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IL GIORNALE DELL’INFORMATION & COMMUNICATION TECHNOLOGY EDIZIONI CORPO 10 SOC. COOP. Via dei Gracchi 123 - 00192 Roma DIRETTORE RESPONSABILE Gildo Campesato REDAZIONE Largo Argentina, 11 - 00186 Roma tel. 06-68.41.221 fax 06-68.80.41.32 [email protected] STAMPA Litosud s.r.l. SERVIZIO ABBONATI Largo Argentina, 11 - 00186 Roma tel. 06-68.41.221 fax 06-68.80.41.32 [email protected] PUBBLICITÀ Target Media Group Via Isonzo 32 - 00198 Roma tel. 06-840.83.208 fax 06-842.42.758 [email protected] Registrazione e Autorizzazione Tribunale di Roma n.188/2005 del 12/5/2005 Arretrati 6,00 euro. Abbonamento annuo 60,00 euro (22 numeri) Estero 120,00 euro Stampato in rotoffset in 18.000 copie QUINDICINALE DALL’AMERICA E DALL’ASIA WorldVision DAL 10 AL 23 APRILE PAG.2 Qualcuno la chiama “brevettite”. E certo è che si tratta d’una malattia grave, probabilmente senile e forse letale. Tanto grave (senile e letale), in effetti, che – a detta di molti analisti - minaccia oggi d’uc- cidere o, quantomeno, di paralizzare ogni capacità d’innovazione degli Stati Uniti d’America. Ovvero: d’irreparabilmente dannare quella che, da sempre, è la vera anima, l’imprescindibile forza propulsiva d’ogni rivoluzione tecnologica e, insie- me, l’autentica linfa vitale della parte più dinamica del capitalismo americano. Inequivocabili i suoi sintomi, inizialmente caratterizzati da un incontenibile aumento delle querele – particolarmente visibile nel settore dell’hi-tech – e, quindi, da un conseguente ed assai rapido rigonfiarsi del sistema legale originalmente designato alla difesa della proprietà intellettuale. O, più esattamente: dalla progressiva elefantiasi d’una struttura che, nata per proteggere e premiare la ricerca e la creatività, finisce, una volta colpita dal germe, per diventare un ostacolo ad ogni forma d’innovazione. A lanciare l’allarme erano stati, ancora nel pieno del “boom tecnologico” di fine millennio, due medici (o, fuor di metafo- ra, due giuristi-filosofi) di chiara fama: il ben noto Lawrence Lessig, superstar delle facoltà giuridiche dell’Università di Stanford, nonché fondatore del movimento “Copy Left”, ed il professor Johnatan Zit- train, illustre docente della Harvard Law School e massimo dirigente del Berkman Center for Internet and Society. Entrambi mallevadori d’una teoria che, a suo tempo considerata decisamente “sovversiva” dal- l’establishment economico-finanziario, era (in senso lato) un’appendice del più ampio movimento dell’ “open source”. Le leggi attuali – recitava in sostanza quella teoria – sono il riflesso, o meglio, il relitto, d’una società i cui ritmi di sviluppo dell’innova- zione tecnologica erano molto più lenti di quelli attuali. E, per questo, continuano, quelle leggi, ad offrire a chi “inventa cose” una protezione, non solo troppo ampia ma, soprattutto, troppo estesa nel tempo. Con l’ovvio risultato di creare una serie di “zone protette” – o di proprietà recintate – che rendono molto più difficile e tortuoso il cammino dei più audaci tra i viandanti. Cura suggerita: una riforma delle leggi di copyrights che, pur senza “collettivizzare” la proprietà intellettuale, riduca, quantome- no, la sua soffocante portata temporale, e la facilità con cui, oggi, preventivamente privatizza parti crescenti del territorio. Non pochi avevano ritenuto (ed in parte ancora ritengono) che una tale richiesta non fosse che l’estrema e “socialisteggian- te” eco d’un grido di libertà proveniente dai più profondi anfratti della Silicon Valley. Per intenderci, da quei proverbiali “gara- ge” nei quali giovanissimi programmatori febbrilmente lavorano all’elaborazione del- l’altrettanto proverbiale, o mitica, “next big thing”. Ma negli ultimi tempi sono accaduti – ed accaduti a ripetizione - fatti che hanno dimostrato come in realtà la malattia, a suo tempo ritenuta una sorta di curabilissima acne giovanile, avesse ormai raggiunto, in forma d’eczema e con visibilissimi effetti, anche le grandi corporazioni dell’Alta Tec- nologia. Esempio più eclatante: la breve ma assai intensa ondata di timor panico di recente suscitata (vedi Corriere delle Co- municazione di due numeri or sono) dalla possibilità che un’annosa vertenza relativa alla proprietà intellettuale d’un sistema di trasmissione wireless di e-mail paralizzas- se il funzionamento del Blackberry, forse il più diffuso tra i “telefonini-intelligenti” (o “smart phones”) in uso in America. Come da noi già riportato, la canadese RIM (Re- search In Motion, produttrice del Blackber- ry) ha infine evitato l’Apocalisse pagando un compenso di 612 milioni di dollari alla NTP, l’impresa che l’aveva querelata. Ma il primo marzo scorso – quando ancora il Giorno del Giudizio pareva imminente – questo scriveva un allarmatissimo edito- riale del Wall Street Journal: “L’aspra bat- taglia legale che si sta combattendo attorno al Blackberry, potrebbe presto causare ca- tastrofici inconvenienti ai milioni d’utenti. Ma questo è nulla comparato ai danni che un sistema di brevettazione ormai rotto minaccia d’infliggere all’economia ame- ricana in generale…”. A loro modo “manzoniani” erano (sono) i panorami descritti dal più importante quo- tidiano economico-finanziario del pianeta. Grazie all’ormai nefasta obsolescenza dell’USPTO (United States Patents and Trademark Office), sosteneva infatti il Wall Street Journal, i germi sono ormai pe- netrati nel sangue del sistema economico in quanto tale. Ed alla diffusione della ma- lattia provvedono, con crescente intensità, una serie di “monatti”, pronti ad “ungere”, con le loro querele, punti vitali dell’area tecnologica della “Corporate America”. Più precisamente: nel marcio del sistema d’attribuzione dei brevetti (patents), sono prosperate imprese che non producono, non commerciano (né tanto meno inven- tano) nulla, ma semplicemente “collezio- nano” copyrights. E, nascoste nell’ombra della jungla legislativa, attendono il mo- mento opportuno per l’agguato ai diritti di quanti, al contrario, inventano, producono e commercializzano. Tipico il caso di NTP, il cui unico patrimonio è, per l’appunto, il brevetto contestato a RIM. Così come, non molto di più d’un brevetto mai utilizzato (e relativo al modo in cui i plug-in vengono esposti all’interno d’un browser) possiede EOLAS, l’impresa creata dalla Univer- sity of California che, presto – dovesse, com’è probabile, superare la sua querela l’ostacolo dell’ultimo appello - riceverà da Microsoft 521 milioni di dollari a titolo di compensazione. Ultimo caso: quello che vede eBay rispondere all’accusa – lanciata da MarcExchange, una compagnia emersa all’improvviso dal nulla – d’avere copiato l’idea del “Buy it Now”. Vale a dire: la pos- sibilità di comprare subito l’oggetto dei de- sideri, senza dover passare per le incognite e le complicazioni dell’asta. Dietro questi sempre più numerosi casi celebri, la realtà d’una burocrazia ormai travolta dalle sue stesse regole. Nel 2005 il USPTO ha ricevuto 409.532 richieste di brevetti, il quadruplo rispetto al 1995. Ed ogni nuovo brevetto non può oggi ricevere dall’ufficio che una media di 19,7 ore d’at- tenzione. Un tempo ridicolo per verificare la legittimità d’una invenzione. Ma più che sufficiente per creare, domani, le premesse d’una querela. Quando il copyright scade a «brevettite» Allarme negli Usa dove la difesa della proprietà intellettuale rischia di rovesciarsi in paralisi delle iniziative di innovazione Prosperano imprese fantasma che collezionano «diritti» L’allarme Le leggi attuali relitto di un’epoca nella quale i ritmi di innovazione tecnologica erano molto più lenti I controlli Nel 2005 409 mila richieste di brevetto quattro volte quelle inoltrate dieci anni prima Massimo Cavallini Primavera cinese per Ibm, Mo- torola e Microsoft che hanno annunciato, pressoché in contemporanea, novità sul fronte della realizzazione, nelle maggiori città della Cina, di nuovi laboratori dedica- ti alla ricerca e all’innovazione nel campo delle tecnologie Ict. Per Ibm è appena par- tita l’avventura a Shanghai dove il nuovo Centro di sviluppo sarà impegnato in par- ticolare sul fronte dello sviluppo di servizi applicativi “con l’obiettivo di soddisfare la crescente domanda di mercato sia domesti- ca sia internazionale”, spiegano dall’azien- da. La nuova cittadella dell’IT, che potrà ospitare fino a 700 ricercatori, rappresenta la terza “creatura” nell’ambito del progetto China Global Delivery Network che può già contare sui Centri di ricerca di Dalian e Shenzen entrambi battezzati dalla società statunitense lo scorso anno. Medesima strategia, ma con decisivo e impareggiabile (al momento) vantaggio quantitativo, per Motorola che si prepara ad inaugurare a Hangzhou il suo 17mo Centro di ricerca e sviluppo sul territorio cinese. L’obiettivo, ha argomentato l’azienda al momento dell’annuncio, è di mettere a disposizione di tutti gli operatori di tele- comunicazioni locali, in particolare quelli attivi sul fronte del mobile e del wireless, le proprie tecnologie e i prodotti necessari alla messa a punto delle reti e dei dispo- sitivi di nuova generazione per favorire il time-to-market di nuovi prodotti. Le azien- de avranno inoltre la possibilità di testare direttamente, all’interno dei laboratori, tecnologie e sistemi di nuova generazione contando sulla strumentazione avanzata e sull’expertise Motorola. Punta a rafforzare il know how sulle tecnologie dell’universo mobile anche il nuovo Centro che Microsoft ha appena annunciato di voler impiantare a Pechino. Il Centro servirà, oltre che allo sviluppo di prodotti più consoni al soddisfacimento delle esigenze del mercato cinese, anche a facilitare le collaborazioni e le partnership con i produttori locali, gli operatori mobili e gli Isv (Indipendent software vendors), con i quali la società ha annunciato di voler lavorare per la messa a punto di nuove tec- nologie, applicativi e servizi, in particolare dedicati allo sviluppo del 3G in Cina. Anche Sap e Siemens hanno inaugurato la nuova stagione puntando sulla ricerca made in China. Sap, che vanta un pro- prio Centro a Shanghai, si dice pronta a rafforzare lo staff più che triplicando le risorse entro il 2008 e quindi portandole dalle attuali 400 a 1.800 unità. Inaugurato nell’ormai lontano 2003 il Centro cinese Sap è diventato strategico non solo per il mercato locale ma - ci tiene a puntualizzare l’azienda - in qualità di braccio operativo nel network mondiale dei laboratori di ricerca e sviluppo dove nascono le idee ed i concept per la produzione. Siemens, attraverso Siemens Venture Capital, ha invece annunciato un piano di investimenti finanziari da avviare subito in Cina ed an- che in India. Il braccio di venture capital del colosso tedesco si è detto intenzionato a identificare e finanziare progetti dedicati allo sviluppo di tecnologie innovative con l’obiettivo di cavalcare nuove opportunità di mercato, di rafforzare il core business della casa madre e di sortire il ritorno dei capitali investiti. In particolare Siemens Venture Capital finanzierà la ricerca nel campo delle tecnologie Ict, della strumen- tazione biomedicale, dei trasporti avanzati, dell’illuminazione efficiente, del controllo energetico. “Contiamo di chiudere almeno un paio di contratti nei prossimi mesi - ha già annunciato Rafl Schnell, Presidente e amministratore delegato di Siemens Ven- ture Capital -. Con una presenza locale, penetrare nel mercato e partecipare al venture capital di start up sarà più semplice e soprattutto più produttivo sul fronte dei risultati finali”. Primavera cinese per i big dell’hi-tech Nascono nelle grandi città nuovi laboratori di ricerca di Ibm, Motorola e Microsoft Network Ibm A Shanghai cittadella dell’It che ospiterà fino a 700 ricercatori Centro Microsoft A Pechino progetto per il know how su tecnologie mobili Enzo Lima

DALL’AMERICA E DALL’ASIA Quando il copyright Qualcuno ... · Via dei Gracchi 123 - 00192 Roma ... ad offrire a chi “inventa cose” ... tecnologica erano molto più lenti I

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Page 1: DALL’AMERICA E DALL’ASIA Quando il copyright Qualcuno ... · Via dei Gracchi 123 - 00192 Roma ... ad offrire a chi “inventa cose” ... tecnologica erano molto più lenti I

IL GIORNALE DELL’INFORMATION & COMMUNICATION TECHNOLOGY

EDIZIONI CORPO 10 SOC. COOP.Via dei Gracchi 123 - 00192 Roma

DIRETTORE RESPONSABILEGildo Campesato

REDAZIONELargo Argentina, 11 - 00186 Romatel. 06-68.41.221 fax 06-68.80.41.32

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STAMPALitosud s.r.l.

SERVIZIO ABBONATILargo Argentina, 11 - 00186 Romatel. 06-68.41.221 fax 06-68.80.41.32

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Via Isonzo 32 - 00198 Romatel. 06-840.83.208 fax 06-842.42.758

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Registrazione e AutorizzazioneTribunale di Roma n.188/2005 del 12/5/2005

Arretrati 6,00 euro.Abbonamento annuo 60,00 euro (22 numeri)

Estero 120,00 euro

Stampato in rotoffset in 18.000 copie

QUINDICINALE

D A L L ’ A M E R I C A E D A L L ’ A S I AWorldVision

DAL 10 AL 23 APRILEPAG.2

Qualcuno la chiama “brevettite”. E certo è che si tratta d’una malattia grave, probabilmente senile e forse letale. Tanto grave (senile e letale), in effetti, che – a detta di molti analisti - minaccia oggi d’uc-cidere o, quantomeno, di paralizzare ogni capacità d’innovazione degli Stati Uniti d’America. Ovvero: d’irreparabilmente dannare quella che, da sempre, è la vera anima, l’imprescindibile forza propulsiva d’ogni rivoluzione tecnologica e, insie-me, l’autentica linfa vitale della parte più dinamica del capitalismo americano. Inequivocabili i suoi sintomi, inizialmente caratterizzati da un incontenibile aumento delle querele – particolarmente visibile nel settore dell’hi-tech – e, quindi, da un conseguente ed assai rapido rigonfiarsi del sistema legale originalmente designato alla difesa della proprietà intellettuale. O, più esattamente: dalla progressiva elefantiasi d’una struttura che, nata per proteggere e premiare la ricerca e la creatività, finisce, una volta colpita dal germe, per diventare un ostacolo ad ogni forma d’innovazione.

A lanciare l’allarme erano stati, ancora nel pieno del “boom tecnologico” di fine millennio, due medici (o, fuor di metafo-ra, due giuristi-filosofi) di chiara fama: il ben noto Lawrence Lessig, superstar delle facoltà giuridiche dell’Università di Stanford, nonché fondatore del movimento “Copy Left”, ed il professor Johnatan Zit-train, illustre docente della Harvard Law School e massimo dirigente del Berkman Center for Internet and Society. Entrambi mallevadori d’una teoria che, a suo tempo considerata decisamente “sovversiva” dal-l’establishment economico-finanziario, era (in senso lato) un’appendice del più ampio movimento dell’ “open source”. Le leggi attuali – recitava in sostanza quella teoria – sono il riflesso, o meglio, il relitto, d’una società i cui ritmi di sviluppo dell’innova-zione tecnologica erano molto più lenti di quelli attuali. E, per questo, continuano, quelle leggi, ad offrire a chi “inventa cose” una protezione, non solo troppo ampia ma, soprattutto, troppo estesa nel tempo. Con l’ovvio risultato di creare una serie di “zone protette” – o di proprietà recintate

– che rendono molto più difficile e tortuoso il cammino dei più audaci tra i viandanti. Cura suggerita: una riforma delle leggi di copyrights che, pur senza “collettivizzare” la proprietà intellettuale, riduca, quantome-no, la sua soffocante portata temporale, e la facilità con cui, oggi, preventivamente privatizza parti crescenti del territorio.

Non pochi avevano ritenuto (ed in parte ancora ritengono) che una tale richiesta non fosse che l’estrema e “socialisteggian-te” eco d’un grido di libertà proveniente dai più profondi anfratti della Silicon Valley. Per intenderci, da quei proverbiali “gara-ge” nei quali giovanissimi programmatori febbrilmente lavorano all’elaborazione del-

l’altrettanto proverbiale, o mitica, “next big thing”. Ma negli ultimi tempi sono accaduti – ed accaduti a ripetizione - fatti che hanno dimostrato come in realtà la malattia, a suo tempo ritenuta una sorta di curabilissima acne giovanile, avesse ormai raggiunto, in forma d’eczema e con visibilissimi effetti, anche le grandi corporazioni dell’Alta Tec-nologia. Esempio più eclatante: la breve ma assai intensa ondata di timor panico di recente suscitata (vedi Corriere delle Co-municazione di due numeri or sono) dalla possibilità che un’annosa vertenza relativa alla proprietà intellettuale d’un sistema di trasmissione wireless di e-mail paralizzas-se il funzionamento del Blackberry, forse il

più diffuso tra i “telefonini-intelligenti” (o “smart phones”) in uso in America. Come da noi già riportato, la canadese RIM (Re-search In Motion, produttrice del Blackber-ry) ha infine evitato l’Apocalisse pagando un compenso di 612 milioni di dollari alla NTP, l’impresa che l’aveva querelata. Ma il primo marzo scorso – quando ancora il Giorno del Giudizio pareva imminente – questo scriveva un allarmatissimo edito-riale del Wall Street Journal: “L’aspra bat-taglia legale che si sta combattendo attorno al Blackberry, potrebbe presto causare ca-tastrofici inconvenienti ai milioni d’utenti. Ma questo è nulla comparato ai danni che un sistema di brevettazione ormai rotto

minaccia d’infliggere all’economia ame-ricana in generale…”.

A loro modo “manzoniani” erano (sono) i panorami descritti dal più importante quo-tidiano economico-finanziario del pianeta. Grazie all’ormai nefasta obsolescenza dell’USPTO (United States Patents and Trademark Office), sosteneva infatti il Wall Street Journal, i germi sono ormai pe-netrati nel sangue del sistema economico in quanto tale. Ed alla diffusione della ma-lattia provvedono, con crescente intensità, una serie di “monatti”, pronti ad “ungere”, con le loro querele, punti vitali dell’area tecnologica della “Corporate America”. Più precisamente: nel marcio del sistema d’attribuzione dei brevetti (patents), sono prosperate imprese che non producono, non commerciano (né tanto meno inven-tano) nulla, ma semplicemente “collezio-nano” copyrights. E, nascoste nell’ombra della jungla legislativa, attendono il mo-mento opportuno per l’agguato ai diritti di quanti, al contrario, inventano, producono e commercializzano. Tipico il caso di NTP, il cui unico patrimonio è, per l’appunto, il brevetto contestato a RIM. Così come, non molto di più d’un brevetto mai utilizzato (e relativo al modo in cui i plug-in vengono esposti all’interno d’un browser) possiede EOLAS, l’impresa creata dalla Univer-sity of California che, presto – dovesse, com’è probabile, superare la sua querela l’ostacolo dell’ultimo appello - riceverà da Microsoft 521 milioni di dollari a titolo di compensazione. Ultimo caso: quello che vede eBay rispondere all’accusa – lanciata da MarcExchange, una compagnia emersa all’improvviso dal nulla – d’avere copiato l’idea del “Buy it Now”. Vale a dire: la pos-sibilità di comprare subito l’oggetto dei de-sideri, senza dover passare per le incognite e le complicazioni dell’asta.

Dietro questi sempre più numerosi casi celebri, la realtà d’una burocrazia ormai travolta dalle sue stesse regole. Nel 2005 il USPTO ha ricevuto 409.532 richieste di brevetti, il quadruplo rispetto al 1995. Ed ogni nuovo brevetto non può oggi ricevere dall’ufficio che una media di 19,7 ore d’at-tenzione. Un tempo ridicolo per verificare la legittimità d’una invenzione. Ma più che sufficiente per creare, domani, le premesse d’una querela.

Quando il copyrightscade a «brevettite»

Allarme negli Usa dove la difesa della proprietà intellettualerischia di rovesciarsi in paralisi delle iniziative di innovazione

Prosperano imprese fantasma che collezionano «diritti»

L’allarmeLe leggi attuali relitto

di un’epoca nella qualei ritmi di innovazione

tecnologica eranomolto più lenti

I controlliNel 2005 409 milarichieste di brevettoquattro voltequelle inoltratedieci anni prima

Massimo Cavallini

Primavera cinese per Ibm, Mo-torola e Microsoft che hanno annunciato, pressoché in contemporanea, novità sul fronte della realizzazione, nelle maggiori città della Cina, di nuovi laboratori dedica-ti alla ricerca e all’innovazione nel campo delle tecnologie Ict. Per Ibm è appena par-tita l’avventura a Shanghai dove il nuovo Centro di sviluppo sarà impegnato in par-ticolare sul fronte dello sviluppo di servizi applicativi “con l’obiettivo di soddisfare la crescente domanda di mercato sia domesti-ca sia internazionale”, spiegano dall’azien-da. La nuova cittadella dell’IT, che potrà ospitare fino a 700 ricercatori, rappresenta la terza “creatura” nell’ambito del progetto China Global Delivery Network che può già contare sui Centri di ricerca di Dalian e Shenzen entrambi battezzati dalla società statunitense lo scorso anno.

Medesima strategia, ma con decisivo e impareggiabile (al momento) vantaggio quantitativo, per Motorola che si prepara ad inaugurare a Hangzhou il suo 17mo Centro di ricerca e sviluppo sul territorio cinese. L’obiettivo, ha argomentato l’azienda al

momento dell’annuncio, è di mettere a disposizione di tutti gli operatori di tele-comunicazioni locali, in particolare quelli attivi sul fronte del mobile e del wireless, le proprie tecnologie e i prodotti necessari alla messa a punto delle reti e dei dispo-sitivi di nuova generazione per favorire il time-to-market di nuovi prodotti. Le azien-de avranno inoltre la possibilità di testare direttamente, all’interno dei laboratori, tecnologie e sistemi di nuova generazione contando sulla strumentazione avanzata e sull’expertise Motorola.

Punta a rafforzare il know how sulle tecnologie dell’universo mobile anche il nuovo Centro che Microsoft ha appena annunciato di voler impiantare a Pechino. Il Centro servirà, oltre che allo sviluppo di

prodotti più consoni al soddisfacimento delle esigenze del mercato cinese, anche a facilitare le collaborazioni e le partnership con i produttori locali, gli operatori mobili e gli Isv (Indipendent software vendors), con i quali la società ha annunciato di voler lavorare per la messa a punto di nuove tec-nologie, applicativi e servizi, in particolare dedicati allo sviluppo del 3G in Cina.

Anche Sap e Siemens hanno inaugurato la nuova stagione puntando sulla ricerca made in China. Sap, che vanta un pro-prio Centro a Shanghai, si dice pronta a rafforzare lo staff più che triplicando le risorse entro il 2008 e quindi portandole dalle attuali 400 a 1.800 unità. Inaugurato nell’ormai lontano 2003 il Centro cinese Sap è diventato strategico non solo per il

mercato locale ma - ci tiene a puntualizzare l’azienda - in qualità di braccio operativo nel network mondiale dei laboratori di ricerca e sviluppo dove nascono le idee ed i concept per la produzione. Siemens, attraverso Siemens Venture Capital, ha invece annunciato un piano di investimenti finanziari da avviare subito in Cina ed an-che in India. Il braccio di venture capital del colosso tedesco si è detto intenzionato a identificare e finanziare progetti dedicati allo sviluppo di tecnologie innovative con l’obiettivo di cavalcare nuove opportunità di mercato, di rafforzare il core business della casa madre e di sortire il ritorno dei capitali investiti. In particolare Siemens Venture Capital finanzierà la ricerca nel campo delle tecnologie Ict, della strumen-tazione biomedicale, dei trasporti avanzati, dell’illuminazione efficiente, del controllo energetico. “Contiamo di chiudere almeno un paio di contratti nei prossimi mesi - ha già annunciato Rafl Schnell, Presidente e amministratore delegato di Siemens Ven-ture Capital -. Con una presenza locale, penetrare nel mercato e partecipare al venture capital di start up sarà più semplice e soprattutto più produttivo sul fronte dei risultati finali”.

Primavera cinese per i big dell’hi-techNascono nelle grandi città nuovi laboratori di ricerca di Ibm, Motorola e Microsoft

Network IbmA Shanghai cittadelladell’It che ospiteràfino a 700 ricercatori

Centro MicrosoftA Pechino progetto

per il know howsu tecnologie mobili

Enzo Lima