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Alma Mater Studiorum – Università di Bologna DOTTORATO DI RICERCA IN DIRITTO DEL LAVORO Ciclo XXIII Settore Concorsuale di afferenza: 12/B2-Diritto del lavoro Settore Scientifico disciplinare: IUS/07 REGOLAZIONE DELLE PRESTAZIONI INDISPENSABILI E POTERI DELLA COMMISSIONE DI GARANZIA Presentata da: Dr.ssa PAOLA PRIMAVERILE Coordinatore Dottorato Relatore Chiar.mo Prof. Chiar.mo Prof. SANDRO MAINARDI ENRICO GRAGNOLI Esame finale anno 2012

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DOTTORATO DI RICERCA IN

DIRITTO DEL LAVORO

Ciclo XXIII

Settore Concorsuale di afferenza: 12/B2-Diritto del lavoro

Settore Scientifico disciplinare: IUS/07

REGOLAZIONE DELLE PRESTAZIONI INDISPENSABILI

E POTERI DELLA COMMISSIONE DI GARANZIA

Presentata da: Dr.ssa PAOLA PRIMAVERILE

Coordinatore Dottorato Relatore Chiar.mo Prof. Chiar.mo Prof. SANDRO MAINARDI ENRICO GRAGNOLI

Esame finale anno 2012

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Indice

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I

Indice

CAPITOLO PRIMO

Diritto di sciopero e servizi pubblici essenziali

1. Articolo 40 della Costituzione e diritto di sciopero ................................ pag. 1

2. Titolarità ed esercizio del diritto ............................................................. pag. 7

3. Il conflitto nel settore dei servizi essenziali. A) La giurisprudenza della Corte

Costituzionale……………………………………………………….........pag. 15

3.1.B) La terziarizzazione del conflitto e l’esperienza

dell’autoregolamentazione ...................................................................... pag. 18

4. I servizi pubblici essenziali nella l. n. 146 del 1990 ............................... pag. 23

5. Il Patto dei trasporti ................................................................................. pag. 26

CAPITOLO SECONDO

Il procedimento di determinazione delle prestazioni indispensabili: gli accordi

1. Gli accordi sulle prestazioni indispensabili ............................................. pag. 30

2. Procedimento di formazione e contenuto dell’accordo. Le decisioni della Commissione di garanzia ............................................................... pag. 36

2.1. Le procedure preventive di raffreddamento e conciliazione ................ pag. 38

2.2. Le prestazioni indispensabili ................................................................ pag. 42

2.3. Proclamazione, preavviso e revoca ...................................................... pag. 44

2.4. L’intervallo minimo ............................................................................. pag. 50

3. Lo sciopero generale e il diritto di assemblea ......................................... pag. 52

4. Sciopero dello straordinario e sciopero anomalo .................................... pag. 55

5. Il lavoro autonomo e i codici di autoregolamentazione .......................... pag. 57

6. La natura e l’efficacia dell’accordo sulle prestazioni indispensabili ....... pag. 59

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Indice

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II

CAPITOLO TERZO

Il procedimento di determinazione delle prestazioni indispensabili: la Provvisoria regolamentazione della Commissione di garanzia.

1. Il potere della Commissione di garanzia di proposta e determinazione delle prestazioni indispensabili ............................................................... pag. 64

2.1. La Regolamentazione provvisoria: la procedura .................................. pag. 67

2.2. Le percentuali di servizio ..................................................................... pag. 70

2.3. Il rapporto con le ordinanze di precettazione ex art. 8 ......................... pag. 73

2.4. La natura e gli effetti. A) La Commissione di garanzia e le Autorità amministrative indipendenti ................................................................. pag. 78

2.5. B) Il poter normativo delle autorità amministrative indipendenti ........ pag. 84

2.6. C) Il potere normativo della Commissione di garanzia ........................ pag. 89

3. L’impugnazione degli atti della Commissione di garanzia ..................... pag. 100

Bibliografia ................................................................................................. pag. 109

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Diritto di sciopero e servizi pubblici essenziali

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CAPITOLO I

DIRITTO DI SCIOPERO E SERVIZI PUBBLICI ESSENZIALI

1. Articolo 40 della Costituzione e diritto di sciopero. 2. Titolarità ed esercizio del diritto. 3. Il conflitto nel settore dei servizi essenziali. A) La giurisprudenza della Corte Costituzionale. 3.1. B) La terziarizzazione del conflitto e l’esperienza dell’autoregolamentazione. 4. I servizi pubblici essenziali e la legge n. 146 del 1990. 5. Il Patto dei Trasporti.

1. Articolo 40 della Costituzione e diritto di sciopero

L’art. 40 della Carta Costituzionale è la pietra di miliare di ogni discordo che

si voglia costruire sul tema dello sciopero; esso, per dirla con le parole di un Illustre,

rappresentava e rappresenta tutt’ora “un punto di arrivo e un punto di partenza: un

punto di arrivo, in quanto è già in sé una norma giuridica, entrata nel ius conditum (..);

un punto di partenza, in quanto preannuncia le leggi, ancora fluttuati nel limbo

dell’ius condendum (…)” 1.

Con l’art. 40 lo sciopero da comportamento vietato penalmente fu elevato al

rango di uno dei diritti2 fondamentali riguardanti i rapporti economico-sociali. Fino al

1 gennaio del 1890, data di entrata in vigore del codice Zanardelli, l’astensione

collettiva dal lavoro era considerata dall’allora vigente codice penale sardo (esteso

subito dopo l’unificazione del 1961 a tutti i territori annessi al Regno sabaudo, con

l’eccezione del Granducato di Toscana) un delitto, riconducibile ai reati di coalizione.

Il codice Zanardelli del 1989 eliminò l’incriminazione penale dello sciopero attuato

senza violenza o minaccia, escludendone la repressione; sotto il profilo civilistico lo

1 Calamandrei, Significato costituzionale del diritto di sciopero, in Riv. giur lav., 1952, I, 221.

2 Per una disamina storica dell’istituto nel periodo precedente all’emanazione della Carta Costituzionale V. Genoviva, Profili costituzionali dello sciopero, in Lo sciopero, Garofalo, Genoviva, Milano, 1984, 15.

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Diritto di sciopero e servizi pubblici essenziali

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sciopero-libertà integrava gli estremi dell’inadempimento contrattuale. Inoltre, l’art.

181 del codice prefascista puniva l'indebito allontanamento dall'ufficio dei pubblici

funzionari effettuato previo concerto in numero di tre o più persone. Con l’avvento

dell’ordinamento corporativo, la l. 3.4.1926, n. 563 configurò alcune figure criminose

di delitti contro l’economia nazionale, poi confluite nel Codice Rocco del 1930 (artt.

da 502 a 508): serrata e sciopero per fini contrattuali, serrata e sciopero per fini non

contrattuali, coazione alla pubblica autorità mediante serrata e sciopero, serrata e

sciopero per fini di solidarietà o protesta, serrata di piccole industrie o commerci,

boicottaggio, occupazione d’azienda e, infine, sabotaggio. Gli artt. 330 e 333 dello

stesso codice (abrogati dalla legge n. 146 del 1990), nel quadro dei reati contro la

pubblica amministrazione, punivano l’abbandono collettivo di pubblici uffici,

impieghi, servizi o lavoro e l’abbandono individuale di un pubblico ufficio, servizio o

lavoro.

L’art. 40 Cost., come è noto, fu il frutto del dibattito originatosi in seno

all’Assemblea Costituente3. La corrente di matrice cattolica avrebbe desiderato

imporre dei limiti al diritto (nonché vietare lo sciopero nei servizi essenziali), mentre

quella socialista e comunista si presentava favorevole ad un riconoscimento tout court

dello sciopero-diritto; prevalse la formulazione dell’art. 40 “sintetica ed ellittica oltre

ogni dire4” proposta dall’on. Merlin e mutuata dal preambolo della Costituzione

francese del 1946. In tal modo, i lavoratori scioperanti trovavano protezione nei

confronti dello Stato e del datore di lavoro; il problema dei limiti da imporre al diritto

era rimandato al legislatore ordinario.

L’imposizione di una riserva di legge non ha impedito di attribuire alla norma

costituzionale un carattere precettivo5. La riserva di legge non è assoluta e presuppone

3 Mariucci, Lo sciopero nei progetti di regolamentazione legislativa, in Aa. Vv., Lo sciopero dalla costituzione all’autodisciplina, a cura del CRESS, Bologna, 1975, 35; Pera, Problemi costituzionali del diritto sindacale italiano, Milano, 1960, 158

4 Così Carinci, Il diritto di sciopero: la nouvelle vague all’assalto della titolarità individuale, in Gior. dir. lav. rel. ind. n. 123, 2009, 424

5 Calamandrei, idem, pag. 240; Mengoni, Sciopero e serrata, Lussemburgo, Milano, Giuffrè, 1961, 262; Pera, Problemi costituzionali del diritto sindacale italiano, Milano, 1960, 166.

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Diritto di sciopero e servizi pubblici essenziali

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che la legge ordinaria contenga i principi da specificare con le fonti secondarie, ed

anche con accordi sindacali6. La mancanza di un intervento legislativo immediato non

ha comportato un esercizio del diritto di sciopero illimitato le cui condizioni di

esercizio (almeno fino all’avvento della legge sui servizi pubblici essenziali del 1990)

sono state individuate dalla giurisprudenza7.

Il diritto di sciopero costituirebbe, secondo Autorevole dottrina, un diritto

potestativo, fondato su un interesse pubblico al quale il singolo lavoratore partecipa;

la norma, pertanto, attribuirebbe al lavoratore il potere di modificare la situazione

giuridica, mentre il datore di lavoro verserebbe in uno stato di mera soggezione8. Si

esalta in tale ricostruzione il momento dell’accordo – di necessità collettivo – che

precede l’astensione, arrivando ad ipotizzare che possa considerarsi sciopero

l’astensione, nel caso limite, anche di un solo prestatore, purché concordata da un

gruppo di prestatori ed a tutela di un interesse collettivo del gruppo9. Questa opzione

rispecchiava una nozione restrittiva dello sciopero che escludeva le astensioni

Contra Sica, Il diritto di sciopero nell’ordinamento costituzionale italiano, in RasDP, 1950, I, 150

6 Dell’Olio, Lo sciopero e la norma, in Dir. lav., 1988, I, 18; Rusciano, Lo sciopero nei servizi essenziali, in Gior. Dir. lav. rel. ind., 1988, 415 7 Già Calamandrei, idem, pag. 243 nel 1952 preconizzava: “(…) il diritto è per sua natura prefissione di limiti; (…) di conseguenza, dal momento in cui lo sciopero ha accettato di diventare un diritto, esso si è adattato necessariamente a sentirsi prefiggere condizioni e restrizioni di esercizio che, se non venissero stabilite per legge, dovrebbero immancabilmente essere tracciate prima o poi, sulla base dell’art. 40 della Costituzione, dalla giurisprudenza”.

8 Santoro Passarelli, Autonomia collettiva, giurisdizione e diritto di sciopero, in Saggi di diritto civile, I, Napoli, 1960, pag. 196. Dello stesso parere Mengoni nel 1949 in Limiti giuridici del diritto di sciopero, in Riv. dir. lav., 1949, I, 252, che scrive: “(...)l'art. 40 ha configurato un diritto soggettivo di privato di sciopero, che sorge, con determinati presupposti, in capo a ciascun datore di lavoro. Questo diritto, però, non è attribuito per la protezione di un interesse individuale, sibbene di un interesse professionale collettivo, e perciò, non solo per la struttura ma anche per la funzione, esso è suscettibile soltanto di un esercizio collettivo” il quale configurava lo sciopero come un negozio giuridico unilaterale recettizio.

9 Così Santoro Passarelli, Autonomia collettiva, giurisdizione e diritto di sciopero cit., 197

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Diritto di sciopero e servizi pubblici essenziali

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collettive per fini non contrattuali10. Grande peso si attribuiva al momento della

proclamazione, considerato un negozio unilaterale autorizzativo11. La ricostruzione si

fondava su una lettura combinata dell’art. 40 e dell’art. 39, secondo comma, Cost.; a

organizzazioni sindacali stabili sarebbe spettato il potere di autorizzare lo sciopero.

Già nel 1952 si notava, però, che considerare la proclamazione collettiva dello

sciopero come ‘autorizzazione’ o come ‘condizione’ di esercizio del diritto

individuale di sciopero significasse “ridurre la proclamazione al di sotto della sua

importanza”12, giacché, accanto all’elemento del potere collettivo di proclamare lo

sciopero–diritto, si pone la libertà individuale di valersi della facoltà di sciopero

creata dalla proclamazione13.

La dottrina successiva ha recuperato una nozione più ampia di sciopero, che

concilia la sua natura insieme privatistica e pubblicistica. Lo sciopero è rivalutato “in

ragione di motivi e suggestioni propri al pluralismo anglosassone”; la partecipazione

popolare alla gestione politico-economico dello Stato tramite lo strumento del diritto

di cui all’art. 40 Cost. è considerata nella prospettiva della realizzazione di una

democrazia sociale14, attribuendo, si potrebbe concludere, un significato politico in

senso lato all’esercizio del diritto.

Un’ulteriore opinione ha concepito lo sciopero come un “diritto di

eguaglianza”, nel senso che lo sciopero tende a restituire al lavoratore, contraente

debole nel rapporto, un equilibrio nei rapporti di forza con la controparte, contraente

10 V. in merito i rilievi di Pera, Lo sciopero e la serrata, in Nuovo trattato di diritto del lavoro, diretta da Riva San Severino, Mazzoni, 1971, 557 e ss.; è stato peraltro rilevato da Romei, Esiste davvero la titolarità collettiva del diritto di sciopero?, WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”.IT, 75/2008, 8, che “la configurazione dello sciopero come diritto potestativo nulla dice sui suoi limiti, ed è perfettamente compatibile anche con una nozione molto ampia di esso, che abbracci sia lo sciopero per fini contrattuali, sia quello di solidarietà sia quello di imposizione economico politica”.

11 Così Santoro Passarelli, Autonomia collettiva, giurisdizione e diritto di sciopero, cit., 198 12 Calamandrei, Significato costituzionale del diritto di sciopero, cit., 229 13 Calamandrei, Significato costituzionale del diritto di sciopero, cit., 230

14 Carinci, Il contratto collettivo nella giurisprudenza costituzionale, Milano, 1971, 7-8

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Diritto di sciopero e servizi pubblici essenziali

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prevalente15. Ancora, si è parlato dello sciopero come di “diritto della personalità16” e

“diritto assoluto della persona17”. Esso darebbe vita a una delle formazioni sociali

dell’art. 2 Cost., in quanto strumento di sviluppo della personalità.

Tale ultima ricostruzione ha superato la concezione restrittiva dello sciopero

come diritto potestativo ed ha aperto la strada ad una definizione più ampia della

nozione di autotutela che la identifichi come un mezzo idoneo a realizzare l’effettiva

partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del

paese, sulla scorta della diffusione nell’esperienza sindacale di manifestazioni

astensive non strettamente legate al regolamento contrattuale del rapporto18.

Lo sciopero assume, per altra impostazione le vesti il di un vero e proprio

diritto politico19. L’autotutela dei lavoratori, infatti, contribuisce alla formazione della

volontà politica di autogoverno di un popolo e costituisce uno strumento di

realizzazione dell’uguaglianza sostanziale di cui all’art. 3, 2° comma, della

Costituzione. Ed infatti, per una tesi che ha estremizzato tale natura politica del

diritto, l’art. 40 Cost. avrebbe riconosciuto soltanto una libertà politica garantita

nell’ordinamento generale operante verso lo Stato20 e sarebbero ben configurabili

limiti esterni derivanti o dalla stessa nozione di sciopero o dalla necessità di tutelare

altri interessi preminenti, come quelli riguardanti la pubblica sicurezza. Al contrario,

15 Simi, Il diritto di sciopero, Milano, 1956, 83 16 Smuraglia, Alcune considerazioni generali in tema di diritto di sciopero, in nota a Pret. Bologna, 8.1.1960, in Riv. giur. lav., II, 1960, 434; Natoli, Ancora a proposito del danno del datore di lavoro e della legittimità dello sciopero, in Riv. giur. lav., 1959, 596

17 Mengoni, Lo sciopero nel diritto civile, in Atti del primo convegno di studi di diritto e procedura penali, Milano, 1964, 40

18 Santoni, Lo sciopero, cit., 17; in senso critico rispetto alla teoria in esame Zangari, Contributo alla teoria del diritto di sciopero, Milano, 1969, 76.

19 Di questa opinione era Gallo, Sciopero e repressione penale, Bologna 1981, 89 e ss. il quale più precisamente individua un diritto collettivo a titolarità collettiva dal contenuto pubblicistico 20 Suppiej, Diritto di sciopero e potestà di sciopero nel sistema della Costituzione, in Riv. giur. lav., 1965, I, 3

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Diritto di sciopero e servizi pubblici essenziali

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in base a questa ricostruzione, l’effetto sospensivo del contratto di lavoro per assenza

del prestatore d’opere per motivo di sciopero non sarebbe un effetto dell’art. 40 Cost,

poichè la tutela troverebbe fondamento nel principio generalissimo di cui all’art. 2

Cost. e nel riconoscimento dell’autonomia sindacale di cui all’art. 39, primo comma,

Cost.. Tale teoria, è ovvio, contrasta con la tesi dominante secondo cui la garanzia di

cui all’art. 40 Cost. produce effetti nel contratto di lavoro; essa ha, però, avuto

“l’indubbio pregio di ricomprendere lo sciopero fra i diritti di libertà e di conformare

al pubblico interesse talune azioni di autotutela dei lavoratori ritenute altrimenti

illecite21”.

Il diritto di sciopero, è evidente, possiede una natura multiforme; è esimente

su piano del diritto penale, giustifica il lavoratore assente innanzi al proprio datore di

lavoro, contribuisce al miglioramento delle condizioni dei prestatori d’opere ed è

anche, come un diritto politico e sociale, mezzo con cui i cittadini danno voce alle

proprie esigenze di giustizia ed eguaglianza sociale. L’art 40 è una norma piuttosto

risalente, e questo non perché dalla promulgazione della nostra Costituzione siano

trascorsi poi molti anni, quanto perché essa si inserisce in un contesto di società civile

polimorfa che in questi anni ha mutato con velocità il proprio aspetto e con i quali

deve fare i conti. Si pensi, ad esempio, allo sciopero dei lavoratori autonomi, se di

sciopero si tratta. Forse anni addietro neppure si immaginava di associare le due

parole, ma oggi, con un lavoro parasubordinato e a volte anche autonomo sempre più

precario ed insufficiente a ragguagliare quei tetti tradotti in Costituzione per il lavoro

subordinato dall’art. 36, la condizione di inferiorità economica del lavoratore,

presupposto ineludibile quanto meno dello sciopero economico, ma spesso anche di

quello politico, appare essere propria di una schiera più ampia di chi, con un tipo

contrattuale o un altro, presta le proprie forze.

21 Santoni, Lo sciopero, cit., 14

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Diritto di sciopero e servizi pubblici essenziali

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2. Titolarità ed esercizio del diritto

Connesso al tema della natura del diritto di sciopero è il profilo riguardante la

titolarità. Il diritto di scioperare riveste una struttura dicotomica, nella quale è

possibile distinguere due poteri giuridici in senso ampio: il primo affidato al

sindacato, o all’organismo di gruppo, che esprime un interesse collettivo; il secondo,

di tipo individuale, affidato al singolo lavoratore che concretamente decida di

astenersi dalla prestazione lavorativa22.

I primi commentatori hanno valorizzato l’aspetto dell’interesse collettivo e

hanno riconnesso l’effetto sospensivo della prestazione lavorativa alla decisione

dell’organismo proclamante23. Tale opzione era legata al momento storico in cui

vedeva la luce e tendeva a rafforzare la posizione del sindacato ufficiale per

garantirgli il monopolio del conflitto a fronte di rivendicazioni avanzate da gruppi

spontanei, nell’attesa di una legge sindacale attuativa del dettato costituzionale che

selezionasse gli agenti contrattuali privilegiati e, quindi, titolari del diritto di

sciopero24.

La dottrina successiva ha evidenziato il profilo contrattuale (o meglio, l’effetto

di legittima sospensione della prestazione lavorativa in seno al rapporto prodotto dallo

sciopero), approdando alla teoria di un diritto di sciopero a titolarità individuale, ma

22 Santoni, Lo sciopero, cit., 19

23 Sica, Il “diritto di sciopero” nell’ordinamento costituzionale italiano, cit., 137, secondo cui la titolarità del diritto di sciopero spetterebbe esclusivamente al sindacato che ha sottoscritto il contratto collettivo; Calamandrei, Significato costituzionale del diritto di sciopero, cit., 227, il quale, di opinione differente rispetto a quella proposta Santoro Passarelli nel suo saggio del 1949 Autonomia collettiva, giurisdizione, diritto di sciopero, ora in Saggi di diritto civile, Napoli, 1961, si esprime nei termini di una proposta dei sindacati di scioperare rivolta ai lavoratori i quali hanno la facoltà di aderire o meno a tale iniziativa; Mortati, Il lavoro nella costituzione,in Dir. lav., 1954, I, 205, il quale ritiene vi sia un obbligo di astensione.

24 Così Carinci M. T., L’autotutela collettiva, in I)Le fonti del diritto sindacale. Commentario diretto da Franco Carinci, (a cura di) Zoli, 2007, Torino, 583; v. anche Pino, Conflitto e autonomia. Contributo allo studio della regolamentazione contrattuale del diritto di sciopero, Torino, 2005, 145

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Diritto di sciopero e servizi pubblici essenziali

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ad esercizio collettivo25. Alle ricostruzioni “negoziali” e privatistiche dello sciopero26

si è affiancata la tesi27 che valorizza il momento attuativo dell’esercizio del diritto.

L’esercizio del diritto di sciopero non consiste in una dichiarazione di volontà di più

lavoratori di voler sospendere l’esecuzione del contratto, bensì nel comportamento

che realizza materialmente lo scopo dell’astensione. Secondo questa ricostruzione,

pertanto, dal un punto di vista giuridico della teoria generale degli atti giuridici, “lo

sciopero, in quanto esercizio del diritto dei lavoratori di sospendere l’obbligazione di

lavoro per la tutela di un loro interesse collettivo, non appartiene alla categoria delle

dichiarazioni di volontà, bensì alla categoria degli ‘atti reali’, detti anche

‘comportamenti di attuazione’28”.

L’evoluzione della realtà sindacale, come è noto, era caratterizzata da

fenomeni sempre più ricorrenti di “spontaneismo” sindacale e dall’emersione di

soggetti sindacali diversi, portatori di interessi circoscritti e corporativi29. La

svalutazione del momento organizzatorio e finalistico insita nella concezione

25 Simi, Il diritto di sciopero, Milano, 1956, 117; Giugni, Diritto sindacale, Bari, 1996, 29; Cass. 8 agosto 1987, n. 6831, in Mass. giur. lav., 1987, 465; Per una sintesi del dibattito v. Pera, Sciopero a) Diritto costituzionale e diritto del lavoro, in Enc. Dir., XLI, 1989, 709; Gaeta, Lo sciopero come diritto, in D’Antona, Letture di diritto sindacale, 1990, Esi, Napoli, 403 e ss e recentemente Carinci F., Il diritto di sciopero: la nouvelle vague all’assalto della titolarità individuale, in Gior. dir. lav. rel. ind. n. 123, 2009, 423 e ss..

26 Si veda il paragrafo precedente con riguardo in particolare alla teoria di Santoro Passarelli, Autonomia collettiva, giurisdizione e diritto di sciopero, in Saggi di diritto civile, I, Napoli, 1960. 27 Mengoni, Lo sciopero nel diritto civile, in Atti del primo convegno di studi di diritto e procedura penali, Milano, 1961, 280 e ss., il quale alcuni anni modificherà il proprio pensiero a favore di una titolarità collettiva, in virtù di una lettura combinata degli artt. 39 e 40 Cost., Mengoni, Gruppi organizzati e mediazione dei conflitti, in Diritto e valori, Bologna, 1985, 310 ss. 28 Mengoni, Lo sciopero nel diritto civile, in Atti del primo convegno di studi di diritto e procedura penali, cit., 288 29 V. Del Punta, Lo sciopero, in Il lavoro subordinato, a cura di Carinci, Trattato di diritto privato, vol. XXIV, dir. da Mario Bessone, Torino, 407

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Diritto di sciopero e servizi pubblici essenziali

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individualistica, si accompagnava al ridimensionamento del monopolio della

rappresentanza da parte dei tradizionali sindacati più rappresentativi30.

La tesi di una titolarità individuale del diritto di sciopero, che sembrava dirsi

consolidata, è stata rimessa in discussione agli inizi degli anni ottanta31 come frutto di

una precisa e dichiarata scelta di politica del diritto32.

Il testo della legge n. 146 del 1990 non si esprime in alcun modo per quanto

riguarda il problema della titolarità del diritto, mentre individua obblighi a carico sia

delle organizzazioni sindacali (ma spesso parla di “soggetti che proclamano lo

sciopero”33), sia dei lavoratori. Per quanto concerne l’aspetto sanzionatorio, poi, la

legge affianca alle sanzioni di cui all’art. 4 della sospensione dai contributi e dalle

trattative negoziali un ulteriore articolo, il 4-bis, deputato a sanzionare con una

ammenda pecuniaria le organizzazioni sindacali che non fruiscano dei contributi né

partecipino alle trattative. Dal disposto della legge, pur nella sua versione successiva

alla novella del 2000, è difficile evincere una conversione della titolarità, da

individuale a collettiva, ma solo un irrigidimento del diritto nel suo esercizio.

30 Santoni, Lo sciopero, cit., 23-24 31 Gallo, Sciopero e repressione penale, Bologna, 1981, 89, per il quale è la natura del diritto di sciopero quale diritto politico che comporta la titolarità collettiva del diritto stesso; Mengoni, Gruppi organizzati e mediazione dei conflitti, in Diritto e valori, Bologna, 1985, 307 e ss., il quale sottolinea lo stretto collegamento tra l’art. 39, primo comma e l’art. 40 Cost.; Pera, Il diritto di sciopero, in Riv. it. dir. lav., 1986, 426 e ss, il quale sostiene l’argomento per cui colui che è titolare del diritto dovrebbe avere anche il potere di esercitarlo liberamente ed anche singolarmente (da cui l’abbandono della formula non convincente nella teoria del diritto dello sciopero quale diritto individuale ad esercizio collettivo). 32 Così Carinci, Il diritto di sciopero: la nouvelle vague all’assalto della titolarità individuale, in Gior. dir. lav. rel. ind. n. 123, 2009, 426 in proposito al dibattito originatosi in seno al IX Congresso AIDLASS di Fiuggi del 1988 con le conclusioni a favore di una titolarità sindacale di Romagnoli, Sulla titolarità del diritto di sciopero, in Dir. lav. rel. ind., 1988, 581 e di Rusciano, L’iter formativo della legge 83 del 2000, in Dir. lav. rel. ind., I, 2002, 49 e ss. il quale lamentava come la garanzia costituzionale del un diritto di sciopero a titolarità individuale che doveva impedire il formarsi di una rappresentanza istituzionale e bloccata dei sindacati, promuovere il formarsi di strumenti di rappresentanza sindacale articolata, flessibile e consensuale e, in definitiva, orientare l’evoluzione della Costituzione materiale delle relazioni industriali, non era riuscita in alcuno dei suoi intenti.

33 Artt. 2, comma terzo, 4, commi secondo e terzo, 10, comma primo, l. n. 146 del 1990

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Con riguardo alla tesi della titolarità collettiva si è di recente osservato che tale

teoria appare come il sostituto di un intervento di legge che regoli l’esercizio dello

sciopero tramite la selezione dei soggetti abilitati a disporre del diritto, nella

convinzione e nella speranza che una selezione dei soggetti che possono proclamare

lo sciopero produca anche un uso maggiormente responsabile dello stesso34. Essa, di

certo, permette con facilità di superare quella che è la vera contraddizione della

titolarità individuale e cioè come sia possibile che un soggetto sia titolare di un diritto

che, da solo, non è capace di esercitare. Tale contraddizione sembrerebbe superata

dalle argomentazioni di due Autori che l’hanno posta in discussione35, i quali

prospettano, con differenti argomentazioni, una teoria della titolarità collettiva non

però sindacale bensì diffusa.

In particolare, a tale riguardo si richiama una recente monografia36 in cui si

conduce un’indagine sistematica sulla titolarità del diritto di sciopero sul presupposto

che per lo studio del diritto di sciopero sia opportuno riflettere sulla rilevanza

giuridica del “gruppo”. In tal modo, si argomenta, poiché l’interesse collettivo

possiede una sua tipicità e “costituisce una specifica realtà giuridica in quanto esprime

regole proprie37” nella fattispecie diritto di sciopero non riveste alcuna rilevanza il

profilo sindacale. Pertanto, secondo l’Autore, poiché una qualsiasi pluralità di

lavoratori potrebbe, coordinando le proprie prospettive individuali, dar vita ad un

interesse che è collettivo, tale pluralità assumerebbe la configurazione di soggetto

giuridico, titolare dell’interesse ed anche del diritto.

Fermo restando che la tesi di una titolarità individuale sembra mantenere una

posizione dominante38, si reputa condivisibile l’opinione di chi controbatte che in

34 Romei, Esiste davvero la titolarità del diritto di sciopero?, cit., 3 35 Zoppoli A., La titolarità sindacale del diritto di sciopero, Napoli, 2006; Pino, Conflitto e autonomia collettiva. Contributo allo studio della regolamentazione contrattuale del diritto di sciopero, Giappichelli, 2005 36 Zoppoli A., La titolarità sindacale del diritto di sciopero, Napoli, 2006. 37 Zoppoli A.,op. cit., 102 e 112 38 Così infatti nei volumi di manualistica di Giugni, Diritto sindacale, 2006, Bari; Carinci, De Luca Tamajo, Tosi, Treu, Diritto sindacale, 2006, Torino; Persiani, Diritto sindacale, 2005,

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tema di sciopero è il termine “collettivo” ad essere fuori luogo39. Esso non è

riscontrabile nella ponderosa giurisprudenza della Corte Costituzionale sui limiti

“interni” ed “esterni” del diritto di sciopero, che, da un lato, utilizza il termine

“comune” per indicare l’interesse che riunisce i lavoratori che si astengono dal lavoro,

e, dall’altro, in accordo con la giurisprudenza della Suprema Corte, riafferma con

costanza nel testo di numerose pronunce, la titolarità individuale del diritto. Se si

vuole, poi, guardare all’interpretazione storica dell’art. 40 Cost., indagando

l’intenzione del legislatore, emerge dai lavori preparatori della Costituente che la

proposizione contenuta nell’attuale testo dell’art. 40 Cost. richiama un testo proposto

in precedenza che affermava con chiarezza l’individualità del diritto quanto alla sua

titolarità. L’art. 39, 1° co., Cost. consacrava il pluralismo sindacale che si sostituiva al

regime delle corporazioni, mentre l’art. 40 Cost. individuava un diritto per quello

stesso comportamento che in precedenza era punito come reato.

Ciò che più ci convince è che il diritto di sciopero, oltre che un diritto

economico e sociale, sia un diritto politico, alla stregua del diritto di voto e che ad

esso debba riconoscersi la qualità di norma fondamentale per la sussistenza

dell'ordinamento democratico e pluralistico. Anche il diritto di voto partecipa di una

certa duplicità; al singolo viene riconosciuto un diritto inviolabile di partecipazione

alla cosa pubblica, ma lo stesso viene inserito in un procedimento per l'espressione

della volontà funzionale agli scopi collettivi. Come chi vota contribuisce, insieme ad

altri cittadini, a partecipare indirettamente al governo, così per il diritto di sciopero

l’intento comune è perseguibile solo se sostenuto da un numero necessario di

lavoratori ed il diritto fa capo ad ognuno degli scioperanti. Ciò detto, non si dubita che

il diritto di voto sia un diritto soggettivo di cui sia titolare il singolo individuo.

Padova; Galantino, Diritto sindacale, Torino, 2005, nonché recentemente Romei, Esiste davvero la titolarità del diritto di sciopero?, cit., 3 e Carinci F., Il diritto di sciopero: la nouvelle vague all’assalto della titolarità individuale, in Gior. dir. lav. rel. ind. n. 123, 2009, 423-465

39 Carinci, Il diritto di sciopero: la nouvelle vague all’assalto della titolarità individuale, in Gior. dir. lav. rel. ind. n. 123, 2009, 462, a cui si rimanda con particolare riguardo per l’analisi della giurisprudenza.

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Certo, appaiono almeno meno fondati i dubbi sulla titolarità individuale i cui

alcuni Autori40 sono incorsi con la promulgazione del testo normativo del 1990 per la

regolazione dello sciopero nei servizi pubblici essenziali, poiché si tratta di una legge

che impone il sindacato quale destinatario di numerosi obblighi di legge, alcuni dei

quali, tra l’altro, assolvibili in modo più agevole dai sindacati maggiori e meglio

organizzati. Abbiamo già visto come l’indiscutibile dato letterale, però, non si ponga

in favore della titolarità individuale. Si può anche porre l’accento su un profilo

applicativo della legge che emerge tra le delibere sanzionatorie emanate dalla

Commissione di garanzia. Quest’ultima incontra grandi difficoltà nell’intervenire con

i poteri che la legge le mette a disposizione per il caso in cui lo sciopero sia effettuato

da comitati di sciopero spontanei, nati, cioè in occasione della singola manifestazione.

La Commissione fa fatica ad individuare il comitato promotore dello sciopero

spontaneo, giacché è si nella sua facoltà chiedere informazioni alle imprese e

amministrazioni erogatrici del servizio (art. 13 lett. g)), ma di certo non lo è

l’esercizio di ulteriori poteri inquirenti. Essa, pertanto, non ha mai emanato una

sanzione nei confronti dei comitati promotori e per tale motivo ha deciso che “nel

caso di astensioni spontanee collettive di lavoratori in relazione alle quali non sia

possibile individuare il soggetto promotore, la Commissione, riscontrata l’illegittimità

dell’astensione, inviterà il datore di lavoro ad adottare i previsti provvedimenti

disciplinari”41. Si badi bene che la mancata applicazione della legge ai casi di scioperi

spontanei produrrebbe l’effetto di lasciare le regole della legge n. 146 del 1990 in

gran parte inapplicate ove si ritenesse impossibile configurare il comitato spontaneo

come soggetto proclamante. Ora, si potrebbe pensare che il problema testè ricordato

sia frutto della fievolezza dei poteri della Commissione di garanzia. Sul punto la

dottrina è, però, concorde nell’osservare come essa costituisca il fulcro dell’impianto

della legge sui s.p.e. e come sia stata notevole e più che sufficiente l’implementazione

40 Si vedano le riflessioni e i riferimenti contenuti in Pilati, I diritti di sciopero, Padova, 2001, 20 ss. 41 V. delibera di orientamento 05/518 del 16 ottobre 2008.

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delle sue facoltà di cui alla novella del 200042. Mi pare allora forse più corretto

evidenziare che, fermi restando gli obblighi individuati dalla legge in capo alle

organizzazioni proclamati, il profilo della titolarità individuale del diritto di sciopero

riemerga in questa vicenda. Insomma, come potrebbero dei soggetti essere sanzionati

per aver violato delle disposizioni che riguardano un diritto di cui non sono titolari e

che esercitano per gentile concessione di un (inesistente) soggetto privo di personalità

giuridica?

Il profilo della titolarità rivela la sua importanza pratica con riguardo al tema

dell’efficacia delle clausole di tregua o pace sindacale. Inserite nel contratto

collettivo, esse obbligano i sindacati stipulanti ad astenersi da azioni di lotta per

modificare il contenuto della disciplina concordata. Con riguardo all’obbligo implicito

di pace sindacale, il primo orientamento della dottrina43 fu nel senso di configurare un

obbligo di tipo relativo e gravante solo sui sindacati stipulanti. Tale dottrina

considerava lo sciopero come una “forma peculiare di reazione del principio del

sinallagma funzionale44”, nonché come una manifestazione della regola rebus sic

stantibus. Fino alla scadenza del contratto collettivo, se i datori di lavoro portano fede

a quanto pattuito nella parte normativa del contratto collettivo, secondo tale

ricostruzione, i sindacati dovrebbero astenersi dal porre in essere manifestazioni di

autotutela.

L’esistenza dell’obbligo implicito è stata negata dalla dottrina successiva,

ormai prevalente. La costruzione dell’obbligo di pace sindacale mutuata dal diritto

tedesco non è, infatti, sostenibile nel nostro ordinamento45. L’ordinamento tedesco

42 A riguardo si veda il capitolo III

43 Mengoni, Diritto e valori, Bologna, 1985, 276; Limiti giuridici al diritto di sciopero, in Riv. dir. lav, 1949, I,246; Riva Sanseverino, Per la validità delle clausole di tregua sindacale, in Mass. giur. lav., 1971, 372; Santoro Passarelli, Pax, pacta, pactum sunt servanda (sulla validità delle clausole di tregua sindacali), in Mass. giur. lav., 1971, 374

44 Mengoni, Limiti giuridici al diritto di sciopero, in Riv. dir. lav., 1949, I,253 45 V. in merito Ghezzi, Dinamiche sociali, riforma delle istituzioni e diritto sindacale, Torino, 1996, 34 e ss.

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non contempla una disposizione analoga al nostro art. 40 Cost.; la copertura

costituzionale in Italia del diritto a scioperare costituisce, pertanto, una esimente dalla

responsabilità per inadempimento non solo sul piano del rapporto individuale di

lavoro, ma anche su quello del rapporto collettivo46. E’ posto, altresì, in discussione

l’assunto che il contratto collettivo possegga sempre una funzione di pace sociale,

funzione che, al contrario, può dedursi solo in presenza di clausole esplicite di pace

sindacale47. E’ evidente come la teoria della titolarità individuale del diritto svuoti di

efficacia le suddette clausole; se il diritto è, infatti, del singolo lavoratore non è

possibile immaginare che il sindacato ne possa disporre tramite la stipulazione di

clausola di tregua, né che possa vietare ai propri iscritti di indire uno sciopero o di

parteciparvi48. La dottrina dominante ritiene che esse possano essere validamente

stipulate, benchè rimangano confinate nella parte obbligatoria del contratto collettivo

e, pertanto, esse obblighino i sindacati stipulanti ma non anche i loro iscritti49. In linea

con la ricostruzione dominante si pone la clausola del punto 6 dell’Accordo

interconfederale del 28 giungo 2011, la quale prevede che le clausole di tregua

abbiano effetto vincolante esclusivamente per i soggetti sindacali stipulanti presenti

nell’azienda e non per i singoli lavoratori. Il tema si intreccia con quello della validità

delle procedure di raffreddamento e conciliazione in base al meccanismo di cui all’art.

2 della l. 146 del 1990 cui al capitolo successivo ed a cui, pertanto, si rinvia.

46 Ghezzi, Dinamiche sociali, riforma delle istituzioni e diritto sindacale, cit., 47 47 Giugni, Mancini, Movimento sindacale e contrattazione collettiva, in Aa. Vv., Potere sindacale e ordinamento giuridico, Bari, 1973, 97; Magnani, Contrattazione collettiva e governo del conflitto, in Dir. lav. rel. ind., 1990, 687 48 Sul lungo dibattito sull’argomento e le relative implicazioni si veda Carinci M. T., L’autotutela collettiva, cit., 583-600; si richiama quanto scrive Zoppoli, La titolarità sindacale del diritto di sciopero, cit., 144, dalla differente prospettiva di una titolarità collettiva del diritto: “lo sciopero, quale diritto a titolarità sindacale, può evidentemente realizzarsi anche in riferimento ad obbligazioni direttamente assunte dal soggetto collettivo”.

49 Ghezzi, Dinamiche sociali, riforma delle istituzioni e diritto sindacale, cit., 96 e ss.; si ricorda però che la Cass. 102.1971, n. n. 353, Foro It., I, 895, ha ritenuto che le clausole in esame afferiscano alla parte normativa del contratto collettivo e che l’obbligo di non scioperare persista anche in capo ai singoli lavoratori.

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3. Il conflitto nel settore dei servizi essenziali. A)La giurisprudenza

della Corte Costituzionale

Fino all’avvento della legge n. 146 del 1990 il fenomeno dello sciopero nei

servizi pubblici essenziali era disciplinato da alcune norme risalenti al precedente

regime. La Corte Costituzionale, come è noto, si rifiutò di caducare l’intera disciplina

penale50. Rimasero, pertanto, in vigore gli artt. 330 e 333 c. p., che punivano

l’abbandono rispettivamente collettivo e individuale di pubblici uffici, impieghi,

servizi e lavori e l’istituto della precettazione, di cui all’art. 20 del t. u. della legge

com. e prov. approvato con R. D. n. 383/1934, che conferiva al prefetto o al sindaco il

potere di emanare “ordinanze di carattere contingibile ed urgente in materia di

edilizia, polizia locale ed igiene, per motivi di sanità e di sicurezza pubblica”. Per

quarant’anni fino alla promulgazione della l. n. 146 del 1990 il legislatore rimase

inoperoso, lasciando la situazione affidata alla coppia ‘diritto costituzionale/diritto

penale’51 le cui antinomie erano risolte dall’intervento della giurisprudenza, specie

costituzionale, supportata di fatto dall’autorità amministrativa tramite la precettazione

e della risorsa dell’autoregolamentazione sindacale.

Tra la fine degli anni ’50 e durante gli anni ’60 la Corte Costituzionale emanò

tre fondamentali sentenze in merito agli artt. 330 e 333 c.p.52.

Con la sentenza n. 46 del 1958 la Corte Costituzionale statuì su un problema di

costituzionalità con all'art. 333 del c. p.53 La Consulta ritenne che l'astensione dal

50 Carinci F., Il conflitto collettivo nella giurisprudenza costituzionale, Milano, 1981, 15 51 Rusciano, Lo sciopero nei servizi pubblici essenziali, in Gior. dir. lav. rel. ind. n. 39, 1988, 395 52 Nell’ordine: Corte Cost., 2.7.1958, n. 46, in Giur. Cost. 1958, 569; Corte Cost. 28.12.1962, n. 123 in Giur. Cost., 1962, 1059, con nota di Crisafulli; Corte Cost., 17.3.1969, n. 31 in Giur. Cost., 1969, 412, con nota di Zaccaria. 53 Nota Carinci F., Il conflitto collettivo nella giurisprudenza costituzionale, cit. 35, che la Corte concluse che un problema di compatibilità con l'art. 40 Cost. si pose con riguardo alla formulazione dell'art. 333 c. p. con ragionamento conforme a quello di Cass. pen. 26.3.1952, in Giust. pen., 1952, II, c. 784, con nota di Vassalli. In senso opposto (la questione di

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lavoro da parte di singoli appartenenti alle categorie di addetti ai pubblici uffici,

servizi, lavori ivi considerati, dovesse rimanere immune dalle sanzioni penali qualora

si dimostrasse che la medesima avesse avuto luogo al fine di partecipare ad uno

sciopero, e sempreché questo fosse da considerare legittimo54.

Per quanto concerne l’art. 300 c. p., la Corte emanò negli anni sessanta due

sentenze con cui in un primo momento enucleò e scorporò dall’intero genus dei

servizi pubblici la species dei servizi pubblici essenziali per poi precisare che

l’articolo in parola restasse applicabile proprio e solo per gli addetti ai servizi pubblici

essenziali, per i quali era esclusa la titolarità del diritto di sciopero e vietato ancora

penalmente il suo esercizio55.

La sentenza 123 del 1962, di rigetto “interpretativa”, precisò che la

perseguibilità penale dello sciopero per le quattro categorie di prestatori indicate

dall’art. 330 c. p. continuasse a sussistere solo laddove l’astensione fosse stata in

grado di danneggiare un nucleo di interessi generali i quali trovavano “diretta

protezione nella costituzione” e, in quanto tali, “assolutamente preminenti rispetto a

quelli collegati all’autotutela di categoria”, mentre negli altri casi si dovesse ritenere

operante l’esimente prevista dall’art. 51 c. p.. La Corte, insomma, cercò di adattare

l'art. 330 c. p. al testo costituzionale ma non riuscì a superare la rigida alternativa tra

esclusione della stessa titolarità del diritto di scioperare e liceità del suo esercizio

privo di una disciplina che ne regolamentasse la tempistica e ne modalità.

L'astensione da parte di addetti ai servizi pubblici essenziali fu dunque considerata

sempre e comunque illegittima56.

costituzionalità investiva l'art. 330 e non l'art. 333 c.p) Carinci, ibidem, che richiama anche l'opinione di Manzini, Trattato di diritto penale italiano, V, Torino, 1935, 279 ss. - 307 ss. 54 Per un esame dettagliato della motivazione della sentenza v. Carinci F., Il conflitto collettivo nella giurisprudenza costituzionale, Milano, 1981, 35-38 55 Carinci F., Lo sciopero nei servizi pubblici essenziali: dall’autoregolamentazione alla legge 12 giugno 1990, n. 146, in Riv. giur. lav., 1990, I, 461. 56 Carinci F., Il conflitto collettivo nella giurisprudenza costituzionale, Milano, 1981, 62, che richiama le osservazioni di Lopane, Negato a taluno, più che limitato, il diritto di sciopero, in Democrazia e diritto, 1962, 492

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La sentenza n. 31 del 17 marzo 1969, di accoglimento “manipolativa”,

dichiarò l’illegittimità costituzionale dell’art. 330, primo e secondo comma, c.p.,

limitatamente all’applicabilità allo sciopero economico sempre che esso non

compromettesse “funzioni o servizi pubblici essenziali, aventi carattere di preminente

interesse generale ai sensi della Costituzione”. La Corte comunque ribadì quanto già

disposto con la pronuncia del 1962: era rimessa al giudice del caso concreto la

decisione circa l’essenzialità del servizio coinvolto dall’astensione. In questa opera di

adeguamento del diritto penale alla Costituzione repubblicana si innestava nel corpo

degli artt. 330 e 333 c. p. la nozione di ‘servizio essenziale’57; non si specificava,

però, in base a quale criterio i giudici dovessero decidere se una funzione o un

servizio pubblico fosse essenziale e cioè indispensabile alla collettività58.

Un passo in avanti sembrò segnarsi con la sentenza della Corte Costituzionale

del 3.8.1976, n. 22259. Quando per ragioni di necessità si imponga di ridurre al

minimo l’appagamento delle esigenze della collettività, o di una più stretta collettività

sociale, sia sempre possibile scorporare, tra i diversi servizi, quelli essenziali,

differenti da quelli suscettibili di essere sospesi o ridotti. Distinsero, in tal modo,

nell’insieme dei compiti del personale scioperante di un ospedale psichiatrico quelli

suscettibili di essere sospesi – compiti non essenziali- da quelli che non potevano mai

svolgersi al di sotto degli standars operativi –compiti essenziali. L’identificazione dei

compiti non fu rimandata al giudice ad quem, ma si presero come parametro i

riferimenti contenuti nelle disposizioni dell’art. 2, comma quarto, l. 18.3.1968, n. 431

in base a cui si specificava che dovesse essere in ogni caso assicurato il rapporto di un

infermiere per ogni tre posti letto e di una assistente sanitaria o sociale per ogni cento

posti letto. Il rinvio aveva il merito di fornire un parametro specifico. La l. 18.3.1968,

n. 431, però, non identificava affatto i servizi essenziali e le prestazioni indispensabili

57 Rusciano, Lo sciopero nei servizi pubblici essenziali, in Gior. dir. lav. rel. ind. n. 39, 1988, 395 58 Romagnoli, Due interventi sullo sciopero in materia di servizio pubblico essenziale, in Democrazia e diritto, 1978, 258 59 Corte Cost. 3.8.1976, n. 222 in Giur. Cost., 1976, 1396 con nota di Polacco e Riv. giur. lav., 1978, II, 55, con nota di Vaudano.

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ma sanciva semplicemente la dotazione organica del personale infermieristico ed

assistenziale di un ospedale psichiatrico.

La Corte Costituzionale elaborò in quegli anni una linea sostanzialmente

condivisibile sul presupposto del contemperamento tra gli interessi fatti valere dagli

sciopero con gli altri garantiti dal funzionamento dei servizi pubblici essenziali; essa,

però, fornì “un regolamento tanto generico da lasciare uno spazio quasi illimitato al

giudice ordinario nell’individuazione dei servizi essenziali (…) ed al tempo stesso

così gravemente sanzionato da rendere il deterrente eccessivo e non spendibile60” ed

aprì la strada alla precettazione prefettizia con il rischio di vanificare la riserva di

legge disposta dalla Costituzione per quanto attiene ai limiti dello sciopero61.

3.1. B) La terziarizzazione del conflitto e l’esperienza

dell’autoregolamentazione

Il coinvolgimento del legislatore deve essere ricollegato alla modificazione

strutturale della conflittualità. Si assistette, come è noto, negli anni ’70 ad un declino

del conflitto nel settore industriale ed a un suo deciso spostamento in quello

terziario62, che si manifestò con una certa rilevanza negli anni ’80. Il fenomeno

interessò l’area centrale dell’economia mondo63 e si accompagnò ad una contrazione

occupazionale nel settore dell’industria a cui fece da pendant un incremento

dell’occupazione nel settore dei servizi64.

60 Carinci F., Lo sciopero nei servizi pubblici essenziali: dall’autoregolamentazione alla legge 12 giugno 1990, n. 146, cit., 463 61 Romagnoli, in Due interventi sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, in Democrazia e diritto, 1978, 259-269 62 V. Accornero, Conflitto, “terziario” e terzi, in Giorn. dir. lav. rel. ind., 1985, 17 e ss. 63 Secondo il noto schema elaborato dallo storico Braudel, Civiltà materiale, economia e capitalismo, 3 voll., Torino, 1987. 64 Kahn Freund, Le relazioni sindacali: tradizione e rinnovamento, in Giorn. dir. lav. rel. ind., 1980, 414 e ss.

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Gli anni ’70 furono forieri di un cambiamento della dinamica conflittuale che

affondava le radici in un “processo a monte relativo alla modifica delle strutture

produttive ed occupazionali, cioè alla terziarizzazione dell’economia alla quale

risultano connessi: meno beni e più servizi, più servizi alle imprese e soprattutto alle

persone”65. Tale cambiamento comportò un sempre maggiore coinvolgimento della

posizione degli utenti nell’ambito della dinamica di “modalità conflittuali non più

riferibili alla tradizionale configurazione del conflitto, imperniata sulla fisiologica

contrapposizione tra sciopero ed interesse imprenditoriale, pur ravvisandosi una

tendenziale coincidenza tra l’interesse imprenditoriale rispetto all’esigenza di

attenuazione del conflitto”66. Le nuove forme conflittuali venivano a creare effetti

“sproporzionati”, ma in questo caso non più, o non soltanto, rispetto al danno alla

produzione subito dall’impresa, ma a carico dell’intera collettività67. Il concetto di

sproporzione rispetto ai danni subiti dall’utenza sicuramente fu recepito nella formula

legislativa del 1990 ed era già rinvenibile nel Protocollo Signorile del 1986 di cui si

scriveva: “il Protocollo di autoregolamentazione del 18 luglio 1986 risulta ispirato,

quanto ai contenuti, dalla finalità di creare un apparato di norme volto ad impedire

che il ricorso ad azioni dirette non regolamentate possa provocare agli utenti danni

sproporzionati rispetto agli stessi obiettivi delle rivendicazioni sindacali ed agli

interessi dell’impresa”68. In tal senso si è parlato di una cesura netta rispetto agli

effetti tra le azioni di sciopero nel settore industriale e quello dei pubblici servizi,

laddove infatti in un caso si colpisce il “gestore” mentre nell’altro il fruitore nel

servizio69. Si è sottolineato come i “servizi” vengano “definiti 'essenziali' proprio

65 Carinci F., Lo sciopero nei servizi pubblici: dall’autoregolamentazione alla legge 12 giugno 1990, n. 146, in Riv. giur. lav., 1990, I, 458; anche De Falco, Diritto di sciopero e interesse dell’impresa, Jovene, 2003, 150. 66 De Falco, Diritto di sciopero e interesse dell’impresa, cit., 150. 67 Pipan, Sciopero contro l’utente, 1989, Torino, 29 ss. 68 Santoni, Disciplina ed autodisciplina del diritto di sciopero nei trasporti pubblici, in Dir. trasporti, 1990, 2, 21 69 De Falco, Diritto di sciopero e interesse dell’impresa, cit., 150.

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perché 'unici', senza alternative: tant’è che il loro venir meno comprime, o addirittura

annulla, l’esercizio di quei diritti”70.

L’accresciuto interesse del legislatore verso i diritti degli utenti radicatosi dagli

anni ’80 ha interessato non soltanto la questione relativa ai disagi subiti in caso di

astensioni lavorative. Nella riorganizzazione dei servizi essenziali hanno svolto un

ruolo importante anche la l. n. 142/90 di riforma delle autonomie locali e la l. n.

241/90 di riforma del procedimento amministrativo. Si è notato come i tre interventi

del legislatore, tutti risalenti allo stesso anno, abbiano perseguito un intento di

semplificazione e riorganizzazione dei servizi, in un discorso che si imperniava “sulla

rilevanza del sistema più che del servizio preso singolarmente”71 e sullo stretto

collegamento tra norme di organizzazione e interessi dell’utenza. Cominciavano a

prospettarsi alcune condizioni di effettività dei diritti di organizzazione sociale tali da

realizzare, direttamente o indirettamente, strumenti di garanzia un tempo impensabili

per i cittadini72.

Alla fine degli anni sessanta si diffuse, inoltre, la pratica

dell’autoregolamentazione sindacale; il sindacato pose idonei e puntuali limiti

all’esercizio del diritto di sciopero con l’approntamento di una serie di regole,

destinate alle organizzazioni di categoria ed agli scioperanti, con lo scopo di limitare

gli effetti delle astensioni. I codici di autodisciplina furono emanati nell’ambito delle

grandi industrie, presto passando a regolare il settore dei servizi, settore nel quale si

poneva il rilevante problema della tutela di soggetti “terzi” rispetto a qualsiasi

conflitto sindacale in atto73. I primi codici di autodisciplina furono elaborati nel

settore ferroviario nel 1967 e nel 1971 dai sindacati confederali, con lo scopo

principale di salvaguardare gli impianti e il materiale rotabile aziendale74.

70 Rusciano, L’iter formativo della legge n. 83/2000, in Mass. giur. lav., 2001, 27. 71 Rusciano, Utenti senza garanti, in Lav. Dir., 1996, 48 e ss. 72 Rusciano, Utenti senza garanti, cit., 59. 73 Accornero, Conflitto” terziario” e terzi, cit., pag. 404. 74 Santoni, Lo sciopero, cit., 107; Di Cerbo, L’autoregolamentazione dello sciopero, 1980, Milano, 99 ss.- 102 ss.

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Successivamente essi furono adottati nel settore dei servizi per ridurre l’impatto delle

astensioni collettive sull’utenza.

L’esperienza dell’autoregolamentazione che prese piede nel sindacato dalla

seconda metà degli anni sessanta si distingueva in una regolamentazione in senso

stretto o unilaterale (autodisciplina sindacale in senso stretto), posta in essere cioè

dalle sole organizzazioni sindacali, ed in una alla regolamentazione pattizia o

bilaterale (tipica del modello sindacale svedese), concordata con la controparte

datoriale75. L’autodisciplina sindacale pura, determinata, cioè, dalle sole associazioni

dei sindacati, era affiancata da una’”autodisciplina spuria”, in cui, vale a dire, si

verificava un intervento legislativo combinato con la forma di autocontrollo affidato

alle forze sociali76. Il governo della conflittualità attraverso regole di

autoregolamentazione era considerato legittimo. Con riguardo alla riserva di legge

imposta della Costituzione in dottrina si argomenta che si non trattI di una riserva

assoluta e che la norma abiliti fonti diverse dalla legge in materia di regolazione del

conflitto collettivo77. Secondo un’autorevole interpretazione, basata sul principio

costituzionale del pluralismo e policentrismo normativo, ciò si fonda sul presupposto

che la stessa Costituzione riconosce a soggetti diversi dal Parlamento funzioni

pubbliche e parapubbliche di tutela dell’interesse del lavoro dei lavoratori e che da ciò

si possa dedurre che solo la definizione dei principi della materia sia stata rimessa alla

75 Carinci F., Autoregolamentazione del diritto di sciopero, in Riv. it. dir. lav., 1987, I, 165; Di Cerbo, L’autoregolamentazione dello sciopero, cit., 25 76 Di Cerbo, L’autoregolamentazione dello sciopero, cit., 25; Il primo esempio di autoregolamentazione indotta o condizionata è rappresentato dalla legge quadro sul pubblico impiego del 1983, in cui come è noto, per l’ammissione dei sindacati al tavolo delle trattative per i rinnovi contrattuali era indispensabile che i medesimi avessero elaborato e depositato un codice di autoregolamentazione; un secondo esempio è il codice unitario di autoregolamentazione dello sciopero nel settore dei trasporti (cd. Protocollo Signorile); Il Protocollo I.R.I., infine, prevedeva una serie di strategie conciliative di prevenzione della conflittualità. 77 Pascucci, La regolamentazione autonoma del diritto di sciopero nella dottrina italiana, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1990, 189, Santoro Passarelli F., Pax, pactum, pacta serva sunt (a proposito delle cosiddette clausole di tregua sindacale), in Mass. giur. lav., 1971, 375. Tosi, Contrattazione collettiva e controllo del conflitto, in Dir. lav. rel. ind., 1988, 375

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legge, ben potendosi affidare la disciplina specifica ad altre fonti extra ordinem

magari più vicine agli interessi dei lavoratori ed alle esigenze organizzative dei vari

servizi78. Per certi assunti, questa interpretazione della riserva anticipava il contenuto

del cd. principio di sussidiarietà sociale o orizzontale specificato dalla revisione

costituzionale del 2001 con legge n. 3 all’art. 188, comma 4°, Cost. secondo cui

“Stato, regioni, città metropolitane, provincie e comuni favoriscono, l’autonoma

iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di interessi di ordine

generale, sulla base del principio di sussidiarietà”, principio che pure opinione diffusa

ritiene fosse già implicito nel testo della Costituzione originario agli artt. 2, 3 e 2979 e

del quale l’autonomia sindacale rappresenta un’esplicazione.

Secondo un’altra opinione la disciplina autonoma dello sciopero non potrebbe

trovarsi ricompresa nell’ambito di operatività della riserva in quanto essa non

possiede la natura né il carattere generale propri delle fonti statali80.

Il sistema di autocomposizione dei conflitti rivelava una falla con riguardo

alla sua effettività. Le regole contenute nei codici potevano impegnare, al più, gli

iscritti alle organizzazioni ai quali venivano imposte dagli organismi sindacali sulla

base del loro potere di “supremazia giuridica (o politica) fondato sul rapporto

associativo”81. Rimaneva la carenza degli effetti cogenti nei confronti dei non

78 Rusciano, Lo sciopero nei servizi pubblici essenziali, cit., 414 e, più di recente, alla luce del nuovo testo costituzionale, in Legge sullo sciopero e modello neo-isituzionale, in Giorn. dir. lav. rel. ind., 2009, n. 1, 129 79 Cerulli Irelli, voce “Sussidiarietà (dir. amm.)” in Enc. Giur. Treccani, XXX, Roma, 1993, 1 e ss. 80 Giugni, Introduzione allo studio dell’autonomia collettiva, Milano, 1960, 82; Santoro Passarelli F., La disciplina del diritto di sciopero prevista dalla Costituzione, in A.a. V.V,. La disciplina del diritto di sciopero, Roma, 1976, 44: in senso critico alla validità dell’efficacia dell’esperienza dell’autoregolamentazione Zangari, Intervento in A.a. V.V., La disciplina del diritto di dello sciopero, cit., 100, il quale sottolineava che l’attitudine dell’autodisciplina è quella di “essere seriamente limitativa della sfera di disposizione giuridica assegnata dall’art. 40 al lavoratore quanto all’esercizio e già prima alla titolarità del diritto di sciopero” 81 Di Cerbo, L’autoregolamentazione dello sciopero, cit., 30

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aderenti e degli iscritti se non per il ridotto profilo della responsabilità disciplinare

endoassociativa nei confronti di questi ultimi82.

4. I servizi pubblici essenziali e la legge n. 146 del 1990

La legge n. 146 del 1990 costituisce l’attuazione della riserva di cui all’art. 40

Cost. per quanto riguarda il settore dei servizi pubblici essenziali. Il legislatore prima

del 1990 era già intervenuto in funzione limitativa del diritto di sciopero, ma con

riguardo ad alcuni settori. Il D.P.R. 13.2.1964, n. 185, sulla permanenza del personale

indispensabile alla sicurezza e alla protezione sanitaria negli impianti nucleari e l’art.

4 della legge 23.5.1980, n. 242 (che smilitarizzava la categoria dei controllori aerei)

sullo sciopero del personale addetto ai servizi di assistenza volo imponevano alle

categorie di lavoratori individuate dei minimi di servizio a fronte di ragioni di

sicurezza degli impianti nucleari nel primo caso, di rispetto degli accordi

internazionali sottoscritti dall’Italia per il sorvolo dello spazio aereo nel secondo. La

legge sui servizi pubblici essenziali costituisce un esempio classico di legislazione cd.

contrattata83 nata con il consenso delle maggiori confederazioni sindacali e contente

un innovativo intreccio tra le fonti utilizzate84 per regolare gli interessi in gioco. Il

legislatore ha, infatti, valorizzato il ruolo dell’autonomia negoziale degli attori del

conflitto85, ai quali spetta (sempre che le trattativa abbiano buon fine), il compito di

precisare per il settore dei servizi interessato le regole e le procedure del conflitto

82 Gragnoli, Sciopero nei servizi pubblici essenziali, in Digesto IV ed., Disc. Priv., Vol. XIII , Torino, 1996, 241; Grandi, Contrattazione collettiva, conflitto collettivo e tutela sindacale nella legge-quadro sul pubblico impiego, in Dir. lav., 1983, I, 300 83 Rusciano, Il ruolo degli attori nel disegno della legge 12 giugno 1990, n. 146, in Riv. giur. lav., 1991, I, 409 84 Zangari, Il diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali, in Dir. e pratica lav., 1990, 37 (inserto), X. 85 Secondo Treu, Commento all’art. 1, in Treu, Garilli, Roccella, Pascucci, Sciopero e servizi essenziali, 1991, Padova, 21

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individuate dalla legge e, soprattutto, di specificare la quantità dei servizi minimi da

garantire in caso di sciopero.

L’art. 1, primo comma, prescrive che, “ai fini della (…) legge, sono

considerati servizi pubblici essenziali (…), quelli volti a garantire” il godimento di

alcuni “diritti della persona, costituzionalmente tutelati”. L’obiettivo della legge (art.

1, comma secondo) è rappresentato dal “contemperare l’esercizio del diritto di

sciopero” con i suddetti diritti. Si consolidano nella formula legislativa, pertanto, i

risultati dell’elaborazione giurisprudenziale costituzionale che avevano avvertito già

da tempo la necessità di un bilanciamento del diritto di sciopero con gli altri interessi

costituzionalmente protetti di rango paritario, se non prioritario86. Per definire il

campo di applicazione della legge si è preferito, pertanto, un criterio teleologico87; la

legge adotta un’eccezione di essenzialità in senso oggettivo, mentre manca una

definizione di servizio pubblico. L’aggettivo “pubblico” identifica la destinazione alla

collettività degli utenti delle attività indipendentemente dalla natura pubblica o privata

del soggetto erogatore88. Unicamente in relazione ai servizi di trasporto da e per le

isole (art. 3) al fine di assicurare la libera circolazione ed il rifornimento di materie

prime, merci necessarie all’approvvigionamento delle popolazioni e per consentire la

continuità nei servizi pubblici essenziali con riguardo alle prestazioni indispensabili,

con specifica norma, la legge n. 146 ha individuato in concreto il servizio stesso.

In base all’art. 13, lett. b), modificato dalla legge n. 83 del 2000, la legge n.

146 del 1990 si applica anche ai “servizi strumentali, accessori o collaterali” per il

caso in cui il “servizio sia svolto con una pluralità di amministrazioni o imprese”.

86 V. Ballestrero, L’ambito di applicazione della legge. La nozione di servizio pubblico essenziale, in Romagnoli–Ballestrero, Norme sull’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali, in Commentario alla costituzione., fondato da Branca e continuato da Pizzorusso, Bologna-Roma, 1994, 55 ss.; Rusciano, Commento all’art. 1, in Aa. Vv., Lo sciopero nei servizi essenziali. Commentario alla legge 12 giugno 1990 n. 146, (a cura di) Rusciano e Santoro Passarelli G., Giuffrè, 1991, Milano, 460; Carinci F., Lo sciopero nei servizi pubblici essenziali: dall’autoregolamentazione alla legge 12 giugno 1990, n. 146, cit., 483 87 Treu, L’ambito di applicazione della legge, in Treu, Garilli, Roccella, Pascucci, Sciopero e servizi essenziali, 1991, Padova, 9. 88 Napoli, Occupazione, rappresentatività, conflitto: note di legislazione del lavoro, 1992, Torino, 201 ss.

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Alcuni quesiti interpretativi sorgono in sede applicativa della disposizione.

L’ambito di applicazione della norma è alquanto incerto, poiché la legge non propone

una definizione di servizio strumentale, che spetta di volta in volta alle

regolamentazioni provvisorie ed agli accordi specificare sotto la supervisione della

Commissione di garanzia. Ci si chiede, inoltre, se la regolamentazione delle

prestazioni indispensabili per i servizi strumentali debbano essere individuate con un

accordo sindacale ad hoc o dallo stesso accordo che individua le prestazioni

indispensabili del settore. E’ evidente come il rilievo delle rappresentanze sindacali

assuma un peso diverso a seconda che si scelga l’una o l’altra delle due soluzioni.

La Commissione ha utilizzato entrambe le modalità, per cui a volte prevale un

criterio di uniformità della disciplina89 del servizio principale e di quello strumentale,

che confluisce nel medesimo documento90, in altri casi le discipline sono relative solo

al servizio strumentale o accessorio, spesso trasversale a più servizi di interesse

pubblico91.

89 Vallebona, Le regole dello sciopero nei servizi pubblici essenziali, Torino, 2007, 35 90 Così, infatti, la provvisoria regolamentazione del servizio di trasporto aereo stabilisce le prestazioni indispensabili, con elencazione non esaustiva, anche per i servizi cd. strumentali al servizio di trasporto e di navigazione aerea. Pertanto, l’art. 1, comma 3 stabilisce che tutti i servizi compresi nel campo di applicazione della regolamentazione sono destinatari di quasi tutte le regole indicate. Si vedano a riguardo le delibere 15 luglio 2004, n. 472 e 16 febbraio 2006, n. 84, con cui la stessa Commissione valuta alcuni servizi come strumentali in sede di valutazione (negativa o positiva) del comportamento della parti, ai sensi dell’art. 13, comma 1, lett. i). 91 L’accordo nazionale del 4 febbraio 2004 di regolamentazione dell’esercizio di sciopero nel settore metalmeccanico, valutato idoneo con delibera del 18 marzo 2004, n. 148, disciplina l’esercizio del diritto di sciopero per il settore metalmeccanico e di installazione impianti per le imprese appartenenti al settore che svolgano funzioni atte a garantire la tutela dei beni primari quali la salute, la sicurezza, le comunicazioni. Per tale verso, dunque, l’accordo regola servizi che di per sè sono strumentali in quanto indirettamente necessari a garantire i beni della vita primari indicati. L’accordo si applica anche alle che imprese che curano la manutenzione degli impianti e delle apparecchiature per la navigazione aerea, marittima e terrestre. Altro accordo che concerne servizi considerati strumentali è l’accordo per i dipendenti dalle imprese di pulizia e servizi integrati/multiservizi per i soli servizi considerati pubblici servizi essenziali, valutato idoneo con delibera del 7 febbraio 2002, n. 02. L’accordo

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5. Il Patto dei trasporti

Un documento che ha costituito per alcuni spunti un precedente della riforma

del 200092 sulla disciplina dello sciopero nei servizi essenziali è rappresentato dal

“Patto sulle politiche di concertazione e sulle nuove regole delle relazioni industriali

per la trasformazione e l’integrazione europea dei trasporti” sottoscritto il 23

dicembre 1998. Il cd. Patto dei Trasporti93 detto anche Patto di Natale, firmato

dall’allora Ministro Treu, da numerose Confederazioni dei datori di lavoro e

Confederazioni sindacali dei lavoratori, comprendeva un “Protocollo sulle regole

delle relazioni sindacali e sulla prevenzione dei conflitti tra le associazioni e le

imprese dei trasporti e le organizzazioni sindacali dei lavoratori dei trasporti” e un

“Accordo sulle regole per l'esercizio dello sciopero e la salvaguardia degli utenti94”.

Il Protocollo sulle relazioni sindacali definiva nuove regole su due ambiti: lo

sviluppo di un nuovo sistema negoziale e il perseguimento del metodo contrattuale

inaugurato dalla l. n. 146 del 1990 nel governo del settore95.

L'art 5.1 lett. b) del Protocollo prevedeva che a livello nazionale le

associazioni riconoscessero “la capacità di partecipare alle trattative contrattuali e la

considera indispensabili le prestazioni relative al mantenimento dell’agibilità dei mezzi di trasporto. 92 Raffi, Sciopero nei servizi essenziali. Orientamenti della Commissione di garanzia, Milano 2001, 252 93 Si riporta quanto scriveva D'Antona, Per una storia del 'Patto dei trasporti, in Il lavoro delle riforme. Scritti 1996-1999. Roma, 2000, 256, in merito al Patto dei trasporti del 1998: “Il Patto rispecchia con evidenza la consapevolezza che l'eccezionale conflittualità che si registra nei trasporti non ammette ricette semplici, essendo la risultante dell'interazione di molteplici fattori. Tre soprattutto: la fine degli assetti monopolistici che hanno tradizionalmente caratterizzato il settore; la articolazione anomala, rispetto al modello dell'industria, dei contratti collettivi e la forte frammentazione della rappresentanza sindacale, su base professionale e non, e infine, a solo infine, la eccezionale vulnerabilità che i trasporti, come sistema a rete e come servizio pubblico di massa, dimostrano di fronte ad azioni sindacali anche minoritarie o a carattere locale”. 94 Esaminato dalla Commissione di garanzia nella delibera del 25 febbraio 2009. 95 Ales, Dal conflitto alla partecipazione: le nuove relazioni sindacali nei trasporti, in Lav. pubbl. amm., 1999, 91

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facoltà di sottoscrivere contratti collettivi alle organizzazioni sindacali” che avessero

assunto e rispettato gli obblighi derivanti dal Patto e dagli accordi ex lege n. 146/1990,

e che avessero “una rappresentatività significativa nell'ambito di applicazione del

contratto collettivo nazionale”. Da considerarsi significativa era la rappresentatività

prevista a regime (5%) dall'articolo 7, del decreto legislativo n. 396, del 1997, per

l'ammissione alle trattative nel settore delle pubbliche amministrazioni, salvo che in

sede nazionale non fosse concordato un criterio diverso, rappresentatività verificata

nei diversi ambiti contrattuali sulla base delle deleghe per il versamento dei contributi

sindacali e dai voti ottenuti nelle elezioni delle RSU, ove si fossero svolte.

Lo stesso Protocollo alla lettera c) del medesimo articolo prevedeva che alle

organizzazioni che non avessero raggiunto tale percentuale, ma avessero osservato gli

altri criteri, fossero garantite forme di relazioni sindacali secondo quanto previsto nei

contratti collettivi da sottoscriversi, forme di relazioni sindacali che, comunque, non si

sarebbero identificate nella partecipazione a trattative contrattuali o alla sottoscrizione

di contratti collettivi.

Si assisteva, pertanto, in sede di un accordo quadro96 ad un tentativo di

superamento del rapporto critico e non risolto fra conflitto nei servizi essenziali e

rappresentanza che alcuni membri della Commissione di garanzia subito avevano

evidenziato nella metà degli anni '9097. Lo scopo della disposizione era, infatti, un

tentativo di eliminazione della conflittualità legata al riconoscimento della

rappresentatività ai fini contrattuali (cd. scioperi di accreditamento). La tecnica di

selezione delle organizzazioni rappresentative ricalcava quanto disposto dall'art. 43,

comma 1, del d.lgs. 165 del 2001 per il pubblico impiego, quanto meno per il livello

nazionale (a livello aziendale risulta necessaria la sola sottoscrizione del Patto ed il

96 Per una interpretazione autentica dell'accordo Treu, Il Patto dei trasporti, in Lav. pubbl. amm, 1999, 11 97 Si veda Ghezzi, Rappresentanza e rappresentatività sindacale: esperienze e prospettive della Commissione di garanzia, in Riv. giur. lav., 1998, I, 651; La Macchia, Rappresentanza sindacale e Commissione di garanzia, in Riv. giur. lav., 1998, I, 583.

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rispetto degli accordi sulle prestazioni indispensabili). Si trattava, comunque, di un

criterio selettivo di natura pattizia98.

All’articolo 5.1 le parti si impegnavano “a completare, entro 90 giorni dalla

data di sottoscrizione del presente Patto, la definizione di tutti gli accordi sulle

prestazioni indispensabili”. L’impegno produceva dei risultati concreti: il 23 marzo

1999 fu sottoscritto l’accordo sulle prestazioni indispensabili nel settore nei settori dei

trasporti urbani ed extraurbani, il 16 aprile 1999 l’accordo dei controllori volo, il 23

novembre 1999 l'accordo del settore ferroviario ancora in vigore.

Gli art. 5.2 e 5.3 del protocollo, inoltre, richiedevano espressamente che i

contratti collettivi “ai vari livelli” prevedessero procedure di raffreddamento

vincolanti per entrambe le parti secondo le disposizioni del 23 luglio 1993 nel caso

dei rinnovi di contratti collettivi e, inoltre, che, nei casi di vertenze collettive attinenti

l’applicazione di accordi collettivi e/o la loro interpretazione, le parti avrebbero

adottato una procedura di conciliazione attraverso modalità che prevedessero il

coinvolgimento delle parti stesse in via diretta, con loro rappresentanze, nonché,

esaurita questa fase, attraverso un ricorso volontario consensuale ad entità terze,

comunemente individuate in funzione di ausilio per la composizione.

L’art. 6 prevedeva che i sottoscrittori del Patto e degli accordi sulle prestazioni

indispensabili avrebbero dovuto fare ricorso alle procedure di raffreddamento e

conciliazione contenute nel Protocollo. Per la prima volta in un intero settore si

prevedeva un obbligo generalizzato di previo trattamento conciliativo99.

Mentre le procedure di raffreddamento prevedevano una clausola di tregua

limitata al periodo appena precedente il rinnovo contrattuale (tre mesi) e

immediatamente successivo (un mese), le procedure di conciliazione consistevano in

un obbligo quasi generale (vertenze relative all’applicazione del contratto e/o

98 Ales , Dal conflitto alla partecipazione: le nuove relazioni sindacali nei trasporti, cit., 91 99 V. Treu T., Il Patto dei trasporti, cit., 20, che sottolinea come le vertenze collettive applicative di accordi collettivi siano quelle che nel settore trasporti originano una grandissima parte dei microconflitti

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all’interpretazione) per le parti di confrontarsi secondo le modalità descritte ed

assicurare la continuità dei servizi100.

Con riguardo a questo punto la Commissione di garanzia nella delibera del 25

febbraio 1999 ha ribadito la natura obbligatoria delle clausole di raffreddamento e

conciliazione. Pertanto, solo i sindacati che oltre all’Accordo avessero aderito anche

al Patto sarebbero stati vincolati all’esperimento delle suddette procedure. Si legge,

infatti, nei considerato n. 4 della delibera, ritenersi “prevalente il loro carattere di

obblighi assunti fra le parti stipulanti, non estendibili, allo stato attuale delle

disposizioni legislative, a soggetti collettivi esterni all’accordo, con eventuali

meccanismi sanzionatori anche attraverso disposizioni inserite nei contratti collettivi”.

Alla luce dell’intervento normativo del 2000 che ha inserito le clausole di

raffreddamento quale contenuto obbligatorio degli accordi sulle prestazioni

indispensabili, la Commissione ha ribadito la propria contrarietà alla cd. teoria del

corpo unico tra clausole di prevenzione e determinazione delle prestazioni

indispensabili101.

L'art. 5.4, infine, dispone che “i contratti collettivi potranno altresì prevedere

l'introduzione, in via sperimentale, di forme di azione collettiva alternativa, adottabili

dalle singole organizzazioni sindacali, che, pur risultando onerose per le imprese e per

i lavoratori che aderiscono alla protesta, non incidano sulla funzionalità del servizio e

non penalizzino gli utenti”; il riferimento è allo sciopero virtuale.

100 Ales, Dal conflitto alla partecipazione: le nuove relazioni sindacali nei trasporti, cit.,. 96 101 In senso contrario alla teoria della Commissione di garanzia, Grandi, Sciopero, prevenzione del conflitto e servizi pubblici essenziali , in Riv. giur. lav., 1999, 272-277; Pino, Manuale sul conflitto nei servizi pubblici essenziali , Torino, 2009, 88

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Il procedimento di determinazione delle prestazioni indispensabili: gli accordi

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CAPITOLO II

IL PROCEDIMENTO DI DETERMINAZIONE DELLE PRESTAZIONI INDISPENSABILI: GLI ACCORDI

1. Gli accordi sulle prestazioni indispensabili: soggetti e procedimento. 2. Il contenuto dell’accordo ed il ruolo della Commissione di garanzia. 2.1. Le procedure preventive di raffreddamento e conciliazione. 2.2. Le prestazioni indispensabili. 2.3. Proclamazione, preavviso e revoca. 2.4. L’intervallo minimo. 3. Lo sciopero generale ed il diritto di assemblea. 4. Sciopero dello straordinario e sciopero anomalo. 5. Il lavoro autonomo e i codici di autoregolamentazione. 6. La natura e l’efficacia degli accordi sulle prestazioni indispensabili.

1. Gli accordi sulle prestazioni indispensabili: soggetti e procedimento

La fonte privilegiata dalla legge 146/2000 per la determinazione delle

prestazioni indispensabili di cui all’art. 2, comma 2°, è, come si evince dal successivo

comma 2°, quella concertata102. L’identificazione delle prestazioni indispensabili è

rimessa ad un procedimento coordinato composto da un accordo collettivo delle parti

ed una successiva valutazione di idoneità della Commissione di garanzia103.

Quest’ultima è tenuta, pertanto, a vigilare affinchè le prestazioni e le ulteriori regole

individuate negli accordi garantiscano efficacemente la tutela del diritto degli utenti.

Come è stato presto sottolineato dalla Corte Costituzionale, infatti, gli obblighi di cui

all’art. 2 della legge sono predisposti al solo fine di proteggere le aspettative dei

cittadini e non per tutelare un interesse dell’impresa104.

102 Così, per tutti, Treu, Artt. 2, 3 e 19. Le prestazioni indispensabili, in Sciopero e servizi essenziali, Milano, 1991, 26 103 Gaeta, Art. 13, in Rusciano, Santoro Passarelli (a cura di), Lo sciopero nei servizi essenziali. Commentario alla legge 12 giugno 1990, n. 146, Milano, 1991, pag. 200; Ballestrero, Art. 12-14, La Commissione di garanzia, in Romagnoli, Ballestrero, 1999, pag. 272, Gragnoli, Le regole per l’esercizio del diritto di sciopero, in Pascucci (a cura di), Aa. Vv., La nuova disciplina dello sciopero nei servizi essenziali, Milano, 2001, pag. 36

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Il procedimento di determinazione delle prestazioni indispensabili: gli accordi

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Ai sensi dell’art. 2, c. 3, l’obbligo delle prestazioni indispensabili non grava

soltanto sui soggetti che proclamano lo sciopero o vi aderiscono e sui lavoratori che lo

attuano ma anche sulle amministrazioni e le imprese erogatrici del servizio. In realtà,

pur la norma utilizzando espressioni perentorie, appare difficile immaginare che si

tratti di un obbligo a contrarre105, ossia a giungere necessariamente ad un accordo

sulle prestazioni.

L’ipotesi era scartata ancor prima della novella del 2000106 anche in virtù di

quanto previsto dal comma 1dell’art. 2, che inseriva tra le fonti anche eventuali codici

di autoregolamentazione sindacali. E’ vero che il riferimento con la novella è stato

espunto; è però anche vero che è stato risolto con la l. n. 83 del 2000 il problema di

come regolare i servizi nel caso in cui le parti non addivengano ad un accordo107 con

l’avanzamento della proposta a provvisoria regolamentazione.

Non bisogna, però, soprassedere sulla disposizione di cui all’art. 4, comma 4,

la quale individua una sanzione amministrativa in caso di mancata osservanza da parte

delle imprese o delle amministrazioni erogatrici del servizio dell’obbligo di

concordare le prestazioni indispensabili. Ciò potrebbe indurre a pensare che si sia in

presenza di obbligo giuridico strictu sensu a cui corrisponde la giusta sanzione in caso

di inadempimento. Sembra, però, corretta l’annotazione di chi108 ritiene che l’obbligo

in parola non abbia le stesse caratteristiche degli obblighi a contrarre del codice

civile109, poichè il contenuto del contratto che si deve concludere non è

104 Corte Cost. 8 luglio 1992, n. 317, in Foro it., 1992, I, 2904, 105 Sull’argomento diffusamente Zoli, Gli obblighi a trattare nel sistema dei rapporti collettivi, Padova, 1992 106 Treu, Artt. 2, 3 e 19. Le prestazioni indispensabili in Sciopero e servizi essenziali, cit., 28; Santoro Passarelli, Art. 19, in Lo sciopero nei servizi essenziali. Commentario alla legge 12 giugno 1990 n. 146, cit., Milano, 1991, 283-284, ma in senso contrario Rusciano, Il ruolo degli attori nel disegno della legge 12 giugno 1990, n. 146, in Riv. giur. lav., 1991, 407 107 Che era stato sollevato da Treu in Treu, Sciopero e servizi essenziali, Milano, 1991, 28 108 Pino, Manuale sul conflitto nei servizi pubblici essenziali , Torino, 2009, 32

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Il procedimento di determinazione delle prestazioni indispensabili: gli accordi

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predeterminato; l’inadempimento non configura un illecito civile; la violazione del

medesimo obbligo può provenire da entrambe le parti. Rimane, pertanto, un obbligo

delle parti di iniziare delle trattative che, comunque, possono rivelarsi infruttuose. E’

chiaro che, almeno per quanto riguarda alcuni sindacati, vi è la possibilità di adire il

giudice del lavoro ex art. 18 dello Statuto del lavoratori nel caso in cui l’impresa o

l’amministrazione si rifiutasse in modo non equivoco di iniziare le trattative.

Allo stesso modo è condivisibile l’annotazione di chi110 vede in un obbligo a

contrarre un contrasto insanabile con la prassi delle relazioni sindacali, italiane e non,

e, nel nostro ordinamento, con il diritto di sciopero. Certo, le prassi sindacali – i

recenti avvenimenti circa il contratto collettivo metalmeccanico ce lo fanno presente –

possono mutare e senza necessità di leggi proprio in quanto prassi. Per ciò che

concerne il diritto di sciopero, mi sembra che la disamina del capitolo che precede

dimostri ampiamente come si tratti di un diritto che, a seconda della sensibilità e dei

bisogni che la società assume come indispensabili, muti i proprio confini in maniera

quasi camaleontica.

C’è, però, un ulteriore argomento a sostegno della tesi dell’obbligo a trattare.

L’obiettivo del principio costituzionale di sussidiarietà orizzontale, cui si faceva

cenno nel capitolo in epigrafe111, consiste nel far si che soggetti privati, in via

individuale o collettiva, gestiscano un’attività o una finalità di interesse pubblico

senza l’intromissione di dello Stato. L’idea di una “cittadinanza societaria112”, intesa

come formazioni sociali intermedie tra lo Stato e l’individuo che operano con finalità

di interesse pubblico, è intesa quale superamento della dicotomia Stato-mercato verso

109 Il riferimento è, ad esempio, all’obbligo di concludere il contratto definitivo di un preliminare di vendita immobiliare, garantito a norma dell’art. 2932 cod. civ. dalla possibilità in caso di inadempimento di ottenere una sentenza che produca gli effetti del definitivo non concluso. 110 Treu, Artt. 2, 3 e 19. Le prestazioni indispensabili, cit., 29 111 V. par. 3B) cap. I 112 Espressione di Donati, La cittadinanza societaria, Roma-Bari, 2000

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una relazione che si pone in termini di reciprocità tra le due forze113. In tal modo,

pertanto, la legge 146 del 1990 rappresenta una corretta applicazione delle modalità in

cui di esplica il principio di sussidiarietà nell’ambito della contrattualistica delle

relazioni industriali. Lo Stato, appunto, incoraggia – ma non impone - la produzione

di regole proprie del mercato, mentre si pone quale ultima risorsa laddove le

formazioni intermedie da sole non giungano a soluzioni utili alla società. In tal modo

la legge incoraggia, in linea con il disposto costituzionale, le soluzioni a livello della

cittadinanza societaria e offre la provvisoria regolamentazione quale “ultima sponda”

in caso di fallimento.

Le prestazioni indispensabili, secondo l’art. 2, comma 2, devono essere

inserite nell’ambito dei contratti collettivi o negli accordi di cui alla legge n. 29 del

1993 (per il settore pubblico) o nei regolamenti di servizio relativi all’ultimo testo

legislativo indicato. A norma dell’art. 2-bis introdotto dalla novella del 2000 anche le

associazioni o gli organismi di rappresentanza dei lavoratori autonomi, dei

professionisti e dei piccoli imprenditori sono tenute a definire le prestazioni

indispensabili in codici di autoregolamentazione per il caso in cui le astensioni delle

suddette categorie incidano sui servizi essenziali.

La legge non individua criteri di selezione della rappresentatività sindacale ai

fini della definizione delle prestazioni. La legge riferisce, però, che queste ultime

siano determinate nel rispetto di percentuali di funzionalità del servizio e di lavoratori

necessari a garantirle (art. 2, comma 2); emerge, quindi, il ruolo proattivo del livello

aziendale della contrattazione collettiva114. Altresì, la locuzione utilizzata dal

legislatore, “i soggetti che promuovono lo sciopero o vi aderiscono”, intende riferirsi

non solo ai sindacati maggiormente rappresentativi ma ben si addice a soggetti

113 De Felice, Principio di sussidiarietà e autonomia negoziale, Napoli, 2008, 21 114 A riguardo La Macchia in Rappresentanza e rappresentatività nell’esperienza della Commissione di garanzia, nella sua relazione al Convegno organizzato dalla Commissione nel 1998 in Aa. Vv., Sciopero e rappresentatività sindacale, Milano, 1999, 46

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sindacali che non abbiano la struttura e la forma del sindacato tradizionale115 (come i

Cobas).

Poiché l’azione sindacale si esprime nelle forme proprie della rappresentanza

intesa in senso privatistico, il datore di lavoro può accogliere alle trattative le sigle

sindacali che ritiene opportune. Bisogna, però, ricordare che la prestazioni

indispensabili, come evidenziate dalle parti, devono ricevere il beneplacito della

Commissione di garanzia. Quest’ultima, in due delibere116 di indirizzo di poco

successive alla promulgazione della legge, auspicava che la sottoscrizione degli

accordi fosse condivisa da una larga intesa sindacale e che, comunque, rispondesse a

criteri di ragionevolezza.

L’Autorità garante, in virtù anche delle nuove funzioni di coordinamento e

promozione conferitegli dalla novella del 2000, può di certo favorire l’incremento

degli accordi che riguardino il conflitto nei servizi pubblici essenziali ed anche

l’allargamento delle adesioni sindacali alle stesse negoziazioni bilaterali117. Potrebbe

anche ritenere inadeguato un accordo che patisse l’angustia del consenso e della

composizione dei soggetti che hanno formato le regole. Un accordo simile, infatti, è

vero che parteciperebbe comunque dell’efficacia ultra partes, ma porrebbe di certo

dei problemi sul piano applicativo. Certo, è probabile che l’ipotesi si presenti come

peregrina; al fine di tutelare gli interessi della parti è meglio un accordo, con un base

non amplia, che nessun accordo. Sussiste il rimedio della provvisoria

regolamentazione, ma lo sviluppo di un sistema negoziale su cui vegliare è il vero

scopo assegnato dalla legge alla Commissione. La discrezionalità dell’Organo

garante, pertanto, appare molto ampia sul punto e solo in apparenza in contrasto con

l’autonomia sindacale.

115 Così. G. Santoro Passarelli, Art. 2, in Lo sciopero nei servizi essenziali. Commentario alla legge 12 giugno 1990, n. 146, (Rusciano e G. Santoro Passarelli), Milano, 1991, 27 116 Del. 3 giugno e 18 luglio 1991 117 Ghezzi, Rappresentanza e rappresentatività sindacale: esperienza e prospettiva della Commissione di garanzia, in Sciopero e rappresentatività sindacale, Milano, 1999, 5

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La Commissione del resto può inserirsi sull’assetto organizzativo delle aree di

contrattazione in applicazione di quanto prevede l’inciso di cui alla lett. b) dell’art. 13

che riguarda il caso in cui un servizio venga svolto con il concorso di una pluralità di

amministrazioni o imprese. In tali casi, infatti, le categorie coinvolte nel caso di

sciopero sono differenti e, pertanto, disomogenea si presenta la rappresentanza

sindacale. La Commissione può proporre, così, una disciplina che tenga conto di tutte

le prestazioni da fornire e delle regole adeguate al fine di garantire l’erogazione finale

del servizio.

La vigilanza della Commissione permette anche che si presenti come peregrina

l’ipotesi si contrattazione separata sulle prestazioni indispensabili. In primo luogo, vi

è da dire che i sindacati hanno un interesse limitato al contenuto del contratto (che

interessa invece gli utenti e chi fa le loro parti); al più hanno interesse a porre in

essere scioperi di accreditamento118. La legge, poi, ha previsto il rimedio del

referendum su singole clausole di cui all’art. 14. La Commissione di propria

iniziativa, o compulsata dalle organizzazioni sindacali tra le organizzazioni che

partecipano alle trattative o su richiesta motivata dei dipendenti delle imprese, o delle

pubbliche amministrazioni che forniscono il servizio di pubblica utilità, può indire un

referendum tra i lavoratori su specifiche clausole concernenti le modalità o

l’individuazione delle prestazioni indispensabili su cui vi sia disaccordo. Anche in

questo caso l’Organo garante formula una propria proposta, sia nel caso in cui persista

disaccordo nonostante la consultazione, sia nel caso in cui il contenuto dell’accordo

non sia valutato idoneo.

La Commissione dà la possibilità alle associazioni sindacali di aderire ad una

regolamentazione di settore concordata e sottoscritta da altra organizzazione sindacale

e già valutata idonea119, mentre ha rifiutato di dichiarare idoneo un accordo il cui

contenuto consiste nel mero rinvio alla delibera di valutazione positiva di quello già

118 V. Santoni, Rappresentatività sindacale e conflitto nei servizi pubblici essenziali, in Riv. it. dir. lav., 2004, 341 119 Delibera n. 04/148; del. n. 05/391

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validato per il medesimo settore120. Gli accordi sulle prestazioni indispensabili hanno

efficacia erga omnes; ne deriva che non è possibile dichiararne idoneo un altro di

diversa organizzazione.

2. Il contenuto dell’accordo ed il ruolo della Commissione di

garanzia

La legge delinea il procedimento finalizzato alla formazione dell’accordo

all’art. 2, comma 2, norma che accompagna al dovere di individuare (e rispettare) le

prestazioni indispensabili quello di osservare un termine di preavviso e di individuare

una durata massima dell’astensione121.

Un ulteriore passaggio è stato previsto dalla novella del 2000, ossia l’obbligo

di ascoltare il parere delle associazioni dei consumatori e degli utenti interessate,

rappresentative sul piano nazionale di cui alla l. 281 del 1998 e che operino sul

territorio (art. 13, lett. a). Laddove non ci siano organizzazioni di tal tipo che operino

sul territorio, il parere potrà comunque essere sostituito da una dichiarazione

sostitutiva del Prefetto o, per i servizi comunali, dal Sindaco122. Il parere, che deve

essere fornito nel termine indicato dalla Commissione, si ritiene essere obbligatorio

ma non vincolante. Anche in questo caso l’ultima parola spetta alla Commissione di

garanzia, la quale, però, deve specificare i motivi per i quali non intende accogliere la

valutazione delle associazioni123. Si è presto rilevato come l’ingresso del lavoratore-

utente nell’assetto della regolazione del conflitto rappresenti una “vera e propria

120 Delibera n. 525 del 3 dic. 2003, punto 18.1 a cui fa riferimento Di Cagno, Le regole dello sciopero, in Di Cagno, Monaco, Lo sciopero nei servizi essenziali. Diritti dei cittadini utenti e diritti dei cittadini lavoratori, Bari, 2009, 67 121 Gragnoli, Le regole per l’esercizio del diritto di sciopero, Pascucci (a cura di) La nuova disciplina dello sciopero nei servizi essenziali, Milano, 2000, 21 122V. del. 27 ottobre 1994 n. 3.12, 24 febbraio 1994 n. 10.9, 23 luglio 1996 n. 6.9 123 Pino, Manuale sul conflitto pubblico essenziale, Torino, 2009, 46

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rivoluzione124”. Alla luce dell’esperienza dei primi anni di applicazione della riforma

la stessa dottrina ha con rammarico riconosciuto che il ruolo degli utenti risulta

marginale rispetto alle definizione delle regole, giacché per una corretta definizione

delle regole occorrerebbero delle associazioni degli utenti che siano autonome rispetto

alle sigle sindacali125.

Il potere dell’autonomia negoziale nella determinazione delle prestazioni

indispensabili si presenta come un potere circoscritto e condizionato sia nell’an che

nel quantum126, poiché le parti, da un lato, il più delle volte si incontrano perché

compulsate dall’Organo garante, dall’altro inseriscono le loro determinazioni in

griglie di regole predefinite dalla legge. L’accordo come formulato dalle parti deve

essere sottoposto al vaglio della Commissione la quale accerta che esso costituisca

effettiva espressione del bilanciamento degli interessi in gioco. Essa ha una funzione

che è stata definita in “latu sensu nomofilattica127”. Certo, ora che il contenuto

dell’accordo è in gran parte tipizzato dalla legge, l’ambito della discrezionalità

dell’Organo garante risulta ristretto; ciò nonostante, le decisioni prese rimangono

fondamentali e devono da quest’ultimo essere opportunamente motivate.

124 Vallebona, Introduzione, in Menghini, Miscione, Vallebona La nuova disciplina dello sciopero nei servizi pubblici essenziali, in, Padova, 2 125 Vallebona, Le regole dello sciopero nei servizi pubblici essenziali, Torino, 2007, 39; vedi anche Di Cagno, I destinatari della legge, in Di Cagno, Monaco, Lo sciopero nei servizi essenziali. Diritti dei cittadini utenti e diritti dei cittadini lavoratori,179-180, al paragrafo dal significativo titolo, Le associazioni degli utenti (ovvero, questi fantasmi) 126 Pino, Manuale sul conflitto nei servizi pubblici essenziali , cit., 29 che richiama l’avvertito di D’Antona, Crisi e prospettive della regolamentazione extralegislativa dello sciopero nei servizi pubblici essenziali, in Riv. giur. lav., 1991, I, pp. 417-422 127 Romagnoli, Introduzione, in Romagnoli, Ballestrero, Art. 40. Supplemento legge 12 giugno 1990 n. 146. Norme sull’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali, in (fondato da Branca e continuato da Pizzorusso), Commentario della Costituzione, Bologna-Roma, 1994, 41

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2. 1. Le procedure preventive di raffreddamento e conciliazione

Per quanto concerne i contenuti degli accordi sulle prestazioni indispensabili,

la l. n. 83 del 2000 ha introdotto un nuovo obbligo, consistente nell’esperimento un

tentativo di conciliazione della controversia alla base della protesta, sulla scorta delle

clausole di raffreddamento e conciliazione contenute del Patto dei Trasporti del 1998

e contenute in numerosi altri contratti collettivi. L’obbligo è il medesimo, ma la fonte

non è più quella pattizia, bensì quella legale.

Le procedure preventive di raffreddamento e conciliazione nell’intenzione del

legislatore si pongono in una posizione di superamento della logica del conflitto quale

esito inevitabile di una controversia, conflitto che, nei servizi pubblici, nell’assetto di

contemperamento tra diritto degli utenti e diritti dei lavoratori scioperanti, dovrebbe

rappresentare, al contrario, l’extrema ratio128. In tal modo il legislatore compie un

passo ulteriore rispetto alla legge del 1990, poiché le procedure suddette non si

pongono più nel senso di definire modalità e tempi della’attuazione dello sciopero, ma

interessano le fasi che precedono il concreto esercizio129.

L’art. 2, comma 2, demanda la concreta articolazione delle procedure di

raffreddamento agli accordi tra le parti o, in mancanza o inidoneità di questi, alle

regolamentazioni provvisorie della Commissione di garanzia e prescrive che esse

debbano precedere la proclamazione. Anche i sindacati che non abbiano sottoscritto

l’accordo possono richiedere l’avviamento delle procedure convenzionali a cui il

datore di lavoro non può sottrarsi130.

La legge, poi, dà alle organizzazioni sindacali la possibilità di esperire una

conciliazione amministrativa (procedure di conciliazione) avanti al Prefetto del luogo

in cui si terrà l’astensione, in caso di vertenze locali, e/o al Ministro del lavoro, in

128 Grandi, Sciopero, prevenzione del conflitto e servizi pubblici essenziali, in Riv. it. dir. lav., 1999, 257 129 Ghezzi, La Commissione di garanzia nella legge di riforma tra profili funzionali e dinamiche delle istituzioni, in Adl, 2001, 1, 1; Grandi, Sciopero, prevenzione del conflitto e servizi pubblici essenziali, cit., 267 130 V. del. 05/122 del 2 marzo 2005, n. 05/426 del 20 luglio 2005, n. 04/665 del 9 dicembre 2004

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caso di vertenze nazionali. Ha destato perplessità131 l’aver scelto come sede per la

conciliazione il Ministero del lavoro; avrebbe potuto optarsi per un organo ad hoc o,

meglio, per la stessa Commissione di garanzia.

L’interpretazione letterale della norma lascerebbe intendere che le

organizzazioni sindacali possano scegliere tra i due tipi di procedure. La legge, in

verità, è piuttosto afasica su molti aspetti della regola. Non sono precisate, tra l’altro,

le modalità né i tempi con cui le procedure si dovrebbero svolgere.

La Commissione è intervenuta con numerose delibere sull’argomento,

stabilendo, da un lato, con riguardo alle procedure di conciliazione, che nel termine di

cinque giorni queste debbano concludersi, e, dall’altro, invitando le parti a concordare

procedure pattizie piuttosto lunghe e complesse. Le procedure di sede negoziale,

pertanto, richiedono un maggior dispendio di tempo e di energie rispetto a quelle che

si svolgono in sede amministrative. Anche per tale motivo degli accorgimenti per

ridurne l’onerosità sono stati introdotti di recente con il beneplacito dell’Organo

garante. Alcuni accordi e regolamentazioni prevedono che entro un breve termine (tre

o cinque giorni) l’azienda e i sindacati debbano tenere un primo incontro132 con la

conseguenza che, secondo alcuni accordi e regolamentazioni133, il sindacato è

legittimato a proclamare lo sciopero se, ricevuto l’invito dell’organizzazione, il datore

di lavoro non abbia inviato tempestivamente la convocazione, secondo altri134, che il

sindacato resta esonerato dall’espletamento della successiva fase. Per il caso in cui

non vi sia alcuna regola scritta, secondo l’orientamento della Commissione, il

mancato esperimento della prima fase della procedura di raffreddamento imputabile

alla controparte, esonera l’organizzazione sindacale dall’espletamento della seconda

fase, se prevista135.

131 Biagi, La legislazione sullo sciopero: riforma o novella?, in Guida al lav., n.16, 2000, 11 132 V. verbale n. 494 del 12 marzo 2003 133 V. regolamentazione degli istituti di vigilanza 134 V. accordo per il settore del trasporto ferroviario

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Se si intendesse la norma nel senso di consentire la scelta ai sindacati tra l’una

o l’altra delle procedure preventive, non vi è dubbio che essi sceglierebbero la via più

breve, e cioè la procedura amministrativa. Anche per evitare questo empasse la

dottrina maggioritaria136 interpreta la norma nel senso che solo le organizzazioni

sindacali che non abbiano sottoscritto l’accordo possano intraprendere la procedura

conciliativa. Si è avanzata l’ipotesi137 che quest’ultima sia praticabile solo per quei

settori governati dai codici di autoregolamentazione, oppure il caso, alquanto raro,

che non sia stata ancora emanata alcuna disciplina sulle prestazioni indispensabili.

La Commissione in un primo momento reputò necessario che l’esperimento di

una procedura, di qualsiasi tipo, vi fosse stata prima della proclamazione dello

sciopero138, per poi mutare indirizzo e precisare che i sindacati firmatari fossero tenuti

a rispettare l’accordo, salvo il caso in cui in accordo con il datore di lavoro avessero

preferito la via amministrativa e salvi i sindacati non firmatari dell’accordo139.

La regola in esame, infatti, poteva far emergere, nella sua interpretazione

letterale, rischi di incostituzionalità. L’estensione per tutte le organizzazioni non

firmatarie dell’obbligo di esperire le procedure concordate avrebbe intaccato la libertà

di organizzazione del sindacato.

La conseguenza che produce l’impostazione elaborata dalla Commissione di

garanzia è che una parte dell’accordo possiede efficacia erga omnes ed un’altra parte,

135 V. verbale n. 494 del 12 marzo 2003 per la parte riportata nel testo in Di Cagno, Le regole dello sciopero, in Di Cagno, Monaco, Lo sciopero nei servizi essenziali. Diritti dei cittadini utenti e diritti dei cittadini lavoratori, Bari, 2009, 76 136 V. nota 31 137 Pino, Manuale sul conflitto nei servizi pubblici essenziali , Torino, 2008, 64-65 138 Del. n. 00/173-3.2 139 Del. n. 00/210-4.1, del 21 settembre 2000; in questo senso Ghezzi, Un’importante riforma tutta in salita: la disciplina del diritto di sciopero nei servi pubblici essenziali, in Riv. giur. lav., 1999, 703; Gragnoli, Le regole per l’esercizio del diritto di sciopero, in Pascucci (a cura di) La nuova disciplina dello sciopero nei servizi essenziali, Milano, 2000, 34; Pinto, La prevenzione degli scioperi nei servizi pubblici essenziali, in Riv. giur. lav., 2003, 868-869; Vallebona, Le regole dello sciopero nei servizi pubblici essenziali, Torino, 2007, 88-89

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Il procedimento di determinazione delle prestazioni indispensabili: gli accordi

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quella relativa alle procedure di raffreddamento e conciliazione, efficacia relativa. La

contraddizione evidente consiste nel fatto che le medesime procedure contenute nelle

provvisorie regolamentazioni hanno efficacia nei confronti di qualsiasi organizzazione

o comitato spontaneo. Pure appare sospetto che le parti firmatarie delle procedure di

raffreddamento possano ritornare su quanto da loro stesso precedentemente deciso e

procedere per la via amministrativa, derogando alla efficacia generale ed assoluta che

gli accordi valutati idonei sembrano possedere140.

La tesi, come si vede, nell’intento di fornire una interpretazione

costituzionalmente orientata, produce evidente discrasie nella sua applicazione. Forse

dovrebbe essere valorizzato il significato letterale, per il quale non si fa distinzione

alcuna tra sindacati stipulanti o meno, né si distingue circa l’ambito dell’efficacia del

preavviso minimo, delle modalità della proclamazione e della regola degli intervalli

rispetto alle procedure di raffreddamento. Il timore della incostituzionalità della

norma nasce da un’interpretazione che non tiene conto della riserva di legge dell’art.

40 Cost.. Una recente dottrina annota che la libertà sindacale, in quanto diritto

costituzionale al pari del diritto di sciopero, con questo ben può contemperarsi alla

stregua degli altri di cui all’art. 1 della legge141. In tal caso, bisognerebbe, ritenere che

la norma di apertura della legge 146 del 1990 non fornisca, come è oramai assodato

presso gli interpreti142, un elenco definito di beni della vita. Pur non volendo mettere

in discussione questo postulato, si può ragione degli effetti prodotti dall’introduzione

nella legge degli altri obblighi relativi, in particolare, agli intervalli, alla

140 Così Pascucci, Gli orientamenti della Commissione di garanzia su due punti critici della legge n. 83 del 2000: le sanzioni disciplinari e le procedure preventive, in Arg. dir. lav., 2002, 344 141 Pino, Manuale sul conflitto nei servizi pubblici essenziali , cit., 64-65 142 Ballestrero, Art. 1, in Romagnoli, Ballestrero, Art. 40. Supplemento legge 12 giugno 1990 n. 146. Norme sull’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali, in (fondato da Branca e continuato da Pizzorusso), Commentario della Costituzione, Bologna-Roma, 1994, 69; Ales, Le finalità della legge e la nozione di servizio pubblico essenziale, in Paolo Pascucci (a cura di) La nuova disciplina dello sciopero nei servizi essenziali, Milano, 2000, 8; Santoni, Lo sciopero, Napoli, 2001, 117

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proclamazione e al preavviso. Si è soliti ritenere che essi comportino una contrazione

dell’esercizio del diritto di sciopero, giustificato in virtù di quella tutela degli utenti

che costituisce il fondamento della legge. E’ però indubbio che allo stesso modo

queste regole incidano sulla stessa libertà di organizzazione delle parti sindacali.

Altresì, nessun problema sorge laddove si incide sulla organizzazione con la regola

della procedura di conciliazione. In tal caso, infatti, poiché la fonte di produzione

dell’obbligo è generale ed astratta, non viene messo in rilievo il problema della

diminuita libertà del sindacato. Anche gli accordi sulle prestazioni indispensabili,

come si chiarirà poc’anzi, posseggono efficacia erga omnes, pur se negoziati solo da

alcune sigle sindacali. Al più, mi sembra che il problema potrebbe consistere nel fatto

che la l. n. 146 del 1990 incida oltre che sul diritto di sciopero sulla libertà sindacale,

ma sembra che si tratti di un “sacrificio inevitabile”.

2.2. Le prestazioni indispensabili

L’obbligo principale che scaturisce dalla legge è quello di garantire le cd.

“prestazioni indispensabili”, obbligo gravante sulle imprese e amministrazioni che

forniscono il servizio, sulle associazioni sindacali e sui lavoratori (art. 2, c. 3). Si

intendono per prestazioni indispensabili le quote di servizi che devono essere

garantite agli utenti143; esse sono rimesse dall’art. 2 della legge 146 del 1990 per ogni

servizio essenziale agli accordi o codici valutati idonei dalla Commissione o, in

mancanza di questi ultimi, alla provvisoria regolamentazione della Commissione

143 Gragnoli, Le regole per l’esercizio del diritto di sciopero, cit., 36; Pascucci, Tecniche regolative dello sciopero nei servizi essenziali, Torino, 1999, 97; Santoro Passarelli, Art. 2, Rusciano, Santoro Passarelli, Lo sciopero nei servizi pubblici essenziali. Commentario alla legge 12 giugno 1990, n. 146, Milano, 1991, 30; Curzio, Autonomia collettiva e sciopero nei servizi essenziali, Bari, 1992, 71; Vallebona, Le regole dello sciopero nei servizi pubblici essenziali, cit., 131-133; alcuni autori ritengono che le prestazioni debbano essere identificate con le prestazioni dei lavoratori, così, Ballestrero, Art. 2, 3, 16, 19, in Romagnoli, Ballestrero, Art. 40. Supplemento legge 12 giugno 1990 n. 146. Norme sull’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali, in (fondato da Branca e continuato da Pizzorusso), Commentario della Costituzione, Bologna-Roma, 1994, 171; Treu, Le prestazioni indispensabili, in Treu, Rocella, Garilli, Pascucci, Sciopero e servizi essenziali, 1991, 35

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stessa. Le prestazioni indispensabili sono sempre dovute144; l’obbligo permane,

secondo la Commissione di garanzia, anche nel caso di sciopero generale145 (per il

quale, invece, non troverebbero applicazione le procedure preventive e la regola della

rarefazione oggettiva).

Come è noto, la Corte Costituzionale146 ha corroborato l’impostazione

tradizionale147 per la quale la legge sui servizi essenziali è finalizzata alla tutela gli

utenti dei servizi e non l’interesse economico sell’impresa. E’ parso strano, pertanto,

l’inciso introdotto con la novella secondo cui le prestazioni indispensabili sono

collegate alla salvaguardia dell’integrità degli impianti. Sembra corretta l’ipotesi di

chi148 ricollega la salvaguardia degli impianti in funzione di una pronta riattivazione

dei servizi a vantaggio degli utenti.

Altresì, ha destato perplessità l’indicazione della novella per cui le prestazioni

devono essere erogate in misura non eccedente nella media il 50 per cento di quelle

normalmente erogate (art. 13, c. 1) e devono coinvolgere quote “strettamente

necessarie di lavoratori”149 (art. 2, c. 2; art. 13, c. 1, lett. a) non superiori nella media

ad un terzo del personale normalmente utilizzato per la piena erogazione del servizio,

nel rispetto, altresì, delle condizioni tecniche e della sicurezza (art. 13, c. 1, lett. a).

Sul punto si rinvia al capitolo successivo, paragrafo 2.2.

144 Del. del 23 settembre 1992 n. 9.13 145 Del. 24 settembre 2003, n. 134; 11 novembre 2004, n. 619; 28 ottobre 2009, n. 579. 146 Corte Cost., 8 luglio 1992, n. 317, in Giur. it., 1991, I, 1, 1996 147 Pascucci, Tecniche regolative dello sciopero nei servizi essenziali, cit., 100; Gragnoli, Le regole per l’esercizio del diritto di sciopero, cit., 36 148 Gragnoli, ibidem 149 Dalla norma la Commissione ha dedotto il principio del “sacrificio minimo indispensabile del diritto di sciopero” di cui nella del. 6 novembre 1990, n. 7.

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2.3. Proclamazione, preavviso e revoca dello sciopero nei s. p. e.

La legge è molto rigida circa i tempi e le modalità della proclamazione ed

infatti prevede che essa debba essere fornita in forma scritta sia alle imprese o

amministrazioni fornitrici del servizio che all’autorità competente ad emanare

l’ordinanza di precettazione speciale di cui all’art. 8, la quale autorità poi avviserà poi

la Commissione di garanzia. Presto si è rilevato150 come sia poco funzionale rispetto

all’impianto della legge ed al ruolo di primo ordine assunto alla Commissione alla

luce delle innovazioni della novella del 2000 non aver previsto che la proclamazione

debba essere inviata alla Commissione.

La legge non specifica che il documento debba essere firmato, ma la

Commissione ritiene la firma elemento essenziale necessario151 ai fini

dell’imputabilità della proclamazione ai sindacati indicati nel testo.

La proclamazione può essere effettuata tanto da organizzazioni sindacali che

operano nel servizio in questione tanto da parte di comitati spontanei o occasionali.

Anche l’adesione alla manifestazione già proclamata deve essere effettuata nelle

modalità e nei tempi ordinari152; il semplice invito a scioperare, fatto con modalità tali

da poter essere diffuso, costituisce, infatti, adesione153 allo sciopero. L’aderente non è

però tenuto alle procedure di raffreddamento o conciliazione se queste siano già state

effettuate154.

150 Gragnoli, Le regole per l’esercizio del diritto di sciopero, cit., 23-24 e così anche Pino, Manuale sul conflitto nei servizi pubblici essenziali, cit., 69; Di Cagno, Le regole dello sciopero, cit., 87 151 V. le note inviate alle confederazioni sindacali del 12 settembre 2003 e 1 marzo 2004 e nota del 9 maggio 2008 riportate da Di Cagno, Le regole dello sciopero, cit., 88 152 V. del. n. 8.5 del 2 febbraio 1995; del 8.12.2 del 23 maggio 1996 153 Del. 05/127 del 9 marzo 2005; del. 05/220 dell’11 marzo 2005 e del. 05/224 dell’11 maggio 2005 154 Del 01/88 del 12 luglio 2001

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E’ stabilito, altresì, un termine minimo di preavviso di dieci giorni, sebbene le

discipline di settore spesso ne prevedano uno maggiore155 in forza dell’espressa

previsione dell’art. 2, comma 5.

Fanno eccezione alla regola del preavviso il caso in cui lo sciopero sia posto in

essere in difesa dell’ordine costituzionale e quello di protesta per gravi eventi lesivi

dell’incolumità e della sicurezza dei lavoratori (art. 2, comma 7), cioè laddove

intercorrano eventi eccezionali di particolare gravità156. Le due eccezioni sono da

intendersi come tassative.157 Del problema si è occupata anche la Corte

Costituzionale158 la quale ha definito lo sciopero nei servizi pubblici essenziali

“sempre e incondizionatamente soggetto all’obbligo di preavviso non inferiore ai

dieci giorni” tranne i due casi sopra precisati e, quindi, anche per il caso dello

sciopero generale e dello sciopero economico-politico, che la Consulta ritiene più

simile allo sciopero economico-contrattuale159. Secondo la Commissione di garanzia

sono estranei alle ipotesi eccezionali lo sciopero per il mancato pagamento delle

retribuzioni160 e quello per sostenere le aziende in crisi161. Per quanto concerne

155 Ad. es. Accordo nazionale del comparto scuola del 3 marzo 1993 e l’Accordo nazionale per il personale dei Consorzi di bonifica del 18 giugno 2001 156 Così Roccella, La Commissione di garanzia, in Treu-Roccella-Garilli-Pascucci, Sciopero e servizi essenziali. Commentario alla legge 12 giugno 1990, n. 146, Padova, 1991, 50 157 Vallebona, Le regole dello sciopero nei servizi pubblici essenziali, Torino, 2007, 109, il quale a riguardo richiama le decisioni di Pretore Firenze, 4 novembre 1992, in ADL, 1995, 304, secondo cui non appartiene alla categoria lo sciopero avverso leggi contrarie agli interessi dei lavoratori; TAR, Lazio, sez. III ter, 13 giugno 2005, ric. n. 1110/05 158 Corte Cost., 10 giugno 1993,n. 276, in Giust. civ., 1993, I,2002 159 In senso contrario Ballestrero, in Art. 2, 16, 19, in Romagnoli, Ballestrero, Art. 40. Supplemento legge 12 giugno 1990 n. 146. Norme sull’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali, cit., 166 160 Del. 17 settembre 1992 n. 9.ai, 22 ottobre 1992 n. 1992 n. 12.d, 15 dicembre 1994 n. 17.5, 22 dicembre 1994 n. 9.75, 26 novembre 2003 n. 03/158; ma vedi anche del 09/420 in cui, anche a causa del mancato impatto dello sciopero sull’utenza, il procedimento di valutazione è archiviato

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l’eccezione riguardante i “gravi eventi lesivi dell’incolumità e della sicurezza dei

lavoratori, l’interpretazione dell’Organo garante è nel senso di ritenere necessario che

si sia prodotto l’evento lesivo, non essendo sufficiente il mero pericolo162. Vi sono

comunque decisioni di segno opposto in cui si giustifica il mancato preavviso per

eventi eccezionali di pericolo, motivate da un giudizio prognostico di un pericolo di

danno grave ed imminente alla salute alla sicurezza dei prestatori d’opere163.

E’ da ritenersi che l’eccezione rispetto al preavviso di cui al comma 5 dell’art.

2 si estenda anche alle regole delle procedure di raffreddamento e conciliazione e a

quella dell’intervallo minimo, ma non tocchi le prestazioni indispensabili164. Quanto

agli obblighi di informazione all’utenza, sembra plausibile la tesi di chi165 li ritiene

ridotti a quanto è tecnicamente possibile ed eliminati nell’eventualità di scioperi

improvvisi.

La Commissione di garanzia, inoltre, ha collocato, o “invitato” le parti a

collocare, nelle discipline di settore anche un termine massimo166. L’utilità di un

termine si preavviso massimo si legge alla luce della regola dell’intervallo minimo di

cui più diffusamente al paragrafo successivo. Esso ha la funzione di impedire che con

161 Del 15 dicembre 1994 n. 17.5, 25 settembre 1997 n. 97/595-9.4 162 L’ipotesi riguarda di frequente incidenti mortali sui luoghi di lavoro v. del 5 giugno 1997, n. 97/420-9.6, 21 maggio 1998 n. 98/274-9.3, del. 26 novembre 2003 n. 03/158. V. a riguardo la rassegna di casi contenuta in Vallebona, Le regole dello sciopero nei servizi pubblici essenziali, cit., 111-112 163 V. Del. 8 ottobre 1998 n. 98/652-9.2, 7 settembre 2000 n. 00/208-10.1, del. 3 aprile 2003 n. 03/58 164 Cfr. 26 gennaio 1995 n. 9.10, 17 febbraio 2000, n. 00/90-12.1, 9 marzo 2000n. 00/137-12.3, 22 marzo 2000 n. 00/162-12.1 165 Ballestrero, in Art. 2, 16, 19, in in Romagnoli, Ballestrero, Art. 40. Supplemento legge 12 giugno 1990 n. 146. Norme sull’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali, cit., 162 166 V. il settore del trasporto aereo - Provvisoria regolamentazione del. 01/92, del 17 luglio 20001 –, del trasporto pubblico locale – Provvisoria regolamentazione, del. 02/13 del 31 gennaio 2001 – e degli autotrasportatori – Codice del 20 giugno 2001

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proclamazioni di sciopero molto anticipate i sindacati possano “prenotare” la propria

manifestazione e impedire ad altre organizzazioni di proclamare un altro degli

scioperi.

Devono essere specificati i motivi per cui lo sciopero viene effettuato, nonché

i tempi e le modalità necessari. Di tali informazioni l’azienda o l’impresa erogatrice

deve rendere edotta l’utenza per il tramite dei mass media. Sembra pacifico che

l’indicazione circa i tempi esclude la possibilità dello sciopero ad oltranza e di durata

abnorme167. Si ritiene necessario specificare, ovviamente, la data dell’astensione ed

anche la collocazione temporale degli scioperi168.

E’ vietata la proclamazione plurima (detta anche scioperi a pacchetto) in molte

discipline di settore169, poiché secondo l’orientamento della Commissione, essa si

pone in contrasto con la regola dell’intervallo minimo170; ciò nonostante sono

ammesse eccezioni per alcuni settori171.

Questo è quanto devono operare le O.o. S. s.; i lavoratori poi scelgono se

scioperare o meno e con quali modalità. Ci si chiede, allora, quale sia la posizione del

sindacato con riguardo ad uno sciopero effettuato in maniera difforme dalla

proclamazione, se cioè il sindacato sia in tal caso responsabile. Il comportamento

difforme dei lavoratori potrebbe costituire un escamotage per i sindacati per evitare le

sanzioni della Commissione. Tra l’altro, nei procedimenti sanzionatori della

167 In tal senso anche Cass. 27 maggio 1996, n. 171, in Foro it., 1997, I, 1027. In senso critico rispetto al divieto Pera, Sulle tecniche di regolazione del conflitto nei servizi pubblici, in Riv. it. dir. lav., III, 1986, 67 168 Di solito le disciplina di settore specificano in tal senso la regola, V. anche del. 22 ottobre 1992 n. 20.a, verbale 12 febbraio 2003, n. 490, quanto alla specificazione della data; v. del 10 luglio 1997, n. 97/478-9.4, 10 giugno 1999/371-9.15, quanto alla collocazione temporale 169 Le discipline di settore, infatti, specificano che la proclamazione riguardi una sola azione di sciopero, cfr,. trasporto aereo, trasporto pubblico locale, trasporto ferroviario, soccorso e sicurezza autostradale, telecomunicazioni, servizio stradale ed altre. 170 V. del. n. 00/225, nonché 03/152 171 Cfr. i settori del credito, degli avvocati e dei metalmeccanici

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Commissione, quello riguardo i lavoratori si pone sempre come successivo ad uno già

aperto nei confronti del sindacato o dell’organizzazione spontanea che ha proclamato

o effettuato sotto propria bandiera lo sciopero.

Appare evidente che, per quanto sia da un lato vero che con la l. n. 146 del

1990 il ruolo delle organizzazioni sindacali si sia molto accresciuto ed abbia ispirato

anche alcuni autori a rivedere le proprie opinioni circa la titolarità del diritto di

sciopero, il ruolo del singolo scioperante non è irrilevante ai fini dell’applicabilità

della legge. La giurisprudenza, in un caso di sciopero effettuato in maniera difforme

da quanto previsto nel documento di proclamazione, ha, pertanto, escluso la

“responsabilità di tipo oggettivo” dell’organizzazione sindacale proclamante “per ogni

evento, anche non voluto, che a quella proclamazione” venisse “di fatto a connettersi

durante la giornata di sciopero” ed ha ritenuto illegittima la sanzione inflitta dalla

Commissione di garanzia alla O. S.172. Infatti, sebbene sia la parte sindacale a dover

procedere alla proclamazione nei modi e tempi previsti dalla legge ed altresì sia nella

libera scelta dei singoli lavoratori, anche non iscritti, partecipare o meno allo sciopero,

ciò nonostante il singolo scioperante deve attuare uno sciopero in maniera conforme

alla proclamazione. In caso contrario, egli è responsabile come se avesse scioperato

senza proclamazione.

La legge n. 83 del 2000 ha introdotto delle limitazioni alla libertà di revocare

uno sciopero pur se legittimamente proclamato e ciò allo scopo di scongiurare il cd.

effetto annuncio, così ponendo freno alla prassi molto frequente nel settore dei

trasporti di utilizzare in via strumentale la revoca degli sciopero già proclamati che

lascia in difficoltà gli utenti. La necessità di intervenire riguardo a tale aspetto era

stata evidenziata dalla Commissione di garanzia173, la quale era intervenuta con delle

172 Trib. Milano, 8 ottobre 2003, n. 2774 173 V. Relazione sull’attività della Commissione di garanzia 1/08/96-30/04/97; delibera 00/77 del 10 febbraio del 2000; proposta di cui alla delibera n. 98/8 del 22 gennaio 1998 su cui diffusamente Pino, Lo sciopero nel settore ferroviario, in Lav. inf., n. 5, 11 ss

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valutazioni negative dell’uso “abnorme” della prassi di proclamare per poi revocare

l’astensione174.

L’art. 2, comma 6, stabilisce che, data informazione all’utenza circa lo

sciopero, la revoca non è più ammessa e costituisce forma di azione sleale, con la

conseguenza che la Commissione potrà aprire il procedimento per irrogare le stesse

sanzioni a cui è sottoposto lo sciopero illegittimo (art. 13, lett. i).

Lo stesso articolo fa salva la revoca intervenuta a seguito di un raggiunto

accordo tra le parti. Le difficoltà interpretative riguardano la parola “accordo”. E’

evidente, infatti, che la dilatazione o la restrizione del significato che si dà ad essa

modificano sensibilmente la disciplina della revoca. Da un lato, un’interpretazione

estensiva darebbe luogo, infatti, alla possibilità di non pervenire allo sciopero senza

incorrere in alcuna sanzione qualora si profili un’“apertura” delle trattative sindacali,

dall’altro non verrebbe in tal modo scongiurato l’effetto annuncio, che colpisce in

particolare il settore trasporti.

La Commissione ha adottato un’interpretazione estensiva della lettera della

norma, ritenendo che non vi sia revoca tardiva nel caso in cui si rilevi un’evoluzione

nella posizione delle parti175; tale evoluzione è stata individuata nel caso in questione

nella corresponsione di retribuzioni dovute arretrate. Anche molti accordi di settore

prevedono la possibilità di revocare lo sciopero proclamato in presenza di “oggettivi

elementi di novità” nelle trattative.

La legge, inoltre, non prevede un termine entro il quale lo sciopero possa

essere revocato e stabilisce che la revoca è illegittima qualora sia già stata data

informazione all’utenza. La maggioranza delle discipline di settore prevede che

l’informativa debba essere fornita all’utenza cinque giorni prima dello sciopero176 e

che, dunque, entro questo termine la revoca dello sciopero risulti legittima.

174 V. dell. n. 98/372 e 98/375 del 25 giugno 1998. 175 V. del. 12 gennaio 2005, n. 10 176 Trasporto ferroviario, aereo, servizio postale, telecomunicazioni, appalti ferroviari, soccorso e sicurezza autostradale, taxi e altre

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Fanno eccezione pochi settori177 per i quali si è optato per un allungamento del

termine massimo di revoca dello sciopero a sei giorni178.

Tali termini sembrano, peraltro, non essere perentori se è vero che la

Commissione in occasione di uno sciopero revocato nei termini stabiliti, ha censurato

il comportamento della parte sindacale in quanto “profondamente scorretto nella

sostanza”179.

2.4. Intervallo minimo

La più raffinata (e complessa) delle regole introdotte dalla legge del 2000 è

quella relativa alla cd. rarefazione (soggettiva e oggettiva), detta anche dell’intervallo

minimo di cui all’art. 2, comma 2180. La norma è stata introdotta con l’intento di

evitare che gli scioperi incidenti sullo stesso servizio o sul medesimo bacino d’utenza

determinino un addensamento delle astensioni con conseguente pregiudizio per gli

utenti.

Interpretata letteralmente la norma sembra individui una regola di rarefazione

in senso oggettivo (proclamazione di uno sciopero da parte di un sindacato diverso da

quello che per ultimo ne abbia posto in essere un altro), ma la Commissione ha subito

precisato che la regola si intende valida anche in senso soggettivo (proclamazione di

uno sciopero da parte dello stesso sindacato che ha effettuato lo sciopero che

precede)181.

177 Art. 14 del. 31 gennaio 2002, n. 13 178 Trasporto locale, personale amministrativo e tecnico RAI, magistrati ordinari e onorari 179 Del. 20 luglio 2005, n. 415 180 Tra le misure finalizzate al contemperamento le parti “ devono altresì indicare intervalli minimi da osservare tra l'effettuazione di uno sciopero e la proclamazione del successivo, quando ciò sia necessario ad evitare che, per effetto di scioperi proclamati in successione da soggetti sindacali diversi e che incidono sullo stesso servizio finale o sullo stesso bacino di utenza, sia oggettivamente compromessa la continuità dei servizi pubblici di cui all'articolo 1”

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In verità la regola era già contenuta in alcuni accordi182 e, in una formulazione

molto simile a quella di legge, nel Patto dei trasporti del 1998, in cui, però, si

accompagnava, come si è visto in precedenza, ad una regolamentazione della

rappresentatività delle sigle sindacali per il settore dei trasporti.

Per alcuni servizi con peculiarità strutturali, come il trasporto aereo, l’applicazione

dell’istituto risulta piuttosto complessa. Difatti, l’art. 14 della provvisoria

regolamentazione del settore suddetto individua in primo luogo i bacini di utenza

nell’ordine di quattro -nazionale, interregionale, regionale e locale-; l’art. 15, poi,

determina che tra l’effettuazione di un’azione e la proclamazione della successiva da

parte della stessa sigla sindacale bisogna che intercorrano tre giorni183; all’art. 16 si

stabilisce che tra l’effettuazione di due successive azioni di sciopero debba decorrere

un arco temporale di dieci giorni liberi, arco temporale che sale a venti giorni

nell’area assistenza volo. L’applicazione delle regole enucleate porta all’impossibilità

che si verifichi una concentrazione degli scioperi ma tale divieto è stato posto in

dubbio da un successivo orientamento della Commissione184. Quest’ultima ha

espresso un parere difforme alla prassi degli ultimi anni del rispetto pedissequo delle

previsioni regolamentari ed ha deciso che essa stessa si riserva, di volta in volta, di

determinare quando la concentrazione possa dirsi lesiva del diritto degli utenti o

meno, esprimendo un parere caso per caso.

Del resto, il legislatore stesso (art. 13, lett. e)) ha conferito alla Commissione il

potere di rilevare l’eventuale concomitanza tra l’interruzione di servizi pubblici

181 Del. n. 00/225; vedi anche Di Cagno, Le regole dello sciopero, cit., 99, il quale nota che una valutazione preventiva circa la rappresentatività, e quindi del seguito che la manifestazione indetta dovrebbe avere, permetterebbe una applicazione più precisa della regola, a tutto vantaggio degli e con minori limiti per i sindacati. 182 V. la Proposta per il settore aereo del 23 giugno 1994; la disciplina del trasporto pubblico locale del 1994 e quella del trasporto ferroviario del 1998 183 V. delibera del 28 settembre del 2000, n. 00 184 Delibera n. 46 del 2003; delibera del 14 giugno 2006, 5 luglio 2006, 25 gennaio 2007, 22 febbraio 2007, 15 novembre 2007, n. 688 - delibere di indirizzo relative al settore aereo.

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alternativi che interessino il medesimo bacino di utenza causata da in addensamento

di sciopero.

3. Sciopero generale ed assemblea

La fattispecie dello sciopero generale nell’ambito dei servizi pubblici essenziali ha

posto dei problemi di tipo interpretativo ed applicativo.

La legge n. 146 del 1990 non contiene alcuna distinzione tra lo sciopero

generale e altri tipi di sciopero. L’applicazione di tutte le regole, legali o contrattuali,

di ciascun settore dei servizi pubblici essenziali, di certo, contrasta con l’interesse

sindacale alla riuscita dello sciopero generale, la quale richiede la più estesa

partecipazione dei lavoratori possibile. Nello stesso tempo lo scopo di

contemperamento del diritto di sciopero con gli altri interessi degli utenti sembra

affievolito per il caso dello sciopero generale, che è uno sciopero economico-politico

e trasversale a quasi tutte le categorie di lavoratori-utenti dei servizi essenziali.

La Commissione di garanzia ha adottato alcune delibere interpretative185 “in

relazione alla proclamazione di scioperi che per estensione (un intero settore o

intersettoriale), dimensione nazionale, potenziale partecipazione e impatto siano

valutabili come sciopero generale”. In particolare, ha introdotto delle eccezioni

all'applicazione della regola dell'intervallo oggettivo.

Ha precisato186 che la fattispecie, in linea con l’interpretazione della

Consulta187, in quanto capace di ledere i diritti degli utenti, non è estranea all’ambito

di applicazione della l. n. 146 del 1990.

L’Organismo di garanzia ha definito188 lo sciopero generale “l'azione collettiva

proclamata da una o più confederazioni sindacali dei lavoratori, coinvolgente la

185 Delibera n. 01/152 del 5 ottobre 2001; per una ricostruzione del dibattito tra i tecnici insorto della Commissione di garanzia sul tema dello sciopero generale si veda Monaco, Le forme particolari di astensione dal lavoro, in Di Cagno, Monaco, Lo sciopero nei servizi essenziali, cit., 115-117 186 Delibera di indirizzo del 24 settembre 2003, n. 134 187 Corte Costituzionale 10 giugno 1993, n. 276, in Giur. it. 1994, I, 138

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generalità delle categorie del lavoro pubblico e privato”. Successivamente ha

specificato189 che in caso di scioperi riguardanti tutte le categorie, ma in ambiti

territoriali limitati, le previsioni speciali di cui alla delibera precedente non trovano

applicazione e che190, per quanto concerne l’applicazione della disciplina della

rarefazione e l'individuazione dello sciopero proclamato per primo, bisogna riferirsi

all'atto di proclamazione dello sciopero generale. Non rientrano nella nozione di

sciopero generale accolta dalla Commissione le astensioni generali in un settore quale

lo sciopero di tutti i servizi di trasporto191 oppure lo sciopero del pubblico impiego192.

Nella delibera di orientamento sullo sciopero generale193 sono state indicate

quali delle regole previste dalla l. n. 146/1990 negli accordi e provvisorie

regolamentazioni di settore debbano essere applicate nel caso dello sciopero generale,

al fine di realizzare il miglior contemperamento tra diritti costituzionali della persona

e diritto di sciopero. Si prevede che la proclamazione della confederazione o delle

confederazioni deve rispettare il termine di preavviso e che entro tale termine devono

pervenire le adesioni di altre organizzazioni sindacali. La proclamazione e le adesioni,

poiché si tratta di sciopero economico-politico, non devono essere precedute dal

ricorso alle procedure di raffreddamento e conciliazione. Fermo restando l’obbligo di

assicurare le prestazioni indispensabili, non si applica il limite della durata massima

della prima astensione previsto dagli accordi o dalle regolamentazioni provvisorie di

categoria. Per quanto concerne la regola dell’intervello minimo, nel caso di

“rarefazione soggettiva” (quando gli scioperi che non rispettano l’intervallo minimo

sono proclamati nell’ambito della stessa o delle stesse confederazioni) la

Commissione provvederà all’indicazione immediata ai sensi dell’art. 13 lett. d) della 188 Delibera 03/134

189 Verbale n. 606 del 2005 integrativo della delibera 24 settembre 2003, n. 134 190 Verbale n. 710 del 2007 integrativo della delibera 24 settembre 2003, n. 134 191 Delibera 28 settembre 2005, n. 520 192 Delibera 2 giugno 2005, n. 326 193 Delibera 03/134

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legge 146/90, al fine di consentire una nuova formulazione della proclamazione e

delle adesioni tale da assicurare il rispetto di detto intervallo; nel caso, invece, di

“rarefazione oggettiva” (quando cioè la questione dell’intervallo minimo si pone in

relazione a proclamazioni da parte di altre confederazioni o di organizzazioni non

aderenti alla o alle confederazioni proclamanti), la Commissione si riserva di valutare,

al fine della eventuale adozione dei provvedimenti di cui al citato art. 13, se il

mancato rispetto dell’intervallo minimo possa in concreto impedire l’equo

contemperamento tra diritto di sciopero e diritti della persona costituzionalmente

garantiti, tenuto conto del possibile impatto delle astensioni collettive. Si deve fare,

comunque, riferimento all’intervallo intercorrente tra l’effettuazione degli scioperi,

senza che assuma rilievo la eventuale previsione, nella regolamentazione di settore,

della necessaria proclamazione dello sciopero soltanto dopo l’effettuazione di quello

precedente. Pure dalla delibera si rinvengono delle limitazioni soggettive rispetto alla

proclamazione, giacché la Commissione dà per scontato che lo sciopero generale

possa essere proclamato solo dalle “confederazioni sindacali dei lavoratori

maggiormente rappresentative”194.

Come è noto, l’assemblea retribuita di cui all’art. 20 dello Statuto dei

lavoratori consiste una fattispecie disomogenea rispetto al diritto di sciopero, ma con

esso ne condivide l’aspetto del mancato svolgimento della prestazione lavorativa. Si è

posto, pertanto, il problema dell’applicabilità della legge n. 146 del 1990 al caso di

assemblee di lavoratori delle imprese o degli enti erogatori dei servizi pubblici

essenziali. In questo caso, come nel caso nello sciopero generale, si pone quindi un

problema di interpretazione che riguarda la delimitazione dell’ambito di applicabilità

oggetto della normativa. In un primo momento la Commissione ha accolto

l’orientamento per il quale l’assemblea nei servizi pubblici essenziali è equiparata allo

sciopero, comportando un’identica astensione dal lavoro195, per poi specificare tale

assunto196.

194 Per la vicenda che ha coinvolto l’Organo garante e i sindacati a seguito della decisione del 24 settembre del 2003, n. 134, si veda Monaco, loc. cit., 119-123

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Pertanto, ha ritenuto che l’assemblea svolta secondo le regole dello Statuto e

della contrattazione collettiva non sia sottoposta alla legge n. 146/1990, a condizione

che siano garantiti i servizi minimi e che “ogni assemblea che – pur convocata ai sensi

dell’art. 20 della legge 300/1970 – si svolga con modalità differenti rispetto a quelle

previste dalla contrattazione collettiva, ivi compresa la mancata assicurazione dei

servizi minimi, sarà considerata astensione dal lavoro soggetta alla disciplina della

legge 146/1990 e successive modifiche, laddove incidente su servizi pubblici

essenziali”.

4. Sciopero dello straordinario e sciopero anomalo.

Secondo risalente e consolidato orientamento della Commissione di

garanzia197 lo sciopero dello straordinario, in quanto capace di causare disservizi nel

settore di riferimento con conseguenti disagi all’utenza, è sottoposto alle regole della

l. n. 146 del 1990. Di solito le discipline di settore, sia quelle che nascono

dall’autonomia negoziale che quelle disposte dall’Organo garante, contengono un

richiamo a questa interpretazione. In momenti successivi l’Autorità garante ha poi

specificato, se mai ve ne fosse stato bisogno, che per lavoro straordinario ai fini

dell’applicazione della legge si intende solo quello “contrattualizzato”, cioè chiesto

legittimamente dall’impresa198.

195 Delibere 16 settembre 1993, n. 13.5; 29 febbraio 1996 n. 8.16; 5 novembre 1998, n. 757; 7 settembre 2000, n. 205; 15 maggio 2003, n. 84. Negli stessi termini si è espressa la giurisprudenza: Pret. Roma 7 aprile 1997, in Dir. lav., 1998, II, 411; Trib. Milano 17 aprile 2002, in Riv. it. dir. lav., 2003, II, 8; App. Milano 18 novembre 2003, in, Riv. it. dir. lav., 2004, II, 272. 196 Delibera 04/212; in senso opposto App. Milano, sez. lav., n. 977 del 29 ottobre 2007, in Dir. relaz. ind., 2008, 1, 163, con nota di Monticelli; Trib. Roma, sez lav., n. 8348 del 2 maggio 2007, in Foro it., 2008, I, 1346 197 Delibera 19 dicembre 1991 n. 3.a 198 Delibere di indirizzo n. 03/130 e delibera n. 07/157

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Posto che la durata dello sciopero dello straordinario è di per sé limitata a

frazioni di tempo, si è previsto che esso possa avere una durata complessiva maggiore

di quella dello sciopero del tempo ordinario199. Per lo stesso motivo è prevista la

possibilità di proclamazioni plurime, nel senso cioè di poter proclamare insieme

sciopero dell’ordinario e del conseguente (o precedente) straordinario.

Per quanto concerne lo sciopero articolato, la Commissione prevede il divieto

generale di effettuarlo, in quanto200 suscettibile di arrecare grave pregiudizio ai diritto

costituzionalmente tutelati dei cittadini utenti. Lo sciopero articolato si pone in

contrasto con quanto disposto ai commi 1 e 2, dell’art. 2, i quali prevedono

rispettivamente che debba essere indicata la durata dell’astensione e che debba essere

rispettato l’intervallo minimo201. Lo stesso dicasi per lo sciopero articolato su turni di

servizio, il quale non permette con certezza di individuare la durata dello sciopero, né

di considerarne a priori gli effetti202. Con riguardo a quest’ultimo, in verità,

un’evoluzione di questo orientamento ha precisato203 che per i servizi strumentali lo

sciopero a turni incide in maniera meno evidente sui servizi all’utenza e, pertanto, è

consentito.

Anche il cd. sciopero delle mansioni, infine, rientra nell’ambito di

applicazione della legge n. 146 del 1990204, sempre che la mansione che si rifiuti di

svolgere sia da ritenersi essenziale ai fini della tutela dei diritti degli utenti.

199 Delibera di indirizzo n. 03/130 200 Delibera 2 aprile 1998, n. 98/158-9.29 201 V. Di Cagno, Le forme particolari di astensione dal lavoro, in Di Cagno, Monaco, Lo sciopero nei servizi essenziali, cit., 142 202 Delibera 6 dicembre 1993, n. 8.98; delibera 30 giugno 1994, 8.1; 13 novembre 1997, n. 97/728 203 Delibera 25 giugno 1998, n. 98/363 204 Delibera 18 novembre 1999, n. 99/623-13.9; delibera 8 aprile 1999, n. 99/221-10.4

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5. Il lavoro autonomo ed i codici di autoregolamentazione.

Importante novità introdotta nel 2000 è stata l’inserimento nella legge che

regola lo sciopero nei s. p. e. dell’art. 2-bis205 volto a regolare il conflitto nell’ambito

dei lavoratori autonomi, piccoli imprenditori e professionisti. Come è noto, il

legislatore ha recepito le indicazioni della Corte Costituzionale206 la quale aveva

statuito l’illegittima costituzionale dell’art. 2 commi 1 e 5 l. 12 giugno 1990, n. 146,

nella parte in cui non prevedeva, nel caso dell'astensione collettiva dei lavoratori, dei

piccoli imprenditori e liberi professionisti, l'obbligo d'un congruo preavviso e di un

ragionevole limite temporale dell'astensione e non prevedeva altresì gli strumenti

idonei a individuare e assicurare le prestazioni essenziali, nonché le procedure e le

misure conseguenziali nell'ipotesi di inosservanza. La legge, pertanto, attribuisce

piena e diretta soggettività alle organizzazioni collettive207 rappresentative dei

lavoratori autonomi a cui demanda l’elaborazione di codici di autoregolamentazione

che realizzino, per il caso dell’astensione, il contemperamento con i diritti della

persona costituzionalmente tutelati. In verità, l’estensione ai lavoratori della legge non

è propriamente un novità. L’art. 8 del vecchio testo, infatti, estendeva il potere della

competente autorità nel caso di precettazione anche nei confronti di lavoratori

autonomi e per i rapporti di collaborazione coordinate e continuative208. Tra l’altro, si

è notato, l’art. 1, comma 1, considera i servizi pubblici da garantire a prescindere dalla

205 “L’astensione collettiva dalle prestazioni, a fini di protesta o di rivendicazione di categoria, da parte di lavoratori autonomi, professionisti o piccoli imprenditori, che incida sulla funzionalità dei servizi di cui all’art. 1, è esercitata nel rispetto di misure dirette a consentire l’erogazione delle prestazioni indispensabili di cui al medesimo articolo” 206 Corte Cost., 27 maggio 1996, n. 171, in Mass. giur. lav., 1996, 464, con nota di Santoni; Giust. civ., 1996, I,2181 con nota di Pera 207 Di Cagno, I destinatari della legge, in Di Cagno, Monaco, Lo sciopero nei servizi essenziali, cit., 174 208 Santoni, “Lo sciopero degli avvocati” nel giudizio della Corte Costituzionale, in Mass. giur. lav., 1996, 465 ss.; D’Atena, Sciopero nei servizi pubblici, in Enc. Dir., III. Agg., Milano, 1999, 974; Rusciano, Art. 1, in Rusciano, Santoro Passarelli (a cura di), Lo sciopero nei servizi essenziali, cit., 8

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natura giuridica dei rapporti di lavoro209. Ciò nonostante, parte della dottrina negava

che la l. 146 del 1990 potesse trovare applicazione al di fuori dell’ambito del lavoro

subordinato, sulla scorta di un’interpretazione letterale dell’art. 2, comma 3, e dell’art.

4210, nonché della considerazione che solo i lavoratori possono opporre delle

rivendicazioni economiche alla controparte datoriale, rivendicazioni che sono genesi e

contenuto del diritto di sciopero. La legge non prende posizione in merito alla

questione di quale sia il fondamento dell’estensione dell’ambito di applicazione della

legge sullo sciopero nei s. p. e., se, cioè, anche ai lavoratori autonomi debba applicarsi

il disposto dell’’art. 40 Cost. oppure si tratti di altro diritto costituzionalmente

garantito. La Consulta, nella sentenza che prima si richiamava, osservava che il diritto

dei lavoratori autonomi trovava copertura non tanto “nell’esercizio di prerogative

strettamente sindacale211”, quanto nel disposto costituzionale dell’art. 18 che

garantisce la libertà di associazione. Gli studiosi si trovano per lo più concordi con la

ricostruzione richiamata e negano l’assimilazione di tali proteste a quelle proprie dei

lavoratori subordinati212.

Gli obblighi previsti dalla legge per i lavoratori autonomi sono, comunque, più

blandi di quelli imposti al lavoratore subordinato213: termine di preavviso non

inferiore a dieci giorni; indicazione della durata e della motivazione dell’astensione e

209 Ponari, Le manifestazioni conflittuali del lavoro autonomo, in Santoni (a cura di), Le regole dello sciopero, cit., 26 210 Menghini, L’astensione dalle udienze da parte degli avvocati e il problema dell’estensibilità del diritto di sciopero oltre il limite della subordinazione, in Riv. giur. lav., 1997, I, 89 ss. 211 D’Aponte, L’esercizio dei diritti sindacali nei rapporti di lavoro, Torino, 2010, 32 212 Santoni, Continuità ed innovazione nella disciplina degli sciopero nei servizi pubblici essenziali, Riv. it. dir. lav., I, 2000, 375; Menghini, loc. cit., 93 ss; Vallebona, La disciplina del lavoro autonomo, in Giur. lav., 2000, 16 ss.; contra Persiani, Diritti fondamentali della persona e diritti dei lavoratori a scioperare, in Dir. lav. 1992, I, 20 213 Il senso critico rispetto a tale scelta del legislatore, Di Cagno, I destinatari della legge, in Di Cagno, Monaco, Lo sciopero nei servizi essenziali, cit., 176

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fissazione delle prestazioni indispensabili. Ad oggi solo tre settori si sono dotati dei

codici previsti214; per il resto suppliscono le provvisorie regolamentazioni della

Commissione di garanzia. Il sistema sanzionatorio approntato è in parte differente, ma

su tale argomento non ci si addentrerà poiché l’esula dalla trattazione. Piuttosto

bisogna individuare il fondamento in base cui i lavoratori autonomi

6. Efficacia degli accordi sulle prestazioni indispensabili.

Il dibattito dottrinale circa la natura delle fonti extralegislative dello sciopero

nei servizi pubblici essenziali si è sviluppato, in particolare, attorno al loro valore

legale. Se esse, cioè, abbiano una natura dichiarativa215, e, dunque, l’art. 2 costituisca

una “norma perfetta”, formulata come fattispecie aperta, oppure possegga una natura

costitutiva216, o normativa, di “norma in bianco217”; se, in altri termini, il rinvio agli

accordi e ai codici sulle prestazioni indispensabili sia formale o recettizio.

214 Si tratta: del Codice degli autotrasportatori in conto terzi del 20 giugno 2001, dichiarato idoneo con delibera del 19 luglio 2001, n. 01/93; del Codice degli avvocati del 4 aprile 2007, dichiarato idoneo con delibera del 13 dicembre 2007, n. 07/729; del Codice dei magistrati professionali e onorari, in ordine ai servizi essenziali a norma degli artt. 1 comma 2 lett. A e 2 bis della Legge 12 giugno 1990, n. 146 e successive modificazioni, interpretata secondo il principio della ragionevole durata del processo, stabilito dall’art. 111 comma 2 della Costituzione, adottato il 5 maggio 2004, dichiarato idoneo con delibera del 21 ottobre 2004, n. 04/566 215 Santoro Passarelli, Art. 2, cit., 30; D’Antona, Crisi e prospettive della regolamentazione extralegislativa del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali, in Riv. giur. lav., I, 1991, 423; Treu, Le prestazioni indispensabili (artt. 2, 3, 19), in Treu-Roccella-Garilli-Pascucci, Sciopero e servizi essenziali, cit., 31; Curzio, Autonomia collettiva e sciopero nei servizi pubblici essenziali, Bari, 1992, 125; Persiani, Diritto fondamentali dei lavoratori e diritto dei lavoratori a scioperare, in Dir. lav., 1992, I, 2; Pino, Manuale, cit., 50 216 Ballestrero, Art, 2,3, 16, 19, cit, 175; Pascucci, Tecniche regolative del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali, Torino, 1999, 128; Gragnoli, Le regole per l’esercizio del diritto di sciopero, cit., 41; Vallebona, Le regole dello sciopero nei sevizi pubblici essenziali , cit., 32-33

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Per la prima delle ricostruzioni ricordate gli obblighi di legge sarebbero

immediatamente vincolanti218 anche in mancanza di accordo, ed in conseguenza

sarebbe legittima la comandata del datore di lavoro disposta in mancanza di accordo

(art. 2 e 19, comma 2)219. La preferenza degli Autori per tale soluzione è dipesa in

gran parte base dalla necessità di fornire un avallo costituzionale agli accordi sulle

prestazioni indispensabili, i quali si scontrerebbero con il disposto di cui agli artt. 39 e

40 Cost.. In altri termini, ci si è chiesto se possano dirsi legittimi accordi stipulati da

parte sindacale e parte datoriale che prevedano un procedimento di formazione

diverso da quello immaginato e mai realizzato dalla Costituente all’art. 39 Cost..

Altresì, se è pensabile che una disciplina rimessa alla decisione dei privati possa

inserirsi a completamento della riserva di legge di cui all’art. 40 Cost..

Ci sembra che gli accordi sulle prestazioni indispensabili si differenzino nella

loro natura dal contratto collettivo di diritto comune. Quanto al loro oggetto, essi non

sono manifestazioni dell’autonomia contrattuale in senso pieno; il contenuto è

tipizzato e verte su una materia su cui, in assenza del potere conferito dalla legge, non

potrebbero disporre e l’oggetto degli accordi non è quello tipico del contratto

collettivo220 che compone il conflitto tra datori di lavoro e lavoratori221. Quelli che

sono in discussione, infatti, non sono interessi dei lavoratori, bensì interessi degli

217 Le locuzioni in virgolette appartengono alla ricostruzione di D’Antona, Crisi e prospettive della regolamentazione extralegislativa del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali, in Riv. giur. lav., I, 1991, 423 218 Vallebona, Le regole dello sciopero nei sevizi pubblici essenziali , cit., 31-32 219 La tesi opposta, oggi prevalente grazie all’introduzione tra le fonti dello sciopero nei s. p. e. del potere di provvisoria regolamentazione della Commissione di garanzia, negava la legittimità della comandata e la considerava alla stregua della condotta antisindacale, v. Cass., 15 marzo 2001, n. 3785, in Lav. giur., 2001, II, 535 con nota di Carinci M. T.. Per un ricostruzione della contrastante giurisprudenza in merito all’argomento si veda Carinci M. T., L’immagine della l. n. 146 del 1990 nelle pronunce giurisprudenziali: l’affermazione del modello pubblicistico, in Quad. dir. lav. rel. ind., 25, 2001, 20. 220 D’Antona, La legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali e le tendenze del diritto sindacale, in Riv. giur. lav., 1989, I, 16 221 Vallebona, Le regole dello sciopero, cit., 33

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utenti, per cui la determinazione delle regole per l’esercizio del diritto di sciopero si

pone “al di fuori del contesto privatistico fondato sul contratto di lavoro222”. Al più, è

del diritto di sciopero quello di cui si discute. Così ragionando, quello della

costituzionalità della norma con riguardo all’art. 39 Cost. diventa un falso problema.

Per quanto concerne la riserva di legge di cui all’art. 40, si dà come punto di

partenza che essa sarebbe meglio qualificata come un invito del legislatore223 a

legiferare, simile a quello di cui all’art. 36, comma 3, Cost.. Si è anche notato che la l.

n. 146 del 1990 rescinde dalla riserva di cui all’art. 40 Cost., perché non determina

limiti nuovi al diritto di sciopero, bensì determina limiti già esistenti a ragione della

“coesistenza di altri diritti para ordinati e con esso potenzialmnete configgenti224”. Pur

ritenendola una riserva di legge relativa “essa non esclude che la determinazione di

certi limiti o modalità di esercizio del diritto di sciopero possa essere rimessa non solo

a fonti statali sub primarie, ma anche alla contrattazione collettiva (..), non essendo

possibile formulare regole uniformi per l’individuazione delle prestazioni

indispensabili225”. All’evidenza, ciò che accomuna i contratti collettivi, gli accordi

emanati ai sensi del d. lsg. n. 123 del 1993 e i codici di autoregolamentazione sulle

prestazioni indispensabili è il procedimento, in cui ha ruolo fondamentale la

Commissione di garanzia, necessario a dar loro validità e con cui si identifica il

contenuto tipico del contratto226. La l. n. 146 del 1990 si muove lungo “disegno

222Santoni, Le fonti di disciplina degli sciopero e l’efficacia della proposta della Commissione di garanzia, in Riv. it. dir. lav., I, 1999, 477; di questa opinione anche Corte Cost., 18 ottobre 1996, n. 344, in Foro it., 1997, I, 381 223Dell’Olio, Lo sciopero e la norma, in Dir. lav., 1988, I, 18; Persiani, Autoregolamentazione dello sciopero ed efficacia del contratto collettivo, in Dir. lav., 1989, I, pag. 7. 224 De Luca, La legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali: prime riflessioni, in Dir. lav. 1990, I, 34 225 Corte Cost., 18 ottobre 1996, n. 344, in Foro it., 1997, I, 381 226 Pascucci, Tecniche regolative del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali, Torino, 1999, 116

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combinatorio227” delle fonti di regolamentazione del diritto di sciopero e gli accordi

sulle prestazioni indispensabili i quali, privi della positiva valutazione della

Commissione di garanzia, non sono idonei a determinare le prestazioni indispensabili.

L’accordo produce effetti “pubblicisti228”, cioè con efficacia generale quando la

valutazione della Commissione di garanzia risulta positiva, valutazione che

rappresenta la condicio juris per la validità. Appare evidente che un accordo con

efficacia limitata ai soli soggetti che lo abbiano sottoscritto vanificherebbe l’intero

impianto della l. n. 146 del 1990. E’ proprio questo sistema di valutazione di tipo

pubblicistico che prospetta un’efficacia soggettiva generalizzata degli accordi. Si ha

quasi l’impressione ad una lettura completa del testo di legge che il legislatore si sia

spinto oltre quello che riusciva a prevedere senza, forse, rendersene conto. La base di

partenza è stata di sicuro l’autoregolamentazione sindacale di cui si diceva al capitolo

che precede. Il punto era: come dotare tali accordi di validità erga omnes, fermo

restando quell’art. 39 Cost.. da cui non si può prescindere. Ebbene, gli accordi sono

stati inseriti in un complesso procedimento che consta della qualificazione operata

dalle parti sociali e della valutazione della Commissione di garanzia229. In verità,

anche se è sembrato un meccanismo singolare, il coinvolgimento nella

determinazione delle regole dei soggetti interessati è elemento necessario per il caso

degli atti a contenuto regolamentare posti in essere dalle autorità amministrative

indipendenti230. Laddove cioè, i sindacati per i lavoratori e i datori di lavoro riescano a

giungere ad una soluzione concertata idonea al raggiungimento dei principi della

legge, la Commissione è tenuta al loro accoglimento. Oltre alle parti interessate

rispetto al diritto di sciopero, è poi importante il coinvolgimento nel procedimento di

valutazione delle associazioni degli per quanto riguarda i diritti della persona.

227 D’Antona, Crisi e prospettive delle regolamentazione extralegislativa del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali, in Riv. giur. lav. prev. sociale, 1991, 6, 422 228 Ballestrero, Art. 2, 3, 16, 19, cit., 136 229 Pascucci, Tecniche regolative dello sciopero nei servizi pubblici essenziali, Torino, 1999, 115 230 Su cui in fine del capitolo che segue.

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La soluzione immaginata dal legislatore si manifesta come una perfetta

applicazione di quanto previsto dal principio di sussidiarietà orizzontale di cui all’art.

118, comma 4, Cost., inteso quale strumento per l’allocazione delle funzioni

amministrative che riguardino l’erogazione di servizi ed attività di interesse

generale231. Ciò non toglie, comunque, che le valutazioni sulle prestazioni

indispensabili accolte negli accordi idonei, proprio in virtù dell’atto deliberativo della

Commissione, acquistino l’efficacia generale ed astratta propria delle norme di legge.

L’art. 2, insomma, si atteggia a norma sulla produzione, così come opera l’art. 13

della medesima legge con riguardo alla provvisoria regolamentazione della

Commissione di garanzia.

231 V. in merito Rescigno G. U., Principio di sussidiarietà orizzontale, in Dir. pubbl., 2002, I, 22; Camerlengo, Art. 118 Cost., in Bifulco, Celotto, Olivetti (a cura di), Commentario alla Costituzione, Torino, 2006, 2352

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Regolamentazione provvisoria della Commissione di garanzia

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CAPITOLO III

IL PROCEDIMENTO DI DETERMINAZIONE DELLE PRESTAZIONI

INDISPENSABILI: LA REGOLAMENTAZIONE PROVVISORIA

DELLA COMMISSIONE DI GARANZIA

1. Il potere della Commissione di garanzia di proposta e determinazione delle prestazioni indispensabili. 2.1. La regolamentazione provvisoria: la procedura. 2.2. Le percentuali di servizio. 2.3. Il rapporto con le ordinanze di precettazione ex art. 8. 2.4. La natura e gli effetti. A) La Commissione di garanzia e le autorità amministrative indipendenti. 2.5. B) Il potere normativo delle autorità amministrative indipendenti. 2.6. C) Il potere normativo della Commissione di garanzia. 3. L’impugnazione degli atti della Commissione di garanzia.

1. Il potere della Commissione di garanzia di proposta di

determinazione delle prestazioni minime indispensabili

L’intervento del legislatore del 2000 ha ampliato le attribuzioni della

Commissione di garanzia per l’attuazione della legge sullo sciopero nel sistema di

regolazione dello sciopero nei servizi pubblici essenziali rendendola il “fulcro”232 del

sistema.

Appare corretta, pertanto, la suddivisione dei poteri attribuiti all’organo di

garanzia233 all’art. 13 della legge n. 146 del 1990 nella seguente tripartizione: a) poteri

inerenti alla fase di predisposizione delle regole (preventivi alla proclamazione degli

scioperi); b) prerogative a seguito della proclamazione dello sciopero; c) poteri di

intervento successivi all’attuazione dello sciopero. In particolare, alla Commissione di

232 Cacciapaglia, I compiti della Commissione di garanzia, in La nuova disciplina dello sciopero nei servizi pubblici essenziali, a cura di Menghini-Miscione-Vallebona, Padova, 2000, 67

233 Pino, Manuale sul conflitto nei servizi pubblici essenziali , Torino, 2009, 95

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Regolamentazione provvisoria della Commissione di garanzia

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garanzia compete un potere di regolazione diretta del conflitto234, potere fin da subito

definito “il più rilevante attribuito alla Commissione235”.

Come è noto, il motivo che ha indirizzato il legislatore verso una modifica in

tal senso consiste nel fatto che lo scopo di autoregolazione del conflitto non aveva

trovato realizzazione e che in settori cruciali quali quelli del trasporto era risultato

indispensabile l’intervento della predisposizione di regole da parte dell’organo

garante236. La Commissione, che era stata immaginata nel 1990 come un organo che

disponesse di poche funzioni, facendosi affidamento al potere di moral suasion che

doveva derivarle dai modi e dai criteri di nomina, pertanto, diveniva organo capace di

incidere sull’andamento del conflitto e sul potere di individuare le prestazioni

indispensabili237.

La determinazione delle regole238 dello sciopero è rimessa dall’art. 2 per ogni

servizio essenziale agli accordi o codici valutati idonei dalla Commissione o, in

234 Ballestrero, La Commissione di garanzia dieci anni dopo, in Quad. dir. lav. rel. ind., 2001, 23 ss.; Santoni, Continuità e innovazione nella disciplina degli scioperi nei servizi pubblici essenziali, in Riv. it. dir. lav., 2000, 376; Ghezzi, La Commissione di garanzia nella legge di riforma tra profili funzionali e dinamiche delle istituzioni, in Arg. dir. lav., 2001, 1 ss.

235 Roccella, sub artt. 12-13-14, in Treu-Garilli-Pascucci-Roccella, Sciopero e servizi pubblici essenziali, Padova, 1991, 67 236 Così nel trasporto aereo la Commissione è intervenuto in assenza di accordo prima con la proposta del 3 agosto 1994 poi sostituita dal’articolata Regol. Provv. n. 01/91 del 17 luglio 2001; nel trasporto ferroviario vige l’accordo del 29 ottobre 2001, integrato dalla delibera n. 01/149 del 29 novembre 2001, ma fino al 1999, data del primo accordo, lo sciopero nel settore era regolato da una proposta della Commissione; nel trasporto pubblico locale trova applicazione la Regol. Provv. adottata con del. n. 02/13 del 31 gennaio 2002

237 In merito a tale passaggio si confronti il contributo di D’Aponte, Le autorità indipendenti e la Commissione di garanzia, in Santoni (a cura di), Le regole dello sciopero, Napoli, 2001, 79 ss.

238 Si ricorda che il TAR del Lazio, Sez. I, 20 maggio 2002, ha rigettato il ricorso dei sindacati avverso la regolamentazione provvisoria del trasporto aereo (del. n. 01/92). La delibera prevede regole piuttosto rigide in materia di rarefazione degli scioperi ma l’autorità giudicante ha rilevato che le regole “in ordine al preavviso, alla durata delle astensioni, alla rarefazione delle azioni di lotta” sono necessarie per garantire i diritti degli utenti.

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Regolamentazione provvisoria della Commissione di garanzia

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mancanza di questi ultimi, alla provvisoria regolamentazione della Commissione

stessa, che fino alla novella prendeva il nome di proposta. Il problema dell’efficacia

della proposta si pose subito dopo la promulgazione della legge n. 146 del 1990,

allorquando si evidenziava il problema di garantire il contemperamento dei diritto di

sciopero e dei diritti di cui all’art. 1 e i servivi minimi nei settori coinvolti anche in

mancanza di accordo. Le opinioni della giurisprudenza si concentrarono sulla

decisione che, in mancanza di accordo, avrebbe operato il rimedio di chiusura della

precettazione239. A sua volta, la Commissione di garanzia voleva che la propria

proposta fosse vincolante per le parti240.

L’obbligo di garantire le prestazioni indispensabili, pertanto, si riteneva avesse

efficacia immediata poiché, in mancanza di accordo, esso poteva essere specificato in

una proposta della Commissione241. Tra gli studiosi alcuni, anche prima della riforma

del 2000, ritenevano che la proposta avesse un’efficacia vincolante242, mentre altri,

con diverse argomentazioni a supporto della loro opinione, si orientavano per

un’interpretazione della proposta in termini restrittivi243. Pur discutendosi della

239 Pret. Milano, 3 giugno 1993, in ADL, 1996; TAR Lazio, Sez. I, 29 aprile 1992 n. 588, in Foro it., III, 183; Cass. 22 giugno 1998 n. 6193, in Mass. giur. lav., 1998, 570; Cass. 15 marzo 2001 3785, in Foro it, 2001, I, 1127. 240 In tal senso la Commissione stessa, tra le altre, nelle delibere 30 gennaio 1992, n. 8; 25 luglio 1992, n. 4. 241 Corte Cost. 18 ottobre 1996, n. 344, in Foro It., 1997, I, 381; Cass. 4 febbraio 1998, n. 1146, in Mass. giur. lav., 1998, 401

242 Pino G., Modelli di regolazione del conflitto nel settore del trasporto ferroviario, in Quaerni. dir. lav. rel. ind., 1992, 151; Santoni F., Le fonti di disciplina degli scioperi e l’efficacia della proposta della Commissione di garanzia, in Riv. it. dir. lav., 1999, I, pag. 193, il quale descriveva la proposta come un “atto di natura provvedimentale autoapplicativo con funzione regolamentare”.

243 Ballestrero, La Commissione di garanzia dieci anni dopo, in Quad. Dir. Lav., 2001, 23; Vallebona, Il ruolo del giudice nel sistema della legge sullo sciopero nei servizi essenziali, in Mass. giur. lav., 1991, 326, secondo cui si trattava di una semplice dichiarazione d’intenti; Roccella, Sub artt. 12-13-14, in Treu-Garilli-Pascucci-Roccella, Sciopero e servizi pubblici essenziali, Padova, 1991, 69, secondo cui le proposte della Commissione non possedevano valore vincolante per le parte ma costituivano “un punto di riferimento di grande peso per

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Regolamentazione provvisoria della Commissione di garanzia

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vincolatività della proposta, ad una sua violazione conseguiva sempre una valutazione

negativa da parte della Commissione e l’applicazione delle sanzioni relative ai sensi

dell’art. 4 della l. n. 146 del 1990244.

Le difficoltà interpretative della norma sono state superate dalla riforma del

2000 che ha assegnato efficacia obbligatoria alla delibera di regolamentazione

provvisoria della Commissione di garanzia, almeno fino al raggiungimento di un

accordo valutato idoneo (art. 2, c. 2; art. 13, lett. a).

2.1. La regolamentazione provvisoria: la procedura

Ai sensi dell’art. 13 lett. a), qualora siano valutate inidonee le prestazioni

indispensabili e le altre misure di contenimento delle azioni di sciopero individuate

dagli attori del conflitto collettivo, l’Organo garante “sottopone alle parti una proposta

sull'insieme delle prestazioni, procedure e misure da considerare indispensabili”. E’

una prima fase “meramente propositiva e provvisoria, destinata a venir meno a

seguito di pronunciamento delle parti245”. Se le parti non si pronunciano, l’Organo di

garanzia propone l’adozione della provvisoria regolamentazione delle prestazioni

indispensabili, delle procedure di raffreddamento e di conciliazione e delle altre

misure di contemperamento. E’ una “fase eventuale e deliberativa, sottoposta a

scadenze temporali, seppur configurata in termini di provvisorietà246”.

l’esercizio del potere regolamentare de datore di lavoro”; Gaeta, Art. 13, in Lo sciopero nei servizi essenziali. Commentario alla legge 12 giugno 1990, n. 146, a cura di Ruscianoe Santoro Passarelli, Milano, 1991, pag. 201, il quale configurava la proposta come un parere non vincolanete; Pilati, La Commissione di garanzia nelle opinioni dei giudici, in Lav. dir., 1998, 373, per il quale la proposta rappresentava una consulenza tecnica d’ufficio utilizzabile dal giudice per accertare i minimi di servizio.

244 Pino, I poteri della Commissione di garanzia, in Santoni (a cura di), Le regole dello sciopero, Napoli, 123

245 Pino, Manuale sul conflitto nei servizi pubblici essenziali , Torino, 2009, 101

246 Ibidem

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La delibera di proposta è un atto già completo che deve descrivere “l'insieme

delle prestazioni, procedure e misure da considerare indispensabili”247. Si tratta di un

atto non connotato da autoritatività e di tipo interlocutorio, di mediazione,

riconducibile agli atti recettivi. La Commissione, secondo la nuova formulazione

dell’art. 13, è tenuta ad indicare la “specifica motivazione” di inidoneità del contenuto

dell’accordo raggiunto dalle parti. L’obbligo di motivazione introdotto sottolinea il

permanere di un favor del legislatore per la soluzione concertata; si è anche letto nella

norma un implicito invito rivolto alla Commissione affinchè utilizzi la valutazione di

idoneità con una certa parsimonia248. L’Organo garante, consapevole che “l’ipotesi

che tiene insieme l’impianto della legge è quella dell’attitudine del sistema sindacale a

produrre autonomamente norme di contemperamento degli interessi in conflitto249”,

ha stabilito una procedura250 per l’esercizio del potere di proposta251, da adottarsi in

caso di mancanza o di modifica degli accordi collettivi.

La proposta giunge al termine di una fase avanzata del procedimento di

determinazione delle prestazioni indispensabili e delle altre misure in cui la

Commissione di garanzia ha ascoltato le parti, acquisito il materiale e l’informazione

sui servizi, acquisito il parere degli utenti, vi sono stati i tentativi di conciliazione, e

soprattutto è stato esaminato il contenuto dell’eventuale accordo proposto dagli attori

del conflitto252. A questo punto le parti potrebbero decidere di recepire nei quindici

giorni successivi alla delibera di proposta i contenuti in un accordo, seppur

discostandosi lievemente dal contenuto dell’atto della Commissione. Se nei quindici

247 Ibidem 248 La Macchia, L’organizzazione e i compiti della Commissione di garanzia, in La nuova disciplina dello sciopero nei servizi essenziali, (a cura di ) Pascucci, Milano, 2001, 220. 249 D’Antona, Contrattazione, rappresentatività e conflitto: scritti sul conflitto sindacale, Roma, 2000, 235 250 Contenuta nella delibera del 24 aprile 1997, n. 97/279 251 V. La Macchia, L’organizzazione e i compiti della Commissione di garanzia, cit., 221 252 La Macchia, L’organizzazione e i compiti della Commissione di garanzia, cit., 222

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giorni previsti ciò non accade, la Commissione procede ad una fase conciliativa in cui

verifica con i rappresentanti delle parti la mancanza di volontà degli attori del

conflitto di accordarsi sui contenuti proposti dall’Organo garante. Al termine dei

trentacinque giorni può dirsi, infine, conclusa la fase di proposta che, pertanto, può

terminare o in senso positivo, con il raggiungimento dell’accordo, o in senso negativo,

con la caducazione della delibera di proposta della Commissione.

E’ stato evidenziato in questa fase il lavoro attivo di mediazione svolto dalla

Commissione253. Si tratterebbe di una fase di composizione negoziale in cui la

Commissione svolge una funzione di mediazione pubblica, similmente ad altri

pubblici poteri impegnati nella composizione di controversie collettive254.

L’esito negativo della fase di proposta costituisce il presupposto indispensabile

per il passaggio ad una fase ulteriore di deliberazione della regolamentazione

provvisoria. Quest’ultima può ripercorrere pedissequamente la proposta oppure

discostarsi da essa. La regolamentazione provvisoria deve, però, essere regolativa in

toto dello sciopero per il servizio indicato e quindi deve possedere il carattere della

completezza. All’art. 13 lett. a) il legislatore individua il contenuto essenziale della

regolamentazione: prestazioni indispensabili, procedure di raffreddamento e di

conciliazione e altre misure di contemperamento dell'esercizio del diritto di sciopero

con il godimento dei diritti della persona costituzionalmente tutelati.

253 Ballestrero, sub 12-14, in Romagnoli-Ballestrero, Norme sull’esercizio di sciopero nei servizi pubblici essenziali, Commentario della Costituzione, fondato da Branca e continuato da Pizzorusso, Zanichelli, Il foro italiano, 1994, 279; Roccella, sub artt. 12-13-14, in Treu-Garilli-Pascucci-Roccella, Sciopero e servizi pubblici essenziali, cit., 39 254 Ballestrero, sub 12-14, in Romagnoli-Ballestrero, Norme sull’esercizio di sciopero nei servizi pubblici essenziali, Commentario della Costituzione, cit., 101, che richiama la previsione dell’art. 7, legge n. 223/1991, in materia di licenziamenti collettivi, secondo cui l’Ufficio provinciale del lavoro deve formulare delle proposte per un accordo con le RSA.

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2.2.Le percentuali di servizio

Il legislatore del 2000 ha precisato che le prestazioni devono essere erogate in

misura non eccedente nella media il cinquanta per cento di quelle normalmente

erogate (art. 13, c. 1) e devono coinvolgere quote “strettamente necessarie di

lavoratori”255 (art. 2, c. 2; art. 13, c. 1, lett. a) non superiori nella media ad un terzo del

personale normalmente utilizzato per la piena erogazione del servizio, nel rispetto,

altresì, delle condizioni tecniche e della sicurezza (art. 13, c. 1, lett. a). I limiti indicati

possono essere superati nel caso dell’erogazione completa del servizio nelle fasce

orarie garantite, e, inoltre, “eventuali deroghe da parte della Commissione, per casi

particolari, devono essere adeguatamente motivate con specifico riguardo alla

necessità di garantire livelli di funzionamento o di sicurezza strettamente occorrenti

all’erogazione del servizio” (art. 13, c. 1, lett. a). Nel decidere la misura delle

prestazioni si deve tener conto “dell’utilizzabilità di servizi alternativi o forniti da

imprese concorrenti” (art. 13, c. 1, lett. a).

Tali parametri costituiscono un punto di riferimento per la Commissione di

garanzia, sia per la valutazione della idoneità dell’accordo che per la formulazione

della regolamentazione provvisoria. La percentuale del cinquanta per cento delle

prestazioni indica la soglia minima del servizio che deve essere garantito256. La quota

del trenta per cento si riferisce, invece, a quanti lavoratori debbano rimanere in

servizio ed astenersi dallo scioperare. In verità risulta poco chiaro quale sia il rapporto

che intercorre tra le due disposizioni. “Il parametro” si è detto “è un vero

rompicapo257”. Dalla lettera della norma sembrerebbe che i requisiti debbano

sussistere in contemporanea258 ed è immediato chiedersi come sia possibile o meglio,

255 Dalla norma la Commissione ha dedotto il principio del “sacrificio minimo indispensabile del diritto di sciopero” di cui nella del. 6 novembre 1990, n. 7.

256 La tecnica era stata usata prima della riforma dalla stessa Commissione di garanzia nella proposta sulle prestazioni indispensabili per il settore aereo, del. 23 giugno 1994. 257 La Macchia, L’organizzazione e i compiti della Commissione di garanzia, cit., 227 258 V. Pino G., Manuale del conflitto nei servizi essenziali, cit., pag. 105

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sempre possibile, che con il trenta percento del personale si ottenga un servizio valido

al cinquanta per cento. Altresì, la norma non indica come vada applicato il criterio del

50 per cento; ad esempio, nel settore aereo se bisogna riferirsi al numero dei voli

oppure tener conto dell’importanza di essi o riferirsi alla lunghezza dei voli stessi.

Nelle valutazioni della Commissione il criterio della percentuale delle

prestazioni risulta di solito assorbente rispetto al criterio del terzo del personale; alla

quota dei servizi erogati, infatti, si fa riferimento per determinare negli accordi, nei

codici e nelle regolamentazioni le prestazioni indispensabili259. Sembra, peraltro,

condivisibile l’interpretazione260secondo cui l’indicazione del cinquanta e del trenta

per cento siano da considerarsi parametri orientativi per la Commissione e non

perentori. Il legislatore, infatti, utilizza l’avverbio “mediamente” laddove si riferisce

alle percentuali indicate e, inoltre, precisa che è fatta salva la possibilità di una

configurazione del servizio minimo che si discosti dalle indicazioni del cinquanta e

del trenta per cento (“salvo casi particolari”); in tale ultimo caso, la Commissione

deve fornire, però, la relativa motivazione.

Ciò che neppure è precisato dalla norma è se nelle percentuali indicate si

debba o meno includere il lavoro di chi non aderisce allo sciopero. Se pure è

condivisibile l’opinione secondo cui sarebbe “illogico e contrario al principio del

contemperamento”261 considerare ai fini della configurazione delle prestazioni

indispensabili le prestazioni di chi non ha dato adesione allo sciopero, dalla lettera

della norma –“il cinquanta per cento delle prestazioni normalmente erogate” e “quote

strettamente necessarie di personale non superiori mediamente ad un terzo del

personale normalmente utilizzato per la piena erogazione del servizio”- non sembra

potersi inferire tale differenziazione. Tra l’altro, il servizio spesso si compone di più

articolazioni e di personale di differenti categorie ma ai fini della normativa ciò che 259 Il criterio del 50 per cento del servizio erogato era già stato utilizzato come parametro di individuazione delle prestazioni indispensabili dalla Commissione prima della riforma del 1990, ad esempio nella delibera 23 giugno 1994 di proposta delle prestazioni indispensabili nel settore aereo.

260 Pino G., Manuale del conflitto nei servizi essenziali, cit., pag. 104 261 La Macchia, L’organizzazione e i compiti della Commissione di garanzia, cit., 228

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Regolamentazione provvisoria della Commissione di garanzia

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rileva è considerare la prestazione offerta all’utenza del servizio globalmente

considerato.

Altresì, all’art. 13 lett. a) si precisa che l’Organo garante “deve tenere conto

delle previsioni degli atti di autoregolamentazione vigenti in settori analoghi o

similari nonchè degli accordi sottoscritti nello stesso settore dalle organizzazioni

sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”. Viene ribadito,

anche nell’ipotesi del mancato accordo, il favor del legislatore per le soluzioni

concertate; la discrezionalità della Commissione nella individuazione del giusto

contemperamento non può prescindere dalla considerazione degli equilibri raggiunti

in via autonoma262.

Il criterio delle percentuali viene soppiantato da quello delle fasce orarie

laddove le prime non garantiscano il contemperamento del diritto di sciopero con i

diritti degli utenti costituzionalmente tutelati. In tale caso devono essere garantiti nella

misura di quelli normalmente offerti. Gli accordi devono anche indicare le modalità

tramite cui individuare “i lavoratori interessati”; di solito viene previsto un criterio di

rotazione.

Che cosa accade se non vi è un accordo né una regolamentazione provvisoria

della Commissione che indichi le prestazioni indispensabili? Che potere residua al

datore di lavoro? Il problema ha avuto una notevole importanza all’indomani della

promulgazione della legge 146 allorquando i datori di lavoro, in mancanza di

contratto, procedevano alla comandata di prestatori di opere per garantire i servizi

minimi.

La comandata era disposta a volte in via unilaterale, mentre alle altre si

conformava a quanto determinato dalla Commissione nella proposta. Secondo le

prime interpretazioni dei giudici di merito, poiché la legge non demandava alle

imprese ed alle amministrazioni erogatrici alcun potere di determinazioni delle

prestazioni e la proposta della Commissione non era da considerarsi vincolante, la

262 Vallebona, Le regole dello sciopero nei servizi pubblici essenziali, Torino, 2007, 43

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condotta del datore di lavoro che ordinava ai lavoratori scioperanti di garantire i

servizi minimi era giudicata come antisindacale263.

La sentenza della Corte Cost. n. 344 del 1996 e le successive sentenze della

Corte di Cassazione ritennero, però, dovute le prestazioni lavorative ordinate in

conformità a quanto previsto nella proposta a cui veniva attribuito un valore

vincolante legittimando in tal modo la comandata in servizio dei lavoratori necessari a

coprire le percentuali indicate nella proposta264.

Il quesito, è ovvio, ha perso la sua rilevanza con la riforma del 2000. La

centralità, infatti, assunta dalla provvisoria regolamentazione della Commissione di

garanzia, in carenza di accordi valutati idonei toglie ormai ogni residuo spazio alla

comandata unilaterale disposta dal datore di lavoro nell’individuazione delle

prestazioni indispensabili265.

2.3. Il rapporto con le ordinanze di precettazione ex art. 8

La novella del 2000 ha modificato, come è noto, il testo dell'art. 8 della l. 146

del 1990, norma che regola la precettazione per il caso dello sciopero nei servizi

pubblici essenziali. L'originario testo della norma prevedeva che l'autorità precettante,

nell'invitare le parti a desistere dal comportamento determinante una situazione di

pericolo per i diritti della persona costituzionalmente garantiti a causa di una

astensione collettiva, dovesse, tra gli altri obblighi da adempiere in via prodromica,

indicare alle parti di “attenersi al rispetto della proposta eventualmente formulata

263 V. decr. Pret. Cremona 28 maggio 1993 e decr. Pret. Milano 31 maggio 1993 in senso opposto, entrambe in Giur.it., 1994, 10, 911, decr. Pret. Mass 22 ottobre 1991, in Giust. Civ., 1992, 9, 2252; v. anche Vallebona, Accordo o precettazione: “tertium non datur”, in Dir. lav, 1993, 6, 541. 264 Corte Cost. 18 ottobre 1996, n. 344, in Foro it., 1997, I, 381; Cass. 4 febbraio 1998, n. 1146, in Mass. giu. lav., 1998, pag. 401; Cass. 20 marzo 1999, n. 262, in Mass. giur. lav., 1999, pag. 588. In senso contrario, però, successivamente Cass. 15 marzo 2001, n. 3785, in Lav. giur., pag. 535 e di recente Trib. Milano 14 agosto 2006, in Dir. lav., 2006,4, pag. 1046 265 Così Campanella, Il potere di comandata prima e dopo la L. n. 83/2000, in Lav. giur., 535

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dalla Commissione ai sensi dell'art. 13, comma 1, lettera a)”. Il mancato

accoglimento dell'invito comportava l'adozione dell'ordinanza di precettazione.

Per quanto riguardava i contenuti dell’ordinanza, la Commissione di garanzia

affrontava il problema in due delibere266 e precisava che le autorità precettanti non

fossero in potere di discostarsi dal contenuto della proposta “salvo che per la

comprovata necessità di adattarle o integrarle o specificarle in rapporto a particolari

condizioni ambientali”267. Anche la Corte Costituzionale268 riconosceva che l’autorità

governativa fosse vincolata “(pur con un margine di discrezionalità di adattamento

alle circostanze concrete) alle determinazioni dell’autonomia collettiva ai sensi

dell’art. 2”, tenuto conto che, “in caso di mancanza di accordo a livello d’impresa, le

prestazioni indispensabili” dovessero essere “da lui –datore di lavoro- determinate

unilateralmente (…) mediante specifici ordini di servizio conformi alle indicazioni

generali dell’intesa intervenuta a livello superiore della contrattazione collettiva

oppure (…) alla proposta presentata alle parti ai sensi dell’art. 13.” la giurisprudenza

di merito269 la legittimità dell'ordinanza di precettazione, qualora la pubblica autorità

avesse posto in essere integrazioni e modificazioni del disposto della delibera della

Commissione di garanzia adeguatamente motivate anche con considerazioni di

carattere generale in relazione all’interesse pubblico perseguito e avesse rinviato alla

delibera stessa per l'individuazione dei servizi minimi garantiti.

Anche la Corte di Cassazione270 si pronunciava, infine, sul rapporto tra

prestazioni individuate dalla Commissione nella proposta di cui all’art. 13 e il

contenuto dell’ordinanza di precettazione, fornendo una lettura singolare della norma.

La pubblica autorità poteva invitare, secondo la Suprema Corte, la Commissione di

266 Delibera 11 aprile 1991; Delibera 13 febbraio 1992

267 Delibera 11 aprile 1991

268 Corte Cost. 18 ottobre 1996, n. 344, in Mass. giur. lav., 1996, 69; 269 così anche TAR Lazio 4 maggio 1992, n. 588, in Riv. giur. lav., 1992, II, 911; v. TAR Lazio, Sez. III, 15 settembre 1999, n. 2784, in Banche dati Giuffrè; TAR Lazio, Sez. III, 16 febbraio 1995, n. 371, in Giur. merito, 1996, 126 270 Cass., Sez. lav., 6 novembre 1997, n. 10889, in Foro it., 1997, I, 3129

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garanzia a formulare la proposta sulle prestazioni indispensabili durante il

procedimento di precettazione. E quindi, laddove la proposta fosse già stata formulata,

le parti dovevano essere invitate dall’Organo precettante a rispettare le regole ivi

prefissate; in mancanza, la Commissione avrebbe avuto la facoltà a rendere, una volta

compulsata nel procedimento di precettazione speciale, una proposta riguardante le

prestazioni indispensabili per il servizio considerato. La Suprema Corte, peraltro,

precisava che l’Organo precettante non era tenuto con l’ordinanza a ripetere

pedissequamente quanto previsto dall’Organo garante nella proposta, anche se poteva

“considerarsi residuale ed eccezionale l’ipotesi della divergenza tra il contenuto

dell’ordinanza e quello della proposta della Commissione”.

In dottrina si riconosceva che qualora una proposta fosse già stata redatta dalla

Commissione, fosse obbligo della pubblica autorità invitare le parti ad attenersi al

contenuto di essa ed eventualmente a costringerle in tal senso assumendo quella

proposta a contenuto dell’ordinanza271.

Sembra condivisibile la ricostruzione272 secondo cui la proposta della

Commissione deve essere ricondotta ad un meccanismo regolativo fisiologico di tipo

“statico”, riferito cioè alla regolamentazione delle prestazioni indispensabili per un

“contesto dato”, mentre l’ordinanza risponde ad un meccanismo di tipo “dinamico”,

che adatta le prestazioni indispensabili a specifiche circostanze spazio-temporali.

La divergenza tra il contenuto dell’ordinanza e quello della proposta era,

pertanto, giustificabile qualora sussistesse la necessità di adeguare il contenuto della

271 Liso, La legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali: un primo breve commento, in Lav. inf., 1990, n. 12, 9; Treu, La precettazione “rivisitata”, in Treu- Roccella-Garilli-Pascucci, Sciopero e servizi essenziali. Commentario sistematico alla l. 12 giugno 1990, n. 146, Cedam, 1991, 85; Romagnoli, Art. 8, in Art. 40. Norme sull’esercizio dell’esercizio di sciopero nei servizi pubblici essenziali, in Commentario alla Costituzione, iniziato da Branca e continuato da Pizzorusso, 1994, Zanichelli, Bologna, Soc. ed. del foro italiano, Roma, 238. 272 Zoppoli A., La giurisprudenza sulla nuova precettazione (art. 8 l. 146 del 12 giugno 1990), in Quad. dir. lav. rel. ind., 1992, n. 12, 216.

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proposta al caso concreto di conflitto273. Spettava così all’organo amministrativo

motivare la difformità del contenuto degli ordini impartiti ai lavoratori, alle imprese e

alle amministrazioni rispetto alle previsioni contenute nella proposta, pena la censura

di illegittimità del provvedimento in sede di controllo giurisdizionale274.

Con la nuova formulazione dell’art. 8 il riferimento alla proposta di cui all’art.

13, tra l’altro assunte le vesti di provvisoria regolamentazione, viene meno. A sua

volta si inserisce il seguente inciso al secondo comma: “qualora la Commissione di

garanzia, nella sua segnalazione o successivamente, abbia formulato una proposta in

ordine alle misure da adottare con l'ordinanza al fine di evitare il pregiudizio ai

predetti diritti, l'autorità competente ne tiene conto”.

Ad una prima lettura sembrerebbe che il legislatore abbia fatta propria

l’interpretazione del vecchio testo della norma fornita dalla pronuncia della Corte di

Cassazione che poc’anzi si ricordava. La Commissione di garanzia, quindi, potrebbe

formulare, pur non essendo obbligata a farlo, una proposta che di volta in volta

determini le prestazioni indispensabili e le altre misure necessarie per il

contemperamento del cui contenuto, si dice, l’organo precettante deve “tenere in

273 Treu, Elementi per un bilancio della l. n. 146/1990, in Riv. it. dir. lav., 1992, I, 326-327; Romagnoli, Art. 8, in Art. 40. Norme sull’esercizio dell’esercizio di sciopero nei servizi pubblici essenziali, cit., 328; Pascucci, L’esercizio del diritto di sciopero nei servizi essenziali: una prima ricognizione, in Dir. lav. rel. ind., n. 58, 1993, 411; Zoppoli A., La giurisprudenza sulla nuova precettazione (art. 8 l. 146 del 12 giugno 1990), cit., 217; Vallebona, Il ruolo del giudice nel sistema della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, in Mass. giur. lav., 1991, 328; Corsinovi, Le ordinanze di precettazione, in Quad. dir. lav. rel. ind., 1992, n. 12, 201

274 Zoppoli, Art. 8, in Rusciano-G. Santoro Passarelli (a cura di), Lo sciopero nei servizi essenziali. Commentario alla legge 12 giugno 1990, n. 146, Milano, 1991, 122

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conto”275. Ciò significa che dal contenuto della proposta eventualmente formulata

l’autorità precettante può discostarsi, con l’obbligo di motivare il dissenso276.

Una ulteriore interpretazione, con una forzatura poco condivisibile del testo

della legge, vuole che con il termine proposta il legislatore abbia inteso far riferimento

anche alla stessa provvisoria regolamentazione277.

Il nuovo articolo 8 non contiene più il richiamo alle prestazioni indispensabili;

l’ordinanza, si è notato, non deve più garantire, secondo il più recente testo della

norma, l’osservanza delle prestazioni indispensabili, bensì approntare le misure

necessarie, nello specifico momento, a prevenire il pregiudizio ai diritti della persona

costituzionalmente tutelati278. Si ricorda, inoltre, come si esaminava nel paragrafo

precedente, che la Provvisoria regolamentazione della Commissione è ancorata a

parametri definiti dalla legge e che lo stesso Organo garante è tenuto a fornire la

motivazione dell’eventuale difformità delle prestazioni come stabilite nel documento

di provvisoria regolamentazione dai suddetti parametri. L’ordinanza che si discostasse

dalla provvisoria regolamentazione, allora, dovrebbe, a sua volta, contenere la

motivazione della difformità.

Alla luce del nuovo testo sembra, pertanto, ragionevole concludere nel senso

di attribuire all’innovazione del testo di legge un nuovo significato. Non più

un’ordinanza che ricalca e attribuisce efficacia erga omnes alla “vecchia” provvisoria

regolamentazione, bensì due provvedimenti distinti nei loro ruoli e negli obiettivi che

vogliono perseguire. Con una regolamentazione efficace erga omnes, nel descritto

275 Orlandini, Art. 8, in La nuova disciplina dello sciopero nei servizi essenziali, (a cura di) Pascucci, Milano, 2000, 179-180; Vallebona, Le regole dello sciopero nei servizi pubblici essenziali, Torino, 2007, 144, il quale correttamente ricorda che di tale potere di proposta della Commissione si fa riferimento anche all’art. 13, lett. f) della legge.

276 D’Atena, Per la riforma è subito banco di prova: dal 26 aprile operativa la disciplina, in Guida al diritto. Il sole 24 ore, 29 aprile n.15, 32; Orlandini, Art. 8, cit., 173 277 Pino , Manuale del conflitto nei servizi essenziali, cit., pag. 110

278 Orlandini, Art. 8, cit., 180

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quadro di “separazione tra regole “fisiologiche” e regole “d’emergenza”279, verrebbe

in crisi la lettura unitaria del concetto di “prestazioni indispensabili”280. Infine, deve

ricordarsi che la Commissione di garanzia, come si è visto, se lo ritiene opportuno,

può intervenire nel procedimento di emanazione dell’ordinanza fornendo una

proposta la quale eventualmente conterrà le prestazioni indispensabili necessarie al

contemperamento.

2.4. Natura ed effetti. A) La Commissione di garanzia e le autorità

indipendenti

E' oramai opinione comune, alla luce delle nuove funzioni ad essa assegnata

dalla l. n. 83 del 2000, che la Commissione di garanzia possa essere ascritta alla

categoria delle cd. agenzie e autorità amministrative indipendenti281, organismi con

funzioni di regolazione e garanzia in settori cd. “sensibili”282 - come i mercati

finanziari, i mezzi di comunicazione di massa, la concorrenza fra le imprese,

l’erogazione di servizi pubblici essenziali - contrassegnati da un deficit d'efficacia

279 Ibidem 280 Pascucci, La riforma della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, in Giornale dir. amm., 2000, n. 8, 15, il quale parla di oggetto più limitato della proposta di ordinanza 281 Tra gli altri al riguardo, prima dell’emanazione della novella del 2000, Ballestrero, La Commissione di garanzia, in Quad. dir. lav. rel. ind., 1992, 12, 47; Cassese, La Commissione di garanzia per l’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, in Riv. giur. lav., 1991, 403 ss.; De Marco, Le funzioni delle “autorità indipendenti”, in Labriola (a cura di), Le autorità indipendenti. Da fattori evolutivi ad elementi di transizione nel diritto pubblico italiano, Milano, 1999, 110. Dopo: Caringella, Garofoli, (a cura di), Le autorità indipendenti, Napoli, 2000, 79; Santoni, Lo sciopero, Napoli, 158; D'Aponte, Le Autorità indipendenti e la Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero, in Le regole dello sciopero, Santoni (a cura di), Napoli, 2001; Merusi, Passaro, Autorità indipendenti, in Agg. VI, Enc. Diritto, Giuffrè editore, 2002, 143 ss. e, con riferimento alla Commissione di garanzia, pag. 161; così anche, riferendosi alla tesi maggioritaria in dottrina, Cass. Civ., 15 marzo 2001, n. 3785, in Lavoro nella giur., (Il) 2001, 535 con nota di Carinci 282 Giuffrè, Declino del Parlamento-legislatore e crescita del potere d'inchiesta: la soluzione al problema della responsabilità delle autorità indipendenti, in Labriola (a cura di), Le autorità indipendenti. Da fattori evolutivi ad elementi di transizione nel diritto pubblico italiano, Milano, 1999, 186

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della normazione legislativa parlamentare283. Le autorità indipendenti intervengono

per garantire la concorrenza e la par condicio tra i competitors, ma anche per

correggere i possibili effetti distorsivi nell’economia del libero mercato. La

Commissione di garanzia per l’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi

pubblici essenziali, in verità, opera in un campo in parte differente284. Come è noto, la

Costituzione all’art. 40 con il riconoscimento del diritto di sciopero in capo ai

prestatori d’opere è intervenuta nel mercato del lavoro correggendo l’asimmetria

esistente. La Commissione di garanzia è stata introdotta per ristabilire l’equilibrio a

fronte degli effetti lesivi degli interessi dei terzi utenti provocata dalla misura di

correzione utilizzata, lo sciopero come diritto285.

Le autorità indipendenti sono state introdotte in Europa – Inghilterra e Francia

- negli ultimi trenta anni sull’esempio del modello, in parte modificato,

nordamericano delle indipendet regulatory agencies, organismi negli Stati Uniti dalla

tradizione secolare286. La necessità di un intervento pubblico sugli interessi privati

che nel contempo facesse salva la libertà del mercato è sorto alla fine degli anni

ottanta allorquando negli Sati europei ha preso piede un modello neo-liberista. Si è

attivato, con l’emergere della preponderanza del ruolo del mercato, un processo di

trasformazione della tradizionale concezione dello Stato, non più interventista -

positivo, pianificatore, gestore- e sempre più Stato regolatore287.

Nel nostro ordinamento, in particolare, la nascita e la diffusione di questi

nuovo organismi ha rappresentato la soluzione al problema della perdita del controllo 283 Morisi, Verso una democrazie delle politiche? Un'angolazione politologica per le autorità “indipendenti” in Italia, in Predieri, Le autorità indipendenti nei sistemi istituzionali ed economici, I, Milano, 1997, 65, che riconduce la proliferazione delle authorities alle ricostruzioni del potere pubblico quale Stato arbitro, Etat stratège in Francia o enabling State in Gran Bretagna. 284 Clarich, Autorità indipendenti. Bilancio e prospettive di un modello, Bologna, 2005, 19 285 Merusi, Sul potere di regolamentazione provvisoria della Commissione di garanzia per l’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali, in Riv. giur. lav., 2001, I, 14 286 Si veda per il passaggio da quella statunitense a quella europea Cirillo, Chieppa (a cura di), Le autorità amministrative indipendenti, Padova, 2002, 3 e ss. 287 Cfr. per tutti La Spina, Majone, Lo Stato regolatore, Bologna, 2000

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Regolamentazione provvisoria della Commissione di garanzia

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statuale sul settore dei servizi di interesse collettivo con la cessione dei monopoli di

Stato ai privati. Organismi imparziali dovrebbero garantire uno sviluppo corretto del

processo di privatizzazioni288 e una corretta regolamentazione di diritti nuovi289, cioè

di diritti di rango costituzionale la cui scarsa regolamentazione nell’ordinamento si

scontra con l’avanzare delle istanze pluralistiche, o diritti che la Costituzione non

aveva riconosciuto in quanto tali290. Certo, un ruolo importante è stato giocato

dall’incidenza per tali nuovi diritti dei principi comunitari della libertà di circolazione

di beni, persone, capitali e servizi sui modelli organizzativi pubblici291. Per dirla con

le parole di un Autorevole studioso, le autorità indipendenti mirano oggi a regolare il

“pluralismo là dove esso è più antagonistico che cooperativo e, dunque, essendo

autodistruttivo, ha maggiormente bisogno d’essere tenuto sia in vita che a bada292”. Si

noti, inoltre, come il passaggio dal regime di concessione della Consob e dalla Banca

d’Italia ad un sistema autorizzatorio non discrezionale che si traduce in potere di

vigilanza293 si è prodotto proprio nel medesimo tempo in cui avanzava la

deregulation294.

288 Giffi, Tipi di autorità indipendenti, in Cassese, Franchini (a cura di), I garanti delle regole, Bologna, 1996, 27 e 28; Clarich, Autorità indipendenti. Bilancio e prospettive di un modello, Bologna, 2005, 19 289 D’Aponte, Le Autorità indipendenti e la Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero, cit., 87, che si richiama al concetto di “diritto di nuova generazione” elaborato da Bobbio, L’età dei diritti , Torino, 1997 290 Merusi, Sul potere di regolamentazione provvisoria della Commissione di garanzia per l’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali,cit., il quale pone l’accento sulla libertà economica, prima, secondo l’Autore, affermata all’art. 41, comma 1, ma poi negata al successivo comma 3. 291 D’Aponte, Le Autorità indipendenti e la Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero, cit., 86 292 Romagnoli, Autorità di garanzia e regolazione del pluralismo, in Amato(a cura di) Regolazione e garanzia del pluralismo, Milano, 1997, 62 293 Manetti, Autorità indipendenti (dir. cost..), (voce) in Enc. Giur. Treccani, 1997, 2 294 Romagnoli, Autorità di garanzia e regolazione del pluralismo, in Amato (a cura di), Regolazione e garanzia del pluralismo, cit., 57

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Le authorities rappresentano l’evoluzione più rilevante nell’ambito delle

istituzioni pubbliche, definiti veri “governi di settore” 295, zone di controllo e di

disciplina distaccate dal potere autoritativo della Pubblica Amministrazione e,

dunque, dall'area decisionale del Governo296 come delineata dall’art. 92 Cost.,

soggetti, nel nostro ordinamento, solo alla legge e, dunque, all’autorità del

Parlamento. Le istituzioni che si suole raccogliere nella categoria delle autorità

amministrative indipendenti297 sono quelle che a partire dalla nascita della CONSOB

(Commissione nazionale per le società e la borsa, nata nel 1974298) si sono

moltiplicate299 nel nostro ordinamento per la regolazione di settori e di materie in cui

interessi collettivi o diffusi richiedono una particolare protezione dalla presenza e

dall’azione di operatori con forti poteri di influenza. Alla CONSOB ha fatto seguito

l’ISVAP NEL 1982, l’Istituto per la vigilanza sul settore assicurativo, la quale ha

assunto nel 1998 un profilo più preciso di indipendenza nel momento in cui le furono

attribuite tutte le funzioni in materia assicurativa che prima erano di competenza del

Ministero dello Sviluppo Economico e del CIPE.

Nel 1981 è stato istituito il Garante per l’editoria, che nel 1997 è divenuto

l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Nel 1990 con l’approvazione della

normativa antitrust è nata l’Autorità garante della concorrenza e del mercato e la

Commissione di garanzia per l’attuazione della legge sullo sciopero nei s.p.e..

295 La definizione (il corsivo è dell’Autore) è di Cerulli Irelli, “ Premesse problematiche” allo studio delle amministrazioni indipendenti, in Bassi, Merusi (a cura di), Mercati e amministrazioni indipendenti, Milano, 1993, 23. 296 Lombardi, Authorities e poteri neutrali, in Democrazia e diritto, 1995, 422. 297 Di seguito, per brevità, a. i. 298 In verità anche la Banca d’Italia, istituita con la legge bancaria del 1936, già possedeva le caratteristiche di una autorità indipendente ante litteram in quanto garante supremo della stabilità della moneta e del sistema del credito. Talaltro, nonostante in dottrina si sia sempre dubitato potesse essere inserita de plano alla categoria delle Authorities, recente pronuncia, Cons. Stato, VI. Sez., 5 settembre 2005, n. 4521, in Foro amm. CDS 2005, 9, 2666, ha ritenuto che all’ente sia applicabile lo speciale rito giurisdizionale abbreviato di cui all’art. 23 bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, introdotto dalla l. 21 luglio 2000, n. 205 299 Clarich, Autorità indipendenti. Bilancio e prospettive di un modello, Bologna, 2005, 15

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Risalgono al 1994 l’Autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione e

l’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici, al 1995 l’Autorità per l’energia elettrica e il

gas, al 1996 il Garante per la protezione dei dati personali. Negli ultimi anni sono

state create l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e

forniture del 2006, che ha soppiantato l’Autorità di vigilanza dei lavori pubblici del

1994, e con il d. lgs. n. 150 del 2009 è stata istituita la CIVIT, Commissione per la

valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche, con il

compito di indirizzare, coordinare e sovrintendere all'esercizio indipendente delle

funzioni di valutazione del lavoro svolto dai dipendenti pubblici.

E’ appena stata istituita, con il d. l. 6 dicembre 2011, n. 201, il cd. decreto

salva Italia del Governo Monti, l’Autorità deputata a regolare le liberalizzazioni del

settore trasporti di cui all’art. 37 del decreto suddetto. In verità, dalla norma - secondo

comma dell’art. 17 - la quale prevede che i futuri regolamenti parlamentari di

attuazione dovranno “individuare tra le Autorità indipendenti esistenti, l'Autorità che

svolge competenze assimilabili a quelle previste dal presente articolo”, sembra potersi

desumere si tratti dell’ampliamento dei poteri di una authority già esistente. Non è

specificato di quale si tratti e si lascia supporre che l’unica che per materia e poteri

potrà incidere sul settore sarà l’AGCM.

E’ bene ricordare che, poiché non esiste a tutt’oggi un comune modello

normativo unitario delle autorità indipendenti e i tentativi di introdurre una normativa

comune di riferimento di rango costituzionale sono ad oggi tutti naufragati300, è la

dottrina301 ad operare una sistemazione, attribuendo tale qualifica ad istituzioni

300 V. ad es. Niccolai, Le autorità indipendenti nel progetto di revisione costituzionale, in Labriola (a cura di) Le autorità indipendenti. Da fattori evolutivi a elementi di transizione nel diritto pubblico italiano, Milano, 1999, 205 301 Si sono elencati gli organismi sulla cui riconduzione alla categoria di autorità indipendenti la dottrina è concorde, fatti salvi gli ultimi due per motivi cronologici. Si veda per un elenco Merusi, Passaro, Le Autorità indipendenti, Bologna, 2003, 112. Le opinioni non sono omogenee con riguardo ad altri organismi, quali ad es. l’ARAN e il difensore civico. Si tende, infatti, ad escludere dal novero delle a.i. le agenzie sulla scorta della loro appartenenza all’organizzazione ministeriale, v. Foà, I regolamenti delle autorità amministrative indipendenti, Torino, 2001, 47

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disomogenee che, cioè, possiedono poteri e caratteristiche tra loro differenti302 e,

soprattutto, un differente grado di autonomia ed indipendenza a seconda del profilo

organizzatorio prescelto303.

Tutte le authorities perseguono una finalità di carattere giustiziale304, ossia di

protezione di alcune categorie di interesse, mentre operano in posizione di autonomia

nei riguardi del governo e dei soggetti imprenditoriali operanti nei settori di interesse.

Solo la Banca d’Italia, la Consob e l’ISVAP sono dotate di personalità giuridica.

L’elemento dell’autonomia, negli altri casi, è garantito, in primo luogo, dalle modalità

di nomina dei membri, scelti tra studiosi e tecnici di rinomata professionalità tramite

una procedura di cooptazione che prevede un’ingerenza del Parlamento. Le soluzioni

circa i criteri e i procedimenti di nomina adottate dal legislatore sono, in verità,

piuttosto diverse. Secondo un modello più risalente, la scelta dei membri è effettuata

dal Governo su parere espresso dalle commissioni parlamentari (es.: CONSOB e

Autorità per l’energia elettrica ed il gas); per un secondo, la scelta avviene con

l’investitura parlamentare a maggioranze qualificate (es.: Garante per la privacy); per

un terzo, con la nomina da parte dei presidenti delle due Camere (es.: Autorità garante

per la concorrenza e per il mercato; Commissione di garanzia per l’attuazione della

legge sullo sciopero)305. I tempi del mandato non corrispondono con quelli delle

rappresentanze elette dai cittadini e sussiste la limitazione o addirittura l'assenza della

possibilità di conferma. Sono previste regole sulle incompatibilità e sui conflitti di

interesse per garantire l’estraneità dei membri rispetto a gruppi politici o economici.

Ogni a.i. gode di una autonomia organizzativa e contabile, ma solo in alcuni casi

finanziaria.

302 Vedi in proposito le annotazioni in Duret, Le autorità indipendenti: ovvero dei personaggi in cerca d’autore, in Jus, 1996, 117 303 Marzona, Il potere normativo delle autorità indipendenti, in Cassese, Franchini (a cura di), I garanti delle regole, Bologna, 1996, 93 304 D’Alberti, Autorità indipendenti (dir. amm.), (voce) in Enc. Giur. Treccani, 1995, 1 305 Cfr. Merusi, Passaro, Le autorità indipendenti, Bologna, 2003, 112

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Alle autorità la legge ha attribuito, con intensità differente per ognuna di esse,

funzioni di controllo e, alle volte, anche di regolazione e sanzione, in una posizione di

terzietà rispetto agli interessi coinvolti306. Accanto a poteri di tipo amministrativo esse

esercitano poteri di normazione secondaria e poteri dirimenti di controversie, al punto

che si è parlato di esse come una sorta di versione in miniatura di uno Stato

ridisegnato. Per certi versi, tali organi appaiono non rispettare il principio della

divisione dei poteri307, in quanto non sono collocati nel potere esecutivo, da cui per

definizione si pongono in posizione di indipendenza, procedendo, d’altro canto, in

forme quasi giurisdizionali308. Si ricorda, peraltro, per quel che concerne la presunta

violazione del principio della separazione dei poteri, che da tempo in dottrina esso è

stato ridimensionato309 e, se non soppiantato, almeno contemperato da quello di

competenza310.

Le autorità indipendenti sono state anche identificate con un munus pubblico,

in virtù del quale esercitano una pluralità di funzioni già imputabili all’ordinamento

statale. La loro modalità di intervento è però nuova, poiché per il settore alla cui

306 Nicodemo, Gli atti normativi delle autorità indipendenti, Padova, 2002, 77 307 Il quale, comunque, è un principio astratto ed ispiratore della struttura democratica che mai ha trovato perfetta applicazione nella realtà; cfr. le annotazioni di Cassese, La Commissione nazionale per le Società e la Borsa- Consob e i poteri indipendenti, in Riv. società, 1994, I, 422 e ss 308 A riguardo di vedano i riferimenti di Amato, Autorità semi-indipendenti ed autorità di garanzia, in Riv. trim. dir. pubbl., 1997, I, 650 ss., ad organismi di common law, che pur sempre considerati di diritto pubblico, procedono nella loro attività con la forma dello iuris dicere 309 Cfr., Foà, I regolamenti delle autorità amministrative indipendenti, Torino, 2002, 6, il quale richiama le autorevoli opinioni di Kelsen, Teoria generale del diritto dello Stato, Milano, 1952, 285; Bassi, Il principio della separazione dei poteri (evoluzione problematica), in Riv. trim. dir. pubbl., 1965, 29 ss.; Silvestri, La separazione dei poteri, Milano, 1979; Bognetti, la divisione dei poteri, Milano, 1994 310 Foà, I regolamenti delle autorità amministrative indipendenti, cit., 7, che in merito richiama gli studi di Cheli, Potere regolamentare e struttura costituzionale, Milano, 1967, 230 ss.; Guarino, Osservazioni sulla potestà regolamentare, in Rass. dir. pubbl., 1948, 81 e ss.; Crisafulli, Gerarchia e competenza nel sistema costituzionale delle fonti, in Riv. trim. dir. pubbl., 1960, 775 e ss.

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regolazione è deputata, ogni a. i. utilizza ognuna delle funzioni pubbliche, di solito

attribuite a soggetti differenti, che le è necessaria311. In tal modo con l’ampliarsi dei

compiti dello Stato contemporaneo si sono riconosciute ad alcune strutture

organizzative pur sempre statali un margine più o meno vasto di autonomia

operativa312. Il pluralismo che caratterizza la società contemporanea si ripercuote sul

sistema normativo e su quello istituzionale313. Da un lato, così, il pluralismo rende

difficile l’organizzazione delle fonti sulla base di un sistema piramidale, mentre

dall’altro il pluralismo istituzionale non permette di classificare in modo definitivo il

fenomeno delle autorità indipendenti e di ricondurle nell’alveo del potere

giurisdizionale o governativo.

E’ stata evocata314 per descrivere la modalità con cui operano gli organismi in

parola la teoria della pluralità degli ordinamenti giuridici propria della teoria

istituzionistica del diritto315 sviluppata con riguardo al settore creditizio, ricostruito

appunto quale ordinamento sezionale316. In alcuni casi, come per le autorità

indipendenti, tali ordinamenti possono porre in essere una attività normativa che

produce effetti al di fuori dell’ordinamento stessi, che finisce per costituire gruppo

giuridico intermedio tra l’ordinamento generale (lo Stato) e le collettività generali (la

311 Nicodemo, Gli atti normativi delle autorità indipendenti, Padova, 2002, 36; si ricorda che la Corte Cost., ord. 2 giugno 1995, n. 266, in Giur. Cost., 1995, 1658, con riguardo al Garante per la radiodiffusione e l’editoria, che le attribuzioni del Garante, disciplinate dalla legge ordinaria, “non assumono uno specifico rilievo costituzionale né sono tali da giustificare, nonostante la particolare posizione di indipendenza riservata all'organo nell'ordinamento, il riferimento all'organo stesso della competenza a dichiarare in via definitiva la volontà di uno dei poteri dello Stato”. 312 Bassi, Introduzione, in Mercati e amministrazioni indipendenti, (a cura di), Bassi, Merusi, Giuffrè, Milano, 1993, VII, 313 Predieri, L’erompere delle autorità amministrative indipendenti, Firenze, 1997, 7 e ss. 314 Foà, I regolamenti delle autorità amministrative indipendenti, Torino, 2002, 36 315 Santi Romano, L’ordinamento giuridico, Firenze, I ed., 1918, II ed. 1946, ristampa 1962, 106 ss. 316 Giannini, Gli ordinamenti sezionali rivisitati (traendo spunto dall’ordinamento creditizio) in Amorosino (a cura di), La ristrutturazione delle banche pubbliche, Milano, 1991, 6 ss.

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società civile). Ciò si verifica laddove l’ordinamento produce regole proprie osservate

dai suoi componenti317.

Tutte le leggi istitutive delle autorità indipendenti seguono lo schema di

indicare i beni della vita di rango che si intende proteggere (o contemperare), e,

quindi, creare l’organismo che su quel settore sensibile così individuato dovrà

governare. Il tal modo il legislatore “riempie” la riserva di legge costituzionale con

l’istituzione di una autorità indipendente; le leggi istitutive sono delle “leggi sulla

produzione” che “rimettono a nuovi centri di potere la disciplina di settori che,

almeno in parte, il legislatore ha deciso di sottrarre al controllo politico”318. Si

tratterebbe, pertanto, di nuove norme di riconoscimento319 attributive di competenze

normative.

Si badi bene che, come poc’anzi si diceva, alle autorità indipendenti vengono

attribuite dalla legge le attività più disparate, che il più delle volte non vengono

qualificate. La dottrina ha preso, pertanto, a definire la principale funzione di questi

organismi con il termine regolazione, cioè un termine atecnico320, che esula dalla

classica tripartizione dei poteri e che ha preso piede nella letteratura specializzata

proprio con l’emergere delle authorities. Ciò che deve essere subito puntualizzato è la

differenza tra attività di cd. regolazione321, propria delle autorità indipendenti che

regolano, appunto, un determinato settore, e l'attività di regolamentazione, propria

dell'autorità governativa. Tale differenza non esclude per principio che l'attività di

317 Giannini, Gli elementi degli ordinamenti giuridici, in Riv. trim. dir. pubbl., 1958, 219 ss., spec. 232; così anche Giannini, Gli ordinamenti sezionali rivisitati (traendo spunto dall’ordinamento creditizio), cit., 13 318 Foà, I regolamenti delle autorità amministrative indipendenti, Torino, 2002, 51 319 Lo schema di ricostruzione della fonte di legge utilizzato è quello noto di Crisafulli, Lezioni di diritto costituzionale, Padova, 1993, spec. 24 320 Riviezzo, Autorità indipendenti e ordinamento costituzionale, in Quad. cost., 2005, 321 321 Sulla evoluzione del potere pubblico in da Stato di diritto a Stato regolatore v. su tutti La Spina, Majone (a cura di), Lo stato regolatore, Bologna, 2000

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regolazione non possa avvalersi di strumenti – v. il potere regolamentare- da sempre

prerogativa dell'attività di regolamentazione322.

Appare, comunque, complesso il loro inquadramento costituzionale, poichè

scontano la loro origine di organismi nati in ordinamenti di common law. Non a caso,

con riguardo al tema della natura giuridica delle autorità indipendenti le posizioni in

dottrina sono molto distanti l’una dall’altra.

Un orientamento ha riconosciuto ad esse una natura di tipo giurisdizionale o

paragiurisdizionale323. Da un lato l’autonomia rispetto al potere governativo, dall’altro

la posizione di terzietà ed indifferenza rispetto agli interessi in nei settori di

competenza, rivelerebbero una natura che solo in apparenza è amministrativa ma si

sostanzia nell’esercizio di un potere giurisdizionale. Molti degli organismi in

questione, infatti, svolgono una funzione arbitrale somigliante alla risoluzione dei

conflitti del potere giurisdizionale implicante l’esercizio, al massimo, di una

discrezionalità tecnica324.

Contro tale tesi si impone la subordinazione alla verifica della magistratura del

loro operato e il principio dell’unità della giurisdizione e del conseguente divieto

dell’istituzione di giudici speciali di cui all’art. 102 Cost.325.

322 Foà, I regolamenti delle autorità amministrative in dipendenti, Torino, 2002, 2 323 Perez, Autorità indipendenti e tutela dei diritti, in Riv trim. dir. pubbl, 1992, 115 ss.; Cfr. anche Rossano, Intervento, in Panunzio (a cura di), I costituzionalisti e le riforme, Milano, 1998, 359 ss.,il quale le a.i alla Corte dei Conti e giunge alla conclusione che i loro atti non possano essere sottoposti a sindacato giurisdizionale; per il riconoscimento di una natura paragiurisdizionale con riguardo alla Commissione di garanzia dello sciopero Raffi, Sciopero nei servizi pubblici essenziali, Milano, 2001, 38; in generale per una disamina delle posizioni della dottrina v. Cuniberti, Autorità amministrative indipendenti e Costituzione, in Riv. dir. cost., 2002, 3 ss.. 324Sulla discrezionalità tecnica, in termini generali ed aggiornati v. Villata, L’atto amministrativo, discrezionalità tecnica e valutazioni riservate, in Mazzarolli, Pericu, Romano, Roversi Monaco, Scoca (a cura di), Diritto Amministrativo, Bologna, 2005, Vol. II, 1400 ss. e la bibliografia ivi citata 325 V. Corte Cost. 8 settembre 1995, n. 419, in Giur. Cost., 3021 ss. e 15 settembre 1995, n. 435, ibidem, 3420

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Altresì, esse sarebbero per alcuni una sorta di “quarto potere”326, in virtù del

loro carattere neutrale e della loro posizione di imparzialità e saggezza tecnica. Una

ricostruzione azzarda la loro natura di enti autarchici della “federazione europea327”,

nati per realizzare la democrazia economica che si manifesta nel mercato

concorrenziale328. Ad esse, pertanto, al fine di realizzare gli obiettivi imposti,

spetterebbero non solo i poteri attributi dalla legge, bensì anche quelli derivanti da una

non meglio precisata “natura delle cose329”.

Un orientamento più recente tende a riconoscere alle authorities una funzione

paralegislativa. La regolazione degli interessi presupporrebbe, infatti, una

discrezionalità più ampia di quella amministrativa330, assimilabile a quella politica331.

La tesi dominante332 riconduce le autorità amministrative indipendenti al

potere amministrativo, poiché ne valorizza il nomen juris ed i loro poteri di

regolazione, controllo e vigilanza del settore di competenza. Di questo avviso è anche

326 Cassese, Le autorità indipendenti: le origini storiche e problemi odierni, in Cassese, Franchini (a cura di), I garanti delle regole, cit., 222 327 Merusi, Democrazia e autorità indipendenti, Bologna, 2000, 75 328 Merusi, Sul potere di regolamentazione provvisoria della Commissione di garanzia per l’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali, cit., 15, le virgolette sono dell’Autore 329 Idem, 16 330 Manetti, Poteri neutrali e Costituzione, Milano, 1994, 181; Niccolai, I poteri garanti della Costituzione e le autorità amministrative indipendenti, Pisa, 1996, 221 331 Manetti, Poteri neutrali e Costituzione, cit., 182-183 332 Tra gli altri, Massera, “Autonomia e indipendenza” nell’amministrazione dello Stato, in Scritti in onore di M. S. Giannini, III, Milano, 1995, 175 e ss.; Morbidelli, Sul regime amministrativo delle autorità indipendenti, in Predieri (a cura di), Le autorità amministrative nei sistemi istituzionali ed economici, Firenze, 1996, 145 e ss. nonché la dottrina in tale contributo citata; Amato, Autorità semi-indipendenti ed autorità di garanzia, in Riv. trim. dir. pubbl., 1997, I, 659

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la giurisprudenza di legittimità333 per la quale esse non possono rappresentare un

tertium genus, in nessun modo compatibile con il nostro ordinamento.

Nonostante l’elevato tecnicismo e la posizione di indipendenza, l’attività

svolta da questi organi è assimilabile a quella svolta da un organo della P. A. e si

concretizza in una valutazione discrezionale di ponderazione dei vari interessi

coinvolti, ai fini della scelta del provvedimento da adottare nell'interesse pubblico.

Certo, esse rappresentano un modello di amministrazione diverso da quello su cui si è

fino ad ora strutturato il nostro ordinamento, ma non in conflitto con l’art. 97 Cost. ed

in cui prevale il profilo della separazione tra potere esecutivo ed apparato

amministrativo334. Appare, inoltre, congruente l’opinione, seppure isolata, di chi335

riconosce il fondamento costituzionale di questi organismi nel principio di

sussidiarietà orizzontale di cui all’art. 118, comma 2, Cost., articolo, come già si

ricordava, introdotto nel nostro ordinamento per effetto della revisione costituzionale

operata con l. n. 3 del 2001. L’ampliamento dei confini e della concorrenzialità del

mercato, come è noto, ha prodotto un passaggio della gestione di servizi di pubblica

utilità (ciò, almeno, per molti di essi) dall’apparato pubblico ai privati. Ciò ha

prodotto la nascita di settori dell’autonomia privata funzionalizzati ad interessi

pubblici. In questo senso l’intervento regolatore delle autorità indipendenti si impone

come un intervento minimo, legittimo solo laddove esso risulti conforme al principio

costituzionale in parola, che, pertanto, rappresenta anche il criterio di valutazione del

giudice degli atti amministrativi posti in essere dalle authorities.

333 Cass. Civ. 20 maggio 2002, n. 7341, in Giust. civ. mass., 2002, 879, Dir. & formazione, 2002, 1711 con nota di Alessandrini, Foro it., 2002, I, 2680 con nota di Granieri; la sentenza riconosce alla autorità garante per la protezione dei dati personali la natura di pubblica amministrazione 334 Nicodemo, Gli atti normativi delle autorità indipendenti, cit., 48-56; Amato, Autorità semi-indipendenti ed autorità di garanzia, in cit., 659 335 Del Prato, Principio di sussidiarietà e regolazione dell’iniziativa economica privata. Dal controllo statale a quello delle autorità amministrative indipendenti, in Riv. dir. civ., 2008, I, 257

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B). Il potere normativo delle autorità amministrative indipendenti

Il legislatore, si accennava, ha attribuito ad agenzie ed autorità indipendenti la

facoltà di emanare, tra gli altri, atti a contenuto generale, ma, in linea con il

generalizzato silenzio sul fondamento e la ratio di questi nuovi organismi, non ha

precisato alcunché in ordine alla natura di questi. In tal modo si è posto subito il

problema di catalogare tali atti, alcuni dei quali, a parere ormai consolidato degli

studiosi, appaiono travalicare i confini dell’atto amministrativo generale presentando

caratteristiche simili ai provvedimenti di legge. La dottrina, infatti, è ormai concorde

nell’attribuire un potere normativo336 alle autorità indipendenti. Alcune delle fonti

prodotte dai suddetti organi autorità possiedono, qualunque sia il nomen juris che a

loro si attribuisca e i problemi che sottostanno a tale consegna da parte della legge, un

carattere di innovazione dell’ordinamento giuridico. Sussiste, come è evidente, una

mancanza di legittimazione formale del loro potere normativo, a cui, si è detto,

supplisce una legittimazione sostanziale, data dalla rilevante diffusione del fenomeno

e dal ruolo di notevole importanza nel contesto della normativa comunitaria337. Anche

si è sostenuto che il mancato utilizzo di una espressione più definitoria e puntuale da

parte degli studiosi, quale quella di potestà e potere regolamentare, dipenda dalla

necessità di lasciare aperta la questione della misura o del grado di creatività delle

manifestazioni “normative” delle autorità indipendenti338. Per quanto concerne il

336 Giannini, CONSOB, in Flick, (a cura di), CONSOB, L'istituzione e la legge penale, 1987, Milano, 59 ss.; Merusi, Passaro, Le autorità indipendenti, in Enc. Dir., Agg. VI, Giuffrè, 2002, 8; Del Prato, Autorità indipendenti, norme imperative e diritto dei contratti: spunti, in Riv. Dir. Priv., 2001, I, 515; Marzona, Il potere normativo delle Autorità indipendenti, cit., 87 ss.; Bilancia, Attività normativa delle autorità indipendenti e sistema delle fonti, in Labriola (a cura di), Le autorità indipendenti, Milano, 1999, 147 ss.; Nicodemo, Il potere normativo delle autorità indipendenti, cit.; Politi, La potestà normativa delle autorità amministrative indipendenti, in Longobardi (a cura di) Autorità amministrative indipendenti e sistema giuridico-istituzionale, Torino, 2004. 337 Cintioli, I regolamenti della autorità indipendenti nel sistema della fonti tra esigenze della regolazione prospettive della giurisdizione, in www.giustizia-amministrativa.it 338 Marzona, Il potere normativo delle autorità indipendenti, in Cassese, Franchini (a cura di), I garanti delle regole, Bologna, 1996, 88; contra Foà, I regolamenti delle autorità

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titolo del potere normativo delle autorità indipendenti, oltre il necessario fondamento

legislativo, incidono principi costituzionali o comunitari che presiedono agli specifici

ambiti di intervento. La stessa copertura costituzionale della potestà normativa

nascerebbe direttamente dal mercato e andrebbe ricondotta agli artt. 21, 41, 47, 97

Cost., nonché ai principi comunitari della concorrenza, delle libertà di circolazione e

stabilimento e della tutela dell’investitore-risparmiatore339.

Certo, si é presentato subito il problema della compatibilità costituzionale di

un potere normativo che la legge rimette in capo ad organismi privi di legittimazione

democratica, in quanto al di fuori dello schema previsto dall’art. 70 Cost.340. E, difatti,

tale un'attribuzione è stata anche definita una delle “più macroscopiche manifestazioni

della caduta della sovranità popolare del Parlamento”, giustificate dalla circostanza

secondo cui le authorities posseggono un plusvalore in termini di conoscenza

specializzata in ambiti particolarmente complessi, e con la conseguenza che, poichè

sono loro a attribuite competenze normative, esecutive e contenziose, esse partecipano

non solo all'astratta predisposizione della regola, ma anche alla qualificazione di

fattispecie concrete nella fase applicativa341. Altresì, si è paventato il dottrina il

pericolo di una deriva tecnocratica342 che si richiama alla “cupa religione del

amministrative indipendenti, Torino, 2002 ed anche Nicodemo, Il potere normativo delle autorità indipendenti, spec. 232., la quale, al di là del titolo dell’opera, sostiene che il potere sia sempre e di necessità regolamentare 339 Chieppa, Lopilato, Studi di diritto amministrativo, Milano, 2007, 203 340 Riviezzo, Autorità indipendenti e ordinamento costituzionale,cit., 322, il quale nota che questa difformità può costituire facile occasionare per la maggioranza di governo di esercitare poteri costituzionali senza il controllo delle minoranze; Nicodemo, Gli atti normativi delle autorità indipendenti, cit., 94 341 Così Giuffrè, Declino del Parlamento-legislatore e crescita del potere d'inchiesta: la soluzione al problema della responsabilità delle autorità indipendenti, in Labriola (a cura di), Le autorità indipendenti. Da fattori evolutivi ad elementi di transizione nel diritto pubblico italiano, Milano, 1999, 186 342 Caianiello, Le autorità indipendenti tra potere politico e società civile, in Foro it., 1997, 341

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tecnicismo” di Carl Schmitt343. Condivido, a riguardo, l’annotazione che tali

organismi, per quanto formati da insigni studiosi e tecnocrati, non possano mai del

tutto essere considerati organi non politicizzati. In primo luogo, pur se le scelte

politiche circa la regolamentazione del settore vengono compiute in gran parte dalla

legge istitutiva, ad essi permane comunque un margine, più o meno ampio, di

discrezionalità, non solo circa l’applicazione delle regole, ma anche circa la

determinazione di esse. Anzi, mi appare acuto l’avvertimento di chi sostiene che,

proprio perché non vi è un meccanismo di responsabilità politica innanzi al

Parlamento – oppure quello che c’è, ossia le relazioni annuali, non è sufficiente –

sussiste il pericolo che esse potrebbero divenire sacche di potere avulse dal circuito

democratico344.

Ciò precisato ed ancora in premessa ad un ragionamento circa le fonti

normative prodotte dalle a. i., si ricorda che, secondo dottrina e giurisprudenza

pressoché consolidate, il sistema delle fonti è concluso al grado primario, ma aperto al

livello secondario345 e ciò appare anche alla luce della novella costituzionale e del

rinnovato art. 117 Cost346.

Il fenomeno dell’attribuzione del potere normativo alle autorità indipendenti,

come è stato notato347, rispecchia le vicende che un secolo fa portarono

all’attribuzione al Governo del potere regolamentare. L’esigenza dell’attribuzione di

un potere normativo all’esecutivo trovava allora fondamento in un triplice ordine di

esigenze e/o motivazioni. In primo luogo, si riteneva che per l’organo legislativo dello

343 Carl Schmitt, Il custode della Costituzione, trad. it., Milano, 175 ss. 344Cfr. Manetti, Poteri neutrali e Costituzione, cit., 149 ss. e la sua tesi della mistificazione 345 Corte cost., 21 maggio 1970, n. 79, in Giur. cost. 1970, 460, Crisafulli, Lezioni di diritto costituzionale, Padova, 1993, 144 346 Cintioli, I regolamenti della autorità indipendenti nel sistema della fonti tra esigenze della regolazione prospettive della giurisdizione, in www.giustizia-amministrativa.it 347 Foà, I regolamenti delle autorità amministrative indipendenti, Torino, 2002, 51

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Stato fosse impossibile “con assoluta precisione per via di norme generali”348

determinare in ogni aspetto l’attività degli organi esecutivi e che per tale motivo era

preferibile dotare l’amministrazione di facoltà discrezionali. Dall’altro canto, si

constatava l’incapacità del Parlamento di emanare norme di dettaglio su cui, al

contrario, l’apparato l’amministrativo ben poteva esprimersi in virtù dell’ausilio dei

propri tecnici. Infine, si registrava per tali materie la necessità di veloci adeguamenti

in tempi e luoghi differenti nelle norme suddette, impossibili nei lunghi percorsi

parlamentari e agevoli per l’esecutivo349.

Con la ridefinizione dei rapporti operata con l. n. 400 del 1988 (in particolare

con l’art. 17) si andò sostituendo ad una concezione formalisticamente garantista del

principio di legalità un orientamento e una tendenza alla valorizzazione e

all’ampliamento dell’area normativa secondaria, “anche allo scopo di eliminare

controlli e vincoli non necessari all’attività privata, non per un antistorico ritorno ad

un liberalismo normativo di stampo ottocentesco, bensì per sostituire i vincoli

esistenti con un insieme di regole veramente essenziali al funzionamento del mercato

(...)”350.

Gli stessi problemi che hanno coinvolto l’affermarsi del potere regolamentare

del Governo, pertanto, si pongono con riguardo per il potere delle a.i.. Questa linea di

ragionamento parte dalla premessa, che mi appare giusto precisare che, con riguardo

alla natura degli organi in parola, si trova più aderente alla realtà quella che le

rappresenta come organi amministrativi, benché con le caratterizzazioni che si sono in

precedenza indicate.

Il principio di legalità esige che il potere regolamentare trovi esplicito

fondamento in una fonte primaria; ciò detto, si ricorda che, secondo gli indirizzi della

dogmatica delle fonti, il criterio di gerarchia è temperato dal criterio di competenza

348 Cammeo, Corso di diritto amministrativo, Padova, 1914, 223 ss. 349 Cammeo, ibidem 350 Marzona, Il potere normativo delle autorità indipendenti,cit., pag. 100-101

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per regolare i rapporti tra la legge e la fonte regolamentare351. Quest’ultimo criterio è

utilizzato anche per legittimare gli atti delle autorità indipendenti, i quali non sono

soggetti al potere regolamentare e direttivo dell’autorità di governo352 e può venire in

aiuto per trovare un fondamento al potere normativo. Infatti, se è vero che le leggi

istitutive delle autorità indipendenti si atteggiano a fonti di produzione, è anche vero

che non sempre tali leggi individuano con precisione i poteri di normazione rimessi

alla competenza degli organi in questione. Altresì, si è fatto riferimento alla teoria dei

poteri impliciti353 per giustificare la produzione di norme secondarie non sorrette dal

fondamento di legge. E non appare casuale che si prenda in prestito una elaborazione

prodotta nello stesso ordinamento da cui provengono le authorities.

E’ noto che non sia semplice giungere ad una puntuale definizione di

“regolamento” giacchè trattasi di una fonte che si caratterizza per una commistione di

elementi propri della funzione esecutiva e legislativa354, con l'evidente difficoltà di

stabilire quando un atto amministrativo possa essere qualificato come regolamento e

quando invece esso meriti altra collocazione sistematica355. Sembra, peraltro,

351 Zanobini, Gerarchia e parità tra le fonti (1939), ora, in Scritti vari di diritto pubblico, Milano, 1955, 299; Cheli, Potere regolamentare e struttura costituzionale, Milano, 1967, 213 ss.; Carlassare, Regolamento dell’ esecutivo e principio di legalità, Padova, 1966, 262 352 Cerulli Irelli, “Premesse problematiche” allo studio delle amministrazioni indipendenti, in Bassi, Merusi (a cura di), Mercati e amministrazioni indipendenti, Milano, 1993, 6, il quale descrive l’indipendenza quale caratteristica dell’organizzazione 353 Foà, I regolamenti delle autorità amministrative indipendenti, 63-65 354 Nicodemo, Gli atti normativi delle autorità indipendenti, cit., che richiama in nota con riguardo alla problematicità della natura de potere regolamentare Marchigianò, La funzione regolamentare Parte I. I regolamenti governativi, Padova, 1988, 5; Politi, La potestà normativa delle autorità amministrative indipendenti, in Autrorità amministrative indipendenti e sistema giuridico istituzionale, a cura di Longobardi, 2004, Torino, 206 355Sul problema dell'identificazione degli atti normativi secondari delle Autorità indipendenti v. Paladin, Le fonti del diritto italiano, Bologna, 1996, 31 ss.. Foà, I regolamenti delle autorità amministrative indipendenti, Torino, 2002, 26; V. anche Bassi, Principio di legalità e poteri amministrativi impliciti, 2001, Milano, 276 ss. il quale richiama tra i numerosi contributi sulla problematica - che ancora ad oggi non trova una proposta ricostruttiva unanimemente condivisa nella comunità scientifica- che concerne i tratti differenziali fra comando normativo e comando, sempre pubblico e a destinatari plurimi, ma privo di tali

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opportuno ricordare le sei ragioni356 per cui ci interessa questa distinzione: in primo

luogo, solo agli atti normativi si applica il principio per cui iuria novit curia; per i

soli atti normativi, inoltre, è determinante ai fini della certificazione del termine di

vacatio legis la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale che per gli atti amministrativi essa

riveste meri fini di pubblicità; solo agli atti normativi si applica il principio

“ ignorantia legis non excusat”, mentre per gli atti amministrativi è necessaria la prova

dell'effettiva conoscenza; solo agli atti normativi si applica il criterio di

interpretazione dell'art. 12 delle preleggi e solo per la violazione di legge è

ammissibile ricorso in Cassazione ex art. 360 c.p.c..; infine, solo i regolamenti

possono determinare l’illegittimità di atti amministrativi in loro violazione mentre non

sempre altrettanto è dato per la violazione degli atti amministrativi generali.

Accanto al problema del fondamento del potere normativo si pone, pertanto,

quello della individuazione degli atti a cui attribuire valenza normativa tra quelli che è

in potere di ogni autorità emanare. Non sempre, infatti, la norme precisano che il

potere è regolamentare, né il nomen juris indicato è argomento definitivo per trarne la

conclusione che gli atti relativi abbiano il contenuto tipico degli atti di legge.

L’indagine circa la natura degli atti delle Autorità indipendenti, in assenza di specifica

qualificazione, esige di verificare, di volta in volta, su quale gradino della scala essi si

collochino e cioè se si tratti di atti a contenuto amministrativo, deputati a provvedere

natura, la sintetica panoramica descritta da Romano-Tassone, La normazione secondaria, in Mazzaroli, Pericu, Romano, Roversi Monaco, Scoca (a cura di), Diritto amministrativo, II ed., Bologna, 1998, 179-194. Mi pare corretto ricordare che secondo l'opinione di maggioranza il fondamento della potestà regolamentare risale ad una attribuzione di competenza fatta dalla Costituzione o dalla legge ordinaria; v. a riguardo Guarino G., Sul carattere discrezionale dei regolamenti, in Foro it., 1953, 536 ss.; Giannini, Provvedimenti amministrativi generali e regolamenti ministeriali, in Foro it., 1953, III, 9-24; Rescigno, I regolamenti ministeriali secondo la Corte Costituzionale, in Giur. Cost., 1970, 1055-1065; Amato, Rapporti fra norme primarie e norme secondarie. Aspetti problematici, Milano, 1962, 130; Fois, Legalità (principio di), in Enc. Dir., XXIII, 1973, 659-703.

356Si riportano le sei ragioni individuate da Barbera, Atti normativi o atti amministrativi generali delle Autorità indipendenti?, in Aa. Vv. Regolazione e garanzia del pluralismo, Milano, 1996, 89

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in concreto, o di atti con un contenuto normativo secondario, volti a regolare rapporti

intersoggettivi esterni.

Per distinguere gli atti che pongono delle norme da quelli che pongono dei

precetti si devono utilizzare gli indici formali, come la sede di pubblicazione dell’atto,

e sostanziali 357 della capacità di innovare l’ordinamento giuridico e della generalità

ed astrattezza, con una valutazione che procede caso per caso dall’esame dei dati

offerti dal diritto positivo. A questi possono aggiungersi le valutazioni circa i soggetti

cui è diretto l’atto; mentre gli atti amministrativi generali intervengono in gran parte

nei rapporti tra l’amministrazione e il cittadino, i regolamenti intervengono tra

soggetti estranei all’amministrazione358.

Nel senso di riconoscere un potere normativo alle a.i. di pone la

giurisprudenza359, la quale ritiene che tale potestà si esprima sia attraverso

regolamenti che attuano i principi generali fissati dalla legge (avvicinandosi molto ai

regolamenti esecutivi, di attuazione e completamento della disciplina legislativa), sia

attraverso regolamenti (affini a quelli "indipendenti" del Governo) che si

caratterizzano per un mero riferimento alla materia oggetto di regolamentazione o, al

più, a concetti giuridici indeterminati o a finalità generale. L'ammissibilità di tali

ultimi regolamenti non esclude la necessità di accertare, caso per caso, la sussistenza

della condizione che la materia regolata non sia sottoposta a riserva di legge e che

nella stessa legge istitutiva dell'autorità, o comunque in altra fonte primaria (anche di

livello comunitario), siano rinvenibili i criteri di fondo per l'esercizio del potere

normativo dell'autorità di regolazione. Altresì, la giurisprudenza360 sostiene che i

357 Così il ragionamento di Nicodemo, loc. cit., 99 ss.; v. anche Foà, loc. cit., 66-67 358 Barbera, Atti normativi o atti amministrativi generali delle Autorità garanti?, in Aa. Vv. Regolazione e garanzia del pluralismo. Le autorità amministrative indipendenti, Milano, 1997, 88 359 Consiglio Stato, Atti norm., 14 febbraio 2005, n. 11603, in Foro amm. CDS, 2005, 2, 258 360 Cons. Stato, sez. VI, 27 dicembre 2006, n. 7972, in Foro amm. CDS, 12, 3398, Resp. civ. e prev,. 2007, 5, con nota di Poto, Giur. it., 2007, 7, 1811; Così anche Cons. Stato, sez. VI, 11 aprile 2006, n. 2007, in Giur. it. 2006, 7, 1514; Cons. Stato, sez. VI, 21 marzo 2011, n. 1709, reperibile in banche dati Giuffrè

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penetranti poteri regolatori da parte delle Autorità si giustifichino anche alla luce

all’esistenza di un procedimento partecipativo che coinvolge i soggetti privati

interessati. In tal modo ad una deminutio della legalità sostanziale fa da pendant una

legalità procedurale361. Il potere normativo si giustifica “dal basso”, laddove le

autorità prendano idonee garanzie partecipative per l’applicazione dei propri

regolamenti e si dotino “di sistemi di consultazione preventiva, volte a raccogliere il

contributo informativo e valutativo dei soggetti vigilati” 362.

Si diceva come la partecipazione delle varie autorità indipendenti al potere

normativo si articoli lungo una scala che va da un grado massimo di creatività, nel

quale la potestà sembra direttamente fondata sui principi costituzionali, ad un livello

intermedio, nel quale la funzione normativa si esercita nell'ambito dei binari definiti

da una legge ordinaria istitutiva dell'autorità stessa, ad una misura minima, in cui la

partecipazione si riassume in una serie di poteri di segnalazione e proposta nei

confronti del legislatore, ancora formalmente competente alla disciplina della

materia363.

Per quanto, comunque, non sempre la potestà normativa si esplichi attraverso

dichiarati atti regolamentari, la sua realizzazione influisce in maniera significativa

nell'indirizzare il mercato di riferimento e si inserisce sovente in vuoti lasciati dal

legislatore, avendo a volte a suo fondamento solo una formale attribuzione di

competenza364. Autorevole dottrina ha scartato l'ipotesi che si tratti di fonti

361 Clarich, Garanzia del contradditorio nel procedimento innanzi alle Autorità indipendenti, in www.giustizia-amministrativa.it 362 Chieppa, Poteri esercitati, provvedimenti e contradditorio davanti alle Autorità, in Cirillo, Chieppa (a cura di), Le autorità amministrative indipendenti, cit., 72 363 Riassume così Giuffrè, Declino del Parlamento-legislatore e crescita del potere d'inchiesta: la soluzione al problema della responsabilità delle autorità indipendenti, cit., 186, che richiama sul tema Marzona, Il potere normativo delle autorità indipendenti, cit., 102, e Morisi, Verso una democrazie delle politiche? Un'angolazione politologica per le autorità “indipendenti” in Italia, cit., 40 ma passim; 364 Bilancia, Attività normativa delle autorità indipendenti e sistema delle fonti, in Labriola, Le Autorità indipendenti. Da fattori evolutivi ad elementi di transizione nel diritto pubblico italiano, Milano, 1999, 157, la quale annota che da tali caratteristiche deriva una problematicità circa l'applicazione e l'interpretazione di queste nuove fonti dell'ordinamento.

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secondarie, per sostenere che in quanto regolamenti di autonomia essi siano fonti

primarie365. Fonti primarie, quindi, secondo l'Autore, ma non come le leggi, perché

non possono modificare norme imperative di leggi; esse possono però modificare

norme dispositive e possono sviluppare autonomamente materie aventi dignità

legislativa non trattate dalla legge. La collocazione più adatta a tale tipologia di potere

apparirebbe, pertanto, quella dei regolamenti indipendenti. Dottrina più recente366 ha

poi rilevato che in alcuni casi le fonti prodotte da organismi indipendenti a cui è

attribuita dalla legge una competenza “esclusiva”367 possano addirittura modificare

norme di legge, attraverso un meccanismo analogo a quello dei regolamenti delegati

statali e, addirittura, resistere al criterio di successione rispetto a leggi successive.

Viene fatto l'esempio dei regolamenti della Banca centrale in materia di sistemi di

pagamento (art. 146 d.lg. n. 385 del 1993)368. In virtù della competenza attribuita dalla

legge alla singola autorità indipendente e, in conseguenza, all'atto che essa produce, le

norme figurate nei regolamenti “indipendenti” delle authorities prevalgono sulle

norme prodotte da qualsiasi altra fonte normativa “incompetente”, ivi compresi i

regolamenti statali e le stesse leggi che non disciplinano espressamente la materia. In

tal caso il regolamento che ne deriva possiede dei caratteri affini a quelli che, per il

caso di potere regolamentare governativo, vengono definiti regolamenti indipendenti.

365 Giannini, CONSOB, cit., 59, che adotta per queste fonti la denominazione di fonti subprimarie 366 Merusi, Passaro, Autorità indipendenti, cit., 186

367Le virgolette sono dell'Autore 368Secondo la direttiva 98/26/CE, che è, tra l'altro, una direttiva autoapplicantesi, la competenza ad emanare norme sui sistemi di pagamento è attribuita alla Banca Centrale Europea che vi provvede attraverso appositi regolamenti i quali, se del caso, potranno essere recepiti, integrati e completati da regolamenti delle banche centrali nazionali. Il regolamento della Banca d'Italia emanato ex art. 146 del T. U. in materia bancaria e creditizia nel 1993 si sostituisce, pertanto, con tanto di avallo comunitario, a quanto sui sistemi di pagamento già stabilito da norme del codice civile e dalla legge fallimentare e da eventuali altre fonti primarie. Sull'argomento con specificità Merusi, Verso lo Stato Europa: Il ruolo dei sistemi di pagamento nell'eurosistema, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 2001,219, in particolare, 233-234.

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Ciò non toglie che vi siano fonti di alcune autorità indipendenti che

possiedono caratteristiche più affini ai regolamenti esecutivi. Si tratta dei casi in cui la

materia è analiticamente o in gran parte, disciplina già dalla legge. Altresì, nella

maggior parte dei casi il potere è attribuito alle autorità indipendenti con il solo

riferimento alla materia oggetto di regolamentazione o con il riferimento a concetti

giuridici indeterminati o a finalità di carattere generale che trovano il proprio avallo in

principi costituzionali369.

In dottrina, e così anche nei progetti di legge che si sono succeduti, si è cercato

di produrre una classificazione delle autorità indipendenti, anche al fine di individuare

per ognuna l’ambito e i poteri di intervento. Non vi è in realtà concordanza in merito,

ma si possono ricordare alcune classificazioni. Un prima classificazione370 opera una

distinzione tra le autorità che derivano dalla trasformazione di enti strumentali o

ausiliari dello Stato, ossia la CONSOB e l’ISVAP, da quelle caratterizzate per essere

autorità “garanti” del settore deputato, cioè le autorità regolatrici e le autorità garanti.

Le prime dispongono di un potere di contemperamento tra interessi privati ed

esigenze pubbliche, avvicinandosi all’amministrazione tradizionale, mentre le

seconde operano un contemperamento tra le situazioni giuridiche soggettive garantite

al livello costituzionale.371

Altra classificazione le giudica dalla modalità con cui esse si rapportano

all’esecutivo e, quindi, dal loro grado di indipendenza372, che, pur quando è più

elevato, non sempre corrisponde ad un espressione più penetrante di poteri capaci di

incidere sull’ordinamento giuridico.

Senza introdurre una trattazione specifica di ogni autorità373, si pensi che

l’AGCM, il cui ruolo è dirimente con riguardo all’applicazione della normativa

369 Merusi, Passaro, Autorità indipendenti, cit., 186

370 Cerulli Irelli, Premesse problematiche allo studio delle autorità indipendenti, cit. 18 ss 371 Foà, loc. cit., 48 372 Amato, loc. cit., 647-648 373 Per il quale si rinvia all’opera ponderosa e recente di Chieppa, Cirillo, Le autorità indipendenti, cit., 144 ss.

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antitrust e che regola la concorrenzialità del mercato, non possiede alcun potere

normativo374. Al contrario, al Garante della privacy fanno capo poteri normativi ed

anche poteri giurisdizionali, laddove (art. 145 del Codice sul trattamento dei dati

personali) la norma dispone che il ricorso al Garante è alternativo al ricorso

all’autorità giudiziaria competente375.

Alla Banca d’Italia, alla CONSOB e all’ISVAP, le autorità con i poteri più

penetranti376, la l. n. 262 del 2005, in materia di tutela del risparmio e di disciplina dei

mercati finanziari, ha attribuito espressamente poteri regolamentari ed ha imposto

l’obbligo di predisporre una dettagliata motivazione – in deroga all’art. 2 della l. n.

241 del 1990- per ogni regolamento normativo approvato ad efficacia esterna,

accompagnata da una relazione che illustri le conseguenza su regolamentazione,

attività delle imprese e degli operatorie interessi degli investitori e dei risparmiatori

C) Il potere normativo della Commissione di garanzia

Per tornare adesso al tema che ci riguarda da vicino, si suole definire la

Commissione di garanzia, nonostante l’implementazione dei suoi poteri prodottasi

con la novella del 2000, una delle autorities con minori poteri377. Essa, in verità,

possiede autonomia organizzativa, ma, a differenza delle altre, non di scelta del

proprio organico. Al li là dei nove membri che vengono scelti dai Presidenti delle due

Camere può disporre, grazie all’intervento della legge Bassanini del 1997, di un

organico di trenta unità. Queste ultime non vengono, però, reclutate dalla

374 V, Foà, loc. cit., 42 375 Chieppa, Cirillo, Introduzione, in Le autorità indipendenti, cit., 26 376 In merito Foà, loc. cit. 57; più specificamente con riguardo ai poteri della CONSOB, Cardi, La CONSOB come istituzione comunitaria, in Bassi, Merusi (a cura di), Mercati e amministrazioni indipendenti, Milano, 1993, pag. 99 ss.; Cassese, La Commissione nazionale per la società e la borsa - Consob e i poteri indipendenti, in Riv. società, 1994, 412 ss 377 Merusi, Sul potere di regolamentazione provvisoria della Commissione di garanzia per l’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici, in Riv. it. dir. lav., 2001, I, 18; D’Aponte, Le Autorità indipendenti e la Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero, cit., 86

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Commissione, ma costituiscono personale distaccato da altre amministrazioni o

personale fuori ruolo. Dal 1997 gode di autonomia contabile riguardo alla gestione

delle spese relative al proprio funzionamento, anche in deroga alle norme sulla

contabilità statale, ma nei limiti dello stanziamento disposto. Sussiste un fondo

Commissione nel bilancio statale e l’operato di spesa è sottoposto a vaglio annuale

della Corte dei Conti.

Alla Commissione spettano una serie di poteri indicati alle lettere dell’art. 13

della legge 146, svolgendo un’attività insieme propulsiva e valutativa. Si propone di

seguito una tripartizione degli atti, chiamate delibere dalla Commissione stessa,

considerati secondo la loro natura.

A) Poteri sanzionatori. La Commissione, come è noto, dopo l’intervento del

2000 può emettere sanzioni di carattere amministrativo laddove valuti che il

comportamento delle parti non sia conforme alle previsioni degli accordi o della

regolamentazione. Per meglio esercitare questo potere, qualificabile come potere

sanzionatorio amministrativo378, la legge ha previsto che essa possa aprire un

procedimento di valutazione dei comportamenti tenuti dalle parti e possa anche

assumere informazioni presso le aziende o le amministrazioni (v. art. 13, lett. d), g),

h). Somigliano, come si vede, a poteri istruttori ed anche, latu sensu, investigativi. Il

procedimento di applicazione delle sanzioni, infatti, può essere ricondotto al un potere

in senso lato giustiziale. In questo senso essa non si distacca da quanto previsto per le

altre autorità indipendenti, come, in relazione a questo aspetto, il Garante della

Privacy. La Commissione non deve operare nessun giudizio circa gli interessi in gioco

e deve soltanto completare la fattispecie indicata con l’emanazione dell’atto il cui

contenuto è previsto dalla legge. In questo caso, pertanto, l’attività della Commissione

è qualificata di discrezionalità tecnica379.

378 Ballestrero, Art.12, 13 14, in Romagnoli, Ballestrero, Norme sull’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali, cit., 268 ss; Chieppa, Poteri esecitati, procedimento e contradditorio davanti alle autorità indipendenti, in Cirillo, Chieppa (a cura di), Le autorità indipendenti, cit., 62 ss 379 Così, Perrino, I profili processuali, in Santoni (a cura di), Le regole dello sciopero, cit., 218-219

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Il procedimento di determinazione delle prestazioni indispensabili: la

Regolamentazione provvisoria della Commissione di garanzia

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B) Poteri di regolamentazione. La legge 83 del 2000 ha attribuito ad essa il

potere di emanare un atto di Provvisoria regolamentazione delle prestazioni

indispensabili sul cui contenuto ci si è soffermati in precedenza, atto che, in quanto

rivolto ad ognuno degli operatori del settore di riferimento può a ragione rientrare tra

gli atti a contenuto generale delle authorities380. La legge non ha specificato se esso,

in quanto atto a rilevanza esterna, debba considerarsi un atto amministrativo a

contenuto generale o una fonte di diritto secondaria. La funzione di controllo della

Commissione di garanzia occupa una funzione cruciale di mediazione tra

l’espressione dell’autonomia sociale (collettiva) e le prescrizioni legislative, posizione

che culmina nella Provvisoria regolamentazione381.

Essa ha portata generale per il settore di riferimento, anche se potrebbe

sembrare indirizzato a parti preidividuate. E’, però, chiaro come la delibera che

individua le prestazioni indispensabili abbia valore per tutti i possibili sindacati e

imprese o amministrazioni, presenti e futuri, che operino ed opereranno nel settore.

Come si vede, appaiono chiari i caratteri della generalità a e dell’astrattezza.

Pertanto, può parlarsi di una partecipazione al processo normativo attiva e

decisiva, non solo perché essa incide solo sui contenuti della regolamentazione

negoziale necessaria, ma anche alla effettività sociale della legge. Proprio attraverso

la Provvisoria regolamentazione la Commissione esercita quel potere di riequilibrio

della asimmetrie del mercato del lavoro corretta dalla Costituzione all’art. 40.

La legge delinea, altresì, come si è visto, alcuni limiti interni alle valutazioni

della Commissione di garanzia. Si ricorda che “i contenitori” che la Commissione

380 Galantino, La nuova centralità della Commissione di garanzia, in Dir. Lav., 2001, 557; Carinci M. T., L'immagine della legge 146/1990 nelle pronunce giurisprudenziali: l'affermarsi di un modello pubblicistico, in Quad. dir. lav. rel. Ind., 2001, 25, 187; Lepore, La proposta della Commissione di garanzia quale provvisoria regolamentazione, in Riv. giur. lav. prev. Sociale, 2002, 1, 138; Ghezzi, La Commissione di garanzia nella legge di riforma tra profili funzionali e dinamica delle istituzioni, in ADL, 2001, 1, 1; Ballestrero, La Commissione di garanzia dieci anni dopo, in Quad. dir. lav. rel. ind., 2001, 25, 23.

381 Così Marzona, Il potere normativo delle autorità indipendenti, in Cassese, Franchini (a cura di), I garanti delle regole, Bologna, 1996, pag. 95

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Regolamentazione provvisoria della Commissione di garanzia

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deve riempire per garantire il contemperamento sono già dati: prestazioni

indispensabili, procedure di raffreddamento e di conciliazione e le altre misure di

contemperamento dell'esercizio del diritto di sciopero con il godimento dei diritti

della persona costituzionalmente tutelati. Non solo. La Commissione, prescrive la

legge, deve misurare le quote382 di prestazioni indispensabili ai parametri del

cinquanta per cento del servizio e del trenta per cento del personale normalmente

utilizzato. Pur a voler accogliere l’opinione per la quale si tratta di parametri

orientativi e malleabili, resta sempre l’obbligo della Commissione di “adeguatamente

motivare (art. 13, lett. a)” la sua decisione di distaccarsi da quanto dalla legge

previsto. Il fatto che essa sia sottoposta all’obbligo di motivazione non

necessariamente la pone tra gli atti amministrativi. In primo luogo, la l. n. 262 del

2005 che attribuisce espressamente poteri normativi alla Banca d’Italia, alla

CONSON e all’ISPAV specifica che i regolamenti devono essere sempre motivati. In

secondo luogo, anche con riguardo alle fonti di legge di ordine primario spesso il

legislatore è solito accompagnarle con preamboli e motivazioni.

Per tali motivi, pertanto, si può concordare con chi ha ravvisato nella

Provvisoria regolamentazione una fonte secondaria383. In particolare si ritiene che la

legge da sola al di fuori dell’indicazione delle tecniche da utilizzare -gli obblighi di

rispetto di un termine di preavviso, della proclamazione dello sciopero, della sua

durata e delle modalità di svolgimento -, non disciplina in concreto la materia in

oggetto, non interviene in via diretta nell’imporre regole alle parti del conflitto.

Poiché essa valuta in via analitica elementi già precisati dalla fonte di rango superiore,

si può ritenere che il potere di determinare le prestazioni indispensabili si atteggi in

maniera similare ad un regolamento esecutivo.

382 Si veda il paragrafo 2.2 del presente capitolo 383 Merusi, Sul potere di regolamentazione provvisoria della Commissione di garanzia per l’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici, in Riv. it. dir. lav., 2001, I, 19; Nicodemo, Gli atti normativi delle autorità indipendenti, cit., 58; Foà, I regolamenti delle autorità amministrative indipendenti, cit., 102-105; contra Marzona, Il potere normativo delle autorità indipendenti, cit., 95;

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Regolamentazione provvisoria della Commissione di garanzia

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La Commissione, inoltre, ha adottato in questi due decenni una serie di

provvedimenti che esse stessa chiama delibere di orientamento con le quali suole

interpretare alcune norme della legge. In realtà, essa spesso introduce in tali delibere

nuovi obblighi a carico delle parti, come nel caso in cui ha precisato che il termine

entro il quale si possa dirsi l’obbligo dell’esperimento delle procedure di

conciliazione innanzi all’autorità amministrativa debba essere di cinque giorni. Per

tali casi si è parlato di potere “interpretativo”, privo in quanto tale, del carattere della

normatività384.

Per il vero la Commissione formula in altra occasione un parere interpretativo

e cioè quando ai sensi dell’art. 13, lett.b), su iniziativa delle parti o di propria

iniziativa, è invitata ad esprimere un giudizio sulle questioni interpretative e

applicative dei contenuti degli accordi e dei codici di autoregolamentazione. Può

anche emanare un lodo circa il merito della controversi (sulle prestazioni

indispensabili) ed in tal caso si ritiene che eserciti un potere arbitrale, con

caratteristiche differenti da quello ex 1349 c.c.385. Nei casi in cui, invece, interpreti la

lettera della norma e, come si è visto, ponga nuovi obblighi alle parti, ci sembra che

tale potere presenti il carattere della normatività. Le regole imposte, infatti, salve

specifiche discipline di settore, vanno a completare quelle previste nelle provvisorie

regolamentazioni o negli accordi di settore.

Vero e proprio potere propulsivo, similare a quello che si riteneva potesse

esercitare con la proposta prima del 2000, è invece, quello di cui alla seconda parte

dell’art. 13, lett. b), per il quale essa può sottoporre alle parti una proposta sulle

prestazioni indispensabili idonea a omogeneizzare le discipline di settore per il caso

del concorso di attività strumentali ed accessorie.

C) Poteri propulsivi e valutativi. Oltre il potere di cui all’articolo 13 lett. b)

possono essere considerati poteri propulsivi quelli di cui all’art. 13 lett. e), per il quale

la Commissione, rilevata l’eventuale concomitanza tra interruzioni o riduzioni di

384 Nicodemo, Gli atti normativi delle autorità indipendenti, cit., 58 385 Cfr. Ballestrero, Art.12, 13 14, in Romagnoli, Ballestrero, Norme sull’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali, cit., 284-285

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servizi pubblici alternativi incidenti su un medesimo bacino, invita le parti a differire

lo sciopero, e lett. f), nella parte in cui segnala alla competente autorità le situazione

dalle quali può derivare un imminente pericolo di pregiudizio. Ai sensi dello stesso

dispositivo di legge, essa può, come si esaminava al paragrafo 2.3, adottare una

proposta circa le misure da adottarsi con ordinanza di precettazione speciale. Alla

Commissione il compito di valutare gli accordi e i codici formulati dalle parti (art. 13

lett. a)). Altresì, all’art. 13 lett. i) è previsto il potere della Commissione, previa

valutazione del comportamento, di ordinare al datore di lavoro l’applicazione delle

sanzioni disciplinari. Tale atto appartiene alla categoria degli ordini amministrativi,

definiti come dichiarazioni di volontà della pubblica amministrazione nell’esercizio

della potestà ordinatoria amministrativa, diretta ad imporre ad un soggetto obblighi

immediati e diretti, pena la comminatoria di una misura giuridica in caso di

disobbedienza386. L’art. 14, infine, prevede che la Commissione possa indire, di

propria iniziativa o su richiesta delle parti che hanno partecipato alle trattative o dei

lavoratori, un referendum su clausole specifiche che concernono l’individuazione o le

modalità di prestazione delle prestazioni indispensabili.

3. L’impugnazione degli atti della Commissione

Il controllo giurisdizionale sugli atti della Commissione è rimesso in parte

dalla legge al giudice ordinario. La competenza circa le delibere con cui si

comminano le sanzioni è di quest’ultimo a norma dell’art. 20 bis; si applicano,

pertanto, le regole del diritto del lavoro. La legge fa proprio un criterio per materia.

Poiché la controversia non ha ad oggetto i rapporti di cui all’art. 409 c. p. c., non

trovano applicazione né i criteri di competenza territoriale previsti dall’art. 413 c. p.

c., e tantomeno il tentativo di conciliazione di cui all’art. 410 c. p. c.387 come

riformulato dalla l. n. 483 del 2010.

Tutte le altre delibere, comprese quelle di valutazione di accordi o codici sulle

prestazioni indispensabili e quelle di provvisoria regolamentazione, sono impugnabili 386 Perrino, I profili processuali, in Santoni (a cura di), Le regole dello sciopero, cit., 213 che richiama Galateria, Teoria giuridica degli ordini amministrativi, Milano, 1950, 68 387 Idem, 219

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(art. 113 Cost.) in primo grado innanzi al TAR. Per gli atti di provvisoria

regolamentazione è competente il TAR Lazio se il regolamento ha ad oggetto

l’esercizio del diritto di sciopero su scala nazionale: i TAR regionali se la

regolamentazione è locale.

Con la promulgazione della l. n. 205 del 2000, che modificava l’art. 23 bis

della l. TAR, n. 1034 del 1971, le controversie aventi ad oggetto “i provvedimenti

adottati da autorità amministrative indipendenti” erano state incluse tra quelle ad

assoggettate alla procedura giudiziale accelerata prevista alla medesima disposizione,

con la riduzione della metà dei termini processuali e con il rito abbreviato. L’articolo

è stato abrogato con decorrenza dal 16 settembre 2010, dal n. 10) del comma 1

dell’art. 4 dell’allegato 4 al d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104. Deve ritenersi impugnabili

anche il provvedimento con cui la Commissione non dà seguito alla richiesta motivata

di indizione del referendum di cui all’art. 14. Per le controversie devolute alla

giurisdizione esclusiva, il TAR può pronunziare sentenze di annullamento di atti

amministrativi, dichiarative di fatti e di situazioni giuridiche, conoscere del

risarcimento del danno, dei rapporti patrimoniali, di tutti i diritti di credito, essendo

titolare del potere di condanna della pubblica amministrazione al pagamento del

dovuto, oltre al risarcimento del danno subito a causa dell’eventuale

inadempimento388. Come è noto, dal 2 luglio 2010 è in vigore il Codice del processo

amministrativo (d. lgs. 2 luglio 2010, n. 104), che ha regolato ex novo la materia

facendo proprie molti dei traguardi raggiunti fino ad oggi dalla giurisprudenza

amministrativa. Il Codice oltre, come si diceva, ad escludere dai casi di processo con

rito veloce quelli relativi ad atti delle autorità indipendenti, ha devoluto la materia –

ma nello stesso senso si evinceva dai dati normativi precedenti- alla giurisdizione

esclusiva del giudice amministrativo. L’art. 113, comma 1, lett. l) recita: “le

controversie aventi ad oggetto tutti i provvedimenti, compresi quelli sanzionatori ed

esclusi quelli inerenti ai rapporti di impiego privatizzati, adottati dalla Banca d'Italia,

dagli Organismi di cui agli articoli 112-bis, 113 e 128-duodecies del decreto

388 Cos. Stato, Ad Plenaria, 30 marzo 2000, ord. n. 1, in Riv. it. dir. pubbl. com., 518

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legislativo 1° settembre 1993, n. 385, dalla Commissione nazionale per le società e la

borsa, dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, dall'Autorità per le

garanzie nelle comunicazioni, dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas, e dalle altre

Autorità istituite ai sensi della legge 14 novembre 1995, n. 481, dall'Autorità per la

vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, dalla Commissione

vigilanza fondi pensione, dalla Commissione per la valutazione, la trasparenza e

l'integrità della pubblica amministrazione, dall'Istituto per la vigilanza sulle

assicurazioni private, comprese le controversie relative ai ricorsi avverso gli atti che

applicano le sanzioni ai sensi dell'articolo 326 del decreto legislativo 7 settembre

2005, n. 209389”. Ai sensi dell’art. 7, comma 1, l’ambito di applicazione del codice è

individuato negli atti emanati da pubbliche amministrazioni, laddove per pubbliche

amministrazioni, ai fini del processo amministrativo, si intendono anche i soggetti ad

esse equiparati o comunque tenuti al rispetto dei principi del procedimento

amministrativo (art. 7, comma 2). Tra questi ultimi rientrano le autorità indipendenti,

quanto meno per la applicabilità ad esse del procedimento amministrativo, cosa di cui

non si discute390.

Come si vede nell’elenco fornito dal Codice, tra gli di organismi i cui atti sono

sottoposti a giurisdizione esclusiva non rientrano né il Garante della privacy né la

Commissione di garanzia per lo sciopero, in virtù del fatto che le leggi istitutive

devolvono parte della materie al giudice ordinario. Al contrario si fa riferimento agli

organismi di cui al d. lgs. n. 385 del 1993 ai quali mi sembra che nessuno abbia mai

attribuito, né in dottrina, tanto meno nella legge, la qualifica di autorità

amministrative indipendenti.

389 Comma a sua volta modificato dall'articolo 1, comma 1, d.lgs. n. 195 del 2011. La modifica devolve alla competenza esclusiva anche gli organismi di cui agli articoli 112-bis, 113 e 128-duodecies del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, cioè Organismo per la tenuta dell'elenco dei confidi. Organismo per la tenuta del microcredito; Organismo, avente personalità giuridica di diritto privato ed ordinato in forma di associazione, con autonomia organizzativa, statutaria e finanziaria competente per la gestione degli elenchi degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi 390 V. Chieppa, Poteri esercitati, provvedimenti e contradditorio davanti alle Autorità, in Cirillo, Chieppa (a cura di), Le autorità amministrative indipendenti, cit, 82 ss

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Il rito amministrativo, comunque, deve ritenersi applicabile anche ai

regolamenti, giacché si tratta sempre di un provvedimento, benché in senso lato

normativo. Per quanto concerne il sindacato del giudice amministrativo sugli atti ad

esso sottoposto, la giurisprudenza è solita affermare che essi sono sindacabili per

giudizio di legittimità e non di merito, e, quindi, per vizi di incompetenza, violazione

di legge ed eccesso di potere. Con riguardo al vizio di eccesso di potere si può

sindacare l’atto per la sua legittimità, ma non le scelte discrezionali

dell’amministrazioni e dunque può verifica se il provvedimento sia logico, congruo e

ragionevole391. Pure un recente arresto della Corte di Cassazione392 ha affermato che

non sia possibile al giudice amministrativo procedere con un sindacato cd. di tipo

forte in valutazioni tecniche opinabili, in modo ds sostituire, insomma, il proprio

giudizio valutativo sulla circostanza di fatto a quello dell’autorità amministrativa

indipendente.

Per quanto concerne le attività regolatorie poste in essere dalle autorità

indipendenti, il motivo per cui è solito il giudice amministrativo censurare393 tali atti è

la mancata consultazione preventiva, volta a raccogliere il contributo informativo e

valutativo dei soggetti interessati. La previsione di una fase di consultazione e della

facoltà di presentazione di osservazioni da parte degli interessati vincola, secondo il

Consiglio di Stato, l'autorità al rispetto di alcune basilari regole procedurali, come

l'indicare la finalità dell'intervento regolatorio ed il motivare la decisione finale, anche

con riguardo alle osservazioni presentate; pur non essendo necessaria una puntuale

replica ad ogni osservazione, l'autorità deve, però, dare conto delle ragioni

giustificative dell'atto di regolazione, soprattutto in quei casi in cui vengono contestati

i presupposti dell'azione regolatoria.

391 Cos. Stato, sez. VI, 14 marzo 2000, n. 1348, in Foro amm., 2000, 933, vedi anche le successive, che aprono ad un sindacato forte del giudice amministrativo, Cons. Stato, VI sez., 1 ottobre 2002, n. 5156, in Foro amm. CDS, 2002, 2505 e Cons. Stato, VI sez., 2 marzo 2004, n. 926 392 Cass., Sez. Un., 17 marzo 2008, n. 7063, in banche dati Giuffrè 393 V. Cons. Stato., sez. VI, 27 dicembre 2006, n. 7972, in Foro amm. CDS, 2006, 12, 3398

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