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1 Appunti su Autismo a cura di Flavia Caretto [email protected] Caratteristiche dell’Autismo AUTISMO: cos’è? … Il mio modo di essere era completamente incomprensibile agli occhi di chi mi circondava. Toccavo continuamente ogni cosa; tastavo con le dita gli incavi delle bottiglie, i braccioli del divano e le maniglie delle porte, strofinavo il palmo della mano sui corrimano curvi. Sentivo la necessità di toccare tutte queste cose perché avevo bisogno delle loro curve e rotondità ma nessuno, intorno a me, immaginava che fosse questo tipo di bisogno a provocare in me quel comportamento. Per loro dimostravo unicamente di essere strana e a volte irritante, ma io non pensavo affatto di essere né strana né irritante. Sapevo solo che ciò che facevo era una necessità, per me, d’importanza vitale. Però, agli occhi degli altri, tutto questo non meritava alcun rispetto. (Gunilla Gerland, Una persona vera – Phoenix: Roma). Autismo: cosa significa? “Sindrome” è un insieme di “sintomi” ovvero di “segni” osservabili (nel caso dell’autismo: di comportamenti) Compromissione qualitativa dell’interazione sociale Compromissione qualitativa della comunicazione Modalità di comportamento, interessi ed attività ristretti, ripetitivi e stereotipati Esordio: prima dei tre anni per almeno una delle aree della triade Autismo: chi decide di cosa si tratta? L’Organizzazione Mondiale della Sanità OMS Attraverso l’ ICD 10 Autismo infantile 299.00 L’American Psychiatric Association APA Attraverso il DSM IV Text Revision

dispensa Caretto su Autismo Gaslini - Salute e Sociale comuni/pdf... · Da Watson et al, Autismo e disturbi dello sviluppo, 2, 3, 2004, pp. 337-358 Nei bambini in età prescolare

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Appunti su

Autismo a cura di Flavia Caretto

[email protected]

Caratteristiche dell’Autismo

AUTISMO: cos’è? … Il mio modo di essere era completamente incomprensibile agli occhi di chi mi circondava. Toccavo

continuamente ogni cosa; tastavo con le dita gli incavi delle bottiglie, i braccioli del divano e le maniglie delle porte, strofinavo il palmo della mano sui corrimano curvi. Sentivo la necessità di toccare tutte queste cose perché avevo bisogno delle loro curve e rotondità ma nessuno, intorno a me, immaginava che fosse questo tipo di bisogno a provocare in me quel comportamento. Per loro dimostravo unicamente di essere strana e a volte irritante, ma io non pensavo affatto di essere né strana né irritante. Sapevo solo che ciò che facevo era una necessità, per me, d’importanza vitale. Però, agli occhi degli altri, tutto questo non meritava alcun rispetto.

(Gunilla Gerland, Una persona vera – Phoenix: Roma).

Autismo: cosa significa?

�“Sindrome” è un insieme di “sintomi” ovvero di “segni” osservabili (nel caso dell’autismo: di comportamenti)

�Compromissione qualitativa dell’interazione sociale �Compromissione qualitativa della comunicazione �Modalità di comportamento, interessi ed attività ristretti, ripetitivi e stereotipati

�Esordio: prima dei tre anni per almeno una delle aree della triade Autismo: chi decide di cosa si tratta? � L’Organizzazione Mondiale della Sanità OMS

� Attraverso l’ ICD 10 �Autismo infantile 299.00

� L’American Psychiatric Association APA

� Attraverso il DSM IV Text Revision

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�Disturbo Autistico F84.0

DSM IV- TR: cos’è? � Il DSM IV TR, manuale statistico e diagnostico dei disturbi mentali, è un testo redatto da una commissione di esperti nominata dall’APA Associazione Americana degli Psichiatri

� Elenca le definizioni dei disturbi mentali che incontrano il consenso degli psichiatri e della comunità scientifica internazionale

� Per ogni disturbo, descrive i sintomi e le linee guida per formulare una corretta diagnosi

Disturbo autistico: in che cornice si colloca?

�Disturbi Mentali � Disturbi diagnosticati nell’infanzia, nella fanciullezza o nell’adolescenza

�Disturbi pervasivi dello sviluppo � Disturbo autistico

Il primo gruppo di sintomi: Interazione sociale � A. marcata compromissione nell’uso di svariati comportamenti non verbali, come lo

sguardo diretto, l’espressione mimica, le posture corporee, e i gesti che regolano l’interazione sociale

� B. incapacità di sviluppare interazioni con i coetanei adeguate al livello di sviluppo � C. mancanza di ricerca spontanea della condivisione di gioie, interessi o obiettivi con

altre persone (per esempio non mostrare, portare, né richiamare l’attenzione su oggetti di proprio interesse)

� D. mancanza di reciprocità sociale o emotiva

Il secondo gruppo di sintomi: Comunicazione � A. ritardo o totale mancanza dello sviluppo del linguaggio parlato (non accompagnato

da un tentativo di compenso attraverso modalità alternative di comunicazione come gesti o mimica)

� B. in soggetti con linguaggio adeguato, marcata compromissione della capacità di iniziare o sostenere una conversazione con altri

� C. uso di linguaggio stereotipato e ripetitivo o linguaggio eccentrico � D. mancanza di giochi di simulazione vari e spontanei, o di giochi di imitazione sociale

adeguati al livello di sviluppo

Il terzo gruppo di sintomi: Repertorio di interessi � A. dedizione assorbente a uno o più tipi di interessi ristretti e stereotipati

anomali o per intensità o per focalizzazione

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� B. sottomissione del tutto rigida ad inutili abitudini o rituali specifici � C. manierismi motori stereotipati e ripetitivi (battere o torcere le mani o il

capo, o complessi movimenti di tutto il corpo) � D. persistente ed eccessivo interesse per parti di oggetti

Criteri per la diagnosi �Devono essere presenti almeno

� 2 criteri per l’interazione sociale � 1 criterio per comunicazione � 1 criterio per il repertorio di interessi

�L’esordio deve avvenire prima dei tre anni �Diagnosi differenziale

Autismo: cosa significa “compromissione qualitativa”?

Ritardo Mentale profilo di sviluppo

cosiddetto “ritardato”

ma omogeneo

Autismo profilo di sviluppo “disomogeneo”

oltre che (quasi sempre)

“ritardato”

manifestazioni e disturbi associati � Ritardo Mentale � Profilo di sviluppo “irregolare” � Capacità verbali più deboli di quelle non verbali � Possono essere presenti “isole di abilità” � Il linguaggio espressivo può essere superiore alle abilità di comunicazione � Sintomi “comportamentali” (aggressività, iperattività, autolesionismo…) � Risposte bizzarre a stimoli sensoriali � Disturbi dell’alimentazione � Disturbi del sonno � Anomalie dell’umore e dell’affettività � Paure, fobie � In adolescenza, nelle persone con buon funzionamento, può comparire la depressione

condizioni mediche associate � Sintomi o segni neurologici aspecifici (es: riflessi primitivi, ritardato

sviluppo della dominanza di lato …)

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� Condizione neurologica o altra condizione medica generale (es: Sindrome dell’x fragile, Sclerosi Tuberosa …)

� Nel 25% dei casi si sviluppano convulsioni

caratteristiche collegate all’età

� Nei neonati e nella prima infanzia � Difficoltà a stare in braccio � Mancanza di attenzione condivisa � Mancanza di contatto visivo � Mancanza di sorriso e reciprocità sociale � Mancanza di risposta alla voce dei genitori � Apparente sordità � Movimenti stereotipati o attività ripetitive � Difficoltà nel gioco � Difficoltà o avversione al contatto fisico o alle manifestazioni d’affetto

CARATTERISTICHE DA ZERO ATRE ANNI

� Sviluppo affettivo � Ridotte espressioni del viso, ambigue, non rivolte ad altri, non sorriso

sociale, raro sguardo sociale, rara reciprocità verso estranei � Processi sensoriali, attenzione, autoregolazione

� Ipersensibilità uditiva, resistenza al contatto fisico, evitamento di alcuni cibi, alta soglia al dolore, scarso orientamento visivo, attenzione e dedizione a caratteristiche sensoriali dell’oggetto, ipo o iper responsività a stimoli sociali e non

� Prassie e imitazione � Difficoltà di imitazione di sequenze di azioni a significato

� Comprensione � Mancata risposta al nome, bassa comprensione della gestualità

� Modalità comunicative � Mancanza dell’uso dello sguardo per la comunicazione, scarso babillage,

scarso uso dei gesti, uso della mano dell’adulto per chiedere � Intenzionalità comunicativa

� Non attenzione congiunta (8-12 mesi), scarsa intenzionalità e iniziativa, mancanza del gesto di indicazione, comunicazione limitata a funzioni strumentali, non condivisione

� Gioco sociale � Scarso orientamento sociale e attenzione condivisa

� Gioco con oggetti � Mettere in bocca oggetti, non giochi di finzione, giochi ripetitivi

� Caratteristiche motorie e comportamenti ripetitivi o stereotipati � Ritardo nello sviluppo motorio (28% di bambini fra 0-18 mesi), posture

particolari, goffaggine, problemi di pianificazione motoria, miglioramento delle prestazioni se contestualizzate e finalizzate, stereotipie e ritualismi

Da Watson et al, Autismo e disturbi dello sviluppo, 2, 3, 2004, pp. 337-358

� Nei bambini in età prescolare

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� Prendere la mano dell’adulto per ottenere oggetti � Difficoltà nello sguardo diretto

� Nell’adolescenza � Repentine variazioni dei problemi di comportamento � Maggiore disponibilità all’interazione

� Negli adulti � Attenuazione dei problemi di comportamento

caratteristiche collegate al genere

� Il disturbo è da quattro a cinque volte maggiore nei maschi che nelle femmine

� Le femmine con questo disturbo hanno più possibilità di avere un ritardo mentale grave

prevalenza

� 5 casi su 10.000 (da 2 a 20 casi su 10.000)

Le statistiche sono, al momento attuale, le più diverse ed ampie, comprendendo le condizioni dello “spettro autistico”

decorso � Esordio prima dei tre anni

� Presentazione dei sintomi fin dalla nascita � Regressione dopo il primo anno (fra i 12 e i 21 mesi)

� Il decorso è continuo � Una piccola percentuale riesce, in età adulta, a vivere e a lavorare in maniera

indipendente � Un terzo riesce a raggiungere una parziale indipendenza � I restanti necessiteranno di cure ed assistenza per tutta la vita

familiarità � Il 5% dei fratelli ha maggiori probabilità di presentare il disturbo autistico � Ci sono maggiori rischi (imprecisata la percentuale) che i fratelli

presentino altri tipi di disturbi � Le persone dotate hanno antecedenti familiari (percentuali non precisate)

diagnosi differenziale � Disturbo di Rett � Disturbo disintegrativo dell’infanzia � Disturbo di Asperger � Schizofrenia � Mutismo selettivo

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� Disturbo dell’espressione del linguaggio � Ritardo mentale � Disturbo da movimenti stereotipati � Disturbo misto dell’espressione e della ricezione del linguaggio

cosa non è? � Non è una malattia, bensì “gli autismi” rappresentano le conseguenze di differenti

“malattie” (o condizioni patologiche) � Non deriva da un cattivo rapporto fra la madre e il bambino, benché molti genitori

vengano fortemente provati dalla presenza di un figlio con autismo � Non è una “psicosi”, ma una forma di handicap � Non è sinonimo di isolamento, benché l’isolamento possa essere uno dei sintomi,

ovvero una conseguenza dei disturbi più frequentemente osservati nell’autismo

Definizione di autismo: considerazioni critiche sui manuali

� I manuali internazionali descrivono i sintomi, ovvero i comportamenti osservabili, non ciò che è “sotto” o “dietro” i sintomi, ovvero

� pensieri � emozioni

� Nonostante il miglioramento progressivo dei criteri della diagnosi differenziale, i manuali internazionali non aiutano a discriminare fra “autismi” diversi

INFO � La bibliografia sulla diagnosi e valutazione dell’autismo è vastissima!

� Fondamentale il DSM IV TR, a cura dell’APA, edito da Masson � Per chi può cercare in internet, i siti sono numerosissimi! Per una ricerca mirata sui siti italiani:

� Il sito di Autismo Italia, www.autismoitalia.org curato da Donata Vivanti, che mette in link con Autismo Europa ed altri di rilevanza nazionale ed internazionale

� Il sito dell’ALS di Mondovì, www.alihandicap.org/ali / curato da Maurizio Arduino, che ha fatto una selezione dei siti “tecnici” più rilevanti in Italia

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AUTISMO La storia e gli approcci

I precursori Bleuler Nel 1911 Eugen Bleuler, medico svizzero, definisce “autismo” il “ritiro in se stessi” delle persone affette da schizofrenia

Kanner Nel 1943, sulla rivista americana “The Nervous Child”, definisce l’autismo come una sindrome, avendo studiato per 5 anni, presso il John Hopkins Hospital, 11 bambini che presentavano alcune caratteristiche comuni: � isolamento “autistico” � attività ed espressioni ripetitive � sviluppo anomalo del linguaggio

Asperger Nel 1944 pubblica in lingua tedesca la sua tesi di abilitazione alla docenza, in cui fornisce

una descrizione di bambini con fenomeni di comportamento ed espressivi che danno luogo a difficoltà nell’integrazione sociale.

Include casi con danni organici ed altri che sfumano nella normalità. Il saggio non trova alcuna diffusione fino al 1981, anno in cui viene discusso in un lavoro

di Lorna Wing. Oggi viene indicata con il nome di Asperger una sindrome per descrivere persone autistiche dotate.

Bettelheim Fin dagli anni ‘40 parla di autismo come psicosi infantile, utilizzando concetti psicoanalitici e focalizzando l’origine del disturbo nelle prime relazioni madre - bambino. Nel 1967 pubblica “La fortezza vuota” (it. ‘76) sintesi del suo lavoro presso l’Università di Chicago.

“Nell’affrontare l’origine delle situazioni - limite nella prima infanzia, si può subito dire che la patologia della madre è sovente assai grave e che in molti casi il suo comportamento verso il figlio offre un esempio particolarmente significativo di rapporti interpersonali anomali. Ma ciò non prova affatto che sia la madre a creare la situazione autistica, né che i suoi tratti patologici specifici possano spiegare quelli del bambino…”

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“… la comunicazione… ha inizio con la suzione. Le cose possono cominciare a mettersi male persino a questo stadio precoce dell’azione e dell’interazione che è alla base della formazione della personalità.

Il neonato, a causa del dolore o disagio e angoscia che ciò gli procura, o perché interpreta male i sentimenti e le azioni della madre, o perché al contrario valuta correttamente i sentimenti negativi di questa nei suoi confronti, può staccarsi da lei e ritirarsi dal mondo.

Dal canto suo la madre, o perché frustrata nei sentimenti materni o a cagione della propria ansia, può reagire, invece che con dolce insistenza, con la collera o con l’indifferenza proprio in ragione del fatto che si sente ferita. Questo, a sua volta, si presta a creare nuova angoscia nel bambino…

Ogni rifiuto in questo senso tende ad indebolire l’impulso del neonato ad osservare l’ambiente che lo circonda e ad agire su di esso, e in assenza di tale impulso la personalità non può svilupparsi…” Bruno Bettelheim, da “La fortezza vuota: l’autismo infantile e la nascita del sé”, 1967, it 1978 (Garzanti, 1990, pag 55-56)

L’approccio psicodinamico e la psicoanalisi � Presupposti teorici storici

� Coincidenza iniziale fra autismo e psicosi � Utilità della psicoterapia � Presenza di un disturbo della relazione madre - figlio

� Principali esponenti � Bettelheim, Tustin � Malher � Anna Freud

� Mezzi � Psicoterapia

� Con la madre (Malher) � In una situazione di separazione dai familiari (Tustin)

Autismo psicogeno o biologico? Fin dal ‘66 compaiono le prime ricerche sui fattori eziologici. Negli anni ‘70 e ‘80 la ricerca comincia a dimostrare che numerosi bambini con autismo presentano dei danni organici

I precursori Timbergen Zappella Nel 1973 premio Nobel per l’etologia, Timbergen osserva i comportamenti di avvicinamento ed allontanamento dei bambini con autismo e riferisce l’origine del processo al contesto socio - culturale.

La concezione del conflitto motivazionale è ripresa in Italia da Zappella (1987).

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AERC terapia di attivazione emotiva e reciprocità corporea - Approccio etodinamico � Esponente: Michele Zappella - Siena � Antecedenti storici e presupposti teorici

� Holding � Approccio etologico � Possibilità di integrazione con altri approcci e metodiche

� finalità � Mettere il bambino in uno stato di forte motivazione a collaborare � Migliorare in tempi brevi il tipo di relazione genitore – figlio sviluppando una sintonia emotiva � Possibile guarigione

� Mezzi � Attivazione emozionale � Modellamento dei familiari

� Valutazione � Portage � Osservazione diretta tramite specchio unidirezionale

La terapia familiare sistemica � Presupposti teorici storici

� Coincidenza fra autismo e psicosi � Coinvolgimento del nucleo familiare nella genesi e nel mantenimento della problematica

� Necessità di coinvolgimento dell’intera famiglia nella terapia � Esponenti:

� Selvini Palazzoli � Sorrentino � Cancrini…

DSM Nel DSM I (1950) e nel DSM II (1968) l’autismo non viene identificato come disturbo distinto.

Nel DSM III (1980) l’autismo viene descritto secondo i quattro criteri tratti da Kanner:

� ridotte relazioni sociali � comunicazioni ritardate e devianti � interessi limitati � insorgenza prima dei 30 mesi

I precursori Rutter Insieme con Schopler, nel 1978 rivede i criteri della diagnosi. Basandosi su numerose ricerche precedenti, nel 1983 formalizza l’ipotesi che alla base dell’autismo ci sia un disturbo cognitivo

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Schopler Nel 1966, con il sostegno del Ministero dell’Educazione, in Nord Carolina viene varato un programma di trattamento psicoeducativo in cui i genitori funzionano da coterapeuti.

Alla morte di Kanner, Schopler dirige il Journal of Autism. Nel 1980 Schopler e coll. pubblicano un saggio in cui definiscono le linee guida dell’intervento psicoeducativo.

“Durante gli anni ‘60, la ricerca ha dimostrato come l’interpretazione fino ad allora data dell’autismo fosse incompleta e deviante. L’incapacità dimostrata dai bambini autistici a sviluppare relazioni appropriate, persino durante l’infanzia, era solo un aspetto del loro problema di base. Esistevano anche difficoltà a percepire in modo appropriato (…), a comprendere e a comunicare (…). Parallelamente ad una accresciuta comprensione dei deficit del bambino, si arrivò ad una migliore comprensione dei genitori. La ricerca ha dimostrato...

“La ricerca ha dimostrato che costoro non erano dissimili, in ciò che sentivano e soffrivano, dai genitori di bambini affetti da altri tipi di handicap (…).

Al contrario, avevano le stesse speranze, frustrazioni e lotte, con una importante differenza: in più si trovavano ad avere fra le mani un bambino estremamente difficile, che non rispondeva nei modi in cui l’esperienza, basata magari su altri figli, aveva loro insegnato…” Eric Schopler, da “Strategie educative nell’autismo, valutazione e trattamento individuali zzati per operatori e genitori per bambini con disturbo della comunicazione” 1980, it. 1990 (pag. 4)

L’approccio psicoeducativo � Precursori: Maria Montessori (!) � Principi

� Riconoscimento dell’autismo come condizione di diversità e di specificità � Riconoscimento della pervasività del disturbo � Riconoscimento della necessità di accordo fra le diverse figure di accudimento e in particolare fra operatori e

famiglia � Riconoscimento della necessità di modalità specifiche di valutazione e di intervento psicoeducativo e/o abilitativo

� Finalità � Miglioramento della qualità della vita e aumento dell’indipendenza e della capacità di autodeterminazione

� Componenti � Uso di procedure del tipo valutazione – intervento – valutazione � Obiettivi esplicitabili e condivisibili � Strategie educative specifiche e individualizzate � Previsione di modalità di collaborazione

L’approccio psicoeducativo in Europa:

l’Olpleidingscentrum Autisme di Anversa � Fondatore: Theo Peeters � Principi

� 1. Adattamento nei due sensi � 2. Collaborazione con i genitori � 3. Diagnosi e valutazione � 4. Adattamento dell’ambiente � 5. Applicazione di strategie educative

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� 6. Accento sul positivo � 7. Formazione dei professionisti come “generalisti” � 8. Controllo sperimentale dei risultati

L’attualità: la diagnosi

DSM Il DSM III R (1987) identifica sedici criteri per l’autismo, rendendo così più complesso e preciso il procedimento di decisione diagnostica.

Seguono il DSM IV e il DSM IV Text Revised, che specificano alcuni sintomi e precisano i criteri della diagnosi.

il comportamentismo

Lovaas Nel 1990 viene pubblicato in Italia “L’autismo: psicopedagogia speciale per autistici” di Ivar Loovas. Il libro descrive dettagliatamente le basi dell’intervento comportamentale per i bambini con autismo. Nella copertina dell’edizione italiana è riportata un’immagine del film “Rain Man”.

ABA Applied Behavior Analysis e Early

Intervention Project � Esponente: Ivar Lovaas (Los Angeles, California) � Finalità: aiutare i bambini a vivere nel mondo reale � Presupposti teorici storici

� Comportamentismo � Approccio sperimentale (necessità di misurazioni e verifiche) � Principi di precocità, intensività, pervasività

� Insegnamento sistematico e intensivo di abilità tramite � Scelta di comportamenti semplici � Esplicitazione e chiarezza delle istruzioni � Uso di aiuti � Adozione di procedure a piccoli passi e graduali � Utilizzo di schemi di rinforzamento

L’attualità: la “rivoluzione cognitiva”

Baron - Cohen, Leslie & Frith Nel 1985 postulano l’assenza di una “teoria della mente” nelle persone con autismo, riferendosi alla difficoltà delle persone con autismo ad attribuire pensieri e sentimenti a sé stessi o ad altri.

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Frith Nel 1989 (it. 1996) pubblica: “Autism: explaining the enigma” in cui fornisce una esposizione di ciò che accade in una mente autistica. Si parla di “teorie della mente”, di “coerenza centrale”, di “funzioni esecutive”.

Altri approcci � T.E.D. Terapie d’échange et developpement � Metodo Delacato � Comunicazione Facilitata � Training uditivo � Floortime di Grenspan � Comunicazione Aumentativa e Natural Aided Language � Musicoterapia � Terapia assistita da animali (ippoterapia, delfinoterapia…) � Uso di farmaci non convenzionali � Terapie alimentari � …

L’attualità: la ricerca medica

L’autismo come danno neurologico Negli anni ‘90 è ormai accettata dalla comunità scientifica la definizione di autismo come conseguenza di diversi tipi di danno neurologico

“Dopo anni di frustrazioni a causa della schiera confusa di manifestazioni - e dei modelli confusi di ereditarietà - i ricercatori hanno cominciato a trovare il primo buonsenso di questi schemi partendo dalle loro basi biologiche.

Gli studi comportamentali fanno strada, spiegando chiaramente i deficit sociali e cognitivi che contraddistinguono il disturbo. Neuroanatomisti hanno cominciato ad identificare le anormalità della struttura cerebrale, e, più di recente, studi di tomografia hanno fornito indicazioni verso schemi di circuiti difettosi…”

“I ricercatori credono che responsabili di molti di questi problemi siano dei geni, forse 20, che possono interagire con fattori scatenanti ambientali ancora sconosciuti. Nello stesso tempo, le prove sembrano indicare problemi con lo sviluppo cerebrale prima della nascita e durante l’infanzia. Sebbene i fattori genetici giochino chiaramente un ruolo maggiore, è stato postulato un numero di altre cause e di cofattori potenziali, includendo i vaccini, l’esposizione alle tossine, le infezioni, i problemi immunologici e metabolici...

“Qualunque siano le cause, la speranza dei ricercatori è di trovare il modo per identificare i bambini autistici prima o subito dopo la nascita, anche con test genetici o marcatori biologici come le proteine prodotte dal sangue, così che si possano iniziare il più presto possibile i trattamenti comportamentali, quando essi sembrano avere più probabilità di successo.

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Una cura per l’autismo, tuttavia, è una prospettiva remota.” Da Science, monografia sull’autismo, vol. 294, 5 ottobre 2001, tradotto ne l Bollettini dell’ANGSA 2001 - 2002

Modello medico e terapia farmacologica � Il modello medico implica un’enfasi sull’eziologia o sui meccanismi causali sottostanti l’autismo. � Si fonda sulla ricerca dei meccanismi causali e dei meccanismi specifici correlati alle tecniche di trattamento

identificati come cura o guarigione � Attualmente, la ricerca sta facendo grandi passi nell’identificazione dei meccanismi alla base dell’autismo, che non

sono però ancora del tutto noti � Non esiste, al momento attuale, una cura medica (preventiva, farmacologica…) risolutiva � L’intervento farmacologico nei D.P.S. deve essere considerato uno strumento che renda più efficace l’intervento

psicoeducativo e riabilitativo � Obiettivo della terapia farmacologica è quello del controllo di manifestazioni sintomatiche che possono influenzare

negativamente la qualità della vita e gli altri interventi terapeutici � Poiché non si può curare il disturbo autistico, ma unicamente i suoi sintomi più invalidanti, si rischia di incorrere in

una politerapia che rappresenterebbe un bombardamento farmacologico… � Attualmente, pertanto, l’indicazione è quella dell’utilizzo di farmaci limitato alle fasi acute e mirato alla riduzione di

sintomi specifici, in accordo con il trattamento psicoeducativo

La cultura dell’autismo: tutto comincia con

un film! RAIN MAN RAIN MAN RAIN MAN RAIN MAN Nel 1988 esce il film che porta l’interesse del pubblico sull’autismo. La locandina del film viene riportata sia sull’edizione italiana del libro di Lovaas (1990)

che su un numero monografico della rivista Risposte (1993)

La cultura dell’autismo: l’autismo visto da

dentro Grandin Nel 1986 Temple Grandin pubblica: “Emergence: Labelled autistic”. Si tratta del primo “racconto dall’interno” dell’autismo, in cui l’autrice parla di sé stessa e del suo modo

di percepire il mondo, mettendo l’accento sul pensiero visivo. Nel 2001 viene tradotto in italiano “Pensare in immagini e altre testimonianze della mia vita di autistica”

Williams Nel 1992 Donna Williams pubblica “Nessuno in nessun luogo”.

Gerland Nel 1999 viene tradotto in italiano “Una persona vera” di Gunilla Gerland.

Diverse persone con autismo ad alto funzionamento cominciano a tenere conferenze su se stesse.

Alcuni artisti con autismo

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chiedono di essere considerati semplicemente artisti.

Arti, media e autismo � Dopo il successo del film Rain Man i media cominciano ad occuparsi di autismo, in

genere per drammatici fatti di cronaca o per diffondere notizie “sensazionali” (e falsate…)

� Oltre a diversi film con personaggi con una diagnosi più o meno esplicita di autismo, vengono pubblicate anche opere letterarie

� Grande successo, nel 2003, del lavoro di Marc Haddon, pubblicato in Italia da Einaudi

La cultura dell’autismo: le testimonianze dei

genitori A partire dagli anni ‘60 i genitori, singolarmente o in associazione, cominciano a far sentire

la loro voce sull’autismo. Clara Claiborne Park, ne “L’assedio” (1967) narra i primi otto anni di Jessy, sua figlia. Aggiorna il racconto nell’82 e nel 2001 pubblica “Via dal nirvana: vita con una figlia

autistica” In Italia negli ultimi anni compaiono numerose testimonianze a cura dell’Associazione di

genitori ANGSA, e alcune pubblicazioni, come “Io e Gabriele” di Gianfranco Vitale, e “Il nostro Autismo quotidiano: storie di genitori e figli” di Carlo Hanau e Daniela Mariani Cerati

L’ultima pubblicazione interessante è “George e Sam”.

i genitori - professionisti Alcuni genitori cominciano ad essere professionalmente impegnati con l’autismo. Prima

fra tutti Lorna Wing, medico inglese madre di un soggetto autistico e fondatrice della NAS, pubblica nel 1971 (it. ’74, Armando) “I bambini autistici: una guida per i genitori”.

Laxer, Trehin, De Clerq, Vivanti e molti altri scrivono e tengono conferenze a fianco, e a volte “contro” i professionisti non - genitori.

Nell’introduzione italiana al libro di Schopler (1991), Hanau definisce “congiura del silenzio” la mancata diffusione in Italia e in Francia dei programmi di pedagogia speciale

Le associazioni dei genitori (1) Nel 1985 viene fondata, in Italia, L’ANGSA, Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici.

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Dal 1989 l’ANGSA entra a far parte dell’Associazione Internazionale Autisme Europe che unisce i rappresentanti delle organizzazioni di genitori di tutta Europa.

Attualmente, è un’associazione federativa

Le associazioni dei genitori (1) Nel 1999 viene fondata Autismo Italia, membro effettivo dell’Associazione Autisme Europe, di cui condivide gli scopi e le modalità operative.

Pubblica il bollettino “Informautismo” e organizza conferenze con lo scopo di contribuire alla diffusione di corrette informazioni sull’autismo.

Presentazione dell’ANGSA, dal bollettino n.3 - 2001 e 1 - 2002

“L’ANGSA, sulla base della moderna interpretazione della Sindrome Autistica come conseguenza di danni organici, ritiene necessario abbandonare le vecchie e false ipotesi sull’origine dell’autismo, come quelle psicoanalitiche, sistemiche, dinamiche ed etologiche, che pretendono l’esistenza di un autismo psicogeno non organico. Di conseguenza vanno radicalmente cambiate le strategie di intervento ancora in atto in alcune parti del paese. Occorre superare le soluzioni di pura assistenza e applicare le strategie di pedagogia speciale….”

Presentazione di AUTISMO ITALIA, dal bollettino 1 g enn. 2002

“AUTISMO ITALIA pensa che le persone autistiche meritino molto di più che l’impegno esclusivo e il sacrificio dei propri familiari: il rispetto della propria vulnerabilità e dignità come persone, il diritto a cure adeguate basati su approcci accreditati dalla comunità scientifica internazionale. Per questo motivo… ha scelto di non incoraggiare le concezioni e le metodologie non accreditate o screditate a livello internazionale, e di coordinare gli sforzi delle associazioni locali e di tutti coloro che hanno a cuore il futuro della persone autistiche…”

è attiva l’associazione delle persone con sindrome di asperger, che pubblica nel suo sito www.asperger.it materiale molto utile ad insegnanti, ad altri genitori e ai clinici Approcci, “filosofie”, modelli e “cultura”

dell’autismo � Due modelli fondamentali

� Modello medico � Modello psicoeducativo

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� La cultura dell’autismo � genitori � persone con autismo � operatori

� Approcci

� Psicodinamico � Organicista � Evolutivo � Comportamentale � Cognitivista ...

� Filosofie

� Sperimentale � Empirista � Umanistica …

Validazione sperimentale dei trattamenti � Al momento attuale, nessun trattamento per l’autismo è pienamente validato da un punto di vista sperimentale

� Ciò è dovuto a: � La difficile relazione fra scienza, pseudoescienza, antiscienza � Il divario fra la ricerca e la clinica

� Tuttavia, attualmente alcune modalità di trattamento vengono riconosciute come più vicine a criteri verificabili, altre meno, altre per nulla

Politiche sociali e implicazioni per l’intervento

�Quale/i intervento/i deve essere sostenuto con politiche sociali e fondi pubblici? � Chi risponde a questa domanda?

SERVIZI PER L’AUTISMO �Servizi orizzontali

� Famiglia � Scuola � Abilitazione � Tempo libero

�Servizi verticali � dal bambino ⇒ all’adulto

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Analisi dei bisogni �Bisogni della persona con autismo, della famiglia, dei caregiver �Bisogni della comunità

Bisogni della famiglia e dei caregiver

�Screening e orientamento �Comprensione, aiuto e supporto emotivo �Informazioni generali sull’autismo �Diagnosi e valutazione �Supporto educativo �Aiuto e supporto operativo nella gestione della vita quotidiana

Bisogni del bambino � Comprensione e rispetto delle caratteristiche personali � Aiuto psicoeducativo

Bisogni dell’adolescente e dell’adulto � Comprensione e rispetto delle caratteristiche personali e adeguatezza delle proposte all’età

� Prospettive per il futuro � Casa � Lavoro � Tempo libero

Servizi specialistici �Servizi

� per la ppeerrssoonnaa �� per la ffaammiigglliiaa �� per i ccaarreeggiivveerr

��Servizi per la ccoommuunniittàà

Principi dei servizi � Comprendere l’autismo (formazione!) � Adattare l’ambiente � Prevedere una valutazione � Preparare al futuro

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� Utilizzare e/o fornire strategie educative

Servizi specialistici per la comunità

�Prevenzione, screening e orientamento �Sensibilizzazione e informazione �Formazione �Tirocini e stage �Volontariato formato �Ricerca

Servizi specialistici per la persona, per la famiglia,

per i caregiver

�Unità Operativa di Neuropsichiatria Infantile �Servizio ambulatoriale �Servizio diurno �Week end �Soggiorni �Residenza e luogo di vita �Lavoro e occupazione �Tempo libero e sport

La scuola come servizio

� La scuola, in Italia, è un anello fondamentale per l’intervento pubblico a favore del bambino con autismo e della sua famiglia

Programmi di stato in USA �North Carolina �Indiana �Delaware �Virginia

Chapel Hill TEACCH Center in North Carolina: Programma TEACCH

TTEEAACCCCHH Treatment and education of Autistic and Communication Handicaped Children

È un programma politico, ovvero l’organizzazione dei servizi per le persone con autismo e per le loro famiglie realizzato nella

Carolina del Nord (USA)

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�Prevede una presa in carico globale �Sia in senso orizzontale che verticale, ovvero in ogni momento della giornata, in ogni periodo dell’anno e per tutta l’esistenza:

�Un intervento globale per un disturbo globale

�Dispone di: � 6 Centri di diagnosi � 6 Centri di auto a domicilio � Numerose classi speciali presso le scuole � Posti di lavoro per gli adulti

�Tutti i servizi sono collegati fra loro

� Un programma TEACCH non si può quindi comprare o applicare singolarmente � Tutt’al più si potranno organizzare programmi educativi strutturati secondo il modello

del programma TEACCH � In Europa, la maggior parte delle classi specializzate per bambini autistici e dei Centri di

inserimento al lavoro o residenziali per adulti sono attualmente organizzati sul modello del programma TEACCH

� L’Olanda e i paesi scandinavi hanno realizzato strutture di presa in carico globale e continuativa sul modello della Carolina del Nord

Programma TEACCH: finalità

�Il programma ha come fine lo sviluppo del miglior grado di autonomia nella vita personale, sociale e lavorativa, attraverso l’uso di strategie educative che potenzino le capacità della persona con autismo

Programma TEACCH: presupposti � I presupposti, che risalgono agli inizi degli anni ’60, sono:

� Coinvolgimento e collaborazione con i familiari � Diagnosi basata sul DSM e sull’ICD 10 e valutazione specifica � Uso di strategie educative specifiche ed individualizzate (Eric Schopler)

Programma TEACCH: principi � I familiari sono una risorsa indispensabile � Le persone con autismo devono essere aiutate in maniera speciale a sviluppare le loro

capacità, sfruttando i punti di forza, le predisposizioni, le potenzialità � L’insegnamento si baserà pertanto sulle abilità emergenti

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� La comunicazione necessita di chiarificazione, in genere di tipo visuospaziale, ma comunque individualizzata

� Il programma individuale deve basarsi su: � Una diagnosi corretta � Una valutazione funzionale e dello sviluppo � Una individualizzazione di obiettivi e procedure

Principi dei servizi (secondo il modello TEACCH in Europa) � 1. Adattamento nei due sensi � 2. Collaborazione con i genitori � 3. Diagnosi e valutazione � 4. Adattamento dell’ambiente � 5. Applicazione di strategie educative � 6. Accento sul positivo � 7. Formazione dei professionisti come “generalisti” � 8. Controllo sperimentale dei risultati (Theo Peeters)

Programma TEACCH: strategie di intervento

�Strutturazione � Dello spazio � Del tempo � Del materiale di lavoro

�L’aiuto �Il rinforzo �La generalizzazione

la strutturazione

�Visibilità �Concretezza

�Comprensibilità �Prevedibilità

nnoonn

� Rigidità

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la strutturazione dello spazio

RRiissppoonnddee aallllaa ddoommaannddaa ““ddoovvee??”” � Spazi dedicati

� Lavoro individuale � Riposo � Attività in gruppo � Tempo libero…

� Spazi identificabili e organizzati � “contrassegnati” � Con materiale dedicato e organizzato

la strutturazione del tempo

RRiissppoonnddee aallllee ddoommaannddee ““qquuaannddoo??”” ee““ppeerr qquuaannttoo tteemmppoo??””

� visualizzazione e ”spazializzazione” del tempo

� Schema della giornata � Agenda � Calendario � Comunicazione visualizzata della durata di ogni attività (es: quantità di oggetti invece che quantità di minuti, come “colorare x forme” invece che “per x minuti”)

la strutturazione del materiale

RRiissppoonnddee aallllaa ddoommaannddaa ““cchhee ccoossaa??”” � Materiale autoesplicativo � Schema di lavoro � Etero-organizzazione (vs auto-organizzazione) � Visualizzazione della sequenza di azioni

l’aiuto

RRiissppoonnddee aallllaa ddoommaannddaa ““ccoommee??””

� AIUTO VISIVO � Guida fisica � Indicazione gestuale � Suggerimento verbale � Supervisione

il rinforzo

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RRiissppoonnddee aallllaa ddoommaannddaa ““ppeerrcchhèè??””

� Uso della motivazione, delle preferenze e delle attività gradite � Alternanza � Dal R estrinseco al R intrinseco

la generalizzazione

CCoommee uuttiilliizzzzaarree nneell ““mmoonnddoo rreeaallee”” uunn’’aabbiilliittàà aaccqquuiissiittaa dduurraannttee ll’’iinnsseeggnnaammeennttoo

� Collaborazione fra le figure di accudimento � nella definizione degli obiettivi � nella stesura del programma

� Utilizzo di modalità coerenti � Di relazione � Di comunicazione

� Programmazione della generalizzazione fin dalla scelta degli obiettivi

l’approccio ai problemi di comportamento � il problema di comunicazione fa parte della triade sintomatologica che caratterizza

l’autismo � Un sistema di comunicazione deficitario conduce le persone con autismo ad esprimere

le proprie necessità in forme che possono essere ritenute inappropriate � Non sono i comportamenti problematici, bensì le difficoltà di comunicazione che

caratterizzano l’autismo � I comportamenti problematici sono messaggi � È necessario “leggere” questi messaggi e consegnare alla persona con autismo una

modalità alternativa di espressione

Le attività per l’autismo in Italia � La asl di Mondovì pubblica un elenco sempre aggiornato dei

� Centri specialistici nazionali � Associazioni � Indirizzi utili

� In Italia, però, non esiste un programma di stato né un coordinamento degli interventi

� mentre sono molto attive le associazioni di genitori

Esempio di passi per un progetto per l’autismo � Obiettivi � Utenti

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� Valutazione � Personale � Orari � Formazione � Linee guida teoriche � Attività � Collaborazione con i familiari � Ambienti, arredi, materiali

Le Buone Prassi � In tutto il mondo, associazioni di genitori e professionisti si adoperano da anni per trovare vie legali ed economiche � che garantiscano il rispetto delle cosiddette “buone prassi” � che garantiscano una corretta informazione sulle caratteristiche dell’autismo, sulle cause, sulle terapie

� che garantiscano il rispetto dei diritti delle persone con autismo (carta dei diritti) in Italia, si vedano le LINEE GUIDA della SINPIA edite da Erickson

Carta dei diritti delle persone autistiche Le persone con autismo devono poter godere degli stessi diritti e privilegi della popolazione europea nella

misura delle proprie possibilità e del proprio miglior interesse. La carta dei diritti delle persone autistiche è stata adottata come risoluzione formale del Comitato per gli

affari sociali del Parlamento Europeo nel maggio 1996. Questi diritti devono essere valorizzati, protetti e applicati in ogni stato attraverso una legislazione

appropriata. Dovrebbero essere tenute in considerazione le dichiarazione statunitensi sui Diritti dei Disabili Mentali (1971)

e sui Diritti delle Persone Handicappate (1975), nonché le altre dichiarazione dei Diritti dell'Uomo; in particolare, per quanto le persone autistiche, si dovrebbe includere quanto segue.

diritti • IL DIRITTO per le persone autistiche a una vita piena e indipendente nella misura delle proprie possibilità. • IL DIRITTO per le persone autistiche a una diagnosi e una valutazione clinica precisa, accessibile e imparziale. • IL DIRITTO per le persone autistiche ad una educazione accessibile e appropriata. • IL DIRITTO per le persone autistiche o i propri rappresentanti a partecipare a ogni decisione riguardo al proprio

futuro e, per quanto possibile, al riconoscimento e al rispetto dei propri desideri. • IL DIRITTO per le persone autistiche ad una abitazione accessibile e appropriata. • IL DIRITTO per le persone autistiche alle attrezzature, all'aiuto e alla presa in carico necessaria a condurre una vita

pienamente produttiva, dignitosa e indipendente. • IL DIRITTO per le persone autistiche di un reddito o ad uno stipendio sufficiente a provvedere al proprio

sostentamento. • IL DIRITTO per le persone autistiche a partecipare, per quanto possibile, allo sviluppo o alla gestione dei servizi

realizzati per il loro benessere. • IL DIRITTO per le persone autistiche a consulenze e cure accessibili e appropriati per la propria salute mentale e

fisica e per la propria vita spirituale, cioè a trattamenti e cure mediche accessibili, qualificati e somministrati soltanto a ragion veduta e con tutte le precauzioni del caso.

• IL DIRITTO per le persone autistiche a una formazione corrispondente alle proprie aspirazioni e a un lavoro significativo senza discriminazione o pregiudizi; la formazione professionale e il lavoro dovrebbero tener conto delle capacità e delle inclinazioni individuali.

• IL DIRITTO per le persone autistiche a mezzi di trasporto accessibili e alla libertà di movimento. • IL DIRITTO per le persone autistiche ad aver accesso ad attività culturali, ricreative e sportive e a goderne

pienamente.

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• IL DIRITTO per le persone autistiche a godere e usufruire di tutte le risorse, i servizi e le attività a disposizione del resto della popolazione.

• IL DIRITTO per le persone autistiche ad avere relazioni sessuali, compreso il matrimonio, senza coercizione o sfruttamento.

• IL DIRITTO per le persone autistiche (o i propri rappresentanti) alla rappresentanza e all'assistenza giuridica e alla piena protezione dei propri diritti legali.

• IL DIRITTO per le persone autistiche a non dover subire la paura o lo minaccia di un internamento ingiustificato in ospedale psichiatrico o in qualunque altro istituto di reclusione.

• IL DIRITTO per le persone autistiche a non subire maltrattamenti fisici o abbandono terapeutico. • IL DIRITTO per le persone autistiche a non ricevere trattamenti farmacologici inappropriati o eccessivi. • IL DIRITTO per le persone autistiche (o i propri rappresentanti) all'accesso ad ogni documentazione personale in

campo medico, psicologico, psichiatrico o educativo..

Essere autistici non significa non essere umani, ma essere diversi. Quello che è normale per altre persone non è

normale per me e quello che io ritengo normale non lo è per gli altri. In un certo senso sono mal “equipaggiato”

per sopravvivere in questo mondo, come un extraterrestre che si sia perso senza un manuale per sapere come

orientarsi. Ma la mia personalità è rimasta intatta. La mia individualità non è danneggiata. Ritrovo un grande

significato nella vita e non ho desiderio di essere guarito da me stesso.

Concedetemi la dignità di ritrovare me stesso nei modi che desidero; riconoscete che siamo diversi l’uno dall’altro,

che il mio modo di essere non è soltanto una versione guasta del vostro. Interrogatevi sulle vostre convinzioni,

definite le vostre posizioni. Lavorate con me per costruire ponti tra noi.

Jim Sinclair

INFO � Per info sui servizi esistenti in Italia, la panoramica più esauriente è contenuta nel sito della Asl di Mondovì, www.alihandicap.org/ali/ curato da Maurizio Arduino: le slide sul programma TEACCH sono state ricavate dalle info fornite dal sito

� La carta dei diritti è pubblicata sul sito dell’associazione Autismo Italia www.autismoitalia.org

� Per la Division TEACCH consultare www.teacch.com oppure i numerosi testi pubblicati in italiano che riportano il nome di Eric Schopler fra gli autori

� Per info sul Delaware Autistic Program, vedere Schopler & Mesibov, apprendimento e cognizione nell’autismo, McGraw Hill, oppure www.delawareautismprogram.org

� Per info su The Autism Program of Virginia vedere www.autismva.org � Per info sul Children’s Special Health Care Services Program of Indiana vedere www.iidc.indiana.edu

� Le dispense sono tratte dalle lezioni del Master on line sull’Autismo dell’Università di Roma Tor Vergata www.scuolaiad.it

� La ASL di Mondovì ha pubblicato anche un elenco di servizi cartaceo � La rivista “Autismo” dell’Erickson pubblica esempi di “buone prassi” � Le associazioni di genitori ANGSA e Autismo Italia pubblicano dei bollettini seri ed aggiornati. Info sono reperibili nei siti www.angsa.org e www.autismoitalia.org

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� I testi sull’approccio TEACCH sono quelli di Schopler e di Peeters (vedi Bibliografia essenziale)

� Le migliori informazioni sulle buone prassi nazionali si trovano sulle LINEE GUIDA della SINPIA edite da Erickson www.erickson.it

I comportamenti problematici nell’autismo e in altre forme di difficoltà comunicative

Parte 1. Significato e definizione

Il paese straniero

L’ipotesi comunicazionale • L’ipotesi comunicazionale riguarda quei comportamenti che è possibile mettere in relazione con la presenza di un interlocutore, come: tira calci (a qualcuno), morde (qualcuno) ecc …

• Per tale motivo, questi comportamenti vengono anche definiti • “comportamenti con funzione comunicativa” oppure • “comportamenti relazionali”

• I comportamenti problematici sono messaggi, ovvero: i comportamenti che avvengono in un contesto “relazionale” svolgono la funzione di comunicazioni per quelle persone che non sono in grado di esprimere altrimenti, in maniera socialmente condivisa ed accettabile, la stessa funzione comunicativa

Un’altra lingua!

La sala d’attesa oppure … la discoteca

L’ipotesi autoregolatoria • L’ipotesi autoregolatoria (o percettiva) riguarda quei comportamenti come le stereotipie,

alcune forme di ecolalia, alcune forme di autolesionismo, che non sembrano influenzati dalla presenza di un interlocutore e che sembrano essere una necessità, un bisogno o un piacere in se per la persona

• Per tale motivo, tali comportamenti vengono anche definiti • “comportamenti non relazionali” • “apparentemente non finalizzati” oppure

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• “intrinsecamente rinforzanti” o “rinforzati positivamente in modo automatico”

• I comportamenti problematici “apparentemente non finalizzati” avvengono in situazioni soggettivamente troppo “povere” o troppo “ricche” di stimoli, o che non possono essere fruite cognitivamente, e sono l’espressione delle particolarità sensoriali, percettive e cognitive proprie dell’autismo

• Secondo l’ipotesi autoregolatoria, il comportamento può avere tre diverse funzioni:

• Sensoriale: produce un effetto “interessante” (es: lo sfarfallio delle mani che produce giochi di luce) • Omeostatica: ristabilisce “l’equilibrio” in risposta a situazioni di stimolazione troppo alta o troppo

bassa (es: rumore eccessivo, assenza di attività) • Organica: produce piacere fisico (es: rilascio di sostanze simili agli oppiacei nell’autolesionismo)

La ricerca della “funzione” • In realtà, la ricerca della “funzione” del comportamento spesso mette in luce il fatto che uunn ccoommppoorrttaammeennttoo ppuuòò aassssoollvveerree aa ppiiùù ffuunnzziioonnii, a volte sia relazionali che non, e spesso la funzione relazionale o comunicativa può aggiungersi ad un comportamento originariamente intrinsecamente rinforzante

Un esempio: le funzioni dell’ecolalia (Prizant, 1983) • Non finalizzata espressioni ecolaliche prodotte senza apparente intenzione e spesso in stato di elevata

attivazione emozionale • Dialogica e.e. usate per “riempire” il proprio turno nel corso di un’interazione verbale, per “dire comunque

qualcosa” senza avere capito bene la richiesta dell’altro • Dichiarativa e.e. usate per denominare oggetti, azioni o locazioni (accompagnate da gesti dimostrativi) • Reiterativa e.e. usate come ausilio all’attività di elaborazione mentale delle informazioni, seguite da una frase o

un’azione indicante la reale comprensione dell’espressione ripetuta • Autoregolatoria e.e. che servono a regolare le proprie azioni, prodotte dunque in sincronia con l’attività

motoria • Affermativa e.e. usate per comunicare una risposta affermativa di una frase precedente • Di richiesta e.e. usate per chiedere oggetti o l’azione di altre persone

L’ipotesi percettiva Un altro modo di “vedere”!

• una lingua diversa • un diverso modo di entrare in contatto con il mondo

DIVERSITÀ! non “minorazione”!

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“… in un certo senso, sono mal “equipaggiato” per s opravvivere in questo mondo …” Jim Sinclair, da Theo Peeters, Autismo Infantile

I “cattivi” comportamenti Non mi sto comportando male. Sono autistico

Comportamenti problematici: cosa sono

• Si definiscono “problematici” quei comportamenti che: • Interferiscono con l’apprendimento e con lo sviluppo in generale • Possono provocare danni alla persona stessa che li emette, ad altri o

ad oggetti • Sono considerati inaccettabili da un punto di vista sociale

Comportamenti problematici: cosa NON sono

• Non vengono considerati “problematici” quei comportamenti che, per quanto particolari o bizzarri • Non interferiscono con lo sviluppo sociale, cognitivo ed affettivo della persona

• Non creano danni a lei, ad altri o ad oggetti

Comportamenti problematici: la definizione operativa • La definizione operativa riguarda i ccoommppoorrttaammeennttii oosssseerrvvaabbiillii, che devono essere

definiti in maniera tale che chiunque osservi deve potersi trovare d’accordo sul fatto che il comportamento è stato emesso o meno. Ad esempio: • Tira calci • Sputa • Rovescia una sedia • Si colpisce con il palmo della mano aperta sulla guancia • Si colpisce con il pugno chiuso destro sulla tempia destra mentre morde la mano sinistra sotto

l’attaccatura del pollice

• La definizione operativa riguarda i comportamenti osservabili, mentre non riguarda: • Classi di comportamenti (comportamenti “sociali” “aggressivi” ecc…) • Ipotesi sulle motivazioni (comportamenti che derivano da “frustrazione” “gelosia” ecc…)

• Giudizi (comportamenti più o meno “adeguati” “negativi” ecc…)

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I comportamenti problematici nell’autismo e in altre forme di difficoltà comunicative

parte 2. Valutazione

Comportamenti problematici: la valutazione

• Valutazione quantitativa (quante volte?) • Rilevazione della frequenza

• Valutazione qualitativa (perché?) • Analisi funzionale

Comportamenti problematici: altre modalità di

valutazione

• Rilevazione tramite check list (quali comportamenti?) •Quadro generale dei comportamenti problema

• (adattato da Rojahn et al., 2001; in Ianes e Cramerotti, 2002)

•Scala di valutazione delle stereotipie • (adattato da Rojahn et al., 2000; Rojahn et al., 2001; in Ianes e Bramerotti, 2002)

La valutazione quantitativa dei comportamenti problematici

• A cosa serve? • Aiuta a comprendere la rilevanza del problema • Aiuta a comprendere se esistono momenti, orari o situazioni maggiormente problematiche nella giornata

• Consente di verificare la riduzione del comportamento grazie all’intervento mettendo in relazione il “prima” e il “dopo”

• Consente di verificare che sia proprio l’intervento che sta funzionando (e non altre variabili)

• Come si fa? • Si “conta” il comportamento, ovvero la cosiddetta “unità funzionale” del comportamento • Il conteggio si può fare secondo diverse modalità (in genere si “campiona” il tempo…) e si riporta su

schede • Il conteggio fatto viene riportato su grafico • Esistono particolari modalità di identificare la frequenza che rispondono ad esigenze diverse di ricerca

(disegno sperimentale), e quindi tipi particolari di schede e grafici (es: scatterplot) • La cosa più sensata, è utilizzare la modalità più agile e utile

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• Gli elementi fondamentali

• La “linea di base”: il conteggio dei comportamenti prima dell’intervento • La fase di intervento: il conteggio dei comportamenti durante l’intervento • La sospensione dell’intervento: il conteggio dei comportamenti a intervento ultimato (o, temporaneamente, come verifica dell’efficacia dell’intervento)

• Il follow up: il conteggio dei comportamenti dopo un certo tempo dalla fine dell’intervento (come verifica del mantenimento dei risultati)

La valutazione qualitativa dei comportamenti

problematici

• A cosa serve? • Serve a cogliere i rapporti fra il comportamento problematico della persona e l’ambiente che lo circonda

⇓ • E quindi a definire il senso ovvero la funzione comunicativa di quel comportamento

• Come si fa? • La valutazione qualitativa dei comportamenti problematici si fa attraverso

L’analisi funzionale

Analisi funzionale • A Antecedenti:

• Tutto ciò che viene prima o precede il comportamento B, ovvero •Data, orario, situazione •Persone presenti •Attività in corso •Cosa fa l’interlocutore subito prima del comportamento B

• B Comportamento: •Il comportamento problematico

• C Conseguenze: • Tutto ciò che segue il comportamento B, ovvero

•Cosa cambia nell’ambiente •Cosa fa l’interlocutore subito dopo il comportamento B

La Scheda di analisi funzionale A-B-C Antecedenti – comportamento – conseguenze

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Analisi funzionale • Cosa cambia fra gli antecedenti e le conseguenze?

• La persona fugge o si sottrae o fa cessare una situazione antecedente

(in questo caso l’antecedente si definisce “avversivo”)

• Il comportamento problematico produce una chiara variazione nella risposta dell’interlocutore, procurando alla persona che lo emette:

•Attenzione, particolari risposte comunicative o relazionali •Accesso ad attività in cui la persona si impegna di frequente oppure accesso ad oggetti

(in questo caso la conseguenza si definisce “rinforzante”)

• Qual è la FUNZIONE del comportamento?

Attenzione! La funzione è relativa a quella persona in quella situazione e può

variare nel tempo e in situazioni diverse. Nessun comportamento ha una funzione “fissa” ovvero nessun

comportamento ha sempre lo stesso senso

Il Rinforzo: che cos’è? (1) • Si definisce rinforzo qualunque risposta che, seguendo un comportamento, ne determina un aumento della frequenza nel tempo e pertanto MANTIENE il comportamento

Attenzione! • “Rinforzo” NON equivale a “qualcosa che piace”!

• Il concetto di rinforzo non è esplicativo, ma solo descrittivo! • Il concetto di rinforzo NON equivale ad un giudizio di valore, mentre è un’etichetta

descrittiva tratta dalle teorie dell’apprendimento • Il termine “rinforzo negativo” non ha niente a che fare con l’uso comune e inappropriato

che se ne fa!

• Si definisce rinforzo+ positivo quella conseguenza che aggiunge qualcosa (attenzione, comunicazione, oggetti, attività, ecc…) alla situazione antecedente

• Si definisce rinforzo- negativo quella conseguenza che fa cessare la situazione antecedente (che in tal caso viene definita avversiva)

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Analisi funzionale • Si può immaginare l’analisi funzionale come lo spezzone di un film, e dividere i

fotogrammi che riguardano il “prima” da quelli che riguardano il “durante” (il comportamento) e il “dopo”

• È ovvio che nella vita c’è sempre un “prima del prima” e un “dopo del dopo”: l’analisi

funzionale è solo uno strumento e necessita di una certa astrazione! • In ogni caso, è possibile analizzare sequenze più lunghe e complesse di… tre

fotogrammi, considerando ogni “dopo” come un nuovo “prima”

Analisi funzionale: altre domande • Da quanto tempo esiste il comportamento problematico? • Qual è la sua storia? • Sta aumentando di frequenza o di intensità? • Quanto incide nell’esistenza della persona e della sua famiglia (scuola, ecc..)? • In precedenza, la persona dava altri segnali prima di comportarsi in maniera problematica? • Il comportamento avviene sempre in certe circostanze o con certe persone, mentre non avviene in altre

circostanze o con particolari persone? • La persona potrebbe avere un malessere fisico? • Se la persona in quelle circostanze volesse comunicare qualcosa, avrebbe le risorse per farlo? • La persona ha alternative adeguate di comportamento?

Analisi funzionale: un’altra prospettiva

• L’analisi funzionale del comportamento dell’adulto, ovvero: Perché l’adulto si comporta in maniera da rinforzare e

mantenere proprio quei comportamenti che meno desidera che si producano nel bambino?

Analisi funzionale dell’adulto • L’analisi funzionale del comportamento dell’adulto prende in considerazione tre aspetti • Pensieri • Emozioni • Azioni

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Perché l’adulto mantiene il comportamento

problematico

L’adulto mantiene il comportamento problematico perché non ha risorse

• emotive • cognitive • operative

per fronteggiarlo!

Come scoprire se il comportamento non ha funzione

relazionale

SSee iill ccoommppoorrttaammeennttoo nnoonn hhaa ffuunnzziioonnee rreellaazziioonnaallee: � Non varia al variare delle conseguenze relazionali � Spesso viene messo in atto in momenti di “vuoto” � Spesso non sono presenti abilità funzionali sostitutive (non comunicative) � In genere è possibile scoprire o risalire al tipo di “interesse” intrinseco che la persona ha per quel comportamento

L’intervento • Dove la funzione del comportamento è “comunicativa”, l’intervento mira a sostituire la modalità inadeguata di espressione della funzione con una modalità comunicativa adeguata

• Dove la funzione del comportamento è “autoregolatoria” l’intervento mira a sostituire il comportamento inadeguato con un altro più adeguato di uguale valore rinforzante

• Ne consegue che l’intervento non mira direttamente a far decrescere la frequenza dei comportamenti inadeguati, bensì a

incrementare i comportamenti adeguati: • abilità comunicative • oppure altre abilità

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I comportamenti problematici nell’autismo e in altre forme di difficoltà comunicative

Parte 3. Intervento

L’intervento (1) • Dove la funzione del comportamento è “comunicativa”, l’intervento mira a sostituire la modalità inadeguata di espressione della funzione con una modalità comunicativa adeguata

• Dove la funzione del comportamento è “autoregolatoria” l’intervento mira a sostituire il comportamento inadeguato con un altro più adeguato di uguale valore rinforzante

• Ne consegue che l’intervento non mira direttamente a far decrescere la frequenza dei comportamenti inadeguati, bensì a

incrementare i comportamenti adeguati: • abilità comunicative • oppure altre abilità

• Insegnare nuovi comportamenti

• Fornire alternative comunicative • Insegnare alternative di comportamento

• Intervenire sugli antecedenti • Intervenire sulle conseguenze

Fornire alternative comunicative

• Qualunque modalità comunicativa che sia socialmente accettabile e comprensibile può essere sostituita ad un comportamento problematico con funzione comunicativa

Fornire alternative comunicative

COMUNICARE: NON IMPORTA COME!

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Insegnare alternative di comportamento

• E’ possibile provare a sostituire comportamenti inadeguati con altri che abbiano la stessa funzione (o una funzione simile) e siano socialmente accettabili

Intervento sugli antecedenti

• STRUTTURAZIONE • di tempi, spazi, attività

• ANTICIPAZIONE E CHIARIFICAZIONE • delle richieste

• ADEGUAMENTO • delle attività alle caratteristiche, alle capacità, alle motivazioni

L’ambiente ideale • Sul canale visivo

• Eliminare … qualsiasi illuminazione non necessaria … creare minor rifrazione della luce, usare lampade a stelo, piuttosto che luci a soffitto

• Lampadine colorate al posto di quelle trasparenti o lattee (o del neon) • Mantenere al minimo i movimenti circostanti • L’uniformità del colore alle pareti o delle coperture del pavimento • Rivestimenti uniformi, non decorati … • Posizionare i mobili attorno alle pareti della stanza può rendere più facile l’attraversarla … meglio

mobili di un colore chiaro diverso dei rivestimenti di pareti e pavimento • Ridurre le informazioni sonore e tattili non rilevanti può aiutare...

• Sul canale del suono • … chiudendo la porta su ogni fonte di suono di sottofondo, riducendo tutte le intonazioni di voce non essenziali …

• ( evitare il riverbero del suono) … e abbassare il volume della voce • … ridurre le informazioni non essenziali visive o tattili può migliorare l’efficienza con cui il suono è elaborato

(secondo Donna Williams 1998, pag. 208 – 209)

Diverse persone con autismo ad alto funzionamento raccomandano di fare uso di informazioni

VISUALIZZATE Ciò trova conferma nelle cosiddette

buone prassi (fermo restando che la visualizzazione non è la panacea … )

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Programmare per prevenire Il lavoro di prevenzione dei comportamenti problematici (intervento sugli antecedenti) e di insegnamento di buone abilità, comunicative e non, sono

elementi fondamentali della PPRROOGGRRAAMMMMAAZZIIOONNEE EEDDUUCCAATTIIVVAA IINNDDIIVVIIDDUUAALLIIZZZZAATTAA

della presa in carico Il miglior intervento per i comportamenti problematici resta una buona programmazione e

individualizzazione!

L’alleanza psicoeducativa L’alleanza psicoeducativa è una condizione necessaria – ma non sufficiente – per la prevenzione e la gestione dei comportamenti problematici

�Allenza fra educatori �Allenza educatore – utente �Alleanza educatori – familiari �Alleanza …

Piccoli SUGGERIMENTI per gli educatori

�Se dovete cedere, cedete subito (non aspettate che si inneschi un’escalation da cui non potrete uscire se non cedendo)

�Riprendetevi il potere (fate quello che il bambino vi chiede non perché si comporta male, ma perché l’avete deciso voi)

�Se ormai il comportamento è in atto, chiedete al bambino un minimo comportamento positivo prima di fornire un rinforzatore (pretendete che sia calmo oppure guidatelo fisicamente a eseguire una richiesta minima prima di acconsentire alla sua richiesta, es: di alzarsi)

Intervento sulle conseguenze (1) Rinforzamento differenziale

• Rinforzamento di comportamenti • ALTERNATIVI, ovvero tutti quei comportamenti divers i da quello inadeguato • ADEGUATI, ovvero quei comportamenti obiettivo dell’insegnamento • INCOMPATIBILI, ovvero tutti quei comportamenti che la persona non può emettere

contemporaneamente al comportamento inadeguato

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+ • Estinzione

• Del comportamento inadeguato

Intervento sulle conseguenze (2)

Esempio dell’uso di pratiche restrittive • Estinzione

• Gianluca C. sputa • Costo della risposta

• Alessandro butta per terra tutti i bicchieri • Time out

• Gianluca T. salta, urla, si colpisce, colpisce gli altri, lancia e distrugge gli oggetti

Attenzione! L’intervento sulle conseguenze, non solo non ha alcun esito, ma è nocivo (viene sostituito da un altro, problematico, più “potente”) se non è preceduto e sempre accompagnato dagli interventi sugli

antecedenti e sull’insegnamento di abilità alternative, comunicative o meno

Perché la punizione non è una soluzione • Cos’è “tecnicamente” la punizione

• La punizione è una stimolazione avversiva che quando avviene in risposta ad un comportamento, ne riduce la probabilità di comparsa nel tempo

• La punizione “in natura” quando è efficace ha le seguenti caratteristiche: • È forte • È immediata • Avviene sempre Esempio: bruciarsi mettendo la mano sul fuoco

punizione vs costo della risposta

La punizione è l’erogazione di uno stimolo avversivo

➲ Il costo della risposta è la sottrazione di uno stimolo rinforzante

Caratteristiche della punizione • La cosiddetta “punizione” quando è utilizzata dall’essere umano non ha – fortunatamente – mai le caratteristiche della punizione “in natura”

• Se va bene, la punizione è inutile, ovvero

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• Non serve a far cessare un comportamento indesiderato • Non insegna il comportamento adeguato

• Se va male, la punizione è dannosa perché • È soggetta ad imitazione • È soggetta ad escalation • Produce ansia, induce ambivalenza nei confronti delle figure di accudimento e danneggia la relazione • Può produrre danni fisici e morali

La punizione non è etica…e non serve In breve

la punizione NON E’ ETICA

Ma se questo non dovesse interessare gli educatori (!) basterebbe sapere che semplicemente

LA PUNIZIONE NON FUNZIONA! (con voi ha mai funzionato? Sì, una volta! Ve la ricordate?

Vi ricordate come vi siete sentiti? … )

Perché gli adulti minacciano e puniscono? Considerato che la punizione non ha alcun valore pedagogico, come mai gli adulti

minacciano e puniscono? Gli adulti minacciano e puniscono perché sono arrabbiati!

ALLORA, CHE FARE? • Fermarsi, calmarsi e ragionare quando succede qualcosa che non va • Non essere soli: confrontarsi e chiedere aiuto serve ad essere meno arrabbiati • Essere informati e informare gli altri sia sugli aspetti negativi della punizione, sia su

tutte le possibilità alternative di risposta

I comportamenti problematici nell’autismo e in altre forme di difficoltà comunicative

Parte 4. comportamenti particolari, comportamenti gravi ed

urgenze

Comportamenti “particolari” � Disturbi

� dell’alimentazione � dell’evacuazione � del sonno

� Paure e fobie � Necessità di costanza e rituali

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� Attaccamento ad oggetti � Altre bizzarrie

La valutazione e l’intervento adottati dipendono dal tipo di problema, dalla sua rilevanza, dalle risorse presenti…

Non è sempre facile cogliere che cosa può disturbare o cosa può desiderare un bambino con gravi difficoltà o con autismo!

Disturbi dell’alimentazione � Gianni mangia solo cibi croccanti o ripassati al forno � Bianca non mangia fuori casa � Alfredo mangia e beve solo alimenti di colore bianco � Davide mangia solo alcuni alimenti selezionati � Stefania mette in bocca due cibi per volta � Oriano non può mischiare i cibi nel piatto � Mario mangia solo cibi frullati � Francesco magia solo alimenti di alcune marche presi dalle loro confezioni � …

Disturbi dell’evacuazione � Assenza del controllo sfinterico o enuresi ed encopresi � Evacuazione in posti inadeguati � Trattenere le feci � Necessità di frequentare solo bagni familiari � ….

Disturbi del sonno � Difficoltà di addormentamento � Riduzione del tempo di sonno � Sonno agitato � Risvegli notturni � Bruxismo notturno � Necessità di dormire in particolari condizioni (es: in macchina) � …

Comportamenti bizzarri: alcuni esempi � Mettere in bocca due cibi per volta � Mangiare solo cibi di colore bianco � Non toccare il cibo con le mani � Annusare gli oggetti, i cibi, le persone � Dormire nelle coperte rimboccate strette � Vedere in continuazione una videocassetta � Parlare dei pianeti e dell’astronomia � …

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Comportamenti bizzarri: qualche suggerimento � Chiediamoci se il comportamento è davvero intollerabile: lo è? � Cosa lo differenzia da comportamenti che anche noi teniamo? (in genere lo differenzia il fatto che noi con facciamo cose bizzarre pubblicamente…)

� Possiamo tollerare il fatto che quella persona mantenga quel comportamento?

� Possiamo insegnargli a farlo in privato oppure a non annoiare gli altri con le sue preferenze?

Comportamenti “gravi” � FREQUENTI:

� Autolesionismo � Aggressività � Distruttività

� RARI: � Comportamenti che implicano un grave rischio

�Fuga �Pica �Manipolazione e ingestione di escrementi, detergenti, veleni… �Lanciarsi da luoghi elevati �Appiccare il fuoco �…

Comprendere il senso dei comportamenti “gravi” � Anche nel caso dei comportamenti “gravi” è necessario riferirsi all’analisi funzionale per

comprenderne il senso ed elaborare un’ipotesi di intervento � Ad esempio, in una ricerca del ’76 Carr et al. trovarono che l’autolesionismo aumentava

notevolmente se venivano rivolte ai soggetti richieste specifiche, mentre diminuiva quando gli venivano rivolte semplici frasi descrittive.

� Due autori, nell’80, mostrarono che era possibile ridurre l’autolesionismo facendo ricorso all’insegnamento senza errori, mettendo il comportamento in relazione con la richiesta di prestazione

Gestione delle crisi di comportamento (1)

• L’intervento d’urgenza può essere necessario in caso di tentativi di lesione

• Ha lo scopo di limitare nel tempo e nell’intensità il comportamento • Non è un intervento educativo • Al contrario, se si presenta la necessità dell’intervento di urgenza, il progetto educativo deve essere rivisto

• Le procedure di urgenza sono sconsigliate in quanto: •Sono in genere avversive in sé •Sono poco accettabili socialmente •Non risolvono il problema, anzi a volte lo mantengono e lo incrementano

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•Sono difficili da attuare e necessitano di esperienza •Comportano un carico emotivo per l’adulto che le attua e per la persona che le subisce, che influisce sulla relazione in maniera negativa e incrementa lo stress dell’educatore • Cinque suggerimenti per la gestione delle crisi di comportamento (Carr)

• Quando è possibile, ignorare il comportamento problematico • Proteggere l’individuo o gli altri dalle conseguenze fisiche del comportamento problematico • Fermare (o bloccare) momentaneamente l’individuo durante gli episodi di comportamento

problematico • Spostare dalle vicinanze del luogo nel quale si sta verificando la crisi chiunque sia in pericolo a causa

del comportamento problematico • Introdurre suggerimenti o stimoli per facilitare comportamenti non problematici

• L’intervento d’urgenza dovrebbe in ogni caso: • Essere preventivamente ipotizzato, discusso e concordato in equipe e con i familiari • Attuato solo in caso di reale necessità ovvero al presentarsi di un comportamento che produce danni alla persona stessa, ad altri e, in casi ben identificati, ad oggetti o a strutture fisiche

• Praticato da persone esperte e con specifica formazione • Limitato nel tempo e previsto all’interno di una più ampia programmazione

Crisi di comportamento: limitare i danni ai primi

segni (1) • Immediatamente prima che si presenti una crisi di comportamento (con un po’ di esperienza) è in genere

possibile: • Osservare i cosiddetti “prodromi”: in genere agitazione motoria e vocale • Ri-organizzare rapidamente l’ambiente in modo da eliminare la/le fonti di disturbo • Chiedere alla persona – se possibile – conferma circa le fonti di disturbo o l’ipotetica necessità che può presentare • Osservare se diminuiscono l’agitazione motoria e vocale • Se non diminuiscono, far uscire la persona dalla situazione • Indirizzare in maniera chiara e concreta la persona verso un’altra attività • … (intervento d’urgenza) • Al termine della crisi di comportamento, indirizzare comunque la persona verso un’attività, e analizzare quanto

successo

ATTENZIONE!

LIMITARE I DANNI NON È UN INTERVENTO EDUCATIVO! Se si presentano anche solo i prodromi di una crisi di comportamento, è bene

analizzare la situazione ed eventualmente rivedere la programmazione

Cosa fare nell’intervento d’urgenza (1) • Non produrre rumori o urla • Se possibile, non correre o accorrere • Non occuparsi del problema se c’è già qualcuno che lo sta facendo in maniera adeguata e competente • Chiedere aiuto se non si è in grado di occuparsi da soli - o se non si è in grado di occuparsi affatto -

del problema • Cercare di non farsi colpire e di non far colpire altri, nella maniera più logica possibile (ad esempio:

allontanandosi o allontanando gli altri o cercando di far allontanare la persona) • Se possibile, non porsi frontalmente alla persona che si intende fermare, bensì bloccarla da dietro, in

maniera da proteggersi da eventuali danni (ad esempio, poggiando la testa sulla spalla della persona, così da evitare colpi sul naso)

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• Se si tratta di un bambino, cercare di sedersi, se necessario per terra, in maniera comoda e cercando

di modificare progressivamente l’abbraccio in un dondolio come se si trattasse di cullare • Non contrastare fisicamente la persona (cioè non “lottare”, ad esempio, non spingere, non tirare, non

stringere … ) bensì essere fisicamente saldi, non attivi (“contenere”) • Non cercare di convincere, o peggio, minacciare … bensì se appare utile, parlare in maniera dolce,

dicendo che è tutto a posto, è finito, ed anticipando le attività che si andranno a fare (anche non verbalmente)

• Se si viene colpiti non rispondere aggressivamente, aspettare la fine dell’episodio se non è possibile essere sostituiti o aiutati e allontanarsi per un certo periodo di tempo dalla persona

• Una volta terminato l’episodio, prendersi un momento di pausa, allontanarsi dalla situazione, parlare - subito o dopo un po’, a seconda delle preferenze individuali - con qualcuno che aiuti a chiarire quanto successo

Perché è così difficile? Perché è così difficile per i caregiver

(genitori, terapisti, insegnanti)

occuparsi dei comportamenti problematici? � Molti ignorano il senso del comportamento e il fatto che sia modificabile � Alcuni interpretano il comportamento problematico come positivo, ad esempio, l’aggressività può essere considerata

come una possibilità di espressione � Alcuni non sono in grado di mettere in atto una buona programmazione preventiva � Alcuni desiderano evitare di sottolineare la diversità della persona con un intervento che può apparire bizzarro o

stigmatizzante � Alcuni provano molta pena nei confronti della persona con gravi difficoltà e identificano l’intervento come una sorta di

violenza � Alcuni non sono intimamente disponibili a modificare il proprio ruolo o a contribuire a modificare il ruolo della persona

in difficoltà � Alcuni affrontano il ruolo del missionario con grandi aspettative, andando incontro a forti delusioni � …

Su cosa riflettere �Perché mi prendo cura di te? �Che ruolo ho io nel tuo comportamento? �Il senso di impotenza e il sogno di onnipotenza �Il senso del lutto

Signore, dammi la forza di cambiare quello che posso, il coraggio di accettare quello che non posso cambiare, e la capacità di vedere la differenza

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… dichiarare guerra … … A volte bisogna amare abbastanza da riuscire a dichiarare guerra. Il coraggio e la

capacità di compiere il salto, attraverso l’oscurità fino all’altra parte, dovevo trovarli da sola. Per quanto lo si possa desiderare, non si può salvare lo spirito di un’altra persona. Si può soltanto indurlo a lottare per salvarsi. Se l’amore non ci riesce, forse può farlo una paura esterna più grande di quella interiore, ma io suggerisco di provare prima con l’amore.

Desidero soprattutto incoraggiare coloro che hanno lottato per aiutare le persone come me dicendo che i loro sforzi non sono inutili. Una reazione indiretta o distaccata non è sinonimo di indifferenza. (Donna Williams)

Riferimenti • La frase di Donna Williams “… dichiarare guerra…” è tratta dal libro autobiografico “Nessuno in nessun

luogo” nella traduzione della prima edizione, uscita per Guanda. Attualmente è reperibile una nuova edizione del testo, per Armando

• La bibliografia più vasta ed aggiornata disponibile in italiano sui comportamenti problematici è contenuta nel testo di Ianes & Cramerotti (2002) Comportamenti problema e alleanze psicoeducative. Erickson: Trento

• On line, esiste un sito, organizzato dal Centro Studi Erickson che mette a disposizione numerosi articoli sui comportamenti problema www.formare.erickson.it/comportamentiproblema/ ; altri riferimenti utilizzati sono:

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o Periodico “Informautismo ” dell’Associazione Autismo Italia – Onlus

www.autismoitalia.org

o Rivista quadrimestrale “Autismo e disturbi dello sviluppo ” Erickson: Trento

Aggiornata l’8 aprile 2007