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A cura diElena Musci

della DIDATTICAquadernii

Metodi e strumenti per

l’insegnamento e l’apprendimentodella storia

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I quaderni della didattica – Metodi e strumenti per l’insegnamento e l’apprendimento della storia – I edizioneCopyright © 2014, EdiSES S.r.l. – Napoli

9 8 7 6 5 4 3 2 1 02018 2017 2016 2015 2014

Le cifre sulla destra indicano il numero e l’anno dell’ultima ristampa effettuata

[email protected] 978 88 6584 508 0

A norma di legge è vietata la riproduzione, anche parziale, del presente volume o di parte di esso con qualsiasi mezzo.

L’Editore

Autori:

Francesco Impellizzeri, per l’Introduzione, i Capitoli Primo e QuintoElena Musci, per l’Introduzione, i Capitoli Secondo, Terzo, Quarto e Sesto

con la collaborazione di:Maria Domenica De Filippis, per il par. 6.3Monia De Bernardis, per il par. 6.4

Grafica di copertina:

Progetto grafico: ProMedia Studio di A. Leano – Napoli

Fotocomposizione: Oltrepagina – Verona

Fotoincisione e Stampa presso la Tipolitografia Petruzzi Corrado & Co. S.n.c. – Zona Ind. Regnano – Città di Castello (PG)

per conto della EdiSES S.r.l. – Napoli

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Premessa

Questo libro nasce da alcune convinzioni. Innanzitutto che la storia sia uno strumento conoscitivo fondamentale per le nuove generazioni e, in generale, per la formazione del cittadino del XXI secolo. In secondo luogo che nell’insegnamento della sto-ria sia necessario ricorrere alle innovazioni didattiche create dai docenti e dai ricercatori in questi ultimi 30 anni. Solo così si può adeguare l’insegnamento alle problematiche e alle domande della società odierna e dei giovani cui si rivolge la formazione. Le questioni che riguardano l’economia, il nostro rapporto col passato e con il patrimonio culturale, le idee che abbiamo della vita e della morte (culture, religioni), il nostro modo di interagi-re o trasformare le risorse del pianeta e come ci organizziamo in società più o meno complesse sono problematiche attuali che ci permettono di raccontare una storia del genere umano. Ma ci permettono anche di guardare al presente e al futuro partendo dalla storia dell’umanità, dai successi e dai fallimenti che han-no segnato i tre milioni di anni nei quali i nostri antenati sono vissuti sulla Terra. Nello stesso tempo, richiedono una strumen-tazione adeguata per essere compresi e interrogati criticamente dai giovani studenti.Il presente volume si sviluppa su binari molteplici: i riferimenti teorici (della didattica della disciplina e di alcuni temi caldi del-la storia come la giornata della memoria e l’intercultura), quelli pratici (con esempi concreti di come realizzare attività ed eserci-zi storici e interdisciplinari) e quelli tecnici (con suggerimenti su come tenere una lezione, come programmare la propria attività annuale, come valutare in storia). Lo scopo del testo è fornire, a chi opera nel settore della formazione (o aspira a farlo), una ras-segna di riferimenti teo rici e di strumenti pratici per ripensare l’insegnamento di questa disciplina e per sperimentare nuove strade alla ricerca di un insegnamento efficace.

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Metodi e strumenti per l’insegnamento e l’apprendimento della storia

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RingraziamentiMi sembra doveroso dire che si tratta di un libro “collettivo”, nel senso che abbiamo cercato di far dialogare la scuola barese di cui facciamo parte con le altre esistenti e con i singoli studiosi con cui da anni ci confrontiamo in conve-gni, seminari, scuole estive e su Internet alla ricerca di strade per un insegna-mento efficace e significativo di questa disciplina che così tanto amiamo. Vor-rei ringraziare in particolare Antonio Brusa a cui va il merito (e secondo lui la colpa) di aver fatto nascere in me la passione per la didattica della storia e tutti coloro che ho incontrato in questi venti anni che mi hanno aiutato a crescere in questo percorso. Non posso nominarli tutti, uno per uno, come vorrei, ma troveranno il loro nome nel testo e nelle citazioni. Infine, ringrazio Franz che, quando ero una giovane studentessa, mi ha mostrato come si potesse giocare con la storia, e Christian che, con la sua presenza e il suo incoraggiamento costante, mi aiuta a non mollare e a trovare sempre nuovi entusiasmi.

Elena Musci

Il mio impegno nella didattica della storia nasce negli anni ’80. All’epoca ero un giovane docente nella scuola pubblica e cominciai a seguire le lezioni del prof. Antonio Brusa, che era docente presso l’Università degli Studi di Bari e teneva corsi di formazione presso il Cidi (un’associazione che ha avuto un grande ruolo nel rinnovamento e nella formazione dei docenti). La didatti-ca della storia stava cambiando e le sue ricerche innovative rappresentarono un’attrazione fortissima per me che, appena laureato, mi trovavo catapultato nelle aule scolastiche ed ero alla ricerca di idee per migliorare il mio insegna-mento. All’inizio degli anni ’90 questo interesse si trasformò in una stretta collaborazione con il prof. Brusa che portò, nel 1996, alla creazione dell’As-sociazione HistoriaLudens, che comprendeva tra i fondatori alcuni docenti e molti studenti che seguivano le sue lezioni universitarie. Tra questi studenti vi era anche Elena. L’avventura intellettuale che ci ha coinvolto in tutti questi anni è stata molto impegnativa e appassionante e ha prodotto moltissimi ri-sultati nel settore dell’editoria scolastica, della ricerca sui giochi didattici e, in generale, sulla riflessione complessiva relativa all’insegnamento della storia. Questa breve ricostruzione non può rendere la complessità delle relazioni e delle vicende vissute lavorando in stretto contatto, ma vuole essere un ringra-ziamento verso il prof. Brusa, che ha contribuito in maniera decisiva alla mia crescita professionale.

Francesco Impellizzeri

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Sommario

IntroduzionePerché un libro sull’insegnamento della Storia nel XXI secolo? . . . . . . 1

Francesco Impellizzeri, Elena Musci

Capitolo PrimoLe Indicazioni nazionali per il curricolo e la pratica scolastica

Francesco Impellizzeri

1.1 Le vicende della Storia insegnata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7

1.2 Le ragioni dell’obsolescenza del modello eurocentrico . . . . . . . . . 9

1.3 L’Italia verso l’integrazione con l’Europa. L’UE e le compe-tenze fondamentali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11

1.4 I Bes (Bisogni educativi speciali) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14

1.4.1 Alunni con DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimento) . . 18

1.5 Le Indicazioni nazionali e le Linee Guida . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20

1.6 Programmare per progetti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29

1.7 Come e cosa valutare alla fine di un lavoro in classe . . . . . . . . . . . 35

Capitolo SecondoTemi caldi della storia insegnata oggi

Elena Musci

2.1 Il rapporto fra Storia e memoria. Spunto di riflessione a par-tire dalla Giornata della Memoria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44

2.2 Intercultura o storia identitaria? Alcune idee per un currico-lo di storia mondiale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58

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Metodi e strumenti per l’insegnamento e l’apprendimento della storia

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2.3 Storia e Geografia, le ragioni di un incontro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 74

2.3.1 Geostoria sì, Geostoria no . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77

2.3.2 Le carte sono Storia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83

Capitolo TerzoIl laboratorio e gli strumenti del fare storia

Elena Musci

3.1 Il laboratorio come metodo di insegnamento/apprendimento . 87

3.1.1 Perché fare Storia in laboratorio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 90

3.2 Gli strumenti del fare Storia in laboratorio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 95

3.2.1 Il manuale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101

3.2.2 Gli esercizi di Storia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 113

3.2.3 L’utilizzo didattico delle fonti e della storiografia . . . . . . . . 120

3.2.4 Gli archivi simulati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 127

3.2.5 Le carte geostoriche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 134

3.2.6 I giochi didattici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 147

3.2.7 Il paesaggio e il patrimonio (musei e beni culturali) . . . . . . 153

3.2.8 Le immagini in movimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 176

3.2.9 Il web . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 189

Capitolo QuartoFonti e multimedia per l’insegnamento della sto-ria

Elena Musci

4.1 Le fonti, i multimedia e l’uso pubblico della Storia . . . . . . . . . . . 201

4.2 Lo studio delle fonti, una questione di storiografia . . . . . . . . . . 203

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Sommario

4.2.1 Le fonti nella didattica della Storia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 209

4.2.2 L’utilizzo didattico delle fonti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 212

4.3 L’uso pubblico della Storia. Un quadro riassuntivo. . . . . . . . . . . . 213

4.3.1 Lo storico e i media . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 215

4.3.2 L’uso pubblico della Storia e la didattica della Storia . . . . 218

4.3.3 Uso pubblico della Storia in immagini e in musica . . . . . . 220

4.4 La critica delle fonti iconografiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 221

4.5 Musica e Storia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 249

Capitolo QuintoCome si organizza una lezione. Riferimenti teorici e proposte pratiche

Francesco Impellizzeri

5.1 Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 255

5.2 Pianificazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 256

5.3 Tecniche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 263

5.4 Qualche considerazione finale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 277

5.5 Esempi didattici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 278

Capitolo SestoAppendice – Gruppi di ricerca ed esempi pratici del fare storia

Elena Musci, Monia De Bernardis, Maria Domenica De Filippis

6.1 Strumenti per tenersi aggiornati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 285

6.2 Esempi di laboratori e strumenti ludici del fare Storia . . . . . . . 288

6.2.1 Il paesaggio nell’arte: il contado di Ambrogio Lorenzetti 289

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Metodi e strumenti per l’insegnamento e l’apprendimento della storia

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6.2.2 Candidato a Pompei: la campagna elettorale nel mon-do romano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 294

6.3 “Piccoli statistici crescono”: schema elaborato per una Uni-tà di Apprendimento di Geografia e Storia . . . . . . . . . . . . . . . . . . 303

6.4 “La schiavitù e la tratta triangolare”: schema elaborato per una Unità di Apprendimento di Storia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 311

Autori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 321

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IntroduzionePerché un libro sull’insegnamen-to della Storia nel XXI secolo?

La didattica della Storia è una disciplina ormai consolidata e da quando, negli anni Ottanta del secolo scorso, molti in-segnanti, spesso coadiuvati da docenti universitari, hanno dato vita ad un intenso periodo di sperimentazione, mol-te sono le riflessioni teoriche che hanno accompagnato la prassi scolastica e che hanno cercato di risolvere problemi pratici con l’ausilio di uno sguardo più ampio, basato sui risultati della ricerca storica e sul suo metodo di studio. La nostra esperienza e i nostri studi sono nati nel Laboratorio di Didattica della Storia dell’Università di Bari sotto la guida di Antonio Brusa, il docente che lo ha coordinato per circa vent’anni. In questo libro troverete molte delle sue parole, che col tempo sono diventate anche le nostre, e i pensieri e le ricerche di tanti altri che, in tutta Italia, lavorano sull’in-segnamento della storia.Questo libro, infatti, contiene una rassegna agile di queste riflessioni e della maggior parte delle strade di trasposizione didattica percorse in questo momento. Laddove non è stato possibile approfondire temi pur ritenuti essenziali per il do-cente di storia, sono state fornite indicazioni bibliografiche o riferimenti Internet. Il lavoro di chi si occupa di didattica della Storia aiuta a comprendere e ad analizzare i processi di insegnamento-apprendimento dal punto di vista specifi-co della disciplina, tarando il proprio percorso sui bisogni

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Metodi e strumenti per l’insegnamento e l’apprendimento della storia

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dell’alunno in relazione alla costruzione di un sapere storico utile al suo essere cittadino.Chiunque abbia insegnato a scuola ha la consapevolezza che per essere un buon insegnante non basta conoscere la Storia e avere buon senso. Queste sono doti necessarie ma non suf-ficienti nel mondo scolastico odierno. L’insegnamento del-la storia deve rispondere a molteplici domande, non ultima quella di coloro i quali (la maggior parte degli studenti) si interrogano sul senso e sul valore di uno studio spesso senti-to come nozionistico e slegato dalla realtà.La Storia spesso appare agli occhi degli allievi come una di-sciplina “solo da ripetere, inutile e piena di termini compli-cati”. Un docente non può più pensare che la sua materia sia ovvia, che faccia parte del bagaglio culturale che gli alunni si aspettano di acquisire. Dietro questa crisi ci sono molti fattori: l’ambiente culturale, la velocità con cui tutto avviene e che rende obsoleto ciò che era importante poco tempo fa, un modo di insegnare e dei contenuti lontani dalla realtà degli studenti. Ma c’è anche una crisi del ruolo della Storia come disciplina. In passato, in coincidenza con la nascita dello stato-nazione, questa materia ha assolto compiti fon-damentali: formare l’identità nazionale, creare una separa-zione dagli altri (i nemici) ed insegnare al cittadino-soldato la superiorità di una cultura e di un popolo. Lo stato la sup-portava in tutti i modi: la vita quotidiana era impregnata di simboli e di stereotipi che creavano facili modelli iden-titari alla portata dei ragazzi e di adulti poco alfabetizzati. Oggi questo aspetto è stato messo fortemente in discussione, in Italia e non solo, anche se la Storia identitaria è ancora presente in moltissimi paesi del mondo che la usano come una vera e propria arma. Cercare un nuovo senso all’insegnamento/studio della Sto-ria non solo è possibile, ma è stato già fatto: non si tratta di partire da zero, perché sono decenni che gli esperti di Storia

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Introduzione

e didattica della Soria esplorano nuove strade e propongono nuovi approcci e pratiche didattiche. Un adolescente non si pone il problema di cosa sia più o meno utile per la formazione di un cittadino italiano nel XXI secolo, quindi i suoi sentimenti nei confronti della ma-teria derivano dalla pratica didattica. Nella maggior parte dei casi, egli ha sperimentato che la Storia si ascolta, si legge e si ripete, e che è costituita da eventi e informazioni che, ai suoi occhi, appaiono sterili e scollegati dalla realtà. Alla sua domanda “perché studiare questa disciplina”, chi ama e insegna la Storia deve, a questo punto, saper elaborare una risposta innovativa. Innanzitutto, bisogna avere il coraggio di usare ciò che da 40 anni la Didattica della Storia, a livello internazionale, ha elaborato e modificare profondamente sia il modo di inse-gnare, sia i temi da proporre. Fare ricorso al laboratorio sto-rico non vuol dire sminuire o banalizzare la disciplina, ma costruire un percorso didattico che la renda interessante agli occhi dei più giovani, che proponga loro problemi da risol-vere e che, nel contempo, li metta a confronto con questioni storiche e storiografiche attraverso strumenti interpretativi tarati sul loro stadio evolutivo.La Storia (e la Geostoria) deve, infatti, sembrare “utile” ad un adolescente che, per sua natura, valuta le cose in tempo reale e raramente riesce a guardare più lontano di qualche giorno. Cosa vuol dire “utile”? Vuol dire che lo deve sorpren-dere, lo deve mettere alla prova per cercare di risolvere degli interrogativi, e che gli deve fornire gli strumenti per poter uscire dalla scuola e passeggiare per la sua città o in un am-biente “naturale”, potendo comprendere le stratificazioni che ci sono nel nostro paesaggio urbano e rurale e senten-dosi parte di esso.Questo libro si rivolge a chi insegna storia e a chi sta affron-tando l’iter per diventare un docente. Abbiamo cercato di

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Metodi e strumenti per l’insegnamento e l’apprendimento della storia

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mettere a vostra disposizione una molteplicità di strumenti, conoscenze, suggerimenti nati dalla ricerca storica e didat-tica negli ultimi 35-40 anni, per fornirvi materiali e spunti operativi e concreti di lavoro, perché, come diceva un gran-de attore, possiate ricominciare da tre: la nuova storiografia, una didattica innovativa e un nuovo racconto della Storia.Gli strumenti, e i temi forti che abbiamo scelto, concorrono, per chi studia come insegnare la Storia, a dire che sì, anche nel XXI secolo serve insegnare e studiare questa disciplina perché essa:

> aiuta a comprendere meglio il mondo che ci circonda. Oggi le norme prevedono che nel corso dell’ultimo anno della secondaria di 1° e 2° grado, gli studenti affrontino la storia del XX e XXI secolo. Questo è un patto formati-vo, ma spesso viene disatteso. Le proposte non sono solo vuote parole, ma devono trasformarsi in azioni didattiche concrete. Alla fine del ciclo di studi è importante saper padroneggiare i concetti fondamentali della storia del No-vecento e della società postindustriale. Il “laboratorio del tempo presente”, citato più avanti nel testo, descriverà an-che come sia possibile (e urgente) che questa attenzione alla contemporaneità ci sia sempre, non solo nell’ultimo anno dei due cicli di scuola1;

> consente di ricostruire e riconoscere le radici del mondo attuale, cioè aiuta a capire perché “siamo arrivati a questo punto”. Il mondo come lo vediamo oggi è il risultato di molte sedimentazioni, di scelte fatte nel passato per affron-tare alcuni problemi della vita umana: le tecniche adottate per ottenere il cibo, la gestione dell’acqua e delle risorse naturali, i sistemi di produzione, lo sfruttamento delle ri-sorse non rinnovabili, la ricerca scientifica, le visioni del

1 Nel sito www.historialudens.it trovate sia una trattazione teorica, sia alcuni esempi concreti di laboratori del tempo presente proposti da Antonio Brusa.

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Introduzione

mondo (religiose o laiche), i sistemi politici che i popoli si sono dati o che sono stati imposti con la violenza. L’uomo ha sempre dovuto affrontare tante sfide, e molte soluzioni sono state già tentate: alcune sono andate bene, altre male. Un esempio di quello che vogliamo dire si trova nel libro Collasso di Jared Diamond (Einaudi, 2005): se l’uomo vuole cercare di prevenire le catastrofi deve sapere cosa ha avuto successo nel passato e quando, invece, gli uomini hanno fallito e perché.

Ma c’è un altro motivo per conoscere il passato: chi conosce poco o male la Storia è più vulnerabile di fronte al suo uso pubblico, e a stereotipi o miti totalmente fasulli, inventati e utilizzati per scopi politici o sociali. Gli esempi sono tantis-simi: dalla paura del comunismo propagandata in Italia ne-gli ultimi 25 anni come un pericolo reale2, alla presenza del negazionismo persino in certi discorsi politici, ai riferimenti alle crociate come guerra contro i musulmani, con tanto di numerazione delle varie spedizioni (altra invenzione forma-tasi negli ultimi secoli3), e gli esempi potrebbero continuare a lungo.Lo stile di un insegnante, però, resta la migliore risposta a chi si interroga sulla utilità della Storia: se questi riesce a coinvol-gere e interessare gli studenti, a inserire nelle sue lezioni que-stioni vive e che portano alla discussione, se riesce persino a divertirli, non avrà più bisogno di dimostrare a parole che studiare Storia serve, perché gli alunni lo penseranno da soli.Nessuno di noi ha in mano la bacchetta magica per rendere questo mondo migliore, e il mestiere di un docente è talvolta assai difficile poiché si confronta con storie e vissuti pieni di

2 Si veda il capitolo sui media. Per approfondire, si veda A. Mariuzzo, “I soliti comu-nisti”: Il discorso anticomunista in Italia dopo il 1989, 15 feb. 2014, online all’indirizzo http://ilcalibro.com/2014/02/15/anticomunismo-in-italia/#.U2YAEXWKDIV.3 Cfr. C. Tyerman, L’invenzione delle crociate, Torino, Einaudi, 2000.

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Metodi e strumenti per l’insegnamento e l’apprendimento della storia

problemi. Nella maggior parte dei casi, però, un insegnante può fare tanto per i suoi alunni e può trasformare le ore in classe in momenti di crescita umana, culturale e civile. Noi siamo convinti che la Storia abbia un ruolo importantissimo in questo compito, e che il suo insegnamento possa ancora fornire strumenti essenziali per diventare cittadini consape-voli. È con la speranza di fornire riferimenti, temi di discus-sione e strumenti utili per coloro che già insegnano e per coloro che si preparano a farlo, che abbiamo lavorato alla stesura di questo libro.

Francesco Impellizzeri

Elena Musci

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1 Capitolo PrimoLe Indicazioni nazionali per il curricolo e la pratica scolastica

Francesco Impellizzeri

1.1 Le vicende della Storia insegnata

Prima di iniziare l’analisi dell’attuale normativa che indiriz-za l’insegnamento della Storia, facciamo un breve viaggio nel tempo per vedere che uso è stato fatto di questa disciplina. La Storia come materia scolastica è nata nell’Europa dell’Ot-tocento, periodo in cui si stavano affermando gli stati-nazione dopo un lungo processo storico durato secoli. Chi immaginò il curricolo di Storia scelse di narrare la storia dell’umanità come una gara a staffetta dal buio della preistoria verso la luce della civiltà moderna, partendo dalle conoscenze allora in possesso degli storici. Una rappresentazione grafica molto interessante di questa visione della storia è data dalla striscia del tempo di Edward Hull1, disegnata alla fine del XIX seco-lo e da qualche anno ristampata e aggiornata anche in lin-gua italiana. Su questo racconto grafico delle vicende uma-ne, la storia parte dal 4004 a.C. con i fondatori del genere umano, Adamo ed Eva, seguiti da una serie di avvenimenti tratti dalla Bibbia, compresa la Torre di Babele. Verso il 2300

1 Della striscia del tempo di E. Hull ha già scritto A. Brusa in diverse occasioni, tra le quali Brusa, Brusa, Cecalupo, La terra abitata dagli uomini, Progedit, Bari, 2000, pp. 35 sgg.

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Metodi e strumenti per l’insegnamento e l’apprendimento della storia

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a.C. si verifica il diluvio universale, quindi parte la sequenza dei popoli che ancora scandiscono la storia generale: Egizi, Fenici, Cinesi, ecc. La striscia si trasforma in tante linee, una per ogni popolo che a sua volta si biforca, si interrompe o si unifica con altre. Con il passare dei secoli le linee diventano sempre più ingarbugliate e intrecciate fino a diventare oltre 50, strette una accanto all’altra, ciascuna con re, guerre, trat-tati di pace, conquiste, nascita e morte di stati. Hull sintetizza un modo di vedere la Storia molto diffuso alla fine dell’Otto-cento, ma che ancora oggi può indurci ad alcune riflessioni: come insegnare millenni di storia? Quale bussola ci permet-terà di selezionare tra gli infiniti argomenti quelli che pro-porrò in classe? Una mappa così, con le nostre conoscenze della storia umana, come si potrebbe disegnare? È semplice capire che una soluzione di questo genere non è più attuale, e che una mappa così realizzata non potrà mai servire a spie-gare la complessità della Storia, ma rappresenta la visione eu-rocentrica e statocentrica della storiografia ottocentesca. Il tempo lineare che questa striscia propone non esiste, e anche le divisioni classiche tra storia medievale, moderna e con-temporanea pongono agli storici molti interrogativi. Eppure molti docenti, ancora oggi, raccontano la storia come succes-sione di popoli, suggerimento fornito indirettamente anche dai testi, nei quali si susseguono popolazioni che sembrano avvicendarsi lungo una rettilinea, quanto illusoria, linea del tempo. Basterebbe una semplice analisi delle date per scopri-re che esistono moltissimi salti e accavallamenti temporali e altre incongruenze, come il fatto che ogni popolazione viene analizzata secondo indici diversi (commercio, fondazione di città, credenze religiose, attività prevalenti, ecc.).Tutta la narrazione era centrata, in passato, su una piccola parte del mondo (l’Europa), e su un ipotetico iter che dal-la preistoria conduceva, attraverso un percorso lineare di progresso, fino all’affermazione dello stato-nazione e della

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Capitolo 1 Le Indicazioni nazionali per il curricolo e la pratica scolastica

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borghesia. Tutto ciò accadeva perché la Storia, come materia scolastica, doveva avere un compito identitario: la costruzio-ne nei bambini (che allora per la prima volta si affacciavano – lentamente – alla scuola pubblica) di un’identità nazionale. In linea con la storiografia dell’epoca, la narrazione si con-centrava su avvenimenti politici, in particolare diplomatici e militari. Vi fu fin dall’inizio un pregiudizio eurocentrico, ma an-che la visione della Storia come di una corsa a staffetta, nella quale un popolo corre per un po’, prima di cedere il testimo-ne ad un altro, in un susseguirsi lineare verso la civiltà. Un’al-tra immagine – scientificamente falsa – che ben rappresenta questo “progresso” è quella dell’uomo della preistoria, curvo e scimmiesco, che man mano acquista la posizione eretta e la dignità di sapiens. Il docente seguiva questa successione di popoli come se realmente vi fosse una concatenazione logica e quasi una propedeuticità tra alcune civiltà ed altre. Il ma-nuale era il racconto di questa storia dell’umanità, nella qua-le gli altri continenti apparivano solo di sfuggita e solo quan-do gli europei entravano in contatto con loro. Gli egizi e i cinesi erano tra i pochi fortunati a poter ambire a comparire in questo racconto esclusivo. Alcuni continenti sembravano del tutto privi di Storia (America, Africa, Australia). Il docen-te, attraverso la lezione frontale, narrava questa successione di re, trattati, dinastie, papi, barbari, personaggi leggendari (Pietro Micca, Balilla, ecc.) e popoli civili. Il compito dell’a-lunno era quello di ripetere la lezione contenuta nel libro o gli appunti delle parole pronunciate dal docente.

1.2 Le ragioni dell’obsolescenza del modello eu-rocentrico

Questo modello, ormai ultracentenario, non funziona più per almeno tre ragioni. Innanzitutto gli studenti e il con-

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testo politico e sociale sono totalmente diversi da quelli di un secolo fa. Sembra un’ovvietà, allora perché insegniamo la stessa vulgata, la stessa trama, anche se con qualche no-vità nei contenuti e nella grafica? Oggi gli studenti hanno bisogno di competenze differenti, vivono in una società globalizzata e multietnica, spesso provengono da paesi di-versi e la storia eurocentrica mostra un’assoluta inadegua-tezza. In secondo luogo, è cambiato il modo di guardare la Storia e l’importanza che diamo agli accadimenti e alle fasi che usia-mo per ricostruire i fatti storici. La sequenza di re e trattati ha perso ogni utilità e significato per gli studenti. Oggi ab-biamo bisogno di fare altre domande al passato: ad esempio, il modo in cui gli uomini hanno usato le risorse del pianeta e come hanno modificato gli ambienti naturali; i modi per governare società complesse e la partecipazione ad esse dei diversi strati sociali; i rapporti tra culture; le migrazioni, la crescita demografica. Infine, è cambiata la storiografia, a partire dal 1929, anno in cui fu fondata la rivista Annales d’histoire économique et sociale, che introdusse nuovi filoni di ricerca per gli studiosi di Storia (storia economica, sociale, della vita quotidiana, di genere, e poi rilevanza delle fonti orali, moltiplicazione delle fonti storiche, ecc.). Negli ultimi 20 anni si è sviluppato un nuo-vo filone di ricerca, la World History, che ha introdotto nuovi elementi per riscrivere la storia umana. Sono stati ridefini-ti alcuni concetti fondamentali come quello di fatto storico, che prima era visto come una successione lineare di causa ed effetto, mentre oggi è interpretato come il risultato della relazione tra molteplici cause che hanno origine in segmenti diversi della società (mentalità, economia, rapporti sociali, ecc.) e durata diversa nel tempo (ovvero possono essere pre-senti in un contesto sociale da mesi, anni, decenni o seco-li). Nella Storia che si insegna oggi nelle scuole sono entrati

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Capitolo 1 Le Indicazioni nazionali per il curricolo e la pratica scolastica

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molti nuovi campi d’indagine mutuati dalla ricerca storica, ma spesso sono stati inseriti all’interno della tradizionale vulgata narrativa, eurocentrica, ritmata dagli eventi politici, dalla logica di ricostruire prevalentemente la storia europea e basata soprattutto sulla lezione frontale. Tuttavia, a partire dagli ultimi decenni del XX secolo, le ricerche degli storici e la storiografia hanno prodotto nuovi punti di vista, inter-pretazioni e conoscenze sufficienti per proporre una nuova vulgata, un nuovo racconto della storia umana. Contempora-neamente, in tutta Europa si è sviluppato un dibattito sulla scuola e sull’insegnamento della Storia che ha prodotto mol-ti buoni risultati.

1.3 L’Italia verso l’integrazione con l’Europa. L’UE e le competenze fondamentali

A partire dagli anni ’90 del secolo scorso, l’Unione Europea ha aperto il dibattito sulla questione delle competenze poiché le riteneva utili per rifondare sia i sistemi scolastici che l’e-ducazione permanente. La questione competenze era, ed è, strettamente connessa alla convinzione che uno dei fattori fondamentali dello sviluppo economico e sociale sia la valo-rizzazione dell’individuo e la sua capacità di adattarsi ad una realtà in continua trasformazione. La domanda di fondo è la seguente: “Quali competenze deve avere un giovane nel XXI secolo per avere maggiori possibilità di inserirsi nella realtà lavorativa e sociale?”. Nel 2000, al termine dei lavori del Parlamento Europeo a Lisbona, furono individuati alcuni obiettivi ritenuti centrali per l’educazione. In particolare, furono definite alcune com-petenze fondamentali per poter esercitare una cittadinanza attiva, fu stabilita la necessità di innalzare i livelli di istruzio-ne e di rafforzare l’educazione permanente. Infine fu rico-

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nosciuta la validità, oltre che degli apprendimenti formali, anche di quelli informali e non formali. Gli apprendimenti formali sono quelli che avvengono all’interno dei sistemi di istruzione ufficiali, come la scuola o le università, e che rila-sciano dei titoli di studio che possono avere anche un valore legale. Quelli non formali sono finalizzati anch’essi alla tra-smissione di saperi, abilità e competenze, ma si verificano al di fuori delle strutture formali, in contesti connessi ad un interesse, come il posto di lavoro, associazioni e organizza-zioni di ogni genere, oppure in corsi tenuti da professionisti o volontari presso centri specializzati. Di solito si rivolgono a persone che hanno interessi in comune e che hanno obiettivi precisi, ma senza prevedere una qualifica o un titolo di studio riconosciuti legalmente. Gli apprendimenti informali sono quelli che ognuno di noi acquisisce, in modo più o meno intenzionale, in famiglia, nel contesto sociale, frequentando concerti, cinema e teatro, partecipando a riunioni politiche, navigando in Internet, seguendo programmi televisivi. An-che queste attività creano attitudini, interessi, conoscenze, valori, che anche se non consentono di conseguire un titolo di studio hanno un peso nella vita delle persone.Negli anni successivi, il lavoro è entrato più nel dettaglio, fino alla ratifica delle Raccomandazioni del 18 dicembre 2006, che hanno fissato ciò che in questo ambito viene ritenuto basilare per la cittadinanza europea:

Le competenze sono definite in questa sede alla stregua di una combinazione di conoscenze, abilità e attitudini appropriate al contesto. Le competenze chiave sono quelle di cui tutti hanno bisogno per la realizzazione e lo sviluppo personali, la cittadi-nanza attiva, l’inclusione sociale e l’occupazione. Il quadro di riferimento delinea otto competenze chiave: 1. Comunicazione nella madrelingua;2. Comunicazione nelle lingue straniere;

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