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La riorganizzazione del diritto penale in Germania Alla fine del XV secolo, la Germania era una terra con circa 12 milioni di abitanti, che vi- vevano quasi tutti nelle campagne. In effetti, dei circa 3000 centri che si fregiavano del titolo di città, almeno 2800 avevano una popolazione inferiore ai 1000 abitanti e solo 15 potevano vantarne più di 10 000. Nell’impero tedesco, non esisteva alcuna metropoli del calibro di Parigi o Napoli (con i loro 100 000 e 200 000 abitanti): Augusta e Colonia, le città più grandi di tutta l’area germanica, avevano 25-30 000 abitanti al massimo. Quan- to alla Sassonia, la terra in cui iniziò la Riforma luterana, i cittadini erano al massimo 1 ogni 5, mentre Wittenberg ospitava al massimo 2500 persone. Nei primi decenni del Cinquecento, i territori del Sacro romano impero erano infestati da numerose bande armate e criminali. Nelle società preindustriali, questa era una si- tuazione tipica dei periodi di rapido incremento demografico: il numero dei poveri e dei mendicanti aumentava repentinamente, molti con- tadini senza terra e senza risorse si spostavano in cerca di lavoro e il nomadismo spesso si trasformava in bri- gantaggio e banditismo. La rivolta dei contadini tede- schi, del 1525, fu un’altra e ancora più chiara espressione del disagio che serpeggiava nel Paese. Tale situazione di cronico disordine spinse le autorità di vari Stati tedeschi, e più tardi lo stesso Carlo V, a ema- nare una serie di importanti provvedimenti repressi- vi e, più in generale, a provvedere a una vasta opera di riorganizzazione del diritto penale. La figura di mag- gior prestigio, in questo periodo, fu Johann von Schwar- zenberg (1463-1528), che fu incaricato di predisporre per il vescovo di Bamberga uno Statuto, nel quale fos- sero espressamente descritte le procedure processuali e le pene dei principali reati che meritavano la pena capitale. Nel 1521, Carlo V gli affidò un compito del tutto iden- tico, col risultato che Schwarzenberg stese la cosiddet- ta Constitutio criminalis Carolina (più nota nella formula breve di Carolina: espressione che potremmo rendere con Codice dell’imperatore Carlo), pubblicata nel 1532, quat- tro anni dopo la morte del grande giurista. Lo Statuto di Bamberga e la Carolina hanno molti pun- ti in comune e si distinguono entrambi dalla tradizio- ne giuridica tedesca precedente. La consuetudine, in- fatti, aveva per secoli fatto sì che in Germania funzionasse la procedura che di solito è denominata accusatoria. 1 UNITÀ 4 Diritto e Riforma protestante nella Germania del ’500 Diritto e Riforma protestante nella Germania del ’500 F.M. Feltri, La torre e il pedone © SEI, 2012 APPROFONDIMENTO B Una pagina di una copia della Constitutio criminalis carolina. DIRITTO, CITTADINANZA E COSTITUZIONE Disagio sociale e necessità di provvedimenti repressivi

Diritto e Riforma...Nell’impero tedesco, non esisteva alcuna metropoli del calibro di Parigi o Napoli (con i loro 100 000 e 200 000 abitanti): Augusta e Colonia, le città più grandi

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La riorganizzazione del diritto penalein GermaniaAlla fine del XV secolo, la Germania era una terra con circa 12 milioni di abitanti, che vi-vevano quasi tutti nelle campagne. In effetti, dei circa 3000 centri che si fregiavano deltitolo di città, almeno 2800 avevano una popolazione inferiore ai 1000 abitanti e solo 15potevano vantarne più di 10 000. Nell’impero tedesco, non esisteva alcuna metropoli delcalibro di Parigi o Napoli (con i loro 100 000 e 200 000 abitanti): Augusta e Colonia, lecittà più grandi di tutta l’area germanica, avevano 25-30 000 abitanti al massimo. Quan-to alla Sassonia, la terra in cui iniziò la Riforma luterana, i cittadini erano al massimo 1ogni 5, mentre Wittenberg ospitava al massimo 2500 persone.Nei primi decenni del Cinquecento, i territori del Sacro romano impero erano infestatida numerose bande armate e criminali. Nelle società preindustriali, questa era una si-tuazione tipica dei periodi di rapido incremento demografico: il numero dei poveri edei mendicanti aumentava repentinamente, molti con-tadini senza terra e senza risorse si spostavano in cercadi lavoro e il nomadismo spesso si trasformava in bri-gantaggio e banditismo. La rivolta dei contadini tede-schi, del 1525, fu un’altra e ancora più chiara espressionedel disagio che serpeggiava nel Paese.Tale situazione di cronico disordine spinse le autorità divari Stati tedeschi, e più tardi lo stesso Carlo V, a ema-nare una serie di importanti provvedimenti repressi-vi e, più in generale, a provvedere a una vasta opera diriorganizzazione del diritto penale. La figura di mag-gior prestigio, in questo periodo, fu Johann von Schwar-zenberg (1463-1528), che fu incaricato di predisporreper il vescovo di Bamberga uno Statuto, nel quale fos-sero espressamente descritte le procedure processuali ele pene dei principali reati che meritavano la pena capitale.Nel 1521, Carlo V gli affidò un compito del tutto iden-tico, col risultato che Schwarzenberg stese la cosiddet-ta Constitutio criminalis Carolina (più nota nella formulabreve di Carolina: espressione che potremmo rendere conCodice dell’imperatore Carlo), pubblicata nel 1532, quat-tro anni dopo la morte del grande giurista.

Lo Statuto di Bamberga e la Carolina hanno molti pun-ti in comune e si distinguono entrambi dalla tradizio-ne giuridica tedesca precedente. La consuetudine, in-fatti, aveva per secoli fatto sì che in Germania funzionassela procedura che di solito è denominata accusatoria.

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Una pagina di una copiadella Constitutiocriminalis carolina.

DIRITTO, CITTADINANZA

E COSTITUZIONE

Disagio socialee necessità diprovvedimentirepressivi

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Secondo tale sistema, un processo si metteva in motosolo quando un individuo (o, nel caso di un omi-cidio, un parente o un amico della vittima) muo-veva una precisa accusa contro un altro soggetto.Durante il dibattito processuale, avevano un ruo-lo essenziale i giuramenti: chi dichiarava il falso, in-fatti, attirava su se stesso la collera divina, in un con-testo religioso che credeva fermamente nella pre-senza operante di Dio nel mondo terreno. I duenuovi testi promulgati nel Cinquecento tedesco, in-vece, fanno ricorso a un modello giudiziario de-nominato dagli storici come inquisitorio: il suo pre-cedente di riferimento, infatti, è il processo condottodal tribunale dell’Inquisizione, a partire dal XIII se-colo, contro gli eretici.Le differenze fra il modello accusatorio e quello in-quisitorio sono radicali. Nel secondo caso, infatti,

il crimine è perseguito d’ufficio, per diretta iniziativa delle autorità, mentre il primo casovedeva la procedura processuale mettersi in moto solo in caso di denuncia. Nel modelloaccusatorio, inoltre, l’onere della prova era a carico di chi metteva in moto il procedimento,che doveva dimostrare la fondatezza di un’accusa infamante: nel caso in cui non fosse riu-scito a farlo, l’accusatore sarebbe stato punito severamente, per il fatto di aver calunnia-to il prossimo. Nel nuovo sistema, al contrario, l’imputato non era più un presunto in-nocente: al contrario, era prima di tutto un sospettato, che doveva dimostrare la propriainnocenza. Infine, in varie circostanze, era previsto l’uso della tortura, che in teoria erarigorosamente regolamentata, ma all’atto pratico era spesso praticata in maniera brutale.Anche le pene erano spesso crudeli e feroci: squartamento, per i traditori; annegamento,per gli infanticidi; rogo, per gli incendiari, le streghe e gli eretici. In altri casi, erano pre-viste la fustigazione e il taglio delle mani. Nelle intenzioni dei legislatori, la ferocia dellepunizioni doveva avere una precisa funzione educativa e pedagogica, cioè terrorizzare espingere il potenziale delinquente a desistere dai suoi propositi criminali.

Terremoto religioso e cambiamenti giuridiciLa travolgente rivoluzione religiosa iniziata nel 1517 per opera di Lutero ebbe ben pre-sto numerosi risvolti anche nel campo del diritto, ove mise in moto straordinari cambiamenti,

in direzione della situazione che oggi ci è familiare. Come nel campo della fedelo scontro con Roma e con il papato segnò una cesura nettissima, rispet-to alla realtà religiosa medievale, così l’adesione di un gran numero di prin-cipi e di città tedesche alla Riforma protestante diede vita a un’esperienzagiuridica sempre più distante da quella dell’Età di Mezzo.

Inizialmente, Lutero e i suoi seguaci parvero non nutrire alcun interesse peri problemi legati alla legge e al diritto. I riformatori tedeschi, infatti, con-

cepivano la Chiesa come una comunità puramente spirituale, che do-veva attingere la propria linfa vitale solo e direttamente dal Vangelo,

ripudiando il grandioso apparato del diritto canonico che il papa-to aveva elaborato a partire dal Decreto di Graziano (cioè dalla metà

del XII secolo). Lutero iniziò a riflettere sulle tematiche della po-litica, del potere, e quindi del diritto, solo a partire dal 1525,cioè dal momento della grande rivolta dei contadini tedeschi.In quella occasione egli precisò che, secondo il capitolo 13 del-la Lettera ai romani dell’apostolo Paolo, tutti i poteri mon-dani esistenti provengono da Dio, che li ha istituiti a van-

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In questa miniaturasono raffigurati alcunisistemi di tortura per

estorcere le confessionidei sospettati.

Lucas Cranach, Ritrattodi Martin Lutero,

1529 (Firenze, Galleriadegli Uffizi).

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taggio dell’umanità, per tener a freno i peccatori. Fu da questo principio di base che mos-se la peculiare esperienza giuridica tipica dei Paesi riformati di area tedesca.Nel 1555, nei principati dell’impero germanico si impose l’idea secondo cui il principa-le diritto di un principe era quello di adottare il protestantesimo. Il concetto che animòil nuovo edificio dell’impero multiconfessionale, uscito dal compromesso della pace di Au-gusta, venne infine condensato nel principio cuius regio, eius religio: all’interno di una re-gione, la religione sia quella del suo principe. A livello giuridico, si trattò di un verotrionfo del principio della territorialità del diritto, in quanto all’interno di un dato prin-cipato non erano più concesse eccezioni, e tutti erano soggetti alla medesima normativa,anche se era previsto il diritto di emigrazione per chi non volesse seguire la nuova fededel sovrano.Il principe tedesco del XVI secolo rafforzò dunque in modo eccezionale il proprio pote-re: cancellata la Chiesa cattolica, ed espropriati i suoi beni, di fatto si poteva considerareindipendente dall’imperatore in materia di fede e in tutta la normativa che riguardasse lequestioni religiose e morali. Il pericolo del dispotismo, però, venne arginato mediante il ricorso a numerosi e com-plementari strumenti. Innanzi tutto, i riformatori non si stancarono di paragonare il prin-cipe (e, nel caso delle città, le magistrature a guida delle comunità urbane) a un padredi famiglia. Nei suoi confronti, si doveva usare quel rispetto e quella reverenza («Onorail padre e la madre») che dal decalogo è previsto per i genitori. Nel medesimo tempo, tut-tavia, proprio questa somiglianza di condizione doveva insegnare a chi deteneva il pote-re quali fossero i propri doveri e le proprie responsabilità. Il principe di Lutero è moltodiverso da quello di Machiavelli, sebbene entrambi, spesso, si debbano rapportare con uo-mini tristi, cioè egoisti e malvagi. Il soggetto descritto dal segretario fiorentino concepi-sce la propria attività come quella di un artista, cioè mette la sua virtù al servizio di uncapolavoro destinato a durare nel tempo. Il principe teorizzato da Lutero, al contrario,dev’essere prima di tutto padre della sua terra (Landsvater), buon amministratore della pro-pria casa e dei propri beni, preoccupato del retto comportamento dei suoi figli/sud-diti, prim’ancora che della conservazione e dell’ampliamento del principato.

Il governo della responsabilitàNel momento iniziale della crisi, i principi e le magistrature cittadine che avevano adot-tato la Riforma si assunsero il compito di sopprimere un gran numero di riti e prati-che devozionali (le processioni in onore dei santi, le messe per i defunti ecc.), mentreinteri conventi erano chiusi e le loro terre venivano secolarizzate, cioè confiscate e inca-merate dal potere secolare. Ben presto, tuttavia, le autorità si resero conto che, dopo avertagliato i ponti con Roma e aver soppresso e le tradizionali istituzioni cattoliche, dove-vano ricostruire un intero mondo da zero. Improvvisamente, in moltissimi settori dellavita che, fino ad allora, erano stati gestiti o amministrati dalla Chiesa, si creò un vuoto,che dovette essere colmato dallo Stato. Il potere civile iniziò dunque a regolamentare diverse questioni di cui, fino ad allora, siera interessato solo in modo assai marginale: si pensi, ad esempio, al matrimonio, che Lu-tero aveva rifiutato come sacramento e che si era dunque trasformato in un vincolo pura-mente umano, un contratto che i coniugi stipulavano, appunto, davanti allo Stato. Altricampi che, nel mondo protestante, divennero improvvisamente di competenza statale fu-rono quelli dell’assistenza ai poveri, della punizione della bestemmia e di altre azioni im-morali, dell’istruzione, fondamentale perché tutti i cristiani fossero messi in condizionedi leggere personalmente la parola di Dio contenuta nella Bibbia. Il risultato più impor-tante di questo immenso sforzo organizzativo fu la promulgazione di numerosi codici, chefissarono precise norme di comportamento e altrettanto chiare sanzioni per i trasgressori.

Nei principati, il signore cominciò a circondarsi di consiglieri e di funzionari specializza-ti e competenti nei diversi settori di cui dovevano occuparsi; questo gruppo di pubblici uf-

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Il principe tedesco:un buon padredi famiglia

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ficiali fu denominato collettivamente autorità (Obrigkeit, in lingua tedesca). Si trattava dipersonaggi molto stimati, nella Germania del XVI secolo, perché dotati di un altissimo sen-so del proprio compito e delle proprie responsabilità, sostenuto da una profonda federeligiosa. Essi intendevano il proprio ufficio come una vocazione (Beruf, in tedesco); in al-tri termini, erano fermamente convinti che Dio avesse assegnato loro il compito di costruireuno Stato di diritto (Reechsstaat), uno Stato basato sulla legge: ma poiché tale normati-va, ovviamente, doveva corrispondere al volere divino (e infatti, in pratica, coincideva coni Dieci comandamenti) neppure il principe poteva violarla. Neppure il sovrano che dete-neva il potere era sciolto (absolutus, in latino) dalla legge: in altre parole, il principe non po-teva assolutamente governare in modo assoluto, svincolato dalla norma.I funzionari tedeschi del Cinquecento non si consideravano affatto dei puri servitori delprincipe, dei passivi esecutori della sua volontà. Anzi, in molti casi, se il principe – a lorogiudizio – non si comportava in modo degno del suo incarico di padre della sua terra,non esitarono a dare le dimissioni, per mettere le proprie competenze al servizio di unaltro soggetto.Parallelamente, nacque in Germania un’importante trattatistica scientifica in materia giu-ridica, finalizzata a dettare criteri teorici di alto profilo e a fissare principi generali: in pra-tica, a dare sistematicità allo sforzo compiuto dai singoli ufficiali nella prassi concreta. Ilprestigio delle università tedesche nel campo del diritto divenne enorme, come dimostrala prassi del cosiddetto invio degli atti, che rimase in vigore fino al 1878; nei casi più com-plessi e delicati, i giudici chiedevano aiuto ai professori, rimettendosi al loro parere eaccettandolo come vincolante.

Lo Stato e il problema della società cristianaLa situazione che si venne a creare in Germania (e, dopo qualche tempo, anche in Svizze-ra) risultò per molti versi particolare e paradossale. Nell’XI secolo, la Chiesa di Roma ave-va rivendicato piena autonomia dal potere imperiale e, in questo suo processo di lotta perl’indipendenza aveva dichiarato che né i re né l’imperatore tedesco avevano nulla di sacro.

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Uno Stato basatosulla legge

Episodi della vita diMartin Lutero e altriritratti di riformatori

raffigurati in unastampa ottocentesca.Nella parte centrale,

Martin Lutero mentrebrucia in pubblico

la bolla papale.

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I sovrani, per così dire, furono ridotti al rango di laici (privi di qualsiasi carattere sacerdo-tale), mentre il potere temporale – a giudizio di papa Gregorio VII e dei suoi successori –doveva restare rigorosamente subordinato a quello spirituale, esercitato dal pontefice.La Riforma cambiò drasticamente, in varie regioni d’Europa, questo assetto tipicamen-te medievale. Nelle regioni in cui le autorità (un principe, un re o un consiglio cittadi-no, a seconda dei casi) adottarono il protestantesimo, la Chiesa cattolica (universalee guidata dal papa) fu abolita e sostituita da una moltitudine di Chiese locali, nazionalio municipali, ciascuna delle quali era del tutto autosufficiente sotto il profilo organizza-tivo. Da un punto di vista istituzionale, dunque, la Riforma rappresentò una vera rivo-luzione, segnò una cesura fortissima con l’esperienza religiosa e politica medievale e inau-gurò la modernità. Tuttavia, nelle regioni diventate protestanti, la maggior parte dei teo-logi e dei governanti continuava a ragionare in termini di società integralmente cristiana.Si dava per scontato, cioè, che tutti i sudditi o i cittadini fossero cristiani, che tutti sen-za eccezioni dovessero quindi essere battezzati da bambini e che le leggi dello Stato do-vessero essere ispirate a valori e criteri biblici (il Decalogo, ad esempio). Semplicemente,l’emanazione delle norme concrete e la punizione dei trasgressori cambiarono di sogget-to: mentre nel Medioevo erano di competenza della Chiesa, nei territori protestanti fu loStato a occuparsi di fede e di morale.Il paradosso della nuova situazione consiste in questo fatto: se da un lato assistiamo a unindubbio rafforzamento del potere politico, a danno di quello ecclesiastico, dall’altro no-tiamo che le autorità secolari sono soggette a un processo di spiritualizzazione (l’espres-sione è dello storico americano H.J. Berman), nella misura in cui si trovarono a dover le-giferare su temi come la corretta professione di fede, la liturgia, il matrimonio e i delitticontro la morale.Numerosi riformatori tedeschi o svizzeri, ben più radicali di Lutero, criticarono questapiega che stavano assumendo gli avvenimenti, e soprattutto negarono che la comunità deicredenti avesse bisogno di qualsiasi sostegno delle autorità pubbliche. Questi radicali ri-cevettero in breve tempo l’appellativo di anabattisti perché rifiutavano il battesimo dei neo- 5

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Incisione che raffiguraun rogo anabattista.

Lo Stato e lamorale cristiana

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nati, che può essere considerato il simbolo stesso dell’esistenza di una società cristiana. Agiudizio degli anabattisti, nella Chiesa non si entrava in modo automatico, al momentodella nascita: all’opposto, nella loro visione, quella cristiana era una comunità di dimen-sioni ristrette, di pochi eletti che sceglievano liberamente di vivere secondo i precetti diCristo e uscivano dalla realtà mondana, con cui non volevano avere nulla a che fare. Pare che i primi anabattisti abbiano fatto la loro comparsa a Zurigo. La città svizzera erastata riformata nel 1522 dal teologo Ulrich Zwingli, che in un primo momento si distinseda Lutero soprattutto perché dava un’interpretazione puramente simbolica dell’eucare-stia e degli altri sacramenti. Nel 1523-1524, un gruppo di giovani attaccò Zwingli e pre-se a sostenere che bisognava andare molto più avanti nella riforma della Chiesa; proce-dendo all’introduzione della prassi del battesimo degli adulti, furono i primi a sostenereche l’ingresso nella comunità cristiana doveva essere frutto di una scelta libera e con-sapevole, compiuta in età adulta. Per gli anabattisti non doveva né poteva esistere unasocietà cristiana (in cui si entrava al momento della nascita, appunto in virtù del battesi-mo); a loro giudizio, la Chiesa era una comunità di fratelli in Cristo separati in tuttodalla società civile, immersa nel mondo e, quindi, nel peccato. Nel 1526, quando i Consigli cittadini di Zurigo condannarono a morte gli anabattisti,Zwingli non fece nulla per salvarli. A suo giudizio, la fede cristiana non poteva spingerealla fuga dal mondo: all’opposto, doveva portare all’azione, per trasformarlo in direzio-ne della giustizia e modellarlo secondo la Legge divina. Anche luterani e cattolici, ognivolta che si trovarono di fronte a gruppi di anabattisti, si comportarono nella stessa ma-niera in cui avevano agito le autorità di Zurigo. Uniti, al di là delle divergenze dottrina-li, dal concetto di società cristiana, gli esponenti delle confessioni più significative per-seguitarono gli anabattisti in tutta Europa, nel tentativo di soffocare la loro idea secondocui la fede era prima di tutto una questione individuale, privata e di coscienza. Questaconcezione non riuscì a mettere radici in nessuna regione per almeno un secolo, ma avreb-be comunque gettato i semi (per ragioni religiose e i nome di una fede più pura e più au-tentica) della moderna separazione tra Chiesa e Stato, che ancor oggi distingue e carat-terizza la maggior parte dei Paesi occidentali.

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Gli anabattistia Zurigo

Anabattisti arsi aSalisburgo, stampa

del XVIII secolo (Parigi,Biblioteca nazionale).

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R i fe r i me n t i s t o r i o g r af i c iDalla comunità all’individuo

Uno dei punti centrali della teologia luterana riguardò la diretta relazione dell’individuo con Dio. Lacomunità cessava di essere indispensabile, ai fini dell’esperienza religiosa. Il risultato fu il rifiuto di tut-to il diritto canonico cattolico, da parte di Lutero, mentre lo Stato, in moltissimi campi, sostituì la Chie-sa e legiferò al posto suo.

La Chiesa romana è protagonista nella civiltà medievale; a ogni livello, religioso, culturale,economico-sociale, politico, giuridico. Si può ben dire che quella civiltà è, per buona parte,creatura sua. Per lo storico del diritto la vicenda della comunità romano-cattolica è di un in-teresse tutto speciale, perché si tratta dell’unica confessione religiosa che pretende di co-stituire un ordinamento giuridico originario non dipendente da nessuna formazione tempo-rale [politica, n.d.r.], ma risalente direttamente al Cristo come divino legislatore; perché,conseguentemente, pretende di produrre un diritto suo proprio e peculiare, il diritto canonico;perché questo diritto canonico (lungi dall’essere la disciplina di un’appartata collettività sa-cerdotale, in un mondo storico come quello medievale dove cielo e terra si toccano, sacroe profano si fondono, il cittadino e il fedele si congiungono in una unità perfetta) è dimensionedell’intiero ordine giuridico, dando un grosso contributo al suo complessivo volto tipico. Nonpossiamo eludere [evitare, n.d.r.] una domanda circa le ragioni di questa scelta per il dirittoe dobbiamo tentare una risposta appagante: se non si deve minimizzare l’esigenza di fornirsidi uno strumento prezioso di potere e di controllo, la ragione principale è, a nostro avviso,antropologica, si fonda sul ruolo essenziale della società sacra – della comunità/Chiesa ge-rarchicamente strutturata – nel raggiungimento della salvezza eterna, sul necessario inseri-mento del fedele all’interno della struttura, sulla conseguente necessità di meccanismi giu-ridici ineliminabili a ordinare un tessuto comunitario. […]

Il 10 dicembre 1520 delle fiamme si accesero sul sagrato della cattedrale di Wittenberg, unacittà della Sassonia. Era un rogo di libri ordinato dal primo dei riformatori, Martin Lutero, che,bruciando quell’ammasso di carte, voleva ridurre in cenere il loro contenuto ideale. Allo sto-rico del diritto interessano particolarmente due oggetti di quel rogo: un grosso insieme di vo-lumi, il Corpus iuris canonici, e uno smilzo libretto, la Summa angelica. Cerchiamo di spiegarei motivi di tanto interesse. Bruciando le pagine del Corpus iuris canonici, il breviario [il testo fon-damentale, che doveva essere consultato in qualsiasi circostanza, n.d.r.] di regole giuridichedella Chiesa medievale, Lutero intendeva condannare e rimuovere con una totale estirpazionela scelta per il diritto, che gli appariva come scelta per il potere, finalizzata alla edificazione diun apparato gerarchico non più gratificato dal crisma della sacralità e sguazzante invece nelfango della temporalità. La scelta per il diritto – testimoniata dal voluminosissimo Corpus iu-

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La Bibbia di MartinLutero con i suoicommenti a margine.

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ris canonici – rappresenta agli occhi del riformatore il tradimento della Chiesa romana e la provadi quella che lui definiva la sua «prigionia babilonese», la sua «captivitas babylonica» [cattivitàbabilonese, termine già usato nel Trecento, per indicare la subordinazione del papato avi-gnonese al re di Francia, n.d.r.]: la Chiesa si era lasciata catturare dalle lusinghe temporali [dalfascino del potere, n.d.r.] e aveva dimenticato, sia la legge suprema della carità insegnata daCristo, sia il suo fine trascendente, il suo essere guida per la conquista di un regno celeste.

Più oscure sono le motivazioni della singolare attenzione per lo smilzo libretto, perché oscurae dimenticata è la Summa angelica, e indubbiamente dimenticabile se, nelle fiamme di Wit-tenberg, non fosse assurta al rango e ruolo di simbolo. Essa altro non è che un manuale perconfessori, per i chierici chiamati ad amministrare il sacramento della confessione auricolare,compilato a fine Quattrocento da un frate francescano piemontese, Angelo Carletti (da cui ilnome di angelica). Bruciandolo, Lutero condannava un sacramento di origine medievale, chegli si presentava non come mezzo di santificazione dei fedeli, ma come strumento di controllo,dal momento che metteva interamente in mani clericali l’assoluzione del penitente dai peccati.

Come abbiamo già avuto modo di precisare, la scelta della Chiesa Romana per il diritto hamotivazioni complesse, e le abbiamo considerate tutte. Qui preme, invece, la valutazione dra-sticamente negativa che ne diede Lutero, con la conseguente espunzione [rifiuto, eliminazione,n.d.r.] della dimensione giuridica dalla nuova religiosità, tutta imperniata ormai nel colloquioimmediato (e, quindi, interiore) tra il singolo e la divinità. Ma, al di là della ferma condanna diun diritto canonico, ha rilievo il contributo non indifferente che la Riforma diede al declino delprestigio del diritto e dei giuristi, personaggi – questi ultimi – pensati quali possessori di tec-niche astruse e misteriose validissime per turlupinare il cittadino sprovveduto. Il giurista as-surge alla immagine negativa del cattivo cristiano. E ha rilievo il contributo che la nuova reli-giosità fornisce al generale indirizzo individualistico e, quindi, anche al serpeggiante e tra pocoimperversante individualismo giuridico.

P. GROSSI, L’Europa del diritto, Laterza, Roma-Bari 2007, pp. 33-34 e 88-89

Il nuovo ruolo dello Stato, nei territori luteraniStrettissimo collaboratore di Lutero, nella prima fase della Riforma, Filippo Melantone va conside-

rato come il principale teorico della concezione giuridica protestante. La novità principale del nuovo ap-proccio consiste nel fatto che i Riformatori incaricarono lo Stato del compito di legiferare in vari cam-pi che, in precedenza, erano stati di competenza della Chiesa. Ai fini della comprensione del testo se-guente, si tenga tuttavia presente che, per designare le norme promulgate dal potere statale, i giuristiusano l’espressione tecnica leggi positive; quest’ultimo termine, però, non significa buone, bensì po-ste in essere, perché approvate ed emanate da un’autorità legittimata a farlo.

Per Melantone, come per Lutero, i governanti politici erano chiamati ad essere mediatori eministri di Dio, e i loro soggetti erano sottoposti al dovere di rendere ad essi la stessa obbe-dienza che essi rendevano a Dio. Melantone andò oltre Lutero, tuttavia, nel formulare il com-pito, divinamente imposto alle autorità politiche, di promulgare «norme positive razionali» peril governo, sia della Chiesa sia dello stato nel regno terreno. […] Melantone prese le mossedall’idea che è compito dei governanti politici essere i «custodi e guardiani sia della prima siadella seconda tavola del Decalogo». Come tali, essi sono responsabili nel definire e imporrecon le leggi positive la retta relazione fra l’uomo e Dio, com’essa si riflette nei primi tre co-mandamenti, e la retta relazione fra gli uomini, com’essa si riflette nei restanti sette coman-damenti. Come guardiani della prima tavola, i governanti politici non dovevano solo bandiree punire ogni idolatria, blasfemia [offesa nei confronti di Dio, n.d.r.] e violazione del precettosabbatico. Essi dovevano anche «conservare pura la dottrina» e retta la liturgia, «proibire ognidottrina erronea», «punire gli ostinati» e sradicare i pagani e gli eterodossi [gli eretici, n.d.r.]. CosìMelantone gettò una base teorica per la massa di nuove leggi concernenti la religione che fu-rono promulgate nelle città e nei territori luterani, molte delle quali contenevano interi compendidelle confessioni e delle dottrine ortodosse, inni e preghiere, liturgie e riti. Il principio cuiusregio eius religio, che fu adottato (quantunque non in quei termini) nella Pace Religiosa di Au-gusta (1555) e di nuovo (espressamente) nelle clausole riguardanti la religione della Pace diWestfalia (1648), riposava in definitiva sulla teoria di Melantone circa il ruolo del diritto positivonella definizione e nell’imposizione della prima tavola del Decalogo.

Come guardiani della seconda tavola del decalogo, i governanti politici erano responsabilidella disciplina «delle molteplicità di relazioni con le quali Dio ha vincolato gli uomini fra di loro».

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Spiegal’affermazionesecondo cui, nelmondo medievale,cielo e terra sitoccano.

Spiegal’affermazionesecondo cui, nellavisione di Lutero,il papato e lastruttura gerarchicadella Chiesacattolica non sonopiù gratificati dalcrisma dellasacralità.

Per quale motivoLutero rifiutòla «confessioneauricolare»?

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Così, in base al Quinto Comandamento, secondo il nostro computo odierno («Onora il padree la madre»), gli officiali erano obbligati a proibire e punire la disobbedienza, l’insolenza o l’ol-traggio di autorità come quelle dei genitori, dei governanti politici, degli insegnanti, degli im-piegati e così via; in base al Sesto comandamento («Non uccidere»), le uccisioni illegali, laviolenza, l’aggressione, le percosse, la collera, l’odio, la crudeltà e le altre offese contro il pro-prio prossimo; in base al Settimo Comandamento («Non commettere adulterio»), l’impudici-zia, l’incontinenza, la prostituzione, la pornografia, l’oscenità e le altre trasgressioni sessuali;in base all’Ottavo Comandamento («Non rubare»), il furto, la rapina, la frode e le offese ana-loghe contro la proprietà altrui; in base al Nono Comandamento («Non dire falsa testimo-nianza»), tutte le forme di disonestà, contraffazione, diffamazione, calunnia, sofisticazione,simulazione, inganno ed altri abusi; e, infine, in base al Decimo Comandamento («Non desi-derare»), tutti i tentativi di mettere in atto questa o altra offesa contro il prossimo.

Molti di questi aspetti della convivenza sociale erano stati tradizionalmente disciplinati dallaChiesa cattolica romana sia attraverso le norme penitenziali nel foro interno [nel tribunaledella coscienza, n.d.r.], sia attraverso le norme canoniche nel foro esterno [livello pubblico,di fronte alla Chiesa e alla società cristiana, n.d.r.]. La filosofia giuridica di Melantone fornì unamotivazione alle autorità politiche per portare questa materia nel dominio dello Stato. […] Ildiritto canonico aveva disciplinato tutti i contratti basati sul giuramento o sulla promessa giu-rata delle parti, così come molti aspetti del matrimonio, della vita familiare, dell’organizzazionee dei beni della Chiesa. Nel pensiero giuridico di Melantone, questi rapporti sociali erano tra-sferiti alla giurisdizione dello Stato protestante e disciplinati da un elaborato sistema di dirittocivile. Dio ha ordinato contratti di vario genere, scrisse Melantone, per facilitare la vendita, l’af-fitto, lo scambio di proprietà, l’assunzione di un lavoro o di un impiego, il prestito di denaroe il prolungamento del credito. Dio ha chiamato i suoi governanti politici a promulgare normegenerali su contratti che prescrivevano accordi «giusti, equi e ragionevoli», che invalidino icontratti basati sulla frode, sulla minaccia, sull’errore o sulla coercizione, e che proibiscanoi contratti irragionevoli, immorali o lesivi del pubblico bene. […] Ai governanti spettava anchedi promulgare norme per la disciplina dei rapporti familiari. Le leggi civili dovevano prescri-vere matrimoni monogamici eterosessuali fra due parti idonee e bandire i rapporti omoses-suali o poligamici, la bigamia ed altri rapporti innaturali. Essi dovevano garantire che ognimatrimonio fosse fondato sul consenso volontario di entrambe le parti e annullare le unionibasate sulla frode, sull’errore, sulla coercizione. […]

In verità, la Riforma luterana creò lo Stato secolare moderno attribuendo ai titolari dell’am-ministrazione statale la responsabilità ultima nell’esercizio di funzioni che erano precedente-mente sottoposte alla giurisdizione dei titolari dell’amministrazione ecclesiastica. In tal modol’amministrazione dello Stato nei territori luterani assunse la giurisdizione sopra il clero, i benidella Chiesa, l’istruzione, l’assistenza ai poveri, le cure sanitarie, le devianze morali e religiose,il matrimonio e i rapporti familiari, le ultime volontà e molte altre materie che nei territori cat-tolici romani erano disciplinate dall’amministrazione ecclesiastica secondo il diritto canonico.

H.J. BERMAN, Diritto e rivoluzione. II. L’impatto delle riforme protestanti sulla tradizione giuridicaoccidentale, il Mulino, Bologna 2011, pp. 147-151 e 177, trad. it. D. QUAGLIONI

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Bottega di LucasCranach il Vecchio,I dieci comandamenti,1516 (Wittenberg,Casa di Martin Lutero).

Quali caratteristichedoveva avere ilmatrimonio, peressere valido?

Quale istituzione,secondo Melantone,aveva ricevuto daDio il compito difissava per leggei criteri e lecaratteristichedi un matrimoniocristiano?

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Riforma, comunità dei credenti e societàcristiana: magisteriali contro radicali

Anche quei principati e quelle città che si staccarono da Roma continuarono a concepire la societàcome una struttura organizzativa che doveva basarsi sulla dottrina cristiana in tutti i suoi ambiti. Soloun gruppo ristretto di dissidenti separò nettamente la Chiesa dallo Stato e dalla società nel suo com-plesso. Per questi ultimi, non era affatto ovvio che tutti i cittadini dovessero essere cristiani. Entrare nel-la Chiesa doveva essere una scelta libera e consapevole: di qui il rifiuto del battesimo dei neonati.

Fin dai primi tempi della Riforma si erano sviluppati due differenti tipi di quello che sarebbestato chiamato Protestantesimo. Sono tradizionalmente conosciuti come magistrale (altridice: magisteriale) e radicale. Con il primo termine s’intende un movimento strettamente le-gato alle autorità secolari [le istituzioni politiche, che esercitano il potere nel secolo, cioè nelmondo terreno, n.d.r.] e ai magistrati, da cui appunto la parola. Il secondo tipo, quello dei rifor-matori radicali, rifiutò invece gran parte delle strutture sociali ed economiche esistenti e miròa una riorganizzazione della cultura e della società. […] Le due etichette sono utili; ma […]le due ramificazioni venivano dalla medesima radice: il rifiuto luterano di quella tipologia d’i-stituzioni e di quelle modalità per l’ottenimento della salvezza eterna incentrate sulla media-zione del rapporto con Dio. L’obiettivo polemico di Lutero era, infatti, quel genere di religiositàper cui la salvezza di tutti i fedeli avrebbe dovuto dipendere da un ristretto manipolo di reli-giosi di professione (preti, monaci, suore, cardinali, vescovi e papi). Aveva dichiarato che gliindividui dovevano leggere e interpretare autonomamente la Bibbia e che, in ultima analisi,ognuno era responsabile (entro la propria coscienza) delle proprie credenze. La salvezza sa-rebbe stata garantita individualmente alle singole persone dalla Grazia di Dio, con la fedecome intermediaria.

Entrambe le tipologie di Protestantesimo dovevano condividere questo nucleo fondante;le differenze risiedevano nelle pratiche con cui esso doveva venire messo in atto. Lutero

aveva dato il via a una riforma capillare e profondadelle strutture ecclesiastiche, ma non esportò mai taleidea nel contesto di cambiamenti sociali più generali.[…] Lo spartiacque tra le due correnti riguardava purel’interpretazione di termini come società e comunità.Per l’ala magistrale la società e la comunità cristiana(il corpo dei credenti) erano una sola medesima cosa.Questa visione doveva esplicitarsi, in particolare, nel-l’insistenza sull’importanza del Battesimo agli infanti.Quindi, a parer loro, l’intera società avrebbe potutoessere cristiana. Gran parte dell’ala radicale, al con-trario, non approvava alcuna sovrapposizione tra idue concetti: la comunità cristiana non avrebbe do-vuto essere che un insieme d’individui entro la societàpiù in generale (il mondo), un gruppo chiamato da Dioa separarsi da questa. I radicali confidavano nelle isti-tuzioni civili quanto i magistrali nutrivano fiducia nelleistituzioni della Chiesa di Roma! Il tipo magistrale diriformatori era comunitario, nel senso che interpretavala società come qualcosa che avrebbe potuto esserecristianizzato. In quanto tali, loro si affidavano allacoercizione non solo dei comportamenti, ma anchedelle credenze. Invece i radicali, ritenendo che la mag-gior parte della società non fosse affatto cristiana, nontrovava ragione alcuna alla coercizione e, al contra-rio, miravano a una condotta di vita pura e isolata.Qualunque tipo di coercizione abbiano di fatto eser-citato, era comunque rivolta ai membri del gruppo eriguardava semplicemente l’espulsione degli individuinon allineati. Erano misure forse dure, ma certamente

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Disputa teologicafra i padri gesuiti

e alcuni teologi luteranie calvinisti, dipinto

del 1601 (Regensburg,Museo di Stato).

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meno drammatiche delle ben più diffuse esecuzioni pubbliche. […] Potremmo definire i ma-gistrali come tipi di orientamento comunitaristico e i radicali come tipi d’inclinazione indivi-dualistica, ma così perderemmo l’enorme importanza rivestita dalla vita comunitaria nellepratiche dei secondi, in nome della quale si raccolsero (gathered fu il termine caro agli inglesi),separandosi dalla società più in generale. Forse, parole come corporativi e separatisti ren-derebbero meglio le differenze tra le due categorie. Su un argomento, però, il disaccordoemergeva a livello macroscopico: l’uso della forza. I magistrali l’accettarono e vi ricorsero; alcontrario, la maggior parte dei radicali fu pacifista. […]

Molti dei separatisti trovavano il Battesimo agli infanti privo di senso, alla luce della praticadescritta dalla Scrittura che, al contrario, pareva suggerire che il Battesimo dovesse seguire,e non precedere, l’esperienza della fede. A Zurigo, i separatisti riportavano la propensionedei magistrali a cooperare con il governo cittadino ai nefasti rapporti intrattenuti dalla primaChiesa con Costantino e l’Impero, che, come molti riformatori non mancavano di evidenziare,aveva portato alla sua corruzione. I magistrali sembravano commettere lo stesso errore cheaveva condotto il cristianesimo al vicolo cieco del Cattolicesimo Romano. […] Conrad (oKonrad) Grebel, il cosiddetto Padre dell’Anabattismo, concepiva la comunità dei credenticome una pozza all’interno del più vasto mare dei miscredenti. Rifiutando tanto la figura deimagistrati quanto il potere coercitivo derivante dalla loro autorità, Grebel inavvertitamentedivenne il primo esponente del movimento per la liberazione delle coscienze e di quello perla separazione della Chiesa dallo Stato.

W.G. NAPHY, La rivoluzione protestante. L’altro cristianesimo,Raffaello Cortina Editore, Milano 2010, pp. 29-32 e 42-43, trad. it. A. ZAMPIERI

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Lutero concepì lasua Riforma anchecome un radicalecambiamentodell’assetto socialee politico del suotempo?

Spiega la seguenteaffermazione:«I radicaliconfidavano nelleistituzioni civiliquanto i magistralinutrivano fiducianelle istituzionidella Chiesa diRoma!».

Quale parallelismostoricoproponevano iradicali, a sostegnodei loroatteggiamenti edelle loro posizioni?

Filippo Lippi,La disputa di SimonMago (particolare),dipinto del XV secolo(Firenze, Chiesadi Santa Mariadel Carmine).