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Geometria lineare affine 1 Laura Geometria affine lineare I vettori geometrici e la geometria affine sono visti come un particolare modello della teoria degli spazi vettoriali, già vista in altro corso, che viene però inserita nel testo, con un bordo sul fianco. La teoria degli spazi vettoriali è quella vista nel primo anno, con qualche aggiunta. I vettori Consideriamo l’insieme S dei punti dello spazio e definiamo i segmenti orientati come coppie di punti dello spazio: AB = (A, B) SS. A = punto iniziale , B punto finale Due segmenti orientati sono diversi se hanno differente almeno uno degli elementi che li caratteriz- zano lunghezza, direzione, verso, punto di applicazione. Se il punto iniziale e il punto finale coincidono, il relativo segmento orientato è il segmento nullo, che ha direzione e verso indeterminati. Due segmenti orientati (A, B) e (C, D) di SS, con AB e CD si dicono equipollenti (equivalenti) se hanno: (A, B)~(C, D) la stessa lunghezza la stessa direzione lo stesso verso Tutti i segmenti nulli (cioè con gli estremi coincidenti) si considerano equipollenti. Teorema. Dato un segmento orientato (A,B) e un qualsiasi punto C, esiste ed è unico il punto D tale che (A,B) ~ (C,D). Poiché l'equipollenza è chiaramente una relazione di equivalenza, si può introdurre la seguente:

Dispense Di Geometria Affine Lineare - Laura Criniti

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Dispense di Geometria Affine Lineare

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Geometria affine lineareI vettori geometrici e la geometria affine sono visti come un particolare modello della teoria degli spazi vettoriali, gi vista in altro corso, che viene per inserita nel testo, con un bordo sul fianco.La teoria degli spazi vettoriali quella vista nel primo anno, con qualche aggiunta.

I vettoriConsideriamo linsieme S dei punti dello spazio e definiamo i segmenti orientati come coppie di punti dello spazio:AB = (A, B) SS. A = punto iniziale , B punto finale

Due segmenti orientati sono diversi se hanno differente almeno uno degli elementi che li caratteriz- zano lunghezza, direzione, verso, punto di applicazione.Se il punto iniziale e il punto finale coincidono, il relativo segmento orientato il segmento nullo, che ha direzione e verso indeterminati.Due segmenti orientati (A, B) e (C, D) di SS, con AB e CD si diconoequipollenti (equivalenti)

Geometria lineare affine

9Laura Citrini

se hanno:

(A, B)~(C, D)

la stessa lunghezza la stessa direzione lo stesso verso

Tutti i segmenti nulli (cio con gli estremi coincidenti) si considerano equipollenti.

Teorema. Dato un segmento orientato (A,B) e un qualsiasi punto C, esiste ed unico il punto Dtale che (A,B) ~ (C,D).Poich l'equipollenza chiaramente una relazione di equivalenza, si pu introdurre la seguente:

Definizione Si chiama vettore ogni classe di equivalenza (insieme di vettori equivalenti tra loro) di S S rispetto alla relazione di equipollenza. Come rappresentante della classe di equivalenza possiamo scegliere il vettore applicato nell'origine del sistema di riferimento (qualunque esso sia).Il vettore indicato con v, il suo modulo (lunghezza) con ||v|| Indichiamo con V l'insieme di tutti i vettori dello spazio.Somma di vettoriLoperazione di addizione di vettori definita in uno dei due modi seguenti, equivalenti fra loro:

vwBBCABACCv+w

A

Metodo del parallelogrammo (storico)Metodo punta-coda

AB + BC = AC .

I due metodi sono equivalenti, ma nel secondo non si deve studiare il caso particolare in cui i due vettori abbiano la stes- sa direzione (e lo stesso verso o versi opposti).

La somma di vettori commutativa e associativa (la commutativa ovvia, l'associativa illustrata graficamente nella figura sottostante)

Esiste un vettore neutro indicato con 0 (il vettore nullo), che ottenuto dai segmenti orientati con estremi coincidenti.Per ogni vettore v esiste lopposto v tale che v + (v) = 0, quindi definita la differenza.

La seconda figura mostra che la differenza la seconda diagonale (rossa in figura) del parallelo- grammo che ha per lati i due vettori, in quantow v = w + (v).Risulta w v = (v w).Se in particolare ||v|| = ||w|| e hanno la stessa direzione, allora il vettore v w il vettore nullo. Risulta ||v + w|| ||w|| + ||v|| (disuguaglianza triangolare).

Prodotto di un vettore per un numeroQuesta operazione associa ad ogni coppia ordinata (k,v) del prodotto cartesiano RV un elemento diV che indicheremo con il simbolo kv ed definita nel seguente modo: se k = 0 oppure v = 0, allora kv = 0, altrimenti: kv ha la stessa direzione di v kv ha lo stesso verso di v se k > 0 e verso opposto se k < 0 kv ha per modulo il prodotto tra | k | e il modulo di v:||kv|| = | k | ||v||. Se k = 1 allora 1v = v, e se k = 1, allora (1)v = v, l'opposto di v.Se due vettori v e w sono detti paralleli esiste un numero reale k tale che w = kv (due loro rappre- sentanti applicati nell'origine appartengono ad una stessa retta).

Gli spazi vettoriali

La struttura algebrica di cui i vettori geometrici sopra definiti sono un esempio (in realt storica- mente nasce prima l'esempio della struttura) quella di spazio vettoriale.Uno spazio vettoriale sul campo K costituito da : un gruppo abeliano (V,+), i cui elementi v chiamiamo vettori, un campo (K,+,) , i cui elementi k chiamiamo scalari. una legge K V V con le seguenti propriet: per ogni v, w V e per ogni h, kK sia:k(v + w) = kv + kw (h + k)v = hv + kv (h k)v = h(kv)1v = v.

Come per le altre strutture algebriche, si possono definire le sottostrutture, in questo casi i sottospa- zi.Sia V spazio vettoriale sul campo K. Si dice che W V sottospazio vettoriale di V sul campo K se a sua volta spazio vettoriale su K, quindi se sottogruppo di V e se il prodotto di un elemento di W per uno scalare di K appartiene ancora a W.Ogni spazio vettoriale deve contenere il vettore nullo, e quindi anche i sottospazi; questa una con- dizione necessaria ma non sufficiente perch un sottoinsieme sia sottospazio.Come per le altre strutture, non necessario verificare tutti gli assiomi; esiste un criterio, cio unacondizione necessaria e sufficiente perch un sottoinsieme sia sottospazio:Criterio Sia V spazio vettoriale sul campo K. W V sottospazio vettoriale di V sul campo K secomunque presi due vettori x e y di W e due scalari h e k di K, risultahx+kyW.

Sistema di generatori - Componenti di un vettoreDefinizione: Un insieme di vettori di uno spazio vettoriale si dice sistema di generatori seogni vettore v dello spazio vettoriale si scrive come combinazione lineare dei vettori dell'insieme.Definizione: I coefficienti della combinazione lineare sono le componenti di v rispetto al sistema di generatori scelto.Sia V uno spazio vettoriale sul campo K e sia {v1, v2, ... , vn} un sistema di generatori di V. Il vettore nullo pu avere componenti nulle, poich0v1+0v2+ ... +0vn= 0,ma solo per particolari sistemi di generatori tale rappresentazione univoca.Definizione: Diciamo che n vettori v1, v2, ... , vn sono linearmente indipendenti se la combina- zione linearea1v1+a2v2+ ... +anvn rappresenta il vettore 0 solo quando a1=a2= ... =an=0.Se il vettore nullo rappresentato in modo univoco in un sistema di generatori {v1, v2, ... , vn}, an- che ogni altro vettore rappresentato in modo univocoDefinizione: Un sistema di generatori {v1, v2, ... , vn} di uno spazio vettoriale V costituito da vetto- ri linearmente indipendenti si chiama base di V.Teorema (della dimensione). Sia V spazio vettoriale su K e sia BV una base per V. Se BV costi- tuita da n vettori, ogni altra base di V costituita da n vettori.Si dice quindi che V ha dimensione n. Lo spazio vettoriale costituito dal solo vettore nullo ha di- mensione 0.Unione, intersezione e somma di sottospaziSia V uno spazio vettoriale su K e siano S e T due sottospazi di V. L'intersezione S T di due sottospazi di V sottospazio vettoriale di V. L'unione S T non in generale sottospazio di V, a meno che S T o T S.

Definizione: Si definisce somma di S e T il sottoinsieme di VS +T = {vV : v = s + t, con sS e tT}.S +T il pi piccolo sottospazio di V contenente S T.Formula di Grassman Sia V uno spazio vettoriale di dimensione n su K e siano S eT due suoi sot- tospazi. Risulta:dim(S +T) = dimS + dimT dim(S T)Se S T ={0}, S +T detto somma diretta di S e T ed indicato con S T Definizione: Se V = S T, S e T sono detti sottospazi complementari.Se V = S T, una base di V si pu ottenere accostando le basi di S e diT.In questo caso, ogni vettore xV si pu scrivere in modo unico come x = s + t, ove s S e tT.Definizione: I due vettori s e t sono detti proiezioni di x sui sottospazi S e T.

Applichiamo quanto visto in teoria all'esempio geometrico.Proiezioni di un vettore

Nel piano, date due rette qualsiasi r e s, incidenti in un punto P, ogni vettore v che appartenga al piano di r ed s pu essere ottenuto come somma di due vettoriu e w diretti il primo come r ed il secondo come s.Le proiezioni di un vettore v lungo due rette incidenti r e s complanari con v sono i due vettori u e w, diretti come r e s e tali che v = u + w.La costruzione fatta garantisce l'unicit della coppia di proie- zioni di v lungo le due rette incidenti r ed s. (u e w sono una base)Se considerassimo tre rette incidenti in P la scomposizione comunque possibile, ma in questo casi si ha un sistema di ge- neratori quindi l'unicit non pi vera, come illustra la figura seguente:

vv

Nello spazio bisogna considerare tre rette, incidenti e non complanari, e quindi tre proiezioni. Le rette r, s, t siano incidenti in P, in cui applicato il vettore v.Dal punto finale di v si costruiscono i tre piani paralleli al piano (r, s), al piano (r, t), al piano (t, s): il piano || (r, s) interseca t in T, il piano || (r, t) interseca s in S, il piano || (t, s) interseca r in R.quindi v la diagonale del parallelepipedo di spigoli PR, PS e PT.

Sia nel caso piano che nel caso dello spazio, valgono i seguenti teoremi: Le proiezioni di una somma di vettori sono la somma delle proiezioni. Le proiezioni di kv si ottengono moltiplicando per k le proiezioni di v.Componenti di un vettoreCaso piano. Ogni vettore v si pu scomporre in modo unico nelle sue due proiezioni u e w lungo due rette fissate r e s.Se sulle due rette fissiamo due vettori che costituiscono una base del sistema di riferimento nel pia- no, le due proiezioni u e w sono dei multipli di tali vettori. I coefficienti di combinazione lineare sono chiamati componenti del vettore assegnato nella base scelta.In particolare se fissiamo nel piano un sistema di riferimento cartesiano ortogonale di origine O e scegliamo un rappresentante di v applicato nell'origine O; si potranno determinare le proiezioni del vettore v lungo i due assi. ( un caso particolare; quello pi comunemente usato, ma non necessa- rio che i due assi siano perpendicolari n che i due vettori base abbiano modulo 1)Per convenzione i due versori (vettori di modulo 1) diretti come gli assi coordinati sono indicati con i e j.Il vettore vx proiezione di v lungo l'asse x risulta multiplo del vettore i (cio esiste un numero reale k tale che vx=ki) e analogamente il vettore vy proie- zione di v lungo l'asse y risulta multiplo di j.Se Q (a,b) il punto finale del vettore v = OQ , poich i e j hanno modulo1, risulta vx = ai e vy = bj, quindi risulta v = ai + bj.aI due numeri a e b sono quindi le componenti di v; scriveremo v = .b

Se il vettore v = PQ , ove P (m, n) e Q (r, s) i due vettori

AB e CD

sono le proiezioni di v lungo i due assi

PQ e risulta:

AB = (r m)i e CD =(s n)j , per cuir mv= AB + CD =(r m )i +(s n)j = .

a

c

a

c

a c

a

s n ka

Se u =

e w =

u + w =

ku = k

=

b

d

b

d

b d

b

kb

Nello spazio: costruiamo un sistema di riferimento cartesiano ortogonale.Considerato un generico punto P dello spazio, i tre piani passanti per P e per- pendicolari rispettivamente all'asse x, all'asse y e all'asse z intersecano gli assi in A, B, C. Sia P (a, b, c). I tre versori degli assicoordinati siano indicati rispettivamente con i, j e k.Il vettore v = OP si pu esprimere univocamentecome somma delle sue proiezioni vx, vy, vz sui tre assi, risulta vx = a i, vy = b j, vz= c ke> v = vx+ vy+ vz = a i + bj + ck.Il vettore v ha componenti a, b, c (come le coordinate del suo punto fina-

a le, se applicato nell'origine, e scriviamo v = bcProdotto scalareIntroduciamo nell'insieme V dei vettori l'operazione di prodotto scalare.Definizione (storica) Dati due vettori v e w, si definisce prodotto scalare tra i due vettori il numero reale:v w = ||v|| ||w|| cos(ove l'angolo non concavo tra v e w).Poich per cos= cos() , la condizione non concavo pu essere soppressa. OSS. Se v = 0 (o w = 0), indeterminato, ma ||v|| = 0, (o ||w|| = 0) quindi v w = 0.(significato fisico: lavoro = forza per (prodotto scalare) spostamento; significato geometrico: pro- priet dei triangoli rettangoli)Attenzione: il risultato dell'operazione non un vettore: il prodotto scalare associa ad ogni coppia di vettori un numero reale.Propriet v w = 0 se v = 0 o w = 0, o se cos= 0 (= 90), cio se v e w hanno direzioni perpendicolari. v wv wDalla formula v w = ||v|| ||w|| cos si ricava il coseno dellangolocos

Da v v = ||v|| ||v|| cos 0 = ||v||2 si ha una formula per il modulo:

||v||2= v v e quindi ||v||=

v v

Supponiamo che v sia un versore, cio un vettore di modulo 1. Allora v w = ||w|| cos, quindi il prodotto scalare d la lunghezza della proiezione di w nella direzione di v . Il prodotto scalare commutativo, v w = w v Per i tre versori degli assi valgono le relazionii i = j j = k k =1i j = j i =i k = k i =k j = j k = 0 NON vale la propriet associativa, ma non ha neppure senso, come per tutte le operazioni non interne. Per ogni coppia di vettori v e w e per ogni numero reale k risulta k(v w) = (kv) w.Dim. Distinguiamo tre casi: k < 0,k > 0e k = 0. Se k = 0 ovvio: 0 = 0(v w) = (0v) w = 0 w = 0Se k 0 se v 0 e (v, v) = 0 solo se v = 0In tal caso lo spazio viene chiamato spazio euclideo reale.

Se V fosse uno spazio vettoriale sul campo complesso C si pu ugualmente definire un prodotto scalare nello stesso modo, ma la commutativit viene sostituita con la commutativit hermitana (la soprallineatura indica, come di consueto nel campo complesso, il complesso coniugato di un nume- ro)

(v, w) = (w, v) .Lassioma di omogeneit diventa quindi (v, kw) (kw, v) k (w, v) k(v, w)Si parla in questo caso di spazio euclideo complesso o spazio unitario.In uno spazio euclideo V, il prodotto scalare soddisfa la:Disuguaglianza di Cauchy-Schwarz: |(v, w)|2 (v, v)(w, w) per ogni coppia di vettori. Il segno = vale solo se i due vettori sono dipendenti.

Esempio:Si pu definire un prodotto interno (scalare) f : R2R2 mediante una matrice che sia simmetrica e definita positiva, (che in questo caso vuol dire con determinante positivo) nel modo seguente: con-

x

v

sideriamo due vettori

e

generici ed una matrice a determinante positivo, per esem-

21

3pio .1

y

w

Il prodotto interno dei due vettori assegnati il numero reale:

xy21

1 v

2x y3w

x 3y v 2xv yv xw 3yw

w

Verifichiamo che questa definizione soddisfa gli assiomi di prodotto scalare:

Commutativa v

w2

1

1 x

2v w3y

v 3w x 2xv xw yv 3yw che uguale al

y

precedente.

Le propriet di linearit e omogeneit sono sempre soddisfatte perch sono propriet del prodot- to tra matrici.

Positivit: 2x2 +2xy+3y2 poich risulta 2 y scelta di x e y e risulta nullo solo se x = y = 0

4 y24

24 y 2

tale valore positivo per ogni

Definizione: In uno spazio euclideo V, il numero non negativo ||v|| definito da ||v||=chiamato norma del vettore v.Propriet della norma: Positivit ||v|| > 0 se v 0 e ||v|| = 0 solo se v = 0. Omogeneit ||kv|| = |k| ||v||.

(v, v) viene

Disuguaglianza triangolare ||v + w|| ||v|| + ||w|| (il segno = vale solo se v = 0, w = 0 o v =k w) Quindi in ogni spazio euclideo definita una norma, indotta dal prodotto interno.Uno spazio vettoriale reale, in cui sia definita una metrica indotta da un prodotto interno, si chiama Spazio di Hilbert. Pi in generale uno spazio di Hilbert uno spazio vettoriale con prodotto interno, e quindi con norma, su un campo completo (i reali o i complessi sono completi, i razionali sono invece solo densi, ma non completi).Non per necessario che la norma di uno spazio vettoriale dipenda da un prodotto interno. possibile definire la nor- ma di un vettore come una funzione dallo spazio vettoriale al campo di scalari, che soddisfi i tre assiomi che sono dimo- strati come propriet nella precedente trattazione. In questo caso, la norma non discende necessariamente dal prodotto interno.

Una condizione necessaria e sufficiente perch una norma discenda da un prodotto interno che soddisfi la cosiddetta legge del parallelogrammo: considerato un parallelogrammo di lati u e v, la somma dei quadrati delle norme delle diagonali u + v e u v deve essere uguale alla somma dei quadrati delle norme dei lati:||u + v||2 + ||u v||2 = 2||u||2+ 2||v||2

Definizione: In uno spazio euclideo V, due vettori v e w si dicono ortogonali se il loro prodotto scalare nullo. Preso un insieme di vettori, tale insieme si dice ortogonale se i vettori che lo com- pongono sono a due a due ortogonali e ortonormale se inoltre i vettori hanno tutti norma 1.

Teorema: In uno spazio euclideo V, ogni insieme ortogonale di vettori non nulli costituito da vettori indipendenti. Se dimV = n ogni insieme ortogonale costituito da n vettori non nulli una base.

Sia v un vettore di uno spazio euclideo V e sia O={b1, b2 ,, bn} una base ortogonale di V.(v, b )

Se v = x1b1+ x2b2 + +xnbn , allora xi =

i

(bi , bi )

e se la base ortonormale xi =(v, bi ).

1

0

1

Esempio: Consideriamo la base ortogonale O di R3 costituita dai vettori 0, 1, 0 .

1

0

1

3

Consideriamo il vettore

2 . Se vogliamo trovare le componenti del vettore nella base O possiamo5

3

1

3

0

3

1

calcolare:

2 0 3 5 8;

2 1 2;

2 0 3 5 2 .

5

1

5

0

5

1

Allora le componenti si ottengono divedendo ciascuno di questi numeri per il quadrato del modulodel vettore corrispondente della base, quindi sono 4, 2, 1.

1

0

1

3

Verifica: 40 2 1 0 2 .

1

0

1

5

Teorema (formula di Parseval): Sia O={b1, b2 ,, bn} una base ortonormale di uno spazio eucli- deo V di dimensione n su C. Allora, dati due qualsiasi vettori v e w risulta(v, w)= (v, b1)(w, b1) (v, b2 )(w, b2 ) ... (v, bn )(w, bn ) In particolare, se v = w si ha la norma :

|| v||2 =

(v, b ) 2 (v, b

) 2 ... (v, b ) 2

12nche la distanza euclidea (teorema di Pitagora).Se lo spazio su R naturalmente la formula diventa(v, w)= (v, b1)(w, b1) (v, b2 )(w, b2 ) ... (v, bn )(w, bn )e dice che il prodotto scalare di due vettori si fa moltiplicando tra loro le componenti dei due vettori e sommando i prodotti ottenuti.Se lo spazio vettoriale euclideo, esso ammette una base ortonormale.

Il processo di ortogonalizzazione (che porta per esempio da una base qualsiasi a una ortogonale) garantito dal:Teorema di ortogonalizzazione di Gram-Schmidt: Data una successione v1, v2, ... , vn,(finita o infinita) di vettori di uno spazio euclideo V e chiamato L(v1, v2, ... , vk) lo spazio generato dai primi k vettori di tale successione, si pu trovare una seconda successione w1, w2, ... , wn, con le seguenti propriet per ogni i: wi ortogonale ad ogni vettore di L(w1, w2, ... , wi-1) L(w1, w2, ... , wi)= L(v1, v2, ... , vi).Tale successione unica a meno di scalari moltiplicativi.

Senza presentare la dimostrazione completa, vediamo su un esempio lalgoritmo usato per costruir- la, che costruttivo e fatto per induzione: si pone: 1 elemento w1= v1 (ipotesi induttiva) supponiamo che siano stati costruiti w1, w2, ... , wi che soddisfino le due pro- priet. Costruiamowi+1= vi+1 +a1w1+ a2w2+ ... + aiwidove i coefficienti ah sono da determinare.Per la posizione fatta, la seconda propriet soddisfatta e i coefficienti ah servono a soddisfare la prima. Imponiamo lortogonalit di wi+1 ai wh con h i, imponendo che il prodotto scalare si annul- li. Ricordando che i w1, w2, ... , wh sono gi a due a due ortogonali, si ha:0= (wi+1, wh) = (vi+1, wh) + a1(w1, wh) + a2(w 2, wh) + ... + ah (wi, wh) == (vi+1, wh) + ah(wh, wh)quindi se wh 0 si ricava ah (vi 1, w h ) , altrimenti si pone ah=0.(w h , wh )Cos facendo entrambe le condizioni sono soddisfatte.Si osservi che nella seconda sequenza, per la prima propriet, risultano essere nulli tutti i vettori witali che il corrispondente vi sia dipendente dai precedenti.Se ne deduce che ogni spazio euclideo di dimensione finita ammette una base ortogonale, e quindi anche una base ortonormale.

10Laura Citrini1

0

1

1

Esempio: In R4 col prodotto scalare canonico la prima sequenza sia

0, 2 , 2, 1

2

1

3

1

1

0

0

1

0

1

1

0

2

0

e> w1 = 2

w2 = 1 a2

calcolo a in modo che (w1, w2) =0 e>

1

1

1

1/ 6

1

2

1 12

1(0 + a) + 0(2) + 2(1 + 2a) + 1(a 1) = 0 = 6a + 1e> w2 = 2 / 3 6 4

7 / 6

7

1

1

1

2

0

12

w3 = 3 a2

b 4

calcolo a e b in modo che (w3, w1) =0 e (w3, w2) =0

0

1

7

1(1 + a + b) + 2(3 + 2a 4b )+1(a + 7b) = 7 + 6a = 0e>a = 7/61(1 + a + b) 12(2 12b) 4(3 + 2a 4b) + 7(a + 7b) = -35 + 210b = 0e>b = 1/6

1

1

1

0

2

7 0 1 12

0

e infatti v

era dipendente dai due precedenti

w3 = 3 6 2

36 4 0

0

1

7

0

w4 =

Distanze in uno spazio euclideo

Sia V uno spazio euclideo, W un suo sottospazio e v un vettore di V.Il problema : qual lelemento di W che ha la minima distanza da v?La distanza tra due vettori v e w per definizione la norma ||v w|| (corrispondente al teorema di Pitagora, se la norma quella euclidea).Ricordiamo, nel piano, cosa la distanza di un punto da una retta: la lunghezza del segmento di perpendicolare dal punto alla retta.

Definizione: Se v e w sono vettori di uno spazio euclideo V, e se v 0, il vettore chiamato proiezione ortogonale di w lungo v.

(v, w) v(v, v)

viene

Se S un sottoinsieme di V, un vettore vV si dice ortogonale a S se ortogonale ad ogni vettore di S (basta per verificare che v sia ortogonale ai vettori della base di S, se S un sottospazio) Linsieme di tutti i vettori ortogonali a S costituisce un sottospazio vettoriale di V, indicato con Se, se S un sottospazio, chiamato complemento ortogonale di S.S un sottospazio, sia nel caso in cui S sia un sottospazio sia nel caso in cui non lo sia, ma se S un sottospazio e dimV = n, allora dimS= n dimS; i due sono quindi sottospazi complementari e (S)= S.Inoltre V= SSin quanto lintersezione solo {0}.In generale un sottospazio di uno spazio vettoriale ha molti possibili sottospazi complementari, mentre ha un solo complemento ortogonale.Quanto detto per i sottospazi complementari vale anche per i complementi ortogonali:Teorema di decomposizione ortogonale: Se S un sottospazio di uno spazio euclideo V ogni vettore v V si pu scrivere in un solo modo come v = s + s, con sS e sS.Inoltre ||v||2= ||s||2 + ||s||2.Se vV (spazio euclideo) e S sottospazio di V, e O={b1, b2 ,, bn} una base ortonormale di S,il vettore s = (v,b1)b1+ (v,b2) b2++(v,bn)bn la proiezione ortogonale di v su S.

Teorema di approssimazione: Se vV, spazio euclideo e S sottospazio di V, la proiezione or- togonale s di v su S il vettore di S che ha la minima distanza da v, cio per cui ||v s|| < ||v x|| per ogni x s.

Prodotto vettorialeIntroduciamo nell'insieme dei vettori DELLO SPAZIO R3 (3 componenti) l'operazione di prodotto vettoriale; il risultato dell'operazione in questo caso un vettore.Definizione Dati due vettori v e w, si definisce prodotto vettoriale tra i due vettori il vettore

uwvu = v w cos definito: Modulo di u: ||u|| = ||v||||w|| |sin| (ove l'angolo non concavo tra v e w). Direzione di u: (se v0, w0, sen0 ) quella della retta perpendicolare al piano di v e w. Verso di u: regola della mano destra: v, w e u stanno come pollice, indice e medio della mano destra.(significato fisico: momento di una forza; significato geometrico: il modulo larea del parallelogrammo definito dai due vettori)

Propriet. Se v = 0 (o w=0), indeterminato, ma ||v|| = 0, (o ||w|| = 0) quindi v w = 0. v w = 0 oltre che nel caso precedente, quando v e w sono paralleli. v w w v , ma v w = ( w v) anticommutativa Per i tre versori degli assi valgono le relazioni ii i = j j = k k = 0i j = k,j k = i,k i = j,j i = k,k j= i,i k= jkj

NON vale la propriet associativa. Es: (i i) k =0 ; i (i k) = i j = k Per ogni coppia di vettori v e w e per ogni numero reale k risultak(v w) = (kv) w Vale la propriet distributiva del prodotto vettoriale rispetto alla somma

a

m

Se v = b , w = n

v = ai + bj + cke w = mi + nj + pk, allora

c

p

vw = (ai + bj + ck) (mi + nj + pk) == ai (mi + nj + pk) + bj (mi + nj + pk) + ck (mi + nj + pk)== aimi + ainj + aipk + bjmi + bjnj + bjpk + ckmi + cknj + ckpk= an(ij) + ap(ik)+ bm (ji)+ bp(jk) + cm(ki) + cn(kj)== (bp cn)i + (cm ap) j + (an bm) k.Come si ricorda?

v w = det

ijk

abc mnp

Spazi vettoriali e spazi affiniVedremo in dettaglio nei paragrafi successivi la geometria lineare su R3, spazio vettoriale euclideo di dimensione 3 sul campo reale, che tratta di punti, rette e piani, di loro mutue posizioni e di di- stanze. Dobbiamo, per, anticipare un discorso che colleghi la nozione di vettore geometrico con quella di spazio vettoriale, per non dar adito a confusione.Per studiare problemi geometrici, non si pu lavorare solo sullo spazio vettoriale euclideo: altrimen- ti l'unico punto (sottospazio di dimensione 0) sarebbe l'origine 0, le uniche rette (sottospazi di di- mensione 1) sarebbero quelle per l'origine (kv), e analogamente gli unici piani (sottospazi di dimen- sione 2) sarebbero quelli per l'origine (hu+kv).S'introduce allora lo spazio affine che considera come elementi i laterali dei sottospazi dello spa- zio vettoriale (si dice per abuso di linguaggio che hanno la stessa dimensione del sottospazio, anche se in genere non sono sottospazi), dunque troveremo che in R3:a i punti sono dati da0 + w = b ,laterale di dimensione 0ca kmle rette dakv+w = b kn ,laterale di dimensione 1 c kp a hd kmi piani dahu+kv +w = b he kn ,laterale di dimensione 2 c hg kp

5v4v3v2vv0-v-2v-3v-4vVediamo in sintesi cosa succede nello spazio vettoriale e nello spazio affine contrapposti (ne parle- remo con pi precisione nei prossimi paragrafi).Nello spazio vettoriale:

Intersezioni di sottospazi (per la formula di Grassmann): {hv} {kw} ={0} a meno che non coincidano {au + bz} {hv + kw} = {mt} a meno che non coincidano {hv} {au + bw} = {0} a meno che il sottospazio di dimensione 1 sia contenuto in quello di dimensione 2.Ogni spazio complementare di un sottospazio di dimensione 1 ha dimensione 2 e viceversa, cio ogni retta ha per complementare un piano e viceversa.

Nello spazio affine, invece, per quello che riguarda le intersezioni:nessun punto: parallele, se il sottospazio vettoriale lo stesso, o sghembe 2 rette:coincidenti.1 punto: incidentinessun punto: paralleli, sono due laterali distinti dello stesso sottospazio2 piani:una retta: laterale del sottospazio di dimensione 1 intersezione dei due sottospazi. coincidenti.nessun punto: paralleli: il sottospazio della retta appartiene a quello del piano piano e retta1 puntola retta giace nel piano.Cio: stesso sottospazio (due piani o due rette)e> due laterali o sono disgiunti o coincidono uno contenuto nellaltro (un piano e una retta)e> due laterali o sono disgiunti o uno conte- nuto nellaltroin entrambi i casi, disgiunti = paralleli se i sottospazi hanno intersezione {0} (quindi tra piano e retta o fra due rette) i laterali o hanno intersezione un punto (incidenti) o vuota (sghembi, solo tra rette) se i sottospazi hanno intersezione {hv} (quindi solo tra piani) i laterali hanno intersezione una retta (incidenti)Se c prodotto scalare e> spazio affine euclideo e> riferimento cartesiano ortogonale. Lortogonalit nellaffine si verifica sugli spazi vettoriali soggiacenti, quindi ci sono rette ortogonali non incidenti.Scendiamo nei particolari.

Equazioni di una retta in R2 e in R3

Per definizion, v e w sono paralleli se esiste un numero reale t 0 per cui v = tw.

Se t > 0, v e w hanno la stessa direzione e lo stesso verso se t < 0, v e w hanno la stessa direzione e verso oppostoNel piano.Ogni vettore v individua una direzione; fissato un punto Q esiste una sola retta passante per Q e che abbia la stessa direzione del vettore v.La retta passante per un punto Q e diretta come un vettore v il luogo ditutti i punti P tali che QP sia parallelo a v:retta : {PR2 : QP = kv}.

v viene chiamato vettore direzione della retta.Ad ogni valore del parametro k corrisponde un punto della retta. Per k = 0 si ha Q.

r

x x0

r

Sia Q (x0, y0) e v =

e sia P (x, y) incognito. e>

QP = t v e>

t

s

y y0

s

Equazioni parametriche di una retta nel piano

x x0 rt y y0 st

Geometria lineare affine

Retta per A e B: sia v = ABe>

AP = t AB .

A: t=0

B: t=1P

A: t=0

M: t =

B: t=1

La figura mostra una interpretazione del parametro t.

Se la retta individuata da A e B, ed ha equazione

AP = t AB ,

A t = 0, B t = 1 ; t= M, punto medio del segmento AB ecc.

Il segmento AB individuato dalla stessa equazione parametrica della retta AB, ma con 0 t 1.(e anche le semirette si ottengono in questo modo: la semiretta di origine A e contenente B ha t 0, quella sempre di origine A ha t 0, quella di origine M e contenente A ha t ecc.

Figura poligonale = insieme dei vertici con le loro coordinate + matrice delle connessioni

FCEDAB.AB

FCE

D

Ad esempio nella prima figura si ha la matri- ce delle coordinate ABCDEF156412

442122e quella delle connessioni (vista come sostituzione o come ciclo):

BCDEF DEAFC ABCDEF

Invece nellesempio della seconda figura la matrice delle coordinate ABCDEF156413

442123e quella delle connessioni (vista come sostitu- zione o come prodotto di cicli disgiunti:

A

B BCDEFA

ABCDEF

ABDCEF

Ritorniamo alle rette, nel piano.

x x0 tr

Eliminando il parametro t tra le due equazioni y y0 ts

si ottiene l'unica equazione:

s(xx0) r(yy0) = 0.Posto a = s, b = r, c = sx0ry0 si ha la

Equazione generale della retta nel pianoax + by + c = 0

Geometria lineare affine

r

a

Il vettore direzione

della retta e il vettore w =

, le cui com-

wvs

b

ponenti sono i coefficienti delle incognite x e y nella equazione ge-nerale della retta sono perpendicolari infatti risulta

r

a

= ab + ab = 0.

s

b

Una retta r passante per Q pu essere individuata anche da un qualunque vettore w perpendicola-re alla retta stessa e quindi al vettore direzione v, quindi:

a

x x0

retta: {P R2 : wQP = 0}

da cui

= a(x x0) + b(y y0) = 0

b

y y0

Dunque nel piano:

r

x x0 tr

retta per Q (x0, y0) || v = :

QP = kve>

sa

y y0 ts

retta per Q (x0, y0) w =

:wQP = 0 e> a(x x0) + b(y y0) = 0.

b

Esercizi Determinare la retta passante per i due punti P (3, 2) , Q(4, 2).

4 3

1

Il vettore

PQ

. Un vettore perpendicolare a

PQ sia ottiene scambiando le due com-

2 2

0

0

0

ponenti e cambiando uno dei segni quindi :

o, che lo stesso,

; infatti questo un vettore

1multiplo del precedente e quindi individua la stessa retta.

1

La retta richiesta ha equazione: 0(x 3 ) + 1(y 2) = 0, cio y = 0 e quindi una parallela all'as- se x.

Determinare la retta r passante per il punto P (3, 2) e parallela alla retta d'equazione 3x + 4y = 0.Poich la retta r deve essere parallela alla retta assegnata, i coefficienti delle variabili devono essere uguali, quindi la retta ha equazione 3(x 3) + 4(y 2) = 0, cio 3x + 4y

Determinare la retta r passante per il punto P (1, 2) e perpendicolare alla retta d'equa- zione 3xy =0.Poich la retta r deve essere perpendicolare alla retta assegnata, determiniamo il vettore perpendico- 3 lare alla retta, che ha componenti uguali ai coefficienti delle incognite e quindi .2

2

Un vettore perpendicolare a tale vettore

, quindi la retta ha equazione 2(x 1) + 3(y 2) = 0

cio 2x + 3y 8 = 0.

3

Nello spazio allo stesso modo: una retta passante per un punto Q e diretta come un vettore v il

luogo di tutti i punti P dello spazio tali che il vettoreviene chiamato vettore direzione della retta.)

QP sia parallelo a v (v anche in questo caso

retta : {PR3 : QP = kv}.

La retta per A e B ha equazioner

AP = k AB .

x x0

r

Sia Q (x0, y0, z0) e v = s . Se P (x, y, z) un punto incognito e> QP = kv e>

y y0 k s

t Equazioni parametriche di una retta nello spazio

x x0 rk y y0 sk

0z z tk

z z0

t

Se eliminiamo il parametro t tra le tre equazioni in questo caso si ottengono in questo caso due e- quazioni:s(x x0 ) r( y y0 ) .s(z z0 ) t( y y0 )

Esempi:

1

x 1 t

Retta per P (1, 2, 3) con vettore v= 2 e> 4

y 2 2t

z 3 4t

Retta per P (1, 2, 3) e Q (2, 1, 4)e>

x 1(2 1)t 13t

y 2 (12)t 2 tz 3 (4 3)t 3 t

Parallelismo e perpendicolarit di retteparallelismo (||) o perpendicolarit () tra rette =parallelismo o nella perpendicolarit tra i vettori direzione

r: QP = tv,s: TP = kus || r v = hus r vu = 0

Passando alle coordinate,

vx nel piano v = vx e u = ux ; nello spazio v =

ux e u =

vy

uy

vy

uy

s || r vx = hux, vy = huys || r vx = hux, vy = huy, vz = huz,s r vxux +vyuy = 0s r vxux, + vyuy + vzuz = 0vz

uz

Esempi

Come sono poste r e s:

x 1t

y 2 tz 3 t

x 1t

e y 3 t?z 4 2t

non parallele vr h vs(1)(1)+(1)(1)+(1)(2) = 4 0 non perpendicolari

Come sono poste r e s in funzione di k?

x 1t

y 2 tz 3 t

x 1kt

e y 3 (3 k)tz 4 2kt

1 k

I vettore direzione sono: 1 , 3 k

non proporzionali e> mai parallele.

1

2k

k + 3 k 2k =04k= 3 per k=3/4 sono perpendicolari.oDeterminare tutte le rette perpendicolari a r.

x m at

x m at

retta generica: y n btz p ct

pongo a + b c = 0 c = a + b e> y n bt

z p (a b)t

oDeterminare tutte le rette parallele ad r.

x m at

retta generica: y n btz p ct

con

x m at

y n atz p at

OSS. Nello spazio due rette perpendicolari non detto che siano incidenti, ad esempio AB e CD sono sghembi, ma le loro direzioni sono perpendicolari. Nel piano due rette perpendicolari sono sempre incidenti.

nvNel piano le rette si possono rappresentare in due modi: dunque

nnwnv

r : wQP = 0 , s : nTP = 0r : QP = tv,s : nTP = 0s || r w = hns r wn = 0s || r vn = 0s r v = kn

Incidenza di retteNel piano, per determinare il punto comune alle due retteax + by + c = 0ea'x + b'y + c' = 0 bisogna risolvere il sistema lineareax by c 0.a' x b' y c'0Tale sistema ha una sola soluzione, purch non sia a = ka', b = kb' (teorema di Cramer).Invece in tal caso le due rette coincidono (se c = kc') o sono parallele senza punti comuni.

OSS. Nelle due rette r : x x0 tr y y0 ts

s : x x1 ta

y y1 tb

x x1 ka y y1 kb

l'eventuale punto comune alle due rette non necessariamente individuato nelle due rette dallostesso valore del parametro t, quindi necessario cambiar nome al parametro di una delle due rette prima di uguagliare.x0 tr x1 ka y0 ts y1 kbIn modo del tutto analogo si procede nello spazio, ma nello spazio non si ha un punto d'intersezione tra due rette in due casi diversi: rette parallele rette sghembe.Poich per due rette parallele hanno vettori direzione paralleli (cio proporzionali, i due casi sono facilmente distinguibili.

Esempi

x 1t

x 1t

Le rette r e s y 2 tz 3 t

e y 3 t

z 4 2t

sono incidenti?

1 t 1 h

2 t 3 h3 t 4 2h

t h

e> 2h 1h 1

il sistema impossibile, quindi NO

Per quale k le due rette r e s

x 1 t

y 2 tz 3 t

x 1 kt

e y 3 (3 k)tz 4 2kt

sono incidenti?

1 t 1 kh

2 t 3 (3 k)h3 t 4 2kh

t kh

e> kh 3h kh 1kh 2kh 1

kh 1

te> 13h 3

t 1

e> h 1k 1

infatti per t = 1 R (0, 1, 2) per h = 1 e k = 1 S (0, 1,2) che coincidono.

PianiTeorema. Tutte le rette passanti per un dato punto P e perpendicolari ad una retta r appartengono ad un piano ; inoltre ogni retta di risulta perpendicolare a r.Dim. Consideriamo s, t r e passanti per P r; s e t individuano un piano Sia Q qualsiasi. PQv, vettore direzione di r, infatti siano u e w i vettori direzione di s e t.Poich PQ , esistonoh e k tali chePQ =hu+kw. u v = 0 e w v = 0,da cui PQ v = (hu + kw) v = hu v + kw v = 0, quindi PQ r.Ogni retta p' del piano parallela ad una retta p passante per P e perpendicolare ad r e quindi anche p' perpendicolare a r.

Se sono dati tre punti P, A, B del piano il generico punto X (x, y, z) del piano tale che il vettore

25Laura Citrini

TP risulta combinazione lineare dei due vettoria

PA e

PB ; dunque

PX = h PA + k PB ; se dato

un punto P(xP, yP, zP) e da un vettore v = b perpendicolare al piano stesso, cNel secondo caso si ottiene a(x xP) + b(y yP) + c(z zP) = 0 cio

PX v = 0.

Equazione generale di un pianoax + by + cz + d = 0.(nel primo caso bisogna eliminare i due parametri tra le tre equazioni).Le componenti del vettore perpendicolare v sono dette parametri direttori del piano.Se il piano individuato da due vettori a e b e da un punto P, la sua equazione (ricordando il doppio prodotto misto di tre vettori

x xP

y yP

z zP

Esempi

det b1a1

b2b3a2a3

= 0

Determinare il piano per P (1, 2, 3), A (2, 1, 1), B (3, 2, 1)

Sia X un punto variabile. :

PX APBP 0 :

x 1

y 2

z 3

x 1

y 2

z 3

det2 1

12

13 det 1

32

3 1

2 2

13

2

04

12(x 1) 0( y 2) 6(z 3) 12x 6z 30 0

12

Il vettore perpendicolare :

0 6

2 Determinare il piano per P (1, 2, 3) e perpendicolare a v= 43

Il piano ha equazione vettoriale

PX v = 0 quindi: 2(x 1)+ 4(y 2)+3(z 3)=0

Oppure: il piano generico a v : 2x + 4y + 3z + k = 0; trovo k in modo che passi per P ed : 2x + 4y + 3z 19 = 0

Parallelismo e perpendicolarit tra rette e piani in R3

Tra piani :: w = 0 , : nPX = 0|| w = hn wn = 0Tra una retta e un piano:r : PX = tv,: w QX= 0|| r vw = 0r v = kwwwnn

vvww

Esempi

retta per P(1, 2, 3) perpendicolare a 3x + 2y z + 8 = 0 e>

x 1 3t

y 2 2tz 3 t

retta per P(1, 2, 3) parallela a 3x + 2y z + 8 = 0

x 1 at

e> y 2 btz 3 ct

x 1 at

con 3a +2b c = 0 e> c = 3a + 2b e> y 2 btz 3 (3a 2b)t

PnwQvRDue piani non paralleli hanno come intersezione una retta, che ha come equazioni ax by cz d 0

mx ny pz q 0in cui le due equazioni sono quelle dei due piani.Per ottenerne le equazioni parametriche, dobbiamo determi- nare un punto R di tale retta (basta un punto particolare, quin- di possiamo porre, ad esempio, una delle coordinate a ze- ro e risolvere il sistema di due equazioni in due incognite che resta) un vettore v diretto come la retta e quindi v n e v w. Sappiamo che un tale vettore facil- mente determinabile perch il prodotto vettoriale nw e quindi bp nc ap mc an mb Fasci di rette in R2 e fasci di piani in R3Consideriamo due rette r e s nel piano,r: ax + by + c = 0es: a'x + b'y + c' = 0 L'equazione ottenuta combinando linearmente le equazioni di r e sh(ax + by + c) + k(a'x + b'y + c') = 0, fascio di rette individuato da r e srappresenta ancora rette, variabili con h e k che contengono tutte il punto di intersezione delle due rette r e s, se sono incidenti, P = r s dettosostegno o centro del fascio (proprio) sono tutte parallele, se r e s sono parallele (fascio improprio).Nello spazio:L'insieme dei piani la cui equazione ottenutacombinando linearmente le equazioni di due piani e detto fascio di piani individuato da e e l'eventuale retta s = detta so- stegno del fascio. Il fascio detto proprio se e sono incidenti, improprio se sono paralleli, in questo caso tutti i piani del fascio risul- tano paralleli ad e .Se una retta s data come intersezione di due piani ax by cz d 0

mx ny pz q 0il generico piano che contiene s ha equazioneh(ax + by + cz + d) + k(mx + ny + pz + q) = 0

AngoliL'angolo non concavo tra due vettori v e w, tale che

cos

v w .

v ww L'angolo tra due rette l'angolo tra i loro vettoridirezione;v l'angolo tra due piani l'angolo tra i due vettori per- pendicolari; l'angolo tra un piano e una retta il complementare dell'angolo tra il vettore direzione della retta e il vet- tore perpendicolare al piano.

ATTENZIONE: non univoca la costruzione del vettore direzione w di una retta o del vettore orto- gonale v ad un piano (ogni multiplo di v o w va ugualmente bene, e un multiplo con scalare negati- vo cambia l'orientamento del vettore).

Distanze nel piano

ynQbPHamxLa distanza di due punti P e Q il modulo del vettore PQ

(m a)2 (n b)2se P (a, b) e Q (m, n) d (PQ) Nel piano il segmento di perpendicolare tracciato da un punto P ad una retta r il segmento di lunghezza minima che congiunge P con il generico punto di r; la sua lunghezza la distanza di P dalla retta r.Osservando la figura si pu costruire una formula, di uso molto semplice, per calcolare la distanza di un punto da una retta nel piano.Sia R r: nel triangolo rettangolo PQR, risulta:vPQ PR cos Sia r : ax + by + c = 0 e sia P (m,n).R r ha coordinate (xR,yR) tali che axR + byR + c = 0;

xR m

a

PR

, v

Dunque

yR n

b

d (PQ) || PR || cos|| PR ||

PRv|| PR || || v ||

PRvaxR mbxR na 2 b2axR bxR am bna2 b2|| v ||

Ma poich Rr risulta axR+ byR= c , dunque

am bn ca2 b2d (rP) d (PQ) .

Il valore assoluto che compare al secondo membro viene messo perch una distanza tra due punti, che una lunghezza, vogliamo che sia un numero positivo.

Se non utilizziamo, per, il valore assoluto, abbiamo un'interessante propriet: una retta divide il piano in due semi- piani; un punto P del piano o sta sulla retta o sta in uno dei due semipiani. Se P sta sulla retta la sua distanza dalla retta stessa chiaramente 0 (e infatti se sta sulla retta le sue coordinate soddisfano lequazione della retta e quindi il numera- tore della frazione che d la distanza 0).Altrimenti, tutti i punti di un dato semipiano hanno dalla retta distanze dello stesso segno.Questo consente, ad esempio, di rispondere con una semplice formula alla domanda: dati due punti del piano e una retta, i due punti stanno nello stesso semipiano o in semipiani opposti?Sia r : ax + by + c = 0 , P (m,n), Q (p,q). I due punti stanno nello stesso semipiano se le due distanze sono con- cordi, cio se (am + bn + c)(ap + bq + c) > 0.Se poi abbiamo due segmenti nel piano che non stanno su rette parallele, essi si intersecano se i due estremi di ciascun segmento stanno da parti opposte rispetto alla retta degli altri due.

Per la distanza di due rette nel piano, osserviamo che, se sono incidenti o coincidenti, la loro distanza nulla, altrimenti sono parallele e distinte, quindi la loro distanza distanza di un qualun- que punto della prima dalla seconda retta.

Distanze nello spazioLa distanza di due punti P e Q il modulo del vettore

PQ .

Se P (a,b,c) e Q (m,n,p) distanza puntopiano

v

d (PQ)

(m a)2 (n b)2 ( p c)2Analoga alla distanza puntoretta nel piano, la distanza di un punto P da un piano la distanza d(P,Q), dove Q il piede della perpendicolare tracciata da P a . Ogni altro punto R del piano ha distanza da P maggiore di quella di Q.Con le dovute modifiche, la formula della distanza di un punto da una retta nel piano vale anche per la distanza del punto P (m, n, p) dal piano di equazioneax + by + cz + d = 0

am bn cp da2 b2 c2nello spazio, e la dimostrazione identica alla precedente.

Risulta dunque:

d (P) .

Tutte le altre distanze nello spazio devono essere ricondotte ad una di queste due formule. Vediamo tutti i casi. distanza puntorettaSe P r, d(P, r) = 0.Altrimenti P e r individuano univocamente un piano e siamo ricondotti alla definizione di distanza gi vista per il piano (lun- ghezza del segmento di perpendicolare PQ).Bisogna per determinare Q, piede della perpendicolare tracciata da P alla retta r. Ma, a differenza del piano, nello spazio la perpendi- colarit di due rette non comporta l'incidenza, quindi tra tutte leperpendicolari tracciate da P ad r bisognerebbe scegliere l'unica retta s che sia incidente. Q pu es- sere individuato, su r, invece che dalla retta per P perpendicolare e incidente, dal piano per P per- pendicolare ad r, e questo piano si determina facilmente.

x 2 t

EsempioCalcolare la distanza di P(1, 2, 1) dalla retta r di equazioni y 3 tz 2t

Tutte le rette per P hanno equazioni

x 1at

y 2 btz 1ct

; impongo che siano perpendicolari a r per

cui a b + 2c = 0; sono infinite, impongo che siano incidenti . conti bruttix 1k(1t) Considero il generico punto R(2 + t, 3 t, 2t) di r, scrivo la retta PR y 2 k(1t)z 1k(2t 1)impongo la perpendicolarit 1(1 + t) 1(1 t) + 2(2t + 1) = 0.Il valore di t d il piede della perpendicolare e la distanza richiesta. Il piano per P perpendicolare a r ha equazione x y + 2z + 3 = 0. Taglio con la retta r e ho (2 + t) (3 t) + 4t + 3 = 0.Il valore di t d il piede della perpendicolare e la distanza richiesta.

distanza rettapianoSe la retta r incidente al piano , o se giace su , la distanza nulla.Altrimenti ogni punto della retta r ha la stessa distanza dal piano, ci si riconduce alla formula della distanza di un punto da un piano. distanza pianopianoSe i due piani e ' sono incidenti o coincidenti la loro distanza nulla.Altrimenti sono paralleli e distinti; osserviamo che la distanza di tutti i punti del piano da ' sempre la stessa, dunque basta determinare la distanza di un particolare punto di ' da (o vicever- sa). distanza rettarettaCome sono disposte nello spazio le due rette? Le rette posso- no essere complanari (incidenti, coincidenti o parallele e di- stinte), oppure sghembe. Se sono incidenti o coincidenti la loro distanza 0, se sono parallele e distinte tutti i punti di una hanno la stes- sa distanza dall'altra, quindi la distanza quella di un qual- siasi punto della prima retta dalla seconda retta, (e per de- terminarla il metodo pi semplice di scegliere un qualsia-si piano perpendicolare ad entrambe, quello per lorigine per esempio, e determinare i due punti di intersezione di tale piano con le due rette. La distanza tra i due punti quella richiesta). se sono sghembe la distanza la lunghezza del segmen- to RS, con Rr, e Ss, che sia perpendicolare ed inci- dente ad entrambe le rette.La figura mostra che tale segmento quello di lunghezza minima che congiunge un punto di r con un punto di s.I metodi di risolvere il problema sono essenzialmente due:

si pu considerare una retta che passi per un punto A variabile su r e per un punto B variabile su s; imporre a tale retta di essere perpendicolare sia ad r che ad s. La distanza tra i punti A e B che si ottengono quella richiesta. si pu considerare il piano contenente s (cio del fascio di sostegno s) parallelo ad r, la di- stanza di un punto a scelta R di r da la distanza cercata.Questo secondo metodo ha usualmente conti molto pi semplici del primo.

Esercizi. Determinare la distanza tra i due punti P (3, 2) e Q(4, 1).

(4 3)2 (2 1)22Usando la formula della distanza tra due punti abbiamo d (PQ) .

Determinare la distanza tra il punto P (1, 2) e la retta d'equazione 3x + 4y = 0.Se non vogliamo usare la formula della distanza tra punto e retta i conti che dobbiamo fare sono questi: la retta perpendicolare alla retta assegnata e passante per P ha equazione 4x 3y + 2 = 0 e la sua intersezione con la retta assegnata e la soluzione del sistema

41

41

41

3x 4 y 1 0

x 3 y 3

e>

x 3 y 3e>

x y e>33e>

4x 3y 2 0

4

41 y

3y 2 0

25

y 10 0

5 y 2

811

33

33

x 15 3 5 y 2

. La distanza richiesta quella tra i due punti P (1, 2) e Q1 , 2

5 5

e quindi

vale

511

2 2

36 64

100 2 .

225 5

252525

Invece, utilizzando la formula della distanza di un punto da una retta otteniamo, molto pi veloce-

mente:

| 3 1 4 2 1 | 10 2 .

32 425

Si considerino il punto A (2, 3) e la retta di equazione r : 2x y + 3 = 0 Il punto A appartiene a r? Scrivere lequazione della retta s passante per A e perpendicolare a r. Scrivere lequazione della retta t passante per A e parallela a r. Trovare le coordinate del punto B intersezione di r e s. Trovare le coordinate del punto C intersezione di r e dellasse x Trovare larea del triangolo ABC (se AB la base, come si trova l'altezza?).Un punto appartiene una retta se le sue coordinate soddisfano l'equazione della retta, quindi A ap- partiene a r se risulta 22 3 + 3 = 0. Dal momento che la condizione falsa il punto non appartiene alla retta. 2 Il vettore perpendicolare a r ha come componenti i coefficienti delle incognite quindi .

1

1

Un vettore perpendicolare a questo vettore quindi

dunque la retta richiesta ha equazione

2

s: x + 2y 8 = 0

rtBACsLa retta parallela a r ha lo stesso vettore perpendicolare di r, quindi gli stessi coefficienti delle in- cognite, dunque ha equazione t: 2x y 1 = 0.Il punto B d'intersezione delle due rette r e s si ottiene mettendo le equazioni delle due rette a sistema e quindi si

x 2 y 8 0hae>2x y 3 02

x 8 2 y

e>28 2 yy 3 0

x 8 2 ye>5y 19 0

x 5 y 19

5

Il punto C d'intersezione della retta t e dellasse x si ot-

y 0

1

tiene mettendo le equazioni delle due rette a sistema e quindi 2x y 1 0

e> C 2

,0 .

Come si pu anche vedere dalla figura il segmento AC perpendicolare alla retta s e quindi il seg-mento AC l'altezza del triangolo ABC. La base AB ha come lunghezza la distanza di A da B, quindi

e analogamente:

AB

2

2

2 3 5

2

19

2 5

4 5

64 1625255

AC

2 1

32

3 5 .

Allora l'area

1 42

5 35

9 944542 25 3 .2

Si considerino nello spazio i due punti A (1, 0, 1) e lorigine O.a) Si determini un punto B dellasse z tale che il triangolo AOB sia rettangolo (con angolo retto in A).b) Calcolare larea del triangolo AOB.c) Determinare lequazione del piano che contiene il triangolo AOB. Il generico punto B dellasse z B (0, 0, b).

a) I due cateti del triangolo rettangolo BAO sono individuati dai due vettori

AO e

AB ed es-

1

1

sendo A(1,0,1) si ha

AO = 0 e

AB = 0

. Tali due vettori sono perpendicolari se il lo-

1

1 b

ro prodotto scalare nullo, quindi se 1+(1 b) = 0, dunque per b = 2. Allora B (0, 0, 2).

b) Larea del triangolo

1 (||

|| . |

||)= 12

2 =1.

AO| AB22c) Poich A (1, 0, 1), B (0,0, 2), O (0, 0, 0), il piano che contiene i tre punti ha equazioney = 0, come si pu determinare anche imponendo il passaggio per i punti stessi.

Si considerino il punto A (2, 2) e il punto B (2, 1).a. Scrivere lequazione della retta r passante per A e Bb. Scrivere lequazione della retta s passante per B e per C (1, 5 )

c. Verificare che le due rette r e s sono perpendicolari.d. Verificare che i tre punti A, B, C sono tre vertici di un quadrato.e. Trovare il quarto vertice del quadrato.

Geometria lineare affine

Si considerino nello spazio lasse x e la retta r:

x 2 y 0. y 3z 5

d) Stabilire se sono sghembe, incidenti o parallele.e) Determinarne la distanza.f) Determinare lequazione del piano passante per lorigine e contenente r.g) Determinare le equazioni della retta passante per lorigine, perpendicolare e incidente alla retta r (si consiglia di individuarla non con le equazioni parametriche, ma indicando due pia- ni a cui tale retta appartiene).

Si considerino nello spazio i due punti A (1, 2, 3) e C (1, 3, 1).a) Si determini un punto B dellasse z tale che piano ACB sia parallelo alla retta di equazionix 1 t

parametriche y 2.z 1 3tb) Determinare la distanza del punto A dalla retta CB e calcolare larea del triangolo ACB.

x 3y 1 Si considerino nello spazio lasse z e la retta r: . y x 1a) Stabilire se sono parallele o sghembe e determinarne la distanza.b) Determinare la retta passante per lorigine, perpendicolare e incidente alla retta r.

Trasformazioni geometriche e proiezioniSono legati agli isomorfismi o omomorfismi (nel caso delle proiezioni) degli spazi vettoriali soggia- centi.

Omomorfismi

Siano V e W due spazi vettoriali sullo stesso campo K.

Definizione: Una applicazione f : V W detta omomorfismo o applicazione lineare se per o- gni v1, v2 V, e ogni h, k K risultaf(hv1 + kv2) = hf(v1) + kf(v2)

Risulta f(0) = 0, ove i vettori 0 del primo e secondo membro sono rispettivamente in V e W. Infatti f(0) = f(0v) = 0 f(v) = 0.Questa propriet fornisce una condizione necessaria perch una applicazione sia un omomorfismo.Definizione: ker f ={vV : f(v)=0} detto nucleo di f : V W.Definizione: Imf = f(V)={wW: esiste vV per cui f(v)= w} detta immagine di f :V W.Dato un elemento wf(V), l'insieme di tutti gli elementi di V di cui w immagine si chiama an- tiimmagine di w (o controimmagine di w).Teorema Sia f : V W un omomorfismo tra due spazi vettoriali V e W sullo stesso campo K. Il nucleo ker f e l'immagine f(V) sono sottospazi vettoriali rispettivamente del dominio e del codomi- nio.Teorema Sia f : V W un omomorfismo tra due spazi vettoriali V e W sullo stesso campo K. SiaB={v1 ,v2 ,...,vn} una base di V.f(B)={f(v1), f(v2), ... , f(vn)} risulta essere un sistema di generatori per f(V).Quindi, se dim V = n, dim f(V) n. Ma niente dice che tali trasformati siano indipendenti, quindi la dimensione dell'immagine pu essere strettamente minore di quella del dominio.La dimensione del dominio e dell'immagine sono legate tra loro e alla dimensione del nucleo dal

Teorema (di nullit pi rango) Sia f : V W un omomorfismo tra due spazi vettoriali V e Wsullo stesso campo K. Sia dim V =n. Allora vale la relazionedim V = dim ker f + dim f(V) (nullit di f = dim (ker f) ; rango di f = dim f(V) )

Definizione: Una applicazione f :V W si dice inettiva se per ogni x y V e> f(x) f(y). Se f un omomorfismo, f inettiva implica:Y ker f = {0} in quanto per ogni x 0 risulta f(x) f(0) = 0.Y dimf(V) = dim V per il teorema di nullit pi rangodunque deve essere dim Vdim W

Geometria lineare affine

Definizione: Una applicazione f :V W si dice suriettiva se ogni wW ha almeno una an- tiimmagine in V.Se f un omomorfismo, f suriettiva implica f(V)= Wdunque deve essere dim W dim V

biunivoco = iniettivo+suriettivoSe f : V W omomorfismo biunivoco = isomorfismodim V = dim f(V)= dim W

Vale anche il viceversa: due spazi vettoriali della stessa dimensione sono sempre isomor- fi e un isomorfismo si pu ottenere facendo ordinatamente corrispondere i vettori di due basi.In particolare, uno spazio vettoriale V di dimensione n su un campo K isomorfo a Kn (ad esempio la corrispondenza che associa ad un vettore le sue componenti in una base un isomorfismo). Que- sto implica che quanto si vuole dimostrare su uno spazio vettoriale di dimensione n si pu dimostra- re su Kn, e spesso questo semplifica molto conti e ragionamenti.

Un omomorfismof: V W completamente individuato dai trasformati dei vettori di una base diV, cio:Teorema (di costruzione di un omomorfismo): Siano V e W due spazi vettoriali su uno stesso campo K;Y sia B = {v1 ,v2 ,...,vn} una base per VY sia w1 ,w2 ,...,wn una qualsiasi n-pla di vettori di W.Esiste uno e un solo omomorfismo f: V W tale che f(vi)=wi , per ogni i = 1, ..., n

Il campo K pu essere pensato come spazio vettoriale di dimensione 1, su se stesso. La somma di vettori la somma usuale, il prodotto per uno scalare il prodotto definito in K.Ogni suo elemento non nullo ne base, e {1} la sua base canonica, quindi ha dimensione 1.Dato un qualsiasi spazio vettoriale V su K, gli omomorfismi di V in K sono detti forme lineari diV.Il teorema precedente vale anche per le forme lineari: data una base v1 ,v2 ,...,vn per V esiste una e una sola forma lineare che assume n arbitrari valori bi sui vettori della base.Dato un vettore x di V risulta x = a1v1+ a2v2 ++ anvn .Una forma lineare su V allora del tipo (x)= a1b1+ a2b2 ++ anbn.Omomorfismi e matrici di fondamentale importanza per lo sviluppo della teoria degli omomorfismi tra spazi vettoriali la propriet seguente.Siano V e W due spazi vettoriali su uno stesso campo K di dimensioni n ed m rispettivamente. Sia B = {v1 ,v2 ,...,vn} base di V e C={w1 ,w2 ,...,wm} base di W.

I vettori f(v1), f(v2), ..., f(vn) (che sono un sistema di generatori per limmagine) che individuano un omomorfismo f sono vettori di W, quindi si possono esprimere nella base C, e si avr:

30Laura Citrini

f (v1) = a11w1 + a21w2 +...+ am1wm

a11

a12 a1n

f (v2) = a12w1 + a22w2 +...+ am2wm

aa a

................................................e>................................................

21222n :::

f (vn) = a1nw1 + a2nw2 +...+ amnwm

aa a

m1m 2

mn

Nella i-esima colonna di una matrice A poniamo le componenti di f (vi) nella base C. Rimane cos individuata una matrice ad m righe e ad n colonne quindi:fissate due basi B per V e C per W, ad ogni omomorfismo f: V W associata una matriceA Mmn (K).No righe di Ae> dimensione codominio W. No colonne di Ae> dimensione dominio V.

La matrice associata ad un omomorfismo f dipende in modo essenziale dalle due basi utilizzate per definirla.Cambiando la base del dominio o quella del codominio (o entrambe) la matrice cambia.

Pensando a tutti i vettori delle due basi B per V e C per W usate come a vettori rigaB = [v1 ,v2 , ... ,vn] e C=[w1 ,w2 , ... ,wm]si pu esprimere quanto detto come:f (B) = [f (v1), f (v2), ... , f (vn)]= [w1 ,w2 , ... ,wm]A = CA.Ogni vettore vV si pu esprimere nella base B come a1

a2

v = a1v1 + a2v2 +...+ anvn = [v1 ,v2 ,...,vn]

: an

-7 v = Ba,

pensando la base B come un vettore riga di vettori e la n-pla di componenti come vettore colonna edeseguendo il prodotto righe per colonne.

v = B a e> f (v) = f (B a) = f (B) a = (C A) a = C (A a)

Dunque le componenti del vettore trasformato di v si ottengono moltiplicando la matrice della tra- sformazione per la colonna delle componenti di v.

Cambiare base nello spazio vettoriale V significa esprimere ogni vettore vV invece che come combinazione lineare dei vettori della base B = [v1 ,v2 , ... ,vn], cio come v = Ba, come combina- zione lineare dei vettori della base B = [v1 ,v2 , ... ,vn], cio come v = Ba.In sostanza quindi il vettore non cambia ed come se applicassimo lomomorfismo identico i, ma usando come base per il dominio la base B e per il condominio la base B.Anche tale omomorfismo quindi pu essere rappresentato da una matrice H, che viene chiamata matrice del cambiamento di base e che risulta una matrice quadrata (di ordine n) invertibile, dal momento che lidentit un isomorfismo.

Lo stesso ragionamento, ovviamente, si pu fare anche per W relativamente allomomorfismo iden- tico j rispetto alle due basi C e C ottenendo una matrice quadrata P di ordine m.Risulter quindi

Geometria lineare affine

e dunque anche

i(B) = B = BH e j(C) = C =CP

B = BH-1 e C =CP-1

Consideriamo quindi lomomorfismo f di partenza, che nelle due basi B per V e C per W era espres- so come f (B) = CA e cerchiamone la matrice nelle basi B per V e C per W.Risulta f (BH) = CPA e poich f un omomorfismo, f (BH) = f (B)H = CPA. Alloraf (B) = C PA H-1.Cio la matrice dellomomorfismo PA H-1.

Per esempio, la matrice del cambiamento di base che fa passare dalla base canonica di R3 alla ba-

1

0

0

100

se: D = 4, 1, 1

semplicemente 41

1 .

2

2

3

223

Esercizio trovare la matrice nella base canonica dellendomorfismo R 3 definito da

1

2

0

1

1

f 3 1, f 1 1, f 2 0

01

10

11

2

1

H= 3101

21

la matrice del cambiamento di base: E base canonica e> B base data

210210 10110e quindi A= 110 3 111

Risulta A=

1

20

1

20 01

21

Oss. Si parla di rango di una matrice e di rango di un omomorfismo. I due concetti coincidono, in- fatti se un omomorfismo ha rango k, la matrice associata in basi qualsiasi ha rango k, poich le sue colonne sono costituite dalle componenti dei generatori dell'immagine nelle basi scelte, in sostanza "sono" i generatori dell'immagine.Anzi, dato un omomorfismo f : V W, con dim V =n e dim W =m, di rango k, ogni matriceAMmn di rango k pu rappresentare f , in basi opportune.

Linsieme di tutti i possibili omomorfismi f :V W costituiscono uno spazio vettoriale , L(V W) se si definisce (f +g)(x) = f (x) + g(x) e (k f)(x)= k f (x).Fissate le due basi B = [v1 ,v2 , ... ,vn] e C=[w1 ,w2 , ... ,wm] per V e W siano F e G le matrici asso- ciate a f e g nelle due basi.Allora la matrice associata a f + g F + G e la matrice associata a k f kF.

Tale spazio vettoriale isomorfo allo spazio delle matrici ad m righe e ad n colonne; quindi ha di- mensione m n.

Per esempio L(R2, R3) isomorfo a M32 che ha come base canonica le 6 matrici

Geometria lineare affine

ab

10

01

00

00

00

00

cd

a0

0 b0

0 c1

0 d 0

1 m0

0 p00

m

p

0

0

0

0

0

0

0

0

1

0

0

1

Allora, chiamati e1, e2 i vettori della base canonica di R 2 ed e1, e2, e3 i vettori della base canonica

10

x01

y00

0

x

x

x

di R 3, 0

0

0 , 0

0

0 , 1

0

x .

0

0 y

0

0

0 y

0

0

0 y

0

L(R2, R 3) ha una base canonica costituita dai 6 omomorfismi fik definiti da:

0fik (e j ) e'i

se k jse k j

In particolare, lo spazio vettoriale delle forme lineari su V viene chiamato spazio duale di V e indi-cato con V* e ha dimensione uguale alla dimensione di V.

Il prodotto di matrici viene definito in modo da rispecchiare il prodotto di omomorfismi; si ottiene il prodotto righe per colonne.

UfVAgBWgfSia dim U=n, dim V =m, dim W = p, e supponiamo fissate tre basi BU, BV, BW per i tre spazi. La matrice A di f : U V rispetto alle basi BU e BV di tipo mn.La matrice B di g: V W rispetto alle basi BV e BW di tipo pm.La matrice dell'applicazione composta gf : U W BA, che risulta di tipo pn. (attenzione, al solito, all'ordine in cui vanno scritte, nel prodotto, sia le applicazioni che le matrici associate).W VUU W

(p m)(m n) =(p n)

Per le trasformazioni geometriche, al posto degli isomorfismi bisogna utilizzare le affinit. Pen- sato lo spazio affine riferito ad un sistema cartesiano le affinit sono date da equazioni vettoriali del- la forma

con A matrice quadrata invertibile (detA0)

x = Ax + u

Si noti che la prima parte dell'equazione x = Ax lisomorfismo f dello spazio vettoriale (per cuif(0)=0); la seconda parte (+ u) indica in quale punto viene trasportata l'origine.

Si chiama collineazione una trasformazione geometrica che muta una retta in una retta, quindi le affinit sono collineazioni.

IsometrieDEFINIZIONE. Si dice isometria una trasformazione geometrica f (di uno spazio affine euclideo) che conserva le distanze, cio tale che, comunque scelta una coppia A e B di punti del piano (o dello spazio), risulti d(A, B) = d(f(A),f(B)).

Y Ogni isometria una collineazione.Y Ogni isometria trasforma un segmento in un segmento. Y Ogni isometria trasforma una semiretta in una semiretta. Y La composizione di due isometrie ancora una isometria.

Se si parla di distanze, bisogna essere in uno spazio affine euclideo, che quindi pu essere riferito ad un sistema cartesiano ortogonale (e quindi si pu pensare lo spazio vettoriale come generato dalla base canonica i, j, per R2 e i, j, k per R3)

Si dimostra che la richiesta di conservare le distanze (e quindi gli angoli) coincide col chiedere che la matrice A sia ortogonale, il che significa che i vettori colonna di A devono essere a due a due ortogonali e di modulo 1. Questo fa s che una base ortonormale (versori a due a due ortogonali) sia trasformata ancora in una base ortonormale.La condizione di ortogonalit della matrice si pu rappresentare in blocco con AAT=I, da cui si ri-cava che deve essere detA = 1. (non vero il viceversa!)

Se risultadetA = 1 l'isometria detta diretta, o pari,detA = 1 detta indiretta, dispari, invertente o inversa (quest'ultimo termine, che quello stori- co, pu confondere).Nel primo caso una figura F pu essere trasportata sulla figura trasformata F' con un movimento rigido, nell'altro unimmagine speculare.

aNel piano, unaffinit f risulta essere unisometria se e solo se la matrice d

b

e per cui

a

b

i' = f(i) =

e j' = f(j) =

che la caratterizza ha una delle due forme:

d

e

cos sin

oppure

cos

sen

sin

cos

sen

cos

i vettori i e j e i loro trasformati i' e j' sono rappresentati, nei due casi, nelle figure seguenti.

Osserviamo che la prima matrice, che ha determinante 1, rappresenta una isometria diretta (l'angolo tra i' e j' 90o), mentre la seconda, che ha determinante 1, una isometria invertente (l'angolo tra i' e j' 90o, secondo la definizione data di angolo orientato).

In particolare:Equazione vettoriale di una traslazione: x'=x+v e> x'= Ix+v.Equazione vettoriale di una rotazione di angolo e con centro O

x'

cos sen x

y'

sen

cos

y

Se il centro non lorigine si devono considerare la traslazione che porta il punto C nell'origine O e la rotazione di centro O e angolo ; il prodotto2 = -1o o la rotazione cercata, quindi:: x'=x+v,: x"=Ax',-1: x"'=x"v

da cui

-1o o x"'=x"v e> x"'= Ax'v e> x"'= A(x+v)v= Ax + (Avv).

1La matrice della simmetria di centro O (che una rotazione di 180) A= 0

0

1 ; se il centro

C(x0,y0) la simmetria individuata da

1

0 x

2x0

x'= Ax + (Avv) =

.

01 y

2 y0

Lequazione matriciale della simmetria assiale di asse r, passante per lorigine se l'angolo che

x'

cos 2

sin 2

x

r forma con l'asse x,

; detto t =tg, usando le formule parametriche

y'

sin 2

cos 2 y

che danno seno e coseno di un angolo 2attraverso la tangente dellangolo ; le equazioni diventa-

1 t 2

2t

x'2

2 xa

no

1 t

1 t

2

, ma se l'asse aveva equazione ax+by=0, risulta t= , per cui sosti-

y'

2t

1 t yb

21 t

1 t2

tuendo (e semplificando) si ottiene:

b2 a2

2ab

x' 22

22 x

b a

b a22

y'

2ab b2 a2

a b y b2 a2

Se lasse non passa per lorigine si ottengono equazioni analoghe, della forma x= Ax + (Avv).

Per lavorare meglio

Ogni trasformazione geometrica piana data da unequazione vettoriale della forma:x'= Ax + (Av v) = Ax +uSe si applicano pi trasformazioni successive, per esempio se si applicax = Bx + (Bz z) = Bx + w

si ottiene come prodotto

x = B(Ax + u) + z = BAx + Bu + w

ove A e B sono le matrici invertibile 22 delle due trasformazioni. La formula diventa brutta possibile utilizzare solo prodotti di matrici (e quindi semplificare i conti) nel modo seguente: I punti del piano siano individuati da tre componenti, di cui la terza sempre uguale a 1.La matrice dellapplicazione una la matrice invertibile 33 del tipo

abcd00

v1

v2 1

ab

ove u1 e u2 sono le componenti del vettore di traslazione e c

la matrice della trasformazio-

d

ne. Con solo un prodotto si ottiene lo stesso sistema di equazioni, svolgendo l'equazione matriciale:

x'

ab

v1 x

A

vx

x' A

vx

y' cd

v2 y = T

x= Ax + ucon

T

1

00

1 10

11

1 0

11

10 traslazione 0100

m

n1

cos

sin 0

rotazione con centro O e angolo sin

cos0

0

01

b2 a2b2 a2 2ab0b2 a2

2ab

a2 b2

simmetria assiale rispetto alla retta ax+by=0

22b a0

0

1b2 a20

Si pu fare il prodotto delle matrici a blocchi per ottenere il prodotto di trasformazioni.

Bw A

vBA

Bv w

T T

T

01 0

1 01

Esattamente allo stesso modo si pu agire con lo spazio, ma le coordinate sono 3 che diventano 4estese.Coordinate omogenee (o estese)Precisiamo il discorso un po di pi.Consideriamo il generico punto P(x, y, z) dello spazio e poniamox x1 , y x2 , z x3 ,x4x4x4(naturalmente dobbiamo supporre che sia x4 0 perch tale scrittura abbia un senso). Diciamo la quaterna (x1, x2, x3, x4) coordinate omogenee del punto P.

Osserviamo, per come sono state costruite, cheY quaterne proporzionali indicano lo stesso puntoY gli usuali punti dello spazio affine possono essere espressi in modo univoco come P(x, y, z, 1)Y Le quaterne (x1, x2, x3, 0) non hanno significato nello spazio affine.

Ora pensiamo per alle operazioni che facciamo sui punti, o meglio sulle loro coordinate: se sottraiamo le coordinate di un punto P da quelle di un punto Q otteniamo le componenti del vettore PQ ; dunque se P(xP, yP, zP, 1) e Q(xQ, yQ, zQ, 1) , risulta: xQ xP v PQ Q P yQ yP (xQ xP , yQ yP , zQ zP , 0)

zQ zP cio possiamo pensare le quaterne (x1, x2, x3, 0) come le componenti di un vettore che ha come direzione quella della retta per P e Q, quindi un punto meno un punto fa un vettore. sommando ad un punto il multiplo (variabile con un parametro lineare) di un vettore (x = x0+ kv) si ottiene un punto variabile su una retta, quindi un punto pi un vettore fa un punto.x x0 at y y0 btz z0 ct1 1 0t Non ha senso invece sommare due punti.

Le coordinate estese dunque rappresentano tutti i punti dello spazio esteso, pi propriamen- te, dello spazio proiettivo, i punti propri, cio quelli dello spazio affine, se lultima coordinata non nulla, i punti impropri detti anche punti ideali sono i vettori, e individuano le direzioni delle rette, e hanno lultima coordinata nulla.

Non abbiamo definito con precisione lo spazio proiettivo, ma, dal discorso precedente, si pu intuire essere uno spazio i cui punti sono individuati da classi di equivalenza di quaterne di coordinate. Il discorso per molto pi complicato e ci porta fuori dai nostri intendimenti.Nel piano proiettivo ci sono solo rette incidenti, o in un punto proprio (questa la definizione affine dincidenza), o in uno improprio (questa la definizione affine di parallelismo); nello spazio ci sono sia rette incidenti (e quindi complanari) sia rette sghembe.

ax by c 0

ax by cu 0

bc

ac

ab

x det

, y det

, u

a' x b' y d 0

a' x b' y du 0

b'd

a'd

a'

b'

x m at

Se consideriamo una retta dello spazio affine, di equazioni parametriche y n btz p ct

, possiamo pen-

x1 m at

x1

m

a

sare il suo generico punto in coordinate omogenee, come

x2 n bt

x2 n t b .

x3 p ct

x3

p

c

x4 1

x4

1

0

Pi in generale una retta dello spazio proiettivo avr la forma

x1 mh ak

x2, ove h e k sono para-nh bkx3 ph ckx4 qh dk

metri omogenei. Tale retta passa per i due punti di coordinate omogenee (m, n, p, q) e (a, b, c, d).