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Scienza di Pietro Greco Il nostro futuro è scritto in una cellula I n questo momento ci sono, in giro per il mondo, da 4 a 6 milioni di donne in gravidanza che hanno effettuato un test genetico prima della nascita del figlio. Presto, da qui a dieci anni secondo la rivista Nature, saranno 15 milioni le donne che eviteranno l'invasiva amniocentesi con questo test semplice e innocuo per sapere quale potreb- be essere la salute del neonato. Nessun altro test genetico si è diffuso così velocemente come quello prenatale nella breve storia del sequenziamento del Dna umano. Una storia iniziata esattamente quarant'anni fa, nel 1977, quando due piccoli gruppi di studio- si - quello formato da Allan Maxam e Walter Gilbert e quello formato da Fred Sanger, con Nicklen e Coulson - proposero sui Proceedings of the NationalAcademy of Sciences (Pnas) un sistema per realizzare qualcosa che fino ad allora non era neppure immaginabile, per via delle difficoltà pratiche: conoscere nel giusto ordine e in tem- pi accettabili tutte le basi, tre miliardi, del Dna umano. Il processo diventerà noto come "sequen- ziamento". Certo, per raggiungere l'obiettivo, occorrevano molti soldi, molti uomini e una forte organizzazione. In altri termini occorreva trasfor- mare la biochimica in una Big science, sull'esempio della fisica delle particelle. Nacque così il Progetto genoma umano e, nell'anno 2000, due gruppi diversi - uno pubblico, diretto da Francis Collins, e uno privato, quello di Craig Venter - annuncia- rono di aver raggiunto l'obiettivo. Non mancarono le sorprese, dal punto di vista della conoscenza fondamentale. Scoprimmo, per esempio, che i geni nel Dna umano sono più o meno 20.000, molti meno di quanto ci si aspetta- va. E anche che il "junk Dna', il Dna spazzatura, non era propriamente pattume, ma partecipava in maniera attiva all'espressione genica. Ma forse i risultati più importanti sono stati quelli applicativi. Resi possibili dal drastico abbattimen- to dei costi. Facciamo un po' di conti. All'indomani dell'an- nuncio di Collins e Venter, con la benedizione interessata di Clinton e Blair, il costo del sequen- ziamento dei tre miliardi di basi dell'intero geno- ma umano era davvero proibitivo: 100 milioni di dollari, o giù di lì. Nel 2010 era sceso già a 30.000 dollari: in dieci anni era diminuito di tremila volte e aveva raggiunto una soglia abbordabile da molti istituti di ricerca e persino da qualche danaroso privato. Ancora cinque anni, ed ecco che nel 2015 il prezzo scende ancora di venti volte e si assesta introno ai 1.500 dollari. Ora quasi tutti, almeno nel mondo occidentale, possono accedere al test completo del Dna. E, infatti, molti lo usano. O, almeno, usano le diverse tecnologie (ormai ce ne sono diverse) per sequenziare se non tutto larghi tratti del Dna, a iniziare da milioni di donne in gravidanza. Le applicazioni correnti vanno dall'analisi del genoma di uomini molto antichi - persino non apparte- nenti alla nostra specie. Abbiamo così scoperto molto dei Neanderthal e abbiamo scoperto che loro, come i Denisoviani e altri ancora, si sono ibridati con la nostra specie - all'analisi del geno- ma di veri o presunti criminali, diventata prassi nell'ambito delle scienze forensi (come non si stancano di ripeterci i serial televisivi). Bene. Ma quale sarà il futuro del Dna sequencing, del sequenziamento del nostro genoma come di quello di tutti gli altri esseri viventi? Cosa ne sarà da qui a quarant'anni? Se lo sono chiesto, su Natu- re, tre esperti del calibro di Eric D. Green, Edward M. Rubin e Maynard V. Olson. Naturalmente i tre genetisti non hanno la palla di vetro. Preve- dere il futuro, soprattutto in campi di frontiera, è impresa sempre abbastanza azzardata. Tuttavia la loro analisi può darci indicazioni utili. È molto probabile che nei prossimi quarant'anni, dicono, non ci saranno clamorosi sviluppi nella tecnica di sequenziamento. Ci sarà, invece, una sua estesa diffusione. La utilizzeranno tutti. Dagli scienziati di ogni e qualsivoglia disciplina "bio" ai giudici e ai po- liziotti. Perché tutti (o quasi) sono affamati di dati e la conoscenza puntuale del Dna di dati ne fornisce in abbondanza. Ma il Dna sequencing sarà utilizzato anche - e potremmo dire soprattutto - in medicina. In diversi ambiti. Per esempio la diagnostica delle malattie geneti- che. Diagnosi che preludono allo sviluppo della "terapia genica', ovvero alla sostituzione o al silen- ziamento dei "geni malati". Ma il futuro, ormai prossimo, è anche la diagnosi precoce di malattie che, come il cancro, coinvolgono il genoma. Sono già in fase sperimentale - e, in qualche caso, anche in fase clinica - diagnosi non invasive, come la "biopsia liquida': che avviene attraverso un banale prelievo di sangue. La conoscenza puntuale del Dna di ciascuno consentirà di sviluppare una "medicina persona-

di Pietro Greco Il nostro futuro è scritto in una cellula Irassegna.be.unipi.it/20171021/PG06150.pdf · qualsivoglia disciplina "bio" ai giudici e ai po-liziotti. Perché tutti (o

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Scienza

di Pietro Greco

Il nostro futuroè scritto in una cellula

In questo momento ci sono, in giro peril mondo, da 4 a 6 milioni di donne ingravidanza che hanno effettuato un testgenetico prima della nascita del figlio.Presto, da qui a dieci anni secondo la

rivista Nature, saranno 15 milioni le donne cheeviteranno l'invasiva amniocentesi con questotest semplice e innocuo per sapere quale potreb-be essere la salute del neonato. Nessun altro testgenetico si è diffuso così velocemente come quelloprenatale nella breve storia del sequenziamento delDna umano.Una storia iniziata esattamente quarant'anni fa,nel 1977, quando due piccoli gruppi di studio-si - quello formato da Allan Maxam e WalterGilbert e quello formato da Fred Sanger, conNicklen e Coulson - proposero sui Proceedings of

the NationalAcademy of Sciences (Pnas) un sistemaper realizzare qualcosa che fino ad allora non eraneppure immaginabile, per via delle difficoltàpratiche: conoscere nel giusto ordine e in tem-pi accettabili tutte le basi, tre miliardi, del Dnaumano. Il processo diventerà noto come "sequen-ziamento". Certo, per raggiungere l'obiettivo,occorrevano molti soldi, molti uomini e una forteorganizzazione. In altri termini occorreva trasfor-mare la biochimica in una Big science, sull'esempiodella fisica delle particelle. Nacque così il Progettogenoma umano e, nell'anno 2000, due gruppidiversi - uno pubblico, diretto da Francis Collins,e uno privato, quello di Craig Venter - annuncia-rono di aver raggiunto l'obiettivo.Non mancarono le sorprese, dal punto di vistadella conoscenza fondamentale. Scoprimmo, peresempio, che i geni nel Dna umano sono più omeno 20.000, molti meno di quanto ci si aspetta-va. E anche che il "junk Dna', il Dna spazzatura,non era propriamente pattume, ma partecipava inmaniera attiva all'espressione genica.Ma forse i risultati più importanti sono stati quelliapplicativi. Resi possibili dal drastico abbattimen-to dei costi.Facciamo un po' di conti. All'indomani dell'an-nuncio di Collins e Venter, con la benedizioneinteressata di Clinton e Blair, il costo del sequen-ziamento dei tre miliardi di basi dell'intero geno-ma umano era davvero proibitivo: 100 milioni didollari, o giù di lì. Nel 2010 era sceso già a 30.000dollari: in dieci anni era diminuito di tremila voltee aveva raggiunto una soglia abbordabile da moltiistituti di ricerca e persino da qualche danaroso

privato. Ancora cinque anni, ed ecco che nel 2015il prezzo scende ancora di venti volte e si assestaintrono ai 1.500 dollari. Ora quasi tutti, almenonel mondo occidentale, possono accedere al testcompleto del Dna.E, infatti, molti lo usano. O, almeno, usano lediverse tecnologie (ormai ce ne sono diverse) persequenziare se non tutto larghi tratti del Dna,a iniziare da milioni di donne in gravidanza. Leapplicazioni correnti vanno dall'analisi del genomadi uomini molto antichi - persino non apparte-nenti alla nostra specie. Abbiamo così scopertomolto dei Neanderthal e abbiamo scoperto cheloro, come i Denisoviani e altri ancora, si sonoibridati con la nostra specie - all'analisi del geno-ma di veri o presunti criminali, diventata prassinell'ambito delle scienze forensi (come non sistancano di ripeterci i serial televisivi).Bene. Ma quale sarà il futuro del Dna sequencing,del sequenziamento del nostro genoma come diquello di tutti gli altri esseri viventi? Cosa ne saràda qui a quarant'anni? Se lo sono chiesto, su Natu-re, tre esperti del calibro di Eric D. Green, EdwardM. Rubin e Maynard V. Olson. Naturalmente itre genetisti non hanno la palla di vetro. Preve-dere il futuro, soprattutto in campi di frontiera,è impresa sempre abbastanza azzardata. Tuttaviala loro analisi può darci indicazioni utili. È moltoprobabile che nei prossimi quarant'anni, dicono,non ci saranno clamorosi sviluppi nella tecnica disequenziamento. Ci sarà, invece, una sua estesadiffusione.La utilizzeranno tutti. Dagli scienziati di ogni equalsivoglia disciplina "bio" ai giudici e ai po-liziotti. Perché tutti (o quasi) sono affamati didati e la conoscenza puntuale del Dna di dati nefornisce in abbondanza. Ma il Dna sequencing saràutilizzato anche - e potremmo dire soprattutto - inmedicina. In diversi ambiti.Per esempio la diagnostica delle malattie geneti-che. Diagnosi che preludono allo sviluppo della"terapia genica', ovvero alla sostituzione o al silen-ziamento dei "geni malati". Ma il futuro, ormaiprossimo, è anche la diagnosi precoce di malattieche, come il cancro, coinvolgono il genoma. Sonogià in fase sperimentale - e, in qualche caso, anchein fase clinica - diagnosi non invasive, come la"biopsia liquida': che avviene attraverso un banaleprelievo di sangue.La conoscenza puntuale del Dna di ciascunoconsentirà di sviluppare una "medicina persona-

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Sequenziamentodel Dna per un testgenetico

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lizzata': non ci sarà più una cura generale validaper tutti di una malattia, ma la cura sarà disegnatasulla singola persona. Si conoscerà la propensionea contrarre malattie multifattoriali, così sarà possi-bile mettere a punto strategie di prevenzione.Non mancano possibili punti critici in questanuova "conoscenza enorme". Non tanto che latecnica può essere utilizzata per fini banali: diffi-cilmente la conoscenza del Dna sarà utilizzata perconoscere e cambiare il colore degli occhi di unnascituro. Tuttavia la "medicina personalizzata'rischia di essere costosa e, dunque, non accessibilea tutti. Occorre trovare fin d'ora gli strumenti perrenderla democratica. Dovremo non solo assumereuna nuova cultura, "propensionale" (capire fino infondo cosa vuol dire avere una propensione gene-tica per), ma anche reinventare il welfare sanitarionell'epoca del sequenziamento del Dna.Un altro ambito indicato da Eric D. Green,Edward M. Rubin e Maynard V. Olson è quelloepigenetico, ovvero del rapporto dialettico tragenoma e ambiente. Il genoma, infatti, non èun "cervello in una vasca', che dà i suoi ordini aprescindere dal contesto. Al contrario, si esprimein maniera diversa in contesti ambientali diver-si. Questo dialogo incessante è bidirezionale:l'ambiente modifica il genoma. E talvolta è causadi malattie. Il Dna sequencing sarà uno dei fattoriper dipanare questo rapporto, a volte moltocomplesso, e spesso unico. Ciascun genoma ha unrapporto suo proprio con l'ambiente. Naturalmen-te l'ambiente coinvolge anche gli altri organismiviventi. Ecco dunque che la conoscenza del Dna

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di uomini, animali, piante, funghi, batteri e virusconsentirà di capire le dinamiche dei cambiamentidell'ecosistema e i loro effetti, anche patologici.Tra l'altro potremmo avere allarmi precoci dimalattie infettive, per esempio individuando viruspericolosi nel Dna di agenti vettori. Dunque sem-pre più genetisti, epidemiologi ed ecologi sarannocostretti a lavorare insieme.Questi e altri scenari costruiti sulla base di un'as-sunzione verosimile - la tecnica del sequenziamen-to del Dna avrà una crescente diffusione - hannoun tratto in comune. Avremo un'enorme quantitàdi dati - i "big data' - che confluiranno in appostebanche. Lo stanno già facendo. In Gran Breta-gna, per esempio, la Biobank sta raccogliendo idati genetici di centinaia di migliaia di persone ealtrettanto fa negli Stati Uniti l'All of Us ResearchProgram. Anche in Cina esistono progetti similigià in atto.Ecco, dunque, quello che dobbiamo fare percostruire un futuro desiderabile fondato sul Dnasequencing: fare sì che queste informazioni sianotrasparenti e disponibili per tutti. Eric D. Green,direttore del National human genome researchinstitute presso i National institutes of health diBethesda, Edward M. Rubin, direttore scientificodel Metabiota di San Francisco, e Maynard V.Olson, professore emerito di medicina e scien-za genetiche della University of Washington diSeattle, lo dicono con convinzione: tutta quellagenerata dal sequenziamento del Dna deve essereuna «information commons». Un'informazionebene comune.

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