva un volto si vago e gentile Iiascondere un cuore

si perverso I Se 1' aveste intes oa parlare I Le sue parole erano dolci e in-

sinuanlticomeil canto dell' usignuolol... D' altra parte, egli era si glovine l

Noi avevamo quasi la medesima ethil... Se l'aveste veduto, signor conte,

con quei lunghi suoi capelli ricci che gli lambiv'ano le spalle, con quei `

i ~suoi occhii grandi e vivacil Noi parlavamio dei suoi genitori che egli avea

perduti si miseramente nella frana della valle di Gragnano; eal ricordp

di tanta sventura, le sue laCrrime scorreano abbondanti e sincer·e, alle

quali si mischiavano le mie; ed egli, vegrgenidomi a piangere, rimprove-

rava a 86 stesso di avermi attristata, e facea di conisolarmii, di sviare i

miei pensieri, ·richiamanidoli a pidl liete vedute; e allora, nel suo linguag-

gio inlfantile, ei mi parlava di amore, e portava le mie mani alle sue lab- :

bra; ed io non so dirvi, signor conte, quello che provava in quei mnomenti l

Luigi era 1' angelo mio, il mio paradiso, la inia vita, il mio avvenire 1..-

Nelle estive serate, seduti sul gran terrazzino del nostro appartamento

·a Castellammare, Luigi, mia sorella Matilde ed io, noi guardavamo quella

incantevole mnarina su cui la luna spandea la calmia e la volutte della sua~

luce; e ragionavamo della nostra affezione, dei nostri fanciulleschii pro-

ponimenti, dei piaceri chie ci promettevamo il domani. E qluando Matilde.

ne lasciava soli, Luigi si gittava alle mie ginocchbi... e...

- Basta cosil - esolamb il conte stralunato e pallidissimo-... Le

rostre parole, Agar, la flamma del vostro volto, i mioti del vostro seno,

mi rivelano... che... amate ancora... quest'nuomo I

Agar non rispose, ma trasse dal cuore un profondo sospiro.

La voce di Armando era rauca e sepolerale ; i suoi occhi cupi e ful-

minanti attestavano l'incendio del cuore.

- No, non vo' saperlo, Agar: se voi lo amate anicora, non 10 dite...

ve ne pr·ego, non 10 ditel

Agar volse al conte un'occhiata di sorpresa; e un brivido le paçss

sul cuiore veggendo la stralunatezza della fisonomia di lui.

Armando si alzb; e qual leone ferito al cuore, si die' a dare lunghi

passi nella camera. Colla dritta mnano egrli si torturava la foltissimna barba,

e dicea fra sé, nulla curando di essere inteso dalla glovane.

- No, non é possibile l... O, Lorenzo del Giglio, tu sarai vendicato

per la mia mano... Tutto il sanguedi quello scellerato noni bastera a dis-

setarmii ... Lo ama anicoral un vile, chie ha riflutato il paradiso che gli

si era offerto .. che ha inganniato e tradito quel cuorel

E si fermb a pie' del letto di Agar, incrocib le braccia, la guard6

lunga pezza, senza proferir parola. Indi ripigrli0:

- E-quest' uomio, vostro padre l'aveva accolto in sua casa, salvan-

dolo dall'abbiandono, dalla miseria... e forse dalla famne! Quest'uomo si

era seduto alla sua mensa comne un altro suo figlio: avea ricercato ogni

Ssera sul suo capo la benedizione del suo secondo padre, del suo henefat-

tore, del suo salvatore lI E quest' uomo avea finto di amarvi, forse nel di-

segno chie voi l'aintaste a rubare la sua piovvidenzal Agar, e voi potete

ancora nutrire nel vostro cuore un sentimento di rammarico e di amore

per costui l.. Oh, per pieth, se egli é cosl, non me lo palesate..., celate

questo sentimnento nelP>imo dell animo vostro, o ch' io divento?... matto;

Sperdo la ragione.

11 conte chiiuse i pugni, e seguitb a sprolungare di grandipassi quella

camera, facendola risuonare sotto i suoi stivalida canicare che non area

abbandonati fin da chie era venuto dai Castellanunare.

Agar pidi non parlava. 11 breve monologo del conte, il suo accento.

Pa spressione della sua fisonomia, tutto le facea nascers nellfanimo il ter-

ribile dubbiodel vero oggetto della folle passione di Armando, della quale

Eugenia le avea parlato. Questo dubbio la facea framere 1 Un simil caso

sarebbe stato il colmo della sventural

In un baleno le si affaccib alla mente il pensiero chie, se cib fosse vero,

ella avrebbe dovuto immancabilmente' abbandonare una casa, dove era

tanta parte del suo cuore, tutta la sua vita, dov' era suo figlio ! II pidl im-

perioso dovere intento non le avrebbe permesso di rimanere pidi a lungo

nella stessa caisa del conte di Castelmoresco, in cui la presenza di lei

sarebbe stata di continuo fomite alla follia di Armando, e crudele tradi-

mento, alla misera Eugrenia. Ma... e quel ritratto P... Questo imbrogliava

le cose e manteneva tuttavia il dubbio e la speranza ch' ella si fosse in-

gannata sul vero ogrgetto dell' amore· del conte.

- Bench&é alla somnma benevolenza della contessa - disse Agar per

distrarre i pensieri di quelP~uomno - arrei dovuto corrispondere col farle

io medesima la rivelazione che ho fatta a voi, sigrnor conte; cio non per-

tanto, vi confesso che non me ne hast6 P:aulimo: sarei morta di vergogna

innanzi a lei, e non avrei avato la forza di sopportare il suo sguardo. Voi

le parlerete per me, signor conte, e miotterrete il suo perdono, se per

qualche temnpo I'hio ingrannata, dandomi a credere quello che io non era.

Aspetter6 con rassegnazione la sea condanna; e, qualanqlue la debba es-

sere, porter6 estremamente scolpiti nel cuore i sentimienti della piid viva

riconoscenza per 1' inaudita bonts di cui ella mi facea degrna. La figlia di

Lorenzo del Giglio non dimentichera i favori accordati alla governante

Adele Parrini, che la contessa di Castelmoresco si degnava chiiamare ami-

ca e sorella.

- Questa sera medesima la contessa sapra futto -- disse Armando

- ed ella ne gioira, siste sieura, giacceh6 in tal confidenza ella scorge-

rd la pidi evidente prova della vostra amicizia.... E voi, Agar·, voi non

avete adl arrossire di cosa alcuna... La sventura fu sempre sacra ed ono-

randa, tanto pidi quianto la pid amara espiazione riscattava la colra del

cuore... Oh quanto avete dovoto soffrire, povero angrelol

Armando si era novellamente avvicinato a lei; si era di bel nuiovo

seduto alla sponda del suo letto, e si era impadronito della destra della

glovine, che stringea tra le sue.

Quella mano era fredda: aigghiacciata, mentre le mani del conteor iano

convulse e scottanti.

- 14~4 -

Agar fece un movimento per ritirarla,.ma Armando nol consentl.

- Signor conte, ho abusato de'vostri momenti- disse la timida glo-

vane. cercando di svincolare la sua mano dallPardente pressiond in cui

era - hio dimenticato che' la duchessa S... é nel salotto in compagrnia di-

vostra moglie. La gailanteria e la civilth prescrivono che non lasciate sole~:le due dame.

- Oh !... che cosa m'importa della duchessa di S... I-rispose Ar-

miando - o aborro queste grandi dame che vivono nel compasso delPde-

tiquette e nellPaggohiacciata atmnosfera del loSo egoismg. Incapaci di a-

mare, si limitano ad apprezzoare, secondo la loro frase prediletta, e, a

vece di essere amnate, si contentano di essere corteggiate. Oh quieste si-

gniore non~ hanno mai provato le giole e i tormenti delf'amore !

La posizione di Ag;ar diveniva sommamente imbarazzante, allorch6

per lieta ventura, Eugrenia entr6 di botto in quella camera.

II conte abbandon6> subitamente la mano della glovane, e si alzo per

cedere il posto a sua moglie che si precipiti, nelle braccia delP'amica.

Agar strinse al suo seno Eugenia con indicibile trasporto; e il piui

tenero bacio fu seamibiato tra le dlue donne, le cui labbra rimlasero ·attac-

cate le une alle altre.

Pallido e convulso, Armando, immobile e all'imnpiedi dappre·sso al

letto facea cadere sulla consorte u:no sguardo di feroce g;elosia.

Un mnese é passato dal di che Agar si era data a conoscere al con-

te. Quella sera stessa Eug;enia fu informata da suo marito della grande ·

novita rigruardante iI vero essere di Adele Parrini.

Non sapremmo dire con precisions da quiali sentimnenti fosse domi-

nata Eugenia nello apprendere che la sua diletta amica e:.a la sventurata

figliuola di Lorenzo dlel Gigrlio, della quale aveva sehtito a parlare paree- :

chiie volte, e di cui conosceva in parte la storia. Beni possiam dire chie

tal rivelazione fu cagrionie di sommo diletto all'animo della contessa, la !

quale, naturalmente amica degli sventurati, si trovava felicissima~di es-

sere in qualche modo divenuta protezione e difesa della povera tradita.

Laonde, pace superfluo il dire in chie modo la nobil donna raddoppiasse

verso la giovine amica le mnanifestationi di un affetto, che era presso che

llivenuto ormai un hisogrno per entrambe.

Intanto ogrni dti erescea pidl la cupa concentrazione del conte?. L' ini-

felice Algar piid non potea nutrire speranza alcuna di essersi ingannata

sull'oggetto della sciagurata passione di Armandlo: e pero quanto dolore

le venisse all'animo é lie~ve cosa immnaginare. Eugenia so1tanto, la povera

Eugenia, viveva ignara della suia sventura I

Ella seguiva con infinito dolore i segrni della devastazione morate

che si operava sulle semnbianze di suo marito, e 11 suo animno era lace-

rato, phi che dalle torture della gelosia, dall'angoscia chie le cagrionavanlo

le sofferenze di quelP'uomo, che ella aveva amato ed amava nella vergi-

nita de' suoi affetti.

Fin dal rnomento che Agar si era avveduta della rea passione che

avea ispirata al conte, avea con grandissima cura schiivato di ritrovarsi

sola con lui, anche per poch-i momenti: la presenza di Armando le met-

-:tea pania; 11 suo sguardola facea raecapricciare. A mensa ella non osa-v-`:a levare i suoi oFchi neppure ima volta su lui;.e, pel consueto, I'ora

:=der desinare passava trista e silenziosa;~Cib ehelivrebbe dovato dischindere gli occhi dlella contessa era fl

a~considerare che Armando pidl tin usciva Iche- rar:issime volte di casa.:Oltre a cib, il fuoco che divampava negli oedhi d;i lui al so~lo sentir pro-niunziare it nome di Agar, il ricercarla che egli facea avidamente collo: suardo.·quiando ella non si mostravaO o ndugiava a mostrarsi:nelle oreip cui la famiglia era rianita, la maniera di rivolgoerle il discorso, le lun-

L ighe occhiate tfisse ardentemente su lei, avrebbeco devato palesare ad E~u-gemna qual si fosse I'oggetto della seiag;urata passione del marito, se itpensiero della povera mag~lie non fosse stato continuamente rivolto :al

i.ritratto, e per conseguenza all'ignato orig;inale.Una mattina, in sul mezzodi, Agar era sola dappresso at lettiecinolo

<lel pargoletto intermo.La contessa era uscita- per andare a trovare suo padre. L' indispo-

Ssizionre del piccoloi Errico aveala privata di godextdella compagnia dellasua amica, giacch6 il fanciullo non volea separarsi un sol momento dallasua Mammd Adele, siccome chiamiavala.

11 conte non era in casa.Agar si sentivia felice di trovarsi sola con suo figlio, il caro suo

Aiglio I Quanto pidl crescevano in lei i timori di doversi allontanare da quellacas; -dove ad ogni momento la sua virth era in pericolo, tanto pidi cre-

Ssceva in lei la traboccante ·tenerezza per quel bambino cui forse tra pocoella sarebbe stata costretta di abbandonare.

11 piccolo Errieb, 0, per meglio dire, il piecolo Gabriele era venuto~ ~I a quella ati ·infantile, in oui ogni movimento é una grazia, oght suono

proferito 6 un incanto, ogni sorr-iso 6 una gioia d'amnore. L'automa nellsfasce incomincia a rivelare un'anima intelligente; quella stupida orga-

a izzazionle diviene la dimor;ad' un angelo.E bellissima sopra ogni dire era quella creaturina: le rose della pid

'·ppura sanith fiorivano sulle s3e guance bianchissime; la testolina era ri-e coperta da una lanuiggine di seta; ma gli occhi su tutto erano d'una bel-e lezza cui non avrebbe sapaito immaginare il pidl felice dipintore.

11 fanciallo solea piangere e strepitare tutte le volts ohe Agar nongli stava dappresso: non avea sorrisi che per lei, quasi avesse avuto

a conosoenza esser lei la vera sua madre, non prendea cibo alcuno se nole ricevesse dalla mano della sua Mammzd Adele; ed era i-mpossibile 10 ad-a dormentarlo altrimenti che in sulle braecia di lei. 11 famciullo addimo-

strava una specie d' inesplicabile diffidenza verso Eugenia, e massimee VerSO il conte, il quale, d'altra parte, non aves giammal stampato le suec

labbra su quella fronte beHlissima e innocente.io Quale e quanta corrispondienza di affetti trovasse il fanelullo nel cuo-i- re della madre, non é mestieri che si dica, perocch6é ben si comprenderd

da quelle donne in ispecie che Dio ha benedette col dono della materni-'eta. Agar dimenticava tutte le sue sventure quando area nelle braccia

si quella dolce creatura. Era per questa donna un'estasi, un rapimento, una.; gioia che tutte le umane g~ioie soverchiava l Ella passava le due nivee

10

braccia dlel biambiJno attorno al suo collo, e stringendoselo al seno confrenesia di affetti, ne divorava le guance e grli oCchi con tempeste di baicichie non cessaviano chie per istanchezza. E it fanciullo parea si felice diosser fatto segno a quei trasporti chie aveano qualehie cosa di disperato.

Ed ora che quelP'angioletto era ammalato, Ja madre avea smarritoil sennio: e nessuno altro pensiero occupava I'ainimo suo, tranne quellodi veder ritiorire 11 vermiglio della sanith su quelle adorate szmbianze.

11 fenciullo si era addormnentato; ed Agar, col gomito' appoggiatosul letto, e colla fronite appoggiata alla miano, pensava tra sé:

Quale sarebbe il suo avvenire 3 quant'altro tempo sarebbe ella rima-sta in casa del conte ? quale f'avvenire di suo figlio t che sarebbe ella maidivenuta fuori di quella casa t quale il risultato della sciagrurata passionedel contet

Siffatti pensieri le si aggiravano pel capo; e intalnto, perciocch6é lanlotte precedente ella avea vegliato per assistere al caro figlioletto, vintoda insuperabile stanchiezza. il suo capo si rovesciava sul guanciale ac-canito a quello del bambino.

Un servo del conte entrava in qjuella camera, e appresso a lui unglovine assai ben vestito e di bello aspetto: avea la faccia affatto rasa elunghi i capelli a mo' deg~li artisti.

It servo avea fatto cenno a quel glovine che la governante si era ab-bandonata al sonno; e quegli, senza neppure curarsi di gitter 10 sguardosu lei, avea messo nelle mani del domestico una moneta d' oro.

- Bada di avvertirmi se giunga il conte o -la contessa.- Stia tranquillo.- Fa che nessuno venga a disturbare it mio colloquio con questa

donna.- Faccia pure a suo hell'agio - risyiose il servo con maligno sor-

riso.- Or lasciamri solo.11 servo allontanlossi.La prima occhiiata di quel giovine fu pel fanciullo, la seconda per la

donna che riposava sul mnedesimo guanciale. Ma it volgere 10 sguardosu questa fu per quiell uiomo come se fosse stato tocco da elettrica com-mozione.

Egli si accostb attonito alia glovinîe, Ja raegguard6 con sostenuta at-tenzione: i suoi ocehii espressero unia grandissima sorpresa.

- Essa l Agar l... Ma si, è dessa l Per P'inferno 1... No, non m'in-ganrio .. Agar !

Queste parole furono pronuinziate a voce alta abbastanza da svegrlia-re a soprassalto la dormniente, chen al vedlere la persona chie le stava daappresso, mrise uni gran grido e si copri it volto calle maul.

-- Agrar, to quil- Dormo, o son destal-dicea tra sG la misera-No, non é possi-

bile chie io stia desta: Chie orrenido sogrno é mai questol- No, tui non sogoni; Ag·ar .. si, son io, son io... Luigi Montero.- E che vieni a far quli, scelleratoZ vieni Forse a grodere dell opera

tua 9... vieni a coritemplare la tua vittimna, ridlotta a servire in casa stra-

\:nierat vieni forse a rapirmi...

Ella si trattenne dal comnpire la sua frase che era forse: Vient a

rapirmi it jigliol- No, Ag;ar, rinfrancati-ripigrl i colui che avea gid ripreso la sua

pacatezza-Sjono venato per dirti due sole parole. Ascoltamni in nome di

Dio.

- Che cosa hai da dirmi, infamnel Come ti sei qui introdotto l... ohl

hon proniunziare il tuo nome tra queste mura, se ti é cara la vita. Esci,

lasciami, ed estimami assai generosa ch' is non mi vendichi delle tue i·n-

famie. E ben 10 potrei, ora che sel nelle mie mani... Va, iniquo; per tua

cagione mio padre, F>intelice mio padre, it tuo benefattore, ha smarrito

la ragione; per tua cagione io sono ridotta a qluesto stato... Tu grittasti

la vergogna e it disonore su i bianchi capelli del padre ritio, che ti avea

accolro ed amato qual figlio; tu il derubasti vilmente valendoti dellPinno·

cente opera mia... Ed ora a che vieni in questa casa B Come sapevi che

qui fo mi era f Sotto qual nomie ti annunziasti a' domestici f Parlai, o

sciagurato, e ti affretta ad allontanarti per sempre dagli occhi miei....

Nulla t) pidi di comune tra noi... Agar del Giglio, la tua vittima, é spen-

ta. Io non sono che Adele Parrini, la governante del conte di Castel-

moresco.

Luigi Montero non rispose alle acerbe parole della g~iovine : pareva

distratto, conicentrato in un' idea; i suoi oechi torbidi e cupi or si fissa-

vanio con selvaggia espressione sul fanciullo addormentato, ora giravano

intorno intorno alla stanza; e per qualche tempo rimasero imnmoti sovra

un deschetto che era a poca distanza dal letto, e sul quale erano alquante

bozcettine di farmachi e un biechier d'acqua.

Questo silenzio, questo girar di pupille, questo accennare di foschi

pensieri vie pid rimescolavano il sangue di Agar. Ella si alzb.

- Tu non rispondi P Ahi me misera ! Parla , scellerato , qual' 6 il

tuo secreto -proposito? Ma, o mio Dio, e i domestici che ti han veduto en-

trar qui di soppiatto che cosa penseranno di mne P Ed ora chie siamo soli,

ora che il conte e la contessa non sono in casa, si credera che tu sei un

mio amante che ho fatto io medesima entrare qui nell' asseniza de' miei

padroni. Ah I comlprendo it tuo disegno, uomo esecrato. Tu vuoi diso-

norarmi anche agli occhi di qIuesta gente l... Ma non ci riuscirai. Ora 10

ti farO cacciar via; è indispensabile chie i domestici veggano non esserci

stato il mio consentimento alla tua venuta.

Poco stante, ripigliava:

- Ohi, mio Dio, se it conte sapesse l.. se alcuno de' servi gli dicesse

chi'io, ho ricevuto un uomo, un giovine ini questa stanza, e che ho colpito

il momento in cui egli e la moglie erano usciti, sarei umiliata, sarei ver-

gogniosamente scacciata di qui...

Uno sguardo di straziants tenerezza fu gittato al fanciullo.

-- Parti, seellerato - ella soggiunse con occhi sfavillanti di colle-

ra - parti subito, esci di qua, ed abbi cura di salvar I'onor mio; adduci

qualchie plausibile pretesto che giustifichi la tua fulnesta apparizione.. A

questo solo patto io cerchierb di porre in obblio le tue ingiurie... Va...

Of1 ž unl uomno che hia giurato di veridicare le mie offese nel too sangrue;e quest' tiomo. .

- un mio rivale, non 6 vero t-interrup 5e Luigi con· feroce sog-:ghigno.

- Inifame ! mi oltraiggi ancora... Eseil... Ma no, 6 d' uopo ch' io tifaicola accompagnare dai servi,

Agar si slanciaiva verso 1'uscio; Luigi trattennela pel braccio.- Formati; Agar; io sono venuto qui con coraggio e risolutezza. I

servi non mi caccerebbero via, giaeché ho fatto risplendere agoli occhiiloro alcune di quelle monste che hanno una eloquenza cui non si resistefacilmente, i tuoi servi, eara mia, crederebbero chie tu rappresenti unafarsa; giacché questa razza di gente che vive nelle sale, questa gente dalivrea,~ disgraziatamente non crede alla virthi, e massimre alla virtdi dell egrovernanti... Iri quanto al furore di un rivale, di cIi tu mi minacci, iothe no rido; non temo rivali, giaech6i sono assal bra provvisto di argo-menti persuasivi.

Cib dicendo, mostrava l'impugnatura d'uno stile che si avea nellatasca di petto del soprabito.,

'Agar, pallida, scoraggiata, abbattuta, si lascib cadere sovra una se-dia, esolamando :

- Oh mio Dio! mio Diol Chie vuol da mne questo scellerat.oLuigi le si accost6, e, con voce mutata in senso m·,llifuo, si le disse:- Agar, ascoltami; non voler giudicarmni e discacciarmi innanizi

chie io ti abbia dischiuso l'animio mio... Io sono colpevole, assai colpe-vole; ma se tu sapessi !... II destino mIi perseguitava fla dalle fasce; leapparenze sono contro di mne... Ma tu saprai tutto cib che mi é accaduto;ed io ti fard note le funeste cagioni che mni spronarono a fuggire dallacasa di tuo padre, a involargli una somma pur troppo necessaria al con-seguiinento dei miei voti... Ei sai tu, Agar, quali erano i miei votif Quellidi unirmni teco in sacro vincolo di matrimonIio. Non posso dirti a quantecose io pensai, non posso dirti l'estensione del mnio disegno, del mio pro-ponimento .. Avrei bisogno di lunghie ore per raccontarti if tutto; e dipresente urge ch'io ti spieghi lo scopo della mia venuta in qluesta casa...Sapea chie il conte e la contessa sono fuori; ma eglino potrebbero ritor-nare di qua a momenti. Ho comprato questi servi per poter·e introdurmiin sino a te.

-· Ma come sapesti ch'io era in questa casaB- Ben 10 sapeva: ora non si tratta di spiegrarti tutto cib; avremo

agrio di rag;ionar di qluesto: ora é mestieri ch' io mi affretti a dirti chiela mnia sorte é mutata, ch' fo son ricco; che sono pronto a fare onore-vole ammenda de'miei falli apparenti: restituire a tuo padre la somnmachie on crudelissimo destino volle che is, gl'involassi; m enar·ti allaltare;e renderti qluella felicith chie alla tua virtii si dee; ecco in pochie paroleit mnio proponimenito e 10 scopo della mia venuta in qulesta casa. Avreipotuto presentarmi qui a fronte alta, chiiederti al Conte; ma aveva dl'uopodi conoscere innanzi tutto I'animo tuo.

Qui if Montero mnut0 accento, e, simnulando la tristozza, e 11 do!ore,-- Ma, soggionse, bIen le tue parole proferite or~ dianzi mi hianno cac-

ciata nel cuore una spina crudele; mi han fatto comprendere la esistenza

d· un rivale... Tu dunque ti sei abbandonata ad altro amore lI-t hal cre-

duto che in me fosse per sempre estinto quel sentimnento che a to mi av-

I?-vinse fin dalla mia tenera eta! E potesti credere che io avrei potuto di-

menticartif Oh,1 dimmi, dimmi, Agar, dimmi, in nome del cieto, so ami

alcuno, se il tuo cuore pidi non mi appartiene, se promessa hai la tua fede

ad_ altri; dimmelo, Agar; giaeche io vuoterei rassegnato il calice di tanta

amarezza, e riconosoerei in questo castigo la mano di Dio che mi col-

pisc;e per -le sventure che involontariamente ti ho fatto provare. Conosco

che pid non ho diritto alcuno al tuo cuore; ma oh quanto crudele sara

Sper me il disinganno! Io avea creduto, avea sperato di ritrovarti ancora

amante appassionata e confidente i Mi ero foggiato nella mia mente un

sublime avvenire, ne] quale, a forza di amore, di sacrificil, di adorazio-

ne, avrei cercato di fai·ti dimenticare il passato: avrei costretto tuo pa-

dre a perdonar·mi: gli avrei esposto le ragioni che mi indussero a dar-

mi una apparenza cosi colperole; ed egli, cosi buono, egli che mi dava

un secondo padre, una seconda esistenza, mi avrebbe certamente per-

donatol

Agar aves sollevato il capo, che in atto di gran desolazione aveva

tenuto abbassato durante una parte del diiscorso di Luigi: ella gruardava

stupefatta in volto il glovine, a parea noni avesse ben compreso il signi-

ficato delle parole di lui.

Luigi si era seduto dappresso a lei, e le avea preso una mnano chie

ella aveagli abbandonata in modo come se non avesse coscienza di quello

che avveniva.

Luigi riprese:

- Ora, eccoti it mio disegno, mia carissima; ascoltalo, e posCia

dimmi se 6 stato questo un bel sogno che ha illuso la-m~ia mente. Io sarei

domani ritornato in questa casa; avrei chiesta la tua mano al conte di

Castelmoresco: Adele Parrini, orfana e sola, non avrebbe opposta difti-

colth alla mia dimanda; lo ti arrei sposata. menata meco al luogo della

presente mia dimora; avrei scritto a tuo padre una lettera in cui gli avrei

fatto noto il flostro miatrimonio, ed avrei con to imnplorato il suo perdono

e la grazia di andarci a gittare a'suoi piedi... Egli non avrebbe resistito

a lungo. Anche qIuando avesse voluto serbare odio e rancore contro di

me, la voce del sangue l'avrebbe vinta; il desiderio di riabbracciare la

figlia avrebbegrli fatto obliare le offese dtel genero... Un glorno, noi sa-

remmo stati riuniti alla tua famiglia, a tuo padre, alla tua Matilde; avrem-

mo ancora passato sulla terra giorni sereni e ridenti. Ma tutto cib divie-

no un sogno... Tu ami un altro, ed ormai non mi resta che por fine ad

una vita che mi si é renduta odiosa...

Luigi rimase in un teatrale atteggiamento disperato.

Agar si era coperta la faccia colla destra, e parea sinighiozzasse:

intanto I' altra sua manio riposava sempre tra quelle di Luigri, it cui sgruar-

do rimanea fisso sul fanciullo .addormentato.

-- Ohi mrio Dio -- sclamb Agar levando gli occhi al clelo - tu lo

ascolti l Posso io aggiustar fedle alle sue parole?... Ingannarmni novella-

mente ! Non sarebbe questa la pidi mostruiosa infamial

-- 150 --

-- lo inganuarti, Agart... Né io t'ingannava allora che ti ghiravoun amor sincero ed incancellabile... La mia cattiva stella m·'impediva didar compimento a'pidi ardenti mief voti... No, Agar, io non ti he mai in-gannata, quando questa tua mnano riposava, comie ora, nella mia, e quan-do ci scambiavamo le pidi dolci proteste di quell'amore che riempiva difelicita i nostri cuori. Ed ora, a che scopo t'ingannerei r Sei tu forse riccae felice come un tempot non sei forse ridotta ora, per la barbarie delfato, ad accattare 11 tuo pane in casa straniera, e priva di tuttot... No,Agar, abbandonati a me con fiducia... Anche lontano, per l"impero dellecircostanze sotto il quale io gemea, i mief pensieri erano sempre a to ri-volti; ed io anelava il momento di poter cancellare agli occhii tuoi e aquelli di tuo padre la macchia di disonore onde la mia condotta avea do-vuto bruttarmi; anelava it mnoments di ·poter porre at tuoi piedi la miavita in espiazione delle lagrime che ti' avea fatto spargoere. E questo mo-mento, comeché assai tardi, e, gianto finialmentel Ormai 10 sono rieco,indipendente, e ti amo collo stesso amore che ti giuravo nella innocenzadel mio cuore... E se tu sei ancora libera, se altra passione non si ap-prese al cuor tuo, se ad altri non fu data la tua fede, noi potremo anicoraesser felici, potremo ridonare a qluel povero vecchio la pace e la felicithdi cui B si degno, e che io barbaramiente gli furava.

Alcuni momenti di silenzio tennero dietro a questo parlare di Luigri,ne' cui acchi bellissimii parea che errasse una lagrime.

Agar ragguardava attonita e incredula il suo amante. La sorpresa,la commozione, il placere, le aveano tronea la parola; eppure la dubbiez-za, il timore vinceano in lei la speranza.

- Luigi, deh I in nome di tua madre, per la eterna felicith del padretuo, non inganuare novellamente una povera glovane.

- Ma scaccia ormai agni dubbiezza.... Domani, domani stesso iopotrb menarti all' altare.

- Mio Dio, egli mi sposerebbe ! -ella esolamava, assorta in questaimmagrine di felicita.

- Si, Agar, sposa mia...Un pensiero scoraggiante venne ad annebbiare il paradiso che la mii-

sera si era creato nella sua menlte: ella fiss6 gli occhi con tenerezza edolore sul bambino; indi rivolseli al cielo.

Non isfuggi a Luigi Monitero l'espressione di tristezza che aveva ac-compagnato lo sguardo di Agar sul fanciullo: la sus fronte si rabbrusco,e il suo volto prese uno stranio carattere.

- Comprendo if tuo pensiero, Agarl Tutta io conosco la storia del-1' infelice mrio figlio, bench6i alcuni particolari sulla sua sparizione misieno rimasti ancora oscuri ed. igrnoti. Ma non vogrlio per ora contristarevieppiul if too cuore con si funesto ricordo, colP'interrogarti su i fatti chieaccompagrnarono la tua fuga da Castellammare... Avremo spazio di cio...Il tempo stringoe, ed. io temno ad ogni momnento esser sorpreso dal conteo dalla contessa. Affrettati, Agrar, a diissipare i miei dubbii: sei tu liberaancoraf

- Si... rispose la donna con voce commossa e solenne.- Nessuno dopo di me ha ricevuto i tuoi giuri d'amore e la tua fede ?

- Nessuno.- Mi ami tu ancora PAgar chinb il capo, arross6 in volto, e tremante di comnmozione nlor-

morb un si, che Luigi indovinb pidi chie intese.

- Grazie, Agar, sposa mia, or son felice, pienamente felic`e; ora

Snon mi rimane che concertar teco it modo onde conviene che tu lasci que-

i sta casa.

- Lasciar· questa casa l - selam6, Agar con atto di viva sorpresa,

e come se ci16 non fosse stato assai semplice e naturale.

- Ebbene, che ci 6 di strano1- chiese Luigi aggrrottendo le ciglia.

- lo non posso lasciar questa casa - rispose la glovane abbassando

gli occhi e con accento estremamente commosso.

- Nonpuoi lasciare questa casat Tu dunque non hai capito che io

sono rieco7 HYai forse, bisogno di continuare nel tuo mestiere di gover-

nante I Questo io non permetterei griammai.

- Non per questo io vo' rimanere in questai casa-riprese la glovane.

- E qual' é dunque cotesta necessite di rimaner quiB

Agar non rispose; Lnigi affisolla con cupa occhiiata.

- · Agar,~ pocanzi tu mi chiedevi se io t' ingannassi. Ora io chiedo a

te se tu m' ingauini.... Ricordati che mi hai detto di esser liberi it too cuore

e la tua fede... Eppure, pocanzi, lo rimembro, tu mi dicevi chie un uomo

era pronto a v·endicare nel mio sangue le ingiurie che ti avevo fatte... Que-st' uomro adunque che prende si a cuore la tua causa, quest'uomo chie

Ssi fa tuo difensore, dimmi, Agrar, quest'uomo non sarebbe egli.... un

tuo... amanteZ E questo tuo amante non sarebbe mai... il conte di Castel-

moresco P

Sulle sembianze di Agar si diffuse una vampa di fuoco che incen-

diolle. La ednfusione e la vergogna dapprima, e pioscia uni nobile sdegrno

dominib la glovane, che disse con altera dignita:

-- Signore, il conte di Castelmoresco 6 marito; ed io sonio la pid

affezionata e sincera amica di sua moglie, che é un angrelo di bonth.

- Ma parla dunque, Agar, in nome del cielo, che cosa ti sforza a

rimanere quitl

- Quel bambino-disse Agar additandolo collo sguardo e con voce

in cui traspariva la profonda commozione del cuore.

- Quel bambino 1-ripet6 Luigi-e non é esso il figliuolo del conte

e I' erede della casa Castelmoresco ?

- Per lo appunto-rispose la g;iovane abbassanido le lunghe ciglia.

- Ebbene ? Che ti cale di qIuel fanciallo?

- lo l'amo forse piid chie la mnadre sua non F'ami.

- Ah! comprendo - sclamb Luigri - Povera Agarl tu ritrovi tuo

figlio in quel fanciullo.

Agar sharrO grli occhii in faccia a Luigi comle se. avesse voluto indo-

viniare if pensiero chie avea dettato qluest'ultima frase, e quasi sospettosa

che: quegli avesse conoscinto il vero; ma Luigi, ben lontano dall'aver

conoscenza della verita, sobggionse:

- 11 tuo amore per questo piccolo è ben giusto e naturale; ma ei

fa d'uopo che ti facci una rafione. La tua felicita innianzi tutto; e: se ab-

- 152 -

blamo perduto uin figlio, il clelo no accordera la gloia di fecondare no-vellamente un nodo che sara questa volta da lui benedetto.

- lo non posso per ora abbandonare questo fanclullo -disse Agarcon voce ferma, quantunque assai agitata.

- Tu non sei ragionevole, amnica. mia: comprenderal ch'egli $ im-possibile viver qui, in questa casa, in qualith di governante, ed essere inpar·i tempo mia sposa. D'altra parte, quando it conte e la contessa cono-sceranno la veritA sul fatto tuo, quando sapranno chi tu sei, non potran-no che mostrarsi grati alle dimostrazioni del tue affetto verso it loro fi-gliuolo e aver cara ogni tua visita; onde potrai, sempre che to ne verrail talento, riabb;racciare quel pargolo.

= No, Luigi, io non poted forse pidl rimettere ilpiede in questa casaallorché ne sarb uscita col titolo di tua sposa.

- Che vuol dir cibf Si adonterebbe cotesto signor conte di accoglie-re in sua casa la moglie di Luigi Montero, che forse tiene in sua mano...di che ridurre a niente la sua conteag

- Che sento I Tu dunque...-Di cib, parleremo in appresso. Alle corte, eg;li é mestieri che tu

abbandoni questa casa.- Nol posso.- Agar, bada ch'io non sospotti un motivo assal pid grave di quello

che vorresti darmi ad intendere.- Questo fanciullo é ammalato - disse Agar con profondo scora-

mento.Un baleno di viva gioia stolgorb sulle sembianze di Luigi Montero;

una gioia che egli non poté raffrenare.- Ammalato l... questo fanciullol... ammnalato diceetilE si lanci6 verso il letto, e conficeb gli occhi sul caro visino dsla

creatura,- Ei dorme tranquillamente... Dimmi, Agar, che cosa soffre questo

fanciullo t- La febbre da due giorni - rispose Agar, alla quale I'espressione

della faccia del suo amante era sfuggita.- La febbrel...Luigi rimase penoso.-Hai ragione-disse poco stante-non conviene per ora abbandona-

re questa creatura.. E dimmi Agar, quelle'boccettine 16, su quel deschietto..- Sono rimiedii prescritti.Luigi si accosto al deschetto, e tolse nelle mani le boccettine, e parve

esaminarle con molta attenzione.In questo, it fanciullo fe' udire la voce.Agar corse al letto, inond6 di baci la faccia del caro pargolo chie fe'

comprendere aver sete.La glovane, a tenore di quanto le era stato prescritto, and6 a pren-

dere la bevanda che era sul tavolino, vi te' scorrece dentro alquante gocced' una di quelle boccettine che eranio tuttavia nielle mani di L~uigri, e porseil bicchiere alle assetate labbra del fanciullo.

I : ;- - 153 -

Quandlo ella si riv·olse a Luigi, questi era estremamente pallido, e

quialche cosa di ferooe era nel sinistro suo sguardo.

Luigi stav'a in piedi e immobile vicino al tavolino; Agar, chiinata sul

!~idiletto bambino, spiava i movimenti della sua respirazione.

Assorto ciascun di loro due ne' propri pensieri ed affetti, non si era-

~::no avveduti che un uomo appariva sotto le portiere di damnasco dell'uscio

di quella stanza.

Era it conte di Castelinoresco,

PIERUCCI

hi siete v~oi· chie cosa fate in qluesta camera-chiese Armando

Sa Luigi ragrgrottando le cigrlia e torcendosi la lunga barba.Q A sentire quella voce, Agar sollevb il capo, e non potefrenare un grido di sorpresa.

Luigi era rimasto interdetto.

- Ebbene sigrnore, vi ho dimandato chi vol siete e che cosa fate in

casa mial

Agar antivenne alla risposta del glovine, e si affretti a parlare in

sua vece:

- Egli 6 un medico, signor conte.

Uno sg·uardo supplichievole di lei preg6 Luigi di secondlarla in que-

sta finzione.

Luigi guardava stupefatto il conte ed Agar: non sapea spiegarsi co-

me il ser·vo, da lui subornato, non gli avesse fatto conoscere 1' arrivo

dlel conte.

- Voi siete un medico! - dimand6 Armando con occhiata torva-

e, se é lecito, qual'e il vostro nome?

- Ascanio Foscaldi -qcuegli rispose con prontezza e ripigrliando il

suo accorgimento.

Agar si senti sollevata da un grran peso, e volse al giovine un' oc-

chianta di approvazione.

- Chi vi hia qui chiamato? - continub a chiiedere Armando tenendo

fitti i suoi ccchii sul volto di Luigi.

- lo, signior conte - rispose Agar incontanente e con vivo rossor·e

- vi chiegrgo perdono di tanto ardimiento: ma if professore Foscaldi mi

era noto. La mia estrema tenerezza per questo fanciullo mi ha fatto pren-

dere questa soverchia licenza; hio voluto assicurarmi di qIuanto if vostro

medico avea detto.

- Ed io vi ringrazio, Adele, dell'affetto chie mostrate per mnio fi-

glio, affetto ch'io comprendlo assai bene; mna 6 mestieri salvar le conve-

- 155 -

nienze; e, perocché al mio amico Pierucci potrebbe fuor di modo spiacereche altri venga a sindaeare il suo operato, e ben vi é noto in qual contoio tonga l'abilith del Pierucci, sarb costretto di privarmi d' ora :in poi deifavori di questo sigliore.

Armando addith Luigi, il quale abbassb leggermente 11 capo.- Perdoni, signor conte - ei disse-d'essermi presentato in sua

casa senza essere da lei direttamente invitato a venire; ma una letteradi Adele Parrini mi vi ha chiamato. Comunque sia, egli sog~giunse con si-gnificato-io spero che la mia venufa non sja onninamente infruttilosa.

- E che cosa pensate-tiella malattia. di questo bambinot- Penso che non 6 leggiera, 6 che potrebbe aggravarsi, qualora

prontamente non gli si apprestino i pith efficaci rimedii.Agair e il corite impallidirono, clascuno per diversa cagione.- Che sento l - sclamb questi-Eppure il dottor Pierucci ha detto

che si tratta di cosa di lievissimo momento, e che tra questa sera o do-mani la febbre sarebbe cessata.

- Egli si é ingannato o vi ha ingannato, signor conte - risposeLuigi con incomprensibile paeatezza e solennita.

- Ne I' uno e ne l'altro é possibile - disse il conte mezzo adirato.- A domani la risoluzione del problema, signor conte. Permetta jn-

tanto ch'io mri ritiri... Qualora ci sia bisogno delf opera mia, la signoraAdele Parrini conosce il mio indirizzo.

- 11 vostro indirizzo I - sclamb Agar sorpresa, giacch6 Luigi nonle avea detto dove abitava.

- Certamente-questi rispose con imperturbabile serieth -non miavete mandato a chiamar~e con una vostra letteraP

La commedia era ben rappresentata, ma spinta un poco tropp'oltreper la povera Agar.

Luigi avea raccolto it cappello, avea fatto un profondo inchino alconte; e, senza neppur rivolgere un' occhiata alla donna, avea abbando-nata quella stanza.

Uno strano sogghigno di giola errava sulle pallide sue labbra.Passando nella sala Luigi Montero si abbatté nel servo a cui avea

dato una moneta d oro.- Briccone - gli disse a bassa voce - Non ti avevo io raccomian-

dato di avvertirmi quanto il conte fosse giiunto ?- I1 sigrnor conte é ritornato per I'uscio segrreto: nissuno l'ha ve-

duto entrare.- Or senti bane qIuanto io ti dico: So it conto t' interroghera sulla

-mia persona, dir·ai che, per incarico ricevuto dalla governante, sei ve-nuto questa mnattina a recarmi un biglietto alla strada... (ne troverai uniaa tuo piacimento). E, se domani ti si desse il comando di venire a richia-m·;armi, dirai di aver trovato ch'io sonlo partito per l' estero. Capisci bene ?Eccoti un'altra caparra pel tuo buon servire.

II servo promise di eseguire a puntino i desiderfi di lui, qIuando sivide rilucere nella mano un' altra dii qluelle mnonete abbaglianti chie stiranoa loro talento le umane. coscienze,.

S156 -

11 conte era.rimasto solo con Ag;ar.

11 primo movimento di lei era stato di uscire da quella stanza sotto

un pretesto; ma allontanarsi in quel miomento sarebbe stato un far cre-

dere che ella avesse voluto seguitare it creduto medico per dlirgrli qualehe

cosa in segreto ; il chie forse avrebbe fatto nascere oavvalorato i sospetti

dE cn slla esnd LilEa rimiase adunque immobile vicino al fanciullo, cogrli occhii bassi,

e compresa da un certo sentimento di verg~ogrna e di paura.

Armando la guardave con occhi dellranti per febbre di passione,

egli era assai pjallido,

- Che cosa é questo ~medico che ha qui trovatoi>L- egli :chiese alla

glovine che non si arrischiava a levare gli occhii su lui.

- E un medico che venne a vedermni varie volte a Capodimonte in F

una mia malattia, da cui prontamente mi guari.

Quanto costava questa menzogna alla povera glovane ! II r6ssore pid

ardenite le accese il volto, che ella nascose dappJresso al visino del figrlio. :

- Egli venne varie volte a vedervi a Capodimonte 1- solamb Ar-

mando-e voi eravate sola in quel vostro ritiro B·

- Sola: non avea meco che una fanelulletta di un dodici anni che

mi serviva.

- E il principe di B... mio amnico, venne mai a trovarvi a Capodi-

iIonte I

- No, signor conte, io nol volli giammai ricevere, g~iacché io vives

sola, e il mondo non risparmia di gittare il veleno sulle pidi oneste ripu- ;

tazioni di donne; bensi il pregai di darmni un abboccamento in casa di

quella signora parente, che avera il casino al secondo piano del mnodesto

terreno in cui aveva mia stanza. ?

Dopo qualche minuto di silenzio,

- Oh perch6é accettai la proposta del principe ! esolamb Armando,

giltandosi a sedere in uno scoraggiamnento che avea della disperazione.

Agar alzb gli occhi sul comte; il colore era sparito dalle sue sem-

bianze.

- Che vuol dir cib, signor conte! Oh mio Dio ! 10 dunque vi riesco

di peso, di disturbo, d' inquietitudine 1

-Perdonate, Agar, perdonate;1 voi avete male interpetrato le mie pa-

role; io non so quello che mi dica... Voi riuscirmi importuna! Voi ll Ma

voi dunque non sa pete che se abbandonereste la mia casa, se io non doves-

si pidi vedervi qui alla raia mensa tutt' i giorni, a fianco di questo bambi-

no; se io sapessi che... Vedete, Agar, lo, sarei capace di abbruciarmîi le

cervella... O Agar, tu non sai qual' inferno io provolI... Tu dunque non

ti sei accorta ch`io sono 11 pid infelice degli uomini l

- Che linguaggio é il vostro, signor conte ! Ohi Dio mio, il vostro

sgruardo mi fa fremnere.

- Fremierel Io dunqlue ti desto ripugrnanza e terrore !... Ed é ben

gliusto; e tu devi odiarmi.

- Odiarvi l Oh no, la gratitudine,il rispetto...

- Che m' importa della gratitudine, del tuo rispetto lInfame stella

chie mni perseguiti, dovevi tu mnenarmi inuanzi agli occhi quest'angriolo di

bellezza perchi un' incendio si fosse aperto nel mio cuore, oin incendiochec nessuna umana forza potra spegnore, incendio di'sper·atol

11 conte si era ailzato e sprolungrava la stanza a lunghii passi.- Tremo d'indovinare le vostre parole, signor conte - mormorb

Agar a bassa voc·,-Me disgraziata l.. Io dunque sarb costretta a portaredappertutto la sventura che mi perseguital... Egli mi ama 1... mi amal unuomo ammiogliato alla piid virtuosa e cara donna di questo mondo l

II conte mise un'esolamazionie che si assomigrlib, al rugCgito d'uin leonepiagisto.

- Ammogliato ! amnmogoliato I ecco il balsamo crudele che qIuestedonne gittano sulia vostra piaga c:redendo di guarirla 1... Ammogliato ICome se le torturanti passioni del cuore rispettassero leggi e riguardi ]Ohi sciagrurata esistenza 1 Oh maledizione del mio genitore, ecco le tueterribili ed inevitabili consegruenze 1

- Per carith, tornate in voi, sigrnor conte, abbiate pieth di me; ri-spettate la mia posizinon nella vostra casa. Dopo le parole chie hiannocolpito le mie orecchiia, io sarb costretta di cercare altrove un rifugio,un asilo... Un chiiostro mi torrà per sempre a qIuesto mnondo ove la virtd

;·vied messa a cost orribili prove.Le lagrime affluivano agli occhi di Agar al pensiero di esserei forse

costretta ad abb>andonare quella casa dov'era il caro suo figlio.- Deh, Agar, non piangere: a tutto potrei resistere fuorche alle

tue lagrime... Non parlare di voler cercare altrove un asilo. Non altriSche tuo padre potrebbe orrnaii strapparti di qui.

- Mio padrel... povero padire mriol:I· - H-o promesso di renderti a lui, di ottenere per te il suo perdono,

qualora gli torni il raggio divino della ragione. Ma, innanzi chie io adem-pia a quiesta promessa, fa d'uopo chec io msantenga uin giuramento, quello

Sdi vendicarti di quel vile che~ ti tradiva... Sto salle ormne di scopricet 11suo covile... Mli vien detto che Luigi Montero 6 in Napoli.

- In NTapoli !11 conte conficedj un'occhiata feroce sulle sembianze della giovane.- Cio ti fa balzare il cuore, non é vero, Ag~art Ebbene sappi che

quanto pidi tu mostri di amarlo, tanto piu cresce il mio odio per lui.. SiiSSicura chie non potra staggire a luingo.a qluest'o3i·o che mni divora. . Egli

O ii1 Napoli, oh gloia l in Napoli 1... Domnani, oggrdi forse...- Ohi, siate generoso, sigrnor conte: Iddio ci comanda il perdono

delle offese, ed io gli hio perdonato tutto quello chie l' ingrato mi ha fattosoffrice. . D altra parte, s'egli é qui, se é in Napoli, non potrebbe forseavervelo ricondlotto un pensiero di emenda, un proponimrento di ripiarare

ai suoi fallit

- Clie dici mnai, Agar ! Tu supponii chie coluii voglia riparare ai suoi

falli t E i:i chec modo 1 Potrj eg·li rendeire la ragiione a tuon padre se l'in-

felice Il'ha smar·rilta E chie cosa ti offrirebbe 1` infamne, in vece dell'onorethe ti hia rapito? il suo nomne f la sua manof il nome del figlio d'un ma-rinaio, la miano di un ladlrol E to sposeresti quest'uomno tu, bellezza evirtd imparegg:iabile, tu vorresti diventaro la compiagna di essere si dli-spregrgevole ? No, Agar, ancorchi8 tu vi acconsentissi, io mi opporrei a

- 158 -

cosi fatto assitrdo matrimonio... Ora io mi sento obbligato a ditenderticontro to stessa... Ora, io solo son tutto per te, fino a tanto chie non tiavrb riposta nelle braccia di tuo padre, sano di mnente... Ma gia, cotesta

é una tua illusione, un sogno. Luigi Montero non é venuto a riparare ai

suoi falli ; qualche tristo disegnio lo ha chiamate in Napoli.

- Signor conte, imploro per lui la vostra generosit8, il vostro per-

dono.

- Tu I'amni, n'6 vero, tu l' ami f - disse il conte dligrignando i deni-

ti-... Maledizione sul suo capo! No, hio hisogno del suo sangue, hio sete

del suo sangue...

Mentre 11 conte proferiva queste parole, un servo entrava a recargli

una carta...

Era una di quelle carte bollate cho fanno sempre montare il sangue

alla testa dle' debitori. ·

- Una protesta 1 sclamo il conte, una protesta nel caso che mio

figlio muoial - Per tutt' i dem:oni dell'iriternol Ma che I si voglion met-

tere in cautela nel caso di morte di questa creaturaP Gl' infami vorreb-.

bero gi8 morto questo fanciullo !

- Figlio, figlio mio - grid6 Agar slanciandosi cain invincibile te-

nerezia sul bambino.

- Gli stolti ! No, questo fanciullo non morrit! Non si muore per una

legrgiera febbretta che passera iTuesta sera, nonostante le buie predizioni

di quel dottor: Foscaldi, la cui vista, non so perché. mi ha rimescolate il

sangue. Temono chie io diveniti povero colla morte di questa creatura;

ch' io non possa pidi pagaare i miei debiti !Oh1, non temete; qluesta crea-

tura non morra, per vostra dannazione a per cordoglio del mio amatis-

simo fratello don Giovanni. Giuro al cielo che ei non mrorrA8 I

Non aveva it conte finito di pronunziare qIueste parole, che il piecolo

Errico, fattosi pallido qual morto, stravolse gli occhi; e tremb per tutte

le memnbra.

Una forte convulsione lo aveva assalito.

- Egli muorel egli muorel griJo con voce straziante la povera

madre.

- Muore 1 - ripete Armnando.

Ed entramnbi si precipitarono addosso at b-ambinlo. 11conte son6 con

violenza il campanello.

- Correte dal dottore Pierucci; venga immnantinente.

Agar perdeva il capo. Nell'eccesso del soo dolore, del suo spaven-

to, ella dimenticava che non le era conceduto il libero sfogo della sua

·tenerezza mnaterna. Armîando non era sorpreso di quell' intinito dolore· che

straripava dall'anima della giovane; imperocché egli era oggriimalavvez-

zo ad essere testimone dell'amore straordinario di quella donna per qluel

bambino. D'altra parte, ·in questo terribile mnomento, taceva nell'animo

del conte ogni altra preoccupazione: alla vita di quel fanciullo era attac-

cata la sua vita civile I

Tutti quegli ainti provvisorii chie il pidi volg~are buonl senso consiglia

·di adottare in simniglianti eme~rgenze, furono prodigalizzati al piccolo Er-

rico, mentre con ansla aspettavasi l'arrivo del dottore Pierucci.

- 159 -

IntanIto ci cra da smar·rire i: sennlo. Uno stesso pensiero preSso apoco aggriravasi contemnporaneamente nel capo del conite e di Agar, .inquello che con ogni m$niera di ristori storzavansi a far dileguare la con-vulsione del fanciallo.

Il conte pensava; Avessr mai detto il vero il dottore Foscaldi I Quellaconvulsione era certo un segno che la malattia noni era legrgiero. Possi-bile che Pierucci si fosse ingannato I Fosse mai miseramente minacciatala vita del piecino!

Agar pensava. Come mai Luigri aves potuto indoviniare la gravezzadel mals de·l faneluillo 7 Durante il loro colloquid', eg·li non si era neppureuna volta accostato al bambino; non l'avea neanche guardatol Chie si-gnificava questo mnisteroP Avesse mai it caso stranamente secondata lafinzione I

Intanto, un dieci miinuti non erano passati da quell'assalto di con-vuilsione; ed 11 bambino annunzib col planto il ritorno allo stato normaledella sua febbre.

Non mal la voce di quell' angioletto avea cagionata tanta giola al cuoredlella madre, la quale, recatoselo in braccio, e forte mente strettolo al seno,come si stringe un caro ogrgetto che si tenea quasi perduto, die' liberosfogo alla temnpesta delle sue commozioni con un pianto dirotto che allag6~la faccia del pargoletto.

Armando era commosso anchi'egli fino alle lagrrime. L'eccessiva sen-sibilita di qluella donna, P' inaudito amoru di lei per quella creatura, amioreche egli non sllpea spiegarsi, aveano toc-o il suio clore. Egrli sentiva que-sta volta per quella griovarie un sentimento di venerazione, di gratitudine,di ammirazione; e la gruardava estatico, incantato.

- Ag;ar, donna sublime - ei le disse con lapidi viva commozione -chi non giurerebbe che voii siate la madre di questo fanciullo4

La giovane levo, esterrefatta il capo, e guardi, negli occhii del conte.Un subitaneo ritorno sorra ad stessa la fece accor(a chie ella forse erasi-tradita in quei momenti che avea veduto morire il bambino. Pallida e mutaguardava il conte in silenzio.

- Che cuore I chie cuore?!esolamiava il codte tra sé -E questa donna,quest'anigelo è stato crudelmenlte tradito l q se qluesta dlonna avesse po-tuto amarmil lo ne avrei fatta la supremna gioia della mia vital L'avreicircondata di una felicith da non farle invidiare il paradisol lo ne avreifatta l' idolo del mio cuore; I' avrei soffocata d' amore ! Ohise quiesta donnafosse stata la madre d'un figlio mnio! Ohi se ella fosse stata la mia conl-sorte!...

- Voi 1'avreste tr·adita, sigrnor conte, siccome ora tradlite queilla chevi 6moglie.

11 conte arrossb, chiinb a terra i torbidli occhij, e portO una mnano sullabarba di velluto, la quale egli si pose a torturare con mnovimienti rabbl>osi;era qluesto il segno dell'estremo irritamento della sua fib>ra.

- Mia mogrlie ! .. Tu mi parli di mia mogrlie! E d~cici chie io ti avreitradita ug;ualmente, siccome hio tradito lei. Ebbene, ascoltami, Arar·,ascoltami atte.ntamente. . Pria ch-e mio ladre mrorendo mi avesse male-

- 160 -

detto, 10 amava una famciulla bella come te; ella aveva gli ocehi tuoi, la

tua fronte, i tuoi sublimi capelli, la tua mnalinconiia che mii rapisce, il tuo

cuore d'angiolo del eielo.... Io amava questa creatura col delirio d' un

affetto nutrito nella solitudine de`campi, nel silenzio del mio studio, a

ravvivato ogni di dall'odio che avean per me mio padre, mio fratello, il

mio aio. Io amava quella celeste fanciulla con tal passionie che, per fare

di lei l'adorata compagna de' miei glorni, avrei data tutto quanto io pos-

sedeva. Avevo riflutato per lei un ricco e cospicuo matrimonio che mio

padre thi proponeva: la fanciulla che io amava er·a la figliuola d'un uomno

di campag;na; ma Iddio avea r·accolto in essa tutte le virtii degli angeli e

tutte le bellezze della donna. 10 amava per la prima volta in v`ita mia;

it mio cuore era vergine di affetti; e to studio, la meditazione, la con-

temnplazione della natura aveano in me raffinato quella sensibilita che

pure il pidi funesto dono del cielo. Ebbene, Agar, questa famciulla che io

amava con tutta l'ardenza febbrile della mia giovanezza, qaesta i'anciulia

innocente e bella come il flore mattutino ond' ella solea cingere le sue

vaghiissime chiome, questa fancialla per cui mio padre mi avea dise·re-

dato e che io mi apprestava a far mia sposa, io la vidi cader morta, al

mio flanco, colpita da un'archibugiata. E, quando, assetato, di vendetta,

di sangue, io corst in cerca dell' infame che avea tronco si barbaramen-

to il pidi bJl flore chie fosse nato in questsi tetrissima valle; quando, git-

tando dagli occhi flamme d odio feroce, 10 avrei ucciso lo stesso mio fra-

tello, compresi che la mia vendletta dovea intrangersi al letto di un mo-

ribondo, e questi era mio padre. E come se tanto dolore, tanto fiele, tanta

barbarie del destino non bastassero, io dovea proveire 11 grave oltraggio

di vedere scagliato dall alto di un finestronie il ritratto di colei, di cuii

portava il latto nel mio cuore per tutta la mia vita... E, dopo non gruari,

mio padre, I'inesorabile autore dei miel glorni, chinideva i suoi,- facen-

domi patire I'uriiliazione di un testamento, che mi diseredava, e facea

ritornare i miei beni at mio figlio primogenito maschio, quialora mi fossi

. ammogliato e avessi avuta una prole; in caso contrario, il marchese di

Gaudixo, mio fratello, avrebb>e ereditato in mia vece. Era impossibile,

dopo di questi avvenimenti, ch' io amassi altra donna al monido. Giunto

alla eta di trent'anni, e abbeverato d'odio contro la razza umana, io pidl

non amava e non poteva amare chie l'immagine di Maddalena, salvata a

stenlto dall'inesorabile sdegno del padre mio. Quel testamento mi ridu-

ceva ad una esistenza, se non pover·a, almeno mIschiina e indegna dei

nomi illustri che io aveva ereditato. I miei pochi amici mi consigliarono

di ammogrliarmi, comeché il mino cuore rifuggisse alla sola idea di stria-

gere la mano di altra donna; ma le ragioni ch' essi adducevano, la ne-

cessita chie mi metteano innanzi agrli occhii di non veder perduite le mie

sostanze in favore di un fratello che mi avea sempre odiato; il bisogno

che io sentiva di stordirmi colla dissipazione da' tristi pensieri che mi

assalivano; Pt idea che, natoml appena un figlio, io sarei immediatamnente

ricco, perciocché avrei goduto I'usufrutto della eredith a lui spettante, mii

persuasero a poco a poco ad abbracciare uno stato, che le~ circostanze,

per non dire il destino, m'imponevano come dura necessita. Trassi a!

Napoli, perocch6 l'avito castello era venuto in proprieth del fratel mnio:

la niobilta mi guardava con ocehi di curiosita e quasi di commiserazione;

io era considerato come un nobile scadu~to, si fece tutto per accendere

in me l'amor proprio e la sete del danart),caddi per la primna volta nelle

mani di avidi usural, al quali per una certa moral garenzia de'miei ob-

blighi, dovetti solennemnente promettere sull'onore di gentiluomo, che mi

sarei ammogliato in quell'anno medesimo. O Agar, quanto é orriliile 11

pensiero di dover essere unito ad una donna, allorche si ha nel cuore e

nel cervello un tipo di per·fezione chie si é perduto per semprel dover pie-

gare il collo al gioco matrimoniale 1 Una volta stabilito questo punto, qua-

lunque donna mi era indifferente - Vidi Eugenia Alfarez al ballo del mi-

nistro X..., dlove io era stato menato dal mio maestro 11 filosofo G;allup-

pi. L'aspet~to di questa- giovanetta, P>aria di mestizia che le annebbiava la

fronte, il candore che vestiva le sue seinbianze, mi piacquero; e chiesi

di lei. Seppi esser la unica figlia di uni ricco hidalgo che era appartenente

alla nobilth spagnuola : if carattere di lei, dolce e pieghevole, era quello

apponto che porea convenirmi: la sposai. Ma egli 6 d'uopo che io con-

fessi chie quello di cut maggiormente fai preso, fu la magnifica dote che

ella mi recava. Io avea sete d' oro; bisogniava chie io avessi avvilito co-

loro che volevano avvilirmi; che avessi ecclissato coloro che gettavano

su me uno sguardo di pietal D`altra parte, il pensiero di aver presto un

figlio il quale avrebbe tolto a mio fratello ogoni speranza di appropriarsi

i mief beni, mi facea palpitare di gloia. Io sposal Eugenia Alfarez come

una donna che mi recava una bella dote, e che dovea restituire alla mia

discendenza il paterno retaggio - lo non amava questa donna, imp'eroc-

chB credea mnorto per sempre it mio cuore al sentirnento di amore. Ma

il destino non era sazio ancora di perseguitarmi. Passo un anno; passa-

ron due, passaroni tre anni; e questa donna, feedda ed agghiacciata, de-

luse le mie speranze; io la credetti sterile e P>odiai; giacché ella man-

cava allo scopo per cui I aves sposata. Intanto, i miei obblighi cresce-

vano, P> asura mi divorava, il lusso mi trascinava alla ruina; il elelo

ebbe pieta di me... Venne un figlio !

A queste parole la voce di Armando si era mutata. Ag;ar penîdea

pallida e affannosa dalle sua labbra. Ella aves tutto compreso il mistero

onde il suo Gabriele veniva destinato a rappresentare la parte di erede.

Armando ripigliB con gli occhi bassi:

- I miei voti erano appagati; le mnie finanze in parte ristabilite; la

tranquillith alquanto ritornata al mio cuore: avea quasi cominciato ad

affezionarmni ad Eugenia; quando la stella nera che governa la mia vita

fece che voi entraste in questa casa, per suscitare nel mio cuore, a tren-

tasei anni, il rinnovamnento di quella febb>re d' amore che credei piit non

dlovesse ormai torturarmi. Zimbello del fato, io dovea amar due volte, la

prima quando I'arma di un infame dovea rapirmi per sempre P' og·getto

della mia vergine passione; la seconda, quando Pindissolubile nodo ma-

trimoniale mi toglie ogni speranza di p~ossedere: la donna che amo. Dopo

cib, Agar, puoi tu farmi un rimprovero che per te io tradisco mnia mio-

gliel Io posso dire di noni tradirla, perocchè giammal non l'ho ama-

ta. Eccoti, Agar, la storia del mio cuore; ed ora ch-e tutto conosci l'es-

sere mnio; ohi, non volermi odiare, angiolo mio; e perdona, perdona se

.~per una volta sola, per la prima, per 1I'ltima volta, ia'tuoi ginocchi, toti dica che aborro questa vita, giuoco miserabile d':un :ignoto destino;perdona, si, perdona che io ti dica che ti amo da. forsennato, ti amocon tutte le forze del: mio povero cuore, ti amo da smarrire per semprela mia vacillante ragione. :;·;

Armando si era' gittato a'piedi della misera glovane, la quale, com-presa da spavento e da vergogna, celava il volto colle mani,

Un sordo gemito risonava intanto in quella stanza.'Eugetiia Alfarez, la contessa di Cas~te1moresco, arrivata da pochi

momenti, aveva udito le ultime parole di suo marito.Nè il Conte ab Agar aveano potuto vedere entrar la Conitessa, pe-

rocche il primo volg·ea le spelle all'uscio della stanza, e la· seconda siera coperto gli occhi con ambo le mani.

E quanido la misera Eugenia,· trafitta net pidi vivo del cuore, feceudire il floco gemito che la rivelazione della infedelta del marito le strap-pa ra, que' due rimasero come colpiti dalla folgore nel vddersi innanzi ladonna oltraggiata.

Armando, levatosi tostamente all'impiedi, face un passo verso lamoglie, che, sentendosi venir manco, appoggiavasi ad una banda del-1' uscio.

Agar, comechd innocente, non osava alzar gli occhi su quella donna,che le avea manifestato i pidi caldi sensi di amicizia, e che dovea, secon-do ogni apparenza, supporre inl lei una certa complicita o condiscen-denza.

11 silenzio, solenne, agghiacciato, regn6 tra quelle ti·e persone, sildiversamente agitate.

Eugenia, colla faccia bianca come morta, si avanzb lentamente versoil letto, stese la mano ad Agar, e le disse:

- Aves ben ragione mio marito di ringraziarvi in ginocchi per aver-ci salvato questo bambino. Ho saputo della convulsione che to ha assa-lito e delle cure tenerissime che gli avete prodigalizzato. Grazie, miabuona amica, e possa Dio rendere anche a voi il figlio che avete perduto l

E impossibile 11 ritrarre la sorpresa, la confusione, I' ammirazioneda cui furon presi Armnando ed Agar nello udire dalla bocca della con-tessa queste semplici. e dolei parole, alloreh6é si aspettavano lo scoppiodolla pjid violenta procella. Era certo che Eugenia avea dovuto sentire lacolpevole dichiierazione d'amore di suo marito; e intanto, con esempiod'inaudita generosita, ella medesima si aff'rettava ad onestare, con dili-cato pretesto, P'atteggiamento del conte, trovato alle giniocchia della glio-vane, e darvi una dignitosa e nobil eagione.

Armando fu colpito d'umiliatione ai suoi occhi modesimi. La virtldsublime della contessa lo schiacciava.

Agar non ebbe il coraggio di stringere la miano che le si protendea,e guardava la nobil donna con maravigrlia estrema.

Per dare il tempo al conte e ad Agrar di riconoscersi dalla loro sor-presa e confusione, Eugenia si ecliss6, per cosi dire, agli occhii loro,consacrandosi interamente al faneliullo, cui fu larga di carezze e di baci.

- 163 -

Un' occhiata indefinibile pass6~ rapidamente tra il conte ed Agar :

quell'occhiata fu la · seambievole confessione della superiorith di quella

donna. magnanima che si nobilmeilte 11 perdonava, senza dar loro neppu-

re il rossore di comparire colpevoli.

- Oh com' B rallido questo fanciallo t -· estelamo Eugenia I - Qual

cambiamento in ·poche orelI La convulsione ha dovuto assai maltrattarlo.

Ogni altro sentimento, ognii altro pensiero tacqtrie -in Agar di pre-

sente all'amore pel figlio; ella si avv·icilib prestamente alla contessa.

- Oh se If aveste veduto.1 Ci 6 stato un momento che l'dbbiam visto

morire; povero angiolettol ha stravolto gli occhi e tremava per tutte le

membra .

A tal ricordo, gli: oechii di Agar novellamente si riempivano di la-

grime; il: suo seno affannava, la sua voce era tronca.

- Avete maridato a chiamnare il dottor Pierucci, Armando B

- Egli verrd a mlomenti - rispose, il conte che~ aveva ripreso flato

- Intanto, questa signbrina, che, dir si pub l'angrelo salvatore del nostro

Errico, ha fatto venire un altro medico da lei conoscinto.

- Un altro medico l

- Si, signora contessa, ho fatto venice il dottor -Ascanio Foscaldi,

perciocch6 durante l'assenza vostra e di vostro mnarito ho veduto aggra-

varsi alcun poco il male di questo caro bambino.

-- E che cosa ha detto il vostro medicoP

- Ha trovato seria abbastanza la malattia di Errico - rispose Ar-

mando -- e in fatti, non ostante ch'io non abbia aggiustata mnolta fede

alle sue parole, poco tempo appresso che egli 6 andato via, il fanciullo 6

stato colpito da convulsione.

- PoYera creatural-selamb Eugenia-ma oh Dio ! Armando, Agar,

guardate...ei stravolge gli occhi di bel nuovo; le sue labbra si fan verdi...

- Gran Dio ! - gridb la vera madr·e, e corse per irresistibi.le im-

pulso di materno amore a strappare quasi dalle braccia di Eugenia it

fanciullo.

Non ripeteremo l'agitazione, il subuglio, il pianto, I'affaccendarsi ad

~apprestare al pargoletto quegli ainuti che la trista situazione richiedea;

non diremo da quanto spavento e dolore fossero compresi gli astanti, e

massime la madre intelice, inquesta niovella crisi vie pidl pericolosa, che

avea colto it bambino; lasciamio che i nostri lettori si figurino tutto cio;

dappoich6 sempre dammeno del vero tornerebbe la descrizione.

In mezzo a tanta ambadcia e costernazione, un grido di gioia scappO

intanto da tutte le labbra.

11 dottor Pierucci arrivava.

Uomo singolarel Questi non perdeva giammai la sua paeate·zza, e,

diremmo quasi, la sua glovialita. Avvezzo ad essere testimone di tante

atTlizioni, di tante lagrime, di tante morti, il suo cuore non avea pulsa-

zioni pidi accelerate per qualsivoglia spettacolo di pieth e di commisera-

zione. L'uomo colle sue passioni, colle sue miserie e intermita, era per

lui né pidi né meno che un obietto scientifico, un pezzo di curiosith e di

osservazioni, come una macchiina nelle mani dl'un mieccaniico,

- 164·

Armandio gli corse incontro.

- Ah, mio caro Pierucci, abbiamo le pidl dolorose novitd: ecco la

seconda convulsione che assale questo bambino da quasi un'ora; noi per-

diamo la testa... Eccolo... guardate... sembra un piecolo cadavere.

- ConvulsionilI - sclamb Pierucci - non B possibile 1

- E7bbene, miratelo, dottore - disse la contessa.

- Egli muore I egli muore 1 - mormorava con occhi deliranti Agar

- o Dio di misericordia, o Vergihe santa 1

Pierucci si accosto al fanciallo; lo esamlind attentamente; e pidi di

un quarto d'ora imnpieg6 a conoscere il earattere della convulsione che lo

assaliva. Secondo che iva esa·minando I' indole del male. la sua faccia,

fredda e impassibile, esprimea la sorpresa. Eg~li gittava di tempo in temi-

po un' occhiata torva su A.gar, che pallidissima e affannosa aspettava

dalle labbra di lui la sentenza di vita o di morle.

- I stato qualcuno in questa camerat - interrog6 il Pierucci.

Nessuno ardiva rispondere a questa interrogaazione, la qtiale nissuno

poteva indovinare a che scopo venisse fatta.

- Bisogna dire la verith - disse il conte - il nostro Pierucci é

amico e filosofo, e perdonera ad una imprudenza commessa per eccesso

di zelo.

- Di che si trattal Parlate subito, gl'istanti sono preziosi per la

vita di questa creatura.

- Ebbene, mio caro Pierucci, sappi che un altro medico ha veduto

sta mane il piccolo Errico.

- Un altro medicol Chi mai g

- Un certo Ascanio Foscaldi che la nostra governante ha chiama-

to, nell'assenza mnia e della contessa, sospettosa dell'aggravamento del

inale dlel piccino.

- EllaP... E, qluanido é giunto cotesto Ascanio Fosealdi, né voi,

Armanido, né la contessa eravate presentit

- lo sono arrivato quando egli era per congedarsi e, avendolo io

richiesto del suo parere sulla malattia del fanciullo, debbo confessarti

che egli ha predetto esser tale che, senza i piY solleciti ed efficaci rime-

dii, la sua vita sar·ebbe stata in per·icolo.

Pierucci si scost6 dal letto, si avviciq6 al tavolino sul quale erano

i farmachi da lui prescritti.

- Non ha egli fatto al:cuna prescrizionel

- Nessuna, mormorb Agar.

II Pierucci esaminava con molta attenzione una di quelle boccettine,

e poco stante disse con solennit8:

- Qui si nasconde un atroce mistero, di cui pid tardi cercher~emo

la spiegazione; per' ora fa d'uopo affrettarsi a salvar dalla morte questo

fanelullo.

Detto cib, die' di piglio ad una penna, e scrisse in fretta una pre-

scrizione.

- Presto, si mandi a cercare questa bibita; forse siamo ancora in

tempo; un quarto d'ora pidi tardi, e non ci sarebbe stata speranza di sot-

tr·arlo alle- insidie del nemiico.

11 conte, Eugenia ed Agar erano rimasti quali trasogrnati.

- Allontanate questa donna dal letto del bambino - soggiunse 11

medico, additando Agar-Ho ragion di credere ch-e ella sia cognplice dei

vostri nemici per attentare alla vita di questa creatura, e fad si che 2

suoi beni passino al marchese di Gaudixo.

- Costei l - solamb stupefatto il conte.

- Assieuratevi di lei - aggianse pacatamente il Pierucci.

- Oh gran Dio, che mistero 6 mai questo ! - solambo Eugenia.

- 11 mistero e spiegato in due parole, signora contessa - riprese

il medico - Questo bambino 6 avvelenato l

Un grido straziante fu udito: Agar era caduta quasi morta dappres-

so alla sponda del letto.

Parfe Quini~a

IL SEQRETARIO

in dalla morte del vecchio conte di Castelmoresco, il castello era

stato abbandonatp in qualche modo alla piid sordida incuria. 11

novello padrone, il marchese di Gaudixo, al quiale era venuto

in eredità, vives nella piu lurida stanza del vasto quartiere del

secondo piano; appunto come sarebbe vivuto il pid sozzo animale nel suo

fe nile. Il governo della casa e del tenimei)to era affidato a tal fattore qual

si conveniva a tal padrone. Famosa ga'ra di sudiciume, d'avarizia, di sto-

lido ang.arimento era nata tra il signorotto e il principale suo agente, il

quale che uomo si fosse potranno facilmente conghietturare i nostri leg-

gitori, allorché avrem detto rassomigliare costui a quella bestia rara che

verrebbe a luce nel congiungimento del gatto e del leopardo.

Com' erano a compiangere quegl' infelici che eranlo sottoposti a que-

sto immondo animale, 4 facile intendere; egli era tanto- pidi nocivo quanto

chie a' sanguinarii istinti della fiera accoppiava una certa tal quale furbe-

ria, qualita di che difettava al postutto il serenissimo Marchese di Gaudixo,

suo signore, che era d' una stupidith che facea paura, atteso la sua na-

tura malvag~ia e feroce.

Dacch6 Armando aveva abbandonato quella magione, la gente del

comune l'additava ormai come un sogrgiorno maledetto, nel quale si erano

conservate le turpitudini de' vecchi tempi del feudalismo. Cor·rea voce

tra le donniccinole del contado aver messere il demonio menato via il

corpo del vecchiio conte; e portato a casa calda in anima e corpo, ancorché

vivo, quella buona lana di Don Sulpizio, di cui nissuno area saputo pid

dar contezza.

Eppure, con tutta la sua protervia e tirannia, il vecchio Don Gu-

smario era un angoelo di bonth in paragone del figlio D. Giovanni, che ar-

riv6 (vedi prodigrio !) a far benedire la memoria del defunto, ed anche a

famne rimpiangner la perdita. I coloni, i campagnuoli, i fittaiuoli d' agni

P 167 X-

sorta, erano le vittime infelici del maestro di casa Don! Gennaro, che era

il factotum del Marchese, if quale gli dava carta bianca per tutte le se-

vizie da esercitare contro' quei miseri qualora d'un glorno, d' un' ora tar-

dato avessero a soddisfare a' loro obblighi. E guai so alcun di loro si at-

tentasse di mormorare I; Don Gennaro, a dispotto del secolo decimonono,

e ridendosi delle leg;gi divine ed umane, esercitaira la sua autorita con atti

di tal rigore che fremuto ne avrebbero i cannibali.

Don Giovanni di Voltierra, Marchese di GalIdixo, non area che due

anni meno d·i suo fratello Arm'ando; epperb, al tempo a cui siam giunti

con questa narrazione, contar poteva un trentacquattro anni a un dipresso,

eth che b ancora rivestita di quella poesia, di quella freschezza, di quel

,profumo onde si riveste la glovinezza felice e espansiva. Ma, a 34 anni,

un uomo come il fratello di Armando, come if prediletto dell' ignorante

Don Gusmano, era gia vecchio come a sessanta; tanto egli 6 vero che

it morale gitta la sua ombra ridente o trista sul fisico 1 So brutto e laido

era stato nella sua prima glovinezza, ora che varcato ne avea il primo

stadio, don Giovanni era orribile a guardarsi. Al~le esterne deformith che

10 adornavano erasi aggiunta una gobba disegonata come la pidi perfetta

montagna due cerchi di saingue circondavano le orbite de' suoi oc-

chi; e una barba selvaggia e incolta copriva la meth della ignobile sua

faccia.

Non diremo del come questo satiro spendesse i suci glorni: diman-

date piuttosto comie sogliono passarli le fiere nelle loro stie. Gli esseri

di questa specie non hanino definizione di tempo, il quale é per essi con-

tinuazione di male opere e di mali pensieri. Nemico acerrimo del bello fi-

sico e morale, don Giovanni non prendea diletto che nella pid brutale

ubbriachezza a cui si abbandonava ogni glorno a tale estremo, chi'egli non

ricordava giammai di essersi da sé medesimo coricato. E la sua bria- i

chezza partoriva i. pid funesti effetti, giacché vieppidi in lui si accende- :

vano gl'istinti feroci.

Era tale la ripugnanza e il terrore che destava questo bruto che,

avendo hisogno di un uomo che avesse saputo leggere e scrivere per po-

tergli portare, i conti d' amministrazione, non avea trovato nessuno che

,volesse avvicinarlo. Egli é vero che 10 stipendio da lui stabilito pel suo

segretario era si meschino da non invogliare a cosi fatto officio, avato

anche riguardo alla trista necessita di avere a stare continuamente con

un essere della stampa del signor marchese.

Stando cosi le cose, presentavasi un giorno al cospetto del serenis-

simo sig;nor marchese di Gaudixo un giovine chie se gli offeriva per quel-

F'officio di segretario, e diiceva che. I'onore di servire a cosi illustre per-

sonaggrio era da anteporre a qlualunque compen so ; and' egli si estimava

avventuratissimo, se il signior marchese gli avesse conceduto simigliante

altissimo onore, ch'ei riguardlava come il pidi prezioso guiderdone che si

potesse ricevere. Questo lingauaggio non poteva chie adescare la stolta su-

perbia di don Giovanni, che accettb subitamente l'offerta, senza darsi

pensiero d' indagare chi fosse e donde venisse la persona che g·liela fa-

ceva: non domandolle di altro che del suo nome; e quegli rispose nio-

marsi Vincenzo Tropez.

- 168 -

Affrettiamoci a dire che sotto questofittizionome si ascondeva quellodi Luigi Montero, il quale, per mettersi in salvo dalle ricerche della giu-stizia e dallo sdegno di Lorenzo del Giglio, avea mutato nome, e passan-do di provincia'in provincia mered un falso passaporto, era giunto a Ca-stelmoresco. Dove, nion gli essendo riuscito malagevole il conoscere i pidiminuti particolari sul marchese di Gaudixo, presente posSessore.del te-nimento di Castelmoresco, e, saputo che questi iva in cerca di un uomachie gli servisse da segretario, stimb convenirgli perfet;amente un simileimpiego, nlon solo come quello che davagli agio di nascondersi comoda-mente dalle persecuzioni, ma bensl come quello che porgevagli forse oc-casione di mettere le mani sovra i beni dell' avaromarchese, o poterlomenar pel naso, perocch6 sapea quanto fosse la stupida igonoranza diquesto animale.

Luigoi Montero era furbo ed astuto come volpe. Non potea la malvagrianatura di don Giovanni abbattersi in altr·a pid empia e scellerata; collasola differenza che quella era stolida e ignorante; scaltra questa e dia-bolica.

Subitamente il signor segrretario trovb modo d' insinuarsi nelle buonegrrazie del padrone. Non riusci malagevole a Luigi di scovrire la mollaascosa e la corda sensibile che dovea toccare in quel muscolo cavo delcuore del marchese. La passione dominante di quest' uomo eral'avarizia;e questa per lo appunito comincio a lusingare in lui quel rettile sino afargli vedere come sensibilmenlte apportasse grandi economie nelle spese.Una certa tal quale antipatia erasi dichiarata tra lui e quellf altra fiera didon Gennaro, il maestro di casa; ma Luigi, che aves gi8 in pugno 11 cuoredi Gauidixo, si ridea dell'odio del fattore, e nol temea ) benst guardava-sene a tutta possa, e molte volte eventh le calunnie che quegli sapeva in-ventare per farlo cadere.

Guari non and6 e Luigi Montero si rese padlrone assoluto del ca-stello, mered di quella diabolica scaltrezza che formava il fondo del suocarattere. La simulazione era in cima alle virtul di qIuesto giovine, simu-Jlazione portata fino ai confini dell' arte meglio studiata. 11 pidi profondoconoseitore degrli uomini non avrebbe potuto discoprire le magagne diquesto proteo a mille facce morali. Tutta la sua vita non era che unacontinua rappresentazione di una commedia abilmente eseguita. F;in dafamciullo erasi esereitato a questo mestiere, a cui unl maluato istinto 10chiamava. Una commedia era stata quella chie avea rappresentata col_*ignor Lorenlzo del Gig·lio, allorch6é questi, mosso a piet3. dilui orfanoabbandonato sulle ruine della frana di Gragnanio, avealo raicolto daliamiseria, e seco l'avea tratto a casa. Una lunga commedia d' ipocrisia era.staba quella da lui sostenluta nella dimOra del buon Lorenzo per nascon-dere le nefandezze della sua indole esecrabile; e atroce dramma era statoI'amore da lui ispirato alla misera Agar.

Ora il perfido comnmediante trovava un novello proscenio dove me-glio convenivagli di esporre il suo ingegano e con pidl profitto. Questavolta l'unico spettatore -iella commedia era un imbielle, che si potea leg-germente ragrgirare, e dal qluale egli facilmente? potea farsi applaudire epremia·e .

- 169 -

E Luigi Montero in poco tempo, colle arti pili infernali, giunse a -

procacciarsi tanto quanto sarebbe bastato a ogni onesto uomo per trarre

onorata e modestai esistenza. Ma l'ambizione di lui non si limitava a cost

poco. Vasta era il campo e fertilissimo; e ci era da focondarlo magnifl-

camente.

Luigi sapea la faccenda del testamento onde Armando di Castelmo-

resco era stato diseredato; sapea che un figliuolo nato a costui toglivea

al marchese ogni speranza d'impossessarsi di quei bent che vellicavatio

la gola a lui Montero. In un capo come il suo, 11demonio non potea man-

care di soffiare la terribile idea di trovar modo onde le sostanze del fl-

gliuolo di Armando passassero a don Giovanni, riserbandosi egli di aver-

ne quella parte che gli spettava, se giungesse a fare il gran colpo.

Bisognava, nB pidi nB meno, fare sparire dal mondo quello im-

porf`ullo fanciullo che, dopo tWe anni di sterilita della genitrice, vemiva

malauguratamente a rompere il bel disegno di gastigo onde il vecchio

avea voluto punire 1' insubordinazione del suo maggiore figliuolo. Molto

tempo rumind il ribaldo su questo proponimento, e nel sno cervello iva

almanaceando i modi pidi acconci da ciO; insino a tanto che ebbe trovato

la maniera pid probabile di cavar·si il verme che if pizzicava.

Egli fece qualche viaggetto a Napoli per cercare di prender contezza

della vita che menava il conte, delle persone cho area in casa, e massime

della governante alle cui cure era affidato il pargoletto.

Osservansi in alcune nature certi curiosi e stroni fenomeni, ehe riu-

scirebbero al tutto incomprensibili; se non si riferissero e spiegassero

Ja merch di quelle leggi provvidenziali intese alla punizione morale dei

malvagi.

Caso bizzarrol Luigi Montero, paterino senz>:animia, senza cuore,

senza visceri, aves spesso alcuni momenti di profonda malinconia, i quali

nascevano in lui dal pensiero che egli aveva avuto un figlio, che egli non

aveva giammai conosciuto. Luigi Montero si formava certe immagini

de' piaceri della paternita cosi opposte ai vili istinti della sue indole, chie r

egli medesimo se ne maravigliava. Forse un figlio aivrebbe mutato qIuel

carattere, forse 1' amor paterno avrebbe oper`ato i1 gran prodigio di tra-

stormare quell'animo. È difficile stabilire fin dove le ascose tendenze del-

1' uman cuore possan condurre l'uomo. Talvolta una emergenza, una ca-

sualit8, una contrarieth decidono del destino d'una esistenza. Luigi Mon-

tero avente al suo fianco il figlio sarebbe stato forse un uomo onesto e dab-

bene. E la perdita del figlio era I'eterno rammarico che; pidl di tutto, av-

velenava le torbide gioie di quest'uomo.

Non sappiamio se mai il suio pensiero ritornasse alla infelice vittimna

della sua seduzionie. É possibile che mal qIuesta immagine non gli attraver-

sasse la menlte. O se pure talvotta, per rimbalzo, l' idea del figlio perduto

gli facea risovvenire della madre, era questo unl lampo passaggiero che

non avea nessuna influenza su i suoi sentimenti; né pidi né meno che un

attore non ricorda o non ripensa giammal alla commedia da lui rappre-

sentata molti anni addietro.

Meditato su quiello che aveasi a fare, un bel glorno, egli entrb nell a

stanza del marchiese di Gaudixo, e, seaza preliminari, gli disse;

- 170 ---

- Signor marchese, quanto dareste a chi facesse passare nelle vo-stre mani i centottantamila ducati di vostro nipote, il figlio del conte vo-stro fratello t

La stupida faccia Wel marchiese si rischiar6 ad un tratto, come seuna luce internale l' avesse co1pita; ma parve non bene intendesse le pa-role del sue segretario, e per qualche tempo imnmobilmente 11 ragguardbseriza dir motto; oude colui fu costretto a ripeterie la sua interrogazionetroppo bruscamente espressa.

- Signor marchese, quanto dareste a chi facesse pasSare helle vo-stre mani i centotlantamila ducati di vostro nipote, il figlio del conte vo-stro fratello f

11 marchese schiuse le immnonde labbra ad un sorriso pari a~ quelloonde suole il demone sorridere qQasndo carpite, ha una vittima; e unamano ei lev6 su la fronte compressa, quasi che avesse voluto rattenere;quel pensiero che apriva alla sua mente un ignoto paradiso fin' allorarimasto impenetrabile.

SDai·ei... darei...E la feroce avarizia combatt6 in lui il primo impeto di generosith

che gli si levava nell'animo.- Ebbene P dareste... che cosa 1- Darei... mille scudi - rispose il succido uomio.Un amaro sogghigno contrasse le labbra del giovine, che dimenando

il capo in atto di scherno, disse.- Bravol signor marchese, questa 6 una incredibile gaenerosita in

voi l... Mille scudil Ma ci é da commettere dieci delitti per tale somrmainaudita l Bensi, 6 stata un'idea... un capriccio, uno scherzo... S' imma-gini, signor marchese, che· ho voluto vedere fino a che punto i1 vostromagnanimo cuore sa compensare i grandi servigi che vi si rendono. Epoi dicono che vostra siganor·ia é avara l per bacco I mille scudi ! e propria-mente un tesoro, un feudo.

- Tu dunque -ripigliava cupamente don Giovanni - tu dunque 10hai detto per celia f... Ma come tale idea ti venne in mente B

- Che volete, signor marchese7 6 tanto tempo che 1'amore che viporto mi fa rumiriare su questa idea ! È tanto temlpa che io nonl so per-suadermi come quella insipida creatura della conltessa vostra cognata,dopo tre anni di sterilita, abbia avuto P'idea di fare un figliol e tantotempo che mi fa rabbia i1 pensare che, per una sciocchezza di creaturaimbecille, la bella somma di centottantamila ducati non debba aggian-gersi al vostro libro maggiore Guardate.~.. mo!... per un biimbo inetto ernoccioso si dee perdere un bocconcino cosi delicato, mentre sarebbesi agevole cosa lo sharazzarsi di quei due palmi di carne.

- Ah ! - sclamb il marchese - sarebbe agevol cosa !.-- Agevolissima, illustre sigonor mio; é la faccenda di una piceola

corsa a Napoli... io mi comprometterei di non ritornare senza portarvi lanotizia che il bambino 6 andato a trovar I'avo.

- Ebbene, i mille scudi sono tuoi, Vincenzo.- Ah ecco, per esempio, la piecola difficolt8 che vien su a frastor-

nare iI bel disegno.

- Come a direS

-- Per og·ni altro questa somnma~ di mille scudi sarebbe un prendere

il cielo colle punte delle dita; ma per me la cosa 6 diversa; io per esemi-

pio, nop dispiaecia a vostra signoria illustrissima, io do~n mi darei questo

fastidio per meno della meth dei sentottantamila ducati.

11 marchese fuard6 fisamente Luig;i, credendo che questi celiasse. - · I

- In fatti, P' idea non ci 6 male; tu sei P' uomo di grandi, p ensieri;

e, soprattutto, hiai molto spirito.

- Si, signor marchese, confesso che io sono P' uomo de' grandi pen-

sieri; spingo la mia immaginazionie a' voli pidi alti e arrischiati, e non temo

di mhandarli ad effetto. Hd sognato una fortuna di novantamila ducati; e,

pensando e ripensando sul modo onde renderlo alla realth, avvisai che la

faccenda delP>eredith che vi spotterebbe qualora si togliesse di mezzo quella

cara creaturina, mi offriva un bel mezzo di realizzare quel sogno, servendo

in pari tempo a·vostri interessi. Ma mi avveggo che questo non B stato

che un sogno... Che volete I sperava di servirvi in qualche~ modo. e...

- Tu dunque credi; che la cosa sia fattevole 7

- Fattevolissimia

- Vale a dire... che.... 11 piecino, il... contino potrebbe... levarci

P' incomodo ?

- In poche ore.

Gli occhi del marchese balenarono d' una luce di sangue; una glioia

infernale sfolgoro sulle sue luride sembianze.

- Possibile IE tu saresti di tahto capace ?

- So sono di tanto capacel... Mettetemni a prova, signor marchese,

e vedrete.

- Meltterti a prova I...

-Si, signor marchese; fuori preliminari, fuori parole inutili, a me

la. meth de' centottantamila ducati, e l' altra mela é vostra; tenetela a vo-

stra disposizione, nella vostra saccoccia.

- E can quall mezzi.

- Oh... oh... in quanto a' mezzi, questo B il mio segreto... Risol-

vete, signor marchese.

Don Giovanni sudava a gran goccioloni; si nettava la fronte, pren-

dea tabacco.

- Tu dunque pretendi la meta della somma g..

- La meth, signor marchese, né pidi ad meno.

- Novantamnila ducati 1

- Novantamila ducati per me, altrettanti per voi.

- Altrettanti per me I

Il marchese erasi alzato; andava sui e giu per la stanza, si rodeva

le unghie, si grattava il capo. L'avarizia combattea colla cupidigia, ma fi-

nialmente questa la vinse.

- Ebbene, Vincenzo, sia puire; la meta é tua; spacciami di quella

creatura... Ma... e non pub it degnissimo mio signor fratello mettere al

mondo, un altro putto Z

-- Oh non vog~liate darvi mnolta pena per questo... II cielo provvede-

rB per l'avvenire... Per ora, vi so a dire, e il tengo da buon canale, che:

- 172 -

il signor conte é disgustato di sus moglie. Pare che la signora contessanon vada pidi a sangue a suo marito, il quale I ha sposata, come pare,·soltanto tiello scopo di avere un figlio.

- Ahi egli 6 disgustato di quella donna, della spagrnuolat- Per 10 appunto.-- Apprestati dunque a fare il viaggio di Napoli.

- Si, ma innanzi tutto, voi mi farete un obbligo legale della som-metta~ che mi dovete per premio de' miei buoni servigi.

- Questo 6 glasto: domani accomoderemo la faccenda e poscia...parural.

- Partir6 subito, e tornerb subito.

Rimasti in questo accordo, e dopo aver tutto agogiustato col suo degnocomplice, Luigi Montero si congoed6 dal marchese, e si apprestb a com-piere il suo nefando proponimento.

. N OORRIERE NON ASPETTATO

opo un paio di settimane dacché egli era partito, Luigi Mon-

tero ritorn6 al castello, e corse ditilato nello studio del mar-

chese.

- 11 colpo é fatto I - solamb.

Il marchese mise un grido di gloia.

- morto it piccolo 4

- Non 6 morto; ma P'ho lasciato moribondlo; poche altre ore sol-

tanto gli rimaneano di vita.

- E siamo sicuri della sua morte ?

- Comne della mia presenza in questo luogo.

- E comer... con quali mezzit... parla, spiegrami.;.

- Vi spiegher6 tutto: attendo al piul presto un corriere da Napoli

chie mi dard piena conoscenza di ogni cosa. Siate sicuro chie a quest'ora

i1 fanciullo pid non vive.

Mentre cosi parlavano tra loro questi due ribaldli, fu annunziato a

Luigi che un uomo desiderava parlar· con lui.

- Ecco it messo !- selam6 con gloia il Montero - ecco il corriere

con la sospirata notizia !...

E tutti e dule, egli ed il marchese, corsero all incontro ~della persona

che veniva annunziata.

Lasciamo immaginare a'nostri lettori la sorpresa, 10 sbigrottimento

e il terrore di Luigi iMontero nel vedersi innanzi Andrea, it domestico di

Lorenzo del Gigrlio.

Comech6é avvezzo a dissimulare i suoi sentimrenti, troppo violenta fu

la sorpresa, sicch6 egli non poth celare agli occhi del marchiese la spia-

cevole impressione chie quell'uomo gli cagionava.

- Eb-bene?-chiiesô don Giovanni, vedendlo che tanto Luigi quanto

quel vecchiio erano rimnasti a scena muta, e uno strano pallore aves co-

perto le impassibili sembianize del segr·etario.

Andrea era vestito con molta decenza, quantunque i suoi vestimentiiimpolverati dessero testililonianza della rapiditadel suo viaggio. Egli era i

assai pid magro e mal ridotto. Ne' solchi delle sue guarice leggevan!si le I

amarissimne pene a cui il suo nobile cuore era stato soggetto. Giammai

si sarebbe potuto indovinare una condi4ione servile in quell'uomo dal-

P altera fronte e dal dig~nitoso contegno. Oh some la virtii inualza e

nobilita gli udmini pidi umilmente collocati nella stera sociale 1 Nel gettare

uno sguardo ·su Andrea it domestico e don Glovanni di Voltie rra, si avrebbe

giurato senza pidi che quegli fosse il inarchese di Gaudixo e questi il ser-

vidore.

- Scusate, signor marchese -- disse Andrea inchinandosi innanzi

a quel bruto -- scusate se ardisco prese~ntarmi in questo castello senza che

il mio padrone abbia forse I'onore di essere da lei conosciuto.

- Il tuo padrone 2- dimandb aiggrottando le eiglia i1 marchese.

- 11 signor don Lorenzo del Giglio, il pid ricco a benefico proprie-

tario di Castellamlmare e it pidl sventurato degli. uomini.

- Non conosco cotesto signor don Lorenzo - rispose il marchese

con cipiglio, credendo che quegli, nel fare P'elogio di beneficenza del suo

pqdrone, avesse avuto in mira di volgere a lui don Giovanni un rimpro-

vero per la sua avarizia -Checosa venite a fare in questo castello B - sog-

giunse burberamente.

- Non cerco di lei, signor marchese : ben si del suo segreta rio signor..

Uno sguardo di Luigi tra it supplichevole e il minaccioso rattenne

la parola di Andrea, il quale, con sorriso tra la bonth e il disprezzo, compt

la sua frase dicendo:

- II signor don Vincenzo Tropez.

Luigi respirb.

- Conoscete voi quest'uomot-chiese il marchese a Luigi.

- Nol conosco - rispose costui cott imperturbabile insolenza.

- II signor Troipez non mi conosce; ma io conosco lui - dlisse il

vecchio - e vengo a dimandargli un quarto d' ora d'udienza.

- Parlate - disse 11 marchese.

- Se il signor Tropez permette Che io parli innanzi a lei, signor

marchese, non bo alcuna difficolta di espr·imere l' oggetto della mia ve-

nuta in questo castello.

- Ed io non sono disposto a seintirvi - disse Luigi, il quale non tro-

vava altro modo di sfuggire a quella pericolosa conversazione che ave-

va a sostenere at cospetto del marchese. - In questo momento sono oc-

cupato col signor marchese di affari di somma importanza. Se potete ri-

tornare in altro glorno o in altr'ora, discorreremo a vostro talento.

- Vi fo osservare, signor donl Vincenzo, (e Andrea Çalcava sempre

la voce su questa parola ), che io venigo da Castellammare di Napoli; il

che significa che ho fatto qualche centinaretto di miglia per venic fin qui.

EP Iaver fatto cid vuol dire chie io non sono venuto per salutarvi sol-

tanto. Se in questo momento siete occupato col signior marchese, non vo-

glio gid esserVi importuno; ma; per ritornare questo 6 impossibile, come

voi stesso giudicherete, mio caro signor segretario don Vincenzo Tropez.

- Sembra bastancemente arrogante' questo vecchiaccio - osserv6

il marchese.

- 115 - ·

- Vi ho detto che io non vi conosco - riprese Luigi - non ho nes-suna~ aderenza h6 con voi nB col vostro padrone, vi ho detto che ho molto

da ~fare; onde potete levarci P'incomodo.

E, vollogl)i le spalle,

- Sono agli ordini vostri, signor n\aIchese - disse incamminan-

dosi verso Pluscio della stanza contigua.

- Un momento, sigrnor don ·Luigi - gridb Andrea.

I11marchese, che si trovava alla soglia dell'uscio, colpito da quel nome,

-i Don Luig~i I - esclamb - chi é che qui si chiianria don Luigi.?

Luigi iives gittato sul veCchio un' occhiata feroce.

- Perdonate, signore ; hlo shagliato, volea dire don Vincenzo. Quello

che ho a dire al signor segretario non potra intrattenerlo piid di dieci mi-

nuti. Ella·, signor marchese, pub ascoltare, se vuole.

- Parla insomma, vecehio del diavolo, o ch' io perdo la pazienza --

disse doni Giovanni.

--- Eccomi pr·onto; mni sbrigo in poche parole.

Luigi era su i carboni ardenti'. Per quanto stupidlo si fosse il mrarchese,

un sospotto potea pure nascergli nell' animo, se piu oltre avesse insistito

a non voler sentire quell'uomo. Intanto, fortemente era preso da paura

che Andrea· dicesse qualche cosa capace di fargli perdere la brillante po-

sizione che eg~li occupava a Castelmoresco.

Se Luigi fosse stato pienamente sicuro del colpo fatto a Napoli in

casa del conte, si sarebbe dato pochissimo pensiero delle conseguenze che

potevano avere le parole del ser·vo di Lorenzo; ma, perocch6 non era stato

ancora assicurato della morte del piecolo Errico, temeva di essere disco-

perto agli occhii del marchese e perdere la sua cuccagna. Frattanto, non

ci era ormai pid modo di impedire che Andrea parlasse. Deliberato adlun-

que di mettersi in sulla negrativa di qIualunque cosa avesse potuto compro-

metterlo, armnatosi di coraggio, e affidatosi all' abile sua sfacciataggine,

disse al vecchio abbassando gli occhi:

- Parlate.

A questo laconico invito, Andrea senza cerimonie si sed6 (giacché

nessuno di quei due galantuomini aves pensato d'invitarlo a sedere), e,

rivoltosi a LUigi, lo interrog6 nella seguente maniera:

- Voi siete stato ultimnamente a Napoli, signor don Vincenzo?

- Vi avviso che non risponderb a nessuna interrogazione - disse

Luigi trincerato nella sua impudente simulazione.

- Allora io non v' interroghierb, mio signore - disse pacatamnente

Andrea - ma vi dirO che, essendo voi andato pochi glorni fa in Napoli,

io vi hio veduto entrare nel palazzo del conte di Castelmoresco.

Il marchese divenne giallo. Luigi non si alterb minimamente in volto.

- Ebbenei> disse Luigi - che cosa vuol dire chie mi avete veduto

entrace in casa del conte ?

- Vuol dire che a voi non dev' essere ignoto dimrorare cola la .figlia

dlel mio padrone, Agar del Giglio.

- Ebben ?·

Questa volta un leggiero tremnor di voce tradi l' agitazione d' animo

in cui era il perfido Luigi.

-- Ebbene, la cosa 6 molto semplice: voi vi siete ravvicinato a quella

aventurata glovanetta. Suppongo che tal ravvicinamento sia figlio del ri-

morso e del pentimento, e che abbiate in animo di riparare al mal fatto.

Non 6 vero, signor don VincenizoB

- Vi ho detto e vi ripeto che io non risponderb a nessuna vJstra in-

terrogazione - rispose cupamiente it giovine - Non do conto a un vil ser-

vitore dei fatti miei, ne: delle mie intenzoni. A~bbastanza avete abusato

della mia pazienza. Ritornate dal vostro padrone, e ditegli che nessuna

aderenza 6 tra lui e Vincenzo Tropez, it segretario del serenissimo mar-

chese di Gaudixo.

Cib dicendo, prendea la via dell'uscio per rompere una conversazione,

che gli mettea paura.

Il marchese non sapea che pensare; incominciava a concepire qual-

che vago sospetto su i rapporti del suo segretario; ma la costui ferma

risposta 11 rassieurava interamente, sicch6 eglj stava per tenergli dietro.

Ma Andrea, a dispetto de' suoi sessant' anni, fece. un salto vigoroso,

e and6 a piantarsi in sulla soglia dell' uscio.

-- Un momento, signor mio, col permessa del signor marchese. ..

- Simigliante insolenza 1- grido furioso Luigi -Vecchio insensato,

ti far6 cacciar via dai servi.

Uno stupido riso affacciossi in sulle labbra del marchese, che ormai

prendea spasso in questa specie di lotta; e la insistenza del vecchio smo-

veai la sua curiosit8.

- Non vedete che fate ridere il serenissimo signor marchese - os-

serv6 Andrea maliziosamente. - La vostra ostinazione a non volermi

sentire farebbe credere a cose che non sono e p.otrebbe destare nel ma-

gnifico animo di lui sospetti ingiuriosi alla vostra riputazione. Abbiate

dunque la bonth di udirmi per pochi minuti, senza interrompermi; e siate

sicuro che noni dirb cosa che possa spiacervi.

- Lasciatelo parlare - disse il marchese-questo buon uomo assai

mi diverte.

- 11 signor marchiese ve lo comanda -disàe Andrea.

L.uigi si mordette le labbra, pe, gittando ·sangue e veleno dagli occhii,

sembrb acconidiscendere a sentire quello che it vecchio aveva a dirgli.

- Or dunque - ripigliib Andrea pacatamnente-posto chie vi siete gre-

nerosamente ravvicinato alla disgraziata figlia del mio padrone, veng~o a

dirvi, pel vostro bene, chie 1'unico partito che vi rimane ·a prendere per

salvarvi dalla conidanna, chîe la giustizia hia fulminato contro di vof, 6 chie

audiate a grittarvi, sposo legittimo di Agar, alle ginocchia di Lorenzo del

Giglio, edl implorare dalla suia clemente generosita che ritir·i la qIuerela

contro di voi, o, per meglio dire, che otteniga sia cancellata.1a sentenza

chre vi colpisce.

- Una sentenza ! !, la Giustizia I ! - esclamb il marchese-... Di che

si tr·atta g quaP' e il tuo fallo, Vincenzo?

- Non 10 so - borbottava tremiando il malvagio - una calunnia...

forse.

- Voi siete stato condannato in contumacia - seguit6 freddamente

Andrea -la Giuistizia é sulle orme vostre; i vostri connotati sono dati ;

e presto o tardi i1 vostro ritiro sara discoperto.

La faccia di Luigi era diventata livida.., 11 marchese 10 guardava coir:

somma sorpresa.

- Ma... Lorenzo del Giglio-dimando quegli con voce spenta -

non... ismarri il senno t... nion uset... matto ?

- Iddio obbe pieth di quest' uomo, eccellente e raro a gli ridond la r;-

glone; itprimob uso ch' egli ne ha fatto 6 stato di avanzar:querela contro

liautore di tante sciagoure.

L- Le pm·ove delle accuse che mi si fanno t Con quall pruove sono

stato 10 cortaIinato ?

-- Nulla saprei dirvi di cib ; ma so che la galera vi aspetta.

- La galeral-eselamb afterrito il marchese.

- Dieci anni di terri.

-- E Bshe delitto ha egli commesso t

-- Chiedetelo a lui stesso, signor marchese. Per me ho adempito a

quanto il mio cuore mi ha suggerito per istornace dal suo capo il fulmine

che 10 aspetta. Una nobile riparazione puib salvarlo aticora. Lorenzo del

Gigllo hia Paniino gr·ande e generoso; non temete di affidarvici. Questo

&- quanto in sono venuto a dirvi, signor don Vincenzo; ed ecco perch6

ho insistito per essere da voi subita mente ascoltato, imperoccché ognli me-

mento perduto pub esservi funesto. Bench6 io abbia tanto a dolermi di voi

che per lo passato avete cercato tutti i mezzi di farmi.perdere la stima e

l'affetto del mio signore, non temete che io deaundii gilammai illuogo del

vostro- ritiro, che da molto tempo io conoseeva. Ma egli ci sono molte ap-

pareeze che non vi lasceranno tranquillo in questo castello. La protezione

·del signor marchese di Gaudixo a nulla potrh giovarvi. Avete armai in-

nanzi a voi utla doppia esistenza da scegliere : da una banda, una laposa

che vi ama, una famiglia, un secondo padre, gli agi e le delizie della vita,

dalP>altra, 1' infamia, la solitudine, le orribili sofferenze della galera. Sce-

gliete, s ignor don Vincenzo, e scegliete subito; giacche forsenon vi lasce-

ranno lunga pezza irresoluto in sulla scelta. Per me, ritoroc Bal mIo po-

sto, ritorno a Castellammare, appres:so allF uomo chîe io pidivnero sulla

terra, appresso a quel misero, il cui nobilissimo cuore fu da voi si cru-

delmente dilacerato. Durante il mio viaggio, farb voti a Dio; e innalzerb

umili preci perch6 parli all'animec vostro e gP>ispirj quella delibera-

zione che solo pub salvarvi, ridonando la felicith al povero vecchio che

vi accolse e vi allevi, come il piii amoroso padre avrebbe fatto co1 pidi earo

dei suoi figlinoli.

Le tagrime affluivano abbondaniti sulle ciglia dellfaffezionato domne-

stico, che si apprestava ad abbandonare il castello.

Luigi era rimasto pensoso e pallido.

11 marchese erasi avanzato verso Andrea.

- 11 delitto di costuiB chiese al veechio con voce tremante - Presto,

ml si dica qual'é 11 delitto onde costui si é mleritata la galera.

Cib dicendo, serrava nel suo pugno di ferro il briaccio del servo di

Lorenzo.

- Sig;nore, il pentimentoriscatta qualunque colpa. E non vedete che

il vostro signor segretario e gi8 peiltito, ed 6.pronto a fare insigne am-

afe~nda del suo fallo7

- Non si tratta di questo -disse il marchese -lo voglio assoluita-mente saFere su che si fonda la querela del vostro padrone.

--- Falli da glovine; si tratta di amori -rispose il buon vecchio.- Ali ah ahi, capisco l- osserv6 ridendo il marchese---e perch6

farmi un mistero di tall- sciocchezze t Comprendo di che si tratta: scom-mietto ce ieVincenzo ha sedotto la figlia del vostro don Lorenzo. Ih I far'tanto crlhia so per simigliante inezia ! Non ci 6 il senso comunie. E alla fin~dei conti, so la fanciulla 6 stata ingannata, ~perché si é lasciata inganuare 7Sono pur curiose coteste donne l e pidl ouri·osi codesti padri, che menanotanto rumore per una cosa, che non ha altro meritoche nell'altrul imma-ginazione. Via mo Vincenzo, non istare di mal'animo per questo: farb, va-.lere le mie aderenze, i miei rapporti presso P> autorits,

11 cinismo di questo linguaggio facea raccapriceiare quell' uomo vir-tuoso di Anpdrea,! che poco appresso, colP'animo scorato e abbattuto, ab-bandonava i1 castello. `

Rimasti soli:- If indispensabile - disse Luigi - che io mi sottragga per qual-

che tempo da questo asilo. Io conosco quel vecchio; eglj non mentisce.Voi signor marchese, avete gid capito di che si tratta; faudillaggini, be-stialith della prima giovinezza; nya io non vorrei aver·e per le mani qual-che cattivo negozio. colle autorita. Vi chiedo il permnesso di allontanarmiper qualche mese. Quel vecchio potrebbe lasciarsi sfuggic di bocca il sitodel mio ritiro. Traggo immantinente in Napoli, donde vi scriverb a postacorrente per farvi conoscere il risultato del nostro affare, di cui non ab--biamo avuto ancora nessuna definitiva contezza. 11 corriere non potrA in-dugriare. Intanto mi adoprerb a Napoli per mettert-ni a sicuro di ogni im-portunith.

- Ma dimmi, ViiIcenzo: a me pare che quel vecchio abbiadetto chela figlia del suo padrone si trova in casa del conte mio fratello : ècid ver 9

-- Vecrissimo; e di lei per 10 appunto mi sono valuto per la grandeoperazione del piccino.

-- Ahi comprendo I per bacco, tu sei un geniot Ella dunque...- Porgeva al bambino unfarmaco che ora lo avra addormentato per

semnpre.- Ed ella conosceva la natura del farmaco g- Non sono si gonzo e graglioffo da affidarmi alla complicith d' una·

donnal Elia sapea soltanto che quella bevanda dovea dar la vita e non gi8la morte al fandlullo.

Un' ora appresso, Luigi Montero partiva in tutta fretta per Napoli.Era appenla poche miglia discosto dal castello, ·che P' atteso corriere

ar·rivb, latore dellalettera che dovea recare la sospirata novella della mortedel figliuoletto del conte.

,Comiech6 la lettera fosse indirizzata a Vincenzo Tropez, il marchiesehie rupp2eimmantinente il suggello, e per la p>rimna volta in vita sua ma-ledisse la propria igrnoranza. L'infelice non sapea leggere I

A chi f'ar- legrgere 10 scritto B A chii affidar·si Naturalmente, al par-tir di L~uigi, it marchese non avea pensato a questo accidebte, che 10 a-

p·rebbe costretto a porre un terzo nel segreto 4' una faecenda cost dlilicata.

L;a lettera potera dir tutto. Comle advienturar;si in tale incertezza f

Era pertanto giocofor.ra il sottoporsi alla crudele necessita di far leg-

gere la lettera a'qualcuno del castello. Tutt'i famigriari e domestici del

marchese, non esoluso il fattore don Gennaro, erano liestie al pari di lui,

e non era traloro chi sapesse diciferare il nero sul bianco. In questo venue

ricordato a don Giovanni che poco discosto dal castello viveva un uomo ;

dabbene e discreto, col quale sphsso sug fratello Armando solea conver-

saf·e, e che indubitatamente sapea leggere e scrivere.

Prescindendo da tutti gli altri motivi di sospetti e di paure, era pfir

doloroso allPorgoglio del marchese 11 confess are la vergognosit ignoranza,

ende gli era mostieri valersi delP' opera d' uno straniero al castello per

congscore il contenuto di quella lettera. Ma in questa vergogna appunto i

sta. il pid puro omaggio che la virtU e la scienza ricevono dal vizio e dalla

jgnoranza,

I11 marchese mandb a chiamnare quelP>uomo, il quale con qual pal-

pito in cuore venisse al caStello e salisse le scale del quartiere del mar-

chese, é immaginabile da chi consideri qual belva si fosse e come temi-

bile il signiore del castello a quelli eziandio che non erano suoi subàlterni.

Prese tanto di fiato il brav' uomo quando, entrato nello studio del mar-

chese, e chiusone 1 uscio, venne informato dell'oggetto della çIhiamata.

Il marchese di Gaudixo, il quale non credeva alla santith del giura-

mento, fece giurare a queWluomo, innanzi di farglilegrgere la lettera, di

non rivelare giammai ad anima viva it contenuto di essa. E non pago de.l

giuramento, if minaeci6 di morte qualora avesse un sol motto proferito.

Appresso a questi preliminari, quell'uomo lesse quanto segue :

i Mio signor don Vincenzo. e appena l'alba, e mi sono recato a

prendere le informazioni che voi desiderate. La casa del conte e sottoso-

pra. Si parla di veneficio e se ne accusa la govern;ante: j ntanto il piecino,

Çhe si suppone avvelenato, 6 sano e salvo, mered il valore e la sapienza

del medico di casa. Vi saluto e mi vi raccomando ,.

- Sano e salvo! -gridb in un trasporto di sdegno infrenabile quella

fiera del marchese -Sano e salvo ! Maledettoll

Accortosi poscia della imprudenza commessa davanti a quelP'uomo,

gli strappd di manola lettera, sonb il campanello, e disse ad un servo che

gli si era presentato:

- Conducete quest' uomo nella stanza del ceroo, e non ne esca fino

a mio ordine.

Tremante e pallido, quell' infelice, incerto della sorte, fu strascinato

nella stanza del cerco, dove il fanciallo Armando era spesso assoggettato

all8 torture della solidudine e talvolta eziandio della fame.

III.

LA MADRE

gli 6 d'uopo armai rivolg~ere la nostra attenzione a quanto av-

veniva in casa del conte di Castetmoresco, poscia che it dottor

héz: Pieracci apertamente dichiarava essere stato avvelenato il fan-

ciullo, e autrice o complice di tanta nefandezza accusava la go- ·

vernante, siccome egli credea che fosse la inisera Agar del Giglio.

Dicemmo che a quelle cruide e inaspettate parole, la sventurata

giovans era caduta priva di sensi appresso al letto, su cui giaceva il fi-

gliuolo. L'orrenda accusa scagliata dal Pierucci su quella donna sor-

prese, ma non perisuase 11 conte Armando né la contessa, i quali sapeano

esser colei non gid uina donna mercenaria, sibbene la disgraziata figlia

di un dabben' nomo, e che non poteva per nessun motivo aver conceputo

e commesso 1' iniquo attentato.

E, mnentre il Pierucci dava efficacissima opera a salvare i glorni

della creatura, Armando ed Eugenia faceano di richiamare a vita la sve-

nuta giojvane, sulla cui fronte candida e pura sarebbe stato impossibile

al gludice pidi sever·o di leggere la minima orma di colpa.

Agar venne trasportata niella sua stanza, dove non si cessa di as-

sisterla con la mredesima amorevolezza e con quegli stessi rigruardi chie

le si usavano innanzi che venisse accusata di veneficio.

11 dottor Pierucci, la merce di un semplice sperimento chimico, avea

fatto osservare che una delle boccettine di rimnedii da lui prescritti era

avvelenata, e noni poteva essere stato il farmacista l'autore di questo

misfatto, imperocch6è quella stessa boccettina era servita per parecchi

gliorni senza che il fanclullo avesse minimamente sofferto: onde appariva

colla masslina lucidezza che il veleno vi era stato introdotto in quel glorno

stesso, da una mano solita ad apprestare la bevanda al piccolo infermo.

I sospetti del conte caddero so quel dottore Foscaldi, che egli aves

trovato il mattino in quella stanza, e la faccia del qtuale aveagli subita-

mente ispirato un sentimento di repulsione e di odio. Ma tal sospetto re-

niva ad esset- distrutto qluando si ponea menti· che quel medico era stato

- 181 -

chiamnato dall~a stessa Agar; e, fuori del caso di complicith, era inespli-

caebile la rag;ione per cui quegli si era spinto a simil delitto.

Esempio di angelica booth, la contessa non accoglieva nelf animo

Bessun sospetto, nesson odio, e tanto meno verso la figliuola di Lorenzo

-del Giglio, alla quale ella avea giurato un' amicizig ed. an affetto a ttitta :

,pruova. Quando la vita del fanciallo fu assicuirata, quando, la mercé della -1

sorhma dbilita del dottor Pierucei, fu Sventato 1' effetto del veleno e stor-

11ato PI'niquo disegrio, Eugenia corse a ritrovare la povera Agar,1a quale,

strettasi al soflo la nobile donna, inond6,la faccia di lei cott un pianto

convulsivo.

E tra i singhiozzi e le copiose lagrime, la sventurata mad.re chiedea

della vita del bambino; e volea correre nella stanza dov'era questo per

I rendersi certa che mnorto non fosse. A dispetto delle assicurazioni pidi

positive che la contessa le dava sulla salvezza del piecolo Errico, Agar

torriava a gittarsi al collo di lei, quasi demente, e pregava non la sepa-

rassero dal fanciullo, clie le dessero qualunqlue tormerito, purch6 non la

privassero della vista di quella creatura.

Era imnpossibile 11 pensare che una donna la quale di tanto amore

era presa per quel fanciulletto avesse nudrito il pensiero di estinguerlo

colla pid barbara morte, e tal pensiero avesse mandato ad effetto. Per la

qual cosa, persuasissima era la contessa della innocenza di Agar, e que-

sta persuasione le bastava senza pidl prove, e se.nza darsi il pensiero di

indagare qual poteva essere stato 1' autore del misfatto.

È mestieri addentrarsi alcun poco nel cuore di questa gentil signora

per comprendere le ragioni d'una tal quale freddezza che ella addimo-

strava inverso il creduto sno figlio. Fin dal momento che una funesta ne-

cessita dettava il consiglio di simulare gli affetti di madre verso un

ignoto fanciullo per distrarre dal capo di Armando la ruina, in cui 10

avrebbero precipitato i suoi debiti, siffatta specie di simulazione metteva

nel cuore di Eugenia, non diremo avversione, ma una certa ripugnanza

di abbandonarsi all' amore d' una creatura, nata forse nel fangoo e nella

ignominia, conciossiach6 helle, dilicate e gentili ne fossero le sembianze.

01tre a cib, quelli che su gli studi antropologici si sono versati facilmente

riconosceranno nella freddezza della contessa pel piccolo Errico quella

medesima svogliatezza che si suol porre in tutto cib che fla un obbligo

forzoso siene imposto. L'amor teatrale che ella dovea rappresentare

in pubblico, verso quella creatura, era per la schietta e malinconica sen-

sibilith di Engenia bastevol motivo di quella riserbatezza onde accarez-

zava e baciava il pargoletto.

La qual freddezza vennesi di poi fortemente accrescendo allorchc

nel cuore della misera surse dapprimla il sospetto e indi la certezza di

aver fierduto P amore di suo marito, cui ella amnava nello ingenuo cani-

dore dell' anima sua. E quando siffatta certezza venne a disbranarle il

cuore, si aumnent6 in lei qluella naturale indifferenza che avea per tutto

cib che riguardava gl'interessi della casa e tanto pill pel loro primo so-

stegano e rappresentante qual'era il piccolo Errico.

Quello pertanto che a noi sembra inesplicabile era 1' aff'ezione sin-

cera e inalterata che la mnogrlie del c~onte sentiva per colei che, comun-

- 182, -

que invotontariamente, le rapiva il cuore del consorte. Vedemmo -che lacoritessa era stata testimone della dishiarazione di amore chie il comlesuo mnarito faceva ad Agar; onde pid non potea concepire dubbiezza al-cuna sulla infedeltil di lui; ma, con quello istinto del cuore ch' B per ladonna il pid sano ed infallibile disc.ernimento, Eugenia comprendea'chela figliuiola di Lorenzo non era complice de~l tradimento di suo marito,che anzi cib la -rendea pid misera ed infelice. La contessa adunque viep-pidi si era affezionata alla sensibile sua amica, per quel: ligaine fortissi-mo onde i cuori ulcerati unisconsi tra loro.

Agrar avea supplicato a mani giunte la contessa di monarla nellastanza dov'era il fanciallo, ma la contessa avea dovuto far violenza a s6stessa e opporsi alle brame della giovane, perb che d' appresso al lettodelpiecolo Errico erano ancora il dottor Pierucci ed ilconte ; e la delicataEugenia nion voleva novellamehte esporre la sua amica alle accuse delniedico; e nB volea dare a divedere a costui di avet" rigettato i sospottidi lui.

Qualcho tempo assieme rimasero le due dolci amiche confortan-dosi a vicenda e dandosi tutte quelle testimonianze di affetto onde i lorocuori traboccavano.

Intanto, un iniferno era nel petto di Agar. Non ei era dubbio che ilfanelullo era stato avvelenato da Luigi Montero. E perche si era spintocostui a tale inaudita seelleragginetd Che ragions poteva egli avere di-torre ,dal mondo il figliuolo del conte di Castelmoresc:o, giacch6 orribilesarebbe stato il pensare che egli avesse conoscenza del vero esseredel fanciulloi> ChecchB fosse, era questo un mistero onde la sventurataera per uscir matta; in ispecialith quando pensava che il ritorno alla virtdie all' amore espresso dalle labbra del suo ingannatore n6n era stâat chieuna simnulazione, una commediat

In tali pensamenti si travagrliava l' animo della infelice, che mnalrispondeva e vagamiente alle parole della buona Eugenia. Confessiamoche forse giammai non si é dato nel mondo una penosa e difficil situa-zione pari a quella in cui trovavasi la madre di Gabriele. Un nomno, messonelle stesse torture, sarebbe morto di dolore o di suicidio.

Mentre le due donne rimaneano aconfortarsi tacitamente, colle manidell'unia in quelle dell'altra, e si guardavano can quella scambievole sim-patia di dolore chie tanto ne mitiga e molce i pungoli, il conte, estrema-mente pallido, si affacciO alla soglia di quella stanza. E le due donne eb-bero una scossa eguale, comne se una corrente elettrica le avesse colpiteal tempo stesso.

Ii comte rimase pochi secondi a guardarle, quasi maravigliato di tro-varle insieme.

- Eugenia, vi prego, lasciatemi solo con Agar.- Ah 1 no- gridb costei afferrandosi al braccio della contessa.11 conte gitt su lei uno sguardo cupo e severo.- Avete paura di rimaner sola con me ! Non temete, Ag~ar; io son

cavaliere, e rispetto la sventura.Eugenia rassieur6 la giovane tremante, dicendole ch ella non si sa-

rebbe ·di mnolto allontanata. Le due amiche si scambiarono un tenero ba-clo, e la contessa usci di quella stanza.

- 183 -

Poscia che it conte si vide solo colla glovane, did una gira.volta alla

chiave della bussola. 11 rumore di qluella chiave fece framere e agghiac-

ciare il cuore di quella donna, che, attonita e tremante guardava il conte.

Ai'mando, con apparente freddezza, tolse una sedia, e andb a seder-

si accanto a lei, la cui pallidezza mortale indicava l'estrema agitazione

del cuore.

Qualche momento passb in silenzio.

- Voi tremate in tutte le membra I- sclamb if conte - Fate animo,

Agar. In questo momnento io non sono nd il vostro amante, nB il vostro

g;iudice. So che entrambi qIuesti titoli in me vi destano ripugnanza' e spa-

verito; ma, vi ripeto, ora io non sono n6 P' uno né 1' altro; e, in nome

del padre rostro, in nome dlel perduto vostro figlio, imploro da voi una

parola di confidenza, siccomne la direste ad un vostro amico, ad uin fra-

tello. So it mio amore vi offende e vi desta orrore, non vorrete almeno

accettare la miia amicizia e

Agar sollev6 timidamente lo aguardo su lui; e il fece subitamente

Iicadere al suolo, ricoperto da qluelle: lunghe ciglia che davano tanta ma-

linconia ad un tempo e tanta voluttd al caro volto di questa donna. Ma,

comunque rapidissima fosse stata 1' occhiata di Agar, Armando ebbe 1' a-

glo di vedervi scintillare una lagrima.

- Non mi estimnate degno neppure d' una vostra parola f- le disse

il conte coni accento si commosso che l' animo dilicato e sensibile di Ag;ar

dove esserne ferito.

Ella gli stese in risposta la mano, su cui Armando stampb un

bacio di fuoco, dicendole:

- Grazie, Agar, grazie di cuore; voi mni estimate ancora degno della

vostra amicizia, ed io vi proverb che sono lealmente e sinceramente vo-

stio amico. Ascoltatemi attentamente e rispondetemni il vero, glacch68

nulla avete da me a temere.

- Parlate, signor conte. So qual debb' esser 1' oggetto del vostro

interrogatorio. Iddio 6 coll'innocente; e nulla ho a temere dagli uomini.

- Un orribile misfatto si e compiuto in questa casa -- disse solen-

nemente Armando - e sulla innocente persona del figliuol mnio. Tutte le

apparenze· vi accusano, se non autrice, complice almeno di tal misfatto

- Inranzi a Dio che mi ascolta, e che invoco a testimone delle mie

parole, io non sono né l'uno né 1' altro.

- Ed io vi credo, Agar, e nion ho mai per un solo istante dubitato

della vostra- innocenza, ed ho pregato il mio amico Pierucci di non dar

corso a questo affare, innanzi che io vi avessi interrogata. Si_, Agar, nB

io, né mia maglie, né altri di mia casa ha mai, neppure per ombra, ac-

colto il sospetto chle voi aveste potuto commettere l'esecrato misfatto ;

ed io sono risoluto e pronto a difendere la vastra innocenza contro qua-

lunque accusa chie vi co1pisca. Ma qlualchie cosa vol celate, Agar; un se-

greto é pertanto nell' animo vastro che voi non volete rivelarmi per qluella

malintesa generosa pieta chie impera conl tanta forza sul cuore delle donne.

O Agar, se vi 6 cara la mia amicizia e quella della contessa, per quanto

amnate in Sulla terra, ditemi il vero: Chi era qluell' uomo che avete dletto

essere: it medlico Foscaldi, il qluale, e non altri, è stato P avveleniatore

del figlio mnio"l

Un fuoco vivissimo incendid la faccid della giovane, che, abbassati

gli occhi, rispose:

- Quell' uomo non B medico, né si noma Foscaldi.

- E chi dunque e coluit

- Non posso dirvelo, signor conte.

Un lampo di adegno infernale illumind lividamente le sembianze di

Armando.

-- Not potete dirmelo!

- la· non posso farmi la denunziatrice d' un uomo allorch6 sul co-

stui cape p·ende un' accusa mortale - rispose Agar con dignit8.

- Voi dunque bramate if trionfo de' miei nemnici l Voi dunque volete

che si compiano i disegni del perfido mio germano I La vita di quel [an-

ciullo sare dunque esposta ogni momento alle insidie degli occulti suoi

assassini, i quali voi favorite col sottrarli alla punizione che loro 6 dovuta.

- Lg vita di quel fanciullol _ sclamb Agar cogli occhi smarriti da

tanto pensiero -- ·la vita di qUel fanciullo I Ma io,, signor conte, io la di-

fenderb colla mia, avranno in prima a trapassare il mio petto l

-I miei nemici illuderanno la trostra tenerezza, siccome pur I' han-

no illusa; eglino hanno avvelenato mio figlio sotto gli occhi vostri.

Agar fe' velo delle mani al viso.

- Agar, in nome del cielo, fate tacere unia stilta generosith : la vita

di quella creatura, la vostra, e forse la mia, dlipendono da una vostra

parola. Ditemi il nome dell' infame che si B qui introdotto.

La giovane rimaneva immobile in quella posizione; se non che i sin-

ghiozzi pareano soffocarla.

E non rispondeva.

- Agar, non fate, per amr 0-di Dio, che il vostro silenzio faccial so-

spettare in voi una comnplicita che non 6.

-- Per caritL, signor conte, oh.... non vogoliate credere che io abbia

permesso I' avvelenamento di quel fanciullo. . Oh I ma questo é impos-

sibile 1 6 assurdo !

- Ed io vi chieggo il nome dell' assassino, il nome che voi cono-

scete.

11 conte si era alzato.

- Voi vi ostinate nel vostro silenzio I Ebbene, Agar, ho adempito

alla parte che mi dettava la mia amicizia, e, dirb anche, il mio affetto per

voi. Ma, perocch6 voi volete salvare i miei nemici, io mi sento nel do-

vere di custodire e vegliare alla vita di mio figlio, alla quale vanno code-

gianti 1' onore e l'avvenire della mia famiglia. E, perciocché in pari

tempo io non posso e non debbo tradire i doveri dell' ospitalita che vi ho

accordata, voi rimarrete tranquilla in questa casa, rimiarrete in compa-

gnia di mia moglie; e questa sera miedesimna io parlirb con mio figlio per

luoghi dove la sua vita sara al sicuro, e dove spero eziandio soffocare

una passione che mi lacera il cuore.

SChe I voi partireste... col bamb~ino 11I- sclamb, Agar collo ag·uar-

dio demente.

--- Questa sera medesima-rispose il conte con quella pacatezza

che è figlia di ponderata riflessione,

- ~185 -

- Ah I voi nol farete, signor corite - selamb Agoar a mani giunte,compresa da indicibile spav~ento al pensiero di una separazione dal suofigliuolo.

Armando la guiard6 fisamente: un baleno- di gloia avea raggiatosulle ·sue sembianze, perocch6 un' istantanea illusione gli sorrise al pen-siero, Chie a quella dorma forternente incresdesse il separarsi da lui.

- E che cosa pub affliggervi in tal separazione, che il vostro si-lenzio rende ormai necessaria iV

- No, signor conte, se mai aveste un sentimento di pieth per ine,abbandonate un tal proponimento, Io sarei la pid ·infelice delle donne 1 -

- lo non v'intendo, Agar; voi sareste la pid infelice delle donnenel separarvi da...

- Da quel fanciullo- ella si af~frett6 a rispondere per torre dalla ·mente del conte qualunque idea che avesse potuto adescare la sua reapassione.

- Ah! egli 6 semplicemente per qIuel faheiullo che vi duole la mniapartenza iY Ebbene, egli B appunto per salvare quel fanciullo che io debbopartire.

- Ah no, signor conte, voi non partirete; voi non vorrete separar-mi da quella creatura1

- Se cib vi preme, Agar, palesate i nomi de' miei nemici.- lo norteonosco i vostri nemici, signor conte.- E quelP>infame, quelf infame che ha avvelenato mia figlio, che

si é qui introdotto, merce i vostri favori, che ha mnentito, di concer·tocoil voi, un falso nome, chi 6 mai questo infamel Oh... io perdo il senno.Ci é da giurare che quell'uorno 6.. un vostro.. amante.

- Ebbene, si, signor conte, abbiate pieth di mne. Vi chieggo la suagrazia in ginocchi; si, egli é un mnio amante I *

Agar si era precipitata a' piedi del conte, il quale mise un ruggitoda leone:.

- Un vostro amantle 1... un vostro amante, avete detto, Agar1... Ohgran Dio, che mai sental Ed egli si 6 qui introdotto... forse parecchie'volte... E tu implori piethi per Jui, che mi uccideva it figlio, ed 15 ancheamato da te... amato da te! Infamia inaudita l Oh infernol Alzati, alzati,sciagurata, va; questa volta non sono io che parto da questa casa, masarai tu. Vanne, allontanati dagli occhi miei; fuggi da queste mura.. Va...a farti dare uti ricovero, un asilo, dal tuoo amiante, avvelenatore di fan-ciulli, va... e forse, to lontana, ritrovero ancora la pace del cuore e I'a-more della mia famiglia.

II conte nell'eccesso del furore che la gelosia gli cagionava, avearespinto it~ supplice braccio di Agar, la quale, fulminata dalla condannadi abbandonare quel tetto sotto il quale era suo figlio, era rimasta a terra,come uscita di sb.

Il conte, dischiuse in fretta P'uscio della stanza, e ne uset senza pidlriguardare quella misera.

IV.

LA LETTERA

oco appresso, una donna si trovava a flanco della disgraziata

giovane. Era Eugenia.

- So tutto, Agar -ella disse sorreggendola a sedere -

ho tutto ascoltato; ho giurato esservi amica, e lo sar6. Qua-

Junque sia la vostra condotta, una forza irresistibile mi trascina ad

amarvi.

- Voi, Eugenia, sapete...

- Che il medico non 6 altri che un vostro amante.

- PietB, contessa, pietal

- Fate animo, Agar; fino a tanto che io sono al flanco vostro, di

nulla avete a telnere.

- Vogliono dividermi dal fianco vostrol... Il conte mi discaccia 1...

- Non temete, Agar; non é stato che un primo impeto di gelosia;

ma egli non avra cuore di pensarlo neppure per la seconda volta.

Se il turbine degli avvenimenti non avesse balestrato il capo di Agar

fra tanti pensieri, grandissima sorpresa avrebbe dovuto cagionarle il

sentire con quial generosa freddezza Eugenia avea proferito quella frase :

Non é stato che un primo impeto di gelosia; la quale frase abbastanza

indicava ch'ella conoscea la passione di suo marito e l'oggetto che la

formava.

Eugenia si era sieduta allato ad Agar; avea tolto nelle sue mani

qIuelle di lei, ch'erano agghiacciate come permorte.

- Ma pertanto molto ho a dolermi di te, Agar - le disse la con-

tessa a mo' di dolce rimprovero.

- Oh Eugrenia, donna sublime, voi dovete pur maledirmi: agrli oc-

chi vostri io sono pure la pidi colpevole e la pid disgraziata delle donne 1

- lo non ho che a farti unl sol rimprovero; quiello di non avermi

aperto il tuo cuore.

- È vero, Eugrenia, 6 verolI Oh I io non merito il vostro affetto !

- Perch6 non dirmi che avevi un amante 8

- 187 -

Agar chiin0 a terra le lunghe ciglia e stette mutola.- Puoi to farmi la confidenza del nome del tuo amainte r- Ben ve 10 avrei gid palesato, se per un ~condorso di circostanze

che a me modesima sembra incomprensibile e che mi rende matta, nonsi trovasse che il mio amante 6 quegrli appunto che ha attentato alla vitadel figlio vostro.

i Tu dunque ignoravi il suo perfido disegno 8- Lo giuro sulla mia vita. ;·- Ma puoi almeno conoscere se alcuna aderenza e tra lui ed il mar-

chese di Gaudixo.-- Nessuna aderenza, a quanto io mi sappia, é tra lui ed it marche-

se di Gaudixo.- E a che fine voler estinguere quelP'innocente t- Lo ignoro, tranne che..- Ebbene 1- Ebbene, una luce improvvisa rischiara la mia mente. Sappiate,

-Eugenia, che colui m'invitava a seguirlo, ad abbandonare questa casa,ed io gli opponeva l'amore immenso che porto a quel fanelullo.

- All! coniprendo; egli volea cost torre 1' ostacolo che si opponeaal suno desiderio.

- Questa é almeno una supposizions.Mentre a tal guisa queste due giovani erano a discorrere insieme,

una lettera fu recata alia contessa.- Donde viene ? -dimand6 costei.- L'ha consegnata un corriere, che aspotta la risposta - disse il

servo.La contessa dischfuse in fretta la lettera, corse cogli occhi a leg-

gerne la firma, e mise un'esolamazione di sorpresa, e guard6 con certosignificato di compiacimento la sua amica. 11 seno le balzava con violen-za, ed il vermiglio piž vive colorava 11 suo volto, secondo che divoravaqluelle righe,

Concentrata ne' suoj pensieri, e cogli occhi abbassati, Agar non siavvide dell' effetto che quella lettera produceva sull' animo della contessa.

- Sai tu chi mi scrive ? - chiese costei alla sua amiica.- E come potr·ei saperlo P- O dolce amica, ecco una lettera che fara piovere sul tuo cuore

un torrente di gioia e di tenerezza.- Chi é dunque ? - disse Agar con vivacit8, inchinandosi verso la

sedia della contessa.- Leggi.E la lettera passb, nelle mani di Agar, la quale subitamente corse

a ritrovare la firma, e gitto unl grrido di gioia.- Matilde! mia sorella Matildel c h mio DiolE, mentre un flume di lagrjime le annegava gli occhi a segno che a

mnala pena le lasciava I' agio di distinguere lo scritto, ella ebbe indovi-nato pidl che letto il messaggio della dilettissima sorella.

Quella lettera era cosi concepita :

- 1·88 -

Veneratissimna signora Contessa,

L' affes one sublime ed esemplace d.' us uomo che, entrato nIella no-stra casa da tanti anni in qualità di seroo vi rimase poscia col sacro ti-tolo di amzico, additaoa alla nfostra tenerezza it ritiro l' una care so-rella, la cui -separazione ha miBacciato I miel gloral e la ragione del

pooer·o genitore. Le mie caldissime preci, congiudte a quelle di tutti gliabitanti di questo paese, hanno ofteauto dal clelo la guarigione del pa-dre mio. È succedluta alla follia uLna mestizia, per la quLale piid non siascolta it suono della sua coce. Egli non abbandona la sua stanra dastudlio, dlooe per 1' ultima volta vide la diletta fglia e le parld. Di con-cer·to cof fedele domestico di cui vi hioparlato, ho preso la dleliberazionedi veniife a gittarmi tra le braccia di mia sorella, e nton distaxcarmeneinfino a tanto che to non abbia da lei ottenuto di rimenarlyl qul, tra lebraccia del padre, at cuore del qluale sardi questo uri momento di supremagioia.

Se io non conoscessi la nobilissima tempera del zoostro cuore e lasquisitezza della costr:a angelica bontd, mi sarei arrischiata di scriverea mia sorella direttamente: ma, non conoscendo 10 stato della sua sa-lute, ho temuto che la violenza della sorpresa della mia lettera acrebbepotuto arrecarle del male. Non conosco fan dove si estende la costra be-nevoglienza verso di lei, ad sino a qual punto ella si é aperia con voi, ;ondle nella dilicata riserba in cui mi pone sifatta ignoranza, perdone-rete che io cell it mio cognome almeno insino a tanto che, la mered dlelcostro permesso, aard I' onore di venice a baciaroi la mano e a gittarmial collo dell' adorata sorella. Aispetto la degnazione d' una costra ri-sposta per correre a riabbracciare calei che fu la tenerissima compagnadella~ mia infanzaia, e che it piU esecrabile tradimento rapica all'amoredella sue famiglia.

Gradite, signora contessa, le testimzonianze della mia pile ciba ri-conoscenza.

Castellammare.

MATILDE,

QSuesta lettera fu bagnata dalle lagrime di Agar, che porth varie

volte alle labbra il caro name dell'amata sorella.

La gontessa sonb per la sua camneriera.

- Mi si rechi da scrivere - ella disse.

Qtiando l'occorrente da scrivere le fu recato,

- Che debbo rispondere a vostra sorella I - essa dimando alla

glovane.

- Che io sono pronta a seguirla a casa del mio genitore-rispose~

Agar con ferma voce, qual persona fermissima nlel suo proponimnento.

- No, questo io non iscriverb giammai - disse la contessa gittanido

via la penna che tolta avea tra le dita. - Abbandonarmi I... Ma si, è giusto.

Sarebbe il pidi crudele egoismo' il trattenerti qui, mentre la tus presenza

pub snebbiare la fronte a colmare di giola il cuore del vecchio tuo padre.

Si, per quanto dolore la tua partenza mi abbia a costare, io -non posso ri-

tenerti qui senza pungente rimorso.- E come fara il piccolo Errico senza

di te ? Povera creatura lE lo stesso che levaCgli sua madre 1 :

Agar scoppi8 dairottamente a pianigere al pensiero di abbandonare

11 caro figlio ; e si alz6~ di repente.

- Oh fate che to0 vopegga, Eugenia, fate che 10 to stringa al mioseno,

ch'io lo divori di baci innanzi che da lui mi parta, forse per non pidi ri-

vederlo.

- Avrete agio da cii6: egli é mestieri intanto che io risponda alla

lettera di vosti·a sorella.

Agar tolse di mano alla contessa la penna che costei avea preso di

bel nyobvo, e rapidamiente scrisse sul foglietto di carta:

i Sorella mia dilettissilma - Rispondo io per la contessa, alla quale

avete diretto la vostra lettera. Venite, mi pongo tra le vostre braccia, e

raccomandomi a Dio. *

Un istante dappoi, queste parole partivano per Castellammare.

L IL PADRE

a determinazione istantanea che Agar aves formata di alloni-

tanarsi dlalla casa del conte non era figlia d' un pensiero im-

· ~~provviso surto nellPanimo suo dalla posizione in cui P>aveano

messa gli ultimi avvenimenti. Fin dal momento che ella avea

discoperto la sciagurata passione del conte per lei, avea sentito la neces-

sita crudele di abbandonare il tetto sotto il quale era il figlio suo. Per quanto

avesse potuto differire siffatta deter-minazione, era semnpre mestieri mnan-

darla ad effetto, perciocch68 la sua presenza in quella casa non potea che

vie piid inflammare il colpevole amore di Armando, ilquiale non parea granifatto avvezzo a domare I·impeto delle sue passioni. D'>altra parte se, colpidi nobile ed eroico sacrificio di sé medesima;; Eugoenia dissimnulava letorture della gelosia, immolando il suo cuore in sull' altare della pid sin-cera ed esemplare amicizia, non era forse gran colpa ini lei, Agar, il tor-mentare indirettamente gli sciagurati ardori del conte, chie forse avrebb>eritrovato nelf' assenzadi lei lobblio della sua passione e l'amore della s ven-turata sua mogliet Non doveva ella sacriticare sé medesima alla pace do-mnestica di quella fa miglia chie accolta 1' avea, e ricolmna di ognii manieradi riguardi e di amorevolezze ?

A queste prime considerazioni altre si ag·giungovano non meno fortie possenti per indurla a postergare quel tetto. Non poteva un caso, uni' e-mergenza, una combinazione qualunqIue tradlire il materno segregto cheella custodiva. gelosamente nel cuore ? Gli é vero che solo Iddio co-noscer potea esser lei la vera madre del piccolo Errico; ma una mnadrenon é forse la pid debil creatura che sia nlel mondo t Arrogi che ella igno-rava ilmistero onde il figliuol suo si trovava in quella casa. In quella nottefunesta in cui era fuggita dal tetto pater~no, ed era caduta nello stagnoagghiacciato; in quella notte orribile il figliuol suo le venne strappato daignota mano. E questo esser·e ignoto non poteva un glorno o 1' alti·o atte-stare esser lei la madre del creduto figlio de' Castelmloresco '1 Non tanto

parlava in lei 1' ambizione di veder collocato il suo Gabriele in si splen-

dlida sfera sociale, quanto il timore di dare si pubblica, onita al conte di

Castelmoresco e precipitarlo nella pidi compiuta ruina.

Bisagnava accettare i decreti della provvidenza, e rassegnarsi e ob-

bedire, lasciando ad essa la cura di dirigere le umane cose al fine che ella

si propone nella imperserutabile sua divina sapienza.

Tali erano i pensamenti chie daqualche tempo ivano persuadendo la

glovine madre a staccarsi da tanta parte del suo cuore ; e ribadivania da-

vanzo in cost fatto divisamento i timori alcun po' nuvolosi e vaghi che a

quando a quando 1' assalivano sulla possibilitd, bench6 lontana, che ella

cedesse al malefico influsso di quell' amore peccaminoso che malaugura-

tamente ella avea ispirato al conte. Avvegnacché ci6 1$ sembrasse imnpos-

sibile, a cagion dello stato vulnerato del suo cuore e de' saldi prinicipii di

virth che ella aveva succhiati nel seno della genitrice, e dell' amicizia e

gratitudine vivamente scolpite nell'animo suo per la contessa Eugenia;

'avvegnaché le sue sciagure le avessero dato la forza che deriva da trista

esperienza, nondimeno ella era sempre figlia di Eva. Non era ella gia una

flata cadluta vittima dell' amore di un uomo"l Non era fl co~nte ancor gio-

vine e bellot E l' uomo chie ama col delirio della passione non ha sempre

un fascino irresistibile per una donnaf..

Questi erano i pensieri che già persuasa l' aveano a congedarsi dal

conte e dlalla moglie, allorch6é a cor·roborare questo proposito sopraggiun-

sero i tristi eventi che abbiam narrato.

L' impensato ritorno di Luigi Montero, I' orrendo e inesplicabile at-

tentato da lui commnesso, I' infernale posizione in cui questo fatto la mnet-

tea al cospetto del conte, l' ultima conversazione con costui, che formal-

mente la discacciava da quel tetto, poneano il suggello alla sua determi-

nazione. E la provvidenza chie non lascia di vegliare in sulle sorti degl'in-

felici, fe' capitare cosi opportunamente la lettera della sorella Matilde,

che la invitava a ricoverarsi sotto P> antica paterna mnagione, dov' ella tratto

avea i piu belli anni dlella sua vita, e dove uno sventurato genitore aspetta-

va con ansia ll suo ritor·no pria:di abbandonare questo soggiorno di lagrime.

Fermata questa determinazione, fece sentire al conte che il domani

ella avrebbe abbandonato per semipre la sua casa per recarsi a riabbrac-

ciare le ginocchia del misero padre.

Non sappiamo cid che prov6 Armnando a qIuesto annunzio, cui d'al-

tra parte egli dovera aspettarsi, poscia chie formalmrente avea discacciata,

in un mornento di straziante gelosia, I'amata donna.

Intanto, 1'ultimna niotto in cui Agar rimaner dovea soItt il tetto del

conte di Castelmoresco fu gravida di tri'sti ed impensati avvenimenti chie

verremlo narrando.

Perciocchbé l' vltimo glorno era quello della sua dimora appo if dilet-

tissimo fanciullo, Agar avea chiesto per ultima gprazia alla contessa che

il piccolo Er rico par qluella notte dormisse nel suo proprio letticciuolo. E

la confessa avera accondisceso a questo tenero desiderio.

Che festa e che giubilo menasse il fanciullo per questa impensata

novit8, 6 facile imnmaginare, ch6e assai noto 6 Pamore, diremmno istin-

tivo, chie questo piccino sentiva per la vera madre.

Comechg dai qualche iempo ·innanzi alla sua presente nialattia gali sifosse tolto il naturale s uo alimento, egli avea seguitato a dormire dappressoalla sua nutrice, che era rimasta in casa pér appre·stare al fanciallo quellecure e quelf' assistenza che addimanda la tenera eth. Ma il piceolo Errico,o, per meglio dirs, Ga·briele` non~ mos:trava segni di ginia sulle infantilisembianze chie quando vedea la faccia di Agar; e,` allorché costei sel re-

'cava in sull collo e divoravalo di baci, Gabriele era si felice, che subita-mente fra le materne braccia si addormentava.

11 soano é per P>infanzia lo stato di soddisfazione, di appagamento.Non era possillile apprestargli cibo alcuno, vuoi altrest il pid stuzzicantela naturale golosith dei fanciulli, il iquale iion gli fosse porto dallethani di mammLE Adele, siccome il bimbo nomavala. Non era possi~bile inaltra guisa farne alcune volte acclIetare le grida e il pianto, che-wienan-dogli innanzi la manmmb Adele, la cui sola vista era bastevole a render-gli la calma eP A>llegBia.

II fanciullo aduinque era lietissimio di dormire in quella notte bollasua Adele, e tanto pidi fieta a mille doppi era costei nell'avere si grandeagio a .disfogare tutta la sua tenerezza verse it bambino.

Era forse quella P' estrema volta che ella potea saziarsi d' amiore dasolo a solo colla diletta creatura delle sue viscerilI Forsel' alba chie sor-gea avrebbela separata per sempre da quoell' angelo che formava tutta 1? e-sistenza di lei !

Rimasta solaniella sua stanza col famciullo, Agar strettoselo at seno,i e tempestatagi di baci la bella faccia, gli dicea-:

-- Gabriele, omioGabriele, o figlio mio, non sail Domani, la inammatua, la tua vera madre ti lascera forse.....per semprel! Povero figliol-E tu saral condaunato a dare il nome di madre ad una donna che noro:6, e che noni potra mai amarti come io ti amo. Domani quanido 10 non sarb,al tuo fianco,tu piangerai dirottamente: e la sera, quiando andrai aletto'e cercherai la tua mamma Adele che solea spogliarti e far sul tuo capeil segno della croce, ti si dirAi che mnamma Adele pidl non ci 6; e tu fa-rai rintronare questa casa colle tue grida, alle quali non si fara attenzione ;o forse ti batteranno perch6é tu piangi, si, ti hatteranno, poverolGabriele,ti batteranno perche to vuoi la mamnma tua e non altri... Ed io non sarh`pidi qui per chiiuderti sul mio cuore, per difenderti, per appagare le tuevoglie. E pid non vedrb quegli occhi tuoi cost belli, quelle tue labbra diparadiso, que'tuoi capelli si gentill, pid non sentir6, le tue braccia at-torna al mio collo; e piu non udiri, quella cara voce che sa dire a mesola tutte quelle mnist:riose parole che io sola comprendo, perche sol-tanto una madre sa capire la prima lingua che parla il figliuol suo I Gioia,.delizia mia, mio paradiso, figlio mio,` Gabriele mio, si, si, piangi, figliomio, hai ragione di piangrere !.. Ma no, t'accheta, io sono ancora qui conte; partita non mi sono ancora... Oh nol non 6 possibile l Matilde ritor-·nera sola a Castellammnare; io non la seguirb, io non posso lasciare miofiglio, il mio Gabriele l

II fanciullo avea per qualch-e tempo guatata la donna con maraviglia,percicché si era inteso chiiamare per la prima volta con altro nome thequello che fino a quel miomento avea colpito le sue oreechie. Ma quando (

- 193 -

vide che la cara donna si sfaceva in grosse lagrime, egrli, senza compren-

derne la ragione, si pose fortemente a piangere;; ed ambo·' le^-: braci gtt

al collo di lei, come se avesse sentore che la si volea da lui separare.

Qualche ora passO tra la madre e il figlinoletto in qluella specie di

conversazione incadtevole nblia quale gl' ineffabili~ istinti d' amore del fan-

ciullo rispondeano mirabilmente at raziocinio della madre.

11 piecolo Gabriele si addOrmento per fines(1 quella prima cullla dol-

cissima che la natura de~stina a'bambini, il seno materno.

Oh quante volte l' uomo martire della vita, schiavo delle stie passioni,

travagliato dalla malvagitA de' suoi simili, non potendo trovare sul suo letto

di piume il riposo che fugge dalle ardenti sue pupille, ricorda quella prima

culla, che con piacere avrebbe veduto trastormarsi in soavissima bara,

se avesse potuto spingere 10 sguardo nell' avvenire e antivederne i mali

infiniti1

Agar rimase a contemplare l' addormentato fanciullo, e fece piovere

su quel leggiadro visino uni filume di lagrrime. Indi messolo nel suo pro-

prio letto, e tre o qluattro volte benedettolo, si pose a orare con quel fer--

vore che la sua trista situazione le ispirava.

Poco stante, ella si coricava a fianco del suo bambino: e it sonno,

balsamo d' ogni male, veniiva. a spargere di obblio tutt' i suoi angosciosi

pensieri.

IJna lampada d' argento fugava appena le tenebre di quella camera.

II pid profondo silenzio regnava in quell'abitazione, siccome dappertutto f

nell' addormetntata citt8.

Da qualche ora passata era la mezzanotte, allorch6 un uomo, spinta

la bussola della camera in cui dormiva Agar col figlio, cheto vi entrava,

studiandosi di non produrre il benchè minimo~ rumore.

Quest' uomo era Luigi Montero. Egli era giunto a corrompereinte-

ramente uno de'servi, il quale, estimandolo un amante della governante,

lo introduceva, per" effetto di generoso guiderdone, nella stanza di lei, cui

egli avvisava dover essere a parte dello intrigo.

Luigi non avea propriamente nell' animo it disegno di sorprendere

Agar; bensi, di cacciarsi lb dove era il fanciulllo, sul qIuale egli avea con-

ceputo il pidi nefando penisiero. E, percioceh6é non potea mettere il servo

nella confideriza di questo suo nero proposito, né in modo alcuno dargli a

divedere ch' egli cercasse del fanciullo, si facea credere invaghito - della

g;overnante; e; si facea menare appo di lei, nella speranza che costei, se-

dotta dalle sue parole, e atterrita dalle sue rninacce, gli offerisse i mezzi

pidi facili per torre dlal mondlo quiello impaccio alla sua sfrenata cupidig·ia.

Egrli avea formato il dlisegno di uccidere il figlio del conte colla sof-

focazione, la merc6 di un impedimento che avrebbe messo alla respira-

zione di lui. Alla dimane sarebbesi potuto conghietturare una morte av-

venuta per forte convulsione o per altro naturale accidente. Chiecch6 av-

venisse, se sospotti fossero nati, questi sarebbero certamente caduti su

qIualcheduno della famiglia o del servidorame; e, conciossiacch6 Agar' o

il servo subornato avesse palesato it vero autore della morte del parg;olo,

egli si trovava alla dimnane ben lungi dal teatro delle sue scelleragginli.

Partito in fretta da Castelmoresco, sospettoso essendo dedile ricer-

che della giustizia, egli sperava, una volta assicurati i novantamila du-

cati che :gli spettavano sul retaggio de'Castelmoresco per guiderdone del C

suo delitto, sperava sottrarsi per sempre, sotto altro cielo, alle gerse-

cuzioni della legge punitrice.

E questo é 10 shaglio eil cattive cal'oolo di tutt'i briceoni, i quali si

fanno i loro coniti nella ferma credenza ehe Dio non of 6 o'non s' impac-

ci delle cose di questo mondo. Ma, per loro mala ventura, ci B una pic-

chla differenza di opinioni tra lorp e 1' Etepna Giustizia che veglia alle

sorti degli uomini; e talvolta la bella e ingegnosa macchina de'loro mall

divisamenti crolla e ruina ad un soffio, schiacciando il rettile che l'avea

innalzata.

Luigi Montero penetrb nella camera di Agar, mentre costei, col fi-

glio abbraeciato al seno, godeva delle dolcezze d'un tranquillissimo sonno.

QuaP er·a i1 proponimento di Luigi nel porre il piede in quella stan-

za i> Egli stesso non si era formato nissun disegno stabilito, rimettendo

al fato gran parte del succesSio della sue impresa.

Innanzi di accostarsi al letto in cui dormiva la sua infelice amante,

il perfido balestrb una torva occhiata alP'intorno, per quel sospetto a per

quella paura che accompagnano sempre le turpi azioni: si appress6 quirn-

di al letto. che era situato interamenite all'ombra. Un lungo coltrinaggio

celeva ad ogni vista i dormienti in quiel letto.

Luigi scost6 una falda della tendina, e gittO urio sguarao sul letto;

ed il suo malnato cuore ribalt6 di gioia nel veder accolti sotto la mode-

sima coperta Agar ed il fanciallo, oggetto principale della sua furtiva in-

tromnissione in quella casa.

Nonostante la durezza e la perversita del cuore di questo scellerato,

nonostante i bui ed infernali pensamenti che si doveano aggirare in quella

testa maledetta, 10 spottacolo che offriva quel gruppo griacente non 'pot8

non arrestare le occhiate del Montero. Era uno spettacolo davvero com-

movente e sublime 1

II fanciullo, colla leggiadra testolina alcun poco inchinata al di die-

tro, raccoglica tra le sue nude braccia fl collo bianchissimo della glovine

madre, le cui labbra di rosa semiaperte ad un mesto sorriso sembrava-

no ricercare cojn ansia qluelle del caro figlio. Le lunghe chiiome di Agar .

mal tolleranti it debil freno cut erano state assoggrettate, si abbandona-

vano sgovernate in parte su gli omeri di lei e in parte su i nivei euscini,

dove riposavano in si dolce connubio quelle due bellissime teste, rappre-

sentanti l'innocenza e 1' amor materno.

La floca luce della lampada si accoglieva sulle sembianze di quell'an-

gioletto e ne manifestava tutte le bellezze e il candore. Comeché venuta

un po' pallida per la recente mralattia sofferta, la faccia del piecino atte-

stava il ritorno alla salutet: it vermiiglio si sfumava su qIuelle lobbruzze

che coronavano appena la nasc·ita dei primi denti, e dalle quali parea ve-

nisse fuood, nel puro alito della respirazione, la beata dolcezza e la sere-

nità incantevole della innocenza. 1

Luigi avea fisso 10 sguardo sul fanciallo, e non potea distaccarnelo.

Per la prima volta in sua vita, il suo cuore batteva per un un sentimento

che non era delitto. 11 volto di quella creatura addormlenitata esem·ita va

six lui un fascino arcano, incomrprensibile. Quantunque ·a mala pena po-

tessero i lineamenti infantili dlisegnarsi in lquella penomnbra, pur nondi-

meno pareva al IV(ontero di raffigurare tra quel fanciallo e 101 st"sso una

strana rassomiglianza.: Siffatta strambezza di combitiazione si andava' ad

accdrdare nel suo pensiero alla immaginazione di un figliuoletto, cui egli

non potea gid figurarsi pidi bellp di quello ch' era in realta quel pargolo.

Accennamnmo altrove che, per istranezza idi natura o, megrlio, pFr

celeste disposizione, unia 4,elle corde senqibili del cuore di Luigi Montero

era l'·ided della paternita che lo avrebbe rendato fel:ice,, ed avrebbe at-.

tutito le shale passioni che vi erano grermogliate. Soleva intanto l'aspetto

de' fancialli,· anzich6 arrecargli alcuna compiacenza, maggiormente im-

bestialirlo; ché quelli ridestavang~li nell'animo il pensiero delle paterne

dolcezze di cui egli era privo, in quella modesima guisa chie una lauta

me'nsa imbandita al cospetto di un infermo suole petl consueto esacerhar-

ne vieppiu il inalumore e la noia, pel cordogrlio di non poterne fruire.

E cid nulla di matico, questa volta la vista dlel piecolo dormiente era

cagions di grandissimo compiacimento at cuorev di quello sciagurato, ·Iper

cui tutti g~li umani affetti non mneno che tutte le piul rispettabili e sante

legg;i erano polve abietta chi'ei calpestava.

Per riverbero, I'aspetto del fanciullo addormnentato tra le braccia di

quella donna fe' rivolgere gli sguardi di lui sulle sembianze di costei, la

quale non gli; erà giammal sembrata cosi bella. Rimase quel ribaldo al-

cun tempo a riguardarla; e stranii pensieri sursero nel suo capo, pen-

sieri che vi nascevano per la prima volta, al tutto opposti a quei senti-

menti che quella donina gli avea sempre ispirato. Luigri Montero non ave-

va mai amato Agar, dappoiché in un cuore comne il suo albergare non

poteva affetto gentile. Egli l'avea sedotta solo perchB la leggiadria di

quella giovinetta parlava a' suoi sensi; e in appresso avea fatto servire

l'amore di lei alia sua codarda c:lpidigia, valendosene come di uni cieco

istrumento per derubare il suo benefattore.

Ma ora, le sembianze dli Agar, che pure aveano perduto il colore

della freschezza e della salute, quelle sembianze cosi nobili e belle avea-

no uno straordinario linguaggio per qluel cuore di marmo.

Luigi Montero era trasformato l Una strana rivoluzione si era ope-

rata in tutto 1'essere suo. Noi tenteremo di dare presso a poco una e-

spressione a' pensieri che doveano aggirarglisipel capo in que' momenti..,

a Oh se io fossi il padre di questo fanciullo 1-egli dovea pensare fig-

gendo sempre 10 sguardo su quella bella coppia addormentata-se fossi lo

Ssposo dli questa donna ] Fourse anch·io godrei della pace di quel sonno invi-

diabile ! Oh: comne sarei felice se anch' io sentissi attorno al mio collo lel

braccia di qfuella cara creatura 1 Se il dolce tepore di quel fiato venisse a

riscaldare la mia fronlte IE Fdomani nel ridestarmi dal pid tranquillo ri-

poso, it nomie di padre mi colpirabbe le: oreechie; e le carezze di quel bJam-

b>ino mi renderebbero beato! Ed io lo torrei tea te mie braccia, lo guide-

rei per la mano, scherzerei can lui, col figrliuol mnio, col pegno dlell'amo-

re della mia leg·ittima consorte I E non pidi sonno agritato a febbrile! non

pidl an-sla e sussulti ! nion pid tenebroso avvenire !

a Oh internol E tanta felicith era: sotto la mia mano, e la mi sono

lasciata sfugigire! I nvece eccomi fuggiasco, perseguitato, costretto a tre-

mare al suono d'ogoni voce, allo sg;uardo d'ogni nomno, Che dif~ferenza l

Dormire aceanto a queste care creaturie o nelP> orrore d' un careere 1 Me

sciagtxrato ! Ed io mi sono qui introdotto per togliere la vita a qtiesto bam-

bino innocente e puro i E ho gid una volta tentato di farlo I E le mie ;iani

scellerate hanno una volta apprestato la bevanda mortale a quest' angiolo

ed rin fulmine non mi ha inceneritol Ma intanto, se questo fanciullo vi-

ve, io non potr6 essere possessore di novantamila ducati, che mi rende-

rebjbero riceo, indipendente e felice 1 Oh non 6 possibile che io lo sia

giammai, quando mi sar6 bruttato del sangue di questo innocente1 I I suo

sangrue ! No, nol ·vedrb; la vista del suo sangue mi farebbe orrore come

del mio proprio... Oh, no, non e possibile; io non avrb giammai la forza

di uccidere di ferro questo angiolol... Togalierlo all'amore di suo padrel

Oh come it conte debbe amare questo figliuolettol Lui felice 1 Ed io I

io nol sar6 mai t Tanta felicitA. sara a me dinegata t Ebbene, né io né al-

tri la godra. Tacciano ormai questi puerili rimorsi che mi sorgono in

petto. La morte di questo fanciullo é necessaria, 6 indispensabile; non

é pid tempo di retrocedere. Novantamila ducatilI

E su cib .pensando, P>uomo efferato, chiudendo gli occhi, portava le

mani al collo di quel bambino...

Orrore I quelle mani infamissime strinsero, come due tenaglie di

ferro, la gola dell' innocente, 11 quale, destosi all' impensata a crudel sof-

ferenza, trovb eziandio chiuso il varco alle grida.

Pochi altri secondi, e l'anima di quell' angelo volava al dielo, distac-

cata dal corpo in si barbaro mnodo. Ma Iddio non permise tanto dolore al

cuore di quella madre.

Lo strazio della respirazione eagionb tali movimenti convulsivi al

corpo del fanciullo, che Agar ne fu desta a soprassalto.

Un grido ella mise onde risonb tutto quel silenzioso appartamento.

In un baleno ella avea riconosciuto Luigi Montero, e compreso 1' orrendo

attentato che egli facea per soffocare il bambino.

- Taci, e trema per te - sommessamnente disse Io scellerato, pro-

seguendo la forsennata opera.

La faccia della creatura era gi8 nera.

- Fermati, Luigi; egli 6 tuo figlio !I grid6 Agar.

A questa parola, come colpito dalla folgore, Luigi, lasciato libero il

collo di Gabriele, retrocedé con ispavento, cacciandosi le manitra icapelli.

- Mio figlio1I... Mio figlio 11 I

La voce del bambino intanto, trovato sgombero il passaggio, feriva le

orecchie di Agar, chie se 10 strinse al seno con freniesia.

- Mio figlio !... mio figlio, tu dicesti, Agarl... sclamb il Montero,

compreso da ori·ore di sé medesimo - ed io 1' uccideva I Di, parla, non é

questo il figlio del conite di Castelmoresco ?

Agar pidi non sentiva. Lo spavento mortale ch'ella avea provato

1'avea gittata in tale orgasmo che ella area pressocch6 smarrito P'us;o

de' sensi e della ragione.

- A me questo fanciullo- gridb Luigi -egli é mio figlio, si, mio

Tiglio... Oh Dio l oh sommna gloia ! a me questo faneiullo; esso mi appar-

tiene; io sono suo padre I Nessuna umana forza potra. ormai strapparlo

alle mie braecia... Donna, tu potrai seguire la mia sorte, se a te piaccia

o· potrai rimanere in questa casa; mna tp attesterai, come ora, innanzi a

Dio e innanzi agli uomini, che questo fanciullo e figlio mio, a non gid del

conte di Castelmoresco... I novantamila ducati sono' ancora miei, ed io

non avrb ucciso mio figlio, il figlio miiol... Oh il mio cuore me lo diceva I

Proferendo queste parole, egli gittavasi in sul fanciullo per istrap-

parlo dalle braccia della madre, la quale comeché non potesse pronun-

ziar parola, attingreva nel materno amore forza inaudi'ta per contrastare

a quell'uomo il possesso di quell'angioletto.

Stretto e pigiato in questa bizzarra lotta, 11 piecolo Gabriele dirotta-

mente piangea, e pidl si stringea tra le braccia della madre.

- Donna, a me quiesto fanciallo, io ti ripeto - diceva il Montero con

occhi deliranti -oh ! tu non sai da quanto tempo io sospirava un fig~liuolo

che allietasse questa mia mnaledetta esistenza... Dammi, dammi questa

creatura; io la renderb felice, 10 giuro sull' animna mia: non temere dello

sdegno del conte; o, ,se il temi, fuggi meco; andiamo altrove a crearci un

altra esistenza. Si, Agar, 10 giuro innanzi a Dio, ora non t' inganno. Si,

noi saremo felici\ io ti sposerb, rivedremo tuo padre, tua sjorella; otter-

remo it perdono del buon vecchio; ci gitteremo alle $ue ginocchia; que-

st'angioletto preghera per noi. Vieni, ormal non 6 piul tempo di rima-

nere in questa casa. Domnani, se tu ti ostini, domani io farb valere i miei

Sdritti, le mie ragioni; una causa scandalosa sara portata innanzi a' tribu-

nali. Andiamo, Agar, fug~giamo da questa casa, fuggiamo col fanciullo

che sara la nostra delizia, la felicith della nostra vita.

Queste parole egli diceva; e novamente dava opera a togliere it bam-

bino dal collo della madre, e nuovamnente costei resisteva con estrema

forza, e nurovamente il piccolo Gabriele facea risonare 18 stanza co' suoi

gridi.

- N\o, non m' ingannerai di bel nuovo... scellerato -diceva Agar-

jo non so quale tu abbi scopo infernale di sacrificare qluesto innocente. No...

morrb piuttosto, anziché dare nelle tue mani il frutto delle mie visceri,

che tu hai tentato due volte barbaramente di uccidere.

- Agar, ti giuro, io ignorava chie questa creatura fosse mio figlio.

È vero, io voleva immolarla alla cupidigia del marchese Gaudixo, da cui

mii aspettavo larghissimo guiderdone; mna tu ben vedi ch'>io supponeva es-

ser questo fanciullo il figolio del contIe di Castelmnoresco; né avrei giam-

miai potuto sospettare cosi bizzarro e incomprensibile mistero, clog che

il ripstro pargoletto, frutto de'nostri amori, e chle io credeva morto o stnar-

rito per semnpre, dovesse rappresentare la parte di erede del conte. Agrar,

credimi; io mi sarei fatto saltar le cervella se, dopo di aver sacrificato

qIuesto bambino, avessi saputo che esso era mio figlio ! Oh ! Agar tu non

sai che fascino esercita su me questa parola... Presto, il tempo scorre,

la notte é nell'alto del suo corso: vestiti in fretta; domani all' alb>a, sa-

remo a Castellammare?.

- Oh! si, ci sari, domani, ma non con te ! Va, iniqluo, ti ho cono-

sciuto; tu sei abile assai a rappresentare la commiedlia; ma, ti ripeto,

- 198 -

questa volta io non sar6 da te ingrannata. 'No, to non avral raio figlio, se

·pria me tu non accidi,innianzi...

- Agar, non vedi che i miei occhi vibrano sangue !.. Ma, stolta,

non pensi che, riousando di seguirmi a Castellammare, tu coPri il ri-

sebio, anzi la certezza, di perdere per sempre questo bambino I GiacchB,

domani io porter6 quer'ela innanzi ai tribunali, dir6 che il creduto figlio

del conte di Castelmorpsco è mio; dir6 che sedotta dallPambizione e dal

desiderio d' ingrandire questo famciullo e di nobilitarl.o, tu, sua madre, lo

hat venduto; parlera in favor mio la rassomiglianza Iche e tra me e qIue-

sta creatura.

- Ed io negherb tutto - rispose cou fermlezza la giovane - e, se tu

Fib fai, paleserb: alla giustizia il tuo duplice attentato.

- Scellerata, oseresti...

- Tutto oserb per non fare che questo fanciullo cada nelle tue mnani.

- Tanto a:dunlque ti accieca il too odio per mie 1

-Odio ! No, tu non m> ispiri ormai altro sentimento che la paura.

- E non vorrai credere qluesta volta alla sinceritj diei mriei dettif

Non vorrai credere che io sono risolutissimo a fare onorevole ammienda

del passato, e che, or che Dio mi ha dato un figlio, io sarb tutt' altro

uomoZ

- Nlo, non ti dredo, solagurato..

- Agar, per.l' amore che tu porti a questo bamrbino, deh'! non fare

che io abbia a macchiarmii di nuovo delitto.

- Nuovo delitto!

- Si, non fare che io scelleri le mie mani nel tuo sangue.

- Ah !

- A me quel fanciullo.

- Oh Dio, o Santa Vergine, pieta di me I sclamava la mnisera, veg-

gendo luccicare un pugnale nelle mani del Montero.

- A me quel fanciullo, ti dico. o preparati a moriru.

- Oh Luigi, me sola, me sola uccidi, ma risparmnia questo inno-

cente; e sang~ue tuo ! ohi non voler togrliermni questa creatura !

- A me il figlio !!.

Luigi alzava sulla infelice dlonna la mrano armata del feroce pugrna-

le; ma uno scoppio di pistola fu udito, a cui tenîne dietro un grrido stra-

ziante.

Luigi Montero era caduto immnerso nel proprio sangue.

La palla gli avea forato i reni.

La voce del conte dli Castelmoresco si udi chie chiiamava i servi sve-

gliati dallo improvviso e terribile scoppio.

E, qluando costoro si furono appressati assieme col padrone dap-

presso al letto di Agar, il conte, additandlo il cadavere di Luigi, disse

loro:

--- Siate tutti testimoni chie to ho ucciso questo assassino nel mro-

mento che, armnato di pugnale, come vedete, egli accingevasi a sacrifi-:

care questa donna chie riflutava dli dlarg~li le chiiavi delle stanze ove sono

riposti i grioielli di mia moghle.

Per una dilicata e nobile deferenza, queste chiavi evano appunto

opnservate dalla giovine Agar.

Quando i servi ebbero altrove trasportato il cadavePe del Montero,

Armando si appressb ad Agar, che avea quasi SmarIito il senno, a som-

messamente le disse:

- Da un quarto d' ora io era ascoltatore invisibile del vostro dialo-

go con Luigi Montero Agar, questo fanciullo é vostro figlio; ma ricor-

datevi ch' esso 6 il figlio del conte diO=astelmnoresco edi Eugenia Alfarez:

la vita e I'onore della mia famiglia sono ormai affidati al vostro silenzio;

e voi continuerete a; serbare un tal segreto come finora 1' avete serbato.

Con un colpo, ho vendicato le vostre e le mie offese. Iddio ha diretto II

mio braccio, ed io sonoi stato l'istrumento della sua immnancabile giu-

stizia.

Detto cib, Armando era corso dappresso alla contessa, sovrappresa

da forte deliquio net~ sentire il tragrico avvenimento che era accaduto nella

sua casa.

VI. ;

EUCENIA~

Snecessario far avvertiti i nostri lettori che ilconte, fin dal mno-miento che Agar gli aves confessato di aver ricevuto un suoamante, Che ella avea dato a creder per miedico, avea sospettato

tlche unio de' suoi servi fosse stato subornato. Con molta scal-trezza, e la merce di genierose promesse, era giunto a scoprire it mal-fattore, al quale ingiunse di seguitare a farsi credere ligio all' amante diAgar (che il conte ben sospettava non esser altri che Luigi Montero) e,quando costui si fosse novellamente introdotto in casa, farnelo avvisato.

II.servo non manc6 questa volta al suo dovere, giacché il guider-done che il conte gli offriva era maggiore di quello che gli aves datoLuigi Montero.

Cib spiega la presenza del conte nella damera di Agar, allorchéquesta combattea col suo ingannatore, e il colpo di pistola chie mettevafine alla vita di costui.

La convulsione e il deliquio che aveano sovrappreso la contessaeransi volti il domani in gravissimo tifo, the minacciava i suoi giorni.

11 tristo avvenimento ch' era accaduto la notte precedente area giaripiena la citta; e molti comenti formavansi, molte congetture; e moltagente si accoglieiva dapnpress al p:ortonedeil conte npr sapere in che modon

le cose fossero andate; per annasare insomma di che roba si trattasse.

Intanto, maggiori erano il subuglio e 1'agritazione in casa Castelmo-

resco. Da una parte, le persone della polizia sopraggiante pel processo

ve~rbale del fatto aceaduto nella scorsa notte; da un' altra, la contessa

grravemente inferma e richiedente le pid solleeite cure; da un' altra, Agar

nr? viva nO morta; e, infine, il conte stesso niella massima perturbazione.

La casa era zeppa di gente, tratti alcuni per necessita, altri per cu-

riosit8, altri per isbadataggrine, altri per vera premura chie prendeanio

alle sorti di qluella famiglia, e sopratutto alla salute dlella contessa, chi'e'-

ra da tutti amata e venerata pel suo cuore, pel suo carattere, per le sue

mamiere.

- 201 -

Dappresso al letto di Eugenia era il medico Pierucci, il quale avesfatto allontanare la folla dalla camera di lei; imperocch6 i sintomi chepresentava la malattia Brano de' pidi serii e minacciosi. Gia sofferente dalung~o spazio di tempo, tante e si frequenti scosse aveano per modo offe-so it suo sistema nervoso, che ora it male fulminante si manifestava neisuoi caratteri pidi cupi.

Ma siffatto morbo, come che afferri e attuti di preferenza le possan-ze dello intelletto, avea non pertanto lasciato in Eugoenia bastante luci-dith e chiaroveggenza da farle comprendere il pericolo di vita in cui tro-vavasi; e questo terribile sospetto, lungi dal cagionarle spavento o do-lore, parea che sorridesse al suo pensiero; giacché ella avea sempreconsiderata la morte come la fine delle presenti sofferenze e il principiodi una nuova esistenza, i cui segreti sono riposti nella grandezza e nella.boutà di Dio.

È inutile il dire con quale e quanta avvedutezza operasse il Pierucciper fugare la minaccia che sovrastava a' glornii della nobile donna. TuttoeiS che la scienza consiglia nella violenza delle mnalattie che attaccano il.sistema nerveo-cerebrale; tutto ciib che la pratica e la prudenza dlet-tano in simili casi, fu dlal medico florentino adottato con grandissimaEAperanza di buona riuscita.

II conte divideva i suoi momenti tra la moglie inferma e la mniseraAgar, la quale era rimasta in uno stato di stupefazione mille volte pidipericoloso, se non per la vita, almeno per .la sua ragione, siffatta-mente scompigliata da'tanti e impensati avvenimenti che si erano suc-ceduti.

Erano circa le undici del mattino allorché il Pierucci, tratto per manoil conte suo amico, menavalo in altra rimota stanza del quartiere. Per laprimla volta, le sembianze del medico erano scolorate e smarrite.

- Armando - egli disse all'amico sommessamente - abbi corag-glo per sopportare la trista nuova che ti dard.

- Che vuoi dire B - chiiese il conte inquietissimo.- Voglio dire che la contessa tua moglie é finita l... Tra qualchie ora

noi piangeremo sul suo cadavere.Armando mnise uni sordo gemnito, e sicopr·i la faccia con ambho le mani.Qualche momento di silenzio pass6 tra questi due uomini.- Ella hia chiesto il suo confessore - ripiglib il Pierucci.-- Povera donna I ah mio Dio ! mio Dio I - sclamo Armando cadendo

sovra una sedia; e il suo petto si gonfij di lagrime, le quali subitamentecorsei'o alle sue eiglia inondandole.

I un ben tristo spettacolo it veder piangere un uomio a trentaseianni, e un uomo della ferrea tempera di Armando.

Pierucci ne fu commosso.- Fa cuore - grli disse - avremo nel cielo un angelo di pid che pre-

ghierb per noi.- Si faccia subito venire 11 reverendlo religioso Padre Andrea, suo

confessore.

- 202 -

11 medico si allontanb per poco, per datre quest'ordine; indi tombo

dappresso al cod)e.

- Bada intanto - gli disse` -che alcuno non si appressi al letto

di Agar.

E d' uopo qui affrettaiol ad avvertire i nostri lettori che dopo il ten-

tato avvelenainento, Armando avea paIesato al guo amico esser la cre-

dula governante la figlia di Lorenzo del Giglio.

- Lo avevo sospettato -esclamb il Pierucci -Ê utile intanto al-

lontanare tutti dal suo letto,

- E perch6. t - dirnand6 Arneando con meraviglia.

pita, ella mormorava alcune parole che mi han fatto raceapricciare pel

nostro segreto.

- E chie diceva ella mai ?

- Diceva, come se avesse parlato col defunto suo Montero: V~a,

scellerato, io ti perdono, rna tu non vedral pick -tuo fglio: essro è orrnal

fgSlio del conte di Castelrnoresco.SAh ! ella non delirava I - esclamb Armiando - benst diceva il vero..

- Che!I che dicil qIuel fanciullo chie io tolsi dall' Ospizio degli or-

fanelli...

- È suo figlio II

- Figlio di lei e...

- Del Montero - soggiunse il conte.

- Gran Diol Ora comprendo lo straordinario affetto...

- Inesplicabile mano della Provvidenza! Ma corriamo dalla mia

Eugenia... Ella muore! Oh Sommo Dio l

Armando e il medico r:itornarono daccanto al letto della contessa,

che avea gia raccolli i suoi pensieri per I'eterno passaggio a cui si ap-

p>ressava.

È questo il mnomento di richiamare i nostri lettori sovra un fatto che

abbiamo lasciato alquanto osculro, cioé il come avvenne che il piccolo Ga-

b riele, lo smarrito figlio di Agar, si trovasse a rappresentare la parte :I

dell' erede dei conti di Castelmoresco.

Narrammo i ·particolari di quella tetra notte in cui Agar fuggi dalla

casa paterna, recando seco il frutto della sua colpa, come un ladro che

involi un tesoro. Dicemmo, come, esteniuata e quasi morta di stanchezza,

ella avesse chiiesto un asilo e on ristoro a un selvaggio contrabbandiere,

il quale si die'barbaramnente ad inseguirla, insino a tarito che, caduta per

le fitte tenebre in orrido stagno, ella vi smarriçsse momentaneamente la

vita.

II fosco glorno spuntava appen hnel cielo; e una donna di campagna,

passando per avventura lungro la via dov' era quel pantano, fu co1pita dalla

voce di uni hambino, la qIuale veniva per lo appunto di mezzo alle acque

dello stagno. Per natural movimiento di pieta in cuor di donna, ella trasse

per quella sponda, e la vista di un fanciullo la colpi, il quale, spirante di

freddo e di fame., era stretto alle braccia di griovin donna che parea morta.

Ambi erano rimasti a mezz' acqlua, giacchai la mnadre, facendo un supremno

i. - 203 -

storzo per salvare 11figlio dall' anneg.amento, era giunta ad efferrarsi alle

canne.ed alle barbe dli piante acquatiche ch'erano alla sponda del pantano,

dove arriv6 in certo modo a coricarsi assieme al bambino, e deve, smar-

riti i sensi, non li ricuperO che quando la luce del sole venne a rianimare

:le morte sue membra, e afarla accorta della perdita dell' adorato figlio.

Quella donna, estimando lei esser passata di questa vita, volle al-

meno salvare 11 fanciullo, e, trattolo seco e di scarso eibo alimentatolo,

non potendo, perocche poverissimna ella era, allevarselo e crescerlo comne

suo proprio figliuolo, and6 a dlepositarlo nell'Ospizio de'trovatelli alia

santa Casa dell' Annunziata.

SOra egli intervenne chle da qualche tempo il conte Armando di Ca-

stelmoresco, chieavea toltomiogrlie nello scopo di avere un figlio chie aves se

assieurato alla sua famiglia il paterno retaggio, penisando essere sterile

Eugenia', cui da qluattro anni avea disposata, avea, per consiglio del suo

amico Pierucci, deliberato far simnulare alla moglie una gravidanza; e,

quando si fosse creduto arrivato if tempo dello agravo, il Pierucci avrebbe

pensato al modo onde ottenere un fanciullo di gentile e nobile aspetto.

E cosi fu fatto. E il giorno stesso in cui il piccolo Gabriele fu por-

tato all' Ospizio dei trovatelli, il Pierucci, avendo mutato con barba arti-

ficiale il suo volto, si presentava a chiedere d'un fanciallo; e, veduto il

Gabriele che assai bello era di aspetto, non pose tempo in mezzo a trarlo

seco in ben chiusa carrozza, lasciando di sè all' Ospizio un finto nome.

Dicemmo in che modo Agar si rassegub al dolore della perdlita del

figliuolo, e come ritrovollo a casa Castelmoresco con estrema gloia del

materno suo cuore.

La buona Eugenia si moriva confortata dagrli ainti della religione,

delle cui leggi ella si era fatto in vita un abito soavissimno. Ora avea ri-

chiiesto di Agar, cui bramava di vedere ininanzi che separate si fossero per

sempre .

Non fu possibjile tener piul a lungo celato ad Agar lo stato della con-

tessa. Non si tosto quella seppe a che duro ed estremo passo si trovasse

costei, perciocch6é le si dove dire chie Eugenia grravemente inferma dleside-

rava di vederla, Agar dimentico il proprio stato, e incontanenite trasse bar-

collando nella camera dovle la sua amica era per abbandlonare il mondo.

Veg·gendola apparire, Eugenia sorrise, fe' cenno cheo a lei si avvici-

nasse.

Agar corse a giltarsi alcÜollo di lei, e le lagrimne ardlenti non trovarono

nepp'ure libero il varco.

La contessa volle rimaner sola colla sua amica.

E. qiuando tutti si furono allontanati, Eig·enia strinse la mnano della

g~iovane, e con floca voce le disse:

·- Tu volevi lasciare quiesta casa ? Ebbene, ora son io ehie ti abbani-

dono; son io che lascio questa casa... e questo mnondo !

Agjar sembrava stupefatta, e nion trovava parola: pero si contentb di

appoggiare la fronto scottante sulla mano della sua amnica morente; ella

noni avea neaniche la forza di piang·ere.

Eugenia riprese:

- Iddio ha avuto pieth di me!I Da tanto tempo io desideravo di finir-

la !... Non piang;ere, amnica mia: la morte O it pidi gran bene che noi rice-

viamo dal clelo.

- Eugenia, Eugenia.,..pieth... perdono I - mormorava' Agar senza

sapere propriamente qIuello che si dicesse.

- Perdono... dli chie 7...

- Per mia cagione... involonitariamente...

-- So quanto vuioi dirmi... Bandcisci dall'asnimo ogni inquietudine..

Riconosco i decreti di D)io ini tuitto cib chie é avvenuto,.. Ormal tu non ti

separerai pid da... quiel faniciuillol

- Che mai dite, Eugenial

- II conte ritrovera in to urna compiagna che egli ama.

Agar si copri il volto colle mani.

- E tu, buona giovane, cuore eccellente, madre sventurafa, tu...

non .. ti separerai... piia... da tuio figlio ! F

Agar mise un sordo girido, e r·ialz6> la faccia sconvolta e pallidissima.

- Oh Dio 1... contessal... voi sapete...

- So tutto. .B e soche tul non tradirai il segreto del povero mio

marito..

- Neppure se dovessi mnille volte morire I

- Tuo figlio sara P' erede dei conti di Castelmoresco; e tu Agar ..

tu potrai liberamente e pubblicamente abbracciarlo come tuo figlio I

- Ah no, Eugenia... Affido mio figalio nelle mani di Dio e alla bonth

del conte... Io par·tirb in glornata... Mia sorella non pub tardare... Andrb

a gittarmi a:lle ginocchia del padre mio... Compita é la giustizia del cielo.

Mlio padre B stato venidicato.... Egli mi perdonerà, ora che Luigi Montero

pidl non rivel

- Si, Agar, voi dovete partire... dovete rivedere, riabbracciare il

Ipadre vostr·o, consolare it misero vecchio... Ditegli in mnio nome, che per-

doni.,. anchie l'auitore delle sue e delle vostre sventure... Ora egli si trova

innanzi al Supi·remo Giudice1... E :quando... il temnpo... del lutto... della

mia morte... sara passato... 11 conte... verrA a Castellammare... chie-

dera la vostra mano a vostro pJadre... e voi rivedrete queste mura.. ri-

vedrete vostro figilio!...

Uniosti ronoe conlcitato hisl>iglio fui id ito nella stanza contigua aquella

dov' eranio le duie dlonne...

Poco stante, unBa gliovinieltt avvolta in largo sciallo, e, col volto tutto

hagnato dli-lagrimer, si slanciaiva al collo dli Agiar, senza neppur fare at- ·

tendzione alla infotr·na o g:inc i;:vov ini ltto».

Non alppeiiinRI Agr aveni vislo, appariiire! quailla glovanetta, messo un

gran" gri'ide, di giniai, c:ralel corn·s inc·,il·iontro od etirambe> si eranio abbrae-

cloto cani tanitci fci·rm, i!hn paren1: va""lessee affcliir;si ni viconda.

sorella di Aprii.

stimronii dli quinoli seenii conunoiiivienliHssInn.

Ini suil decl<lincr·c ri rics<pws ;:iornei , I·:l; · niai , I·nchl i momenti·ii i inanniizi

S-· 208 -

u·: di entrare nello stato di agonia, chiese ed ottennle la bonedizione dal gre-

Snitore, 10 sventurato don Petro Alfarez, che facea cadere sulla fronite ag~-

ghiacciata di sua figlia un flume di lagrrime strazianiti.

Ella volle poscia novellamente abbracciare Agar e Matilde; baciib

con tenlerezza fl piccolo Errico, ringrrazib il Pierucci e gli altri amici; si

congedb da'famigliari, e

- Dov'é mio marito? - ella chiese cer·candolo cogli occhi.

11 conte era appoggiato colla testa in sul capezzale di. lei; ond'ella

nioni avon piolito vodor'lo. Egrli si alzi> pallidissimo e le si mostr0.

- Al·rcrithao, la tna maiino... Io pid non ti scerno.

SEngenOlia... dlornna sublime, angionl di; Dio.. ;i vosro pe~ronno 1

-- A\·rmando... in vi hio sempro... amato... e perdonato... ed ho sem-

pro... p'roganto 11 cielo clic vi rendel~sseo felice... Io era un ostacolo alla...

vostra felicith... Idldio mIi esaudisçce!

S. -eriNo, Eugenia, Iddio vi togio: a mei, pcrch6é io era indegno di pos-

Una lagrrima amara spuntava negli occhii deul conte, che stringea la

gelida mano della sua consorte.

- Armando... vi.raccomnando... il vecchilo mio padre... Vi racco-

mando I'onore... della famigrlia... e la felicith... di Agrar del Gigliol

La contessa pill non parl6 I

La sera, una carrozza da viaggio si fermava al portone del palazzo

C...: Montavano in essa Agar del Giglio, Matild~e sua sorella, Andrea il

domestico e il dottore Pierucci.

Questa carrozza era diretta a Castellammare.

La sera seguente, un convoglio funebre partiva dlallo stesso palazzo,

diretto per la Congregazione di... Questo funebre convoglio era accbom-

pagnato da' monaci dell'annesso mnonastero.

Eugenia Alfarez, contessa 'di Castelmoresco, esempio ammirabile,

e subblime di annegazione e di amore, tipo di rassegnazione, andava ai ri-

posare nell'ultimo asilo che la terra off~re alla terra I

RIEPILOQO

n anno appresso, 11 conte Armando di Castelmnoresco sposava

in secondle nozze Agar del Giglio.

"CS~, Nel palazzo del conte, tEe altre stanze erano addobbate per

ricevere tre ospiti, che venivano a dimorarvi per sempre.

11 primo bra L.orenzo del Giglio, sano di mente e di corpo, e la cui

virtii era stata da Dio benedetta nella felicith della figliuola.

11 secondo era Matilde, ormal cognata del conte, bella e virtuosa

giovane, chie un matrimonio cospicuo e di suo gusto dovea pjid tardi ren;

dere compinitamnente felice.

11 terzo era Andrea, non pidi domestico mna amico e inualzato all'o-

nore di segretario del conte.

lyon diremo della contentezza del fanciullo Errico, al quale erasi detto

che pid non 10 avrebbero disgianto dalla sua cara marmmd Adele; nomie

che egrli diede semnpre in appresso alla sua genitrice, a ch'ella si placea

di ritrovare sulle labbra del faniciullo, qual ricordo delle sue passate

sventure.

Nel 18151, duep famiglie nobilissimne viaggiavano nello interno della

Germania, qIuella del conte di Castelmoresco e qluella dlel mIarchiese A...

ragguardevole signore chîe mo'lti beni possedeva in quelle regrioni.

La marchiesa di A... era Matilde del Giglio.

E del marchese di Gaudixo ?

Egli amrbiva i beni di suo fratello, e invece i suoi breni passaronio al

conte inî retaggio.

Andate a ritrovare il nomne di don Giovanni di Voltierra, mnarchiese

di Gaudixo, tra le vittimne del coléra del 1837, tra le qluali troverete ezian-

dio un altro nome, quello di dlon Sulpizio Arbaci.

Iddio lo ha detto per mezzo dell' Ecclesiastico: ViUllia CHlOLERA 61

tortura Diro infrunito 1(i)..

(1) Lib. E:ccles. Caput. XXXI. v. 23.

INDICE

Parte Primaa

i. La fr'ana . Pagr. 5II. Un uomo che ha pochli eguali . . . · 10

III. La mor'iente . :. . . . . . " 16

IV. II figlio . . . . . . . · ' 29V. Le due soreblle . . . *

VI. La fuga . . . . . . . . > 40VIL. La nuloca Agar . ~. . . . . > 4.5

Parte Secon^dai

1. L' er.ede . . . . - . .· 49II. II T'ablinum . . . - * · D 8

III. Un ulomo esatio . . · - - <' > 6

IV. Chli ez-amici . . . - - · D 71

V. La govern2ante . . . · .· 76

Parte Terza

L. Don Gulsmzano di Voltie·lrra . . · · ;; D 5

II. Le opiniiontl di Armando Asmodeo . . . . 91III. Maddalenza . . · · - - - D 97IV. Donz Sulpizio . . . . . . . 107

V. 11 ryfiuto . . . . . 113Vl. 11 ritraito . . . . . - *· * ' 1

Parte Quarta

I. Le due amichle . . pag. 123II. 11 pranzo . 133

III. Agar ed. Armando . 138IV. Pierulcci r 154

Parte Quinta

1. II Segretario .. 166II. TJa Cor·riere non aspettato . 173

Ill. La madre . 180IV. La lettera . 186V. II Padre . . . . ... > 190VI. Eugenia . 200

Riepilogo . . 206

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