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N. 812 DISEGNO DI LEGGE d’iniziativa dei senatori Anna Maria SERAFINI, FINOCCHIARO, GASBARRI, LA TORRE, LEGNINI, PEGORER, SOLIANI, ZANDA, RUSCONI, SBARBATI, BASTICO, Vittoria FRANCO, Mariapia GARAVAGLIA, AMATI, ANTEZZA, BASSOLI, DONAGGIO, ARMATO, BAIO, BERTUZZI, BLAZINA, BARBOLINI, CASSON, CHITI, COSENTINO, DELLA MONICA, DI GIOVAN PAOLO, GHEDINI, GRANAIOLA, INCOSTANTE, LIVI BACCI, LUSI, Mauro Maria MARINO, MAZZUCONI, MONGIELLO, NEROZZI, PAPANIA, PASSONI, PIGNEDOLI, PINOTTI, PORETTI, SANGALLI, SERRA, TREU, VIMERCATI, VITA, VITALI e ZAVOLI COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 23 GIUGNO 2008 Diritto delle bambine e dei bambini all’educazione e all’istruzione dalla nascita fino a sei anni Senato della Repubblica XVI LEGISLATURA TIPOGRAFIA DEL SENATO (490)

DISEGNO DI LEGGE - PARLAMENTO

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N. 812

DISEGNO DI LEGGE

d’iniziativa dei senatori Anna Maria SERAFINI, FINOCCHIARO, GASBARRI,LA TORRE, LEGNINI, PEGORER, SOLIANI, ZANDA, RUSCONI, SBARBATI,BASTICO, Vittoria FRANCO, Mariapia GARAVAGLIA, AMATI, ANTEZZA,BASSOLI, DONAGGIO, ARMATO, BAIO, BERTUZZI, BLAZINA,BARBOLINI, CASSON, CHITI, COSENTINO, DELLA MONICA,DI GIOVAN PAOLO, GHEDINI, GRANAIOLA, INCOSTANTE, LIVI BACCI,LUSI, Mauro Maria MARINO, MAZZUCONI, MONGIELLO, NEROZZI,PAPANIA, PASSONI, PIGNEDOLI, PINOTTI, PORETTI, SANGALLI,SERRA, TREU, VIMERCATI, VITA, VITALI e ZAVOLI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 23 GIUGNO 2008

Diritto delle bambine e dei bambini all’educazione

e all’istruzione dalla nascita fino a sei anni

Senato della Repubblica X V I L E G I S L A T U R A

TIPOGRAFIA DEL SENATO (490)

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Onorevoli Senatori. – Il presente disegnodi legge ha come proprie premesse i muta-menti intervenuti in questi decenni nellavita dei bambini e delle loro famiglie, non-che il rapporto tra le politiche pubbliche eil modo di concepire i diritti e i bisogni del-l’infanzia e dei genitori.

C’e un nesso forte tra politiche pubblichee nuovi diritti. Occorrono piu politiche pub-bliche e nuove politiche pubbliche.

Il cambiamento del mercato del lavoro, in-trodotto dall’ingresso delle donne, e il cam-biamento dell’economia con l’avvento dellasocieta della conoscenza, fanno dei servizieducativi all’infanzia una leva decisiva delwelfare.

L’intervento sul capitale umano dei bam-bini costituisce sia una moderna lotta alle di-suguaglianze che un moderno sostegno alledonne e ai genitori.

La scelta dell’ottica «zero-sei», che ridise-gna il sistema dei servizi integrati dell’infan-zia e la scelta del nido quale servizio educa-tivo e non piu a domanda individuale, rap-presentano sia l’assunzione piena di quei di-ritti da parte delle politiche pubbliche, sia lerisposte a quei mutamenti.

Il testo del presente disegno di legge e ilrisultato di una riflessione su cio che sta av-venendo nei Paesi europei, a partire dall’o-biettivo posto dall’Unione europea di rag-giungere il 33 per cento di posti nido entroil 2010; sulle leggi precedenti, a partire dallalegge 6 dicembre 1971, n. 1044; sulle propo-ste presentate in questi anni; sulle ultimesentenze della Corte costituzionale in materiadi asili nido, che hanno finalmente ricono-sciuto la natura educativa del nido come ser-vizio di interesse pubblico; sulla riforma deltitolo V della Costituzione; sull’eccellenzamaturata nei nidi e nelle scuole dell’infanzia

in Italia; sulle concrete esperienze di coordi-namento delle autonomie locali, nonche suquelle maturate nelle gestioni pubbliche eprivate.

Il modo di guardare all’infanzia e all’ado-lescenza condiziona il modo di essere delleculture politiche, delle scelte delle politichepubbliche e il rapporto tra vita privata evita pubblica. Cosı come questo punto di vi-sta influisce non poco su come le genera-zioni hanno coscienza di se, della loro auto-nomia, dei loro reciproci legami e responsa-bilita, dell’insieme delle politiche di welfaree dei rapporti familiari. A loro volta l’in-sieme delle idee che riguardano l’infanzia el’adolescenza non possono essere colte iso-landole dal contesto sociale, ma vanno colle-gate ai fenomeni economici, demografici epolitici.

La politicita delle questioni che riguardanola vita e le esperienze dei bambini e degliadolescenti consiste in questo intreccio e co-stituisce la chiave di lettura del rapporto trale famiglie, le comunita e lo Stato.

Fra i passaggi ritenuti piu importanti nellastoria della concezione sia dell’infanzia chedella vita concreta dei bambini, sono da in-cludere la diffusione dell’idea che tutti ibambini debbano vivere con agio la loroeta e la promozione di misure adeguate qualequella contro la mortalita infantile, il con-trollo e la restrizione del lavoro minorile,nonche l’introduzione dell’obbligo scola-stico.

L’innovazione piu significativa avvienenel XX secolo. Il secolo trascorso e statochiamato il «secolo del bambino». La Con-venzione sui diritti del fanciullo, adottatadall’Assemblea generale delle Nazioni Uniteil 20 dicembre 1989, ratificata da un numerodi Paesi mai raggiunto da nessuna conven-

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zione internazionale (l’Italia l’ha ratificatacon la legge 27 maggio 1991, n. 176), ne estata la sintesi piu avanzata. Il bambino e l’a-dolescente sono considerati persone titolaridell’universalita dei diritti propri ad ogni es-sere umano e con particolari bisogni e inte-ressi, che implicano una specifica tutela. Ilmodo in cui si e coniugato e si coniuga ilrapporto tra pienezza della titolarita dei di-ritti umani e tutela e proprio sia della sferadella politica, e quindi delle politiche pubbli-che, sia del rapporto adulti-bambini, a partiredal rapporto genitori-figli.

I bambini e gli adolescenti sono figli, mail loro essere non si esaurisce in questo rap-porto con i genitori. I loro rapporti fonda-mentali, da quelli affettivi, relazionali, aquelli cognitivi, interni alle famiglie, rappre-sentano una dimensione necessaria, ma nonsufficiente, ad esprimere compiutamente lavita dei bambini e dei ragazzi. Conseguente-mente i diritti dell’infanzia, dentro e fuori lafamiglia, devono essere intesi quali doveridella sfera pubblica, concepita come l’in-sieme dei luoghi in cui si sviluppa il sensodella comunita, il cui primo nucleo e quellodella famiglia.

Tra le famiglie, la societa e lo Stato,quindi, non vi deve essere un muro incomu-nicabile: «l’intimita della vita privata» nonpuo essere scissa dalla dimensione socialedella comunita. Un mondo familiare intera-mente privatizzato non e adeguato, ne a ri-spondere ai diritti e ai bisogni dei bambini,ne alle ansie e responsabilita inerenti leloro cure, e confina i genitori in un ambitocontrassegnato dalla solitudine e dall’ansiadi tutela dei loro figli.

In Italia non si investe sulle politiche pub-bliche, l’Italia condivide con gli USA e l’In-ghilterra il tasso di poverta minorile piu altonel mondo industrializzato, il suo tasso diistruzione e formazione e tra i piu bassi, inparticolare per quanto riguarda i laureati. Eil Paese che spende di meno per i bambinie le famiglie: solo il 3,6 per cento rispettoad una media europea dell’8,3 per cento.

La nostra proposta parte da alcune caratte-ristiche della realta italiana e dai mutamentigenerali che l’Italia condivide con gli altriPaesi industrializzati.

Le caratteristiche italiane sono: un tasso dinatalita tra i piu bassi del mondo, il piubasso tasso di occupazione femminile d’Eu-ropa, uno scarso interesse per le politichedi conciliazione tra i tempi della vita e itempi del lavoro. Ed infine, un numero insuf-ficiente di servizi per la prima infanzia.

Tra i mutamenti generali vanno segnalati:il passaggio da una famiglia di tipo plurinu-cleare ed estesa ad una di tipo mononuclearee ristretta e, spesso, la conseguente solitudinedei bambini e dei genitori.

Per quanto riguarda il primo punto dellanostra analisi, i dati ci dicono che l’Italia eil Paese con il piu basso quoziente di natalitad’Europa: il 9,4 per cento contro Paesi comel’Irlanda, che raggiunge il 15,1 per cento e laFrancia con il 13,1 per cento. Il numero me-dio di figli per donna in Italia e 1,24, in Ir-landa 1,98, in Francia 1,90. Il recente posi-tivo innalzamento del tasso demografico, inItalia, e quasi esclusivamente riconducibileall’iscrizione all’anagrafe di bambini extra-comunitari. Le donne italiane non rifiutanola maternita, tutt’altro. C’e un divario moltoelevato tra maternita desiderata ed effettiva-mente realizzata. Secondo i dati Istat del2002, il 63 per cento delle donne vorrebbeavere due figli, il 28 per cento ne vorrebbetre, solo il 9 per cento uno.

L’eta media al parto e in costante aumentotra le donne dell’Unione europea, sostanzial-mente si attesta attorno ai trenta anni. Questocomporta, oltre all’esplicito rinvio dell’espe-rienza della maternita, una forte compres-sione del periodo fecondo in un arco tempo-rale di pochi anni, nel quale mettere almondo piu di un figlio e diventata l’ecce-zione piuttosto che la regola.

L’Italia e il Paese che condivide, con po-chissimi altri Paesi europei, il piu basso tassodi occupazione femminile. In una ricercacondotta dal CNEL e dall’ISTAT nel 2003

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il tasso di occupazione femminile in Italia ri-sulta essere del 42,7 per cento, con un diva-rio che vede il Nord al 51,9 per cento e ilSud al 27,1 per cento, che si confronta condati europei ben piu alti che vanno dallaSvezia con il 71,5 per cento, alla Danimarcacon il 70,5 per cento. L’Europa ci chiede diraggiungere entro il 2010 il 60 per cento dioccupazione femminile.

L’Italia e un Paese caratterizzato da unoscarso interesse per le politiche di concilia-zione tra i tempi della vita e i tempi del la-voro.

In molti Paesi europei e evidente l’inte-resse per politiche di conciliazione tra fami-glia e lavoro: servizi di cura sia per l’infan-zia che per gli anziani, politiche per il tempodi cura – come i congedi e i permessi – po-litiche di flessibilita dell’orario di lavoro –come part-time, job-sharing, flexitime e itempi della citta, gli orari di servizi, esercizi,eccetera –.

Attualmente, ad esempio, mentre i part-ti-mers in Italia rappresentano l’8,6 per centodi tutta la popolazione attiva, in Paesicome Francia e Germania rappresentano ri-spettivamente il 16,7 per cento e il 21,7per cento.

Il tema della conciliazione deve essere vi-sto soprattutto in riferimento alla qualitadella vita. Sempre secondo i dati ISTAT2002, il 50,4 per cento delle donne con bam-bini piccoli lavora sessanta o piu ore alla set-timana, tra lavoro esterno remunerato e la-voro in famiglia non remunerato.

E indicativo che in Italia il 20 per centodelle madri con un lavoro all’inizio dellagravidanza, ad esempio, dopo circa 18-21mesi non ha piu lavoro, mentre il 36 percento di quelle che hanno continuato a lavo-rare, dichiara di avere problemi molto serinel conciliare l’attivita lavorativa e gli impe-gni familiari, in particolare la cura del bam-bino.

Per affrontare il «normale disagio quoti-diano», dovuto al mancato equilibrio tra itempi di lavoro e di cura, sarebbe necessaria

una riorganizzazione del mercato del lavoroche consenta percorsi lavorativi piu flessibilie una distribuzione degli orari di lavoro nel-l’arco della giornata e della vita, assieme aduna valida e capillare offerta di servizi persollevare le famiglie, ed in particolar modole donne, dai carichi di cura, rispetto agli an-ziani ed in particolar modo ai bambini.

L’Italia persiste in un welfare di tipo sud-europeo e quindi continua a trasferire risorsemonetarie e non servizi: le prime in manierasempre piu decrescente, i secondi con mag-gior frammentarieta.

In questo quadro l’Italia e connotata dauna scarsissima presenza di servizi per laprima infanzia. La media italiana e del 7,4per cento di posti nido disponibili su 100bambini di zero-due anni. Si registra, inoltre,un sostanziale squilibrio territoriale dell’of-ferta: ad una generale copertura garantitanel Centro-Nord, corrisponde un’assenza si-gnificativa di servizi al Sud.

Per cui, a fronte di una percentuale del18,3 per cento di posti nido in alcune regionidel Centro Nord, quali ad esempio l’EmiliaRomagna, si raggiunge il livello minimo di1,9 per cento in regioni del Sud, come la Ca-labria.

Passi avanti sono stati fatti negli ultimianni da alcune regioni, come ad esempio laToscana, che ha accresciuto il proprio poten-ziale passando da una percentuale di coper-tura di posti nido del 10,15 per cento del1999 a quella del 15,5 per cento nel 2003,con un incremento superiore al 50 per cento,con punte d’eccellenza in citta come Firenzecon una percentuale di copertura del 23,7 percento e la zona pisana con il 19,4 per cento.

L’Europa pone, ad ogni Paese, l’obiettivodi raggiungere il 33 per cento di posti nidoentro il 2010. Molti Paesi europei hanno rag-giunto o superato di molto questo obiettivo:ad esempio in Paesi come Francia, Irlandae Danimarca la percentuale di bambini chebeneficiano di questi servizi sono rispettiva-mente il 29, 38 e 64 per cento.

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Per quanto riguarda il secondo punto dellanostra analisi, ossia i mutamenti generali chel’Italia condivide con gli altri Paesi industria-lizzati, abbiamo assistito negli ultimi anni alpassaggio da una famiglia di tipo plurinu-cleare ed estesa ad una di tipo mononuclearee ristretta, non a caso si parla sempre piuspesso di famiglia minima.

La struttura, il ruolo e il significato dellafamiglia nella nostra societa, si sono modifi-cati nel corso degli ultimi decenni, in corre-lazione col variare di elementi culturali, eco-nomici, demografici.

Le ultime indagini ISTAT hanno dovutorivedere la definizione di famiglia, giun-gendo alla scelta di prendere in considera-zione le famiglie di fatto oltre a quelle ana-grafiche, adottando il criterio di «coabita-zione abituale», di per se troppo genericoper definire una famiglia, ed il concetto di«nucleo» per identificare, dentro la famiglia,i soggetti legati dal vincolo di coppia o geni-toriale, poiche, all’interno di una famiglia,possono esservi uno o piu nuclei o non esser-vene alcuno.

Il volto della famiglia muta con grande ra-pidita rispetto all’immagine che ancora do-mina la nostra cultura, la nostra formazione:nell’arco di una generazione si sono moltipli-cate le famiglie monogenitoriali, i nuovi figlidelle seconde unioni, i figli unici, i figliadottati, i figli in affido, le coppie senza fi-gli, i divorziati, le convivenze di fatto, i figlinaturali.

Nella famiglia si trasformano anche i ciclidella vita, i ruoli maschile e femminile, icompiti genitoriali ed educativi, i modi di vi-vere l’eta adulta, i rapporti con la famiglia diorigine, la presenza degli anziani e le rela-zioni tra piu generazioni, le famiglie rico-struite e i nuovi rapporti, tutti fenomeni chesi collocano nel difficile equilibrio tra il«privato» ed il «sociale».

La notevole diminuzione dei matrimoni el’elevato aumento dei divorzi e delle separa-zioni, la precarizzazione delle carriere lavo-rative, la tendenza a non procreare e la con-

seguente denatalita, sono certamente segnalidi una vulnerabilita sociale e di un diffusodisagio familiare, nelle relazioni dentro la fa-miglia e nelle relazioni tra la famiglia e lasocieta.

Il nodo delle politiche sociali dirette allafamiglia e proprio nel significato che si attri-buisce al termine famiglia, al suo essere sog-getto sociale. In tal caso sono da privilegiarepolitiche promozionali e non assistenziali.

Le politiche dirette alla famiglia fanno sıche i «problemi» non restino problemi pri-vati, circoscritti alla famiglia, ma entrinonella dimensione pubblica, con la ricchezzadi cultura, di esperienza, di solidarieta e disignificato con cui alimentare l’elaborazionecollettiva della societa in cui viviamo.

Occorre quindi coniugare la dimensionepersonale con quella familiare e questa conla dimensione sociale e pubblica, poiche daquesto collegamento dipende la possibilitadi benessere della vita quotidiana dei singolicittadini, a partire dai bambini, ed il benes-sere sociale, ovvero la qualita della vita so-ciale pubblica.

La famiglia ha svolto, e continua a svol-gere, il ruolo di istituzione primaria di servi-zio di cura alle persone, con le donne, madri,mogli, figlie e nuore, come esclusive o prin-cipali prestatrici di cura, anche quando sonooccupate.

E il welfare familistico, come viene comu-nemente indicato dagli studiosi.

Il recente rapporto dell’Istituto di ricerchesulla popolazione e le politiche sociali delCNR 2003-2004 su «Lo stato sociale in Ita-lia» afferma che tuttora vi e un carico ecces-sivo imposto alle famiglie per le funzioni dicura in assenza di adeguate politiche sociali.Il nostro welfare e familistico. In continuitacon gran parte della storia italiana, le politi-che pubbliche a favore della famiglia sonodeboli, a tal punto che le famiglie continuanoa sostenere le principali responsabilita delbenessere dei loro componenti.

In un simile contesto di mutamenti, il mo-dello di welfare state italiano, o meglio di

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tipo sud europeo, che ha privilegiato i trasfe-rimenti monetari ai servizi, entra in crisi acausa proprio della partecipazione delledonne al mercato del lavoro, a cui non hafatto seguito una piu equa redistribuzionedel lavoro di cura tra uomini e donne. Il no-stro welfare mette in evidenza che in realtasono state le donne il nostro welfare.

L’inadeguatezza del welfare state e i mu-tamenti intervenuti nella vita delle famiglie,contribuiscono alla solitudine dei bambini edei genitori.

I bambini sono soli perche vivono all’in-terno delle case, sempre piu piccole, in fami-glie poco prolifiche e dai tempi di vita moltoserrati, in contatto solo con gli adulti per lamaggior parte del tempo, privati di espe-rienze sociali e condizionati dai tempi divita degli adulti.

I nidi e i servizi per l’infanzia, oltre a rap-presentare per i bambini la possibilita di su-perare le disuguaglianze di opportunita cheesistono alla nascita, rappresentano anchereali luoghi di socializzazione che consen-tono di accrescere le proprie potenzialita direlazione, di autonomia, e di apprendimento.

I genitori sono spesso soli perche, nonsupportati nella loro funzione genitoriale,sono sconfortati dall’assenza quasi totale dimisure di sostegno e costretti a farsi caricopressoche totalmente delle responsabilita dicura e di educazione dei figli.

I servizi per la prima infanzia, oltre ad es-sere un sostegno per i genitori, per conciliarela propria attivita lavorativa e la funzione dicura, rappresentano anche il luogo di con-fronto con gli altri genitori, con gli educatorie con i professionisti, per poter crescerecome genitori.

E quindi necessario, che le politiche pub-bliche rispondano al piu presto a questi mu-tamenti.

Questo disegno di legge vuole fornire unarisposta alle questioni evidenziate nei prece-denti paragrafi e vuole creare le condizionireali perche si possa esercitare liberamenteil diritto alla maternita e alla paternita, e per-

che si possano dare a tutti i bambini, sindalla nascita, pari opportunita, contrastandola poverta e l’esclusione sociale.

I servizi per la prima infanzia sono deter-minanti per contrastare la denatalita, per fa-vorire l’aumento del tasso di attivita ed occu-pazione femminile, per ridurre le disugua-glianze e la poverta.

Il presente testo, in definitiva, vuole inve-stire sul capitale umano del nostro Paese perdare nuova competitivita all’Italia.

L’estensione dei servizi in tutto il Paese,su tutto il territorio nazionale e l’unicomodo per rispondere ai bisogni di tutti i cit-tadini sia che vivano al Nord, al Centro e alSud, che lavorino o no, che lavorino ingrandi aziende o meno.

La nascita delle prime scuole d’infanzia ri-sale a meta dell’Ottocento. La prima «sala dicustodia» e del 1826 a Parigi, a cui segue,nel 1828, la «scuola infantile» di Cremonae nel 1837 il kindergarten di Berlino. Intornoal 1840 il Regno Unito conta, ufficialmente,piu di 1000 istituti, tra pubblici e privati, laFrancia 1500, e l’ Italia un centinaio, comescrive Jean- Noel Luc nel suo saggio: I primiasili infantili e l’invenzione del bambino,contenuto nel volume «Storia dell’infanziadal Settecento ad oggi».

Il testo e significativo, non solo per la ri-costruzione puntuale della storia dei serviziall’infanzia, ma anche per due tesi di fondopresenti anche in altra letteratura sull’argo-mento. La prima pone in relazione l’istitu-zione delle prime scuole d’infanzia alla sco-perta stessa dell’infanzia come eta della vitaumana, con tratti ben definiti e non piuquindi riconducibili all’attesa dell’eta adulta.La seconda e che, gia dalla loro nascita, inidi e le scuole dell’infanzia rispondono aduna complessita di fattori.

In Europa, fin dall’inizio, e evidente lasintonia relativa alla complessita dei fattoriche determinano queste prime offerte di pre-scolarizzazione. Da un lato c’e il sostegnoalle donne lavoratrici, dall’altro un progettoeducativo, dall’altro ancora un intento di cu-

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stodia, inteso, nelle sale di custodia per gliimmigrati e per i figli di operai, come adde-stramento al loro destino futuro.

Nel 1846, in una circolare, il Ministerodell’istruzione francese indica nella primascuola dell’infanzia il tramite attraverso cuisi vuole pervenire a generazioni piu reli-giose, piu disciplinate, piu istruite, megliopreparate sotto ogni aspetto alla dura condi-zione che le aspetta.

Ma il tentativo di confinare i bambini al-l’interno del proprio ambito sociale, si scon-tra con altre tendenze pedagogiche che attra-versano queste prime esperienze e conti-nuano, fino ad oggi, costituendo l’asse por-tante delle scuole dell’infanzia. Prendiamoad esempio uno scritto di un medico, tipicodi altre considerazioni sull’argomento dimeta Ottocento: «La curiosita dei bambinie inarrestabile. Dai 18 mesi fino ai 6 anniapprendono molto di piu di quanto non ap-prenderanno in tutti gli anni dell’infanzia edell’eta matura».

Il nido d’infanzia occupa una posizioneparticolarmente delicata all’interno di un mo-derno sistema di servizi volti a favorire il be-nessere dei cittadini.

Esso svolge un ruolo chiave tra il dirittoalla miglior formazione dei bambini e il di-ritto al lavoro e alla realizzazione socialedei genitori, in particolare delle madri.

Sebbene, quindi, la tradizione delle scuoledell’infanzia sia relativamente breve, essehanno avuto un’evoluzione sostanziale, attra-verso apposite leggi, passando da una fun-zione prevalentemente assistenziale rivoltaai maggiori casi di disagio, a una di sostegnoalle madri per la tutela del lavoro, fino ad es-sere riconosciute come opportunita di cre-scita e di formazione dei bambini in un con-testo esterno e complementare a quello fami-liare. Cosı e avvenuto in molti Paesi e cosı eavvenuto, anche se in modo parziale e con-traddittorio, in Italia.

La legge 10 dicembre 1925, n. 2277, conl’istituzione dell’Opera Nazionale per la pro-tezione della maternita e dell’infanzia, isti-

tuisce il nido come servizio rivolto alle fami-glie piu bisognose nel quadro della politicademografica di regime.

Venticinque anni piu tardi, nel 1950, in uncontesto sociale e politico profondamente di-verso, la legge 26 agosto 1950, n. 860, pro-muove il nido principalmente come istitutoa tutela del lavoro femminile, favorendo larealizzazione di servizi aziendali e intera-ziendali.

Dopo altri vent’anni, la legge 6 dicembre1971, n. 1044, riconosce l’asilo nido come«servizio sociale di interesse pubblico», fina-lizzato a «facilitare l’accesso della donna allavoro», ma a garantire nello stesso tempo«l’armonico sviluppo del bambino». Lastessa legge assegna alle regioni fondi spe-ciali per la costruzione e la gestione in unquinquennio di almeno 3800 asili nido co-munali. Questo obiettivo dopo piu di tren-t’anni non e ancora stato raggiunto. E unalegge significativa per il suo contenuto eper essere stata il risultato di un forte movi-mento delle donne, del sindacato e dei partitidella sinistra.

L’ultimo provvedimento legislativo nazio-nale, e la legge 28 agosto 1997, n. 285, re-cante disposizioni per la promozione di di-ritti e di opportunita per l’infanzia e l’adole-scenza, che con la predisposizione dei pianiper l’infanzia e l’adolescenza, sostiene l’evo-luzione dei servizi educativi per la prima in-fanzia verso la flessibilita e l’apertura a unadomanda piu vasta e differenziata, finan-ziando progetti di servizi integrativi, innova-tivi e sperimentali.

Il finanziamento complessivo nei sei annicompresi fra il 1997 e il 2002 – nel 2003il finanziamento finalizzato ha riguardato lesole «citta riservatarie» – e stato, in media,di circa 120.000.000 di euro per ciascunanno.

Occorre ricordare pero, che la legge eraorientata al finanziamento di interventi nellacomplessiva area dell’infanzia e dell’adole-scenza; che la legge – per espressa previ-sione dell’articolo 5 – escludeva la possibi-

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lita di finalizzare i propri finanziamenti allosviluppo di nuovi nidi, limitando il suocampo di interesse ai soli servizi integrativi,come spazi gioco e centri dei bambini e deigenitori. I servizi integrativi e innovativisono stati una grande risorsa per i dirittidei bambini e dei genitori. Hanno consentitodi rispondere a molti bisogni e hanno estesola sperimentazione.

La legge finanziaria dell’anno 2002 (legge28 dicembre 2001, n. 448), all’articolo 70prevedeva l’istituzione di un fondo nazionale«per la costruzione e la gestione degli asilinido nonche di micro-nidi nei luoghi di la-voro», quantificato nella misura di 50 milionidi euro per l’anno 2002, 100 milioni di europer l’anno 2003 e 150 milioni di euro perl’anno 2004.

La legge finanziaria dell’anno 2003 (legge27 dicembre 2002, n. 289), all’articolo 91istituiva «il fondo di rotazione per il finan-ziamento dei datori di lavoro che realizzano,nei luoghi di lavoro, servizi di asilo nido emicro-nidi, di cui all’articolo 70 della legge28 dicembre 2001, n. 448», determinandoneun primo finanziamento annuale per l’im-porto di 10 milioni di euro e individuandomeccanismi di relazione diretta fra richie-denti e amministrazione centrale erogante.

Dal primo bando nazionale sono risultatifinanziati 97 degli oltre 200 progetti presen-tati e ammessi; allo stato attuale, secondoun’indagine dell’Osservatorio nazionale sullafamiglia, risultano attivi solo 15 nidi azien-dali.

In questa situazione e intervenuta la sen-tenza della Corte costituzionale n.320, depo-sitata il 5 novembre 2004, che, accogliendo iricorsi delle regioni Toscana ed Emilia-Ro-magna, e dichiarando l’illegittimita costitu-zionale dell’articolo 91 della legge 27 dicem-bre 2002, n. 289 (legge finanziaria 2003), hadichiarato illegittima l’iniziativa del Governoin tema di asili aziendali.

Le novita introdotte nel quadro costituzio-nale dello Stato dalla riforma del titolo Vdella Costituzione (legge costituzionale 18

ottobre 2001, n. 3, «Modifiche al titolo Vdella parte seconda della Costituzione»), pro-pongono in termini di assoluta attualita unanuova forma di riflessione sulle possibilitadi sviluppo di una normazione nazionalenon in conflitto con la piu estesa potesta le-gislativa che la Costituzione attribuisce alleregioni.

La sentenza della Corte costituzionalen. 370 del 17-23 dicembre 2003 riproponegli aspetti del problema che abbiamo appenaricordato, ponendo in campo anche ulteriorielementi di riflessione derivanti dalla chiarasottolineatura del carattere educativo deinidi e degli altri servizi per la prima infan-zia.

Occorre, infatti, definire una forma di con-vergenza e compatibilita fra il nuovo quadrocostituzionale, che circoscrive le competenzedello Stato alla sola «determinazione dei li-velli essenziali», e le necessarie forme di ga-ranzia nell’individuazione delle risorse ne-cessarie al raggiungimento e al manteni-mento dei predetti livelli.

Si tratta di definire un quadro della poli-tica nazionale e al contempo, si tratta di de-terminare quadri normativi regionali che pos-sano costituire espressione di scelte anche di-verse e specifiche, seppure reciprocamentecoerenti nei princıpi ispiratori generali.

Un intreccio di motivazioni e alla base diquesto disegno di legge, ma il filo conduttoree costituito dai diritti dei bambini all’educa-zione ed alla socializzazione e quello dei ge-nitori ad essere sostenuti nella propria fun-zione genitoriale, nonche nella conciliazionetra attivita lavorative e di cura. Il ruolo delloStato, in tutte le sue articolazioni, e centralenell’affermare questi diritti e contribuire afar uscire dalla solitudine i bambini e leloro famiglie.

I punti essenziali del disegno di leggesono i seguenti: la scelta dell’ottica zero-seianni; eredita sociale, disuguaglianze, compe-titivita del Paese; princıpi educativi e muta-menti demografici, sociali, delle famiglie edelle citta; cittadini bambini; sistema inte-

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grato di servizi e generalizzazione delle

scuole dell’infanzia; titoli di studio; ruolo

delle regioni, degli enti locali e dello Stato;

piano nazionale per lo sviluppo del sistema

integrato per l’infanzia e fondo per i diritti

della prima infanzia.

– Scelta dell’ottica zero-sei anni come ri-

sposta piu avanzata all’impianto del Governo

di centro-destra relativamente ai nidi e alle

scuole dell’infanzia, come superamento della

legge n. 1044 del 1971 – partendo dagli

aspetti positivi di essa – per porsi in sintonia

con l’obiettivo dell’Unione europea di coper-

tura del 33 per cento entro il 2010. E soprat-

tutto per valorizzare l’eccellenza maturata

negli anni nelle scuole dell’infanzia. Una si-

mile visuale non implica soluzioni univoche.

Anzi, l’articolazione zero/sei anni puo essere,

in alcuni casi, di diversa natura. Ad esempio,

le specificita zero/tre-tre/sei, il rapporto tra

autonomia e continuita, possono trovare di-

verse soluzioni. E una questione che ri-

chiede, per essere sciolta positivamente, un

bilancio della sperimentazione di questi

anni e soprattutto l’opinione degli operatori,

degli educatori, delle diverse competenze e

professionalita, del sindacato, degli ammini-

stratori, delle associazioni e del mondo della

politica.

– Eredita sociale, diseguaglianze, competi-

tivita del Paese: il superamento del nido

quale servizio a domanda individuale e da

porre in rapporto da un lato alle cause del ri-

piegamento demografico del nostro Paese –

tale da far diventare l’Italia un caso interna-

zionale – dall’altro ad una strategia per re-

stringere la forbice delle «non pari opportu-

nita» dei bambini sin dalla nascita. I piu re-

centi studi dimostrano la stretta correlazione

tra investimento nei servizi educativi per la

prima infanzia e alleggerimento dell’eredita

sociale nel destino degli individui. Il numero

dei nidi e delle scuole dell’infanzia, la loro

qualita, devono essere orientati proprio a par-

tire da queste premesse.

– Princıpi educativi e mutamenti demogra-fici, sociali delle famiglie e delle citta: chevalore diamo, pur con diversa articolazione,a questo primo percorso della vita, al rap-porto dei bambini tra di loro, al gioco, algioco di gruppo? Cio che prima era naturale– il gioco, specialmente quello di gruppo, lafrequentazione dei coetanei, il contatto conl’esterno, la natura, la realta, eccetera –non e piu assolutamente tale perche mancanofratelli, cugini, la vita sociale e di relazionesi e fatta estremamente piu complessa e dif-ferenziata, molto lontana dalla semplicita deibambini.

– Cittadini bambini: inserire il nido nelprimo livello educativo, significa ridefinirlorispetto alla legge n. 1044 del 1971. Lo spo-stamento dall’accezione di servizio sociale aquella di struttura educativa, non fa perdereil suo essere di sostegno ai genitori, ma nespecifica la sua funzione preminentementeeducativa.

– Sistema integrato di servizi e generaliz-zazione delle scuole dell’infanzia: le speri-mentazioni di questi anni, cui ha contribuitola stessa legge n. 285 del 1997, possono or-mai fornire delle indicazioni per la defini-zione del sistema stesso. Che puo essere de-finito come un sistema integrato di serviziflessibili e diversificati per opportunita of-ferte, per orari, sedi e modelli pedagogici,organizzativi e gestionali. Tale sistema com-prende nidi, scuole per l’infanzia, i serviziintegrativi e quelli innovativi e sperimentali.Per generalizzazione della scuola dell’infan-zia vanno intesi gli aspetti sia qualitativiche quantitativi. Tra essi di particolare ri-lievo sono l’eliminazione delle liste d’attesae definizione di standard di funzionamentoche devono essere garantiti ovunque e dai di-versi gestori: Stato, comune, privato, paritari.La definizione dei livelli essenziali e glistandard di qualita costituiscono una priorita.

– Titoli di studio: l’eccellenza maturatanelle scuole dell’infanzia costituisce unaspetto essenziale dell’intero sistema educa-tivo pubblico. Il riconoscimento delle profes-

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Atti parlamentari Senato della Repubblica – N. 812– 10 –

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sionalita e la leva indispensabile perche que-sto primo livello educativo costruisca su so-lide basi il diritto alla formazione e all’edu-cazione delle bambine e dei bambini, l’interaofferta educativa dello Stato e la competiti-vita del Paese.

– Ruolo delle regioni, degli enti locali edello Stato: i diversi ruoli sono definiti sullabase da un lato della riforma del titolo Vdella Costituzione, dall’altro della concretaesperienza di coordinamento propria dei co-muni e infine della presenza delle diverseforme di privato che sono intervenute nel-l’ambito dei servizi per la prima infanzia.

– Piano nazionale per lo sviluppo dellestrutture educative e del sistema integratoper l’infanzia e fondo per i diritti della primainfanzia: le risorse e una programmazionecon scadenze definite sono decisive sia peril superamento del nido quale servizio a do-manda individuale, sia per una generalizza-zione delle scuole dell’infanzia. Questi duestrumenti possono diventare la leva per rie-quilibrare i servizi tra Nord, Centro e Sude per coinvolgere le risorse dello Stato, delleregioni, dei comuni, dei privati e delle fami-glie.

Il testo del presente disegno di legge ecomposto da 14 articoli ed e suddiviso intre parti principali. Titolo I: Disposizioni ge-nerali; titolo II: Livelli essenziali, norme ge-nerali, princıpi fondamentali e funzioni delsistema integrato per l’infanzia; titolo III:Piano d’azione nazionale per la promozionedel sistema integrato per l’infanzia.

Il disegno di legge si ispira nelle sue lineeportanti alla citata convenzione di New Yorkdel 20 novembre 1989, resa esecutiva in Ita-lia con la citata legge n. 176 del 1991, ed ein coerenza con le strategie dell’Unione eu-ropea.

Il titolo I tiene, in particolare, conto delfatto che la complessita dei bisogni dei bam-bini e delle loro famiglie richiede risposteflessibili ed articolate per opportunita offerte,orari, sedi e modelli organizzativi e gestio-

nali, al fine di garantire la qualita educativa,la relazione dei bambini tra di loro e con gliadulti, con la natura, con il territorio e conl’insieme delle opportunita e servizi offertidalla comunita locale. L’articolo 1, detta iprincıpi generali, le finalita della legge e lemodalita attraverso cui intende realizzaretali princıpi e diritti.

I princıpi generali sono quelli di liberta edignita personale, di autonomia individuale,solidarieta, eguaglianza delle opportunita, va-lorizzazione della differenza di genere, inte-grazione delle diverse culture e delle diverseabilita.

Le finalita sono: garantire il diritto di tuttele bambine e i bambini a poter svilupparepienamente le loro potenzialita di relazione,di autonomia, di creativita, di apprendimentoin un adeguato contesto cognitivo, ludico eaffettivo; il diritto ad avere pari opportunitadi educazione e di istruzione, di cura, di re-lazione e gioco, superando disuguaglianze ebarriere territoriali, economiche, etniche eculturali.

Le modalita attraverso cui la legge intenderealizzare tali princıpi e diritti sono: la co-struzione di un sistema integrato dei servizieducativi e di istruzione per le bambine e ibambini in eta compresa tra tre mesi e seianni, che risponda alla complessita dei biso-gni dei bambini e delle loro famiglie, attra-verso risposte flessibili ed articolate per op-portunita offerte, orari, sedi e modelli orga-nizzativi e gestionali.

L’articolo 2 detta le caratteristiche del si-stema integrato per l’infanzia, con cui la pre-sente legge intende l’insieme dei servizi edu-cativi e di istruzione dell’infanzia: nidi d’in-fanzia, servizi integrativi, scuole dell’infan-zia e servizi innovativi e sperimentali, modu-lati in coerenza con i diritti e i bisogni deibambini e delle famiglie.

Viene specificato il ruolo di tali serviziquale sede primaria dei processi di educa-zione e istruzione, che costituiscono azionidi sostegno alla genitorialita, atte ad agevo-lare la funzione educativa delle famiglie e

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a favorire la conciliazione fra i tempi e le ti-pologie di lavoro dei genitori e le loro fun-zioni di cura e di educazione, prevedendouna valorizzazione da parte degli enti e deisoggetti gestori del ruolo attivo delle fami-glie nelle scelte educative.

Gli articoli 3, 4 e 5, partendo anche dallesperimentazioni rese possibili in questi annidalla legge n. 285 del 1997, definiscono il si-stema integrato di servizi, fissano le caratte-ristiche dei vari servizi, delle scuole dell’in-fanzia e il ruolo di Stato, regioni ed enti lo-cali nell’assicurare l’incremento dei nidi e lageneralizzazione qualitativa e quantitativadelle scuole dell’infanzia su tutto il territorionazionale, in particolar modo nelle regionidel Mezzogiorno.

Il titolo II del disegno di legge stabilisceLivelli essenziali, norme generali, princıpifondamentali e funzioni del sistema integratodell’infanzia, fissando anche le funzioni e icompiti di Stato, regioni ed enti locali suquesto argomento.

L’articolo 6 fissa i livelli essenziali delleprestazioni del sistema integrato per l’infan-zia, con un’attenzione particolare alla forma-zione di insegnanti ed educatori; al rapportotra territorio, numero dei servizi e popola-zione infantile; agli standard minimi struttu-rali e di funzionamento dei servizi; agli stan-dard minimi di qualita degli spazi; al tempodelle diverse attivita comprese quelle moto-rie; alla presenza di apposite strutture dicoordinamento pedagogico; all’adeguato rap-porto quantitativo tra docenti e bambini; allapartecipazione dei genitori al progetto educa-tivo; all’accoglienza e al sostegno delle di-versita linguistiche, etniche, religiose e cor-relate alla disabilita.

L’articolo 7 fissa le funzioni e i compitidello Stato che sono di programmazione, in-dirizzo e coordinamento, di determinazionedei livelli essenziali delle prestazioni educa-tive e dei criteri di valutazione dell’offertaeducativa, prevede l’istituzione di un sistemadi promozione e di garanzia della qualita edella quantita degli interventi, la determina-

zione e l’assegnazione delle risorse a caricodel bilancio dello Stato.

Gli articoli 8 e 9 fissano i compiti e lefunzioni di regioni ed enti locali. Nello spe-cifico le regioni hanno i compiti e le fun-zioni concernenti l’indirizzo, la programma-zione e lo sviluppo del sistema integratoper l’infanzia, come indicato dal Piano d’a-zione e nel rispetto dei livelli essenziali dicui sopra; la determinazione degli standardrelativi all’organizzazione e al funziona-mento e la definizione degli standard di qua-lita dei servizi e delle prestazioni del serviziointegrato per l’infanzia; la ripartizione dellerisorse pubbliche agli enti locali, come indi-cato dal Piano d’azione; la definizione deirequisiti qualitativi per l’accreditamento;l’indicazione degli indirizzi per la forma-zione permanente delle figure professionalidel sistema integrato per l’infanzia, il si-stema di valutazione dell’offerta educativadel sistema integrato; lo sviluppo del sistemainformativo regionale sui temi della presentelegge.

Gli enti locali esercitano i compiti e lefunzioni concernenti la programmazione el’attuazione del sistema integrato per l’infan-zia nel territorio di loro competenza; l’accre-ditamento, l’autorizzazione e il controllo deisoggetti privati relativamente all’istituzione ealla gestione dei servizi del sistema integratoper l’infanzia; la promozione e il coordina-mento di azioni di formazione e aggiorna-mento, la definizione delle modalita organiz-zative di tutti i servizi del sistema integratoper l’infanzia e la promozione di azioni incontinuita con le istituzioni scolastiche delprimo ciclo.

Il titolo III della legge all’articolo 10 pre-vede la formulazione di un Piano d’azionenazionale pluriennale degli interventi per lapromozione del sistema integrato per l’infan-zia.

Tale piano dovra essere formulato dal Go-verno entro tre mesi dall’entrata in vigoredella legge e verra adottato previa delibera-zione del Consiglio dei ministri, su proposta

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del Presidente del Consiglio, sentiti i Ministriinteressati.

Il Piano d’azione, per quanto riguarda inidi d’infanzia, deve prevedere un incre-mento della disponibilita di accoglienzapari ad almeno il 15 per cento, su base an-nua, dell’utenza attuale; per quanto riguardala scuola dell’infanzia deve prevedere ilcompletamento della generalizzazione, do-vra, inoltre, modulare la destinazione alle re-gioni e agli enti locali delle risorse finanzia-rie destinate allo scopo, programmare ilpiano di investimenti, per le spese annualidi gestione dovra prevedere il cofinanzia-mento da parte dello Stato del 50 per centodei costi di gestione che restano a carico de-gli enti locali al netto delle entrate da com-partecipazione delle famiglie utenti del ser-vizio.

Per quanto riguarda la partecipazione eco-nomica delle famiglie per i nidi d’infanzia, iservizi integrativi e i servizi innovativi e spe-rimentali, l’articolo 11 afferma che non potra

essere superiore al 30 per cento del rispettivocosto medio rilevato a livello regionale,escluse le spese per i costi di ammortamentodei mutui per la realizzazione delle strutture.

Vengono, inoltre, garantite forme di age-volazione tariffaria subordinate all’accerta-mento del reddito e vengono altresı garantiteforme di esenzione completa dal pagamentonei casi di particolare disagio economico esociale rilevati dai servizi territoriali.

Con l’articolo 12 viene abrogata la norma-tiva vigente.

L’articolo 13 prevede l’elaborazione diuna relazione biennale sullo stato di attua-zione della legge a cura del Ministro dell’i-struzione, dell’universita e della ricerca, chesi avvarra del Centro nazionale di documen-tazione e di analisi per l’infanzia e l’adole-scenza e che terra conto dei rapporti presen-tati dalle regioni e dalle province autonomedi Trento e di Bolzano.

Infine l’articolo 14 reca disposizioni circala copertura finanziaria.

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Atti parlamentari Senato della Repubblica – N. 812– 13 –

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DISEGNO DI LEGGE

TITOLO I

DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 1.

(Oggetto e finalita)

1. Tutte le bambine e i bambini, dalla na-scita ai sei anni, senza alcuna distinzione, de-vono poter sviluppare pienamente le loro po-tenzialita di relazione, autonomia, creativita,apprendimento, in un adeguato contesto co-gnitivo, ludico e affettivo. A tal fine e garan-tito loro il diritto ad avere pari opportunita dieducazione e di istruzione, di cura, di rela-zione e gioco, superando disuguaglianze ebarriere territoriali, economiche, etniche eculturali.

2. La presente legge garantisce la realizza-zione dei diritti indicati al comma 1, attra-verso la costruzione di un sistema integratodei servizi educativi e di istruzione per lebambine e i bambini in eta compresa tratre mesi e sei anni, secondo quanto previstodal comma 1. A tale scopo detta i livelli es-senziali delle prestazioni, le norme generali estabilisce princıpi fondamentali ai sensi, ri-spettivamente, dell’articolo 117, secondocomma, lettere m) e n), e terzo comma, dellaCostituzione. La presente legge si conformaai princıpi della Convenzione sui diritti delfanciullo, fatta a New York il 20 novembre1989, resa esecutiva ai sensi della legge 27maggio 1991, n. 176, nonche alle previsionidel diritto comunitario e alle strategie adot-tate in tale materia dall’Unione europea.

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Atti parlamentari Senato della Repubblica – N. 812– 14 –

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3. Lo Stato, le regioni, le province auto-nome di Trento e di Bolzano e gli enti localigarantiscono la progressiva costruzione ditale sistema integrato per mezzo di adeguatiinterventi.

4. Gli interventi di cui al comma 3 sonorealizzati sulla base dei princıpi di liberta edignita personale, autonomia individuale, so-lidarieta, eguaglianza delle opportunita, valo-rizzazione della differenza di genere, integra-zione delle diverse culture e delle diverseabilita.

5. Ai sensi della presente legge per si-stema integrato per l’infanzia si intende l’in-sieme dei servizi educativi e di istruzionedell’infanzia per le bambine e i bambini ineta compresa tra tre mesi e sei anni: nidid’infanzia, servizi integrativi, scuole dell’in-fanzia e servizi innovativi e sperimentali,modulati in coerenza con i diritti e i bisognidei bambini e delle famiglie.

Art. 2.

(Caratteristiche del sistema integrato

per l’infanzia)

1. I nidi d’infanzia, i servizi integrativi, lescuole dell’infanzia e i servizi innovativi esperimentali costituiscono, nella loro autono-mia e specificita, la sede primaria dei pro-cessi di educazione e istruzione per l’attua-zione dei diritti previsti all’articolo 1,comma 1.

2. I nidi d’infanzia, i servizi integrativi e iservizi innovativi e sperimentali di cui agliarticoli 3 e 5 non rientrano tra i servizi pub-blici a domanda individuale di cui al de-creto-legge 28 febbraio 1983, n. 55, conver-tito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile1983, n. 131.

3. Il sistema integrato per l’infanzia com-prende azioni di sostegno alla genitorialita,

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Atti parlamentari Senato della Repubblica – N. 812– 15 –

XVI LEGISLATURA – DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI - DOCUMENTI

per agevolare la funzione educativa delle fa-

miglie.

4. Il sistema integrato per l’infanzia favo-

risce la conciliazione fra i tempi e le tipolo-

gie di lavoro dei genitori e le loro funzioni di

cura e di educazione.

5. Gli enti e i soggetti gestori dei servizi

del sistema integrato per l’infanzia valoriz-

zano il ruolo attivo delle famiglie. Prevedono

la loro partecipazione alle scelte educative e

alla verifica della loro attuazione, l’istitu-

zione di specifici organismi rappresentativi

e assicurano modalita flessibili di incontro,

collaborazione e apertura al territorio.

Art. 3.

(Nido d’infanzia e servizi integrativi)

1. Il nido d’infanzia costituisce il primo li-

vello educativo, opera in autonomia e conti-

nuita con la scuola dell’infanzia ed e aperto

senza alcuna discriminazione a tutte le bam-

bine e i bambini di eta compresa tra tre mesi

e tre anni; concorre con le famiglie alla cura,

all’educazione e alla socializzazione dei

bambini, ne rispetta la personalita, i ritmi

di vita e di crescita e ne promuove il benes-

sere e l’armonico sviluppo dell’identita, del-

l’autonomia e delle competenze.

2. I servizi di cui all’articolo 5 della legge

28 agosto 1997, n. 285, ampliano l’offerta

educativa del nido d’infanzia, attraverso ulte-

riori risposte ai diritti e alle esigenze dei

bambini e delle famiglie.

3. Lo Stato, le regioni, le province auto-

nome di Trento e di Bolzano e gli enti locali

assicurano l’incremento dei nidi d’infanzia e

la loro diffusione in tutto il territorio nazio-

nale, con particolare riguardo al Mezzo-

giorno.

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Atti parlamentari Senato della Repubblica – N. 812– 16 –

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Art. 4.

(Scuola dell’infanzia)

1. La scuola dell’infanzia costituisce il li-vello d’istruzione cui hanno diritto tutte lebambine e i bambini di eta compresa tra itre e i sei anni.

2. La scuola dell’infanzia, nella sua auto-nomia, unitarieta e specificita pedagogica edidattica, concorre all’educazione e all’istru-zione, allo sviluppo dell’identita, dell’auto-nomia e delle competenze delle bambine edei bambini, nel rispetto della loro persona-lita; assicura una effettiva eguaglianza delleopportunita educative, tenendo conto dell’o-rientamento educativo dei genitori.

3. La scuola dell’infanzia opera in conti-nuita con gli altri servizi del sistema inte-grato per l’infanzia e con la scuola primaria.

4. Lo Stato, le regioni, le province auto-nome di Trento e di Bolzano e gli enti localiassicurano la generalizzazione qualitativa equantitativa dell’offerta formativa e garanti-scono a tutte le bambine e a tutti i bambini,in eta compresa tra i tre e i sei anni, la pos-sibilita di frequentare la scuola dell’infanzianelle scuole statali, comunali o private pari-tarie.

Art. 5.

(Servizi innovativi e sperimentali)

1. Le regioni, al fine di perseguire le fina-lita di cui all’articolo 1, possono promuo-vere, orientare e sostenere progetti finalizzatia realizzare servizi innovativi e sperimentali,comunque denominati, che accolgono bam-bini di eta compresa tra i tre mesi e i seianni. Ne definiscono gli obiettivi e le condi-zioni di attuazione nonche i criteri, le moda-lita e i tempi di verifica per la valutazionedegli esiti.

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TITOLO II

LIVELLI ESSENZIALI, NORMEGENERALI, PRINCIPI FONDAMENTALIE FUNZIONI DEL SISTEMA INTEGRATO

PER L’INFANZIA

Art. 6.

(Livelli essenziali delle prestazionidel sistema integrato per l’infanzia)

1. In attuazione dell’articolo 117, secondocomma, lettera m), della Costituzione e conriferimento alla Convenzione sui diritti delfanciullo, fatta a New York il 20 novembre1989 e resa esecutiva ai sensi della citatalegge n. 176 del 1991, si determinano i li-velli essenziali delle prestazioni del sistemaintegrato per l’infanzia. I livelli essenziali at-tengono:

a) all’omogeneita dei titoli di studio e diformazione richiesti agli insegnanti e aglieducatori del sistema integrato per l’infanzia;

b) al rapporto territoriale ottimale tra ilnumero dei servizi educativi e d’istruzionedel sistema integrato per l’infanzia e la popo-lazione infantile, anche con riferimento altasso di natalita, al tasso di occupazionedelle donne con figli minori, alla presenzadi situazioni di disagio e di emarginazionesociale e alla presenza o al rischio di feno-meni di poverta o di devianza minorile;

c) agli standard minimi strutturali e difunzionamento dei servizi, anche con riferi-mento alla ricettivita, al dimensionamento eai requisiti igienico-sanitari; agli standardminimi di qualita degli spazi ambientali in-terni ed esterni, delle mense, dei servizi edei tempi delle diverse attivita, ivi compresequelle motorie;

d) alla presenza di apposite strutture dicoordinamento pedagogico per la promo-zione della qualita educativa dei servizi e

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per lo sviluppo del sistema integrato per l’in-fanzia;

e) all’adeguato rapporto quantitativo trainsegnanti o educatori e bambini;

f) alla partecipazione attiva e informatadei genitori al progetto educativo e all’atti-vita del sistema integrato per l’infanzia e alcoinvolgimento dei bambini, nelle formepossibili;

g) all’accoglienza e al sostegno delle di-versita linguistiche, etniche, religiose e aquelle correlate alla disabilita.

Art. 7.

(Funzioni e compiti dello Stato)

1. Al fine dell’attuazione della presentelegge, competono allo Stato le funzioni con-cernenti:

a) la programmazione, l’indirizzo ed ilcoordinamento della progressiva ed equili-brata estensione del sistema integrato perl’infanzia su tutto il territorio nazionale, incoerenza con le linee contenute nel Pianodi azione nazionale per la promozione del si-stema integrato per l’infanzia di cui all’arti-colo 10;

b) la determinazione dei livelli essen-ziali delle prestazioni educative di cui all’ar-ticolo 6;

c) la determinazione dei criteri di valu-tazione dell’offerta educativa e delle presta-zioni del sistema integrato per l’infanzia;

d) l’istituzione di un sistema di promo-zione e di garanzia della qualita e dellaquantita degli interventi;

e) la determinazione e l’assegnazionedelle risorse a carico del bilancio dello Stato;

f) l’indirizzo e il coordinamento per ac-quisire ed elaborare dati e informazioni sulsistema integrato per l’infanzia, a partire dal-l’anagrafe dei bambini che possano usufruiredel servizio educativo per la fascia zero-seianni, in coordinamento con le regioni e av-valendosi della struttura del Centro nazionale

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di documentazione e di analisi per l’infanziae l’adolescenza di cui all’articolo 3 del rego-lamento di cui al decreto del Presidente dellaRepubblica 14 maggio 2007, n. 103.

Art. 8.

(Funzioni e compiti delle regioni)

1. Al fine dell’attuazione della presentelegge, competono alle regioni e alle provinceautonome di Trento e di Bolzano le funzioniconcernenti:

a) l’indirizzo, la programmazione e losviluppo del sistema integrato per l’infanzia,sulla base delle indicazioni del Piano diazione nazionale per la promozione del si-stema integrato per l’infanzia di cui all’arti-colo 10, secondo specifiche esigenze di ca-rattere unitario regionale e nel rispetto dei li-velli essenziali delle prestazioni di cui all’ar-ticolo 6;

b) la determinazione degli standard re-lativi alle modalita organizzative di funzio-namento dei nidi, dei servizi integrativi edei servizi innovativi sperimentali;

c) la definizione, per quanto di compe-tenza, degli standard di qualita dei servizie delle prestazioni del sistema integrato perl’infanzia;

d) la ripartizione agli enti locali delle ri-sorse pubbliche in coerenza con quanto pre-visto dal Piano di azione di cui all’arti-colo 10;

e) la definizione dei requisiti qualitativiper l’accreditamento dei nidi, dei servizi in-tegrativi e dei servizi innovativi sperimentalie per l’autorizzazione al loro funzionamento;

f) l’indicazione degli indirizzi per l’at-tuazione di iniziative di formazione perma-nente delle diverse figure professionali delsitema integrato per l’infanzia, per quantodi competenza;

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g) il sistema di valutazione dell’offerta

educativa e delle prestazioni del sistema inte-

grato per l’infanzia, in coerenza con i criteri

definiti ai sensi dell’articolo 7, comma 1,

lettera c);

h) lo sviluppo del sistema informativo

regionale concernente la materia disciplinata

dalla presente legge.

Art. 9.

(Funzioni e compiti degli enti locali)

1. Al fine dell’attuazione della presente

legge, salvo diversa determinazione delle

leggi regionali, competono ai comuni, singoli

o associati, le funzioni concernenti:

a) la programmazione e l’attuazione

dello sviluppo, nel territorio di loro compe-

tenza, del sistema integrato per l’infanzia,

anche mediante la piena valorizzazione delle

diverse risorse presenti nel territorio, in coe-

renza con le funzioni delineate negli articoli

7 e 8;

b) l’accreditamento, l’autorizzazione e il

controllo dei soggetti privati relativamente

all’istituzione e alla gestione dei servizi del

sistema integrato per l’infanzia, per quanto

di competenza;

c) la promozione e il coordinamento di

iniziative di aggiornamento e di formazione,

nonche di raccordo e scambio nell’ambito

del sistema integrato per l’infanzia;

d) la definizione delle modalita organiz-

zative, del coordinamento e del funziona-

mento dei nidi, dei servizi integrativi, dei

servizi innovativi e sperimentali, nonche

delle scuole dell’infanzia comunali; la pro-

mozione di iniziative ed esperienze di conti-

nuita del sistema integrato per l’infanzia con

le istituzioni scolastiche del primo ciclo.

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TITOLO III

PIANO DI AZIONE NAZIONALEPER LA PROMOZIONE DEL SISTEMA

INTEGRATO PER L’INFANZIA

Art. 10.

(Piano di azione nazionaleper la promozione del sistema

integrato per l’infanzia)

1. Entro tre mesi dalla data di entrata invigore della presente legge il Governo, in at-tuazione dell’articolo 117, secondo comma,lettera m), della Costituzione, formula ilPiano di azione nazionale per la promozionedel sistema integrato per l’infanzia, pianopluriennale di interventi, di seguito denomi-nato «Piano di azione».

2. Il Piano di azione e adottato previa de-liberazione del Consiglio dei ministri, su pro-posta del Presidente del Consiglio dei mini-stri, sentiti i Ministri interessati. Sulloschema di piano e acquisita l’intesa con laConferenza unificata di cui all’articolo 8del decreto legislativo 28 agosto 1997,n. 281, e successive modificazioni.

3. Relativamente alle parti del Piano diazione sulle quali, nella citata Conferenzaunificata, non si sia realizzata l’intesa dicui al comma 2, il Parlamento decide conla maggioranza assoluta degli aventi dirittoal voto.

4. Il Piano di azione, per quanto riguarda inidi d’infanzia, prevede un incremento delladisponibilita di accoglienza pari ad almenoil 20 per cento, su base annua, dell’utenza at-tuale; per quanto riguarda la scuola dell’in-fanzia il medesimo piano prevede il soddi-sfacimento integrale delle richieste di inseri-mento nella scuola dell’infanzia.

5. Il Piano di azione, sulla base di indica-tori di evoluzione demografica e di riequili-brio territoriale, modula la destinazione alleregioni e agli enti locali delle risorse finan-ziarie destinate allo scopo.

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6. Il Piano di azione contiene il piano diinvestimenti, comprendendo anche la ristrut-turazione di immobili di proprieta del dema-nio, delle regioni e degli enti locali e la lorodestinazione al sistema integrato per l’infan-zia.

7. Per le spese annuali di gestione, il Pianodi azione prevede il cofinanziamento daparte dello Stato del 50 per cento dei costidi gestione che restano a carico degli enti lo-cali al netto delle entrate da compartecipa-zione delle famiglie utenti del servizio.

Art. 11.

(Partecipazione economica delle famiglie)

1. Nei nidi d’infanzia, nei servizi integra-tivi e nei servizi innovativi e sperimentali,di cui agli articoli 3 e 5, pubblici o privatiaccreditati, la partecipazione economica dellefamiglie utenti alle spese di funzionamentodei servizi non puo essere superiore al 30per cento del rispettivo costo medio rilevatoa livello regionale, escluse le spese per i co-sti di ammortamento dei mutui per la realiz-zazione delle strutture.

2. Sono garantite forme di agevolazionetariffaria subordinate all’accertamento delreddito effettuato secondo l’indicatore dellasituazione economica equivalente (ISEE) dicui al decreto legislativo 31 marzo 1998,n. 109.

3. Sono altresı garantite forme di esen-zione completa dal pagamento nei casi diparticolare disagio economico e sociale rile-vati dai servizi territoriali.

Art. 12.

(Abrogazioni)

1. Sono abrogate le seguenti disposizioni:

a) legge 6 dicembre 1971, n. 1044;

b) articolo 70 della legge 28 dicembre2001, n. 448;

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c) articolo 91 della legge 27 dicembre2002, n. 289;

d) articolo 2, comma 1, lettera e), dellalegge 28 marzo 2003, n. 53;

e) articoli 1, 3 e 12 del decreto legisla-tivo 19 febbraio 2004, n. 59;

f) articolo 14, comma 1, della legge 18ottobre 2001, n. 383.

Art. 13.

(Relazione periodica sullo statodi attuazione della legge)

1. Il Ministro dell’istruzione dell’univer-sita e della ricerca, avvalendosi della strut-tura del Centro nazionale di documentazionee di analisi per l’infanzia e l’adoloscenza dicui all’articolo 3 del regolamento di cui aldecreto del Presidente della Repubblica 14maggio 2007, n. 103, presenta al Parlamentouna relazione biennale sullo stato di attua-zione della presente legge, tenuto conto deirapporti presentati dalle regioni e dalle pro-vince autonome di Trento e di Bolzano.

Art. 14.

(Copertura finanziaria)

1. Agli oneri derivanti dall’attuazionedella presente legge, valutati in euro 500 mi-lioni per l’anno 2008, in euro 750 milioniper l’anno 2009 e in euro 1500 milioni a de-correre dall’anno 2010, si provvede mediantecorrispondente riduzione lineare delle dota-zioni di parte corrente indicate nella TabellaC della legge 24 dicembre 2007, n. 244, perciascun anno 2008, 2009 e 2010, ad ecce-zione delle seguenti dotazioni di parte cor-rente:

a) nell’ambito dello stato di previ-sione del Ministero dell’economia e delle fi-nanze, del Ministero della salute, relative allamissione «Ricerca e innovazione»;

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b) nell’ambito dello stato di previ-sione del Ministero della salute relative allamissione «Tutela della salute»;

c) nell’ambito dello stato di previ-sione del Ministero dell’economia e delle fi-nanze, relative alle missioni «Soccorso ci-vile», «Diritti sociali, solidarieta sociale e fa-miglia»;

d) nell’ambito dello stato di previ-sione del Ministero dell’economia e delle fi-nanze, del Ministero del lavoro e della previ-denza sociale relative alla missione «Politi-che previdenziali»;

e) nell’ambito dello stato di previ-sione del Ministero del lavoro e della previ-denza sociale, relative alla missione «Politi-che per il lavoro»;

f) nell’ambito dello stato di previ-sione del Ministero della pubblica istruzione,relative alla missione «Fondi da ripartire»programma «Fondi da assegnare»;

g) nell’ambito dello stato di previ-sione del Ministero della universita e dellaricerca, relative alla missione «Istruzioneuniversitaria»;

h) nell’ambito dello stato di previ-sione del Ministero del commercio interna-zionale, relative alla missione «Commerciointernazionale ed internazionalizzazione delsistema produttivo»;

i) nell’ambito dello stato di previ-sione del Ministero per i beni e le attivitaculturali, relative alla missione «Tutela e va-lorizzazione dei beni e attivita culturali epaesaggistici».

2. Per gli anni successivi al 2010, siprovvede con appositi stanziamenti in sededi approvazione della legge finanziaria, nelrispetto di quanto previsto all’articolo 11,comma 3, lettera d), della legge 5 agosto1978, n. 468, e successive modificazioni.

3. Il Ministro dell’economia e delle fi-nanze e autorizzato ad apportare, con propridecreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

E 2,00