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DIRITTO COMMERCIALE Introduzione: Costituzione Italiana artt. 41 e 42. Si riconosce la PROPRIETA’ PRIVATA E LA LIBERA INIZIATIVA ECONOMICA. Si riconosce dunque un modello di sviluppo economico basato sull’economia di mercato che presuppone: tendenziale libertà dei privati di dedicarsi alla produzione e alla distribuzione di quanto necessario per il soddisfacimento dei bisogni materiali della collettività libertà di coesistenza di una pluralità di operatori economici e la libertà di competizione economica, indirizzata, controllata e coordinata dagli interventi dei pubblici poteri nella vita economica. Il fenomeno imprenditoriale è quindi l’asse portante dello sviluppo economico, obiettivo perseguito dal nostro ordinamento attraverso una normativa che riguarda sia i singoli rapporti economici ( disciplina dei singoli atti di autonomia privata a contenuto patrimoniale. Celerità e sicurezza alla circolazione dei beni e tutela del credito) sia l’attività di impresa (statuto professionale Diritto commerciale: sezione del diritto privato che disciplina l’attività e gli atti dell’impresa. Caratteri fondamentali qualificanti: Specialità delle norme: diverse da quelle valevoli per la generalità dei consociati e fondate su propri ed unitari principi ispiratori Uniformità internazionale: liberalizzazione dei rapporti commerciali internazionali. Supera le barriere nazionali e tende all’integrazione: esigenze di uniformità e armonizzazione internazionale. Diritto in continua evoluzione: segue le esigenze economiche e del mercato che impongono continui cambiamenti. In Italia , fino al 1942 - anno in cui venne promulgato il Codice civile - era in vigore una "duplicazione dei codici" (il previgente Codice Civile risaliva al 1865 , il Codice di Commercio al 1882 ). La scelta di unificare il diritto privato e di far confluire la materia commerciale nel codice civile , compiuta dal legislatore del 1942, comportò la cosiddetta commercializzazione del diritto privato . Fino ad allora, le obbligazioni erano diversamente regolate a seconda dell'ambito (civile o commerciale) in cui potevano iscriversi. Con l'unificazione dei codici, quella che era la specifica disciplina delle obbligazioni commerciali venne così applicata generalmente anche alle obbligazioni "civili", ossia a quelle non contratte nell'esercizio dell'impresa. Nonostante l'unificazione dei codici, la materia non ha perso la propria autonomia scientifica e didattica. SEZIONE PRIMA: L’IMPRENDITORE 1. Il sistema legislativo. Imprenditore e imprenditore commerciale. L’imprenditore Art. 2082 c.c.: è imprenditore colui che esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi.

DIRITTO COMMERCIALE impresa, società, titoli di credito e procedure concorsuali

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DIRITTO COMMERCIALE

Introduzione:Costituzione Italiana artt. 41 e 42. Si riconosce la PROPRIETA’ PRIVATA E LA LIBERA INIZIATIVA ECONOMICA.

Si riconosce dunque un modello di sviluppo economico basato sull’economia di mercato che presuppone: tendenziale libertà dei privati di dedicarsi alla produzione e alla distribuzione di quanto necessario per il

soddisfacimento dei bisogni materiali della collettività libertà di coesistenza di una pluralità di operatori economici e la libertà di competizione economica, indirizzata,

controllata e coordinata dagli interventi dei pubblici poteri nella vita economica.Il fenomeno imprenditoriale è quindi l’asse portante dello sviluppo economico, obiettivo perseguito dal nostro ordinamento attraverso una normativa che riguarda sia i singoli rapporti economici ( disciplina dei singoli atti di autonomia privata a contenuto patrimoniale. Celerità e sicurezza alla circolazione dei beni e tutela del credito) sia l’attività di impresa (statuto professionale Diritto commerciale: sezione del diritto privato che disciplina l’attività e gli atti dell’impresa.

Caratteri fondamentali qualificanti: Specialità delle norme: diverse da quelle valevoli per la generalità dei consociati e fondate su propri ed unitari

principi ispiratori Uniformità internazionale: liberalizzazione dei rapporti commerciali internazionali. Supera le barriere nazionali e

tende all’integrazione: esigenze di uniformità e armonizzazione internazionale. Diritto in continua evoluzione: segue le esigenze economiche e del mercato che impongono continui

cambiamenti.In Italia, fino al 1942 - anno in cui venne promulgato il Codice civile - era in vigore una "duplicazione dei codici" (il previgente Codice Civile risaliva al 1865, il Codice di Commercio al 1882).La scelta di unificare il diritto privato e di far confluire la materia commerciale nel codice civile, compiuta dal legislatore del 1942, comportò la cosiddetta commercializzazione del diritto privato. Fino ad allora, le obbligazioni erano diversamente regolate a seconda dell'ambito (civile o commerciale) in cui potevano iscriversi. Con l'unificazione dei codici, quella che era la specifica disciplina delle obbligazioni commerciali venne così applicata generalmente anche alle obbligazioni "civili", ossia a quelle non contratte nell'esercizio dell'impresa. Nonostante l'unificazione dei codici, la materia non ha perso la propria autonomia scientifica e didattica.

SEZIONE PRIMA: L’IMPRENDITORE 1. Il sistema legislativo. Imprenditore e imprenditore commerciale. L’imprenditore Art. 2082 c.c.: è imprenditore colui che esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi.TIPOLOGIA delle IMPRESE che distinguono gli imprenditori: divise secondo tre criteri di selezioneA. oggetto dell’impresa (diff. Tra imprenditore agricolo, art. 2135, e imprenditore commerciale, art. 2195)B. dimensione dell’impresa ( piccolo imprenditore, art. 2083, imprenditore medio-grande)C. natura del soggetto che esercita l’impresa ( impresa individuale, società, impresa pubblica).Tutto ciò viene regolato da:1) statuto generale dell’imprenditore (disciplina dell’azienda, segni distintivi, concorrenza e consorzi, disposizioni

speciali in tema di contratti)2) statuto dell’imprenditore commerciale non piccolo (integrativo del precedente, l’iscrizione nel registro delle

imprese con effetti di pubblicità legale, la rappresentanza commerciale, le scritture contabili, il fallimento e le procedure concorsuali.)

Nel sistema del c.c. la qualifica di imprenditore agricolo e piccolo imprenditore ha rilievo solo al fine di delimitare l’ambito di applicazione dello statuto dell’imprenditore commerciale. Infatti, imprenditore agricolo e piccolo imprenditore (anche commerciale) sono esonerati dalla tenute delle scritture contabili, dall’assoggettamento alle procedure concorsuali, mentre è stato esteso ad essi l’obbligo dell’iscrizione nel registro delle imprese.

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In conclusione : lo statuto dell’imprenditore commerciale è statuto proprio dell’imprenditore privato commerciale non piccolo.

1. La nozione generale di imprenditore.NOZIONE DI IMPRENDITORE. L’art.2082 del Codice Civile afferma che “è imprenditore chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi.”Requisiti essenziali dell’imprenditore:

E. L’attività produttivaL’impresa è attività (serie di atti coordinati) finalizzata alla produzione o allo scambio di beni o servizi. attività produttiva di nuova ricchezza. E’ considerata tale anche l’attività di scambio diretta a incrementare l’utilità dei beni spostandoli nel tempo o nello spazio, ed è irrilevante la natura dei beni o servizi prodotti o scambiati ed il tipo di bisogno che essi sono destinati a soddisfare. Non è impresa, invece, l’attività di mero godimento, ma non vi è incompatibilità tra attività di godimento e impresa in quanto la stessa attività può costituire nel contempo godimento di beni preesistenti e produzione di nuovi beni o servizi. Così, costituisce impresa il proprietario di un immobile che lo adibisce a pensione, ma sono considerabili attività produttive anche quelle svolte dalle società di investimento, da quelle finanziarie.

F. L’organizzazioneNon è concepibile attività d’impresa senza l’impiego coordinato da parte dell’imprenditore di fattori produttivi (capitale e lavoro) propri e/o altrui, per un fine produttivo. Non ha comunque importanza il tipo di apparato strumentale di cui l’imprenditore si avvale(utilizzare mezzi mobili, immobili o finanziari) e che può variamente atteggiarsi a seconda del tipo di attività e delle scelte organizzative dell’imprenditore.

- Impresa e lavoro autonomoUn minimo di organizzazione di lavoro altrui o di capitale è pur sempre necessaria per aversi impresa sia pure piccola. In mancanza sia avrà semplice lavoro autonomo non imprenditoriale. In mancanza di un coefficiente minimo di “eteroorganizzazione” deve negarsi l’esistenza di impresa, sia pure piccola.Es. lustrascarpe, investitore del proprio risparmio…

G. Economicità dell’attivitàL’impresa è “attività economica”. L’attività produttiva può dirsi condotta con metodo economico quando è tesa al procacciamento di entrate remunerative dei fattori produttivi. Deve essere esercitata con modalità che consentano almeno la copertura dei costi sostenuti con i ricavi conseguiti.

H. La professionalitàCi si riferisce al requisito oggettivo dell’attività, che va accertato in base ad indici esteriori ed oggettivi, e non al soggetto. Professionalità significa esercizio abituale e non occasionale (può essere stagionale, come nel caso degli alberghi) di una data attività produttiva. E’ possibile anche il contemporaneo esercizio di più attività di impresa da parte dello stesso soggetto(pluralità di impresa) ,ma impresa si può comunque avere anche quando si opera per il compimento di un “unico affare”, sempre che ciò implichi il compimento di operazioni molteplici e complesse e l’utilizzo di un apparato produttivo idoneo ad escludere il carattere occasionale e non coordinato dei singoli atti economici(è imprenditore il costruttore di un singolo edificio per vendere i singoli appartamenti).

Sussistono altri requisiti non direttamente menzionati ma comunque di rilevante importanza:1. Scopo di lucro2. La destinazione al mercato di beni e servizi prodotti3. La liceità dell’attività svolta.

A. Attività d’impresa e scopo di lucroNon c’è dubbio sul fatto che lo scopo che normalmente anima l’imprenditore è la realizzazione del profitto e del massimo profitto consentito dal mercato. Ma ci si chiede se lo scopo di lucro sia necessario e, quindi, si debba negare la qualità di imprenditore e l’applicabilità della relativa disciplina quando ricorrano tutti i requisiti dell’art. 2082 ma manchi lo scopo di lucro.

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La risposta è negativa quando lo scopo lucrativo si intende come movente psicologico dell’imprenditore, c.d. lucro soggettivo. Lo scopo di lucro soggettivo non può ritenersi essenziale perché l’applicazione della disciplina dell’impresa, volta a tutelare i terzi, deve basarsi su dati esteriori ed oggettivi. Essenziale è solo che l’attività venga svolta secondo modalità oggettive astrattamente lucrative, (lucro oggettivo). Irrilevante è sia la circostanza che un profitto venga poi realmente conseguito, sia il fatto che l’imprenditore devolva integralmente a fini altruistici il profitto conseguito. È sufficiente che l’attività venga svolta secondo modalità oggettive tendenti al pareggio fra costi e ricavi (metodo economico) e non anche che le modalità di gestione tendano alla realizzazione di ricavi eccedenti i costi (metodo lucrativo).La nozione di imprenditore è unitaria, comprensiva sia dell’impresa privata sia dell’impresa pubblica, art. 2093. Ciò implica che requisito essenziale può essere considerato solo ciò che è comune a tutte le imprese e a tutti gli imprenditori. L’impresa pubblica è tenuta ad operare secondo criteri di economicità, ma non è preordinata alla realizzazione di un profitto.Le società, invece, sono tenute ad operare con metodo lucrativo e nel duplice senso che l’attività di impresa deve essere rivolta al conseguimento di utili, lucro oggettivo, e che l’utile deve essere devoluto ai soci, lucro soggettivo.Nel caso particolare delle società cooperative, essendo caratterizzata dallo scopo mutualistico, si deve considerare pienamente rispondente alla legge e alla Costituzione una gestione dell’impresa mutualistica fondata su criteri di pura economicità e non tesa alla realizzazione di profitti. La recente disciplina delle imprese sociali, introdotta dal d.lgs. n. 155/2006, art. 3, vieta a questo tipo di impresa di distribuire utili in qualsiasi forma ai soci, amministratori, partecipanti, lavoratori o collaboratori. Nel contempo, però, si richiede che esse svolgano un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi, art. 1.

In conclusione : requisito minimo essenziale dell’attività di impresa è l’economicità della gestione e non lo scopo di lucro. La qualità di imprenditore deve essere riconosciuta sia alla persona fisica sia agli enti di diritto privato (associazioni e fondazioni) con scopo ideale o altruistico.

Lo scopo di lucro è essenziale per l’attività di impresa? Distinguiamo lo scopo di lucro in:1. soggettivo (movente psicologico dell’imprenditore). In questo caso no.. perchè non si può condizionare lo

status di imprenditore a elementi strettamente soggettivi.2. Oggettivo (dati esteriori ed oggettivi). Comunque no.. essenziale è solo che l’attività venga svolta secondo

modalità oggettive astrattamente lucrative, cioè volte a massimizzare i ricavi. Ad esempio le cooperative, che hanno scopo mutualistico, devono comunque essere considerate imprese.

Il REQUISITO MINIMO ESSENZIALE dell’attività di impresa è l’economicità della gestione e non lo scopo di lucro.

B. Il problema dell’impresa per conto proprioLe imprese operano di regola per il mercato, cioè destinano allo scambio i beni o servizi prodotti. Ma l’art. 2082 non richiede la destinazione al mercato della produzione, quindi è imprenditore anche l’imprenditore per conto proprio.Ma una parte della dottrina è contraria vista la concezione economica dell’imprenditore come soggetto che svolge funzione intermediaria fra proprietari dei fattori produttivi e consumatori. Ciò induce a ritenere che la destinazione allo scambio della produzione è implicitamente richiesta dal carattere professionale dell’attività di impresa ovvero dalla natura economica della stessa o quanto meno dalla funzione di tutela dei terzi della disciplina dell’impresa. Funzione di tutela che non avrebbe senso quando un soggetto risolve la propria attività produttiva in se stesso senza entrare in contatto con i terzi.

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In conclusione : l’impresa per conto proprio non è impresa, in quanto per l’acquisto della qualità di imprenditore basta una destinazione parziale o potenziale della produzione al mercato.Vi sono alcune ipotesi in cui non si può parlare di imprese per conto proprio. Non è impresa per conto proprio:

1. la società cooperativa che produce esclusivamente per i propri soci. La società cooperativa è soggetto di diritto distinto dai suoi soci ed i soci fruiscono dei beni prodotti dalla società in base a rapporti di scambio con la cooperativa;

a. l’azienda costituita dallo Stato o da altri enti pubblici per la produzione di beni o servizi da fornire dietro corrispettivo.

Possono, invece, considerarsi imprese per conto proprio: 1. la coltivazione del fondo finalizzata al soddisfacimento dei bisogni dell’agricoltore e della sua famiglia;

2. la costruzione in economia, cioè la costruzione di appartamenti non destinati alla rivendita.Il caso del coltivatore del fondo ci dimostra che non vi è incompatibilità fra impresa per conto proprio ed economicità, dato che l’attività produttiva può considerarsi svolta con metodo economico anche quando i costi sono coperti da un risparmio di spesa o da un incremento del patrimonio del produttore. Inoltre, le esigenze di tutela dei terzi possono ricorrere anche rispetto all’impresa per conto proprio. Quindi, l’applicazione della disciplina dell’impresa non si può far dipendere dalle intenzioni di chi produce, ma deve fondarsi esclusivamente sui caratteri oggettivi fissati dall’art. 2082. Caratteri che possono ricorrere tutti anche quando i beni prodotti vengono in fatto consumati o utilizzati dallo stesso produttore. Il costruttore in economia deve perciò essere qualificato come imprenditore commerciale, così come il coltivatore del fondo

Nonostante opinioni contrarie, si ritiene che un soggetto che soddisfa i requisiti essenziali, produce beni utilizzandoli per sé, senza metterli sul mercato, è comunque considerabile imprenditore. Ad esempio, sono tipiche imprese per conto proprio: a) la coltivazione del fondo finalizzata al soddisfacimento dei bisogni dell’agricoltore e della sua famiglia, b) la costruzione di appartamenti non destinati alla rivendita (costruzioni in economia). Esse dimostrano che non vi è incompatibilità tra impresa per conto proprio ed economicità, dato che l’attività produttiva può considerarsi svolta con metodo economico anche quando i costi sono coperti da un risparmio di spesa o da un incremento del patrimonio del produttore.

C. Il problema dell’impresa illecita.Punto controverso è se la qualifica di imprenditore debba essere riconosciuta anche all’attività illecita, cioè contraria a norme imperative ( norme che subordinano l’accesso all’attività a concessione, autorizzazione o licenza, detta impresa illegale), all’ordine pubblico o al buon costume.Un attività di impresa illecita può dar luogo al compimento di una serie di atti leciti e validi. Infatti, l’illiceità del risultato globalmente perseguito dall’imprenditore non comporta di per sé l’illiceità della causa o dell’oggetto, art. 1418, dei singoli atti di impresa.I terzi creditori meritevoli di tutela possono esistere anche quando l’attività di impresa è illecita, quindi chi esercita attività commerciale illecita è esposto al fallimento.Nel caso di impresa illegale, l’illecito non impedisce l’acquisto della qualità di imprenditore con pienezza di effetti, ferme restando le conseguenti sanzioni amministrative e penali. Il titolare dell’impresa illegale è esposto al fallimento.Nel caso di impresa immorale, cioè di un’attività che abbia un oggetto illecito (es. traffico di droga), al fine di tutelare i terzi estranei all’illecito, si nega l’esistenza di impresa. Questo, per il timore che il riconoscimento della qualità di imprenditore porti all’applicazione non solo delle norme che tutelano i creditori di un imprenditore commerciale (fallimento), ma anche delle norme che tutelano l’imprenditore

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nei confronti dei terzi ( disciplina dell’azienda, dei segni distintivi, della concorrenza sleale). In questi casi deve applicarsi il principio secondo cui da un comportamento illecito non possono mai derivare effetti favorevoli per l’autore dell’illecito o per chi ne è stato parte. In conclusione : chi esercita attività commerciale illecita è imprenditore ed in quanto tale potrà fallire. Non potrà però avanzare le pretese del titolare di un’azienda o agire in concorrenza sleale contro altri imprenditori, in applicazione del principio della non invocabilità della qualificazione per la non invocabilità del proprio illecito.La stessa regola vale anche per l’impresa illegale e per l’impresa mafiosa, cioè per quella impresa, che pur avendo un oggetto lecito, è lo strumento per il perseguimento di un disegno criminoso.

Nei casi meno gravi in cui l’illiceità dell’impresa è determinata da violazione di norme imperative che ne subordinano l’esercizio a concessione o autorizzazione amministrativa, come nel caso di commercio senza licenza o banca di fatto (cosiddetta impresa illegale), si applicano tutte le disposizioni riguardanti l’imprenditore, salvo eventuali sanzioni. Nei casi più gravi in cui illecito è l’oggetto stesso dell’attività, come nel caso di contrabbando o fabbricazione di droga, e anche di impresa mafiosa, l’imprenditore soggiace alle norme “negative” riguardante l’imprenditore (principalmente ai fini di tutelare i terzi), ma non può godere delle norme “positive”.

1. Impresa e professioni intellettualiI liberi professionisti non sono mai in quanto tali imprenditori, e ciò si desume dal 1° comma dell’art. 2238, secondo il quale le disposizioni in tema d’impresa si applicano alle professioni intellettuali(liberi professionisti come medici, ingegneri, avvocati, commercialisti, notai) solo se “l’esercizio della professione costituisce elemento di una attività organizzata in forma d’impresa”. I liberi professionisti diventano imprenditori solo se ed in quanto la professione intellettuale è esplicata nell’ambito di altra attività di per sé qualificabile come impresa (medico che gestisce clinica privata, artista titolare di teatro). Essi godono comunque di una disciplina legislativa che li privilegia, e per questo si parla di “professioni protette o riservate”, dall’art. 2238 :non essendo sottoposti alla disciplina dell’imprenditore commerciale non sono soggetti nemmeno al fallimento, esame ed iscrizione all’albo per assicurare il carattere personale nel rapporto tra professionista intellettuale e cliente.

CAPITOLO 2: LE CATEGORIE DI IMPRENDITORI

PRIMA DISTINZIONE. In base all’oggetto dell’attività, è possibile distinguere:

1. imprenditore commerciale : si applicano le norme relative al registro dell’impresa (con effetto di pubblicità legale), sulla redazione delle scritture contabili, sulla rappresentanza e sull’assoggettamento al fallimento e alle altre procedure concorsuali.

2. imprenditore agricolo : ha valore essenzialmente negativo. Ha la funzione di restringere l’ambito di applicazione della disciplina dell’imprenditore commerciale. Si applica la disciplina relativa all’imprenditore in generale, con esonero per la redazione delle scritture contabili art 2214, per l’assoggettamento alle procedure concorsuali art. 2221 e. con iscrizione nel registro con solo effetto di pubblicità notizia. Esso gode dunque di un trattamento di favorea. Imprenditore agricolo. Art. 2135: “E’ imprenditore agricolo chi esercita un’attività diretta alla

coltivazione del fondo, alla silvicoltura, all’allevamento del bestiame e attività connesse”.

Le attività agricole vengono distinti in due categorie:a. attività agricole essenziali;

1. attività agricole connesse.Questa distinzione è stata mantenuta anche dalla nuova nozione di imprenditore agricolo. L’art. 1 del d.lgs n. 228/2001 ridefinisce la nozione di imprenditore agricolo, sostituendo l’art. 2135 del c.c. : "E' imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse.Per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla

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cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine.Si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge".

2. Si considerano imprenditori agricoli le cooperative di imprenditori agricoli ed i loro consorzi quando utilizzano per lo svolgimento delle attività di cui all'articolo 2135 del codice civile, come sostituito dal comma 1 del presente articolo, prevalentemente prodotti dei soci, ovvero forniscono prevalentemente ai soci beni e servizi diretti alla cura ed allo sviluppo del ciclo biologico”.

1. Attività agricole essenziali. Coltivazione del fondo, silvicoltura ed allevamento del bestiame sono attività tipicamente e tradizionalmente agricole, ma che negli ultimi decenni hanno subito profonde trasformazioni, a causa del progresso tecnologico che ha coinvolto anche l’agricoltura e che l’ha trasformata in un’agricoltura industrializzata. Oggi, l’attività agricola può dar luogo ad investimenti ingenti di capitali e ciò può far dubitare sulla correttezza della loro disciplina. Che l’imprenditore agricolo sia sempre e comunque esonerato dalla disciplina dell’imprenditore commerciale è una scelta legislativa che dà luogo a molti contrasti. È necessario infatti stabilire fino a che punto l’evoluzione tecnologica dell’agricoltura sia compatibile con la qualificazione agricola dell’impresa agli effetti del c.c.Vi era, infatti, chi riteneva che impresa agricola fosse ogni impresa che produce specie vegetali o animali, cioè ogni forma di produzione fondata sullo svolgimento di un ciclo biologico naturale. Poi, vi era chi riteneva che doveva essere dato rilievo anche al modo di produzione tipico dell’agricoltore e, quindi, che doveva essere qualificato imprenditore commerciale chi produce specie animali o vegetali in modo del tutto svincolato dal fondo agricolo o dallo sfruttamento della terra (coltivazioni artificiali e allevamenti in batteria). La recente riforma ha però optato per la prima impostazione, al fine di contrastare l’abbandono dalle campagne e di favorire lo sviluppo tecnologico dell’agricoltura, ma che non giustifica la sottrazione al fallimento dell’imprenditore agricolo medio - grande. L’attuale nozione di imprenditore agricolo, dopo aver elencato le attività svolte dall’imprenditore agricolo, specifica che: “Per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine”. In base a questa nuova nozione si deve perciò ritenere che la produzione di specie vegetali o animali è sempre qualificabile giuridicamente come attività agricola essenziale, anche se realizzata con metodi che prescindono del tutto dallo sfruttamento della terra e dei suoi prodotti.Quindi si possono far rientrare nella nozione di coltivazione del fondo: l’orticoltura, le coltivazioni in serra e vivai e la floricoltura. Sono coltivazioni anche le coltivazioni fuori terra di ortaggi e frutta. Quanto alla selvicoltura, è l’attività di cura del bosco per ricavarne i relativi prodotti. Non costituisce perciò attività agricola l’estrazione di legname disgiunta dalla coltivazione del bosco.

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Nell’allevamento di animali, il criterio del ciclo biologico, porta a riconoscere come attività agricola essenziale anche la zootecnia svolta fuori dal fondo o utilizzando il fondo per allevamenti in batteria, oppure allevamenti in cui gli animali sono alimentati con mangimi naturali non ottenuti dal fondo. Rimane attività commerciale l’acquisto di animali all’ingrosso per rivenderli.Per allevamento di animali deve intendersi sia l’allevamento diretto ad ottenere prodotti tipicamente agricoli (carne, latte, lana), sia l’allevamento di cavalli da corsa o animali da pelliccia, l’ allevamento dei cani (attività cineteca) e l’allevamento di gatti. La sostituzione nella nuova nozione del termine “bestiame” col termine “animali”, qualifica come impresa agricola anche l’allevamento di animali da cortile e l’apicoltura.È attività agricola anche l’ acquacoltura (pesci e mitili).All’imprenditore agricolo (essenziale) è equiparato l’imprenditore ittico, cioè l’imprenditore che esercita l’attività professionale diretta alla cattura o alla raccolta di organismi acquatici in ambienti marini, salmastri o dolci, nonché attività connesse.

La coltivazione del fondo, la silvicoltura e l’allevamento del bestiame vengono dunque classificate attività essenziali affinché un soggetto venga considerato imprenditore agricolo. In realtà negli anni che hanno seguito il 1942 (anno di redazione del Codice Civile), il progresso tecnologico ha consentito di ottenere coltivazioni artificiali o fuori terra(funghi,ortaggi), allevamenti in batteria e simili, che poco sembrano compatibili con la qualificazione agricola dell’art. 2135. Inoltre l’imprenditore agricolo soggiace al doppio rischio, ovvero quello normale dell’imprenditore di non coprire i costi con i ricavi e lo specifico rischio ambientale, che tuttavia scompare nelle produzioni artificiali. Nel nuovo art.2135 si qualifica la produzione di specie vegetali e animali come attività agricola essenziale fin quando costituisce forma di sfruttamento del fattore terra, sia pure con l’ausilio delle moderne tecnologie.

2. Attività agricole per connessione . La seconda categoria di attività agricole sono le attività agricole connesse.La vecchia nozione di imprenditore agricolo le individuava:

1. in quelle dirette alla trasformazione o all’alienazione di prodotti agricoli che rientravano nell’esercizio normale dell’agricoltura;

1. in tutte le altre attività esercitate in connessione con la coltivazione del fondo, la silvicoltura e l’allevamento del bestiame (es. agriturismo, trebbiatura, motoaratura per conto terzi).

La nuova nozione intende per attività connesse: le attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e

valorizzazione di prodotti ottenuti prevalentemente da un’attività agricola essenziale;1. le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o

risorse normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, comprese quelle di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale e le attività agrituristiche.

Entrambe sono, oggettivamente, attività commerciali, ma sono considerate per legge attività agricole quando sono esercitate in connessione con una delle attività agricole essenziali. È importante precisare quando un’attività intrinsecamente commerciale possa qualificarsi come agricola per connessione. Ci sono due condizioni necessarie:

1. è necessario che il soggetto che la esercita sia già qualificabile imprenditore agricolo in quanto svolge in forma di impresa una delle tre attività agricole tipiche e sia un’attività coerente con quella connessa, connessione soggettiva.

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È imprenditore commerciale chi trasforma o commercializza prodotti agricoli altrui o il viticultore che produce formaggi (quindi un prodotto fuori dal proprio campo). Mentre è imprenditore agricolo il viticoltore che produce vino. La qualifica di imprenditore agricolo è estesa anche alle cooperative di imprenditori agricoli ed ai loro consorzi, quando utilizzano prevalentemente prodotti dei soci, ovvero forniscono prevalentemente ai soci beni o servizi diretti alla cura o allo sviluppo del ciclo biologico.

1. È necessario che vi sia una connessione oggettiva fra le due attività. Non si richiede più che le attività di trasformazione e alienazione dei prodotti agricoli rientrino nell’esercizio normale dell’agricoltura, né che le attività connesse diverse da queste abbiano carattere accessorio. Entrambi questi criteri sono stati sostituiti dal criterio della prevalenza. Necessario e sufficiente è solo che si tratti di attività aventi ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dall’esercizio dell’attività agricola essenziale, ovvero di beni o servizi forniti mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda agricola. In breve: è sufficiente che le attività connesse non prevalgano, per rilievo economico, sull’attività agricola essenziale. È del tutto irrilevante che una determinata attività di trasformazione o di commercializzazione sia normale per gli agricoltori in relazione alle dimensioni dell’impresa, alla località ed al tempo in cui l’impresa opera e ai mezzi di cui si avvale.

Tali attività sono attività commerciali che, quando esercitate in connessione con le attività essenziali, vengono considerate per legge attività agricole, ovvero :a) quelle “dirette alla trasformazione o all’alienazione di prodotti agricoli, quando rientrano nell’esercizio normale dell’agricoltura” (attività connesse tipiche); b) tutte le altre attività esercitate in connessione con le attività essenziali(agriturismo) (attività connesse atipiche). Affinché tali attività vengano considerate connesse, devono sussistere contemporaneamente i requisiti:

A. connessione soggettiva (il soggetto che la esercita sia già qualificabile imprenditore agricolo in quanto svolge in forma di impresa una delle tre attività agricole tipiche(coltivazione, silvicoltura allevamento) e inoltre attività coerente con quella connessa, ad esempio non è imprenditore agricolo il viticoltore che produce formaggi);

- connessione oggettiva rapporto oggettivo tra attività connessa ed essenziale. PREVALENZA: necessario e sufficiente è infatti solo che si tratti di attività aventi ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dall’esercizio dell’attività agricola essenziale. Le attività connesse non devono prevalere, per rilievo economico, su quelle dell’attività agricola essenziale.

b. Imprenditore commerciale. L’art. 2195 afferma che è imprenditore commerciale chi esercita una o più delle seguenti categorie di attività:

A) Attività industriale diretta alla produzione di beni o servizi;(auto,tessuti..)B) Attività intermediaria nella circolazione dei beni;(commercio)C) Attività di trasporto per terra, per acqua o per aria;D) Attività bancaria e assicurativa;E) Altre attività ausiliarie alle precedenti.(imprese di spedizione, pubblicità,deposito)Sono Commerciali tutte le imprese non agricole!Le attività degli ultimi tre punti, costituiscono specificazione delle prime due categorie ed in queste possono essere ricomprese in quanto hanno per oggetto o la produzione di servizi o l’intermediazione nella circolazione. Perciò, gli elementi che individuano e distinguono l’impresa commerciale rispetto all’impresa agricola sono tutti racchiusi nel carattere industriale dell’attività di produzione dei beni o servizi o nel carattere intermediario dell’attività di scambio

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SECONDA DISTINZIONEIn base alla dimensione dell’impresa, si differenziano:

3. piccolo imprenditore: è sottoposto allo statuto generale dell’imprenditore ma, anche se esercita attività commerciale, è esonerato dalla tenuta delle scritture contabili e dall’assoggettamento al fallimento e alle altre procedure concorsuali, mentre l’iscrizione nel registro delle imprese ha solo funzione di pubblicità notizia. Egli gode quindi di legislazione di favore, considerando anche altre norme speciali.

4. imprenditore non piccolo (non definito dalla legge):medio-grande.-Piccolo imprenditore. Art. 2083: “Sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un’attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia”.Il piccolo imprenditore è sottoposto allo statuto generale dell’imprenditore, invece, è esonerato, anche se esercita attività commerciale, dalla tenuta delle scritture contabili, art. 2214, 3° comma, e, dall’assoggettamento al fallimento e alle altre procedure concorsuali, art. 2221 e art. 1 legge fallimentare. Inoltre, mentre l’iscrizione era originariamente esclusa, art. 2202, ora ha funzione di pubblicità notizia, art. 8 legge n. 580 /1993.Anche la nozione di piccolo imprenditore ha, nel codice civile, un rilievo essenzialmente negativo, ossia serve a restringere il campo di applicazione dello statuto dell’ imprenditore commerciale. legislazione speciale, ispirata dalla finalità di favorirne la sopravvivenza e lo sviluppo attraverso agevolazioni finanziarie, lavoristiche e tributarie.Il carattere distintivo di tutti i piccolo imprenditore:

3. Prevalenza sul lavoro altrui e sul capitale: per aversi piccola impresa è perciò necessario che: o l’imprenditore presti il proprio lavoro nell’impresa (es. il fruttivendolo = piccolo imprenditore)o il suo lavoro e quello degli eventuali familiari che collaborano nell’impresa prevalgano sia rispetto al

lavoro altrui (es. dipendenti) sia rispetto al capitale (proprio o altrui) investito nell’impresa. (es. il gioielliere potrebbe essere imprenditore rilevanza del capitale).

4. Prevalenza funzionale: La prevalenza del lavoro familiare sugli altri fattori produttivi, a sua volta, deve correttamente intendersi in senso qualitativo- funzionale ovvero l’apporto personale deve incidere sui prodotti.

Legge fallimentare Una legge fallimentare aveva introdotto ulteriori requisiti per il piccolo imprenditore, ma è stata implicitamente abrogata,qualificava i piccoli imprenditori in base a parametri monetari,in contrasto con il codice civile.Parte di tale legge rimane comunque in vigore e assumono importanza i requisiti per non essere soggetti al fallimento:-aver avuto nei 3 esercizi antecedenti alla richiesta di fallimento chi ha avuto un attivo patrimoniale annuo non inferiore a 300'000 euro;- aver avuto nei 3 esercizi antecedenti ricavi lordi annuali non superiore a 200'000 euro;-avere debiti non superiore a 500'000 euro.A differenza del passato anche le società commerciali possono essere esonerate dal fallimento se rispettano i 2 limiti dimensionali sopra indicati.

Impresa artigiana. Fra i piccoli imprenditori rientra anche l’impresa artigiana. La legge 860 del 1956 la definiva con una serie di criteri al fine di individuare i destinatari di una disciplina di favore sotto il profilo creditizio, lavoristico e tributario,il dato caratterizzante risiedeva nella natura artistica o usuale dei beni e servizi prodotti e non più nella prevalenza del lavoro familiare. La nuova legge quadro per l’artigianato n. 443 del 1985 definisce l’impresa artigiana, sulla base: a) dell’oggetto dell’impresa, che può essere costituito da qualsiasi attività di produzione dei beni, anche semilavorati, o di prestazioni di servizi; b) del ruolo dell’artigiano nell’impresa, richiedendosi che esso svolga “in misura prevalente il proprio lavoro, anche manuale, nel processo produttivo”, ma non (attenzione!) che il suo lavoro prevalga sugli altri fattori produttivi; c) limite del numero di dipendenti che viene aumentato.

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Continuano ad essere imposti limiti per quanto riguarda i dipendenti, ma il numero massimo è più elevato rispetto alla legge del 1956. Ma, è riaffermato il principio che il personale dipendente deve essere personalmente diretto dall’artigiano ed è stabilito che l’imprenditore artigiano può essere titolare di una sola impresa artigiana, art. 3, 5° comma.La legge del 1985 riafferma altresì la qualifica artigiana delle imprese costituite in forma di società cooperativa o in nome collettivo, a condizione che la maggioranza dei soci, svolga in prevalenza lavoro personale, anche manuale, nel processo produttivo e che nell’impresa il lavoro abbia funzione preminente sul capitale, art. 3, 2° comma.Inoltre, la qualifica di impresa artigiana è stata successivamente estesa, dapprima alla società a responsabilità limitata unipersonale ed alla società in accomandita semplice, purché il socio unico o tutti i soci accomandatari siano in possesso dei requisiti previsti per l’imprenditore artigiano e non siano nel contempo socio unico di un’altra s.r.l. o socio di un’altra s.a.s. (art. 3, 3° comma, legge n. 133/1997) e, recentemente, anche alla s.r.l. pluripersonale a condizione che la maggioranza dei soci svolga in prevalenza lavoro personale, anche manuale, nel processo produttivo e detenga la maggioranza del capitale sociale e degli organi deliberanti della società, art. 5, 3° comma, legge n. 57/2001.La categoria delle imprese artigiane risulta quindi notevolmente ampliata rispetto alla legge precedente. È scomparso ogni riferimento alla natura artistica o usuale dei beni o servizi prodotti e si qualificano artigiane anche le imprese di costruzioni edili. Inoltre, l’elevazione del numero dei dipendenti consente di conservare la qualifica artigiana anche raggiungendo le dimensioni di una piccola industria di qualità. L’impresa artigiana si caratterizza anche per il rilievo del lavoro personale dell’imprenditore nel processo produttivo e per la funzione preminente del lavoro sul capitale investito, ma da nessuna norma della legge speciale è invece consentito desumere che debba necessariamente ricorrere anche la prevalenza del lavoro proprio e dei componenti della famiglia sul lavoro altrui e sul capitale investito. Lo scopo della legge quadro era quello di fissare i principi direttivi che dovrebbero essere osservati dalle regioni nell’emanazione dei provvedimenti a favore dell’artigianato, art. 1, 2° comma.Il riconoscimento della qualifica artigiana in base alla legge quadro non basta per sottrarre l’artigiano allo statuto dell’imprenditore commerciale. È necessario altresì che sia rispettato il criterio della prevalenza fissato dall’art. 2083, ed i limiti dimensionali fissati dall’art. 1, 2° comma, legge fallimentare. In mancanza, l’imprenditore sarà artigiano ai fini delle provvidenze regionali, ma dovrà qualificarsi imprenditore commerciale non piccolo ai fini civilistici e/o del diritto fallimentare, quindi potrà fallire. Non costituisce ostacolo alla dichiarazione di fallimento il riconosciuto carattere costitutivo dell’iscrizione nell’albo delle imprese artigiane, art. 5, dato che l’iscrizione non preclude all’autorità giudiziaria di accertare se effettivamente sussistano i presupposti per il riconoscimento della qualifica di piccolo imprenditore. Secondo la giurisprudenza, l’imprenditore artigiano è soggetto a fallimento quando per l’organizzazione e l’espansione della sua azienda, egli abbia industrializzato la produzione, conferendo al suo guadagno, di regola modesto, i caratteri del profitto. Anche l’esonero delle società artigiane al fallimento si deve ritenere cessato. Oggi infatti, non è più possibile sostenere che la legislazione speciale in tema di artigianato configura deroga ai principi fissati dalla legge fallimentare. E ciò per due motivi 1)perché la legge del 1985 opera solo ai fini della normativa di agevolazione 2)perché la nuova disciplina fallimentare è univoca nello stabilire che ai fini della dichiarazione di fallimento rileva solo la definizione di piccolo imprenditore che essa stessa detta all’art. 1, 2° comma.Ne consegue che una società artigiana godrà delle provvidenze di cui godono le altre imprese artigiane, ma in caso di dissesto fallirà al pari di ogni altra società che esercita attività commerciale, se supera i limiti dimensionali della piccola impresa.

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Non è sostenibile che le imprese artigiane siano imprese civili e non commerciali per difetto del requisito dell’industrialità. Oggi, come ieri, l’imprenditore artigiano non è che un piccolo industriale e quindi, giuridicamente, rientra nella categoria degli imprenditori commerciali, infatti, alcune delle attività esercitabili dall’impresa artigiana sono espressamente ricomprese nell’elenco delle attività commerciali di cui all’art. 2195 c.c. In conclusione: Al pari di ogni altro imprenditore commerciale, l’imprenditore artigiano individuale e le società artigiane saranno esonerate dal fallimento solo se in concreto ricorrono i presupposti per poter essere qualificati piccoli imprenditori in base all’art. 1, 2° comma, legge fallimentare.

Impresa familiare.È impresa familiare l’impresa nella quale collaborano (anche attraverso il lavoro nella famiglia) il coniuge, i parenti entro il terzo grado (fino ai nipoti) e gli affini entro il secondo grado (fino ai cognati) dell’imprenditore: c.d. famiglia nucleare. L’impresa familiare, che non va confusa con la piccola impresa e che ha avuto largo successo soprattutto per ragioni tributarie, è regolata da ampia disciplina, poiché il legislatore ha voluto predisporre una tutela minima e inderogabile al lavoro familiare nell’impresa infatti ai membri della famiglia nucleare che lavorino in modo continuato nella famiglia o nell’impresa, sono attribuiti determinati diritti patrimoniali e amministrativi.-Tra i diritti patrimoniali, sono riconosciuti:1. diritto al mantenimento, secondo le condizioni patrimoniali della famiglia, anche se non dovuto ad altro titolo;2. diritto di partecipazione agli utili dell’impresa in proporzione alla quantità del lavoro prestato;3. diritto sui beni acquistati con gli utili e sugli incrementi di valore dell’azienda;4. diritto di prelazione sull’azienda in caso di divisione ereditaria o di trasferimento dell’azienda stessa.-Tra i diritti amministrativi, è poi previsto ad esempio che le decisioni in merito alla gestione straordinaria dell’impresa e talune altre decisioni di particolare rilievo “sono adottate a maggioranza dai familiari che partecipano all’impresa stessa”, e che il diritto di partecipazione è trasferibile solo a favore degli altri membri della famiglia nucleare e con il consenso unanime dei familiari già partecipanti. Riguardo alla gestione ordinaria,si deduceche nessun potere spetta invece ai membri, poiché essi rientrano nella competenza esclusiva dell’imprenditore, il quale tuttavia è responsabile in proprio degli atti verso terzi e rimane il proprietario dei beni aziendali.Per la costituzione dell’impresa familiare non è richiesto alcun negozio giuridico.

TERZA DISTINZIONEIn base alla natura del soggetto, si differenziano:

- impresa societaria- impresa pubblica- associazioni e fondazioni- impresa sociale

Impresa societaria (nn auletta)Le società sono le forme associative tipiche previste dall’ordinamento per l’esercizio collettivo di attività di impresa.Le società diverse dalle società semplici(attività non commerciali) si definiscono tradizionalmente società commerciali.

5. Statuto impresa commerciale: parte della disciplina propria dell’imprenditore commerciale si applica alle società

commerciali qualunque sia l’attività svolta. Obbligo di iscrizione nel registro delle imprese, tenuta delle scritture contabili.

Esonero dal fallimento per società commerciali che esercitano attività agricola. Il fallimento della società comporta il fallimento dei singoli soci a responsabilità

illimitata, in s.n.c. e in s.a.s.

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Le società si dividono in 6 categorie:1. Società semplice può esercitare solo attività agricola2. S.n.c. 3. S.a.s. possono esercitare sia attività agricola, sia commerciale. Si parla di società 4. S.p.A. commerciali, per le quali si applicano le norme sull’imprenditore commerciale, 5. S.r.l. qualunque sia l’attività svolta. L’eccezione è la disciplina del fallimento,

- Sa.p.a. che non si applica alle società commerciali che svolgono attività agricola

Impresa pubblica.(SI auletta) L’attività di impresa può essere anche svolta dallo Stato e dagli altri enti pubblici. Vi sono tre forme di intervento possibili per lo Stato:

1) imprese-organo (aziende municipalizzate per acqua gas..)– vivono in organismi amministrativi a tutti gli effetti: lo Stato o altro ente pubblico territoriale (regioni, province, comuni) possono svolgere direttamente attività di impresa avvalendosi di proprie strutture organizzative, prive di distinta soggettività. L’attività di impresa è per definizione secondaria ed accessoria rispetto ai fini istituzionali dell’ente pubblico.

2) Enti pubblici economici – applicazione disciplina statuto imprenditore commerciale, escluso fallimento e disciplina speciale per gestione crisi aziendale: La pubblica amministrazione può dar vita ad enti di diritto pubblico il cui compito istituzionale esclusivo o principale è l’esercizio di attività di impresa commerciale. (es. enel, fs, …) Questo settore ha trovato due fasi successive in cui si è articolato il processo di privatizzazione: una formale, trasferimento in società di diritto privato (spa) in cui lo Stato è unico azionista, ed una seconda sostanziale con il collocamento delle azioni (sottoscrizione dei privati).

3) Società a partecipazione pubblica – disciplina imprese commerciali: Lo Stato svolge attività di impresa servendosi di strutture di diritto privato attraverso la costituzione di società generalmente per azioni.

Si ritiene che le imprese accessorie di cui al punto a), nonostante diverse opinioni, non siano soggette alle norme riguardanti l’imprenditore commerciali, mentre le imprese che costituiscono attività principale soggiacciono a tutte le norme riguardanti l’imprenditore commerciale, con l’esclusione del fallimento. Gli enti pubblici economici infatti non possono fallire e sono esonerati da procedure concorsuali minori.

Attività commerciale delle associazioni e delle fondazioni.(no AULETTA) Tutti gli enti privati con fini ideali e altruistici possono svolgere attività commerciale, che può anche costituire attività esclusiva o principale, qualificabile come attività d’impresa. Tali enti acquistano sicuramente la qualità di imprenditori commerciali con pienezza di effetti anche se l’attività commerciale ha carattere accessorio o secondario. Anche tali enti saranno quindi esposti al fallimento.

Impresa sociale(no AULETTA)D.lgs. 2006 n.155:”Possono acquisire la qualifica di impresa sociale tutte le organizzazioni private che esercitano in via stabile e principale un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni e servizi di utilità sociale”(assistenza sociale e sanitaria,educazione,istrizone,tutela ambiente…). Elemento caratterizzante è l’ ASSENZA DELLO SCOPO DI LUCRO.SOGGETTI :Le imprese sociali devono comunque mantenere finalità di interesse generale che vengono favorite dal legislatore sul piano civilistico con la possibilità di potersi organizzare in qualsiasi forma di organizzazione privata e con qualsiasi tipo societario con la possibilità di formare anche un gruppo.

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RESPONSABILITA’ PATRIMONIALE: Le imprese sociali godono del privilegio di poter limitare alcuni aspetti delle responsabilità patrimoniali dei partecipanti anche quando per la forma societaria utilizzata prevarrebbe la responsabilità personale e illimitata di questi soggetti (società in nome collettivo).

- se l'impresa sociale è dotata di un patrimonio netto di ventimila euro al momento dell'iscrizione nel registro delle imprese risponde delle obbligazioni assunte solo l'organizzazione con il suo patrimonio.

- se il patrimonio diminuisce per delle perdite al di sotto di 1/3 dei ventimila euro, delle obbligazioni rispondono in solido tutti coloro che hanno agito per nome e per conto dell'impresa.

Importante è da ricordare che sul patrimonio di questo tipo di imprese grava un vincolo di indisponibilità in quanto non è mai possibile, nemmeno in caso di scioglimento, distribuire fondi o riserve a vantaggio di coloro che ne fanno parte bensì l'intero patrimonio deve essere devoluto in altre associazioni non lucrative indicate nello statuto.Le imprese sociali sono soggette a regole speciali iscrivendosi in apposita sezione del registro delle imprese,avere scritture contabili e si devono istituire tramite ATTO PUBBLICO comprendente l’ oggetto sociale,la denominazione e le modalità di ammissione e esclusione.L’atto costitutivo prevedere controlli interni da parte di dottori commercialisti e le imprese sono soggette e controlli esterni da parte del Ministero del lavoro che può disporre la perdita della qualifica con ispezioni.

CAPITOLO 3: L’ACQUISTO DELLA QUALITA’ DI IMPRENDITOREL’acquisto della qualità di imprenditore è presupposto per l’applicazione ad un dato soggetto del complesso di norme che l’ordinamento ricollega a tale qualifica. Si diventa imprenditori, come dice l’art. 2082, con l’esercizio di attività d’impresa. Tuttavia per affermare che un dato soggetto è diventato imprenditore, è necessario che l’attività d’impresa sia a lui giuridicamente riferibile, ovvero sia a lui imputabile, così come è necessario stabilire, visto che la legge è muta al riguardo, quando inizi e finisca l’impresa.

A. L’IMPUTAZIONE DELL’ATTIVITA’ D’IMPRESA.- Esercizio diretto dell’attività d’impresa .

Quando gli atti di impresa sono compiuti direttamente dall’interessato o da altri in suo nome, non sorgono particolari problemi. La qualità di imprenditore è acquistata, con pienezza di effetti, dal soggetto e solo dal soggetto il cui nome è stato speso nel compimento dei singoli atti di impresa. Solo questi è obbligato nei confronti del terzo contraente, ed anche quando gli atti di impresa sono compiuti tramite il rappresentante, imprenditore diventa il rappresentato e non il rappresentante.Tutto ciò è possibile in base al criterio di spendita del nome: quando il mandatario agisce in nome del mandante (mandato con rappresentanza), tutti gli effetti negoziali si producono direttamente nella sfera giuridica di quest’ultimo, mentre il mandatario che agisce in proprio nome (mandato senza rappresentanza) “acquista i diritti e assume gli obblighi derivanti dagli atti compiuti con i terzi, anche se questi hanno avuto conoscenza del mandato. I terzi non hanno alcun rapporto con il mandante”. (ad esempio , il genitore che gestisce l’impresa quale rappresentante legale del figlio minore, in seguito ad autorizzazione del tribunale. Gli atti di impresa sono decisi e compiuti dal genitore, ma imprenditore è il minore e solo il minore è esposto a fallimento).

- Esercizio indiretto dell’attività d’impresa . (IMPRENDITORE OCCULTO)Spesso l’impresa viene esercitata tramite interposta persona. Cioè vi è distinzione tra chi compie in proprio nome i singoli atti d’impresa (imprenditore palese o prestanome), e chi somministra al primo i mezzi finanziari, dirige di fatto l’impresa e fa propri i guadagni, pur non palesandosi come imprenditore di fronte ai terzi (imprenditore occulto, vero dominus dell’impresa). Pericoli per i creditori Questo modo di operare non solleva particolari problemi quando gli affari prosperano e i creditori sono regolarmente pagati dall’imprenditore palese. I problemi gravi sorgono quando gli affari vanno male ed il soggetto utilizzato dal dominus sia una persona nullatenente o una società per azioni con capitale

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irrisorio (cosiddetta società di comodo o etichetta). E’ fuori dubbio che i creditori potranno provocare il fallimento del prestanome;questi ha agito in nome proprio ed ha perciò acquistato la qualità di imprenditore commerciale.

Il dubbio sorge nel momento in cui il patrimonio dell’imprenditore palese non è sufficiente a ricoprire i bisogni del creditore. Quindi se si ammette che l’obbligato nei confronti del creditore sia solo l’imprenditore palese, il risultato sarà che il rischio dell’impresa non ricadrà sul dominus ma bensì sui creditori .Dunque , quali possono essere i rimedi?Parte della dottrina ritiene che si debba superare il principio della spendita del nome per quanto riguarda i debiti d’impresa, e che dunque il rischio si trasferisca direttamente all’imprenditore occulto, altri ritengono che siano responsabili cumulativamente sia il prestanome sia l’imprenditore occulto, con esclusione però del fallimento per quest’ultimo.Un passo avanti è compiuto invece dalla teoria dell’imprenditore occulto, che sostiene che il dominus di un’impresa formalmente altrui non solo risponderà insieme a questi, ma fallirà sempre e comunque qualora fallisca il prestanome. Tutto ciò in base all’art. 147, 2° comma, legge fall.-Tuttavia l’affermazione in base alla quale risponderebbe e fallirebbe anche il reale interessato non può essere condivisa, così come non può essere condiviso il più radicale assunto in base al quale la sovranità di fatto sull’impresa rappresenta il solo criterio giuridico di imputazione dell’attività d’impresa, sicché solo il dominus acquisterebbe la qualità di imprenditore. Per tutelare i creditori dalle azioni tipiche di chi abusa in generale della posizione di dominio su una società di capitali, la giurisprudenza accosta tali azioni ad autonoma attività d’impresa (ovvero impresa di finanziamento o gestione della società di capitali dominata). Pertanto i soci che hanno abusato dello schermo societario risponderanno come titolari di un’autonoma impresa commerciale individuale o societaria (impresa di fatto), per le obbligazioni da loro contratte nello svolgimento dell’ attività fiancheggiatrice della società di capitali ed in quanto tali potranno anche fallire. B. INIZIO E FINE DELL’IMPRESAInizio dell’impresa. La qualità di imprenditore si acquista con l’effettivo inizio dell’esercizio dell’attività di impresa, sia per le persone fisiche sia per gli enti pubblici e privati, comprese le società (principio dell’effettività) Non sono sufficienti né l’intenzione di dare inizio all’attività, né l’iscrizione nel registro delle imprese.Nel caso che l’attività d’impresa sia preceduta da una fase organizzativa oggettivamente percepibile anche un solo atto di esercizio è sufficiente per affermare che l’attività è iniziata (l’organizzazione è già indice non equivoco di attività professionale). Nel caso in cui, invece tale fase organizzativa manchi, solo la ripetizione nel tempo di atti di impresa omogenei e funzionalmente coordinati renderà certo che non si tratta di atti occasionali bensì di attività professionalmente esercitata.Fine dell’impresa. Anche nel caso della fine dell’impresa, domina il principio dell’effettività. La qualità di imprenditore si perde solo con l’effettiva cessazione dell’attività, ovvero con la chiusura della liquidazione, che potrà verificarsi chiusa solo con la definitiva disgregazione del complesso aziendale (non si devono cioè più verificare operazioni intrinsecamente uguali a quelle “normali”),che rende definitiva ed irrevocabile la cessazione. Non è necessario che siano stati riscossi tutti i crediti e pagati tutti i debiti relativi.E’ importante determinare l’esatto giorno di cessazione di attività d’impresa commerciale, poiché l’art. 10 legge fall. prevede che l’imprenditore può essere dichiarato fallito entro un anno dalla cessazione dell’attività.

C. CAPACITA’ E IMPRESA

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incompatibilità. La capacità all’esercizio di attività d’impresa si acquista con la piena capacità d’agire e quindi al compimento del diciottesimo anno di età. Si perde in seguito ad interdizione o inabilitazione. Costituiscono invece incompatibilità divieti di esercizio di impresa commerciale posti a carico di coloro che esercitano determinati uffici o professioni(notai,avvocati,impiegati dello Stato. Essi non precludono all’acquisto della qualità di imprenditore, ma si espongono a gravi sanzioni amministrative e qualora fallissero aggravamento delle sanzioni penali.Conseguenze analoghe si hanno quando vengono esercitate imprese(es.bancarie e di assicurazione..) senza le dovute autorizzazioni. Infine la legge fallimentare dichiara temporaneamente inabili all’ esercizio del’ impresa coloro che sono condannati alla bancarotta o per ricorso al credito ed inoltre a tali categorie è vietata l’ intermediazione nella distribuzione dei beni.LA CAPACITÀ AD ESERCITARE UN’IMPRESA COMMERCIALE.-Sono dettate delle particolari norme in relazione all’ esercizio dell’ impresa per l’ incapace a tutela del suo patrimonio. Due sono le nozioni fondamentali: 1. Il genitore esercente o il tutore dell’incapace assoluto non può compiere atti di straordinaria amministrazione se non dopo aver avuto concessione giudiziaria e aver dimostrato che tali atti siano necessari e di evidente utilità per l’ incapace; 2. Gli incapaci relativi invece possono compiere atti necessari e utili di straordinaria amministrazione col consenso del curatore e sotto pronuncia giudiziaria. Ma tale disciplina appare fortemente macchinosa per la realizzazione di un’ impresa, così di regola non viene consentito che si abbiano delle imprese esercitate in nome dell’ incapace, alla predetta regola sono state arrecate due eccezioni: -Prima eccezione: si tiene conto dell’ onere sull’ incapace che avrebbe il trasferimento di un’ impresa a lui pervenuta a titolo gratuito, in tal caso il rappresentante potrebbe essere autorizzato dal tribunale ad esercitare l’ impresa (art 320 c5, 371 c2; 424). Per l’ interdetto questa disciplina vale anche continuare un’impresa che egli aveva iniziato prima dell’interdizione, mentre l’ inabilitato potrebbe essere autorizzato dal tribunale a continuare ad esercitare l’ impresa con il suo curatore (art 425). La norma può ritenersi estendibile per analogia all’ emancipato o alla persona che ha un amministratore di sostegno a causa d infermità temporanea. -Seconda eccezione:il minore emancipato può essere autorizzato dal tribunale non solo a continuare un’ impresa ma anche ad iniziarne una del tutto nuova senza il curatore e in tal caso egli assume la piena capacità, eccetto le donazioni. Il tribunale conserva pur sempre la possibilità di revocare l’ autorizzazione all’ esercizio dell’ impresa (art 397). Tutti gli atti di autorizzazione e le revoche devono essere iscritti nel registro delle imprese.

CAPITOLO 4: LO STATUTO DELL’IMPRENDITORE COMMERCIALE

Effetti dell’ esercizio di un’ impresa commerciale. A) Pubblicità mediante il registro delle imprese A. LA PUBBLICITA’ LEGALELa necessità di terzi di poter disporre con facilità di informazioni veritiere e non contestabili su fatti e situazioni delle imprese con cui entrano in contatto è soddisfatta dal legislatore con l’introduzione di un sistema di pubblicità legale. Registro delle imprese. L’art. 8 della legge n. 580 del 1993 ed il relativo regolamento di attuazione permettono l’entrata in vigore di un nuovo regime, più ordinato del precedente. E’ cioè previsto, attraverso lo strumento del registro delle imprese, l’obbligo di rendere di pubblico dominio determinati atti o fatti della vita dell’impresa, secondo forma e modalità predeterminate per legge.Istituiti in ciascuna provincia, consultabile e tenuto presso la camera di commercio del il cui responsabile è il segretario generale, sotto la vigilanza giudice del registro delegato dal presidente del tribunale del capoluogo della provincia. Il registro è diviso in due sezioni:

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-ordinaria ove rientrano gli imprenditori commerciali, individuali e sociali, i consorzi e le società consortili, i gruppi europei d’ interesse economico, gli enti pubblici economici, le società estere che hanno in Italia la loro sede d’ amministrazione. -Nella sezione speciale rientrano:gli imprenditori agricoli e le società semplici: ma anche artigiani seppure essi siano già iscritti nell’ albo provinciale delle imprese artigiane. I dati sono fornii dalle aziende stesse: entro 30 gg dall’ inizio dell’ impresa l’ imprenditore individuale deve richiedere lì iscrizione indicando rilasciare nome, cognome, paternità, cittadinanza, nome impresa (ditta), oggetto e sede impresa; se imprenditori commerciali nome e cognome degli institori e procuratori, per modificare tali dati o per cessazione dell’ impresa stessa si deve richiedere l’ iscrizione delle modificazioni e delle cessazioni. Le imprese sociali devono richiedere l’ iscrizione dell’ atto costitutivo e delle modificazioni. Gli atti devono essere depositati in forma autentica. Prima di procedere all’ iscrizione devono essere verificate le condizioni richieste dalla legge (art 2189), se non sussistono l’ iscrizione può essere rifiutata e l’ imprenditore può fare ricorso entro 8 gg al giudice del registro il quale può anche ordinare l’ iscrizione d’ ufficio (art 2189, 2190) solo per le imprese individuali. Il giudice d’ufficio può ordinare la cancellazione o perché l’impresa non è operativa o perché avvenuta in mancanza delle condizioni di legge. Contro i provvedimenti del giudice del registro si può ricorrere entro 15 gg dalla loro comunicazione proponendo reclamo al tribunale (art. 2192 ). L’ iscrizione degli imprenditori commerciali nella sezione ordinaria ha una funzione di pubblicità dichiarativa ,nel senso che ha un’ efficacia positiva e negativa: -la prima va a vantaggio del’ imprenditore poiché l’ “ignoranza dei fatti, dei quali la legge prescrive l’ iscrizione, non può essere opposta dai terzi quando essa è avvenuta” (art 2193). -Mentre la negativa opera invece a danno degli imprenditori,in quanto se non sono stata iscritti i fatti dei quali la legge prescrive l’iscrizione, essi non possono essere opposti ai terzi, a meno che l’imprenditore non prova che costoro ne avevano avuto egualmente conoscenza. Tranne che per gli imprenditori agricoli l’ iscrizione nella sezione speciale ha una funzione di pubblicità-notizia, ma anche una di certificazione anagrafica, ossia di documentazione e di individuazione delle imprese iscritte nel registro.La consultazione dei dati è resa possibile a tutti e ciascun ufficio rilascia certificati e copie tratte dagli archivi informatici.

B. LE SCRITTURE CONTABILIObbligo di tenuta delle scritture contabili. Le scritture contabili sono i documenti che contengono la rappresentazione, in termini quantitativi e monetari, dei singoli atti d’impresa, della situazione del patrimonio dell’imprenditore e del risultato economico dell’attività svolta. L’ imprenditore ha l’ obbligo di conservare le scritture contabili in modo che osservando la contabilità si possa in ogni momento fare il punto sull’ attività svolta, indagare sulle cause dei risultati positivi e negativi, correggere errori d’ impostazione ecc.. l’ imprenditore ha l’ obbligo di tenere tale contabilità e le sanzioni lo spingono a tenere un comportamento regolare( ossia atto all’ osservanza delle formalità intrinseche ed estrinseche). Tali documenti possono essere divisi in: corrispondenze cioè per ciascun affare concluso per corrispondenza devono essere conservati gli originali delle lettere e telegrammi e fatture ricevute e le copie di quelle inviate, in maniera che un affare possa essere ricostruito e comprovato; scritture contabili le quali si distinguono in due grandi gruppi: 1) il libro giornale ove giorno per giorno l’ imprenditore deve indicare le operazioni d’ impresa in maniera; 2) il libro degli inventari in cui all’ inizio dell’ impresa e dopo ogni anno l’ imprenditore deve indicare gli elementi passivi e attivi del suo patrimonio compresi i rapporti estranei all’ impresa determinandone il valore (inventario), all’ inventario faranno seguito lo stato patrimoniale ossia le attività e passività relative

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all’ impresa, ed il conto economico( esposizione analitica degli utili conseguiti e delle perdite subite art 2217): questi ultimi costituiscono il bilancio d’ esercizio. Per evitare false dichiarazioni riguardo le scritture contabili sono stati stabiliti determinati criteri: a) il libro giornale e il libro degli inventari prima di essere usati devono essere numerati progressivamente e se si tratta di scritture contabili devono essere bollate dal notaio o dall’ ufficio del registro in ogni foglio e dovrà essere dichiarato nell’ ultima pagina il numero dei fogli (formalità estrinseche iniziali art 2215) ; b) il libro degli inventari deve essere annualmente sottoscritto dall’ imprenditore; c) tutte le scritture devono essere eseguite secondo le norme di un’ ordinata contabilità senza spazi bianchi, senza abrasioni e in caso di cancellature in modo che queste siano leggibili, senza interlinee e senza trasporti in bianco(formalità intrinseche art 2219). L’ osservanza delle formalità estrinseche iniziali è prescritta per dare una credibilità iniziale, la mancata osservanza toglie tale fiducia in quelle scritture in cui essa è mancata. La corrispondenza e le scritture contabili devono essere conservate per dieci anni( art 2220) e la registrazione può avvenire anche su supporti di immagine. Se il commerciante tiene le scritture irregolarmente in caso di insolvenza non viene ammesso al concordato preventivo e, dichiarato fallito, viene punito per bancarotta semplice (L.fall art 160, 217 ).Particolare rilievo assume l’ efficacia probatoria delle scritture contabili, essa opera contro e a favore dell’ imprenditore. Contro l’ imprenditore , anche se tenute irregolarmente fanno prova piena (art 2709 presunzione semplice), difatti de risulta dalle scritture l’ assunzione di un debito il creditore le potrà usare in giudizio con la comunicazione e l esibizione della prova( art 2711), la comunicazione integrale la si può richiedere se si parla di controversie relative ad una società, alla comunione dei beni e alla successione ereditaria, negli altri casi si esibiscono solo singole scritture . a suo favore invece le scritture on fanno piena prova ed inoltre sono subordinate a tali condizioni: a) che i libri siano tenuti regolarmene, b) che si tratti di rapporti tra imprenditori commerciali, c) che per entrambi gli imprenditori siano rapporti derivanti dalle loro imprese. Difatti solo se ricorrono le condizioni b e c gli imprenditori hanno l’ obbligo di documentare le scritture e di confrontarle con l’ altro imprenditore se ricorre invece la condizione a si ha una grande garanzia che la scrittura non sia compiuta in occasione di controversia.

19. C) Sottoposizione alle procedure concorsuali.-L’ imprenditore che si trovi in stato d’ insolvenza cioè non riesca a far fronte a tutti i suoi debiti è soggetto al fallimento (art 2221), procedura che ha lo scopo di alienare tutti i bene dell’ imprenditore per poi soddisfare i creditori con precedenza per i chirografari ; è soggetto alla amministrazione straordinaria(d.lg. n.270/99 ) ossia a quella procedura che ha come scopo principale di consentire il recupero dell’ equilibrio dell’ impresa. A tale procedura concorsuale sono sottratti i piccoli imprenditori e gli enti pubblici commerciali.

La disciplina della tutela dei consumatori. Sicurezza dei prodotti e responsabilità del produttore.- Lo statuto degli imprenditori è stato negli anni integrato con numerose altre legislazioni e in particolare con una normativa posta a tutela dei consumatori e degli utenti ossia di coloro che agiscono per scopi estranei all’ attività imprenditoriale e che dunque non sono correttamente informate ed essendo particolarmente vulnerabili hanno bisogno di una particolare protezione giuridica. Pertanto, in attuazione dell’ art 153 del Trattato della Comunità Europea è stato introdotto il codice dei consumatori atto ad assicurare un elevato livello di tutela dei consumatori e a riconoscergli fondamentali diritti come quelli alla salute, alla sicurezza ecc…(cod. cons. D. LG n. 206/05).sugli imprenditori verranno fatti dei controlli amministrativi che prevedranno sanzioni penali per coloro che violano l’ obbligo di immettere sul mercato prodotti sicuri tali che in condizioni di normale utilizzo non arrechino danni. È prevista inoltre una responsabilità extracontrattuale per coloro che producono beni mobili che sono destinati al pubblico tramite l’ intervento di imprenditori commerciali che svolgono un’ attività intermediaria (art 2195 sono i fornitori). Di solito infatti il consumatore non ha rapporto col produttore così l’ azione di rivalsa viene fatta dall’ intermediario.

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Pertanto il produttore è responsabile del danno cagionato da difetti del prodotto(art 114 cod cons) e si avrà che: 1) sono prodotti tutti beni mobili anche se agricoli; 2) sono produttori oltre che i fabbricanti, i rappresentanti e in mancanza di questi anche gli importatori e tutti gli imprenditori della catena di commercializzazione nella misura in cui possano incidere sul prodotto(art 103 cod con); 3)è difettoso il prodotto che non offre la sicurezza dell’ uso per cui è ragionevolmente destinato. -Il produttore deve risarcire il danno ma può discolparsi dimostrando una delle cause di esclusione della responsabilità ammesse per legge. Sono risarcibili i danni alle persone e alle cose e tale diritto si prescrive in 3 anni dal momento in cui il danneggiato avrebbe avuto conoscenza del danno. Se il produttore non è individuato risponderà il fornitore sempre che ometta di comunicare entro 3 mesi l’ identità del produttore.

Capitolo secondo: l’azienda, i segni distintivi- i beni immateriali21. Il concetto d’ azienda. L’ avviamento .- Definizione di azienda. L’art. 2555 definisce l’azienda come “il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”.Per esercitare l’ impresa occorre avere a disposizione un complesso di beni e servizi ossia l’ azienda. Il codice non vede i due termini come sinonimi difatti su un piano soggettivo, si ha il concetto d’ impresa come attività dell’ imprenditore (art 2082), mentre su un piano oggettivo, abbiamo l’ azienda come insieme di beni(art 2555 non menziona i servizi) per l’ esercizio di quella attività. Per realizzare l’ attività produttiva non vi sono solo elementi eterogenei come beni e servizi, ma vi sono differenzazioni anche tra i beni stessi che possono essere materiali immateriali, fungibili, infungibili ecc. ugualmente vari possono essere i diritti grazie ai quali l’ imprenditore gode degli elementi dell’ azienda(diritti aziendali) per esempio la proprietà dei macchinari….. Non bisogna pensare che l’ attività d’ azienda preceda quella d’ impresa , né che per iniziare l’impresa sia essenziale prima il collocamento di beni e servizi presso i consumatori. Anche i rapporti con i consumatori incidono sulla composizione dell’azienda,si pensi ai continui flussi di materie prime)Clientela e avviamento: scopi finali dell’ impresa sono essenzialmente due ossia assumere una certa posizione sul mercato ed ottenere un buon profitto e per avere ciò occorre raggiungere determinati livelli di produzione e dunque di domanda dei consumatori. Ma all’ azienda oltre che la clientela bisogna l’ avviamento. Per comprendere tale concetto occorre tener presente che il guadagno di un’ impresa è dato dalla differenza positiva tra costi e guadagni. L’ imprenditore ha di solito convenienza ad investire la maggior parte del suo patrimonio e dunque, dal guadagno lordo occorrerebbe dedurre il compenso spettante all’ imprenditore sul capitale investito, se fosse altrui ,per ottenere il profitto. L’ avviamento è la capacità dell’impresa di conseguire profitto, solitamente viene compiuta una previsione del profitto futuro dalla quale dipende il valore dell’ azienda e se si ricava un valore superiore a quello d’ investimento si avrà l’avviamento. La clientela presuppone un’ azienda già usata nell’ esercizio dell’ impresa e per meglio comprendere i rapporti tra azienda, clientela ed impresa occorre aggiungere:a) che la disciplina dettata per l’ azienda presuppone un complesso dotato non solo di funzionalità della produzione ma anche di clientela e avviamento; b) che clientela e avviamento si riferiscono ad una realtà più complessa, risultante dall’unione dell’ imprenditore e dell’ azienda nell’esercizio dell’ impresa. Si può ipotizzare quanta parte di clientela sia attratta dalla qualità di taluni elementi dell’ impresa(sfruttamento di un brevetto,o posizione dei locali) e si ha avviamento o clientela oggettivi e quanti dalla capacità e dai rapporti personali dell’ imprenditore (avviamento o clientela soggettivi), la clientela potrà continuare ad essere attratta dalla sola azienda qualora l’ imprenditore non continui l’ impresa. Se si considerano solo oggettivamente li si può imputare alla sola azienda ed di conseguenza determinare in base

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all’avviamento imputato all’azienda il valore della stessa non solo quando questa è nel patrimonio dell’imprenditore , ma anche quando viene trasferita da patrimonio dell’imprenditore ad altro patrimonio.

22. Il problema della conservazione dell’ azienda e della sua circolazione.- La disciplina dell’ azienda mira a favorire la conservazione dell’ unità economica e quindi dell’avviamento, poiché l’ interesse alla permanenza dell’ azienda è cresciuto con la formazione di un’ economia a capitalismo avanzato ove la loro chiusura causerebbe la perdita di posti di lavoro e capitali. L’ interesse alla conservazione dell’ azienda può essere difeso ostacolandone la dissoluzione da parte di coloro che per legge ne avrebbero il potere come i creditori, sia favorendo la circolazione dell’ azienda come complesso unitario. Per il primo caso per ostacolare l’ azione dei creditori è stato dato un particolare valore significativo ad insolvenza solo se riferita al capitale fisso (piano giuridico), ovvero favorendo con l’ amministrazione straordinaria la continuazione dell’ esercizio (piano normativo). Sono state introdotte norme a tutela dell’ avviamento commerciale per a) facilitare all’ imprenditore la conservazione dell’ immobile adibito all’esercizio di attività industriali, commerciale e artigianali, con il “diritto di prelazione” nel caso in cui il locatore intenda vendere l’ immobile o lo voglia dare in locazione a terzi; b) assicurare al locatore in caso di perdita dell’ immobile un indennizzo a carico del locatore che non sarà dovuto nel caso in cui si tratta d’ imprese che non hanno rapporti diretti con il pubblico (sent. Corte cost n. 36/1990).

23. La disciplina della circolazione dell’ azienda: forma e prova dei negozi relativi.- Per facilitare la circolazione dell’ azienda come sistema unitario servirebbe considerarla quale bene indivisibile quando dotata di avviamento ossia quando il suo valore in base all’ avviamento supera quello d’ investimento. Sul piano legislativo si considera che tale visione unitaria si sarebbe potuta tradurre mediante l’ utilizzo di contratti di trasferimento della titolarità dell’ azienda e di costituzione dei diritti di godimento aziendali richiedendo una forma scritta a pena di nullità. Il codice invece stabilisce solamente che essi debbano essere provati in giudizio per iscritto. Inoltre esistono diversi sistemi di circolazione a seconda che si parli di conflitti tra diversi acquirenti di una stessa azienda, tra acquirente azienda e acquirente dei singoli diritti aziendali stabilendo che il loro trasferimento all’acquirente, e tra acquirente e creditori dell’ alienante: con l’ art 2556 si è previsto che per le aziende commerciali vi sia l’iscrizione del contratto nel registro delle imprese nel quale è iscritto l’imprenditore alienante e deve essere richiesta entro 30 giorni dal notaio che ha redatto il contratto di trasferimento dell’ azienda in forma autentica .

24. Altre regole relative alla circolazione dell’ azienda.- Si è concluso col dire che per il trasferimento dei diritti reali su cosa immobile vengono trasferiti mediante l’ utilizzo di iscrizioni sul registro delle imprese, mentre per gli altri diritti ,il legislatore ha dettato le seguenti regole: 1) per assicurare il trasferimento dei rapporti contrattuali in corso di esecuzione l’ art 2558 dispone che l’ acquirente dell’ azienda,o il titolare del diritto di godimento, subentra nei contratti eseguiti nella stessa posizione dell’ alienante ad es. quello per la fornitura dell’ energia elettrica. Tale successione avviene senza il bisogno di avvertire la controparte che qualora non accetti per giusta causa, ha il diritto di recedere entro 3 mesi dalla notizia del trasferimento. Per la sublocazione e la cessione del contratto di locazione relativa all’ immobile in cui era esercitata l’ impresa alienante l’ art 36 L. 1978/392 ammette che entrambe possono essere realizzate anche senza il consenso del locatore, purché venga insieme ceduta o locata l’azienda . Il locatore potrà opporsi per gravi motivi entro 30 giorni dalla notizia, se il cessionario non adempie ai propri obblighi può pretendere l’ adempimento dal concedente.

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2) Per i crediti che l’ alienante aveva acquistato con l’ esercizio dell’ impresa l’ art 2559 stabilisce che il trasferimento all’ acquirente degli stessi ha effetto a partire dal momento in cui avviene l’ iscrizione del contratto nei registri dell’ impresa. 3) Per i debiti anche se trasferiti all’ acquirente continua a rispondere l’ alienante a meno che i creditori non abbiano consentito il trasferimento con l’ azienda e ciò in applicazione del principio generale per cui non è ammesso il trasferimento del debito senza il consenso del creditore (art 1273).Poi,con disposizione relativa ai trasferimenti delle aziende commerciali, si è stabilito che l’acquirente ne diventa responsabile se essi risultano dai libri contabili obbligatori(se nn risultano ne risponde sol se vi è un patto di accollo) 4) Per il trasferimento della clientela, centrale importanza hanno le norme sul divieto di concorrenza(art 2557) che si sostanzia nel divieto per l’ imprenditore di una durata di 5 anni dall’ alienazione dell’ azienda di avviarne una nuova che possa sviare la clientela ma se non sussistono pericoli nel contratto può anche sciogliersi tale divieto. Nelle aziende agricole essa si applica solo quando,mediante l’azienda ceduta,l’alienante svolgeva attività di trasformazione o di vendita dei prodotti agricoli, che gli aveva procurato una clientela suscettibile di sviamento.5) Per i diritti di godimento sull’ azienda(usufrutto o affitto art 2561 e 2562) le norme si sostanziano nel non poter cambiare nome all’ azienda per mantenere e aumentare la clientela. Gli obblighi del titolare del diritto di godimento sono funzionali a quello di gestire l’ azienda e mantenerne l’avviamento e si sostanziano: potere di trasformare le materie prime e vendere i prodotti, sostituire i macchinari, obbligo di rinnovare le normali dotazioni di scorte, e di comprendere nell’ azienda il cumolo di prodotti e materie prime. 6) La disciplina sulla circolazione dell’ azienda coinvolge in particolare il patto di famiglia con il quale l’ imprenditore in vita divide e trasferisce il complesso dei beni aziendali a chi è più adatto a seguire la sua attività imprenditoriale dei propri discendenti. Alla stipulazione del contratto istitutivo del patto di famiglia devono presenziare tutti coloro ai quali la legge riserva una quota di eredità e vale anche dopo la sua morte.

CAPITOLO 6: I SEGNI DISTINTIVI

I segni distintivi: ditta, marchio, insegna.- I nomi a dominio aziendale.- Per il raggiungimento del profitto, l’ imprenditore deve mantenere e conquistare sempre più i clienti, e per favorire ciò l’ imprenditore ha interesse che i suoi prodotti possano essere distinti da quelli delle altre imprese, e lo fa adottando dei segni distintivi: la ditta, per l’ impresa, l’ insegna per gli stabilimenti, i marchi per i prodotti e i servizi, e da qualche tempo i nomi a dominio aziendale ossia siti internet formati da una parte comune http/ www., una parte specifica per ogni azienda, ed un’ altra comune a seconda della espansione . it .net . com. Tale disciplina dei segni distintivi aiuta il consumatore a riconoscere meglio i prodotti di una determinata azienda. I diritti di proprietà industriale: sono le invenzioni industriali che possono essere costituiti mediante brevettazione presso enti speciali(invenzioni,modelli di utilità) registrazioni(marchi,disegni,modelli) o con diverse modalità previste per legge ed anche i segni distintivi. In generale l’imprenditore:- gode di ampia libertà nella formazione dei propri segni distintivi;- ha diritto all’uso esclusivo dei propri segni distintivi;- può trasferire ad altri i propri segni distintivi.

26. La ditta. – E’ il nome commerciale dell’ imprenditore e designa una realtà economica complessa formata dall’ azienda e dall’ imprenditore . Se l’ imprenditore inizia l’ impresa formando l’ azienda deve costituire anche la ditta che deve essere composta in una parte dal nome dell’ imprenditore,consistente anche in abbreviazioni o sigle(principio della verità,art.2563) e da una parte con una parola anche inventata

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o di lingua straniera (principio della libertà). Attraverso la parte libera della ditta si può attirare meglio l’ attenzione della clientela. Perché la ditta sia differente rispetto alle altre essa deve essere diversa dalle altre utilizzate da altri imprenditori (principio della novità) art 2564 che si concilia con il principio della verità accettando la somiglianza tra due ditte ma in caso di ditte uguali la seconda viene annullata e vi è il potere del del titolare della prima ditta di farne cessare l’uso.

L’ imprenditore acquista il diritto alla ditta mediante l’uso della stesa (art 2564 ditta originaria), ma la ditta viene acquistata anche per trasferimento (art 2565 ditta derivata) in questo caso la ditta è sempre la stessa poiché l’ unica cosa che cambia è l’ imprenditore e in tal modo si favorisce anche l’ avviamento. Poichè l’ acquirente utilizza la ditta del precedente imprenditore senza cambiare il nominativo si conclude che il principio di verità vale solo per la ditta originaria. Trasferimento della ditta. Secondo l’art. 2565, la ditta è trasferibile, ma solo insieme all’azienda. Se il trasferimento avviene per atto tra vivi, è necessario il consenso espresso dell’alienante. Regola opposta vale se l’azienda è acquistata per successione a causa di morte: la ditta si trasmette al successore, salvo diversa disposizione testamentaria. Ditta e nome civile. Nome civile e ditta non vanno confusi. Il nome civile, attribuito per legge, è a struttura fissa (prenome + cognome), unico e non liberamente modificabile. Principi opposti regolano la ditta. Inoltre omonimia è consentita tra nomi civili, ma non tra ditte. Questa distinzione è utile per comprendere l’art. 2567, la cui interpretazione chiarisce che le società devono avere una ragione sociale o una denominazione sociale (nome delle società), che non possono essere uguali o simili ad altri “nomi di società” (come per la ditta) e non possono essere trasferiti (come per il nome civile). Tuttavia le società possono anche avere una ditta originaria, formata rispettando le norme sulla ditta (e come prima doveva includere sigla o cognome dell’imprenditore, adesso deve includere ragione sociale o denominazione sociale), e più ditte derivate, che rimangono distinte dal nome e potranno essere trasferite.

27. Il marchio funzione del segno.(fare bene)Il marchio svolge la funzione di riunire in un’ unica serie una molteplicità di prodotti e servizi e all’ unificazione formale avuta col marchio se ne aggiunge una sostanziale consistente in una coincidenza di qualità nelle unità che compongono la serie. A tal proposito possono distinguersi due differenti direttive: -una prima per cui si avrà una corrispondenza tra marchio e qualità, qui il marchio svolge in primis una funzione di tutela dei consumatori e poi una concorrenziale poiché distingue i prodotti.un esempio sono i marchi collettivi concessi ad enti ed associazioni per garantire l’origine , la natura o la qualità dei prodotti(vini pregiati)ed utilizzabili dagli stessi membri degli enti o delle associazioni.-In una seconda direttiva di capitalismo avanzato il marchio garantisce in primis la provenienza del prodotto da quella determinata azienda e solo indirettamente denota le qualità di quel prodotto(funzione di differenziazione)L’ esigenza della differenzazione nasce dalla esigenza dell’ instaurazione di un rapporto di clientela che si è evoluto partendo dai marchi di commercio che dimostravano la prevalenza economica dei commercianti all’ ingrosso sia rispetto ai produttori sia rispetto ai commercianti al dettaglio; dei marchi di fabbrica con l’ aumento delle industrie, e dei marchi di servizio con l’aumento del settore terziario,che distingue servizi di trasporto,assicurazioni,spettacolo ecc... Il marchio offre alle grandi imprese la possibilità anche di poter differenziare i differenti tipi di uno stesso prodotto ad es con i profumi, adottando due differenti ipotesi una che collega i prodotti tra loro unendoli con un marchio generale e aggiungendo un marchio speciale per ogni singolo prodotto e poi un’ altra ipotesi per cui non s’ intende collegare i prodotti e si utilizza solo il marchio speciale. Si può concludere che il marchio tende a svolgere in realtà due differenti funzioni una distintiva e l’ altra attrattiva, ciò accade con i marchi di rinomanza o marchi celebri. La funzione distintiva del marchio è tutelata dall’ art 20 lettera a e b(d.lg. n. 30/2005 codice della proprietà industriale c.p.i. Codice della proprietà industriale). che attribuisce al titolare del marchio il diritto di vietare a terzi l’ utilizzo di segni identici. La funzione attrattiva è tutelata dallo stesso art 20 c1 lett c che da

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al titolare del marchio di rinomanza se l’ estensione ad altri prodotti dell’ uso del segno gli arreca pregiudizio. Gli effetti distintivi e attrattivi possono essere accentuati della pubblicità.

28. Contenuti e requisiti del marchio.- L’art 7 c.p.i. definisce quali debbano essere i contenuti del marchio ossia qualsiasi lettera, disegno forma ecc.. che anche se esistente precedentemente serva ad individuare la provenienza di un determinato prodotto da un’ impresa. Può consistere anche nella forma dei prodotti o della sua confezione(marchi di forma,o tridimensionali) L’ art 8 stabilisce la possibilità di utilizzare come marchio il volto di una persona famosa o anche del titolare della ditta, l’ importante è l’ assenso della persona all’ utilizzo del volto o dopo la sua morte da parte del coniuge o dei parenti stessi. Stessa cosa accade per il nome di una persona nota. La violazione dell’art 8 rende nullo il marchio.I requisiti del marchio possono essere:

1) Requisito della liceità(art 14 e 25) ossia le parole o i segni utilizzati come marchi non possono essere contrari all’ ordinamento o al buon costume pena la nullità;

2) Requisito della originalità(art 13) fondamentale è che il marchio abbia una capacità distintiva . Il marchio deve cioè essere composto in modo da consentire l’individuazione sul mercato dei prodotti contrassegnati. Secondo il legislatore, non bastano né le denominazioni generiche del prodotto o del servizio o la loro figura generica (es. “calzature”), né le indicazioni descrittive dei caratteri essenziali, delle prestazioni e della provenienza geografica del prodotto (es. “brillo” per prodotti luccicanti), né i segni divenuti di uso comune nel linguaggio corrente (es. “super”, “extra”). Si vuole così impedire l’acquisto di posizioni di monopolio su simboli che nel lessico comune individuano genericamente quel dato prodotto. Tale regole non valgono per marchi di fantasia, che non abbiano relazione con il prodotto contraddistinto(es.“aeroplano” per un marchio di calzature), e per parole straniere generiche non note al consumatore medio italiano (es. “Cynar”).

E’ possibile usare combinazioni di parole generiche (es. ”Amplifon”), tuttavia in questo caso il marchio è detto marchio debole poiché bastano poche modifiche per imitarlo(es. “Udifon”). Marchi forti sono invece quelli dotati di forte capacità distintiva e quindi in genere i marchi di pura fantasia.Ai fini dell’originalità, è importante parlare del “secondary meaning”. E’ il caso di marchi registrati ma privi di capacità distintiva (come parole generiche, tipo “Bambolina”), che possono diventare marchi “forti”, e quindi validi, a seguito dell’uso che ne è stato fatto e della notorietà che ha acquistato presso il pubblico, in genere grazie ad un’accorta pubblicità.

3) Requisito della novità (art 12) il marchio usato non deve essere identico ad u n altro marchio già utilizzato da un’ altra ditta.

Riepilogando i rapporti tra marchio e ditta sono così regolati: a) un’ impresa non può adottare come ditta un segno già adottato da altri come marchio nello stesso settore; b) non si può adottare come marchio un segno già adottato come ditta da un’ azienda affine; c) non si può adottare come marchio un nome notorio senza assenso;4) chi adotta come marchio un nome comune non può vietare al possessore del nome di dare il proprio alla proprio ditta;5) se si violano tali principi marchio o ditta successivi sono nulli.

29. Le vicende del diritto al marchio: acquisto, trasferimento,estinzione.- Acquisto del marchio. Il diritto all’ utilizzazione del marchio può avvenire in due modi: per uso(anche pubblicitario), o per registrazione presso l’ ufficio italiano dei brevetti e dei marchi. -Il primo modo si realizza qualora esso sia stato reso noto solo ad una parte del territorio dello stato, il diritto è valido a livello locale; -mentre, nel secondo caso, il marchio essendo stato registrato ha una validità in tutto il territorio e per tutti i prodotti indicati nella registrazione,fatto salvi gli effetti del preuso,consentendo ai terzi d continurare ad utilizzare il marchio nei limiti in cui questo aveva acquistato una notorietà.

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I principali vantaggi derivanti dal marchio acquisito per registrazione sono principalmente: a) certezza della prova dell’ atto costitutivo e della data,b) impossibilità che il marchio successivo, ritenuto nullo per mancanza di novità, possa diventare

valido per convalidazione, ma per un marchio successivamente registrato non può essere fatta valere la sua nullità se è stato utilizzato in buona fede pubblicamente per 5 anni,

c) acquisto del diritto sul territorio dello stato, d) possibilità di poter utilizzare insieme al proprio marchio altri marchi simili(marchi di

protezione) creando una vasta rete di protezione intorno al marchio utilizzato,e) solo per i marchi utilizzati è previsto il reato di contraffazione,alterazionef) solo la registrazione fa acquisire il diritto di priorità ossia quel diritto per cui, in adesione dell’

Italia alla convenzione di Parigi , il marchio acquista una valenza internazionale con la registrazione presso l’ OMPI(Organizzazione Mondiale Della Proprietà Intellettuale) con sede a Ginevra.ed entro sei mesi si può richiedere la registrazione anche negli altri stati.

g) con il regolamento Ce n 40/94 è stata ammessa la registrazione del marchio comunitario presso l’ ufficio per l’ armonizzazione del mercato interno (UAMI).

Trasferimento del marchio. L’ art 23 c.p.i. stabilisce che il marchio può essere trasferito per una parte o per la totalità dei servizi al quale è abbinato ,ad esempio questo può avvenire anche solo tramite il trasferimento della conoscenza delle tecniche di produzione (know-how) . In tale stesso articolo sono regolati i contratti di licenza, già conosciuti nella pratica contrattuale :- Nel caso della licenza esclusiva il titolare del marchio ne trasferisce temporaneamente , per non

perdere l’ avviamento della licenza, l’ uso ad un terzo (licenziario), qui il licenziario deve essere messo in una condizione tale da realizzare una produzione uguale al licenziante (art 2573 cod civ).

- Nel caso di licenza non esclusiva si realizza il fenomeno del couso del marchio ove il soggetto vuole solamente ampliare la sfera di incidenza del suo segno e i vari produttori devono seguire dei requisiti di qualità che riguardano il prodotto.

Estinzione del marchio. Cause di decadenza del marchio possono essere: a) mancata utilizzazione del marchio per una durata oltre i 5 anni. Ciò non può essere fatto valere qualora tra la scadenza del quinquennio e la proposizione della domanda sia ripreso l’effettivo uso del marchio almeno tre mesi prima della proposizione della domanda.(art 24 c.p.i.), b)se il contenuto del marchio diviene contrario all’ordinamento e al buon costume il pm ha il diritto di richiedere la decadenza del marchio (art 26), c) il marchio viene meno per la sua “volgarizzazione” ossia quando ha perduto la sua capacità distintiva anche a causa dell’ acquiescenza del titolare,(nylon)d) per il venir meno del requisito della novità e venga registrato come marchio simile a diversi prodotti, e) il diritto al marchio per registrazione ha poi una durata di 10 anni (art 15 cpi) ma può anche essere richiesto il rinnovo per una stesso periodo .

Il marchio di fattoÈ tutelato anche il marchio non registrato, sebbene meno sensibilmente. Il titolare di un marchio non registrato diventato noto su tutto il territorio nazionale potrà impedire che altri usi in fatto lo stesso marchio per gli stessi prodotti, ma non per prodotti affini. Il titolare di un marchio non registrato con notorietà locale non potrà impedire che altro imprenditore usi di fatto lo stesso marchio per gli stessi prodotti un'altra zona del territorio nazionale. Potrà continuare ad usare il suo marchio solo nella diffusione locale. Il marchio di fatto gode di una tutela penale più limitata.

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30. L’ insegna.L’insegna contraddistingue i locali dell’impresa o l’intero complesso aziendale. Essa non potrà essere uguale o simile a quella già utilizzata da altro imprenditore concorrente, con conseguente obbligo di differenziazione. Nulla è disposto per il trasferimento dell’insegna, ma è pacifico che il diritto può essere trasferito. Può essere di tre diversi tipi:-nominativa( costituita solo da parole), -emblematica (costituita solo da parole o da numeri) -o mista (costituita sa da segni che da parole).Essa deve comunque avere il carattere della novità e differenziare lo stabilimento,(originalità) inoltre, le parole che costituiscono la ditta possono essere riprodotte anche nell’ insegna, nel marchio e nel nome a dominio aziendale e cos il contenuto dei segni distintivi viene a coesistere.

31. La tutela giudiziari dei segni distintivi.- A tutti i segni distintivi si applica una particolare tutela (art 117 cpi) l’ azione per difendere i propri diritti può essere intrapresa anche se non è presente dolo o colpa. Il titolare della ditta o dell’ insegna che l’ ha utilizzata per primo può pretendere che nessun altro imprenditore ne utilizzi una uguale e chi l’ ha fatto dovrà differenziare la propria ditta. Il titolare del marchio può pretendere che nessun altro lo utilizzi (art 2572) e può agire contro chiunque adotti un marchio uguale o simile per prodotti dello stesso genere ossia per quelli che tra loro si ritrovino in una posizione concorrenziale. Chi è titolare di un marchio di rinomanza può impedire che un terzo possa apporlo su ogni altro prodotto non solo se reca un pregiudizio(quando si verifica il c.d. annacquamento, in quanto il pubblico può attribuire anche la produzione del terzo al titolare del marchio, dandone un giudizio sfavorevole se la produzione del terzo non raggiunge il livello di qualità della produzione del titolare del marcio) ma anche se arreca un indebito vantaggio a terzi. Si può disporre inoltre la distruzione dei marchi contraffatti e la pubblicazione della sentenza su vari giornali(art 126 cpi), l’ ammontare del danno è definito dal giudice, e tale disciplina è integrata da quella penale e da quella dettata per la repressione della concorrenza sleale.

32. I beni immateriali.A) Le opere d’ ingegno.- Sono beni immateriali le opere di ingegno e le invenzioni industriali e mentre quest’ ultime appartengono alla categoria della proprietà industriale, le prime appartengono alla proprietà intellettuale, ma entrambe possono essere considerate opere immateriali. Le opere d’ ingegno sono disciplinate dalla l. sul diritto d’ autore n. 633/41 la quale ha per oggetto : idee scientifiche, letterarie, musicali, figurative, architettoniche, teatrali e cinematografiche, purchè siano dotate di originalità espressiva e se sono dotate di creatività e non sono solo semplici riproduzioni sono considerate opere d’ ingegno anche le fotografie. L’ opera e l’ idea sono beni immateriali, mentre il libro è qualcosa di materiale, non bisogna confondere il proprietario del libro (bene materiale), con quello dell’ idea (bene immateriale) ed è proprio quest’ ultimo ad essere tutelato dal diritto d’ autore è che ne è possessore a titolo originario di tale diritto. Il diritto d’ autore ha un contenuto:- patrimoniale riguardo al fatto che egli è proprietario dell’ opera che ha creato e solo lui può concedere la concessione del godimento dell’ idea(art 2581). Così gli autori realizzano con gli editori dei contratti di edizione, e se il diritto non è stato trasferito, l’ autore può richiedere l’ azione inibitoria,risarcimento e distruzione dei beni abusivamente prodotti. Il diritto di proprietà sulle opere dell’ ingegno dura per tutta la vita dell’ autore e per altri 7° anni dopo la morte(art 25, 32- bis lda). Per le opere cinematografiche il termine decorre dalla morte della ultimo sopravvissuto tra il direttore artistico, gli autori della sceneggiatura e della musica.

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-Sul piano morale, con l’ idea, l’ autore acquista una certa fama e il diritto di paternità dell’ idea che è intrasferibile (art 20 l.d.a.), ed in forza di tale diritto l’ autore può decidere se pubblicare l’ idea o meno e può fare valere la sua azione contro il plagio. Innovazioni normative successive modifiche hanno ricompreso all’ interno della l. diritto d’ autore anche quelle opere d’ ingegno come:a) software, banche dati, disegni industriali che presenti no carattere artistico.

B) Le invenzioni industriali:a) le convenzioni internazionali.- Le invenzioni industriali sono costituiti dalla scoperta di materiali nuovi o di processi nuovi per riscoprire beni già conosciuti. Il legislatore disciplina anche invenzioni di minor rilievo tra le altre ricordiamo i modelli industriali distinti in modelli di utilità (conferiscono ad invenzioni già conosciute un ’efficacia particolare), disegni e modelli che ad opera dei designers consistono in modelli che danno ai prodotti con una combinazione di linee e colori un carattere individuale. Il proprietario dell’ invenzione per tutelarla deve brevettarla. La materia è regolata dal c.p.i. che si adegua alla convenzione costitutiva dell’ unione di Parigi, dall’ accordo di cooperazione internazionale realizzato a Washington nel 70(P.C.T.), dall’ accordo Trip, dell’ aprile del 95 e da due convenzione sui brevetti europei e comunitari. Si hanno:

1) brevetti nazionali la cui adesione attribuisce al titolare la possibilità di richiedere entro l’anno il brevetto all’ unione di parigi;

2) brevetti europei che ha effetto entro gli stati europei come se fosse un brevetto nazionale; 3) comunitario rilasciato e valido per l’insieme di tutti gli stati della comunità europea: questi ultimi

due sono detti regionali per differenziarsi dal:4) brevetto internazionale che in attuazione del pct vengono concessi dopo aver depositato una

domanda internazionale depositata presso l’ agenzia della proprietà industriale un esemplare della quale viene trasmesso all’ OMPI. La materia in merito ai modelli e ai disegni industriali viene sottoposta ad un accordo dell’ Aja , per cui anche questi possono formare oggetto di un deposito internazionale con effetti giuridici anche in Italia.

b) I brevetti nazionali.- L’inventore deve presentare una domanda all’Ufficio italiano brevetti e marchi. Per avere il diritto d ottenere il brevetto occorre che l’ idea sia nuova ossia sconosciuta “allo stato della tecnica”(non ancora resa di pubblico dominio) si parla di novità estrinseca; occorre che l’ idea sia dotata di creatività (novità intrinseca)considerata tale se essa, per una persona esperta del ramo,non risulta in modo evidente dallo stato della tecnica; che l’ idea sia atta ad avere un’ applicazione industriale (carattere dell’ industrialità), che l’ oggetto prodotto non sia contrario all’ ordinamento (liceità). Possono costituire oggetto di brevetto i metodi di medicamento ma non quelli di diagnosi su un corpo animale o umano (art 45 c.p.i).Sono anche brevettabili,se suscettibili di applicazione industriale,le invenzioni biotecnologiche volt alla produzione di un materiale biologico. Non sono brevettabili le biotecnologie il cui sfruttamento è contrario alla dignità umana(clonazione). Il titolare del brevetto è anche l’ unico utilizzatore economico (art 66 cpi), e se l’ oggetto dell’ invenzione è un prodotto il titolare può vietare a terzi di produrlo ma non può bloccare la sua attuazione qualora essa sia di utilità alla nazione (art 69), e per l’ attuazione dell’ invenzione può trasferire il diritto a terzi (contratto di licenza). In caso di mancata attuazione entro 3 anni, il ministero dello sviluppo economico può concedere una licenza obbligatoria ad ogni interessato che faccia richiesta . La tutela giudiziaria dei segni distintivi. La disciplina delle invenzioni industriali si applica anche alle nuove varietà vegetali purchè presentino i caratteri della omogeneità(caratteri uniformi fra le nuove specie) , stabilità di tali caratteri, e distinzione da ogni altra specie. Sono anche brevettabili i modelli di utilità ma non i modelli e i disegni il cui diritto esclusivo deriva dalla brevettazione presso l’ ufficio brevetti e marchi. Anche il diritto alla riproduzione di topografie di prodotti a semiconduttori deriva dalla loro registrazione. Tali

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proprietà sulle invenzioni durano 20 anni , mentre quella di modelli e semiconduttori dura 10 anni, quella dei disegni e dei modelli 5 rinnovabili ogni quinquennio per 25 anni. I diversi termini iniziano a decorrere dalla data di presentazione della domanda del brevetto o della registrazione. È invece intrasferibile e non ha durata il diritto morale dell’ inventore alla paternità della scoperta.

35. Le informazioni segrete.- Di solito l’ inventore vuole ottenere il brevetto per rendere conoscibile a tutti la propria invenzione , ma il limite di tempo di protezione che lo stato li concede è piuttosto ridotto , e molto spesso si preferisce mantenere segrete le informazioni in maniera da poter trattenere per sé l’ invenzione per un periodo di tempo più lungo da quello offerto dallo stato, ma con l’ inconveniente che se qualcuno lo scopre il reale inventore non la possa più brevettare. Anche per il segreto vi è una tutela da parte dello stato che sanziona coloro che, non essendone i titolari, rivelano informazioni aziendali riservate(art 99 cpi). È dubbio se il diritto alla segretezza delle informazioni aziendali abbia una tutela reale (rivendicazione), o solo una obbligatoria (risarcimento), è sicuro che esso sia tutelato dalla disciplina sulla concorrenza sleale.

CAPITOLO TERZO:La disciplina della concorrenza

36. Il principio della concorrenza e la sua storia.- Possiamo adesso considerare una visione dell’ impresa a livello globale con una intersezione tra la collettività che realizza la domanda di beni e servizi, le imprese che realizzano l’ offerta, il luogo dove domanda ed offerta s’ incontrano ossia il mercato. Sarebbe opportuno considerare il rapporto tra mercato e produzione come un rapporto dinamico e quindi parlare di mercato dinamico. Tale modello si afferma al nascere della teoria liberale che riconosce il dinamismo dell’ assetto sociale, difatti il processo economico è frutto di una gara tra imprese e giudici della gara sono i consumatori. Il mercato dinamico è quindi un mercato concorrenziale che presenta :a) libertà dei fattori produttivi, (materie prime,lavoro)b) libertà d’ iniziativa economica, c) potere di gestire l’ impresa di chi gestisce i capitali realizzando la successione rischio-potere-profitto-reinvestimento del profitto accumulato,d) libera concorrenza ed ostracismo degli strumenti che legano la clientela all’ impresa,e) sovranità del consumatore come giudice della gara; f) diversificazione sociale in base alla partecipazione al progresso;g) pluralità d’ imprese ed assenza di imprese giganti; h) Stato che deve rimuovere gli ostacoli alla libera concorrenza come ad esempio cartelli e consorzi;i) momento finale dato dal mercato che con il giudizio dei consumatori decide la quantità e la qualità dei beni. Tuttavia le imprese sono sempre più portate a frenare la concorrenza più che a realizzarla, ed inoltre, nella realtà un’ economia di mercato perfetta ha sempre esitato a realizzarsi con un passaggio da un capitalismo concorrenziale ad uno oligopolistico poiché libertà ed uguaglianza sono valori di difficile realizzazione, e poiché la concorrenza tende a premiare sempre le imprese più abili e realizzare una concentrazione. Il mercato oligopolistico presenta le seguenti caratteristiche:1) difficoltà ad entrare poiché si devono detenere ampi capitali; 2) difficoltà ad essere espulsi in quanto le imprese forti creano interessi così alti da avere una rappresentazione come interesse generale; 3) ricorso a mezzi concorrenziali(ipertrofia di pubblicità); 4) rarefazione al ricorso alle armi concorrenziali che realizzano l’ interesse del consumatore(abbassamento prezzi);

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5) politica concorrenziale tale che aumenti la domanda senza la corresponsione dell’aumento della soddisfazione dei consumatori(qualità scadenti o bisogni non utili al consumatore);6) alterazione rapporto rischio- potere,poiché il comando è rappresentato da una frazione piccola del capitale. I compiti dell’odierno legislatore sono quelli di eliminare le intese anticoncorrenziali(ossia poche imprese quasi monopolizzano il mercato), gli abusi di posizione dominante di tali imprese, e le concentrazioni industriali, tali sono gli scopi che si prefigge anche la disciplina anti- monopolistica.

37. Il principio di concorrenza nella normativa.- I dati normativi attraverso i quali viene disciplinata la libera concorrenza sono divisi in : quelli che tutelano la libera concorrenza;quelli che ostacolano il realizzarsi i intese anti-concorrenziali e quelle anti-monopolistiche. L’ art 2595 determina che “la concorrenza deve svolgersi in modo da non ledere l’ interesse dell’ economia generale”,l’ art 41 della cost stabilisce che “la concorrenza non deve svolgersi in contrasto con l’ utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana”. Sempre nella costituzione l’ art 43 stabilisce che è possibile la creazione di monopoli(monopolio legale) i quali imprenditori di solito sono lo Stato o altri soggetti privati che hanno avuto una concessione esclusiva della pubblica amministrazione. In tali casi il codice all’ art 2597 impone l’ obbligo della parità di trattamento di tutti i clienti e l’obbligo di contrattare- Esistono poi i limiti di concorrenza posti ad esempio a carico del lavoratore subordinato rispetto al datore di lavoro(art 2105), o ad esempio, dell’ imprenditore alienante che per 5 anni al fine di non sviare la clientela deve evitare di svolgere di nuovo la stessa attività.

38. La disciplina della concorrenza sleale.- Tale disciplina può essere interpretata secondo due diverse filosofie:

1. una filosofia anticoncorrenziale solidaristica, che vede la disciplina come uno ostacolo alla libera concorrenza, garantendo la posizione radicata dagli imprenditori, si può difatti irrigidire il mercato ravvisando nello storno dei dipendenti(assumere dipendenti altrui) un comportamento sleale ; ovvero dichiarando illegittima l’ imitazione poiché realizza confusione tra differenti prodotti, si ritiene altresì garantista la pubblicità comparativa.

2. Altro orientamento è quello filo concorrenziale volta a potenziare il potere di scelta del consumatore, in modo che lo stesso si orienti in senso giusto premiando i migliori. Si ritiene illecita la pubblicità menzognera , le forme aggressive di pubblicità, e si ritiene lecita la pubblicità comparativa qualora riporti dati reali. Dinanzi ad atti di concorrenza sleale ogni imprenditore potrà ricorrere ad un’ azione giudiziaria.

All’ art 2598 il codice vieta: 1) atti di confusione ogni atto idoneo a creare confusione con i prodotti o con l’attività di un concorrente.

Molteplici sono le tecniche che possono essere poste in atto e il legislatore ne individua 2 in particolare:1. uso di nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi usati legittimamente da

altri imprenditori concorrenti2. imitazione servile: riproduzione delle forme esteriori dei prodotti altrui. L’imitazione deve

riguardare elementi formali non necessari ma allo stesso tempo caratterizzanti.2) atti di denigrazione; 3) atti di vanteria (appropriazione dei pregi dei prodotti o dell’impresa di un concorrente); 4) qualsiasi atto contrario alla correttezza professionale,criterio elastico fissato dal giudice.Inoltre viene vietato ogni atto che comporta l’ acquisizione di informazioni relative all’ azienda di terzi. In attuazione della normativa europea in Italia sono stati introdotti i requisiti minimi da esibire sui prodotti,sono state vietate le pratiche commerciali scorrette: quelle ingannevoli e aggressive,è stata ammessa la pubblicità comparativa lecita ossia veritiera e non denigratoria. Accanto all’ azione giudiziaria si

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attiva quella in sede amministrativa,d’ufficio o su richiesta di qualunque interessato, dell’ autorità garante della concorrenza ossia l’autorità anti-trust.

Le sanzioniLa repressione degli atti di concorrenza si fonda su due tipi di sanzioni:a) l’inibitoria diretta ad ottenere una sentenza che accerti l’illecito concorrenziale, ne inibisca la continuazione per

il futuro e disponga a carico della controparte provvedimenti reintegrativi necessari per far cessare gli effetti della concorrenza sleale.

b) Risarcimento dei danni il concorrente leso potrà anche chiedere il risarcimento dei danni. La colpa del danneggiante si presume una volta accertato l’atto di concorrenza sleale. Ci può essere la pubblicazione della sentenza in uno o più giornali a spese del soccombente.

L’azione per la repressione della concorrenza sleale può essere promossa dall’imprenditore o dagli imprenditori lesi. I singoli consumatori o le associazioni che li rappresentano NON sono legittimari a promuovere la repressione della concorrenza sleale.

39. Limiti convenzionali alla concorrenza. I cartelli.- All’interno della nostra disciplina esistono delle zone d’ombra ossia quelle norme che vanno a limitare la concorrenza. Nel 1942 era conosciuto sia il contratto bilaterale per cui un imprenditore operava una restrizione unilaterale a non svolgere concorrenza dietro compenso, sia un contratto accordo plurilaterale tra più aziende detto appunto cartello che era firmato da più aziende che si limitavano a vicenda. Abbiamo diversi tipi di cartello quello limitativo entro una banda di prezzi (cartello dei prezzi), quello che divide il mercato in diverse zone(cartello di zona) quello che stabiliva la quantità totale da produrre (cartello di contingentamento). Talvolta accadeva che si formassero organizzazioni comuni della concorrenza che si univano e davano vita ai consorzi. L’ art 2596 nel cod del 42 vedeva come valido il limite alla concorrenza purchè si trattasse di restrizioni unilaterali,fosse circoscritto ad una determinata zona ed abbia una durata non superiore ai 5 anni. I contratti di cartello erano atipici ma più tardi vennero ritenuti leciti e tale visione venne estesa anche ai consorzi. Fortunatamente adesso con la normativa antimonopolistica la visione prima descritta è notevolmente mutata ed i cartelli e consorzi sono stati limitati anche ad opera della nostra autorità garante della concorrenza e del mercato.

40. I consorzi.- Nel primo codice del 1942, il consorzio veniva visto pari ad un cartello ma in un contesto più ampio dove era realizzata l’ organizzazione volta a realizzare il rapporto ed il consorzio era favorito al cartello per la durata più lunga (10 anni), sia per una sicurezza della regolamentazione. Ben presto nella prassi nacquero i consorzi che ebbero una funzione nettamente differente anzi opposta: essi si configurarono sempre più come uno strumento di cooperazione interaziendale, adeguato a ridurre determinati costi ed ad aumentare la competizione all’ interno del mercato. Per agevolare tali tipologie di consorzi venne varata la legge del 10 maggio 1796 n. 377 che modificò il codice introducendo esenzioni finanziarie ed agevolazioni per i consorzi di cooperazione, aumentando il limite di tempo annullando ogni limite, annullava la responsabilità solidale e illimitata degli imprenditori. I consorzi anti concorrenziali non godettero di tali agevolazioni in quanto ebbero contro la legge anti-monopolistica. In relazione alle modalità di organizzazione si suole distinguere i consorzi con attività esterna (ossia quelli in cui gli organi consortili entrano in rapporti con terzi, ed è proprio qui che vengono svolte le fasi in comune per conto delle imprese consorziate) e quelli con attività interna (gli organi controllano che in consorziati adempiano correttamente alle loro obbligazioni). Si ha così una disciplina comune che si applica a tutti i consorzi e una particolare che si applica ai consorzi con attività esterna.

1)Disciplina comune . art 2603 essa comporta l’ obbligatorietà del contratto per iscritto a pena di nullità. Contenuto del contratto deve poi esser l’ oggetto del consorzio e gli obblighi assunti dai consorziati, organizzazione per realizzare l’ oggetto, le sanzioni per gli inadempienti agli obblighi assunti, le condizioni d’

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ammissione dei nuovi consorziati, i casi di esclusione e di recesso, e la durata del contratto che se non è decisa è determinata per legge di 10 anni (art 2604). Le decisioni vengono prese a maggioranza, e le modificazioni devono essere fatte per iscritto con il consenso di tutti. Se uno dei consorziati trasferisce l’ azienda succede l’ acquirente ,che può essere escluso se sussiste giusta causa,entro un mese dalla notifica(art 2610). I casi di scioglimento(art 2611) sono:

il decorso del termine, il conseguimento o l’impossibilità di conseguire l’oggetto, la deliberazione dei consorziati unanime, provvedimenti autorità governativa.

2) Disciplina particolare. Questa è applicabile solo ai consorzi con attività esterna. Si articola in tali punti:a) pubblicità del contratto costitutivo , un estratto del quale deve essere pubblicato presso l’ ufficio del

registro delle imprese. L’ obbligo della pubblicità grava su coloro cui è attribuita la direzione del consorzio (art 2615-bis).

b) la pubblicità della situazione patrimoniale deve essere realizzata seguendo il sistema di bilancio d’ esercizio della società per azioni e di depositarla presso l’ufficio delle imprese.

c) la rappresentanza in giudizio nel lato passivo può essere attribuita a chiunque compone la direzione del consorzio (art 2613);

d) il c.d. fondo consortile formato da contributi dei consorziati e con i beni acquistati con questi contributi,esso è realizzato per poter soddisfare i creditori qualora ce ne fosse bisogno in quanto in base al nuovo art 2615 i creditori non possono soddisfarsi sul patrimonio privato degli organi direzionali del consorzio, ma nel caso in cui vi sia inadempimento del mandante , saranno responsabili gli altri consorziati(in deroga al principio per cui per gli atti del mandatario senza rappresentanza non risponde il mandante art 1705 ). Infine il fondo consortile viene detto autonomo poiché per la durata del consorzio i consorziato non ne possono richiedere la divisione.

41. la legislazione anti-monopolistica.- Il mercato per eliminare tutti quei comportamenti che vanno a minare il suo dinamismo abbisogna di un controllo ferrato ossia della normativa anti-monopolistica o anti-trust. Tale legislazione è contenuta nel trattato costitutivo della Ceca e della Cee, a livello nazionale all’ interno della l. n. 287 del 1990. Tale legge affida il controllo ad un’ autorità amministrativa garante della concorrenza che collabora a livello comunitario con la commissione della comunità europea. I fenomeni pericolosi per il mercato che la legislazione punisce sono: le intese . Queste si hanno quando più imprese si comportano alla stessa maniera ossia adottano un

comportamento già precedentemente concordato. Non tutte le intese sono vietate,ma solo quelle che hanno per oggetto la volontà di limitare il gioco della concorrenza,il divieto non colpisce le piccole intese. Le intese vietate sono nulle sia che l’ impresa rientri nella disciplina comunitaria che in quella italiana. Entrambe le discipline per un certo periodo possono però autorizzare tali intese illecite ad operare perché contribuiscono a migliorare il progresso tecnico e il benessere della società(autorizzazione in deroga). L’ Autorità può pur sempre revocare tale concessione poiché si è andati oltre l’ autorizzazione. La legge n. 287/1990 stabilisce che per condannare un’ intesa, deve essere aperta a suo carico un’ istruttoria(potere dell’Autorità di richiedere informazioni e documenti e vi è l’obbligo dei soggetti di fornirli,può fare ispezioni e perizie) ma questa non può essere avviata decorsi 120 giorni dalla comunicazione a meno che questa sia incompleta o non veritiera. Per fare conoscere all’ autorità le intese non comunicate l’ iniziativa compete alla P.A. ad ogni interessato e all’ associazione dei consumatori. Se l’ Autorità ravvede gravi possibili danni può d’ ufficio prendere misure cautelari, e se l’ intesa è già stata attuata fissa un termine per l’ eliminazione delle infrazioni e commina una sanzione pecuniaria in percentuale al fatturato avuto con quei prodotti fino al 10%;

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l’ abuso di posizione dominante . S’ intende con ciò qualsiasi comportamento atto a realizzare una posizione di squilibrio nel mercato ove un’ azienda è talmente potente da indebolire la concorrenza, praticando prezzi non giustificati dai costi o sopperendo la qualità dei materiali o il progresso tecnologico, ovvero applicando nei rapporti contrattuali clausole che comportino svantaggio per l’ altra parte contraente. L’ autorità svolge un’ azione istruttoria simile a quella per le intese e ,per snellire il procedimento, propone alle imprese di realizzare dei provvedimenti idonei ad eliminare il profilo anti concorrenziale entro 3mesi. Valutati tali impegni l’ autorità può renderli obbligatori e chiudere il procedimento;

concentrazioni d’impresa. Ai sensi dell’ art 5 L. n. 287/1990 si hanno le concentrazioni quando: a) due o più imprese si uniscono,b) quando un’ impresa o un soggetto non imprenditore, che però ha già il controllo di un impresa, si uniscono e acquistano il controllo di una o più imprese,c) quando due o più imprese costituiscono un’ impresa sociale comune. La concentrazione diviene rilevante quando le imprese raggiungono una certa somma di capitale fatturato annuo: oltre 400 mil. Di euro , per gli istituti bancari e finanziari il fatturato è in relazione ad un decimo del patrimonio attivo dello stato patrimoniale e per le imprese di assicurazione un valore pari ai premi incassati. Se si tratta di concentrazioni rilevanti prima di eseguirle le imprese dovranno informare l’Autorità che se ritiene di dover indagare aprirà l’ istruttoria che deve essere aperta 30 giorni dopo cha ha ricevuto la notifica o che ne sia venuta a conoscenza, se l’ autorità non ritiene di dover aprire l’istruttoria allora gli interessati dopo 30 giorni dalla notifica potranno realizzare la concentrazione. Aperta l’ istruttoria l’ Autorità può obbligare le imprese bloccare i lavori per la concentrazione e l’istruttoria potrà chiudersi a favore della concentrazione, o in senso contrario ossia quando l’ Autorità dovrà vietare la concentrazione(art 6); se l’operazione di concentrazione è già stata eseguita , l’ autorità prescrive le misure necessarie a ripristinare la concorrenza(art 18), e se le imprese non abbiano adempiuto all’ obbligo di comunicazione preventiva dovranno sciogliere la concentrazione, qualora questa sia vietata con una sanzione che và dall’ 1 al 9%, mentre se era lecita dovranno solo pagare una sanzione dell’ 1 % della fatturazione. L’ art 25 prevede che l’Autorità del consiglio dei ministri possa autorizzare una concentrazione qualora questa apporti beneficio entro certe limitazioni. Dal punto di vista giudiziario l’ art 33 stabilisce che i provvedimenti dell’ Autorità possono essere impugnati dinanzi al Tar del Lazio, e quelli di giudizio di nullità e risarcimento saranno discussi davanti alla Corte d’ Appello.Servizio di pubblica utilità. Al fine di perseguire la promozione della concorrenza e dell’efficienza nei settori dei c.d. servizi di pubblica utilità(energia elettrica e gas,telecomunicazioni) la legge prevede l’istituzione di altre Autorità pubbliche (es autorità per le garanzie delle comunicazioni)che devono vigilare nel loro settore per garantire la concorrenza e per segnalare le violazioni all’ autorità generale garante della concorrenza e del mercato.

CAPITOLO QUARTO: gli ausiliari dell’imprenditore

42. Ausiliari subordinati ed ausiliari autonomi.- L’ imprenditore per svolgere la sua attività deve avere a suo fianco dei soggetti che possano prestare una determinata collaborazione:

gli ausiliari subordinati ( che intrattengono con l’ imprenditore un rapporto di lavoro, i quali si obbligano tramite retribuzione a prestare il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze dell’imprenditore art 2094 ),dirigenti,impiegati,operai e

quelli autonomi (art 2222 coloro che si obbligano nei confronti dell’ imprenditore a compiere per conto suo un’ opera o un servizio). Esempi di quest’ ultimi sono: gli agenti di commercio i quali procurano gli affari all’ imprenditore, i mediatori che si pongono in una situazione super partes fra i

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due contraenti, i commissionari che concludono i contratti di compravendita in nome proprio e per conto dell’ imprenditore, e gli spedizionieri che concludono contratti di spedizione a nome proprio ma per conto dell’ imprenditore. I promotori finanziari possono lavorare autonomamente o in subordine e promuovono servii di investimento fuori sede per conto di banche.

43. I poteri di rappresentanza degli ausiliari subordinati. A) gli institori.-Tra gli ausiliari subordinati particolare importanza ce l’ hanno coloro che hanno potere di rappresentanza cioè il potere di compiere in nome e per conto dell’ imprenditore. Il collaboratore ha tutti i poteri di rappresentanza necessari o utili alla organizzazione dell’ impresa che gli è stata affidata ad esclusione di quelli che li sono stati sottratti in modo conoscibile a terzi. I rappresentanti commerciali sono distinti in:

rappresentanti generali che hanno il potere di compiere tutti gli atti pertinenti all’esercizio dell’ impresa come il caso dell’ institore e del procuratore, e

i rappresentanti particolari che hanno il potere di compiere solo taluni atti come ad esempio accade per i commessi.

L’ institore è il rappresentante generale dell’ imprenditore preposto all’esercizio dell’ impresa o ad una parte della stessa. Preposizione o procura institoria è il negozio giuridico per mezzo del quale l’ imprenditore nomina l’ institore attribuendogli determinati poteri. Tale procura è soggetta ad una pubblicità commerciale e all’ interno di questa vengono iscritti i poteri e le mansioni che non gli vengono affidate, così per chi entrerà in affari con l’institore sarà opportuno prendere visione di quali sono i limiti dei suoi poteri , e se la procura non è stata pubblicata la sua rappresentanza si ritiene generale. La pubblicità garantisce all’ imprenditore la facoltà di opporre a terzi le limitazioni di potere anche se i terzi non le conoscevano, e qualora non sia registrata l’ imprenditore può opporre le limitazioni solo se dimostra che i terzi le conoscevano al momento della contrattazione. Secondo l’ art 2204 all’ institore è negato il potere di alienare o ipotecare i beni immobili del preponente a meno che ciò non sia espresso nella procura, inoltre egli possiede la rappresentanza processuale del preponente (art 2204) ed è obbligato insieme a quest’ ultimo a richiedere l’ iscrizione nel registro delle imprese e a detenere le scritture contabili dell’ azienda o della parte a lui affidatagli. Infine, l’ art 2208 stabilisce che vi è responsabilità personale dell’ institore qualora ometta di dire al terzo che sta trattando per conto del preponente ed il terzo potrà agire contro entrambi sia il preponente perché l’ atto rientra nell’ oggetto dell’impresa sia l’ institore perché non ha realizzato la spendita del nome. Ciò non sussiste quando il terzo dalle circostanze poteva ben capire che l’ institore agiva per conto dell’ impresa.

44. b) I procuratori ed i commessi.- I procuratori sono anch’ essi i rappresentanti generali dell’ imprenditore ma si differenziano dall’ institore perché non è preposto alla direzione dell’ impresa. Al procuratore si applicano tutte le norme sulla pubblicità della procura, della revoca o dei limiti inseriti all’ interno del registro delle imprese in maniera che questi possono essere fatti valere verso terzi (art 2209) . -I commessi hanno un potere limitato di rappresentanza e possono compiere solo atti di cui sono ordinariamente competenti. Esistono due tipi di commessi: commessi da negozio che lavorano presso l’ impresa e commessi viaggiatori che possono concludere rapporti anche per conto dell’ imprenditore ma i loro poteri sono ancora limitati dall’ art 2210 che ammette l’ impossibilità del concedere dilazioni o sconti, ne modificare le clausole dei contratti. Ai clienti che hanno compiuto i contratti con i clienti è concesso ricevere dichiarazioni relative all’ esecuzione dei contratti ed in particolare alle inadempienze contrattuali(le dichiarazioni compiute davanti ai commessi hanno effetto verso gli imprenditori. Art 2212).

SEZIONE SECONDA: L’IMPRESA COLLETTIVA

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Capitolo primo: Impresa collettiva e impresa sociale45. L’ impresa collettiva.- L’ impresa può essere imputata o ad una singola persona fisica, o ad una pluralità di soggetti si parla di impresa collettiva. La nascita di tali imprese si è avuta con lo sviluppo tecnico realizzabile solo attraverso l’ utilizzo di grandi imprese che per formarsi, possono essere composte da altre imprese a loro volta collettive così da riunire un ingente capitale. Tali collettività sono caratterizzate dalla realizzazione di uno scopo comune e secondo l’ art. 2247, quando due o più soci si riuniscono per esercitare un’ attività comune volta ad un determinato scopo di dividerne gli utili si ha la società. Se la partecipazione avviene secondo un sistema mutualistico si ha la cooperativa(art 2511) o una mutua assicurazione (art. 2546). Può avvenire anche che l’ impresa venga esercitata per il raggiungimento di uno scopo culturale o politico e dunque sia esercitato tramite una fondazione. Le quali poi destinano il guadagno dell’ impresa allo scopo principale. Per tali ipotesi si hanno due tesi: una che ammette in tali casi l’ utilizzo dello schema della società che comporta quella dell’ impresa e l’ altro ove le due discipline impresa e società devono essere distinte su due piani. Tuttavia rimane certo che la prima forma d’ esercizio dell’ impresa collettiva commerciale è quella sociale.

46. Il concetto di società.- Con il contratto di società due o più persone conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune di una attività economica con lo scopo di dividerne gli utili. (art. 2247).Contratto plurilaterale ove i soci riuniscono le loro partecipazioni per il raggiungimento dello scopo comune, difatti per essere socio, questo è il vincolo essenziale poiché il quantum della prestazione non è messa in luce da tipo del contratto e il loro oggetto consiste nell’ attribuzione alla società di in diritto reale(proprietà,usufrutto) o personale(crediti). Con la partecipazione si assume lo stato di socio e il diritto di partecipare all’ attività sociale detta ,”partecipazione sociale”, che comprende il diritto ad una parte degli utili e ad una quota del patrimonio sociale (diritti sociali patrimoniali) e pure il diritto a partecipare all’ amministrazione della società (diritti sociali amministrativi). Non bisogna confondere società e comunione quest’ ultima si ha quando i condomini si limitano a godere il bene comune ma non se ne servono per esercitare impresa e non si avrà la disciplina della società.Il contratto plurilaterale può essere nullo o annullato parzialmente o può accadere il venir meno di qualche suo socio, l’ importante è mantenere uno scopo comune. L’ atto di nascita della società può consistere anche in un atto unilaterale come accade per le spa e le srl. L’impresa viene svolta non solo per conto ma anche nel nome della società;non è quindi prevista l’ipotesi dell’impresa svolta per conto della società, ma nel nome di uno dei soci(società interna o occulta), tal caso si applica la disciplina della società in nome collettivo.

47. I vari tipi di società.I tipi di società tra i quali i soggetti possono scegliere sono otto:

Società semplice

Società in nome collettivo

Società in accomandita semplice

Società per azioni

Società in accomandita per azioni

Società a responsabilità limitata

Società cooperativa

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Mutue assicuratriciLe tipologie di società vengono distinte in base a tre principi fondamentali: 1) primo criterio: “presenza o meno di responsabilità personale dei soci circa i debiti”. I diritti che i soci conferiscono alla società costituiscono il patrimonio sociale .In alcuni casi se il patrimonio sociale è insufficiente i creditori possono rifarsi sul patrimonio personale dei soci. In tal caso si suole distinguere: a) tipi sociali in cui i soci rispondono con il proprio patrimonio,(società semplici nel cui contratto costitutivo nulla è stato stabilito sulle responsabilità;e le società in nome collettivo) b) tipi sociali in cui nessun socio risponde con il proprio patrimonio,(S.P.A. ed S.R.L.) c) tipi sociali dove alcuni soci rispondono con il loro patrimonio (accomandatari) ed altri no (accomandanti). ( e le società semplici dove è stabilito sul contratto)2) secondo criterio “ la natura dell’ attività sociale” se l’ attività è di tipo commerciale , non si può adottare la società semplice; se invece l’attività sociale non è commerciale,la società sarà una società semplice a meno che i soci non abbiano stabilito diversamente. Talvolta la legislazione speciale dispone l’adozione del tipo della società collettiva anche quando l’attività economica non è commerciale (es;società tra avvocati.)3) terzo criterio: “la presenza o meno di azioni”. Il patrimonio sociale può essere diviso in tante quote quanti sono i soci ovvero può essere diviso in un numero predeterminato di quote ove ognuna è rappresentata da un documento che viene denominato azione, il cui possesso viene utilizzato per esercitare i diritti sociali.RIASSUMENDO In base a tali criteri abbiamo sei tipologie di società:a) società semplice, è una società che non può esercitare un’ impresa commerciale ed in cui i soci hanno una responsabilità personale e non vi sono azioni; b) società in nome collettivo, carattere commerciale, qui i soci hanno responsabilità; c) società in accomandita semplice, società commerciale in cui i soci sono divisi in accomandatari e accomandanti,non ci sono azioni d) società in accomandita per azioni, società commerciale simile a quella precedente in cui le quote sono rappresentate da azioni, e) società per azioni, qui i soci non hanno alcuna responsabilità e le quote sono rappresentate da azioni, f) società a responsabilità limitata nessun socio ha responsabilità ma non ci sono azioni .Le società semplici devono essere iscritte nel registro delle imprese nella sezione speciale, gli altri tipi saranno iscritti nella sezione ordinaria. Ed i loro organi in caso di irregolarità saranno colpiti da sanzioni penali.

48. Società di persone e società di capitali.- A secondo dell’ importanza che i soci danno o meno alla persona degli altri soci in relazione all’ importanza del capitale, si differenziano: società di persone(società semplice,in nome collettivo,in accomandita semplice) e società di capitali. Le società di capitali (spa, srl e in accomandita per azioni) godono della personalità giuridica quindi sono persone giuridiche distinte dalle persone dei soci. Perciò si ha che:a) del patrimonio sociale non possono disporre i soci come singoli,ma solo gli organi della società; b) solo chi compie atti con organi della società competenti entra in rapporto con la società stessa, c) i creditori particolari dei singoli soci non possono soddisfarsi sul patrimonio della società, d) i creditori personali non possono pretendere la liquidazione della quota della società del proprio socio. Si discute se anche le società di persone abbiano non una personalità giuridica ma solo un’ autonomia patrimoniale, che certamente ricomprende le conseguenze a), b), c) ma per la conseguenza d) in base all’ art 2270 i creditori personali dei soci delle società semplici qualora non possano più soddisfarsi sul patrimonio personale del soggetto possono richiedere la liquidazione della quota del loro debitore. Anche i soci delle società di capitali possono essere sci illimitatamente responsabili di u a società di persone (art 2361).

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49. Funzione economica dei diversi tipi sociali.- Ognuno dei cinque tipi di società commerciale svolge una determinata funzione economica.- La società in nome collettivo presuppone un gruppo di soci,competenti nell’attività economica scelta come oggetto sociale e decisi a destinare in modo stabile alla società gli apporti in essa conferiti;non è possibile alienare la partecipazione sociale sia perché non p facile trovare chi si assuma responsabilità personale,sia perché è necessario il consenso di tutti i soci. Pertanto fondamentale è la conoscenza dei soci e il grado di fiducia che vi è tra di essi poiché la quantità del patrimonio e le qualità personali di ognuno influiscono pesantemente sul patrimonio. Questa impresa per l’ incidenza della responsabilità ha un numero di soci fondamentalmente ristretto e non raggiunge grandi dimensioni. -Di maggiore patrimonio è quella società in accomandita semplice ove ai soci accomandatari personalmente responsabili si aggiungono quelli accomandanti che non hanno una grossa responsabilità, ma possono pur sempre controllare l’operato degli amministratori e possono cedere ad altri le loro quote solo se vi è consenso dei soci che possiedono la maggioranza del capitale sociale. -Per facilitare la circolazione delle quote degli accomandanti sono nate le società in accomandita per azioni ossia quelle che permetteranno il trasferimento della partecipazione sociale con il solo trasferimento delle azioni. Qui il controllo sugli amministratori è molto efficace in quanto questi potranno essere revocati dai soci accomandanti e accomandatari a maggioranza di coloro che hanno la più alta percentuale di captale (art. 2466). -La società per azioni invece è molto più libera in virtù della totale mancanza di responsabilità e sono stati fissati dalla precedente legislazione degli strumenti di controllo alquanto leggeri come ad esempio il collegio dei sindaci e un minor potere era concesso anche al pm e agli stessi soci. Sono state emanate adesso nuove norme ed è stata istituita la CONSOB organo che vigila sulle azioni quotate in borsa ma anche su quelle più piccole . la disciplina originaria del codice è stata modificata dal D. lgs. N. 6/2003 che stabilisce che per aversi una spa deve esserci un capitale minimo di almeno 120 mila euro. Per colmare tale vuoto sono nate le società a responsabilità limitata che hanno solo un limite minimo di 10mila euro e molto spesso anche grosse società per snellire le regolamentazioni utilizzano tale modello.

CAPITOLO SECONDO: la società semplice.

50. Premessa. La forma del contratto.- E’ la forma di società meno complicata prevista dal legislatore e il suo contratto può essere realizzato in qualsiasi forma anche orale, ma in quest’ ultimo caso la domanda d’iscrizione deve contenere gli accordi sociali e deve essere firmata da tutti i soci (art 18 D.P.R. 581/1995);può realizzarsi anche per fatti concludenti( 2 o più persone senza manifestare alcuna volontà esercitano impresa e ne dividono gli utili. Quando si trasferiscono diritti su beni immobili a tempo indeterminato o per un periodo superiore a 9 anni si deve osservare la forma scritta del contratto per la validità del conferimento immobiliare (art 2251)pena nullità.

51. I rapporti tra soci .- Questi, di solito sono definiti all’ interno del contratto ma qualora questo non avvenga esistono delle norme suppletive del codice che regola i rapporti tra soci e quelli con i terzi. Per i rapporti tra soci abbiamo:1) Conferimenti da ciascun socio, se essi non sono specificati nel contratto si presume che i soci abbiano conferito in parti uguali tra di loro quanto necessario per il conferimento dell’ oggetto sociale (art 2253). La somma dei valori delle partecipazioni determina il capitale sociale ossia il valore del patrimonio al momento della nascita della società. Questo naturalmente durante la vita della società subisce delle modificazioni: se aumenta determina degli utili, se diminuisce delle perdite. Oggetto di conferimento possono essere anche una prestazione di attività personale e si parla di socio d’ opera. La cassazione ha

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stabilito che le partecipazioni possono essere formate solo dai servizi e che nelle società semplici non è essenziale un capitale iniziale.2) L’amministrazione. Essa deve essere specificata nel contratto stabilendo quali sono i soci amministratori, e se nel contratto non è stabilito nulla tutti i soci sono amministratori e si parla di amministrazione disgiuntiva ove ogni socio può compiere qualsiasi atto e per limitare un atto si ha il diritto al veto ossia l’ opposizione di un socio prima che l’ atto sia compiuto. Dopo l’ atto sarà votato a maggioranza basata sul computo della quota complessiva degli utili attribuiti ad ogni socio;nelle società di persone non vi è il metodo collegiale,non esistono assemblee di soci.Nel contratto può essere stabilito: a) che il potere amministrativo spetti solo a determinati soci (amministrazione disgiuntiva); b) che ogni atto debba essere deliberato a maggioranza o all’ unanimità (amministrazione congiuntiva); c)che un socio sia amministratore unico. Coloro che non sono amministratori hanno un potere di controllo con diritto di avere informazioni sugli affari compiuti. L’ onerosità del compito degli amministratori è presunta per cui ad essi è dato un compenso e i loro diritti e obblighi sono regolati in mancanza di previsioni dalle norme del mandato. Gli amministratori possono essere revocati. Se gli amministratori vengono nominati tali nello stesso contratto di società la revoca deve avere un giustificato motivo, se deriva da un atto di nomina posteriore al contratto di società, la revoca può avvenire anche se manca una giustificata causa. 3) Partecipazione agli utili e alle perdite. Art 2263 prevede che le parti degli utili e delle perdite spettanti ai soci nelle società semplici si presumono proporzionali ai conferimenti, qualora il valore di quest’ ultimi non sia determinato nel contratto le parti spettanti sono uguali. E’ vietato il patto leonino ossia quelli con cui uno o più soci sono esclusi dagli utili o dalle perdite ad un socio (art 2265), è ammesso invece che un socio possa partecipare raggiunto un certo limite lecito e raggiungibile. La nullità della clausola non rende nullo il contratto. Gli utili devono essere contati alla scadenza della società ma è possibile che alla fine di ogni esercizio annuale dopo l’ approvazione del rendiconto realizzato dagli amministratori si dia luogo alla divisione di utili e perdite (art 2262).

52. I rapporti con i terzi.- Per tali rapporti abbiamo:1)Rappresentanza società. Gli amministratori rappresentano la società disgiuntamente e dunque ha il potere di decidere quali atti compiere e di compierli direttamente. (art 2266). Di solito però nel contratto sociale occorre una firma congiunta di almeno due amministratori, tale clausola è opponibile a terzi qualora la conoscano con mezzi idonei e con tali mezzi devono essere resi noti le modificazioni e le estinzioni dei poteri di rappresentanza non solo con la pubblicità del contratto;2) Responsabilità verso i creditori sociali. La responsabilità dei soci è illimitata e solidale (art 2267) e i creditori possono pretendere il pagamento del loro credito anche da uno solo degli amministratori ma la responsabilità è sussidiaria cioè il creditore non può avvalersi subito del patrimonio dell’ amministratore, difatti essi potrà vantare un beneficium excussionis. Nella società semplice alcuni soci potranno essere liberati dalla responsabilità personale purché:a) la mancanza di responsabilità personale risulti dal contratto; b) che tale patto sia fatto conoscere a terzi con mezzi idonei, c) che i soci senza responsabilità non siano amministratori.(art 2267).3) Creditori particolari dei soci. Siccome la società semplice gode di autonomia patrimoniale i creditori particolari dei soci potranno rifarsi solamente sugli utili e compiere atti di conservazione. Quando però i beni rimasti nel patrimonio personale del socio sono insufficienti a soddisfare i suoi creditori particolari ,costoro potranno richiedere la liquidazione della parte del debitore, che dovrà essere realizzata

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entro 3 mesi comportando l’ esclusione del socio (art 2270). L’ art 2271 vieta al creditore particolare che sia creditore anche della società la compensazione.

53. Le modificazioni del contratto di società. Il trasferimento della partecipazione sociale.- Nella società semplice il contratto sociale deve essere modificato solo all’ unanimità, a meno che non sia stabilito diversamente nel contratto stesso. Non vi è problema de recesso del socio per l’ essere dissenziente ad una modificazione tranne quando per due motivi la decisione è presa a maggioranza come accade ad esempio nel caso del mutamento di una società di persone in una di capitali oppure la fusione con altra società, qui il diritto di recesso è consentito. Nella società semplice il cui contratto è concluso intuitu personae ossia che la persona di ogni socio è uno degli elementi che ha determinato gli altri soci a partecipare, così il trasferimento della quota ad un terzo non è possibile se tutti gli altri soci non hanno dato il loro consenso.

54. Lo scioglimento parziale della società: recesso, esclusione, morte del socio. Lo scioglimento della società può essere di due tipi:- scioglimento totale (la società cessa di esistere) e scioglimento parziale (alcuni soci cessano di essere tali). Lo scioglimento parziale si ha per recesso, esclusione, morte di uno dei soci.1. Recesso: si sostanzia nella volontà dei soci di uscire dalla società per: a) quando la durata della società nel contratto è indeterminata o commisurata alla vita di un socio. Qui il recesso deve essere comunicato a tutti anche non espressamente e produrrà effetti solo dopo 3 mesi. b) nei casi previsti dal contratto sociale. C) per giusta causa(art 2285).2.Esclusione: abbiamo due tipologie ossia l’ esclusione di diritto che è un avvenimento previsto dalla legge che produce l estinzione del rapporto sociale, e l’ esclusione per delibera a maggioranza che comporta la nascita del diritto dei soci a realizzare l’esclusione o a soprassedere. La decisione viene presa a maggioranza dei soci e il rapporto si scioglie trascorsi i trenta giorni dalla data di comunicazione della delibera ed entro tale termine l’ escluso può fare opposizione presso il tribunale (art 2287). L’ esclusione può aversi: a) gravi inadempienze, b) interdizione o inabilitazione del socio, c) condanna del socio ad una pena che comporti l’ interdizione, d) impossibilità di compiere il conferimento dell’opera che il socio si era obbligato a compiere, e) perimento del bene conferito: se ciò è avvenuto per causa non imputabile agli amministratori l’ esclusione è ammissibile, se il bene era dato in proprietà alla società l’ esclusione avviene solo se questa non ne aveva ancora avuta la proprietà.(art 2286). Se la società si compone di due soci, l’ esclusione di uno è decisa dal giudice su domanda dell’ altro. (art 2287). Gli avvenimenti a cui consegue automaticamente l’esclusione di diritto sono: a) il fallimento del socio, b) liquidazione parte al possibile creditore.3.Morte del socio: ciò determina l’estinzione del rapporto sociale e la liquidazione della sua parte agli eredi mentre la società continua il suo corso. Ma il codice prevede o che i soci superstiti possano deliberare lo scioglimento della società o che la quota del defunto sia trasferita agli eredi(art 2284). Il contratto può anche stabilire diversamente.4.Liquidazione della quota. Si sostanzia nella liquidazione in danaro della quota di partecipazione che deve essere data all’ ex socio o agli eredi. Il valore della quota si determina in base alla situazione patrimoniale della società al momento dello scioglimento, calcolando l’ avviamento e la prospettiva di prosecuzione dell’ impresa. Al momento del pagamento della quota potrebbe avvenire che questo non si possa determinare con esattezza il valore di un’ operazione in corso portata avanti dall’ ex socio e per questo viene liquidata una somma entro sei mesi e alla fine dell’ operazione dare un ulteriore quantum come corrispettivo del guadagno dall’ operazione(art 2289). Quando il socio ha conferito in società soltanto il godimento o l’uso di

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un bene sarà data una somma che corrisponda all’ utilità che la società ricava dall’ essere titolare del diritto di godimento.5. Responsabilità del socio uscente e dei suoi eredi. Se il socio aveva responsabilità personale all’ interno della società egli rimane responsabile ed anche i suoi eredi anche per i debiti con un creditore della società e ciò deve essere fatto conoscere anche ai terzi. Qualora venga ad essere richiamato come debitore egli diventa a sua volta creditore della società in quanto era stato liquidato al netto.

55. L’estinzione della società. Cause di scioglimento totale e procedimento di liquidazione.-Il codice prevede la sussistenza di determinati eventi che realizzano lo scioglimento totale, ed avuti questi si passa alla liquidazione durante la quale si devono soddisfare tutti i creditori sociali e poi si liquideranno i soci. Cause di scioglimento totale sono 5:1) decorso del termine stabilito nel contratto, ma se i soci continuano le operazioni sociali la società si ritiene tacitamente rinnovata, 2) conseguimento o sopravvenuta impossibilità di conseguire l’ oggetto sociale, 3) deliberazione unanime dei soci, 4) cessazione pluralità dei soci tranne che questa non sia ricostituita entro 6 mesi, 5) le altre cause fissate dal contratto sociale (art 2272). Verificatasi una delle cause di scioglimento si provvede alla nomina dei liquidatori che hanno il potere di compiere gli atti necessari alla liquidazione del patrimonio sociale. Fanno l’ inventario e se non è disposto diversamente dai soci essi possono fare transazioni e compromessi e vendere in blocco i beni sociali.(art 2278), non possono fare ulteriori operazioni e se vanno oltre tale divieto rispondono personalmente degli affari realizzati (art 2279). I liquidatori devono impiegare le somme per estinguere i debiti della società se il patrimonio sarà insufficiente si chiederà ai soci il completamento dei conferimenti e a coloro che rispondono personalmente il versamento di somme superiori. Soddisfatti i creditori il restante patrimonio è diviso tra i soci in base ai conferimenti che se non vengono messi in luce dal contratto saranno fissati alla liquidazione. L’eccedenza è ripartita tra i soci in proporzione ai loro guadagni, e la deficienza secondo le perdite di ciascuno (art 2282).

CAPITOLO TERZO: la società in nome collettivo

56. Premessa.- Le norme che disciplinano le società collettive sono quelle della società semplice con delle integrazioni ad hoc previste dal legislatore. Innanzitutto anche se non è una società commerciale, quella in nome collettivo deve essere registrata nella sezione ordinaria commerciale del registro delle imprese. Se ciò non viene realizzato si ha come conseguenza solo l’ irregolarità della società e dunque questa continuerà comunque ad operare e in caso di insolvenza andrà lo stesso in contro al fallimento.

57. La costituzione della società.- Ecco alcuni punti della disciplina ad hoc:1.Capacità dei soci. Ossia il legislatore ha regolato l’ impossibilità per il tutore dell’ interdetto o del minore (incapaci assoluti) di poter realizzare la partecipazione alla costituzione di una società in nome collettivo a meno che l’incapace non acquisti il diritto gratuitamente ed allora sarà il giudice a decidere. Ciò vale per l’inabilitato ma non per l’ emancipato che ha sempre bisogno dell’ autorizzazione del tribunale (art 2294 ).2. Forma del contratto sociale. Il contratto deve essere fatto per atto pubblico o per scrittura privata autenticata (art 2296): l’ osservanza di tale forma è realizzata solo ai fini della pubblicità. Se non viene osservata la società sarà irregolare, ma esisterà lo stesso.3. Contenuto del contratto. Per essere registrato il contratto deve essere completo anche nel suo contenuto e devono essere presenti tali elementi:

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a)l’ oggetto sociale attività economica da esercitarsi nella società,commerciale o non e comunqvue lecita e possibile;b) sede sociale ossia il comune in cui risiede la direzione amministrativa, c) il nome della società che nella società di persone è definita ragione sociale che come l’ impresa individuale deve avere il carattere della novità e deve contenere il nome di uno dei soci che può permanere anche dopo la sua morte, d) durata della società che al contrario di quella semplice deve essere determinata per legge; valido sempre l’ art 2273 che prevede la rinnovazione tacita in caso si continui l’esercizio dell’attività; e) i conferimenti di ogni socio devono e il loro valore, f) nomi degli amministratori e dei rappresentanti, se ciò non avviene si ammette la rappresentanza e l’ amministrazione disgiunta.4. Pubblicità. Il contratto deve essere depositato nella sezione ordinaria del registro delle imprese nella provincia in cui è stabilita la sede sociale(art 2296). Gli amministratori sono obbligati a depositare il contratto entro 30 giorni dalla conclusione se non lo fanno lo può fare qualsiasi socio (art 2296). Perché il contratto sia valido occorre che sia redatto per iscritto e che sia completo nel contenuto. Tale esame dei requisiti viene compiuto dall’ ufficio del registro delle imprese contro cui si può ricorrere al giudice del registro e al tribunale. Se il contratto viene registrato nonostante manchino i requisiti se il giudice lo rileva,può ordinare la cancellazione della registrazione, la cui esecuzione fa diventare la società irregolare(irregolarità sopravvenuta.)

58. L’ esecuzione del rapporto sociale.- Obblighi dei soci sono quelli di compiere i conferimenti. Altri sono:1) Divieto di concorrenza. Obbligo legale per cui i soci non possono aprire o partecipare ad un’ attività che sia in concorrenza con quella di cui è socio,senza il consenso degli altri soci, qualora ciò avvenga allora si determina il risarcimento e l’ esclusione a norma dell’ art 2286.2) Distribuzione degli utili. Valgono i principi dettati per la società semplice per cui un socio ha diritto a percepire gli utili dopo l’ approvazione del rendiconto annuale. Il concetto di utile è dato dalla differenza attiva tra patrimonio(che risulta alla fine di ogni esercizio annuale) e il capitale della società(che è una cifra fissa che viene fuori dalla somma dei conferimenti dei soci). Dunque gli utili non possono esser distribuiti qualora vi siano state delle perdite l’ anno precedente tranne che queste non siano state integrate tramite la reintegrazione attraverso nuovi conferimenti dei soci o perché sia stato ridotto il capitale in maniera corrispondente alle perdite. Le società in nome collettivo(e in accomandita semplice),quando tutti i loro soci illimitatamente responsabili sono società di capitali, hanno l’obbligo di redigere il proprio bilancio secondo le norme prescritte per le SPA.

59. L’ autonomia patrimoniale della società.- Tale autonomia è più dura che nelle società semplici.1.Creditori sociali. Nella collettiva tutti i soci sono responsabili personalmente e anche i patti di esclusione o limitazione di responsabilità, non possono essere fatti valere nei confronti di terzi. La responsabilità è illimitata, proporzionale e anche sussidiaria ma se la collettiva è registrata la sussidiarietà opera in modo differente poichè il creditore deve prima espropriare il patrimonio sociale e poi se insoddisfatto, quello personale non come in quella semplice ove si espropria direttamente il patrimonio personale. 2. Creditori particolari dei soci. A differenza della società semplice e irregolare, il creditore particolare non può chiedere la liquidazione della quota finchè dura la società. Se però alla scadenza della società viene deliberata la proroga della stessa il creditore può fare opposizione entro tre mesi dall’ iscrizione della proroga del registro delle imprese. Ciò accade anche in caso di proroga tacita.

60. La modificazione del contratto sociale.- Anche le modificazioni del contratto sociale devono essere scritte all’ interno del registro delle imprese a cura degli amministratori. Oltre che nel contratto di proroga

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ciò deve avvenire anche per la riduzione del capitale sociale perché giudicato troppo eccessivo per lo scopo sociale, la pubblicità di tale evento è condizionato dal fatto che a norma dell’ art 2306 i creditori sociali possono fare opposizione, tuttavia il tribunale può dare attuazione alla riduzione purché la società dia le dovute garanzie. Anche il recesso costituisce un caso di modifica del contratto sociale ed è previsto,oltre ai casi della società semplice, anche qualora il socio voglia operarlo a causa di una proroga tacita.

61. Lo scioglimento e la liquidazione della società.- Rispetto alla società semplice abbiamo altri due casi di scioglimento della società: a) provvedimento di scioglimento dall’ autorità governativa, b)dichiarazione di fallimento,quando vi è attività commerciale.Tranne che in quest’ ultima ipotesi,dopo lo scioglimento, si dà il via alla liquidazione che incomincia con la nomina dei liquidatori,e in caso di società registrata questi devono essere iscritti nel registro delle imprese (art 2309). Compiuta la liquidazione secondo le regole della società semplice si dà il via alla redazione del bilancio finale di liquidazione ed al piano di riparto che deve essere inviato ad ogni socio per raccomandata e si ritiene approvato se dopo due mesi non si è avuta opposizione. Dopo di ciò si compone la richiesta per la cancellazione del registro delle imprese (art. 2312). Posteriormente alla cancellazione i creditori insoddisfatti potranno rifarsi nei confronti dei soci e possono anche rivolgersi contro i liquidatori qualora il mancato pagamento sia dipeso da questi.Se la società collettiva compie attività commerciale ed è insolvente,si può dichiarare fallimento della società e dei soci illimitatamente e personalmente responsabili dei debiti sociali solo entro un anno dalla cancellazione della società.

62. Le conseguenze della mancata registrazione.- Ferma restante la responsabilità personale illimitata e solidale dei soci si hanno le seguenti regole:1)La responsabilità dei soci è sussidiaria come la società semplice;2) I creditori particolari dei soci come la società semplice3) Ogni socio ha la rappresentanza in giudizio ed i patti che determinano la rappresentanza solo per alcuni sono opponibili a terzi solo se si dimostra che essi ne erano a conoscenza.4) Il termine di prescrizione dei diritti sociali è di 10 e non di 5 anni come invece lo è per quelle registrate.

CAPITOLO QUARTO: la società in accomandita semplice

63. Nozione.- si distingue da quella in nome collettivo perché ha due tipologie di soci: gli accomandatari, cioè coloro che hanno una responsabilità illimitata e solidale ed i soci accomandanti, che hanno una responsabilità limitata alla quota conferita (art 2313). L’ atto costitutivo deve contenere i nomi di entrambe le tipologie di soci (art 2316). A questa si applicano le norme di quella in nome collettivo un po’ adattate.

64. La posizione dei soci accomandatari.- I soci accomandatari hanno stessi diritti e obblighi dei soci in nome collettivo art 2318.Per ciò che concerne la ragione sociale deve contenere il nome di uno dei soci con l’ indicazione del tipo di società (art 2314), mentre per l’ amministrazione è conferita solo a soci accomandatari e se è realizzata per contratto di società la revoca è ammissibile per giusta causa, mentre se è posteriore al contratto la nomina o la revoca è realizzata con il consenso di tutti i soci accomandatari o con l’ approvazione di tanti soci accomandatari che rappresentino la maggior parte del capitale(art 2319) .

65. La posizione degli accomandanti.- Caratteristica fondamentale è che essi rispondono con la loro responsabilità relativamente alla loro quota. Ciò accade anche se l’ accomandita è irregolare, salvo che l’ accomodante abbia partecipato alla operazione sociale (art 2317). Essi non possono né amministrare né

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rappresentare direttamente la società e se violano tale divieto avranno una responsabilità illimitata sui loro atti e su quelli anteriori all’ atto d’ ingerenza e sul piano interno potranno essere esclusi dalla società e dovranno ripartire le perdite con i accomandatari. Il beneficio della responsabilità limitata è perso anche quando il suo nome è inserito nella ragione sociale (art 2314). Essi hanno un forte diritto d’ informazione e non hanno il dovere di ritornare gli utili erroneamente distribuiti qualora siano stati riscossi in buona fede e sulla base di un bilancio regolarmente attuato (art 2321). Trasferimento della quota. Essi a differenza dei soci accomandatari possono trasferire la loro quota per atto inter vivos con il consenso della maggioranza dell’ intero capitale sociale, e per mortis causa la quota è liberamente trasferibile agli eredi.(art 2322).

66. Lo scioglimento della società.- Una causa autonoma che si aggiunge a quelle per la società in nome collettivo è il venir meno di una delle due categorie di soci tranne che la categoria non si riformi entro 6 mesi, durante tale tempo se mancano gli accomandatari viene nominato un amministratore provvisorio che non diventa socio e dunque non ha responsabilità illimitata(art 2323). Terminata la liquidazione e cancellata dal registro delle imprese, i creditori rimasti insoddisfatti possono pretendere il pagamento dei crediti dagli accomandatari e dai liquidatori e possono pretendere la restituzione della liquidazione del patrimonio da parte degli accomodanti(art 2324).

CAPITOLO QUINTO: la società per azioni

67. Premessa. Le modifiche della disciplina originaria del codice civile: a) L’ operatività delle società per azioni nel mercato unico europeo.- La disciplina delle spa ha avuto numerosissimi cambiamenti e modifiche: prima con il T.U.F. in materi di intermediazione finanziaria(t.u.f. d.lg. n. 58/1998) che vale per le società quotate in borsa, che emettono strumenti finanziari negoziati nei mercati regolamentati, e poi con il D.lg n.6/2003 per le spa anche non quotate, srl e le società in accomandita per azioni. Il sistema normativo sarà così costituito da una disciplina base valida per tutte le società azionarie ed una applicabile solo alle spa che fanno ricorso al mercato del capitale del rischio art 2325-bis quotate in borsa o meno,ovvero che dispongono strumenti finanziari diffusi tra il pubblico in misura rilevante.La CONSOB ha fissato dei criteri determinati per l’ individuazione delle società non quotate con strumenti finanziari diffusi tra il pubblico in maniera rilevante: a) numero di azionisti , diversi dai soci di controllo, superiori a 200 e titolari di almeno il 5% del capitale sociale, b) dimensioni patrimoniali ed economiche che non gli consentano di redigere il bilancio d’ esercizio in forma abbreviata. Per le società quotate la relativa disciplina è posta nel TU e non quella codicistica. Le ragioni particolari che hanno dato vita alle riforme sono dovute innanzitutto alla trasformazione del mercato da nazionale a europeo, e da qui , in mancanza di una disciplina unica europea si è realizzata una legislazione seguendo apposite direttive. Inoltre la nuova disciplina a livello nazionale ha conferito una nuova flessibilità cosicché le società possano statutariamente adottare le strutture giuridiche delle spa alle loro esigenze economiche così da non avere conseguenze negative sulla capacità concorrenziale delle imprese nazionali rispetto a quelle internazionali. Le società europee nella forma di spa sono associazioni di secondo grado,nel senso che ne possono essere socie soltanto altre società, per lo più anch’esse azionarie, già costituite . Esse devono avere la sede legale ed amministrativa nel medesimo stato membro e sono soggette alla regolamentazione transnazionale e anche a quella dello stato membro in cui si trovano, in Italia il d. lg. N 220/2005.

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68. b) Le ragioni e le distorsioni del principio maggioritario.- Nella disciplina codicistica il potere di prendere delle decisioni all’ interno della società veniva dato in mano alla maggioranza, calcolata in base al numero delle azioni possedute proporzionali al capitale investito. E tutela della minoranza restava affidata,all’interno della società ad un organo di controllo(il collegio dei sindaci) e all’esterno ai giudici. Tale sistema non ha però funzionato a causa del mancato controllo da parte del collegio dei sindaci(organo difficilmente imparziale) ed, inoltre, i piccoli azionisti per disinteresse o per disorganizzazione non votano o lasciano i loro voti in mano a dei rappresentanti così le decisioni vengono prese da una minoranza che per l’ abbassamento del quorum e l’ assenteismo diviene maggioranza. Il principio di maggioranza accolto dal codice si basa sul fatto che la maggiore responsabilità deve essere su coloro che investono e , dunque rischiano di più. Nella nuova disciplina ai soci è consentito derogare alla regola per cui “°ad ogni socio vengono fornite tante azioni quanto è il capitale investito” proponendo anche una diversa assegnazione delle azioni e vietando che a queste sia dato un diritto di voto plurimo (art 2351). Inoltre è stato fissato un nuovo tipo di controllo realizzato dalla CONSOB che ha inoltre un ulteriore intento ossia quello di dare ai piccoli investitori una corretta informazione(D.lgs 58/1998).

69. La costituzione della società. A) Formazione dell’ atto costitutivo e dello statuto.- La spa deve avere alla base un capitale corrispondente alla valore(quantità) dei conferimenti dei soci e che non può essere inferiore a120mila euro. Il nome della società per azioni è detta denominazione sociale deve indicare il tipo sociale e non deve contenere il nome di uno o più soci.Abbiamo due modi di costituzione:

a) mediante un’ offerta di sottoscrizione pubblica (metodo meno utilizzato) delineata dagli art 2333 e ss sulla base di un programma predisposto e firmato dai promotori e in cui sono delineati gli elementi essenziali della società. I promotori invitano il pubblico a sottoscrivere le azioni ossia a versare i conferimenti ed avvenuta la sottoscrizione con atto autentico, il versamento deve essere equivalente almeno al 25% del valore di emissione (valore nominale), i sottoscrittori poi si riuniscono nell’ assemblea dei sottoscrittori e stipulano l’ atto costitutivo che deve rispettare le condizioni del programma. I promotori possono, pur non avendo sottoscritto azioni, trattenere per se il decimo degli utili netti annui per un tempo non superiore a 5 anni.

b) secondo modo è la costituzione simultanea, che è il procedimento per cui gli stessi soci fondatori guidano le contrattazioni per il contratto e anche qui loro possono trattenere per se gli utili.

In entrambi i modi l’ atto costitutivo deve avere la forma del’ atto pubblico e deve contenere il nome dei soci, dei promotori, la sede, il valore nominale delle azioni, l’ ammontare del capitale sottoscritto, l’ attività che costituisce l’ oggetto sociale, il numero di azioni assegnate ad ogni socio, regole di ripartizione degli utili… le norme contrattuali sono inserite all’ interno dello statuto che si considera parte integrante dell’atto costitutivo anche se è stato redatto a parte,se vi sono norme contrastanti prevalgono quelle dell’atto costitutivo. Società uni personale. L’ art 2328 prevede inoltre che la costituzione della società può avvenire anche per atto unilaterale ad opera di un unico socio fondatore, soggetto ad una particolare disciplina.

B)Iscrizione dell’ atto costitutivo e dello statuto delle società nel registro delle società.- La redazione in forma di atto pubblico dell’ atto di costituzione e la sua iscrizione nel registro delle imprese sono due delle circostanze particolari che sono richieste per la costituzione della società (art 2330). A tal fine dopo aver redatto l’ atto, entro 20 giorni deve essere depositato dal notaio o dagli amministratori e se essi non lo fanno lo possono fare al loro posto qualsiasi azionista a spesa della società (art 2330). Con il deposito và chiesta l’ iscrizione della società e della registrazione viene accertata dall’ufficio solo la regolarità formale ( e non tutti gli elementi costitutivi che spettano al notaio) che si sostanzia in tali punti:

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a) atto costitutivo in forma pubblica, b) che l’ atto contenga la denominazione della società, i conferimenti , il quantum di capitale, l’ oggetto sociale; c) che il capitale risulti sottoscritto per intero e che i soci abbiano depositato il 25 % dei loro conferimenti e nelle società uniche che l’ unico socio abbia versato il loro intero ammontare;d) che la valutazione dei conferimenti in natura e dei crediti sia stata compiuta secondo legge, e) se la costituzione della società abbisogna di una particolare autorizzazione amministrativa che questa sia stata effettivamente rilasciata (art 2329).

71. Effetti della mancata registrazione.- Se entro 90 giorni non avviene la registrazione della società l’ atto diventa inefficace (art 2331 ) e la banca deve restituire ai sottoscrittori le somme corrispondenti ai conferimenti. Se prima della registrazione vengono compiute operazioni in nome della società coloro che hanno agito sono responsabili illimitatamente e personalmente verso i terzi (art 2331) e qualora la società viene registrata e ratifichi tali operazione si aggiungono anche le responsabilità della società o dei soci, in tal modo la società perde il diritto di regresso verso coloro che hanno agito. Prima della registrazione della società è vietata l’ emissione di azioni e non si può determinare nemmeno un’offerta pubblica di sottoscrizione.

72. La nullità della società.- La registrazione della società può avvenire malgrado la nullità dell’ atto costitutivo per svista del notaio e dell’ ufficio delle imprese. Così, in attuazione di una direttiva europea, e per evitare turbamenti sul piano giuridico, il legislatore ha elencato i casi in cui si realizza la nullità della registrazione che opera ex nunc e non pregiudica l’ efficacia degli atti compiuti e mantiene la responsabilità dei soci che non sono liberati dall’ obbligo di conferimento sino a quando costoro non hanno soddisfatto i creditori sociali. Inoltre il legislatore ha escluso l’ efficacia retroattiva della sentenza dichiarativa, facendola seguire dall’applicazione della disciplina dello scioglimento della società,che quindi viene posta in liquidazione. Tali casi sono: 1) mancata redazione dell’ atto costitutivo in forma pubblica; 2) illiceità dell’ oggetto sciale; 3) mancanza nell’ atto di indicazioni relative all’ oggetto, alla denominazione o al capitale o dei conferimenti. La nullità non può essere dichiarata nemmeno quando il vizio invalidante è stato sanato con una deliberazione modificativa dell’ atto costitutivo iscritta nel registro delle imprese (art 2332). Il dispositivo della sentenza può essere pubblicato su richiesta degli amministratori o dei liquidatori sul registro delle imprese(art 2332).

73. Il capitale sociale: il conferimento degli azionisti.- A pena di nullità nell’ atto costitutivo deve essere determinato il valore del capitale. I conferimenti possono farsi in danaro e qui la oro valutazione è molto facile, ovvero possono farsi con beni in natura(immobile ,macchinario) o con la cessione di crediti purché siano suscettibili di valutazione economica, mentre non può essere oggetto di conferimenti le prestazioni d’ opera (art 2342). Tali conferimenti possono essere dunque costituiti: A) o prestazioni accessorie a cui si possono obbligare gli azionisti, in cambio di un compenso determinato nell’atto costitutivo; B)o con autonomi apporti non imputabili al capitale, per cui chi le realizza non è socio ma è solo un prestatore d’ opera. Il valore globale del capitale sociale non può essere superiore a quello complessivamente attribuito ai conferimenti. Può invece essere inferiore, ed in tale ipotesi già al momento della costituzione della società il patrimonio sociale è superiore al capitale. La cifra nell’atto costitutivo è sempre stabile ed indica il valore iniziale del patrimonio sociale che può subire aumenti con l’ apporto di

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utili o diminuzioni con le perdite. La cifra nell’atto costitutivo indicala parte del patrimonio sociale indisponibile,perché gli amministratori possono distribuire ai soci soltanto somme corrispondenti agli utili conseguiti ,ma non possono restituire i conferimenti,rimborsando parte delle somme versate per l’acquisto della titolarità delle azioni, se prima non viene modificato l’atto costitutivo attraverso un’apposita delibera assembleare degli azionisti per ridurre il capitale sociale,alla quale però possono opporsi i creditori sociali. Occorre quindi che venga determinato il valore effettivo dei beni conferiti appunto perché il loro valore non può essere inferiore al capitale sottoscritto. Per quanto riguarda i conferimenti in natura o di crediti vi è il pericolo che ai beni conferiti venga dato un valore maggiore e così deve essere determinata una stima secondo la procedura prevista all’ art. 2343 per cui :

chi conferisce i beni deve presentare una relazione giurata fatta da un perito del tribunale ,va depositata insieme all’atto costitutivo al registro delle imprese .Entro 180 giorni dalla registrazione della società ,gli amministratori devono controllare le valutazioni:

-se dalla revisione risulta che il valore attribuito era inferiore ad un quinto di quello per cui avvenne il conferimento il socio può versare la differenza in danaro e mantenere intatta la sua quota o recedere dalla società o rimanere azionista solo per il valore del suo bene. In queste due ultime ipotesi il consiglio deve deliberare la riduzione del capitale e deve annullare le azioni che risultano scoperte o, se le azioni erano state riparti non in proporzione al capitale allora quest’ ultimo rimarrà invariato e le azioni saranno ripartite tra i soci rispettando le percentuali pattuite nell’atto costitutivo. Per impedire che l’ obbligo della stima sia eluso il legislatore ha disposto che sino a 2 anni dalla registrazione,gli acquisti di beni debbano essere autorizzati dall’assemblea ordinaria, quando il corrispettivo dell’acquisto o della cessione corrisponde ad almeno un decimo del capitale sociale. La stima di tali acquisti deve essere depositata nella sede sociale a disposizione dei soci nei quindici giorni anteriori all’ assemblea che decide l’ autorizzazione all’ acquisto. Dopo la delibera dell’ assemblea questa e la relazione giurata devono essere consegnate presso il registro delle imprese,entro 30 giorni dall’autorizzazione .Se non viene osservato tale procedimento rispondono in solido l’ alienante e gli amministratori(art 2343- bis). Gli acquisti che per loro circostanze o modalità non presentano il rischio della elusione dell’obbligo di stima: ossia gli acquisti operati in borsa o sotto il controllo dell’ autorità giudiziaria e amministrativa non abbisognano di tale procedimento.

CONFERIMENTI DI BENI IN NATURA E CREDITI SENZA RELAZIONE GIURATA DI STIMAIn attuazione della direttiva comunitaria del 2006 è stato introdotto nel codice l’articolo 2323-ter il quale disciplina che la relazione giurata di stima non è richiesta in due casi:

1. Quando i conferimenti hanno per oggetto valori mobiliari (azioni,obbligazioni) ovvero strumenti dei mercato monetario(buoni del tesoro,certificati di deposito) quotati in borsa,quando il valore di conferimento non supera il prezzo medio di quotazione nei sei mesi precedenti i conferimento;

2. quando il valore di conferimento di beni in natura o crediti corrisponde al c.d. valore equo(fair value):o appartenente a un bilancio sottoposto a revisione legale);ovvero determinato con una valutazione di un esperto imparziale.

In entrambi i casi il conferente deve presentare la documentazione dalla quale risulti il valore attribuito al conferimento, e allegarla all’atto costitutivo. Entro 30 giorni dall’iscrizione della società gli amministratori hanno l’obbligo di controllare se il valore dei conferimenti potrebbe essere cambiato, in tal caso fare un’altra valutazione stavolta con relazione giurata. Se invece il controllo degli amministratori ha dato esito positivo,entro 30 giorni devono depositare per l’iscrizione nel registro delle imprese una dichiarazione confermativa del valore del conferimento,fino a questa dichiarazione le azioni sono inalienabili e devono restare presso la società.

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74. Inadempimento dell’ azionista e la sua decadenza dalla società.- Il socio al momento della realizzazione della società non deve per forza versare tutto il conferimento ma per legge deve versare minimo i 2 decimi e mezzo in una banca,e dopo ,quando sarà richiesto saranno versati i restanti soldi. Detto questo accade però che, qualora alla richiesta dell’ amministratore il socio non versa gli altri decimi sarà diffidato a versarli in un tempo determinato non inferiore ai 15 giorni e la diffida decorre dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Il socio moroso perde il suo diritto al voto s’ intanto si trova in tale situazione. Se il socio non adempie al pagamento entro 15 giorni essi lo potranno citare in giudizio oppure le sue azioni saranno vendute ad un prezzo non inferiore, ai loro soci o,se non vi sono offerte di quest’ultimi saranno vendute ad altri e potrà essere richiesto anche un risarcimento. Se le sue azioni rimarranno invendute dovranno essere eliminate e ci sarà anche una diminuzione reale del capitale per una cifra corrispondente al loro valore nominale (art. 2344)

75. La società uni personale. L’ unico azionista.- Qualora l’ atto di costituzione sia realizzato da un unico socio si parla di società uni personale (art 2328). La responsabilità dell’unico azionista è illimitata solo nel periodo in cui ancora la società non è registrata, dopodiché sarà limitata al solo patrimonio della società. La società uni personale può essere anche sopravvenuta qualora poi i soci operino il recesso e le azioni appartengano ad un unico socio o viceversa si può trasformare in Pluripersonale con l’aggiunta di soci. Ad ogni modo si applica la seguente disciplina:1) per i conferimenti essi devono essere versati interamente dall’ unico socio ovvero devono essere versati entro 90 giorni dalla cessazione della pluralità dei soci, ciò per evitare in primis che si realizzi l’ insolvenza del socio verso i creditori e, in secondo luogo per limitare la responsabilità del socio stesso(art 2325);2) per la pubblicità i terzi devono conoscere se la società è formata da un unico socio, se gli altri soci si sono ritirati e ne è rimasto solo uno ovvero se se ne sono aggiunti altri, tali modifiche devono poi essere depositate presso il registro delle imprese dagli amministratori o dai soci stessi(art 2362), sino a quando non si realizza tale responsabilità non viene attuata la norma sulla responsabilità (art 2325);3) per la responsabilità se sono state realizzate le suddette disposizioni allora, si potrà dare luogo ad una responsabilità limitata se no permarrà la responsabilità illimitata. Si ha inoltre la responsabilità dell’ unico azionista quando si ha l’ insolvenza della società o nel periodo in cui le azioni li siano totalmente appartenute.4) Non sono ammesse deroghe alla organizzazione prescritta dalla legge per le società di capitali(es procedimento assembleare),però vi è una disciplina particolare per i contratti a nome dell’ unico socio ,che sono opponibili ai creditori solo se risultano dal libro delle deliberazioni del consiglio di amministrazione o da un atto scritto di data certa inferiore al pignoramento (art 2362);5) per analogia si adatta la disposizione dell’ art 2250 per cui le srl devono indicare negli atti e nelle corrispondenze se hanno un unico socio.

76. Le azioni.- Il capitale sociale è diviso in azioni che possono essere rappresentate da documenti cartacei sottoscritti(art 2354), se le azioni sono rappresentate da documenti si deve specificare la denominazione e la sede della società, le date della costituzione e dell’ iscrizione nel registro delle imprese, l’ ammontare dei versamenti parziali, diritti ed obblighi particolari (art 2354). L’ azione deve avere un valore nominale pro quota, che se anche non è determinato ,è consentita comunque l’ emissione di titoli azionari senza valore nominale, ma occorre indicare sia il valore del capitale, sia il numero di azioni emesse (art 2354). Naturalmente il valore nominale complessivo andrà ad indicare il valore complessivo del capitale sottoscritto. Sono tutte di eguale valore nominale.Le azioni, nella vecchia disciplina del codice dovevano essere consegnate a ciascun socio in un livello pari al suo conferimento e la società non poteva emettere nessuna “sotto la pari” cioè al di sotto di quanto gli è stato versato. Adesso invece i soci possono prevedere una diversa ripartizione delle azioni e quindi è

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ammesso che una parte dei soci possa ricevere un numero di azioni di valore nominale superiore al loro conferimento. Rimane inderogabile il principio per cui “in nessun caso il valore dei conferimenti può essere complessivamente inferiore all’ammontare globale del capita” (art 2346).Ogni azione può essere identificata in base al numero e una serie, si parla di “azioni al portatore” o in base al nome del socio “azioni nominative”. Questa ultima modalità per ragioni fiscali in Italia è obbligatoria, e inoltre il codice prevede che (art 2354) non possono essere emesse al portatore né le azioni non ancora liberate (cioè quelle per cui il socio non ha ancora deliberato il conferimento) né le azioni per cui l’ obbligo di conferimento è affiancato a quello di eseguire prestazioni accessorie. Infine, le azioni sono dei titoli di partecipazione , nel senso che indicano qual è la posizione del’azioni sta nella società. In ogni società devono essere previste azioni ordinarie che per legge devono corrispondere alla metà del capitale e conferiscono sia diritti patrimoniali che amministrativi all’ azionista in corrispondenza al numero delle azioni da lui possedute.

77. Categorie di azioni.- Con l’ autonomia statutaria si è garantita la possibilità che vi siano altre categorie di azioni e ad ogni categoria corrispondono diversi diritti: a)Azioni privilegiate, le quali hanno dei diritti molto particolari come ad esempio:

1) privilegio negli utili nel senso che anche quando la società non ne realizza questi debbano essere corrisposti lo stesso;

2) partecipazione alle perdite limitata,prima sopportano le perdite i soci non privilegiati; 3) limitazione del diritto di voto perché si ammette che essi non possano interessarsi

direttamente alla gestione sociale e possono conservare il loro diritto al voto solo nelle assemblee straordinarie;

4) altri limiti al diritto di voto sono stabiliti dalla possibilità che il voto sia limitato a determinati argomenti, o subordinato a determinate condizioni (art 1355), inoltre è possibile che le società che non facciano parte del mercato a rischio possano limitare il voto determinando ad esempio un voto ogni due azioni o altro. Non si possono creare azioni a voto plurimo (art 2351).

b)Azioni di godimento, dopo la riduzione del capitale sociale la società può rimborsare parte del capitale sociale restituendo parte dei conferimenti. Ma se il valore reale delle azioni (pro quota corrispondente al valore del patrimonio sociale) è superiore al valore nominale (corrispondente pro quota al capitale sociale) ai titolari delle azioni possono essere attribuite delle azioni di godimento, che possano assicurarli l’ esercizio dei diritti residui rispettando la parità di trattamento per tutti gli azionisti. Così i possessori di tali azioni potranno concorrere con gli azionisti non rimborsati alla ripartizione degli utili soltanto dopo che quelli non rimborsati abbiano avuto un dividendo pari all’ interesse legale. E in caso di liquidazione della società essi avranno una quota residua dopo che ai titolari delle altre azioni sia stata rimborsata una somma pari al loro valore nominale (art 2353). c) Azioni correlate, sono delle azioni strettamente dipendenti dai risultati patrimoniali strettamente conseguiti dalla società in un determinato settore. Ai titolari di dette azioni i dividendi sono corrisposti solo in misura pari al loro agli utili annuali conseguiti col bilancio d’ esercizio(art 2350).d) Azioni con prestazioni accessorie, sono azioni che comprendono oltre al versamento dei conferimenti anche quello di realizzare delle particolari prestazioni che sono retribuite con una quota extra .Le mansioni, i soggetti,la durata il compenso e gli obblighi vanno inseriti nell’ atto costitutivo e possono essere modificate con voto unanime (art 2345).e) Azioni a favore dei prestatori di lavoro, se gli azionisti in assemblea, rinunciano agli utili questi vengono ripartiti tra i prestatori di lavoro per un ammontare corrispondente agli utili stessi ed il capitale sociale dovrà aumentare in relazione ad essi (art 2349).

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78. Altri strumenti finanziari partecipativi.- Nelle società per azioni non sono ammissibili conferimenti di lavoro o di servizi ma tali prestazioni possono essere utilizzati determinando un rapporto di tipo associativo con uno strumento non computabile nel capitale sociale, perché non è un conferimento nel capitale sociale. A tali prestatori vengono assegnati strumenti partecipativi differenti dalle azioni detti atipici che possono conferire diritti patrimoniali o amministrativi con esclusione del diritto di voto.

79. Trasferimento della partecipazione sociale: modalità, limiti, ed effetti. Usufrutto, pegno, e sequestro delle azioni.- A differenza delle società di persone nelle spa le azioni sono liberamente trasferibili. Se non sono stati ancora emessi i documenti rappresentativi delle azioni la quota sociale è liberamente trasferibile se esiste un valido documento di trasferimento del diritto di proprietà ,mentre il trasferimento ha effetto nei confronti della società dal momento della registrazione nel libro dei soci. Se i titoli sono emessi,le modalità di trasferimento all’acquirente(che per poter esercitare i diritti deve diventare portatore legittimo): -per le azioni al portatore è sufficiente il trasferimento all’ acquirente con la consegna, -per quelle nominative invece ne diventa portatore legittimo, l’ acquirente a cui è intestata con il cambio di nome ad opera dell’ amministratore della società emittente sia nel libro dei soci che nel documento (doppia intestazione art 2022): se l’ azione nominativa avviene tramite girata con sottoscrizione autenticata dal notaio e avvenendo con la girata l’ intestazione del titolo, il giratario è legittimato ad esercitare i diritti sociali ancor prima dell’ aggiornamento del libro dei soci. Anche per le società non quotate si segue tale disciplina. Limiti alla circolazione delle azioni. Alla libertà di circolazione sono stabiliti determinati limiti che sono di tipo legale, prestabiliti dalla legge o di tipo convenzionale, inserite nello statuto che può vietare il trasferimento di azioni nominative sino a 5 anni dall’inizio della società , o tali azioni possono essere sottoposte ad ulteriori clausole come ad es. clausole di gradimento, dove le azioni possono essere trasferite solo dopo il placet dell’ organo amministrativo, o clausole di prelazione ove l’ alienante deve preferire i soci come acquirenti. Se le azioni sono al portatore i limiti sono applicabili solo se non vengono emessi i documenti cartacei perchè in tal caso non è possibile impedire la circolazione cartolare. Clausole di mero gradimento, nelle quali la concessione del placet è affidata al giudizio discrezionale degli organi sociali o altri soci:esse però sono inefficaci se non prevedono a carico di altri soci, un obbligo di acquisto o il diritto di recesso dell’ alienante, ciò è previsto anche per le limitazioni ai trasferimenti mortis causa. Le clausole statutarie si devono evincere dal titolo (art 2355-bis),altrimenti esse non sono opponibili all’acquirente. Ai soci è consentito porre limiti anche con accordi separati detti patti parasociali che vedremo dopo. Responsabilità per il trasferimento di azioni non liberate : rimane anche dopo tre anni il trasferimento, la responsabilità sussidiaria dell’ alienante per i decimi non versati, così se l’ acquirente sarà inadempiente risponderà l’ alienante(art 2356). Comproprietà dell’ azione : (art 2347)sono comproprietari coloro che possiedono una stessa azione o un pacchetto di queste: essi rispondono in solido per la corrisponsione dei decimi, inoltre devono nominare un rappresentante comune che vota per loro e riceve le informazioni. Usufrutto, pegno e sequestro : ciò che occorre stabilire è che, assegnato un diritto di pegno e di usufrutto , a chi tocchi esercitare l’ azione di socio. Per legge il voto spetta all’ usufruttuario o al creditore pignoratizio, mentre gli altri diritti amministrativi sono del socio (art 2352). Per il versamento dei decimi previsti: per il pegno il socio deve fornire al creditore almeno tre giorni prima i soldi per il versamento,altrimenti il creditore può vendere le azioni in nome del socio, per l’ usufruttuario è lui a dover corrispondere i decimi con il diritto alla restituzione al termine dell’ usufrutto stesso (art 2352). Nel caso di sequestro delle azioni il voto è esercitato dal custode.

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80. Gli organi della società per azioni. A) L’ assemblea dei soci: deliberazioni ordinarie e straordinarie.- Organo fondamentale è l’ assemblea generale degli azionisti che è regolarmente costituita e può prendere valide decisioni se: a) tutti i soci sanno dell’ assemblea conoscono i vari punti del giorno; b)che i soci presenti siano titolare di una determinata frazione del capitale sociale.Se l’ assemblea non si costituisce perché manca il minimo del capitale sociale previsto per legge essa può essere riconvocata(assemblea in seconda convocazione ) entro 30 giorni e che gli argomenti siano gli stessi. Unica convocazione. Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio,lo statuto può escludere il ricorso a convocazione dell’assemblea successive alla prima, disponendo ceh all’assemblea in unica convocazione si applichino quorum ridotti rispetto a quelli prescritti per le assemblee di 1°convocazione.Per la determinazione del capitale minimo necessario per la valida costituzione dell’assemblea bisogna distinguere:- Se vi sono deliberazioni ordinarie come:

1) approvazione del bilancio,2) nomina amministratori, sindaci;3) determinazione compenso amministratori e dei sindaci, 4) autorizzazione atti amministrativi, 5) approvazione dell’eventuale regolamento dei lavori della stessa assemblea, in tutti tali casi

si avrà un’ assemblea ordinaria. -Sono deliberazioni straordinarie e dunque si avranno assemblee straordinarie (art 2365):

1) modificazioni dello statuto sociale, 2) nomina liquidatori e determinazione dei poteri, 3) decisione di non procedere all’ emissione di titoli azionari,4) concessione di prestiti o garanzie a terzi per l’acquisto di azioni proprie5) concordato per la cessazione della procedura dell’ amministrazione straordinaria.

-Quorum per l’ assemblea ordinaria è in prima convocazione,almeno la metà del capitale, in seconda qualunque sia il capitale. -Quorum per quella straordinaria in prima convocazione a votare più della metà del capitale, in seconda convocazione occorre l’intervento di oltre un terzo del capitale sociale,e il voto favorevole di almeno due terzi del capitale presente in assemblea.Per le società che non hanno azioni diffuse tra il pubblico occorre il voto favorevole di più di un terzo del capitale sociale, per decidere determinate modifiche del contratto più precisamente:-cambiamento oggetto sociale,- trasformazione tipo società,-scioglimento anticipato,-trasferimento sede. Per le società non presenti sui mercati del capitale del rischio occorre per le convocazioni successive alla seconda della assemblee straordinarie, la presenza solo del quinto del capitale sociale(sempre con favore dei due terzi dei voti. Ciò che è stabilito per le assemblee straordinarie si applicano anche a quelle speciali cioè a quelle costituite solo dai soci di ciascuna categoria interessata.

81. Il procedimento assembleare.Convocazione: a norma dell’ art 2363 l’ assemblea in seduta ordinaria deve essere convocata almeno una volta all’ anno almeno 120 giorni prima della chiusura dell’ esercizio sociale con una dilatazione dei tempi fino a 180 giorni quando sono società tenute al bilancio consolidato o quando lo richiedono determinate esigenze relative alla complessità dell’attività della società. L’ assemblea deve essere convocata dall’ organo amministrativo nel comune dove ha sede la società;ed è obbligato quando ne è stata fatta domanda da tanti soci che posseggano almeno un ventesimo del capitale sociale nelle società che fanno ricorso al

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mercato del capitale di rischio ed un decimo le altre e nella domanda sono indicati gli argomenti da trattare; se non lo fa lo fanno gli organi di controllo altrimenti su richiesta dei soci,il tribunale in presenza di determinati motivi. La comunicazione è fatta tramite avviso contenente ora, giorno e luogo dell’ adunanza e l’ ordine del giorno. L’ avviso deve essere pubblicato sulla gazzetta ufficiale e per le società le cui azioni non sono diffuse tra il pubblico in misura rilevante si può stabilire che la convocazione è spedita almeno 8 giorni prima. Nell’avviso può essere fissato anche il giorno della seconda convocazione.Costituzione: se non sono osservate tali forme l’ assemblea è irregolare, malgrado ciò è regolare se vi partecipano la quasi totalità dei soci(assemblea c.d. totalitaria) e la maggioranza dei componenti degli organi di controllo.Intervento all’ assemblea: hanno diritto ad intervenire tutti i soci a cui spetta il diritto di voto e l’ intervento e la votazione possono essere ammessi dallo statuto anche per via telematica.Rappresentanza nell’ assemblea: I soci possono avere un rappresentante in assemblea tramite procura conferita per iscritto che nelle società che investono sul mercato del rischio la rappresentanza è stabilita solo per singole assemblee salvo che si tratti di una procura generale ovvero di una procura conferita da un ente collettivo o istituzione. Svolgimento assemblea e verbalizzazione: l’ assemblea è diretta tramite un presidente che si evince dall’ atto di costituzione o eletto dalla maggioranza dei presenti. Il presidente in primis deve accertare la legittimità e l’ identità degli intervenuti. E poi dirige l’ assemblea e computa i voti. Gli esiti devono evincersi da un verbale, che è sottoscritto dallo stesso presidente e dal segretario. Se l’ assemblea è straordinaria il verbale è redatto da un notaio.

82. L’ invalidità delle deliberazioni assembleari.- La disciplina che regola i vizi delle deliberazioni deve conciliare due esigenze particolari:a) quella per cui deve realizzare una tutela agli azionisti di minoranza e che tale tutela realizzi l’ invalidità della delibera e il suo risarcimento, B) e la possibilità di dare certezza alle decisioni assembleari. Con la nuova disciplina abbiamo:

NULLITA’ . le deliberazioni assembleari sono nulle, quando:1. è mancata la convocazione dell’ assemblea, se invece l’ assemblea è convocata

da un altro organo si ha solo irregolarità purchè l’ avviso abbia raggiunto i soci; 2. quando è mancata la redazione del verbale, ma non si ha ciò quando viene

sottoscritto un documento da parte del presidente da cui risultano oggetto e la data;

3. ha ad oggetto qualcosa d’ illecito o impossibile.La delibera nulla può essere impugnata da chiunque vi ha interesse entro tre anni a decorrere dall’ iscrizione di quella stessa nel libro delle adunanze assembleari o nel registro delle imprese(art 2379). Per la nullità per vizi procedimentali viene ammessa la sanatoria:per esempio l’azione di nullità per mancanza del verbale può essere sanata con una verbalizzazione eseguita prima dell’assemblea successiva. La delibera nulla per un vizio del contenuto(illecito o impossibile) non può essere sanata.La nullità può essere rilevata d’ ufficio.

ANNULLABILITA’ . Si ha in base all’ art 2377: quando la costituzione dell’ assemblea è dipesa da persone non legittimate; quando la maggioranza è stata raggiunta con voti marginali( determinanti) di soci in

conflitto d’ interessi e la delibera può arrecare danno alla società; maggioranza raggiunta per voti invalidi(es.per dolo,violenza errore); verbale incompleto ed inesatto tale da non poter verificare la sua irregolarità.

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L’ azione di annullamento spetta agli amministratori, al consiglio di sorveglianza e a quello sindacale;anche ai soci assenti, dissenzienti o astenuti che insieme posseggono il 5% delle azioni aventi diritto al voto. Chi non ha tali capitali può chiedere il risarcimento alla società. Hanno diritto al risarcimento anche i soci privi di voto e quelli che, pur avendo dimostrato al tempo dell’impugnazione della delibera di possedere il prescritto numero delle azioni, non lo hanno conservato nel corso del giudizio perché le hanno trasferite ad altri.L’ esercizio dell’ azione di annullamento e di risarcimento del danno è soggetta ad un breve tempo di decadenza di 3 mesi che decorre dalla sua iscrizione nel registro delle imprese e se nn deve essere iscritta dalla data della delibera. Tutte le impugnative relative alla stessa deliberazione devono essere decise in un unico processo e sono fatti comunque salvi i diritti acquistati in buona fede da terzi. Il tribunale non può dichiarare la nullità o l’annullabilità della deliberazione impugnata, se questa è stata sostituita con altra conforme alla legge o allo statuto. Se le deliberazioni dell’ assemblea generale pregiudicano i diritti di una categoria di azionisti, questi provvedimenti devono essere approvati dall’ assemblea della categoria interessata, altrimenti è annullabile.

83. Il consiglio di amministrazione: nomina e attribuzione degli amministratori.- Viene disposto che la società per azioni sia gestita da uno o più amministratori, il consiglio di amministrazione, e che il controllo sull’osservanza della legge e statuto sia affidato al collegio sindacale, mentre il controllo finanziario sia nelle mani di un revisore legale dei conti(nelle SPA che non fanno ricorso al mercato di rischio il controllo finanziario può essere affidato allo stesso collegio sindacale). Esaminiamo innanzitutto il sistema TRADIZIONALE da applicare a tutte le società;Nell’ atto costitutivo deve essere inserito il numero degli amministratori, ( se più di si ha consiglio d amministrazione; se è solo di uno :unico amministratore). 1)NOMINA. Questa deve avvenire da parte dell’ assemblea ordinaria fatta eccezione per i primi due nominati nell’atto costituivo e gli amministratori non per forza devono essere soci (art 2383). La durata massima dell’ incarico è di 3 anni e non sono ammessi a tale carica: gli inabilitati, gli incapaci, gli interdetti, i falliti e anche coloro che sono stati allontanati per un periodo dal lavoro. Può essere nominato l’impiegato dello Stato che ha solo incompatibilità ed andràa incontro solo a sanzioni disciplinari da parte della PA. Perché si diventi amministratore oltre alla nomina vi deve essere l’ accettazione che deve essere realizzata entro 30 giorni con la richiesta d’ iscrizione nel registro delle imprese (art 2383). 2) ATTRIBUZIONI. Agli amministratori spetta il potere di gestione(potere di deliberare il compimento di tutti gli atti per la realizzazione dell’ oggetto sociale), e il potere di rappresentanza che può essere dato ad uno o a tutti gli amministratori, in tal caso bisogna specificare se essi opereranno congiuntamente(art 2383). A tutela dell’ affidamento dei terzi è predisposto che -non sono opponibili a terzi le cause d’ invalidità della nomina degli amministratori, salvo che non si provi che essi ne erano a conoscenza ;- in secondo luogo non sono opponibili gli atti conseguiti utilizzando un potere di rappresentanza che vada oltre i limiti della procura tranne che non si dimostri che i terzi hanno agito con cognizione di causa contro la società.Operazioni con parti correlate. Nelle società che fanno ricorso al capitale del rischio gli amministratori devono attuare delle norme di correttezza, fissate dalla Consob, nelle trattative con le parti correlate ossia coloro che possono avere interessi comuni alla stessa società(società controllanti,controllate o collegate). L’ osservanza di tali regole risulterà dalle relazioni al bilancio che gli organi d controllo devono presentare all’assemblea.Deliberazioni consiliari. Il consiglio di amministrazione è convocato dal presidente che enuncia l’ ordine del giorno(art 2381). Sono valide le deliberazioni realizzate con il voto favorevole della maggioranza assoluta

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degli amministratori e se è presente la maggioranza degli amministratori in aula. Possono avvenire per videoconferenza e non sono ammessi rappresentanti. Le deliberazioni non conformi a legge o statuto sono annullabili e possono essere impugnate entro 90 giorni(art 2388) dagli amministratori assenti ,dissenzienti o dal collegio sindacale, sono annullabili le deliberazioni che coinvolgono l’ interesse diretto di un soggetto(art 2391).Amministrazione delegata. Il consiglio di amministrazione può delegare i propri poteri ad un determinato comitato esecutivo composto da alcuni amministratori o anche da uno o più consiglieri (amministratori delegati) delegati (art 2381). Non si può delegare il potere di fare il bilancio, aumentare o diminuire il capitale, emettere azioni, redigere progetti di fusione o scissione.Amministratore unico. Qualora sia direttamente coinvolto un proprio interesse personale in una deliberazione egli deve dare espresso annuncio al collegio sinda.cale e poi l’ assemblee si pronuncerà sulla questione (art. 2391).

84. Responsabilità degli amministratori.3)RESPONSABILITA’. Salvo alcuni casi previsti(es. violazione dell’obbligo di non fare concorrenza alla società; di informare il consiglio della sussistenza di interessi personali in una determinata operazione) gli amministratori sono obbligati a compiere l’ attività amministrativa della società con la diligenza richiesta per la natura dell’ incarico e dalle loro specifiche competenze (art 2392)se per difetto di diligenza abbiano arrecato danno alla società essi sono responsabili e l’ assemblea può deliberare di esercitare l’ azione sociale di responsabilità(art 2373)per ottenere il risarcimento, e tale azione può essere deliberata anche dal collegio o da una minoranza che detenga un quinto del capitale sociale. La società può rinunciare all’ azione purché si approvi la rinunzia e la transazione (art 2393),purché non vi sia il voto contrario di una minoranza che raggiunge un quinto del capitale sociale. Gli amministratori sono responsabili anche verso i terzi:-verso i creditori sociali alla duplice condizione:(a)che non abbiano adempiuto alla salvaguardia dell’ integrità del patrimonio,b) perché il patrimonio è insufficiente alla loro soddisfazione. Se gli amministratori per il tipo di inadempienze sono responsabili anche verso i terzi , questi possono intraprendere l’ azione indipendentemente dalla società -verso i terzi che sono stati direttamente danneggiati dal loro comportamento(es.:sono stati indotti ad acquistare azioni a prezzi alterati mediante la redazione di bilanci falsi..)in queste ipotesi anche se non vi è stato danno verso il patrimonio sociale i terzi ed i singoli soci danneggiati possono agire direttamente contro glia amministratori colpevoli (Art 2395: azione individuale del socio e del terzo).

85. Cessazione e sostituzione degli amministratori.4)ESTINZIONE DEL RAPPORTO DI AMMINISTRAZIONE. Può avvenire per:

a) revoca dall’assemblea ordinaria che può avvenire in qualsiasi momento e che se è operata senza giusta causa l’ amministratore ha diritto al risarcimento;

b) rinunzia dell’ amministratore realizzata tramite la presentazione delle dimissioni scritte al consiglio e al presidente;

c) scadenza del termine;d) decadenza per inabilitazione, interdizione, fallimento, alcune condanne penali ecc..; e) morte.

La cessazione deve essere iscritta entro 30 giorni nel registro delle imprese dal collegio sindacale se no non è opponibile a terzi5)SOSTITUZIONE. La sostituzione per cessazione del termine è realizzata solo quando il consiglio è ricostituito, mentre quella operante tramite dimissioni ha effetto solo dal momento in cui la maggioranza si

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è ricostituita, mentre ha effetto immediato rimane in carica la maggioranza del consiglio. Per operare l’ integrazione abbiamo le seguenti regole: a) se vengono a mancare taluni amministratori questi vengono sostituiti con il sistema della cooptazione dallo stesso consiglio di amministrazione con l’approvazione del collegio sindacale purché la maggioranza del consiglio sia sempre costituita da amministratori nominati dall’assemblea, e poi questi saranno effettivamente confermati dall’ assemblea o sostituiti; b) se viene meno la maggioranza quelli rimasti devono riunire l’ assemblea e realizzare l’elezione e quelli così nominati scadono insieme con quelli già in carica; c) se non rimane nessuno il collegio dei sindaci deve riunire l’ assemblea per l’ elezione.

86. C)Il collegio dei sindaci.- (organo di controllo). Si compone di tre o cinque sindaci effettivi e di due sindaci supplenti (art 2397). NOMINA. I sindaci sono nominati dall’ assemblea ordinaria ad eccezione dei primi due che sono nominati nell’ atto costitutivo. In carica 3 anni. I sindaci possono essere soci o non esserlo,il presidente è nominato dalla stessa assemblea, almeno un sindaco effettivo ed uno supplente devono essere scelti tra i revisori contabili iscritti all’ interno del registro istituito presso il ministero dell’economia. Non possono essere nominati sindaci coloro che sono stati nominati interdetti, inabilitati, i falliti, ecc. o addirittura coloro che sono legati alla società da rapporti di natura patrimoniale (art 2399). Al momento della nomina devono essere resi noti alla assemblea gli incarichi dei sindaci(art 2400). COMPENSO. Per evitare delle influenze illecite dei soci il compenso dei sindaci è deciso al momento della nomina e non può mutare per altri 3 anni (durata della carica).POTERI E DOVERI. Controllo sugli atti degli altri organi sociali siano conformi alla legge e allo statuto, nonché la correttezza della gestione, vigilare sull’adeguatezza dell’organizzazione, dell’amministrazione e della contabilità ;e per far ciò possono fare ispezioni e liberamente avvalersi di ausiliari, ma gli amministratori possono rifiutarsi di dare l’ accesso ad informazioni segrete a tali ausiliari. Per facilitare il lavoro dei sindaci ogni socio può realizzare la denuncia (art 2408) e se la denuncia corrisponde ad un ventesimo del capitale(o a un cinquantesimo nelle società che ricorrono al mercato del capitale di rischio) il collegio deve indagare senza ritardo e se sono problemi gravi dovranno riunire d’ urgenza l’ assemblea. Le deliberazioni vengono prese a maggioranza assoluta e se ne redige un verbale e il collegio deve riunirsi ogni tre mesi(art 2404). I sindaci devono esercitare i loro poteri con molta diligenza richiesta dalla natura dell’ incarico. Sono responsabili solidamente con gli amministratori se un esercizio è stato realizzato negativamente per mancanza del controllo (art 2407).CESSAZIONE DELL’ UFFICIO. Il rapporto tra sindaci e società cessa: a) per scadenza mandato; b) revoca deliberata dall’ assemblea solo se ricorre giusta causa e deve essere approvata con decreto dal tribunale dopo aver ascoltato l’interessato; c) per morte; d) per decadenza dovuta a cause d’ ineleggibilità sopravvenuta, o per mancata partecipazione ingiustificata alle assemblee. e) per rinunzia(dimissioni) SOSTITUZIONE DEI SINDACI. Ai sindaci cessati subentrano i supplenti in ordine d’età, alla presidenza va il più anziano e quello revisore contabile è sostituito dal più anziano che detiene la stessa qualifica. I sostituti restano in carica fino alla prima assemblea ,che procede ad una nuova nomina (art 2401) la nomina e la sostituzione devono essere iscritte all’ interno del registro delle imprese.

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87. Il controllo contabile. -È esercitato nelle SPA da un revisore legale dei conti o da una società di revisione iscritti nel registro istituito presso il Ministero dell’economia(ricordiamo che nelle società che hanno adottato il sistema tradizionale di amministrazione e per le società che investono sul mercato del capitale di rischio e non sono tenute a redigere un bilancio consolidato, lo statuto può prevedere che la revisione legale dei conti sia affidata al collegio sindacale: n.87). L’ incarico dura tre esercizi e per il compenso deve essere deliberato dell’ assemblea ordinaria che vale per tre anni. La revoca dell’incarico può essere decisa solo per giusta causa dall’assemblea; il soggetto incaricato della revisione può dimettersi nei casi e con le modalità definiti con regolamento del Ministro dell’economia .Devono essere informati tempestivamente il Ministro delle ragioni che hanno determinato la revoca, le dimissioni o la risoluzione consensuale dell’incarico. Tra sindaci e revisori vi deve essere uno scambio di informazioni per l’ esplemento dei rispettivi compiti (ART 2409).I revisori devono verificare nel corso dell’esercizio la regolare tenuta della contabilità, ed esprimere con un apposita relazione di revisione un giudizio sul bilancio di esercizio e ove redatto sul bilancio consolidato; giudizi che possono essere positivi o negativi. Positivi quando i bilanci sono corretti, negativi quando il bilancio non è corretto e può anche essere rilasciata una dichiarazione di impossibilità di esprimere qualsiasi giudizio ( ad es., perché il progetto del bilancio di esercizio non è stato redatto dagli amministratori, o non è stato posto a disposizione del soggetto incaricato di revisione).RESPONSABILITÀ. I revisori rispondono in solido tra loro e con gli amministratori nei confronti della società che ha conferito l’incarico di revisione legale, dei soci e dei terzi per i danni derivanti dall’inadempimento dei loro doveri .L’azione di risarcimento si prescrive nel termine di 5 anni dalla data della relazione di revisione.OPERAZIONI STRAORDINARIE. Ulteriori funzioni sono attribuite ai revisori legali dei conti quando si intendono attuare operazioni di fusione o di scissione, in tali casi devono redigere la relazione sulla congruità del rapporto di cambio tra le partecipazioni delle società interessate alla fusione o alla scissione.

88. I sistemi statutari di amministrazione e di controllo.- Invece del sistema tradizionale di amministrazione e di controllo, basato sulla presenza del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale abbiamo altre due tipologie di controllo e di amministrazione ossia: il sistema dualistico incentrato sulla presenza di un consiglio di gestione e di un consiglio di sorveglianza(art 2409-octies), o il sistema monistico incentrato sulla presenza del solo consiglio di amministrazione soggetto al controllo del comitato all’ interno dello stesso consiglio (art 2409- sexiesdecies).

1. Sistema dualistico . La differenza con il modello tradizionale, non si ritrova sul piano amministrativo poiché il consiglio di amministrazione si rispecchia con consiglio di gestione, anche se si può prevedere che sia il consiglio di sorveglianza competente a deliberare “in ordine alle operazioni strategiche e ai piani industriali e finanziari predisposti dal consiglio di gestione”, che peraltro rimane responsabile per i conseguenti atti di esecuzione.

Le principali differenze si ritrovano sul piano del controllo poiché rispetto al sistema tradizionale al consiglio di sorveglianza spettano poteri differenti:

a) nomina e revoca membri del consiglio di gestione, b) approvazione del bilancio d’esercizio, c) esercitare l’azione di responsabilità verso il consiglio di gestione, gli altri potere non divergono

dal sistema tradizionale(può denunciare al tribunale le irregolarità del consiglio di gestione ,qndi stessi poteri di sorveglianza del collegio sindacale).

Inoltre i membri possono anche non essere soci, sono nominati dall’ atto costitutivo e, successivamente dall’ assemblea ordinaria in un numero non inferiore a 3 ed uno deve essere scelto tra i revisori dei conti (2364- bis/ duodecies). Per la sostituzione dei consiglieri venuti a mancare durante l’

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esercizio provvede l’assemblea. Il loro compenso è definito all’atto di nomina e il consiglio deve riunirsi almeno ogni 90 giorni, e poi almeno una volta l’ anno per riferire all’ assemblea della sua attività di controllo. L’assemblea deve deliberare sulla revoca e sulla responsabilità dei componenti del consiglio, e quando accade ciò quest’ ultimi,s e soci, non possono naturalmente votare.

2. Sistema monistico . Rispetto al sistema tradizionale, assemblea e consiglio di amministrazione mantengono i rispettivi ruoli e all’interno dello stesso consiglio invece nasce un comitato per il controllo sulla gestione che ha le medesime attribuzioni del collegio sindacale (art 2409 octiesdecies). Nel consiglio di amministrazione un terzo dei suoi componenti devono avere i requisiti di indipendenza prescritti per i sindaci dall’ art 2399. Del comitato di controllo possono entrare a farne parte gli amministratori indipendenti, che abbiano i requisiti di onorabilità e di professionalità stabiliti all’ interno dello statuto. Essi non possono essere nè amministratori, né membri del comitato esecutivo e non possono svolgere alcuna attività di gestione(art 2409 octiesdecies).

In tutti e 3 i sistemi la disciplina sul controllo è analoga.

89. I patti parasociali.- Tali patti detti anche sindacati azionari sono degli accordi realizzati dagli azionisti con i quali si stabilisce preventivamente le modalità con cui concordare il voto da esprimere nelle assemblee della società (sindacati di voto). Si può trattare anche solamente di sindacati di consultazione ed i patti hanno in comune il fatto che essi sono definiti al di fuori dell’ assemblea, difatti talvolta tali patti sono stati visti come contrari al dettato del codice che definisce il voto come il risultato di un libero confronto di opinioni. Tali accordi permettono ai soci aderenti di realizzare il controllo sulla gestione della società e quindi garantendo una certa stabilità societaria che altrimenti non si avrebbe, e si possono concordare anche dei limiti al trasferimento delle azioni a terzi (sindacati di blocco). Con il D.lg 3/2006 si è stabilita la possibilità di realizzare tali sindacati di voto o di blocco per realizzare la stabilità della società. Qualora un socio abbia votato in maniera diversa rispetto al patto lo stesso voto è efficace verso i terzi e verso la società, ma per quanto riguarda i rapporti interni gli altri soci aderenti al patto hanno diritto al risarcimento in caso di mandato rispetto. Tali patti possono essere stipulati anche in forma orale (art 2341 bis) hanno durata quinquennale e sono rinnovabili; nelle società non quotate le quali fanno ricorso al mercato del capitale di rischio i patti devono essere comunicati alla società e dichiarati in apertura di ogni assemblea e trascritta in una relazione e depositata presso il registro delle imprese se ciò non avviene la delibera è annullabile.

90. La denuncia delle irregolarità degli amministratori all’ autorità giudiziaria.- I soci di minoranza che detengono almeno un decimo del capitale sociale(o del ventesimo, nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio) possono richiedere l’ intervento dell’ autorità giudiziaria quando abbiano il “fondato sospetto” che siano state compiute gravi irregolarità al tribunale da parte di un determinato organo o dagli amministratori (art 2409) che creino un pericolo di danno per la società. Ciò spetta anche al collegio sindacale, al consiglio di sorveglianza o al comitato per il controllo;nonche al pubblico ministero nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio.Il tribunale dopo la denuncia ,sentiti gli amministratoti e i sindaci,può ordinare l’ ispezione che può essere fermata qualora l’ assemblea sostituisce gli amministratori con altri professionisti. Se le irregolarità sussistono il tribunale adotta delle misure cautelari, e nei casi più gravi può nominare un amministratore giudiziario che guiderà la società e alla fine del suo incarico darà informazioni sul suo operato, riunirà l’assemblea per la nomina dei nuovi organi, o per proporre la liquidazione della società (art 2409).

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91. L’ acquisto delle proprie azioni. Per tutelare il capitale sociale sono stati posti dal legislatore determinati vincoli:

1) divieto alla società dell’ acquisto delle azioni proprie poiché ciò comporterebbe una diminuzione del capitale ed un venir meno delle garanzie per i creditori. Al di fuori dell’ipotesi di una riduzione del capitale, esistono però delle eccezioni:

a) che l’ acquisto avvenga entro i limiti degli utili distribuibili e delle riserve,b) che l’ acquisto sia autorizzato da parte dell’ assemblea che ne definisce anche le modalità,

c) le azioni siano interamente liberate altrimenti per i decimi residui ancora da versare la società diventerebbe debitrice di se stessa (art 2357).

Quando l’acquisto è deciso da società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio è posto un limite quantitativo, in quanto il valore nominale delle azioni acquistate non può eccedere la quinta parte del capitale sociale (art 2357).Se non ci sono tali presupposti la società dovrà ricorrere ,entro l’ anno dall’acquisto, alla vendita delle azioni o, se ciò non accade si dovrà procedere al loro annullamento ed alla riduzione del capitale, che se non viene effettuata sarà disposta su richiesta del tribunale. Ciò vale anche quando la società procede all’ acquisto delle azioni per mezzo di altre società o un soggetto interposto.

2) Tali limitazioni non valgono: -se l’ acquisto avviene a titolo gratuito, -se l’ acquisto è una conseguenza di un’ altra operazione(es: fusione), -ovvero quando si ha un’ esecuzione forzata su azioni di un debitore della società e il giudice le assegna alla società come soddisfazione del proprio credito.Vale anche qui il termine quantitativo del quinti del capitale per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, in caso contrario l’ eccedenza deve essere venduta in tre anni.

3) Gli amministratori non possono disporre delle azioni acquistate. Gli utili di tali azioni non restano alla società ma vengono distribuiti in proporzione agli altri azionisti, salvo che la società non sottoscriva le stesse azioni.

Azioni riscattabili: Non costituiscono un particolare diritto o dovere ma possono appartenere a qualsiasi categoria. Esse sono di solito assegnate ai membri della società con i quali c’ era un rapporto extrasociale di servizio(es: di lavoro, di fornitura…) ormai concluso.

92. Il divieto di sottoscrizione delle proprie azioni. Altre operazioni vietate.4) Alle società azioni è vietata la sottoscrizione delle azioni sia che avvenga in maniera diretta in nome

della società, sia in maniera indiretta operata da terzi. Qui il divieto alla sottoscrizione è assoluto senza eccezioni. La violazione del divieto di sottoscrizione non comporta l’ obbligo di alienazione, o in alternativa del loro annullamento e conseguente riduzione del capitale: ma vi è un duplice effetto a seconda che si parli di sottoscrizione diretta o indiretta. -Per il primo caso, le azioni s’ intenderanno sottoscritte dai promotori o dai soci fondatori: costoro diventano perciò titolari della azioni sottoscritte in nome della società; -nella seconda ipotesi, titolare sarà il terzo, che se non riuscirà ad effettuare i versamenti corrispondenti al valore delle azioni, i conferimenti devono essere effettuati dai promotori dai soci fondatori. In entrambi o casi non è responsabile chi dimostra di essere estraneo alla vicenda (art 2357- quater).

5) Inoltre è vietato alla società accettare in pegno delle azioni proprie, neppure per tramite di persona interposta.

94. La concessione di prestiti e garanzie per l’acquisto o la sottoscrizione di azioni proprie.Alla società è anche vietato accordare prestiti o fornire garanzie a terzi per l’acquisto o la sottoscrizione delle proprie azioni: infatti, se non vi fosse tale divieto, potrebbe accadere che il capitale sociale appaia interamente versato, mentre in effetti il denaro necessario per la sottoscrizione o l’acquisto delle azioni

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sarebbe stato fornito dalla stessa società , o perché essa lo ha anticipato ai sottoscrittori o perché ha concesso garanzie a loro favore e quindi, se essi sono nullatenenti, risponde dall’adempimento del loro debito. Tale regola viene derogata alle seguenti condizioni: la preventiva autorizzazione dall’assemblea straordinaria, deliberata sulla base di una relazione degli amministratori, depositata nella sede sociale durante i 30 giorni precedenti la riunione assembleare, da cui risultano le ragioni che giustifichino tali operazioni. L’importo complessivo dei prestiti e delle garanzie non può eccedere il limite degli utili distribuibili e delle riserve disponibili. Questi divieti non operano quando si tratta di operazioni(prestiti, concessioni..) effettuare “per favorire l’acquisto di azioni da parte di dipendenti della società, posto il limite degli utili e delle riserve.

93. Il divieto di sottoscrizione reciproca delle azioni.- Il divieto della sottoscrizione reciproca opera qualora la società A ne costituisce un’ altra B, sottoscrivendo un capitale di 1 milione di euro e delibera l’ aumento del proprio capitale per un importo di un milione di euro, facendone sottoscrivere per lo stesso importo le azioni della società B così, tale milione della società A sarebbe computato 2 volte pur non essendoci alcun mutamento, e ciò metterebbe in pericolo la fiducia dei creditori. Per limitare ciò è stata vietata la sottoscrizione reciproca di azioni anche per mezzo di persona interposta(art 2360). È possibile che si abbiano partecipazioni incrociate delle società in corrispondenza al capitale già sottoscritto da reciproci azionisti.

94. Le partecipazioni in altre società: società finanziarie e società d’ investimento.- Fatti salvi i divieti della sottoscrizione reciproca, quelli posti dall’ art 2361 che determina il divieto dell’assunzione di partecipazioni in altre società quando queste alterino l’ oggetto della società, e il divieto dell’ art 5 d. L. n° 1148/ 1941 che vieta di possedere delle azioni di altre società che hanno un valore superiore al proprio capitale sociale; SALVI questi divieti le società SONO LIBERE DI ACQUISTARE AZIONI o quote di altre società. Detto questo esistono società dette holdings(società finanziarie) che, svolgono come attività principale l’ assunzione di partecipazioni in altre società allo scopo di dirigerne l’attività. Si parlerà di holdings pura, se assunzione ed amministrazione sono gli unici scopi della società, e holding mista se svolge anche attività di produzione o scambio. Esistono anche delle società d’ investimento mobiliare il quale unico scopo è appunto quello di investire i propri capitali in titoli per poi trarre il guadagno dai dividendi o con l’aumento del valore di mercato.

95. Società collegate e società controllate. Acquisto e sottoscrizione di partecipazioni delle società controllate. L’ art 2359 stabilisce una differenziazione tra le società controllate che si hanno qualora la società A sia sottoposta al controllo della società B poiché quest’ ultima detiene della maggioranza(in virtù delle azioni o quote possedute) richiesta per le delibere assembleari (controllo di diritto);quando le società sono sottoposte all’ influenza dominante di un’altra in virtù di azioni o quote possedute(che però non raggiungono il livello per il controllo di diritto) o di vincoli contrattuali con essa(es. unica cliente: Controllo di fatto); controllo effettuato da B su A per mezzo del possesso di azioni o di un’ altra società(società a catena) o per il tramite di società fiduciarie o di persone interposte(controllo indiretto). Le società collegate che si hanno qualora una società sia sotto l’influenza di un’altra poiché l’ una possiede almeno un quinto dei voti d’ assemblea ordinaria o un decimo, se la società ha azioni quotate in borsa. Sono posti dei limiti ,a carico delle società controllate, all’acquisto ed alla sottoscrizioni di partecipazioni della società controllante (art 2359-bis). 1)

ACQUISTO. La disciplina ricalca quella dell’acquisto delle azioni proprie. La società controllata non può acquistare azioni della controllante se non ricorrano le seguenti condizioni:

a) che l’acquisto avviene nei limiti degli utili distribuibili e delle riserve disponibili,

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b) che le azioni siano interamente liberate, c) che l’acquisto sia deliberato dall’ assemblea dei soci.(art 2359-bis). Avvenuto l’acquisto, gli amministratori della controllata non possono detenere il diritto di voto nelle assemblee della società controllante (2359-bis). Le azioni delle società controllanti se non vengono rispettate le condizioni devono essere alienate entro un anno dal loro acquisto, secondo modalità determinate dall’assemblea e se ciò non accade devono essere annullate con la conseguente riduzione del capitale, rimborsando alla società controllata il loro valore determinato secondo i criteri indicati dal codice per l’ipotesi di recesso dell’azionista. Le condizioni poste dall’ art 2359-bis non operano se l’ acquisto delle partecipazioni della controllante avvengono per successione universale o per fusione o a titolo gratuito, o per esecuzione forzata come soddisfacimento di un credito della società controllata. In tali casi le azioni devono essere liberate e non devono superare il decimo del capitale della controllante. Se ciò non accade la società controllata vende le eccedenze in 3 anni o la società controllante provvederà a ridurre il capitale con rimborso a quella controllata. Se il limite del decimo viene superato per circostanza sopravvenuta, la società controllante entro 3 anni deve procedere all’ annullamento delle azioni ed alla riduzione del capitale.

SOTTOSCRIZIONE. Ricalca quella disciplina delle azioni proprie. Per le sottoscrizioni dirette le sottoscrizioni s’ intendono sottoscritte dagli amministratori salvo non dimostrino l’ estraneità al fatto, per quelle indirette, dovranno rispondere i terzi che, se non potranno versare le partecipazioni il costo sarà sostenuto dagli amministratori salvo non colpevolezza.

96. I gruppi di società. L’ attività di direzione e di coordinamento.- Quando sussiste una posizione di controllo tra due o più società quella controllante viene detta società capogruppo e la legge presume che ad essa spettino anche le funzioni di direzione ed coordinamento. L’attività di direzione e coordinamento può essere svolta anche in base a vincoli contrattuali(c.d. contrato di dominio),oppure in virtù di clausole statuarie o anche in via di fatto. Talvolta vi può essere il rischio che la capogruppo prenda delle decisioni che vadano ad avvantaggiare la propria società e vadano a svantaggio della controllata(es.: la controllata acquista beni prodotti dalla controllante ad un prezzo superiore) quindi a danno di soci minoritari e dei creditori. PUBBLICITA’ . La società controllata deve dare pubblicità al fatto di essere soggetta all’altrui attività di direzione e di coordinamento, indicandolo negli atti e nella corrispondenza e procendendo all’iscrizione di una dichiarazione in un apposita sezione del registro delle imprese:in mancanza, gli amministratori della società controllata sono responsabili dei danni che la mancata conoscenza del fatto abbia recato ai soci o ai terzi.MOTIVAZIONE. Le decisioni delle società controllate , quando influenzate dalla capogruppo, devono essere motivate analiticamente fornendo chiara indicazione degli interessi che ne può trarre la società. RESPONSABILITÀ DELLA CAPOGRUPPO. I soci minoritari ed i creditori possono in qualsiasi momento far valere la responsabilità extracontrattuale, i primi per i mancati utili, i secondi per una intollerante riduzione del patrimonio. Tale azione di responsabilità può essere esercitata solo se i soci e i creditori non sono stati soddisfatti dalla società controllata.Se la società controllata viene sottoposta ad una procedura concorsuale l’ azione dei creditori è esercitata dall’ organo a cui la legge attribuisce l’ amministrazione nella fase concorsuale: il curatore del fallimento(art 2497). FINANZIAMENTI PASTERGATI. I finanziamenti realizzati dalla capogruppo in una situazione in cui si sarebbe preferito un aumento di capitale sono disciplinati, se la società controllata fallisce, come se fossero conferimenti e vengono rimborsati alla capogruppo solo dopo aver soddisfatto gli altri soci. RECESSO. I soci delle controllate recedono nei casi descritti dall’ art 2497-quarter.

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97. La suddivisione in comparti con autonomia patrimoniale.- A norma dell’ art 2740, anche la società risponde con tutto il patrimonio per i suoi debiti, ma qualora la società voglia svolgere una operazione economica autonoma può realizzare un patrimonio separato. PATRIMONI DESTINATI AD UNO SPECIFICO AFFARE, (art 2447 bis) spetta all’ organo amministrativo deliberare a maggioranza assoluta dei componenti la costituzione di uno o più patrimoni separati per cui i soggetti in tale maniera possano rispondere al debito con quel patrimonio. Inoltre quello separato non può superare il 10% del patrimonio netto. La deliberazione dovrà indicare: l’ oggetto dell’ affare, il piano economico- finanziario, apporti di terzi, se vi sono strumenti finanziari di partecipazione e quali diritti determinino questi tra i quali anche quello di partecipare alle assemblee speciali con la nomina di un rappresentante comune, la società di revisione a cui viene affidato il controllo, le regole con cui sarà presentato il rendiconto dell’ affare (art 2447 ter). Nella delibera può essere stabilito che i debiti di detto affare siano sanati con l’ intero patrimonio sociale. La deliberazione deve essere redatta da un notaio e consegnata e registrata entro 30 giorni nel registro delle imprese:entro 2 mesi dall’iscrizione i creditori sociali possono fare opposizione, ma il tribunale può consentire alla società in attesa di decidere sull’opposizione, di prestare un’idonea garanzia, per poter procedere alla realizzazione dell’affare; Dopo il decorso del termine bimestrale i creditori sociali, i cui crediti non derivano dallo svolgimento dell’affare, non possono agire sui beni inclusi nel patrimonio separato, ma solo sulla parte dei frutti della stessa società. Quando l’ affare si è realizzato oppure è impossibile, si redige il rendiconto finale e si farà riscontro alle relative passività. Se i debiti sociali non sono stati corrisposti allora i creditori possono chiedere alla società di nominare un liquidatore che liquideranno il comparto separato e venderanno i beni. FINANZIAMENTI DESTINATI AD UNO SPECIFICO AFFARE. (art 2447 bis). Gli amministratori possono fare con un terzo un contratto di un finanziamento per realizzare un affare specifico. Tale contratto deve contenere l’ indicazione che per quel finanziamento si risponderà con un determinato patrimonio composto esclusivamente con i proventi derivanti dall’affare specifico. Il finanziamento ha natura partecipativa, nel senso che il finanziatore partecipa al rischio dell’operazione sociale , in quanto non ha diritto al rimborso del suo credito, se la società non riesce a realizzare i proventi previsti nel contratto. Regole di pubblicità per tutelare i creditori sociali:- copia del contratto di finanziamento deve essere depositata nel registro delle imprese e- la società dovrà adottare un sistema d’ incasso e di contabilità tale da individuare in ogni momento i proventi ed il restante patrimonio societario.

98. Le modificazioni dell’ atto costitutivo. Premessa.- Sappiamo che le modificazioni dell’ atto costitutivo dono di competenza dall’ assemblea straordinaria, purchè il quorum stabilito per legge, Entro 30 giorni dalla riunione dell’assemblea, il notaio che ha proceduto alla verbalizzazione deve richiedere l’iscrizione nel registro delle imprese di tutte le deliberazioni di modifica: l’ufficio, come nell’atto di costituzione deve solamente verificare la regolarità formale dei documenti. Il notaio non può rifiutare la verbalizzazione anche che è contraria alla legge ,però non deve richiederne l’iscrizione, ma deve invece comunicare, entro lo stesso termine di 30 giorni, la propria valutazione negativa agli amministratori .Costoro, entro 30 giorni, possono convocare l’assemblea per gli opportuni provvedimenti oppure richiedere al tribunale di accertare la legittimità della delibera(giudizio di omologazione): se non procedono a nessuna delle due, la delibera diventa inefficacie. Se il tribunale risponderà positivamente la modifica sarà registrata e sarà depositato un testo aggiornato dello statuto. Vi è poi nel codice una disciplina particolare per le deliberazioni modificative che hanno per oggetto l’aumento o la riduzione del capitale sociale; sono determinati i casi di modificazioni in cui i soci assenti o dissenzienti hanno il diritto di recesso dalla società, e quindi anche alla società per azioni, relative alla trasformazione(cioè al cambiamento del tipo sociale), alla fusione e alla scissione tra due o più società.

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99. L’aumento del capitale sociale. A) L’ aumento a pagamento.- La società può deliberare ove occorra l’ aumento del suo capitale e ciò non può essere eseguita fino a quando le azioni precedentemente eseguite non siano state interamente liberate (art 2438): se le azioni sono state ugualmente sottoscritte, i sottoscrittori restano obbligati per i precedenti crediti che però devono eseguire solo dopo che avviene la liberazione delle azioni precedenti (art 2438 2°comma). È posta una disciplina particolare r l’azione di nullità contro la delibera di aumento, esercitabile entro termini più ridotti per favorire la stabilità: essa può essere proposta entro 180 giorni dall’iscrizione della delibera nel registro delle imprese, o nel caso di nullità per mancata convocazione, entro 90 giorni dall’approvazione del bilancio dell’esercizio nel corso del quale la delibera è stata anche parzialmente eseguita(art 2379-ter), nelle società in cui le azioni non sono molto diffuse tra il pubblico il tribunale non può pronunciare l’invalidità della delibera di aumento a pagamento del capitale dopo che sia stata iscritta nel registro delle imprese l’attestazione che l’aumento è stato anche parzialmente eseguito(rimane salvo il diritto di risarcimento spettante ai soci e a terzi). Nel codice vengono disciplinate due possibilità di aumento del capitale:

Aumento a pagamento (art 2439 e ss): l’aumento del capitale sociale è corrispondente all’ aumento del patrimonio o perché i vecchi soci hanno fatto nuovi conferimenti o perché se ne sono aggiunti nuovi soci, che diventano azionisti qualora l’ invito è stato annunciato dagli investitori come sollecitazione all’investimento, con un preventivato annuncio alla Consob e si applica la disciplina prevista per le regolamentazioni delle sollecitazioni. Se si conferiscono somme in danaro bisogna versarne(agli amministratori) almeno il 25 % all’ atto della sottoscrizione dell’ aumento e se si conferiscono beni in natura o diritti di credito si procede alla loro stima giurala.

Delega degli amministratori. Lo statuto può attribuire agli amministratori il potere di operare delle delibere di aumento del capitale in una o più trance entro un massimo importo. Tale potere può essere esercitato entro 5 anni dalla costituzione della società o dalla modifica dello statuto. La delibera di aumento sarà redatta da un notaio e iscritta nel registro delle imprese (art 2443). Diritto di opzione. Tale diritto si sostanzia nella preferenza accordata ai vecchi soci nella sottoscrizione di nuove azioni così da non ridurre la percentuale della misura della loro partecipazione sociale. Tali soci possono sottoscrivere diverse tipologie di azioni ed il termine per tale esercizio è di 30 giorni (art 2441). Per agevolare il collocamento delle azioni, l’assemblea straordinaria, nel determinare l’aumento di capitale, può decidere che esse vengano sottoscritte da banche o da enti finanziari soggetti al controllo della CONSOB che assumano l’ obbligo di offrirle ai vecchi soci: opzione indiretta (art 2441). Almeno 3 giorni prima della scadenza del termine per l’esercizio del diritto di opzione,il socio o l’obbligazionista devono provvedere a versare al creditore pignoratizio o all’ usufruttuario le somme necessarie per l’ esercizio del diritto di opzione, se ciò non avviene, il diritto di opzione se non richiesto da altri soci sarà alienato per mezzo di una banca . Tale diritto può essere limitato o eliminato quando: a) le azioni sono liberate con conferimenti in natura(art 2441 c4 e 5 ), b)quando lo esige l’ interesse della società, c) quando l’ assemblea straordinaria delibera di offrire le azioni ai dipendenti delle società.Nelle prime due ipotesi occorre una relazione degli amministratori da cui risultino le ragione per cui si propone l’esclusione. La relazione deve essere corredata da un parere dall’ organo di vigilanza sulla gestione, che deve pronunciarsi sulla congruità del prezzo di emissione, assieme alla stima giurata del conferimento in natura, e posta a disposizione dei soci nella sede sociale durante i 15 giorni anteriori alla riunione dell’assemblea ed è previsto che l’assemblea stabilisca il prezzo di emissione delle azioni in base al valore del patrimonio netto( e cioè all’ammontare complessivo del capitale e delle riserve esistenti, al netto delle eventuali perdite). La differenza tra il prezzo di emissione delle azioni ed il loro valore nominale viene

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detto sovraprezzo: mentre della parte di prezzo corrispondente al valore nominale occorre versare agli amministratori, all’atto della sottoscrizione, solo un minimo di 2 decimi e mezzo dei conferimenti in denaro, viceversa il sovrapprezzo deve essere versato tutto. Quanto ottenuto come sovrapprezzo potrà essere distribuito tra i soci solo quando avrà raggiunto il quinto del nuovo ammontare sociale (art 2431). Sottoscrizione parziale. Se l’ aumento non viene integralmente sottoscritto entro il termine previsto i soci restano vincolati solo per la somma sottoscritta, solo se così è stato espressamente disposto nella stessa deliberazione di aumento(presunzione di inscindibilità dell’aumento). Warrants. In ipotesi di eliminazione del diritto di opzione o di opzione indiretta ai soci privilegiati può accadere che la società emittente rilasci agli stessi azionisti particolari “buoni” detti warrants, che conferiscono il diritto di sottoscrivere o di acquistare, entro un periodo di tempo e ad un prezzo predeterminato, le azioni di nuova emissione(c.d azioni di compendio) . Tali buoni sono liberamente trasferibili ed hanno un proprio valore di mercato.Indicazione negli atti e nella corrispondenza. Entro 30 giorni dalla sottoscrizione esse deve essere iscritta nel registro delle imprese con l’attestazione che il capitale è stato aumentato, solo allora la nuova cifra potrà essere indicata negli atti sociali (art 2444).

100. B) L’ aumento gratuito.- Ciò si ha quando l’ aumento avviene computando valori nel capitale che già fanno parte del patrimonio della società(es.: si imputano a capitale le riserve volontarie, statuarie o facoltative ;o speciali fondi iscritti nel bilancio a seguito della rivalutazione dei beni appartenenti alla società :il che è ammissibile ,solo quando la rivalutazione è ammessa dalla leggi speciali, e sulla base di coefficienti), dunque non si realizza la corrispondenza tra aumento patrimonio e aumento capitale. Tale parte di patrimonio prima libera adesso viene vincolata grazie all’imputazione a capitale e tale aumento gratuito può attuarsi in due modi: o con l’ emissione di nuove azioni dello stesso tipo di quelle in circolazione assegnandole agli azionisti in proporzione a quelle già sostenute, ovvero aumentando in maniera proporzionale il valore delle azioni (art 2442).

101. La riduzione del capitale sociale. -Tra le modifiche dell’atto costitutivo, una disciplina puntuale è dettata per due ipotesi di riduzione del capitale sociale: o con la -riduzione volontaria che si ha di solito poiché il patrimonio è in esubero rispetto all’ oggetto. Gli amministratori possono convocare l’assemblea straordinaria indicando le ragioni per cui le propongono la riduzione: se la maggioranza degli azionisti è d’accordo, l’assemblea può deliberare la riduzione. Tale riduzione oltre che facoltativa è anche effettiva poiché diminuisce il patrimonio della società in maniera reale, e tale riduzione avviene dopo tre mesi dall’ iscrizione della delibera nel registro delle imprese poiché si concede il diritto di appello ai creditori, ovvero si concede la possibilità se si è fatta opposizione di ascoltare la sentenza del tribunale, che se ammette alcun grado di pericolosità per i creditori attua la delibera.La società realizza la riduzione in più modi: a) libera i soci dall’obbligo dei versamenti ancora dovuti, b) restituisce ai soci parte dei conferimenti;in entrambe dette ipotesi, occorrerà o diminuire proporzionalmente il numero delle azioni in circolazione o ritirarle tutte emettendo altre azioni di valore nominale inferiore;c) acquista nel mercato parte delle sue azioni e le annulla, d) sorteggia un numero di azioni corrispondente all’ammontare della riduzione per poi rimborsare i loro portatori realizzando con costoro la fine del patrimonio societario. Il capitale non può essere ridotto sotto i 120 mila euro (limite legale).Alla riduzione facoltativa sono posti altri limiti, se la società ha già proceduto alla emissione di obbligazioni. Se la delibera d riduzione volontaria è invalida, si applica la disciplina dell’aumento d capitale.

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- Riduzione per perdite(facoltativa) . Ciò dà la possibilità di realizzare la distribuzione degli utili conseguiti; distribuzione altrimenti inammissibile in quanto occorrerebbe prima colmare le perdite.In questo caso la riduzione non è effettiva ma solo nominale, giacché non si ha riduzione anche del patrimonio sociale, ma soltanto adeguamento dell’uno all’altro valore. e la riduzione nominale diviene obbligatoria qualora il patrimonio è divenuto inferiore di un terzo rispetto al capitale. Gli amministratori in tal caso devono senza indugio convocare l’ assemblea che, se giudica la situazione irrimediabile deve realizzare una diminuzione forte del capitale, se vede possibile un miglioramento potrà rimandare di un esercizio la decisione, se la riduzione delle perdite non vi è stata di almeno un terzo l’ assemblea dovrà deliberare la diminuzione in proporzione alle perdite accertate e se non vorrà, gli amministratori o i sindaci possono ricorrere al tribunale. Se si è al disotto del minimo legale l’ assemblea dovrà deliberare o- l’aumento del capitale portandolo ad almeno 120 mila euro -lo scioglimento della società o la sua trasformazione sociale. La giurisprudenza riconosce all’ assemblea il potere di realizzare la riduzione del capitale a zero disponendone la reintegrazione tramite l’ aumento.

102. Il diritto di recesso.- Poiché nella SPA la modificazione dello statuto sociale può avvenire per decisione della sola maggioranza per tutelare l’interesse della minoranza è’ stato riconosciuto loro il diritto di recesso ossia quel diritto di scioglimento totale o parziale, del rapporto sociale. A norma dell’ art 2437 le principali cause di recesso sono:

i. modificazione dell’ oggetto;ii. trasformazione tipo di società;

iii. trasferimento all’ estero della sede centrale, iv. revoca della liquidazione,v. proroga della società ovvero introduzione dei limiti alla circolazione delle azioni.

Tale opzione “e” può essere limitata da provvedimenti statutari. Il diritto di recesso spetta ai soci dissenzienti, astenuti o assenti i quali devono comunicarlo alla società per raccomandata entro 15 giorni dall’iscrizione nel registro della delibera. Dopo l’esercizio del recesso, le azioni devono essere depositate presso la sede sociale e non possono essere cedute a terzi, il recesso diventa inefficacie se entro 90 giorni viene revocata la delibera di modifica dello statuto che ne ha consentito l’esercizio, o viene deliberato lo scioglimento della società. Nei precedenti 15 giorni all’ assemblea che delibererà lo scioglimento si prevedrà il quantum della liquidazione del socio, il socio stesso potrà vedere la sua liquidazione calcolata tenendo conto del patrimonio sociale, dell’ avviamento societario, e del mercato delle azioni, qualora la ritenga scorretta potrà fare appello ad un esperto nominato dal tribunale che giudicherà tale valore. Il recesso non è valido se entro 90 giorni è stata realizzata la revoca della delibera che l’ aveva determinato. Sulle azioni oggetto del recesso vi è il diritto di opzione dei vecchi soci e se questo non viene utilizzato queste vengono piazzate sul mercato e col ricavato si avrà la liquidazione, se entro 180 giorni del mancato collocamento dalla comunicazione del recesso il socio dovrà essere liquidato mediante gli utili a disposizione, e se vi è mancanza anche di essi si procederà alla riduzione del capitale o allo scioglimento della società(art 2437-quater). Il recesso può anche essere determinato da soci che fanno parte delle società soggette ad attività di controllo o di coordinamento, in tal caso i soggetti potranno realizzare il recesso qualora la società capogruppo adotterà provvedimento che potranno incidere negativamente sul valore della partecipazione sociale.

103. Le obbligazioni.- Talvolta le SPA abbisognano di prestiti e per questo fanno ricorsi all’ emissione di obbligazioni che sono titolo di credito emessi in serie, tutti uguali, fungibili tra loro(titoli di massa) che assicurano agli obbligazionisti un unico diritto ossia quello alla restituzione del credito e dunque a percepire periodicamente non gli utili ma l’ interesse stabilito, se l’ interesse è fisso si parla di titoli a reddito fisso, ed

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alla scadenza viene restituita la somma mutuata alla società. Essi possono essere nominativi o al portatore, e talvolta la società può emettere le obbligazioni sotto la pari, fissando un prezzo inferiore al loro valore nominale e impegnandosi a rimborsarli con un con una somma pari al valore nominale. Se la società ha intenzione di rimborsare il prestito in 10 anni, ogni anno potrà fissare un numero determinato di obbligazioni estraendo a sorte coloro che dovranno essere rimborsati. Il codice consente che il capitale e il pagamento degli interessi debba essere subordinato al soddisfacimento degli altri creditori sociali (credito obbligazionario postergato o subordinato) e che i tempi di pagamento degli interessi possano variare in corrispondenza di parametri oggettivi che vadano a modificare l’ andamento economico della società (tasso variabile ed indicizzato) art 2411.Il legislatore ha posto dei limiti sull’ emissione di obbligazione per tutelare gli obbligazionisti: la società può emettere obbligazioni solo per una somma che non sia superiore al doppio del capitale sociale e delle riserve esistenti dopo l’ ultimo bilancio approvato (art 2412 c1). Tale limite può essere superato qualora: A) quando le obbligazioni sono garantite da ipoteca che grava su immobili il cui valore sia superiore di almeno un terzo dell’ ammontare del mutuo obbligazionario. B) quando ricorrono particolari ragioni che interessano l’ economia nazionale. Tale limite può essere superato anche qualora le obbligazioni emesse in eccedenza siano sottoscritte da investitori professionali, che poi potranno trasferire le azioni pro solvendo anche a terzi, andando a superare il limite normativo e così l’ alienante(l’investitore professionale) diventa parte emittente e responsabile del mancato rimborso. -Per la corrispondenza tra importo obbligazioni e quello complessivo del capitale si è dato vita ad una disciplina particolare della riduzione del capitale che, per quella facoltativa avverrà solo in proporzione alle obbligazioni e quella per perdite deve essere deliberata, e la società non può distribuire utili ai soci fino a quando l’ ammontare di capitale e riserve non eguagli l’ ammontar delle obbligazioni in circolazione. L’ emissione delle obbligazioni è deliberata dagli amministratori e tale delibera è verbalizzata dal notaio e non può essere eseguita fino a quando non è pubblicata nel registro delle imprese(art 2410). L’ emissione di un prestito obbligazionario costituisce un’ operazione di sollecitazione all’ investimento, così le emissioni superiori a 500 mila euro devono essere comunicate alla Banca d’ Italia. La legge prevede un organizzazione unitaria degli obbligazionisti di società commerciali, tali organi che si occupano delle obbligazioni sono: a) l’ assemblea degli obbligazionisti che decide su tutti gli oggetti d’interesse comune e le sue delibere sono impugnabili secondo le regole dell’ assemblea degli azionisti, b) il rappresentante comune degli obbligazionisti nominato dalla totalità dell’ assemblea, ha il compito di eseguire le deliberazioni e proteggere gli interessi comuni nei rapporti con la società e li rappresenta nelle procedure concorsuali.

104. Le obbligazioni convertibili in azioni. I “WARRANTS”.- A differenza delle obbligazioni comuni quelle convertibili in azioni, è competenza dell’ assemblea straordinaria e non degli amministratori. Queste sono titoli di debito che determinano per i sottoscrittori una duplice facoltà alternativa: o quella di ottenere un rimborso del valore nominale dei titoli o quella di sottoscrivere azioni della stessa società utilizzando per la loro liberazione, come conferimento, le somme già versate all’atto della sottoscrizione delle obbligazioni. Inoltre esse garantiscono: la possibilità di non ottenere subito una partecipazione sociale per cui sarebbero coinvolti in eventuali perdite della società; e dall’ altro lato si ha la possibilità di convertire il credito in quote azionarie usufruendo dell’ eventuale aumento di valore del patrimonio. L’ assemblea straordinaria per garantire la conversione delle azioni stabilirà le modalità di conversione cioè il rapporto di cambio tra obbligazione e azione(alle obbligazioni x corrispondono le azioni c), e un aumento di capitale corrispondente al’ aumento delle azioni che gli obbligazionisti otterranno con l’esercizio del diritto di

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opzione. Di conseguenza si applica una regola analoga a quella che vige per ogni aumento di capitale, per cui non può essere deliberata l’emissione di obbligazioni convertibili “ se il capitale sociale non sia stato interamente versato” ;disciplina uguale ad emissione delle azioni: può non essere indicato il valore nominale e il valore complessivo delle obbligazioni convertite non può essere inferiore al corrispondente valore globale del capitale sociale. Lo statuto o l’ assemblea possono delegare agli amministratori l’ emissioni di obbligazioni convertibili in più tranches per un periodo massimo di 5 anni(art 2420-ter). Sulle obbligazioni convertibili si può esercitare il diritto di opzione e l’ aumento dl capitale avviene qualora e nella misura in cui gli obbligazionisti esercitano la capacità di conversione. Così nel primo mese di ciascun semestre gli amministratori provvedono all’ emissione di azioni spettanti agli obbligazionisti che ne hanno fatto richiesta nel semestre precedente art 2420 bis. Inoltre, fino a quando non è scaduto il periodo di tempo per la conversione delle obbligazioni la società può deliberare la riduzione volontaria del capitale e la modifica delle clausola sulla ripartizione degli utili, solo se si è data la possibilità agli obbligazionisti di operare la conversione delle obbligazioni, in tempo utile per partecipare in qualità di soci all’assemblea straordinaria convocata per adottare una delle deliberazioni suddette: a tal fine almeno tre mesi prima delle deliberazioni dell’ assemblea si deve pubblicare l’ avviso sul registro delle imprese, concedendo agli obbligazionisti di richiedere la conversione nel termine di un mese dalla pubblicazione dell’avviso; e per la fusione il termine per la conversione parte dalla pubblicazione sulla gazzetta ufficiale. Nei casi di aumento gratuito del capitale o di riduzione per perdite non si avrà la conversione anticipata perché basterà una riduzione automatica del rapporto di cambio in proporzione alla misura della riduzione o all’ aumento (art 2420 bis): in modo che, se e quando gli obbligazionisti eserciteranno la conversione in azioni, le conseguenze di quegli eventi si rifletteranno egualmente sulla loro posizione, come se fossero stati azionisti fin dalla data di emissione delle obbligazioni. In caso di aumento del capitale a pagamento ai possessori di obbligazioni convertibili spetta il diritto di opzione sui titoli di nuova emissione. Warrants. Sono documenti che permettono all’ obbligazionista di sottoscrivere nuove azioni entro un determinato periodo di tempo e ad un prezzo determinato. Essi possono avere una valutazione economica separata rispetto al titolo obbligazionario e così l’ esercizio del diritto di sottoscrizione delle azioni di nuova emissioni non fa perdere all’obbligazionista la posizione di creditore della società emittente.

105. La documentazione dell’ attività della società. I libri sociali. L’ informazione dei soci e dei terzi.- Oltre alle scritture contabili le SPA devono tenere anche i seguenti libri:1) libro dei soci , ove deve essere scritta per ogni categoria il numero delle azioni nominative, i nomi dei

titolari delle azioni nominative, i loro trasferimenti.2) libro delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee dei soci , ove vanno inseriti anche i verbali

redatti per atto pubblico, 3) libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio di amministrazione o di gestione , 4) libro delle adunanze e delle deliberazioni del collegio sindacale , ovvero del consiglio di sorveglianza

o del comitato per il controllo della gestione ;5) libro delle adunanze e delle deliberazioni del comitato esecutivo ,

SE SONO STATE EMESSE OBBLIGAZIONI:6) il libro delle obbligazioni, ammontare, il nome dei titolari e i trasferimenti;7) il libro delle adunanze e delle deliberazione dell’ assemblea degli obbligazionisti, 8) libro degli strumenti finanziari di partecipazione e dei patrimoni destinati ad un unico affare (art

2421). TENUTA DEI LIBRI: i primi 3 e quello delle obbligazioni e degli strumenti finanziari è tenuto dagli amministratori, il quarto dal collegio sindacale, il quinto dal comitato esecutivo, il settimo dal rappresentante comune degli obbligazionisti.

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ISPEZIONE DEI LIBRI: qualsiasi socio ha il diritto di poter visionare il libro dei soci e delle deliberazioni assembleari ed anche ad ottenere estratti qualora ne abbia bisogno.L’ INFORMAZIONE DEI SOCI E DEI TERZI: per le società non quotate in borsa entro 30 giorni dall’ approvazione del bilancio d’ esercizio, gli amministratori devono depositare nel registro delle imprese tutte le informazioni relative ai soci, i trasferimenti di azioni ecc.. poiché il registro delle imprese è pubblico di questo possono prendere cognizione i soci ma anche i terzi.

106. Il bilancio d’ esercizio.- Alla chiusura di ogni esercizio sociale l’organo amministrativo deve redigere il bilancio di esercizio che è formato da tre documenti (art 2423):1) lo stato patrimoniale, che deve indicare la relativa consistenza del patrimonio sociale determinando la parte attiva (valori dei beni), passiva (valore dei debiti). All’ interno del lato passivo deve rientrare il patrimonio netto dato dall’ ammontare del capitale sociale e delle riserve, somma beni iscritti nell’ attivo al netto dei debiti sociali, così la somma dei valori iscritti all’ attivo dovrà corrispondere a quelli al passivi perché questa a sua volta è costituita dalla somma del patrimonio netto e dei debiti della società( es: se il valore complessivo dei beni dell’ attivo è 150 ed i debiti sono 50, il valore netto del patrimonio è 100.)2) il conto economico, che deve indicare il risultato economico dell’ esercizio dato dalla differenza tra costi e ricavi e tra i proventi e gli oneri di natura finanziaria(es: sono proventi gli utili delle partecipazioni in altre società, sono oneri gli interessi sui debiti verso banche): se la somma dei proventi e dei ricavi è superiore alla somma dei costi d produzione e degli oneri finanziari si avrà l’ utile se è inferiore le perdite. Sia utili che perdite saranno iscritte nella parte passiva dello stato patrimoniale per indicare l’incremento o il decremento del patrimonio netto. 3) la nota integrativa, serve ad illustrare ed integrare i dati dello stato patrimoniale e del conto economico. Al bilancio d’ esercizio deve essere allegata una relazione che riferisca sulla gestione della società (art 2428). Per le società che non superano determinati dimensioni è consentito redigere un semplice bilancio abbreviato.

107. I principi di redazione del bilancio.- a norma dell’ art 2423 si ha che il bilancio per poter informare i soci deve essere redatto ‘’con chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto’’ la situazione patrimoniale e finanziaria di una determinata impresa e il risultato economico dell’esercizio.- Il principio di chiarezza si attua nel rispetto della struttura dello stato patrimoniale e del conto economico ove devono essere redatte separatamente e secondo l’ ordine prescritto le voci, cioè le poste di bilancio indicate negli art 2424 e 2425. Le voci previste dalla legge possono essere raggruppate, aggiunte delle nuove quando questo favorisce la chiarezza del bilancio ma è vietata la compensazione delle diverse partite, che vanno distintamente indicate nella voce pertinenza.- Per il principio della rappresentazione veritiera e corretta , il legislatore ha determinato alcuni fondamentali criteri di valutazione per la determinazione del valore dei beni. Come principio cardine è stato assunto il postulato per cui la valutazione deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva della continuazione della attività (art 2423 bis)(non è ammessa l’indicazione di un valore di vendita volontaria o forzate e neppure la rivalutazione monetaria. Altri principi sono il fatto che si deve tener conto di entrate e di spese di competenza dell’esercizio indipendentemente dalla data d’ incasso o di pagamento, gli elementi eterogenei delle singole voci devono essere interpretati in maniera differente. I criteri di valutazione non possono essere modificati da un esercizio all’ altro di bilancio , ciò è detto principio della continuità del bilancio. Deroghe a tali principi sono ammesse, tuttavia devono essere motivate dagli amministratori e , se da tali principi diversificati, venissero fuori utili nuovi esse dovranno essere iscritti in un’ apposita riserva.

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108. Contenuto dello stato patrimoniale e criteri di valutazione: A) LE POSTE DELL’ ATTIVO.- Lo stato patrimoniale deve essere redatto in conformità allo schema dell’ art 2424 che prevede due colonne contrapposte, lato attivo e passivo. -All’ ATTIVO vanno iscritte le seguenti voci: a) crediti verso i socib)immobilizzazioni a loro volta distinte in:1. immobilizzazioni immateriali ossia i costi d’ impianto o di ricerca, di brevetto ecc... Questi possono essere iscritti all’ attivo quando non hanno condotto all’ acquisizione di beni autonomi(altrimenti andrebbe iscritto il valore di tali beni). Per la loro iscrizione occorre il consenso dell’ organo di controllo e tale consenso vale anche per l’ iscrizione all’ avviamento, iscrizione che è ammissibile solo se esso è stato assunto a titolo oneroso. Per ripartire i costi tra più esercizi occorrerà realizzare il loro ammortamento cioè alla diminuzione graduale dei corrispondenti valori dell’attivo, sino a portarli a zero, con l’ apposizione di un’ apposita voce tra i costi della produzione iscritti nel conto economico per un certo periodo di tempo(5 anni) fino a che l’ ammortamento dei costi d’ impianto e di ricerca non è tutto completato. 2. immobilizzazioni materiali. (terreni, fabbricati, impianti) 3. immobilizzazioni finanziarie.(partecipazioni in altre imprese, titoli obbligazionari)Le immobilizzazioni sono iscritte al costo d’ acquisto o di produzione(nel costo d’acquisto si computano anche i costi accessori: spese di mediazione ;il costo di produzione comprende solo le spese per la fabbricazione). Tale costo dev’ essere progressivamente ammortizzato in relazione alla residua possibilità di utilizzo dei beni (art 2426), i totali degli ammortamenti devono essere inseriti allo stesso attivo dello stato patrimoniale a detrazione del costo delle immobilizzazioni(Es:valore immobilizzazioni:1000 ;meno totale ammortamento:400;uguale totale netto :600). Le immobilizzazioni finanziarie consistenti in partecipazioni d’ impresa possono essere valutate, anziché al costo,per un importo pari alla frazione del patrimonio netto risultante dall’ ultimo bilancio delle imprese e il valore calcolato dalla differenza tra patrimonio netto e il costo iscritto nel bilancio d’ esercizio precedente costituisce una riserva non distribuibile.c) attivo circolante distinto in:1) rimanenze: es: materie prime, prodotti in corso di lavorazione, prodotti finiti valutati al costo di acquisto o di produzione, o solo se minore, al valore d mercato;2) crediti distinti in : verso i clienti, verso le imprese controllate collegate ecc.. vero il fisco: i crediti devono essere iscritti secondo il valore presumibile di realizzazione e quindi tenendo conto di due elementi: a) grado di certezza del credito, b) solvibilità del debitore. I crediti possono essere valutati dell’attivo dello stato patrimoniale rettificandone il valore mediante l’inserimento di una voce nel contro economico tra i costi di produzione.3) attività finanziarie non sono immobilizzazioni perché non sono destinate all’ uso durevole, e si diversificano in partecipazioni ad imprese collegate, controllate o controllanti; in altre imprese; azioni proprie. Tali attività devono essere valutate secondo i criteri prescritti per le rimanenze cioè al valore di costo o di mercato.4) disponibilità liquide.d) ratei e riscontri attivi. Intendendo per i primi tutti i casi in cui un ricavo riguarda più esercizi e dev’essere rateizzato tra essi. Con i secondi ci si riferisce ad ipotesi di spese avvenute nell’ esercizio oggetto di bilancio ma di pertinenze riguardanti l’ esercizio precedente. Ripartizione tra più esercizi si ha anche quando una società abbia emesso obbligazioni sotto la pari, e dunque alla loro scadenza dovrà restituire una somma superiore: anche tale differenza in più detta, disaggio dovrà essere iscritta tra i riscontri attivi.Con riguardo alle immobilizzazioni ed al circolante è prescritto che nella colonna attiva dello stato patrimoniale vengano indicati anche i totali conseguenti all’ addizione delle singole voci.

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109) B)Le poste del passivo; Al PASSIVO dello stato patrimoniale va poi segnalato:1) il patrimonio netto, composto dal capitale sociale e dai fondi di riserva che vanno investiti nei conti dell’ attivo(denaro di cassa, depositi bancari, immobili, merci..) e corrispondono al valore complessivo, al netto delle perdite e dei debiti sociali. Le riserve vanno indicate nel seguente ordine: riserva da sovraprezzo delle azioni, riserva di rivalutazione, riserva legale, riserva per azioni proprie, o per società controllante, in portafoglio: si tratta di riserva indisponibile che verrà utilizzata quando le azioni saranno trasferite a terzi o verranno annullate (art 2357-ter). Il patrimonio netto è aumentato dagli utili portati a nuovo cioè conseguiti nell’ esercizio precedente ma non ancora distribuiti. Analogamente il patrimonio è diminuito dai debiti portati a nuovo. Le passività vere e proprie sono così distinte:2) fondi per rischi ed oneri ossia quei fondi che sono destinati all’ indennità di quiescenza dei dipendenti(previdenza) o al cambio di taluni beni, dunque destinati a coprire perdite certe o probabili art 2424.ì- bis .3) Fondo per il trattamento di fine rapporto dei lavoratori subordinati. TFR4) debiti variamente distinti, verso banche, verso fornitori;5) ratei e risconti passivi. C) i conti d’ ordine. Per la chiarezza del bilancio sono inserite alcune voci dette conti d’ ordine che vanno inserite nello stato patrimoniale, per indicare che alla chiusura dell’ esercizio non si è avuta alcuna modificazione della ricchezza della società malgrado la sussistenza di rischi ed impegni futuri. Va anche segnalato se vi è una responsabilità illimitata per la società nel pagamento dei debiti relativi ad un patrimonio destinato ad uno specifico affare.

110. il contenuto del conto economico.- Va redatto nella forma espositiva detta appunto dello scalare diviso in 5 sezioni e si procede mettendo:

1. nella lettera A i ricavi, 2. nella lettera B dai ricavi vengono detratti i costi, che comprendono anche gli ammortamenti

(espediente contabile capace di ripartire i costi dei beni durevoli in più esercizi) e gli accantonamenti (sono dei fondi occorrenti per fronteggiare eventuali rischi o per TFR). Le quote di ammortamento sono indicate nel conto economico dì esercizio ed il loro ammortamento deve risultare dalla nota integrativa, anche le quote di accantonamento sono indicate nel conto economico ma devono essere inserite nel lato passivo dello stato patrimoniale.

3. Alla lettera C vanno inseriti i proventi e gli oneri finanziari,4. nella quarta sezione lettera D vanno inseriti le rettifiche di valore,5. nella lettera E si collocano i proventi e gli oneri straordinari ossia quelli che non derivano dall’

attività straordinaria.Si può iscrivere il totale dei risultati al lordo delle imposte, vanno poi indicate le imposte al lordo del reddito d’ esercizio in modo che alla fine risultino gli utili.

111. Il contenuto della nota integrativa e della relazione degli amministratori.- La nota integrativa ha la funzione informativa, di illustrare e far comprendere ai soci lo stato patrimoniale ed il bilancio della società mettendo in luce anche le modifiche dei criteri di valutazione anche rispetto al precedente esercizio di bilancio, la situazione finanziaria con l’ elenco delle partecipazioni ad altre imprese, l’ ammontare dei debiti, composizione ratei e risconti e dei conti d’ordine. Nella nota integrativa deve essere anche contenuto un apposito prospetto dal quale risulti il numero dei soci distinto in categorie, il compenso degli organi social, se vi sono contratti di leasing.

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La relazione degli amministratori a corredo del bilancio deve contenere un’ analisi fedele , equilibrata ed esauriente della situazione della società e dell’ andamento finanziario della stessa, in particolare sulla sua gestione e sulla sua evoluzione prevedibile, sui costi e sugli investimenti (art 2428).

112. Il procedimento per l’ approvazione del bilancio. Destinazione degli utili: riserve e dividendi. Pubblicazione del bilancio. Invalidità.- Nel codice la disciplina relativa all’ approvazione del bilancio è riferita al sistema di controllo amministrativo tradizionale(o anche monistico), dove l’ approvazione del bilancio compete all’ assemblea ordinaria dei soci. Dopo la redazione il bilancio deve essere comunicato, assieme alla relazione, al collegio dei sindaci almeno 30 giorni prima della riunione (art 2429). Tale collegio deve realizzare una relazione e ciò deve essere fatto anche dal controllore contabile ed entrambe le relazioni insieme alla copia del bilancio devono essere depositate nella sede dell’ assemblea amministrativa per essere visionata dai diversi soci. L’ assemblea ordinaria può approvare o meno il bilancio, ad essa spetta sempre la deliberazione sugli utili(art 2433), che non sempre devono essere distribuiti come dividendi, difatti oltre la riserva legale obbligatoria del 5% vi è anche quella statutaria (decisa nello statuto) e quella facoltativa disposta dall’ assemblea. UTILI INESISTENTI: se a titolo di dividendi , vengono distribuiti utili inesistenti essi non devono essere restituiti se: A)sono stati riscossi in buona fede, B) sono stati approvati dal bilancio regolarmente approvato, C) che gli utili corrisposti siano utili risultanti dal bilancio. PUBBLICITÀ: entro 30 giorni dall’ approvazione, una copia del bilancio con il verbale della delibera e le relazioni degli amministratori e dei sindaci e del controllore contabile devono essere depositate nel registro delle imprese (art 2435), per le società non quotate col bilancio deve essere depositato anche l’ elenco dei soci. INVALIDITÀ: l’ inosservanza delle disposizioni prescritte determina l’ invalidità della deliberazione; l’impugnativa non può essere proposta dopo l’ approvazione del bilancio dell’esercizio successivo (art 2434- bis). Se il revisore non ha formulato rilievi al bilancio, la legittimazione ad impugnare la delibera che lo ha approvato spetta ai soci che rappresentano almeno il 5% del capitale. Con tale dichiarazione non occorre ricorrere alla redazione di un nuovo bilancio ma è sufficiente solo realizzare delle modifiche al successivo.

113. Il bilancio consolidato.- Le società contabili che controllano altre imprese , le società cooperative e le mutue assicuratrici che controllano società di capitali, hanno l’ obbligo di redigere il bilancio consolidato, ossia quel documento che dia ai soci un chiaro quadro della situazione patrimoniale, finanziaria e del risultato economico del complesso delle imprese costituito dalle imprese controllate e dalla controllante. A tali fini le imprese controllate sono obbligate a trasferire immediatamente un quadro chiaro e fedele gli elementi del’ attivo e del passivo dei bilanci delle imprese. Dal bilancio consolidato vanno poi eliminati i valori corrispondenti alle partecipazione delle imprese controllate e dai debiti e dai crediti derivanti dalle operazioni effettuate tra le stesse imprese nell’ ambito del gruppo. Gli elementi dell’ attivo e del passivo devono essere analizzati con criteri uniformi e il bilancio consolidato non deve essere approvato dall’assemblea, il controllo va però all’ organo a cui è conferito il controllo sul bilancio d’ esercizio dell’ impresa controllante. La data di riferimento del bilancio consolidato coincide con la data di chiusura del bilancio dell’impresa controllante. Copia del bilancio, della relazione degli amministratori e degli organi di controllo vanno depositatate presso il registro delle imprese. Il bilancio d’ esercizio e quello consolidato vengono detti a rilevanza esterna perchè destinati all’ informazione del pubblico. Essi se relativi a società bancarie o finanziarie devono essere redatti in conformità ai criteri di valutazione posti dagli International Accounting Standards (ias) di cui il regolamento C.E. 1725/03 e dagli International Financial Reportig Standards(IFRS) di cui il regolamento C.E. 707/04.

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114. Lo scioglimento della società.- Possono essere definite alcune cause di scioglimento nello statuto. Mentre le cause legali sono dette tali perché comuni ad altre società (art2328) e sono: decorso termine stabilito nell’ atto costitutivo o poi successivamente prorogato; il conseguimento dell’ oggetto sociale o la sua impossibilità di esecuzione( ma l’assemblea straordinaria.per evitare lo scioglimento può modificare lo statuto;es: aumentando il capitale sociale ), il fallimento, la liquidazione coattiva.Si hanno altre cause legali discioglimento particolari alle società di capitali, e quindi anche SPA:

1. impossibilità di funzionamento o la continuata inattività dell’ assemblea ordinaria (art 2484),2. riduzione del capitale al di sotto di 120 mila euro, 3. la deliberazione dell’ assemblea dei soci riuniti in sede straordinaria, lo scioglimento è obbligatorio

se non vi son degli utili per rimborsare la quota dei soci recedenti, e l’assemblea rifiuta di ridurre il capitale.

La deliberazione di scioglimento deve essere depositata e iscritte presso il registro delle società: da tale data(iscrizione) si hanno gli effetti dello scioglimento. Analoga pubblicità vale anche se i tribunale provvede con decreto all’ accertamento dello scioglimento (art 2485).

115. La liquidazione della società.- Con lo scioglimento della società inizia la fase di liquidazione della società. Quando la liquidazione è coatta o fallimentare si applicano le speciali procedure concorsuali . Gli amministratori che accertano una delle cause di scioglimento devono convocare l’ assemblea straordinaria la quale deve deliberare la nomina dei liquidatori ed elencare i loro poteri, mentre se l’ assemblea non fa ciò costoro vengono nominati con decreto del tribunale (art 2487/ 2487 bis). I liquidatori procedono alla liquidazione liquidando prima i creditori sociali, e se il patrimonio non bastasse a liquidare tutti, i liquidatori potrebbero chiedere ai soci il versamento delle partecipazioni ancora dovuti(art 2491). Compiuta la liquidazione viene redatto il bilancio finale , indicando la parte dell’eventuale attivo spettante a ciascuna azione(piano di riparto), questo deve essere depositato presso il registro delle società e se entro 90 giorni i soci non fanno opposizione s’ intende tacitamente approvato. In seguito all’ approvazione del bilancio i liquidatori sono liberati di fronte ai soci e devono chiederne la cancellazione della società dal registro delle imprese, con conseguente estinzione di essa, con la consegna dei libri che devono essere conservati per dieci anni. Se i creditori sono rimasti insoddisfatti potranno fare opposizione presso i soci” fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione” o i liquidatori se è stata colpa loro (art 2495). REVOCA La liquidazione può essere revocata con delibera dell’ assemblea straordinaria (art 2487 ter) .Essa diventa efficace quando risulta il consenso dei creditori sociali o il pagamento dei creditori non consenzienti; diventa in ogni caso efficace dopo il decorso di 60 giorni dallla pubblicazione della delibera nel registro delle imprese, salvo che i creditori anteriori alla pubblicazione abbiano fatto opposizione davanti al tribunale: questo , se ritiene infondato il pericolo di pregiudizio per i creditori o se ritiene idonea la garanzia eventualmente presentata dalla società , dichiara efficace la revoca della liquidazione , nonostante l’opposizione dei creditori sociali (art. 2487.

116. Le società sportive.- Con la legge n. 91 del 1981 le società sportive costituite nella forma di società per azioni, mediante tale forma assumono la capacità di fare dei contratti con atleti professionisti, con, la possibilità di operazioni accessorie come le attività di merchandising ossia l’ utilizzazione economica dei segni distintivi. La legge ha inteso inolte realizzare un collegamento tra società sportive e federazioni nazionali come il CONI, così senza l’ affiliazione alle federazioni non si può depositare l’ atto costitutivo. Le federazioni poi potranno controllare l’ andamento finanziario di tali società ed inoltre potranno denunciare al tribunale gravi irregolarità degli amministratori.

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LA SOCIETÀ CON AZIONI QUOTATE NEI MERCATI REGOLAMENTATI

La disciplina delle società quotate nei mercati regolamentatiLe società quotate sono quelle che sono solite ricercare anche i capitali dei piccoli azionisti che sono interessati più che alla gestione dell’impresa all’acquisizione dei capitali. Allo scopo di determinare la loro protezione si ha che la disciplina (T.U. 1998/58) è stata così modificata:- per un primo aspetto sono state introdotte delle misure di vigilanza esterna realizzate dalla Consob che è munita di poteri informativi, regolamentari, ispettivi, e inoltre si è sentito il bisogno di affidare l’incarico di controllo alle società di revisione. - il secondo aspetto è quello volto a realizzare degli obblighi di comunicazione alla CONSOB e l’obbligo di assicurare la partecipazione dei piccoli azionisti alla gestione delle società anche con deleghe di voto.- terzo aspetto è la sollecitazione fatta dal legislatore all’investimento dei piccoli azionisti con l’ammissibilità di azioni dotate di particolari diritti su utili ancora non accertati (acconti sui dividendi)- ultimo aspetto è l’introduzione della tutela delle minoranze con il loro diritto di opposizione e di denuncia al tribunale delle irregolarità. Sono state introdotte delle disposizioni per regolare il “mercato del controllo societario” che determina la possibilità per l’azionista, che detiene una partecipazione equivalente al 30% del capitale sociale, di fare ricorso a offerte per acquisire le azioni “influenti” o perché ordinarie o perché gli permettono di avere il diritto di voto sulla scelta o sulla responsabilità degli organi di gestione.

I controlli esterni sulle società quotate: a) i poteri della Commissione Nazionale delle società e della borsa (CONSOB)Per garantire ai piccoli azionisti e ai soci in generale la chiarezza delle informazioni, le società per azioni quotate sono sottoposte al controllo esterno della CONSOB e alla società di revisione. La Consob ha sede a Roma ed una sezione secondaria si trova a Milano. Essa ha personalità giuridica di diritto pubblico ed è formata da un presidente e da 4 membri che vengono nominati, sentito il parere del parlamento, su designazione del Consiglio dei Ministri, dal Presidente della Repubblica. Essi durano in carica 5 anni e possono essere confermati solo una volta. I poteri. La Consob deve esercitare i poteri di vigilanza avendo riguardo della tutela degli investitori e della chiarezza del prospetto informativo. Dopo la quotazione, la Consob può richiedere che siano resi pubblici notizie necessarie a garantire la trasparenza, a meno che la produzione di tali notizie non realizzi alla società un grave danno; così la società può fare reclamo entro 7 giorni, e se la Consob ritiene fondato il reclamo, può escludere parzialmente o totalmente la pubblicazione dei dati, ma se la mancata fornitura di tali dati induce in errore il pubblico, allora i dati devono essere ugualmente forniti anche con i danni dell’impresa. L’art 115-bis del T.U. 58/1998 stabilisce che le società quotate devono stabilire un registro delle persone che hanno accesso per la loro funzione professionale alle “informazioni privilegiate”, ossia le informazioni riguardanti la fornitura di strumenti finanziari o altre informazioni private, purché la loro rivelazione non comporti dei danni alla società e sempre che la non fornitura non comporti dei danni al pubblico. A sua volta, l’abuso delle informazioni privilegiate è punito con sanzioni amministrative e vi è la responsabilità amministrativa della stessa società. La Consob può esercitare anche dei poteri d’indagine: sia sul piano informativo, richiedendo alle società quotate la comunicazione di notizie e documenti, sia sul piano ispettivo eseguendo ispezioni presso le stesse società quotate. La Consob può richiedere notizie a chiunque sia informato e può stabilire un rapporto di scambio reciproco con altre amministrazioni pubbliche e con la guardia di finanza. Trasparenza delle partecipazioni sociali. Cioè la Consob può richiedere alle società i nominativi degli azionisti e se le azioni sono state comprate tramite le società fiduciarie, possono essere richiesti i nominativi dei fiducianti.

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Enti soggetti a controllo. I poteri della Consob sono validi per tutte le società quotate, su quelle controllante e su quelle non quotate che però hanno strumenti diffusi tra il pubblico in maniera rilevante. La Consob deve vigilare anche su particolari adempimenti prescritti dalle società italiane che hanno rapporti di controllo o di collegamento con le società estere aventi la loro sede legale in altri stati che non garantiscono la trasparenza societaria (art 165-ter).Altre funzioni della Consob. La Consob ha anche altri poteri di vigilanza sulle società di gestione dei mercati di borsa regolamentati e deve assicurare inoltre la trasparenza, l’ordinato svolgimento delle contrattazioni e la tutela degli investitori. Inoltre, sfrutta dei poteri di vigilanza in collaborazione con la Banca d’Italia.Regole di funzionamento. Le deliberazioni della Consob sono adottate collegialmente, salvi dei casi di urgenza. Essa è indipendente anche dal governo e deve informare il Ministro dell’economia sugli atti e sui fatti aventi maggiore rilievo, quest’ultimo poi aggiornerà il governo. Per inattività, con decreto del presidente della repubblica, avviene lo scioglimento della Consob, in tale maniera viene nominato un commissario straordinario ed entro 45 giorni dallo scioglimento si deve realizzare la ricostituzione della Consob stessa (art 1 L. 216/1974).

b) I controlli dei revisori legali. Gli enti di interesse pubblicoNelle società non quotate l’accertamento della regolarità spetta ad un collegio sindacale, mentre per le società quotate dette attribuzioni spettano a un revisore legale dei conti o a una società di revisione legale iscritta nel registro tenuto dal Ministro dell’economia. Per essere iscritte in detto albo, le società di revisione devono avere determinati requisiti e devono assicurare l’indipendenza e la professionalità tecnica. Tali società sono scelte dall’assemblea ordinaria, previo parere dell’organo cui spetta il controllo dell’amministrazione, ma se ciò non avviene allora, sarà la Consob a realizzare la scelta. Qualora si ravvisi mancanza di professionalità o indipendenza, sarà la Consob a realizzare la revoca della società per incompatibilità (art 159). L’incarico può essere revocato anche dall’assemblea della società quotata per giusta causa. Per svolgere la sua attività, la società di revisione può ottenere dagli amministratori tutti i documenti necessari (art 155).I giudizi sui bilanci. Con apposite relazioni, la società di revisione deve esprimere il proprio giudizio sul bilancio d’esercizio e su quello consolidato (art 165). Il giudizio può essere positivo, e in tal caso non ha rilevanza tranne quando tali rilievi non ricadono sulla complessiva correttezza del bilancio e così i soci dovranno motivare la loro scelta. In caso di giudizio positivo, nella successiva assemblea ove avverrà l’approvazione del bilancio, la delibera non potrà essere impugnata dai soci di minoranza o i dissenzienti ma solo da tanti soci che costituiscano il 5% del capitale (art 2434). Se il giudizio è negativo, la società di revisione deve informare subito la Consob.Operazioni straordinarie: aumento di capitale. La società di revisione deve dare il proprio parere anche per aumentare il capitale sociale, escludendo o limitando il diritto di opzione degli azionisti ovvero realizzando operazioni di fusione o di scissione. Per il primo caso, detto parere deve restare depositato presso la sede amministrativa per 15 giorni in maniera di rendere possibile la consultazione da parte di tutti i soci. In caso di aumento del capitale tramite dei conferimenti in natura, il controllo e la stima del conferimento vanno valutati anche dalla società di revisione. Per i casi di fusione o scissione la società deve redigere la relazione della congruità del rapporto di scambio tra le partecipazioni della società interessate alla fusione o scissione (art 2501 sexties).Divieti. Alla società di revisione non possono essere conferiti altri incarichi che possano far dubitare della loro imparzialità. Vigilanza. La vigilanza è di natura ispettiva ed informativa ed è realizzata dalla Consob che ogni 3 anni deve verificare l’indipendenza e l’idoneità tecnica sia delle società di revisione sia del responsabile di tale società. Per le irregolarità, la Consob può realizzare delle sanzioni pecuniarie o intimare alla società di avvalersi del

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responsabile della revisione cui sono ascrivibili le irregolarità, ovvero la cancellazione dall’albo per gravi casi.Responsabilità. La società di revisione deve adempiere ai suoi obblighi con responsabilità e con una forte diligenza professionale; è responsabile delle verità delle sue attestazioni e del segreto professionale. I dipendenti delle società di revisioni sono responsabili in solido con la società per i danni derivanti dalla loro attività.Enti di interesse pubblico. La disciplina sulla revisione legale dei conti delle società si applica anche agli altri enti di interesse pubblico (anche di natura privata) per assicurare l’attendibilità della contabilità. Tra tali enti, sono comprese, oltre le società quotate: le banche, imprese di assicurazione e di riassicurazione, società emittenti di strumenti finanziari, società di gestione dei mercati regolamentati, società di gestione compensazione e garanzia, società di intermediazione mobiliare, società gestione del risparmio, società di investimento e gli intermediari finanziari iscritti in un albo speciale tenuto dalla Banca d’Italia. La revisione a questi tipi di enti e società non può essere esercitata dal collegio sindacale.

Gli organi di gestione e di controlloNel T.U., per le società quotate, sono state stabilite particolari modalità per la composizione degli organi amministrativi e di controllo. La scelta degli amministratori deve avvenire con scrutinio segreto, sulla base di liste, in maniera da garantire l’elezione di almeno uno dei membri della lista di minoranza (art 147 t.u.f.). Se l’assemblea delibera di volere dare in concessione anche azioni o altri strumenti finanziari deve dare comunicazione alla Consob. Anche nelle società quotate, i sindaci devono vigilare principalmente sull’osservanza della legge e dell’atto costitutivo ed in particolare sulla corretta organizzazione e sul sistema di controllo interno: poiché il controllo spetta ad un soggetto incaricato della revisione legale, il ministro della giustizia fissa i principali requisiti di onorabilità e professionalità. Almeno un sindaco deve essere eletto dalla minoranza (voto di lista) ed il presidente è nominato dall’assemblea tra i sindaci eletti dalla minoranza. Per i poteri di controllo, i sindaci possono chiedere agli amministratori notizie sull’andamento delle operazioni sociali e devono comunicare alla Consob se sussistono determinate irregolarità. A sua volta la Consob se ha fondato sospetto delle irregolarità commesse dai sindaci può denunziare l’accaduto al tribunale.Con regolamento della Consob, sono posti dei limiti al cumulo dei poteri dei sindaci nelle società quotate e in quelle emittenti di strumenti finanziari diffusi.

La trasparenza degli assetti proprietari. Le partecipazioni rilevanti. Le partecipazioni reciprocheLa legge pone delle disposizioni che sono volte soprattutto a consentire una maggiore conoscenza della proprietà azionaria delle società quotate. Le disposizioni sono: Partecipazioni rilevanti: a norma dell’art 120, vanno definite due ipotesi: a) qualora taluno abbia in una società quotata una partecipazione superiore al 2% del capitale di questa; b) qualora una società quotata abbia in una società non quotata una partecipazione superiore al 10% del loro capitale.Qualora vi sono tali partecipazioni rilevanti, esse devono essere comunicate immediatamente alla Consob e alla società partecipata, se ciò non accade il diritto di voto inerente alle azioni o alle quote, per le quali sono state omesse le comunicazioni, è sospeso. Se, malgrado la sospensione il voto è ugualmente espresso ed è stabilito che con quel voto è stata raggiunta la maggioranza, si ha l’annullamento della deliberazione. Il giudizio di annullamento si svolge tramite la procedura prevista dall’art 2377 ed è legittimata ad agire anche la Consob. Spetta anche a quest’ultima stabilire il calcolo delle partecipazioni, in quanto le percentuali superiori al 2 o al 10% vanno calcolate tenendo conto pure delle partecipazioni indirette, inoltre deve stabilire quando il voto spetti ad un soggetto diverso dal socio. Occorre anche evitare l’elusione della disciplina, ad esempio con il contratto di riporto per cui l’acquirente, ossia il riportatore, s’impegna a

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restituire le azioni al riportato (alienante), entro un determinato termine; in tal caso le azioni sono imputate ad entrambi e si considera irrilevante se il diritto di voto spetta all’uno o all’altro soggetto (art 1550). Identificazione degli azionisti: se previsto negli statuti delle società, si può richiedere agli intermediari abilitati i dati identificativi degli azionisti che non ne abbiano vietato la comunicazione.Partecipazioni reciproche. Si hanno quando una società ha una partecipazione in un’altra società che superi i limiti suddetti e che per il limite del 2% non si spinga oltre il 5%. In tali ipotesi, oltre che alla comunicazione, si richiede la cessazione della reciprocità delle partecipazioni eccedenti, obbligando all’alienazione entro 12 mesi, e se ciò non avviene si ricorrerà alla sospensione del diritto di voto estesa anche all’intera partecipazione e gli amministratori sono soggetti a sanzione penale. L’inosservanza dell’obbligo di sospensione del voto comporta l’invalidità della delibera.Relazione sulla gestione. In tale sezione vengono richieste delle informazioni dettagliate sull’assetto proprietario della società e sul governo societario (es: adesione al codice di comportamento, composizione e modalità di funzionamento degli organi amministrativi, sulle categorie di azioni, sulle partecipazioni rilevanti…).I patti parasociali - Anche per i patti sociali è richiesta la pubblicità, a pena di validità, che deve essere: 1) la comunicazione alla Consob entro 5 giorni, 2) la pubblicazione sulla stampa quotidiana entro 10 giorni, 3) la depositazione presso il registro delle imprese entro 15 giorni, 4) comunicazione alla società quotata. La non osservanza di tali disposizioni comporta la nullità dei patti e la sospensione del diritto di voto. Se i patti hanno una durata, questa non può essere superiore a 3 anni ma sono rinnovabili alla scadenza; se sono a scadenza indeterminata, ciascun contraente può realizzare il recesso con un preavviso di sei mesi.

Le assemblee. La sollecitazione e la raccolta delle deleghe di voto. Le associazioni di azionisti. Le modalità del voto per corrispondenzaL’avviso di convocazione delle assemblee delle società quotate va pubblicato entro il trentesimo giorno precedente la data della riunione sul sito internet della società, in esso occorre indicare: l’ordine del giorno, le procedure per partecipare e votare in assemblea e la data di registrazione. Nell’avviso deve essere precisato che coloro che risulteranno titolari delle azioni solo successivamente a tale data non hanno diritto a partecipare e votare in assemblea; infatti, costoro risulteranno assenti e potranno impugnare le delibere annullabili ed esercitare il diritto di recesso. È anche messa a disposizione del pubblico una relazione degli amministratori sulle materie all’ordine del giorno e in caso, i soci possono porre domande su dette materie anche prima dell’assemblea.Nelle società quotate, i soci che rappresentano più di un quarantesimo del capitale sociale, possono richiedere l’integrazione dell’ordine del giorno dell’assemblea già convocata indicando ulteriori argomenti (art126 bis tuf).Inoltre, per assicurare la rappresentanza dei piccoli azionisti è stata disposta una particolare disciplina in tema di rappresentanza assembleare. La sollecitazione al conferimento di deleghe di voto deve essere fatta tramite dei moduli dagli azionisti committenti ai quali appartiene l’1% del capitale, che propongono determinate tipologie di voto. La sollecitazione deve essere fatta da un intermediario, che sia una banca o società di gestione di risparmio o altro, e se il committente è esso stesso un intermediario potrà realizzare autonomamente la sollecitazione. La sollecitazione viene fatta tramite un prospetto informativo o tramite modulo di delega ed il voto è esercitato dal committente o dall’intermediario.Associazioni di azionisti. Anche i piccoli azionisti possono realizzare delle unioni per poter aumentare il loro peso sociale, con la raccolta di deleghe di voto; essi insieme non possono superare l’1 % delle azioni con diritto di voto. Gli accordi associativi, al pari dei patti parasociali, devono essere portati a conoscenza della

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Consob, pubblicati sulla stampa e depositati nel registro delle imprese. Ma se ciò non avviene non vi sarà la sospensione del voto. Anche qui le adesioni sono raccolte con deleghe. Disciplina comune. Le informazioni date agli azionisti devono essere tali da assumere decisioni consapevoli e contro l’intermediario o il committente si ha la responsabilità che può essere eliminata tramite l’onere di prova di avere agito con diligenza. Le deleghe possono essere conferite e possono essere revocate fino all’ultimo giorno precedente all’assemblea. Nelle società quotate il voto per corrispondenza è realizzato tramite specifiche formule ideate dalla Consob stessa. La scheda deve essere realizzata in modo da garantire la segretezza del voto sino all’assemblea stessa.

Le azioni di risparmioSono particolari categorie di azioni privilegiate delle quali è lo statuto ad attribuire determinati diritti, dunque esistono differenti categorie di azioni di risparmio. Le azioni di risparmio sono destinate principalmente a coloro che non sono interessati alla gestione quanto più al capitale e sul loro certificato deve essere scritto la denominazione dell’azione e i poteri; inoltre, se interamente liberate esse possono essere al portatore, ma se appartengono agli amministratori, ai sindaci ovvero agli altri organi, devono essere nominative. Esse non possono superare la metà del capitale, se c’è tale esubero deve essere eliminato entro 2 anni mediante emissione di azioni ordinarie; ed in mancanza, si ha lo scioglimento della società. Inoltre, con tali azioni, pur non concedendo il diritto di voto, è permesso che gli azionisti risparmiatori possano essere riuniti per una determinata assemblea che delibera per: a) approvazioni di delibere delle assemblee sociali in ordine alla riduzione di privilegi derivanti dalle azioni di risparmio, b) per la scelta del “rappresentante comune”, che ha una funzione tipica del rappresentante degli obbligazionisti e può anche impugnare le delibere sociali (art 147).

Gli acconti sui dividendiGli utili possono essere distribuiti solo dopo che è stato approvato il bilancio e dunque, dopo la fine dell’esercizio sociale, e finché non si chiude l’esercizio non è possibile sapere se vi sono utili che possono essere distribuiti agli azionisti come dividendi; tuttavia, il legislatore ha permesso che gli utili possano essere distribuiti infra- annualmente, solo se: a) si tratta di società quotate, ove il loro bilancio è sottoposto al giudizio delle società di revisione iscritte nell’albo della Consob, b) lo statuto prevedere la distribuzione, c) essa può essere deliberata solo se nell’esercizio precedente non ci sono state perdite visto il parere positivo della società di revisione e da una relazione degli stessi amministratori, depositati nella sede sociale, d) gli utili acconti non superano la minor somma tra l’importo degli utili e l’importo delle riserve risultante nel bilancio precedente. Solo se saranno osservate tali disposizioni gli acconti distribuiti non saranno ripetibili.

Le offerte pubbliche di acquisto o di scambioNel T.U. 58/1998 è posta la disciplina legislativa che regola le offerte pubbliche di scambio e di acquisto di prodotti finanziari, anche non quotati o diffusi tra il pubblico in misura rilevante, rivolte ad un numero di soggetti e di ammontare complessivo determinati da un regolamento Consob. Ossia offerte che hanno ad oggetto titoli, ossia strumenti finanziari che attribuiscono un diritto di voto limitatamente anche a determinati argomenti. La promozione dell’offerta avviene con una comunicazione alla Consob entro 20 giorni, e se non avviene l’offerta è “irricevibile” cioè non può essere presentata per altri 12 mesi. Entro 15 giorni, la Consob dovrebbe rispondere ma se non lo fa si ritiene approvata secondo lo schema del silenzio assenso. In poche parole, la Consob analizza il documento d’offerta, e stabilisce delle particolari regole per la trasparenza e regolarità delle operazioni sui prodotti finanziari. Se l’offerta ha ad oggetto titoli aventi il diritto di voto nelle assemblee ed ammessi alla negoziazione nel mercato italiano ed europeo alla società emittenti, si adottano le seguenti regole:

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- passivity rules, ossia regola di passività, ossia all’emittente è vietato compiere degli atti che siano in contrasto con l’offerta, in mancanza del divieto difatti gli amministratori potrebbero varare, ad es., un aumento del capitale per ostacolare un acquisto dell’offerente di una quota dominante; pertanto, la decisione di contrastare l’offerta è ammessa solo se autorizzata da una delibera dell’assemblea dei soci in sede ordinario o straordinaria. - Regole di neutralizzazione, sono neutralizzate ope legis tutte quelle norme statutarie che limitano la circolazione dei titoli e le restrizioni in relazione al voto non operano né in pendenza dell’offerta né dopo. - Regole di reciprocità. Le regole di passività e di neutralità non si applicano nemmeno se una società (offerente), per es., estera non è soggetta a regole equivalenti a quelle a cui è soggetta la società (emittente), per es., italiana; in tale caso spetta alla Consob giudicare l’equivalenza 20 giorni dopo la presentazione dell’offerta.

Le partecipazioni di controllo nelle società quotate: a) le offerte pubbliche di acquisto preventive Le partecipazioni di controllo (mercato del controllo societario), anche detenute indirettamente tramite persona interposta o società fiduciaria, sono fondamentali perché i titoli attribuiscono diritti di voto per le deliberazioni riguardanti la scelta di amministratori o del consiglio di sorveglianza (art 106 T.U.58/1998). Il socio ha una partecipazione di controllo quando possiede una quota di tali titoli superiore al 30%. L’acquisto di tale partecipazione può avvenire tramite la realizzazione di un’offerta volontaria rivolta ai possessori dei titoli, ed in tal caso tutti i possessori avrebbero potuto concede all’offerente i loro titoli con un‘operazione di disinvestimento; oppure, con l’offerta pubblica da parte della società che abbia avuto ad oggetto il 60% dei titoli ma non la loro totalità: in tal caso, è la Consob che ha concesso all’offerente, che abbia ottenuto il 30%, la possibilità di non comprare altri titoli, qualora: non abbia acquistato, nell’anno precedente, altre partecipazioni in misura superiore all’1%, inoltre è richiesto che l’efficacia dell’offerta sia stata condizionata dall’offerente all’approvazione di tanti possessori di titoli che mantengano la maggioranza di tali titoli. Nonostante ciò, l’offerente può cercare di ottenere la totalità dei titoli se il suo comportamento dimostra l’interesse della posizione di controllo: o perché nell’anno successivo all’offerta ha acquistato ulteriori quote di partecipazione o perché la società emittente ha deliberato fusione o scissione.

b) L’offerta pubblica di acquisto obbligatoriaColoro che hanno una partecipazione superiore al 30%, hanno l’obbligo di promuovere successivamente, entro 30 giorni dalla superazione della soglia, un’offerta di acquisto totalitaria. Ciò per tutelare l’interesse degli altri soci ad uscire dalla società ad un prezzo corrispondente al valore di scambio delle proprie azioni. L’offerente dovrà, infatti, pagare il prezzo più alto da lui pagato, ovvero se non ha effettuato acquisti, ad un prezzo meno inferiore a quello medio di mercato dell’ultimo anno. Se ricorrono determinate condizioni, l’offerta, con provvedimento della Consob, si paga con un prezzo superiore o inferiore a quello più elevato pagato in precedenza. Spetta alla Consob decidere quando l’esubero della soglia del 30% non comporta ulteriori acquisti, cioè: quando esso è realizzato dal controllo di più soci ovvero quando: a) l’acquisto è determinato da operazioni di salvataggio dell’impresa, b) trasferimenti di titoli legati a stretti rapporti di partecipazione, c) operazioni di carattere temporaneo, d) fusione o scissione, e) cause indipendenti dalla volontà dell’acquirente, f) acquisto a titolo gratuito. L’obbligo di acquisto è previsto in 2 casi: quando la soglia supera il 30% o il 90/95%; in quest’ultimo caso si tende a realizzare un flottante sufficiente (un adeguato ammontare di titoli per le negoziazioni nel mercato di borsa.)Acquisto di concerto. Sono considerati acquisti di concerto quelli che: a) sono realizzati da soggetti aderenti ad un atto parasociale, e l’esubero delle percentuali sia avvenuto nell’anno precedente al patto, b) da un soggetto o da società da esso controllate, c) da due o più società sottoposte ad un controllo comune, d)

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dalla società e dai suoi amministratori, e) da soggetti che cooperano fra loro per ottenere il controllo societario. In caso di inadempimento viene annullato il diritto al voto e se questo viene realizzato ugualmente la delibera sarà annullabile e potrà essere impugnata entro 6 mesi anche dalla Consob.

c) Il diritto di acquisto dei titoli residuiAllo stesso offerente, che detiene il 95% del capitale sociale, è dato diritto di acquistare i titoli residui entro 3 mesi dalla conclusione dell’offerta, purché esso sia messo in luce dal documento d’offerta; ciò comporta che qualora l’offerente sia già titolare del 90% delle azioni, dovrà pagare un prezzo equivalente a quello dell’offerta senno il prezzo sarà deciso dalla Consob (art111).

Altre disposizioni particolariIn molte altre ipotesi, le discipline delle società quotate sono diverse da quelle non quotate. Acquisto delle azioni proprie e della società controllante. Questi a norma dell’art 2357 bis e 2359 devono essere realizzati mediante il regolamento della Consob, in modo di assicurare la parità tra i vari azionisti offerenti ed evitando che vengano avvantaggiati determinati soci. Diritto di opzione. Nelle operazioni di aumento del capitale a pagamento, il termine del diritto di opzione è dimezzato a 15 giorni. Se non viene esercitato tale diritto, le azioni inoptate devono essere offerte in borsa per conto della società per almeno 5 riunioni. Inoltre, lo statuto prevede l’esclusione del diritto di opzione per almeno il 10 % del capitale e per salvaguardare il diritto dei vecchi soci, e il prezzo di emissione deve corrispondere al valore di mercato delle azioni. Informazione dei soci. Nelle azioni non quotate, i soci hanno diritto di prendere visione della copia di bilancio ma non possono ottenere delle copie, ciò non accade per le società quotate ove gli azionisti possono ottenere copie degli atti. Bilancio d’esercizio. Per l’approvazione del bilancio, lo statuto non può prevedere un termine superiore a 120 giorni. Informazione finanziaria. Per realizzarla entro 60 giorni dalla chiusura del primo semestre d’esercizio deve essere depositata un’attestazione contenente il bilancio semestrale abbreviato con un’attestazione da parte degli amministratori che dichiarano che il bilancio risponde ai principi di chiarezza e veridicità. Ciò è prescritto anche per il bilancio d’esercizio e per il consolidato. Inoltre, le società quotate devono pubblicare entro 45 giorni dalla chiusura del primo e del terzo trimestre di esercizio, anche un resoconto intermedio della gestione.Recesso. Per le società quotate, vi è anche il recesso per coloro che non hanno partecipato all’assemblea della deliberazione dell’esclusione della quotazione che comporta un netto svantaggio economico per la loro facilità di trasferimento delle azioni. Se gli altri soci non acquistano le azioni del socio receduto, gli amministratori devono provvedere al collocamento mediante offerta nel mercato di quotazione. In mancanza di collocamento, le azioni da rimborsare al socio devono essere pari alla media aritmetica dei prezzi di chiusura degli ultimi 6 mesi. Obbligazioni. Non è posto un limite all’emissione di obbligazioni nelle società quotate nei mercati regolamentati.

LE PARTECIPAZIONI AZIONARIE DELLO STATO E DEGLI ENTI PUBBLICI

Società con partecipazione pubblica e società d’interesse nazionaleLa disciplina valida per le spa si adotta anche per le società con partecipazione pubblica (dette anche società di diritto speciale) che può consistere nel possesso di un certo numero di azioni, oppure anche nel potere di nomina di uno o più amministratori o sindaci o di componenti del consiglio di sorveglianza (art 2450). L’ente pubblico ha gli stessi diritti e obblighi degli altri membri nominati dall’assemblea (art 2449).

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Essi avendo il potere di nomina hanno anche quello di revoca e tra i sindaci nominati dallo stato deve essere eletto il presidente dl collegio sindacale (art 2450). La cessione delle partecipazioni di controllo pubblico anche se sono trasferiti a terzi si realizza la trattazione codicistica poiché hanno ad oggetto settori d’interesse pubblico.La legge n. 474/1994 è più incisiva e può attribuire poteri speciali: a) potere di opposizione all’acquisizione di partecipazioni rilevanti ai fini del controllo della società, e ai patti di voto, così entro 10 giorni dalla richiesta di iscrizione del cessionario o del riferimento del patto di voto alla Consob può essere realizzata l’opposizione. b) il potere di nomina di un amministratore senza diritto di voto. c) il potere di veto, in relazione a delibere di scissione, unione o scioglimento della società. Si discute se tali poteri non siano in contrasto con il trattato CE art 56 relativi alla libera circolazione dei capitali. Per le società d’interesse nazionali (RAI), seppure appartenenti a terzi, valgono i principi circa la gestione della società, la trasferibilità delle azioni, il diritto di voto e la nomina degli amministratori, sindaci e dei dirigenti (art 2451).

Regole particolari sull’alienazione delle partecipazioni pubblicheLa legge n 474/1994, stabilisce delle particolari condizioni sull’alienazione delle partecipazioni, quando il loro capitale appartiene allo stato; in tal caso, si possono costituire con atto unilaterale dei trasferimenti a delle aziende o ad una serie di aziende, una parte del capitale, che se conferito in beni deve essere calcolato a valore di libro (cioè di bilancio). Per l’alienazione delle partecipazioni pubbliche possono essere previste forme di pagamento rateale con il rilascio di un certificato depositato presso il Monte Titoli, e tali certificati possono essere trasferiti a terzi che corrispondono le rate restanti. Il mancato pagamento anche di una sola rata determina, dopo la diffida nella Gazzetta Ufficiale, il trasferimento all’ente alienante.

LA SOCIETÀ IN ACCOMANDITA PER AZIONI

Caratteri e disciplinaIn tale società, si hanno due categorie di soci: gli accomandatari che dopo l’escussione del patrimonio della società, devono rispondere solidalmente e illimitatamente con il proprio patrimonio; e gli accomandanti, che rispondono limitatamente alla loro quota (art 2452). La disciplina delle spa, vale solo per i casi di compatibilità, al contrario si avranno altre disposizioni: nel nome della società deve essere indicato oltre al tipo di società anche il nome di uno degli accomandatari. Gli accomandatari devono essere elencati nell’atto costitutivo e sono amministratori della società senza limite di tempo. Alla cessazione di tale carica si provvede a nominare i nuovi amministratori che assumono la qualità di accomandatari dopo l’accettazione della nomina (art 2457). Spetta all’assemblea straordinaria deliberare le modifiche dell’atto costitutivo ma queste devono essere approvate da tutti i soci. Se l’accomandatario trasferisce le proprie azioni, l’acquirente non diventa accomandatario. E se l’accomandatario cessa di essere socio e cessa anche dall’ufficio di amministrazione, egli non risponde dei debiti sociali e se cessano dall’ufficio tutti gli amministratori e il consiglio non si riforma entro 6 mesi, si avrà una causa di scioglimento della società. Art 2458). In questo periodo di 6 mesi, viene nominato un amministratore provvisorio, il quale non diventa socio accomandatario e può compiere solo atti di ordinaria amministrazione.

LA SOCIETÀ A RESPONSABILITÀ LIMITATA: srlNozione - Art. 2462: sono società a responsabilità limitata, quelle per cui i soci, o anche l’unico socio, non risponde con il suo patrimonio ma solo con quello della società.L’srl è una tipologia di società che permette la realizzazione di imprese con modeste dimensioni economiche (il patrimonio non può essere inferiore a 10 mila euro). Nonostante ciò le partecipazioni dei soci non possono essere rappresentate tramite delle azioni (quindi le quote, pur essendo trasferibili anche

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a terzi, non sono destinate alla circolazione e non possono costituire oggetto di offerta pubblica), e l’organizzazione della società è simile a quella delle spa con l’allargamento di un’ampia autonomia statutaria.

Conferimenti e finanziamenti dei soci. Le quote di partecipazioneNelle srl, il versamento dei conferimenti iniziali può avvenire anche tramite una fideiussione rilasciata da una banca o da una finanziaria. Inoltre, possono essere realizzati come conferimenti anche le prestazioni d’opera o di servizi. Nell’interesse della società, il socio deve garantire tali prestazioni con una cauzione, che non verrà utilizzata se il socio ottempererà alle sue obbligazioni, invece per i conferimenti in natura è predisposto la valutazione di un giurato scelto dallo stesso socio conferente. Solitamente i finanziamenti dai terzi alla società sono calcolati in base ai conferimenti dei soci e se si realizza uno squilibrio, i finanziamenti sono regolati come i conferimenti e sono postergati rispetto alla soddisfazione dei creditori. Le quote di partecipazione sono determinate in proporzione ai conferimenti e così anche i diritti sociali (art 2468). Mora del socio. Se il socio è moroso può essere diffidato al pagamento entro 30 giorni se no si provvederà alla vendita e se non ci saranno offerte si venderà all’incanto, e se anche tale opzione sarà disattesa, allora la società tratterà le somme già versate e il socio dovrà risarcire i danni.Trasferimento della quota. Le quote sono trasferibili per atti inter vivos e mortis causa ma per entrambi i casi possono essere previste delle limitazioni. Inoltre per ostacolare il riciclaggio di denaro sporco l’art 2470, stabilisce la pubblicità dell’atto, disponendo l’autenticazione da un notaio e con l’obbligo di depositarlo entro 30 giorni nel registro delle imprese. L’iscrizione nel libro dei soci deve essere effettuata dagli amministratori su richiesta dell’alienante o dell’acquirente solo dopo 30 giorni dal deposito dell’atto nel libro delle imprese e qualora l’alienante alieni a più soggetti la propria quota essa apparterrà a colui che prima ha iscritto il trasferimento nel registro delle imprese (art 2470 c.3).Espropriazione. I creditori personali possono procedere all’espropriazione della quota tranne che essa non sia liberamente trasferibile, in tal caso si avrà bisogno di un accordo con la società, se ciò non avviene la quota è venduta all’incanto tranne che entro 10 giorni dall’aggiudicazione non si presenti un altro acquirente che offra lo stesso prezzo. Recesso ed esclusione del socio. Il recesso è previsto anche nel caso in cui il socio non ha consentito la fusione e scissione seppure questa non abbia apportato particolare benefici alla società; il recesso può essere effettuato dinanzi ad un provvedimento che determina un aumento di capitale a pagamento con un’offerta delle quote a terzi e non ai soci. L’esclusione può essere determinata anche con il socio moroso, o secondo disposizioni statutarie per giusta causa; il codice si limita a stabilire che al socio escluso si applica il recesso. Acquisto o pegno delle proprie quote. È vietato alla srl l’acquisto delle proprie azioni o di accordare prestiti per il loro acquisto e ciò è inderogabile, anche se si vuole favorire l’acquisto ai dipendenti.

L’organizzazione della società a responsabilità limitata. L’emissione di titoli di debito (le obbligazioni)Se non è disposto diversamente, l’organizzazione delle srl, ricalca quello delle spa. La presenza dell’organo collegiale e del bilancio è obbligatoria solo se il capitale supera i 120mila euro o non vi sono i presupposti dimensionali che consentano il bilancio abbreviato. Le decisioni dei soci. La convocazione dell’assemblea è realizzata mediante una lettera raccomandata spedita ai soci e non sono previste convocazioni secondarie. E non vi è distinzione tra assemblea ordinaria e straordinaria. Nell’atto costitutivo può essere pur sempre stabilito di adottare decisioni di competenza senza che i soci si riuniscano, purché ciò avvenga tramite consultazione o per iscritto (art 2479), mentre il ricorso all’assemblea è necessario per le modifiche all’atto costitutivo con la verbalizzazione da parte del notaio e la pubblicazione del registro delle imprese. Le decisione dei soci sono impugnabili entro 90 giorni e

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se ciò avviene il tribunale può concedere un periodo non superiore a 6 mesi entro cui si adotterà la decisione idonea ad eliminare una causa di invalidità (art 2479-ter).L’amministrazione della società. Se i soci sono almeno due essi devono agire collegialmente, ma nell’atto costitutivo si può prevedere anche che non si costituisca neppure un collegio di amministrazione e che le decisioni siano prese secondo la disciplina delle società di persone, e pertanto in forma disgiunta da ciascun amministratore oppure in forma congiunta col consenso di tutti gli amministratori. Gli amministratori che sono in conflitto con la società, non possono realizzare contratti contrari alla stessa e questi sono annullabili se cagionano danno alla società ed erano conoscibili da terzi (art2475 ter). Poteri di informazione e di ispezione. Ogni socio può ottenere notizie sullo svolgimento della società consultando i libri sociali ed i vari bilanci. Egli può richiamare la responsabilità degli amministratori ed in caso di gravità anche la revoca degli stessi. Obbligazioni (titoli di debito). La società ha anche dei limiti per l’emissione delle obbligazioni di massa che possono essere vendute solo ad investitori professionali, poi tali titoli possono esseri trasferiti a chiunque, ma il primo trasferimento deve essere realizzato pro solvendo (l’investitore professionale che li aliena rimane responsabile) (art 2483).

DISPOSIZIONI COMUNI A TUTTE LE SOCIETÀ: TRASFORMAZIONE, FUSIONE, SCISSIONE - SOCIETÀ NAZIONALI ED ESTERE - SANZIONI PENALI

La trasformazione della societàDurante la vita della società può nascere l’esigenza della trasformazione del tipo sociale o anche della cd trasformazione eterogenea dove ciò che cambia è lo scopo della società. La trasformazione costituisce una modificazione dell’atto costitutivo e per agevolare tale modifica, ad esempio da una società di persone ad una di capitali, la legge predispone una deroga al consenso unanime (art 2252) e accetta anche la sola maggioranza. La norma 2500-ter stabilisce anche il diritto di recesso al socio contrario alla trasformazione. Per l’acquisto della personalità giuridica deve risultare da atto pubblico depositato presso il registro delle imprese solo dopo che l’atto è stato iscritto in tale registro, l’atto non può essere più invalidato (art 2500 bis), inoltre la società trasformata conserva i diritti e le obbligazioni precedenti alla pubblicazione (art 2498). La trasformazione di un tipo di società da responsabilità illimitata ad una limitata abbisogna del consenso dei creditori, che se non fanno opposizione entro 60 giorni si ritiene abbiano dato il loro concerto. Se invece si trasforma in un tipo a responsabilità illimitata occorre il consenso dei soci che vanno ad assumere la responsabilità illimitata (art 2500 sexties). Se la società passa da una di persone ad una di capitali le azioni sono assegnate in relazione al valore delle loro partecipazioni originarie.(art 2500 quarter).

La fusione della societàLa fusione di una o più società può realizzarsi o con l’incorporazione di una o + società in un’altra (società incorporate) o tramite la creazione di una totalmente nuova (art 2501). La fusione non è consentita alle società in liquidazione che abbiano iniziato la distruzione dell’attivo.La fusione si realizza tramite diverse fasi: a) progetto di fusione: le società redigono un progetto di fusione che ha essenzialmente una funzione informativa nei riguardi dei soci e dei terzi, e nel quale deve essere indicato il nuovo assetto sociale. b) nel contenuto del progetto deve risultare: 1) il testo dell’atto costitutivo della nuova società, 2) il rapporto di cambio delle azioni o delle quote e l’eventuale conguaglio in danaro, 3) le modalità di assegnazione delle quote o delle azioni, 4) il trattamento riservato a particolari categorie di soci (es: azionisti di risparmio) e ai possessori di titoli diversi dalle azioni, 5)i vantaggi eventualmente proposti a favore degli amministratori, 6) la data dalla quale i soci partecipano alla divisione degli utili o dalla quale avviene l’imputazione del bilancio.

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c) pubblicità legale: il progetto di fusione deve essere depositato per l’iscrizione nel registro delle imprese dove si trova la sede della società (art 2501-ter).d) documentazione: gli amministratori devono redigere anche un bilancio straordinario che metta in luce la situazione patrimoniale, e deve essere riferito in una data non anteriore ai 120 giorni rispetto al giorno della depositazione del progetto di fusione nella sede della società; la situazione può essere sostituita dall’ultimo bilancio d’esercizio, se l’esercizio è stato chiuso in un periodo non oltre sei mesi prima della depositazione del progetto di fusione. In tale relazione, devono essere messi in luce principalmente il progetto di fusione e i criteri per stabilire i rapporti di cambio. Inoltre, uno o più esperti vengono scelti tra i revisori legali per giudicare l’adeguatezza dei criteri utilizzati per stabilire il reale valore del patrimonio (art 2501-sexties).e) deposito della documentazione nelle sedi sociali: il progetto di fusione, la situazione patrimoniale e la relazione dagli amministratori e degli esperti devono essere depositati presso la sede sociale per tutti i 30 giorni che precedono la decisione della fusione, per essere visionate dai soci stessi e in caso ottenerne una copia (art 2501-septies).f) decisione sulla fusione: Avviene con l’approvazione del progetto di fusione da parte di entrambe le società (art2502); per le società di persone occorre la sola maggioranza, per quelle di capitali occorre l’approvazione da parte dell’assemblea straordinaria. I soci possono modificare il progetto di fusione purché non incidano sui diritti dei soci e dei terzi. La decisione di approvazione deve essere registrata nel registro delle imprese (art 2502-bis.)g) L’atto di fusione: per essere reso operativo e stipulato si deve attendere un periodo di 60 giorni che decorrono dal momento in cui si ha la decisione della fusione e la sua registrazione nel registro delle imprese. In tali 60 giorni, potranno fare opposizione tutti i creditori e gli obbligazionisti, i quali, se le azioni sono convertibili potranno avere la conversione in azioni anticipatamente, senno i loro diritti rimarranno inalterati tranne che non siano stati modificati con delibera della loro stessa assemblea (art 2503). Per i creditori, se il tribunale non ritiene che vi sia pericolo per le loro garanzie si darà corso alla fusione, inoltre non si attenderà il termine bimestrale se i creditori non consenzienti avranno avuto il loro credito risanato.h) trasformazione: se vi è una trasformazione che va da una responsabilità illimitata ad una limitata, i soci non rispondono più illimitatamente ma rispondono ugualmente verso i creditori anteriori alla fusione, tranne che essi abbiano dato il loro consenso alla fusione.i) atto notarile: l’atto di fusione deve essere redatto in forma pubblica, ed entro 60 giorni deve essere depositato per l’iscrizione nel registro delle imprese ove si trova la sede delle società; la fusione ha effetto solo dopo tale registrazione ed inoltre, dopo di ciò non può essere più dichiarata l’invalidità ma ciò non pregiudica il diritto al risarcimento per coloro che sono rimasti danneggiati dalla fusione (art 2504- quater).Poi vi sono delle regole particolari: 1) quando una società contrae dei debiti per acquistare delle azioni dell’altra società e si ritiene che con i beni di quest’ultima possa coprire i debiti, allora ciò deve essere messo in luce nel progetto per rendere possibile la valutazione dei soci. 2) se la società incorporante possiede tutte le azioni di quella incorporata allora non si realizzerà il cambio delle azioni e le azioni della società incorporata vengono annullate, e si avrà che gli amministratori di entrambe potranno decretare la realizzazione della fusione. 3) qualora una società possieda delle azioni proprie, il valore delle azioni dovrebbe essere valutato ai fini del rapporto di cambio, ma se vengono annullate non possono sostituire le azioni della nuova società.

La scissione della societàPer scissione della società si indica l’assegnazione totale o parziale (scissione parziale) del patrimonio ai soci di altre società dette beneficiarie (art 2506). Soltanto se le società beneficiarie sono più di una, è anche possibile trasferire l’intero patrimonio, con conseguente estinzione della società conferente (scissione

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totale). Con la scissione totale viene fuori l’azzeramento del patrimonio e dunque una delle cause di scioglimento della società. Della scissione non possono beneficiare le società in fase di liquidazione ed è sempre possibile un conguaglio che non ecceda il 10% del valore nominale delle attribuzioni riferite ai soci (art 2506). La disciplina è simile a quella della fusione. Per la scissione è prescritta la realizzazione di un progetto di scissione, della situazione patrimoniale e delle relazioni degli amministratori e degli esperti e dopo l’iscrizione nel registro delle imprese non può essere più dichiarata l’invalidità della scissione. Dato che le partecipazioni non vengono assegnate alla società scissa, ma ai suoi soci, la scissione può pregiudicare i creditori della società scissa; a tutela dei creditori: A) essi possono fare opposizione al tribunale, B) ciascuna delle società beneficiarie assume diritti e obblighi della società scissa verso i creditori e se non riescono ad adempiere a tali obblighi essi potranno rispondere in solido con quella scissa nei limiti del patrimonio netto e di quanto rimasto (art 2506-quater).

Società nazionali ed estereLe società che si costituiscono nel territorio italiano, anche se l’oggetto della loro attività è all’estero, sono soggette alla legge italiana L. 218/1995. Alle stesse disposizioni sono soggette anche le società estere che hanno la sede principale o l’oggetto d’interesse in Italia. Le società che hanno le sedi secondarie in Italia devono pur sempre registrarle nel registro delle imprese con atto costitutivo e nomi delle persone che le rappresentano in Italia, e se sono società diverse rispetto a quelle nazionali devono sottostare alla disciplina delle società per azioni per ciò che riguarda la registrazione degli atti e la responsabilità degli amministratori, in mancanza di ciò, essi rispondono personalmente ed illimitatamente per le obbligazioni sociali (art 2509 bis).Disciplina comunitaria: La L. 220/1971, che è stata ratificata dalla Convenzione di Bruxelles, stabilisce il riconoscimento reciproco delle società civili e commerciali se: sono costituiti in detti stati e lì si ha la sede statuaria. Se ricorrono queste 2 condizioni, il riconoscimento opera di diritto ed ogni stato non può rifiutare loro quei diritti e facoltà. Tuttavia, ogni stato può rifiutare tale riconoscimento della personalità se la sede effettiva si ritrovi fuori dei territori in cui si applica la convenzione; ed ogni stato può dichiarare che applicherà le proprie disposizioni imperative alle società, la cui sede effettiva si trovi nel suo territorio. Però ancora oggi la disciplina della convenzione non è in vigore perché non è stato già ultimato il procedimento di ratifica.

Disposizioni penali in materia di societàGli amministratori possono avere sanzioni penali qualora: falsano il bilancio, violano le disposizioni volte a tutelare l’integrità del capitale sociale, impediscono il controllo di gestione da parte dei soci, danno un’esagerata valutazione dei beni materiali conferiti, compiono atti di infedeltà patrimoniale, violano la disciplina sull’acquisto delle azioni proprie, influiscono sulla formazione delle maggioranze assembleari con mezzi illeciti. Sono anche predisposte azioni penali per i liquidatori, per i direttori generali, gli organi di controllo, società di revisione; e come pena accessoria vi può anche essere l’interdizione dal loro posto di lavoro.

L’IMPRESA CONIUGALE

Nozione e disciplina - Con una legge di riforma del diritto di famiglia (L.151/1975), è stato stabilito che fanno parte della comunione l’azienda gestita da entrambi i coniugi e realizzata dopo il matrimonio, assieme ad utili e agli incrementi di detta azienda. Per la disciplina dell’impresa coniugale (che, secondo alcuni è anche impresa familiare se vi partecipano i familiari: il coniuge, parte entro il 3° e affini entro il 2°) si ha che: a) che gli atti di amministrazione ordinaria possano essere realizzati disgiuntamente da entrambi i coniugi e quelli di amministrazione straordinaria congiuntamente e qualora uno dei due si rifiuti di

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compiere l’atto si può chiedere autorizzazione al tribunale per la realizzazione. b) in mancanza di un coniuge, l’autorizzazione per un atto può essere realizzata anche da uno solo dei coniugi. c) nonostante l’amministrazione congiunta, l’altro può essere delegato per il compimento degli atti necessari per l’attività dell’impresa. È controverso se tale disciplina tenda a ravvisare un’impresa sociale o un tipo diverso d’impresa collettiva; è inoltre anche discusso se l’impresa gode di autonomia patrimoniale. Alla comunione legale fa parte l’intera azienda, e i coniugi possono concordarne lo scioglimento con atto pubblico e se l’azienda non viene attribuita ad uno dei coniugi potrà continuare ad essere guidata da entrambi o anche da uno solo di essi, ma i beni sociali continueranno ad essere divisi secondo la divisione dei beni.

LA SOCIETÀ TRA PROFESSIONISTI

La società tra avvocatiE’ stato più volte accennato il fatto che l’esercizio collettivo di attività professionali non può avvenire tramite l’adozione di modelli societari previsti per l’impresa commerciale (art 2249). Si potrebbe riprendere la tipologia di attività semplice ed essa deve essere svolta da un professionista e si parla di professioni protette in duplice forma: sia perché non sono professionisti coloro che sono iscritti all’albo e dunque sono protetti da coloro che non lo sono, sia perché i clienti hanno la certezza di essere davanti ad un professionista. Il d. lg. N. 96/2001 ha ammesso la possibilità della realizzazione dell’attività di avvocato in forma di società collettiva, ma: 1) La società tra avvocati deve avere come oggetto solo l’attività di rappresentanza, assistenza e difesa in giudizio. Essa può inoltre svolgere le attività strumentali dell’esercizio dell’attività forense; 2) i soci possono essere solo avvocati e possono appartenere ad una sola società, e la cancellazione dall’albo degli avvocati costituisce causa di esclusione del socio; 3) nella ragione sociale deve essere indicato il nome di tutti i soci ovvero il nome solo di alcuni con l’aggiunta della locuzione “ed altri”, inoltre deve essere indicato il tipo sociale stp (società tra professionisti); se un socio cessa di essere tale, il suo nome non può essere mantenuto o se muore può essere mantenuto con la locuzione “ex socio” o “socio fondatore”; 4) l’amministrazione spetta ai soci in forma disgiunta e non può essere delegata a terzi; 5) l’incarico professionale spetta all’associazione e il cliente può indicare il nome dei soci a cui volere dare l’incarico, senno lo studio prima di realizzare la collaborazione darà al cliente il nome del socio che si occuperà del suo caso; 6) i proventi costituiscono il guadagno della società e non dei soci; 7) per le responsabilità professionali sono responsabili personalmente ed illimitatamente i soci che hanno portato avanti quella causa personalmente, mentre per le responsabilità sociali risponde la società in solido con i soci; 8) la società tra avvocati deve essere segnalata presso l’albo degli avvocati e tale registrazione deve essere annotata in una sezione speciale del registro delle imprese con l’atto costitutivo; 9) in caso di insolvenza la società degli avvocati non è soggetta al fallimento.

LE SOCIETÀ COOPERATIVE

Concetto e funzione delle società cooperativeScopo fondamentale delle società è di conseguire un profitto e per questo vengono dette lucrative o speculative, mentre intento delle società cooperative è quello mutualistico ossia i soci vogliono realizzare un riscontro economico: o dal risparmio sul corrispettivo che essi pagano per l’acquisto di beni e servizi, o dalla maggiore remunerazione che essi ottengono dalla società quando le cedono beni e servizi. A ciò si può

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pervenire perché i soci della cooperativa sono anche gli stessi acquirenti di beni e servizi ma la cooperativa può accontentarsi di non realizzare un’utile ma riuscire a coprire i costi di produzione, vendendo i beni ad un prezzo inferiore a quello di mercato ovvero ad un prezzo uguale con il vantaggio che poi gli acquirenti soci avranno anche i ristorni dati dalla differenza di costi e ricavi. Tuttavia, vi sono società cooperative che esercitano la loro attività anche verso terzi, perseguendo così anche uno scopo speculativo: così si possono avere sia utili sia ristorni. Cooperative a mutualità prevalente: Le imprese cooperative, per la loro funzione sociale, hanno delle agevolazioni garantite addirittura dalla Costituzione all’art 45. Con il decreto n.6/2003, la disciplina codicistica è stata modificata in vari punti con l’introduzione all’art 2512, che dà la definizione di mutualità prevalente cioè cooperative che svolgono la loro attività sia con i soci sia con terzi, e in quest’ultimo caso l’attività con i soci deve costituire più della metà del totale dell’attività. Allo scioglimento della società i fondi saranno distribuiti ai fondi mutualistici istituiti dalle società di categoria per la promozione e lo sviluppo della mutualità (art 2514). Le cooperative a mutualità permanente devono iscriversi presso un albo tenuto all’interno del Ministero dello sviluppo economico. Società cooperativa europea. Nella disciplina comunitaria è stata ammessa la società cooperativa europea che può essere costituita anche tra persone fisiche residenti in almeno 2 Stati comunitari.

La disciplina delle società cooperativeNel codice, la disciplina per le società cooperative rimanda a quella per le spa, ma nonostante tutto emergono delle differenze:1) costituzione della società: per costituire una cooperativa occorrono almeno 9 soggetti (art 2522), ma se ne può costituire anche una più piccola formata da 3 soggetti adottando le norme delle srl; se la cooperativa ha per oggetto l’esercizio di attività agricole, possono esserne socie anche le società semplici.2) Variabilità dei soci e del capitale sociale: è prescritto che i soci della cooperativa devono essere lavoratori e devono esercitare l’arte o il mestiere corrispondente alla cooperativa stessa. Si dice che la cooperativa sia a capitale variabile poiché il numero dei soci può sempre aumentare o diminuire, senza che ciò comporti modifiche all’atto costitutivo (art2524). L’ammissione di un nuovo socio avviene per domanda dello stesso all’assemblea che può accoglierla o rigettarla, in tale ultimo caso il socio potrà fare sempre opposizione al tribunale (art 2528), se invece è accolta, oltre alla quota di partecipazione, deve essere versato un eventuale sovraprezzo. Il recesso deve essere comunicato con raccomandata alla società (art 2532), e l’esclusione del socio si ha quando questo è moroso, per altre gravi inadempienze e per ipotesi previste nella società in nome collettivo (art 2533): essa deve essere decisa dagli amministratori o dall’assemblea e va comunicato al socio, che entro 60 giorni può fare opposizione al tribunale. Il creditore particolare del socio non può agire sulla sua quota finché dura la società stessa. 3)Organizzazione: le società cooperative sono persone giuridiche a responsabilità limitata (art 2518), le quote possono essere rappresentate da azioni e il valore nominale di ogni azione deve essere compresa tra 25 e 500 euro. Le azioni delle cooperative di maggiori dimensioni possono essere quotate in borsa, ed in tal caso la contabilità è sottoposta a revisione legale. Nelle società cooperative si distinguono i soci cooperatori e quelli finanziatori, cioè quei soci che sono titolari di strumenti finanziari. Nelle assemblee, ogni socio cooperatore ha un voto (voto cavitario) e gliene possono essere attribuiti altri fino a 5 e i voti dei soci finanziatori non devono superare un terzo dell’assemblea votante. Il socio può farsi rappresentare nelle assemblee ma può essere rappresentato solo da un altro socio e non da terzi; ciascun socio può rappresentare più di 10 soci. Le quote dei soci cooperatori non possono essere liberamente trasferite esse hanno bisogno del consenso dell’assemblea che deve rispondergli entro 60 giorni e se dà un diniego esso deve essere giustificato. Se la cooperativa ha almeno 3 mila soci, si può stabilire che l’assemblea sia formata da soci delegati da assemblee parziali, assicurando la proporzionale rappresentanza delle minoranze

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(assemblee separate art 2540). La maggioranza degli amministratori devono essere soci cooperatori (art 2542). Nell’atto costitutivo, può essere stabilito che gli amministratori rappresentano le diverse categorie di soci e che il voto per la nomina dei sindaci o altri organi sia realizzato in relazione alle partecipazioni sociali o agli scambi mutualistici (art 2543).4) Obbligazioni: se è previsto dall’atto costitutivo, le società cooperative possono emettere obbligazioni e se sono emesse diviene obbligatoria la nomina dell’organo interno di controllo.5)Utili: gli utili non possono essere totalmente distribuiti e una parte di essi deve essere destinata a “riserva indivisibile” (una riserva che può essere utilizzata per la copertura di perdite, solo dopo l’utilizzazione di altre riserve: volontarie, statutaria e legali); di regola, non può essere ripartita tra i soci neppure in caso di scioglimento, perché l’importo va devoluto ai fondi mutualistici. Nell’atto costitutivo deve essere stabilita la misura massima di distribuzione degli utili (art 2425- quinquies) e alla riserva legale deve essere destinato almeno il 30% degli utili netti annuali. Un particolare trattamento economico è previsto per i soci lavoratori (L. 142/2001). 6) Scioglimento parziale del rapporto societario: in caso di morte del socio, agli eredi va la liquidazione della quota ma può essere stabilito che con essi continui il rapporto societario (art 2534), se così, è deciso dalla società. Nei casi di recesso, esclusione e morte del socio, la quota di liquidazione deve essere decisa in base al bilancio d’esercizio in cui avviene lo scioglimento del rapporto ed il pagamento deve avvenire entro 6 mesi dall’approvazione del bilancio. In caso di rapporto concluso ancora per un anno, il socio ed i suoi eredi, rispondono dei versamenti non effettuati e se entro l’anno si determina l’insolvenza della società, il socio e gli eredi, sono tenuti a restituire la liquidazione.7) Trasformazione della società: alle cooperative a mutualità prevalente è vietato trasformarsi in società ordinarie (lucrative), mentre alle altre cooperative è permessa tale trasformazione, purché la delibera di trasformazione sia approvata da maggioranze qualificate (art 2425 decies). A seguito della trasformazione, dedotti il capitale rivalutato e i dividendi non ancora distribuiti, il restante patrimonio va devoluto ai fondi mutualistici. 8) Controlli e scioglimento: dette società sono sottoposte a controlli della pubblica amministrazione e se vi è il sospetto di gravi irregolarità, i soci possono denunziare gli amministratori (art 2409). Inoltre, se è già intervenuta l’autorità di vigilanza, il tribunale deve dichiarare nullo l’intento dei soci, mentre se ad intervenire è stato il tribunale, l’autorità di vigilanza deve sospendere il procedimento amministrativo già iniziato. Le cause di scioglimento sono uguali a quelle delle spa. In caso di insolvenza, sono sottoposte a liquidazione coatta amministrativa; per inattività o per impossibilità di raggiungere il loro scopo, possono essere sciolte con atto amministrativo (art 2545 septies decies).

Consorzi di cooperativeEssi si distinguono in due specie fondamentali:1) in base alla L. 127/1971, si fa riferimento alla costituzione di due o più società cooperative che si fondono per la realizzazione di un consorzio a cui si applica la disciplina dell’art 2602;2) inoltre, possono costituirsi in consorzio per le attività economiche e si propongono la gestione economica comune. (si applica la stessa disciplina delle cooperative) Le società non possono essere più di 5 e devono avere come patrimonio comune 1 milione € e ne devono versare almeno la metà. Le stesse condizioni sono richieste anche per quei consorzi di cooperative che si costituiscono per accrescere le dimensioni patrimoniali dell’impresa. Dal D. lg. 6/2003 sono stati disciplinati i “contratti cooperativi paritetici” cioè quelli costituiti da più cooperative di diverso tipo, con cui possono essere regolate la direzione ed il coordinamento delle rispettive imprese (art 2445 septie).

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Le mutue assicuratrici (società di mutua assicurazione) (figura ormai obsoleta perché poco efficienti)Sono società cooperative che esercitano l’industria delle assicurazioni e presso le quali, i soci possono assicurarsi per i loro rischi. Abbiamo 2 categorie di soci: i soci assicurati, i quali assumono la qualità di soci assicurandosi presso la società, e poi i soci sovventori che impiegano le loro partecipazioni per la costituzione del fondo di garanzia per il pagamento delle indennità.Il contratto sociale può attribuire a ciascun socio sovventore più voti (non + di 5) nelle assemblee ed i soci possono essere nominati amministratori, ma la maggioranza di questi ultimi (gli ammin.) deve essere costituita dai soci assicurati(art 2548). Le obbligazioni contratte dalla mutua sono garantite dal patrimonio sociale e tali società adottano le norme per le società cooperative, e quindi sono anche soggette ai controlli e agli interventi amministrativi previsti per l’esercizio dell’assicurazione.

L’ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE

L’associazione in partecipazione. Contratti di cointeressenzaNel contratto di associazione in partecipazione si hanno due parti: l’associante, che è colui che determina l’affare e lo porta avanti a suo nome rispondendo delle perdite con tutto il suo patrimonio, mentre l’associato, è colui che dà un determinato apporto all’associante e che lo utilizza nella gestione dell’affare (art 2549). L’associante non può associare altri all’impresa senza il consenso dei precedenti associati. La quota degli utili spettante all’associato deve essere proporzionale al suo apporto, tenendo conto dell’affare portato a termine e del bilancio, ed inoltre l’associato deve rispondere alle perdite in relazione al suo capitale. Contratti di cointeressenza: sono quei contratti che prevedono che l’associato potrà partecipare solo agli utili e non anche alle perdite e a tali contratti la disciplina di partecipazione è solo parzialmente adattabile.

I TITOLI DI CREDITO

CAPITOLO QUARANTESIMO: I TITOLI DI CREDITO IN GENERALE

1. Premessa I titoli di credito sono documenti destinati alla circolazione che attribuiscono il diritto ad una determinata prestazione. Questa può consistere nel pagamento della somma di denaro (cambiale), nell'assegno bancario e circolare, delle obbligazioni società e nei titoli del debito pubblico (titoli di credito in senso stretto). Può consistere anche nel diritto alla riconsegna di merci depositate o viaggianti (fede di deposito), nella polizza di carico e così via (titoli di credito rappresentativi di merci) vi sono infine titoli di credito che rappresentano una situazione giuridica complessa e i relativi diritti, come le azioni di società (titoli di partecipazione).Fra i titoli di credito ve ne sono poi alcuni che vengono di regola messi ognuno per una distinta operazione economica e si presentano perciò come titoli individuali (cambiali e assegni). Altri presentano frazioni di uguale valore nominale di un’unitaria operazione economica di finanziamento e attribuiscono a ciascuno uguali diritti (titoli di massa).Alcuni titoli di credito (azioni e titoli rappresentativi di merci) presuppongono un ben determinato rapporto giuridico e solo in base a tale rapporto possono essere emessi (titoli causali). Per altri (cambiale e assegni) il rapporto giuridico che dà luogo alla loro emissione può variamente atteggiarsi (titoli astratti).[figure tipiche di titoli di credito sono regolate da leggi speciali: cambiale (r.d. n.1669/33), assegno bancario e circolare (r.d. 1736/33), titoli azionari (r.d.l. 1148/41). Il c.c. ha introdotto la disciplina generale dei titoli di credito con artt. 1992-2027]

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2. Funzione e caratteri essenziali dei titoli di credito I titoli di credito hanno la funzione tipica di rendere più semplice, rapida e sicura la circolazione dei diritti di credito, non realizzando i rischi e gli inconvenienti che al riguardo presenta la disciplina della cessione del credito (artt. 1260 ss.).Le regole di circolazione più semplici e sicure sono certamente quelle previste per i beni mobili: la proprietà dei beni mobili si trasferisce con il semplice consenso (art. 1376) e l'acquirente di un bene mobile è tutelato contro il rischio della mancanza di titolarità nel trasferente dalla regola "possesso di buona fede vale titolo" (art. 1153). Quindi la soluzione per una circolazione facile e sicura dei crediti è quella di renderli normativamente simili ai beni mobili, in modo da poter applicare un’analoga disciplina circolatoria. Ciò si realizza tramite i titoli di credito, cioè mediante particolari documenti sottoscritti dal debitore ed in cui il debitore dichiara di obbligarsi a compiere la prestazione nei confronti di chiunque si trovi alla scadenza in possesso del documento stesso; quindi si è ottenuta la “materializzazione” del diritto di credito del documento (c.d. incorporazione) che di conseguenza, tale documento diventa suscettibile di possesso. Nel titolo di credito il diritto è incorporato nel documento e si concretizza in quattro principi:1) chi acquista la proprietà del documento diventa titolare del diritto in esso menzionato. Diventa titolare del diritto cartolare anche se ha acquistato il titolo a non domino.È questo il principio dell’autonomia in sede di circolazione del diritto cartolare fissato dall'art. 1994 c.c.Principio che consente di neutralizzare il più grave dei rischi della cessione del credito, il rischio cioè che chi trasferisce il credito non sia titolare dello stesso.2) chi acquista un titolo di credito acquista un diritto il cui contenuto è determinato esclusivamente dal tenore letterale del documento. Sono questi i principi della letteralità e dell'autonomia in sede di esercizio (art. 1993).3) chi ha conseguito il possesso materiale del titolo di credito, nelle forme prescritte dalla legge, è senz'altro legittimato all'esercizio del diritto cartolare. Può cioè pretendere dal debitore la prestazione senza essere tenuto a provare l'acquisto della proprietà del titolo o della titolarità del diritto. È questa la funzione di legittimazione del titolo di credito (art. 1992).4) i vincoli sul diritto menzionato in un titolo di credito devono essere effettuati sul titolo e non hanno effetto se non risultano dal titolo (art. 1997).Il titolo di credito è uno strumento necessario e sufficiente per la circolazione del diritto e la costituzione di vincoli sullo stesso. Attribuisce perciò a chi lo acquista in sede di circolazione un diritto letterale e autonomo. Un diritto cioè il cui contenuto è determinato esclusivamente dalla lettera del titolo.Il titolo di credito è un documento necessario sufficiente per la costituzione, la circolazione e l'esercizio del diritto letterale e autonomo in esso incorporato.Il titolo di credito è anzitutto un documento costitutivo del diritto cartolare, nel senso che se non si crea un documento non è possibile costituire il diritto. E l’incorporazione è il costante collegamento che sussiste tra il titolo di credito (documento) e il diritto cartolare sia nel momento della costituzione di tale diritto, sia nel momento della sua circolazione che nel momento dell’estinzione.Se il titolare di un credito cartolare subisce un furto o la distruzione del titolo, è ancora titolare del credito ma non può pretendere la prestazione perché non può più presentare il titolo, quindi ha perso la legittimazione; né può trasferire ad altri il suo credito. Per riacquistare la legittimazione si può o ridiventare il portatore legittimo del titolo, ad es. riacquistandone il possesso, oppure svolgere una procedura giudiziaria, detta procedura di ammortamento in cui viene emesso un provvedimento dell’autorità giudiziaria, con cui si toglie al titolo la proprietà di incorporare il diritto cartolare. Il concetto di legittimazione si traduce in una presunzione di titolarità del diritto a favore del portatore legittimo del titolo, che può quindi pretendere il pagamento dal debitore, verso presentazione del titolo, senza essere costretto a provare di essere anche titolare del credito in esso incorporato.

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3. La creazione del titolo di credito: rapporto cartolare e rapporto fondamentale La creazione e il rilascio di un titolo di credito trovano giustificazione in un preesistente rapporto fra emittente e primo prenditore (c.d. rapporto fondamentale o causale: è il rapporto giuridico che sta alla base e che ha dato luogo all’emissione del titolo di credito) ed in un accordo fra gli stessi con cui si conviene di fissare nel titolo di credito la prestazione dovuta dal primo al secondo in base a tale rapporto (convenzione di rilascio o esecutiva). Il titolo di credito, emesso in attuazione della convenzione di rilascio, riproduce in forma semplificata schematizzata l'obbligazione derivante dal rapporto fondamentale.La dichiarazione risultante dal titolo di credito costituisce il rapporto cartolare e il diritto dalla stessa riconosciuto al prenditore del titolo di diritto cartolare destinato a circolare. Tale diritto cartolare è un principio letterale ed autonomo che alla cui circolazione si applica il principio possesso vale titolo.Il collegamento tra diritto e titolo, e dunque l’ incorporazione, segue il documento sia nella fase di costituzione di tale diritto, sia nella fase della circolazione poiché per fare circolare il diritto occorre far diventare l’ acquirente portatore legittimo del documento, infine nell’estinzione in cui il debitore è tenuto a pagare solo colui che è possessore del titolo stesso. Il rapporto tra titolarità e legittimazione sono tali che: 1) lo stesso soggetto è allo stesso tempo titolare del diritto cartolare ed è legittimato all’ esercizio di tale diritto, 2) il debitore è liberato anche se erroneamente consegna la somma costitutiva del debito ad A che ha rubato il titolo a D, così il debitore che senza dolo o colpa grave adempie alla sua prestazione verso colui che non è il portatore ma ne dimostra il titolo, è ugualmente liberato dalla sua obbligazione.

4. (segue): Titoli di credito astratti e causali L'emissione di un titolo di credito presuppone sempre l'esistenza di un determinato rapporto fondamentale fra emittente e primo prenditore. La connessione che si instaura fra rapporto fondamentale e rapporto cartolare non è però identica per tutti i titoli di credito. Essi possono distinguersi:a) titoli di credito astratti: possono essere emessi in base ad un qualsiasi rapporto fondamentale e non contengono alcuna menzione del rapporto che di concreto ha dato luogo alla loro emissione. Il contenuto del diritto cartolare è determinato esclusivamente dalla lettera del titolo: in essi manca, infatti, ogni riferimento al rapporto fondamentale che ha dato luogo all'emissione ed anche se apparisse, è per legge irrilevante. (letteralità completa)b) titoli di credito causali: possono essere emessi solo in base ad un determinato tipo di rapporto fondamentale. Sono titoli di credito causali le azioni e le obbligazioni società, i titoli rappresentativi di merce. Il contenuto del diritto cartolare è determinato non solo da lettera del titolo, ma anche dalla disciplina legale del rapporto obbligatorio tipico richiamato nel documento. Questi titoli si riferiscono a letteralità incompleta o per relationem.I titoli rappresentativi di merce (fede di deposito, polizza di carico, duplicato della lettera di vettura) attribuiscono al possessore:- il diritto alla consegna delle merci che sono emessi specificate;- il possesso delle medesime;- il potere di disporne mediante trasferimento del titolo (art. 1996).Rappresentano quindi strumenti per la circolazione documentale e di merci viaggianti o depositate nei magazzini generali e si caratterizzano per il fatto che l'obbligazione cartolare del vettore o del depositario ha per oggetto la riconsegna di cose determinate e analiticamente descritte nel documento.Vi sono poi anche:c) titoli in serie e titoli individuali. I primi, se si emettono una quantità plurima di titoli di credito, in cui la dichiarazione di debito è identica in tutti i titoli: quindi tutti i titolari dei titoli della stessa “serie” hanno un

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diritto di identico contenuto. Questi titoli possono anche essere riuniti in un titolo multiplo, su richiesta del possessore, e a sua volta può essere frazionato in più titoli di taglio minore. I secondi, invece, quando pur emettendo il debitore una pluralità di titoli, questi vengono emessi ognuno per una operazione distinta e quindi possono avere contenuto diverso.d) titoli completi e incompleti: completi, quando nei titoli è documentata l’intera documentazione dell’emittente e quindi inserite tutte le clausole. Incompleti quando dei titoli fanno riferimento ad altro documento.e) titoli atipici (non previsti manco dalle leggi speciali) è posto un limite normativo: non possono essere emessi quando hanno per oggetto l’obbligazione di pagare una somma di denaro, titoli di credito al portatore non previsti dalla legge.

5. La circolazione dei titoli di credito Uno dei profili caratterizzanti la disciplina dei titoli di credito è la distinzione fra titolarità del diritto cartolare e legittimazione all'esercizio dello stesso: titolare del diritto cartolare è il proprietario del titolo; legittimato al suo esercizio è invece il possessore del titolo nelle forme prescritte dalla legge (possessore qualificato); forme che sono diverse per i titoli al portatore, all’ordine e normativi.Le qualità di proprietario-titolare e di possessore-legittimato di regola circolano congiuntamente e coincidono nella stessa persona. Tuttavia, nel corso della circolazione si può verificare una dissociazione delle 2 posizioni reali sul titolo e quindi una conseguente dissociazione fra chi è titolare del diritto e chi è solo legittimato ad esercitarlo.Si ha circolazione regolare quando il titolo viene trasferito dall'attuale proprietario all'altro soggetto in forza di un valido negozio di trasmissione; chi trasferisce la proprietà del titolo dovrà poi consegnarlo ed adempiere le eventuali altre formalità necessarie per attribuire all'acquirente la legittimazione all'esercizio del relativo diritto. Il solo consenso è sufficiente per il trasferimento della proprietà del titolo e dell’acquisto della titolarità del diritto.Si ha circolazione irregolare quando la circolazione del titolo non è sorretta da un valido negozio di trasferimento. Si pensi al caso classico in cui un titolo di credito è stato rubato. In tal caso il possessore del titolo (il ladro) non acquista la proprietà del titolo e la titolarità del diritto, che restano al derubato; ha però la possibilità di fatto di esercitare il diritto (legittimazione) e di far circolare ulteriormente il titolo. Si ha quindi una dissociazione fra (proprietà) titolarità e (possesso) legittimazione.Chi ha perso il possesso del titolo contro la sua volontà non è ovviamente senza tutela. Potrà esercitare azione di rivendicazione nei confronti dell'attuale possessore. Inoltre, se si tratta di titoli all’ordine o normativi potrà anche avvalersi della procedura di ammortamento che gli consente di ottenere un surrogato del titolo smarrito o distrutto. Fin quando il titolo non pervenga nelle mani di un terzo di buona fede, infatti, l'art. 1994 stabilisce che "chi ha acquistato in buona fede il possesso di un titolo di credito, in conformità delle norme che disciplinano la circolazione, non è soggetta rivendicazione": diventa anche proprietario del titolo e titolare del diritto cartolare. Ormai il proprietario spogliato potrà esercitare solo azione di risarcimento danni nei confronti del ladro.Per esigenze di sicurezza della circolazione, il titolare spossessato prevale sul ladro, ma non su colui che in buona fede ha acquistato il titolo dal ladro.Affinché si perfezioni l'acquisto a non domino di un titolo di credito devono ricorrere tre presupposti:1) un negozio astrattamente idoneo a trasferire la proprietà del titolo; 2) l'investitura dell'acquirente nel possesso del titolo, con l'osservanza delle formalità prescritte dalla relativa legge di circolazione (legittimazione);3) la buona fede dell'acquirente.

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6. La legge di circolazione. I titoli al portatore (artt.2003-2007) In base alla legge di circolazione i titoli di credito si distinguono in: titoli al portatore, all'ordine e nominativi.Sono al portatore i titoli di credito che recano la clausola "al portatore", anche se contrassegnati da un nome. Essi circolano mediante la semplice consegna del titolo. Il possessore è legittimato all'esercizio del diritto in essi menzionato in base alla sola presentazione del titolo al debitore; quindi è sufficiente essere possessori del titolo.Possono essere al portatore: gli assegni bancari, i libretti di deposito, le azioni di risparmio, le obbligazioni di società, le quote di partecipazione, i titoli del debito pubblico; fungono da surrogato della moneta legale e non è ammesso l’ammortamento.

7. (segue): I titoli all'ordine (artt.2008-2020.)I titoli all'ordine sono titoli intestati ad una persona determinata. Essi circolano mediante consegna del titolo accompagnato dalla girata. Il possessore del titolo all'ordine si legittima in base ad una serie continua di girate (art. 2008). Sono titoli di credito all'ordine: la cambiale, l'assegno bancario, l'assegno circolare e i titoli rappresentativi di merci.La girata è una dichiarazione scritta sul titolo (di regola sul retro) e sottoscritta, con la quale l'attuale possessore (girante) ordina al debitore cartolare di adempiere nei confronti di altro soggetto (giratario) che tra l’altro sarà il girante della successiva girata. La continuità delle girate ha una valenza formale e non è interrotta se la firma di un girante è falsa. La girata può essere:- in pieno, quando contiene il nome del giratario (art. 2009); la forma consueta è " per me pagate a....", con la sottoscrizione del girante;- in bianco, quando non contiene il nome del giratario. Di regola è costituita dalla sola firma del girante. Chi riceve un titolo girate in bianco può:a) riempire la girata col proprio nome o con quello di altra persona; b) girare di nuovo il titolo in pieno o in bianco;c) trasmettere il titolo ad un terzo senza riempire la girata e senza apporne una nuova.È nulla la girata parziale (art.2010).Effetto costante della girata è quello di mutare la legittimazione all'esercizio del diritto cartolare." La girata trasferisce tutti diritti inerenti al titolo" (art. 2011), una volta accolto il principio che la proprietà del titolo e titolarità del diritto si trasferiscono col semplice consenso.Quando vi sono state più girate, quindi una serie continua di girate, è necessario che il nome di ogni girante corrisponda a quello del giratario della girata precedente, fino a risalire al primo prenditore; il debitore è tenuto a controllare solo la regolarità formale delle girate e non l’autenticità e la validità. Di solito la girata ha solo una funzione di circolazione ma vi sono delle ipotesi in cui ha anche una funzione di garanzia: il girante diventa responsabile versi i giratari successivi per l’inadempimento della prestazione da parte dell’emittente; in altri casi la responsabilità del girante sussiste solo quando risulta da una clausola espressa nel titolo.Il giratario acquista nei confronti dell'emittente un diritto letterale e autonomo ed è di regola libero trasferire ulteriormente il titolo.Vi sono due tipi di girata con effetti limitati:- la girata per incasso o per procura (art. 2013), dove il giratario assume la veste di rappresentante per l'incasso del girante. Titolare del credito cartolare resta il girante e il giratario non acquista alcun diritto autonomo. A differenza della girata semplice e pura, il debitore può opporre al giratario soltanto le eccezioni opponibili al girante e il giratario può girare il titolo solo per procura.- la girata a titolo di pegno (art. 2014), detta anche girata in garanzia o valuta in garanzia, attribuisce al giratario un diritto di pegno sul titolo, a garanzia di un credito che il giratario stesso vanta nei confronti del

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girante. Il giratario acquista un diritto autonomo sia pure limitato e non sono opponibili le eccezioni personali al girante. Il giratario può esercitare tutti i diritti inerenti al titolo per il soddisfacimento del proprio credito e non può trasferire il titolo ad altri in quanto non ne è proprietario e la girata fatta da lui vale solo come girata per procura.

8. (segue): I titoli nominativi (artt. 2021-2027.)I titoli nominativi sono titoli intestate ad una persona determinata. Essi si caratterizzano per il fatto che l'intestazione deve risultare non solo dal titolo, ma anche da un apposito registro tenuto dall'emittente (doppia intestazione: quindi il possessore di un titolo normativo è legittimato all’esercizio dei diritti proprio per questa caratteristica; art 2021).Possono essere titoli nominativi: le obbligazioni, le quote di partecipazione a fondi comuni di investimento, i titoli del debito pubblico. La nominatività è obbligatoria per le azioni diverse da quelle di risparmio e della Sicav. E le azioni costituiscono la categoria più diffusa di titoli nominativi per i quali è dettata una disciplina parzialmente diversa da quella generale.Per le procedure del trasferimento della legittimazione dei titoli nominativi è in ogni caso necessaria la cooperazione dell'emittente per operare mutamenti dell’intestazione e la doppia annotazione del nome può avvenire secondo 2 procedure diverse:Una prima procedura prevede il cambiamento contestuale delle due intestazioni, a cura e sotto la responsabilità dell'emittente (c.d. transfert). Il transfert può essere richiesto sia dall'alienante sia dall'acquirente. L'alienante deve esibire il titolo e deve provare la propria identità e la propria capacità di agire mediante certificazione di un notaio, di un agente di cambio. L'acquirente che richiede il transfert deve invece esibire il titolo e deve inoltre dimostrare il suo diritto, mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata da notaio o da agente di cambio.La seconda forma di trasferimento è la più diffusa ed è prevista per i titoli normativi: è il trasferimento mediante girata (art. 2023). La doppia annotazione è eseguita da soggetti diversi e tempi diversi: l'annotazione sul titolo (girata) è fatta dall'alienante, quella nel registro dell'emittente ad opera di quest'ultimo e si rende necessaria solo quando l'acquirente voglia esercitare i relativi diritti. La girata deve essere datata, deve contenere l'indicazione del giratario e deve essere sottoscritta anche da questo ultimo se il titolo non è interamente liberato. La girata deve inoltre essere autenticata da un notaio o da un agente di cambio.[effetti] la girata a titolo nominativo attribuisce al possessore solo la “legittimazione ad ottenere la legittimazione”, cioè ad ottenere l’annotazione del trasferimento nel registro dell’emittente e solo dopo questa operazione ottiene la legittimazione, mentre prima non ha alcuna efficacia nei confronti dell’emittente.

9. L'esercizio del diritto cartolare. La legittimazione Il possessore qualificato del titolo può far valere il diritto cartolare nei confronti del debitore senza essere tenuto a provare il valido acquisto della proprietà del titolo e il conseguente acquisto della titolarità del diritto. Il primo comma dell'art. 1992 stabilisce che il possessore di un titolo di credito, legittimato delle forme previste dalla legge, " ha diritto alla prestazione in esso indicata verso presentazione del titolo" (c.d. legittimazione attiva). Quindi è sul debitore l’onere di provare il difetto della titolarità." Il debitore, che senza dolo o colpa grave adempie la prestazione nei confronti del possessore, è liberato anche se questi non è il titolare del diritto" (art. 1992, 2° comma). La liberazione del debitore non è subordinata alla sua buona fede, bensì all'assenza di dolo o colpa grave. Quindi il debitore è liberato non solo quando è in buona fede ma anche quando, pur essendo a conoscenza del difetto, non disponga dei mezzi di prova.

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10. (segue): Le eccezioni cartolari Il regime delle eccezioni che il debitore cartolare può opporre al portatore del titolo per sottrarsi al pagamento è fissato dall'art. 1993, norma che pone principi della letteralità e dell'autonomia del diritto cartolare.Le eccezioni cartolari si distinguono in:- reali, opponibili a qualunque portatore del titolo; danno luogo ad eccezioni reali: A) le eccezioni di forma, vale a dire la mancata osservanza dei requisiti formali del titolo richiesti dalla legge a pena di nullità. B) le eccezioni fondate sul contesto letterale del titolo (principio della letteralità del diritto cartolare); C) la falsità della firma; D) il difetto di capacità o di rappresentanza al momento dell'emissione del titolo; al momento cioè in cui l'obbligazione cartolare diviene operativa con l'immissione del titolo in circolazione. E) la mancanza delle condizioni necessarie per l'esercizio dell'azione.- personali, opponibili solo ad un determinato portatore e non si ripercuotono sugli altri. Sono eccezioni personali tutte le eccezioni diverse da quelle reali: a) le eccezioni derivanti dal rapporto fondamentale che ha dato luogo all'emissione del titolo, opponibili solo al primo prenditore; b) le eccezioni fondate su altri rapporti personali con i precedenti possessori, opponibili solo a colui che è stato parte del relativo rapporto; c) l'eccezione di difetto di titolarità del diritto cartolare, opponibile al possessore del titolo che non ne ha acquistato la proprietà o l’ha persa (x es. vendita del titolo senza consegna all’acquirente.)Le eccezioni di cui ai punti a e b si definiscono " eccezioni personali fondate sui rapporti personali"; quelle di cui al punto c, " eccezioni personali in senso stretto" perché non trovano fondamento in un rapporto tra debitore e portatore del titolo.

11. L'ammortamento E’ quell’atto mediante il quale si fa riacquistare la legittimazione al titolare che ha smarrito o che ha subito la sottrazione del titolo di credito nominativo o all’ordine (artt.2016-2020 e 2027). Chi ha ottenuto l’ammortamento può esigere il pagamento su prestazione e se il titolo non è scaduto può ottenere anche un duplicato del titolo perduto (art.2019).La procedura di ammortamento è ammessa solo in caso di smarrimento, sottrazione o distruzione del titolo e si articola in due fasi: la prima essenziale o necessaria, la seconda eventuale.La procedura di ammortamento inizia con la denunzia al debitore della perdita del titolo e con il contestuale ricorso dell'ex possessore al presidente del tribunale del luogo in cui il titolo è pagabile.Il presidente del tribunale pronuncia con decreto l'ammortamento; il decreto deve essere pubblicato nella gazzetta ufficiale. Solo con la notifica del decreto il debitore non è liberato se paga al detentore del titolo e cioè il titolo perde la sua funzione di legittimazione.(fase eventuale) Il debitore non può però pagare neppure all'ammortante prima che siano decorsi 30 giorni dalla pubblicazione del decreto nella gazzetta ufficiale. Entro questo termine, infatti, il terzo detentore del titolo può proporre opposizione contro il decreto di ammortamento depositando il titolo presso la cancelleria del tribunale. Se l’opposizione è accolta, il giudizio si chiude con la revoca del decreto; se è respinta, il decreto di ammortamento diviene definitivo e il titolo è consegnato al ricorrente.La procedura di ammortamento non è ammessa per i titoli al portatore, salvo alcune eccezioni, come: libretti di deposito e assegni bancari al portatore. (la denuncia provoca solo l’interruzione della prescrizione decennale)

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12. Documenti di legittimazione e titoli impropri I documenti che hanno solo una funzione di legittimazione non attribuiscono un diritto letterale ed autonomo. L'articolo 2002 prevede due categorie: 1)i documenti di legittimazione, "servono solo ad identificare l'avente diritto alla prestazione". Sono documenti di legittimazione, i biglietti di viaggio, di cinema o teatro. Questi documenti legittimano il possessore come titolare originario del diritto e non svolgono alcun ruolo ai fini della circolazione.2) i titoli impropri consentono " il trasferimento del diritto senza l'osservanza delle forme proprie della cessione" ma con gli effetti di quest’ultima. Sono: il titolo improprio, la polizza di assicurazione all'ordine o al portatore (art. 1899). Questi tipi di titoli agevolano la circolazione in quanto dispensano il cessionario dalla formalità della notifica al debitore.A tali documenti non è possibile applicare la disciplina dei titoli di credito ed è applicabile solo l’art.1992 (legittimazione).

13. La gestione accentrata dei titoli di massa Poiché vi sono rischi di smarrimento e furto specialmente per i titoli di massa, nel nostro ordinamento c'è il sistema di gestione accentrata di strumenti finanziari rappresentati da titoli. In base all'attuale disciplina:a) l'attività di gestione accentrata di strumenti finanziari di emittenti privati è esercitata da apposite società per azioni a statuto speciale che operano sotto la vigilanza della Consob e della banca d'Italia;b) sono ammessi al sistema azioni e altri strumenti finanziari di emittenti privati;c) la gestione accentrata dei titoli di stato è affidata alla banca d'Italia ed è disciplinata dal ministro del tesoro con proprio regolamento;d) le modalità di funzionamento del sistema di gestione accentrata sono diverse a seconda che gli strumenti finanziari immessi possano o meno essere rappresentati da titoli.La gestione accentrata degli strumenti finanziari non dematerializzati si fonda sulla custodia accentrata dei titoli presso la società di gestione. L'adesione al sistema inoltre è facoltativa; infatti i titoli vengono immessi nella gestione accentrata sulla base di un contratto di deposito titoli in amministrazione.

14. I titoli atipiciI titoli di crediti non sono individuati specificatamente allora si richiama l’autonomia privata con la realizzazione di titoli atipici, i quali hanno la limitazione che non possono essere emessi titoli al portatore che hanno come oggetto il versamento di una somma di danaro (art 2400). Titoli di investimento: sono quei titoli che determinano l’emissione di strumenti finanziari, che di solito sono emessi in serie e sono diretti a sollecitare gli investimenti di massa dei risparmiatori. Ma se non si tratta di titoli d’ investimento ma di debito utilizzati per raccogliere capitali tra il pubblico sotto forma di risparmi; e ciò è concesso solo alle banche, agli enti e le società non bancarie i cui titoli sono negoziati in un mercato non di borsa o sono garantiti o sono sottoposti a vigilanza amministrativa.

CAPITOLO QUARANTUNESIMO: LA CAMBIALE

1. Cambiale tratta e vaglia cambiario La cambiale è un titolo di credito normalmente all’ordine, completo, astratto, con efficacia esecutiva; la cui funzione tipica è quella di differire il pagamento di una somma di danaro; è uno strumento di credito.Se l’emittente assume l’obbligo di pagare il debito cartolare si ha la cambiale propria (o anche pagherò cambiario e debito cambiario), mentre qualora il traente rivolge l’ordine di far pagare ad un altro soggetto, detto trattario, la cambiale allora si dice tratta. Il soggetto a cui è pagata la cambiale è detto primo prenditore o beneficiario.Esistono due tipi di cambiale:

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1) la cambiale tratta, in cui una persona (traente) ordinare un'altra persona (trattario) di pagare una somma di denaro al portatore del titolo. La cambiale tratta ha perciò la struttura di un ordine di pagamento. In essa figurano tre persone: il traente, che da l'ordine e per legge garantisce l'accettazione e il pagamento del titolo; il trattario che destinatario dell'ordine di pagamento che diventa obbligato cambiario e obbligato principale solo in seguito all'accettazione; il prenditore che è beneficiario dell'ordine di pagamento.2) il vaglia cambiario, ha invece la struttura di una promessa di pagamento. In esso figurano solo due persone: l'emittente, che promette il pagamento assumendo la veste di obbligato cambiario principale, il prenditore che è il beneficiario della promessa di pagamento.La cambiale tratta e il vaglia cambiario hanno alcuni caratteri comuni:A) la cambiale (tratta e pagherò) è un titolo di credito all'ordine; circola quindi mediante girata.B) la cambiale è un titolo astratto. La cambiale può essere emessa anche se manca un preesistente debito del traente o dell'emittente nei confronti del prenditore. È questa la c.d. cambiale di favore, nella quale il rapporto causale è costituito dal relativo accordo fra l'emittente e primo prenditore (convenzione di favore.) C) la cambiale è un titolo rigorosamente formale;D) la cambiale è un titolo che può incorporare e di regola incorpora una pluralità di obbligazioni: quelle del traente, dell'accettante, dei giranti, dei loro avallanti e dell'accettante per intervento, nella cambiale tratta; quelle dell'emittente, dei giranti e dei loro avallanti, nel vaglia cambiario. Gli obbligati cambiari sono obbligati in solido verso il portatore del titolo ma nel contempo sono divisi in obbligati diretti (emittente, accettante e loro avallanti) e in obbligati di regresso (traente, giranti, loro avallanti e accettante per intervento).E) La cambiale è un titolo esecutivo ed è assistita da particolari agevolazioni processuali in modo da consentire al portatore un pronto soddisfacimento in caso di mancato pagamento.

2. I requisiti formali della cambiale La cambiale è di consueto redatta su appositi moduli prestampati con i quali viene assolta l'imposta di bollo sulle cambiali. Requisiti formali: il modulo bollato o qualsiasi altro pezzo di carta è qualificabile come cambiale solo se contiene determinate indicazioni fissate negli artt.1 (cambiale tratta) e 100 (vaglia cambiario) della legge cambiaria, che rispondono allo scopo di dare un contenuto standardizzato alla cambiale.Sono requisiti essenziali della cambiale:1) la denominazione di cambiale inserita nel contesto del titolo ed espressa lingua in cui il titolo è redatto;2) l'ordine incondizionato della cambiale tratta (pagherete a...) o la promessa incondizionata nel vaglia cambiario (pagherò a...) di pagare una somma determinata (che è espressa sia in lettere sia in cifre; in caso di discordanza, prevale quella scritta in lettere.)3) l'indicazione della cambiale tratta del nome di chi è designato a pagare (trattario), nonché il luogo e la data di nascita o il codice fiscale. Trattario può essere anche lo stesso traente.4) il nome del primo prenditore, che nella cambiale tratta può essere lo stesso traente.5) la data di emissione della cambiale (quindi la data in cui è messo in circolazione);6) la sottoscrizione del traente o dell'emittente.La sottoscrizione deve essere autografa, cioè apposta manualmente dal traente o dall'emittente, e deve contenere il nome e il cognome o almeno la ditta di colui che si obbliga.Sono requisiti formali naturali della cambiale:a) l'indicazione della scadenza. Vi sono 4forme di scadenza:

1) a vista, la cambiale scade in qualsiasi momento il portatore ne richieda il pagamento(ma entro l’anno);

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2)a certo tempo vista, la cambiale scade dopo il decorso del tempo stabilito a cominciare dal giorno in cui la cambiale è presentata al trattario o all’emittente; 3) a certo tempo data, la cambiale scade dopo il decorso del tempo stabilito, a cominciare dalla data di emissione; 4) a giorno fisso, quando è indicato un giorno determinato.

La cambiale è nulla se è indicata un’altra forma di scadenza ovvero se è a scadenze successive; e può essere omessa ed in tal caso la cambiale si considera pagabile a vista. Nella scadenza a uno o più mesi data o vista, la cambiale scade nel giorno corrispondente del mese in cui il pagamento è stato effettuato, in mancanza di tale giorno la cambiale scade l’ultimo giorno del mese. Con l’espressione otto o quindici giorni non s’intendono una o due settimane ma tali giorni effettivi.

b) l'indicazione del luogo dove la cambiale è emessa. In mancanza, la cambiale si considera sottoscritta nel luogo indicato accanto al nome del traente, o dell'emittente. Se manca, la cambiale è nulla.c) l'indicazione del luogo di pagamento. In mancanza cambiale tratta è pagabile nel luogo indicato accanto al nome del trattario; il vaglia cambiario, nel luogo di emissione del titolo. È possibile indicare come luogo di pagamento anche il domicilio di un terzo (x es una banca) e la cambiale si dice domiciliata.La clausole eventuali: (non all’ordine ovvero senza spese) tali clausole se poste dal traente o dall’emittente valgono per tutti gli obbligati cambiari, se sono apposte dal girante valgono solo per quest’ultimo. La clausola di interessi può essere apposta a quelle cambiali a vista e a certo tempo poiché negli altri casi gli interessi essendo tempi fissi possono essere già calcolati nell’ammontare cambiario.Regime fiscale della cambiale: il pagamento dell’imposta di bollo fa assumere alla cambiale il valore di titolo esecutivo e , se non è regolarizzata, il portatore non può esercitare i diritti cambiari neanche in un autonomo giudizio di cognizione ma la regolarizzazione comporta solo l’esercizio dei diritti e non la qualifica di titolo esecutivo collegato alla regolarità originaria.

3. (segue): La cambiale in bianco La cambiale che circola sprovvista di alcuni requisiti essenziali si chiama cambiale in bianco; ma non deve mancare la denominazione di cambiale e la sottoscrizione autografata dell’autore del titolo.L'emissione della cambiale in bianco è accompagnata da un “accordo di riempimento” fra emittente e primo prenditore, con il quale si fissano le modalità del successivo riempimento del titolo. All'emissione della cambiale in bianco si ricorre infatti quando alcuni dati cambiari non sono attualmente determinabili; di solito la clausola che è lasciata in bianco è quella che indica la somma da pagare.Chi lascia una cambiale in bianco resta esposto al rischio che la stessa sia riempita dal prenditore in modo difforme da quanto pattuito nell'accordo di riempimento; al rischio cioè di un abusivo riempimento.Tale rischio è limitato se il pagamento della cambiale viene richiesto da colui con cui è intercorso l'accordo di riempimento.Il rischio è ben più grave se l'immediato prenditore, dopo aver completato il titolo in difformità degli accordi, lo giri ad un terzo. L’eccezione di abusivo riempimento è un’eccezione personale; non è cedibile a terzi possessori a meno che questi non abbiano acquistato la cambiale in malafede, e il debitore dovrà pagare la cambiale e potrà richiedere solo il risarcimento dei danni all’autore dell’abusivo riempimento.Il portatore decade dal diritto di riempire la cambiale in bianco dopo 3 anni dall’emissione del titolo.

4. Capacità e rappresentanza cambiaria Il rappresentante legale del minore o dell'interdetto può assumere obbligazioni cambiarie il loro nome solo su previa autorizzazione del giudice tutelare.Per l'inabilitato e il minore emancipato non autorizzato all'esercizio di impresa commerciale, è previsto che la loro firma sia accompagnata da quella del curatore con la clausola " per assistenza" o altra equivalente. In mancanza, il curatore è obbligato personalmente.

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L'obbligazione cambiaria può essere assunta anche a mezzo rappresentante. Questi deve far risultare dal titolo tale sua qualità (contemplatio domini), utilizzando la formula " per procura " o altra equivalente purché idonea ad evidenziare che sta assumendo l'obbligazione in nome altrui.Il rappresentante generale di un imprenditore commerciale può assumere obbligazioni cambiarie, mentre se non è un imprenditore commerciale non può assumere obbligazioni cambiarie.Il rappresentante cambiario senza poteri è per legge " obbligato cambiariamente come se avesse firmato in proprio" e se ha pagato ha gli stessi diritti che avrebbe avuto il preteso rappresentato.

5. Le obbligazioni cambiarie La cambiale è un titolo di credito destinato ad incorporare più obbligazioni. Nasce con l'obbligazione del traente o dell'emittente ed altre se ne possono aggiungere durante la vita del titolo: quella del trattario-accettante, quella dei singoli giranti, degli avallanti e dell'accettante per intervento.Le obbligazioni cambiarie sono rette da alcuni principi peculiari: l'invalidità della singola obbligazione cambiaria non incide sulla validità delle altre. È questo il principio della reciproca indipendenza o autonomia delle obbligazioni cambiarie (da non confondere con l’autonomia del diritto cartolare).Nei confronti del portatore del titolo, gli obbligati cambiari sono distinti in due categorie: obbligati diretti ed obbligati di regresso. L'azione nei confronti dei primi (azione diretta) non è subordinata a particolari formalità. L'azione nei confronti dei secondi (azione di regresso) presuppone invece il verificarsi di determinate condizioni sostanziali ed è subordinata a specifici adempimenti formali..Sono obbligati diretti: l'emittente, l'accettante ed i loro avallanti.Sono obbligati di regresso: il traente, i giranti, i loro avallanti e l'accettante per intervento.La posizione degli obbligati cambiari nei rapporti reciproci: uno solo di essi deve sopportare il peso definitivo del debito cambiario, mentre gli altri sono per legge garanti di grado successivo del pagamento.Nei rapporti interni infatti gli obbligati cambiari sono disposti per gradi, secondo un ordine tassativamente fissato per legge. Nella cambiale tratta accettata, obbligato di primo grado è l'accettante, obbligato di secondo grado è il traente, obbligato di III grado è il primo girante e seguono poi nell'ordine i successivi giranti. Nel vaglia cambiario, obbligato di primo grado è sempre l'emittente, seguono poi i giranti nell'ordine sopra indicato.Se paga l’obbligato di primo grado, tutti gli altri sono liberati non solo nei confronti del portatore ma anche nei rapporti interni. Il pagamento effettuato da un obbligato di grado intermedio libera definitivamente solo quelli di grado successivo.Oltre che obbligazioni di grado diverso, la cambiale può contenere anche l'obbligazione di pari grado. E ciò si verifica quando più persone assumono la stessa posizione cambiaria: coemittenti, coavallanti. Secondo il principio di “indipendenza delle obbligazioni cambiarie”, l’invalidità di una delle obbligazioni non influisce su tutte le altre tranne quando l’invalidità riguarda un vizio di forma o del contenuto dell’emittente o del traente e non sono valide nemmeno le obbligazioni successive, ciò perché la nullità riguarda l’ autore del titolo, naturalmente se riguarda gli altri obbligati ciò non ha valore e saranno nulle solo le singole obbligazioni. L’ art 88 prevede l’ ipotesi di alterazione del testo cambiario, ad es: l’aggiunta di uno zero, ciò comporta che chi ha firmato dopo l’alterazione risponde per quella somma, chi invece ha firmato prima è esonerato dal pagamento della somma alterata. In mancanza di prova contraria la legge presume che tutte le sottoscrizioni sono state poste prima dell’alterazione.

5.1. I requisiti delle dichiarazioni cambiarieTali requisiti sono fondamentali e se mancano determinano l’invalidità dell’obbligazione cambiaria. Sottoscrizione della dichiarazione. Ogni dichiarazione per valere come tale deve essere apposta sulla cambiale o anche su un foglio collegato alla cambiale, detto appunto “allungamento”. La clausola deve essere seguita da una sottoscrizione che contenga il nome, il cognome o la ditta dell’accettante. Di solito ad

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indicare la valenza del documento, come l’avallo o la girata, basta apporre la sottoscrizione in un determinato luogo, ad es: per la girata sul retro, mentre per l’accettazione o per l’avallo sul retto (faccia anteriore).Capacità d’ agire. Possono sottoscrivere una cambiale tutti i soggetti capaci ed anche i minori emancipati autorizzati all’esercizio del commercio. Affinché assumano obbligazioni cambiarie anche gli incapaci relativi occorre che vi sia la sottoscrizione da parte del curatore con la clausola per rappresentanza, se manca ne risponde il curatore in prima persona. Per gli incapaci assoluti, il loro rappresentante legale deve chiedere l’autorizzazione al giudice e se manca tale autorizzazione e la sottoscrizione il rappresentante risponde personalmente delle proprie obbligazioni. Nell’ipotesi di incapacità naturale, determina l’annullabilità della cambiale e questa è un’eccezione reale.Rappresentanza volontaria. La dichiarazione cambiaria può essere determinata tramite rappresentante, che qualora rappresenti un soggetto non imprenditore vi deve essere una procura che specifichi la possibilità del rappresentante di sottoscrivere una cambiale; mentre se è rappresentante di un imprenditore, costui può fare cambiale tranne se nella procura ciò non è determinato. Se il rappresentante non ha il potere di obbligarsi a favore del rappresentato, il falsus procurator risponde per le obbligazioni, mentre se si rappresenta una spa allora la società a norma dell’ art 2384 risponde in solido con il rappresentante tranne che non provi che esso ha agito intenzionalmente a suo danno.Contenuto. Le dichiarazioni cambiarie non possono essere sottoposte a delle condizioni, e si ha che se la condizione è apposta al traente o all’emittente si ha la nullità della cambiale; se è apposta all’accettazione o all’avallo si annulla solo l’obbligazione dell’accettante o dell’avallante; se viene apposta ad una girata, la girata è valida ma la condizione si da per non scritta.

6. L'accettazione della cambiale L'accettazione è la dichiarazione con la quale il trattario si obbliga a pagare la cambiale alla scadenza. Con l'accettazione il trattario diventa obbligato principale (di primo grado) e diretto.La presentazione della cambiale per l'accettazione costituisce di regola una facoltà del portatore del titolo e il traente può anche vietare che la cambiale sia presentata per l'accettazione.La presentazione per l'accettazione è tuttavia obbligatoria:a) nella cambiale a certo tempo vista; b) quando la presentazione per l'accettazione è prescritta dal traente o da un girante.L'accettazione deve essere scritta sulla cambiale con le parole "accetto", "visto" o altra equivalente, seguita dalla formula autografata e dall’indicazione del luogo, della data di nascita o del codice fiscale. Revoca: se la sottoscrizione viene cancellata prima della consegna del titolo allora l’accettazione si ha per non avvenuta; mentre se il trattario aveva dato notizia dell’accettazione prima della cancellazione a qualche portatore o firmatario allora rimane obbligato. In seguito al rifiuto il portatore può determinare l’azione di regresso per mancata accettazione, pretendendo dal traente, dai giranti e dai loro avvallanti la restituzione del credito detratto lo sconto ovvero gli interessi. L’accettazione deve essere incondizionata e deve essere corrisposta per tutta la somma, se viene fatta sotto condizione allora si hanno gli stessi effetti del rifiuto, se invece viene versata solo una parte della somma allora l’accettante rimane obbligato per la parte restante, ma il portatore può agire per regresso verso gli altri obbligati solo per la differenza.

7. L'avallo L'avallo è una dichiarazione cambiaria con la quale un soggetto (avallante) garantisce il pagamento della cambiale per tutta o parte della somma. È una tipica garanzia cambiaria. Esso deve risultare dal titolo o dal foglio di allungamento. È espresso con le parole "per avvallo" o altri equivalenti. Vale anche la semplice sottoscrizione apposta sulla faccia anteriore del titolo, purché non si tratti della firma del traente o della trattaria o dell’emittente.

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L'avallo può essere dato per uno qualsiasi degli obbligati cambiari e l'avallante deve indicare per chi l'avallo è dato.L'avallo può essere prestato anche da più persone congiuntamente per lo stesso obbligato cambiario; si ha in tal caso la figura del coavallo. I coavallanti restano obbligati di grado successivo rispetto all'avallato, ma sono obbligati di pari grado fra loro.L'avallo è un'obbligazione di garanzia collegata con quella dell'avallato, ma è pur sempre un'obbligazione autonoma rispetto a quest'ultima. Trova applicazione anche per l'avallo il principio cardine della reciproca indipendenza delle obbligazioni cambiarie, con la sola limitata eccezione che l'avallante può opporre al portatore il vizio di forma dell'obbligazione dell'avallato.L'avallo è perciò una tipica garanzia cambiaria e che si differenzia nettamente della fideiussione. L'avallo è una garanzia sostanzialmente autonoma; la fideiussione è invece una garanzia accessoria.Ne consegue che:a) l'avallo invalido come tale non si converte automaticamente in una fideiussione;b) non sono applicabili all'avallo le norme proprie della fideiussione.

7.1. La cambiale di favoreAzione analoga a quella di avallo è quella eseguita mediante il ricorso a dichiarazioni cambiarie come ad esempio la cambiale di favore con la quale, un soggetto emette una cambiale a favore del reale debitore del rapporto sottostante detto favorito, e quest’ ultimo come primo prenditore la gira al creditore del rapporto. Così il favorente diventa obbligato nei confronti dei portatori della cambiale estranei al rapporto di favore. Viceversa la cambiale di favore può essere opposta come eccezione personale al favorito e la prova dell’esistenza della cambiale di favore è a carico di chi l’ha eccepita. Il favorente inoltre ha diritto alla ripetizione di tutte le somme che è stato costretto a pagare e può usufruire dell’azione cambiaria se il favorito figura come obbligato cambiario nei suoi confronti.

8. La circolazione della cambiale Il trasferimento della cambiale mediante girata può essere escluso dal traente o dall'emittente, apponendo sul titolo la clausola "non all'ordine" o altra equivalente. In tal caso la cambiale è trasferibile solo nella forma e con gli effetti di una cessione ordinaria (ossia compiendo il trasferimento e notificando al debitore).La girata deve essere apposta sulla cambiale e deve essere sottoscritta dal girante nel modo fissato dall'art. 8 per tutte le sottoscrizioni cambiarie. Altrimenti la girata è nulla. Anche la girata della cambiale può essere in pieno o in bianco. Quelle in bianco, per essere valide, devono essere trascritte esclusivamente a tergo (dietro) della cambiale o sull'allungamento. La girata deve essere incondizionata ed è nulla la girata parziale. I principi che regolano la circolazione della cambiale sono identici a quelli dettati per i titoli di credito (x es. la girata trasferisce la legittimazione all’esercizio dei diritti cartolari). La disciplina della cambiale si distacca da quella generale per quanto riguarda la garanzia della girata: infatti, il girante risponde per legge, come obbligato di regresso, dell’accettazione e del pagamento della cambiale.La cambiale può essere girata "per procura" o a titolo di pegno.Il credito cambiario può essere trasferito anche senza girata e dunque con il trasferimento mortis causa o con la cessione; ed in tali casi il cessionario o l’erede non accettano un credito cartolare letterale e autonomo ma subentrano direttamente nella stessa posizione del cedente o al defunto e i debitori possono a loro fare valere tutte le eccezioni che si potevano opporre al defunto. Tali effetti si possono avere con le girate anomale che si hanno: a) nell’ipotesi di girata per procura, b) nell’ipotesi di girata tardiva cioè dopo il protesto per mancato pagamento o dopo trascorso il termine utile per levare il protesto,

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c) nell’ipotesi di exceptio doli cioè quando il giratario abbia deciso di acquistare il debito con l’intenzione di privare il debitore cambiario delle sue eccezioni che poteva opporre al girante.

8.1. La cambiale ipotecariaCon la girata della cambiale oltre ai diritti di credito sono trasferiti diritti accessori di pegno (tratte documentate) o di ipoteca (cambiale ipotecaria). La cambiale ipotecaria è illustrata dall’art 2831 e per essere costituita l’ipoteca deve essere iscritta nei registri immobiliari a favore dell’attuale possessore della cambiale e deve essere annotata sulla cambiale a cura del conservatore (art 2839). La cambiale poi può essere trasferita normalmente a chiunque senza che si debbano annotare i successivi trapassi nel registro immobiliare. Per la cancellazione dell’ipoteca occorre presentare al conservatore un atto di consenso alla cancellazione da parte del creditore iscritto nei registri immobiliari, inoltre occorrerà presentare il titolo cambiario che sarà restituito dopo la cancellazione(art 2887).Il consenso alla cancellazione viene presentato dopo che il cancellatore vi ha eseguito l’annotazione della cancellazione. Se avviene prima del pagamento non si potrà attivare l’azione di regresso nei confronti dei giranti anteriori alla cancellazione.

9. Il pagamento della cambiale Legittimato a chiedere il pagamento è il portatore della cambiale che giustifica il suo diritto con una serie continua di girate, anche se l'ultima è in bianco. Le girate cancellate si hanno per non scritte. Il portatore non può rifiutare il pagamento parziale.Chi paga alla scadenza è tenuto a controllare solo la regolarità formale delle girate e la continuità delle stesse e se il titolo contiene girate in bianco, si presume che il sottoscrittore della girata successiva sia il beneficiario di quelle in bianco. Chi paga non è invece tenuto a controllare l'autenticità della firma dei giranti e quindi la validità delle girate. Eseguiti tali controlli, il debitore cambiario è liberato anche se paga al non titolare. Secondo l’art. 44, la cambiale deve essere presentata per il pagamento al trattario nella cambiale tratta e all’emittente nel vaglia cambiario. L’omessa presentazione nei termini comporta la perdita dell’azione cambiaria; in quanto il termine di scadenza della cambiale è un requisito essenziale non solo per il creditore ma anche per il debitore.Nella cambiale "a giorno fisso" e "a certo tempo data o vista", la presentazione deve essere effettuata nel giorno della scadenza o in uno dei due giorni feriali successivi, se festivo. La cambiale "a vista" deve invece essere presentata per il pagamento entro un anno dalla data di emissione: il traente può allungare o abbreviare il periodo, i giranti possono solo abbreviarlo

10. Le azioni cambiarie In caso di rifiuto del pagamento, il portatore del titolo può agire contro tutti gli obbligati cambiari per ottenere il pagamento. La relativa azione è però regolata diversamente a seconda che si tratti di obbligati diretti o di regresso. Sono obbligati diretti: l'emittente, l'accettante e i loro avallanti; sono invece obbligati di regresso: il traente, i giranti e i loro avallanti, nonché l'accettante per intervento.L’azione diretta serve per agire contro qualsiasi degli obbligati diretti e basta provare solo il rifiuto; non è soggetta a particolari formalità, non è subordinata alla levata del protesto e non vi è alcun termine di decadenza; il portatore è solo tenuto ad osservare il termine di prescrizione di 3 anni. Mentre l'esercizio dell'azione cambiaria di regresso è subordinata a particolari condizioni sostanziali.Con l’azione cambiaria di regresso, il portatore può anche preferire di agire contro gli obbligati di regresso. Per agire contro gli obbligati di regresso devono ricorrere le seguenti previsioni:A) Presentazione all’accettazione delle cambiali con scadenza a certo tempo e a vista e in quelle in cui il traente o uno dei giranti ha prescritto che il titolo sia presentato all’ accettazione entro un determinato termine.

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B) Presentazione al pagamento entro il termine prescritto, tranne quando sia stato già elevato il protesto.C) ProtestoL'azione contro gli obbligati di regresso può essere innanzitutto esercitata alla scadenza, se il pagamento non ha avuto luogo. Mediante tale azione si può pretendere:

a) la somma cambiaria con gli interessi,b) gli interessi moratori, c) le spese per il protesto e le altre spese.

Può essere inoltre esercitata anche prima della scadenza:a) se l'accettazione è stata rifiutata in tutto o in parte;b) in caso di fallimento del trattario;c) in caso di fallimento del traente di una cambiale non accettabile.

In caso di fallimento, per esercitare il regresso basta produrre la relativa sentenza dichiarativa. Negli altri casi, l’azione di regresso è subordinata alla constatazione del rifiuto di accettazione o di pagamento con atto autentico denominato protesto. L’omessa levata del protesto nei termini comporta che il portatore decade dalle azioni di regresso. Tuttavia, il portatore, può essere esonerato dal protesto ma non dalla presentazione dei termini, con apposita clausola inserita nella cambiale (clausola “senza spese” o “senza protesto”) dal traente, dal girante o dall’avallante. Se pur esonerato dal protesto, il portatore è comunque tenuto a dare avviso della mancata accettazione o del mancato pagamento al traente, al proprio girante ed ai loro avallanti, entro 4 giorni feriali successivi alla levata del protesto o al giorno della presentazione, se la cambiale è “senza spese”. L’omissione dell’avviso comporta per il portatore la non decadenza dal regresso ma dovrà risarcire i danni eventualmente arrecati. Anche l’onere di avviso è derogabile con apposita clausola “senza avviso” inserita nella cambiale.Gli obbligati cambiari sono tutti obbligati in solido nei confronti del portatore, e quest’ultimo può agire a sua scelta contro uno qualsiasi e non è tenuto ad osservare l’ordine nel quale si sono obbligati. L’obbligato cambiario che ha pagato libera definitivamente i coobbligati di grado successivo ed ha un’azione cambiaria di ulteriore regresso contro gli obbligati di grado anteriore e può chiedere a ciascuno di essi il rimborso integrale di quanto pagato, oltre interessi e spese. Invece, l’obbligato cambiario che ha pagato non ha alcuna azione cambiaria nei confronti dei coobbligati di pari grado, potrà agire solo in via extracambiaria.L'azione di regresso del portatore del titolo è soggetta al termine breve di prescrizione di un anno, che decorre dalla data del protesto o dalla scadenza, se vi è la clausola “senza spese”. Invece, l’azione di ulteriore regresso si prescrive in 6 mesi dal giorno del pagamento o da quello in cui l’azione è stata promossa contro di lui.

11. (segue): Il protesto Il protesto è l'atto autentico necessario per la conservazione delle azioni di regresso. Con esso si constata la mancata accettazione o mancato pagamento della cambiale da parte del designato a pagare in via principale (trattario o emittente). Il protesto deve essere elevato contro i soggetti designati nella cambiale per l'accettazione o il pagamento.Sono abilitati alla levata del protesto i notai, gli ufficiali giudiziari e i loro aiutanti, o in mancanza, i segretari comunali.Il notaio e l'ufficiale giudiziario possono avvalersi della collaborazione di "presentatori", i quali presentano il titolo, ne incassano l'importo o costatano il mancato pagamento. L'atto di protesto è invece redatto successivamente da notaio o dall'ufficiale giudiziario ed è sottoscritto anche dal presentatore.Il protesto può essere annotato sulla cambiale o può essere fatto con atto separato (contenendo la trascrizione del titolo). Esso ha valore di atto pubblico.

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I pretesti per mancato pagamento sono pubblicati in un apposito " registro informatico dei protesti" tenuto a cura delle camere di commercio.L’illegittima levata del protesto può essere fonte di responsabilità per danni del creditore richiedente e/o del pubblico ufficiale.Il protesto può essere sostituito da una dichiarazione scritta di rifiuto dell’accettazione o del pagamento, datata e sottoscritta dal trattario; è soggetta a pubblicità legale e per avere gli effetti del protesto deve essere registrata nei termini stabiliti per la levata del protesto.

12. (segue): Il processo cambiario. Le eccezioni Il creditore per ottenere un più rapido recupero della somma dovutagli può ricorrere ad alcune procedure.La cambiale in regola col bollo vale come titolo esecutivo; quindi, il possessore può iniziare la procedura esecutiva sui beni del debitore senza doversi munire di un provvedimento giudiziale di condanna. In alternativa, se la cambiale non è in regola con il bollo (purché poi sia regolarizzata), può avvalersi del procedimento ordinario e monitorio. Su domanda del creditore, il giudice deve emettere sentenza provvisoria di condanna se le eccezioni opposte del debitore sono di lunga indagine, imponendo al creditore il versamento di una cauzione ove lo ritenga opportuno.(pag.6) Anche per la cambiale opera la distinzione fra eccezioni reali (opponibili a qualsiasi portatore) ed eccezioni personali (opponibili solo ad un determinato portatore). Tipica della cambiale è l'ulteriore distinzione fra eccezioni oggettive (quelle che possono essere opposte da tutti gli obbligati cambiari, ad es. l’invalidità della cambiale per difetto dei requisiti formali) e eccezioni soggettive (opposte da un determinato obbligato, ad es. invalidità della singola obbligazione cambiaria).Queste distinzioni si fondano su criteri diversi: la prima individua i portatori della cambiale ai quali è possibile opporre un’eccezione; la seconda individua gli obbligati che possono opporla. I 2 criteri si possono combinare: le eccezioni reali e personali possono essere nel frattempo sia oggettive sia soggettive. È eccezione reale e soggettiva l’eccezione di difetto di capacità o di rappresentanza in quanto opponibile solo da quel determinato obbligato ad ogni possessore della cambiale. È eccezione reale e oggettiva l'eccezione di nullità della cambiale per mancanza dei requisiti di forma in quanto opponibile da tutti debitori a tutti portatori. È eccezione personale e soggettiva ogni eccezione desunta da rapporto causale intercorso fra un determinato debitore cambiario ed il portatore del titolo.

13. Le azioni extracambiarie Il rapporto tra chi dà e chi riceve il titolo non si estingue con l'emissione o con la girata della cambiale, salvo che il rilascio della cambiale ha prodotto novazione del rapporto casuale. Quindi, il possessore della cambiale, per realizzare il proprio credito, ha a disposizione, oltre le azioni cambiarie, anche l’azione casuale nei confronti del debitore.L'esercizio dell'azione causale, in alternativa o cumulativamente con quelle cambiarie, è subordinato ad una serie di cautele per evitare che il debitore contro cui si agisce sia esposto al rischio di un doppio pagamento.Per esercitare l'azione causale è necessario che:a) siano stati accertati col protesto la mancata accettazione o mancato pagamento della cambiale;b) il portatore offra al debitore la restituzione della cambiale, depositandola presso la cancelleria del giudice competente;c) il portatore abbia inoltre adempiute tutte le formalità necessarie per conservare al debitore azioni di regresso che possono competergli (ad es. levata tempestiva del protesto, atti interruttivi della prescrizione).Novazione: si attua attraverso un contratto in base al quale le parti sostituiscono l'obbligazione originaria, che si estingue, con una nuova obbligazione con oggetto o titolo diverso; se le parti non hanno specificato espressamente di voler realizzare la novazione del rapporto allora, non si potrà esercitare l’azione causale.

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Infine può verificarsi che il portatore della cambiale abbia perduto, per decadenza o prescrizione, tutte le azioni cambiarie e non abbia alcuna azione casuale da esercitare; può agire contro il traente, l’accettante o il girante “per la somma di cui si siano arricchiti ingiustamente a suo danno”. Quest’azione di arricchimento sarà in concreto esercitabile solo nei confronti dell’obbligato cambiario beneficiario dell’arricchimento; quindi, nei confronti dell’accettante della cambiale tratta e dell’emittente nel pagherò. Tale azione si prescrive in un anno dal giorno della perdita dell’azione cambiaria.

14. Ammortamento A tale istituto ne può ricorso il portatore legittimo della cambiale in caso di smarrimento, sottrazione o distruzione del titolo. La disciplina (artt.89-93) sostanzialmente coincide con quella per i titoli di credito all'ordine. C’è solo da notare che l’art 90 l. camb. Non richiede che l’opponente al decreto di ammortamento depositi il titolo.

15. Le cambiali finanziarie Le cambiali finanziarie costituiscono un nuovo strumento di finanziamento delle imprese; la loro funzione è quella di offrire alle imprese uno strumento per raccogliere direttamente fra il pubblico capitale di credito a breve termine, alternativo rispetto al credito bancario spesso eccessivamente costoso.Esse sono titoli di credito all'ordine emessi in serie, con scadenza non inferiore a 3 mesi e non superiore a 12 mesi dalla data di emissione. La loro struttura è quella del pagherò cambiario; contengono cioè una promessa incondizionata di pagamento da parte dell'emittente.Sono equiparate per ogni effetto di legge alle cambiali ordinarie ma presentano alcune caratteristiche peculiari per la loro funzione tipica di strumento di finanziamento a breve termine:devono avere un taglio minimo non inferiore a 50mila€, la loro scadenza non può essere inferiore a 3 mesi e superiore a 12 mesi dalla data di emissione. La denominazione deve essere inserita nel titolo con altri requisiti formali (la promessa incondizionata di pagare una determinata somma, la scadenza, il luogo, data e luogo in cui è stata emessa, la sottoscrizione dell’emittente). L’omissione comporta perciò nullità. Devono essere indicati anche i proventi a favore del prenditore in qualunque forma pattuita.Esse possono essere girate esclusivamente con la clausola "senza garanzia" e quindi senza assunzione di obbligazione cambiaria di regresso da parte del girante.L'emissione di cambiali finanziarie, in quanto strumento di raccolta del risparmio fra il pubblico, è, infatti, assoggettata ad una certa disciplina e pone dei limiti per l’emissione.Limite quantitativo: l'ammontare della raccolta fra il pubblico effettuata mediante cambiali finanziarie e "certificati d’investimento" non può eccedere il limite del capitale versato e delle riserve risultanti dall'ultimo bilancio approvato.

16. La prescrizione1) i crediti cambiari prescritti dagli obbligati diretti si prescrivono entro tre anni dalla scadenza.2)il credito del portatore contro l’ obbligato di regresso, si prescrive in un anno dal giorno del protesto, o dal giorno della scadenza se vi è la clausola senza spese.3) i crediti ei giranti contro gli obbligati di regresso si prescrivono in sei mesi dal giorno in cui il girante ha pagato la cambiale, o dal giorno in cui l’ azione di regresso è stata proposta contro di lui.4) l’azione di arricchimento si prescrive in un anno dalla perdita del credito cambiario.5) per l’azione causale la prescrizione decorre dal giorno in cui è avvenuto il rifiuto dell’accettazione, ovvero dalla scadenza della cambiale. Particolarità della prescrizione cambiaria è che gli atti interruttivi della prescrizione non la interrompono verso gli altri, mentre negli atti di diritto comune nelle obbligazioni solidali l’interruzione di uno coinvolge anche gli altri.

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CAPITOLO QUARANTUDUESIMO: L'ASSEGNO BANCARIO

1. Nozione. Caratteri essenziali L'assegno bancario è un titolo di credito che contiene l'ordine incondizionato diretto ad una banca di pagare a vista una somma determinata all'ordine di una determinata persona o al portatore.Funzione tipica dell'assegno bancario è quella di consentire l'utilizzazione di somme disponibili presso una banca per effettuare pagamenti a terzi evitando l'uso materiale del denaro. Esso è quindi uno strumento di pagamento e alternativo rispetto alla moneta legale. È un titolo di credito.Esso è redatto dal traente su appositi moduli prestampati fornitigli dalla banca (carnet di assegni) ed ha la stessa struttura della cambiale tratta. Nell'assegno bancario figurano tre persone: il traente, che dall'ordine di pagamento alla banca e risponde ex lege del mancato pagamento; la banca-trattaria, alla quale l'ordine di pagamento è rivolto; il prenditore dell'assegno.La disciplina è in larga parte modellata sulla base di quella della cambiale tratta ed è largamente coincidente in molti paesi europei ed extraeuropei. L'assegno bancario è un titolo di credito astratto, formale ed esecutivo; incorpora una pluralità di obbligazioni reciprocamente indipendenti, solidali e disposte per gradi. Ma è diversa la funzione tipica dei 2titoli: l’assegno bancario è uno strumento di pagamento, la cambiale tratta è uno strumento di credito.Le principali differenze di disciplina dell'assegno bancario rispetta la cambiale tratta possono essere:a) trattario può essere solo una banca;b) il rapporto di provvista fra traente e banca trattaria può essere costituito esclusivamente da fondi disponibili esistenti presso la banca e utilizzabili mediante l'emissione di assegni bancari; c) l'assegno bancario non può essere accettato dalla banca trattaria.d) l'assegno bancario è sempre pagabile a vista e deve inoltre essere presentato per il pagamento entro brevi termini;e) l'assegno bancario è assistito da una particolare disciplina sanzionatoria volta a reprimere l'uso abusivo di assegni bancari.

2. I requisiti dell'assegno bancario I requisiti di regolarità dell'assegno bancario sono:a) l'esistenza presso la banca trattaria di fondi disponibili;b) l'esistenza di una convenzione, espressa o tacita (c.d. convenzione di assegno), che attribuisce al traente il diritto di disporre mediante assegni bancari dei fondi disponibili. In pratica, entrambe le condizioni sono soddisfatte quando il traente intrattiene con la banca un rapporto di conto corrente bancario e questo presenta un saldo a favore del cliente.Semplice requisito di regolarità è anche l’osservanza delle norme del bollo; in mancanza, l’assegno bancario perde la qualità di titolo esecutivo; quindi la mancanza di questi requisiti espone a sanzioni amministrative pecuniarie ma non comporta né l’invalidità del titolo né l’invalidità dell’obbligazione del traente e degli altri firmatari.L'emissione di assegni bancari, non autorizzati o a vuoto, configurano un illecito, depenalizzato e colpito da sanzioni pecuniarie e accessorie. Sono invece requisiti di validità dell'assegno:1) la denominazione di assegno bancario inserita nel contesto del titolo ed espressa nella lingua in cui lo stesso è redatto;2) l'ordine incondizionato di pagare una somma determinata;3) l'indicazione del trattario che può essere solo una banca;4) l'indicazione del luogo del pagamento;5) la data e luogo di emissione dell'assegno;

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6) la sottoscrizione del traente.In mancanza di essi il titolo non vale come assegno bancario.

3. La posizione della banca trattaria A differenza della cambiale tratta, l'assegno bancario non può essere accettato. Ogni menzione di accettazione apposta sull’assegno dalla banca trattaria si ha per scritta ed essa non assume in alcun caso la posizione di obbligato cartolare(diretto o di regresso) nei confronti del portatore del titolo. Il banchiere è obbligato extracartolare a pagare la somma indicata nell’assegno soltanto nei confronti del traente, se perciò il banchiere rifiuta il pagamento al portatore, questi non ha nessuna azione contro di lui, ma può solo agire in via di regresso contro il traente e gli eventuali giranti.Il visto, scritto sull'assegno e firmato dalla banca trattaria, non comporta un obbligo di pagamento della stessa, ma "ha soltanto l'effetto di accertare l'esistenza dei fondi e impedirne il ritiro da parte del traente prima della scadenza del termine di presentazione".Più diffuso, soprattutto nei rapporti fra banche, è il c.d. benefondi. Questo consiste nella conferma, per lo più telefonica, dell'esistenza dei fondi da parte della banca trattaria.Ha il valore di semplice informazione sull'esistenza attuale dei fondi e non comporta alcuna obbligazione extracartolare di pagamento da parte della banca trattaria (c.d. benefondi informativi); e qualora abbia fornito informazioni inesatte, sarà tenuta al risarcimento dei danni.La banca può anche impegnarsi espressamente a bloccare i fondi corrispondenti all’ammontare dell’assegno(c.d. benefondi con blocco). Ed è obbligata extracartolarmente a pagare l’assegno qualora questo risulti regolare.

4. Circolazione. Avallo L’assegno b. è normalmente un titolo all’ordine ma può essere emesso anche al portatore e vale l’assegno rilasciato senza indicazione del prenditore.La circolazione è regolata da norme che sostanzialmente coincidono con quelle per la cambiale. In particolare, anche il girante dell’assegno b. risponde ex lege del pagamento come obbligato di regresso.Sola significativa differenza rispetto la cambiale è che la girata al trattario vale come quietanza e estingue il titolo. È così preclusa la possibilità che la banca trattaria giri ulteriormente l'assegno assumendo obbligazione cartolare di regresso.Anche l'assegno bancario può essere garantito mediante avallo, ma si tratta d’istituto non più tanto utilizzato data la breve vita del titolo. È però escluso l'avallo da parte della banca trattaria.

5. Il pagamento dell'assegno L'assegno bancario non solo è pagabile a vista, ma deve essere presentato per il pagamento entro i termini fissati dall'art. 32. Termine che per gli assegni emessi e pagabili in Italia è di otto giorni dalla data di emissione, se l'assegno è pagabile nello stesso comune in cui fu emesso; di 15 giorni, s'è pagabile in altro comune (art. 34).L’omessa presentazione dell’assegno comporta la perdita dell’azione di regresso contro i giranti ed i loro avallanti, non però verso il traente. La banca perciò è libera di pagare anche dopo la scadenza dei termini, salvo che abbia ricevuto dal traente l’ordine di non pagare. La facoltà di pagare permane anche in caso di morta o di sopravvenuta incapacità del traente.La banca, inoltre, è tenuta ad accertare la regolare continuità delle girate, ma non a verificare l’autenticità delle firme dei giranti; è tenuta ad identificare colui che incassa ed a verificare che la firma del traente corrisponde a quella dello stesso depositata al momento dell’apertura del conto corrente. E si tratta di controlli che la banca deve eseguire con la diligenza professionale dell’accorto banchiere.

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6. (segue): Il regresso per mancato pagamento In caso di mancato pagamento da parte della banca trattaria il portatore dell'assegno può agire in regresso contro il traente, i giranti e i loro avallanti. La disciplina è simile a quella della cambiale ma con una significativa differenza: per agire contro i giranti e i loro avallanti è necessaria la presentazione del titolo alla banca trattaria e la constatazione del rifiuto del pagamento mediante protesto; contro il traente (ed i suoi avallanti) invece non sono necessarie.Nei confronti del traente, la presentazione tardiva comporta come unica conseguenza che, se dopo la scadenza del termine di presentazione la disponibilità della somma è venuta meno per fatto del trattario, il portatore perde diritti verso il traente per la somma che è venuta a mancare.L'azione di regresso del portatore contro il traente, i giranti e gli altri obbligati si prescrive in sei mesi dal termine di presentazione.

7. Assegno sbarrato, da accreditare, non trasferibile. Assegno turistico Esistono alcune clausole, tipiche dell'assegno bancario, volte a ridurre i rischi connessi al furto o allo smarrimento del titolo.L'assegno sbarrato è un assegno cui vengono apposte due rette parallele sulla faccia anteriore. La sbarratura può essere generale (quando fra le sbarre non vi è alcuna indicazione o parola banchiere) o speciale (quando fra le sbarre è scritto il nome di un determinato banchiere, che può essere lo stesso trattario). Lo sbarramento non impedisce la circolazione dell'assegno, ma circoscrive i soggetti legittimati ad incassarlo. L’assegno con sbarratura generale può essere pagato solo ad un banchiere o ad un cliente del trattario; l’assegno sbarratura speciale, invece, può essere pagato solo al banchiere designato o, se questi è il trattario, ad un suo cliente. La banca che non osserva le disposizioni è tenuta al risarcimento dei danni. In definitiva, offre una limitata tutela contro i rischi di furto di smarrimento.L'assegno da accreditare, non può essere pagato per contanti, ma può essere regolato dalla banca trattaria solo mediante scritturazione contabile: accreditamento in conto, giroconto. Modalità che presuppongono un preesistente rapporto del trattario col soggetto che presenta il titolo.L'assegno non trasferibile, offre maggiore sicurezza e può essere pagato solo all'immediato prenditore o accreditato sul suo conto. La girata apposta nonostante il divieto si ha per non scritta e la cancellazione della clausola si ha per non avvenuta.L’unico mezzo a disposizione dell’immediato prenditore, che non possa o non voglia riscuotere personalmente l’assegno non trasferibile, è quello di girarlo per l’incasso ad una banca, che a sua volta non può rigirarlo. Gli assegni bancari di importo superiore a 12,5mila € devono essere emessi con la clausola di non trasferibilità.La banca che paga un assegno non trasferibile a persona diversa dall'originario prenditore, o dal banchiere giratario per l'incasso, risponde del pagamento.L'assegno turistico (o traveller's check) è un assegno bancario che viene tratto da una banca su una propria filiale o corrispondente estera. È stilato in valuta estera e rilasciato al prenditore dietro contestuale versamento dell'importo corrispondente. Il pericolo di smarrimento o furto è attenuato. Caratteristica peculiare dell’assegno turistico è, infatti, che il pagamento è subordinato alla presenza sul titolo di una doppia firma conforme del prenditore. La prima firma è apposta al momento del rilascio del titolo; seconda al momento del pagamento o della negoziazione; così si può controllare agevolmente l’autenticità della firma.

8. L'ammortamento La disciplina dell'ammortamento dell'assegno bancario, sempre modellata su quella della cambiale:

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a) l'art. 69 e l.ass.. la disciplina non distingue fra assegno all'ordine e assegno al portatore e perciò la procedura di ammortamento è eccezionalmente ammessa anche per quest'ultimo.b) la procedura di ammortamento è esclusa per l'assegno non trasferibile, dato che lo stesso non può circolare. Il prenditore ha senz’altro diritto di ottenere un duplicato, a proprie spese, denunziandone lo smarrimento, la distruzione o la sottrazione sia al trattario sia al traente.

Assegno bancario libero: può essere pagato a vista presso qualsiasi filialeAssegno bancario piazzato: dalla stessa banca d’Italia

CAPITOLO QUARANTATREESIMO: L’ASSEGNO CIRCOLARE

1. Nozione e disciplinaL’assegno circolare è un titolo di credito all’ordine che contiene la promessa incondizionata della banca emittente di pagare a vista una somma di denaro. La sua emissione avviene dietro versamento da parte del richiedente dell’importo corrispondente.È un mezzo di pagamento come l’assegno bancario ma si differenzia da quest’ultimo in quanto ha la struttura del vaglia cambiario e non della cambiale tratta: infatti, incorpora un’obbligazione diretta di pagamento della banca emittente; è più sicuro dell’assegno b.. Chi lo riceva in pagamento può fare affidamento sulla solvibilità della banca emittente e dispone di un titolo che può agevolmente negoziare o riscuotere presso tutti i recapiti della banca che lo ha emesso. Si presta quindi a sostituire efficacemente la moneta legale.Non può mai essere emesso dal portatore.Condizioni di regolarità:a) l’emissione di assegni circolari è consentito solo alle banche specificatamente autorizzate dalla Banca d’Italia;b) la banca può emettere assegni circolari solo per somme che siano presso di essa disponibili al momento dell’emissione;c) la banca autorizzata ad emettere assegni c. deve costituire presso la banca d’Italia una cauzione in titoli a garanzia dei medesimi.I requisiti di validità sono:

1) la denominazione inserita nel titolo;2) la promessa incondizionata di pagare a vista;3) l’indicazione del prenditore;4) l’indicazione della data e del luogo nel quale l’assegno c. è stato emesso;5) la sottoscrizione della banca emittente.

Ovviamente, il titolo che manca di uno di questi requisiti non vale come assegno circolare.Non è richiesta l’indicazione del luogo del pagamento, dato che è pagabile presso tutti i recapiti (filiali, agenzie, ecc..) della banca emittente.Si applica la disciplina del vaglia cambiario a vista. Tuttavia:

- la girata a favore dell’emittente estingue il titolo- il possessore deve presentare l’assegno per il pagamento entro 30 giorni dall’emissione, pena la

decadenza delle azioni di regresso.Con importi pari o superiore a 50mila €, l’assegno diventa non trasferibile. Si applica parte della disciplina dell’assegno bancario: quella in tema di assegno sbarrato, da accreditare, non trasferibile e turistico, nonché la disciplina dell’ammortamento. Vi sono anche alcuni titoli speciali di pagamento emessi della banca d’Italia e dai banchi di Napoli e Sicilia. Il più diffuso è il vaglia cambiario della banca d’Italia, largamente utilizzato per i pagamenti della pubblica

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amministrazione ed in particolare per l’estinzione dei titoli di spesa dello Stato. È un titolo di credito all’ordine che contiene la promessa incondizionata della banca d’Italia di pagare a vista una somma determinata ed è rilasciato solo dietro versamento in contanti del relativo importo e pagabile in tutte le filiali della banca d’Italia. La disciplina coincide con quella dell’assegno circolare.Anche il vaglia cambiario può essere emesso apponendo la clausola “non trasferibile”.

LE PROCEDURE CONCORSUALILA CRISI DELL’IMPRESA COMMERCIALE

1. Crisi dell’impresa e procedure concorsualiGli imprenditori molto spesso, nell’esercizio della loro impresa di solito, ricorrono largamente al credito e tale credito è connesso ad altre operazioni poiché i creditori talvolta sono debitori di altri, così qualora si abbia la mancata riscossione di un credito (congelamento) porta il creditore a rendersi inadempiente verso terzi creditori. L’imprenditore è in stato d’insolvenza, quando: non è più in grado di adempiere alle proprie obbligazioni regolarmente, cioè qualora il suo patrimonio sia in condizioni tali per cui egli non può pagare i debiti alle rispettive scadenze senza pregiudicare i debiti che scadono successivamente.La crisi economica dell’impresa e il conseguente dissesto patrimoniale coinvolgono una gran massa di creditori, che sono impossibilitati a realizzare quanto loro dovuto. I creditori di un imprenditore sono a loro volta in gran parte imprenditori e la mancata realizzazione del credito concesso può provocare, di riflesso, la crisi economica delle loro imprese. Questi eventi coinvolgono molti interessi collettivi: primo fra tutti, l’interesse alla salvaguardia dell’occupazione attraverso il risanamento delle imprese. In queste situazioni di crisi economica i mezzi di tutela individuali dei creditori si rivelano inadeguati e insufficienti.La sistemazione del dissesto degli imprenditori agricoli e dei piccoli imprenditori commerciali resta affidata agli strumenti di diritto comune. Per il dissesto dell’imprenditore commerciale non piccolo sono state invece previste speciali procedure, denominate procedure concorsuali.La legge regola cinque procedure concorsuali: il fallimento, il concordato preventivo, la liquidazione coatta amministrativa, l’amministrazione straordinaria e l’amministrazione straordinaria accelerata. Le procedure concorsuali sono procedure generali perché coinvolgono tutto il patrimonio dell’imprenditore. Sono procedure collettive perché coinvolgono tutti i creditori dell’imprenditore. Volendo assicurare la par condicio creditorum, le forme di tutela personali dei creditori sono sostituite da forme di tutela collettiva che mirano a ripartire fra tutti i creditori le conseguenze patrimoniali del dissesto dell’imprenditore.

2. Le singole procedure concorsualiDiverso può essere il rilievo economico e sociale dell’impresa in crisi; diverse sono di riflesso le esigenze dei creditori coinvolti nella crisi dell’impresa. Da qui la necessità di predisporre una differenziazione delle procedure concorsuali.Al fallimento sono soggetti gli imprenditori commerciali insolventi, salvo che ricorrano i presupposti per l’applicazione delle altre procedure concorsuali. Il fallimento è una procedura giudiziaria che mira a liquidare il patrimonio dell’imprenditore insolvente e a ripartirne il ricavato fra i creditori (espropriazione forzata di tutti i beni).La procedura di fallimento è curata dalla legge fallimentare r.d. 267/1942, di cui alcune disposizioni sono state abrogate, e in cui viene anche regolamentata la liquidazione coatta amministrativa; e successive modificazioni con D.l. 35/2005, d.lgs. 5/2006 e d.lgs. 169/2007; con D.lgs. 270/1999 e con la L. 39/2004 è

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stata disciplinata una procedura alternativa al fallimento, cioè l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese (commerciali) in stato d’insolvenza.La riforma della legge fallimentare ha concesso maggiore autonomia al curatore nel determinare le modalità di liquidazione del patrimonio, che devono privilegiare la cessione in blocco dell’azienda alla vendita dei singoli crediti. È stato inoltre rafforzato il ruolo del comitato dei creditori nel valutare gli atti del curatore. È stata ridotta la funzione del giudice delegato ad organo di sorveglianza. È stata inoltre agevolata la proposta di concordato fallimentare. In generale si è provveduto a evitare che la crisi d’impresa sfoci in fallimento. Il concordato preventivo può essere richiesto dall’imprenditore per evitare il fallimento. Possono essere scelte due soluzioni: la liquidazione di tutto il patrimonio o il risanamento dell’impresa e la prosecuzione dell’attività.La liquidazione coatta amministrativa trova applicazione nei confronti di determinate categorie di imprese che svolgono attività di particolare rilievo economico e sociale, e perciò sono sottoposte a vigilanza governativa. Porta all’eliminazione dell’impresa dal mercato e alla disgregazione del complesso produttivo, soddisfacendo gli interessi dei creditori. A differenza del fallimento è una procedura amministrativa e non giudiziaria.L’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi consente alle imprese, che versano in una particolare esposizione debitoria, il soddisfacimento dei creditori con il salvataggio del complesso produttivo e la conservazione dei posti di lavoro. Si apre con la dichiarazione dello stato d’insolvenza da parte dell’autorità giudiziaria, che solo in un secondo momento, dopo aver accertato che ricorrono concrete possibilità di riequilibrio economico dell’impresa, concede l’amministrazione straordinaria, altrimenti dichiara il fallimento. L’amministrazione straordinaria speciale (accelerata) consente l’immediata ammissione dell’impresa all’amministrazione straordinaria da parte del Ministero dello sviluppo economico su semplice richiesta della stessa, finalizzata a realizzare un piano di risanamento.

IL FALLIMENTO1. I presupposti del fallimentoI presupposti per la dichiarazione del fallimento sono: 1) il presupposto soggettivo, cioè la qualità di imprenditore commerciale del debitore. Sono esonerati: i piccoli imprenditori (l’attivo nei vari esercizi non superi i 300mila €, i ricavi lordi dell’ultimo triennio non superino i 200mila € e che non abbiano un’esposizione debitoria superiore a 500mila €), agricoli e artigianali.Se viene disatteso uno dei principi, allora saranno soggetti al fallimento. Il tribunale dichiara il fallimento con un’apposita istruttoria pre- fallimentare. La qualità d’imprenditore commerciale è definita iuris tantum, con l’iscrizione nel registro delle imprese ma se è iscritto e non ha esercitato l’impresa allora non è considerato come tale. Cessazione dell’impresa e morte dell’imprenditore: può essere dichiarato fallito anche l’imprenditore che abbia cessato l’esercizio dell’impresa p che sia morto, purché il fallimento sia dichiarato entro l’anno dalla morte o dalla cancellazione dell’imprenditore dal registro delle imprese.Morte del fallito: se l’imprenditore è ancora vivo al momento della pronuncia della sentenza e muore in seguito, allora la procedura prosegue nei confronti dell’erede, anche se ha accettato con beneficio d’inventario. Se gli eredi sono più, essi dovranno nominare un rappresentante tra loro stessi, e se ciò non è stato fatto, allora tale designazione viene fatta dal giudice. 2) presupposto oggettivo, ossia lo stato d’insolvenza dello stesso (quando non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni e tale fallimento non può essere dichiarato se non supera i 30mila €);

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3) il superamento di almeno uno dei limiti dimensionali fissati dall’art.1 l. fall.; 4) la presenza di inadempimenti complessivamente superiori all’importo fissato dalla legge.

2. La dichiarazione di fallimentoIl fallimento può essere dichiarato: 1) su ricorso di uno o più creditori (ipotesi più frequente); 2)su richiesta del debitore; 3)su istanza del pubblico ministero.Il pubblico ministero ha il potere-dovere di chiedere il fallimento quando l’insolvenza risulti da fatti che configurano reati fallimentari.Il fallimento è dichiarato con sentenza, che contiene alcuni provvedimenti necessari per lo svolgimento della procedura; se la domanda è presentata dal debitore, deve essere corredata da: scritture contabili obbligatorie, stato particolareggiato ed estimatorio delle attività, elenco dei creditori e dei rispettivi crediti, indicazione dei ricavi, elenco di coloro che sono titolari di diritti reali e personali sulle cose in suo possesso. Anche se la domanda è presentata dal creditore, deve essere presentata con ricorso alla cancelleria del tribunale e con istanza di fallimento presentata al tribunale.COMPETENZA. La competenza della dichiarazione è del tribunale della circoscrizione in cui l’imprenditore ha la sede principale dell’azienda. Il tribunale è competente anche quando l’imprenditore abbia spostato l’azienda in un’altra circoscrizione, nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento. Chi ha la sede principale all’estero può essere condannato in Italia dal tribunale, ove si trovi la seconda sede fondamentale dell’impresa. ISTRUTTORIA PREFALLIMENTARE. Il procedimento per istanza di fallimento è regolato dall’art 15 L. fall. E si svolge in rito camerale a seguito della presentazione e del deposito in cancelleria dell’istanza di fallimento. Il creditore istante deve notificare al debitore un decreto di presentazione entro 15 giorni precedenti all’udienza. Nella dichiarazione devono essere precisati i presupposti della dichiarazione del fallimento e devono essere depositati in cancelleria i bilanci degli ultimi tre anni. Il tribunale procede all’istruttoria prefallimentare, attuando tutti gli accertamenti, ma provvedendo anche all’emissione dei mezzi istruttori richiesti dalle parti e, per garantire l’integrità del patrimonio possono essere emessi determinati provvedimenti cautelari come i sequestri conservativi.LA SENTENZA DICHIARATIVA. La sentenza dichiarativa del fallimento, è pronunciata dal tribunale in camera di consiglio e depositata nella cancelleria. Dalla data del deposito ricorrono gli effetti della sentenza, e il cancelliere forma il fascicolo che sarà notificato al curatore, al comitato dei creditori e al fallito, e possono prendere visione anche gli altri creditori e i terzi interessati (mediante la pubblicazione nel registro delle imprese).Contenuto della sentenza: a) vengono nominati gli organi di fallimento, b) viene ordinato al fallito di depositare i bilanci e le scritture contabili, c) viene stabilito il giorno dell’adunanza dei creditori, entro 120 giorni dal deposito della sentenza in cancelleria, nel quale il giudice procederà all’esame del passivo, d) viene assegnato ai creditori il termine perentorio entro cui presentare in cancelleria le domande per la loro insinuazione.

3. Reclamo. La revoca di fallimentoReclamo della corte d’appello è il mezzo di gravame (sinonimo d’impugnazione) previsto dalla sentenza dichiarativa. L’appello può essere proposto dal fallito e da qualsiasi interessato e si svolge sempre con rito camerale. Il reclamo si propone con il ricorso alla cancelleria del tribunale, e deve essere fatto entro 30 giorni dalla sentenza per il fallito e per i terzi entro 30 giorni dall’iscrizione nel registro delle imprese. Il

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presidente della camera di consiglio fissa con decreto l’udienza di comparizione delle parti entro 60 giorni dal ricorso, assegnando al ricorrente un termine non superiore a dieci giorni per la notifica del ricorso e del decreto di comparizione ai creditori, che dovranno presentare le loro memorie difensive. Il reclamo non sospende l’esecuzione della sentenza ma può solo sospendere temporaneamente la procedura esecutiva. All’udienza il collegio sente le parti in contraddittorio e raccoglie le prove e la decisione avviene con sentenza. La sentenza che revoca il fallimento è notificata al curatore, al creditore e al fallito. Se la prima sentenza era stata pronunciata da un tribunale incompetente, si emana un provvedimento per cui essa è trasferita al tribunale competente che ne predispone l’esecuzione nominando un giudice delegato. In caso di revoca del fallimento, restano validi gli atti legalmente compiuti dagli organi del fallimento. Le spese della procedura e il compenso del curatore sono liquidati dal tribunale; spese e compensi sono a carico del creditore istante, se ha richiesto il fallimento ingiusto, o del fallito se per suo comportamento ha dato causa al fallimento. Alla sentenza della corte d’appello si può fare appello in cassazione entro trenta giorni dalla notifica.Se il tribunale rigetta il ricorso al fallimento con decreto motivato, contro tale decreto possono fare ricorso il creditore istante e il pm alla corte d’appello; la quale se lo ritiene valido, ovvero crede che si è in un caso di amministrazione straordinaria o altra procedura, rimanda gli atti al tribunale che dovrà decidere sul fallimento. Se la corte d’appello rigetta il reclamo, la giurisprudenza ritiene possibile un ricorso in cassazione.

3. Gli organi del fallimentoLa procedura fallimentare ha gli scopi: a) di sottrarre al fallito la custodia del patrimonio, b) di custodire e amministrare il patrimonio, c) liquidare l’attivo, d) distribuire il ricavato della liquidazione tra i creditori del fallito. Gli organi del fallimento, per realizzare l’amministrazione del patrimonio del fallito, devono compiere determinati atti, che possono essere raggruppati in:

1) atti che hanno per scopo la risoluzione delle liti relative al patrimonio fallimentare;2)atti di rinunzia a garanzie del patrimonio del fallito;3) atti che hanno per scopo l’incremento del patrimonio fallimentare.

Gli atti di straordinaria amministrazione vengono a essere compiuti solitamente dal curatore autorizzato dal comitato dei creditori. Se tali atti sono di un valore superiore a 50000 euro, e per ogni atto di transizione, il curatore per compierli deve informare il giudice delegato, che deve giudicare sulla regolarità.Il tribunale fallimentare che ha dichiarato il fallimento è investito dell’intera procedura fallimentare e sovraintende al corretto svolgimento della stessa. Nomina il giudice delegato e il curatore, e sostituisce i componenti del comitato dei creditori. Egli giudica su ogni procedimento che non è di competenza del giudice delegato, e i provvedimenti sono decisi con decreto contro cui può essere fatto ricorso in corte d’appello. Il tribunale deve decidere su tutte le controversie che derivano dal fallimento in rito ordinario (contenzioso), e le sentenze possono essere impugnate in appello.Il giudice delegato vigila sulle operazioni del fallimento e controlla la regolarità della procedura, nomina e revoca i componenti del comitato dei creditori e gli arbitri del fallimento, decide sui reclami proposti contro gli atti del curatore e del comitato dei creditori, controlla l’attività del curatore e del comitato dei creditori, autorizza particolari atti amministrativi (es: continuazione dell’attività del fallito, autorizza la presentazione del curatore).Il curatore è scelto dal tribunale tra coloro che sono iscritti negli albi degli avvocati, dei dottori o dei ragionieri commerciali; è l’organo preposto all’amministrazione del patrimonio fallimentare e compie tutte

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le operazioni della procedura nell’ambito delle funzioni a esso attribuite. La sua funzione principale è quella di conservare, gestire e realizzare il patrimonio fallimentare sotto la vigilanza del giudice delegato e del comitato dei creditori.È suo compito inoltre presentare entro 60 giorni al giudice delegato una relazione sulle cause del dissesto e sulle eventuali responsabilità del fallito; tale relazione deve essere depositata in cancelleria e ogni 6 mesi deve presentare una relazione sull’andamento del proprio lavoro e una copia è trasmessa al comitato dei creditori che alla trattazione può aggiungere delle note e poi, relazione e note, saranno trasmessi al registro delle imprese. La sua funzione principale è quella di conservare, gestire e realizzare il patrimonio fallimentare sotto la vigilanza del giudice delegato e del comitato dei creditori.Il comitato dei creditori è composto da tre o cinque membri scelti fra i creditori. Ha il compito di vigilare sull’operato del curatore, autorizzarne gli atti ed esprimere pareri nei casi previsti dalla legge. Amministrazione. Il curatore compie gli atti di amministrazione su propria decisione e quelli di straordinaria con l’autorizzazione del comitato dei creditori, che se manca, gli atti diventano impugnabili. Anche se vi è l’autorizzazione, il curatore deve informare il giudice, ma se ciò non accade allora, il curatore può essere revocato. Il curatore può farsi autorizzare dal comitato dei creditori a essere coadiuvato da altri tecnici per assistere il fallito. Contro gli atti del curatore e gli assenzi o i dinieghi del comitato dei creditori, possono agire il fallito e ogni terzo interessato per violazione di legge al giudice delegato, che decide con decreto motivato; ed entro 8 giorni dalla comunicazione del decreto si potrà ricorrere al tribunale, che decide entro 30 giorni con decreto non soggetto al reclamo. Contabilità. Il curatore deve tenere un registro, preventivamente vidimato da un rappresentante del comitato dei creditori, ove saranno registrate giorno per giorno le operazioni relative all’ordinaria amministrazione. Le somme riscosse a qualunque titolo dal curatore devono essere depositate presso un conto corrente in nome della procedura fallimentare. Revoca. In ogni tempo, il tribunale su richiesta del giudice delegato o del comitato dei creditori, può revocare la nomina del curatore per sostituirlo con un terzo, ciò accade anche quando il curatore non versa entro 10 giorni le somme riscosse. Il collegio potrà valutare la nomina di un soggetto indicato dai creditori (art 37-bis). Il curatore cessa dal suo ufficio deve presentare il rendiconto della gestione. Compenso. Su istanza del curatore stesso il tribunale gli liquida il compenso sommando anche le spese e le anticipazioni fatte. Non possono essere pretesi, oltre a quelli liquidati, altri rimborsi delle spese (art 39 l fall.).Il comitato dei creditori ha il diritto di ispezionare tutti i documenti del fallimento. Esso è nominato dal giudice delegato entro 30 giorni dal deposito della sentenza di fallimento, sulla base delle risultanze documentali e in maniera da determinare la rappresentanza di tutti (art 40 L fall). Dopo 10 giorni dalla nomina del comitato esso è riunito dal curatore che provvede a scegliere il presidente, e dopo la chiusura possono essere designati altri creditori al comitato. Il giudice delegato ha però il potere di modificare in qualsiasi momento la composizione del comitato. Secondo la stesura originale della L fallimentare esso è solamente un organo consultivo e i suoi pareri possono suddividersi in facoltativi (possono essere chiesti ma non lo devono essere per forza), obbligatori (il parere è chiesto ma non deve essere rispettato per forza), vincolanti (non solo devono essere chiesti ma devono essere anche vincolanti). Dalla riforma, oltre al parere per la continuazione dell’impresa fallita, sono stati richiesti pareri in altri campi, proprio perché in tali sono coinvolti gli interessi dei creditori. Si tratta di pareri di natura vincolante ad es l’affitto dell’azienda o anche il diritto di prelazione dell’affittuario in caso di vendita dell’azienda ecc.. All’originaria funzione consultiva, la riforma ha aggiunto un’importante funzione di vigilanza sull’operato del curatore, in quanto al comitato spetta l’ultima parola per la convenienza degli atti che andrà a realizzare il curatore. Per l’esercizio di tali funzioni il presidente convoca il comitato di sua iniziativa o su proposta di un terzo del comitato stesso e il voto potrà essere esercitato anche per via telematica. Ogni componente del comitato potrà ispezionare le varie scritture contabili. Ai membri del comitato spetta il rimborso delle spese e può essere loro attribuito un compenso che non superi il 10% di quello che sarà liquidato al curatore. Essi sono

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responsabili verso i liquidatori se hanno cagionato danni durante il loro incarico. In caso di inerzia, impossibilità o altro al posto del comitato risponde il giudice delegato.

3.1. L’apprensione dei beni del fallito: apposizione e rimozione dei sigilli. Altri adempimenti del curatore: elenchi dei creditori e bilancio Per effetto della sentenza il fallito è privato di tutti i suoi beni che rientrano nella massa attiva, e dunque se egli li vende dopo la sentenza tale vendita, diviene inefficace ope legis. Dopo l’emissione della sentenza i beni devono essere trasferiti dal fallito al curatore con l’apposizione dei sigilli, che è realizzata dal curatore con l’assistenza del cancelliere del tribunale e per i beni che non si trovano nella stessa impresa o si trovano lontani possono essere apposti i sigilli con l’aiuto di coadiutori designati dal tribunale (art 84). Non vengono posti sotto sigillo i beni di prima necessità e dunque quelli che servono all’uso personale del fallito e di coloro che abitano nella stessa casa. Devono invece essere consegnati: a) il denaro, b) le scritture contabili, c) le cambiali ed altri titoli. Rimozione dei sigilli e inventario. Anche in tale caso il curatore è accompagnato dal cancelliere e determina l’inventario dei beni, tralasciando quelli su cui verte un diritto reale o personale chiaramente riconoscibile, e quelli mobili che i terzi hanno diritto a detenere in virtù di un titolo negoziale. Prima di chiudere l’inventario il curatore invita il fallito ad indicare se vi sono altri beni intimandogli che in caso di falsa affermazione o di omissione commetterebbe un reato previsto dall’art 220 L. fall. Per gli immobili e gli altri beni registrati, il curatore deve notificare un estratto della sentenza agli uffici competenti perché sia annotata nei pubblici registri. Però gli effetti della sentenza si hanno dall’annotazione di questa sul registro delle imprese e non dal momento della richiesta di annotazione. Se il curatore, pertanto non richiede nel più breve tempo l’annotazione della sentenza dichiarativa, la conseguenza sarà la responsabilità per danni verso il terzo avente causa del fallito. Elenchi dei creditori e bilancio. In seguito alle scritture contabili e delle altre notizie, il curatore definisce l’elenco dei creditori e di coloro che vantano diritti reali o personali verso i beni del fallito. Se non è stato fatto, il curatore deve redigere l’ultimo bilancio d’esercizio, o apportare delle modifiche all’ultimo bilancio del fallito.

3.2. Anticipazione delle spese e patrocinio gratuito In base al D.lgs. 113/2002, le spese per l’amministrazione fallimentare sono prenotate a debito o corrisposte dall’erario che poi si rifarà sulla liquidazione coattiva. Se il curatore deve stare in giudizio, allora questo potrà accedere al patrocinio gratuito salvo qualora le sue pretese appaiano totalmente infondate.

3.3. L’esercizio provvisorio dell’impresa del fallito Dall’interruzione improvvisa dell’impresa può derivare un grave danno, tanto che il legislatore ha ammesso la possibilità della prosecuzione dell’impresa, previo parere vincolante del comitato dei creditori poiché la continuazione potrebbe incidere fortemente sulla loro parte deducibile (creditori di massa). L’esercizio dell’impresa rimane pertanto provvisorio, ma può essere bloccato con decreto motivato ad opera del comitato o del tribunale, dopo aver sentito il parere obbligatorio del curatore e del comitato. Solo al momento della cessazione dell’impresa operano efficacemente gli effetti del fallimento (art 104 L fall.)

3.4. L’affitto dell’azienda del fallito Obbiettivo fondamentale del fallimento è la liquidazione dei beni del fallito. L’art 104 bis della L. fall. ha determinato che per non perdere l’avviamento, si può concedere la possibilità dell’affitto dell’azienda o di parte della stessa. L’affitto può essere autorizzato dal giudice delegato sotto parere del comitato, e il contratto viene stipulato per atto pubblico o per scrittura privata dal curatore e poi registrato nel registro delle imprese. L’affittuario è scelto tra più soggetti in una gara alla pari, tenendo conto anche della

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possibilità di non diminuire i posti di lavoro e il curatore si riserva la possibilità di realizzare delle ispezioni per fornire ogni tre mesi una relazione sull’operato dell’azienda e di poter recedere in un tempo minore da quello previsto dal contratto stesso. Naturalmente il contratto offre la possibilità di eliminare il rischio per l’imprenditore che ricadrà sull’affittuario. Il curatore se autorizzato dal giudice delegato in caso di vendita dell’azienda potrà attribuire un diritto di prelazione all’affittuario stesso.

4. Crediti concorsuali e concorrentiScopo della procedura fallimentare è la liquidazione di tutti i creditori del fallito. I creditori, poiché hanno un diritto ad insinuarsi, sono detti “creditori concorsuali”, e perché acquistino il diritto di partecipare alla ripartizione degli utili, sono detti “creditori concorrenti”. Hanno diritto ad essere ammessi anche i creditori, che vantano dei crediti che ancora non sono scaduti, ma dopo la dichiarazione del fallimento, i creditori si ritengono tutti parimenti scaduti. Partecipano al ricorso anche i creditori condizionali, ossia coloro che per far valere i loro crediti hanno bisogno della realizzazione di un determinato obbligo principale. E dunque loro potranno soddisfarsi solo dopo che l’incertezza sul loro credito sarà sfatata. Coloro che diventano creditori del fallito solo dopo la dichiarazione di fallimento possono solo soddisfarsi dopo la fine della procedura fallimentare sui beni residui.

A) MASSA PASSIVA4.1. Il divieto delle azioni esecutive individuali Dal giorno della dichiarazione del fallimento, nessun creditore del fallito, può in nessuna maniera iniziare un procedimento di esecuzione e se questo è iniziato prima della denuncia di fallimento, il curatore potrà richiedere al giudice di bloccare tal esecuzione in maniera da procedere con quella concorsuale, perché è disposto che il curatore possa subentrare nella procedura singolare. Al principio dell’inammissibilità delle azioni procedurali, sono stati esposte delle eccezioni: A) dalla stessa legge fallimentare (art 53), la quale ammette che i creditori garantiti da qualche diritto di pegno o da altri benefici possono soddisfarsi su quel bene con la singola esecuzione;B) sempre dalla L fallimentare (art 104 ter) consente al curatore, se non è autorizzato dal comitato dei creditori, di non acquisire all’attivo fallimentare uno o più beni all’attivo del fallito, se la liquidazione appare troppo onerosa; e quei determinati beni poi andranno ad essere oggetto di azioni singolari verso quei determinati beni.C) dalla legislazione speciale, per cui alle banche, che hanno concesso finanziamenti fondiari all’imprenditore e agli esattori, è permessa l’esecuzione singolare. Secondo la giurisprudenza il ricavo delle somme che provengono dalla vendita forzata dall’esattore e dalle banche non è definitiva, per tanto essa sarà soggetta alla par condicio creditorum, operando tagli o addizioni per far ottenere a tutti i creditori un’equa ripartizione.

3.2. Il principio della par condicio creditorum Tale principio è fondamentale ed indica il diritto di ogni creditore ad essere soddisfatto in relazione al suo credito ricevendo la stessa percentuale degli altri creditori. Tale principio opera nei confronti dei creditori chirografari, ma non limita quei diritti spettanti ai creditori privilegiati, cioè quelli che hanno un pegno, un’ipoteca o un privilegio che garantisca il loro credito. Per la vendita del bene essi hanno diritto a essere soddisfatti anche con il rimborso delle spese e con gli interessi stabiliti dalla legge (art 54 L fall.), che nel caso di pegno attribuisce determinati interessi dell’anno in corso alla data della sentenza di fallimento e quelli successivamente maturati, fino alla vendita del bene (art 2788); per l’ipoteca gli interessi dei due anni anteriori alla sentenza di fallimento, e quelli successivi (art 2855). Per i crediti assistiti da privilegio se è speciale, si segue la disciplina del pegno, se è generale la decorrenza degli interessi cessa con il deposito del progetto di riparto in cui il credito è compreso. Se il bene soggetto al pegno, privilegio e ipoteca viene

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venduto e riesce a soddisfare tutti i creditori speciali, allora essi cessano di essere anche concorrenti, se invece non basta essi saranno alla pari per i loro residui agli altri creditori concorrenti, operando sulla base della par condicio creditorum, ricevendo una somma pari agli altri. Compensazione. Se il creditore a sua volta è debitore dal fallito per il suo credito si dà luogo alla compensazione, anche se il credito non è scaduto prima della dichiarazione di fallimento, e non opera se il credito era stato ceduto per atto inter vivos ad altri creditori.

3.3. La determinazione dell’importo dei crediti ai fini del concorsoTutti i crediti concorrenti devono essere valutati in denaro; i crediti chirografari pecuniari concorrono senza tener conto degli interessi, naturalmente alla fine del procedimento, coloro che avevano diritto agli interessi potevano pretenderli dal fallito (art 55 L fall.). Per i crediti non pecuniari la valutazione è fatta secondo gli indici attivi nella data di dichiarazione del fallimento. Regole particolari sono determinate per valutare il credito degli obbligazionisti di una società e i creditori di rendite perpetue o vitalizie. I crediti non scaduti, si considerano scaduti, ma se tali crediti erano infruttiferi, essi sono ammessi al passivo detraendo dagli stessi un interesse del 5% annuo. Coobbligazioni solidali. Se il creditore deve essere soddisfatto in solido da più coobbligati e sono tutti falliti, egli deve iscriversi a ogni fallimento (art 61). Tale coobbligazione torna a vantaggio dei creditori perché aumenta la sua probabilità a essere soddisfatto per l’intero. Se taluno degli obbligati ha diritto di regresso verso gli altri per aver pagato il creditore con il suo denaro potrà operare tale azione di regresso solo dopo che il creditore sia stato soddisfatto per l’intero. Se dei coobbligati, ne è fallito solo qualcuno, e il creditore ha ricevuto prima del fallimento da altri coobbligati una somma deve partecipare al fallimento solo per ottenere la somma residua (art 62). Se il coobbligato o fideiussore hanno diritto di regresso verso il fallito per aver anticipato la somma al creditore, possono insinuarsi nel fallimento per la somma versata ma il creditore avrà sempre il diritto di insinuarsi per la somma restante ma dovrà farsi assegnare oltre la propria somma anche quella del coobbligato o del fideiussore.

3.4. Il procedimento di accertamento dei crediti concorrenti. A) L’inizio del procedimento Il curatore tramite notizie utili e scritture contabili realizza l’elenco dei creditori, e poi comunica ai creditori concorsuali che da quel momento per diventare concorrenti avrebbero dovuto presentare domanda e depositarla in cancelleria nel tribunale. La domanda dovrà essere altamente completa senno il ricorso sarà dichiarato inammissibile dal giudice, e perciò dovrà contenere: il nome del creditore, il quantitativo del credito, il fallimento cui s’intende partecipare, il titolo da cui il credito deriva (art 93 L fall). Assieme al ricorso, dovranno essere presentati i titoli da cui il credito deriva. Tali procedure occorrono per permettere al curatore di presentare il progetto per lo stato passivo che deve essere esaminato nell’udienza di verifica. Se il credito risulta da crediti al portatore, il creditore può chiedere che il cancelliere prenda nota del numero del titolo e lo restituisca in maniera da poter realizzare i diritti derivanti dal titolo stesso.

3.5. B) La formazione e la verificazione dello stato passivoIl curatore esamina le domande e procede così alla formazione del progetto di stato passivo, che indica se i crediti sono fondati, se sussiste la prelazione o se non sono ammessi; dopo, tale documento è depositato in cancelleria (art 95). All’udienza il giudice esamina i veri crediti e con decreto motivato stabilisce: a)i crediti ammessi, specificando se ve ne sono di speciali, b) i crediti non ammessi, c) i crediti ammessi con riserva, distinguendo i crediti condizionali, quelli che non possono farsi valere verso il fallito se non si realizza l’escussione dell’obbligo principale (art 96 dopo di ciò si avrà un decreto in cui sarà stabilita l’escussione definitiva), e i crediti per cui la mancata produzione del titolo non è dipesa da loro stessi.

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Se l’esame dello stato passivo non può esaurirsi in un’unica udienza allora, il giudice ne rinvia la prosecuzione a non più di 8 giorni senza obbligo di avviso. Dopo il deposito del decreto di esecutività dello stato passivo con cui viene accertato chi sono i concorrenti, il giudice delegato può modificare la composizione del comitato dei creditori. L’efficacia endofallimentare è prescritta sia per i decreti ammessi o meno dei creditori, che per i decreti con cui il tribunale si pronuncia contro le decisioni del giudice delegato (art 96).

3.6. C) Le opposizioni e le impugnazioni avverso lo stato passivoIl curatore subito dopo la dichiarazione di esecutività deve dare notizia del deposito in cancelleria del decreto a tutti coloro che hanno realizzato domanda d’insinuazione (art 97). Entro 30 giorni dal ricevimento di suddetta comunicazione, possono essere presentate:a) le opposizioni da parte dei creditori esclusi, in tutto o in parte,b) le impugnazioni da parte del curatore e dei creditori che chiedono l’esclusione di altri creditori ammessi.Tali domande devono essere presentate entro 30 giorni dalla comunicazione dell’esito della domanda d’insinuazione, mediante ricorso al tribunale fallimentare (art 99). In calce al ricorso il presidente del tribunale appone un decreto, in cui fissa l’udienza di apparizione in camera di consiglio entro 60 giorni dal deposito del ricorso; ed entro 10 giorni dalla comunicazione del decreto presidenziale, il ricorrente deve notificare decreto al curatore, al fallito e all’eventuale creditore contestato (art 99 L. fall). Finita l’istruttoria, il tribunale decide con decreto motivato non appellabile, ma eventualmente ricorribile in cassazione.

3.7. La revocazione dei crediti ammessiIn caso in cui un creditore è stato escluso o omesso per dolo o colpa o per mancata conoscenza di documenti decisivi a causa non imputabile al creditore, questo stesso o il curatore possono realizzare una domanda di revoca del provvedimento, che viene deciso dal tribunale in camera di consiglio. Non occorre la revoca per piccoli errori che vengono, invece, aggiustati dallo stesso giudice delegato.

3.8. Le dichiarazioni tardive dei creditiLe domande di ammissione dei crediti si considerano tardive se sono state presentate entro il termine successivo ai 30 giorni precedenti all’udienza, ma non possono superare i 12 mesi dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo (ma possono essere ammesse per errore non imputabile al creditore). Il giudice delegato per l’esame delle domande tardive deve fissare un’udienza ogni 4 mesi.

3.9. La decisione di non procedere all’accertamento del passivoQuando risulta che non può essere accumulato attivo a sufficienza per distribuirlo ai creditori insinuati, allora il curatore può fare domanda al tribunale affinché non si proceda all’accertamento del passivo. Il tribunale sentito il comitato e il fallito può emanare un decreto per disporre il non procedimento verso l’accertamento del passivo. Il curatore comunica il decreto ai creditori insinuati e questi possono opporre reclamo alla corte per i 15 giorni successivi.

3.10. Crediti della massa prededucibiliQuesti sono coloro che sono diventati creditori perché, in seguito al fallimento hanno portato avanti l’esercizio provvisorio dell’impresa. Tutti costoro sono prededucibili, e così se i loro crediti saranno liquidi, esigibili e non contestati saranno pagati prima dei creditori stessi, sempre se il loro passivo potrà essere tale da soddisfare loro e gli altri creditori. Anche i crediti di massa possono essere soggetti a verifica quando ne sia contestata la collocazione o la misura (art 111-bis L fall). Essi vengono liquidati dal giudice delegato e contro tale provvedimento può essere proposto reclamo al tribunale.

B) MASSA ATTIVA

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3.11. I beni compresi nella massa attiva Tutti i diritti sui beni, appartenenti al fallito alla dichiarazione del fallimento fanno parte della massa attiva fallimentare (art 42 L fall). Fanno eccezione:a) i diritti di natura strettamente personale, e quindi i diritti non patrimoniali,b) i diritti ad assegni di carattere alimentare,c) i diritti sulle cose non soggette a pignoramento.Rapporti familiari. I diritti sui beni dei figli del fallito non possono essere intaccati, salvo che nel fallimento facciano insinuazione dei creditori che abbiano dei diritti precisi su quei determinati beni. Per i beni soggetti alla comunione legale, al momento del fallimento la comunione legale si scioglie (art 191 cod civ), e così si ripartisce l’attivo e il passivo fra i coniugi, tant’è che viene ammessa alla massa solo la parte del fallito. Altri beni. Se non è conveniente far concorrere taluni beni alla massa attiva allora questi possono essere esonerati.Beni sopravvenuti. Coloro che sono divenuti creditori dopo il fallimento non possono soddisfarsi se non prima lo fanno i creditori concorrenti. Anche riguardo ai beni sopravvenuti essi possono essere esonerati se i costi della liquidazione appaiono poco convenienti. Diritti in opponibili al fallimento. Se il fallito prima del fallimento ha trasferito a terzi diritti che vadano a ricadere sulla massa attiva negativamente, tali trasferimenti verranno annullati qualora ancora non abbiano il requisito dell’opponibilità ai creditori. Spossessamento. Tutti gli atti del fallito compiuti dopo il fallimento, ancorché validi fra le parti sono in opponibili al fallimento. Tra questi rientrano anche i pagamenti fatti dal fallito o quelli che ha ricevuto. In seguito allo spossessamento il fallito non può stare in giudizio tranne che non vi sia a suo carico un’imputazione di bancarotta e dovrà consegnare al curatore tutta la corrispondenza che riguardi le questioni patrimoniali. Assistenza del fallito. I diritti sui beni facenti parte della massa attiva sono destinati al soddisfacimento dei creditori, ma, un sussidio alimentare può essere concesso con decreto del giudice delegato, sentiti i creditori e il curatore (art 47 L. Fall.). La casa di abitazione del fallito se serve come abitazione per lui e la sua famiglia può essere esonerata.

3.12. Atti pregiudizievoli per i creditori. L’azione revocatoriaSecondo l’attuale legislazione, il fallito dovrebbe essere dichiarato fallito, non appena cade in insolvenza. Ciò molto spesso non accade, poiché l’imprenditore cerca di risanare la situazione, o perché cerca di compiere atti favorevoli per alcuni creditori e sfavorevoli per altri: così se il fallito ha compiuto degli atti simulati, il curatore potrà chiedere l’accertamento della simulazione al tribunale che, se la giudicherà reale, l’acquirente sarà costretto a riconsegnare il bene che era uscito solo fittiziamente dal patrimonio. Azione revocatoria fallimentare. Se gli atti sono stati realmente compiuti dal fallito, essi sono inefficaci ope legis se arrecano pregiudizio ai creditori:1)gli atti essendo inefficaci ope legis, possono essere alienati dal curatore per soddisfare i creditori concorrenti. Ma se ciò viene contestato da terzi, il curatore agirà in giudizio per munirsi di una sentenza dichiarativa della revoca legale. Gli atti inefficaci ope legis sono:

a)Atti a titolo gratuito, che siano stati compiuti nei due anni anteriori al fallimento, esclusi quelli fatti per scopi di liberalità, o per regali d’uso. b)Pagamenti anticipati, compiuti dal fallito nei due anni precedenti al fallimento, anche se in quel momento il fallito non era insolvente.

2)Per altri atti che affinché essi divengano inefficaci nei confronti del creditore occorre che vi sia una sentenza di revoca e che siano atti revocabili. Per gli atti anormali, per ottenere la sentenza, occorre che

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essi siano stati compiuti dal fallito entro un certo termine e che appartengano a determinate categorie. Il fatto che egli abbia compiuto tali atti, fa presumere che esso sia in stato d’insolvenza e che l’altro contraente fosse a conoscenza di tale stato. Tali presunzioni sono relative, e solo se provate dal curatore, possono essere revocate. Tali atti sono:

a) Atti con prestazioni sproporzionate, cioè ove la prestazione del fallito supera di un quarto il valore di quella da lui promessa, per essere revocata deve essere stata compiuta a un anno anteriore al fallimento. b) Pagamenti con mezzi anormali, ad esempio con merci anziché con liquidi, sono revocabili solo se compiuti a un anno anteriore al fallimento. c) Garanzie per debiti non scaduti, in tali ipotesi si dà al creditore il vantaggio di farlo divenire creditore privilegiato pur non avendo alcuna necessità di soddisfare il suo credito.d) Garanzie per debiti già scaduti, e cioè pegni, anticresi e ipoteche sia volontarie sia giudiziarie costituite nel semestre anteriore alla dichiarazione di fallimento.

3) vi sono anche atti considerati normali anche per un imprenditore commerciale, che possono essere revocati se il curatore riesce a provare che il terzo conosceva lo stato d’insolvenza del debitore. Tali atti sono (art 67 L fall.):

a) Pagamenti di debiti liquidi ed esigibili. Sono anche revocabili i crediti avvenuti tramite intermediari specializzati, in tal caso l’azione viene intentata nei confronti del destinatario della prestazione e non dell’intermediario. Non è revocabile il pagamento di un debito cambiario quando il fallito era debitore principale, ma se il curatore prova che, l’ultimo obbligato di regresso conosceva lo stato d’insolvenza del fallito deve versare la stessa quota della cambiale al curatore per poterla utilizzare nella massa attiva. Non è revocabile nemmeno nel factoring, salvo che il curatore non provi che il cedente era in grado di conoscere lo stato d’insolvenza del debitore ceduto.b)Atti di prelazione per debiti anche di terzi creati contestualmente;c)Atti a titolo oneroso, particolare disciplina è concessa per il factoring se il curatore è in grado di provare che il cessionario era a conoscenza dello stato d’insolvenza del cedente quando ha eseguito il pagamento. Non è realizzabile la revoca quando è avvenuta ad opera del fallito per gli atti compiuti dal fallito con l’istituto di emissione e con le banche.

Azione revocatoria ordinaria. Tutti gli atti pregiudizievoli che non rientrano nelle categorie recedenti possono essere revocati dopo un giudizio intentato dal curatore con la pronuncia di un’azione revocatoria ordinaria, senza però alcuna facilitazione probatoria (art 66 L fall). Credito del terzo. Nel caso di revoca del pagamento a titolo oneroso, il terzo che ha subito la revoca è ammesso al passivo fallimentare.Decadenza. L’azione revocatoria si prescrive in 5 anni (art 2903). Ma, in caso di fallimento si hanno termini di decadenza che non possono superare i tre anni dalla dichiarazione di fallimento, e solo dopo 5 anni dal compimento dell’atto pregiudizievole.Non vi è prescrizione per gli atti che sono inefficaci ope legis.

3.13. Atti dispositivi esclusi dalla revocatoriaAnche se compiuti, nei periodi indicati dall’art 67 della L fall., non sono soggetti all’azione revocatoria gli atti:a) i pagamenti effettuati dall’imprenditore nei termini d’uso.

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b) le rimesse (i versamenti fatti dal fallito) sul conto corrente bancario, purché non sia stata ridotta in maniera consistente l’esposizione debitoria, in tal caso la banca deve restituire una somma pari alla differenza dell’ammontare raggiunto dall’esposizione debitoria del fallito quando è provata dal curatore la conoscenza dello stato d’insolenza da parte della banca.c) gli atti di vendita, e i preliminari di vendita regolarmente iscritti e conclusi a giusto prezzo per l’immobile a uso abitativo che sia destinato ad essere l’abitazione principale dell’acquirente e dei parenti.d) gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse in esecuzione di atti aventi ad oggetto un piano per il risanamento dell’azienda.e) gli atti per l’esecuzione di un concordato preventivo e della ristrutturazione del debito omologata dal tribunale, tale da poter evitare il fallimento.f) i pagamenti dei corrispettivi per prestazioni di lavoro effettuati da dipendenti e da altri collaboratori.

3.14. Azione revocatoria avverso gli atti compiuti tra i coniugiPer evitare che gli stretti rapporti fra i coniugi vadano a celare degli accordi che portino a danneggiare i creditori fallimentari, il legislatore ha stabilito che tutti gli atti indicati dall’art 67 L fall, sono revocati se compiuti tra i coniugi, tranne se il fallito non dà la prova che all’epoca non era tale. La revoca opera anche per gli atti a titolo gratuito. Nell’ipotesi di comunione legale la revoca opera anche sulla parte dell’altro coniuge, sui beni che appartengono ad entrambi qualora, per l’acquisto sia stato provato che il fallito abbia fatto una donazione. Anche la costituzione del fondo legale è soggetta a revoca qualora si provi che sia avvenuta nei precedenti due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento.

3.15. I diritti spettanti a terzi sui beni posseduti dal fallitoIl giudice delegato può disporre la restituzione di quei beni, sui quali i terzi vantano un diritto reale o personale, e il curatore deve realizzare un elenco di tali soggetti con i relativi diritti. I terzi che possiedono tali diritti devono presentare domanda di restituzione proprio come i creditori che devono determinare la restituzione. Il procedimento di verifica delle domande si svolge nello stesso modo di quello stabilito per la verifica dei crediti correnti: pertanto il curatore comunica a tutti i proprietari di tali diritti le informazioni contenute nella domanda e poi fa l’elenco che sarà esaminato dal giudice delegato. Contro di esso possono essere presentate al tribunale delle impugnazioni e delle opposizioni. Sono ammissibili anche le domande tardive, se il richiedente prova che il ritardo non gli è imputabile. Se il curatore ha perso il possesso del bene, allora l’avente diritto alla restituzione diventa creditore di massa e non corrente (art 103 L fall.)

C) GLI EFFETTI DEL FALLIMENTO: RAPPORTI GIURIDICI IN CORSO DI ESECUZIONE4. La disciplina generale dei rapporti giuridici in corso di esecuzioneNumerose disposizioni sono dettate dalla L fallimentare per i rapporti a prestazioni corrispettive derivanti da contratti opponibili al fallimento, che alla data del fallimento non sono stati eseguiti da nessuna delle parti. Difatti se il rapporto è già stato eseguito in parte dal fallito e non dall’altro contraente in bonis si è in presenza di un credito del fallito che fa parte della massa attiva, e di cui il curatore provvederà all’esecuzione, se invece l’altro contraente in bonis ha realizzato una prestazione, allora potrà presentare domanda di ammissione al passivo e diventare creditore concorrente. Ma se non ha ancora realizzato la prestazione nessuno dei due, allora si ha la sospensione dell’esecuzione che dura sino a quando il curatore non deciderà o di subentrare nel rapporto o ancora di sciogliere il medesimo, ciò non si applica ai rapporti con effetti reali ove è già stata realizzata la consegna del bene e dunque il curatore deve consegnare il bene e prendere il prezzo già pattuito (art 72 L fall). Se la sospensione cessa per il sub ingresso del curatore, allora il terzo ha l’obbligo di eseguire il contratto, divenendo per il corrispettivo creditore della massa, se invece si ha il termine della sospensione per lo scioglimento del contratto, il terzo ha solo il diritto ad insinuare nel passivo il credito, conseguente al mancato adempimento (art 72 L fall). Sino a quando la

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sospensione non è cessata, il contraente in bonis mette in mora il curatore, chiedendo al giudice curatore di assegnargli un termine non superiore a 60 giorni, entro cui lo stesso curatore dovrà comunicargli la scelta, trascorso tale periodo il contratto si ritiene concluso. Se il contraente in bonis ha intentato l’azione di risoluzione per inadempimento prima del fallimento, la risoluzione opera anche nei confronti del curatore, e se il contraente in bonis vuole ottenere la restituzione del bene, o la somma del danno, dovrà proporre un’apposita domanda d’insinuazione al passivo (art 72 L fall).

4.1. Vendita. Somministrazione. Contratti di borsa a termineLa disciplina esposta nel precedente paragrafo si applica anche nel rapporto di compravendita. Regole particolari sono previste nella vendita con riserva di proprietà: il fallimento del venditore non è causa di scioglimento del contratto; mentre nel fallimento del compratore, e il curatore vuole subentrarvi nel contratto, allora il venditore può pretendere che il curatore dia la cauzione o paghi il prezzo con lo sconto dell’interesse legale: se invece vuole sciogliere il contratto può pretendere solo un equo compenso per l’uso, e deve restituire le rate già riscosse. Se la vendita ha ad oggetto una cosa mobile, e questa ancora non è in possesso del compratore, il venditore potrà riprendere il possesso e mettersi nella condizione di chi non ha eseguito la sua prestazione. Per i contratti preliminari, la disciplina della sospensione opera come per i contratti principali, salvo che essi abbiano ad oggetto un bene immobile ad uso abitativo destinato all’abitazione principale dell’acquirente. Quando si tratta di un preliminare di vendita di un immobile trascritto prima della dichiarazione di fallimento, il contraente, qualora il curatore voglia sciogliersi, ha il diritto ad insinuare al passivo il proprio credito, in via privilegiata (art 72 L fall). Se il contratto ha per oggetto il trasferimento di un immobile ancora da costruire, dovendo tali contratti essere garantiti da una fideiussione bancaria, qualora il curatore decida di sciogliere il contratto, il contraente venditore potrà riscuotere la fideiussione bancaria. Ai contratti ad esecuzione continuata o periodica e anche ai contratti di somministrazione e alle vendite a consegne ripartite, si applicano gli stessi principi della vendita e il curatore, se subentra nel rapporto, deve essere pagato integralmente il prezzo delle consegne e dei servizi già prestati. Nei contratti di borsa a termine, invece, se il termine scade dopo il fallimento di uno dei due contraenti, il rapporto si scioglie alla data del fallimento realizzando la differenza tra il prezzo pattuito nel contratto e quello dei titoli in quella determinata data. Se il prezzo è a favore del fallimento (cioè se il fallito era compratore e adesso il prezzo è salito, o era venditore e il prezzo è disceso e lui adesso è creditore), la somma è versata dall’altro concorrente al curatore, se invece il debitore è fallito, per la somma corrispondente l’altro contraente è ammesso al passivo.

4.2. Altri rapporti giuridiciLo scioglimento ha effetti ex nunc dalla data di dichiarazione del fallimento.1) lo scioglimento ope legis si ha per i rapporti di conto corrente ordinario, conto corrente bancario e commissione, trattandosi di rapporti incompatibili con la situazione d’indisponibilità in cui si è venuto a trovare il patrimonio dell’imprenditore. Nel mandato è predisposto lo scioglimento ope legis solo se il fallito è il mandatario, mentre per il fallimento del mandante si ammette che il curatore possa subentrare nel contratto. Tuttavia lo scioglimento del mandante non provocherebbe lo scioglimento del mandato in rem propriam, giacché in tale ipotesi la sentenza di fallimento non inciderebbe sul diritto del mandatario ad eseguire il mandato al quale è interessato. Lo scioglimento anticipato si ha anche nel caso di associazione in partecipazione, nel caso del fallimento dell’associante, cioè del titolare dell’impresa: se il conferimento dell’associato ha un valore uguale a quello delle perdite, non si hanno altre conseguenze, se è superiore per l’esubero può diventare creditore, se è inferiore, può emettere un decreto ingiuntivo con cui gli si ordina la prosecuzione di versare la differenza. A causa del fallimento di una delle parti si ha anche lo scioglimento

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del rapporto d’appalto, ma il curatore dietro autorizzazione del comitato dei creditori può subentrare nel rapporto, tranne nel caso di fallimento dell’appaltatore. 2) di altri rapporti, salvo patto contrario, non si richiede lo scioglimento a causa di fallimento, come nel caso di assicurazione contro i danni, ove il credito dell’assicuratore per i premi non pagati deve essere soddisfatto integralmente. Nel rapporto di locazione degli immobili, nel caso di fallimento del locatore, se il contratto ha una durata residua superiore a 4 anni, il curatore entro un anno dalla sentenza può recedere dalla locazione corrispondendo un equo indennizzo. Non si ha scioglimento nell’affitto d’azienda salvo che le parti non recedano entro 60 giorni col versamento di un equo indennizzo (art 79 L fall). Per il contratto di leasing, in caso di fallimento della società di leasing il contratto non è sciolto, poiché l’utilizzatore ha la facoltà di acquisire alla scadenza del contratto la proprietà del bene, nel caso di fallimento dell’utilizzatore si hanno simili effetti rispetto alla disciplina del compratore. Nel caso del rapporto di edizione, il fallimento dell’editore non ne determina la risoluzione, ma il rapporto si scioglie entro l’anno dalla dichiarazione di fallimento se il curatore non continua l’esercizio dell’impresa o non cede il rapporto a un altro editore. Malgrado il fallimento di chi ha ceduto l’impresa, il rapporto di factoring prosegue, ma il curatore può recedere dalle cessioni relative ai crediti non ancora sorti alla data del fallimento, restituendo al cessionario il corrispettivo delle cessioni che a suo tempo aveva pagato al cedente (art 7 L 52/1991).

4.3. Effetti patrimoniali per il fallito: effetti patrimonialiGli effetti nei confronti del fallito possono essere: patrimoniali, personali e penali.Per quanto riguarda quelli patrimoniali, con la dichiarazione di fallimento il fallito perde l’amministrazione e la disponibilità (ma non la proprietà) dei suoi beni, che passano al curatore, quale amministratore del patrimonio fallimentare.

4.4. Effetti personali e penaliIl fallimento produce anche effetti che colpiscono la persona del fallito, distinguibili in due punti: il fallito vede limitati alcuni diritti civili garantiti dalla Costituzione (il diritto al segreto epistolare e il diritto alla libertà di movimento); un secondo gruppo di limitazioni riguarda le capacità civili del fallito.La dichiarazione di fallimento espone infine il fallito a sanzioni penali. I principali reati fallimentari sono: bancarotta fraudolenta (comprende una serie di fatti caratterizzati dal dolo dell’imprenditore, es. occultamento di beni; distruzione o falsificazione delle scritture contabili); la bancarotta semplice (riguarda fatti commessi dall’imprenditore solo con colpa, es. spese personali eccessive rispetto alla condizione economica); il ricorso abusivo al credito (è il reato di chi ricorre o continua a ricorrere al credito dissimulando il proprio dissesto).

4.5. Effetti del fallimento per i creditoriIl fallimento è diretto a soddisfare, secondo il principio della parità di trattamento, tutti coloro che sono creditori del fallito al momento della dichiarazione del fallimento. Dalla data di apertura del concorso di fallimento, i creditori del fallito diventano creditori concorsuali. In seguito all’accertamento giudiziale del loro credito diventano creditori concorrenti. I creditori concorrenti non sono però tutti sullo stesso piano, dato che il fallimento non fa venir meno le cause legittime di prelazione precedentemente acquisite.Sono creditori della massa(coloro che diventano creditori dopo la dichiarazione di fallimento) coloro i cui crediti devono essere soddisfatti in prededuzione, cioè prima dei creditori concorrenti e per intero.

Si attuano dei divieti di azioni individuali per evitare la disparità di trattamento, divieto di iniziare azioni esecutive sui beni compresi nel fallimento e di effettuare azioni individuali di accertamento del credito.

4.6. Effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli ai creditori.

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Di regola intercorre un certo intervallo di tempo fra il momento in cui si manifesta lo stato d’insolvenza e quello in cui il fallimento è dichiarato. In tale periodo l’imprenditore, nel tentativo di far fronte alla crisi o di mascherarla, può aver compiuto una serie di atti di disposizione che alterano l’integrità del proprio patrimonio e arrecano pregiudizi ai creditori. Intervenuto il fallimento sorge perciò l’esigenza di tutelare la massa dei creditori contro tali atti neutralizzando il pregiudizio loro arrecato.Si applica l’azione revocatoria e il curatore può chiedere l’inefficacia di tutti gli atti dell’imprenditore in stato di insolvenza che creano pregiudizio per i creditori, e si ha: la revocatoria di diritto (chiesta dal creditore nei confronti del debitore: il curatore non deve dimostrare niente e il terzo è tenuto a restituire quanto ha ricevuto), e la revocatoria giudiziale (chiesta dal giudice: per gli atti anormali è il terzo che deve provare la sua ignoranza, per gli atti normali è il curatore a dover dimostrare la conoscenza dello stato di insolvenza).

4.7. Gli effetti del fallimento sui contratti in corso d’esecuzioneL’imprenditore fallito è di regola al centro di una trama di rapporti contrattuali che non hanno ancora avuto esecuzione (o esecuzione integrale) al momento della dichiarazione di fallimento.Vi è un gruppo di contratti che si scioglie di diritto a seguito delle dichiarazioni di fallimento, con conseguente definizione delle posizioni reciproche a tale momento: i contratti di borsa a termine su merci o titoli; l’associazione in partecipazione; i contratti di conto corrente ordinario e bancario, commissione e mandato nel caso di fallimento del mandatario; contratto d’appalto.Vi è un secondo gruppo di contratti che continua nonostante il fallimento di una delle parti, in quanto per legge tali contratti sono ritenuti vantaggiosi per la massa dei creditori. Il curatore subentra nel contratto e dovrà adempiere per l’intero e in prededuzione le relative obbligazioni.Rientrano in tale categoria: la locazione di immobili, l’affitto di azienda, l’assicurazione contro i danni, cessione di crediti d’impresa (factoring), leasing finanziario.Riguarda i rapporti sorti prima della dichiarazione di fallimento e non conclusi, si può prevedere:- scioglimento ex lege: contratti di mandato, società e rapporto di socio nelle società di persone, conto corrente, commissione, appalto (se il curatore non interviene)- sub ingresso automatico: contratti di locazione di immobili, di assicurazione, di edizione e di factoring- sospensione: la decisione spetta al curatore e si distingue se il fallito è il compratore o se è il venditore o se la vendita è a rate con riserva di proprietà- rapporto di lavoro: è sospeso salvo diversa disposizione del curatore.Se ci sono dubbi o non c’è analogia, si applica la sospensione.

4.8. L’accertamento del passivoL’accertamento del passivo costituisce la fase centrale e più delicata della procedura fallimentare nella quale emergono i conflitti fra i creditori, e fra questi e il fallito. Essa è, infatti, diretta ad accertare quali creditori hanno diritto a partecipare alle ripartizioni dell’attivo, l’ammontare dei loro crediti e le eventuali cause di prelazione. Con l’ammissione al passivo i creditori da concorsuali diventano concorrenti.

4.9. Liquidazione e ripartizione dell’attivo. Ripartizioni parziali; rendiconto del curatore; riparto finaleLa liquidazione dell’attivo è rivolta a convertire in denaro i beni del fallito per soddisfare i creditori, mediante la vendita forzata dei beni acquisiti alla massa fallimentare. La legge dedica una particolare tutela per la liquidazione per conservare la struttura, l’avviamento, ma soprattutto i posti di lavoro.Alla liquidazione provvede il curatore il quale, entro 60 giorni dalla redazione dell’inventario, predispone un programma di liquidazione, ove si pianificano le modalità e i termini previsti per la realizzazione dell’attivo; nel quale saranno rappresentati anche la possibilità di una cessione unitaria dell’azienda, la cessione in blocco di rapporti giuridici, di rami dell’azienda; e solo se ciò non sarà possibile, allora il giudice delegato dovrà predisporre la liquidazione dei singoli beni.

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La cessione dell’azienda del fallito. Il prezzo della cessione può essere pagato dall’acquirente anche mediante l’accollo dei debiti fallimentari, purché non venga alterata la graduazione. Inoltre, l’acquirente non risponde dei debiti aziendali sorti prima del trasferimento; e se il curatore cede in blocco attività e passività aziendali, delle passività non deve più risponderne. La cessione dei crediti aziendali è efficace nei confronti dei terzi dal momento dell’iscrizione del trasferimento nel registro delle imprese (art 2556), e il debitore ceduto è liberato solo se paga in buona fede il curatore. Le garanzie sui debiti ceduti conservano la loro validità nel trasferimento e conservano pure il loro grado. Il curatore può cedere l’azienda, facendo oggetto di trasferimento una o più società di nuova costituzione.Modalità delle operazioni di vendita. Salvo che si tratti di beni di modesto valore, la liquidazione dell’attivo fallimentare deve procedere per via concorsuale, partendo da un determinato prezzo venuto fuori dalla stima di un esperto. Il curatore può sospendere la vendita se gli viene offerto un prezzo maggiore del 10% dal prezzo fissato. Degli esiti della competizione sono informati il giudice delegato e il comitato dei creditori, depositando in cancelleria la documentazione, e qualora l’offerta sia parsa iniqua rispetto al valore dell’oggetto, la vendita può essere bloccata (art 108 L Fall). Per realizzare il valore, il curatore deve cedere anche i crediti del fallito o stipulare contratti di mandato per la loro riscossione. Se alla data del fallimento sono attive procedure di esecuzione nei confronti del debitore, il curatore può subentrarvi ovvero può fare istanza per impedire al curatore la procedibilità.Riparto parziale. Se il giudice non ha stabilito un termine differente, ogni 4 mesi il curatore deve presentare un progetto di riparto delle somme immobiliari (venute fuori dalla vendita degli immobili, dai loro frutti e pertinenze) e mobiliari (dalle entrate del fallimento) tra tutti i creditori. Nel preparare il progetto di ripartizione il curatore dovrebbe tenere presente i seguenti principi (artt 111 e 113 L fall): a) occorre soddisfare in primis i creditori di massa che non sono stati pagati alla scadenza dei loro crediti, b) su quanto è stato ricavato dalla vendita di un determinato bene, bisogna soddisfare i creditori che hanno diritto di prelazione sul bene stesso, c) il resto va distribuito fra tutti gli altri creditori ammessi al passivo sulla base dei loro crediti. In ogni ripartizione parziale non può essere superato l’80% delle somme distribuibili, anzi tale percentuale può essere ridotta, in modo da ricevere tutti la stessa percentuale, e da dedurre le quote che spettano ai creditori incerti; d) devono essere accantonate le somme utilizzate per pagare il curatore e tutte le spese della procedura fallimentare.Il giudice ordina il deposito del progetto di riparto in cancelleria disponendo che tutti i creditori siano avvisati, ed entro il termine perentorio di 15 giorni, i creditori possono proporre reclamo al giudice delegato che dispone l’accantonamento dei crediti incerti e di quelli oggetto di contestazione. Il curatore provvederà al pagamento delle somme non contestate e tali pagamenti non sono soggetto di ripartizione, salvo non vi sia stato l’accoglimento della domanda di revocazione.Rendiconto del curatore. Prima del riparto finale il curatore presenta al giudice il rendiconto ove deve esserci l’illustrazione di tutti i criteri seguiti dal curatore per lo svolgimento dell’amministrazione e la ragione delle scelte adottate (art 116 L Fall). Il giudice ordina il deposito del rendiconto in cancelleria e fissa l’udienza e di ambedue gli eventi deve essere data immediata comunicazione al fallito e agli altri creditori (art 116), se nell’udienza sorgono contestazioni e non vengono risolte, allora saranno rimesse le parti in giudizio camerale.Riparto finale. Il giudice ordina il riparto finale dopo che sia stato approvato il rendiconto del curatore e dopo che sia stato liquidato lo stesso (art 117). Le somme che in sede di ripartizioni parziali erano in sospeso allora vengono divise tra tutti i creditori concorrenti senno vengono aggiudicati al creditore se si è realizzata la condizione sospensiva. Tuttavia, se rimangono ancora in sospeso ciò non ostacola la chiusura del procedimento fallimentare (art 117 L Fall).

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4.10. La cessazione del fallimentoSalvo il caso di concordato fallimentare, il fallimento si chiude per una delle seguenti cause: mancata presentazione tempestiva di domande di ammissione allo stato passivo; pagamento di tutti i creditori e di tutti gli altri debiti e le spese; la ripartizione integrale dell’attivo; esaurimento o mancanza o insufficienza dell’attivo.Con la chiusura del fallimento, che è pronunciata con decreto motivato del tribunale, cessano gli effetti del fallimento sul patrimonio del fallito, decadono gli organi fallimentari e i creditori acquistano il libero esercizio delle proprie azioni verso il debitore per la parte non soddisfatta dei loro crediti. Contro il decreto di chiusura ogni interessato può fare opposizione.Il decreto di esdebitazione. Se il fallimento non è stato chiuso con il pagamento integrale di tutti i crediti, allora il debitore rimane obbligato al pagamento, salvo che il tribunale, insieme alla sentenza della cessazione del fallimento non emani (anche entro un anno dalla cessazione) il decreto di esdebitazione, ossia tutti i crediti rimasti inappagati diventano ineseguibili, salvo che contro i fideiussori o i coobbligati. La concessione dell’esdebitazione è concessa quando: a) nel fallimento sono stati soddisfatti i creditori concorsuali, b) che il fallito abbia tenuto un comportamento corretto nel corso del procedimento concorsuale, cooperando con gli organi fallimentari. Non può essere concessa quando: a) è stata concessa un’altra esdebitazione nei primi 10 anni, b) non deve essere stato cagionato o aggravato il proprio dissesto, c) non deve essere stato condannato per bancarotta fraudolenta o altri delitti contro il patrimonio.La riapertura del fallimento. Quando la chiusura del fallimento è stata determinata per insufficienza del passivo o per esaurimento dello stesso e non vi è stata esdebitazione, il fallito se dimostra di poter pagare il 10% dei debiti per i crediti vecchi e nuovi, o anche il creditore, se dimostra l’esistenza di attività nel patrimonio del fallito, possono richiedere l’apertura del fallimento (art 121 L Fall). Tale apertura viene realizzata con la pronuncia della sentenza richiamando il giudice delegato e il curatore e determinandone la pubblicità in maniera da poter determinare la partecipazione dei creditori vecchi, nel limite del credito non pagato, e dei nuovi creditori. Per gli atti del fallito pregiudizievoli per i creditori, sono annullati tutti quelli che siano stati compiuti nei due anni o nel semestre precedente all’apertura del fallimento eccetto le donazioni.

4.11. Il concordato fallimentareÈ un modo di chiusura del fallimento che consente all’imprenditore fallito di chiudere definitivamente i rapporti passati attraverso il pagamento parziale dei creditori o altra forma di ristrutturazione dei debiti, ottenendo nel contempo la liberazione dei beni soggetti alla procedura fallimentare. Il concordato fallimentare può perciò giovare sia al fallito sia ai creditori.Il concordato consente quindi al fallito di sanare definitivamente i propri debiti attraverso una sorta di accordo con il ceto creditorio, che può prevedere il pagamento anche parziale dei debiti, la dilazione o ristrutturazione degli stessi. Consente inoltre la liberazione dei beni sottoposti allo spossessamento fallimentare e non espone alle possibili conseguenze penali connesse al fallimento.Tale progetto deve essere presentato nei 6 mesi successivi al fallimento o anche sino ai 2 anni, ciò proprio per indurre il debitore a evitare il fallimento stesso. I creditori possono essere suddivisi in varie classi e quelli speciali possono essere soddisfatti con un equivalente rispettivo alla vendita del bene su cui vantano un privilegio, e dunque non essendo soddisfatti integralmente per la parte restante, sono chirografari (art 127). Solo quando la proposta è presentata da uno o più creditori o da un terzo, costoro potranno richiedere la cessione anche delle azioni giudiziarie che spettano al fallimento. Inoltre all’interno del

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progetto possono esservi delle limitazioni, ad es. il fatto che saranno soddisfatti solo coloro che erano ammessi all’attivo, e verso gli altri eventuali creditori a rimanere obbligato è il fallito, salvo la concessione del beneficio dell’esdebitazione.Votazione e approvazione del concordato. Per approvare il concordato, il giudice delegato deve chiedere il parere del curatore e del comitato dei creditori che ha un parere vincolante. Se la proposta prevede delle condizioni, esse devono essere votate dal tribunale, il quale deve giudicare la divisione per classi e deve giudicare le ragioni dei trattamenti differenziati tra creditori appartenenti a classi differenti (art 125). Se la pronuncia è negativa, allora la proposta non è trasferita al comitato, se è positiva e vi è il parere favorevole del curatore, la proposta è comunicata con un decreto ai creditori che dovranno votare, e il loro voto, qualora non sarà effettuato, sarà preso come assenso (art 125). Coloro che sono ammessi al voto, se è già esecutivo lo stato passivo, sono: i creditori ammessi anche se con riserva, e in mancanza dell’ammissione del passivo, coloro che risultano dall’elenco provvisorio. Non sono ammessi: a) i creditori a cui è stato ceduto il credito dopo la dichiarazione di fallimento, salvo che i cessionari siano intermediari bancari o finanziari, b) i creditori che siano il coniuge o i parenti o affini entro il terzo grado, c) i creditori garantiti da privilegio quando è previsto che essi siano pagati integralmente, salvo che non rinuncino al privilegio e il loro voto deve essere esplicito, e nel caso in cui il concordato venga meno loro riacquisteranno il loro privilegio. Il concordato è approvato se votano a favore i creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti, se vi sono classi, il voto è approvato se detta maggioranza si rispecchia anche nel maggior numero di classi (art 128). L’omologazione del concordato. Trascorso il termine stabilito per la votazione, il curatore ne riferisce l’esito al giudice delegato, affinché ne richieda l’omologazione al fallito e ai creditori dissenzienti che, possono opporsi all’omologazione del decreto entro il termine fissato (da 15 a 30 giorni). Se nel giorno fissato dal giudice, non arrivano opposizioni, il tribunale, verificata la regolarità della procedura, ed omologa il concordato, con decreto motivato senza reclamo. Se invece sono state fatte opposizioni, queste saranno decise in base all’art 26 L Fall; in base al quale le parti possono difendersi e comparire all’apposita udienza in seduta camerale; ma se il giudice non ravvede altra possibilità, se non quella del concordato per appagare le richieste, allora procede all’omologazione, e tale decreto sarà reclamabile in corte d’appello, ove il procedimento si svolge in forma camerale con decreto ricorribile in Corte di Cassazione (art 131).Gli effetti del concordato. Omologato il concordato e reso esecutivo, il curatore fornisce al giudice il rendiconto generale onde si proceda alla sua approvazione. Determinata la chiusura del fallimento, restano però in carica il curatore, il giudice delegato e il comitato per il controllo della gestione del concordato; difatti le somme devono essere consegnate nei modi prestabiliti dal giudice stesso. Ai creditori che non si sono insinuati prima della chiusura non si estendono le garanzie del concordato (art 135). Per la percentuale residua, tutti i creditori concorsuali, conservano la loro azione contro gli eventuali coobbligati o fideiussori del fallito e contro gli obbligati di regresso (art 135). Realizzato il concordato, il giudice ordina lo svincolo dalle cauzioni e la cancellazione delle ipoteche.Il concordato può cessare per annullamento o risoluzione:Annullamento. Si può chiedere l’annullamento solo nell’ipotesi di dolo e precisamente quando risulta: a) che è stato dolosamente esagerato il passivo, e b) che è stata dissimulata una parte rilevante dell’attivo (art 138). Il giudizio si svolge all’interno del tribunale fallimentare con rito camerale, nel termine di 6 mesi dalla scoperta del dolo e di 2 anni dall’ultimo pagamento. La sentenza del tribunale, che annulla il concordato e dispone la riapertura del fallimento, è provvisoriamente esecutiva ed è reclamabile presso la corte d’appello.

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Risoluzione. Si ha per inadempimento e dunque per la mancata costituzione delle garanzie promesse e per il mancato pagamento delle somme dovute. Anche tale giudizio si svolge in camera di consiglio, con modalità analoghe a quelle previste per la dichiarazione del fallimento.. Il tribunale decide con sentenza appellabile e ricorribile in cassazione. Malgrado l’inadempimento, la risoluzione non può operare se gli obblighi sono stati assunti dal proponente o da vari creditori. Riapertura del fallimento. Si hanno le stesse procedure che avvengono per la riapertura del fallimento dopo la chiusura per l’inefficienza dell’attivo: a) rimangono ferme le garanzie reali o personali, b) i creditori concorrono per l’importo del credito primitivo, c) possono essere riproposte le azioni revocatorie già iniziate e interrotte, d) il proponente può realizzare una nuova proposta di concordato ma questa dovrà essere giustificata dal versamento di tutte le somme occorrenti per il suo adempimento con delle garanzie (art 141).

D) LE SANZIONI PENALI5. Le sanzioni penali. La bancarotta sempliceDifferenza fondamentale tra l’esecuzione singolare e quella fallimentare è il fatto per cui il debitore può essere punito con sanzioni penali per aver compiuto atti che costituiscono reati anche in tempi posteriori al fallimento. Tali sanzioni si applicano anche nei confronti di coloro verso i quali è stata emessa una sentenza dichiarativa dello stato d’insolvenza nei procedimenti di liquidazione coatta amministrativa (art 237 L Fall) e di amministrazione straordinaria. Sono fatti che possono nuocere ai creditori e che possono essere stati emessi con colpa (negligenza, imprudenza ed imperizia) o con dolo cioè con la reale volontà di provocare l’evento previsto dalla legge. Se vi è colpa, si parlerà di bancarotta semplice; se vi è anche dolo di bancarotta fraudolenta. L’azione penale è iniziata dal PM che riceve copia della relazione presentata dal curatore al giudice delegato, ma può iniziare anche prima quando vi siano casi di fuga, chiusura dell’impresa, trafugamento ecc.. La bancarotta semplice è punita con la reclusione da 6 mesi a 2 anni (art 217 L fall), mentre quella fraudolenta con la reclusione da 3 a 10 anni o da 1 a 5 anni, quando il fallito ha realizzato pagamenti o simulato titoli di prelazione per favorire determinati creditori. Dette pene sono aumentate: a) nel caso in cui il danno che viene fuori dal reato sia di forte gravità, b) nel caso in cui il fallito abbia commesso più fatti di bancarotta semplice o fraudolenta, c) nel caso in cui il fallito per divieto di legge non poteva realizzare un’impresa commerciale. Le pene sono invece diminuite se ricorre la circostanza della speciale tenuità del reato.Tale condanna comporta il divieto ad esercitare un’impresa propria o di un altrui soggetto fino a 2 anni per bancarotta semplice e 10 per quella fraudolenta.La bancarotta semplice. È punito per tale reato: a) colui che abbia fatto spese personali eccessive rispetto alla condizione economica, b) abbia consumato una notevole parte del suo patrimonio in operazioni imprudenti, c) abbia realizzato delle operazioni di grave imprudenza per ritardare il fallimento, d) abbia aggravato il proprio dissesto, astenendosi dal richiedere la procedura fallimentare, e) non abbia soddisfatto le obbligazioni assunte in un concordato preventivo o fallimentare, f)non abbia tenuto i libri e le altre scritture contabili per oltre 3 anni.

5.1. La bancarotta fraudolentaÈ punito per bancarotta fraudolenta chi abbia realizzato uno dei reati di: a) distruzione, occultamento, dissipazione dei beni sia prima sia durante la procedura fallimentare, b) esposizione o riconoscimento, sia prima sia dopo la procedura fallimentare, di passività inesistenti, allo scopo di arrecare dei pregiudizi ai creditori,

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c) sottrazione, distruzione o falsificazione di libri o altre scritture contabili ovvero tenuti dagli stessi in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio: affinché il reato sussista, la sottrazione, falsificazione dei libri, per essere punita vi deve concorrere l’intento di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto. d) esecuzione di pagamenti o simulazione di titoli di prelazione a favore di alcuni creditori.

5.2. Altri reati del fallitoOltre a quei reati di bancarotta si hanno altri reati: a) il ricorrere o il continuare a ricorrere al credito dissimulando il proprio dissesto, b) il denunciare creditori inesistenti all’interno dell’elenco, c) l’omettere di dichiarare l’esistenza di beni che dovrebbero far parte dell’inventario, d) il non presentare il bilancio entro 3 giorni dalla dichiarazione di fallimento, e) il non presentarsi se convocato, dinanzi agli organi fallimentari.Tali reati sono puniti anche se vengono commessi dai soci illimitatamente responsabili di società in nome collettivo o in accomandita semplice, se queste sono dichiarate fallite, difatti sono falliti anche i soci illimitatamente responsabili (art 222).

5.3. Reati di persone diverse dal fallitoTali reati possono essere commessi anche dagli institori (una figura di rappresentante), dagli amministratori, dai sindaci, dai direttori generali (art223). Per gli organi delle società fallite, sono previsti altre ipotesi per bancarotta semplice o fraudolenta (art 223 e 224 L fall.): il compimento di reati societari (es false comunicazioni), concorre con quello di bancarotta fraudolenta se ha cagionato il dissesto della società. Sono previsti come reati del curatore o dei suoi coadiutori (art 231):

a) prendere interesse privato negli atti del fallimento, b) accettare retribuzioni non dovute, c) il non ottemperare all’ordine del giudice di consegnare o di depositare somme o altre cose del fallimento, che essi detengono.

Sono previsti come reati: a) il presentare domanda di ammissione al passivo per un credito fraudolentemente simulato (art 232 L Fall), b) il c.d. mercato di voto, cioè la stipula del creditore col fallito nell’interesse di vantaggi per il fallito, per dare il proprio voto nei concordati o nelle deliberazioni del comitato, c) il sottrarre, ricettare o distrarre i beni del fallito prima o dopo il fallimento, il dissimulare i beni del fallito dopo il fallimento, d) acquistare i beni dall’imprenditore conoscendone lo stato di dissesto, a prezzo inferiore allo stato corrente, se poi si verifica il fallimento (art 232 L fall).

IL FALLIMENTO DELLE SOCIETÀ 6. Il fallimento delle società e dei soci illimitatamente responsabiliPurché non sia di piccole dimensioni, può essere dichiarata fallita qualsiasi società commerciale anche se già in liquidazione (art1 l fall), inoltre sono ugualmente responsabili tutti i soci illimitatamente responsabili (art 147), e dunque il fallimento dell’azienda comporta anche il fallimento personale di loro stessi. Salvo che: a) non provino che la società non esiste, ma in tal caso la giurisprudenza sposa l’opinione per cui sia dichiarato il fallimento anche della società apparente, cioè quella società che i soci pur non essendo legati da un vincolo societario, esercitano l’impresa in maniera di ingenerare a terzi la convinzione dell’esistenza di tale vincolo;

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b) che essi non sono soci o che lo sono ma a responsabilità limitata, o la cessazione della responsabilità illimitata che deve essere resa nota a terzi tramite l’iscrizione nel registro delle imprese.

6.1. Il fallimento dei soci scoperti dopo il fallimento della società, il fallimento della società occultaSe dopo la dichiarazione del fallimento risulta l’esistenza di altri soci che siano illimitatamente responsabili, allora essi saranno convocati in camera di consiglio affinché gli sia concessa la difesa. Tale ipotesi differisce dall’ipotesi di fallimento della società occulta; ciò si ha quando, anche dopo il fallimento dell’unico socio, si scopre che a gestire la società ve ne sia un’occulta cioè non dichiarata all’esterno ed in tal caso si procederà a rendere responsabili anche tali soci. Ancora diversa è l’ipotesi in cui un socio è dichiarato fallito a causa dell’insolvenza di una propria impresa distinta dall’altra che esercitava, in tal caso il fallimento non si estende e si ha solo la sua esclusione di diritto.

6.2. I rapporti tra il fallimento della società e i fallimenti personali dei soci Il fallimento della società e quello del singolo socio sono differenti ma allo stesso tempo collegati fra di loro, difatti unico è il giudice delegato, unico è il curatore ed unico è il tribunale (art 148). Si possono nominare più comitati di creditori poiché per le masse passive della società concorrono i creditori sociali, mentre per quella singola dei soci, il creditore personale. La domanda di ammissione al passivo della società vale anche come ammissione al passivo del singolo. Se il fallimento di un socio ha pagato una quota maggiore ha diritto al regresso rispetto agli altri soci. Diverse sono anche le masse attive per i distinti patrimoni. Revoca. Se il fallimento viene revocato, si ha la revoca anche dei fallimenti personali.Chiusura. Se ciò avviene per mancanza dell’attivo o per avvenuta ripartizione, deve essere notificato sul registro delle imprese, mentre quando la chiusura avviene per mancanza d’insinuazione o per estinzione del passivo, si chiude anche il fallimento dei soci.Concordato. Il concordato della società fa chiudere, salvo opposizione, anche il fallimento dei singoli soci. Inoltre, si può avere il concordato particolare di un solo socio, che se omologato, esclude quell’unico socio.

6.3. Altri effetti del fallimento delle societàPer i soci illimitatamente responsabili, il fallimento della società comporta delle conseguenze a carico di amministratori e liquidatori, in quanto essendo i rappresentanti della società, devono comunicare al curatore ogni cambiamento di residenza, e devono essere sentiti quando la legge predispone espressamente che il fallito sia sentito. Se si tratta del fallimento di una società di capitali il curatore può essere autorizzato dal giudice delegato ad esercitare l’azione di responsabilità contro gli amministratori, i sindaci ecc; mentre per l’srl l’esercizio dell’azione di responsabilità può essere anche autorizzato contro i soci illimitatamente responsabili perché hanno intenzionalmente deciso il compimento degli atti dannosi per la società. I soci pur non essendo responsabili totalmente, possono essere costretti al versamento anticipato dei conferimenti dovuti. Infine, il giudice delegato può anche concedere al curatore la possibilità di riscuotere la polizza assicurativa o la fideiussione bancaria rilasciate a favore del socio come garanzia della prestazione di opere.

6.4. La disciplina fallimentare dei patrimoni e dei finanziamenti destinati ad uno specifico affareCon il decreto esecutivo di riforma del 2005 nella L fallimentare sono state inserite, numerose clausole relative ai patrimoni destinati ad uno specifico scopo:a) la revocatoria fallimentare, agisce sugli atti dispositivi che riducono il patrimonio sociale, e per la loro revoca occorre che il terzo fosse a conoscenza dell’insolvenza della società;b) gli effetti della dichiarazione di fallimento sull’amministrazione del patrimonio che viene attribuita al curatore;

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c) gli effetti dell’incapienza dello stesso patrimonio destinato per violazione delle regole di separazione con il resto del patrimonio sociale, perché il curatore deve procedere alla sua liquidazione ed esercitare l’azione di responsabilità contro gli amministratori della società. Quando a fallire è una spa che ha ricevuto finanziamenti destinati ad uno specifico affare e il rapporto di finanziamento è in pendenza, esso si scioglie se quell’affare non può essere realizzato e il finanziatore potrà insinuarsi al passivo, mentre se l’obbiettivo può essere raggiunto allora il curatore potrà subentrare nel rapporto.

LA LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA7. Caratteri generaliÈ una procedura volta alla liquidazione, con l’intervento di organi amministrativi, del patrimonio di imprese la cui attività riveste un interesse pubblico(sia pubbliche, sia private). È in particolare prevista per le imprese bancarie e per le società facenti parte di un gruppo bancario e per le imprese di assicurazione; possono essere assoggettabili a liquidazione coatta:Le società cooperative (se hanno per oggetto un’attività commerciale, sono assoggettabili anche a fallimento), le imprese di assicurazione contro i danni e sulla vita e quelle di capitalizzazione e gestione fiduciaria, le aziende di credito, I consorzi obbligatori tra esercenti dello stesso ramo. Comunque si può trattare di imprese che possono essere assoggettate sia a fallimento sia a liquidazione coatta ma anche imprese che sono solo assoggettabili alla liquidazione(assicurative).Per le imprese non assoggettabili al fallimento, il tribunale può dichiarare, su ricorso di più creditori, lo stato d’insolvenza con una sentenza che viene comunicata all’autorità amministrativa(anziché giuridica) competente.La decisione di liquidare un’azienda può dipendere da varie cause, in quanto può essere disposta non solo quando vi è uno stato d’insolvenza ma anche per gravi irregolarità di gestione o per violazione di norme di legge o regolamenti, quali: il venir meno della presenza dell’imprenditore individuale, la scarsa redditività dell’azienda, l’inadeguatezza delle dimensioni aziendali…Per quanto riguarda le cause di natura giuridica, si ha liquidazione coatta nel caso: di decorrenza del termine del contratto di società, il conseguimento dell’oggetto sociale o l’impossibilità di conseguirlo.Per la società di persone è causa di liquidazione la cessazione della pluralità dei soci se questa non viene ricostituita in 6 mesi; per la società di capitali l’impossibilità di funzionamento o la riduzione del capitale sociale al di sotto del minimo legale.Obiettivo costante della liquidazione coatta è l'eliminazione dal mercato dell'impresa colpita dal relativo provvedimento. La regola è che le imprese soggette a liquidazione coatta sono sottratte al fallimento. In quanto il fallimento preclude la liquidazione coatta e viceversa; ma si è stabilito che: alla liquidazione coatta conseguono gli stessi effetti del fallimento per quanto concerne: la tutela e la realizzazione dei diritti di prelazione dei crediti, immediata eseguibilità dei crediti concorrenti, disciplina dell’azione revocatoria ordinaria e delle coobbligazioni solidali… e l’intervento dell’autorità giudiziaria per: la pronuncia dello stato di insolvenza, per tutelare i diritti dei creditori e consentire la cessazione della procedura di liquidazione.

7.1. Il provvedimento di liquidazione. L'accertamento dello stato d’insolvenza La liquidazione coatta amministrativa è disposta con decreto dell'autorità governativa che ha la vigilanza sull'impresa.La stessa autorità governativa nomina gli organi della procedura che sono:a) il commissario liquidatore, che è l'organo deputato a svolgere l'attività di liquidazione ed è investito delle qualità di pubblico ufficiale;b) il comitato di sorveglianza, è composto da tre o cinque membri scelti fra persone esperte nel ramo di attività esercitata dall'impresa ed ha funzioni consultive e di controllo.Resta però di competenza esclusiva dell'autorità giudiziaria l'accertamento dell'eventuale stato d’insolvenza.

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La liquidazione coatta amministrativa di una società non si estende in alcun caso ai soci illimitatamente responsabili della stessa. Questi potranno essere solo costretti dal commissario liquidatore a versare le somme necessarie per estinguere le passività, secondo uno specifico piano di riparto.

7.2. Il procedimento. Chiusura La liquidazione coatta amministrativa si sviluppa, come il fallimento, attraverso le fasi dell'accertamento dello stato passivo, della liquidazione dell'attivo e del riparto del ricavato fra i creditori concorrenti. Tutte queste fasi si svolgono però in sede amministrativa.Non è necessaria una domanda di ammissione dei creditori e lo stato passivo è formato di ufficio dal commissario liquidatore sulla base delle scritture contabili.Manca inoltre una fase di verificazione dello stato passivo. È sempre il commissario liquidatore che, entro 90 giorni dal provvedimento di liquidazione, forma lo stato passivo definitivo e lo deposita nella cancelleria del tribunale; dopo di che lo stato passivo diventa esecutivo.Anche alla liquidazione dell'attivo vi provvede il commissario, investito di tutti i poteri necessari e che può procedere in piena libertà, salve le limitazioni stabilite dall’autorità di vigilanza. Per le vendite degli immobili e la vendita in blocco di mobili sono necessari l’autorizzazione dell’autorità di vigilanza ed il parere del comitato di sorveglianza. Per la ripartizione dell’attivo valgono criteri analoghi a quelli dettati in tema di fallimento, ma le ripartizioni parziali sono facoltative.Chiusura. In mancanza di contestazioni, bilancio finale e piano di riparto s’intendono approvati; il commissario provvede alla ripartizione finale fra i creditori e, se del caso, alla cancellazione della società dal registro delle imprese.La liquidazione coatta amministrativa si può chiudere anche mediante concordato (si differenzia da quello fallimentare, in particolare per il fatto che non è richiesta l’approvazione dei creditori). La proposta di concordato, presentata dall'imprenditore previa autorizzazione dell'autorità di vigilanza, è, infatti, approvata direttamente dal tribunale. I creditori possono far valere le loro ragioni solo mediante opposizione presentata al tribunale prima dell’approvazione.

7.3. la liquidazione coatta delle societàSe l’impresa è una società, la liquidazione coatta non si estende ai soci illimitatamente responsabili: tuttavia, il commissario liquidatore può esercitare la revocatoria fallimentare anche contro gli atti compiuti dai soci sui propri beni, i quali sono inoltre punibili per bancarotta e per altri reati fallimentari.Quando invece la liquidazione ha per oggetto una società con soci con responsabilità limitata, il commissario può richiedere al presidente del tribunale l’emissione di un decreto per far procedere i soci al pagamento di quanto dovuto.Per il concordato si applicano le stesse disposizioni del concordato fallimentare.

L’AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA DELLE GRANDI IMPRESI INSOLVENTI8. Caratteri generali È una procedura applicabile in alcune ipotesi di crisi dell’impresa caratterizzate da una maggiore rilevanza sociale. La procedura consente di evitare il fallimento a quelle imprese che si trovano in stato d’insolvenza o che abbiano omesso il pagamento di almeno 3 mensilità di retribuzione ai propri dipendenti (non inferiori a 300) e per la conservazione dei posti di lavoro.Con l’amministrazione straordinaria si vuole continuare l’attività produttiva, anche con l’ausilio di garanzie dello Stato sulla base di un programma di risanamento della durata non superiore a due anni. La procedura è disposta dal Ministero dello sviluppo economico, con proprio decreto, nel quale vengono nominati il commissario e un comitato di sorveglianza. Il programma predisposto dal commissario deve prevedere un piano di risanamento coerente con gli indirizzi della politica industriale.

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Il risanamento può attuarsi anche attraverso l’acquisto di aziende e impianti delle imprese poste in amministrazione straordinaria da parte di società costituite da banche fra loro consorziate (tali trasferimenti sono agevolati fiscalmente).L’amministrazione straordinaria risponde all’esigenza di disciplinare la crisi dell’impresa in un’ottica che non tiene conto unicamente degli interessi dei creditori ma si preoccupa anche delle ripercussioni che tale crisi può avere sull’intera collettività.L'amministrazione straordinaria si atteggia come una procedura concorsuale nel contempo giudiziaria e amministrativa, articolata in due fasi: a) la dichiarazione dello stato d’insolvenza da parte dell'autorità giudiziaria;b) la successiva eventuale apertura della procedura di amministrazione straordinaria vera e propria.

8.1. Presupposti. Dichiarazione d’insolvenza La procedura di amministrazione straordinaria è riservata alle imprese commerciali, anche individuali, soggette al fallimento, che rispondo a determinati presupposti:

- presupposti soggettivi: possono essere ammesse tutte le imprese tranne quelle pubbliche;- presupposti oggettivi: per essere ammesse occorre che:

1) hanno un numero di dipendenti non inferiore a 200 da almeno un anno;2) hanno debiti per un ammontare complessivo non inferiore ai due terzi sia del totale dell’attivo dello stato patrimoniale sia dei ricavi provenienti dalle vendite e dalle prestazioni dell’ultimo esercizio;3) sono in stato d’insolvenza;4) presentano concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico.Competente a dichiarare lo stato d’insolvenza è il tribunale del luogo dove l'impresa ha la sede principale, che vi provvede d'ufficio o su iniziativa degli stessi soggetti legittimati a chiedere la dichiarazione di fallimento.Con la sentenza dichiarativa dello stato d’insolvenza il tribunale nomina il giudice delegato; inoltre dà avvio al procedimento per la formazione dello stato passivo.L'imprenditore insolvente conserva l'amministrazione dei suoi beni e l'esercizio dell'impresa. Il tribunale può tuttavia affidare la gestione dell'impresa al commissario giudiziale.Se è dichiarata insolvente una società con soci a responsabilità illimitata, gli effetti della dichiarazione dello stato d’insolvenza si estendono ai soci illimitatamente responsabili, compresi i soci receduti, esclusi o defunti (ciò solo se la dichiarazione è pronunciata entro l’anno). Gli effetti si estendono anche ai soci occulti.

8.2. Apertura dell'amministrazione straordinaria Con il decreto che dichiara aperta la procedura di amministrazione straordinaria, il tribunale adotta provvedimenti opportuni per la prosecuzione dell'attività dell'impresa sino alla nomina del commissario straordinario.L'amministrazione straordinaria si svolge, infatti, ad opera di uno o tre commissari straordinari nominati dal ministro dello sviluppo economico. Il commissario straordinario ha la gestione dell'impresa e l'amministrazione dei beni dell'imprenditore insolvente.Il Ministro dello sviluppo economico nomina anche un comitato di sorveglianza composto da tre o cinque membri che esprime pareri sugli atti del commissario nei casi previsti per legge e ogni volta il Ministro lo ritenga opportuno.All’amministrazione straordinaria si applicano le disposizioni sulla liquidazione coatta amministrativa, in quanto compatibili. Si producono perciò per l’imprenditore, i creditori e i terzi, gli stessi effetti della dichiarazione di fallimento che conseguono alla liquidazione coatta amministrativa, se pur con qualche

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differenza determinata dalla finalità conservativa, e non liquidatoria, dell’amministrazione straordinaria e ’esigenza di salvaguardare il complesso aziendale.

8.3. Lo svolgimento della procedura Nello svolgimento dell'amministrazione straordinaria, in tempi brevi il commissario straordinario deve predisporre e presentare al ministero dell'industria un programma per il recupero dell'equilibrio economico delle attività imprenditoriali, optando per uno degli indirizzi alternativi sopraindicati:- programma di cessione dei complessi aziendali da realizzare entro un anno;- programma di ristrutturazione da attuare entro due anni. Il programma deve tendere a "salvaguardare l'unità operativa dei complessi aziendali, tenuto conto degli interessi dei creditori".L'esecuzione del programma è autorizzata dal ministro dell'industria, sentito il comitato di sorveglianza, entro 30 giorni dalla presentazione. (nel corso della procedura il programma può essere modificato o sostituito e sono adottate particolari misure per consentire la realizzazione del programma e per preservare i complessi aziendali e i livelli occupazionali).L'attuale disciplina dell'amministrazione straordinaria regola anche la ripartizione dell'attivo prevedendo due forme di distribuzione:1) gli acconti, possano essere disposti dal commissario straordinario in qualsiasi momento della procedura, hanno carattere provvisorio e sono ripetibili.2) i riparti, possono essere effettuati solo dopo che lo stato passivo è stato reso esecutivo, con l'osservanza della disciplina al riguardo dettata da legge fallimentare; essi sono definitivi e non revocabili. E sono possibili solo quando il programma prevede la cessione dei complessi aziendali.

8.4. Cessazione della procedura L'amministrazione straordinaria termina per conversione in fallimento oppure con la chiusura della procedura.La conversione in fallimento può essere disposta dal tribunale nel corso della procedura quando risulta che la stessa non può esser utilmente proseguita. È disposta anche alla scadenza del programma di cessione o di ristrutturazione.La chiusura dell'amministrazione straordinaria, è disposta dal tribunale nei casi previsti dall'art. 74. Sono cause generali di chiusura, oltre a concordato:a) la mancata presentazione di domande di ammissione al passivo;b) il recupero da parte dell'imprenditore della capacità di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni, con l’eliminazione dello stato d’insolvenza.Se è stato autorizzato un programma di cessione dei complessi aziendali, la procedura si chiude:1) quando tutti i crediti ammessi sono soddisfatti o in altro modo estinti e sono pagati i compensi agli organi della procedura e le relative spese;2) quando è comunque compiuta la ripartizione finale dell’attivo.La cessazione dell'amministrazione straordinaria può aversi per concordato, proposto dall'imprenditore o da un terzo dopo che lo stato passivo è stato reso esecutivo. La proposta deve essere autorizzata del ministero dello sviluppo economico ed è assoggettato alla stessa disciplina per il concordato nella liquidazione coatta amministrativa. In una società con soci a responsabilità illimitata, ciascun socio ammesso alla procedura può concludere un concordato particolare con i creditori sociali e i creditori personali.Riapertura. Se l’amministrazione straordinaria con programma di cessione aziendale si chiude per ripartizione integrale dell’attivo e quindi sono rimasti dei creditori insoddisfatti, il tribunale può ordinare la

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riapertura della procedura, su istanza dell’imprenditore e di qualsiasi creditore; la riapertura non comporta la ripresa della procedura, bensì la sua conversione in fallimento.

8.5. Il gruppo insolvente Ciascuna impresa insolvente risponde solo delle proprie obbligazioni e non vi è responsabilità della capogruppo nei confronti dei creditori delle imprese figlie.Sono però previste specifiche norme volte ad assicurare la reintegrazione del patrimonio delle società figlie e a consentire il ristoro dei danni dalle stesse ed eventualmente subiti per effetto della politica unitaria di gruppo.Un primo tentativo in tale direzione è costituito da allungamento dei termini per l'esercizio delle azioni revocatorie fallimentari nei confronti degli atti posti in essere con altre imprese del gruppo. Infatti, per la dichiarazione dello stato d’insolvenza il termine portato a 5anni, il termine di 6mesi è spostato a 3anni.Inoltre, il commissario giudiziale, il commissario straordinario e il curatore di un’impresa del gruppo dichiarata insolvente possono proporre la denuncia al tribunale per gravi irregolarità nei confronti di amministratori e sindaci di altre società del gruppo non assoggettate alla procedura.Infine, gli amministratori delle società che hanno abusato della direzione rispondono in solido, con gli amministratori della società dichiarata insolvente, per i danni da questi cagionati alla società stessa.

8.6. La ristrutturazione industriale delle imprese insolventi di maggiori dimensioni: Legge MarzanoQuando lo stato di insolvenza riguarda imprese commerciali che hanno almeno 500 lavoratori subordinati e debiti per almeno 300 milioni di euro, si può applicare una particolare procedura di amministrazione straordinaria diretta a realizzare il risanamento dell’impresa attraverso un programma di ristrutturazione economica e finanziaria. (L. 39/2004) L’ammissione alla procedura è immediata e si può chiedere al Ministro dello sviluppo economico, con istanza motivata e corredata di adeguata documentazione, presentando contestuale ricorso per la dichiarazione dello stato di insolvenza al tribunale del luogo in cui l'impresa ha sede principale. Se vi ricorrono i presupposti, il Ministro decide con decreto l’ammissione alla procedura e nomina un commissario straordinario, al quale è affidata l’amministrazione dell’impresa ed entro 180 giorni deve presentare il programma di ristrutturazione del debito per il risanamento dell’impresa; se, invece, il tribunale respinge il ricorso cessano gli effetti del provvedimento.Il programma di risanamento non può avere una durata superiore ai 2 anni ed è previsto che la soddisfazione dei creditori può avvenire anche attraverso concordato che può essere presentato anche prima dell’accertamento del passivo e che viene definito direttamente dal giudice senza ricorrere alle udienze di verifica. Se il concordato ottiene voti di maggioranza dai creditori, viene approvato con sentenza in camera di consiglio. Se il tribunale lo respinge, il commissario può proseguire l’attività imprenditoriale, solo se presenta un programma di cessione dei beni aziendali; in caso contrario, la procedura di amministrazione straordinaria è convertita in fallimento (anche quando il ministro non autorizza il programma di ristrutturazione e non è stato possibile adottare un programma di cessione dei beni).

IL CONCORDATO PREVENTIVO9. Il concordato preventivo (L. 80/2005)L’imprenditore che si trova in stato di difficoltà economica, può evitare che la crisi sfoci in un fallimento, regolando i propri rapporti con i creditori mediante un concordato preventivo. Il concordato preventivo (artt. 160 ss.l.fall.) può essere attuato prima che sia dichiarato il fallimento e serve a evitare lo stesso.

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Per stato di crisi s’intende una difficoltà temporanea e reversibile che non consente all’imprenditore di soddisfare regolarmente i creditori. Il concordato quindi può perseguire la ristrutturazione dei crediti attraverso una dilazione dei termini di pagamento, nel soddisfacimento parziale dei creditori e può prevedere la suddivisione dei creditori in classi. Esso è un concordato giudiziale e di massa; libera definitivamente l’imprenditore per la parte eccedente la percentuale concordataria. Offre all'imprenditore insolvente l'ulteriore notevole vantaggio di evitare le gravi conseguenze patrimoniali, personali e penali del fallimento e non subisce lo spossessamento e conserva l'amministrazione dei beni e la gestione dell'impresa. In pratica, è un beneficio concesso all’imprenditore insolvente.Può essere ammesso alla procedura di concordato preventivo solo l'imprenditore che:a) dall'inizio dell'impresa o da almeno un biennio è iscritto nel registro delle imprese ed ha ottenuto una regolare contabilità;b) nei cinque anni precedenti non è stato dichiarato fallito o ammesso ad altra procedura di concordato preventivo;c) non è stato condannato per bancarotta o per delitti contro il patrimonio.

9.1. L’ammissione del concordato.La procedura del concordato preventivo inizia con la domanda di ammissione del debitore. Ricevuta la domanda, il tribunale si accerta che ricorrono i presupposti richiesti dalla legge per l’ammissione alla procedura. Alla domanda va allegato: una relazione aggiornata della situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa, uno stato analitico e finanziario dell’attività, l’elenco nominativo dei creditori, l’elenco dei titolari dei diritti reali o personali sui beni, il valore dei beni e l’indicazione dei creditori personali dei soci illimitatamente responsabili; tale piano e documentazione deve essere accompagnato dalla relazione di un revisore contabile.Se l'accertamento ha esito negativo, il tribunale dichiara inammissibile la proposta di concordato e con sentenza dichiara di ufficio di fallimento.Se invece ritiene ammissibile la proposta, il tribunale dichiara aperta la procedura di concordato preventivo e designa gli organi della procedura: il giudice delegato, cui è devoluta alla direzione della procedura; e un commissario giudiziale, che svolge essenzialmente funzioni di vigilanza e di controllo. E il decreto di ammissione è pubblicato sul registro delle imprese.Il concordato è da concludersi prima dell’apertura del procedimento concorsuale esecutivo.Effetti per il debitore. A differenza del fallimento il debitore conserva l’amministrazione dei suoi beni e continua l’esercizio dell’impresa per gli atti di ordinaria amministrazione.Effetti per i creditori. Il concordato preventivo consente una soddisfazione parziale ma tempestiva dei creditori. Dal momento della deposizione della domanda vengono interrotte le azioni esecutive dei creditori, le prescrizioni e non si verificano le decadenze, inoltre scadono i debiti a termine, i debiti non pecuniari vengono trasformati in pecuniari, si ha la sospensione degli interessi e la deduzione di questi nel caso di pagamento anticipato dei crediti infruttiferi.I creditori precedenti alla stipulazione del concordato non possono intraprendere azioni esecutive sul patrimonio del debitore.

9.2. Lo svolgimento della procedura Intervenuta l'ammissione alla procedura, il procedimento per la concessione del concordato preventivo si articola in due fasi:1) l'approvazione della proposta da parte dei creditori;

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2) omologazione del concordato da parte del tribunale. Nel concordato preventivo manca il preventivo accertamento giudiziale dello stato passivo.L'approvazione del concordato preventivo avviene in apposita adunanza dei creditori, presieduta dal giudice delegato. All'adunanza possono intervenire anche i creditori non convocati. Per l'approvazione del concordato preventivo è richiesta una doppia maggioranza: in numero e in somma. Se il concordato preventivo è approvato, si riporta il voto favorevole della maggioranza dei creditori votanti e si apre il giudizio di omologazione. Se la proposta di concordato è respinta, il tribunale dichiara fallimento.Il concordato preventivo è obbligatorio per tutti i creditori anteriori all'apertura della procedura.

9.3. La deliberazione del concordatoDopo la deliberazione della nomina del commissario, egli stesso deve compiere precisi atti, fra i quali: a) verificare l’elenco dei creditori e dei debitori, apportandovi le dovute modifiche, b) comunicare ai creditori la data dell’adunanza, c) redigere l’inventario del patrimonio del debitore e preparare una relazione sulle varie cause del dissesto, sulle garanzie ecc.. presentandola in cancelleria almeno 3 giorni prima dell’adunanza dei creditori. Nel giorno determinato dal decreto del tribunale ha luogo l’adunanza, nella quale hanno luogo tutte le operazioni che, se non sono esaurite in una sola adunanza, continuano nell’udienza successiva. I creditori possono farsi rappresentare con procura scritta, il debitore invece deve intervenire personalmente salvo grave impedimento, all’adunanza possono intervenire i coobbligati, i fideiussori del fallito e gli obbligati in via di regresso. L’ordine delle operazioni dell’adunanza è il seguente:1)il commissario illustra le sue proposte,2)ogni creditore illustra il suo punto di vista, e le sue ragioni qualora pensi sia inammissibile il concordato,3) il giudice decide sull’ammissione dei crediti contestati, ma tale verifica ha solo valore provvisorio e dunque solo ai fini della votazione e del calcolo delle maggioranze, 4) si passa alle votazioni e la proposta di concordato non può essere più modificata dopo le operazioni di voto. I creditori privilegiati, se non rinunciano al privilegio non hanno diritto al voto.5) sulle maggioranze richieste per l’approvazione del concordato e sui creditori esclusi dal voto valgono le disposizioni del fallimento.6) la votazione viene documentata in un processo verbale, distinguendo i creditori in favorevoli e contrari, e indicando i nomi e l’ammontare del credito, ed il verbale è chiuso con la sottoscrizione del giudice e del cancelliere. Vengono computate anche le sottoscrizioni giunte tramite mezzi di comunicazione a distanza entro i 20 giorni successivi, se nemmeno con queste adesioni si raggiunge la maggioranza dei crediti, il concordato è respinto.

9.4. L’omologazione del concordatoSe le maggioranze sono raggiunte, il concordato è approvato e si procede all’omologazione. L’art 180 L Fall, stabilisce lo svolgimento: il giudice delegato riferisce al tribunale il giorno dell’udienza camerale, il provvedimento viene pubblicato nel registro delle imprese e notificato al debitore, oltre che al commissario, ai dissenzienti, e qualunque interessato, se intendono opporsi all’omologazione del concordato devono costituirsi in cancelleria almeno dieci giorni prima dell’udienza di comparizione depositando un atto di opposizione. Il tribunale approva il concordato se sono state raggiunte, con voti validi, le maggioranze prescritte. Anche l’approvazione del concordato avviene con decreto motivato (decreto di omologazione), e se non sono state proposte opposizioni dai creditori non è reclamabile in appello. Il concordato è efficace per tutti i creditori anteriori al decreto di apertura della procedura di

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concordato ma i creditori conservano impregiudicati tutti i diritti nei confronti degli obbligati, fideiussori del debitore. In caso di concordato di società l’adempimento libera anche il socio illimitatamente responsabile.

9.5. Esecuzione. L’annullamento e la risoluzione del concordato Il concordato viene eseguito sotto la sorveglianza del commissario giudiziale, le somme spettanti ai creditori contestati, condizionali o irripetibili sono depositati nei modi stabiliti dal giudice delegato (art 185 L Fall). Con la sentenza che risolve o annulla il concordato, il tribunale dichiara fallimento o lo stato d’insolvenza; per l’annullamento o la risoluzione si seguono le clausole dl concordato fallimentare. Se vi è il fallimento dopo la risoluzione o l’annullamento del concordato preventivo, coloro che sono divenuti creditori dell’imprenditore, per atti relativi all’esercizio dell’impresa, nel corso della procedura concordataria, sono considerati nel fallimento creditori della massa (art 111 L Fall).

9.6. Accordi stragiudiziali di ristrutturazione dei debitiL’imprenditore in stato di crisi può anche stipulare un accordo di ristrutturazione del debito con coloro che hanno i crediti nei suoi confronti per un ammontare superiore al 60%, chiedendo l’omologazione dell’accordo al tribunale, che si realizza soprattutto per evitare che i pagamenti effettuati possano poi essere soggetti alla revocatoria fallimentare. L’omologazione è anche richiesta per tutelare i diritti dei creditori estranei agli accordi di ristrutturazione che devono essere soddisfatti regolarmente ed, infatti, devono essere depositati in tribunale insieme alla domanda di omologazione anche una relazione fatta da un revisore contabile che determini l’idoneità a pagare i debiti. L’accordo ha efficacia dopo la pubblicazione sul registro delle imprese e dopo 30 giorni si potrà realizzare l’opposizione da parte dei creditori; se non vengono accolte, il tribunale procede all’omologazione con decreto camerale reclamabile in corte d’appello entro 15 giorni dalla pubblicazione al registro delle imprese.

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