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D.Lgs. n. 50/2016 Il nuovo Codice dei contratti pubblici DECRETO LEGISLATIVO 18 APRILE 2016, N. 50 Attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sullaggiudicazione dei contratti di conces- sione, sugli appalti pubblici e sulle procedure dappalto degli enti erogatori nei settori dellacqua, dellener- gia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pub- blici relativi a lavori, servizi e forniture - G.U. n. 91, 19 aprile 2016, Supplemento Ordinario (*) (Omissis) Il sistema delle fonti nella nuova disciplina dei contratti pubblici di Mario P. Chiti Malgrado una legge delega ipertrofica, il quadro delle fonti normative sui contratti pubblici è as- sai innovato dal nuovo Codice, con uno snellimento della disciplina legislativa, con leliminazio- ne del regolamento di esecuzione del 2010 e soprattutto con un sistema originale di norme se- condarie incentrato sulle linee guida. Per questultima parte sorgono numerosi problemi, an- che di costituzionalità, che potranno definirsi una volta esplicata la funzione di indirizzo, preva- lentemente da parte di ANAC. Da un Codice allaltro: il decennio 2006-2016 A seguito delle riforme europee e nazionali dellulti- mo biennio in tema di contratti pubblici, il quadro delle fonti normative per la materia rimane in parte in linea con il sistema precedente, per altra parte, maggiore, è fortemente innovato. Specie relativa- mente alle norme di attuazione e completamento del D.Lgs. n. 50/2016, che possiamo gergalmente (1) denominare Codice dei contratti pubblici. Per apprezzare adeguatamente i caratteri di conti- nuità e di originalità delle fonti di disciplina dei contratti pubblici conviene richiamare sintetica- mente i maggiori dati della precedente situazione. Le direttive UE nn. 17 e 18 del 2004 (2), relative rispettivamente agli appalti nei settori speciali e nei settori ordinari, pur se ispessiterispetto alle più risalenti direttive sulla materia (3), erano com- poste da un numero assai inferiore di articoli e, so- prattutto, di considerandorispetto alle corrispon- denti ultime direttive del 2014. Le due direttive del 2004, ora citate, furono attuate in Italia con il D.Lgs. n. 163/2006, poi denominato Codice dei contratti pubblici. Si trattava inizial- mente di un testo relativamente sintetico, compo- sto da 257 articoli e vari allegati, incentrato come detto sugli appalti di lavori, servizi e forniture; non (*) I commenti tengono conto dell' Avviso di rettificapub- blicato nella G.U. 15 luglio 2016, n. 164, contenente correzioni al D.Lgs. n. 50/2016. (1) Al momento il nome ufficiale del decreto n. 50/2016 è Attuazione delle direttive 2014/23, 2014/24, 2014/25, seguita dal titolo delle tre direttive. La legge delega n. 11/2006, sulla cui base è stato adottato il decreto n. 50/2016, aveva previsto un diverso titolo (Codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione) su cui il Consiglio di Stato ha sollevato giuste critiche di imprecisione giuridica; a parte la scarsa incisività della formulazione. Molto più appropriata sarà la denominazio- ne di Codice dei contratti pubbliciche ben si adatta anche a comprendere la disciplina delle concessioni. (2) Ambedue le direttive, del Parlamento europeo e del Consiglio, hanno la data del 31 marzo 2004. (3) Tra le direttive dellultimo decennio del secolo scorso si segnalano la Dir. 93/38/CEE del Consiglio e la Dir. 93/13/CEE del Consiglio, poi modificata dalla Dir. 2007/66/CE del Parla- mento europeo e del Consiglio. Analisi della normativa Contratti pubblici 436 Giornale di diritto amministrativo 4/2016

D.Lgs. n. 50/2016 Il nuovo Codice dei contratti pubblici · Sinergie Grafichesrl D.Lgs. n. 50/2016 Il nuovo Codice dei contratti pubblici DECRETO LEGISLATIVO 18 APRILE 2016, N. 50

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D.Lgs. n. 50/2016

Il nuovo Codice dei contrattipubbliciDECRETO LEGISLATIVO 18 APRILE 2016, N. 50

Attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull’aggiudicazione dei contratti di conces-sione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’ener-gia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pub-blici relativi a lavori, servizi e forniture - G.U. n. 91, 19 aprile 2016, Supplemento Ordinario (*)

(Omissis)

Il sistema delle fonti nella nuova disciplina dei contratti pubblicidi Mario P. Chiti

Malgrado una legge delega ipertrofica, il quadro delle fonti normative sui contratti pubblici è as-sai innovato dal nuovo Codice, con uno snellimento della disciplina legislativa, con l’eliminazio-ne del regolamento di esecuzione del 2010 e soprattutto con un sistema originale di norme se-condarie incentrato sulle “linee guida”. Per quest’ultima parte sorgono numerosi problemi, an-che di costituzionalità, che potranno definirsi una volta esplicata la funzione di indirizzo, preva-lentemente da parte di ANAC.

Da un Codice all’altro: il decennio 2006-2016

A seguito delle riforme europee e nazionali dell’ulti-mo biennio in tema di contratti pubblici, il quadrodelle fonti normative per la materia rimane in partein linea con il sistema precedente, per altra parte,maggiore, è fortemente innovato. Specie relativa-mente alle norme di attuazione e completamentodel D.Lgs. n. 50/2016, che possiamo gergalmente (1)denominare Codice dei contratti pubblici.Per apprezzare adeguatamente i caratteri di conti-nuità e di originalità delle fonti di disciplina deicontratti pubblici conviene richiamare sintetica-mente i maggiori dati della precedente situazione.

Le direttive UE nn. 17 e 18 del 2004 (2), relativerispettivamente agli appalti nei settori speciali enei settori ordinari, pur se “ispessite” rispetto allepiù risalenti direttive sulla materia (3), erano com-poste da un numero assai inferiore di articoli e, so-prattutto, di “considerando” rispetto alle corrispon-denti ultime direttive del 2014.Le due direttive del 2004, ora citate, furono attuatein Italia con il D.Lgs. n. 163/2006, poi denominatoCodice dei contratti pubblici. Si trattava inizial-mente di un testo relativamente sintetico, compo-sto da 257 articoli e vari allegati, incentrato comedetto sugli appalti di lavori, servizi e forniture; non

(*) I commenti tengono conto dell' “Avviso di rettifica” pub-blicato nella G.U. 15 luglio 2016, n. 164, contenente correzionial D.Lgs. n. 50/2016.

(1) Al momento il nome ufficiale del decreto n. 50/2016 è“Attuazione delle direttive 2014/23, 2014/24, 2014/25”, seguitadal titolo delle tre direttive. La legge delega n. 11/2006, sullacui base è stato adottato il decreto n. 50/2016, aveva previstoun diverso titolo (“Codice degli appalti pubblici e dei contrattidi concessione”) su cui il Consiglio di Stato ha sollevato giustecritiche di imprecisione giuridica; a parte la scarsa incisività

della formulazione. Molto più appropriata sarà la denominazio-ne di “Codice dei contratti pubblici” che ben si adatta anche acomprendere la disciplina delle concessioni.

(2) Ambedue le direttive, del Parlamento europeo e delConsiglio, hanno la data del 31 marzo 2004.

(3) Tra le direttive dell’ultimo decennio del secolo scorso sisegnalano la Dir. 93/38/CEE del Consiglio e la Dir. 93/13/CEEdel Consiglio, poi modificata dalla Dir. 2007/66/CE del Parla-mento europeo e del Consiglio.

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sulle concessioni, che solo nel 2014 sono state og-getto di un intervento normativo dell’UE.Nel corso del successivo decennio il testo inizialedel Codice del 2006 è stato significativamente au-mentato per effetto di tre decreti correttivi e di de-cine di modifiche occasionali, inserite nelle piùsvariate leggi, a carattere per lo più frammentario eparticolare. Non ci sono cifre certe del numerodelle integrazioni e modifiche; il parere del Consi-glio di Stato (4) sulla bozza di decreto attuativodelle direttive 2014 parla di 52 modifiche al Codi-ce, che avrebbero comportato un numero finale di271 articoli. La cifra, comunque significativa, sem-bra riduttiva. Sul Codice hanno inciso direttamen-te anche sei regolamenti dell’UE che hanno ade-guato le “soglie” di rilevanza comunitaria degli ap-palti pubblici.Al Codice si è poi aggiunto il Regolamento di ese-cuzione e attuazione (d.P.R. 5 ottobre 2010, n.207). Trattasi di un regolamento governativo, ap-provato ai sensi dell’art. 17, c. 1, L. n. 400/1988, dicarattere “lungo” (ben 359 articoli) ed estrema-mente dettagliato; più molti allegati tecnici.Del quadro normativo degli appalti pubblici face-vano inoltre parte varie discipline “speciali”, comeper gli appalti per i beni culturali, la difesa e la si-curezza; nonché un certo numero di disposizionidelle risalenti leggi di contabilità di Stato (nean-che adesso del tutto abrogate). Ed ancora leggi diregioni speciali e delle Provincie autonome, nume-rose malgrado i noti limiti alle loro competenze le-gislative in materia; come definiti da vasta giuri-sprudenza costituzionale.Alla disciplina europea e nazionale si deve aggiun-gere la giurisprudenza dei due plessi ordinamentali;in questa materia più rilevante di sempre a causadelle molteplicità delle fattispecie, che non trova-no sempre un preciso parametro normativo di rife-rimento. La Corte di Giustizia UE - le cui decisionisono da annoverare tra le fonti del diritto dell’U-nione, alle note condizioni - è intervenuta con ol-tre cento sentenze in esito alla procedura di rinviopregiudiziale (art. 267 TFUE) da parte dei giudicinazionali; una ventina di queste cause sono stateoriginate da rinvii dall’Italia, confermando la sem-pre viva relazione tra i due plessi giudiziari. Nellagiurisprudenza nazionale non si contano le migliaiadi sentenze del giudice amministrativo; spesso tan-

to originali da apparire “creative”. La sola Adunan-za plenaria del Consiglio di Stato è intervenuta,dopo l’entrata in vigore del Codice del processoamministrativo del 2010, con ben 42 sentenze.Una situazione del genere è apparsa ad unanimegiudizio ipertrofica, una vera “nomorrea”, e malgra-do ciò - non tanto paradossalmente - fonte di in-certezza del diritto (con quello che consegue in ter-mini di effettività della tutela). La critica si è giu-stamente appuntata non tanto sul numero inizialedegli articoli del Codice (ma neanche, invero, sulnumero finale), quanto sull’occasionalità delle suc-cessive modificazioni e innovazioni e sulla “com-pulsività” di una riforma apparentemente perma-nente, che non lasciava neanche tempo alla meta-bolizzazione delle riforme, subito a loro volta cam-biate da innovazioni successive. È apparso anchenegativo il tipo di disciplina regolamentare, oltre-modo dettagliata, minuta e vincolante; come sequesto potesse essere un valido usbergo per i fun-zionari pubblici e la premessa per una buona ammi-nistrazione. Inoltre, come giustamente è stato sot-tolineato dal parere del Consiglio di Stato, una sif-fatta disciplina, approvata nelle complesse formedel regolamento governativo, è risultata una “giu-stificazione” per frequenti interventi legislativi didettaglio; curiosamente più rapidi ed incisivi dipossibili modifiche del regolamento governativo.

I nuovi caratteri delle direttive del 2014 e lalegge delega n. 11/2016

Le tre direttive UE del 2014 (5) rappresentano unrilevante sviluppo della disciplina dei contrattipubblici per tre ragioni principali: a) sono conside-rati questa volta anche i contratti di concessione,sino ad allora prive di una specifica normativa;considerato che le concessioni di lavori erano sog-gette alle norme di base della Dir. 2004/18, mentrel’aggiudicazione delle concessioni di servizi (ma so-lo quelle con interesse transfrontaliero) è soggetta“solo” ai principi del TFUE; b) si prevedono nuoviprincipi, quali il rilievo a interessi pubblici nonstrettamente economici, la spiccata connotazionefunzionale delle procedure ad evidenza pubblica, la“libera amministrazione”; c) viene ulteriormenteampliata e dettagliata la precedente disciplina,malgrado che anche dopo il Trattato di Lisbona labase giuridica degli interventi UE nella materia sia

(4) Approvato nell’adunanza della Commissione specialedel 21 marzo 2016.

(5) Tutte del Parlamento europeo e del Consiglio: Dir. 26febbraio 2014, n. 2014/23/UE, sull’aggiudicazione dei contratti

di concessione; Dir. 26 febbraio 2014, n. 2014/24, sugli appaltipubblici; Dir. 26 febbraio 2014, n. 2014/25, sulle procedure diappalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energiae dei trasporti e dei servizi postali.

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rimasto l’art. 114 TFUE, relativo all’obbiettivo diravvicinamento delle legislazioni nazionali chehanno per oggetto l’instaurazione e il funziona-mento del mercato interno.Per quanto qua direttamente interessa, merita rile-vare che, ad onta dell’obbiettivo di semplificare ilquadro regolatorio, le tre direttive hanno particola-re estensione e grado di dettaglio: la Dir. 23, sulleconcessioni, è composta da 88 “considerando” e 55articoli, 11 allegati; la Dir. 24, sugli appalti ordina-ri, da 118 “considerando” e 94 articoli, 15 allegati;la Dir. 25, sugli appalti settori speciali, da 142“considerando” e 110 articoli, 21 allegati. Nelcomplesso, la mole delle regole è di ben 607 artico-li e “considerando” (ricordando che nel diritto UEi “considerando” delle direttive non sono mere re-lazioni esplicative, ma hanno una precisa valenzaregolatoria quale parte integrante e sostanziale deltesto normativo) e 46 allegati. Per di più, gran par-te delle regole è formulata in modo preciso e detta-gliato, talora addirittura con carattere self-executing;tanto che alcuni Stati membri - l’esempio più notoè il Regno Unito - hanno preferito il sistema dellatrasposizione “copy out”, con minime integrazioninazionali (6).Il Parlamento, dopo ampia discussione durata unanno e mezzo (senza precedenti per una legge dele-ga del genere), giusto all’avvicinarsi del terminedato dalle direttive agli Stati membri per la loro at-tuazione (18 aprile 2016), ha approvato la leggedelega n. 11 del 28 gennaio 2016.Si tratta di una legge delega particolarmente lungae dettagliata, composta da 72 principi e criteri di-rettivi, che una volta scelta la strada di un inter-vento parlamentare “forte”, con un ulteriore impe-gno avrebbe ben potuto divenire norma di attua-zione diretta delle tre direttive. Anche valorizzan-do procedure parlamentari (poco seguite, ma utiliz-zabili) come la procedura di approvazione per com-missione in sede redigente.L’approvazione “tardiva” della L. n. 11/2016 hamesso a dura prova il legislatore delegato per la ne-cessità di definire il testo finale in un brevissimolasso di tempo e, entro poche settimane successive,concludere il conseguente procedimento di consul-

tazione sulla bozza di decreto delegato in Parla-mento, Conferenza unificata, Consiglio di Stato.Al di là dei tempi non molto felici della delega,questa si caratterizza per essere rivolta più alle piùcontroverse questioni interne, come risultanti dal-l’esperienza del Codice del 2006, che alla “tradu-zione” delle direttive in principi e criteri per il di-ritto nazionale. Anche quando le direttive hannoapportato principi di particolare innovatività, co-me ad esempio sulla “libera amministrazione”.Inoltre, il ricordato spessore regolatorio della dele-ga risulta in più punti contrario al divieto di “gold-plating” (divieto di introdurre o di mantenere livellidi regolazione superiori a quelli minimi richiestedalle direttive (7)) previsto dal diritto UE e ribadi-to nel nostro ordinamento dalla L. n. 234/2012.Ai presenti fini, la L. n. 11/2016 rileva per dueprincipali aspetti. In primo luogo ha offerto al Go-verno l’alternativa tra un modello semplificato direcepimento delle direttive seguito dal riordinocomplessivo della disciplina vigente per i contrattipubblici ed il modello di intervento unitario siaper l’attuazione delle direttive che per il riordino.Opportunamente il legislatore delegato ha utilizza-to il secondo modello, adottando un unico decretoe così evitando il sovrapporsi temporaneo di piùnormative, fonte di incertezze interpretative e diblocco delle procedure contrattuali (di vitale im-portanza per l’economia nazionale, come si sa (8)).In secondo luogo, ha previsto l’abrogazione delReg. n. 207/2010, sostituito da nuove forme di di-sciplina attuativa del tutto nuove (e discutibili, co-me si dirà).Va ricordato al riguardo che l’art. 1, comma 1, lett.t), della legge delega “attribuisce” (in modo inno-vativo, dunque) all’Autorità nazionale anticorru-zione (ANAC) varie funzioni, tra cui “l’adozionedi atti di indirizzo, quali linee guida, bandi tipo,contratti tipo ed altri strumenti di regolamentazio-ne flessibile, anche dotati di efficacia vincolante”.Inoltre, l’art, 1, commi 4-5, prevede che “sulla basedel decreto di riordino sono altresì emanate lineeguida di carattere generale proposte da ANAC eapprovate con decreto del Ministero delle Infra-strutture e Trasporti (MIT), che sono trasmesse

(6) Per un più approfondito esame rinvio al mio I principigenerali delle nuove direttive UE su appalti pubblici e concessio-ni, in Atti del 61° Convegno di Studi Amministrativi, 2015, Lanuova disciplina dei contratti pubblici fra esigenze di semplifica-zione, rilancio dell’economia e contrasto alla corruzione, in corsodi stampa presso Editoriale Scientifica, Napoli.

(7) Principio del diritto UE, esplicitato nel nostro ordinamen-to dalla L. n. 246/2005, art. 14, commi 24 ter e 24 quater; non-

ché, come indicato nel testo, dalla L. n. 234/2012.(8) Le direttive del 2014 indicano che i contratti pubblici

hanno un ruolo fondamentale per le strategie “Europa 2020”,per una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva. Il tema èstato sviluppato nel citato 61° Convegno di Scienze Ammini-strative, 2015; in particolare con la relazione di G. Piga. Gli attidel Convegno sono in corso di stampa per l’Editoriale Scientifi-ca di Napoli.

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prima dell’adozione alle competenti Commissioniparlamentari per il parere”. Si tratta di un sistemanuovo di disciplina sublegislativa, segnalato dalParlamento, dal Governo e da ANAC come unmodo flessibile per regolamentare fenomeni com-plessi e in divenire. I problemi che il nuovo siste-ma determina sono però maggiori di quelli che in-tendeva risolvere, come tra breve si dirà.Prima di esaminare i principali caratteri del nuovoCodice dei contratti pubblici, entrato in vigore il20 aprile 2016 (9), conviene sottolineare che an-che dopo l’attuazione delle tre direttive del 2014 ladisciplina primaria della materia rimane basata sutali direttive ed il rispetto dei principi generali deldiritto UE, in una scala sostanzialmente gerarchicadi fonti contraddistinta dalla primazia del dirittodell’Unione sul diritto nazionale, secondo i notiprincipi sui rapporti con le legislazioni degli Statimembri nei settori di competenza UE.Pertanto, anche a fronte di disposizioni nazionalipuntuali e in apparenza “finali” è sempre necessarioche coloro che applicano e fanno osservare tali di-sposizioni si pongano il problema della loro compa-tibilità con le tre direttive del 2014. Per le ammi-nistrazioni pubbliche ed i giudici ove siano verifi-cati casi di contrasti, occorre procedere alla disap-plicazione del diritto interno che risultasse in insa-nabile contrasto con il diritto UE, anche dopo iltentativo di un’interpretazione conforme; oppure,in giudizio, utilizzare le procedure di rinvio pregiu-diziale, alle condizioni note.La questione non è astratta, come dimostrato daifrequenti problemi di “comunitarietà” che si sonoposti in vigenza del precedente Codice dei contrat-ti pubblici del 2006. Adesso la questione si potràporre più frequentemente sia perché una parte del-la normativa (quella sulle concessioni) è del tuttonuova e passibile perciò di diverse letture; sia an-che perché il nuovo Codice potrà in alcuni puntiapparire in contrasto con la legge delega, ma in li-nea con le direttive. Caso per ora abbastanza rarodi un decreto legislativo che viola la delega, macorrisponde alle direttive di cui la delega intendefare recepimento.In sostanza, il diritto dei contratti pubblici è dispecifica matrice comunitaria e quindi rimane se-gnato dal principio di prevalenza del diritto del-l’UE, con quello che ne consegue per la possibiledisapplicazione e per le altre regole sui rapporti tra

ordinamento UE e ordinamenti degli Stati mem-bri.

La struttura del nuovo Codice del 2016

Il D.Lgs. n. 50/2016, il nuovo Codice dei contrattipubblici, è composto da 220 articoli e molti allega-ti. Il legislatore delegato ha preferito, come detto,un unico intervento per recepire ed attuare le tredirettive del 2014 e, al contempo, riordinare la ma-teria.Malgrado che il decreto contenga anche le normedi attuazione della Dir. n. 23 sulle concessioni, ilnumero degli articoli è sensibilmente inferiore aquello del precedente Codice; anche nella versioneiniziale. È vero che molte disposizioni sono alquan-to lunghe, ma lo stesso era occorso nel 2006 e, so-prattutto, non poteva essere diversamente vista lacomplessità della disciplina delle direttive e la lorolunghezza (merita considerare ancora una voltache tra “considerando” e articolato si tratta nell’in-sieme di ben 607 disposizioni).Il decreto ha carattere coeso ed unitario, sì da me-ritare per questo carattere il nome di “Codice”; secosì si intende un atto che consolida unitariamentele maggiori disposizioni e che porta una loro siste-mazione complessiva secondo una ratio comune. Èvero che la suddivisione per parti può risultare opi-nabile, ad esempio per l’indicazione dei principigenerali non nella prima parte del decreto; che ilcoordinamento interno tra varie norme non è sem-pre puntuale; che manca un indice sommario, par-ticolarmente utile, anzi necessario, in presenza di“atti-codice”. dovuto alla carenza di tempo nellaconvulsa fase finale del recepimento. Tuttavia, lecarenze ed i difetti - dovuti principalmente all’e-strema fretta indotta dal ritardo della legge delega- potranno facilmente essere emendati in occasionedel primo correttivo, che è auspicabile si limiti adun più efficace coordinamento e sistemazione deltesto; senza introdurre novità sostanziali alle attualidisposizioni, pena lo stravolgimento di un testo permolta parte originale. Unanime è stato nel passatobiennio l’intendimento di evitare per il futuro laprassi di modifiche continue al codice, perché l’e-sperienza decennale precedente ha dimostratoquanto ciò sia stato pernicioso per la funzionalitàdel sistema, senza peraltro assicurare efficacia, tra-sparenza, responsabilità. È auspicabile che agli in-

(9) Dopo la correzione di un erroneo iniziale riferimento al19 aprile 2016.

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tenti seguano i fatti; ma già si avvertono pressioniper nuovi interventi non formali, ma sostanziali.

L’abrogazione del regolamento del 2010 ele nuove norme di attuazione

Una delle principali innovazioni è, come anticipa-to, l’abrogazione del Reg. n. 207 del 2010. Tuttavial’abrogazione non coinvolge immediatamente l’in-tero regolamento, in quanto l’art. 216 del Codice(recante “Disposizioni transitorie e di coordina-mento”) prevede che una serie limitata di disposi-zioni regolamentari, tassativamente indicate (10),rimangono vigenti sino all’adozione degli atti at-tuativi che le sostituiranno. Si tratta dunque di unmodello di “cedevolezza speciale”.La seconda principale innovazione riguarda le nor-me di attuazione del D.Lgs. n. 50/2016, necessarieper la sua piena operatività stante il carattere tec-nico di molte fattispecie. Si tratta di una parte as-sai originale, ma discutibile.Nel decreto ricorrono di continuo richiami a pros-sime norme di attuazione. Il Consiglio di Stato,nel suo parere sulla bozza adottata in prima letturadal Governo, ha contato 16 decreti del MIT; 15decreti di altri Ministeri; 15 atti ANAC (per lopiù denominati linee guida); 1 atto Consip; 4D.P.C.M.; 1 d.P.R. Per quanto non del tutto certo- altre prime verifiche parlano di 60 atti di attua-zione del Codice - il numero di atti di attuazione èsicuramente cospicuo; tanto che si è immediata-mente rilevato che almeno in termini quantitativil’esito finale di queste decine di atti attuativi nonsi discosterà in modo significativo dal precedentelunghissimo regolamento.L’esame di questi atti mostra poi che la suddivisio-ne tra le varie tipologie sopra indicate non sembraavere una precisa motivazione; ad esempio, la di-sciplina di dettaglio sulle funzione del Responsabileunico del procedimento e del Direttore dei lavori,figure strettamente correlate, è affidata distinta-mente al MIT ed all’ANAC. Inoltre, le proceduredi elaborazione degli atti sono spesso intrecciate,come nel caso di decreti del MIT, denominati li-nee guida, proposti da ANAC (es. art. 111); o as-sunti “d’intesa” con ANAC (es. art. 73).Il nomen di questi molteplici atti di attuazione èvario: in parte tipico, come per i decreti ministeria-li, i D.P.C.M. e i d.P.R.; per altra parte originale,non corrispondente a categorie tipizzate, come per

la “regolamentazione flessibile” e le “linee guida”.Altra parte ancora si richiama agli “atti di indiriz-zo”, genere di molteplici atti, come le direttive am-ministrative, espressione del potere di indirizzo ecaratterizzati da una parziale vincolatività; ma concaratteri particolari, come la possibile vincolatività(“atti di indirizzo anche vincolanti”). Nel gergo isti-tuzionale che ha accompagnato l’approvazione delCodice, si parla poi di soft law e di fonti deboli;espressioni derivate dal diritto inglese, la prima;dal diritto francese, la seconda (11).Per questa seconda parte di atti di attuazione è evi-dente che si è di fronte ad atti “spuri”, che noncorrispondono né a precedenti categorie né ad unanuova categoria precisamente definita. Con negati-vi effetti per la certezza del diritto, i diritti parteci-pativi e la tutela.Il quadro è nel complesso assai confuso, come sipuò dedurre da un ulteriore esempio relativo alladisciplina dei bandi di gara (art. 71) ed ai bandi ti-po adottati da ANAC, che sono da considerare co-me vincolanti alla luce del dettato della disposizio-ne ora indicata (i bandi sono redatti “in conformi-tà” ai bando tipo), ma poi la medesima disposizio-ne, all’ultimo comma, prevede che le stazioni ap-paltanti possano motivatamente discostarsene, se-condo il modello degli atti di indirizzo non vinco-lanti.

Le norme di attuazione secondo il pareredel Consiglio di Stato

Per quanto sopra si comprende che il Consiglio diStato abbia cercato di dare un’adeguata sistemazio-ne a questa congerie di atti, a dir poco atipici. Ilparere più volte richiamato si è incentrato in parti-colare su due atti: i decreti MIT e le linee guida diANAC. Nel primo caso i decreti, al di là del no-me, sarebbero regolamenti ministeriali da riportarealla previsione di cui all’art. 17, commi 3-4, L. n.400/1988. Nel secondo, le linee guida di ANACsarebbero inquadrabili come atti amministrativi ge-nerali. Per i motivi che ora si espongono, la primaindicazione è condivisibile; non la seconda.I decreti ministeriali di attuazione del nuovo Codi-ce sono, in effetti, assai prossimi alla tipologia deiregolamenti ministeriali prevista all’art. 17, commi3-4, L. n. 400/1988: hanno indubbiamente caratte-re innovativo dell’ordinamento, con carattere ge-nerale ed astratto. Quindi, a parte la questione no-

(10) Ma anche nel testo: es. art. 31, comma 5. (11) V. Italia, Norme “forti” e norme “deboli”, Milano, 2016,spec. 25 ss. Cfr. anche la nt. 13.

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minalistica, possono essere ascritti in quella tipolo-gia; con quello che consegue per quanto attiene al-la capacità di resistenza rispetto ad altri atti, all’e-ventuale loro disapplicabilità secondo quanto ela-borato dalla giurisprudenza amministrativa, al pro-cedimento di elaborazione ed approvazione (inclusii pareri delle commissioni parlamentari e del Con-siglio di Stato).A questi caratteri dei decreti ministeriali come spe-cie del genere regolamenti ministeriali non si atta-gliano, tuttavia, altre previsioni del Codice per idecreti ministeriali ivi considerati, quali in partico-lare la potestà di iniziativa riservata in molti casi(come previsto all’art. 1, comma 5, legge dele-ga (12)) all’ANAC, autorità con natura giuridicaassai diversa dai ministeri statali; per di più conambiti propositivi che non lasciano spazi significa-tivi al MIT. Inoltre, il Codice parla dei decretiMIT come di “atti di indirizzo”; ciò che contrastacon il carattere vincolante proprio dei regolamentiministeriale.In ogni caso, nella palese de-tipizzazione degli attifonte cui il Codice contribuisce, è da accoglierel’interpretazione del Consiglio di Stato dei decretiMIT quali regolamenti ministeriali; con l’auspicioche i perfezionamenti normativi e la prima giuri-sprudenza possano fare ulteriore chiarezza.Complesso e controverso è invece il caso dellaqualificazione giuridica delle “linee guida” previstedal Codice, per lo più per atti di ANAC, ma an-che per taluni atti del MIT (è il caso già citatoprevisto all ’art. 1, comma 5, legge delega n.11/2016).Come già accennato, le linee guida non corrispon-dono a una categoria definita di atti fonte; anchese atti così denominati sono divenuti frequenti nel-l’ultimo periodo (13). Per una loro appropriata de-finizione giuridica - ammesso che, allo stato, siapossibile - si può partire o dai caratteri del soggettoche ha il potere di assumerle, o dal loro contenutooggettivo.Il parere del Consiglio di Stato si riferisce al sog-getto competente, nel caso ANAC (lasciando peròda parte il MIT, che, come detto, ha pure in certicasi competenza per le linee guida). Considerandoche ANAC è autorità amministrativa indipenden-te, i cui poteri includono la “regolazione” (comedistinto da “regolamentazione” (14)), il Consiglio

di Stato ha ritenuto che questa specie di linee gui-da sia ascrivibile al genere “atti amministrativi ge-nerali”. In conseguenza, è stato ritenuto che sianosoggette alle regole procedurali delle autorità am-ministrative indipendenti, tra cui la fase di consul-tazione preventiva, l’obbligo di verificare l’impattodella regolamentazione, un’adeguata pubblicità, laraccolta progressiva delle linee guida in testi dicompilazione.

Per una diversa interpretazione delle lineeguida

Pur apprezzando lo sforzo ermeneutico/ricostruttivodel Consiglio di Stato, la configurazione delle lineeguida ANAC non convince; tanto più per le lineeguida del MIT, che ovviamente non è un’autoritàamministrativa indipendente.Merita infatti ricordare che la nozione acquisita diatti amministrativi generali è quella di atti di ca-rattere provvedimentale, e quindi senza il caratteredell’astrattezza, che determinano effetti giuridici inrelazione a tutti i rapporti che abbiano le medesi-me caratteristiche. Laddove le linee guida hanno sìun’efficacia di carattere generale, ma in quanto atticon carattere astratto. In sostanza, sono un’esplica-zione del potere normativo delle amministrazionipubbliche, attribuito per legge; ciò che nel caso èpacifico, visto l’art. 1, comma 1, lett. t), legge dele-ga n. 11/2016, che prevede appunto l’“attribuzione”ad ANAC di questo potere; di cui evidentementenon disponeva in precedenza. A parte la sostenibi-lità nel caso considerato della distinzione tra pote-re “regolatorio” e “regolamentare”.Più appropriato rispetto al criterio soggettivo è ilmetodo ermeneutico che ai fini definitori conside-ra il contenuto oggettivo dell’atto. Ove le lineeguida abbiano carattere vincolante erga omnes, conprevisioni di carattere astratto, si devono ascrivereal genere degli atti regolamentari (per ora atipici)delle autorità amministrative, attribuiti per legge(nel caso la L. n. 11/2016). In breve, non atti am-ministrativi, ancorché generali; ma atti di regola-mentazione.La questione è determinata essenzialmente dal ca-rattere vincolante o meno delle linee guida di vol-ta in volta previste dal Codice ed utilizzate daANAC e dal MIT. Se sono vincolanti, le linee

(12) Secondo cui “sulla base del decreto di riordino sono,altresì, emanate linee guida di carattere generale proposte dal-l’ANAC e approvate con decreto del MIT, che sono trasmesseprima dell’adozione alle competenti commissioni parlamentariper il parere”.

(13) V. Italia, Le “linee guida” e le leggi, Milano, 2016; partedi una serie di preziosi volumetti che l’A. ha dedicato alle nuo-ve fonti (uno è già stato citato alla nt. 11).

(14) La distinzione è però largamente teorica; di fatto so-vrapponendosi le due funzioni.

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guida sono atti di regolamentazione amministrati-va; con tutto quello che ne consegue. Altrimentisono “atti amministrativi di indirizzo” che - comele direttive amministrative (nel diritto nazionale) egran parte delle comunicazioni della Commissioneeuropea (nel diritto UE) - indicano obbiettivi alleamministrazioni di riferimento, le quali possonomotivatamente discostarsene.Anche assumendo questa più convincente pro-spettiva, rimangono però vari problemi dovuti al-la mancata chiarificazione da parte del legislatoredi profili fondamentali. In particolare, non è pre-vista una particolare forma, né una precisa formu-lazione delle linee guida. Ne sono testimonianzele prime cinque linee guida poste in consultazio-ne da ANAC dopo l’entrata in vigore del nuovoCodice; che sono formulate in modo espositivoed aperto, senza prescrizioni puntualmente formu-late; malgrado la certa intenzione di ANAC diattribuir loro il carattere vincolante. In presenzadi questo drafting, che neanche nelle conclusionidelle linee guida riassume le prescrizioni, chi po-trà certificare il loro carattere vincolante? Ovvia-mente il giudice, ex post, ma con palese attentatoalla certezza del diritto, al diritto alla difesa, e co-sì ancora. A meno che, a conclusione delle con-sultazioni in atto, ANAC non decida di riassume-re le proposizioni vincolanti nella parte finale(che così diverrebbe dispositiva) delle linee gui-da.Un caso di poco precedente al nuovo Codice mo-stra con tutta evidenza che i rischi paventati sonodel tutto reali. ANAC aveva sanzionato una socie-tà SOA per non aver ottemperato a quanto indica-to alle società del settore con una serie di suoi “co-municati”; neanche linee guida. Il Consiglio diStato, VI, n. 4358/2015, ha ritenuto che “le indi-cazioni dell’Autorità, a prescindere dal loro inquadra-mento dogmatico (enfasi aggiunta), assumono inogni caso valenza di canoni oggettivi di comporta-mento per gli operatori del settore”. Da qui la le-gittimità della sanzione irrogata alla SOA, malgra-do la forma espositiva dei comunicati, la mancanzadi un espressa previsione sulla loro vincolatività, lalimitata pubblicità.I rischi si rafforzano vieppiù con le prime lineeguida messe in consultazione da ANAC dopol’entrata in vigore del Codice, cui si è già accen-nato. La prima riguarda la disciplina di dettaglioper le figure del RUP (art. 31, comma 5, del Co-dice) e del direttore dei lavori (art. 111, comma1, del Codice), la prima attribuita all’ANAC, laseconda al MIT, ma su proposta di ANAC. Le li-

nee guida elaborate da ANAC per la figura delRUP rilevano anzitutto - con ragione - l’impro-prietà di aver diviso la disciplina del RUP e delDL tra l’Autorità ed il MIT, malgrado la nota vi-cinanza delle due figure. Successivamente, per as-sicurare “trasparenza, semplificazione ed efficien-tamento informatico” (motivazioni grimaldello,evidentemente), l’Autorità allarga le proprie com-petenze oltre la “disciplina di maggiore dettaglio”,per “valorizzare la figura del RUP come projectmanager”. Ancora più significativamente, il docu-mento in consultazione indica espressamente cheANAC ambisce alla “integrazione delle disposi-zioni del Codice”. Dunque non si tratta solo di li-nee guida vincolanti, ma addirittura di un atto diintegrazione di una norma legislativa sovraordina-ta (illegittima, quale che sia l’esatta natura dellelinee guida tra le norme di natura secondaria);con buona pace di ogni principio sulle fonti deldiritto. Per non parlare del modo espositivo e“lungo” (circa quindici fitte pagine) in cui è statascritta la linea guida, che rende difficile all’inter-prete individuare precisamente quali siano le pre-scrizioni vincolanti.La stessa impostazione si può cogliere nella lineaguida per l’affidamento dei contratti pubblici diimporto inferiore alle soglie di rilevanza comuni-taria; un tema di intuibile centralità per le ammi-nistrazioni e gli operatori. Infatti, il testo è dinuovo “lungo” e dettagliato al fine di assicurare,afferma ANAC, meccanismi di trasparenza delleprocedure e di parità del trattamento degli opera-tori economici; senza peraltro precisare ciò che èvincolante o solo indirizzo. Inoltre ANAC nonnasconde che con queste linee guida intende, co-me per quelle considerate in precedenza, “integra-re il Codice”.Ragioni di spazio non consentono di esaminare lealtre tre linea guida poste in consultazione, tuttesu temi particolarmente importanti, quali la defi-nizione dei criteri per la procedura di offerta eco-nomicamente più vantaggiosa e l’affidamento deiservizi attinenti all’architettura e all’ingegneria.Ma merita indicare che anche esse sono assai lun-ghe e scritte in forma espositiva, talora (come perl’offerta economicamente più vincolante) corre-date da formule e numeri di ardua comprensione;ma egualmente vincolanti e fonte di possibili san-zioni.A fronte di questa situazione, determinata princi-palmente dalla mancata definizione del problemanella legge di delega n. 11/2016, che cosa rimanedell’aspirazione ad una disciplina attuativa di “in-

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dirizzo”, con carattere “leggero” e “flessibile”? Ov-vero di uno dei criteri fondamentali della leggedelega per “una drastica riduzione e razionalizza-zione del complesso delle disposizioni legislative,regolamentari ed amministrative” (art. 1, comma1, lett. d). Se le altre decine di linee guida previ-ste nel Codice seguissero il modello delle primecinque sopra citate, avremmo tra breve un corpodi norme assai più vasto del “vituperato” Regola-mento del 2010; per di più con previsioni prescrit-tive di incerta individuazione, l’opposto dell’iper-certezza e dettaglio delle precedenti norme regola-mentari. Due eccessi ambedue negativi, e in evi-dente contraddizione con un altro criterio fonda-mentale della legge delega: il raggiungimento “diun più elevato livello di certezza del diritto e disemplificazione dei procedimenti” (disposizioneda ultimo citata).Vale infine ribadire ancora i pericoli del tutto con-creti per la certezza del diritto e la giustiziabilitàdei diritti e degli interessi, alimentati anche dalledichiarazioni dei vertici di ANAC secondo cui “lasoftlaw e i poteri di regolazione sono la giusta rispo-sta rispetto alla iper-regolazione del passato e piùadattabili alle esigenze del cambiamento: una speri-mentazione continua”. Quando “sperimentare” tra-mite norme vincolanti appare una vera e propriadegenerazione giuridica.

Le linee guida sono davvero vincolanti?Possibili conseguenze

Per concludere, la parte del Codice che considerale norme di attuazione è largamente insoddisfa-cente, a causa della vaghezza e contraddizioni del-la legge delega e della conseguente impossibilitàper il legislatore delegato di tracciare un proprionuovo sistema della fonti. Né una più confacentesoluzione potrà essere definita in occasione deldecreto correttivo, che ancora sarà necessaria-mente basato sulla legge delega che lo autorizzaentro dodici mesi dall’entrata in vigore del decre-to legislativo. Solo una nuova legge potrà dunquedare un adeguato quadro al tema delle “fonti ati-piche” in modo costituzionalmente orientato ecorretto.Nell’attesa di siffatta auspicata conclusione, apparenecessario considerare le linee guida come attiespressione di un potere di normazione secondaria“attribuito” espressamente all’ANAC (e in talunicasi al MIT), quindi originale; comunque soggettoal sindacato giurisdizionale del giudice amministra-tivo.A meno che non si provi - la prospettiva è stimo-lante - a contestare la vincolatività delle linee gui-da che così si autoproclamano, tramite un’eccezio-ne di incostituzionalità della legge delega (art. 1,comma 1, lett. t) che ha attribuito ad autorità am-ministrative un potere normativo “anche vincolan-te”, fonte di restrizioni e sanzioni, senza averne de-finito per niente condizioni e limiti.

Le centrali di committenza e la qualificazionedelle stazioni appaltanti

di Luigi Fiorentino

Il Codice interviene sui profili organizzativi delle commesse pubbliche, con norme in materia diqualificazione delle stazioni appaltanti, di aggregazione della domanda, di centrali di committen-za. Tutto ciò avviene in un’ottica di semplificazione, competitività, con un obiettivo di migliora-mento della qualità degli approvvigionamenti e di riduzione dei costi complessivi a carico dellafinanza pubblica. Tali norme si inseriscono in un quadro abbastanza caotico, motivo per cui il le-gislatore ha previsto anche un’opera di revisione ed efficientamento delle procedure di appalto,degli accordi quadro, delle convenzioni e in genere delle procedure utilizzabili da Consip, daisoggetti aggregatori e dalle centrali di committenza. Sono, inoltre, rafforzate le misure in mate-ria di conflitto di interesse, in modo da evitare forme di distorsione della concorrenza e garantirela parità di trattamento di tutti gli operatori economici.

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Premessa. I profili organizzativi degliacquisti nelle Pubbliche Amministrazioni

La spesa per consumi intermedi costituisce unaparte rilevante della spesa pubblica: oltre euro 88miliardi nel 2015, corrispondente all’8,1% delPIL (1). Questo dato di per sé giustifica l’attenzio-ne che i governi riservano alla disciplina concer-nente gli acquisti delle PP.AA. e in particolare aiprofili organizzativi e procedurali (2).Il modello Consip, come centrale di committenza,è stato previsto dalla Finanziaria per il 2000 (art.26, L. n. 488/1999) e progressivamente rafforzato aseguito di numerosi interventi normativi finalizzatia valorizzarne il ruolo, i compiti e, più in generale,la mission (3). Dal 2012 ad oggi, l’accentuarsi dellacrisi economico-finanziaria e l’avvio di un processodi spending review hanno indotto il legislatore adampliare sempre di più il perimetro soggettivo eoggettivo di azione delle centrali di committen-za (4). Il numero dei soggetti pubblici chiamati afar ricorso a tale meccanismo di approvvigiona-mento è, quindi, gradualmente aumentato: dalleamministrazioni centrali, alle regioni, alle autono-mie territoriali, alla sanità si è via via esteso a tuttele amministrazioni pubbliche e, finanche, alle so-cietà a partecipazione pubblica. Parallelamente so-no state istituite numerose centrali di acquisto an-che da parte delle regioni ed enti locali. È, quindi,stato creato un sistema a rete tra le centrali regio-nali e Consip con l’obiettivo di armonizzare i pianidi razionalizzazione della spesa.Parallelamente si è consolidata, tra gli addetti ailavori e nell’ambito delle istituzioni competenti,l’idea che occorresse superare l’eccessiva frammen-tazione delle stazioni appaltanti. Ciò in quanto,questa situazione, non consentiva di fornire rispo-ste adeguate e tempestive alle esigenze di raziona-lizzazione della spesa per acquisti di beni e servizi e

di efficientamento complessivo del sistema. A que-st’obiettivo risponde la creazione, con il D.L. n.66/2014, del sistema dei soggetti aggregatori. Lacui nozione, come precisato dall’ANAC (deliberan. 3 del 25 febbraio 2014), “presuppone, quanto afunzione, quella di centrale di committenza, manel contempo la supera, costituendo la prima unaforma evoluta della seconda, in quanto si tratta dicentrale di committenza ‘qualificata’ ed ‘abilitata’(ex lege o tramite preventiva valutazione dell’A-NAC e successiva iscrizione nell’apposito elenco)all’approvvigionamento di lavori, beni e servizi perconto dei soggetti che se ne avvalgono”. I soggettiaggregatori, nel numero di 34, sono stati individua-ti da ANAC (con delibera del 23 luglio 2015) allafine di un complesso procedimento valutativo (5).Il nuovo sistema per poter operare si avvale del“tavolo tecnico dei soggetti aggregatori”, istituitocon D.P.C.M. Esso, composto da rappresentantidelle istituzioni e delle centrali di committenza,sulla base di proprie analisi, determina (6) le cate-gorie di beni e servizi (e le soglie) per la cui acqui-sizione le amministrazioni pubbliche devono ricor-rere a Consip S.p.a. ovvero ad altri soggetti aggre-gatori (7). La finalità di questa determinazione èquella di “aumentare la quota di spesa pubblica ge-stita attraverso i soggetti aggregatori”. Ulterioreobiettivo è quello “di garantire la riduzione deiprezzi legata all’aggregazione della domanda, laquantità dei beni e servizi acquistati, l’individua-zione di strategie di gara innovative, la realizzazio-ne di approfondite analisi di mercato, l’utilizzo distrumenti e-procurement e la riduzione di conten-zioso attraverso il presidio dell’intero processo diacquisto da parte di strutture competenti dedicate”.Con D.P.C.M. del 24 dicembre 2015 (8) sono stateindividuate le categorie e le soglie per gli anni2016 e 2017.

(1) Cfr. Ministero dell’economia e delle finanze, Documentodi Economia e Finanza, 10 aprile 2016, 20.

(2) C. Cottarelli, La lista della spesa. La verità sulla spesapubblica italiana e su come si può tagliare, Milano, 2015, 31 ss.

(3) L. Fiorentino, Le spese di funzionamento delle pubblicheamministrazioni - La legge di stabilità per il 2013, in questa Rivi-sta, 2013, 4, 352 ss.; L. Fiorentino (a cura di), Gli acquisti delleamministrazioni pubbliche nella Repubblica federale, Bologna,2011.

(4) L. Fiorentino, Gli acquisti delle pubbliche amministrazioni.Il modello organizzativo in La nuova disciplina dei contratti pub-blici: le regole, i controlli, il processo (a cura di A. Pajno - L. Tor-chia), Bologna, ottobre 2015.

(5) Il D.P.C.M. 11 novembre 2014 aveva, infatti, definito irequisiti per l’iscrizione nell’elenco. Essa può essere richiestada città metropolitane, province, nonché associazioni, unioni econsorzi di enti locali, ivi compresi gli accordi tra comuni attra-verso una convenzione. Si deve trattare di soggetti che abbia-

no pubblicato, nei tre anni precedenti, bandi e/o inviato letteredi invito per l’acquisizione di beni e servizi di importo, comebase di gara, pari o superiore alla soglia comunitaria, per al-meno duecento milioni.

(6) Cfr. art. 9, comma 3, D.L. n. 66/2014.(7) Tra i soggetti aggregatori in un primo momento era sta-

to ammesso con riserva un soggetto privato il consorzio Cev;successivamente con delibera del 10 febbraio 2016 l’ANAC haannullato l’elenco dei soggetti aggregatori limitatamente all’i-scrizione di tale soggetto. Esso, infatti, non essendo dotato dipersonale dipendente, essendo composto solo dal consigliodirettivo, non possedeva il requisito della stabilità organizzati-va. Sull’iscrizione dei soggetti privati nell’elenco dei soggettiaggregatori, cfr. L’Asmel è un soggetto aggregatore? Le diver-genti idee dell’ANAC e del Consiglio di Stato, P. Cosmai - R. Io-vino (a cura di), Il nuovo codice degli appalti pubblici, Milano,2016, 116 ss.

(8) In G.U. Serie Generale n. 32 del 9 febbraio 2016.

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La legge di stabilità per il 2016 ha introdotto alcu-ne modifiche al modello di acquisizione di beni eservizi attraverso centrali di committenza relativa-mente ai seguenti profili: ambito territoriale dioperatività, possibilità per le società partecipate diavvalersi delle centrali di committenza, gestione inautonomia delle procedure di gara da parte dellesingole stazioni appaltanti, obbligo di programma-zione degli acquisti di beni e servizi.Quanto al primo profilo (9), si definisce l’ambitoterritoriale entro il quale possono operare i soggettiaggregatori. Esso coincide con la regione di riferi-mento, limitatamente alle categorie merceologichee alle relative soglie. Si tratta di una innovazioneestremamente importante, perché consentirà ad es-si di programmare le esigenze su base regionale e dicostituire un punto di riferimento certo per le pub-bliche amministrazioni del territorio ed è la pre-messa essenziale per un governo coordinato ed effi-cace delle centrali di committenza.Quanto al secondo profilo, si è prevista la possibili-tà per le società partecipate dallo Stato o dagli entilocali (eccetto le quotate) di ricorrere a Consip oagli altri soggetti aggregatori, ovvero di fare riferi-mento ai parametri di qualità/prezzo, esito delleprocedure di gara da essi gestite (10).Quanto al terzo profilo, in senso contraddittorio ri-spetto al processo di centralizzazione in atto, la leg-ge di stabilità ha previsto che le amministrazionipossono organizzare autonome procedure di acqui-sto, differenziate in relazione alle categorie merceo-logiche. In tal caso, devono prevedere a base d’astaun corrispettivo inferiore a quello delle convenzio-ni quadro. I contratti stipulati in deroga devono es-sere trasmessi all’ANAC e sottoposti a condizionerisolutiva, prevedendo, per il contraente, in caso disopravvenienza di convenzioni stipulate da Consipo dai soggetti aggregatori regionali, la possibilità diadeguamento ai prezzi se minori, almeno del 10%,rispetto ai precedenti (11). Nei casi di indisponibi-lità della convenzione stipulata da Consip e inmancanza dei prezzi di riferimento forniti dall’Au-torità nazionale anticorruzione, quest’ultima deveindividuare le modalità per l’adeguamento dei prez-zi fissati nell’ultima convenzione stipulata in rela-zione ad un dato bene. Essi costituiranno il prezzo

massimo di aggiudicazione per il periodo temporaleindicato dall’Autorità medesima (12).Infine, quanto al quarto profilo, è stato introdottol’obbligo di programmazione degli acquisti superioriad un milione di euro, mediante la predisposizionedi un programma biennale, aggiornabile annual-mente. Gli esiti della programmazione vanno tra-smessi al tavolo dei soggetti aggregatori e costitui-ranno una base informativa indispensabile ai finidella individuazione dei beni da inserire nel pro-gramma annuale adottato, con D.P.C.M., su propo-sta del tavolo dei soggetti aggregatori (13).La normativa in materia di centrali di committenzacontenuta nel nuovo codice si colloca in questoquadro.

Il nuovo Codice dei contratti pubblici

Il nuovo Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n.50/2016), affronta il tema dell’aggregazione dellaspesa per l’acquisto di beni e servizi e della riduzio-ne del numero delle stazioni appaltanti, senza, co-munque, razionalizzare la caotica normativa prece-dente. Allo stesso tempo introduce il tema dellaqualificazione delle stazioni appaltanti. Si tratta,come può agevolmente comprendersi, di tematichestrettamente interrelate, che trovano il presuppo-sto nel criterio di delega (14). Esso prevede il “con-tenimento dei tempi e la piena verificabilità deiflussi finanziari anche attraverso adeguate forme dicentralizzazione delle committenze e di riduzionedel numero delle stazioni appaltanti, effettuate sul-la base del sistema di qualificazione (...) con possi-bilità, a seconda del grado di qualificazione conse-guito, di gestire contratti di maggiore complessità,salvaguardando l’esigenza di garantire la suddivisio-ne in lotti nel rispetto della normativa dell’Unioneeuropea”.Le scelte operate dal legislatore delegato si pongo-no in stretta connessione con le innovazioni inmateria di procedure e criteri di affidamento - sipensi a solo titolo esemplificativo al dialogo com-petitivo, al partenariato per l’innovazione o all’of-ferta economicamente più vantaggiosa - che richie-dono la presenza di stazioni appaltanti di adeguate

(9) Cfr. art. 1, comma 499, L. n. 208/2015.(10) Cfr. art. 1, comma 498, L. n. 208/2015.(11) Cfr. art. 1, comma 494, L. n. 208/2015.(12) Cfr. art. 1, comma 508, L. n. 208/2015.(13) Cfr. art. 1, comma 505, L. n. 208/2015. Per razionaliz-

zare le spesa per informatica - che mostra oggi una notevoleparcellizzazione con conseguente disomogeneità organizzativa

e gestionale - si affida all’Agid un’attività di programmazione.Agid e Consip S.p.a. e i soggetti aggregatori sono chiamati aproporre alle amministrazioni pubbliche interessate, misure,anche di tipo organizzativo e di processo, volte a conseguireefficienza e contenimento della spesa.

(14) Cfr. art. 1, comma 1, lett. dd), legge delega n. 11/2016.

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dimensioni, specializzate e che siano dotate di stru-menti idonei per gestire le procedure di gara (15).In altri termini, la sfida dell’efficienza e della com-petitività passa per la riduzione del numero e laqualificazione delle stazioni appaltanti. Si tratta diinnovazioni importanti perché, come vedremo, mi-rano a migliorare la qualità e ad aumentare la di-mensione di tali soggetti, pur ponendosi in un’otti-ca di contenimento della spesa pubblica. Del resto,soltanto alla fine degli anni novanta dello scorsosecolo, allorché fu istituita la Consip, la problema-tica del procurement venne affrontata con spiritoinnovativo e con finalità di modernizzazione ge-stionale degli apparati pubblici. Ma, già dai primianni del nuovo secolo e poi, più pressantemente, adecorrere dal 2007, l’approccio a queste tematichesubì il forte condizionamento della crisi finanziariae delle esigenze di contenimento della spesa (sipensi, ad esempio, alla lunga stagione in cui si agi-va attraverso riduzioni lineari dei capitoli di spesadel bilancio dello Stato). Le risorse pubbliche an-drebbero sempre gestite con diligenza, cercando lasoluzione tecnica complessiva migliore, al costopiù basso, non soltanto nei periodi di crisi. La di-mensione organizzativa degli acquisti pubblici, an-che per questo motivo, non va trascurata. Soprat-tutto, quando, la combinazione con le tecnologie,consente di costruire modelli operativi e gestionaliefficienti ed in grado sia di contenere i costi, sia diinnovare metodi e modelli, professionalizzando ilpersonale.

La qualificazione delle stazioni appaltanti

La scelta di introdurre la qualificazione delle stazio-ni appaltanti è in linea con la sfida di competitivi-tà, obiettivo delle nuove procedure, per il cui rag-giungimento deve, necessariamente, prevedersi unariduzione del loro numero ed una migliore profes-sionalizzazione degli addetti (16). Inoltre, stazioniappaltanti di dimensione e professionalità adeguateconsentiranno alle pubbliche amministrazioni dirapportarsi con i soggetti privati, spesso supportatida studi professionali iperspecializzati, in modoautorevole, evitando catture per deficit di compe-tenza. A tal proposito, la cronaca giudiziaria ci of-fre una casistica ampia: si pensi ai casi in cui i sog-

getti privati, in modo informale, supportano le am-ministrazioni nella definizione dei documenti digara, spesso molto complessi. Si tratta di fatti che,non solo alterano la dialettica concorrenziale, macostituiscono il presupposto di episodi penalmenterilevanti.La legge delega definiva l’obiettivo a cui il legisla-tore delegato doveva mirare: “razionalizzazione del-le procedure di spesa attraverso l’applicazione dicriteri di qualità, efficienza, professionalizzazionedelle stazioni appaltanti (...) prevedendo l’introdu-zione di un apposito sistema, gestito dall’ANAC,di qualificazione delle medesime stazioni appaltan-ti, teso a valutarne l’effettiva capacità tecnica e or-ganizzativa, sulla base di parametri obiettivi” (17).Un ruolo centrale nella definizione della regolazio-ne sarà svolto dal Ministero delle infrastrutture edei trasporti, dal Ministero dell’economia e dellefinanze e dall’ANAC. Il primo per le funzioni chesvolge nel settore dei lavori pubblici ed infrastrut-ture; il secondo per i compiti in materia di acquisi-zione di beni e servizi, soprattutto perché è il Mini-stero che vigila su Consip e svolge funzioni di im-pulso e coordinamento del Tavolo dei soggetti ag-gregatori. L’ANAC (18) curerà la definizione dellemodalità attuative, oltre a gestire la procedura diqualificazione delle stazioni appaltanti (art. 38). Intale ambito, costituirà e gestirà un apposito elenco,così come avviene per il sistema di qualificazionedegli operatori economici. Assumerà, quindi, ac-canto alle funzioni, già svolte, in materia di vigi-lanza e controllo sull’acquisizione di beni, servizi elavori e di anticorruzione, vere e proprie funzioniregolatorie. Importante sarà anche il ruolo svoltodalla Conferenza unificata che si esprimerà preven-tivamente in fase di definizione del quadro regola-torio: il successo dell’intera operazione dipenderà,infatti, molto da come gli enti locali, le regioni egli enti del sistema sanitario nazionale attuerannola normativa.La definizione dei requisiti tecnico-organizzativiper ottenere la qualificazione - e dunque l’iscrizio-ne nell ’elenco - è demandata a un appositoD.P.C.M. tenendo conto dei criteri di qualità, effi-cacia e professionalizzazione. Per le centrali dicommittenza deve, altresì, aversi riguardo al carat-tere di stabilità e al relativo ambito territoriale.

(15) Consiglio di Stato, Adunanza della Commissione spe-ciale del 21 marzo 2016, 45. In dottrina, cfr. R. De Nictolis, Ilnuovo codice dei contratti pubblici, in Urb. e app., n. 5/2016.Inoltre, M. Gnes, Il nuovo codice degli appalti pubblici e deicontratti di concessione: prime note, in Leggi d’Italia, Prima pa-gina, Appalti pubblici, Riforma Appalti, 21 aprile 2016.

(16) Cfr. Consiglio di Stato, Adunanza della Commissionespeciale del 21 marzo 2016, 45.

(17) Cfr. art. 1, comma 1, lett. bb), legge delega n. 11/2016.(18) E. D’Alterio, I nuovi poteri dell’Autorità Nazionale Anti-

corruzione: “Post Fata Resurgam”, in questa Rivista, 2015, 6,757.

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La qualificazione ha ad oggetto il complesso delleattività che caratterizzano i processi di acquisizionedi un bene, servizio o lavoro in relazione alla capa-cità di programmazione e progettazione, ai processidi affidamento e di verifica sull’esecuzione, nonchéa quelli relativi al controllo dell’intera procedura,ivi incluso il collaudo e la messa in opera. Essa èconseguita in rapporto agli ambiti di attività, ai ba-cini territoriali, alla tipologia, alla complessità delcontratto e per fasce d’importo; ha una durataquinquennale e può essere rivista a seguito di veri-fica, anche a campione, da parte di ANAC o su ri-chiesta della stazione appaltante stessa.I requisiti base richiesti attengono prevalentemen-te a profili di carattere organizzativo, quindi adesempio, strutture organizzative destinate alle atti-vità di procurement, il sistema di formazione e ag-giornamento del personale dedicato, la dimensionedell’attività. Tra i requisiti premianti, rientrano,invece, la valutazione positiva dell’ANAC in ordi-ne all’attuazione di misure di prevenzione dei rischidi corruzione, la promozione della legalità e la di-sponibilità di tecnologie telematiche nella gestionedi procedure di gara.Diversi sono gli aspetti da considerare in ordine al-l’iscrizione nell’elenco dei soggetti qualificati: l’i-scrizione di diritto, i processi di riorganizzazionedelle amministrazioni, la regolazione destinata aisoggetti privati in pubblico comando, la qualifica-zione con riserva, le misure sanzionatorie e premia-li.In primo luogo, quanto alla procedura di iscrizione,occorre premettere che nell’elenco sono iscritte, didiritto, il Ministero delle infrastrutture e dei tra-sporti e le sue articolazioni periferiche (costituitedai Provveditorati interregionali per le opere pub-bliche), Consip S.p.a., Invitalia (che risulta tra isoggetti inseriti nell’elenco, su indicazione delleCommissioni Parlamentari (19)), nonché i soggettiaggregatori regionali. Sarebbe auspicabile che talisoggetti, soprattutto il Ministero, svolgessero, co-munque, un assessment complessivo della propriaorganizzazione, sia dal punto di vista strutturale, siadal punto di vista delle professionalità disponibili.In secondo luogo, quanto ai processi di riorganizza-zione e professionalizzazione del personale, necessa-ri ad acquisire i requisiti per la qualificazione, l’A-NAC assegnerà alle stazioni appaltanti e alle cen-trali di committenza un congruo termine per av-

viarli. A tal fine, le attività che le amministrazionidovranno porre in essere sono complesse ed è au-spicabile che non siano svolte in modo burocrati-co. Occorrerà, invece, riflettere sul modello orga-nizzativo più idoneo nel caso concreto. Sotto taleprofilo, una prima decisione attiene alla scelta traun modello accentrato e un modello decentrato(un unico o più uffici con competenze in materiadi procurement all’interno dell’amministrazione) erelativamente all’autonomia operativa delle strut-ture periferiche. Altro profilo d’interesse, è la co-struzione dell’interfaccia interna alle amministra-zioni rispetto alle centrali di committenza. Inoltre,vi sarà sicuramente bisogno di una riflessione spe-cifica sulle professionalità necessarie e sui processiformativi da attivare. Sarebbe opportuno prevedereun piano formativo pluriennale, con un focus nonsoltanto sui profili giuridici, ma anche su quelli or-ganizzativi e gestionali.In terzo luogo, l’ANAC deve, altresì, individuaremodalità applicative diversificate per i soggetti pri-vati che ricadono nell’ambito di applicazione sog-gettiva del Codice. Questa precisazione - riguar-dante i soggetti a cui nonostante la natura giuridi-ca, formalmente privatistica, si applica la normati-va pubblicistica - assume fondamentale importan-za.In quarto luogo, si demanda all’ANAC la determi-nazione dei casi in cui si può procedere alla qualifi-cazione con riserva, finalizzata a consentire allastazione appaltante e alla centrale di committenzadi continuare la propria attività, per il periodo ne-cessario ad acquisire la capacità tecnica e organiz-zativa richiesta. La durata massima della qualifica-zione con riserva non può essere superiore al termi-ne stabilito per dotarsi dei requisiti necessari allaqualificazione che si intende ottenere.In quinto luogo, al fine di rendere effettiva la qua-lificazione, sono previste misure sanzionatorie epremiali (20). Per quanto concerne le misure san-zionatorie, si stabilisce che, dalla data di entrata invigore del nuovo sistema di qualificazione, l’A-NAC non rilascerà più il codice identificativo digara, dal cui possesso non può prescindersi per av-viare le procedure, alle stazioni appaltanti che pro-cedono all’acquisizione di beni, servizi o lavori nonrientranti nella qualificazione conseguita. Infine,con riferimento, invece, alle misure di carattere in-centivante, si prevede l’attribuzione di una quota

(19) Cfr. Commissioni Parlamentari, Parere unificato del 7aprile 2016 sull’atto governo n. 283.

(20) Camera dei deputati, XVII legislatura, Documentazione

per l’esame di Atti del Governo, Nuovo Codice dei contrattipubblici Schema di D.Lgs. n. 283 (art. 1 della L. 28 gennaio2016, n. 11) Schede di lettura n. 282/1, 17 marzo 2016, 53.

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parte delle risorse destinate alla premialità dellestazioni appaltanti (21) al fondo per la remunera-zione del risultato dei dipendenti e dirigenti appar-tenenti alle unità organizzative competenti per iprocedimenti disciplinati dal Codice. La valutazio-ne positiva della stazione appaltante viene, pertan-to, comunicata, da parte dell’ANAC, all’Ammini-strazione competente, affinché tenga conto dellastessa ai fini della valutazione della performance or-ganizzativa e gestionale dei dipendenti interessati.Anche in questo caso la legge esclude espressamen-te dall’ambito soggettivo di applicazione dell’art.38 gli enti aggiudicatori che non sono amministra-zioni aggiudicatrici.

Aggregazione e centralizzazione dellecommittenze

La regolazione (art. 37) concernente le modalità diapprovvigionamento delle amministrazioni pubbli-che è di fondamentale importanza. Essa riguardagli ambiti di legittimazione delle singole stazioniappaltanti ad avviare procedure di gara. Di seguito,mi soffermerò sui seguenti aspetti: le centrali dicommittenza; le modalità operative delle stazioniappaltanti che non hanno la necessaria qualifica-zione; il modello gestionale nel caso in cui la sta-zione appaltante non sia un comune capoluogo diprovincia; la gestione congiunta di appalti e con-cessioni specifici da parte di due o più stazioni ap-paltanti; il ricorso a centrali di committenza ubica-te in altri Stati membri dell’UE.Le centrali di committenza possono aggiudicare ap-palti, stipulare ed eseguire i contratti per contodelle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti ag-giudicatori; stipulare accordi quadro ai quali le sta-zioni appaltanti qualificate possono ricorrere perl’aggiudicazione dei propri appalti; gestire sistemidinamici di acquisizione e mercati elettronici. Pos-sono svolgere, ove qualificate, anche attività dicommittenza ausiliarie in favore di altre centrali dicommittenza o per una o più stazioni appaltanti inrelazione ai requisiti di qualificazione posseduti eagli ambiti territoriali di riferimento che sarannosuccessivamente individuati.Le stazioni appaltanti che non hanno la necessariaqualificazione, salvo i prescritti obblighi di ricorre-re agli strumenti di acquisto e negoziazione, anchetelematici, al fine di contenimento della spesa pub-blica, possono procedere direttamente e autonoma-

mente all’acquisizione di forniture e servizi di im-porto inferiore a euro 40.000 e di lavori di importoinferiore a euro 150.000, nonché attraverso l’effet-tuazione di ordini a valere su strumenti di acquisto(quali, ad esempio, le piattaforme elettroniche)messi a disposizione dalle centrali di committenza.Per procedure di acquisizione di importo superiorealle soglie appena indicate, le stazioni appaltantidevono possedere la qualificazione ANAC.Le stazioni appaltanti che sono in possesso dellaspecifica qualificazione possono, per gli acquisti diforniture e servizi di importo superiore a euro40.000 e inferiore a soglie definite (22), nonchéper gli acquisti di lavori di manutenzione ordinariad’importo superiore a euro 150.000 e inferiore a 1milione di euro, far autonomamente ricorso aglistrumenti telematici messi a disposizione delle cen-trali di committenza. Nel caso di indisponibilitàdei suddetti strumenti telematici (anche in relazio-ne a singole categorie merceologiche) o in man-canza della necessaria qualificazione, le stazioni ap-paltanti devono ricorrere a una centrale di com-mittenza ovvero procedere mediante l’aggregazionecon una o più stazioni appaltanti che possiedano lanecessaria qualifica.La medesima disposizione attribuisce, altresì, allestazioni appaltanti la possibilità di acquisire lavori,servizi e forniture mediante il ricorso a una centra-le di committenza. Ciò potrebbe accadere, adesempio, allorché, sulla base di considerazioni orga-nizzative, anche in considerazione di un’analisi co-sti/benefici, si opti per una soluzione di esternaliz-zazione della funzioni di organizzazione e gestionedelle gare. In questi casi, la fase di programmazionee gestione del contratto potrebbe essere svolta al-l’interno dell’amministrazione, ovvero esternalizza-ta. In quest’ultimo caso conviene, comunque, man-tenere all’interno almeno il monitoraggio in corsodi esecuzione.Una specifica disciplina è dettata per le stazioniappaltanti che siano comune non capoluogo diprovincia. Essa rappresenta l’attuazione del criteriodi delega (23) che fa “salvo l’obbligo, per i comuninon capoluogo di provincia, di ricorrere a forme diaggregazione o centralizzazione delle committenze,a livello di unione dei comuni, ove esistenti, o ri-correndo ad altro soggetto aggregatore secondo lanormativa vigente”.I comuni non capoluogo di provincia possono,quindi, ricorrere a una centrale di committenza o a

(21) Istituito dall’art. 213, comma 14, D.Lgs. n. 50/2016.(22) Le soglie sono definite nell’art. 35 del Codice.

(23) Cfr. art. 1, comma 1, lett. dd), legge delega n. 11/2016.

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soggetti aggregatori qualificati, oppure a forme diaggregazione o centralizzazione delle committenzea livello di unioni di comuni costituite e qualifica-te come centrali di committenza, nonché alla sta-zione unica appaltante costituita presso gli enti diarea vasta (24). Si demanda, inoltre , a unD.P.C.M (25) l’individuazione degli ambiti territo-riali di riferimento e la definizione dei criteri e del-le modalità per la costituzione delle centrali dicommittenza in forma di aggregazione di comuninon capoluogo di provincia. La norma specificache, in caso di servizi pubblici locali di interesseeconomico generale a rete, l’ambito di competenzadella centrale di committenza è l’ambito territoria-le ottimale di riferimento (Ato) (26). La normativaha l’obiettivo di rispondere alle esigenze dei comu-ni non capoluogo di provincia, la maggior parte didimensione minima e con strutture organizzativespesso prive delle necessarie professionalità, offren-do alcune opzioni di natura organizzativa per prov-vedere all’acquisizione di beni, servizi e lavori.Il Codice disciplina la possibilità per le stazioni ap-paltanti di individuare una centrale di committen-za ubicata in un altro stato membro dell’UE. Lestazioni appaltanti, nel procedere a tale scelta, de-vono agire in coerenza con il principio del buonandamento dell’azione amministrativa e fornireadeguata motivazione. Tuttavia, occorre precisareche il ricorso a una centrale di committenza ubica-ta in un altro Stato membro dell’UE è ammesso so-lo per le attività di centralizzazione delle commit-tenze svolte in forma di acquisizione centralizzatadi forniture e/o servizi a stazioni appaltanti. L’atti-vità è svolta in conformità alla normativa naziona-le dello Stato membro in cui la centrale di com-mittenza è ubicata, sulla base di uno specifico ac-cordo in cui sono definiti. In esso sono fissate le re-sponsabilità delle parti e le disposizioni nazionaliapplicabili, la gestione della procedura di aggiudi-cazione, la distribuzione dei lavori, delle fornituree dei servizi oggetto dell’appalto e i termini di con-clusione dei contratti. L’assegnazione delle respon-sabilità e il diritto nazionale applicabile sono indi-cati nei documenti di gara.Qualora amministrazioni aggiudicatrici o enti ag-giudicatori di diversi Stati membri costituiscano unsoggetto congiunto con i gruppi europei di coope-razione o con altri soggetti, istituiti, in base al di-

ritto dell’UE, con apposito accordo, sono stabilitele norme nazionali applicabili alle procedure d’ap-palto, facendo riferimento alla disciplina dello Sta-to membro nel quale il soggetto congiunto ha lasua sede sociale, ovvero a quella dello Stato mem-bro in cui esercita le sue attività. L’accordo si ap-plica per un periodo indeterminato, quando esso èprevisto nell’atto costitutivo ovvero può essere li-mitato a un periodo determinato, ad alcuni tipi diappalti o a singoli appalti.Sono, inoltre, precisati i criteri per individuare laresponsabilità nell’adempimento degli obblighi po-sti dal Codice. In particolare, la stazione appaltan-te è responsabile, nell’ambito delle procedure gesti-te dalla centrale di committenza di cui fa parte,delle attività ad essa direttamente imputabili.Mentre, più in generale, la centrale di committen-za, che svolge, esclusivamente, attività di centraliz-zazione delle procedure di affidamento per conto dialtre amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudi-catori, è direttamente responsabile di tutte le atti-vità svolte nel loro interesse.Quando due o più stazioni appaltanti in possesso,anche cumulativamente, della necessaria qualifica-zione procedono congiuntamente all’esecuzione diappalti e concessioni, sono ritenute solidamenteresponsabili dell’adempimento degli obblighi su es-se gravanti. In questi casi, esse individuano un uni-co responsabile del procedimento, con lo stesso at-to con il quale hanno convenuto la forma di aggre-gazione o il ricorso alla centrale di committenza.Tuttavia, se la procedura di aggiudicazione nonviene effettuata congiuntamente in tutti i suoi ele-menti “a nome e per conto” delle stazioni appaltantiinteressate, esse sono solidamente responsabili soloper le parti effettuate congiuntamente. Al contra-rio, permane in capo a ciascuna stazione appaltan-te la responsabilità dell’adempimento degli obbli-ghi in relazione alle parti da essa svolte a proprionome e per proprio conto.Infine, per espressa volontà legislativa, è esclusal’applicazione dell’art. 37 agli enti aggiudicatoriche non rientrano tra le amministrazioni aggiudi-catrici (27), quando svolgano una delle attività neisettori speciali (28).

(24) Tali centrali sono costituite ai sensi della L. n. 56/2014.(25) Da adottarsi su proposta del Ministro dell’economia e

delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata, en-tro sei mesi dall’entrata in vigore del Codice.

(26) Camera dei deputati, XVII legislatura, Documentazione

per l’esame di Atti del Governo, Nuovo Codice dei contrattipubblici Schema di D.Lgs. n. 283 (art. 1 della L. 28 gennaio2016, n. 11) Schede di lettura n. 282/1, 17 marzo 2016, 50 ss.

(27) Cfr. art. 3, comma 1, lett. e), D.Lgs. n. 50/2016.(28) Cfr. artt. 115 - 121, D.Lgs. n. 50/2016.

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Ulteriori disposizioni

Si segnalano, di seguito, alcuni aspetti di particola-re rilevanza.Il Codice dei contratti pubblici disciplina (art. 39)le cc.dd. attività di committenza ausiliarie che con-sistono in prestazioni di supporto alle stazioni ap-paltanti. Tali attività possono essere affidate a cen-trali di committenza o a prestatori di servizi indivi-duati attraverso le procedure di evidenza pubblicadisciplinate dal codice.Un altro aspetto da segnalare è la previsione (art.40) dell’obbligo di utilizzo di strumenti di comuni-cazione elettronica nello svolgimento di proceduredi aggiudicazione svolte da centrali di committen-za (29).Il legislatore delegato pone, inoltre, le basi per unconcreto miglioramento del mercato dei contrattipubblici (art. 41). Infatti, al fine di migliorare laqualità degli approvvigionamenti e ridurre i costi ei tempi di espletamento delle gare, si demanda adun D.P.C.M., da emanarsi entro un anno dall’en-trata in vigore del Codice, la revisione degli stru-menti negoziali (accordi quadro, convenzioni e al-tre procedure di appalto) utilizzabili da ConsipS.p.a., dai soggetti aggregatori e dalle centrali dicommittenza. La scelta di definire le misure di re-visione ed efficientamento delle procedure con undecreto del Presidente del Consiglio deriva da unaindicazione del Consiglio di Stato, che ha suggeri-to l’opportunità di affidare l’attività di revisione al-le istituzioni competenti e non, come era stato pre-visto, invece, nello schema di decreto legislativo,esclusivamente a Consip e alle altre centrali dicommittenza (30). La norma mira a creare un con-testo favorevole alle micro, piccole e medie impre-se, anche attraverso l’incremento del ricorso allegare e agli affidamenti di tipo telematico. L’esten-sione della digitalizzazione degli appalti pubbliciavrà anche un impatto sui tempi di espletamentodelle procedure.In materia di conflitto di interesse (art. 42 (31)), lestazioni appaltanti dovranno predisporre misureadeguate per contrastare le frodi e la corruzio-ne (32), nonché individuare, prevenire e risolvere,

in modo efficace, ogni ipotesi di conflitto di inte-resse nello svolgimento delle procedure di aggiudi-cazione degli appalti e delle concessioni, in mododa evitare qualsiasi distorsione della concorrenza egarantire la parità di trattamento di tutti gli opera-tori economici.La medesima disposizione fornisce anche una defi-nizione di conflitto d’interesse, che sussiste quandoil personale di una stazione appaltante o di un pre-statore di servizi, che interviene (anche per contodella stazione appaltante) nello svolgimento dellaprocedura di aggiudicazione degli appalti e delleconcessioni o può comunque influenzarne il risul-tato, “ha, direttamente o indirettamente, un inte-resse finanziario, economico o altro interesse perso-nale che può essere percepito come una minacciaalla sua imparzialità e indipendenza nel contestodella procedura in corso di svolgimento”. In questeipotesi, il personale è tenuto ad astenersi dal parte-cipare alla procedura, pena la responsabilità disci-plinare e salve, comunque, le ipotesi di responsabi-lità amministrativa e penale. Le predette disposi-zioni trovano applicazione anche nella fase di ese-cuzione dei contratti. Il legislatore, estendendo l’a-rea di applicazione soggettiva della normativa inmateria di conflitto di interesse al “personale” dellastazione appaltante, ha voluto superare il dispostodell’art. 84 del D.Lgs. n. 163/2006, che, invece, li-mitava le regole di incompatibilità solo ai membridella commissione aggiudicatrice. In aggiunta, sirinvengono disposizioni specifiche negli artt. 24,commi 3, 7 e 77, commi 4, 5, 6 e 9 rispettivamentein materia di incompatibilità per i dipendenti parttime della PA, per gli affidatari degli incarichi diprogettazione e per i commissari di gara.

Conclusione

L’utilizzo di centrali di committenza che aggreghi-no la domanda pubblica nell’acquisto di beni, ser-vizi e lavori, oltre che a evidenti ragioni di effi-cientamento delle procedure, risponde al dupliceobiettivo, riconosciuto e promosso anche in sedecomunitaria (cfr. Dir. 2014/24/UE) di stimolare laconcorrenza ottenendo dal mercato migliori offerte

(29) Si tratta di una disposizione che rappresenta l’attuazio-ne del criterio di delega che fissava come obiettivo, tra l’altro,la “progressiva digitalizzazione delle procedure in materia diaffidamento degli appalti pubblici e dei contratti di concessio-ne, attraverso la promozione di reti e sistemi informatici, me-diante una maggiore diffusione di informazioni e un'adeguatatempistica, e di soluzioni innovative nelle materie disciplinate”,con particolare riferimento “all'innovazione tecnologica e digi-tale e all'interconnessione della pubblica amministrazione” e il

“ricorso a strumenti di pubblicità di tipo informatico”.(30) Cfr. Consiglio di Stato, Adunanza della Commissione

speciale del 21 marzo 2016, 87.(31) Esso recepisce l’art. 24 della Dir. n. 24, l’art. 42 della

Dir. n. 25 e l’art. 35 della Dir. n. 23.(32) Cfr. M. Dugato, Organizzazione delle amministrazioni

aggiudicatrici e contrasto alla corruzione nel settore degli appaltipubblici, in Munus, n. 3/2015, 667 ss.

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in termini di prezzo e di “professionalizzare” lacommittenza pubblica.A fronte degli indubbi benefici in termini di effi-cienza e spending review, esistono alcuni profili aiquali l’amministrazione dovrà, tuttavia, prestareancor maggiore attenzione al fine di valorizzare lepotenzialità del sistema mantenendosi al contemposinergica rispetto alle istanze di tutela del mercatoe della concorrenza.Dal punto di vista del merito, tanto più si aggregala domanda pubblica e si restringe quindi il nume-ro delle gare esperite, tanto maggiore è l’attenzioneche il soggetto aggiudicatore (la P.A. che predispo-ne il bando di gara) deve prestare ad alcuni profilitradizionalmente “sensibili” dal punto di vista con-correnziale:- nella suddivisione in lotti, dal punto di vista qua-litativo e quantitativo, occorre evitare che possanoprodursi distorsioni a vantaggio di talune tipologiedi imprese, in specie quelle di maggiori dimensioninell’aggiudicazione di contratti di rilevante valore;- nell’individuare le classi di prodotto aventi desti-nazioni d’uso omogenee, utilizzabili dagli enti com-petenti come riferimento per la definizione di lotti,occorre non creare discriminazioni tra operatorieconomici o barriere all’accesso alle imprese nuoveentranti sul mercato (33).Dal punto di vista del metodo, è importante che,nell’operatività concreta del “sistema a rete” dellecentrali di committenza, fondato sulla interazionee sulla condivisione di best practices, ciascuna am-

ministrazione informi il proprio agire non soltantoalla massima trasparenza ma anche all’assoluta im-permeabilità rispetto a influenze o conflitti di inte-ressi, anche solo potenziali, con il mondo delle im-prese.Inoltre, se è vero che molte amministrazioni scon-tano un deficit di competenze specifiche in materiadi gestione delle procedure di gara, la risposta nonè il ricorso a “consulenti” esterni, ma l’accelerazio-ne di percorsi formativi mirati per il personale in-terno: solo così peraltro si persegue l’obiettivo co-munitario della professionalizzazione (34).Infine, se è indubbio che l’efficacia della centraliz-zazione riposa anche nel coordinamento, è fonda-mentale che la programmazione delle gare da partedelle centrali di committenza non divenga un fat-tore di contesto “facilitante” rispetto a condotteanticoncorrenziali delle imprese. Si pensi ai molticasi, sanzionati dall’AGCM, di accordi orizzontaliper la “spartizione” delle commesse.In conclusione, la concreta applicazione delle nor-me commentate richiederà un forte sforzo dellepubbliche amministrazioni in termini di revisionedei processi interni e di professionalizzazione deidipendenti. Infatti, le scelte profondamente inno-vative operate in tema di procedure e criteri di affi-damento impongono livelli di efficienza che posso-no essere raggiunti, come già detto, solo mediantepersonale specificamente dedicato, adeguatamenteformato e costantemente aggiornato.

Le procedure di aggiudicazionedi Hilde Caroli Casavola

Le nuove misure sulle procedure di aggiudicazione attuano un processo di riforma partito da Gi-nevra nel 2012 (con la modifica del GPA o AAP, nell’ambito dell’Omc) e giunto a Roma, passan-do per Bruxelles (con le direttive del 2014). Le accresciute opportunità di negoziazione con ledue nuove tipologie (competitiva con negoziazione e partenariato per l’innovazione) e nelle variefasi procedimentali, insieme al divieto di gold plating, traducono in effetto la dinamica di globa-lizzazione giuridica da cui la riforma origina e che il legislatore comunitario è intervenuto adorientare verso un obiettivo preciso e contingente: mettere gli attori pubblici in condizioni di po-ter guidare - nel contesto di crisi e transizione presenti - i processi di sviluppo tecnico, economi-co e sociale europei attraverso l’attività contrattuale.

(33) Sul tema si è espressa la stessa AGCM, AS1137, Pro-poste di riforma concorrenziale ai fini della legge annuale per ilmercato e la concorrenza, 4 luglio 2014.

(34) Sull’esigenza di una formazione continua nelle pubbli-che amministrazioni, cfr. M. Dugato, cit., 672.

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I principi

Le nuove disposizioni in materia di procedure diaggiudicazione dei contratti dei settori ordinari so-no finalizzate ad allineare quello italiano al sistemaeuropeo degli appalti pubblici. Quest’ultimo ha su-bito in anni recenti profonde modificazioni dovuteal fenomeno della globalizzazione giuridica (1). Ta-le fenomeno ha spinto, da un lato, verso un’accre-sciuta procedimentalizzazione dell’attività contrat-tuale delle amministrazioni - in particolare, la ne-goziazione - e un rafforzamento delle garanzie pro-cedimentali degli operatori economici, teso a favo-rire l’apertura alla concorrenza dei mercati nazio-nali. Dall’altro, ad una funzionalizzazione dell’atti-vità e degli attori pubblici domestici agli obiettivicomunitari, (anche) in contrasto con quelli nazio-nali. Nel primo senso, il quadro normativo setto-riale è divenuto molto complesso, le regole nume-rose e dettagliate e il rulemaking condiviso: in talequadro assume rilievo l’Accordo sugli appalti pub-blici-AAP (in inglese Government ProcurementAgreement-GPA), firmato da UE e Stati Uniti, nelprocesso di riforma del quale è stata intavolata ladiscussione fra i paesi firmatari, sulle previsioni dinegoziazione nelle procedure di aggiudicazione co-munitarie (2). Nel secondo, tali attori, limitati nel-la libertà di scelta da vincoli e regole nazionali esovranazionali, hanno trovato nel legislatore euro-peo un interlocutore interessato, in grado di conte-nere il tasso di normatività interna agli Stati mem-bri e di garantire una maggiore flessibilità nell’am-bito delle procedure e nel rispetto dei principi delladisciplina europea. Le ragioni del focus comunita-rio sul divieto cd. di gold plating e sulla negoziazio-ne hanno natura pratica e rispondono all’esigenzadi maggiore “libertà di manovra”, espressa soprat-tutto dalle amministrazioni dei paesi di cultura an-glosassone e scandinava. L’ambivalenza dell’ordi-namento italiano, stretto fra rigidità e sospetto (3)dell’“approccio” interno (fra misure risalenti ai re-golamenti di contabilità e recenti normative anti-corruzione) e vincoli europei al rispetto della capa-

cità di scelta dei soggetti pubblici, nasce appuntodalle dinamiche triangolari regolatore sovranazio-nale-amministrazioni domestiche-Stati, tipiche deldiritto amministrativo globale (4). Esse concorronoalla riduzione degli ambiti di disciplina nazionale egiocano a favore di una filosofia delle commessepubbliche molto diversa da quella tradizionale.Le misure della Dir. n. 24 sono trasposte, per que-sto motivo, con la tecnica del copy out (5) e nel co-dice trovano ora spazio gli obiettivi dell’agenda co-munitaria delineata in Europa 2020.Nell’analisi che segue si individuano i fili nuoviche infittiscono la trama delle disposizioni previ-genti e contribuiscono a delineare un quadro com-plessivamente più ricco, sebbene allo stato ancorain parte incompleto e non sempre di agevole lettu-ra.Le nuove disposizioni sono contenute nella parteseconda del nuovo Codice, al titolo terzo, dedicatoalla “Procedura di affidamento”, capo secondo(“Procedura di scelta del contraente per i settoriordinari”). Nella struttura del provvedimento nor-mativo tali disposizioni sono precedute da rilevantiindicazioni sui principi per l’aggiudicazione (art.30), sulle fasi procedimentali (art. 32), sulle sogliedi valore economico per l’applicazione (artt. 35 e36) e sulle modalità comuni alle diverse proceduredi affidamento (artt. 44-58). Soltanto per tale ulti-mo profilo, l’articolazione dei temi differisce dalledirettive. Le previsioni sulla digitalizzazione, le tec-niche e gli strumenti per gli appalti elettronici eaggregati nel Codice - a differenza della direttiva -sono, infatti, anteposte alle regole sulle procedure.Sembrerebbe una scelta significativa della prioritàche tali strumenti e forme acquistano per il legisla-tore delegato, nell’economia del nuovo sistema.Meno chiara appare la logica dell’inserimento dellegaranzie a favore degli operatori economici deipaesi terzi (di pari trattamento rispetto agli altri)dopo disposizioni di dettaglio su consorzi e raggrup-pamenti temporanei di imprese (art. 49). Fra le ga-ranzie previste, ad esempio, dall’AAP (art. 49) e

(1) Sia consentito, in proposito, rinviare a H. Caroli Casavo-la, La globalizzazione dei contratti delle pubbliche amministrazio-ni, Milano, 2012.

(2) Sul procedimento e i nodi della riforma del GPA, appro-vata nel 2012, S. Arrowsmith, R. Anderson, The WTO Regimeon Government Procurement: Challenge and Reform, Oxford,2011. Il testo originario risale al 1994 e fu negoziato nell’ambi-to degli accordi di Single Undertaking dell’Organizzazione mon-diale del commercio-Omc. Sulla distanza di prospettiva di Statiuniti e paesi europei sul tema specifico della negoziazione ai fi-ni di aggiudicazione, W. Steinicke, Public procurement and thenegotiated procedure - A lesson to learn from U.S. Law?, in Eur.

Competition L. Rev., 2001, 331 ss.(3) L. Torchia, La nuova direttiva europea in materia di appalti

di lavori, servizi e forniture nei settori ordinari, in Dir. amm., n.2-3, 2015, 291 ss., spec. 340.

(4) V. S. Cassese, Il diritto amministrativo globale: una intro-duzione, in Riv. trim. dir. pubbl., 2004, n. 3, 657 ss.

(5) Sulla tecnica di trasposizione indicata, P. Patatini, Il pro-cesso di recepimento delle direttive europee in Gran Bretagna,in A. Pajno, L. Torchia (a cura di), La nuova disciplina dei con-tratti pubblici: le regole, i controlli il processo, settembre 2015,www.astrid.eu.

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dai principali regimi regolativi globali dei contrat-ti, la maggior parte ha carattere procedimentale (6)e assicura l’effettività dei principi ivi originariamen-te formulati e riconosciuti già nel Codice del 2006.Una collocazione nel titolo primo della parte sugliappalti nei settori ordinari sarebbe coerente alla ri-levanza e pertanto, auspicabile in sede di adozionedel decreto correttivo.

I principi

L’art. 30 del nuovo Codice innova il previgenteart. 2 per almeno quattro aspetti. Anzitutto, è con-fermato il nucleo dei principi portanti del sistema:economicità, efficacia, tempestività, correttezza, li-bera concorrenza, non discriminazione, trasparen-za, proporzionalità, pubblicità e giusto procedimen-to. A rendere più flessibile l’aggiudicazione inter-vengono adesso i principi di tutela sociale, della sa-lute, dell’ambiente e del patrimonio culturale, non-ché quelli di promozione dello sviluppo sostenibile,dell’efficienza energetica e del ruolo economicodelle microimprese, delle piccole e medie imprese(comma 1). Tali profili identificano il nuovo publicprocurement concepito dal legislatore comunitariodue anni fa in coerenza con gli obiettivi politicidell’Unione, di cui esso costituisce un tassello cen-trale e strategico (7). In secondo luogo, vi è espres-so divieto per le autorità appaltanti di “limitare inalcun modo artificiosamente la concorrenza alloscopo di favorire o svantaggiare indebitamente ta-luni operatori economici o, nelle procedure di ag-giudicazione delle concessioni, compresa la stimadel valore, taluni lavori, forniture o servizi” (com-ma 2). La formula è pressocché identica a quellausata nella direttiva (art. 18) e mira a “garanti[re]la dimensione europea del mercato dei contrattipubblici” (8), anche alla luce della giurisprudenzasulle pratiche più comuni di condizionamento del-l’attività di aggiudicazione. In terzo luogo, gli ob-blighi di carattere ambientale, sociale e del lavoro,stabiliti da contratti collettivi e discipline nazionalie non, vincolano gli operatori economici nell’ese-cuzione di appalti e concessioni. In quarto luogo,vi è una misura di riordino e in parte di novazione.Sono qui assorbite, infatti, le garanzie del tratta-

mento retributivo e previdenziale dei lavorato-ri (9), già accordate dalla normativa dei lavori pub-blici (10). Rileva, in particolare, il potere dell’auto-rità appaltante di intervenire ad assicurare l’adem-pimento degli oneri contributivi a favore dei di-pendenti dell’affidatario o del subappaltatore o deisoggetti titolari di subappalti e cottimi fiduciari,impiegati nell’esecuzione del contratto. Ciò sia inipotesi di ritardo che di inadempimento. Nel primocaso, riscontrata l’irregolarità del documento unicodi regolarità contributiva, il responsabile del proce-dimento rivolge un invito scritto al datore di lavo-ro affinché provveda entro quindici giorni. In as-senza di contestazione formale e motivata, l’enteappaltante “paga anche in corso d’opera diretta-mente ai lavoratori le retribuzioni arretrate” e de-trae il relativo importo dalle somme dovute al con-traente e al subappaltatore inadempiente. Nel se-condo caso, l’appaltante trattiene dal pagamentol’importo corrispondente all’inadempienza “per ilsuccessivo versamento diretto agli enti previdenzia-li e assicurativi, compresa, nei lavori, la cassa edi-le”. Tali disposizioni sono importanti perché ispira-te dall’esigenza che anche nell’attività contrattualepubblica non manchi il sostegno ai lavoratori edessa si svolga in condizioni socialmente accettabili:una crisi economica di proporzioni mai viste daitempi della grande Depressione giustifica il pecu-liare rilievo delle misure in parola. Tuttavia, la for-mulazione dettagliata stride con le restanti disposi-zioni sui principi (indicati in termini generali) edevidenzia una logica di collocazione sistematicautile soprattutto alla riduzione del numero degli ar-ticoli. Limitando a tale specifica sede il richiamoalle forme di protezione sociale dei lavoratori, leulteriori prescrizioni di dettaglio andrebbero forsepiù adeguatamente inserite fra quelle comuni dellaprima parte.

L’ambito di applicazione

Passiamo alle regole che individuano in terminipositivi e negativi il “perimetro” dell’ambito appli-cativo e che potranno essere utili a stabilire se lenuove procedure si applicheranno a più o meno ca-si rispetto al passato: rilevano, da un lato, alcune

(6) H. Caroli Casavola, La globalizzazione dei contratti dellepubbliche amministrazioni, cit., 295.

(7) Per un inquadramento delle direttive in rapporto agliobiettivi politici dell’agenda Europa 2020, si rinvia ai commentipubblicati in questa Rivista, al n. 12 del 2014, dedicati a Lenuove direttive sugli appalti pubblici e le concessioni e ivi a H.Caroli Casavola, Le regole e gli obiettivi strategici per le politiche

Ue 2020, 1135-40 e C. Lacava, Le nuove procedure, la parteci-pazione e l’aggiudicazione, 1141-9.

(8) Parere Cons. Stato 21 marzo 2016, 8.(9) Art. 30, comma 4, cod.(10) Artt. 7 e 13 del decreto Ministro dei lavori pubblici, n.

145 del 2000, recepiti dal d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 (commi4-6).

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misure dei primi due titoli (artt. 1-20), dall’altro,le determinazioni relative alle soglie (Parte II, artt.35-6).Riguardo alle prime, meritano considerazione l’art.1, le definizioni e le fattispecie di contratti esclusi.L’art. 1 individua l’oggetto di disciplina nei “con-tratti di appalto e di concessione delle amministra-zioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori aventia oggetto l’acquisto di servizi, forniture, lavori eopere nonché i concorsi pubblici di progettazione”.Segue un elenco di categorie di contratti che, ri-spetto al codice previgente estende la sfera applica-tiva delle nuove regole in almeno quattro direzio-ni: gli appalti sovvenzionati dalle amministrazioniaggiudicatrici e quelli connessi, le opere di urbaniz-zazione cd. a scomputo, quelle realizzate “in regimedi convenzione” e i contratti relativi al settore del-la difesa. Riguardo ai primi, la sovvenzione devesuperare la metà del valore del contratto di lavoridi genio civile (All. 1) o edili relativi a ospedali,scuole, università, impianti sportivi, ricreativi, peril tempo libero e destinati a fini amministrativi. Èqui riprodotto alla lettera l’art. 13 della direttiva,ma si applica la soglia di un milione di euro, secon-do il codice previgente (11). Quanto alle secon-de (12), le disposizioni valgono adesso anche nelleipotesi di rilascio di “altro titolo abilitativo” e diesecuzione dei lavori di urbanizzazione da parte deiprivati “in regime di convenzione” (13). Per il set-tore della difesa, è confermato l’obbligo di aggiudi-care i contratti secondo le regole comuni (comeprevisto dal previgente Codice) con poche limitateeccezioni (14). Sulla base della giurisprudenza edella normativa comunitarie, sono posti nuovi “pa-letti” ad evitare l’estensione delle ipotesi di deroga:nella tutela di tali interessi, infatti, va garantita lascelta delle “misure meno invasive, ad esempio

l’imposizione di condizioni intese a proteggere lariservatezza delle informazioni che le amministra-zioni aggiudicatrici rendono disponibili in una pro-cedura di aggiudicazione” (15). Inoltre, con riferi-mento ai contratti misti, è richiesto che l’aggiudi-cazione con un appalto unico “sia giustificata daragioni oggettive” (16). In questo settore, si pone ilproblema degli acquisti di materiale dual use (aduso civile e militare), quando oggetto d’appalto so-no prodotti classificati militari, dei quali esistano,tuttavia, applicazioni civili largamente simili.Si deve, peraltro, al Consiglio di Stato l’opportunaraccomandazione di eliminare dall’originaria for-mulazione dell’art. 1, l’inciso che “salvava” “le spe-ciali disposizioni vigenti per amministrazioni, orga-nismi e organi dello Stato dotati di autonomia fi-nanziaria e contabile” (17). Per questo profilo, co-me vedremo per altri, l’Organo consultivo bocciasonoramente il legislatore e qualifica la previsionecome “una generalizzata sottrazione al codice”, illo-gica e contrastante con le direttive e la legge dele-ga (18). Ciò evidenzia un problema ricorrente neisettori oggetto di normazione frammentaria e allu-vionale, come i contratti in questione: deroghe so-no apportate più spesso dal legislatore mediantenorme speciali (come nel caso Expo) che dalle am-ministrazioni sulla base della disciplina ordina-ria (19).Fra le definizioni (art. 3), la nozione di “enti aggiu-dicatori” non trova corrispondenza nella direttiva(n. 24, art. 2) e ha “contenuto variabile”: il signifi-cato è individuato secondo la parte del Codice incui è usata (20). Il novero dei soggetti ricompresinella formula cambia ed è predeterminato funzio-nalmente all’aggiudicazione di un contratto di la-vori, servizi e forniture (Parte II cod.) o di unaconcessione (Parte III cod.) (21). L’ambivalenza

(11) Art. 32, comma 1, lett. d), cod. 2006.(12) Si tratta delle opere che i privati intendono realizzare e

per cui si assumono in via diretta l’onere di realizzare i relativilavori di urbanizzazione, a scomputo totale o parziale del con-tributo previsto per il rilascio del permesso di costruire (art. 1,comma 2, lett. e).

(13) L’espressione è volta a ricondurre alle fattispecie disci-plinate dal nuovo Codice anche quella del “permesso di co-struire convenzionato” previsto dall’art. 17, comma 1, lett. q),D.L. n. 133 del 2014 (decreto cd. Sblocca Italia), che modificail Testo Unico dell’edilizia con l’art. 28 bis del d.P.R. n. 380 del2001.

(14) L’art. 1, comma 6 riproduce le disposizioni del codiceprevigente (art. 1 bis) e della Dir. n. 24 (art. 15). Le eccezionihanno ad oggetto materiale militare e sensibile, quando sonosoggetti a procedure disciplinate da accordi o intese o organiz-zazioni internazionali e nei casi in cui rileva la tutela di interessiessenziali di sicurezza nazionale (artt. 2 e 6 del D.Lgs. n. 208del 2011, che recepisce la dir. 2009/81/CE, e su cui v. H. CaroliCasavola, La disciplina degli appalti del Ministero della difesa, in

questa Rivista, 2013, 11, 1034-44).(15) Art. 15, comma 2, Dir. n. 2014/25/UE, corrispondente

alla lettera all’art. 159, comma 1, cod.(16) Art. 16, comma 2, Dir. n. 24 e art. 160 cod.(17) Cons. St., parere 1° aprile 2016, n. 885 (al testo appro-

vato dal Consiglio dei ministri, il 3 marzo 2016).(18) Cons. Stato, par.1° aprile 2016, 44 (p. III.a).(19) Cfr. L. Torchia, La nuova direttiva europea in materia di

appalti servizi e forniture nei settori ordinari, cit., 317.(20) Nel codice previgente sono usate locuzioni diverse per

la parte II, relativa ai settori ordinari (“soggetti aggiudicatori”)e le altre (“enti aggiudicatori”).

(21) Si tratta, nel primo caso, di “amministrazioni aggiudi-catrici o imprese pubbliche che svolgono una delle attività”oggetto dei settori speciali (artt. 115-121 cod.) e di esercentiuna o più di tali attività come titolari di diritti speciali ed esclu-sivi. Nel secondo, di “enti che svolgono una delle attività” og-getto di concessione (All. II cod. corrispondente all’All. II dellaDir. n. 2014/23) “ed aggiudicano una concessione per lo svol-gimento di una di tali attività, quali: (2.1) le amministrazioni

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del significante è, in sostanza, funzionale a distin-guere dalle altre le autorità che aggiudicano con-tratti relativi ai settori speciali e contratti di con-cessione. Di conseguenza, per non incorrere inconfusione l’interprete deve attenersi rigorosamen-te al criterio sistematico. Nel complesso, il numerodi capoversi dedicati alle definizioni passa dai 57del vecchio codice ai 125 del nuovo. Ciò è conse-guenza sia del recepimento delle nuove definizionipresenti nelle direttive (22), sia dell’intento di rior-dino della normativa nazionale, che comporta nuo-vi istituti (come i “soggetti aggregatori”) e nuovioggetti (come le “opere pubbliche incompiute” e i“lavori complessi”). Per altro, la gamma dei con-tratti esclusi si estende (solo) limitatamente a tipo-logie di contratti rilevanti nei settori speciali e perragioni peculiari connesse all’oggetto (23).Quanto alle soglie di valore, esse crescono rispettoalla direttiva. Per quelle di rilevanza comunitaria,la differenza è dovuta al nuovo meccanismo di ade-guamento biennale, reso per la prima volta efficacecon l’adozione dei tre regolamenti del novembre2015 (24). Sul piano normativo, si evidenzia il te-nore restrittivo (già nella direttiva) di applicazionedella soglia per gli appalti di forniture e servizi e iconcorsi di progettazione (euro 135 mila (25)) del-le autorità governative centrali (26) e della difesa.

In quest’ultimo caso, il Codice si applicherà agliappalti concernenti soltanto alcuni specifici pro-dotti, con eccezioni significative (27). Il nodo prin-cipale è rappresentato, tuttavia, dai contratti sotto-soglia (art. 36 cod.). Vi rientrano il novanta percento delle commesse pubbliche e il decreto n. 163del 2006 prevedeva forme semplificate di aggiudi-cazione (artt. 122 e 123), confliggenti con la diret-tiva del 2014 (28). Su questo, insieme ai contrattimisti (29), il Consiglio di Stato, nel suo parere, in-vitava alla “prudenza”. Si tratta, infatti, di ambitiin cui più facilmente si addensano casi dubbi e vi èil rischio che un’eccessiva attenuazione dei vincoliprocedimentali (30) possa offrire occasione di aggi-rare le garanzie caratteristiche delle procedure ordi-narie d’affidamento, a detrimento della concorren-za e della partecipazione.Rinviando al proseguo l’esame dei profili procedu-rali dell’affidamento dei contratti sotto-soglia, quiè opportuno evidenziare la riduzione del valore(“subsoglia nel sotto-soglia”) per l’applicazione del-la procedura competitiva negoziata (e l’esclusionedell’affidamento diretto) ai contratti di lavori chenon siano eseguiti in amministrazione diretta enon concernano l’acquisto e il noleggio di mez-zi (31).

dello Stato, gli enti pubblici territoriali, gli organismi di dirittopubblico o le associazioni, unioni, consorzi, comunque deno-minati, costituiti da uno o più di tali soggetti; (2.2) le impresepubbliche sulle quali le amministrazioni aggiudicatrici possonoesercitare, direttamente o indirettamente, un’influenza domi-nante (o perché ne sono proprietarie, o perché vi hanno unapartecipazione finanziaria o in virtù delle norme che disciplina-no dette imprese; cfr. art. 3, comma 1, lett. t); (2.3) gli enti di-versi da quelli indicati nei punti precedenti, ma operanti sullabase di diritti speciali o esclusivi ai fini dell’esercizio di una opiù delle attività di cui all’allegato II. Gli enti cui sono stati con-feriti diritti speciali o esclusivi mediante una procedura in cuisia stata assicurata adeguata pubblicità e in cui il conferimen-to di tali diritti si basi su criteri obiettivi non costituiscono “entiaggiudicatori” ai sensi del presente punto 2.3” (art. 3, comma1, lett. e).

(22) Fra cui quelle di “concessione”, caratterizzata dall’as-sunzione del “rischio operativo”, “amministrazioni aggiudica-trici sub-centrali”, “joint venture”, “ciclo vita” e altre.

(23) Si rinvia in proposito al contributo di D. Galli, I settorispeciali, infra, in questo numero della Rivista.

(24) Regg. 24 novembre 2015, n. 2015/2170/UE, n.2015/2171/UE, n. 2015/2172/UE, che attuano l’art. 6 della Dir.n. 24.

(25) La soglia di valore per l’aggiudicazione di contratti diappalto di lavori e di concessione è pari a euro 5 milioni 225mila, mentre è di 209 mila euro quella per i contratti di appaltodi forniture, servizi e concorsi di progettazione delle ammini-strazioni subcentrali e della difesa che concernano, in tal ulti-mo caso, prodotti non menzionati nell’allegato VIII. È inoltreprevista una specifica soglia di valore di 750 mila euro per icontratti di servizi sociali e altri servizi specifici (art. 35, comma1, cod.).

(26) Sono così indicati, all’Allegato III cod., la Presidenzadel consiglio dei ministri, i ministeri e le articolazioni territorialidell’Interno (Prefetture-Uffici Territoriali del Governo e le Dire-zioni regionali e interregionali dei Vigili del Fuoco), del Lavoroe politiche sociali e del Mibac (ed esclusi i giudici di pace).

(27) Fra le altre, sono previste eccezioni per esplosivi, pneu-matici antiproiettile, navi da guerra, reattori nucleari, teleco-municazioni, “macchine automatiche per l’elaborazione dell’in-formazione”, microscopi. Nell’ambito delle negoziazioni relati-ve all’applicazione del GPA (o AAP) del 2012, all’Appendice I,Allegato 1, punto 3 (doc.WT/Let/887 del 1° luglio 2013), testoche vincola i paesi membri dell’Ue negli accordi internazionalidell’Omc, Svezia e Austria hanno, ad esempio, optato per unminor numero di eccezioni.

(28) L. Torchia, La nuova direttiva europea in materia di ap-palti servizi e forniture nei settori ordinari, cit., 329.

(29) L’art. 28 cod. (trasposto per copy out dalle direttive nn.24 e 25, rispettivamente art. 3 e, artt. 5 e 6), individua nell’og-getto principale del contratto c.d. misto l’elemento di discrimi-ne ai fini della determinazione della procedura di aggiudicazio-ne applicabile. Si recepisce in tal modo la giurisprudenza dellaCorte di Giustizia relativa, fra gli altri, al caso Loutraki (6 mag-gio 2010, C-145/08 e C-149/08).

(30) La legge di delega fa riferimento, per la disciplina deicontratti sotto-soglia, a “criteri di massima semplificazione erapidità dei procedimenti”, con la salvaguardia dei “principi ditrasparenza e imparzialità della gara” (art. 1, comma 1, lett. ge ii, L. 28 gennaio 2016, n. 11).

(31) Le subsoglie sono differenziate per l’oggetto: per i la-vori fino a euro 40 mila, fino a 150 mila (nel testo previgenteera fissata in 200 mila) e un milione di euro; per forniture e ser-vizi, fino a 40 mila, fino a 135 mila e 209 mila (art. 36, comma2, lett. b e c). Esse individuano due classi di importo rilevanti

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Dall’analisi che precede può escludersi una restri-zione collegata agli elementi sin qui considerati edemerge un positivo intento espansivo della sferaapplicativa delle nuove regole.

I tipi di procedure aggiudicative e lapossibilità di scelta

Le disposizioni sulle procedure recepiscono quasiintegralmente il testo della direttiva e danno l’esat-ta misura di come la materia sia attratta alla disci-plina sovranazionale. Il legislatore domestico ap-porta solo minime integrazioni, sebbene d’impor-tanza non secondaria. Nella scelta delle procedure(art. 59 cod.) si introducono, ad esempio, il vinco-lo a porre a base di gara degli affidamenti di con-tratti di lavori, il progetto esecutivo e il divietodell’affidamento congiunto della progettazione edell’esecuzione (con alcune eccezioni, fra cui con-cessioni e PPP).In conseguenza alla trasposizione delle due nuoveprocedure ad evidenza pubblica (competitiva connegoziazione e partenariato per l’innovazione), ilquadro complessivo risulta articolato in sei tipolo-gie procedurali, di cui per motivi di spazio si analiz-zano di seguito soltanto le principali caratteristichee novità.Procedura aperta (art. 60 cod.). Resta la procedura“capolista” e assicura la massima apertura alla con-correnza: tutti gli operatori interessati possono, in-fatti, presentare un’offerta in risposta ad un avvisoo bando di gara. Nella disciplina di questa e delletre tipologie seguenti, i soggetti procedenti sonoindividuati nelle “amministrazioni aggiudicatri-ci” (32). Come per quella ristretta, l’esclusione dal-la gara è disposta in assenza dei requisiti minimiper la selezione qualitativa. A differenza della di-rettiva, non è prevista la riduzione del termine perl’invio elettronico delle offerte in coerenza allascelta del nostro legislatore di rendere obbligatoriol’uso del mezzo elettronico (33). Non è trasposta,inoltre, l’opzione di procedura aperta con esamedelle offerte anteriore alla verifica di assenza dicause di esclusione e di rispetto dei criteri seletti-vi (34). La stessa disciplina comunitaria consente,infatti, di escludere o limitare l’uso di tale modalità

procedurale (art. 56, par. 2, comma 2), che nel no-stro ordinamento risulterebbe illegittima con riferi-mento, in particolare, ai requisiti generali dell’of-ferta.Procedura ristretta (art. 61 cod.). Anche questa pro-cedura deve essere comunque aperta al maggior nu-mero di partecipanti possibile, ma la presentazionedell’offerta da parte degli interessati è subordinataall’invito a partecipare alla procedura (art. 91cod.). Tale invito è rivolto dalle amministrazioniaggiudicatrici agli operatori economici candidatisi(rispondendo ai requisiti dell’avviso di indizione digara), che soddisfano i criteri selettivi. La limita-zione della concorrenza realizzata mediante la ca-ratteristica fase della selezione dei candidati, “altri-menti qualificati da invitare a partecipare” (art.91), è possibile anche nelle procedure competitivecon negoziazione, di dialogo competitivo e di par-tenariato per l’innovazione (p. 3, 5 e 6). È questauna delle nuove disposizioni europee che amplianola discrezionalità delle autorità aggiudicatrici e ren-dono flessibile la procedura, creando “snodi” nellatradizionale sequenza delle fasi, liberamente gesti-bili dalle amministrazioni (35). La limitazione èpraticabile in presenza di determinati presupposti -“la difficoltà o complessità dell’opera, della fornitu-ra o del servizio”, tale da precludere l’efficientesvolgimento della procedura aperta - e a condizioniprestabilite. Queste ultime consistono nelle garan-zie di un numero minimo di invitati da stabilirsicomunque nella misura “sufficiente ad assicurareun’effettiva concorrenza” (36), del rispetto delprincipio di proporzionalità nell’indicazione deicriteri selettivi, che devono essere oggettivi e nondiscriminatori. Il fatto che, a differenza della diret-tiva, il Codice indichi direttamente tale numerominimo (cinque nella procedura ristretta e tre nel-le altre indicate; art. 91, comma 2) rappresentauna limitazione della capacità di scelta dell’ammi-nistrazione aggiudicatrice che contrasta con il cd.divieto di gold plating, previsto dalla legge di delega.La prescrizione di un preciso numero vale ad intro-durre, infatti, un livello di regolazione ulteriore epiù incisivo rispetto a quelli contenuti nella diret-tiva da recepire.

per la determinazione di un regime competitivo o di gara (omini-gara) di affidamento dei contratti (da euro 40 mila).

(32) La nozione comprende le amministrazioni dello Stato,gli enti pubblici territoriali e quelli non economici, gli organismidi diritto pubblico e le associazioni, unioni, consorzi di detti en-ti comunque denominati (art. 3, comma 1, lett. a).

(33) Art. 60, comma 3, cod. e art. 27, comma 3, Dir. n. 24.(34) Tale “variante” di procedura aperta è prevista all’art.

56, par. 2, comma 1, Dir. n. 24.(35) Un altro esempio è rappresentato dalla possibilità per

le amministrazioni, nella fase di preparazione dell’appalto, diacquisire consulenze di esperti o autorità indipendenti o parte-cipanti al mercato (art. 66, comma 2, cod. e art. 40, Dir. n. 24).

(36) Art. 91, comma 2, cod. che riprende l’art. 65, comma2, par. 2 della Dir. n. 24.

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Procedura competitiva con negoziazione (art. 62cod.). È la principale novità della direttiva n. 24(art. 29), assorbe la tipologia previgente di proce-dura negoziata previa pubblicazione di un bando digara ed è prevista esclusivamente per gli appaltinei settori ordinari. Le amministrazioni possonousare la nuova procedura (come il dialogo competi-tivo) quando non siano in grado di definire glistrumenti o le soluzioni più adeguati alle proprieesigenze e di valutare le offerte di mercato, anchea causa dell’assenza di standard e riferimenti tecni-ci, giuridici o finanziari. In tali ipotesi, esse si limi-tano a indicare tali esigenze (illustrando le caratte-ristiche delle forniture, dei lavori e dei servizi) edeterminare i requisiti minimi e i criteri di aggiudi-cazione. In particolare, le informazioni (che devo-no essere “sufficientemente precise”, comma 3) suesigenze, caratteristiche e requisiti costituiscono labase per la formulazione delle offerte iniziali daparte degli operatori e queste, a loro volta, la baseper la successiva negoziazione. Tale negoziazione sisvolge attraverso la presentazione di ulteriori, piùevolute offerte, la loro progressiva selezione, ridu-zione di numero e nuova negoziazione da parte del-l’amministrazione ed ha il fine di precisare e mi-gliorare il contenuto di quelle iniziali. Con la deci-sione di chiudere la negoziazione, essa fissa il ter-mine per la presentazione delle offerte finali (nuo-ve o modificate), le valuta in relazione ai criteripredeterminati (sempre esclusi dalla negoziazione)e infine aggiudica. Un elemento di flessibilità dellaprocedura appena descritta è contemplato nel casoin cui l’amministrazione si riservi ex ante - con pre-visione nel bando di gara o nell’invito a presentarele offerte - la possibilità di aggiudicare l’appaltosulla base dell’offerta iniziale (comma 8).Procedura negoziata senza pubblicazione di bando econtratti sotto-soglia. Il codice non contiene novitàcon riferimento a tale procedura (art. 63 cod.) che,per i contratti di importo sopra-soglia, continua adavere carattere eccezionale (come ribadito dal dise-gno di legge delega) ed essere attivabile in presenzadi circostanze ben determinate. Tali circostanze so-no trasposte con la tecnica del copy out e compren-dono, fra l’altro, l’esperimento di una proceduraaperta o ristretta infruttuoso per assenza di offertee il caso dell’oggetto d’appalto che possa essere for-nito soltanto da un unico operatore. Tale procedu-ra è, tuttavia, quella prescelta con riferimento ai

contratti sotto-soglia, su cui conviene svolgere al-cune considerazioni. Con riferimento ai principi,vale anzitutto l’obbligo di rispettare quelli comuni(art. 30) e i due ulteriori di “rotazione” (37) ed “ef-fettiva possibilità di partecipazione delle microim-prese, piccole e medie imprese” (art. 35, comma1). In secondo luogo, si salvaguarda, con un incisoin realtà pleonastico, all’inizio del secondo comma,la possibilità di ricorrere alle procedure ordinarie.L’obbligo di procedura aperta si attiva soltanto perl’affidamento di contratti di valore superiore al mi-lione di euro per i lavori, una soglia abbastanzaconsistente che finisce per limitare le prospettiveconcrete di un regime avanzato di concorrenza inquesto settore di mercato pur contendibile per leimprese straniere. La novità positiva, rispetto al te-sto previgente, è invece che viene eliminato l’arti-colo sulle “procedure in economia” per l’acquistodi beni e servizi, sebbene permanga la possibilità diricorrere all’affidamento diretto, con adeguata mo-tivazione, nel caso di contratti fino a 40 mila euro.Ciò è altresì previsto per l’esecuzione di lavori en-tro la stessa soglia, con l’alternativa dell’ammini-strazione diretta. Questa rimane disponibile per icontratti fino a euro 150 mila, con un’eccezionepiuttosto ampia e indeterminata per “l’acquisto e ilnoleggio di mezzi”. In tutti gli altri casi, il con-traente è scelto mediante una “procedura negoziataprevia consultazione, ove esistenti, di almeno cin-que operatori economici individuati sulla base diindagini di mercato o tramite elenchi di operatorieconomici, nel rispetto di un criterio di rotazionedegli inviti”. Per i contratti relativi alla secondaclasse di importo, la consultazione è estesa a diecioperatori e la procedura è determinata con riferi-mento all’art. 63 cod. Anche in tali casi, come perla procedura ristretta, la precisazione del numerodegli operatori economici da consultare eccede illivello di regolazione della fonte comunitaria, limi-ta la capacità di scelta delle amministrazioni in mi-sura non richiesta dal diritto UE e risulta, pertanto,in contrasto con il richiamato divieto di gold platingdella legge delega.Dialogo competitivo (art. 64). Con il partenariatoper l’innovazione forma il tandem delle procedureche gli Stati membri sono vincolati a recepire inbase alla normativa del 2014 (38). In entrambi icasi, la determinazione a usare tali procedure com-porta l’obbligo di motivazione della scelta. A diffe-

(37) Il criterio di rotazione, con l’obbligo di preventiva con-sultazione di almeno cinque operatori economici, era già indi-cato all’art. 125 del vecchio codice, con riferimento ai cottimi

fiduciari.(38) Artt. 30 e 31 Dir. n. 24.

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renza della direttiva, che fa riferimento alle ammi-nistrazioni aggiudicatrici, i soggetti titolati a ricor-rere al dialogo competitivo sono nel codice le “sta-zioni appaltanti”. Tale categoria comprende le am-ministrazioni aggiudicatrici, gli enti aggiudicatori -vale a dire, amministrazioni o imprese pubblicheche svolgono una delle attività oggetto dei settorispeciali -, i soggetti pubblici e privati assegnatari difondi rilevanti in tema di partenariato pubblico-privato e gli altri privati tenuti ad osservare il codi-ce. La sfera di applicazione risulta, pertanto, note-volmente ampliata. La disciplina del dialogo com-petitivo è analoga a quella di procedura competiti-va con negoziazione (questa, in effetti, è ripresa daquello), con presupposti, tuttavia, talvolta impreci-si e dovuti alla sovrapposizione di interventi nor-mativi successivi nel tempo. Essi rivelano il trade-off regolativo all’origine di tale istituto - il primo aintrodurre elementi di flessibilità nelle diverse fasidella procedura “classica” (aperta, ristretta e nego-ziata) di scelta dell’offerta economicamente piùvantaggiosa (Dir. 2004/18/EC) -, vale a dire, mag-giore elasticità mediante maggior complessità (39).Partenariato per l’innovazione (art. 65). È la secondaimportante novità della direttiva del 2014. Anchecon riferimento a tale procedura, la trasposizionedetermina un ampliamento della sfera soggettiva diapplicazione. Possono optare per questo tipo dipartenariato, infatti, sia le amministrazioni aggiudi-catrici sia gli enti aggiudicatori. Si segue una pro-cedura analoga a quella competitiva con negozia-zione, con gli stessi limiti del negoziabile (criteri diaggiudicazione e requisiti minimi) e le stesse possi-bilità di progressiva rinegoziazione delle offerte ini-ziali per determinare i contenuti di quella finale.In base ad essa, vengono definiti i livelli di presta-zione attesi e i costi massimi da sostenere per larealizzazione e lo sviluppo del processo innovativo.Se previsto nei documenti di gara, l’amministrazio-ne ha, inoltre, la possibilità di decidere di termina-re la partnership in ogni fase della procedura ammi-nistrativa che si svolge in parallelo. L’oggetto delcontratto sono prodotti, servizi o lavori non dispo-nibili sul mercato e in rapporto ai quali il soggettopubblico intende porsi alla guida del processo d’in-

novazione: è il caso della produzione di prototipiche richiede lo svolgimento di attività di ricerca,esposta inevitabilmente al rischio di fallimento. Atal fine l’individuazione del partner, con cui instau-rare un rapporto di cooperazione e reciproca fidu-cia, è possibile più agevolmente attraverso formenon rigide di interazione, che lascino spazio anchead elementi intuitivi.Nel complesso, le procedure sono disciplinate inmodo da offrire una varietà di soluzioni e strumentidifferenti, utili a soddisfare le esigenze degli attoripubblici in contesti e situazioni disparate. Non so-no concepite “a compartimenti stagni”, ma inschemi operativi multiple-choice. Non limitano mamoltiplicano le opportunità di autodeterminazionedei soggetti della sfera pubblica e mirano a poten-ziarne le abilità negoziali e commutative rispettoagli snodi delle procedure. La scelta di una nonvincola, infatti, il soggetto procedente ad esaurirel’intera sequenza delle fasi tipizzanti ed è semprereversibile quando un’offerta incontri l’interessepubblico.La distinzione fra i tipi e le fasi procedurali non èrigida: si pensi alla selezione dei candidati qualifi-cati, prevista quale fase eventuale nell’ambito ditre procedure. Inoltre, come dimostra la duplicazio-ne fra procedura competitiva con negoziazione edialogo competitivo, l’intento del legislatore comu-nitario (che qui prevale) non è la razionalizzazionedel quadro normativo. L’intento è piuttosto mette-re gli attori pubblici in condizioni di poter guidarei processi di sviluppo economico e sociale europeiattraverso l’attività contrattuale. Ciò ponendo alcontempo un freno ai legislatori nazionali per pre-venire iper-normazione e (l’adozione di) misureprotezionistiche.Della tradizionale esclusività statale rimangono, indefinitiva, la possibilità di calibrare l’ambito sog-gettivo di operabilità delle procedure anche inconsiderazione delle specifiche caratteristiche diarticolazione organizzativa della sfera pubblica na-zionali, determinate sfere oggettive di regolazione -di cui la più problematica è il c.d. “sottosoglia” - ela flessibilità di scelta della procedura fra quelleespressamente disciplinate.

(39) F. Lichére, New Award Procedures, in EU Public Con-tract Law, a cura di M. Trybus - R. Caranta - G. Edelstam, 81ss., spec. 85. La duplicazione con la procedura competitivacon negoziazione (a livello comunitario) si spiega con l’esigen-za di assicurare alle amministrazioni, da un lato, un maggiorgrado di flessibilità delle procedure esistenti, dall’altro, gli stru-menti di cui già fanno ampio uso, come si verifica per le pro-

cedure d’appalto delle amministrazioni locali e regionali dellearee di confine, per cui è stato registrato un alto numero di of-ferte di imprese frontaliere (v. considerando 42 della Dir. n.24). Cfr. J. Davey, Procedures involving negotiation in the newPublic Procurement Directive: key reforms to the grounds foruse and the procedural rules, in P.P.L.R., 2014, n. 3.

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458 Giornale di diritto amministrativo 4/2016

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I criteri di aggiudicazionedi Chiara Lacava

Nei criteri di aggiudicazione il Codice recepisce fedelmente le direttive europee e introduce ele-menti molto innovativi anche sul piano concettuale rispetto alla previgente disciplina. La novitàprincipale è la netta preferenza del legislatore per l’offerta economicamente più vantaggiosa,che diventa la regola, mentre il prezzo più basso diventa l’eccezione. La ricchezza e varietà deicriteri indicati in base ai quali è valutata l’offerta conferma, inoltre, la centralità dei temi ambien-tali e sociali nella disciplina degli appalti pubblici. Altra novità è la definizione del concetto di co-sto, quale “costo del ciclo di vita”, che conferisce alla concezione del prezzo, oltre la dimensio-ne dell’articolazione dei diversi oneri, soprattutto quella “temporale”, vale a dire il costo determi-nato da oneri successivi all’acquisizione in sé. Infine, si fa chiarezza sulla previsione della qualitàdell’offerente tra i criteri di aggiudicazione. Appare invece farraginosa e inutilmente complicatala disciplina relativa all’individuazione delle offerte anomale.

La preferenza per l’offerta economicamentepiù vantaggiosa

La disciplina si apre, come disposto dall’art. 56 del-la Dir. 24/2014/Ue, con l’affermazione di principioche l’aggiudicazione avviene sulla base di due pre-supposti fondamentali: la conformità dell’offerta airequisiti, alle condizioni e ai criteri indicati nelbando di gara; la provenienza di tale offerta da par-te di un offerente non escluso e che soddisfi i crite-ri di selezione fissati dall’amministrazione aggiudi-catrice; inoltre, è attribuita alla stazione appaltantela facoltà di non aggiudicare l’appalto all’offerenteche ha presentato l’offerta economicamente piùvantaggiosa, se tale l’offerta non soddisfa gli obbli-ghi in materia ambientale, sociale e del lavoro(art. 94).Il successivo art. 95, in attuazione dei principi dellalegge delega (1), contiene elementi fortemente in-novativi anche sul piano concettuale rispetto alprevigente art. 81, recependo in modo pressochéidentico il contenuto e le finalità dell’art. 67 dellaDir. 24 (2), a partire dal monito di carattere gene-rale del limite del potere discrezionale della stazio-ne appaltante nella scelta dell’offerta, che deve es-sere effettuata sulla base di criteri di aggiudicazionetali da garantire una concorrenza effettiva (comma1) (3).

Mentre la disciplina precedente del Codice preve-deva, come noto, due criteri di aggiudicazione - of-ferta economicamente più vantaggiosa e prezzo piùbasso - a libera scelta dell’amministrazione in rela-zione all’oggetto dell’appalto, il nuovo codice pri-vilegia nettamente il primo criterio che diventa laregola. Il criterio del prezzo più basso rappresenta,invece, l’eccezione (4). Fatte salve le disposizionilegislative, regolamentari o amministrative relativeal prezzo di determinate forniture o alla remunera-zione di servizi specifici, le stazioni appaltanti, in-fatti, procedono all’aggiudicazione degli appalti sul-la base del criterio dell’offerta economicamente piùvantaggiosa (comma 2). Questo criterio, a sua vol-ta, viene radicalmente riformulato, perché l’offertamigliore è individuata sulla base del miglior rap-porto qualità/prezzo (c.d. best price quality ratio), va-lutato secondo criteri oggettivi, quali gli aspettiqualitativi, ambientali e/o sociali collegati all’og-getto dell’appalto di cui viene fornito un elencoesemplificativo (comma 6), oppure sulla base del-l’elemento prezzo o del costo, seguendo però un ap-proccio costo/efficacia, quale il costo di ciclo di vi-ta, conformemente al successivo art. 96.La novità sta quindi in quattro aspetti principali:1) l’esplicita preferenza per il criterio dell’offertaeconomicamente più vantaggiosa (5); 2) la nuova

(1) Art. 1, lett. p), ff), gg), oo), ccc), ddd), fff), ggg), L. n. 11/2016.

(2) P. Bordalo Faustino, Award criteria in the new EU Direc-tive on public procurement, in PPLR, n. 3/2014.

(3) Art. 95, comma 1 per il quale “I criteri di aggiudicazionenon conferiscono alla stazione appaltante un potere di sceltaillimitata dell’offerta”.

(4) Tanto che sparisce l’intero art. 82 derubricato “Criteriodel prezzo più basso”. Vale ricordare, in proposito, che soltan-to a seguito della sentenza della Corte di Giustizia 7 ottobre

2004 (C-247/02), si è provveduto, non senza una certa riluttan-za, ad adeguare l’ordinamento nazionale a quello comunitario.In conseguenza, è stata rimessa alla discrezionalità dell’ammi-nistrazione la scelta del criterio di aggiudicazione (art. 81), se-condo i principi comunitari di esclusività, specificità e pubblici-tà nella selezione dell’offerta ed è stata rafforzata la disciplinadell’offerta economicamente più vantaggiosa (art. 83).

(5) Definito “concetto prioritario” nel Considerando 89, Dir.24/2014/Ue.

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interpretazione dell’offerta economicamente piùvantaggiosa che deve essere confrontata con unconcetto diverso da quello precedente, e cioè “ilmiglior rapporto qualità/prezzo”; 3) l’introduzionedel costo accanto al prezzo, ma allo stesso alterna-tivo, secondo un approccio costo/efficacia”); 4) la(parziale) esplicitazione normativa del concetto dicosto, quale costo del “ciclo di vita”.Mentre resta in gran parte analoga rispetto al vec-chio codice (art. 86) la disciplina sostanziale deicriteri di aggiudicazione: pubblicità, previa deter-minazione e proporzionalità in relazione all’oggettodell’appalto, ponderazione in relazione a ciascuncriterio tale da non alternare l’oggetto dell’affida-mento (6), disciplina delle varianti in corso d’ope-ra, etc. (7). Il comma 9 stabilisce inoltre che le am-ministrazioni aggiudicatrici utilizzano metodologietali da consentire di individuare con un unico pa-rametro numerico finale l’offerta economicamentepiù vantaggiosa (OEPV). Al fine di facilitare lestazioni appaltanti e gli operatori economici, aisensi dell’art. 213, comma 2, del Codice, l’Autoritànazionale anticorruzione (ANAC), a seguito diconsultazione pubblica, ha approvato un documen-to, di natura prevalentemente tecnico-matematica,finalizzato a fornire indicazioni operative per il cal-colo dell’OEPV (8).Il codice in attuazione del principio di preferenzasopra indicato, contiene poi una regolamentazio-ne espressa delle ipotesi in cui, in relazione alla ti-pologia di appalto e/o all’importo, gli enti appal-tanti possono utilizzare il criterio del prezzo piùbasso, nel qual caso devono tuttavia fornire ade-guata motivazione (commi 4 e 5): i lavori di im-porto pari o inferiore a euro 1.000.000, tenutoconto che la rispondenza ai requisiti di qualità ègarantita dall’obbligo che la procedura di gara av-venga sulla base del progetto esecutivo; i servizi e

forniture con caratteristiche standardizzate o lecui condizioni sono definite dal mercato; nonchéi servizi e le forniture di importo inferiore alla so-glia di rilevanza comunitaria, caratterizzati da ele-vata ripetitività, fatta eccezione per quelli di no-tevole contenuto tecnologico o che hanno un ca-rattere innovativo. Ciò a conferma che il nuovosistema è incentrato sulla qualità, anche al fine dieliminare la causa principale del lievitare dei costidei lavori pubblici rappresentata da gare su pro-gettazioni preliminari. All’opposto, il legislatoreprevede esplicitamente alcune ipotesi in cui lestazioni appaltanti possono aggiudicare esclusiva-mente sulla base dell’offerta economicamente piùvantaggiosa (comma 3): i contratti relativi ai ser-vizi sociali e di ristorazione ospedaliera, assisten-ziale e scolastica, i servizi ad alta intensità di ma-nodopera (9) e i contratti relativi all’affidamentodei servizi di ingegneria e architettura e dei servizidi natura tecnica e intellettuale, di importo supe-riore a euro 40.000.Rimettere questa scelta al legislatore anziché allestazioni appaltanti potrebbe fare insorgere il dubbiodi una debole applicazione del divieto di goldpla-ting, come segnalato dal Consiglio di Stato (10)tuttavia, la stessa direttiva (11) lascia liberi gli Sta-ti di negare il ricorso soltanto al criterio del prezzoo del costo o di limitarne l’uso a determinate cate-gorie di amministrazioni aggiudicatrici o tipi di ap-palto, probabilmente nella consapevolezza dellanecessità da parte degli Stati di stabilire regole ecriteri per una riforma che spinga in modo nettoverso la residualità del criterio del prezzo più basso.Si deve, tuttavia, sottolineare che l’aver mantenu-to nella versione definitiva del codice la soglia cosìelevata per i lavori di importo pari o inferiore a eu-ro 1.000.000 (che rappresentano la stragrande

(6) Sulla ponderazione, tuttavia, mentre con la Dir.2004/18/CE e il D.Lgs. n. 163/2006 non era possibile assegna-re al prezzo un punteggio particolarmente basso (o nullo) oprevedere una metodologia di calcolo tale da azzerare di fattola componente prezzo, attualmente tale possibilità è ammessadall’art. 95, comma 7, del Codice, secondo il quale è possibilecompetere esclusivamente sulla qualità. La norma lascia peròaperta la definizione delle fattispecie per le quali è possibile an-nullare l’elemento costo nell’ambito dell’OEPV. Invero, il citatocomma 7, rimanda all’art. 95, comma 2, per l’individuazionedei casi in cui si può ricorrere al prezzo fisso, ovvero in cui sia-no presenti “disposizioni legislative, regolamentari o ammini-strative relative al prezzo di determinate forniture o alla remu-nerazione di servizi specifici”. Tale casistica però non è esausti-va, in considerazione della locuzione “anche” utilizzata per ilsuddetto rimando. Sul punto si rinvia per un approfondimentoalle Linee guida dell’Autorità nazionale anticorruzione di segui-to citate.

(7) Per quanto riguarda la disciplina delle varianti in corsod’opera, sostanzialmente analoga a quella precedente dell’art.76 si segnala soltanto, in attuazione della lett. ee) della leggedelega un duplice obbligo di comunicazione: per gli appalti ele concessioni sotto soglia, si prevede una comunicazione al-l’Osservatorio sui contratti pubblici, mentre per i contratti so-pra soglia si dispone che le varianti in corso d’opera di importoeccedente il dieci per cento dell’importo originario del contrat-to sono trasmesse all’ANAC, unitamente al progetto esecutivo.

(8) Linee guida. Offerta economicamente più vantaggiosa. De-terminazione approvata dal Consiglio dell’Autorità, nell’adu-nanza del 21 giugno 2016.

(9) Cioè i servizi che comportano un impiego della manodo-pera il cui costo è almeno pari al 50% dell’importo totale delcontratto.

(10) Parere n. 855/2016 del 1° aprile 2016.(11) L’ultimo capoverso, par. 1 dell’art. 67 della Dir.

24/2016.

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maggioranza), malgrado il parere della camera deideputati (12), ne attenua in parte la forza.La preferenza per l’offerta economicamente piùvantaggiosa esalta, a sua volta, la connessione tradisciplina dei contratti pubblici e politiche socialie di tutela ambientale. Essa emerge in modo evi-dente innanzitutto nell’elencazione esemplificativadei criteri oggettivi, quali gli aspetti qualitativi,ambientali o sociali, in base ai quali è valutata l’of-ferta economicamente più vantaggiosa (comma 6).In particolare, vi è una generalizzazione di alcunicriteri previgenti indicati nell’art. 83 al fine del-l’ampliamento del loro ambito oggettivo (es. laredditività, l’impegno in materia di pezzi di ricam-bio, la sicurezza di approvvigionamento e l’origineproduttiva e, in caso di concessioni, la durata delcontratto, le modalità di gestione, il livello e i cri-teri di aggiornamento delle tariffe da pratica agliutenti, non sono più elencati nel dettaglio), men-tre vengono introdotte specificazioni in merito alcriterio della qualità, con particolare riguardo allaaccessibilità per i disabili e all’OHSAS (Occupa-tion Health and Safety Assessment Series) cheidentifica uno standard internazionale per un siste-ma di gestione della sicurezza e della salute dei la-voratori (13).Inoltre, il Codice - e questo costituisce una novitàassoluta - rimette alle amministrazioni aggiudicatri-ci la potestà di indicare nel bando di gara, nell’av-viso o nell’invito, criteri premiali in relazione almaggior rating di legalità dell’offerente (14), non-ché in relazione a beni, lavori, servizi che presenta-no un minore impatto sulla sicurezza e salute deilavoratori e sull’ambiente e per agevolare la parte-cipazione alle procedure di affidamento per le mi-

croimprese, piccole e medie imprese, per i giovaniprofessionisti e per le imprese di nuova costituzio-ne, in questo confermando il favor verso le piccolee medie imprese (15). Da segnalare che il testo haseguito solo in parte i criteri della legge delega sul-l’introduzione di “clausole sociali” volte a promuo-vere la stabilità occupazionale secondo criteri diterritorialità dei contratti (16), che in effetti pote-va nel concreto prestarsi a facili distorsioni e allaviolazione dei principi comunitari di parità di trat-tamento e non discriminazione (17). Tuttavia, il ri-schio sussiste sempre, tant’è che l’ANAC ricorda,nel documento sopra citato, che il rating di legalitàpuò essere richiesto esclusivamente da imprese ita-liane, iscritte al registro delle imprese da almenodue anni e con un fatturato minimo pari ad alme-no due milioni di euro. Di conseguenza, a menoche la stazione appaltante non sappia già, nellapredisposizione del bando di gara o della lettera diinvito, che alla procedura potranno partecipare so-lo imprese potenzialmente idonee ad avere il rating,è opportuno che, per il suo utilizzo, vengano intro-dotte compensazioni per evitare di penalizzare im-prese estere e/o di nuova costituzione. Inoltre, poi-ché l’elenco delle imprese che hanno un rating dilegalità è pubblico, è opportuno limitare l’utilizzodi tale criterio nei casi in cui la stazione appaltantescelga direttamente gli operatori economici da in-vitare.Da notare, infine, che al rating di legalità dal latodelle imprese corrisponde un rating di capacità dallato delle amministrazioni aggiudicatrici, attraversoil sistema complesso di qualificazione delle stazioniappaltanti previsto dall’art. 37 del Codice, nell’ot-tica della razionalizzazione della spesa e dell’effi-

(12) Parere Atto Camera n. 283, che cita “ - all’articolo 95,apportare le seguenti modificazioni: a) al comma 3, lettera b),costituire le parole: di ingegneria e architettura con le seguen-ti: di natura tecnica o intellettuale; b) al comma 4, sostituire leparole: ai sensi del comma 3 con le seguenti: ai sensi del com-ma 5; c) sostituire il comma 5 con il seguente: “5. Può essereutilizzato il criterio del minor prezzo: a) per i lavori di importopari o inferiore a 150.000 euro, tenuto conto che la risponden-za ai requisiti di qualità è garantita dall’obbligo che la procedu-ra di gara avvenga sulla base del progetto esecutivo; b) per iservizi e le forniture di importo pari o inferiore a 150.000 eurocon caratteristiche standardizzate; c) per i servizi e le fornituredi importo pari o inferiore a 150.000 euro, caratterizzati da ele-vata ripetitività, fatta eccezione per quelli di notevole contenu-to tecnologico o che hanno un carattere innovativo”.

(13) Il comma 6 precisa che la qualità comprende pregiotecnico, caratteristiche estetiche e funzionali, accessibilità per isoggetti con disabilità, progettazione adeguata per tutti gliutenti, certificazioni e attestazioni in materia di sicurezza e sa-lute dei lavoratori, quali OSHAS 18001, caratteristiche sociali,ambientali, contenimento dei consumi energetici e delle risor-se ambientali dell’opera o del prodotto, caratteristiche innova-

tive, commercializzazione e relative condizioni; tra gli altri crite-ri, si ricordano, il possesso di un marchio di qualità ecologicadell’UE, la compensazione delle emissioni di gas, il costo diutilizzazione e manutenzione avuto anche riguardo ai consumidi energia e delle risorse naturali, il servizio postvendita e l'as-sistenza tecnica, le condizioni di consegna come la data diconsegna, la procedura, il periodo di consegna e il periodo dicompletamento, etc.

(14) Il sistema del rating di impresa e delle relative penalitàe premialità da applicarsi ai fini della qualificazione delle im-prese è disciplinato dall’art. 83, comma 10.

(15) Già espresso nel divieto di aggregazione artificiosa de-gli appalti e nell’obbligo di motivazione della mancata suddivi-sione in lotti.

(16) Art. 1, comma 1, lett. fff) e ggg), L. n. 11/2016.(17) Sul punto, cfr. L. Torchia, La nuova direttiva europea in

materia di appalti di servizi e forniture nei settori ordinari, Rela-zione per il 61° convegno Studi Amministrativi, La nuova disci-plina dei contratti pubblici fra esigenze di semplificazione, rilan-cio dell’economia e contrasto alla corruzione, Varenna, 17-19settembre 2015.

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Giornale di diritto amministrativo 4/2016 461

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cientamento delle procedure di appalto, che tutta-via apre scenari molto complessi, da valutare at-tentamente al fine di evitare che obiettivi, purcondivisibili, non vadano poi in concreto a detri-mento della concorrenza del mercato, da un lato, edella responsabilità ed autonomia delle ammini-strazioni, dall’altro.

L’approccio costo/efficacia ed i costi delciclo di vita

Il nuovo concetto di “costo del ciclo di vita” (c.d.life-cycle costing), dettagliato nell’art. 96 (18), ripro-duce fedelmente l’art. 68 della Dir. 24/2014/Ue. Illegislatore comunitario aveva, a sua volta, recepitol’orientamento della Corte di giustizia, che ha san-cito la legittimità della considerazione nei criteridi aggiudicazione di aspetti del ciclo di vita quali iprocessi di produzione ed il costo ambientale (19).Il concetto, di chiara derivazione anglosassone (ti-pologia contrattuale c.d. cost-plus), conferisce allaconcezione di prezzo, oltre la dimensione dell’arti-colazione delle voci dei diversi oneri, soprattuttoquella “temporale”, vale a dire il costo determinatoda oneri successivi all’acquisizione in sé, purché “illoro valore monetario possa essere determinato everificato”. Tali oneri sono distinti mediante unelenco non tassativo, in due categorie principali:a) “costi interni”, generati dall’amministrazione ag-giudicatrice (costo di acquisizione; costo correlatoall’uso quale l’energia); costo di manutenzione; co-sto di fine vita (discarica e riciclo); b) costi relativialle esternalità ambientali, quali i costi delle emis-sioni e di mitigazione ambientale.In parte, i principi erano stati già introdotti nelnostro ordinamento con la L. 28 dicembre 2015, n.221 (Disposizioni in materia ambientale per pro-muovere misure di green economy e per il conteni-mento dell’uso eccessivo di risorse naturali), cheaveva modificato l’art. 83 del D.Lgs. n. 163/2006,introducendo il concetto di “ciclo di vita”. La no-vità dei criteri e la centralità del tema ambientalee sociale rientrano nella finalità più generale del-l’utilizzo strategico degli appalti pubblici, che muo-

ve dalla clausola orizzontale prevista nella Dir.24/2014/Ue (art. 18, comma 2) (20) e arricchiscein più parti la tassonomia delle norme a contenutoambientale, da quella sui criteri di sostenibilitàenergetica ed ambientale che sono tenuti in consi-derazione dalle amministrazioni anche ai fini dellastesura dei documenti di gara per l’applicazionedell’offerta economicamente più vantaggiosa (art.34) a quella sulla certificazione delle qualità, equindi sui labels specifici che possono essere richie-sti dalle amministrazioni aggiudicatrici se i requisitisono legati all’oggetto del contratto e sui la-bels equivalenti e prove alternative che devonougualmente essere accettati (art. 87); sino a quellache prevede la possibilità per la stazione appaltantedi non aggiudicare il contratto al miglior offerentese ha accertato che l’offerta presentata non è con-forme agli obblighi in materia ambientale, socialee del lavoro stabiliti dalla normativa europea e na-zionale (art. 94, comma 2 e art. 30, comma 3), oancora, in tema di offerte anormalmente basse(art. 97).Se alla netta prevalenza dell’offerta economica-mente più vantaggiosa e del correlato principiodella qualità si aggiunge l’incentivo alle autoritàappaltanti a considerare l’intero ciclo di vita deiprodotti/servizi d’interesse e la possibilità di mone-tizzare le esternalità, è chiaro come molto forte sa-rà l’impatto sulle amministrazioni aggiudicatrici ol-tre che sulle imprese. L’individuazione dei criteri edei sub-criteri di aggiudicazione nell’offerta econo-micamente più vantaggiosa e soprattutto l’attribu-zione di punteggi, infatti, non solo attribuisce un’a-lea di rischio sugli amministratori pubblici ma so-prattutto richiede competenze tecniche che spessonon sono presenti. Prova ne sono, tra l’altro, lestesse “Linee guida” dell’ANAC sopra citate che,al di là del fine dichiarato di facilitare le stazioniappaltanti, prevedono tutta una serie di modellitecnico-matematici di notevole complessità appli-cativa ai fini del calcolo dell’offerta economica-mente più vantaggiosa. La novità, tuttavia, puòrappresentare nel nostro ordinamento una spinta afavorire il graduale abbandono della valutazione

(18) Quando l’Amministrazione aggiudicatrice fa ricorso atale criterio, deve evidenziare negli atti di gara il metodo valu-tativo che seguirà nel determinare il costo del ciclo di vita: nelcaso dei costi ambientali esterni sono prefissati limiti e condi-zioni (come oggettività, verificabilità, ragionevolezza, propor-zionalità, accessibilità); inoltre, deve essere fatto riferimento ametodi approvati ufficialmente dall’Unione e riportati nell’alle-gato XVIII del Codice.

(19) Corte di Giustizia 10 maggio 2012, in causa C-368/10,Commissione/Paesi Bassi. Su questi profili, si rinvia a M. Cla-

rich - G. Fidone, La considerazione di variabili ambientali nellascelta del contraente (i cd. appalti verdi), in Il diritto degli appaltipubblici all’alba delle nuove direttive, Roma, Camera dei depu-tati, 2013.

(20) Gli Stati membri adottano misure adeguate per garanti-re che gli operatori economici, nell’esecuzione di appalti pub-blici rispettino gli obblighi applicabili in materia di diritto am-bientale, sociale e del lavoro stabiliti dal diritto dell’Unione, daldiritto nazionale, da contratti collettivi o dalle disposizioni inter-nazionali in materia ambientale, sociale e del lavoro.

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462 Giornale di diritto amministrativo 4/2016

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del mero prezzo, all’origine di non poche distorsio-ni negli appalti pubblici. Al tempo stesso, occorrecomunque evitare di incorrere nel rischio oppostodi una eccessiva discrezionalità amministrati-va (21).

Requisiti di partecipazione e criteri diaggiudicazione

Il nuovo Codice, all’art. 95, comma 6, lett. e), inconformità alla direttiva (art. 67, par. 2, lett. b),include tra i criteri dell’offerta economicamentepiù vantaggiosa anche “l’organizzazione, le qualifi-che e l’esperienza del personale effettivamente uti-lizzato nell’appalto”. Tale scelta è motivata dallaconvinzione che la qualità del personale addettopossa incidere sulla qualità dell’esecuzione dell’ap-palto e, di conseguenza, sul valore economico del-l’offerta. Al fine di evitare abusi, è stabilita la con-ditio sine qua non dell’elemento ulteriore della “in-fluenza significativa” della qualità del personale in-caricato sul livello di esecuzione dell’appalto. Inquesto modo si previene il rischio di un eccessivo“soggettivismo” nella fase di aggiudicazione, impo-nendo il principio di proporzionalità rispetto all’og-getto dell’appalto e quindi garantendo l’oggettivitàdella scelta e la parità di trattamento.Nella disciplina precedente, la scelta dell’aggiudi-catario si sviluppava in due fasi ben distinte: la fasedella selezione dei partecipanti, nella quale l’ammi-nistrazione doveva valutare i requisiti di partecipa-zione e la fase di aggiudicazione nella quale l’offer-ta doveva essere valutata in base a criteri stretta-mente attinenti all’oggetto e che ne misuravano ilvalore; quindi, anche nell’ipotesi del criterio del-l’offerta economicamente più vantaggiosa la valu-tazione doveva riguardare unicamente la qualitàdell’offerta e non dell’offerente.La novità è stata già in parte anticipata da una re-cente giurisprudenza, che da una iniziale posizionerigida (22) è approdata ad una più flessibile. Piùprecisamente, pur riconoscendo principio generaledelle gare pubbliche il divieto di commistione fra icriteri soggettivi di qualificazione e quelli oggettivi

afferenti alla valutazione dell’offerta, tale orienta-mento evidenzia tuttavia come spesso sussista unacommistione inestricabile tra il canone oggettivodi valutazione dell’offerta ed il requisito soggettivodel competitore. Questa commistione, che rendein concreto non pertinente il generale divieto, vie-ne in rilievo ogni qual volta la lex specialis valorizzinon già i requisiti soggettivi in sé intesi, bensì queiprofili soggettivi incidenti in modo specifico sull’e-spletamento dell’attività appaltata (23). Ancorapiù di recente si è sostenuta la legittimità della pre-visione, nel bando di gara, di elementi di valutazio-ne dell’offerta tecnica di tipo soggettivo nella mi-sura in cui aspetti dell’attività dell’impresa possano“illuminare” la qualità dell’offerta (24), pienamentein linea, quindi, con il nuovo approccio delle diret-tive volto alla selezione dell’offerta anche in basealla qualità dell’offerente, ora recepito anche dalCodice.

Offerte anomale

L’art. 97 recepisce l’art. 69 della Dir. 2014/24/UE eattua la corrispondente parte della lett. ff) dell’art.1, commi 1, della legge delega. La disposizione sta-bilisce, in linea con quanto previsto dalla normati-va europea e dalla costante giurisprudenza dellaCorte di Giustizia l’impossibilità di ricorrere all’e-sclusione automatica delle offerte anomale. In par-ticolare, al fine di non rendere predeterminabilidai candidati i parametri di riferimento per il cal-colo dell’anomalia, la stazione appaltante procedeal sorteggio in sede di gara dei metodi di determi-nazione dell’anomalia in base alle due ipotesi: prez-zo più basso e offerta economicamente più vantag-giosa.Tuttavia, in un eccesso di zelo e in contrasto conil dichiarato principio di semplificazione, il legisla-tore introduce ben cinque formule matematichedifferenti, di difficile interpretazione ed applicazio-ne, per l’individuazione delle offerte anomale nellegare bandite con il criterio del solo prezzo (comma2, lett. a, b, c, d, e). In questo caso, appare eviden-te la violazione del divieto di goldplating, avendo il

(21)Un approccio questo tipico del Regno Unito, dove dallafine degli anni ’90 per gli affidamenti degli enti locali è statoabolito il massimo ribasso mentre quelli infrastrutturali mag-giori sono attribuiti con prevalenza (a volte quasi totalizzante)di punteggio agli aspetti qualitativi. Al proposito, il Consideran-do 90 specifica che “il criterio raccomandato del price-qualityratio dovrebbe sempre includere un elemento di prezzo o dicosto”, proprio per limitare all’ambito dell’eccezionalità unatendenza del Regno Unito agli affidamenti dei maggiori inter-venti con la formula del design & build - D&B, secondo la mo-

dalità dell’early involvment contractor - EIC -, che si sostanziain una gara dove il prezzo indicato dall’Amministrazione nelbando è fisso e dove la competizione è sulle sole varianti quali-tative: modalità che, peraltro, ormai pare avvalorata dal par. 2,comma 2 dell’art. 67 Dir. 24/2014/Ue.

(22) Cons. Stato, Sez. V, 7 aprile 2009, n. 2147.(23) Cons. Stato, Sez. V, 21 maggio 2010, n. 3208. Id., Sez.

V, 23 gennaio 2012, n. 266.(24) Cons. Stato, Sez. V, 20 agosto 2013, n. 4191.

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legislatore introdotto regole sovrabbondanti, com-plicate e non necessarie. Si tratta comunque diuna norma la cui applicazione sarà in concreto li-mitata, malgrado l’enfasi che la caratterizza. Innan-zitutto, la norma sembrerebbe efficace soltanto seviene prevista l’esclusione automatica delle offerteanomale (art. 97, comma 8, primo periodo) e se ilnumero delle offerte è almeno pari a 10 (stessocomma, terzo periodo). In assenza di previsionedell’esclusione automatica, l’individuazione delleofferte anomale con le formule del comma 2 nonservirebbe: la presunta anomalia da verificare egiustificare sarà quella dell’offerta di maggior ribas-so e poi a seguire in ordine di graduatoria. Si consi-deri inoltre che ai sensi del comma 6, secondo pe-riodo, la stazione appaltante in ogni caso può valu-tare la congruità di ogni offerta che, in base ad ele-menti specifici, appaia anormalmente bassa, condi-zione che potrebbe essere una adeguata alternativaalle formule del comma 2 (25). Sempre in relazioneal perimetro di applicazione della norma, dal com-binato disposto dell’art. 95, comma 4, che limita ilcriterio del solo prezzo ai lavori di importo pari oinferiore a euro 1.000.000 e ai servizi e fornituresotto soglia e dell’art. 36, comma 2, lett. b), cheprevede la possibilità di limitare a 5 gli operatorida invitare negli appalti di lavori di importo infe-riore a euro 150.000 e negli appalti di servizi e for-niture di importo inferiore a euro 209.000, nonsembrerebbero rientrare nell’applicazione dellanorma tutte queste fattispecie (26).Resta invece analoga rispetto al vecchio codice(art. 87) la disciplina sostanziale dei criteri di veri-fica delle offerte anormalmente basse. Gli operatori

economici forniscono su richiesta della stazione ap-paltante, spiegazioni sul prezzo o sui costi propostinelle offerte, se queste appaiono anormalmentebasse, sulla base di un giudizio tecnico sulla con-gruità, serietà, sostenibilità e realizzabilità dell’of-ferta. Si indicano, quindi, gli elementi cui le pre-dette spiegazioni possono riferirsi, tra i quali figura-no, come nella precedente disciplina, l’economiadel processo di fabbricazione dei prodotti, dei servi-zi prestati o del metodo di costruzione; le soluzionitecniche prescelte o le condizioni eccezionalmentefavorevoli di cui dispone l’offerente per fornire iprodotti, per prestare i servizi o per eseguire i lavo-ri; l’originalità dei lavori, delle forniture o dei ser-vizi proposti dall’offerente. Innovativi rispetto allalegislazione previgenti e conformi alla disciplinacomunitaria sono invece i seguenti elementi che,una volta accertati, portano ad escludere l’offertaanormalmente bassa: mancato rispetto degli obbli-ghi di cui all’art. 30, comma 3, in materia ambien-tale, sociale e del lavoro; mancato rispetto degliobblighi di cui all’art. 105 sulla disciplina del su-bappalto; oneri aziendali della sicurezza incongrui ecosto del personale inferiore ai minimi salariali re-tributivi indicati nelle apposite tabelle; anomaliaconseguente ad aiuto di Stato ottenuto dall’offe-rente (27). Da ultimo, in virtù del principio di col-laborazione amministrativa, si prevede che la Cabi-na di regia di cui all’art. 212, su richiesta, metta adisposizione degli altri Stati membri, tutte le infor-mazioni a disposizione, quali leggi, regolamenti,contratti collettivi applicabili o norme tecnichenazionali, relative alle prove e ai documenti pro-dotti in relazione agli elementi di cui sopra.

Gli oneri dichiarativi e il soccorso istruttoriodi Tommaso Di Nitto

Gli oneri dichiarativi costituiscono un ostacolo alla partecipazione degli operatori economici aiprocedimenti per l’aggiudicazione degli appalti e delle concessioni. Il Codice dei contratti pubbli-ci cerca di ridurre il peso di tali oneri e gli effetti derivanti dal loro erroneo adempimento, isti-tuendo la Banca dati nazionale degli operatori economici, rivedendo l’istituto del soccorso istrut-torio ed imponendo l’uso del documento di gara unico europeo. La prospettiva ancora lontana

(25) Paradossalmente il comma 2, qualora fosse sorteggia-to il metodo di cui alla lettera c) o il metodo di cui alla letterae), potrebbe risultare “utile” solo per certificare che in una da-ta gara non si verifica alcuna anomalia.

(26) Ma anche i lavori di importo fino a 1.000.000 nonavranno grande rilievo; potendo limitare gli inviti a 10 operato-ri, ai sensi dell’art. 36, comma 2, lett. c), basterà che un invita-to non presenti offerta e l’esclusione automatica non sarà ap-plicabile.

(27) In particolare, il comma 7 dell’art. 97 stabilisce che, loStato può escludere tale offerta unicamente per questo motivosoltanto dopo aver consultato l’offerente e se quest’ultimonon è in grado di dimostrare, entro un termine sufficiente sta-bilito dalla stazione appaltante, che l’aiuto in questione eracompatibile con il mercato interno ai sensi dell’art. 107 TFUE.In tali circostanze, quando la stazione appaltante escludeun’offerta, provvede a informarne la Commissione europea.

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sembra essere quella di eliminare l’obbligo per gli operatori economici di autodichiarare il pos-sesso dei requisiti di partecipazione, consentendo alle stazioni appaltanti di escluderli dalle garesolo in presenza di carenze sostanziali delle offerte presentate.

Gli oneri dichiarativi: un ostacolo allapartecipazione alle gare perl’aggiudicazione degli appalti e delleconcessioni

Come si legge nel considerando n. 84 della Dir.24/2014, “molti operatori economici, non da ulti-mo le PMI, ritengono che un ostacolo principalealla loro partecipazione agli appalti pubblici consi-sta negli oneri amministrativi derivanti dalla ne-cessità di produrre un considerevole numero di cer-tificati o altri documenti relativi ai criteri di esclu-sione e di selezione”. E ciò in quanto, come è evi-dente, tali oneri restringono la dimensione delmercato delle concessioni e degli appalti pubblici,incidendo negativamente sulla tutela della concor-renza e sulla lotta alla corruzione, impedendo allestazioni appaltanti di concentrare l’attenzione sullaqualità delle offerte presentate, ampliando gli spazidi contenzioso.Per questa ragione, le tre Dir. CE 23, 24 e 25 del2014 (1) hanno posto tra gli obiettivi primari dellanuova regolamentazione delle concessioni e degliappalti pubblici di lavori, servizi e forniture sia lariduzione degli oneri dichiarativi, sia l’implementa-zione della capacità delle stazioni appaltanti di ag-giudicare le gare sulla base di informazioni recentiacquisite mediante l’utilizzo di banche dati elettro-niche.L’obiettivo è stato fatto proprio anche dalla L. 28gennaio 2016, n. 11. Nel delegare il Governo adattuare le nuove direttive sull’aggiudicazione deicontratti di concessione e degli appalti pubblici dilavori, servizi e forniture e a riordinare la disciplinavigente in materia di contratti pubblici relativi alavori, servizi e forniture, la legge ha infatti fornitoal legislatore delegato tre principi direttivi volti al-la riduzione degli oneri dichiarativi e degli effettiderivanti dal loro erroneo adempimento.Il primo è diretto a confermare la vigenza del soc-corso istruttorio (2). Il secondo è diretto invece a

semplificare le procedure di verifica da parte dellestazioni appaltanti del possesso da parte degli ope-ratori economici dei requisiti generali di qualifica-zione, mediante l’utilizzo di un’unica banca daticentralizzata gestita dal Ministero delle infrastrut-ture e dei trasporti e la revisione e semplificazionedell’attuale sistema AVCpass (3). Il terzo è direttoa prevedere, infine, l’utilizzo di un unico documen-to - il documento di gara unico europeo (DGUE) -per autocertificare il possesso dei requisiti richiestiper partecipare alle gare (4).Il Codice dei contratti pubblici (5) ha a sua voltarecepito tali principi in una serie di norme conte-nute nella Parte II, Titolo III, Capo III, Sezione II.Queste norme saranno di seguito esaminate se-condo l’ordine in cui si rinvengono nel D.Lgs. 18aprile 2016, n. 50. Con un avvertenza prelimina-re: e, cioè, che esse sono tutte direttamente appli-cabili all’aggiudicazione degli appalti riguardanti isettori ordinari e speciali, ma non anche all’aggiu-dicazione delle concessioni. Le norme che si esa-mineranno, infatti, non sono espressamente ri-chiamate nell’art. 164, comma 2 del Codice (6),con la conseguenza che la loro applicazione alleprocedure di aggiudicazione dei contratti di con-cessione può essere sostenuta soltanto in via in-terpretativa.

La Banca dati nazionale degli operatorieconomici

La semplificazione della verifica del possesso daparte degli operatori economici dei requisiti neces-sari per la partecipazione alle procedure disciplina-te dal Codice dei contratti riparte dall’utilizzo diuna banca dati. Ossia la Banca dati nazionale deglioperatori economici prevista dall’art. 81, che, unavolta operativa, costituirà l’unico strumento peracquisire la documentazione comprovante il pos-

(1) Per un commento alle tre direttive v. C. Contessa - D.Crocco, Appalti e concessioni. Le nuove direttive europee, Ro-ma, 2015. Sulla Dir. 2014/24, cfr., in particolare, L. Torchia, Lanuova direttiva europea in materia di appalti servizi e forniturenei settori ordinari, reperibile sul sito www.irpa.eu.

(2) Cfr. art. 1, comma 1, lett. z), L. n. 11/2016.(3) Cfr. art. 1, comma 1, lett. z), L. n. 11/2016.(4) Cfr. art. 1, comma 1, lett. aa), L. n. 11/2016.

(5) Si utilizza la denominazione che, secondo quanto si leg-ge nel parere 1° aprile 2016, n. 855, fornito dal Consiglio diStato sulla bozza del decreto legislativo predisposto dal Gover-no, meglio si “addice all’ambizioso progetto sotteso al codice”.

(6) Ossia della norma che regola l’oggetto e l’ambito di ap-plicazione delle norme specificamente dettate per le conces-sioni.

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sesso dei requisiti di carattere generale, tecnico-professionale ed economico e finanziario (7).Si tratta, in ossequio allo specifico principio conte-nuto nell’art. 1, comma 1, lettera z) della legge de-lega, del refitting della Banca dati nazionale deicontratti istituita presso l’ANAC dall’art. 6 bis delD.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (8).L’art. 81 del Codice ribadisce, infatti, il principioper il quale la documentazione comprovante tutti irequisiti dichiarati in sede di gara dagli operatorieconomici è acquisita dalle stazioni appaltanti, al-meno per quanto riguarda l’aggiudicazione degliappalti d’importo superiore alle soglie di rilevanzacomunitaria (9), esclusivamente mediante la “nuo-va” Banca dati gestita dal Ministero delle infra-strutture e dei trasporti, che sarà in funzione dopol’adozione di un apposito decreto del Ministro (10).Al decreto è in particolare assegnato il compito diindicare i dati che dovranno essere obbligatoria-mente inseriti nella Banca dati, quelli che invececontinueranno ad essere acquisiti nelle forme tradi-zionali, nonché i termini e le regole tecniche perl’acquisizione, l’aggiornamento e la consultazionedei predetti dati (11).Al futuro decreto è inoltre assegnato il compito didefinire le modalità per la progressiva informatizza-zione dei documenti necessari a comprovare i re-quisiti di partecipazione e l’assenza di cause diesclusione, nonché per l’interoperabilità della ban-ca dati centralizzata con le “diverse banche dati coin-volte nel procedimento” (12) e detentrici delle infor-mazioni rilevanti per attestare che i partecipantialle procedure di gara soddisfano i criteri di selezio-ne di cui all’art. 83 e non si trovano in una dellesituazioni di esclusione previste dall’art. 80.

L’interoperabilità tra le banche dati, che è peraltroassistita dalla previsione per la quale il rifiuto ov-vero l’omessa effettuazione di quanto necessario agarantirla rappresentano elementi in grado di inci-dere sulla valutazione della perfomance (13), sembraessere il fine principale che il Codice vuole rag-giungere con l’istituzione della Banca dati naziona-le degli operatori economici.L’interconnessione dei dati in possesso delle pub-bliche amministrazioni, già in parte realizzata conil sistema AVCPASS gestito dall’ANAC (14), perun verso, costituisce, infatti, uno strumento colla-terale alla digitalizzazione delle procedure che l’art.44 del Codice vuole realizzare entro un anno dallasua entrata in vigore.Per altro verso, permette alle stazioni appaltantil’acquisizione d’ufficio di tutte le informazioni giàin possesso di una pubblica amministrazione o diun ente comunque coinvolto nel procedimento diaggiudicazione, consentendo in prospettiva, se nonil definitivo superamento, quantomeno un forte af-fievolimento dell’obbligo per gli operatori econo-mici concorrenti di autodichiarare il possesso deirequisiti di partecipazione. Tanto più che il Codiceautorizza le stazioni appaltanti a riutilizzare l’esitodegli accertamenti dei requisiti generali di qualifi-cazione anche per gare diverse rispetto a quella cuil’esito si riferisce (15).

Il soccorso istruttorio

Disattendendo una precisa e condivisibile indica-zione contenuta nel parere reso dal Consiglio diStato sullo schema del decreto legislativo, il Codi-ce dei contratti, invece di “dedicare all’istituto unapposito articolo”, ha confinato la disciplina del soc-

(7) Cfr. art. 81, comma 1. Sui requisiti che gli operatori eco-nomici devono possedere per partecipare alle procedure adevidenza pubblica si rinvia al commento di C. Guccione, I re-quisiti degli operatori economici, infra, in questo numero dellaRivista.

(8) Sull’attuazione della norma cfr. la deliberazione dell’A-NAC 20 dicembre 2012, n. 111, aggiornata dalla deliberazione17 febbraio 2016, n. 157, con cui l’Autorità ha istituito un si-stema per la verifica online dei requisiti per la partecipazionealle procedure di affidamento, denominato Authority VirtualCompany Passport (“AVCPass”). Sul regime transitorio dell’uti-lizzo del sistema AVCpass, cfr. il Comunicato del Presidentedell’ANAC del 4 maggio 2016.

(9) Per l’aggiudicazione degli appalti di lavori d’importo nonsuperiore a euro 150.000 e per gli appalti di servizi e fornitured’importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria l’art. 36,comma 5 del Codice prevede, infatti, che Banca dati nazionaledegli operatori economici sia utilizzata solo per la verifica dei“requisiti di carattere generale”. Per quanto riguarda, invece,l’affidamento dei contratti di concessione l’art. 172, comma 1del Codice stabilisce, invece, che “le stazioni appaltanti verifica-

no le condizioni di partecipazione relative alle capacità tecnichee professionali e alla capacità finanziaria ed economica dei can-didati o degli offerenti, sulla base di certificazioni, autocertifica-zioni o attestati che devono essere presentati come prova”.

(10) Non è peraltro chiaro il termine entro il quale il decretodovrà essere emanato, visto che il comma 2 dell’art. 81 si limi-ta ad individuare il 31 dicembre 2016 quale data entro cui il“Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in accordo conANAC, definisce le modalità di subentro nelle convenzioni stipu-late dall’ANAC, tali da non rendere pregiudizio all’attività di ge-stione dati attribuite all’ANAC dal presente codice”.

(11) Cfr. art. 81, comma 2.(12) Cfr. art. 81, comma 2.(13) Cfr. art. 81, comma 3.(14) Da quanto risulta dalla relazione di accompagnamento

alla Deliberazione n. 157 del 17 febbraio 2016, il sistema AVC-PASS è infatti alimentato da informazioni attualmente forniteda una serie di enti convenzionati con l’ANAC, quali il Ministe-ro dell’interno, il Ministero della giustizia, Infocamere, INAR-CASSA, INPS, Agenzia dell’entrate, Accredia.

(15) Cfr. art. 81, comma 4.

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corso istruttorio nel comma 9 dell’art. 83, introdu-cendo una disposizione che non dissipa i dubbi po-s t i d a l l ’ a r t . 3 8 , c omma 2 b i s , D . L g s . n .163/2006 (16).Cercando di trovare una sintesi della nuova disci-plina, sembra anzitutto che il soccorso istruttorionon possa trovare applicazione nei casi di mancan-za, incompletezza e ogni altra irregolarità essenzialeafferenti all’offerta tecnica ed economica (17),nonché nel caso di irregolarità essenziali non sana-bili della documentazione presentata, quali sono lecarenze che non consentono l’individuazione delcontenuto o del soggetto responsabile della stes-sa (18).Sembra, poi, che le stazioni appaltanti possano soc-correre gli operatori economici in quattro casi.Il primo riguarda le carenze di qualsiasi elementoformale della domanda (19).Il secondo concerne qualsiasi mancanza, incomple-tezza o irregolarità essenziale degli elementi e deldocumento di gara unico europeo (20).Il terzo è relativo ai casi di irregolarità formali, ov-vero di mancanza o incompletezza di dichiarazioninon essenziali (21).Il quarto - che si ricava a contrario dalla dichiarataimpossibilità di applicare il soccorso istruttorio alleipotesi di mancanza, incompletezza e ogni altra ir-regolarità essenziale afferenti all’offerta tecnica edeconomica - è inerente, infine, alla mancanza, in-completezza e ogni altra irregolarità non essenzialedell’offerta tecnica ed economica.Al di là del disordine e delle imprecisioni termino-logiche che caratterizzano la norma (22), sembratrovare conferma, pertanto, “la volontà univocadel legislatore di valorizzare il potere di soccorsoistruttorio al duplice fine di evitare esclusioni for-malistiche e di consentire le più complete ed esau-stive acquisizioni istruttorie” (23), potendosi deter-minare l’esclusione degli operatori economici con-correnti soltanto nel caso di carenze sostanziali del-la documentazione o dell’offerta presentate, quali,

ad esempio, la produzione di una dichiarazionenon veritiera (24) o di un’offerta economica formu-lata in modo da non consentire l’individuazione,in modo univoco, del prezzo effettivamente offer-to (25).Che questa sia la volontà del legislatore, è confer-mato anche dalle disposizioni che, pur non facendoesplicito riferimento all’istituto, impediscono allestazioni appaltanti l’esclusione automatica - ossiasenza contraddittorio - degli operatori economiciche si trovano in una delle situazioni escludentipreviste dall’art. 80, commi 1, 4 e 5, ovvero chepresentano una documentazione inidonea a com-provare il soddisfacimento dei criteri di selezioneprevisti dall’art. 83.In questi casi, infatti, è sempre data la possibilitàagli operatori economici di provare di aver risarcitoo di essersi impegnati a risarcire qualunque dannocausato dal reato o dall’illecito e di aver adottatoprovvedimenti concreti di carattere tecnico, orga-nizzativo e relativi al personale idonei a prevenireulteriori reati o illeciti (26). Ovvero di provare diaver pagato o di essersi impegnati in modo vinco-lante a pagare le imposte o i contributi previden-ziali dovuti, compresi eventuali interessi o mul-te, (27) prima della scadenza del termine per lapresentazione dell’offerta o della domanda di parte-cipazione. Ovvero ancora di integrare i mezzi diprova inizialmente forniti al fine di dimostrare ilsoddisfacimento dei criteri di selezione previsti dal-l’art. 83 (28).Come per il passato, il soccorso istruttorio non èsempre gratuito. Con una disposizione contraria al-le previsioni delle direttive (29) e, in ogni caso, pa-lesemente viziata per eccesso di delega (30), l’art.83, comma 9 del Codice prevede, infatti, che nelcaso di mancanza, incompletezza o irregolarità es-senziale degli elementi e del documento di garaunico europeo, il concorrente, ove decida di usu-fruire del soccorso, è obbligato al pagamento diuna sanzione pecuniaria. L’importo di tale sanzione

(16) In questo stesso senso v. R. De Nictolis, Il nuovo codicedei contratti pubblici, in Urb. e app., 2016, 6, 526, secondo cuila disciplina del soccorso istruttorio “appare ancora piuttostocontorta e fonte di dubbi esegetici”.

(17) Cfr. art. 83, comma 9, secondo periodo.(18) Cfr. art. 83, comma 9, ultimo periodo.(19) Cfr. art. 83, comma 9, primo periodo.(20) Cfr. art. 83, comma 9, secondo periodo.(21) Cfr. art. 83, comma 9, quinto periodo.(22) Basti dire che il Codice fa riferimento in modo del tutto

indistinto alla possibilità di applicare il soccorso istruttorio alladomanda, alla documentazione, alle dichiarazioni, agli elemen-ti.

(23) Cons. Stato, Ad. Plen., 30 luglio 2014, n. 16.

(24) In questo senso si è più volte espressa la giurispruden-za. Cfr., da ultimo, Cons. Stato, Sez. V. 19 maggio 2016, n.2106. Cfr. anche l’allegato 1 al Reg. 2016/7.

(25) In questo senso, cfr. Cons. Stato, Sez. V, 15 febbraio2016, n. 627.

(26) Art. 80, comma 7.(27) Art. 80, comma 4.(28) Art. 85, comma 5, ultimo periodo.(29) Cfr., ad esempio, l’art. 56, par. 3 e l’art. 59, par. 4 della

Dir. 2014/24.(30) Cfr. l’art. 1, comma 1, lett. z), L. n. 11/2016, che preve-

de forme di “integrazione documentale non onerosa di qual-siasi elemento formale della domanda”.

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è proporzionato al valore della gara (31), ma, diver-samente da quanto era previsto dall’art. 38, comma2 bis, D.Lgs. n. 163, non può essere comunque su-periore a euro 5.000 e il suo versamento non è piùassistito dalla garanzia provvisoria di cui all’art. 93del Codice (32).Come per il passato, inoltre, il soccorso istruttorioè procedimentalizzato. Il Codice conferma, infatti,l’esistenza di un termine non superiore a dieci gior-ni per regolarizzare la situazione verificatasi, il cuiinutile decorso determina l’esclusione dell’operato-re economico dalla procedura di gara.

Il documento di gara unico europeo (DGUE)

Il Codice dei contratti recepisce pienamente lenorme delle direttive sul documento di gara unicoeuropeo, avvalendosi della tecnica del copy out.L’art. 85 riprende integralmente, infatti, l’art. 59della Dir. n. 24, obbligando le stazioni appaltantiad accettare che gli operatori economici concor-renti, al momento della presentazione delle do-mande di partecipazione o delle offerte, attestinodi non trovarsi nelle situazioni di cui all’art. 80, disoddisfare i criteri di selezione di cui all’art. 83 ogli eventuali criteri oggettivi di cui all’art. 91 me-diante la presentazione del documento di gara uni-co europeo (DGUE), redatto conformemente almodello approvato dal regolamento della Commis-sione Europea 2016/7 del 5 gennaio 2016. Modelloche è obbligatorio e direttamente applicabile inciascuno degli stati membri dell’Unione, essendostato adottato, tra l’altro, con un regolamento ap-provato secondo la procedura prevista dal regola-mento del Parlamento europeo e del Consiglio n.182/2011 del 16 febbraio 2011.Il DGUE è definito dal Codice “un’autodichiara-zione aggiornata come prova documentale prelimi-nare in sostituzione dei certificati rilasciati da auto-rità pubbliche o terzi” (33).Esso è quindi un’autocertificazione del tutto similea quelle conosciute nel nostro ordinamento fin dal-l’entrata in vigore della L. 4 gennaio 1968, n. 15 ea quelle finora utilizzate dagli operatori economici

per dichiarare il possesso dei requisiti richiesti dagliatti di gara.Rispetto al passato, il documento di gara unico eu-ropeo è però uno strumento più semplice, in quan-to non sembra essere soggetto alla formalità previ-sta dall’art. 38 del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445per le ordinarie dichiarazioni sostitutive di un attodi notorietà. Né il Codice né tantomeno il Reg.2016/7 prevedono, infatti, che il DGUE debba es-sere corredato dalla fotocopia del documento d’i-dentità del suo sottoscrittore che, dunque, non do-vrebbe costituire più un elemento essenziale per lavalidità delle dichiarazioni ivi contenute. Fermerestando, tuttavia, le conseguenze che la falsità del-le dichiarazioni rese comporta sia rispetto alla pro-cedura di gara sia sul piano penale (34).Il DGUE ha, inoltre, il vantaggio di uniformare erendere più certo il contenuto delle dichiarazioniche gli operatori devono rendere e, quindi, di evi-tare che gli operatori stessi possano omettere unadelle informazioni richieste dalla stazione appaltan-te.Secondo quanto prevede il Reg. 2016/7, il docu-mento di gara unico europeo consiste, infatti, inun formulario - che a decorrere dal 18 aprile 2018sarà esclusivamente in formato elettronico (35) -composto di sei parti (36).La prima, che deve essere compilata dalla stazioneappaltante, contiene le informazioni sulla procedu-ra di appalto e sull’amministrazione aggiudicatriceo sull’ente aggiudicatore. La seconda contiene, in-vece, i dati dell’operatore economico. La terza e laquarta sono dedicate alle informazioni sui criteri diesclusione e su quelli di selezione. La quinta, even-tuale, riguarda le informazioni da fornire ove le sta-zioni appaltanti abbiano esercitato la facoltà di ri-durre il numero dei candidati invitati a presentareofferta, a negoziare o a partecipare al dialogo. Lasesta concerne, infine, le dichiarazioni finali con lequali l’operatore economico attesta la veridicitàdelle informazioni rese e si rende disponibile acomprovarle, ove necessario.Ogni operatore economico partecipante ad unaprocedura di gara è obbligato a compilare il

(31) Dev’essere, in particolare, non inferiore all’1‰ e nonsuperiore all’1% del valore della gara.

(32) Con la conseguenza che l’omesso versamento dellasanzione, che peraltro non determina l’esclusione dell’operato-re dalla gara, imporrà alle stazioni appaltanti di rivolgersi ne-cessariamente al giudice ordinario per il recupero delle sommedovute, con evidente aggravio di costi.

(33) Cfr. art. 85, comma 1.(34) Cfr. l’allegato 1 al Reg. 2016/7, recante le istruzioni alla

compilazione del DGUE, secondo cui “l’operatore economico

può essere escluso dalla procedura di appalto o essere perse-guito a norma del diritto nazionale se si è reso gravemente col-pevole di false dichiarazioni nel compilare il DGUE o, in gene-rale, nel fornire le informazioni richieste per verificare l’assenzadi motivi di esclusione o il rispetto dei criteri di selezione, ovve-ro se non ha trasmesso tali informazioni o non è stato in gradodi presentare i documenti complementari”.

(35) Cfr. art. 85, comma 1.(36) Per i dati e informazioni da rendere in ciascuna parte si

rinvia alla lettura dell’allegato 2 al Reg. 2016/7.

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468 Giornale di diritto amministrativo 4/2016

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DGUE, che deve sempre essere presentato alla sta-zione appaltante. Anche se esso non ha una validi-tà temporalmente predeterminata e può esserequindi riutilizzato, purché gli operatori economiciconfermino la validità delle informazioni ivi conte-nute (37).Ove poi l’operatore economico partecipi alla pro-cedura di selezione sotto forma di raggruppamentooppure avvalendosi della capacità di altri soggettioppure ancora dichiari di voler subappaltare, anchegli altri operatori economici partecipanti o comun-que interessati all’aggiudicazione sono obbligati asottoscrive un DGUE.È peraltro curioso che, secondo quanto prevede ilReg. 2016/7, se gli appalti sono suddivisi in lottiil DGUE deve essere presentato per ogni lottoladdove i criteri di selezione siano diversi tra i va-ri lotti. Si tratta, infatti, di un onere che, anchein considerazione della preferenza per la suddivi-sione in lotti delle gare espressa sia dalle direttivesia dal Codice, appare sovrabbondante e super-fluo, quantomeno nei casi in cui le stazioni appal-tanti esercitino la facoltà espressamente previstadal Reg. 2016/7 di chiedere agli operatori econo-mici di rispondere “sì” o “no” in ordine al soddi-sfacimento di tutti i criteri di selezione richiesti.Facoltà questa che, una volta entrata a regime laBanca dati nazionale degli operatori economici,dovrebbe - almeno così si spera - divenire una re-gola.La presentazione del DGUE, in ogni caso, nonconsente ai partecipanti o agli offerenti di sfuggireall’onere di presentare i documenti a comprovadelle informazioni in esso contenute e, in partico-lare dell’inesistenza dei motivi di esclusione previ-sti dall’art. 80 del Codice e del soddisfacimento deicriteri di selezione definiti a norma del successivoart. 83.La stazione appaltante ha infatti la facoltà di chie-dere tali documenti nel corso della procedura, masolo ove la richiesta sia necessaria per assicurare ilcorretto svolgimento della procedura (38), ed hacomunque l’obbligo di chiederli all’aggiudicatario eall’impresa che segue in graduatoria. Gli operatorieconomici sono naturalmente obbligati a soddisfarela richiesta (senza peraltro dover rispettare un ter-

mine imposto dalla legge, visto che il Codice nonlo prevede esplicitamente). A meno che la docu-mentazione a comprova di quanto dichiarato nonsia presente nella Banca dati nazionale degli opera-tori economici o qualora la stazione appaltantepossieda già tali documenti (39).La stazione appaltante è tuttavia vincolata ad ac-cettare esclusivamente i mezzi di prova previsti dal-l’art. 86, dall’allegato XVII al Codice “e, se del ca-so, all’articolo 87” (40). Ferma restando, peraltro,la possibilità per gli operatori economici di “avva-lersi di qualsiasi mezzo idoneo documentale perprovare che essi disporranno delle risorse necessa-rie” (41) e che “soddisfano le norme di garanziadella qualità richieste” (42).Per quanto riguarda l’inesistenza dei motivi diesclusione di cui all’art. 80, commi 1, 2, 3 e 4, lastazione appaltante - almeno di norma - è pertan-to obbligata ad accettare il certificato del casella-rio giudiziario atto a dimostrare l’assenza (o lapresenza) delle situazioni ivi previste, nonché lacertificazione rilasciata dall’amministrazione fi-scale e il DURC atti a dimostrare la regolarità delpagamento delle imposte e tasse e quella contri-butiva.Con riferimento al soddisfacimento dei criteri diselezione previsti dall’art. 83 e delle norme di ga-ranzia delle qualità richieste, la stazione appaltante- sempre di norma - è invece obbligata ad accettareuna o più delle referenze o delle dichiarazioni con-tenute nell’allegato XVII del Codice (43), nonchéi certificati rilasciati da organismi indipendentiidonei ad attestare il rispetto nelle norme europeein materia di qualità.Mentre è certo che l’onere di produrre i mezzi diprova relativi al soddisfacimento dei criteri di sele-zione previsti dall’art. 83 e delle norme di garanziadelle qualità richieste grava sugli operatori econo-mici, non è affatto chiaro su chi grava l’onere diprodurre i mezzi di prova che riguardano la non ap-plicabilità all’operatore economico dei motivi diesclusione di cui all’art. 80, commi 1, 2, 3 e 4 delCodice.A differenza di quanto stabiliva l’art. 38, comma 3,D.Lgs. n. 163, l’art. 86 non specifica, infatti, che ilcertificato del casellario giudiziario, la certificazio-

(37) Cfr. art. 85, comma 4.(38) Cfr. art. 85, comma 5.(39) Cfr. art. 85, comma 6.(40) Cfr. art. 85, comma 5.(41) Cfr. art. 86, comma 1(42) Cfr. art. 87, comma 1.(43) Rinviando alla lettura dell’allegato XVII, basti qui rileva-

re che si tratta, ad esempio, delle idonee dichiarazioni bancarieoppure di copia dei bilanci o di estratti di bilancio atti a provareil possesso della capacità economica e finanziaria; ovvero del-l’elenco dei lavori, dei servizi e delle forniture eseguiti negli ulti-mi cinque o tre anni, dell’indicazione dei tecnici o degli organi-smi tecnici che facciano parte integrante dell’operatore econo-mico idonei a dimostrare il possesso delle capacità tecniche.

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Giornale di diritto amministrativo 4/2016 469

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ne rilasciata dall’amministrazione fiscale e ilDURC debbano essere acquisiti d’ufficio dalle sta-zioni appaltanti. La norma potrebbe essere quindiinterpretata nel senso di ritenere che tali mezzi diprova debbano essere prodotti dagli operatori eco-nomici. Anche se è ragionevole ritenere, alla luce

dei principi di delega contenuti nella L. n. 11/2016e della “esistenza di un generale principio di con-trarietà all’introduzione di nuovi oneri a carico deiprivati” (44), che la presentazione dei predetti mez-zi di prova non possa essere configurato come unonere degli operatori economici.

I settori specialidi Domenico Galli

In tema di settori speciali, il nuovo Codice, attribuisce agli enti aggiudicatori, nella sostanza, glistessi margini di flessibilità riconosciuti dalla direttiva, pur con l’introduzione, tanto per i settoriordinari che per quelli speciali, di alcuni vincoli non previsti dalla disciplina dell’UE: è il caso, adesempio, delle disposizioni in tema di trasparenza e pubblicità (artt. 29 e 79), delle norme sul di-battito pubblico (art. 22), ed infine delle norme, applicabili alle sole amministrazioni aggiudicatri-ci (e non anche ad imprese pubbliche e soggetti privati), operanti nell’ambito dei settori speciali,sulle modalità di nomina della commissione giudicatrice (art. 77), giustificate con l’esigenza digarantire trasparenza e piena contendibilità dei mercati.Allo scopo di definire la disciplina applicabile ai settori speciali, è stata adottata, con alcuni limi-tati elementi di differenziazione, l’impostazione del D.Lgs. n. 163/2006. Essa è, essenzialmente,composta da un blocco di norme comuni riferibile alla totalità degli affidamenti e nelle quali so-no già incluse disposizioni specifiche per i settori speciali (v., ad esempio, artt. 6 e 7); da unblocco di norme previste per i settori ordinari ma applicabili, in virtù di appositi rinvii, anche aisettori speciali; un blocco di norme ad oggetto esclusivo in quanto previste specificamente pergli affidamenti nell’ambito dei settori speciali (artt. da 114 a 141).

I caratteri generali della disciplina

La disciplina in tema di settori speciali (acqua, tra-sporti, energia e servizi postali) costituisce il secon-do fondamentale tassello su cui, a partire dagli an-ni ’90, si basa la disciplina europea in tema di con-tratti pubblici. Come ampiamente noto, nella pri-ma fase dell’intervento regolatorio (1971), deter-minati settori di attività (1) furono sottratti dal-l’ambito di applicazione della disciplina generale intema di appalti. Nelle more dell’introduzione diuna regolamentazione ad hoc (poi adottata nel1990), questa scelta si rese necessaria per evitare,all’interno degli stati membri, asimmetrie e spere-quazioni, riconducibili essenzialmente ad un dupli-ce ordine di circostanze: da un lato, alla portata sulpiano soggettivo della disciplina in tema di appalti,alla cui applicazione erano tenute solo le pubbliche

amministrazioni (2); dall’altro, alla diversità deimodelli organizzativi adottati dai diversi stati mem-bri per assicurare l’erogazione dei servizi in deter-minati settori di attività e che, in taluni paesi, era-no affidati a pubbliche amministrazioni, in altri asoggetti organizzati secondo moduli privatistici. Inquesto contesto, la disciplina generale, pertanto,avrebbe potuto trovare applicazione soltanto neiprimi e non nei secondi; di qui la scelta di esclude-re determinati settori di attività nella sfera di ope-ratività della direttiva generale (con riserva di pre-vedere in un momento successivo una disciplinaspecifica).Caratteristica comune a questi settori è il loro ca-rattere chiuso. Non sono esposti, cioè, ad un regi-me di concorrenza e l’accesso ad essi presuppone latitolarità di diritti speciali o di esclusiva (3). E se è

(44) Così il parere del Cons. Stato n. 855/2016 cit.(1) Acqua, trasporti ed energia, cui venne aggiunto molti

anni dopo, con la Dir. n. 89/440 anche quello delle telecomuni-cazioni.

(2) Nella Dir. n. 71/305 in tema di lavori così come nella Dir.n. 77/62 in tema di forniture erano prese in considerazione so-lo le amministrazioni pubbliche (Stato ed enti territoriali), men-

tre soltanto in un momento successivo (Dir. 89/440) fu presain considerazione la figura dell’organismo di diritto pubblico.

(3) È esclusivo il diritto concesso da un’autorità competentemediante una disposizione legislativa o regolamentare o di-sposizione amministrativa compatibile con i Trattati, aventel’effetto di riservare ad un unico operatore economico l’eserci-zio di un’attività e di incidere sostanzialmente sulla capacità di

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proprio tale carattere ad imporre ai soggetti che vioperano l’applicazione di regole pubblicistiche di-rette a garantire corrette dinamiche concorrenziali,ai fini della scelta dei propri contraenti (4); è al-trettanto vero che una volta intervenuta l’aperturaalla concorrenza, viene meno la ragione per l’appli-cabilità di tale disciplina (5): di qui, la mutevolez-za, nel corso degli anni, dei confini della regola-mentazione sui settori speciali (6).Questa presenta elementi di differenziazione daquella sui settori ordinari. In primo luogo, ha unambito di applicazione maggiormente ampio dalpunto di vista soggettivo: essa si applica, infatti,agli enti aggiudicatori, nozione nella quale sono ri-compresi, oltre alle amministrazioni aggiudicatrici,anche imprese pubbliche e soggetti privati cheoperano in virtù di diritti speciali o esclusivi (v.art. 3, comma 1, lett. e, del nuovo Codice) (7); piùridotto, invece, dal punto di vista oggettivo inquanto presuppone che l’ente operi in uno specifi-co settore di attività e che l’appalto sia funzionaleal perseguimento di attività nello stesso (8). Le me-desime considerazioni debbono valere anche conriferimento alla disciplina in tema di concessioni

che, per la prima volta, ha trovato compiuta rego-lamentazione a livello europeo (9).In secondo luogo, gli enti che operano nei settorispeciali beneficiano tradizionalmente di ambiti diflessibilità più ampi rispetto ai settori tradizionali:tra gli istituti indice di tale flessibilità, vi era lapossibilità di ricorrere agli accordi quadro ed ai si-stemi di qualificazione, di indire una gara sulla basedi un avviso periodico indicativo e di indire la pro-cedura negoziata preceduta da forme di pubblicitàquale opzione ordinaria, del tutto alternativa alleprocedure aperte e ristrette (10).Nel corso degli anni, a dire il vero, questo caratteredi specialità si era andato, in parte, attenuando. Alivello europeo, l’obiettivo di semplificazione esnellimento delle procedure ha fatto sì che istitutiinizialmente previsti per i settori speciali fosseropoi riproposti anche nella disciplina generale (è ilcaso, ad esempio, dell’accordo quadro e della possi-bilità di indizione di una gara anche mediante lapubblicazione di un avviso di preinformazione).In sede nazionale, il percorso di tendenziale elisio-ne degli elementi di differenziazione ha subito unpercorso inverso, essendo prevalsa in taluni casi latentazione di estendere anche ai settori speciali di-

altri operatori economici di esercitare tale attività (art. 3, c.om-ma 1, lett. lll, del nuovo Codice); il diritto speciale si differenziadal diritto esclusivo, in quanto ha l’effetto di riservare l’eserci-zio di un’attività non ad uno, ma a più operatori economici(art. 3, comma 1, lett. mmm).

(4) In altri termini, gli operatori svolgono la propria attivitàin regime di esclusiva senza essere stati sottoposti ad alcunconfronto concorrenziale. E il difetto di ogni forma di concor-renza a monte (per la scelta del gestore) rende necessario chela stessa venga recuperata a valle, con l’obbligo per questioperatori di scegliere i propri contraenti mediante procedure digara.

(5) Esemplificativo è il caso del trasporto aereo e di quellomarittimo che essendo, da tempo, liberalizzati non sono statimai sottoposti alla disciplina in tema di settori speciali (v.T.A.R. Lazio 13 luglio 2010, n. 3155, ord.; sulla stessa questio-ne v. anche AVCP, par. AG 36/2010 del 27 gennaio 2011). Cosìcome esemplificativo è anche il caso delle telecomunicazioni,a partire dal 1990, ricompreso nella disciplina sui settori spe-ciali e successivamente escluso una volta che il settore è statoaperto alla concorrenza.

(6) v. M. Protto, Settori speciali a geometria variabile, in R.de Nictolis I contratti pubblici di lavori, forniture e servizi, 2007,548, che parla dei settori speciali come settori a “geometriavariabile”.

(7) In sostanza, al fine di superare il rischio di un’applicazio-ne non omogenea del diritto europeo all’interno dei diversi sta-ti membri in ragione della diversa natura giuridica dei soggettigestori, la disciplina sui settori speciali non poteva che prende-re trasversalmente in considerazione soggetti pubblici e priva-ti. Da rilevare come, per espressa indicazione normativa (art.3, comma 1, lett. e, punto 2.3, del nuovo Codice), non può es-sere considerato come operante in virtù di diritti speciali odesclusivi il soggetto privato cui detti diritti siano stati conferitimediante procedura di gara preceduta da idonee forme dipubblicità e gestita sulla base di criteri obiettivi. Il che esclude,

in sostanza, che un privato che, ad esempio, abbia ottenutol’aggiudicazione di un dato servizio in una data area geografi-ca, superando la concorrenza di altri operatori, possa rientrarenel novero dei cc.dd. enti aggiudicatori e pertanto essere tenu-to all’applicazione della disciplina pubblicistica per la scelta deipropri contraenti.

(8) In sostanza, perché possa trovare applicazione la disci-plina sui settori speciali, il contratto deve essere funzionale allosvolgimento di attività nel settore nel quale opera il soggettogestore. Per quelli non funzionali, invece, la disciplina, in con-creto applicabile è legata alla natura giuridica dell’ente aggiu-dicatore: qualora, questo, per le sue caratteristiche soggettive,non possa essere ricondotto nell’ambito di applicazione delladisciplina generale sui settori tradizionali (vale a dire non sia ri-conducibile nella nozione di amministrazione aggiudicatrice), ilcontratto deve intendersi sottratto tout court all’applicazionedella disciplina pubblicistica in materia (difetterebbero, infatti,sia l’elemento della strumentalità o funzionalità rispetto alloscopo istituzionale dell’ente aggiudicatore, il che esclude l’ap-plicazione della disciplina in tema di settore speciale; sia quellosoggettivo, necessario perché il soggetto possa essere ricon-dotto nell’ambito delle cd. amministrazioni aggiudicatrici equindi assoggettato alla disciplina generale); qualora, invece,l’ente aggiudicatore sia un’amministrazione aggiudicatrice, do-vrà trovare applicazione la disciplina generale (v. Ad. Plen. 1°agosto 2011, n. 16).

(9) La Dir. n. 23, infatti, ha dettato una disciplina per le con-cessioni di lavori e di servizi sia nei settori ordinari che speciali,trasfusa negli artt. 164 e ss. del nuovo codice.

(10) Il che si giustificava con la consapevolezza della diffici-le praticabilità di soluzioni tese ad imporre, anche a soggettioperanti nelle forme del diritto privato ed esercenti la propriaattività secondo canoni imprenditoriali, norme e vincoli conce-piti essenzialmente per disciplinare l’attività di pubbliche am-ministrazioni in senso stretto.

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sposizioni e vincoli concepiti essenzialmente per isettori ordinari (è il caso ad esempio, della sceltaoperata nel D.Lgs. n. 163/2006, di imporre nei set-tori speciali una regolamentazione in tema di re-quisiti degli operatori sostanzialmente analoga aquella generale).Sotto questo profilo, la disciplina adottata con ilnuovo Codice sembrerebbe maggiormente equili-brata, attribuendo, in linea di massima, gli stessimargini di flessibilità riconosciuti dalla direttiva,pur con l’introduzione, tanto per i settori ordinariche per quelli speciali, di alcuni vincoli non previ-sti dalla disciplina dell’UE: è il caso, ad esempio,delle disposizioni in tema di trasparenza e pubblici-tà (artt. 29 e 79), delle norme sul dibattito pubbli-co (art. 22), ed infine delle norme, applicabili allesole amministrazioni aggiudicatrici (e non anchead imprese pubbliche e soggetti privati), operantinell’ambito dei settori speciali, sulle modalità dinomina della commissione giudicatrice (art. 77).Nel parere reso sullo schema di codice, il Consigliodi Stato aveva ritenuto che la scelta di introdurrevincoli non presenti nella disciplina europea do-vesse trovare giustificazione nei principi della leggedelega che, con specifico ai settori speciali, poneval’obiettivo della trasparenza e della piena aperturae contendibilità dei mercati. In ragione di ciò, sisarebbe giustificata l’estensione delle disposizionisuindicate che si configurano non come oneri am-ministrativi superflui ma come regole proconcor-renziali ovvero come “strumenti di partecipazionedemocratica delle collettività locali alle scelte dilocalizzazione delle opere pubbliche ivi compresequelle dei settori speciali quali rete ferroviarie, por-ti e aeroporti”.Non risponde, poi, ad indicazioni della disciplinasovrannazionale, neanche la scelta di estendere an-che ai settori speciali l’applicazione di modalitàpredefinite per l’individuazione della soglia al rag-giungimento della quale un’offerta deve essere con-siderata anomala (art. 97), sulla cui opportunità,tuttavia, il Consiglio di Stato aveva sollecitato unsupplemento di riflessione.Per il resto, la flessibilità all’attività negoziale deisoggetti operanti nei settori speciali è assicuratadalla esclusione della portata vincolante per impre-se pubbliche e soggetti privati delle norme in temadi requisiti di ordine generale, contenute nell’art.

80 del Codice (in linea con quanto previsto dallaDir. n. 25/14); dal carattere non cogente delle nor-me in tema di requisiti di natura economico- fi-nanziaria e tecnico-professionale previste per i set-tori ordinari; dalla regolazione della fase di esecu-zione dei contratti con limitato riguardo alle nor-me (subappalto, risoluzioni e varianti) che costitui-scono recepimento delle pertinenti disposizionicontenute nella Dir. n. 25; dalla disciplina previstaper gli affidamenti sottosoglia.

L’individuazione della norme applicabili aisettori speciali

Allo scopo di definire la disciplina applicabile aisettori speciali, il nuovo Codice ha adottato, conalcuni limitati elementi di differenziazione, l’impo-stazione del D.Lgs. n. 163/2006. Nell’ambito dellascelta di un recepimento unitario delle direttive,ha evitato di introdurre un corpo autonomo di di-sposizioni che regolamentassero compiutamentel’attività degli enti operanti nell’ambito dei settorispeciali che dessero, in tal modo, vita ad un siste-ma conchiuso (11). Al contrario, la disciplina suisettori speciali è composta da un blocco di normecomuni riferibile alla totalità degli affidamenti enelle quali sono già incluse disposizioni specificheper i settori speciali (v., ad esempio, artt. 6 e 7); daun blocco di norme previste per i settori ordinarima applicabili, in virtù di appositi rinvii, anche aisettori speciali; un blocco di norme ad oggettoesclusivo in quanto previste specificamente per gliaffidamenti nell’ambito dei settori speciali (artt. da114 a 141).Il quadro delle norme non previste per i settorispeciali ma a questi applicabili può essere così sin-tetizzato:(a) in virtù dei rinvii contenuti all’art. 114, trova-no applicazione ai settori speciali gli artt. da 1 a 58(principi generali e disposizioni comuni, soggettiammessi alle gare, procedure di scelta, ecc.). Il checomporta l’applicabilità, oltreché di alcune normedi carattere generale, anche di quelle in tema diprogettazione di lavori (artt. 24 ss.) (12); di quelleche regolano le fasi delle procedure di affidamentoed i relativi controlli (artt. 32 e 33 di quelle in te-ma di conflitti di interesse (art. 42); di quelle sullemodalità di affidamento di appalti di competenza

(11) Questa scelta a ben vedere non sarebbe stata compati-bile con l’obiettivo dichiarato anche nella legge delega di unariduzione sul piano quantitativo delle norme che regolavano lamateria dei contratti: la definizione di un autonomo e compiu-to corpo normativo per i settori speciali, infatti, avrebbe, ne-

cessariamente, comportato la riproduzione anche di disposi-zioni comuni ai settori ordinari.

(12) Il che costituisce un elemento di significativa differen-ziazione rispetto alla disciplina previgente.

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di stazioni appaltanti appartenenti a più Stati (art.43); di quelle in tema di soggetti ammessi alle gare(artt. da 45 a 48); di quelle in tema di suddivisionein lotti (art. 51); di quelle in tema di accesso agliatti (art. 53), di accordi quadro (art. 54) di sistemidinamici di acquisizione (art. 55) ed aste elettroni-che (art. 56);(b) in virtù dei rinvii contenuti all’art. 122, trova-no applicazione, per quanto compatibili con laspecifica disciplina sui settori speciali, gli artt. 65(partenariato per l’innovazione); 66 (consultazio-ni preliminari di mercato); 67 (partecipazione del-le imprese alle consultazioni preliminare); 68(specifiche tecniche); 69 (etichettature); 73 (mo-dalità di pubblicazione dei mezzi di indizione dellagara); 74 (disponibilità elettronica dei documentidi gara);(c) in virtù dei rinvii contenuti all’art. 133 trova-no applicazione, per quanto compatibili con laspecifica disciplina sui settori speciali, gli art. 74(disponibilità elettronica dei documenti di gara);art. 77 (trovano applicazione, per quanto compa-tibili con la specifica disciplina sui settori specialiin tema di commissione giudicatrice, ma solo alleamministrazioni aggiudicatrici); art. 78 (albo deicommissari gestito dall’Anac); art. 79 (termini diricezione di domande di invito ed offerte); art. 80(in tema di cause di esclusione); art. 81 (in temadi Banca dati nazionale degli operatori economi-ci); art. 82 (organismi di valutazione di conformi-tà); art. 83 (requisiti di qualificazione e soccorsoistruttorio); art. 84 (sistema unico degli esecutoridi lavori pubblici); art. 85 (documento di garaunico europeo); art. 86 (mezzi di prova delle di-chiarazioni in ordine al possesso dei requisiti); art.87 (sistemi di qualità); art. 88 (registro on line);art. 89 (avvalimento); art. 90 (elenchi ufficiali dioperatori economici); art. 91 (riduzione del nu-mero dei candidati nelle procedure ristrette); art.92 (riduzione del numero di offerte e soluzioni);art. 95 (criteri di aggiudicazione); art. 96 (costidel ciclo di vita); art. 97 (offerte anormalmentebasse); art. 100 (requisiti per l’esecuzione dell’ap-palto); art. 105 (subappalto); art. 106 (modificadei contratti durante il periodo di efficacia); art.110 (risoluzione); art. 112 (appalti e concessioniriservati).Questa impostazione rende il perimetro delle nor-me applicabili non sempre agevolmente definibi-le. Un primo ordine di difficoltà è legato alla cir-costanza che, per le norme oggetto di specifico ri-chiamo, la loro applicabilità ai settori speciali de-ve intendersi circoscritta nei soli limiti in cui ciò

sia compatibile con le disposizioni specificata-mente dettate per i settori speciali. Ad esempio,il richiamato art. 80 (Motivi di esclusione) previ-sto per i settori ordinari ed espressamente richia-mato tra le norme riferibili anche ai settori spe-ciali trova a questi ultimi applicazione parziale invirtù della limitazione contenuta all’art. 136 delnuovo Codice, che ne circoscrive la portata co-gente alle sole amministrazioni aggiudicatrici ene delinea in termini solo facoltativi la loro rife-ribilità anche ad imprese pubbliche e soggetti pri-vati.Inoltre, le stesse disposizioni richiamate conten-gono talora limitazioni alla propria sfera di opera-tività, sì da escludere la loro portata vincolanteper parte dei soggetti ricadenti nei settori speciali.È il caso, ad esempio, della disciplina in tema diresponsabile del procedimento (art. 31), che la-scia alle stazioni appaltanti che non sono pubbli-che amministrazioni o enti pubblici la possibilitàdi “autorganizzarsi” per assicurare che i compitiattribuiti al responsabile del procedimento sianoassolti. È anche il caso della disciplina in tema diqualificazione delle stazioni appaltanti che - sullacarta - costituisce una delle novità di maggior ri-lievo della disciplina, che autolimita la propriasfera di vincolatività, escludendo gli enti aggiudi-catori che non sono amministrazioni aggiudicatri-ci.Lo stesso è a dirsi per quanto attiene all’art. 77che, in tema di commissioni giudicatrici prevede ilricorso ai componenti esterni, da scegliersi nell’am-bito di una lista comunicata dall’Anac, non appli-cabile alle procedure rientranti nella disciplina suisettori speciali, di competenza di soggetti diversidalle amministrazioni aggiudicatrici.Ad accentuare ulteriormente i profili di complessi-tà, vi sono poi previsioni, tradizionalmente riferiteai settori tradizionali e non richiamate tra quelleapplicabili ai settori speciali, nelle quali, sembre-rebbe “in via accidentale” e senza alcun nesso logi-co, viene fatto riferimento anche agli enti aggiudi-catori (v. art. 113, in tema di incentivi alla proget-tazione).Infine, vi sono disposizioni che pure regolano isti-tuti centrali nella disciplina sui contratti pubblici eche benché non siano state in alcun modo richia-mate, devono ritenersi comunque applicabili (è ilcaso ad esempio, dell’art. 205, in tema di accordobonario che fa riferimento ai contratti pubblici dicompetenza anche degli enti aggiudicatori, o del-l’art. 207, in tema di transazione che fa riferimentoin generale ai contratti pubblici).

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Gli aspetti salienti della disciplina

a) Il doppio regime: appalti soprasoglia esottosogliaIn linea con la tradizionale impostazione, viene ri-proposta la bipartizione tra affidamenti cc.dd. so-prasoglia (13) e sottosoglia e, per questi ultimi,viene precisato che per imprese pubbliche e sog-getti privati che operano in virtù di diritti specia-le ed esclusivi trovi applicazione la disciplina sta-bilita nei rispettivi regolamenti negoziali, nel ri-spetto dei principi fondamentali del TrattatoUE (14). Tale possibilità non è invece ammessaper gli enti aggiudicatori rientranti nel noverodelle cc.dd. amministrazioni aggiudicatrici. Gli ef-fetti di tale differenziazione nel regime applicabilequanto alle modalità di affidamento di appalti sot-tosoglia sono, nella pratica, piuttosto attenuate.Infatti, il vincolo per imprese pubbliche e soggettiprivati a garantire i principi generali del TrattatoUE a tutela della concorrenza (art. 36, comma 8),da un lato, e le modalità semplificate di affida-mento previste, in generale, dall’art. 36, per gliappalti a rilevanza nazionale rendono sotto piùprofili meno nettala differenziazione dei regimiapplicabili. Le amministrazioni aggiudicatrici, in-fatti (tanto nei settori ordinari che) nei settorispeciali potranno procedere all’affidamento diret-to, adeguatamente motivato, per i contratti di im-porto inferiore a euro 40.000, analogamente aquanto stabilito nel D.Lgs. n. 163/2006, sulla basedel presupposto di un ridotto interesse dell’affida-mento per il mercato. Per i lavori di importo com-preso tra euro 40.000 e euro 150.000 nonché pergli affidamenti di servizi e forniture a rilevanzanazionale, l’affidamento presuppone un confrontoconcorrenziale tra almeno cinque operatori, ovedisponibili, individuati in esito ad una previa con-sultazione. Per i lavori di importo compreso tra i150.000 ed un milione di euro, l’affidamento puòavere luogo mediante procedura negoziata, cui so-no invitati a prendere parte almeno 10 operatori(in tendenziale continuità con quanto stabilitodall’art. 122 del D.Lgs. n. 163/2006).

b) Gli affidamenti infragruppoViene confermata l’esclusione dall’ambito di appli-cazione della disciplina degli affidamenti infragrup-po di lavori, forniture e servizi, ove ricorrano alcu-ne condizioni tassativamente indicate dalla disci-plina vigente (art. 7).Si tratta di un’ipotesi parzialmente diversa da quel-la degli affidamenti in house prevista dall’art. 5, persettori ordinari e riferibile anche ai settori speciali.L’operatività di tale speciale ipotesi di deroga, alpari della disciplina previgente, è, comunque, su-bordinata ad un duplice, contestuale, ordine dicondizioni:(i) l’esistenza di un rapporto di collegamento tra ilsoggetto che affida il servizio e l’affidatario dellostesso;(ii) la necessità che la società alla quale è affidatoil servizio svolga un’attività, per lo più, “servente”nei riguardi della casa madre. In particolare, è ne-cessario che una percentuale non inferiore all’80%della cifra d’affari in lavori forniture o servizi, nel-l’ultimo triennio, sia riconducibile a prestazioni re-se nei confronti delle altre società del gruppo. Talepercentuale costituisce un valore medio per cui èben possibile che con riferimento a singoli esercizise ne registri uno scostamento, essendo, tuttavia,necessario che esso venga rispettato nel suo com-plesso.Nel caso in cui più imprese collegate all’ente ag-giudicatore forniscano gli stessi o simili servizi, for-niture o lavori, la percentuale dell’80% del fattura-to medio realizzato nell’ultimo triennio deve esserecalcolata tenendo conto del fatturato totale dovutorispettivamente alla fornitura di servizi, forniture olavori da parte di tali imprese collegate (art. 7,comma 3, ult. per.) (15).La deroga in questione è applicabile anche agli ap-palti e concessioni aggiudicati (art. 6):(a) da un’associazione, consorzio o impresa comu-ne, composti esclusivamente da più enti aggiudica-tori, per svolgere attività prese in esame dalla di-rettiva ad uno di tali enti aggiudicatori; oppure(b) da un ente aggiudicatore a un’associazione,consorzio o impresa comune di cui fa parte, purchél’associazione, il consorzio o l’impresa comune sia-

(13) Le soglie di rilevanza comunitaria, per i settori speciali,sono stabilite dall’art. 35, comma 2, in euro 5.225.000 per i la-vori; in euro 418.000 per forniture, servizi e concorsi; in euro1.000.000 per i servizi sociali e per gli altri servizi indicati all’all.IX del Codice.

(14) La legge delega prevedeva tale possibilità per le soleimprese pubbliche.

(15) Nella nuova disciplina risultano attenuati gli elementi di

differenziazione con la disciplina generale degli affidamenti inhouse, per i quali viene espressamente meno la condizionedella partecipazione pubblica totalitaria, purché la presenza dicapitale privato non comporti potere di controllo o di veto (si-tuazione non incompatibile con il collegamento richiesto pergli affidamenti infragruppo); viene fissata nella misura dell’80%la misura delle attività che la società deve aver svolto nei con-fronti dell’amministrazione o delle amministrazioni controllanti.

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no stati costituiti per svolgere le attività di cui trat-tasi per un periodo di almeno tre anni, e che il re-lativo atto costitutivo preveda che gli enti aggiudi-catori che la compongono ne faranno parte almenoper lo stesso periodo.Per tale ipotesi, la possibilità dell’affidamento di-retto non sembrerebbe condizionata alla ricorrenzadelle condizioni previste per le imprese collegate,ma la semplice sussistenza del requisito della durataminima dell’associazione tra soggetto aggiudicatoreed affidatario legittimerebbe il conferimento del-l’appalto.

c) Oggetto del contratto di appaltoElemento di significativa differenziazione rispettoalla disciplina in tema di settori ordinari sembre-rebbe costituito dalla possibilità di ricorso al cd.appalto integrato (vale a dire, all’affidamento con-giunto di progettazione ed esecuzione), viceversaescluso per i settori ordinari. L’art. 59, comma 1,del Codice - che vieta il ricorso a tale tipologiacontrattuale, ad eccezione dei casi di affidamento acontraente generale, affidamento in concessione,partenariato pubblico privato, contratto di disponi-bilità - non è, infatti, tra le disposizioni richiamatecome applicabili agli affidamenti nei settori specia-li (16).

d) Requisiti di qualificazionePiù complesso è l’esame del tema relativo ai requi-siti di partecipazione. Quanto alle cause di esclu-sione, in linea con le indicazioni della disciplinaeuropea, il nuovo Codice introduce una differen-ziazione tra amministrazioni aggiudicatrici, da unlato, e imprese pubbliche e soggetti privati dall’al-tro (art. 136). Per i primi, i criteri per l’ammissionealle gare degli operatori economici comprendono

quelli previsti dall’art. 80 per i settori ordinari, coni quali necessariamente coincidono; per i secondi,il ricorso a detti requisiti è facoltativo. Questa im-postazione differisce dal previgente regime in cui ladisciplina in tema di requisiti di ordine generaleaveva una portata cogente per tutti gli affidamentinei settori speciali, a prescindere dalla natura del-l’ente aggiudicatore.Facoltativa è, per tutti gli enti aggiudicatori, l’ap-plicazione dei requisiti di idoneità economico-fi-nanziaria e tecnico-professionale, contenuti all’art.83 (v. art. 136, comma 2). Più complesse conside-razioni debbono invece essere svolte con riferimen-to alla possibilità di ritenere non cogente, per i la-vori, il sistema di qualificazione incentrato sul pos-sesso delle attestazioni SOA. La questione assumeprofili di delicatezza, in considerazione della inido-neità di tale sistema a qualificare in modo adeguatoi concorrenti, laddove oggetto di affidamento sianolavori che richiedano particolari capacità e specia-lizzazioni.L’art. 84 che disciplina la materia è tra quelli (alpari dell’art. 83) cui fa generico riferimento l’art.113 (ed è, come tale applicabile ai settori speciali),sempre nei limiti di compatibilità con la specificadisciplina dettata per questi ultimi.Ad esso non fa, tuttavia, alcuno specifico riferi-mento, invece, l’art. 136; il che, proprio in virtùdel richiamo di cui all’art. 113, potrebbe indurre aritenere tale requisito cogente anche per gli affida-menti nell’ambito dei settori speciali.Tale conclusione non tiene, innanzitutto, contodel fatto che il sistema unico di qualificazione di-sciplinato dall’art. 84, altro non è che lo strumentoattraverso il quale, nel caso di appalti lavori, è di-mostrato il possesso dei requisiti di idoneità previ-sti dall’art. 83 citato (17). Inoltre, una scelta in

(16) Non sembra che, rispetto a tale conclusione, possa as-sumere rilevanza quanto previsto all’art. 28, comma 13, chenell’ambito della disposizione in tema di contratti misti, dispo-ne che le stazioni appaltanti possono prevedere la “messa agara del progetto esecutivo” solo nei casi in cui l’elemento tec-nologico ed innovativo delle opere oggetto dell’appalto sia net-tamente prevalente rispetto all’importo complessivo dei lavo-ri”. Non è chiara la portata di questa disposizione, peraltro nonpresente nel testo inviato all’esame del Consiglio di Stato, so-prattutto per quanto attiene al riferimento alla messa a garadel progetto esecutivo. La norma, nel disciplinare i contrattimisti, sembrerebbe legittimare al ricorso in casi determinati al-l’appalto integrato (inteso come contratto misto di lavori e ser-vizi aggiungendo un’ipotesi di eccezione a quelle previste dal-l’art. 53), senza avere alcun impatto sui settori speciali, cui, invirtù del richiamo all’art. 114, la norma in questione sarebbeapplicabile in quanto compatibile.

(17) La differenza rispetto al precedente regime è rilevante.Le amministrazioni aggiudicatrici, infatti, erano vincolate adapplicare requisiti di idoneità tecnico-organizzativa ed econo-

mico-finanziaria analoghi a quelli previsti per i settori tradizio-nali.

Esse, infatti, erano tenute ad applicare gli artt. da 39 a 48,vale a dire, tutte le disposizioni in tema di requisiti di idoneità,ivi compresa, quella su modalità e termini di verifica degli stes-si [controllo a campione su primo e secondo graduato, salvoche non abbiano istituito un proprio sistema di qualificazione[(in tal caso, nella definizione dei requisiti di accesso al sistemapotranno richiedere requisiti di qualificazione ulteriori ai sensidell’art. 340 del Regolamento)].

Imprese pubbliche e soggetti privati operanti in virtù di dirit-ti speciali ed esclusivi), ai fini dell’accertamento dei requisiti dicapacità tecnico-professionale ed economico-finanziaria pote-vano alternativamente:

a. istituire propri sistema di qualificazione (ed, in tal caso,definire i requisiti in applicazione secondo i criteri stabiliti del-l’art. 340 del Reg. attuativo n. 207/10);

b. ovvero, a differenza di quanto previsto per le amministra-zioni aggiudicatrici

(i) applicare gli artt. da 39 a 48 del Codice

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questo senso non sarebbe in linea con quanto sta-bilito dalla Dir. n. 25/14 (v. art. 80, par. 2), che fariferimento alla possibilità (e non all’obbligo) che icriteri di selezione degli operatori economici tenga-no conto di quelli previsti, in generale e con porta-ta cogente, nell’ambito della disciplina sui settoritradizionali.

e) Modalità di indizione e procedure di scelta,criteri di aggiudicazionePer il resto, la nuova disciplina non contiene parti-colari elementi di innovazione rispetto al prece-dente assetto. Rimane la possibilità che la gara siaindetta alternativamente mediante la pubblicazio-ne di un bando (art. 129), di un avviso periodicoindicativo (art. 127) ovvero mediante il ricorso adun sistema di qualificazione (artt. 128, 134 e 136).Solo apparentemente di rilievo, in tema di proce-dura negoziata non preceduta da forme di pubblici-tà (art. 127), è l’espunzione dell’ipotesi di lavori eservizi complementari, in precedenza prevista dal-l’art. 221, comma 1, lett. f). Sul piano sostanziale,tale modifica non dovrebbe avere impatto partico-lare in quanto la disciplina sostanziale è ora conte-nuta nell’art. 106 (18) che regola la fattispecie in

termini, sostanzialmente analoghi alla disciplinaprevigente (19).In tema di criteri di aggiudicazione, trovano inte-grale applicazione le disposizioni previste per i set-tori ordinari: il che comporta la generalizzata appli-cazione del criterio dell’offerta economicamentepiù vantaggiosa, l’applicabilità e dei meccanismiautomatici di individuazione della soglia di anoma-lia. Va detto, peraltro, che tali vincoli non sembra-no configurabili per imprese pubbliche e soggettiprivati operanti in virtù di diritti speciali od esclu-sivi qualora diano corso ad affidamenti sottosoglia,posta la possibilità di utilizzare i propri regolamentinegoziali, con il solo vincolo rappresentato dal ri-spetto dei principi del Trattato dell’UE a tuteladella concorrenza.Di rilievo, poi è, come anticipato, nel caso di ag-giudicazione con il criterio dell’offerta economica-mente più vantaggiosa, la previsione dell’obbligoper le amministrazioni aggiudicatrici di ricorrere acommissari esterni, iscritti in un apposito albo ge-stito dall’Anac, da sorteggiare nell’ambito di unelenco, fornito, a richiesta, da quest’ultima.

I contratti di concessionedi Marco Macchia

Sulla spinta del legislatore europeo il Codice introduce una disciplina di nuovo “conio” dedicataalle concessioni. Innovativo nei contenuti e dettagliato, tale regime ambisce a regolare i principi,le garanzie procedurali, nonché l’esecuzione del rapporto concessorio. Il paradigma concettualea cui si ispira è che le concessioni devono spogliarsi del loro radicamento pubblicistico ed esse-re considerate a tutti gli effetti contratti, integralmente piegati alle esigenze del contesto econo-mico, il cui elemento qualificante è il trasferimento del rischio operativo. In questa prospettiva ilconcessionario è un partner privato che si confronta con il mercato, che sottostà alle regoleconcorrenziali, mirando a contenere i costi e a realizzare un lavoro o a gestire un servizio in mo-do efficiente.

(ii) accertare i requisiti di capacità tecnico professionale edeconomico finanziaria nel rispetto dei principi fissati dagli artt.da 39 a 48 (art. 230, comma 3 e art. 233). In tale ultimo caso,in sostanza, la disciplina in tema di settori ordinari poteva co-stituire un riferimento ma non assumeva di certo alcuna porta-ta cogente per gli enti aggiudicatori.

(18) Applicabile anche ai settori speciali, in virtù dell’art.114, comma 8.

(19) In sostanza, si ammette la possibilità di affidamento al

contraente originale di lavori, servizi e forniture “supplementa-ri” che, non inclusi nell’appalto iniziale, si siano resi necessarie qualora un cambio del contraente: (a) sia impraticabile permotivi economici o tecnici, quali il rispetto dei requisiti di inter-cambiabilità o interoperabilità o interoperabilità tra apparec-chiature, servizi o impianti esistenti forniti nell’ambito dell’ap-palto iniziale; (b) comporti per l’Ente aggiudicatore notevoli di-sguidi o una consistente duplicazione dei costi.

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Dalla direttiva europea al codice nazionale

La direttiva europea 26 febbraio 2014, n. 23 sulleconcessioni contiene diversi profili innovativi, tracui in particolare la prima regolamentazione orga-nica dei contratti di concessione, provando così afare ordine in un settore centrale per la sua rile-vanza economica, ma finora regolato in modo di-sordinato, prevalentemente con comunicazioni (1)(dalle istituzioni europee) ovvero con tecniche diinterpretazione analoga (dagli organi giurisdiziona-li). L’incertezza giuridica può rappresentare, infatti,un fattore di ostacolo alla libera fornitura di servizie può provocare distorsioni nel funzionamento delmercato interno. Mentre “un quadro giuridico ido-neo, equilibrato e flessibile per l’aggiudicazione diconcessioni garanti[sce] un accesso effettivo e nondiscriminatorio al mercato a tutti gli operatori eco-nomici dell’Unione assicurando altresì la certezzagiuridica e favorendo quindi gli investimenti pub-blici in infrastrutture e servizi strategici per i citta-dini. Tale quadro giuridico consent[e] inoltre difornire maggiore certezza giuridica agli operatorieconomici e potrebbe costituire una base e unostrumento per aprire maggiormente i mercati inter-nazionali degli appalti pubblici e rafforzare gliscambi commerciali mondiali” (2).Sebbene costituisca una regolamentazione organica- parte di un ampio disegno di armonizzazione pro-gressiva, che soddisfa l’esigenza di dare un corpusgiuridico ispirato a criteri di uniformità a tutte lemodalità di procurement indette da amministrazioni- si tratta pur sempre di un primo esperimento. È,infatti, una direttiva di prima generazione, ancorapoco dettagliata. Il cui obiettivo maggiore è rap-presentato da una maggiore attrattività finanziariadegli investimenti in opere in un’ottica di coinvol-gimento dei capitali privati nella realizzazione del-l’infrastrutture, nel momento in cui la crisi dei de-biti sovrani ha messo chiaramente in luce i limitidella capacità finanziaria statale. Nonostante ilnon elevato grado di dettaglio non sono mancatele difficoltà di recepimento nell’ordinamento inter-

no, con particolare riguardo al rinnovato accentosul trasferimento del rischio operativo, alla sempli-ficazione, alla libertà di organizzare le procedure discelta del concessionario (sotto il profilo di un qua-dro giuridico unitario), nonché alla discrezionalitàriconosciuta alle amministrazioni aggiudicatrici.A venire in rilievo, innanzitutto, è il paradigmaconcettuale sovranazionale in base al quale le con-cessioni devono spogliarsi del loro radicamentopubblicistico ed essere considerate a tutti gli effetticontratti. In questo senso, le concessioni sono con-tratti a titolo oneroso, stipulati per iscritto, me-diante i quali una o più amministrazioni aggiudica-trici affidano l’esecuzione di lavori o la prestazionee gestione di servizi ad un operatore economi-co (3). Il contratto ha per oggetto l’acquisizione dilavori o servizi e il relativo corrispettivo consistenel diritto di gestire i lavori o i servizi, o in tale di-ritto accompagnato da un prezzo, con assunzionein capo al concessionario del rischio operativo le-gato alla gestione dei lavori o dei servizi. Il “rischiooperativo” oggetto di trasferimento al concessiona-rio deve comportare l’assenza di garanzie economi-che tali da mettere in dubbio il recupero degli in-vestimenti effettuati o dei costi sostenuti per la ge-stione dei lavori o dei servizi oggetto della conces-sione. Non deve trattarsi di un rischio minimo, tra-scurabile o puramente nominale.Ne consegue che, da un lato, sono accomunati icontratti di concessioni di lavori alle concessionidi servizi mediante l’applicazione di una disciplinaunitaria; dall’altro, muta la ratio dell’istituto con-cessorio. Originariamente erano attribuiti al con-cessionario diritti speciali o esclusivi, in virtù deiquali quest’ultimo si sostituiva all’amministrazione,era soggetto a controlli pubblici, svolgendo attivitàstrategiche per il benessere della collettività. Nel-l’ottica sovranazionale, all’inverso, la concessione èintegralmente piegata alle esigenze del mercato:non solo il concessionario è scelto a mezzo di pro-cedure ad evidenza pubblica, ma quest’ultimo è unpartner privato che si confronta con il mercato,

(1) Comunicazione interpretativa della Commissione sulleconcessioni nel diritto comunitario (2000/C 121/02. Per uncommento, C. Guccione, La comunicazione interpretativa dellaCommissione sulle concessioni nel diritto comunitario, in questaRivista, 2000, 1253 ss.; F. Leggiadro, Comunicazione interpreta-tiva della Commissione sulle concessioni nel diritto comunitario,in Urb. e app., 2000, 1430 ss.

(2) Dir. n. 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consi-glio del 26 febbraio 2014 sull’aggiudicazione dei contratti diconcessione. Per approfondimenti si rinvia a Paper Astrid, Lanuova disciplina dei contratti pubblici: le regole, i controlli, il pro-cesso, a cura di A. Pajno - L. Torchia - H. Caroli Casavola, Le

nuove direttive sugli appalti pubblici e le concessioni. Le regole egli obiettivi strategici per le politiche UE 2020, in questa Rivista,2014, 1136 ss.; Negoziazioni pubbliche. Scritti su concessioni epartenariati pubblico privati, a cura di M. Cafagno - A. Botto -G. Fidone - G. Bottino, Milano, 2013, in cui sono contenuti am-pi riferimenti bibliografici. Nonché a M. Ricchi, La nuova Diret-tiva comunitaria sulle concessioni e l’impatto sul Codice dei con-tratti pubblici, in Urb. e app., 2014, 741 ss.

(3) Questa impostazione era da tempo riscontrabile in M.D’Alberti, Le concessioni amministrative. Aspetti della contrat-tualità delle pubbliche amministrazioni, Napoli, 1981.

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che sottostà alle regole concorrenziali, mirando acontenere i costi e a realizzare un lavoro o a gestireun servizio in modo efficiente.Elemento caratterizzante del rapporto concessorio,idoneo a distinguere la concessione rispetto al con-tratto di appalto, diviene il trasferimento del ri-schio operativo. Ossia l’assunzione del rischio, ilfattore connesso all’incertezza del ritorno economi-co dell’attività di gestione sia nelle concessioni dilavori che di servizi. L’attuale disciplina già preve-de il trasferimento dell’alea economico-finanziariadella gestione dell’opera in capo al concessionario,nonché una effettiva allocazione dei rischi gestorisull’operatore economico. Ciò che cambia ora èche: a) il rischio di gestione si tramuta da fattoreaccessorio alla concessione in elemento qualificanteproprio di questo contratto; b) corre l’obbligo perle parti di perimetrare esattamente tale grandezzaeconomica.Un’ulteriore novità coinvolge il regime del rappor-to concessorio. A differenza del modello preceden-te, connotato da una cristallizzazione degli accordidurante la fase della gara e degli impegni presi insede di esecuzione, la nuova disciplina della con-cessione presuppone una negoziazione tra le parti ericonosce a queste ultime la facoltà di modificarenel tempo il contratto in base alle esigenze dell’iteresecutivo, in quanto rapporto di durata, sebbeneentro limiti sostanziali e procedurali ben definiti.Sulla base di queste premesse e a valle di una “nu-trita” legge delega 28 gennaio 2016, n. 11 per il re-cepimento delle direttive europee, il legislatore na-zionale ha scelto di recepire la normativa sovrana-zionale inglobando la disciplina delle concessioniall’interno di una distinta parte, la terza (che sicompone di quattordici articoli, artt. 164-178, de-dicati ai principi generali, alle garanzie procedurali,e all’esecuzione delle concessioni) del nuovo Codi-ce, approvato con il D.Lgs. n. 50 del 2016. Ad es-sere regolate in questa parte sono sia la fase pubbli-cistica che precede la stipula del contratto sia la fa-se dell’esecuzione. Nondimeno, in quanto compati-bili, si applicano alle concessioni anche le normedelle parti I e II del Codice, relativamente ai prin-cipi generali, alle procedure di scelta del contraen-

te, ai criteri di aggiudicazione, alle modalità dipubblicazione dei bandi e degli avvisi di gara, ai re-quisiti di qualificazione soggettivi, ai termini di ri-cezione delle domande di partecipazione, nonchéalle modalità esecutive del contratto.

Ambito di applicazione

Con il Codice, innanzitutto, il legislatore ha sceltodi distinguere il contratto di concessione dai rap-porti di partenariato pubblico-privato, a cui ha de-dicato un’autonoma parte (4). In quest’ultima fatti-specie contrattuale sono conferite all’operatoreeconomico “un complesso di attività consistentinella realizzazione, trasformazione, manutenzione egestione operativa di un’opera in cambio della suadisponibilità, o del suo sfruttamento economico, odella fornitura di un servizio connesso all’utilizzodell’opera stessa”. Il partenariato acquisisce così alivello nazionale una sua autonoma dignità giuridi-ca, diversamente da quanto ritenuto dalla Com-missione europea a parere della quale, invece, leconcessioni rientrano tra le fattispecie di “partena-riato contrattualizzato” (5).La disciplina codicistica, in secondo luogo, fissauna soglia a partire dalla quale i rapporti concessorisono soggetti alla nuova normativa, recependo sulpunto le indicazioni europee. Non si può fare ameno di notare che si tratta di un valore partico-larmente elevato (se si considerano soprattutto leconcessioni di servizi), sebbene direttamente pre-scritto dall’Unione. Il Codice si applica, infatti, al-le concessioni di lavori o di servizi il cui valore siapari o superiore a euro 5.186.000 (come per l’ap-palto di lavori) (6). Sono vietati indebiti fraziona-menti che possono alterare il valore della conces-sione, al fine di escludere quest’ultima dall’osser-vanza delle norme del Codice, tranne il caso in cuiragioni oggettive li giustifichino (art. 167) (7).Sono esplicitamente esclusi dall’ambito di applica-zione del codice, invece, gli affidamenti in house, iservizi non economici di interesse generale (art.164), i contratti di servizi aggiudicati in base ad undiritto esclusivo e i contratti aggiudicati in base anorme internazionali; nonché le concessioni di ser-

(4) Al riguardo si rinvia infra al contributo di F. Di Cristina, Ilpartenariato pubblico privato quale “archetipo generale”, in que-sto numero della Rivista.

(5) Si rinvia sul punto alla classificazione operata nel LibroVerde sul partenariato, in cui si distingue tra partenariato “con-trattualizzato” e partenariato “istituzionalizzato”.

(6) Al fine di mantenere standard di applicazione uniformi,ogni due anni la Commissione è tenuta a verificare la corri-spondenza della soglia di rilevanza comunitaria alle prescrizio-

ni di cui all’accordo sugli appalti pubblici dell’Organizzazionemondiale del commercio.

(7) Allo stesso tempo, al fine di favorire la partecipazionedelle piccole e medie imprese il legislatore ha previsto che,quando un’opera o un servizio possono dar luogo all’aggiudi-cazione di una concessione per lotti distinti, è computato (perl’applicazione della disciplina codicistica) il valore complessivostimato della totalità di tali lotti.

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vizi di trasporto aereo e trasporto pubblico, le con-cessioni di servizi di lotterie ovvero per l’eserciziodi attività all’estero.Gli articoli della parte III del nuovo Codice sonodedicati alle procedure di aggiudicazione dei con-tratti di concessione di lavori o di servizi, indetteda amministrazioni aggiudicatrici ed enti aggiudi-catori, i cui lavori o i servizi rientrino nelle attivitàelencate all’allegato II del Codice. Questo allegatoè stato redatto in conformità all’allegato (sempre)II della Dir. n. 23 (8).

L’equilibrio economico-finanziario

I ricavi di gestione del concessionario devono pro-venire dalla vendita dei servizi resi al mercato equest’ultimo non può essere sollevato da qualsiasiperdita potenziale mediante la garanzia di un in-troito minimo pari o superiore agli investimenti ef-fettuati e ai costi sostenuti. In quest’ottica, al con-cessionario è trasferito un rischio operativo - ag-giungendo al rischio proprio del contratto di appal-to il rischio di mercato - riferito alla possibilitàche, in condizioni operative normali, le variazionirelative ai costi e ai ricavi, oggetto della concessio-ne, incidano sull’equilibrio del piano economico fi-nanziario (9). Ne discende un obbligo normativodi quantificare esattamente le grandezze economi-che per la corretta allocazione dei rischi, tra cui in-nanzitutto il valore della concessione, anche al fi-ne di assicurare la bancabilità ed il finanziamentodelle opere. L’art. 167 prescrive che il valore deicontratti deve essere calcolato sulla base di criterioggettivi, espressamente descritti nella documenta-zione di gara, ciò al fine di evitare che venganoomessi nel computo introiti diversi, come quelliderivanti ad esempio da attività sanzionatorie ovantaggi finanziari discendenti dagli obblighi di

servizio pubblico ovvero dalla vendita di elementidell’attivo.Lo schema contrattuale deve essere definito dal-l’amministrazione nell’ottica di assicurare adeguatilivelli di bancabilità dell’opera. Per la serietà dellegaranzie finanziarie il bando potrà prevedere che leofferte siano corredate da uno o più dichiarazionid’interesse da parte d’istituti finanziatori (10). Datala centralità dell’equilibrio economico-finanziario,il contratto potrà essere sottoscritto soltanto allor-quando l’aspirante concessionario dimostri, sullabase di idonea documentazione, il finanziamentodell’opera medesima.La concessione, per giunta, è un contratto di dura-ta in cui occorre conservare nel tempo la sostenibi-lità dell’equilibrio economico finanziario (11). Atal fine, l’amministrazione può anche stabilire, insede di gara, che vi siano contributi pubblici ovve-ro cessione (o diritti di godimento) di beni immo-bili, la cui utilizzazione sia strumentale all’opera af-fidata in concessione, purché il finanziamento pub-blico non sia superiore al 30% del costo dell’inve-stimento complessivo (comprensivo di eventualioneri finanziari).Ad essi si aggiungono gli strumenti di finanziamen-to “nel” mercato, come il contratto di finanzia-mento o l’emissione di obbligazioni di debito. Deveessere prevista la risoluzione del rapporto concesso-rio laddove entro un congruo termine sia mancatoil collocamento delle obbligazioni di progetto. Incaso di finanziamento solo parziale (sebbene peruno stralcio tecnicamente ed economicamentefunzionale), il bando può disporre che il contrattorimanga efficace limitatamente alla parte che rego-la la realizzazione e la gestione di tale stralcio fun-zionale.

(8) Secondo l’Allegato II, le disposizioni del codice che di-sciplinano le concessioni aggiudicate dagli enti aggiudicatoridi cui all’art. 164, comma 1, si applicano alle seguenti attività:1) la gestione delle reti per il gas e l’energia termica; 2) la ge-stione delle reti per l’elettricità; 3) attività relative alla messa adisposizione o alla gestione di reti destinate a fornire un servi-zio al pubblico nel campo del trasporto ferroviario, tranviario,filoviario, mediante autobus, sistemi automatici o cavo. Neiservizi di trasporto, si considera esistere una rete se il servizioviene fornito alle condizioni operative stabilite dalla competen-te autorità, quali le condizioni relative alle tratte da servire, allacapacità di trasporto disponibile o alla frequenza del servizio;4) le attività relative allo sfruttamento di un’area geografica alfine della messa a disposizione di aeroporti, porti marittimi ointerni e di altri terminali di trasporto ai vettori aerei, marittimie fluviali; 5) le attività relative alla fornitura di servizi postali; 6)le attività relative allo sfruttamento di un’area geografica ai finidi estrazione di petrolio o di gas, ovvero prospezione o estra-zione di carbone o altri combustibili solidi.

(9) Il trasferimento del rischio operativo corrisponde con-cretamente ad un obbligo di “internalizzare” nel rapporto con-cessorio l’eventualità di non riuscire a coprire gli investimentieffettuati e i costi sopportati per realizzare i lavori o per l’ese-cuzione e la gestione dell’opera o del servizio reso.

(10) Possono essere anche avviate consultazioni preliminaricon gli operatori economici per verificare la finanziabilità e labancabilità dei progetti sul mercato, in vista di un eventualeadeguamento degli atti di gara alle esigenze del contesto eco-nomico.

(11) L’equilibrio economico finanziario nell’ambito del rap-porto concessorio è dato dalle condizioni di “convenienza eco-nomica” e della “sostenibilità finanziaria”. La prima consistenella “capacità del progetto di creare valore nell’arco dell’effi-cacia del contratto e di generare un livello di redditività ade-guato per il capitale investito”; la seconda va letta come l’ido-neità “del progetto di generare flussi di cassa sufficienti a ga-rantire il rimborso del finanziamento”.

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Ai medesimi principi ispiratori deve essere confor-mata la durata del rapporto concessorio, la qualenon può superare il tempo ragionevolmente neces-sario al recupero dell’investimento e il ritorno delcapitale investito, tenendo in considerazione altre-sì l’ammontare degli investimenti necessari perconseguire gli obiettivi contrattuali risultanti dalpiano economico finanziario e la complessità orga-nizzativa dell’oggetto contrattuale (art. 168). Aconferma della suscettibilità del contratto di con-cessione di essere modificato in corso di esecuzio-ne, si dispone che per “investimenti” debbano esse-re considerati sia quelli iniziali sia quelli in corsodi concessione. Nel rispetto dei principi di concor-renza e parità di trattamento, non può essere previ-sta la proroga della durata della concessione in cor-so di esecuzione (art. 175), a differenza di quantoaccade nell’appalto in cui la proroga è ammessasebbene solo ove sia stata prevista in sede di gara elimitatamente al tempo strettamente necessarioper l’individuazione di un nuovo contraente.

Le garanzie procedurali

Ai sensi dell’art. 166, le amministrazioni sono libe-re di scegliere le procedure di selezione del conces-sionario e di decidere il modo migliore per organiz-zare e gestire l’esecuzione dei lavori e la prestazionedi servizi, nell’ottica di assicurare la qualità, la sicu-rezza e l’accessibilità tariffaria e geografica del ser-vizio medesimo. Ciò è coerente con l’impostazioneeuropea tesa ad una maggiore professionalizzazionee (connessa) responsabilizzazione delle stazioni ap-paltanti, in stretta correlazione con le garanzied’interesse pubblico.La procedura competitiva deve adattarsi in modoflessibile alle esigenze amministrative, garantendola qualità delle prestazioni nonché i principi dieconomicità, efficacia, tempestività e correttezza(art. 30). Difatti, nel rispetto dei criteri di aggiudi-cazione previsti nelle parti I e II, la stazione appal-tante può condurre liberamente negoziazioni con icandidati e gli offerenti (art. 171), data la “com-plessità” tecnica e operativa delle concessioni. Po-tranno essere discussi con i candidati tutti gliaspetti del contratto in occasione della fase di at-tuazione, pur nel rispetto dei principi di trasparen-za e di parità di trattamento tra operatori economi-ci, in modo da consentire all’amministrazione di

acquisire le conoscenze del mercato che le consen-tano di bandire una procedura concorsuale il piùpossibile rispondente alla soddisfazione dell’interes-se pubblico (12).Il bando dovrà dare adeguata pubblicità ai seguentielementi: la descrizione della concessione, le con-dizioni di partecipazione alla gara da parte dei can-didati, l’espressa indicazione della subordinazionedella validità del rapporto concessorio all’attuazio-ne del piano finanziario, al rispetto della tempisticain esso prevista per la realizzazione degli investi-menti e alla necessità che il concessionario s’impe-gni espressamente al rispetto di tali condizioni, ladescrizione dei criteri di aggiudicazione e, se delcaso, dei requisiti minimi da soddisfare per l’acces-so alla gara. Proporzionalmente all’esigenza di ga-rantire la capacità di eseguire il contratto (e com-misurati agli obiettivi pubblici), le stazioni appal-tanti potranno verificare il possesso in capo agliaspiranti aggiudicatari delle capacità tecnico-pro-fessionali ed economico-finanziaria sulla base dicertificazioni, autocertificazioni, o attestati che de-vono essere presentati come prova.La valutazione delle offerte dovrà tener conto del-l’innovatività. I criteri di aggiudicazione possonoessere elencati in ordine decrescente di importan-za, in un’ottica volta a rendere le offerte il più pos-sibile rispondenti al corrispondente “ordine di rile-vanza” che alcuni parametri assumono per l’ammi-nistrazione nella realizzazione del pubblico interes-se sotteso alla specifica commessa (art. 173). La ri-cerca di soluzioni innovative e socialmente compa-tibili sul mercato, incentivata a livello sovranazio-nale, può anche comportare la modifica dell’ordinedi importanza dei criteri, purché la stessa sia assisti-ta da corrispondenti forme di pubblicità che nonalterino la par condicio. Resta fermo il ricorso al-l’avvalimento, nel senso che in casi particolari e inpresenza di ragioni di opportunità l’operatore potràaffidarsi alla capacità tecnica e professionale non-ché alla capacità economica e finanziaria di altrisoggetti (art. 172).

L’esecuzione del contratto di concessione

La disciplina europea non tralascia, infine, la faseesecutiva del contratto nella convinzione che an-ch’essa sia in grado di incidere sull’assetto competi-tivo del mercato, soprattutto nei rapporti di durata,

(12) All’amministrazione appaltante è lasciata la facoltà dilimitare discrezionalmente il numero dei candidati sulla base dicriteri oggettivamente predeterminati nella massima traspa-

renza e pubblicità, fermo restando che il numero dei candidatiinvitati a partecipare deve essere comunque sufficiente a ga-rantire una concorrenza effettiva.

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come quelli concessori, che necessitano di adatta-menti ai mutamenti del contesto economico. Perquesta ragione sono puntualmente disciplinati gliaffidamenti infragruppo, la modifica del contratto,il subappalto e la cessazione del rapporto contrat-tuale.Quanto ai primi, i titolari di concessioni già in es-sere, non affidate con la formula della finanza diprogetto ovvero tramite procedure ad evidenzapubblica, sono tenuti a rivolgersi al mercato (me-diante gare) per una quota pari all’80% dei con-tratti di lavori, servizi e forniture relativi alle con-cessioni, che siano di importo superiore a euro150.000. Solo per la restante parte potranno farericorso a società in house ovvero controllate o col-legate al concessionario. Con apposite linee guidal’ANAC dovrà definire le modalità di verifica delrispetto di dette quote, sebbene in caso di reiterateviolazioni da parte del concessionario per due anniconsecutivi l’amministrazione dovrà applicare unapenale pari al 10% dell’importo complessivo dellaporzione di oggetto contrattuale che avrebbe dovu-to essere esternalizzato.I contratti in corso di svolgimento possono esserevariati senza ricorrere ad una nuova procedura diaggiudicazione per modifiche non sostanziali, ossianon in grado di alterare considerevolmente le con-dizioni contrattuali inizialmente pattuite (13). Aisensi dell’art. 175, ciò tassativamente può avveni-re: qualora le modifiche siano state espressamentepreviste nei documenti di gara, attraverso clausolechiare, precise e inequivocabili che ne fissino laportata e che, in ogni caso, non possono prevederela proroga della durata contrattuale; per lavori oservizi supplementari non previsti nel contrattoiniziale; qualora la modifica derivi da circostanzeimprevedibili tali da non alterare la natura genera-le del rapporto; nel caso in cui per una clausola direvisione contrattuale o nel caso di successione invia universale o particolare un nuovo concessiona-rio sostituisca l’aggiudicatario iniziale; nel caso incui la stazione appaltante assumi su di sé gli obbli-ghi del concessionario principale nei confronti deisubappaltatori.È ammesso per la prima volta il subappalto neirapporti concessori. Il regime ad esso applicabile

presenta due aspetti di particolare interesse. Daun lato, i concorrenti hanno l’obbligo di indicaregià in sede di offerta le parti del contratto che in-tendano subappaltare a terzi, dimostrando anchel’assenza in capo ai subappaltatori di eventualimotivi di esclusione. Dall’altro, la stazione appal-tante è obbligata a pagare in via diretta i subap-paltatori, con liberazione del concessionario dallaresponsabilità solidale nei confronti del subappal-tatore, salvo il caso in cui la natura del contrattolo impedisca.Il rapporto concessorio può cessare per annulla-mento d’ufficio, per inadempimento, per subentroo per revoca. L’amministrazione può ricorrere al-l’annullamento in autotutela quando l’aggiudicata-rio manchi dei requisiti generali (disciplinati dal-l’art. 80), quando sia stato violato il diritto del-l’Unione europea con riferimento al procedimen-to di gara per la scelta del concessionario, ovveronel caso di modifica contrattuale che avrebbe ri-chiesto una nuova procedura di aggiudicazione.La risoluzione per inadempimento segue, invece, ilregime generale previsto dall’art. 1453 c.c. Con-testualmente il non corretto adempimento può,altresì, aprire la strada al subentro di un nuovooperatore economico in via definitiva, nel sensoche i finanziatori possono sostituire al concessio-nario inadempiente un altro concessionario aven-te i requisiti richiesti sotto il profilo tecnico e fi-nanziario (tenuto conto dello stato di avanza-mento della commessa), purché vi sia il consensodell’amministrazione e in origine sia stato previ-sto nel bando. L’impresa subentrata deve garanti-re la ripresa dell’esecuzione dei lavori o dei servizie l’esatto adempimento delle prestazioni oggettodel contratto secondo il termine definito dall’au-torità pubblica. Se la concessione sia revocata permotivi di pubblico interesse, spettano al conces-sionario sia il valore delle opere realizzate (o i co-sti effettivamente sostenuti), sia un indennizzo atitolo di risarcimento del mancato guadagno parial 10% del valore delle opere (o del servizio) an-cora da eseguire secondo il piano economico fi-nanziario.

(13) In base all’art. 175, comma 7, una modifica è conside-rata in ogni caso sostanziale “se almeno una delle seguenticondizioni è soddisfatta: a) la modifica introduce condizioniche, ove originariamente previste, avrebbero consentito l’am-missione di candidati diversi da quelli inizialmente selezionatio l’accettazione di un’offerta diversa da quella accettata, oppu-re avrebbero consentito una maggiore partecipazione alla pro-

cedura di aggiudicazione; b) la modifica altera l’equilibrio eco-nomico della concessione a favore del concessionario in modonon previsto dalla concessione iniziale; c) la modifica estendenotevolmente l’ambito di applicazione della concessione; d) seun nuovo concessionario sostituisce quello cui la stazione ap-paltante aveva inizialmente aggiudicato la concessione in casidiversi da quelli previsti al comma 1, lettera d)”.

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Le concessioni autostradali

Il nuovo Codice racchiude al suo interno, infine,una disciplina appositamente dedicata al settoreautostradale, il cui testo è contenuto all’art. 178. Inconformità alla normativa europea e alle previsionidella legge delega - nell’ottica di assicurare la massi-ma apertura al mercato ed evitare proroghe e rinno-vi contrattuali in assenza di procedure ad evidenzapubblica - il regime speciale delle concessioni auto-stradali è scomponibile in almeno tre frammenti. Ilprimo è relativo alla disciplina degli affidamenti, di-stinguendo tra concessioni scadute (14), concessioniin scadenza (15), e concessioni che scadranno trapiù di due anni (16), favorendo in tutti i casi unampio ricorso ai meccanismi competitivi di gara. Il

secondo riguarda il tema del trasferimento del ri-schio operativo, all’interno del quale si intendecompreso “il rischio traffico” (17). Il terzo concernela durata del rapporto concessorio, nella parte in cuiè vietata la proroga delle concessioni autostradali.L’art. 178, in altre parole, introduce una disciplinainnovativa dedicata ai concessionari autostradali.Non si tratta, tuttavia, di un regime che interessain modo esauriente il rapporto concessorio e le di-namiche convenzionali tra concedente e conces-sionario, ma solo di previsioni frammentate, adot-tate con l’obiettivo di favorire gli investimenti pri-vati in infrastrutture particolarmente rilevanti (so-prattutto) in periodi di crisi economica, ricorrendoai capitali del mercato (18).

Il partenariato pubblico privato quale “archetipo generale”di Fabio Di Cristina

Il nuovo “Codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione” (D.Lgs. n. 50 del 2016)detta specifiche disposizioni relative al partenariato pubblico privato (PPP). Pur senza modificareradicalmente il quadro normativo vigente sino alla sua recentissima entrata in vigore (così comegli incentivi ad un maggior utilizzo del partenariato), la nuova disciplina presenta alcuni aspettiinnovativi, specialmente in tema di affidamento, finanziamento e nuove figure di PPP (quali icc.dd. “interventi di sussidiarietà orizzontale”, il “baratto amministrativo” e la cessione di immo-bili in cambio di opere). Nel complesso, tale nuova disciplina conferma che il PPP è categoriagiuridica ampia e complessa che può prestarsi ad intercettare, da un lato, esigenze di maggiortutela della finanza pubblica sempre più avvertite e, dall’altro, opportunità di flessibilità operativaed innovatività gestionale per progetti di dimensioni più o meno rilevanti.

Gli incerti aspetti definitori

La nozione di partenariato pubblico privato ha as-

sunto tradizionalmente, e prevalentemente, una

valenza più descrittiva che prescrittiva. Si tratta diuna “categoria” dai contorni “problematici e incer-ti” (1) che ha trovato nell’ordinamento italianouna sistematizzazione incompiuta. Da un lato, sul

(14) “Per le concessioni autostradali che, alla data di entra-ta in vigore del presente codice, siano scadute, il concedente,che non abbia ancora provveduto, procede alla predisposizio-ne del bando di gara per l’affidamento della concessione, se-condo le regole di evidenza pubblica previste dal presente co-dice, nel termine perentorio di sei mesi dalla predetta data, fer-ma restando la possibilità di affidamento in house ai sensi del-l’articolo 5”. Al riguardo, si rinvia a M. Macchia, Le concessioniautostradali nella riforma del codice dei contratti pubblici, in Riv.giur. Mezz., 3, 2016.

(15) “Per le concessioni autostradali per le quali la scadenzaavviene nei ventiquattro mesi successivi alla data di entrata invigore del presente codice, il concedente avvia la proceduraper l’individuazione del concessionario subentrante, mediantegara ad evidenza pubblica, in conformità alle disposizioni delpresente codice, ferma restando la possibilità di affidamentoin house ai sensi dell’articolo 5. Ove suddetto termine sia infe-riore a ventiquattro mesi alla data di entrata in vigore del pre-sente codice, la procedura di gara viene indetta nel più breve

tempo possibile, in modo da evitare soluzioni di continuità tra idue regimi concessori”.

(16) “Il concedente avvia le procedure ad evidenza pubblicaper l’affidamento della nuova concessione autostradale entro iltermine di ventiquattro mesi antecedente alla scadenza dellaconcessione in essere, ferma restando la possibilità di affida-mento in house ai sensi dell’articolo 5”.

(17) Prosegue la previsione citata specificando che “l’am-ministrazione può richiedere sullo schema delle convenzionida sottoscrivere un parere preventivo all’Autorità di regolazio-ne dei trasporti”.

(18) Si rinvia a La realizzazione e la gestione di infrastrutture:il regime giuridico delle concessioni, a cura di L. Saltari - A. To-netti, IRPA Working Paper - Policy Papers Series No. 2/2014.

(1) A. Travi, Il partenariato pubblico-privato: i confini incerti diuna categoria, in M. Cafagno - A. Botto - G. Fidone - G. Bottino(a cura di), Negoziazioni pubbliche. Scritti su concessioni e par-tenariati pubblico-privati, Milano, 2013.

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piano europeo, è la stessa Dir. 2014/23/UE (2) adaffermare che “le difficoltà legate all’interpretazio-ne dei concetti di ‘contratto di concessione’ e di‘appalto pubblico’ hanno generato una costante in-certezza giuridica tra i soggetti interessati e sonostate oggetto di numerose sentenze della Corte digiustizia dell’Unione europea” (3), confermandoche persino nozioni di più antica memoria - qualiquelle di concessione e appalto, appunto - palesanodifficoltà interpretative di non poco conto. Dall’al-tro, sul piano nazionale, il Consiglio di Stato (4),chiamato ad esprimere il proprio parere sullo sche-ma di decreto legislativo recante il nuovo “Codicedegli appalti pubblici e dei contratti di concessio-ne” (5), ha ricordato che “(...) le forme di partena-riato pubblico-privato non sono tutte esattamentericonducibili né all’appalto né alla concessione” (6)e che “gli articoli 180, 181 e 182 [dello schema dinuovo Codice] recano un archetipo generale delpartenariato pubblico privato contrattuale. (...) Siintroduce così una disciplina quadro valevole, oltreche per le figure tipizzate, anche per figure atipi-che, definite (...) come ‘qualunque altra proceduradi realizzazione di partenariato in materia di opereo servizi (...)’”.E proprio la natura di “archetipo generale” del par-tenariato pubblico privato, nonché la sua valenzaquale “disciplina quadro”, peraltro comune alla di-sciplina del 2006 e del 2016, a non determinare,sul piano definitorio, cesure particolarmente mar-cate tra vecchio e nuovo Codice.Nel vecchio Codice dei contratti pubblici (art. 3,comma 15 ter, inserito dal decreto correttivo del2008 e successivamente modificato dal D.L. n. 1del 2012) i “contratti di partenariato pubblico pri-vato” sono definiti quali contratti aventi per ogget-to una o più prestazioni quali la progettazione, lacostruzione, la gestione o la manutenzione di un’o-pera pubblica o di pubblica utilità, oppure la forni-tura di un servizio, “compreso in ogni caso il finan-ziamento totale o parziale a carico di privati, anchein forme diverse, di tali prestazioni” con allocazio-ne dei rischi ai sensi delle “prescrizioni e degli indi-

rizzi comunitari vigenti”. Rientravano espressa-mente entro tale definizione, a titolo esemplificati-vo, la concessione di lavori e quella di servizi, lalocazione finanziaria, il contratto di disponibilità,l’affidamento di lavori mediante finanza di proget-to, le società miste e vi poteva rientrare altresì l’af-fidamento a contraente generale “ove il corrispetti-vo per la realizzazione dell’opera” fosse “in tutto oin parte posticipato e collegato alla disponibilitàdell’opera per il committente o per utenti terzi”.Nel nuovo Codice (art. 3, comma 1, lett. eee) ilmedesimo “contratto di partenariato pubblico pri-vato” (stavolta declinato al singolare) è il contrat-to a titolo oneroso stipulato per iscritto con il qua-le una o più stazioni appaltanti conferiscono a unoo più operatori economici, per un periodo determi-nato “in funzione della durata dell’ammortamentodell’investimento o delle modalità di finanziamen-to fissate”, un complesso di attività consistenti nel-la realizzazione, trasformazione, manutenzione e ge-stione operativa di un’opera in cambio della sua di-sponibilità, del suo sfruttamento economico o dellafornitura di un servizio connesso all’utilizzo dell’o-pera stessa “con assunzione di rischio, secondo mo-dalità individuate nel contratto, da parte dell’ope-ratore”.Dal punto di vista strettamente formale, vi è, tra ledefinizioni contenute nel vecchio e nel nuovo Co-dice, una differenza evidente che può forse derivareda un mero difetto di coordinamento. Il vecchioCodice faceva riferimento anche alla progettazionetra le prestazioni oggetto del contratto di PPPmentre il nuovo Codice fa riferimento, in generale,alla realizzazione, senza indicare espressamente sela progettazione possa essere ricompresa nel con-tratto di PPP o meno. Ebbene, l’art. 59 del nuovoCodice, relativo alla scelta delle procedure, indicache “È vietato il ricorso all’affidamento congiuntodella progettazione e dell’esecuzione di lavori adesclusione dei casi di affidamento a contraente ge-nerale, finanza di progetto, affidamento in conces-sione, partenariato pubblico privato, contratto didisponibilità”, così recuperando la progettazione

(2) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione.

(3) Considerando 18 della Dir. 2014/23/UE.(4) Adunanza della Commissione speciale del 21 marzo

2016.(5) D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, così denominato dall’art. 1,

comma 1, lett. b), della legge delega 28 gennaio 2016, n. 11.(6) Per quanto attiene ai confini definitori, lo stesso Consi-

glio di Stato ha rilevato che “La lett. eee) dell’art. 3 reca unadefinizione di partenariato pubblico privato che fa riferimentoalle sole ‘opere fredde’ e manca qualsiasi riferimento alle con-

cessioni e al partenariato istituzionale, presenti invece neld.lgs. 163/2006 all’art. 3, comma 15-ter. Inoltre, lo stesso isti-tuto trova una definizione anche nell’art. 180 (partenariatopubblico-privato), dove si riscontra una definizione più correttadi partenariato che considera anche le ‘opere calde’. La pre-senza di due definizioni, peraltro non univoche, per lo stessooggetto può creare rischi interpretativi; pertanto sarebbe op-portuno riportare nell’art. 3 la definizione contenuta nel citatoart. 180, limitandosi in quest’ultimo a operare un rinvio all’art.3”.

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quale possibile oggetto, in questo caso, di affida-mento congiunto. A ciò si aggiunga che all’art.180 del nuovo Codice, dedicato specificamente alpartenariato pubblico privato, si trova una confer-ma dell’affermazione di cui sopra, posto che questodispone, tra l’altro, che “Il contratto [di partenaria-to pubblico privato] può avere ad oggetto anche laprogettazione di fattibilità tecnico ed economica ela progettazione definitiva delle opere o dei serviziconnessi”.Una ulteriore differenza tra vecchio e nuovo Codi-ce, sotto il profilo squisitamente definitorio, appareil tema del finanziamento (7). Nel vecchio Codiceparticolare enfasi era prestata al finanziamento del-l’opera - almeno parzialmente a carico di privati -mentre nel nuovo Codice si fa genericamente rife-rimento al contratto quale fonte delle modalità difinanziamento fissate, evidentemente, per ogni sin-golo caso di specie.Ancora, dal confronto fra i due Codici emerge ladistinzione, operata innanzitutto sul piano defini-torio, tra partenariato pubblico privato e conces-sioni, definite e disciplinate, queste ultime, in mo-do sostanzialmente autonomo. Se partenariato econcessione stanno in rapporto di genere e specie,oppure se, diversamente, le due nozioni sono piùdistanti tra loro, ciò è irrilevante ai fini della nuo-va disciplina (sostanziale) dei contratti pubblici.Per quanto concerne i profili di rischio, infine, nel-la sostanza nulla cambia, non potendosi ritenereche il mancato riferimento agli orientamenti euro-pei in materia, nel testo del nuovo Codice, possavalere ad escluderne l’applicabilità. È amplissima,infatti, la giurisprudenza europea che riconosce neltrasferimento del rischio legato alla prestazione iltratto qualificante del partenariato pubblico priva-to (8), a prescindere dal fatto che tale circostanzasia espressamente richiamata o meno a livello na-zionale.

La programmazione e l’affidamento

Sul tema della programmazione, l’art. 21 del nuovoCodice disciplina il “Programma delle acquisizionidelle stazioni appaltanti”. Le amministrazioni ag-giudicatrici adottano il “programma biennale degliacquisti di beni e servizi” e il “programma triennaledei lavori pubblici” (9), aggiornabile annualmente.Nell’ambito di tale ultimo programma, le ammini-strazioni aggiudicatrici individuano anche i “lavoricomplessi” e gli interventi suscettibili di essere rea-lizzati attraverso contratti di concessione o di par-tenariato pubblico privato. Su questo versante, illegislatore nazionale ha cercato di contemperaredue esigenze, peraltro in linea di continuità con laprevigente disciplina: da un lato, l’opportunitàche, almeno sul fronte delle opere pubbliche, que-ste siano programmate in anticipo e, dall’altro, chele risorse finanziarie - che devono risultare almenostanziate - si rendano disponibili all’atto della pro-grammazione.In tema di affidamento (10), è noto che la Dir.2014/23/UE ha introdotto elementi di forte flessi-bilità (11) (per la verità dettati in tema di conces-sioni e non, in modo specifico, in tema di partena-riato ma applicabili anche a quest’ultimo per ana-logia). Da un lato, la direttiva prevede che l’ammi-nistrazione aggiudicatrice e l’ente aggiudicatore“sono liberi di organizzare la procedura per la sceltadel concessionario” (art. 30, comma 1). Dall’altro,essa prevede che i medesimi soggetti possono “con-durre liberamente negoziazioni con i candidati egli offerenti” (art. 37, comma 6). Il nuovo Codice,all’art. 179, detta una “disciplina comune applica-bile” tanto all’istituto del partenariato pubblicoprivato, quanto a quello del contraente generale.Tale disciplina, in relazione ai lavori, è compostadalle parti I (“Ambito di applicazione, principi, di-sposizioni comuni ed esclusioni”), III (“Contratti

(7) V. infra per ulteriori approfondimenti sul tema.(8) In argomento, G.F. Cartei, Rischio operativo, equilibrio

economico-finaziario e disciplina delle sopravvenienze, in G.F.Cartei - M. Ricchi (a cura di), Finanza di progetto e PartenariatoPubblico-Privato, Napoli, 2015, 37 ss. Si vedano, in particolare,le sentenze della Corte di Giustizia 10 settembre 2009, C-206/08, Wasser und Abwasserzweckverband Gotha und Landk-reisgemeinden (WAZV Gotha) c. Eurawasser Aufbereitungs-und Entsorgungsgesellschaft mbH; nonché del 15 ottobre2009, C-196/08, Acoset; del 13 novembre 2008, C-437/07,Commissione c. Italia; del 18 luglio 2007, C-382/05, Commissio-ne c. Italia; e del 13 ottobre 2005, C-458/03 Parking Brixen.

(9) Ai sensi dell’art. 21, comma 3, del nuovo Codice, “Il pro-gramma triennale dei lavori pubblici e i relativi aggiornamentiannuali contengono i lavori il cui valore stimato sia pari o su-periore a 100.000 euro e indicano, previa attribuzione del codi-ce unico di progetto (...), i lavori da avviare nella prima annuali-

tà, per i quali deve essere riportata l’indicazione dei mezzi fi-nanziari stanziati sullo stato di previsione o sul proprio bilancio,ovvero disponibili in base a contributi o risorse dello Stato, del-le regioni a statuto ordinario o di altri enti pubblici. Per i lavoridi importo pari o superiore a 1.000.000 euro, ai fini dell’inseri-mento nell’elenco annuale, le amministrazioni aggiudicatriciapprovano preventivamente il progetto di fattibilità tecnica edeconomica”.

(10) In relazione alla previgente disciplina, cfr. M. Clarich,Concorrenza e modalità di affidamento delle concessioni, in M.Cafagno - A. Botto - G. Fidone - G. Bottino (a cura di), Negozia-zioni pubbliche. Scritti su concessioni e Partenariati Pubblico-Pri-vati, Milano, 2013, 43 ss.

(11) La legge delega 28 gennaio 2016, n. 11, peraltro, nonha previsto criteri direttivi stringenti, indicando al legislatoredelegato di recepire tutti “gli strumenti di flessibilità previsti dal-le (...) direttive” europee (v. art. 1, comma 1, lett. f).

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di concessione”), V (“Infrastrutture e insediamentiprioritari”) e VI (“Disposizioni finali e transitorie”)del Codice (ma “in quanto compatibili” rispetto aquella del singolo istituto, sia esso il PPP o il con-traente generale), nonché dalla parte II, titolo I(“Rilevanza comunitaria e contratti sotto soglia”) edalle “ulteriori disposizioni della parte II indicateall’articolo 164, comma 2” (12) (anche in questocaso in quanto compatibili).Ora, al di là dell’evidente difficoltà di rintracciare,nel nuovo Codice, la disciplina effettivamente ap-plicabile (in tal senso, la “clausola” di rinvio allevarie disposizioni “in quanto compatibili” di certonon aiuta), il legislatore nazionale ha colto lospunto offerto da quello europeo facendo rifluire,in larga parte, la disciplina delle concessioni entroquella del partenariato pubblico privato, nel tenta-tivo di dare maggiore sostanza a quest’ultima e disuperare la sua natura in prevalenza descritta. Taleaffermazione è però solo parzialmente vera. Da unlato, infatti, il legislatore delegato ha operato unrinvio, in particolare, alla disciplina delle conces-sioni e, dall’altro, ha identificato in modo specificole procedure di affidamento dei contratti di PPP(art. 181). Appare non agevole comprendere se ilrinvio alle altre parti del nuovo Codice valga, a se-conda del caso di specie, ad identificare una disci-plina speciale oppure una complementare a quelladi cui all’art. 181.Più in dettaglio, nell’ambito dei contratti di parte-nariato pubblico privato, la scelta dell’operatoreeconomico “avviene con procedure ad evidenzapubblica anche mediante dialogo competiti-vo” (13). Escludendosi quindi il ricorso a proceduresenza bando, le amministrazioni aggiudicatrici pon-gono a base di gara il “progetto definitivo” (salvoche la gara non abbia ad oggetto anche l’attività di

progettazione) e uno “schema di contratto e di pia-no economico finanziario” volti a disciplinare, tral’altro, l’allocazione dei rischi tra parte pubblica edoperatore economico. La scelta di quest’ultimo “èpreceduta da adeguata istruttoria” con riferimentoad aspetti prettamente economico-finanziari: anali-si della domanda e dell’offerta, analisi della soste-nibilità economico-finanziaria ed economico-socia-le dell’operazione, valutazione della “natura” ed“intensità” dei rischi “anche utilizzando tecnichedi valutazione mediante strumenti di comparazioneper verificare la convenienza del ricorso a forme dipartenariato pubblico privato in alternativa allarealizzazione diretta tramite normali procedure diappalto”. In questo senso, pare che la disciplinaitaliana si avvicini a quella di alcuni ordinamentidi common law, in cui lo studio del business case edelle variabili socio-economiche è particolarmentesviluppato (14).Per quanto concerne il “controllo” sull’attività del-l’operatore economico, l’amministrazione aggiudi-catrice, ai sensi dell’art. 181 del nuovo Codice,predispone sistemi di monitoraggio sulla base di li-nee guida adottate dall’Autorità nazionale anticor-ruzione, sentito il Ministero dell’economia e dellefinanze, “verificando in particolare la permanenzain capo all’operatore economico dei rischi trasferi-ti”.Le motivazioni alla base della formulazione dell’art.181 del nuovo Codice possono essere riassunte se-condo tre direttrici di fondo (15). La prima è voltaa confermare l’ampio spettro di procedure che puòessere prescelto per l’affidamento (nella speranza,forse, che la riluttanza ad adottare procedure nontradizionali sinora dimostrata dalle amministrazioniaggiudicatrici possa essere superata). La secondamira ad instillare nell’ordinamento presidi per una

(12) “Alle procedure di aggiudicazione di contratti di con-cessione di lavori pubblici o di servizi si applicano, per quantocompatibili, le disposizioni contenute nella parte I e nella parteII, del presente codice, relativamente ai principi generali, alleesclusioni, alle modalità e alle procedure di affidamento, allemodalità di pubblicazione e redazione dei bandi e degli avvisi,ai requisiti generali e speciali e ai motivi di esclusione, ai criteridi aggiudicazione, alle modalità di comunicazione ai candidatie agli offerenti, ai requisiti di qualificazione degli operatori eco-nomici, ai termini di ricezione delle domande di partecipazionealla concessione e delle offerte, alle modalità di esecuzione”.

(13) Procedura largamente utilizzata all’estero ma per nulla,almeno sino ad ora, in Italia. V. Epec, L’aggiudicazione di unPPP e l’utilizzo del dialogo competitivo in Europa, dicembre2011. V. anche AA.VV., La realizzazione e la gestione di infra-strutture. Il regime giuridico delle concessioni, IRPA WorkingPaper - Policy Papers Series n. 2/2014, in particolare il capitolosul Regno Unito (215 ss.).

(14) Si v., ad esempio, l’ordinamento australiano: Australian

Government - Infrastructure Australia, National Public PrivatePartnership Guidelines. Volume 1: Procurement Option Analysis,December 2008, 5 ss, in cui si legge che “While individual go-vernments will have specific processes, generally there is a sta-ged decision-making process: i) governments will consider theinvestment decision based on the business case (or scoping stu-dy or feasibility study as the case may be); and ii) following theinvestment decision, Government will consider the procurementmethod decision based on the Procurement Options Analysis(which may or may not be part of the business case). The invest-ment decision is required before a decision on the procurementmethod can be approved. (...). In all cases the full ProcurementOptions Analysis is to be finished well before preparation for ten-dering begins”.

(15) V. in argomento F. Goisis, Rischio economico, trilateritàe traslatività nel concetto europeo di concessione di servizi e dilavori, in Dir. amm., 2011, 729 ss.; nonché F. Merusi, Certezzae rischio nella finanza di progetto, in G. Morbidelli, Finanza diprogetto, Torino, 2004, 18 ss.

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corretta analisi del “value for money” connesso allasostenibilità economico-finanziaria del progetto edel costo-opportunità del PPP rispetto all’appalto,sul modello già seguito in altri ordinamenti, in spe-cial modo extraeuropei. La terza incardina nell’Au-torità nazionale anticorruzione la verifica circa lacontinua sussistenza, in capo alla parte privata, deirischi il cui trasferimento è negoziato, sul presup-posto che l’esposizione per la parte pubblica nondiventi irragionevole (16).

Il finanziamento e l’estinzione anticipata

Il tema del finanziamento, tra quelli finalizzati adelineare quell’archetipo generale di cui al pareredel Consiglio di Stato, è senza dubbio quello su cuiil legislatore nazionale è intervenuto con maggioreforza. L’art. 182 del nuovo Codice dispone che ilfinanziamento dei contratti di PPP possa avveniremediante “idonei strumenti” quali, ad esempio, la fi-nanza di progetto (disciplinata al successivo art.183). Il finanziamento “può anche riguardare ilconferimento di asset patrimoniali pubblici e priva-ti” e la remunerazione del capitale investito, coe-rentemente con la definizione di cui al richiamatoart. 3, “è definita nel contratto”.L’art. 182 del nuovo Codice affronta altresì il temadella “anticipata estinzione del contratto” e dellarevisione dell’equilibrio del piano economico fi-nanziario (PEF). Sul primo versante, il nuovo Co-dice dispone che sia il contratto a definire le con-seguenze derivanti dall’anticipata estinzione e chequeste debbano essere “tali da comportare la per-manenza dei rischi trasferiti in capo all’operatoreeconomico”. Sul secondo versante, il verificarsi di“fatti non riconducibili all’operatore economico”,incisivi sull’equilibrio del PEF, “può” comportare lasua revisione volta a rideterminare le condizioni diequilibrio inizialmente previste. Nei casi di operedi interesse statale ovvero finanziate con contribu-to a carico dello Stato, la revisione è subordinataalla previa valutazione da parte del Nucleo di con-sulenza per l’attuazione delle linee guida per la re-golazione dei servizi di pubblica utilità (NARS).Negli altri casi, la valutazione del NARS può esse-re chiesta dall’amministrazione in via facoltativa.In caso di mancato accordo sul riequilibrio delPEF, le parti possono recedere dal contratto e all’o-peratore economico spetta il valore delle opere rea-

lizzate e degli oneri accessori, al netto degli am-mortamenti e dei contributi pubblici (17).La differenze tra vecchio e nuovo Codice sembranoquindi rilevanti, almeno per ciò che concerne l’ap-plicazione dei principi generali in materia. Il testodell’art. 143, comma 8, del Codice del 2006 con-cernente il recesso (tuttavia relativo al rapportoconcessorio, non essendo presente, nel vecchio te-sto normativo, per i motivi richiamati in premessa,una disciplina ad hoc del PPP), disponeva che ipresupposti e le condizioni di base che determina-no l’equilibrio economico-finanziario degli investi-menti e della connessa gestione costituissero parteintegrante del contratto. Le variazioni apportatedalla stazione appaltante a detti presupposti o con-dizioni di base, nonché le norme legislative e rego-lamentari che stabilivano nuovi meccanismi tarif-fari o che comunque erano idonee ad incidere sul-l’equilibrio del PEF, previa verifica del Comitatointerministeriale per la programmazione economi-ca, sentito il NARS, “comporta[va]no la sua neces-saria revisione, da attuare mediante rideterminazio-ne delle nuove condizioni di equilibrio, anche tra-mite la proroga del termine di scadenza delle con-cessioni”. In mancanza della predetta revisione “ilconcessionario [poteva] recedere dal contratto”.La disciplina del PPP, nel nuovo Codice, determi-na quindi una maggiore ampiezza dei presuppostiper l’eventuale cessazione del rapporto (i “fatti nonriconducibili all’operatore economico” contro le varia-zioni apportate dal concedente o il change-in-law dicui al vecchio Codice); indica che il riequilibriodelle condizioni di equilibrio economico-finanzia-rio è solo possibile (sottolineando, pertanto, unaminore forza contrattuale della parte privata) e cheil recesso, in caso di mancato riequilibrio, è an-ch’esso solo possibile e non necessario (tutelandomaggiormente la finanza pubblica ma, probabil-mente, scoraggiando i privati che possono fare me-no affidamento sul riequilibrio e, da questo puntodi vista, rendendo la fase della negoziazione piùimportante rispetto a quella della gestione).

Le nuove figure del partenariato pubblicoprivato

Come anticipato, il PPP declinato nel nuovo Co-dice sottende relazioni tra parte pubblica e parteprivata di svariata natura (18), niente affatto ricon-

(16) Cfr. M. Ricchi, Finanza di progetto, contributo pubblico,controllo ed equità, in Dir. ec., 2006, 575 ss.

(17) Una disposizione del medesimo tenore è rintracciabileall’art. 165, comma 6, del nuovo Codice, in tema di concessio-

ni.(18) Peraltro ampiamente sperimentate negli altri ordina-

menti europei. Per una esemplificazione, E.R. Yescombe, Pu-blic-Private Partnership, Amsterdam, 2007.

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ducibili alle fattispecie di cui all’art. 3, comma 15ter del vecchio Codice e più facilmente assimilabilial partenariato contrattuale (19). Il nuovo Codice,sotto questo aspetto, disciplina tre particolari “figu-re” di PPP che nella disciplina dei contratti pubbli-ci del 2006 non erano previste: i cc.dd. “interventidi sussidiarietà orizzontale” (art. 189), il c.d. “ba-ratto amministrativo” (art. 190) e la cessione diimmobili in cambio di opere (art. 191).Per quanto concerne gli “interventi di sussidiarietàorizzontale”, questi possono riguardare le aree riser-vate al verde pubblico urbano e gli immobili di ori-gine rurale “riservati alle attività collettive socialie culturali di quartiere”. Tali beni possono essereaffidati in gestione “per quanto concerne la manu-tenzione” a consorzi di cittadini residenti. Per larealizzazione di opere di interesse locale, inoltre,“gruppi di cittadini organizzati” possono formulareagli enti locali “proposte operative di pronta realiz-zabilità”, indicando costi e mezzi di finanziamento.Le opere realizzate sono acquisite a titolo originarioal patrimonio indisponibile dell’ente competente,la realizzazione non comporta oneri fiscali a caricodel gruppo attuatore e le spese per la formulazionedelle proposte e la realizzazione delle opere sonoparzialmente detraibili dall’imposta sul reddito deisoggetti che le hanno sostenute.Per quanto concerne il baratto amministrati-vo (20), è data facoltà agli enti territoriali di defi-nire criteri e condizioni affinché possano essererealizzati progetti presentati da cittadini singoli oassociazioni di essi che riguardino la pulizia, la ma-nutenzione, l’abbellimento di aree verdi, piazze ostrade, ovvero la loro valorizzazione mediante ini-ziative culturali, gli interventi di decoro urbano odi recupero e riuso con finalità di interesse genera-le di aree e beni immobili inutilizzati. In relazionealla tipologia degli interventi, gli enti territorialiindividuano “riduzioni o esenzioni di tributi corri-

spondenti al tipo di attività svolta dal privato odalla associazione”. Va comunque rilevato che laCorte dei conti, ancor prima dell’entrata in vigoredel nuovo Codice, si è espressa non favorevolmen-te in merito alla possibilità di “sostituire” il paga-mento delle imposte con, ad esempio, la valorizza-zione del territorio comunale se tra singola impostaed attività diversa dal suo versamento non sussiste“inerenza” (21).Per quanto concerne, infine, la cessione di immo-bili in cambio di opere, è disposto che la realizza-zione di queste ultime possa contemplare, a titolodi corrispettivo, il “trasferimento all’affidatario del-la proprietà di beni immobili appartenenti all’am-ministrazione aggiudicatrice” i quali “non assolvo-no più, secondo motivata valutazione della ammi-nistrazione aggiudicatrice o dell’ente aggiudicatore,funzioni di pubblico interesse”. Possono formareoggetto di trasferimento anche i beni immobili giàinclusi in programmi di dismissione e non ancoraceduti. Il bando di gara può prevedere che il trasfe-rimento della proprietà dell’immobile e la conse-guente immissione in possesso avvengano in unmomento anteriore a quello dell’ultimazione dei la-vori, previa presentazione di idonea polizza fideius-soria per un valore pari al valore dell’immobile me-desimo.

Conclusioni

È nota la tesi secondo cui l’ordinamento europeoha consegnato nelle mani dei legislatori europeinumerosi strumenti in grado di accelerare gli inve-stimenti e che questi raramente li hanno sfruttatiin modo adeguato (22). In tema di partenariatopubblico privato, il nuovo Codice, ispirato alla lo-gica flessibile della Dir. 2014/23/UE (23), come ri-levato anche dal Consiglio di Stato, detta principibon a tout faire, applicabili a “qualunque (...) proce-

(19) V. amplius G. Santi, Il partenariato contrattuale, F. Ma-stragostino (a cura di), Diritto dei contratti pubblici, 2014, 243ss.

(20) Il quale risulta comunque già introdotto nell’ordina-mento dall’art. 24 del D.L. n. 133 del 2014.

(21) “Non si ritiene, viceversa, ammissibile la possibilità diconsentire che l’adempimento di tributi locali, anche di esercizifinanziari passati confluiti nella massa dei residui attivi dell’en-te medesimo, possa avvenire attraverso una sorta di datio insolutum ex art. 1197 c.c. da parte del cittadino debitore che,invece di effettuare il pagamento del tributo dovuto, ponga inessere una delle attività previste dalla norma e relative alla cu-ra e/o valorizzazione del territorio comunale. La Sezione ritieneche tale ipotesi non solo non rientrerebbe nell’ambito di appli-cazione della norma in quanto difetterebbe il requisito dell’ine-renza tra agevolazione tributaria e tipologia di attività svoltadai soggetti amministrati, elementi che, peraltro, devono esse-

re preventivamente individuati nell’atto regolamentare del Co-mune, ma potrebbe determinare effetti pregiudizievoli sugliequilibri di bilancio considerato che i debiti tributari del cittadi-no sono iscritti tra i residui attivi dell’ente”. Così Corte dei conti- Sez. regionale di controllo per l’Emilia Romagna, delib. n.27/2016.

(22) G. della Cananea, Stato e mercato: le infrastrutture per iservizi pubblici, in Munus, n. 1, 2013, 11 ss., il quale ritiene chel’ordinamento europeo abbia concorso alla “edificazione d’unacornice giuridica che incoraggi gli investimenti” (12) che non èstata sfruttata adeguatamente dal nostro Paese, anche a cau-sa della debolezza “dell’intervento diretto dei pubblici poteri”(16-17).

(23) In argomento, ex multis, R. Craven, The EU’s 2014 Con-cessions Directive, in Public Procurement Law Review, 2014,188 ss.; nonché G. Greco, La direttiva in materia di concessioni,in Riv. it. dir. pub. com., 2015, 1095 ss.

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dura di realizzazione di partenariato in materia diopere o servizi”. È proprio la mancata tipizzazionedelle figure di PPP a costituire il tratto più innova-tivo (e promettente) della nuova disciplina, con-sentendo al legislatore nazionale, anche in potenza,di sfruttare forme di partenariato per la realizzazio-ne di opere e la fornitura di servizi del tutto nuovema, comunque, improntate ai presidi in tema di fi-

nanziamento e gestione del rapporto di cui si è det-to. In tale prospettiva, uno sguardo alla prassi ap-plicativa sarà di fondamentale importanza per com-prendere se e quanto le amministrazioni saprannointerpretare il nuovo orizzonte del PPP, trasfor-mandolo da “archetipo generale” in efficiente stru-mento operativo.

L’In house nel nuovo Codice dei contratti pubblicidi Giulio Veltri

Il commento si sofferma inizialmente sullo stato della giurisprudenza in tema di in house, perpoi esaminare le principali novità apportate dalle direttive, pedissequamente trasfuse nel nuovoCodice dei contratti. Particolare attenzione è posta sulla partecipazione dei privati e sui dubbiche la stessa pone rispetto al modello ed alla disciplina della società mista. Sono infine esami-nate le originali previsioni introdotte dal legislatore in relazione alla necessaria giustificazione delmancato ricorso al mercato, in una prospettiva di tutela della “concorrenza nel mercato” diesclusivo conio nazionale.

Le ragioni dell’in house (1)

Le radici dell’in house si rinvengono nella giurispru-denza della Corte di Giustizia relativa agli affida-menti diretti di lavori, beni o servizi, ed alle condi-zioni che ne legittimano l’operatività in deroga aiprincipi di concorrenza fondanti il Trattato.La Corte di Giustizia così procedendo non ha inte-so costruire un modello, ma si è limitata a rilevarele concreta modalità gestionali ed organizzative giàinvalse negli Stati membri - la cui normativa è divolta in volta esaminata dalla Corte alla luce deiprincipi di non discriminazione, pari trattamento etrasparenza, nonché della normativa comunitariaminima di coordinamento delle legislazioni nazio-nali in tema di evidenza pubblica - considerandolecome circostanze organizzative idonee a giustificarel’esenzione dall’obbligo di gara o, meglio, la nonapplicazione dei principi che in via generale con-templano tale obbligo ogni volta che l’amministra-zione intenda acquisire opere o risorse strumentalialla propria mission istituzionale.L’acquis comunitario ha dato il via, sul versante in-terno, ad un’evoluzione giurisprudenziale finalizzataa riqualificare quali “in house” le partnership pub-blico-private già disciplinate ed espressamente sot-tratte all’obbligo di gara dalla normativa nazionale

(paradigmatico il tema delle società miste nella ge-stione dei servizi pubblici locali), e soprattutto hacondotto ad una riflessione interna circa la possibi-lità di regolare, anche dal punto di vista organizza-tivo e gestionale, l’in house providing; sicché il focussi è andato spostando - secondo un classico feno-meno di eterogenesi dei fini - dall’ottica dell’ecce-zione all’applicazione delle direttive, a quella dellemodalità organizzative di gestione dei servizi, utiliad evitare la gara.Di conseguenza, più recentemente, l’analisi e l’at-tenzione degli studiosi si è trasferita su un altro epiù complesso campo: quello della compatibilità diuno schema organizzativo, ormai divenuto ordina-rio e strumentale, alla c.d. autoproduzione, con ilgenerale principio di libera concorrenza inteso inchiave espansiva, ossia quale promozione di unmercato il più possibile aperto agli operatori priva-ti.Da un piano squisitamente giuridico - quello dellasussumibilità o meno della fattispecie nell’ambitoprescrittivo delle direttive comunitarie - si è passatia quello di politica economica, nazionale e comu-nitaria, della compatibilità del modello organizzati-vo e gestionale con una economia di libero merca-to. Problema di politica economica che, come tale,

(1) Il paragrafo riprende l’analisi già effettuata da G. Veltri,In house e anticipata efficacia delle direttive, in Urb. e app.,2015, 667.

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sfugge, nei suoi lineamenti fondamentali, alla com-petenza della Corte di Giustizia e delle Corti nazio-nali, e diviene di pregnante ed attuale interesse dellegislatore, anche dell’Unione, pressato da eventidi crisi economica globale e combattuto dal dilem-ma - reso estremamente attuale dal progettato in-cremento degli investimenti pubblici - tra l’auto-produzione in forma societaria, e l’acquisizione diopere, beni e servizi da operatori privati per il tra-mite dell’evidenza pubblica.È in questo contesto che sono intervenute le nuo-ve direttive del Parlamento Europeo e del Consi-glio del 26 febbraio 2014 sugli appalti pubblici. Es-se riaffermano, a chiare lettere, l’indifferenza del-l’Unione rispetto al fenomeno dell’autoproduzione,lasciando agli Stati membri le scelte in ordine aldilemma sopra riportato: “È opportuno rammentareche nessuna disposizione della presente direttivaobbliga gli Stati membri ad affidare a terzi o aesternalizzare la prestazione di servizi che desidera-no prestare essi stessi o organizzare con strumentidiversi dagli appalti pubblici ai sensi della presentedirettiva...” (Considerando n. 6 e 7 Dir. 24, n. 7 e8 Dir. 25; 5 e 6 della Dir. 23).Le direttive non parlano mai di in house, ma rego-lano il fenomeno con riguardo agli appalti e alleconcessioni tra enti nell’ambito del settore pubbli-co, o agli appalti tra amministrazioni aggiudicatrici(per i settori speciali), aggiudicati a una “personagiuridica di diritto pubblico o di diritto privato”,escludendoli dall’ambito di applicazione delle di-rettive. Il riferimento normativo è all’art. 12 della

direttiva appalti (2014/24/UE), all’art. 28 della di-rettiva settori speciali (2014/25/UE) e all’art. 17della direttiva concessioni (2014/23/UE); tuttenorme di identico tenore.In estrema sintesi può, dunque, affermarsi che lenuove direttive: 1) lasciano liberi gli stati membriin ordine alla scelta allocativa (autoprodurre o ac-quisire da operatori economici terzi); 2) si applica-no solo ove la scelta sia quella di rivolgersi al mer-cato.

L’in house nella giurisprudenza della Cortedi Giustizia

Secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia,formatasi prima della piena operatività delle diret-tive succitate, le procedure di evidenza pubblicapotevano escludersi tutte le volte in cui l’operatoreaffidatario non si configurava quale soggetto terzorispetto all’amministrazione appaltante, ma si at-teggiava alla stregua di uno dei servizi interni al-l’amministrazione stessa, a motivo del ricorrere deiseguenti requisiti (2):- partecipazione pubblica totalitaria della societàattuatrice (3);- controllo analogo a quello operato sui propri ser-vizi interni, da parte dell’amministrazione commit-tente sulla società attuatrice del servizio (4);- destinazione prevalente dell’attività svolta dallasocietà attuatrice a favore dell’Amministrazionecommittente (5).

(2) Per una esaustiva disamina dell’istituto, si veda E. Mi-chetti, “In House providing - Modalità, requisiti, limiti”, Milano,2009; D.U. Galetta, Forme di gestione dei servizi pubblici localied in house providing nella recente giurisprudenza comunitariae nazionale, in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 2007, 1, 17 ss.

(3) Sin dal 2005 la giurisprudenza comunitaria ha chiaritoche la partecipazione pubblica ai fini del rispetto dei requisitiessenziali per poter configurare l’affidamento in house deveessere totalitaria. La partecipazione privata, anche minoritaria,rende necessario il ricorso alle procedure ad evidenza pubbli-ca, ponendosi quale fattore ostativo alla riconducibilità dellasocietà al modello tipico delineato dall’ordinamento, ovverostrumento di perseguimento degli interessi pubblici, assogget-tato a uno stringente controllo analogo a quello esercitato dal-l’amministrazione sui propri organi. Stadt Halle, 11 gennaio2005, in C-26/03.

(4) La partecipazione totalitaria è considerato requisito ne-cessario, ma non sufficiente. Occorre che vi sia un “controlloanalogo”, ossia che il soggetto pubblico o i soggetti pubbliciche partecipano al capitale della società abbiano sulla stessaun controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi. Lagiurisprudenza della Corte di giustizia ha successivamentespecificato questo requisito, chiarendo che il controllo analogoconsiste nella possibilità di determinare gli obiettivi strategici ele decisioni significative del soggetto in house, il quale, perciò,deve risultare privo di autonomia gestionale. Il controllo deveessere effettivo, strutturale e funzionale (Da ultimo, Corte di

Giustizia, Sez. V, 8 maggio 2014 (causa C-15/13), ed esulareda quelli che sono gli ordinari poteri attribuiti ai soci pubblicidagli ordinamenti degli Stati membri (Si veda, ad esempio,l’art. 2449 c.c.; in tal senso, espressamente, Cons. Stato, Sez.V, 13 marzo 2014, n. 1181). La verifica in ordine alla ricorrenzadei requisiti propri del soggetto in house doveva compiersi inconcreto e in base alle previsioni contenute nello statuto dellasocietà, in forza di un’indagine empirica da effettuarsi casoper caso (Da ultimo, Cass., SS.UU., 26 marzo 2014, n. 7177).La Corte di Giustizia, anche di recente (Corte di Giustizia. UE29 novembre 2012, in cause riunite C-182/11 e C-183/11, Eco-nord), ha avuto altresì modo di dichiarare che “quando piùautorità pubbliche, nella loro veste di amministrazioni aggiudi-catrici, istituiscono in comune un’entità incaricata di adempie-re compiti di servizio pubblico ad esse spettanti, oppure quan-do un’autorità pubblica aderisce ad un’entità siffatta, la condi-zione enunciata dalla giurisprudenza della Corte di giustiziadell’Unione europea, secondo cui tali autorità per essere di-spensate dal loro obbligo di avviare una procedura di aggiudi-cazione di appalto pubblico, in conformità alle norme del dirit-to dell’Unione, debbono esercitare congiuntamente sull’entitàin questione un controllo analogo a quello da esse esercitatosui propri servizi, è soddisfatta qualora ciascuna delle autoritàstesse partecipi sia al capitale sia agli organi direttivi dell’entitàsuddetta” (il c.d. in house frazionato).

(5) Il terzo requisito era costituito dalla prevalenza dell’attivi-tà svolta con l’ente affidante; ossia il soggetto in house avreb-

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Le innovative previsioni delle direttive 23,24 e 25/2014

La direttiva appalti (2014/24/UE), nell’individuaregli ambiti nei quali l’applicazione della direttivastessa è esclusa, si occupa, all’art. 12, degli “Appaltipubblici tra enti nell’ambito del settore pubblico”,utilizzando un paradigma comune anche alle altredirettive (di identico tenore sono l’art. 28 della di-rettiva sui settori speciali e l’art. 17 della direttivaconcessioni).Da esse emerge una netta modifica delle regole giàfissate in via pretoria dalla giurisprudenza, quantomeno in ordine ai requisiti della partecipazione to-talitaria e della prevalenza dell’attività svolta in fa-vore dell’amministrazione aggiudicatrice: per l’ef-fetto, le nuove direttive, e gli obblighi di evidenzapubblica dalle stesse discendenti, oggi non trovanoapplicazione, non soltanto in caso di soggetto affi-datario interamente partecipato, ma anche in casodi partecipazione di capitali privati che però noncomportino controllo o potere di veto, prescrittedalle disposizioni legislative nazionali in conformi-tà dei trattati, e che non esercitino un’influenzadeterminante sulla persona giuridica controllata.Inoltre non è più necessario che l’attività accesso-ria svolta a favore di committenti diversi dagli entiproprietari sia del tutto marginale e trascurabile,essendo ammesso che il soggetto partecipato arrivia svolgere sino al 20% della sua attività nel liberomercato.Più nel dettaglio, come per tempo segnalato indottrina (6): al paragrafo 1 dell’art. 12 della Dir.2014/24/UE è disciplinato il c.d. in house “classi-co”, secondo lo schema dei cc.dd. “requisti Teckal”(secondo la ormai storica sentenza del 1999). Siprecisa tuttavia che il controllo analogo si ha “qua-lora essa eserciti un’influenza determinante sia su-gli obiettivi strategici che sulle decisioni significa-tive della persona giuridica controllata”. Vieneprecisato che “tale controllo può anche essere eser-citato da una persona giuridica diversa, a sua voltacontrollata allo stesso modo dall’amministrazione

aggiudicatrice”. Si tratta del c.d. in house “a casca-ta” nel quale l’amministrazione capofila esercita uncontrollo analogo su un ente che a propria voltaun controllo analogo sull’organismo in house: an-che se tra la capofila e l’organismo in house nonsussiste una relazione diretta è comunque ammessol’affidamento diretto.Sempre in tema di controllo analogo, sono previstealtre variazioni alla struttura classica, in particolareil paragrafo 3 riconosce la legittimità, conforme-mente a quanto già fatto dalla Corte di Giustizia,del c.d. in house “frazionato” o “pluripartecipato”.In aggiunta a quanto già affermato dalla giurispru-denza, il par. 2 riconosce inoltre la legittimità del-l’in house c.d. “verticale invertito” o “capovolto” edell’in house “orizzontale”. L’in house “verticale in-vertito” si ha quando il soggetto controllato, essen-do a sua volta amministrazione aggiudicatrice, affi-da un contratto al soggetto controllante senza pro-cedura di evidenza pubblica. Si verifica una sortadi bidirezionalità dell’in house. La giustificazione atale possibilità di affidamento diretto dovrebbe ri-siedere nel fatto che mancando una relazione di al-terità, i rapporti tra i due soggetti sfuggono al prin-cipio di concorrenza, qualunque sia la “direzione”dell’affidamento.L’in house “orizzontale” implica, invece, l’esistenzadi tre soggetti. Un soggetto A aggiudica un appaltoo una concessione a un soggetto B, e sia A che Bsono controllati da un altro soggetto C. Non vi èquindi alcuna relazione diretta tra A e B, ma en-trambi sono in relazione di in house con il soggettoC, che controlla sia A che B. In tale ipotesi, la giu-stificazione alla possibilità di affidare direttamenteil contratto ad un soggetto che non è controllatodall’affidante starebbe nel fatto che la persona giu-ridica affidante e affidataria sono entrambe con-trollate secondi i criteri Teckal da un terzo sogget-to (7).Ma la novità più rilevante rispetto allo stato dellagiurisprudenza della Corte di Giustizia è sul frontedella partecipazione dei privati. La nuova previsio-

be dovuto svolgere la parte più importante della propria attivitàcon il soggetto o i soggetti pubblici che lo controllano. Il chenon vuol dire che il soggetto in house debba svolgere esclusi-vamente l’attività con i soggetti controllanti, ma che la diversaattività eventualmente svolta debba essere accessoria, margi-nale e residuale.

L’interprete deve prendere in considerazione tutte le circo-stanze, sia qualitative che quantitative: sotto il profilo quantita-tivo, il fatturato determinante è rappresentato da quello realiz-zato in virtù di decisioni di affidamento adottate dall’ente con-trollante, dovendo rifuggire da rigide predeterminazioni legatealla percentuale dello stesso; sotto il profilo qualitativo, è ne-

cessario valutare la natura dei servizi resi, richiedendosi chel’attività accessoria, libera e rivolta al mercato, sia marginale eassuma portata meramente strumentale rispetto alla prestazio-ne d’interesse economico svolta in via principale dalla società.

(6) S. Foà - D. Greco, L’in house providing nelle direttive ap-palti 2014: norme incondizionate e limiti dell’interpretazioneconforme, in www.federalismi.it, luglio 2015; C. Volpe, Le nuo-ve direttive sui contratti pubblici e l’in house providing: problemivecchi e nuovi. Relazione svolta al 61° Convegno di studi am-ministrativi, pubblicata su www.giustizia-amministrativa.it.

(7) Così, S. Foà - D. Greco, op. cit.

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ne consente infatti un affidamento diretto a unasocietà che potrebbe essere definita “mista” seppurin ragione di una piccola e residuale partecipazionedei privati.La possibilità è invero circondata da cautele e limi-tazioni, atteso che: 1. le forme di partecipazioneprivate devono essere obbligatorie ai sensi dalle di-sposizioni legislative degli Stati membri; 2. devonoessere conformi ai Trattati; 3. non devono compor-tare il controllo della persona giuridica o il poteredi veto, né un’influenza dominante sulla personagiuridica controllata.Dubbi sul versante interpretativo derivano dal dop-pio limite in forza del quale le forme di partecipa-zione di capitali privati devono essere “prescrittedalle disposizioni legislative nazionali” ed essere“conformi ai Trattati”.Un dirimente apporto esegetico è in proposito rin-venibile nel considerando n. 32 per i settori ordi-nari, e n. 46 per le concessioni, secondo i quali l’e-senzione dal procedimento di evidenza pubblica“non dovrebbe estendersi alle situazioni in cui visia partecipazione diretta di un operatore economi-co privato al capitale della persona giuridica con-trollata poiché, in tali circostanze, l’aggiudicazionedi un appalto pubblico senza una procedura compe-titiva offrirebbe all’operatore economico privatoche detiene una partecipazione nel capitale dellapersona giuridica controllata un indebito vantaggiorispetto ai suoi concorrenti. Tuttavia, date le parti-colari caratteristiche degli organismi pubblici conpartecipazione obbligatoria, quali le organizzazioniresponsabili della gestione o dell’esercizio di taluniservizi pubblici, ciò non dovrebbe valere nei casiin cui la partecipazione di determinati operatorieconomici privati al capitale della persona giuridi-ca controllata è resa obbligatoria da una disposizio-ne legislativa nazionale in conformità dei trattati,a condizione che si tratti di una partecipazione chenon comporta controllo o potere di veto e che nonconferisca un’influenza determinante sulle decisio-ni della persona giuridica controllata”.Si chiarisce, cioè, che la partecipazione dei privati(ininfluente) non vale a delineare una società mi-sta peculiare, abilitata a contrarre direttamentecon l’amministrazione, ma è riferita ai casi in cuile discipline di alcuni Stati membri impongano

una partecipazione di capitali privati, purché com-patibile con i Trattati (8).In dottrina (9) si è dubitato della legittimità di taleprevisione rispetto ai Trattati, soprattutto ove lettain combinato con la possibilità per la società inhouse di svolgere fino a poco meno del 20% dellapropria attività, non a favore dell’amministrazioneaggiudicatrice controllante, ma di soggetti terzi. Lasinergia di tali due previsioni potrebbe condurre adun effettiva violazione dei principi di libera con-correnza alla base dei Trattati europei e ad una in-debita sovrapposizione del partenariato pubblico-pubblico a quello pubblico-privato.

Gli scarni contenuti della legge delega intema di in house

La legge delega n. 11/2016 del 28 gennaio 2016 hadettato due principi e criteri direttivi specifici intema di in house (10).Il primo si trova nell’art. 1, comma 1, lett. tt), etende a garantire adeguati livelli di pubblicità etrasparenza delle procedure anche per gli affida-menti in house. Si prevede in particolare: a) l’istitu-zione, cura dell’ANAC, di un elenco di enti aggiu-dicatori di affidamenti in house ovvero che esercita-no funzioni di controllo o di collegamento rispettoad altri enti, tali da consentire gli affidamenti di-retti; b) l’iscrizione a domanda nell’elenco; c) lapossibilità, nelle more dell’iscrizione, e sotto la pro-pria responsabilità, di affidare direttamente all’entecontrollato appalti o concessioni.Il secondo principio e criterio direttivo è nell’art.1, comma 1, lett. ccc), ed è molto generico.Si prevede una particolare disciplina transitoria perl’affidamento delle concessioni autostradali, scadu-te o prossime alla scadenza, onde assicurare il mas-simo rispetto del principio dell’evidenza pubblica,nonché, per le concessioni per le quali l’ammini-strazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore eser-cita sul concessionario un controllo analogo aquello da esso esercitato sui propriservizi, dei principi desumibili dall’art. 17 dellaDir. n. 2014/23/UE.Ulteriori principi si ricavano dalle due deleghe pre-viste dagli artt. 18 e 19 della L. 7 agosto 2015, n.124 (dal titolo “Deleghe al Governo in materia di

(8) Secondo S. Foà - D. Greco, in op. cit. “la conferma di ta-le esegesi si trova nel testo del considerando in lingua ingleseche parla di ’compulsory membership’, che tradotto in italianosignifica partecipazione obbligatoria e anche nel testo dell’art.12, par. 1, lett c) che parla di partecipazioni ’required by natio-nal legislative provisions’ (richieste dalle previsioni legislative

nazionali)”.(9) C. Contessa, L’in house providing quindici anni dopo: co-

sa cambia con le nuove direttive, in C. Contessa - D. Crocco,Appalti e concessioni. Le nuove direttive europee, Roma, 2015.

(10) Per un primo commento, C. Volpe, in op. cit.

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riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”), intema, rispettivamente, di riordino della disciplinadelle partecipazioni societarie delle amministrazio-ni pubbliche e di servizi pubblici locali di interesseeconomico generale.Di rilievo la previsione - tra i principi e i criteri di-rettivi da rispettare da parte dell’emanando decretolegislativo ex citato art. 18, comma 1, lett. a) - del-la distinzione tra tipi di società in base a diversicriteri tra cui quello della “modalità diretta o me-diante procedura di evidenza pubblica dell’affida-mento” al fine di individuarne la disciplina, “anchein base al principio di proporzionalità delle dero-ghe rispetto alla disciplina privatistica”. L’art. 19della L. n. 124/2015 prevede, poi, il riordino delladisciplina in materia di servizi pubblici locali di in-teresse economico generale; riordino che dovrà ne-cessariamente andare al di là del ristretto ambitofissato dai commi da 20 a 27 dell’art. 34 del D.L.n. 179/2012, convertito, con modificazioni, dallaL. n. 221/2012.In tema di individuazione delle modalità di gestio-ne dei servizi, è prescritto il “rispetto dei princìpidell’ordinamento europeo, ivi compresi quelli inmateria di auto-produzione, e dei princìpi generalirelativi ai contratti pubblici e, in particolare, deiprincìpi di autonomia organizzativa, economicità,efficacia, imparzialità, trasparenza, adeguata pubbli-cità, non discriminazione, parità di trattamento,mutuo riconoscimento, proporzionalità” (art. 19,comma 1, lett. e, cit.).

Le previsioni del D.Lgs. n. 50/2016

L’art. 5, che trova la propria collocazione nel Tito-lo II della parte I, dedicato ai Contratti esclusi intutto o in parte dall’ambito di applicazione del co-dice, enuncia i principî comuni in materia di esclu-sione per concessioni, appalti pubblici e accordi traenti e amministrazioni aggiudicatrici nell’ambitodel settore pubblico, ed attua le generali previsionidall’art. 17 della Dir. 2014/23/UE sulle concessio-ni, dall’art. 12 della Dir. 2014/24/UE sugli appaltipubblici nei settori ordinari e dall’art. 28 della Dir.2014/25/UE sugli appalti pubblici nei settori spe-ciali, disposizioni di eguale tenore e finalità, recan-ti una disciplina di principio che tratteggia solonelle sue linee essenziali le caratteristiche salientie, per così dire, il minimo comun denominatoredel vasto e complesso fenomeno dell’in house, ben

noto, pur al di là della molteplicità ed eterogeneitàdei singoli tipi, all’esperienza giuridica di numerosiordinamenti nazionali in ambito europeo (11).Le previsioni codicistiche ricalcano pressoché to-talmente quelle delle direttive.

a) Il controllo analogoPer quanto concerne il controllo analogo si è stabi-lito che “un’amministrazione aggiudicatrice o unente aggiudicatore esercita su una persona giuridicaun controllo analogo a quello esercitato sui propriservizi ...qualora essa eserciti un’influenza determi-nante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisionisignificative della persona giuridica controllata”(art. 5, comma 1, lett. a), confermandosi altresìl’ammissibilità del c.d. in house a cascata: “tale con-trollo può anche essere esercitato da una personagiuridica diversa, a sua volta controllata allo stessomodo” (art. 5, comma 2); oltre che del c.d. in houseinvertito “Il presente codice non si applica anchequando una persona giuridica controllata che ’èun’amministrazione aggiudicatrice o un ente aggiu-dicatore, aggiudica un appalto o una concessione al-la propria amministrazione aggiudicatrice o all’enteaggiudicatore controllante o ad un altro soggettogiuridico controllato dalla stessa amministrazioneaggiudicatrice o ente aggiudicatore...” (art. 5 comma3); e dell’in house frazionato (art. 5, comma 4).In relazione a quest’ultimo si sono pedissequamen-te recepite le direttive, prevedendo che le ammini-strazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori eser-citano su una persona giuridica un controllo con-giunto quando sono congiuntamente soddisfattetutte le seguenti condizioni: a) gli organi decisio-nali della persona giuridica controllata sono com-posti da rappresentanti di tutte le amministrazioniaggiudicatrici o enti aggiudicatori partecipanti. b)tali amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudica-tori sono in grado di esercitare congiuntamenteun’influenza determinante sugli obiettivi strategicie sulle decisioni significative di detta persona giuri-dica; c) la persona giuridica controllata non perse-gue interessi contrari a quelli delle amministrazioniaggiudicatrici o degli enti aggiudicatori controllan-ti (art. 5, comma 5).

b) La prevalente attività in favoredell’amministrazione costituenteQuanto alla prevalenza dell’attività “intra moenia”si è conformemente previsto che oltre l’80 per cen-

(11) Così il parere del Consiglio di Stato, Adunanza Com-missione speciale, n. 855 del 1° aprile 2016.

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to delle attività della persona giuridica controllataè effettuata nello svolgimento dei compiti ad essaaffidati dall’amministrazione aggiudicatrice con-trollante o da altre persone giuridiche controllatedall’amministrazione aggiudicatrice o da un enteaggiudicatore di cui trattasi (art. 5, comma 1, lett.b).Anche i criteri di quantificazione dell’indicata mi-sura sono frutto di una letterale trasposizione dellecorrispondenti disposizioni della direttiva.Si è in particolare previsto che per determinare lacitata percentuale deve prendersi in considerazioneil fatturato totale medio, o altra idonea misura al-ternativa basata sull’attività quale ad esempio i co-sti sostenuti dalla persona giuridica o amministra-zione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore nei set-tori dei servizi, delle forniture e dei lavori per i treanni precedenti l’aggiudicazione dell’appalto o del-la concessione, e si è chiarito in proposito che ovea causa della recente data di costituzione della per-sona giuridica o dell’amministrazione aggiudicatri-ce, ovvero a causa della riorganizzazione delle sueattività, i criteri citati non sono utilizzabili “è suffi-ciente dimostrare, segnatamente in base a proiezio-ni dell’attività, che la misura dell’attività è credibi-le”.

c) La partecipazione dei privatiQualche differenza, non solo testuale, è dato inve-ce registrare sul versante della partecipazione deiprivati.Come già chiarito la direttiva prevede che “nellapersona giuridica controllata non vi è alcuna parte-cipazione diretta di capitali privati, ad eccezione diforme di partecipazione di capitali privati che noncomportano controllo o potere di veto, prescrittedalle disposizioni legislative nazionali, in conformi-tà dei trattati, che non esercitano un’influenza de-terminante sulla persona giuridica controllata”. Laprevisione, letta alla luce dei relativi “consideran-do”, si riferisce ai casi in cui la partecipazione deiprivati, e le relative forme, sono imposte dalla leg-ge.L’art. 5 comma 1, lett c) del Codice invece fa rife-rimento a forme di partecipazione di capitali priva-ti “previste” dalla legislazione nazionale, in confor-mità dei trattati nella persona giuridica controlla-ta.La differenza è sostanziale. Dire che la partecipa-zione dev’essere semplicemente “prevista” e non“prescritta” significa mutare radicalmente prospet-tiva sovrapponendo il piano della partnership pub-blico privata con quella pubblica, poiché, allo sta-

to, non vi sono, nell’ordinamento nazionale, nor-me che precludono la partecipazione di privati aduna società di capitali a prevalente capitale pubbli-co, né l’acquisto da parte di privati, di quote oazioni in società interamente pubbliche. L’assenzadi preclusioni significa facoltà, e la riconosciuta fa-coltà trasforma l’originaria idea comunitaria di unaderoga eccezionale, in un ordinario modello di so-cietà mista con socio privato sprovvisto di influen-za determinante sulle decisioni societarie. Sicché siriproporrà verosimilmente il tema della selezionedel socio privato ininfluente, ma comunque desti-natario di un’occasione di guadagno, rilevante aifini dei principi proconcorrenziali.Ad alimentare l’equivocità del testo interviene an-che il comma 9 dell’art. 5, il quale prevede che“nei casi in cui le norme vigenti consentono la co-stituzione di società miste per la realizzazione e ge-stione di un’opera pubblica o per l’organizzazione ela gestione di un servizio di interesse generale, lascelta del socio privato avviene con procedure dievidenza pubblica”.La disposizione - invero asistematica nella parte incui afferma l’applicabilità delle procedure di evi-denza pubblica nell’ambito di un articolo per con-verso interamente dedicato ai principi comuni re-lativi alle “esclusioni” - sembra affermare, per im-plicito, che le società miste siano qualcosa di omo-geneo rispetto all’in house, differenziandosene soloin relazione all’oggetto dell’attività (realizzazione egestione di un’opera pubblica o per l’organizzazionee la gestione di un servizio di interesse generale).Ne’, de iure condendo, il TU società partecipate, invia di emanazione, fornisce elementi di chiarezza.Esso si limita a ribadire, da diverso punto di vistama con la medesima prospettiva, che nelle societàin controllo pubblico destinatarie di affidamentidiretti “non c’è partecipazione di privati ad ecce-zione di quelle previste dalla legge e che avvenga-no in forme che non comportano controllo o po-tere di veto, né l’esercizio di un’influenza determi-nante sulla società controllata” (art. 16 comma 1dello schema). Ed anzi contiene norme in materiadi gestione dei SIEG che alimentano i dubbi: al-l’art. 17 rubricato “società a partecipazione mistapubblico privata” prescrive che “per le finalità dicui all’art. 4 comma 2 lett. c) (ndr., i SIEG in re-gime di PPP)la quota di partecipazione del privatonon può essere inferiore al 30 per cento”, il chésembrerebbe lasciare intendere che al di sotto del30 per cento potrebbe prospettarsi, non una part-nership pubblico privata ma, un in house, sempreche una tale minoritaria partecipazione non com-

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porti controllo o potere di veto, né l’esercizio diun’influenza determinante sulla società controlla-ta.

Il regime speciale degli affidamenti inhouse

L’art. 192 è interamente dedicato all’in house econtiene una disciplina organizzatoria ed una pro-cedimentale, entrambe caratterizzate da tratti dispiccata specialità.Quanto alle misure organizzatorie, il primo commadell’art. citato istituisce presso l’ANAC l’elencodelle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti ag-giudicatori che operano mediante affidamenti di-retti nei confronti di proprie società in house.L’iscrizione nell’elenco è operata su impulso del sog-getto aspirante affidatario, “dopo che sia stata riscon-trata l’esistenza dei requisiti, secondo le modalità e icriteri che l’Autorità definisce con proprio atto”.Secondo quanto chiarito dal Consiglio di Stato insede di parere, l’iscrizione all’albo ha efficacia mera-mente dichiarativa e non costitutiva (12). Proprioin relazione a tale presupposto, l’organo consultivoha suggerito - suggerimento poi colto dal Governo -in linea con la legge delega, di prevedere che “nellemore la domanda di iscrizione consente all’ente ag-giudicatore, sotto la propria responsabilità, di effet-tuare affidamenti diretti dei contratti all’ente stru-mentale, dandone avviso almeno dieci giorni primadell’affidamento all’ANAC, che può inibirne in viaprovvisoria l’efficacia, ove non sussistano i requisitiprevisti dall’art. 5”.La previsione della comunicazione all’ANAC nellemore dell’iscrizione, nel prevenire eventuali con-dotte elusive da parte dell’ente che abbia fatto do-manda, consente all’Autorità di poter monitorare econtrollare, comunque, l’affidamento diretto, po-tendo inibirne provvisoriamente l’efficacia, ancheprima di aver concluso il procedimento finalizzatoall’iscrizione, ove non ritenga sussistenti i requisitidell’art. 5 per l’affidamento in house (13).Come accennato, la seconda parte dell’articolo èinvece dedicato alla procedura e prescrive che ai fi-ni dell’affidamento in house di servizi che sono di-sponibili sul mercato in regime di concorrenza, lestazioni appaltanti debbano effettuare preventiva-mente la valutazione sulla congruità economicadell’offerta, adeguatamente motivando circa le ra-gioni del mancato ricorso al mercato, nonché in

relazione ai benefici per la collettività della formadi gestione prescelta, “anche con riferimento agliobiettivi di universalità e socialità, di efficienza, dieconomicità e di qualità del servizio, nonché di ot-timale impiego delle risorse pubbliche”.La norma contiene due importanti principi: il pri-mo è che i termini dell’instaurando rapporto eco-nomico devono soggiacere ad una previa valutazio-ne di congruità rispetto alle condizioni disponibilisul libero mercato. Il precipitato applicativo do-vrebbe essere quello dell’obbligo per le stazioni ap-paltanti che vogliano avvalersi dell’in house, dellaprevia analisi di mercato, sì da dimostrare che l’af-fidamento diretto non comporta svantaggi econo-mici per l’amministrazione e per la collettività.Solo in seguito a tale analisi scatta il secondo prin-cipio: quello dell’onere motivazionale circa il man-cato ricorso al mercato. L’adempimento, non pre-teso né contemplato dalle direttive, è sintomaticodel carattere eccezionale e derogatorio dell’in hou-se nazionale. Una volta che è dimostrato che lecondizioni offerte dal soggetto in house sono con-grue, occorrerà spiegare perché non ci si rivolge almercato, utilizzando quale motivazione i fattoriespressamente enucleati dalla disposizione, ossiauniversalità e socialità, efficienza, economicità,qualità del servizio, nonché ottimale impiego dellerisorse pubbliche.In realtà i fattori elencati sembrano maggiormenteidonei a definire le caratteristiche del SIEG piùche la qualità soggettive dell’offerente, non poten-dosi sostenere, con riguardo alle società commer-ciali (tra le quali rientra anche la società pubblica)che l’in house sia, per la natura pubblica dell’assettoproprietario, vocato all’universalità ed alla socialitàa prescindere da compensazioni economiche, o co-munque lo sia più di una società mista o privata.Al contrario l’unico fattore veramente soggettivo,id est, l’ottimale impiego delle risorse pubbliche, hauna potenzialità distorsiva, essendo evidente che lacommessa pubblica non può essere lo strumentoper salvaguardare i livelli occupazionali del settorepubblico.Altra novità (o forse più un chiarimento) sul ver-sante procedimentale concerne l’obbligo di pub-blicazione degli affidamenti diretti. È previsto chesul profilo del committente, nella sezione “Ammi-nistrazione trasparente”, siano pubblicati e aggior-nati, in conformità alle disposizioni di cui alD.Lgs. 14 marzo 2013, n. 33, in formato open-da-

(12) Si ritiene che la natura dichiarativa dell’iscrizione all’al-bo non possa valere ad escludere l’impugnabilità della stessa

da parte delle imprese operanti nel mercato.(13) Così il parere cit.

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ta, tutti gli atti connessi all’affidamento degli ap-palti pubblici e dei contratti di concessione tra

enti nell’ambito del settore pubblico, sempre chenon secretati.

I requisiti degli operatori economicidi Claudio Guccione

Con riguardo ai requisiti di partecipazione degli operatori economici alle gare pubbliche, sianoessi di ordine generale o speciale, il nuovo Codice ha apportato notevoli innovazioni rispetto allanormativa previgente, sebbene solo con l’adozione della normativa secondaria sarà completaed efficace la disciplina del nuovo sistema di qualificazione per quanto concerne i lavori pubbli-ci, in relazione alla quale la norma primaria si limita a dettare i principi essenziali relativi all’attivi-tà delle SOA.

I motivi di esclusione

L’art. 80, D.Lgs. n. 50/2016 rubricato “Motivi diesclusione” disciplina i requisiti morali che gli ope-ratori economici devono possedere al fine di parte-cipare alle gare ad evidenza pubblica (1), i qualiconsistono in condizioni soggettive del concorren-te che ne garantiscono l’affidabilità (2) e introducerilevanti modifiche rispetto al previgente art.38 (3), D.Lgs. n. 163/2006.Innanzitutto, con riferimento all’ambito di applica-zione soggettiva, i motivi di esclusione non devonosussistere in capo ai concorrenti a una procedura diappalto o concessione, nonché - come diretta con-seguenza della modifica della disciplina del subap-palto - in capo alla terna dei subappaltatori indica-ti ai sensi dell ’art. 105, comma 6, D.Lgs. n.50/2016. In tale ultimo caso, se il subappaltatoreversa in una ipotesi interdittiva l’esclusione deveessere comminata al concorrente, malgrado la leg-

ge delega n. 11/2016 avesse previsto solamentel’obbligo di sostituire il subappaltatore (4).I primi commi dell’articolo affrontano le situazioniescludenti conseguenti a provvedimenti definitividel giudice penale (5) per uno dei reati ivi elencatie rappresentano una causa di esclusione di direttaimposizione comunitaria (6).La prima novità si rinviene sulle modalità di indi-viduazione dei reati il cui accertamento comportal’esclusione: dalla passata indicazione generale, cheprendeva in considerazione il bene della vita offesodal comportamento criminoso (7), all’attuale elen-cazione puntuale dei reati, da considerarsi tassativadata la lettura restrittiva delle cause di esclusione.In tale elencazione sono stati inseriti - riprendendoquanto introdotto dalla Direttiva - i reati di terro-rismo o connessi ad attività terroristiche (8) e ireati concernenti il lavoro minorile o altre formedi tratta degli esseri umani (9).

(1) La norma nazionale recepisce l’art. 57 della Dir.2014/24/UE, l’art. 38 della Dir. 2014/23/UE nonché l’art. 80 del-la Dir. 2014/25/UE.

(2) La ratio della disciplina consiste nel fatto che l’inaffidabi-lità dell’operatore economico è il motivo della sua esclusionedalle gare pubbliche, come confermato dal considerando n.101 della Dir. 2014/24/UE che indica qualche esempio di inaffi-dabi l i tà. In passato già Cons. Stato, Sez. VI, sent. n.5029/2010; AVCP, Determinazione n. 1/2010.

(3) La prima differenza si rinviene nella rubrica dell’articolo,che riporta la medesima dell’art. 57 della Dir., discostandosidal precedente art. 45, Dir. 18/2004/CE “Situazioni personalidel candidato o offerente” e dall’art. 38 “Requisiti di ordina ge-nerale”: tale nomenclatura conferisce una veste più oggettivaall’istituto e alla relativa disciplina.

(4) L. d. n. 11/2016, art. 1, lett. rrr) “l’obbligo di dimostrarel’assenza in capo ai subappaltatori indicati di motivi di esclu-sione e di sostituire i subappaltatori relativamente ai quali ap-posita verifica abbia dimostrato la sussistenza di motivi diesclusione”. Sul punto non sono possibili fraintendimenti per-

ché la norma è stata modificata in seguito ai dubbi segnalatidal Consiglio di Stato con il Parere n. 855 inserendo il riferi-mento ai subappaltatori di cui all’art. 105, comma 6.

(5) Sentenza, decreto penale di condanna o sentenza di ap-plicazione della pena su richiesta ai sensi dell’art. 444 c.p.p.

(6) Art. 57, par. 1, Dir. 2014/24/UE e art. 38, par. 4, Dir.2014/23/UE.

(7) Art. 38, comma 1, lett. c), D.Lgs. n. 163/2006. Tale lacu-na normativa è stata colmata dalla prassi e dalla giurispruden-za amministrativa che hanno contribuito a fornire delle lineeguida alle stazioni appaltanti nella valutazione discrezionaledelle fattispecie di reato idonee ad incidere sull’affidabilità del-le imprese concorrenti e in particolare dall’AVCP, con Determi-nazione n. 56/2000, conformemente con quanto indicato dalMinistero LL.PP. nella Circolare del 1° marzo 2000, n.182/400/93.

(8) Si vedano gli artt. 1 e 3 della decisione quadro2002/475/GAI del Consiglio.

(9) Si vedano l’art. 2 della Dir. 2005/60/CEE del Parlamentoeuropeo e del Consiglio e il D.Lgs. n. 109/2007.

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Il secondo comma dell’art. 80 prevede l’esclusionenel caso di applicazione delle misure contenute nelD.Lgs. n. 159/2011, c.d. Codice antimafia.Rispetto alla precedente previsione (10) la normaha un’estensione soggettiva maggiore perché l’e-sclusione dell’operatore economico interviene se iprovvedimenti del giudice penale sono emessi tral’altro nei confronti dei membri del consiglio diamministrazione cui sia stata conferita la legalerappresentanza, di direzione o di vigilanza o deisoggetti muniti di poteri di rappresentanza, di dire-zione o di controllo (11). Tale previsione riportaquasi letteralmente quanto previsto dall’art. 57,comma 1, Dir. 2014/24/UE e in parte fa propria lagiurisprudenza del Consiglio di Stato avente ad og-getto l’institore e i procuratori ad negotia (12), peròlascia il dubbio su cosa debba intendersi per consi-glio di direzione o di vigilanza.Il comma 3, nell’indicare le cariche alle quali col-legare l’esclusione, richiama esclusivamente ilcomma 1 - l’esclusione per provvedimenti del giu-dice penale - e non anche il comma 2 - i provvedi-menti contenuti nel Codice antimafia. Tale lacunagenera particolari dubbi con riferimento ai soggetticessati dalla carica l’anno precedente la pubblica-zione del bando, ai quali l’art. 38 del previgenteCodice riferiva esclusivamente l’esclusione perprovvedimenti del giudice penale (13).La medesima problematica si rinviene con riferi-mento alla causa di esclusione di cui all’art. 80,comma 5, lett. l) nella quale si legge un genericoriferimento all’operatore economico (14) e non an-che ai cessati.Altra disposizione che suscita interesse è senz’altroquella di cui alla lettera c) del comma 5, la qualeprevede come rilevanti ai fini dell’esclusione gli il-leciti professionali gravi, tali da rendere dubbial’integrità o l’affidabilità del concorrente e che, na-

turalmente, non devono concretarsi in cause diesclusione già previste (15). In ordine ai suddettiilleciti professionali si ritiene opportuno prevedereun tempo massimo di rilevanza, che, se si volesseseguire la direttiva 2014/24/UE (art 57, par. 7), po-trebbe essere di tre anni.Disposizione certamente tra le più innovative èquella di cui al comma 7, che permette al concor-rente e al subappaltatore che versa in una delle si-tuazioni escludenti di provare di aver risarcito idanni causati (o di averci provato) e di aver adot-tato tutti i provvedimenti di carattere tecnico, or-ganizzativo e relativi al personale idonei a preveni-re ulteriori reati o illeciti (16). Se la stazione appal-tante ritiene sufficiente quanto predisposto dall’o-peratore economico lo stesso non è escluso dallagara.L’operatore economico può fornire con qualsiasimezzo idoneo la prova della propria affidabilità,nonostante la sussistenza della causa di esclusioneal momento della partecipazione alla gara.Peraltro, con riferimento ai reati, tale ancora disalvataggio opera solamente se la condanna defini-tiva prevede una pena inferiore a 18 mesi o se èstata riconosciuta l’attenuante della collaborazionecome definita per le singole fattispecie di reato.Questa ultima previsione - a prescindere dalla pocachiarezza nel rinvio agli istituti penalistici e alleconseguenti incertezze applicative che ne discende-ranno - non trova alcun fondamento nella Diretti-va, che al contrario prevede la deroga per tutte leipotesi escludenti (17). Per il legislatore comunita-rio la valutazione sull’affidabilità dell’operatoreeconomico è rimessa esclusivamente alla discrezio-nalità della stazione appaltante che deve conside-rare la gravità e le particolari circostanze del reato,senza prevedere presunzioni assolute quale quellaindicata al comma 7 dell’art. 80.

(10) Art. 38, comma 1, lett. c), D.Lgs. 163/2006: “degli am-ministratori muniti di potere di rappresentanza”.

(11) Art. 80, comma 3, D.Lgs. n. 50/2016.(12) Sul punto gli orientamenti giurisprudenziali si attesta-

vano su posizioni non sempre univoche fino a Cons. Stato, Ad.Plen., sent. n. 23 del 16 ottobre 2013. In termini Cons. Stato,Sez. III, 16 marzo 2012, n. 1471; Cons. Stato, Sez. VI, 12 gen-naio 2012, n. 178.

(13) Art. 38, comma 1, lett. c), D.Lgs. n. 163/2006. Sul pun-to Cons. Stato, Sez. IV, sent. n. 4711/2015.

(14) Art. 80, comma 5, lett. l): “l’operatore economico che,pur essendo stato vittima dei reati previsti e puniti dagli articoli317 e629 del codice penale aggravati ai sensi dell’articolo 7del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con mo-dificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, non risulti averdenunciato i fatti all’autorità giudiziaria, salvo che ricorrano icasi previsti dall’articolo 4, primo comma, della legge 24 no-vembre 1981, n. 68”.

(15) Vd. documento di consultazione ANAC, “Indicazionedei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell’esecuzione diun precedente contratto di appalto che possano considerarsisignificative per la dimostrazione delle circostanze di esclusio-ne di cui all’art. 80, comma 5, lett. c. del Codice”.

(16) Tale ultima previsione è una rivoluzione copernicanadella disciplina in materia perché in passato l’insussistenzadelle cause di esclusione doveva sussistere alla data di presen-tazione dell’offerta e doveva perdurare fino al momento dellastipulazione del contratto (Cfr. in termini, ex plurimis, Cons.Stato, Ad. Plen., sent. 7 aprile 2011, n. 4; Cons. Stato, Sez. V,sent. 25 maggio 2010, n. 3325; Deliberazione AVCP n. 100 del29 marzo 2007 e, per il subappaltatore, AVCP, determinazione12 gennaio 2010, n. 1). Sulla ratio dell’istituto in esame, cfr., inquesto numero, T. Di Nitto, Gli oneri dichiarativi e il soccorsoistruttorio.

(17) Art. 57, parr. 6 e 7, Dir. 2014/24/UE e art. 38, parr. 9 e10, Dir. 2014/23/UE.

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Unico limite comunitario alla deroga consiste nel-l’esclusione dalle procedure di gara già dispostacon sentenza definitiva nel corso del periodo iviindicato (18).Oltre alle condanne definitive e alle misure anti-mafia, l’art. 80 elenca una serie di cause di esclu-sione alcune delle quali inedite rispetto al sistemaprevigente: la presenza di gravi infrazioni debita-mente accertate alle norme in materia di dirittoambientale, sociale, sulla salute e sicurezza sul lavo-ro (19); il conflitto di interesse fra il concorrente ela stazione appaltante nonché la distorsione allaconcorrenza per aver il concorrente partecipato al-la preparazione della procedura di gara.

I criteri di selezione

Per quanto riguarda i requisiti speciali, oggi deno-minati “criteri di selezione”, l’art. 83 del Codice lidivide in tre categorie: a) requisiti di idoneità pro-fessionale; b) requisiti di capacità economica e fi-nanziaria; c) requisiti di capacità tecniche e profes-sionali (20).Con la prima tipologia, come espressamente speci-ficato dalla medesima norma, si vuole far riferi-mento semplicemente all’iscrizione nella camera dicommercio o nei competenti albi professionali de-gli operatori economici.Successivamente, con riguardo agli appalti di servi-zi e forniture, la disposizione in esame stabilisceche la capacità economica e finanziaria debba esse-re determinata con riferimento al fatturato, ai con-ti annuali e/o al livello di copertura assicurativacontro i rischi professionali (21). Con riferimento,invece, alle capacità tecniche e professionali, siprevede che si possa aver riguardo alle risorse uma-ne e tecniche ed alle esperienze necessarie per ese-

guire l’appalto con un adeguato standard di quali-tà.La norma, dunque, appare piuttosto generica (22),limitandosi a dettare dei parametri di riferimentoed a specificare che i requisiti richiesti devono es-sere attinenti e proporzionati all’oggetto dell’appal-to, mentre entra nel dettaglio solo con riferimentoal requisito del fatturato minimo, che si prescrivenon possa comunque essere superiore al doppio delvalore stimato dell’appalto (23). Rispetto a tale ge-nericità, dunque, suscita qualche dubbio applicati-vo la prescrizione di cui al comma 8 dell’art. 83che, ribadendo il principio di tassatività delle causedi esclusione già vigente nel nostro ordinamento,sancisce il divieto di includere nella lex specialis digara ulteriori prescrizioni a pena di esclusione ri-spetto a quelle previste dal Codice nonché la nulli-tà delle eventuali tali clausole comunque previste.Inoltre, suscita qualche perplessità la disciplina delrating di impresa ad opera del comma 10 dell’art.83: la norma, infatti, disciplina in dettaglio le mo-dalità di gestione del sistema, per l’attuazione delquale sarà necessaria l’emanazione di apposite lineeguida da parte dell’ANAC, ma necessita di esserecoordinata rispetto alle cause di esclusione in mo-do da evitare che un medesimo elemento possa es-sere preso a riferimento più di una volta per valuta-re l’offerta o il concorrente (24). La distinzionechiara tra rating di legalità e rating di impresa è chementre il primo è obbligatorio e rileva in sede diqualificazione , il secondo è facoltativo, opera nelcontesto del criterio di aggiudicazione (v. art 95,comma 13) ed è rilevato dall’ANAC in collabora-zione con l’AGCM.Per quanto riguarda i lavori, il Codice confermal’utilizzabilità del sistema unico di qualificazionegestito dalle SOA (25), sotto il controllo ispettivo

(18) Come nel caso della pena accessoria alla incapacità acontrarre con la pubblica amministrazione o le misure cautelariinterdittive previste dall’art. 290 c.p.p.

(19) La tutela di tali settori è alla base della nuova disciplinacomunitaria e nazionale, come emerge dal considerando 40del la Dir. 2014/24/UE; dal considerando 55 della Dir.2014/25/UE e nel considerando 58 della Dir. 2014/23/UE, non-ché da vari articoli del D.Lgs. n. 50/2016.

(20) Sull’incidenza dei requisiti in esame sulla valutazionedell’offerta economicamente più vantaggiosa, cfr. art. 95,comma 6, lett. e), D.Lgs. n. 50/2016, commentato, in questonumero, supra, da C. Lacava, I criteri di aggiudicazione.

(21) Nello specifico, il comma 4 stabilisce che le stazioniappaltanti possano richiedere: a) che gli operatori economiciabbiano un fatturato minimo annuo, compreso un determinatofatturato minimo nel settore di attività oggetto dell’appalto; b)che gli operatori economici forniscano informazioni riguardo ailoro conti annuali che evidenzino in particolare i rapporti tra at-tività e passività; c) un livello adeguato di copertura assicurati-va contro i rischi professionali.

(22) Al contrario, la previgente normativa contenuta negliartt. 41 e 42 del D.Lgs. n. 163/2006 elencava in dettaglio tuttele modalità che potevano essere scelte dalle stazioni appaltantiai fini della dimostrazione dei requisiti speciali.

(23) Sul punto, non si può non evidenziare che la normasembra limitarsi a riportare quanto previsto nell’art. 58 dellaDir. 2014/24/UE, in perfetto ossequio al principio del gold pla-ting. Tuttavia, tale principio pare, poi, dimenticato nell’introdu-zione del rating di impresa e del relativo sistema di gestione,istituto sconosciuto alla normativa comunitaria e la cui utilitànon appare ben motivata dal legislatore per la tutela dell’inte-resse pubblico né sembra essere il risultato di consultazionisul punto con le Amministrazioni e gli operatori economici.

(24) Si veda documento di consultazione ANAC, “Criteri re-putazionali per la qualificazione delle imprese”.

(25) L’attuale sistema di qualificazione è quello che emergedall’art. 12 del D.L. n. 47/2014, convertito con modificazionidalla L. n. 80/2014 (ad oggi vigente in assenza dell’emanazio-ne delle disposizioni regolamentari sostitutive previste dalcomma 5 della medesima disposizione). Tale normativa si è re-

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dell’ANAC, che sarà tuttavia operativo solo a se-guito dell’introduzione della normativa secondariaadottata dalla medesima Autorità (26). L’art. 84,tuttavia, prevede che per le gare di importo parti-colarmente elevato le Amministrazioni possano ri-chiedere requisiti aggiuntivi, rispetto alla qualifica-zione, finalizzati alla verifica della capacità econo-mico-finanziaria e professionale (nel caso in cuivenga richiesta la classifica illimitata).I motivi di esclusione ed i criteri di selezione sinoraillustrati, validi per i settori ordinari, possono esse-re discrezionalmente applicati anche nei settorispeciali, secondo quanto previsto dall’art. 136 delCodice.

L’avvalimento

Ai fini della dimostrazione dei predetti requisitispeciali, come noto, gli operatori economici posso-

no far ricorso all’istituto dell’avvalimento (27), ilquale trova la sua compiuta disciplina nell’art.89 (28).Quest’ultima se, da un lato, positivizza alcuni prin-cipi elaborati nel corso del tempo dalla giurispru-denza comunitaria e nazionale (29), dall’altro con-tiene una serie di novità destinate, probabilmente,a modificare l’essenza stessa dell’istituto in parola.Il co. 1 dell’art. 89 sembra ampliare l’ambito di ap-plicazione dell’avvalimento: il rinvio generale alcontenuto dell’art. 84 in tema di possesso dei re-quisiti di qualificazione sembra far propendere, in-fatti, per l’ammissibilità dell’avvalimento anche inrelazione alla certificazione di qualità (30), mentreil riferimento espresso ai titoli di studio e professio-nali risolve in senso ampliativo i dubbi interpreta-tivi sorti nel tempo sulla facoltà dell’operatore eco-

sa necessaria a seguito dell’annullamento degli artt. 107, com-ma 2, 109, comma 2, e 85, comma 1, lett. b), nn. 2 e 3, d.P.R.n. 207/2010 ad opera del d.P.R. 30 ottobre 2013, su pareredell’Adunanza della Commissione speciale del Consiglio diStato n. 3014/2013 (emesso, come noto, su ricorso presentatoal Presidente della Repubblica da parte dell’AGI - AssociazioneImprese Generali).

(26) Sul punto, la legge delega richiedeva la “revisione delvigente sistema di qualificazione degli operatori economici inbase a criteri di omogeneità, trasparenza e verifica formale esostanziale delle capacità realizzative, delle competenze tecni-che e professionali, ivi comprese le risorse umane, organicheall’impresa, nonché delle attività effettivamente eseguite, intro-ducendo, inoltre, misure di premialità, regolate da un’appositadisciplina generale fissata dall’ANAC con propria determina-zione e connesse a criteri reputazionali basati su parametri og-gettivi e misurabili e su accertamenti definitivi concernenti il ri-spetto dei tempi e dei costi nell’esecuzione dei contratti e lagestione dei contenziosi, nonché assicurando gli opportuniraccordi con la normativa vigente in materia di rating di legali-tà”.

(27) Per una disamina generale dell’istituto vedasi, ex pluri-mis, Cons. Stato, Sez. V, 22 gennaio 2015, n. 257, Cons. Stato,Sez. V, 13 marzo 2014, n. 1251, Cons. Stato, Sez. V, 13 marzo2009, n. 1589, Cons. Stato, Sez. IV, 20 novembre 2008, n.5742 nonché Determina AVCP n. 2/2012, Parere ANAC di Pre-contenzioso 2 settembre 2014, n. 36 e, da ultimo, Corte di Giu-stizia UE 7 aprile 2016, causa C-324/2014.

(28) Affinché la disciplina dell’avvalimento possa conside-rarsi completa, occorrerà attendere che il Ministero delle Infra-strutture e dei Trasporti, sentito il Consiglio Superiore dei La-vori Pubblici, adotti il decreto di cui al comma 11, con il qualeverrà determinato l’elenco delle opere, il cui valore superi il10% dell’importo totale dell’appalto, “per le quali sono neces-sari lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico odi rilevante complessità tecnica, quali strutture, impianti e ope-re speciali”, per le quali l’avvalimento è precluso. Il predettodecreto dovrà essere adottato, specifica la disposizione in pa-rola, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. n.50/2016 (e dunque entro il prossimo 18 luglio) e dovrà altresìdefinire “i requisiti di specializzazione richiesti per la loro esecu-zione, che possono essere periodicamente revisionati”. Fino alladata di entrata in vigore di detto decreto troverà applicazionel’art. 216, comma 15 del Nuovo Codice, il quale a sua volta rin-via espressamente al contenuto dell’art. 12 del D.L. 28 marzo

2014, n. 47, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 maggio2014, n. 80 in materia di qualificazione degli esecutori di lavoripubblici. A completamento della disciplina appena descritta, sievidenzia che l’art. 146 del Nuovo Codice stabilisce che per icontratti pubblici concernenti i beni culturali, non trova appli-cazione l’istituto dell’avvalimento, in ragione della specificitàdel settore, conformemente alla disciplina contenuta nell’art.36 del TFUE.

(29) In tale contesto occorre ricordare che molte delle que-stioni dibattute attinenti l’istituto in esame sono state sottopo-ste al vaglio dell’Adunanza Plenaria con l’ordinanza di rimes-sione n. 52, adottata dal CGA il 19 febbraio 2016. In particola-re, i Giudici siciliani hanno chiesto ai Giudici di Palazzo Spadadi chiarire se (i) l’art. 88 del d.P.R. n. 207/2010 - nel richiedereche il contratto deve riportare in modo compiuto l’oggetto, in-dicando le risorse e i mezzi prestati in modo specifico, riguardasolo la determinazione dell’oggetto del contratto oppure, oltreall’oggetto, riguarda anche il c.d. requisito della forma-conte-nuto, se (ii) nell’ipotesi di categorie che richiedono particolarirequisiti questi ultimi debbano essere indicati in modo esplicitonel contratto di avvalimento oppure possano essere desuntidall’interpretazione complessiva del contratto stesso e, infine,se (iii) l’istituto del soccorso istruttorio possa essere utilizzatoanche con riferimento ad incompletezze del contratto di avvali-mento le quali, sotto un profilo civilistico, portano ad affermarela nullità del negozio per mancanza di determinatezza del suooggetto.

(30) La legge delega raccomandava al legislatore particola-re attenzione alla disciplina da emanare in tema di certificazio-ni di qualità e ai certificati attestanti il possesso di adeguata or-ganizzazione imprenditoriale, mentre ribadiva espressamentel’inammissibilità del ricorso all’avvalimento relativamente alpossesso dell’esperienza tecnica e professionale necessarieper l’esecuzione della prestazione chiesta dalla pubblica ammi-nistrazione. Il Consiglio di Stato, in sede di parere, aveva tutta-via fornito un orientamento diverso, evidenziando che “l’avvali-mento non può avere ad oggetto la qualificazione”. Sulla speci-fica questione circa il ricorso all’avvalimento per la certificazio-ne di qualità, si è espressa in senso negativo l’ANAC, con laDet. 1° agosto 2012, n. 2. Sul punto, il Consiglio di Stato offre,invece, una soluzione opposta a quella fornita dall’Autorità an-ticorruzione come emerge da Cons. Stato, Sez. V, 22 gennaio2015, n. 257, nonché Cons. Stato, Sez. V, 24 luglio 2014, n.3949, Cons. Stato, Sez. V, 6 marzo 2013, n. 1368 e Cons. Sta-to, Sez. V, 20 dicembre 2013, n. 6125.

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nomico di ricorrere all’istituto in parola in relazio-ne a tali requisiti (31).Una delle condizioni che la norma in esame dettain ordine all’avvalimento dei titoli di studio e pro-fessionali, è che i soggetti ausiliari debbano esegui-re direttamente i lavori o i servizi oggetto di avva-limento. Tale disposizione pone, ad una prima let-tura, non pochi problemi, atteso che non è benchiaro quale sia, ad oggi, il ruolo operativo svoltodal concorrente se la prestazione deve essere neces-sariamente svolta in via diretta dall’ausiliaria. Nonappare, inoltre, chiara la compatibilità tra la statui-zione in parola e il successivo comma 8 dello stessoart. 89, laddove si stabilisce che l’ausiliario può as-sumere il ruolo di subappaltatore (“nei limiti dei re-quisiti prestati”). Dalla lettura delle due disposizioniemerge che, mentre nel caso di avvalimento dei ti-toli di studio e professionali vi è un vero e proprioobbligo di far eseguire la prestazione al soggetto au-siliario, senza tuttavia che quest’ultimo assuma for-malmente la veste di subappaltatore, nell’avvali-mento in ipotesi diverse l’esecuzione diretta del-l’ausiliaria è facoltativa e viene ricondotta nel no-vero della casistica del subappalto. Inoltre, è op-portuno evidenziare che mentre il comma 8 stabili-sce che il certificato di esecuzione venga rilasciato“all’impresa che partecipa alla gara” il comma 1, intema di avvalimento di titoli professionali e di stu-dio nulla chiarisce sul punto, dovendosi dunque ri-tenere applicabile la medesima regola.

In ordine al meccanismo di verifica e controllo deirequisiti di cui all’art. 80, risulta necessaria una let-tura congiunta dei commi 1 e 3. Al comma 1 sistabilisce che, nel caso di dichiarazioni mendaci, lastazione appaltante, oltre a segnalare la vicenda adANAC, escute la garanzia ed esclude il concorren-te dalla procedura. Al comma 3 si consente al con-corrente di sostituire l’ausiliario che non soddisfa icriteri di selezione o per il quale sussiste una causadi esclusione ai sensi dell’art. 80. Sembrerebbe,dunque, emergere una limitazione dell’ambito dioperatività del comma 3 alle sole ipotesi in cui sus-sistono cause di esclusione diverse dalle dichiara-zioni mendaci (32).Inoltre, desta perplessità la distinzione di cui alcomma 3 tra motivi obbligatori e non obbligatoridi esclusione: si tratta, infatti, di una distinzionepropria delle direttive comunitarie che non ha,tuttavia, trovato ingresso nell’ordinamento nazio-nale.Infine, tra le novità introdotte dal D.Lgs. n.50/2016 in tema, occorre annoverare il rafforza-mento, in sede di esecuzione del contratto di ap-palto, degli strumenti cui può ricorrere la stazioneappaltante per verificare l’effettivo possesso dei re-quisiti e delle risorse oggetto di avvalimento. Ilcomma 9 dell’art. 89 stabilisce, in particolare, cheè il RUP a dover accertare il corretto utilizzo, incorso d’opera, dell’istituto in parola.

Regolare, vigilare, punire, giudicare:l’Anac nella nuova disciplina dei contratti pubblici

di Elisa D’Alterio

Il nuovo Codice dei contratti pubblici assegna all’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) unruolo centrale, riconoscendo in capo alla stessa poteri di regolazione, vigilanza, sanzionatori,quasi-giudiziari. Il successo della nuova disciplina dei contratti pubblici dipenderà, quindi, moltodal modo in cui l’Autorità eserciterà questi poteri e saprà mettere a frutto l’eccezionale regimeche la caratterizza e che la rende, nell’attuale panorama italiano, una istituzione “unica nel suogenere”.

(31) Sul punto gli orientamenti giurisprudenziali si attesta-vano su posizioni non sempre univoche. Il Cons. Stato, Sez. V,con la sent. 8 ottobre 2011, n. 5496 ha evidenziato la portatagenerale dell’istituto in parola, chiarendo come “in ogni caso,ed a prescindere da espressa disposizione del bando”, alle im-prese che intendono concorrere ad una gara di appalto e sonocarenti dei requisiti, è consentito di soddisfare tali requisiti conl’ausilio dell’avvalimento. Più recentemente, tuttavia, il Cons.Stato, Sez. V, 28 luglio 2015, n. 3698, ha evidenziato come talirequisiti siano infungibili in quanto ascrivibili alla sfera dellaprofessionalità soggettiva del concorrente, con la conseguen-

za che essi non sono suscettibili di avvalimento. Tale ultimaopinione era stata fatta propria anche dall’AVCP (ora ANAC),la quale, con la già citata Det. n. 2/2012 ha ritenuto che i re-quisiti in parola configurino uno “status” dell’imprenditore (enon dell’impresa) e non possano, quindi, essere oggetto di av-valimento.

(32) La IV Sez. del Cons. Stato 15 aprile 2016, n. 1522,ord., ha rimesso alla Corte di Giustizia proprio tale questione -benché riferita per ovvie ragioni al previgente quadro normati-vo - relativa alla possibile sostituzione dell’impresa ausiliariache abbia perso i requisiti.

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Premessa

Il nuovo Codice stabilisce che le attività di regola-zione, vigilanza e controllo sui contratti pubblicisono attribuiti all’Autorità nazionale anticorruzio-ne (Anac) “che agisce anche al fine di prevenire econtrastare illegalità e corruzione” (comma 1, art.213) (1).Nell’Anac si sommano, dunque, due missioni cen-trali: vigilare il settore dei contratti pubblici; pre-venire e contrastare l’illegalità nelle pubbliche am-ministrazioni. Tuttavia, la prima missione è stru-mentale alla seconda: la vigilanza sui contrattipubblici, infatti, non è fine a sé stessa, ma è (“an-che”) funzionale al perseguimento di finalità dic.d. “anticorruzione” (2). Questa è, nel complesso,una delle principali novità del Codice (3).La presente analisi è volta a evidenziare come ilcollegamento della materia dei contratti pubblicicon quella dell’anticorruzione influenzi fortementequesta nuova disciplina. Tale influenza è visibilenon soltanto nella concentrazione in capo a unamedesima autorità delle predette missioni, ma so-prattutto nell’attribuzione alla stessa di funzionimolto eterogenee e, complessivamente, più ampiedi quelle assegnate alla precedente Avcp. Questo,a sua volta, si riflette nella particolare configurazio-ne assunta dall’Anac alla luce del Codice, che larende un modello di autorità probabilmente “uni-co” nell’ordinamento italiano.

Analisi delle attività

Un aspetto che immediatamente colpisce l’atten-zione del lettore impegnato nell’analisi del Codiceè il numero di volte in cui l’Anac compare nell’in-tero testo (oltre una novantina) (4). In questo sen-

so, l’Anac è presente quasi in ogni parte della nuo-va disciplina dei contratti pubblici. Nell’esteso nu-mero di riferimenti vi rientra, in particolare, l’art.213, che riporta un elenco generale dei poteri ecompiti dell’Autorità, da integrare con le altre di-sposizioni del Codice che stabiliscono ulteriori po-teri più specifici. Sulla base di una lettura sistema-tica di tali norme, è possibile ordinare poteri ecompiti dell'Anac in almeno quattro categorie diattività (indirizzo e regolazione; vigilanza e con-trollo; segnalazione e punizione; gestione del con-tenzioso).

Le attività di indirizzo e regolazioneLa prima serie di attività (art. 213, commi 2 e 3)corrisponde all’adozione di linee guida, bandi-tipo,capitolati-tipo, contratti-tipo e altri strumenti defi-niti di “regolazione flessibile”, al fine di garantirela promozione dell’efficienza, lo sviluppo della qua-lità e il supporto all’attività delle stazioni appaltan-ti, anche facilitando lo scambio di informazioni euna maggiore omogeneità dei procedimenti ammi-nistrativi (5). Inoltre, l’Autorità è chiamata a for-mulare al governo proposte di eventuali modifichealla normativa vigente in materia di contratti pub-blici (6). Queste attività corrispondono, dunque, auna generale funzione di indirizzo e regolazione,sottoposta a precisi limiti di pubblicità (innanzitut-to legale), di semplificazione e di c.d. “gold pla-ting” (7).Tra gli atti di regolazione sopra menzionati, l’Au-torità trasmette alle Camere quelli ritenuti mag-giormente rilevanti in termini di “impatto”, valuta-to in base all’ampiezza del numero degli operatori acui l’atto è destinato e in base alla riconducibilitàdell’atto stesso a fattispecie criminose, situazioni

(1) Tali funzioni erano state già trasferite all’Anac con l’art.19, commi 1 e 2, D.L. 24 giugno 2014, n. 90, conv. in L. 11agosto 2014, n. 114, che ha stabilito la contestuale soppres-sione dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (Avcp).Si v. anche l’art. 8 della l. 27 maggio 2015, n. 69, che ha ag-giunto la lett. f bis al comma 2 dell’art. 1 della L. 6 novembre2012, n. 190.

(2) Sul punto, si ricorda l’art. 1, comma 1, lett. q) della leg-ge delega 28 gennaio 2016, n. 11, che collega l’armonizzazio-ne della disciplina ai fini “di concorrere alla lotta alla corruzio-ne, di evitare i conflitti d’interesse e di favorire la trasparenzanel settore degli appalti pubblici e dei contratti di concessio-ne”.

(3) Si noti che le direttive europee 2014/23/Ue, 2014/24/Uee 2014/25/Ue non stabiliscono l’istituzione di una autorità di vi-gilanza ad hoc.

(4) Nell’art. 213, il riferimento all'Anac è stato contato unavolta sola.

(5) Recentemente, sono state, ad esempio, adottate le Li-

nee guida attuative del nuovo codice degli appalti e delle con-cessioni (sottoposte a consultazione pubblica a maggio 2016),insieme ad altri simili atti di indirizzo.

(6) Si v. anche i poteri di indirizzo previsti da altri articoli delCodice: il comma 5 dell’art. 31 in materia di responsabile unicodel procedimento (rup); il comma 7 dell’art. 36 in materia dicontratti sotto-soglia; l’art. 71 in materia di bandi di gara; ilcomma 13 dell’art. 80 in materia di motivi di esclusione; ilcomma 2 dell’art. 83 in materia di criteri di selezione dei con-correnti; il comma 2 dell’art. 84 sui livelli standard dei controllidelle Soa; il comma 3 dell’art. 177 in materia di affidamenti deiconcessionari; il comma 4 dell’art. 181 in materia di partena-riato pubblico e privato; il comma 4 dell’art. 197 in materia dicontraente generale. Infine, va precisato che nei casi in cui ilCodice affida ad altri soggetti l’emanazione di indirizzi, è previ-sto generalmente il parere dell’Anac.

(7) Al comma 17 è stabilito che l’Anac pubblica i suddettiprovvedimenti.

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anomale o comunque sintomatiche di condotte il-lecite da parte delle stazioni appaltanti. Inoltre, gliatti di regolazione adottati dall’Autorità sono im-pugnabili innanzi ai competenti organi di giustiziaamministrativa.Con riferimento a queste due ultime previsioni, vainnanzitutto notato che la norma non precisa le ra-gioni per le quali tali atti debbano essere trasmessial Parlamento. Probabilmente, la comunicazionepuò essere un modo attraverso il quale consentireal Parlamento una forma di controllo sull’attivitàdi regolazione dell’Anac nei casi in cui questa pro-duca effetti rilevanti (cc.dd. impatti) e riguardi ladisciplina di illeciti (anche penali). Tuttavia, lanorma è eccessivamente generica e l’eventuale (emolto improbabile) controllo del Parlamento av-verrebbe soltanto a posteriori (gli atti sono tra-smessi immediatamente dopo l’adozione). In se-condo luogo, l’impugnabilità dei summenzionatiatti desta perplessità sulla loro natura (8), perchélascia intendere che, sebbene qualificati come attidi regolazione flessibile, è possibile che i loro con-tenuti incidano direttamente sugli interessi dei sin-goli. La conclusione è, dunque, che non solo po-tranno essere adottati atti potenzialmente afflittivi(al di fuori del circuito parlamentare) ma gli stessipotranno produrre effetti nei confronti di specificisoggetti, a prescindere dal nomen iuris che li carat-terizza.

Le attività di vigilanza e controlloUn secondo gruppo di attività riguarda la generalefunzione di vigilanza (comma 3, art. 213). L’Auto-rità vigila sui contratti pubblici nei settori sia ordi-nari, sia speciali, sui contratti secretati o che esigo-no particolari misure di sicurezza e sui contrattiesclusi dall’ambito di applicazione del codice (lett.a). Vigila, inoltre, affinché sia garantita “l’econo-micità dell’esecuzione dei contratti pubblici e ac-certa che dalla stessa non derivi pregiudizio per ilpubblico erario” (lett. b). Svolge attività di vigilan-za anche sul sistema di qualificazione degli esecuto-ri dei contratti pubblici di lavori e sul divieto di af-fidamento dei contratti attraverso procedure diver-se da quelle ordinarie, svolgendo controlli specificisulla corretta applicazione della disciplina deroga-toria per “i casi di somma urgenza e di protezionecivile (...)” (lett. g).

Inoltre, per gli affidamenti di particolare interesse,l’Autorità svolge una attività di c.d. “vigilanza col-laborativa”, sulla base di protocolli di intesa con lestazioni appaltanti richiedenti, “finalizzata a sup-portare le medesime nella predisposizione degli attie nell’attività di gestione dell’intera procedura digara” (lett. h). L’Autorità può svolgere, però, an-che controlli più severi, potendo disporre ispezioni,avvalendosi di altri organi dello Stato (si pensi,specialmente, agli ispettori di finanza pubblica del-la Ragioneria generale dello Stato, già chiamati, inbase a una convenzione siglata tra l’Anac e il Mi-nistero dell’economia e delle finanze, a svolgerecontrolli sull’applicazione delle misure anticorru-zione) e, in particolare, della Guardia di finanza(comma 5, art. 213) (9).Le attività di vigilanza includono, dunque, moni-toraggi, controlli tecnici di regolarità economico-contabile, controlli qualitativi, controlli cc.dd.collaborativi, controlli ispettivi. Per il loro esple-tamento, l’Autorità può avvalersi di varie misure.Alcune di queste sono: la “Banca dati nazionaledei contratti pubblici” (che il comma 8, art. 213,collega, in verità, alla funzione di regolazione);l’“Osservatorio dei contratti pubblici relativi a la-vori, servizi e forniture” (composto da una sezio-ne centrale e da sezioni regionali aventi sedepresso le regioni e le province autonome - comma9, art. 213); il “Casellario informatico dei con-tratti pubblici di lavori, servizi e forniture” (con-tenente tutte le notizie, le informazioni e i datirelativi agli operatori economici - comma 10, art.213).Alle attività di vigilanza si collegano, poi, le piùspecifiche attività di tenuta e gestione di albi edelenchi, ai fini del controllo sui soggetti che opera-no nel settore dei contratti pubblici e sul possesso,da parte degli stessi, dei requisiti indicati dalla leg-ge. L’Autorità gestisce, ad esempio, l’elenco dellestazioni appaltanti qualificate di cui fanno parteanche le centrali di committenza (art. 38), l’“Albonazionale obbligatorio dei componenti delle com-missioni giudicatrici” (art. 78), l’elenco delle sta-zioni appaltanti che operano mediante affidamentidiretti nei confronti di società in house (art. 192),l’elenco dei soggetti aggregatori nell’ambito dell’A-nagrafe unica delle stazioni appaltanti (commi 15-16, art. 213) (10). L’Autorità svolge, inoltre, rico-

(8) Su tali perplessità, si cfr. supra il contributo di M.P. Chiti,in questo numero della Rivista.

(9) Si v. anche il comma 6 dell’art. 84, ove è previsto il pote-re dell’Anac di svolgere ispezioni, senza preavviso, sui sistemidi qualificazione gestiti dalle Soa. Altre attività di controllo so-

no quelle ai sensi dell’ultimo co. dell’art. 163 in materia di“procedure in caso di somma urgenza e di protezione civile”.

(10) L’Anagrafe, già operativa presso l’Avcp, è stata istituitacon l’art. 33 ter, D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, conv. in L. 17 di-cembre 2012, n. 221.

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gnizioni sui requisiti degli esecutori di lavori pub-blici, iscritti al c.d. “Sistema unico” (comma 3, art.84) (11).Va notato che vigilanza e controlli possono esserefunzionali anche all’attribuzione di punteggi rile-vanti per il rating e all’assegnazione di premi. Adesempio, il comma 7 dell’art. 213 prevede che l’A-nac collabora con l’Autorità garante della concor-renza e del mercato per la rilevazione di comporta-menti aziendali che possano essere valutati al finedell’attribuzione del “rating di legalità” delle im-prese (12), che a sua volta si collega al c.d. “ratingdi impresa” introdotto dal comma 10 dell’art. 83del Codice, nell’ambito della disciplina dei criteridi selezione dei concorrenti. Il “rating di impresa”è gestito dall’Anac e corrisponde a un sistema dicertificazione, a cui si collegano premialità e pena-lità, in base a determinati criteri definiti dall’Auto-rità stessa. La certificazione assicura una selezionepreliminare dei concorrenti (sulla base, soprattutto,di requisiti reputazionali), che precede la selezioneinterna alla gara.Sistemi premianti conseguono anche all’esito posi-tivo dei controlli che l’Anac deve svolgere, ai sensidell’art. 38 del Codice, sulla sussistenza dei cc.dd.requisiti premianti delle stazioni appaltanti (in par-ticolare, sull’attuazione di misure di prevenzionedei rischi di corruzione e promozione della legalità,sulla presenza di sistemi di gestione della qualità,sulla disponibilità di tecnologie telematiche nellagestione di procedure di gara, sul livello di soccom-benza nel contenzioso, sull’applicazione di criteridi sostenibilità ambientale e sociale nell’attività diprogettazione e affidamento). A tal riguardo, è per-sino previsto che una quota di questa premialitàdebba essere destinata, da parte dell’amministrazio-ne di appartenenza della stazione appaltante pre-miata, al fondo per la remunerazione del risultatodei dirigenti e dei dipendenti appartenenti alleunità organizzative competenti per i procedimenticontrattuali, tenendo conto dei risultati della “va-lutazione della performance organizzativa e gestio-nale dei dipendenti interessati” (art. 38, comma9) (13). Si tratta, a ben vedere, di un modo in cuil’Anac potrà influenzare, sebbene indirettamente e

solo parzialmente, una possibile porzione dei fondiper il trattamento accessorio nelle amministrazio-ni.

Le attività di segnalazione e sanzionatorieUn terzo gruppo di attività corrisponde alle attivi-tà di segnalazione e a quelle sanzionatorie. Adesempio, l’Autorità segnala al governo e al Parla-mento “fenomeni particolarmente gravi di inos-servanza o di applicazione distorta della normati-va di settore” (comma 3, lett. c, art. 213). Inoltre,in caso di irregolarità (incluse quelle di rilevanzapenale), l’Anac trasmette i propri rilievi agli orga-ni di controllo, alle competenti procure della Re-pubblica, nonché alla procura generale della Cor-te dei conti qualora accerti che dalla esecuzionedei contratti pubblici derivi pregiudizio per il pub-blico erario.Tra i poteri più incisivi, tuttavia, vi è quello di ir-rogare sanzioni amministrative pecuniarie nei con-fronti dei “soggetti che rifiutano od omettono, sen-za giustificato motivo, di fornire le informazioni odi esibire i documenti richiesti”, nonché “nei con-fronti degli operatori economici che non ottempe-rano alla richiesta della stazione appaltante o del-l’ente aggiudicatore di comprovare il possesso deirequisiti di partecipazione alla procedura di affida-mento”. L’Autorità può irrogare sanzioni pecunia-rie anche nei confronti dei soggetti che fornisconoinformazioni o esibiscono documenti non veritierie nei confronti degli operatori economici che for-niscono, alle stazioni appaltanti o agli enti aggiudi-catori o agli organismi di attestazione, dati o docu-menti non veritieri circa il possesso dei requisiti diqualificazione (comma 13, art. 213) (14). Il poteresanzionatorio si estende, altresì, nei confronti delsoggetto che ometta, senza giustificato motivo, difornire informazioni richieste ovvero fornisce infor-mazioni non veritiere, nell’ambito della gestionedell’Osservatorio sui contratti pubblici (comma 9,art. 213).Poteri sanzionatori ulteriori sono, poi, attributiall’Anac nell’ambito di altre disposizioni del Co-dice: ad esempio, nei casi di inosservanza delle li-nee guida sul sistema di qualificazione degli ese-cutori di lavori pubblici (comma 10, art. 84); nel-

(11) All’Autorità devono essere, altresì, trasmesse le dichia-razioni di avvalimento con indicazione dell’aggiudicatario “perl’esercizio della vigilanza, e per la prescritta pubblicità” (art.89, comma 9).

(12) Introdotto dall’art. 5 ter, D.L. 24 gennaio 2012, n. 1,conv. in L. 24 marzo 2012, n. 27.

(13) Si v. anche l’art. 81, comma 3: costituisce “oggetto divalutazione della performance il rifiuto, ovvero l’omessa effet-

tuazione di quanto necessario a garantire l’interoperabilità del-le banche dati (...). A tal fine, l’Anac, debitamente informatadal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, effettua le do-vute segnalazioni all’organo di vertice dell’amministrazione oorganismo pubblico”.

(14) Gli importi delle sanzioni sono destinati al fondo per lapremialità delle stazioni appaltanti (comma 14), in rapporto aquanto stabilito dall’art. 38 del Codice.

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la fase di esecuzione dei contratti, in caso di tar-data o mancata comunicazione di varianti in cor-so d’opera o di altre forme di modifica del con-tratto (comma 8, art. 106); nei casi di illegittimaapprovazione delle varianti d’opera (comma 14,art. 106); in caso di mancata comunicazione dialcune informazioni nelle ipotesi di sospensionedell ’esecuzione del contratto (comma 4, art.107) (15).Una particolare specie di potere sanzionatorio èquella prevista dal comma 2 dell’art. 211. Sullabase di questa norma, qualora l’Autorità riscontriun vizio di legittimità in uno degli atti della pro-cedura di gara, “raccomanda” alla stazione appal-tante di agire in autotutela e rimuovere gli even-tuali effetti degli atti illegittimi, entro sessantagiorni. Il mancato adeguamento della stazione ap-paltante alla raccomandazione (vincolante e im-pugnabile) è punito con la sanzione amministrati-va pecuniaria, in aggiunta agli effetti negativi chesi producono sul sistema reputazionale delle sta-zioni appaltanti.A tal riguardo, colpiscono la natura vincolantedella raccomandazione (non è quasi un ossimoro?)e la sua somiglianza a un vero e proprio ordine (ilche, a sua volta, stride con la logica dell’autotute-la). Peraltro, in caso di inosservanza della racco-mandazione, è prevista l’irrogazione di una sanzio-ne pecuniaria (oltre agli effetti reputazionali). Inaltri termini, questo potere di impulso dell’Anacfunziona più come un (ulteriore) “bastone” che co-me un “pungolo”.

Le attività di gestione del contenziosoUn’ultima tipologia di attività riguarda la gestionedel contenzioso. A tal fine, all’interno dell’Anac,opera una apposita Camera arbitrale, con un presi-dente e un consiglio arbitrale (art. 210). Consiglioe presidente sono nominati dall’Anac, che mettealtresì a disposizione una struttura di segreteria. LaCamera cura la formazione e la tenuta del c.d. “Al-bo degli arbitri per i contratti pubblici”, redige ilcodice deontologico degli arbitri camerali e gesti-sce gli adempimenti relativi alla costituzione e alfunzionamento del collegio arbitrale. Tale organo,pertanto, svolge le attività amministrative funzio-

nali alla gestione del contenzioso in materia dicontratti pubblici, non essendo però direttamentechiamato a dirimere le controversie.L’art. 211, comma 1, invece, prevede che l’Autori-tà possa emettere pareri di precontenzioso. La nor-ma stabilisce che, su richiesta della stazione appal-tante o delle altre parti, l’Anac esprime parere suquestioni insorte durante lo svolgimento delle pro-cedure di gara, entro trenta giorni dalla ricezionedella richiesta. Il parere è obbligatorio e vincolan-te: esso “obbliga le parti che vi abbiano preventi-vamente acconsentito ad attenersi a quanto in essostabilito”; come “contropartita”, il parere è, co-munque, impugnabile innanzi al giudice ammini-strativo.In quest’ultimo caso, dunque, l’attività dell’Autori-tà corrisponde a un potere quasi-giudiziario, poten-dosi esprimere sul merito della controversia edesercitando, in questo modo, un vero potere deci-sionale.

Conclusioni: molto più di un’autorità divigilanza sui contratti pubblici

Negli ultimi anni, l’impatto negativo di alcune no-te vicende di cronaca, collegate alla cattiva gestio-ne di grandi eventi e opere pubbliche, ha contri-buito alla tendenza di prevedere in materia di con-tratti pubblici un numero crescente di poteri e mi-sure con il fine dell’anticorruzione. Precedente-mente, invece, la materia era dominata da un diffe-rente approccio: sebbene fossero già riconosciutiall’Avcp poteri ispettivi e persino sanzionatori (siv. spec. l’art. 6, D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163), lafunzione di vigilanza era finalizzata soprattutto alriscontro di irregolarità amministrative, non vi era-no riferimenti espliciti all’anticorruzione, era previ-sto uno specifico fine di tutela delle piccole e me-die imprese a garanzia della libera concorrenza. Ingenerale, i poteri dell’Autorità erano più limitati:quello di regolazione era meno esteso; quello san-zionatorio riguardava un minor numero di ipotesi esoggiaceva a un limite collegato al valore del con-tratto; quello di decisione sul precontenzioso nonaveva effetti vincolanti (16).

(15) L’Anac ha anche altri poteri di intervento, che incidonosui singoli: si v. ad esempio il comma 5, art. 110, in materia diaffidamenti in presenza di procedure fallimentari.

(16) Sull’Avcp esistono numerose opere (che non possonoessere qui riportate in modo esaustivo). Si rinvia a R. Caranta,I contratti pubblici, II ed., Torino, 2012, 522 ss. e a R. Villata -M. Bertolissi - V. Domenichelli - G. Sala (a cura di), I Contratti

pubblici di lavori, servizi e forniture, I, Padova, 2014, spec. 43ss., per un’ampia bibliografia sul punto e, più recentemente, aF. Saitta (a cura di), Appalti e contratti pubblici. Commentario si-stematico, Padova, 2016, passim. Sull’attività di gestione delcontenzioso, si cfr. S. Gallo (a cura di), Il precontenzioso e l'atti-vità paragiurisdizionale dell'AVCP, Rimini, 2014 (spec. 61 ss.sulla natura non vincolante del parere).

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Tuttavia, nella prassi, questo approccio non haprodotto i risultati attesi. Le funzioni di regolazionee precontenzioso dell’Avcp non sarebbero, infatti,“assurte agli ‘onori della cronaca’” e il loro eserci-zio, a partire dalla vigilanza, avrebbe risentito di“qualche tentennamento” e di una complessiva“paralisi del sistema” (17). Per queste ragioni, si èformata, nel tempo, una certa insoddisfazione versol’operato dell’Autorità, da cui è derivata l’esigenzadi rivederne il funzionamento.È possibile, dunque, ritenere che l’eterogeneo elen-co di funzioni attribuite all’Anac dal Codice sia ilrisultato di un eccezionale combinato tra: i) l’esi-genza di innovare l’autorità di vigilanza del settore,non potendo però eliminare compiti e risorse pree-sistenti; ii) la volontà di rafforzare controlli, inter-venti e sanzioni in una materia dominata da unadiffusa mala gestio; iii) il forte sviluppo della disci-plina dell’anticorruzione e della trasparenza, a suavolta caratterizzata dalla previsione di misure, con-trolli e sanzioni. Questo spiega perché in una stessa(e originariamente piccola) istituzione vi siano sta-ti l’inclusione di un organismo di oltre trecentounità, l’assorbimento di differenti ambiti (contrattipubblici - anticorruzione), lo sviluppo di un etero-geneo complesso di poteri.Tuttavia, bisogna riflettere se questo “cocktail” difunzioni non rischi di essere esplosivo o, al contra-rio, rappresenti un efficace antidoto.Sulla base della nuova disciplina dei contratti pub-blici, l’Anac regola, vigila, punisce, giudica. Proba-bilmente, nel panorama delle istituzioni pubbliche,rappresenta più un caso unico che raro. La concen-trazione di funzioni è, in realtà, un dato ricorrentein altre autorità indipendenti, ma è anche un aspet-to, da sempre, molto criticato (18). Nel caso dell’A-nac, però, emerge un profilo peculiare: l’Anac rego-la, vigila, punisce, giudica, innanzitutto, le pubbli-che amministrazioni. Al contrario, i poteri delle al-

tre autorità indipendenti riguardano solo indiretta-mente soggetti pubblici: si pensi alle autorità di re-golazione e vigilanza dei settori c.d. liberalizzati(mercati, comunicazioni, energia, trasporti), le cuifunzioni di regolazione, vigilanza, sanzione, gestionedel contenzioso riguardano, primariamente, operato-ri privati; oppure si pensi alle autorità poste a tuteladi diritti fondamentali (privacy, infanzia e adole-scenza, diritto allo sciopero), anch’esse titolari difunzioni principalmente rivolte a individui.Questa peculiarità non è di poco conto, perchél’oggetto di tutte le funzioni dell’Anac riguarda di-rettamente l’uso delle risorse pubbliche. A tal ri-guardo, vale la pena ricordare che la funzione dicontrollo sull’uso delle risorse pubbliche dovrebbe,in via generale, rispettare alcuni principi essenzialiper potere funzionare bene e, più precisamente, perconsentire l’azione di quei “pesi e contrappesi” vol-ti a garantire il corretto equilibrio tra i poteri pub-blici (19).Un principio è, ad esempio, quello per cui chi con-trolla l’uso delle risorse pubbliche non dovrebbeavere il potere di limitare la discrezionalità del con-trollato, che utilizza le risorse; chi controlla, infatti,non dovrebbe indirizzare e regolare l’oggetto delcontrollo (20). Peraltro, l’attività di regolazione del-l’Anac è “flessibile” soltanto nel nomen iuris, poten-do avere natura afflittiva e incidere direttamente suisingoli (21). Altro principio è quello per cui il con-trollore non dovrebbe accertare le responsabilità edemettere sanzioni pecuniarie: il controllore devefornire dati utili per l’eventuale attivazione delleprocedure di accertamento delle responsabilità pa-trimoniali, ma lo stesso non può direttamente occu-parsi di un siffatto accertamento e condannare ilcontrollato al pagamento di sanzioni (22). A mag-gior ragione, chi è titolare della funzione di control-lo sull’uso delle risorse pubbliche non dovrebbe pro-

(17) R. Cantone - F. Merloni (a cura di), La nuova autoritàanticorruzione, Torino, 2015, 180.

(18) Per una analisi generale, si ricorda, tra le moltissimeopere sul tema, F.G. Scoca, Le amministrazioni indipendenti, inL. Mazzarolli - G. Pericu - A. Romano - F.A. Roversi Monaco -F.G. Scoca (a cura di), Diritto amministrativo, I, Bologna, 2001,III ed., 598.

(19) La funzione di controllo sull’uso delle risorse pubblichedovrebbe funzionare da “stabilatore” del sistema giuridico: inaltri termini, negli ordinamenti democratici, il controllo sulle ri-sorse pubbliche dovrebbe agire come un contro-potere, garan-tendo l’equilibrio dei rapporti tra Parlamento e governo e tragoverno e amministrazione. Per approfondimenti, si consentadi rinviare a E. D’Alterio, I controlli sull’uso delle risorse pubbli-che, Milano, 2015, 435 ss.

(20) Si tratta del principio di separazione tra funzione dicontrollo e c.d. “amministrazione attiva”, ribadito in tutti i prin-

cipali studi amministrativi in materia di controlli, a partire dallanota opera di U. Forti, I controlli sull’amministrazione comunale,in Primo trattato completo di diritto amministrativo italiano, a cu-ra di V.E. Orlando, II, parte 2, Milano, 1915, 607 ss.

(21) Si v. supra. Secondo M.P. Chiti (in questo numero dellaRivista), il potere di regolazione dell’Anac corrisponde a un ve-ro e proprio potere normativo, da cui discendono restrizioni esanzioni, in assenza di precise condizioni e limiti; queste previ-sioni tenderebbero a minare la certezza del diritto e la giustizia-bilità dei diritti e degli interessi.

(22) Si cfr. la sent. n. 39 del 2014 della Corte costituzionale,che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di alcune disposi-zioni del D.L. 10 ottobre 2012, n. 174, conv. in L. 7 dicembre2012, n. 213, che prevedevano effetti “sanzionatori” derivantidirettamente dall’esercizio dei controlli della Corte dei conti inmateria di equilibri economico-finanziari delle regioni.

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nunciarsi sul contenzioso che può formarsi in rela-zione all’oggetto del suo controllo (23).Tuttavia, il sistema italiano, con particolare riferi-mento alla materia dei controlli, è un ordinamentocaratterizzato da eccessi. Da una parte, vi è, infatti,l’esempio dell’Anac, dall’altra, vi sono invece diffe-renti categorie di soggetti, egualmente impegnatinel controllo sull’uso delle risorse pubbliche, a cuila legge attribuisce, al contrario, facoltà eccessiva-mente limitate. Si pensi, ad esempio, ai vincoli acui sono sottoposti i controlli dei Servizi ispettividi finanza pubblica della Ragioneria generale delloStato (svolti, peraltro, da un organico di appenacento unità su tutto il territorio nazionale) (24) oalle scarse garanzie di indipendenza degli Organi-smi di valutazione (trattati con “indifferenza istitu-zionale”) (25) o alla natura di mero parere dellamaggior parte degli atti adottati dai revisori deiconti/collegi sindacali, peraltro sottoposti a pesantiresponsabilità (26).

Tra i due eccessi, la soluzione andrebbe trovata nelmezzo. A tale fine, sarebbe necessario un più gene-rale intervento sull’intera disciplina dei controllinel settore pubblico, razionalizzando e coordinandole numerose norme, rivedendo facoltà e risorse adisposizione dei principali controllori, assicurandoun collegamento più diretto tra i risultati del con-trollo e la produzione di effetti (sempre con garan-zia della separazione tra la funzione di controllo equella di “persecuzione”). In questa prospettiva,più che la realizzazione di una nuova versione delcodice dei contratti pubblici, sarebbe stata mag-giormente necessaria l’adozione di un “codice deicontrolli sulle risorse pubbliche”, di cui l’ordina-mento italiano è tuttora privo. Le riforme, più emeno recenti, in materia di pubblica amministra-zione hanno soltanto girato intorno a questo pro-blema. I tempi per un tale impegno politico e legi-slativo sono ancora di là da venire.

L’incerto ingresso del dibattito pubblico in Italiadi Andrea Averardi

L’art. 22 del D.Lgs. n. 50 del 2016 introduce, per la prima volta su scala nazionale, il dibattitopubblico “à la française” sulle grandi opere infrastrutturali. Dietro la formalizzazione di questostrumento di dialogo tra amministrazione, imprese e cittadini si intravede, finalmente, il tentativodi costruire un legame procedurale tra decisori e privati che possa ridurre i ricorrenti casi di op-posizione alla costruzione di opere sgradite alle comunità locali. La disciplina prevista dal legi-slatore appare tuttavia troppo cauta e, soprattutto, ancora incompleta. Diversi sono quindi i pro-fili critici che si accompagnano all’atteso ingresso del dibattito pubblico in Italia.

(23) Si ricorda la nota sent. n. 29 del 1995 della Corte costi-tuzionale (“i rapporti tra attività giurisdizionale e controllo sullagestione debbono arrestarsi a questo punto, perché altrimentisi vanificherebbero gli inviolabili “diritti della difesa”, garantitia tutti i cittadini in ogni giudizio dall’art. 24 della Costituzione,ove le notizie o i dati acquisiti nello svolgimento del controllosulla gestione potessero essere utilizzati anche in sede proces-suale”). Questa è la ragione per la quale esiste una rigorosaseparazione tra sezioni di controllo e procure/sezioni giurisdi-zionali della Corte dei conti. Nel caso dell’Anac, l’emissionedel parere di precontenzioso dipende, comunque, da una ap-posita richiesta delle parti; tuttavia, lo stesso ha natura vinco-lante.

(24) Si v. gli artt. 23 e 24 del D.Lgs. 30 giugno 2011, n. 123,dove si fa riferimento, oltre a generiche finalità di “riconduzio-ne a economicità e regolarità” nonché di “suggerimento” daparte dell’attività ispettiva, all’obbligo per gli ispettori di comu-nicare le “criticità” riscontrate “ai soggetti sottoposti a verificaed alle amministrazioni vigilanti, ai fini dell’adozione delle op-

portune misure correttive”, dovendo, oltretutto, consentire lerelative controdeduzioni. Queste previsioni contraddicono sia ilcarattere successivo di questo controllo (che si svolge, infatti,quando ormai le risorse sono state utilizzate e non c’è più nullada suggerire o correggere, se non per un futuro indetermina-to), sia la sua natura extra-gerarchica (il destinatario finale del-la relazione ispettiva non dovrebbe essere l’amministrazionecontrollata ma il Parlamento e, se vi sono rilievi - non soltantosull’emersione manifesta di danno erariale -, le procure dellaCorte dei conti). Sui limiti imposti all’attività dei Sifip, si v. an-che la sent. n. 370 del 2010 della Corte costituzionale.

(25) Così, Corte dei conti, delibera n. 14/2012/G. In questosenso, può essere considerata anche la soppressione della Ci-vit (sul punto, si consenta di rinviare a E. D’Alterio, I nuovi po-teri dell’Autorità nazionale anticorruzione: “post fata resurgam”,in questa Rivista, n. 6, 2015, 757 ss.).

(26) Si cfr. Corte dei conti, Sez. giurisd. Lombardia, 13 feb-braio 2007, n. 109 (sulla indeterminatezza del perimetro deicontrolli dei revisori e delle relative responsabilità).

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Le ragioni del dibattito

A lungo invocato, il dibattito pubblico per la rea-lizzazione di grandi opere è entrato ufficialmentenell’ordinamento italiano (1). L’istituto, ispirato,sin dalla sua denominazione, al débat public france-se, costituisce il primo tentativo di formalizzare, suscala nazionale, una tecnica sofisticata di inclusio-ne della voce dei cittadini nelle scelte infrastruttu-rali di interesse comune (2).Nel contesto della programmazione delle infra-strutture e del governo del territorio, l’esperienzaitaliana di pratiche partecipative è stata, sino adoggi, estremamente ridotta (3). Numerosi studihanno tuttavia affrontato il problema di come scio-gliere il “nodo del consenso” sulla realizzazione diopere di rilevante impatto sociale e ambientale (4),ponendo l’attenzione sul ruolo degli strumenti dipartecipazione come potenziale veicolo per miglio-rare la qualità dei processi decisionali pubblici (5).Nell’analizzare l’introduzione del dibattito pubblicoin Italia, vale perciò la pena muovere da quelloche si è compreso sulla valenza e sui limiti del ri-corso a dispositivi di confronto tra soggetti propo-nenti una grande opera pubblica, imprese e cittadi-ni (6).In primo luogo, gli esperimenti locali condotti inItalia e quelli portati avanti in altri ordinamentihanno dimostrato che esiste un legame indissolubi-le tra informazione e partecipazione. L’interlocuzionecon chi è potenzialmente toccato dalla costruzionedi un’opera pubblica può infatti essere effettiva so-lo laddove le istituzioni, a monte della decisione da

assumere, attivino dei canali di comunicazione effi-caci e trasparenti, che consentano agli interessatidi poter concorrere consapevolmente all’elabora-zione della scelta di interesse comune (7).L’esperienza applicativa francese del débat public hapoi permesso di evidenziare che il coinvolgimentodei privati in hard cases, come quelli sulla localizza-zione di infrastrutture invasive, necessità di un set-ting organizzativo ben strutturato, per almeno dueragioni (8). Primo, perché solo se l’oggetto del con-fronto è chiaro, e se il dibattito è condotto con im-parzialità e linearità, è possibile irrobustire il rap-porto di fiducia tra l’amministrazione e i cittadini,la cui fragilità concorre a far esplodere i conflittisulla localizzazione di opere sgradite (9). Secondo,perché unicamente le garanzie offerte da una cor-nice procedurale solida possono ridurre i rischi chesi accompagnano alla predisposizione di tecnichedi inclusione dei cittadini nell’iter decisionale pub-blico (10). Tra questi, vi è quello di aggravare ol-tremodo il procedimento, rimettendo costante-mente in discussione le decisioni da assumere opersino quelle già prese. Ma anche quello di pro-durre una frammentazione della società, consen-tendo di incidere, su una scelta di interesse genera-le, a una platea ristretta di soggetti che potrebbetentare di manipolare o sfruttare impropriamentel’occasione del confronto (11).Quanto allo scopo della partecipazione, declinatatramite il dibattito pubblico, l’esperienza ha inse-gnato che essa, al più, assume un valore informati-vo e collaborativo e solo indirettamente decisiona-le (12). D’altronde, è inevitabile che la desiderabi-

(1) Il testo è contenuto nell’art. 22 del D.Lgs. n. 50/2016, ru-bricato “trasparenza nella partecipazione di portatori di interes-se e dibattito pubblico”.

(2) Sull’applicazione del modello del débat public, introdottoin Francia con la c.d. loi Barnier del 1995 e poi più volte rifor-mato, tra i numerosi, C. Blatrix - L. Blondiaux - J.M. Fourniau -B.H.- D.R. Lefevre e M. Revel (a cura di), Le débat public: uneexpérience française de démocratie partecipative, Paris, 2007.

(3) I dibattiti pubblici previsti a livello regionale, in particola-re in Toscana, Emilia-Romagna e Sardegna, oltre a riguardareopere non di interesse nazionale, e quindi meno controverse,sono rimasti sostanzialmente non attuati. L’unica rilevante ec-cezione alla chiusura verso ogni forma di dialogo con le popo-lazioni interessate dalla costruzione di un’opera pubblica è sta-ta offerta dalla costruzione della c.d. Gronda di Ponente a Ge-nova, in cui si è sperimentato un vero e proprio dibattito pub-blico Al riguardo, L. Bobbio, Il dibattito pubblico sulle grandiopere. Il caso dell’autostrada di Genova, in Rivista italiana di po-litiche pubbliche, 2010, 119 ss.

(4) Si veda, da ultimo, il lavoro curato da L. Torchia, I nodidella pubblica amministrazione, Napoli, 2016.

(5) Centrali, sul punto, gli studi di Sabino Cassese, tra i qua-li, S. Cassese, La partecipazione dei privati alle decisioni pubbli-che. Saggio di diritto comparato, in Riv. trim. dir. pubbl., 2007,13 ss. e S. Cassese, La partecipazione al procedimento ammini-

strativo in Italia e fuori d’Italia, ovvero la democrazia amministra-tiva, in R. Balduzzi (a cura di), Annuario DRSAD, Milano, 2011,212 ss.

(6) Sul tema sia consentito il richiamo ad A. Averardi, Am-ministrare il conflitto: costruzione di grandi opere e partecipazio-ne democratica, in Riv. trim. dir. pubbl., 2015, 1173 ss.

(7) Al riguardo, M. Bombardelli, Democrazia partecipativa eassetto policentrico dell’organizzazione amministrativa, in Pergovernare insieme: il federalismo come metodo, a cura di G.Arena - F. Cortese, Padova, 2011, 37 ss.

(8) Sull’applicazione del débat in Francia tra i molti, M. Ma-sala, Nucléaire. Le débat public atomisé, Paris, 2007.

(9) Si veda, su questi profili, l’interessante analisi di A. Fedi- T. Mannarini, Oltre il Nimby, la dimensione psico-sociale dellaprotesta contro le opere sgradite, Milano, 2008.

(10) L. Bobbio, Il dibattito pubblico, cit., 123 ss.(11) Si tratta di pericoli già evidenziati da molti, tra cui S.

Cassese, La partecipazione dei privati, cit., 38 ss. e R. Bin, Con-tro la governance, la partecipazione tra fatto e diritto, in op. cit.,3 ss.

(12) Sull’impossibilità che innovazioni procedurali sostitui-scano interamente scelte che hanno comunque un carattere dipolicy, R. Scharpf, Policy failure and Institutional Reform: WhyShould Form Follow Function?, in International Social ScienceJournal, 1986, 179.

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lità di un’opera pubblica non possa essere misurataesclusivamente tramite il ricorso a strumenti selet-tivi, come i dibattiti pubblici, i referendum o le in-chieste (13). Nondimeno, incorporare direttamentele posizioni dei cittadini nell’attività pubblica didecision-making può, da una parte, condurre all’ela-borazione di valide voice options, stemperando leposizioni di protesta più radicali e, laddove imma-ginabile, trasformandole in consenso o comunquein opposizioni il più possibile consapevoli (14).Dall’altra, può contribuire a dare vita a un modellodi responsabilità procedurale dell’azione dei deciso-ri, legando quest’ultimi, in chiave collaborativa enon solo antagonista, ai privati (15).Premesso ciò, si tratta di comprendere fino a chepunto il modello di dibattito pubblico immaginatodal legislatore italiano possa mettere a frutto quan-to appreso sulle prassi partecipative e sulle loro po-tenzialità.

La disciplina (ancora incompiuta)dell’istituto

In realtà, il dibattito pubblico, così come previstodall’art. 22 del nuovo Codice degli appalti, appareoggi più come un cantiere appena aperto che comeun’opera di ingegneria legislativa terminata e pron-ta per essere inaugurata. La parte fondamentaledella disciplina, e cioè l’individuazione delle opereda sottoporre a dibattito e la definizione delle mo-dalità concrete di svolgimento di questo, dovrà in-fatti essere fissata entro un anno dall’entrata in vi-gore del Codice, tramite un apposito decreto delPresidente del Consiglio dei ministri (16).Alcuni elementi del futuro funzionamento del di-battito pubblico sono però desumibili già dal testoapprovato dal legislatore.Intanto, con riferimento alla trasparenza da garan-tire nelle procedure di localizzazione delle operepubbliche, si prevede che i progetti di fattibilità,relativi alle grandi opere infrastrutturali e di archi-tettura di rilevanza sociale, aventi impatto sull’am-biente, sulla città o sull’assetto del territorio, siano

pubblicati dalle amministrazioni aggiudicatrici edagli enti aggiudicatori nel rispettivo profilo dicommittente. È quindi stabilito che gli esiti dellaconsultazione pubblica, comprensivi dei resocontidegli incontri e dei dibattiti con i portatori di inte-resse, debbano essere pubblicati, “con pari eviden-za” insieme agli altri documenti relativi ai lavori,sempre nel profilo del committente (17).Come anticipato, la disciplina tracciata dal Codicenon specifica le modalità di svolgimento e il termi-ne di conclusione del dibattito, né fissa i criteri perl’individuazione delle opere “distinte per tipologiae soglie dimensionali” da sottoporre alla procedurapartecipativa (18). È tuttavia specificato che èsempre l’amministrazione aggiudicatrice o l’enteaggiudicatore, in qualità di proponente l’opera, checura lo svolgimento del dibattito secondo i criteriancora da definire (19).Quanto agli effetti del dibattito pubblico e alla suaconclusione, si individua nella fase di predisposi-zione del progetto definitivo il momento in cui gliesiti del confronto e le osservazioni ricevute sonoraccolte, mentre nella conferenza dei servizi quelloin cui avviene la discussione su quanto emerso al-l’esito della partecipazione degli interessati (20).È evidente che l’attuale normativa sul dibattitopubblico si caratterizza più per ciò che manca cheper quello che viene previsto. Nella disciplina dimassima fissata dal legislatore vi sono però almenoquattro punti fermi da considerare.Il primo coincide con l’aver introdotto le regolesulla partecipazione all’attività amministrativa ge-nerale di localizzazione delle grandi infrastruttureall’interno del Codice sugli appalti pubblici. Il se-condo è l’aver previsto un dibattito pubblico obbli-gatorio e uno facoltativo, demandando al decretoattuativo la selezione dei criteri per individuare leinfrastrutture da sottoporre necessariamente alconfronto con gli interessati. Il terzo è la decisionedi “scaricare” direttamente sulle amministrazioni esugli enti proponenti le opere il compito di garan-tire la trasparenza informatica e, soprattutto, l’one-re di gestire la procedura di dibattito con i soggetti

(13) L. Torchia, La sindrome Nimby: alcuni criteri per l’identi-ficazione di possibili rimedi, in F. Balassone - P. Casadio (a curadi), Le infrastrutture in Italia: Dotazione, programmazione, realiz-zazione, Roma, 2011, 360.

(14) Il riferimento è ovviamente a A.O. Hirschman, Lealtà,defezione e protesta. Rimedi alla crisi delle imprese, dei partiti edello stato (1970), trad. it., Milano, 2002.

(15) A. Floridia, Democrazia deliberativa e processi decisio-nali: la legge della Regione Toscana sulla partecipazione, in Sta-to e Mercato, 2008, 102.

(16) Prevede nello specifico il comma 2 dell’art. 22 che il

decreto del Presidente del Consiglio sia adottato, entro un an-no dall’entrata in vigore del codice, su proposta del Ministrodelle infrastrutture e dei trasporti, sentito il Ministro dell’am-biente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro per ibeni e le attività culturali, previo parere delle commissioni par-lamentari competenti.

(17) Art. 22, comma 1. La pubblicazione deve avvenire nellarelativa sezione “Amministrazione trasparente”.

(18) Art. 22, comma 2.(19) Art. 22, comma 3.(20) Art. 22, comma 4.

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interessati. Il quarto è la scelta di costruire il dibat-tito come una sorta di sub-procedimento, che siapre al momento della progettazione preliminare esi chiude nella fase della progettazione definitiva, ei cui esiti vengono discussi in sede di conferenzadei servizi.Su questi aspetti è utile soffermarsi.

Una prima luce e diverse ombre

Sarebbe ingeneroso non riconoscere che già lasemplice introduzione del dibattito pubblico nelnostro ordinamento costituisce una novità da salu-tare con soddisfazione. Dietro la previsione formaledi uno strumento di dialogo tra amministrazione,imprese e cittadini si intravede infatti un primo ri-conoscimento, legislativo e culturale, dell’evidenzache la composizione degli interessi incidenti sulterritorio deve passare anche da una de-verticaliz-zazione dei processi decisionali pubblici. In questosenso, l’apertura verso tecniche di inclusione dellavoce dei privati nelle scelte di interesse comuneesprime la condivisibile volontà di prendere sul se-rio il dissenso locale sui progetti infrastrutturali,non affrontando l’opposizione tramite “scorciatoie”procedurali accentratrici, che l’esperienza ha peral-tro dimostrato rivelarsi spesso inutili o addiritturacontroproducenti (21). Si tratta di aspetti impor-tanti, che lasciano immaginare la possibilità di col-tivare, in futuro, un approccio più “mansueto” nel-le relazioni tra tutti gli attori che, nell’ambito delgoverno del territorio, hanno interessi non solo di-vergenti ma, a volte, anche apertamente config-genti (22).Certo, i tempi sarebbero stati maturi per elaborareuna legge che, oltre a prevedere il dibattito pubbli-co sulle grandi opere, raccogliesse, riordinasse e im-plementasse, in modo organico e a livello naziona-le, tutti gli strumenti di informazione, collaborazio-ne, ascolto e partecipazione degli interessati alle

decisioni pubbliche, i quali sono oggi disseminatiin diverse discipline (23). Ciò, tra l’altro, ancheper evitare di confinare un istituto peculiare comeil dibattito pubblico, che richiede un’attenta rego-lazione, all’interno di una disposizione minore egenerica di un codice dedicato a tutt’altra materia,come invece è stato fatto. Allo stesso modo, consi-derata l’occasione offerta dall’ampia delega, si sa-rebbe potuto agire con maggiore incisività anchenel contesto della redazione del Codice degli ap-palti. Intanto non scegliendo di attendere un suc-cessivo decreto della Presidenza del Consiglio perdare forma concreta all’istituto (24) e poi nonframmentando la disciplina con la previsione di undibattito pubblico obbligatorio e di uno facoltati-vo (25).Al di là di tutti questi rilievi complessivi, l’impres-sione che suggerisce il testo approvato è comunquedi una riforma nata, almeno in parte, frenata. Equesto non perché sarà il decreto attuativo a riem-pire di contenuti l’involucro offerto dal Codice de-gli appalti, ma in quanto è proprio la disciplina ge-nerale, in precedenza descritta, a contenere troppecautele che, plausibilmente, finiranno per depoten-ziare lo strumento partecipativo.Il primo profilo critico da evidenziare riguarda l’a-ver affidato a chi propone l’opera il compito di ge-stire, sul proprio profilo di committente, la pubbli-cazione dei progetti di fattibilità e di tutti i docu-menti relativi allo svolgimento del dibattito (26).L’impostazione è coerente con i tratti che ha as-sunto oggi il concetto di trasparenza, il quale paresempre di più fungere da strumento di controllodell’amministrazione e, solo in via subordinata, damezzo per incentivare la partecipazione attiva deicittadini (27). Corollario di tale lettura del princi-pio di trasparenza è che la funzione di informazioneabbia carattere trasversale e neutro, risolvendosinella messa a disposizione dell’insieme dei dati ne-cessari alla collettività per supervisionare, anche

(21) Si considerino, in questo senso, i risultati prodotti dallagestione commissariale della vicenda del torrente Bisagno aGenova, analizzati in A. Torchia, I nodi, cit., 29 ss. Sul tema,inoltre, più in generale, A. Fioritto, L’amministrazione dell’emer-genza tra autorità e garanzie, Bologna, 2008.

(22) L’efficace espressione si trova in L. Bobbio, Discutibilee indiscussa. L’alta velocità alla prova della democrazia, Bolo-gna, 2006, 132.

(23) Oltre alle tecniche previste a livello locale (tra cui in-chieste, referendum, bilanci partecipativi), si pensi anche leforme di consultazione sui disegni di legge, sempre più spessopromosse dai ministeri, alle regole sulla partecipazione all’atti-vità regolatoria introdotte da numerose authorities o anche aglistrumenti di pianificazione e programmazione infrastrutturali,previsti dallo stesso D.Lgs. n. 50/2016 all’art. 201.

(24) Nello schema di codice, sottoposto al parere consulti-

vo del Consiglio di Stato, era contenuta una disciplina più pun-tuale del dibattito pubblico. Disciplina che però, in particolarequanto allo svolgimento del dibattito, era stata definita dalConsiglio di Stato “lacunosa e non chiara” ed è perciò stata, inmassima parte, stralciata.

(25) Anche sotto questo punto di vista il parere del Consi-glio di Stato era stato assai critico, avendo ricordato che l’in-tento della delega era quello di rendere il dibattito obbligatorioper tutte le opere originariamente previste in essa (e poi richia-mate al comma 1 dell’art. 22), senza operare alcuna sottodi-stinzione (come contraddittoriamente avvenuto al comma 2del medesimo art. 22).

(26) Art. 22, comma 1.(27) Lo sottolinea anche M. Bombardelli, Fra sospetto e par-

tecipazione: la duplice declinazione del principio di trasparenza,in Istituzioni del federalismo, 2013, 681.

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senza un interesse specifico, l’attività dell’ammini-strazione (28). Questa declinazione del principio ditrasparenza è però inapplicabile in casi, come quel-li dei procedimenti di localizzazione di grandi opere“sgradite”, in cui le informazioni non possono esse-re solo comunicate, ma debbono essere anche gestite,selezionandole, traducendone i contenuti più tec-nici e diffondendole in modo capillare. Non a caso,del resto, la prima contestazione che muove chi siritiene potenzialmente leso dalla costruzione diun’infrastruttura è che i decisori (facendo coincide-re in essi l’amministrazione e le imprese) detengo-no il monopolio dell’informazione, e che lo gesti-scono, con modalità top-down, solo per convincerei cittadini della bontà delle scelte che si vanno as-sumendo (29).Se le informazioni, come l’esperienza ha insegnato,non sono neutre, è allora evidente che l’imparziali-tà deve essere garantita da chi deve dirigere il flus-so informativo. Si tratta di un’affermazione appa-rentemente banale, che rimanda però all’aspettopiù critico della disciplina del dibattito pubblicoaccolta dal legislatore, e cioè al fatto che l’interaprocedura partecipativa è gestita da chi proponel’opera (30).Il funzionamento dei meccanismi di interlocuzionecon il territorio dipende, più di tutto, dalla capaci-tà di chi guida il confronto tra le parti di renderepalesi, prima dell’assunzione della decisione finale,i conflitti latenti intorno al progetto infrastruttura-le, in modo che questi non si manifestino dopol’assunzione della decisione finale. L’obiettivo pri-mario non è quindi di mediare tra cittadini, impresee amministrazioni, ma di svelare pacificamente leposizioni in campo, mostrando le priorità dei diver-si attori, per poi verificare se queste possono tra-sformarsi in maniera condivisa. Perché questo av-venga devono però ricorre due condizioni. Il con-fronto tra le parti deve essere amministrato da unorganismo formalmente e sostanzialmente terzo, in

grado di raccogliere la fiducia dei cittadini. In più,agli interessati deve essere garantita la possibilitàdi partecipare in un momento della procedura incui tutte le opzioni sono ancora aperte, inclusaquella di non realizzare l’infrastruttura propo-sta (31). Entrambe queste condizioni non sono ga-rantite nella normativa introdotta dal legislatore.Il dibattito pubblico non è condotto da una com-missione indipendente (come avviene nel modellofrancese) ma direttamente da chi propone l’opera,e nel momento in cui la procedura si attiva, cioènella fase di predisposizione del progetto prelimina-re, la programmazione dell’opera è già stata defini-ta (32). Non è improbabile, dunque, che i cittadinipossano finire per ritenere che l’apertura di questostrumento dialogico sia, di fatto, solo un escamotageche le istituzioni utilizzano per legittimare, ex post,una decisione già assunta, de-quotandone così ilvalore e l’efficacia (33).Quanto all’incertezza sulla reale portata che avràquesta tecnica di inclusione della voce dei cittadininei procedimenti di localizzazione di opere “sgradi-te”, non si può poi omettere di rilevare che anchela scelta di costruire il dibattito come un sub-pro-cedimento, i cui esiti si discutono in conferenzadei servizi, non è del tutto convincente. Intanto,appare incoerente gravare un modulo di coordina-mento tra livelli di governo dell’ulteriore e diversocompito di valutare i risultati di una procedura diconfronto tra cittadini, istituzioni e imprese. Que-sto anche considerando, che in sede di conferenzadei servizi, non è prevista la partecipazione attivadei privati, e che pertanto la stessa amministrazio-ne proponente l’opera dovrebbe farsi portavoce diposizioni eventualmente lontane da quelle che essastessa sosterebbe o che sosteneva originariamen-te (34). Infine, anche non concentrandosi sul pro-filo dell’aggravio procedimentale, non si può esclu-dere che, innestando la fase conclusiva del dibatti-to pubblico nella conferenza dei servizi, si potrebbe

(28) Impostazione che pare essere oggi confermata anchedal c.d. “Freedom Information Act” introdotto con decreto del-la Presidenza del Consiglio del 17 maggio 2016, in attuazionedel L. n. 7 del 2015 di riforma della pubblica amministrazione.

(29) Su tale uso strumentale dell’informazione nel contestodel ricorso a strumenti partecipativi, B. Damagard - J.M. Le-wis, Accountability and Citizen Participation, in M. Bovens -R.E. Godin - T. Schillemans (a cura di), The Oxford Handbookof Public Accountability, Oxford, 2014, 264.

(30) Art. 22, comma 3. Così determinando probabilmenteche anche i costi del dibattito saranno addossati all’ammini-strazione.

(31) Sull’importanza della neutralità, non solo formale maanche sostanziale, di chi guida la partecipazione, e sull’impos-sibilità di mettere a dibattito solo il “come” realizzare un’opera

e non anche il “se” costruirla, J. Lolive, Les contestations duTgv mediterranée: projet, controverse et espace public, Paris,1999, 109 ss.

(32) Art. 23, comma 5, D.Lgs. n. 50/2016.(33) Per verificare questa ipotesi sarà ovviamente necessa-

rio attendere le prime applicazioni dell’istituto.(34) Nel schema di decreto attuativo di riforma della confe-

renza dei servizi, approvato nel gennaio 2016, è previsto che iprivati interessati ai lavori della conferenza non possano esserepresenti neppure come osservatori senza voto (come avvenivanella previgente formulazione dell’art. 14 ter, comma 2 bis, L.n. 241/1990). Al riguardo, L. Carbonara, La nuova conferenzadei servizi: la complessa ricerca della semplificazione, tra com-posizione degli interessi e celerità decisionale, in corso di pub-blicazione in Giustamm., 2016.

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generare una fonte aggiuntiva di contenzioso. Ladeterminazione conclusiva della conferenza, chenella prossima formulazione dell’istituto dovrebbesostituire gli atti di assenso dell’amministrazione, siesporrebbe infatti al rischio di impugnazione ancheper la mancata o incompleta applicazione della di-sciplina sulla partecipazione degli interessati che,almeno al momento e nelle sue linee essenziali, èfortemente generica, se non proprio lacunosa.

Il “terreno pieno di mine” dellapartecipazione

Oltre venticinque fa, Mario Nigro, commentandole previsioni dell’art. 13 della L. n. 241 del 1990,lamentava che, senza una cornice di regole condi-vise sulla partecipazione all’attività amministrativagenerale, non sarebbe stato agevole costruire unequilibrato rapporto tra i pubblici poteri e i cittadi-ni (35). Difficilmente si potrebbe dire che questaintuizione non fosse corretta.L’assenza di una disciplina compiuta sul coinvolgi-mento dei cittadini alle scelte di interesse comuneha effettivamente rallentato il processo di forma-zione di una autentica cultura della partecipazioneamministrativa, la cui pratica è rimasta confinataessenzialmente alla dimensione locale e declinatain chiave quasi sempre difensiva e oppositiva (36).L’introduzione del dibattito pubblico potrebbedunque offrire la prima vera occasione per coltiva-

re una dimensione relazionale più matura tra i cit-tadini e i decisori, aiutando questi ultimi a usciredalla “cittadella tecnocratica” in cui, con esiti infe-lici, tendono ad arroccarsi quando si tratta di assu-mere scelte controverse quali quelle relative allalocalizzazione di infrastrutture invasive (37).È chiaro che, come è emerso da questa prima ana-lisi, l’impostazione assunta dal legislatore risenteancora molto del tradizionale timore che l’aperturademocratica dei processi decisionali pubblici possaincidere negativamente sul buon andamento del-l’amministrazione (38). Lo dimostra l’aver costruitol’istituto come una parentesi procedimentale chel’amministrazione stessa gestisce nell’ambito deldialogo interistituzionale e, ancora di più, l’aver ti-midamente disciplinato questa tecnica partecipati-va in una disposizione isolata nel Codice degli ap-palti e non in una normativa, più ampia, sull’ascol-to e sull’inclusione della voce dei cittadini nelledecisioni pubbliche.Poiché però solo uno strumento che è positiva-mente previsto nell’ordinamento può essere mi-gliorato, l’ingresso del dibattito pubblico in Italiasegna, in ogni caso, un passo in avanti nell’esplo-razione del “territorio pieno di mine” della parte-cipazione (39). L’auspicio è quindi che l’esplora-zione prosegua, in modo sempre più convinto, giàa partire dall’adozione del decreto attuativo dell’i-stituto.

I contratti pubblici concernenti i beni culturalidi Francesco G. Albisinni

La nuova disciplina degli appalti concernenti i beni culturali, di cui al “Codice degli appalti pub-blici e dei contratti di concessione” (D.Lgs. n. 50 del 2016), si caratterizza per il riordino e lasemplificazione delle norme previgenti. Il quadro normativo speciale mostra tendenze ambiva-lenti, sia verso una maggiore riconduzione nell’alveo della disciplina comune degli appalti pub-blici rispetto al passato, sia verso l’affermazione di accentuati profili di specialità. In ogni caso, ènecessario attendere i previsti atti di esecuzione per verificare come i principi enunciati nellenorme troveranno compiuta attuazione.

(35) In questo senso, M. Nigro, Il procedimento amministra-tivo tra inerzia legislativa e trasformazioni dell’amministrazione (aproposito di un recente disegno di legge), in Dir. proc. amm.,1989, 13. Diverso sarebbe stato se fosse stato approvato il te-sto elaborato dalla Commissione Nigro che prevedeva l’istrut-toria pubblica per le scelte incidenti sul territorio già nella leg-ge generale sul procedimento.

(36) Per un’analisi ampia dell’applicazione, in diversi campi,delle garanzie partecipative per i privati, G. Pizzanelli, La parte-cipazione dei privati alle decisioni pubbliche, Milano, 2010 e M.Cocconi, La partecipazione all’attività amministrativa generale,

Padova, 2010.(37) La suggestiva descrizione dei decisori come arroccati

in una “cittadella tecnocratica” è utilizzata da M. Roccato - T.Mannarini, Non nel mio giardino. Prendere sul serio i movimentiNimby, Bologna, 2012, 32 ss.

(38) Sul conflitto tra partecipazione e buon andamento, an-cora S. Cassese, La partecipazione dei privati alle decisioni pub-bliche, cit., 13 ss.

(39) L’idea che la partecipazione sia un “fiorito sentiero chegirovaghi in un terreno minato”, come noto, si deve a M. Ni-gro, Il nodo della partecipazione, in Riv. proc. civ., 1980, 226.

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Le novità introdotte dal Codice

La complessa operazione di riforma che ha interes-sato il settore dei contratti pubblici in conseguenzadella delega operata dal legislatore non ha riguar-dato solamente il recepimento delle tre recenti di-rettive europee, ma comprendeva altresì il riordinodella disciplina vigente in materia di contratti pub-blici (1). La riforma delle disposizioni relative agliappalti dei beni culturali (2) si inscrive in questaseconda finalità della delega, atteso che il dirittoeuropeo non ha reso indicazioni in riferimento aquesto specifico settore. Le disposizioni relativeagli “appalti nel settore dei beni culturali” (3) si ca-ratterizzano, rispetto alla disciplina previgente, perun’accentuata semplificazione, e mostrano una ten-denza ambivalente: se per un verso vengono rimar-cati alcuni profili di specialità (4), per l’altro si re-gistra, al tempo stesso, una maggiore riconduzionenell’alveo della disciplina comune dei contrattipubblici, così come disegnata dal Codice.È espressione di questa seconda linea di tendenzala norma (5), che definisce l’ambito di applicazionee la disciplina comune applicabile. La disposizionesi presenta innanzitutto più sintetica rispetto alpassato, operando un generale riferimento ai con-tratti pubblici concernenti i beni culturali tutelatiai sensi del Codice dei beni culturali e del paesag-gio (6) ed agli scavi archeologici, anche subacquei,mentre in precedenza ci si riferiva agli appalti dilavori pubblici concernenti i beni mobili e immo-bili e gli interventi sugli elementi architettonici esulle superfici decorate di beni del patrimonio cul-turale, sottoposti alle disposizioni di tutela del Co-dice di settore (7). Il riferimento alle disposizionicomuni del Codice, inoltre, è generalizzato, ed essetrovano applicazione “per quanto non diversamen-

te disposto nel presente capo”, mentre in prece-denza veniva effettuato un richiamo più puntualealle parti del D.Lgs. n. 163 del 2006 applicabili, inquanto non derogate e ove compatibili, anche aquesta tipologia di appalti.Per quanto riguarda il regime di qualificazione de-gli operatori, si conferma il profilo di specialità del-la disciplina, in ragione della non replicabilità del-le competenze coinvolte e dell’assoluta importanzache esso assume per una corretta tutela dei beniculturali (8). Rispetto alla disciplina previgente,viene esplicitato nella norma primaria il parametrodell’adeguatezza delle competenze possedute daglioperatori, oltre che la loro necessaria specificità.Le indicazioni normative troveranno puntuale defi-nizione in un successivo provvedimento attuativoche - coerentemente con l’architettura del nuovoCodice, che non prevede un generale regolamentodi esecuzione - è stato individuato in un appositodecreto interministeriale (9). A questo atto vienedemandata la definizione dei requisiti di qualifica-zione dei direttori tecnici e degli esecutori dei la-vori sui beni culturali e delle modalità di verificaai fini dell’attestazione. Tali requisiti dovranno inqualche misura combinarsi con le previsioni delleLinee Guida ANAC, da emanarsi ai sensi dell’art.83, comma 2, del Codice, che disciplineranno i re-quisiti di qualificazione “ordinari”: dall’interazionetra i due provvedimenti scaturirà la complessiva di-sciplina applicabile agli operatori economici delsettore. In ogni caso l’art. 146, comma 4, del Codi-ce ha previsto che, nel caso di lavori riguardantibeni culturali mobili, superfici decorate di beni ar-chitettonici e materiali storicizzati di beni immobi-li di interesse storico artistico o archeologico, il di-rettore tecnico dell’operatore economico incaricato

(1) V. L. Torchia, La nuova direttiva europea in materia di ap-palti servizi e forniture nei settori ordinari, Relazione per il 61°Convegno di Studi Amministrativi su “La nuova disciplina deicontratti pubblici fra esigenze di semplificazione, rilancio dell’e-conomia e contrasto alla corruzione”, Varenna 17-19 settembre2015, 21, in www.irpa.eu.

(2) Art. 1, comma 1, lett. o), L. 28 gennaio 2016, n. 11, checosì dispone: “riordino e semplificazione della normativa spe-cifica in materia di contratti relativi a beni culturali, ivi inclusiquelli di sponsorizzazione, anche tenendo conto della partico-lare natura di quei beni e delle peculiarità delle tipologie degliinterventi, prevedendo altresì modalità innovative per le proce-dure di appalto relative a lavori, servizi e forniture e di conces-sione di servizi, comunque nel rispetto delle disposizioni di tu-tela previste dal codice dei beni culturali e del paesaggio, dicui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e garantendola trasparenza e la pubblicità degli atti”.

(3) Questo il titolo del Capo III, Titolo VI, Parte II, del Codice.(4) Si pensi all’esclusione, per questa tipologia di appalti,

del ricorso all’istituto dell’avvalimento, su cui v. infra.(5) V. art. 145 del Codice.(6) D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42.(7) V. art. 197, D.Lgs. n. 163/2006.(8) P. Carpentieri - P. Ungari, I contratti relativi ai beni cultu-

rali, in R. De Nictolis - R. Garofoli - M.A. Sandulli (a cura di),Trattato sui contratti pubblici, Milano, 2008, 4, 3021, chiarisco-no che “la qualificazione degli esecutori assume nel settoredegli interventi su beni culturali un’importanza strategica, perla intrinseca limitata prevedibilità degli effetti dell’intervento, ilconseguente maggior spazio lasciato alle valutazioni deglioperatori e la circostanza che una esecuzione difforme rispettoal progetto ... può comportare il deterioramento o la perditadei valori culturali da tutelare, vale a dire un danno irreversibi-le”.

(9) Che dovrà adottare, entro sei mesi dall’entrata in vigoredel Codice, il Ministro dei beni e delle attività culturali e del tu-rismo, di concerto con il Ministro delle Infrastrutture e dei Tra-sporti.

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degli interventi di cui all’art. 147, comma 2, secon-do periodo, debba comunque possedere la qualificadi restauratore di beni culturali.Tra le principali novità introdotte, deve segnalarsiche, per gli appalti concernenti beni culturali escavi archeologici, non trova applicazione l’istitutodell’avvalimento, che, nell’ambito del previgentequadro normativo, era stato invece consideratopienamente compatibile con la disciplina speciale,anche dalla giurisprudenza (10). La nuova previsio-ne segna una netta discontinuità con il passato. IlConsiglio di Stato, esprimendo il proprio pareresullo schema di decreto legislativo (11), ha chiaritoche questa eccezione non determina il mancato ri-spetto della normativa europea, in quanto “[i]l goldplating nella disciplina degli appalti relativi a beniculturali, laddove si vieta l’avvalimento, viene giu-stificata nello stesso art. 146 codice con il richiamoall’art. 36 TFUE. Si tratta di giustificazione plausi-bile attesa la specificità del settore, riconosciutanello stesso art. 36 TFUE citato.” L’“eccezione cul-turale”, prevista dall’art. 36 del Trattato sul Funzio-namento dell’UE (12), dunque giustifica tale dero-ga: la stessa Corte di Giustizia ha riconosciuto chela protezione del patrimonio storico ed artistico siconfigura quale esigenza di carattere imperativo,che permette una deroga alle disposizioni euro-pee (13).Innovazioni rilevanti si registrano anche in riferi-mento alla disciplina dei livelli e dei contenuti del-la progettazione. Il Codice ha introdotto, in lineagenerale, l’obbligo per le stazioni appaltanti di pre-disporre un progetto di fattibilità, che si sostituisce(pur differenziandosene quanto ai contenuti) allaprogettazione preliminare (14), e che è previstodunque anche per questa tipologia di appalti. Il le-gislatore ha inoltre accentuato i profili della con-servazione programmata (15), in ossequio all’art.

29 del Codice di settore, che deve caratterizzaretutti gli interventi sui beni culturali. È stata perciòintrodotta, ampliando sul punto quanto previstodalla previgente disciplina, la previsione generaliz-zata, per i lavori sui beni culturali, della redazionedi una scheda tecnica, da parte di professionistiqualificati, che individua le caratteristiche del be-ne oggetto dell’intervento. Altro importante ele-mento di discontinuità è costituito dal livello diprogettazione richiesto per avviare una proceduradi appalto. L’art. 203 del D.Lgs. n. 163 del 2006prevedeva che di regola l’affidamento di lavori suibeni culturali venisse disposto sulla base di un pro-getto definitivo. Nel nuovo Codice è stata intro-dotta una disposizione di carattere generale, vale-vole anche per il settore dei beni culturali, che im-pone di procedere all’affidamento sulla base del li-vello di progettazione esecutiva. La norma potreb-be causare non poche disfunzionalità in questo set-tore, anche per le caratteristiche intrinseche dei la-vori sui beni culturali (ed, in particolare, per gliscavi archeologici), che non sempre rendono possi-bile definire in via preventiva, nel dettaglio, glielementi della progettazione. La disposizione, pe-raltro, fa salva l’integrazione della progettazione incorso d’opera (16), esplicitando un rinvio al princi-pio dell’aderenza dinamica (17), che sembrerebbefar salva, ricorrenti i presupposti previsti dalla leg-ge, procedere all’affidamento anche prima dell’ela-borazione della progettazione esecutiva.Viene ribadito l’obbligo di affidare disgiuntamentei lavori sui beni culturali da quelli afferenti ad altrecategorie di opere generali e speciali, salve esigenzeeccezionali, che rendano necessario il ricorso all’af-fidamento congiunto. Al divieto, già previsto dallaprevigente disciplina, è stata aggiunta la specifica-zione circa l’impossibilità, per le stazioni appaltan-ti, di motivare l’affidamento congiunto sulla base

(10) V. T.A.R. Veneto, Sez. I, 6 novembre 2008, n. 3451.(11) Adunanza della Commissione speciale del 21 marzo

2016.(12) “Le disposizioni degli articoli 34 e 35 lasciano impre-

giudicati i divieti o restrizioni all’importazione, all’esportazionee al transito giustificati da motivi (...) di protezione del patrimo-nio artistico, storico o archeologico nazionale (...)”.

(13) V. CGCE 26 febbraio 1991, C-180/89, Commissione c.Repubblica italiana, punto 20.

(14) V. art. 23 del Codice.(15) V. G. Urbani, Premessa del progetto esecutivo. Piano pi-

lota per la conservazione programmata dei beni culturali del-l’Umbria, pubblicato in B. Zanardi (a cura di), Giovanni Urbani.Intorno al restauro, Skira, 2000, 103-105, che così definisce(104) la conservazione programmata: “Una tecnica (...) di ne-cessità rivolta prima che verso i singoli beni, verso l’ambienteche li contiene e dal quale provengono tutte le possibili causedel loro deterioramento. Suo obiettivo è pertanto il controllo di

tali cause, per rallentare quanto più possibile la velocità deiprocessi di deterioramento, intervenendo, in pari tempo e senecessario, con trattamenti manutentivi appropriati ai vari tipidi materiali.”.

(16) Art. 147, comma 5, del Codice: “Qualora il responsabi-le unico del procedimento accerti che la natura e le caratteri-stiche del bene, ovvero il suo stato di conservazione, sono talida non consentire l’esecuzione di analisi e rilievi esaustivi o co-munque presentino soluzioni determinabili solo in corso d’ope-ra, può prevedere l’integrazione della progettazione in corsod’opera, il cui eventuale costo deve trovare corrispondente co-pertura nel quadro economico.”.

(17) P. Carpentieri - P. Ungari, op. cit., 3062, 3074, secondocui l’aderenza dinamica della progettazione consiste nella “esi-genza di flessibilità e di un suo costante legame con lo svolgi-mento del lavoro, secondo una metodologia di lavoro progres-sivo”, e rappresenta “un carattere saliente della specialità dellamateria dei lavori pubblici su beni culturali”.

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di ragioni relative alla sicurezza dei luoghi di lavorodi cui al D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81. L’esperienzaha dimostrato che, in numerose occasioni, tale mo-tivazione avrebbe potuto trasformarsi in petizionedi principio, insuperabile, vanificando il divietostabilito dalla norma. Tale divieto, peraltro, è statoconsiderato non assoluto dalla giurisprudenza, chene ha disposto in alcuni casi il superamento (18).La nuova disciplina pertanto, che si esprime in ter-mini ancora più netti, costituisce un importantebanco di prova, per verificare la tenuta del princi-pio che essa esprime.Con riferimento alle varianti, viene confermato ildisposto dell’art. 205 del D.Lgs. n. 163 del 2006.Non vengono pertanto considerate tali quelle cheinvestono aspetti di dettaglio, o necessarie per unpericolo di danneggiamento o deterioramento deibeni tutelati, che non modificano qualitativamentel’opera e che non superino una variazione percen-tuale complessiva dell’importo dell’appalto del10% (e del 20% per singola categoria di lavorazio-ne).Anche la norma sul collaudo conferma il principiogià espresso dal regolamento di esecuzione del Co-dice previgente, in base al quale “per opere e lavorirelativi a beni di cui al presente titolo è obbligato-rio il collaudo in corso d’opera, sempre che nonsussistano le condizioni per il rilascio del certificatodi regolare esecuzione” (19), ed è stata riprodottacon formulazione quasi identica. Gli aspetti di det-taglio concernenti il collaudo sono rimessi al de-creto interministeriale di cui all’art. 146, comma 4,che dovrà presumibilmente dettare, tra gli altriaspetti, specifiche disposizioni circa la necessariaappartenenza, all’organo di collaudo, di soggettiqualificati e specializzati in relazione alla peculiarenatura del bene culturale oggetto di intervento. Sisegnala inoltre che l’art. 102 del nuovo Codice -nel disciplinare in via generale il collaudo - preve-de che al termine dei lavori sia redatto, per i benidel patrimonio culturale, uno specifico consuntivopredisposto dal direttore dei lavori o (nel caso diinterventi su beni culturali mobili, superfici deco-rate di beni architettonici e a materiali storicizzatidi beni culturali immobili) da restauratori di beniculturali.

Il Codice prevede, infine, un regime transitoriodelle norme di attuazione, che si fonda sul regimedi “cedevolezza” congegnato all’art. 216. Ai sensidell’art. 216, comma 4, le disposizioni di cui allaParte II, Titolo XI, Capi I e II, del d.P.R. n. 207del 2010 continuano ad applicarsi, fino all’emana-zione del decreto attuativo di cui all’art. 23, com-ma 3, del nuovo Codice (che disciplina i livelli diprogettazione), mentre - con un parziale difetto dicoordinamento - il comma 19 stabilisce che gliartt. 248 e 251 del regolamento di esecuzione del2010 continuano ad applicarsi fino all’emanazionedel decreto attuativo di cui all’art. 146, comma 4,del Codice.

I contratti di sponsorizzazione relativi aibeni culturali e le forme speciali dipartenariato

Merita un esame a sé stante la disciplina dei con-tratti di sponsorizzazione relativi ai beni cultura-li (20). Si tratta infatti dell’ambito ove si registranole innovazioni maggiori: il nuovo Codice ha deter-minato una significativa semplificazione per l’ac-quisizione di sponsor per interventi di tutela e va-lorizzazione dei beni culturali, in attuazione di unospecifico criterio direttivo contenuto nella leggedelega.La disciplina previgente (21), infatti, non ha godu-to di grande fortuna - in riferimento al profilo dellasua attuazione - ed è rimasta, di fatto, quasi del tut-to inapplicata (22).La nuova norma traccia un quadro disciplinaresemplificato, che impone il rispetto delle normesulla qualificazione degli operatori e sull’affidamen-to, ma che deroga invece per quanto riguarda laprocedura di scelta del contraente.L’istituto è regolato, in linea generale, all’art. 19 e,con riferimento specifico agli interventi relativi aibeni culturali, all’art. 151.In caso di importi superiori a euro 40.000, l’affida-mento dei contratti di sponsorizzazione “pura” (chesi realizzano mediante erogazione di denaro, accol-lo del debito o altre modalità di assunzione del pa-gamento dei corrispettivi dovuti) è precedutoesclusivamente dalla previa pubblicazione sul sito

(18) V. Cons. Stato, Sez. IV, 6 dicembre 2011, n. 6414.(19) V. art. 251, comma 1, d.P.R. n. 207 del 2010.(20) Sulla sponsorizzazione dei beni culturali, v. R. Chieppa,

Il nuovo regime delle erogazioni liberali e delle sponsorizzazioni:il settore dei beni culturali e l’intervento delle fondazioni, in Ae-don, n. 2/2013.

(21) Si trattava della procedura introdotta nel 2012 dall’art.

20 del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, che aveva aggiunto l’art. 199bis del previgente codice degli appalti pubblici.

(22) Segnalava una serie di possibili criticità S. Casciu, Il te-ma delle sponsorizzazioni/erogazioni liberali visto dalla parte del-le Soprintendenze: difficoltà, equivoci, burocrazia, mentalità, inAedon, n. 2/2013.

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istituzionale dell’amministrazione, per almenotrenta giorni, di un apposito avviso di ricerca disponsor, oppure di avvenuto ricevimento di unaproposta di sponsorizzazione, al quale si accompa-gna l’indicazione sintetica del contenuto negoziale.Trascorso tale termine l’amministrazione può pro-cedere alla stipula del contratto nel rispetto deiprincipi di imparzialità e parità di trattamento fragli operatori che hanno manifestato interesse, fer-mo restando il rispetto dell’art. 80 del Codice degliappalti in ordine alla verifica del possesso, da partedello sponsor, dei requisiti generali “morali” costi-tuenti condizione generale per stipulare con lapubblica amministrazione. Si ammette dunque inlinea generale l’iniziativa dello sponsor privato,che potrà pertanto indicare direttamente di suainiziativa il contenuto della sponsorizzazione, an-che con riferimento al bene culturale, all’interven-to da realizzare e all’entità del finanziamento. Re-sta tuttavia fermo e sempre possibile lo svolgimen-to di un ruolo “attivo” dell’amministrazione nellaricerca di sponsor, che potrà anche basarsi su (econfluire ne) gli atti di programmazione.Il comma 2 dell’art. 19 precisa che nel caso disponsorizzazione “tecnica”, ipotesi in cui lo sponsorintenda realizzare lavori, servizi o forniture a suacura e spese, non si applica la normativa sui con-tratti pubblici, a eccezione delle norme che stabili-scono la qualificazione dei progettisti e degli esecu-tori. Benché la norma non lo specifichi, si ritieneche la stessa procedura semplificata (di cui al com-ma 1) prevista per la sponsorizzazione pura sia ap-plicabile anche alla sponsorizzazione tecnica, fermarestando la necessità di avvalersi di personale qua-lificato, oltre che in possesso dei requisiti soggettivie morali richiesti per contrattare con la pubblicaamministrazione.La disciplina appena esaminata si estende anche,ai sensi del rinvio operato dall’art. 151, comma 1,ai contratti di sponsorizzazione di lavori, servizi eforniture relativi a beni culturali, nonché ai con-tratti di sponsorizzazione finalizzati al sostegno de-gli istituti e luoghi della cultura contemplati dal-l’art. 101 del Codice di settore, delle fondazioni li-rico-sinfoniche e dei teatri di tradizione. In questiultimi casi il codice estende la procedura anche aipotesi che potrebbero non rientrare strettamentenell’ambito di interventi o iniziative su beni cultu-rali, intesi in senso tradizionale, ma che evidente-

mente possono suscitare un alto grado di interessetra gli operatori.Si conferma, anche nel nuovo quadro disciplinare,il ruolo di tutela e vigilanza dell’amministrazionein ordine alla progettazione e alla esecuzione degliinterventi, connesso alla funzione istituzionale cheil legislatore attribuisce al Ministero dei beni e del-le attività culturali e del turismo (23).La norma prevede, infine, l’istituzione forme spe-ciali di partenariato, che il Ministero dei beni edelle attività culturali e del turismo può attivare,sia con enti ed organismi pubblici che con soggettiprivati, a fini di fruizione e ricerca scientifica, chepossono dar luogo ad interventi di recupero, re-stauro, manutenzione, gestione e valorizzazione dibeni culturali immobili. Spesso infatti, nella prati-ca, si è dato vita a rapporti di durata, che vanno aldi là del mero partenariato di tipo contrattuale, manon pervengono a una forma di vera e propria isti-tuzionalizzazione, come accade nel caso in cui sidia luogo alla creazione di fondazioni o associazionicon la finalità di gestione di siti culturali, e che re-clamavano uno specifico riconoscimento e una piùsicura base giuridica, che potrebbe essere offerta daquesta apposita disposizione.

La verifica preventiva dell’interessearcheologico

Occorre dare conto, infine, della disciplina dellaverifica preventiva dell’interesse archeologico, che- seppur contenuta nel Titolo III della Parte I delCodice, relativa alla progettazione - costituisce unprofilo molto rilevante della disciplina relativa aibeni culturali. L’art. 25, che riproduce in larga par-te i contenuti delle due disposizioni previgenti, eche regola la procedura da seguire quando, in casodi realizzazione di lavori pubblici ricadenti in areedi interesse archeologico, devono essere eseguitisaggi archeologici preventivi sulle aree interessateda tali lavori, si segnala per alcuni profili di novità.In primo luogo, è stato ridotto il termine entro cuiil soprintendente competente può richiedere, sullabase degli elementi trasmessi dalle stazioni appal-tanti e delle ulteriori informazioni disponibili, lasottoposizione dell’intervento alla procedura di ve-rifica preventiva di interesse archeologico, inquanto ravvisi l’esistenza di un interesse archeolo-gico nelle aree oggetto di progettazione (24).

(23) L’art. 151, comma 2, infatti, prevede che “L’ammini-strazione preposta alla tutela dei beni culturali impartisce op-portune prescrizioni in ordine alla progettazione, all’esecuzione

delle opere e/o forniture e alla direzione dei lavori e collaudodegli stessi”.

(24) A tale riguardo, il Consiglio di Stato, nel proprio parere,

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È stata poi prevista, sopperendo ad una mancanzadella disciplina previgente, la necessità di definireun termine entro cui concludere l’esecuzione delleoperazioni di verifica archeologica preventiva. Ilcomma 9 stabilisce infatti che “La procedura siconclude in un termine predeterminato dal soprin-tendente in relazione all’estensione dell’area inte-ressata”. Sulla disposizione tuttavia il Consiglio diStato si è espresso, nel proprio parere, in terminicritici, a causa del parametro elastico utilizzato perla definizione del termine (che deve essere “prede-terminato in relazione all’estensione dell’area”) eche viene, peraltro, stabilito unilateralmente dalsoprintendente.Con riferimento ai provvedimenti attuativi delladisciplina, è stato eliminato il riferimento alla de-finizione linee guida “finalizzate ad assicurare spe-ditezza, efficienza ed efficacia alla procedu-ra” (25), e sostituito con l’individuazione di “pro-cedimenti semplificati, con termini certi che ga-rantiscano la tutela del patrimonio archeologicotenendo conto dell’interesse pubblico sotteso allarealizzazione dell’opera.”. Non appare del tuttochiaro il senso di tale sostituzione, atteso che nonsi avrebbe, in questo modo, una procedura “ordi-naria” di tale istituto, circostanza che determine-rebbe, peraltro, la mancanza dello stesso parame-tro di riferimento per la definizione delle proce-dure semplificate.

Conclusioni

La nuova disciplina degli appalti dei beni culturalisi caratterizza, come osservato in precedenza, per lasua ambivalenza: si assiste infatti ad un tentativodi ricondurre le disposizioni relative ai beni cultu-rali nell’ambito della disciplina comune, ed al con-tempo vengono affermati con forza alcuni caratterispeciali.A questo proposito, le norme pongono importantipetizioni di principio, coerenti con la specialità delsettore. Un ruolo decisivo, in questo senso, saràsvolto dalla disciplina di attuazione. Al decreto in-terministeriale di cui all’art. 146, comma 4, delCodice, viene infatti demandato: di definire i re-quisiti di qualificazione dei direttori tecnici e degliesecutori dei lavori e le modalità di verifica delpossesso di tali requisiti; di stabilire i livelli e i con-tenuti della progettazione dei lavori sui beni cultu-rali, ivi inclusi gli scavi archeologici, nonché i ruo-li e le competenze dei soggetti incaricati delle atti-vità di progettazione, direzione dei lavori e collau-do; di individuare i particolari tipi di intervento inrelazione ai quali è consentita l’esecuzione dei la-vori di somma urgenza sui beni culturali; di elabo-rare specifiche disposizioni concernenti il collaudo.È necessario perciò attendere l’emanazione di taledecreto, prima di poter esprimere un giudizio defi-nitivo circa gli effetti delle nuove norme, ancheper verificare in che modo i principi enunciati nel-le disposizioni primarie troveranno compiuta attua-zione.

Le forme di tutela nel nuovo Codicedi Claudio Contessa

Il contributo descrive il contenuto essenziale della Parte VI - Titolo I (“Contenzioso”) del nuovo“Codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione” (artt. 204-211).Per quanto riguarda la polimorfa categoria delle Alternative Dispute Resolution il nuovo Codice(che peraltro prende in parte qua le mosse da una delega di mera razionalizzazione del quadronormativo esistente) non ha aggiunto significativi elementi di novità rispetto al previgenteD.Lgs. n. 163/2006.Un’attenzione particolare viene comunque dedicata, nell’ambito del contributo, alla riformulatadisciplina dei pareri di precontenzioso dell’ANAC.La parte finale del contributo viene dedicata al nuovo rito speciale anticipato e accelerato in te-ma di ammissioni ed esclusioni dalle pubbliche gare (art. 204) di cui vengono scrutinate le carat-teristiche principali e i profili di possibile criticità anche sotto il versante costituzionale.

ha osservato che “[p]ur comprendendosi le ragioni accelerato-rie, il nuovo termine può risultare in concreto troppo breveavuto riguardo alla capacità operativa attuale delle Soprinten-

denze alle belle arti, e al pregio del patrimonio archeologicoitaliano.”.

(25) Così art. 96, comma 6, D.Lgs. n. 163/2006.

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Aspetti generali della questione

Il nuovo “Codice degli appalti pubblici e dei con-tratti di concessione” dedica l’intero Titolo I dellaParte VI al generale (e invero di difficile collocabi-lità sistematica) tema del “Contenzioso”.Il Titolo in questione si articola a sua volta in dueCapi: il primo (che si esaurisce nel solo art. 204)dedicato alla materia dei ricorsi giurisdizionali; il se-condo (che comprende gli artt. da 205 a 211) dedi-cato alla polimorfa categoria dei rimedi alternativialla tutela giurisdizionale (1).La scelta normativa in tal modo operata (al di làdelle intuibili ragioni di accorpamento normativoche sembrano averla ispirata) non appare del tuttocoerente sia perché essa sembra ricondurre la varie-gata figura delle ADR alla tematica del contenzio-so in quanto tale (in tal modo facendo venir menolo stesso carattere di alternatività che dovrebbe ca-ratterizzare la figura, determinando altresì una sortadi ossimoro), sia perché appare ben difficile ricon-durre alcuni degli istituti disciplinati tanto alla ma-teria contenziosa, quanto a quella delle ADR insenso proprio (ci si riferisce, in particolare, allanuova figura del collegio consultivo tecnico - art.207 - che non è volta alla risoluzione di una con-troversia, ma - più a monte - a prevenire la stessapossibilità che, in fase esecutiva, possano insorgerefra le parti “dispute di ogni natura” (2)).Nelle pagine che seguono si esamineranno distin-tamente le principali novità normative inerenticiascuno dei (due) macro-settori in esame.

Le forme di ADR nel nuovo “Codice”: unaveduta d’insieme

I caratteri di fondo della nuova disciplina codicisti-ca in tema di razionalizzazione del sistema delleADR (3) sono rinvenibili nell’ambito del criteriodi delega aaa) della L. 28 gennaio 2016, n. 11.In particolare, la legge di delega ha demandato alGoverno - inter alia - il compito di procedere “[alla]razionalizzazione dei metodi di risoluzione delle

controversie alternativi al rimedio giurisdizionale,anche in materia di esecuzione del contratto, disci-plinando il ricorso alle procedure arbitrali al finedi escludere il ricorso a procedure diverse da quelleamministrate, garantire la trasparenza, la celerità el’economicità e assicurare il possesso dei requisitidi integrità, imparzialità e responsabilità degli arbi-tri e degli eventuali ausiliari”.La formulazione invero non perspicua della leggedi delega ha suscitato fra i primi osservatori in par-ticolare due dubbi: i) se l’aver riferito l’emanandointervento al mero ambito della razionalizzazionedei metodi di risoluzione comportasse una preclu-sione all’introduzione di nuove forme di ADR; ii) sel’aver fatto riferimento a modalità di Alternative Di-spute Resolution anche in materia di esecuzione delcontratto stesse a significare (secondo un ragiona-mento a contrario) che il legislatore della delegaammettesse forme di ADR anche relative alla fasepubblicistica dell’aggiudicazione.Ebbene, quanto al primo aspetto gli estensori deldecreto delegato non sembrano aver tenuto in par-ticolare considerazione i dubbi sistematici postidalla formulazione del criterio di delega aaa) ehanno dato ingresso nel nuovo testo a forme diADR certamente sconosciute all’esperienza nazio-nale pregressa (sul punto cfr. amplius infra).Per quanto riguarda invece il secondo aspetto, nel-la stesura del decreto delegato si è tenuta sostan-zialmente in non cale l’indicazione apparentemen-te desumibile dal testo della delega e si è perpetua-ta la pregressa scelta normativa di limitare l’ambitodelle ADR alla sola fase dell’esecuzione del con-tratto.Si tratta, del resto, della riproposizione di un mo-dello concettuale che tradizionalmente postulal’incompatibilità fra le vicende di matrice pubblici-stica e il ricorso a forme di ADR, stante il tipicocarattere di indisponibilità dell’interesse pubblicosotteso a tali vicende (4).Qui di seguito si esamineranno (con la necessariasintesi imposta dai limiti dimensionali del presente

(1) Per una disamina puntuale in ordine alle disposizioni quirichiamate sia consentito rinviare a C. Contessa, Commentoagli articoli, in C. Contessa - D. Crocco (a cura di), Codice degliappalti e delle concessioni commentato articolo per articolo, Ro-ma, 2016, 632, ss. Sul punto v. anche R. De Nictolis, Il nuovocodice dei contratti pubblici, in: Urb. e app., 5/2016; M. Lipari,La tutela giurisdizionale e precontenziosa nel nuovo codice deicontratti pubblici, in: www.federalismi.it.

(2) In tal senso il comma 1 dell’art. 207.(3) Sul tema delle forme di Alternative Dispute Resolution

utilizzabili in ambito pubblicistico, v. M. Giovannini, Ammini-

strazioni pubbliche e risoluzione alternativa delle controversie,Bologna, 2007, passim.

(4) Sul punto, v. E. Picozza - L. Cappello, Diritto processualedell’economia, in: E. Picozza - V. Ricciuto (a cura di), Diritto del-l’economia, Torino, 2013, 360, ss. Gli AA. propongono un mo-dello nel cui ambito la possibilità di risolvere attraverso ADR lequestioni di interesse pubblicistico resti esclusa unicamentenel caso degli interessi legittimi indisponibili, “nei quali è piutto-sto indisponibile l’elemento dell’interesse pubblico specificoconcreto ed attuale”.

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contributo) alcuni dei principali aspetti della disci-plina recata dagli artt. 205-2011 del nuovo “Codi-ce”.Dal punto di vista generale si osserva che il D.Lgs.n. 50 del 2016:- per un verso riprende in larga parte gli istituti giàdisciplinati dal previgente “Codice” (ci si riferisce,in particolare, alle figure della transazione, dell’ac-cordo bonario e dell’arbitrato, alle quali peraltrosono state apportate modifiche di apprezzabile rilie-vo);- per altro verso introduce una figura davvero in-novativa (il Collegio consultivo tecnico dell’art.204) e annovera altresì - con scelta non esente daprofili di criticità - i pareri di precontenziosoANAC fra gli strumenti di ADR in senso pro-prio (5).Ora, per quanto riguarda la figura dell’accordo bo-nario per i lavori, il nuovo art. 205 riprende in lar-ga parte il contenuto disciplinare dell’art. 240 delprevigente “Codice” e delinea l’istituto in parolacome strumento volto a superare - appunto, in via“bonaria” - i contrasti insorti in sede di esecuzionedi un appalto di lavori a seguito dell’apposizionesui documenti contabili di significative riserve daparte dell’appaltatore (riserve che, laddove accolte,potrebbero determinare un rilevante incrementodei corrispettivi a carico dell’amministrazione).Già sotto questo aspetto la nuova disciplina dell’i-stituto presenta aspetti di un certo rilievo rispettoal passato.Ed infatti:- mentre il previgente art. 240 ammetteva il ricor-so all’istituto nel caso di possibile superamento deicorrispettivi in misura “non inferiore al 10% del-l’importo contrattuale”.- al contrario, il nuovo art. 205 ammette la possibi-lità di farvi ricorso laddove il possibile incrementosi collochi all’interno di una “forcella” compresafra il 5 e il 15%.La ratio di fondo di tale previsione sembra esserequella di individuare una sorta di plafond oltre ilquale non è più ragionevolmente possibile proce-dere a un componimento non contenzioso del dis-senso e la via giudiziale appare quindi di fatto ine-vitabile.Un’analoga logica di Realpolitik sembra sottesa allaprevisione di un limite minimo del possibile incre-mento (pari al 5%) perché si possa far ricorso all’i-stituto in esame.

Ad avviso di chi scrive, la ratio sottesa a tale dispo-sizione sembra essere quella di individuare un limi-te minimo al di sotto del quale non è neppure pos-sibile e/o utile attivare forme di componimento deldissenso fra le parti, potendosi utilmente ricorrereallo strumento delle varianti, ove ammesse.L’art. 205, poi, sancisce che l’esame delle riserve ela formulazione della proposta di accordo venga de-mandata a un singolo esperto il cui nominativo ètratto dall’elenco tenuto dalla Camera arbitrale dicui all’art. 211 (al contrario, l’art. 240 del previ-gente “Codice” stabiliva che, per gli appalti e leconcessioni di importo superiore a euro 10 milioni,la proposta di accordo bonario fosse formulata daun’apposita commissione composta da tre mem-bri).Sempre per quanto riguarda la figura dell’accordobonario, è importante osservare che il legislatoredel 2016 non ha riproposto la previsione di cui al-l’art. 240 del D.Lgs. n. 163 del 2006 secondo cuiera possibile conferire ex ante alla Commissione (eoggi al singolo esperto) il potere di assumere unadecisione vincolante (i.e.: una decisione non ri-messa all’approvazione delle parti, ma di per sé ido-nea a vincolare le stesse).Da ultimo l’art. 206 del nuovo “Codice” (ripren-dendo acquisizioni invero già invalse in giurispru-denza) stabilisce che le disposizioni in tema di ac-cordo bonario trovano applicazione anche nei set-tori dei servizi e delle forniture.La previsione in questione risulta certamente di in-teresse in quanto legifica il pregresso orientamento,riconoscendo allo stesso un condivisibile caratteredi certezza e di stabilità. Per altro verso, la disposi-zione in esame non fornisce agli operatori l’auspi-cato grado di chiarezza in quanto opera la richia-mata estensione in base a un generico criterio dicompatibilità, senza indicare quali aspetti regolato-ri dell’art. 205 possano trovare applicazione ancheper i servizi e le forniture e quali no (“le disposizio-ni di cui all’art. 205 si applicano, in quanto com-patibili, anche ai contratti di fornitura di beni dinatura continuativa o periodica, o di servizi (...)”).La figura del Collegio consultivo tecnico (art. 207)rappresenta, come si è già anticipato, la vera novi-tà per quanto riguarda la sistematica delle ADRnel nuovo “Codice”.Dal punto di vista generale si può addirittura dubi-tare se la nuova figura sia davvero ascrivibile al no-

(5) Sul punto sia consentito richiamare nuovamente C. Con-tessa, op. ult. cit., 642 ss.

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vero degli strumenti di Alternative Dispute Resolu-tion in senso proprio.Ed infatti, a stretto rigore, il nuovo istituto non èvolto a risolvere una controversia in atto fra le par-ti, bensì ad impedire (per così dire, in via anticipatae preventiva) che una qualunque controversia insor-ga fra le parti medesime (l’art. 207, comma 1 stabi-lisce infatti che “al fine di prevenire controversierelative all’esecuzione del contratto le parti posso-no convenire che prima dell’avvio dell’esecuzione,o comunque non oltre 90 giorni da tale data, siacostituito un collegio consultivo tecnico con fun-zioni di assistenza per la rapida risoluzione delle di-spute di ogni natura suscettibili di insorgere nelcorso dell’esecuzione del contratto stesso”).Ne consegue che la funzione stessa dell’istituto inesame non sembri agevolmente riconducibile aquella tipica delle ADR.Si è altresì anticipato che alcuni dubbi potrebberosorgere in ordine alla possibilità stessa per il Go-verno di introdurre un’innovativa forma di ADR afronte di una delega legislativa che si limitava acontemplare un mero intervento di razionalizzazio-ne delle forme di ADR esistenti.Non rappresenta evidentemente una novità di si-stema l’istituto della transazione (art. 208), che eragià disciplinato dall’art. 239 del previgente “Codi-ce” e che, prima ancora, era stato regolato - sia pu-re solo in nuce - dal Regolamento di contabilitàdello Stato n. 2440 del 1923 (6).Secondo un diffuso orientamento, l’istituto in esa-me rappresenta un corollario della generale capaci-tà negoziale della P.A. (7), il che deporrebbe nelsenso di riconoscere valenza tendenzialmente gene-rale al suo ambito di applicazione.Ma se le cose stanno in tal modo, allora risulta diindubbio interesse la previsione di cui al comma 1,secondo cui la possibilità di risolvere una contro-versia a mezzo di transazione sussiste “solo ed esclu-sivamente nell’ipotesi in cui non risulti possibileesperire altri rimedi alternativi”.La disposizione sembra dunque imporre - affinchérisulti legittimo il ricorso alla transazione - una sor-ta di motivazione rafforzata “in negativo” la qualedia conto dell’inutilizzabilità di ulteriori e diversemodalità di risoluzione (in ipotesi più onerose dellastessa transazione).

Solo alcune notazioni verranno qui dedicate al ri-formato istituto dell’arbitrato (art. 209), finalizzato -come in passato - alla risoluzione “[di] controversiesu diritti soggettivi, derivanti dall’esecuzione dicontratti pubblici relative a lavori, servizi, fornitu-re, concorsi di progettazione e di idee” (8).La novella codicistica risponde alla finalità (im-pressa dalla lettera aaa) della legge di delega) diammettere forme di risoluzione arbitrale, ma“[escludendo] il ricorso a procedure diverse daquelle amministrate”.Per evidenti ragioni di sintesi, ci si limita qui a ri-levare che le principali novità del nuovo “Codice”per ciò che riguarda la disciplina dell’istituto arbi-trale consistano:- nell’ampliamento del suo possibile ambito ogget-tivo di esplicazione (viene ora prevista la devolvi-bilità ad arbitri anche delle controversie aventi adoggetto appalti e concessioni in cui sia parte socie-tà a partecipazione pubblica, ovvero controllate ocollegate a tali società, “o che comunque abbianoad oggetto opere o forniture finanziate con risorsea carico dei bilanci pubblici”);- nella specificazione del suo carattere solo eccet-tuale (rafforzato dalla previsione della ricusabilitàdell’istituto da parte del privato);- nella tendenziale sottrazione delle principali deci-sioni relative all’istituzione e al funzionamento delCollegio alle Parti e alla devoluzione ad un Organoterzo (la Camera arbitrale di cui al successivo art.210);- nell’individuazione di meccanismi volti ad assicu-rare maggiore trasparenza alle conseguenze econo-miche connesse alla devoluzione della controversiaad arbitri (es.: in tema di liquidazione dei compensiai membri del Collegio).

(In particolare) le nuove raccomandazionivincolanti di cui all’art. 211

Gli aspetti di maggiore interesse (e problematicità)connessi alla nuova disciplina codicistica delleADR sono rinvenibili nell’art. 211, rubricato “Pa-reri di precontenzioso dell’ANAC”).Va premesso al riguardo che la rubrica legis non ri-sulta in questo caso particolarmente perspicua (edanzi è idonea ad introdurre profili di incertezza ap-plicativa) in quanto il solo comma 1 è dedicato al-

(6) Sul punto, sia consentito rinviare a C. Contessa, Com-mento all’articolo 208, in: C. Contessa - D. Crocco (a cura di),Codice degli appalti e delle concessioni commentato, cit.

(7) In tal senso: P. Chirulli - P. Stella Richter, Transazione

(dir. amm.), in: Enc. dir., Milano, 1992, XLIV, 813 ss.(8) Anche in questo caso sia consentito richiamare C. Con-

tessa, Commento all’articolo 209, in: C. Contessa - D. Crocco(a cura di), op. ult. cit.

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la disciplina dei pareri di precontenzioso in sensoproprio.Al contrario, il comma 2 disciplina il diverso isti-tuto delle raccomandazioni vincolanti dell’ANACche non rappresenta un’evoluzione logica né ne-cessaria dei pareri di precontenzioso disciplinati alcomma precedente.Anzi, il comma 2 riferisce la possibilità per l’A-NAC di adottare raccomandazioni vincolanti nel-l’intero ambito dell’esercizio delle proprie funzioni (enon nel più ristretto novero di ipotesi in cui lastessa Autorità può adottare pareri di precontenzio-so).Ebbene, per quanto riguarda in particolare il com-ma 1, esso riprende un istituto (quello dei pareri diprecontenzioso dell’Autorità di settore) che era giànoto alla disciplina previgente (9), ma ne declinagli ambiti operativi in modo talmente innovativoda far dubitare circa la stessa effettiva coincidenzaoggettiva con il nuovo istituto (e al di là, natural-mente, della mera coincidenza terminologica).Come si è osservato in dottrina, anzi, l’articolo inesame introduce nell’ordinamento un’innovativaipotesi di parere facoltativo, ma a carattere vinco-lante (10) (“Su iniziativa della stazione appaltanteo di una delle altre parti, l’ANAC esprime parererelativamente a questioni insorte durante lo svolgi-mento delle procedure di gara (...) il parere obbligale parti che vi abbiano preventivamente acconsen-tito ad attenersi a quanto in esso stabilito”).Anche in questo caso, quindi, vien fatto di interro-garsi in ordine all’effettiva compatibilità fra un isti-tuto dai caratteri oggettivamente innovativi e i li-miti della legge delega la quale, al contrario, de-mandava al Governo il solo compito di procederealla razionalizzazione dei metodi di risoluzione dellecontroversie alternativi al rimedio giurisdizionale.I primi osservatori si sono interrogati in ordine al-l’effettiva valenza della previsione secondo cui ilparere vincolante è impugnabile innanzi ai compe-tenti organi della giustizia amministrativa ai sensidel (rinnovellato) art. 120 c.p.a.Nulla quaestio, evidentemente, per il caso in cuil’impugnativa sia proposta dal soggetto privato: èevidente al riguardo che la possibilità di proporrericorso in sede giurisdizionale si configuri come or-dinario corollario del principio di pienezza ed effet-tività della tutela di cui all’art. 24, Cost.

Una valutazione a parte deve essere fatta per l’ipo-tesi di possibile impugnativa da parte dell’ammini-strazione aggiudicatrice.Alcuni fra i primi osservatori (11) hanno rilevatoche tale possibilità, pur se ammissibile in via diprincipio, dovrebbe in concreto essere esclusa allaluce del principio di leale collaborazione fra le isti-tuzioni pubbliche (alla luce di tale principio, infat-ti, sembrerebbe incongruo che la stessa ammini-strazione che ha richiesto il parere - vincolante -dell’ANAC insorga poi avverso il parere infine re-so conformemente alla sua richiesta).Ad avviso di chi scrive, pur comprendendosi le ra-gioni sottese a tale impostazione, appare maggior-mente persuasiva la tesi volta ad ammettere l’im-pugnabilità del parere vincolante anche da partedell’amministrazione, al precipuo fine di evitare ilformarsi aree di esclusione o limitazione della tutelagiurisdizionale avverso atti della pubblica ammini-strazione (quale è e resta l’Autorità di settore), inevidente contrasto con il principio di cui all’art.113, comma 2, Cost.Solo alcune osservazioni saranno qui svolte in rela-zione all’innovativo istituto delle raccomandazionivincolanti che l’ANAC può rivolgere all’ammini-strazione laddove “nell’esercizio delle proprie fun-zioni, ritenga sussistente un vizio di legittimità inuno degli atti della procedura di gara” (comma 2dell’art. 211).In estrema sintesi la disposizione in esame stabili-sce che, in siffatte ipotesi: i) l’Autorità rivolge al-l’amministrazione un atto di raccomandazione(vincolante) volto all’esercizio dell’autotutela en-tro un termine di 60 giorni; ii) il mancato adegua-mento alla raccomandazione comporta l’irrogazio-ne a carico dell’amministrazione di una sanzionepecuniaria il cui ammontare è posto a carico deldirigente responsabile (12); iii) resta comunque sal-va la possibilità per l’amministrazione di impugnarela raccomandazione in parola ai sensi del rinnovel-lato art. 120 c.p.a.La disposizione in esame suscita almeno cinquespunti di riflessione.In primo luogo ci si domanda se sia davvero compa-tibile con il nomen iuris della raccomandazione (lacui valenza è tipicamente connessa al grado diautorevolezza dell’Organo che la esprime e non auna cogenza in senso proprio) un istituto il quale

(9) Art. 6, comma 7, lett. n) del “Codice de Lise”.(10) G. Veltri, Il contenzioso nel nuovo codice dei contratti

pubblici: alcune riflessioni critiche, in: www.giustizia-ammini-strativa.it.

(11) G. Veltri, op. ult. cit., par. 4.1.2.(12) Viene altresì stabilito che la sanzione incide negativa-

mente sul sistema reputazionale di cui all’art. 36 del nuovo“Codice”.

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fa derivare addirittura una sanzione pecuniaria acarico del soggetto/organo che se ne sia motivata-mente discostato (13).In secondo luogo ci si domanda se sia effettivamentecompatibile con il principio di stretta legalità che vi-ge in materia di sanzioni amministrative l’enuclea-zione di un istituto (quale quello in esame) chenon era stato contemplato nell’ambito della leggedi delega.In terzo luogo ci si interroga in ordine all’effettivacondivisibilità sistematica di una disposizione san-zionatoria che individua la condotta antidoverosa(non già nell’adozione di un atto contrastante conla disciplina di settore, bensì) in un atto il qualesemplicemente si ponga in contrasto con il (purautorevole) avviso dell’Autorità di settore.In quarto luogo ci si interroga in ordine ai rapportifra l’esercizio di (doverosa) autotutela imposto dal-la disposizione in esame e il nuovo art. 21 nonies,L. n. 241 del 1990 (il quale, a seguito della novelladi cui all’art. 6, L. n. 124 del 2015, stabilisce chel’annullamento d’ufficio non possa ordinariamenteintervenire una volta che siano decorsi diciottomesi dall’adozione dell’atto di cui si discute).Da ultimo ci si domanda se la previsione secondocui la raccomandazione può essere impugnata di-nanzi al giudice amministrativo conformemente al-l’art. 120 c.p.a. sia del tutto compatibile con l’o-rientamento della S.C. secondo il quale, laddovel’esercizio del ius poenitendi da parte della P.A. inordine agli atti di gara intervenga successivamentealla stipula del contratto, la giurisdizione resterà ra-dicata dinanzi al G.O. anche se l’atto di ritiro ri-guardi un tratto della vicenda anteriore alla stipu-la (14).

Le novità in tema di contenzioso e il nuovorito anticipato e accelerato in tema diammissioni ed esclusioni alle pubblichegare

All’indomani dell’entrata in vigore del nuovo “Co-dice” la dottrina ha dedicato una particolare atten-zione alle novità introdotte dall’art. 204 il quale hainciso in modo notevole sulle previsioni di cui al-

l’art. 120 del c.p.a. in tema di “rito speciale degliappalti” (15).È stato icasticamente osservato che, con l’articoloin esame, il Governo abbia introdotto “un rito su-perspeciale, ossia un rito ancora più speciale del ri-to speciale appalti” (16).Come si è già altrove avuto modo di osserva-re (17), le novità introdotte sul punto nel corso del2016 rappresentano, in ordine di tempo, la sestagrande innovazione di sistema in tema di rito degliappalti nell’arco di appena tre lustri.Probabilmente, piuttosto che un’ulteriore scossa disistema, questo martoriato settore dell’ordinamentoavrebbe richiesto un adeguato periodo di treguanormativa affinché fossero metabolizzati gli innu-merevoli impulsi indotti dall’alluvionale legislazio-ne di settore.Del resto, se si ha riguardo ai due principali aspettisui quali ha inciso la novella normativa del 2016(ci si riferisce al nuovo rito speciale anticipato intema di ammissioni ed esclusioni e alle novità intema di tutela cautelare), ci si rende agevolmenteconto che la ratio di fondo sottesa all’interventocodicistico non sia volta - e al di là delle afferma-zioni di circostanza - all’accelerazione del rito (cherisulta già fra i più celeri nel panorama processualenazionale), quanto - piuttosto - a modificare ab imola stessa tipologia della risposta di giustizia che sinoa tempi recenti è stata fornita dal Giudice ammini-strativo.Semplificando in modo estremo i termini dellaquestione può affermarsi che, nella logica del legi-slatore del 2016, “il miglior ricorso in tema di ap-palti è quello che non si propone e la migliore or-dinanza cautelare è quella che non si emana”.Tanto premesso dal punto di vista generale, è orapossibile passare a un breve esame di dettaglio cir-ca le due principali novità introdotte dall’articoloin esame (con particolare riguardo alla previsionedi cui al nuovo comma 2 bis dell’art. 120 c.p.a.),per poi concludere con l’individuazione di alcunipossibili aspetti di criticità anche di ordine costitu-zionale.Per quanto riguarda in particolare l’introduzionedel nuovo rito speciale anticipato in tema di am-missioni ed esclusioni dalle gare, si segnala che il

(13) Sul punto, P. Quinto, Il nuovo Codice dei contratti pub-blici e le ‘raccomandazioni vincolanti’ di Cantone, in: www.lexi-talia.it, 4/2016.

(14) In tal senso: Cass., SS.UU., 17 dicembre 2008, n.29425.

(15) Fra i primi contributi dedicati al tema ci si limita qui arichiamare (senza pretesa alcuna di esaustività): G. Severini, Il

nuovo contenzioso sui contratti pubblici, in: www.giustizia-am-ministrativa.it; M. Lipari, La tutela giurisdizionale, cit.; G. Veltri, Ilcontenzioso nel nuovo codice dei contratti pubblici, cit.

(16) G. Veltri, op. cit., 6.(17) C. Contessa, Commento all’articolo 204, in: C. Contessa

- D. Crocco (a cura di), op. ult. cit.

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nuovo comma 2 bis dell’art. 120 c.p.a. ha ripreso inmodo sostanzialmente fedele una previsione (peral-tro opinabile) contenuta nella legge di delega (ci siriferisce, in particolare, al criterio bbb) il quale haprevisto “l’introduzione di un rito speciale in came-ra di consiglio che consente l’immediata risoluzio-ne del contenzioso relativo all’impugnazione deiprovvedimenti di esclusione dalla gara o di ammis-sione alla gara per carenza dei requisiti di parteci-pazione; previsione della preclusione della conte-stazione di vizi attinenti alla fase di esclusione dal-la gara o ammissione alla gara nel successivo svol-gimento della procedura di gara e in sede di impu-gnazione dei successivi provvedimenti di valutazio-ne delle offerte e di aggiudicazione, provvisoria edefinitiva”).I primi commentatori della disposizione non hannomancato di osservare che essa miri a fronteggiareuna triplice patologia che ha caratterizzato neglianni più recenti l’evoluzione in tema di contenzio-so sugli appalti: i) la spasmodica attenzione ai viziinerenti la fase genetica della partecipazione (conla perpetuazione di un diffuso clima di “caccia al-l’errore”); ii) l’abbassamento del livello generale dicertezza quale effetto di un approccio eccessiva-mente attento alle precondizioni della partecipa-zione alle gare; iii) l’instaurazione di un modelloprocessuale di carattere “retrospettivo”, che com-porta spesso la caducazione “ex post” dell’interaprocedura per vizi afferenti una fase preliminare,con evidente dispendio di risorse economiche etemporali (18).Ci si domanda, tuttavia, se il rimedio processualeda ultimo individuato risulti il più adeguato a fron-teggiare le rilevate criticità senza introdurne dinuove (e di più nocive per il sistema di tutele nelsuo complesso).Ed infatti, l’imposizione ex lege dell’immediata pro-posizione di un ricorso impugnatorio nell’ambito diuna fase del tutto preliminare della gara può deter-minare almeno tre criticità, che si vano qui sinteti-camente ad individuare.In primo luogo, l’imposizione dell’onere di imme-diata impugnativa risulta del tutto congruo (in li-nea con le più consolidate acquisizioni in materia)

per il caso dei provvedimenti di esclusione, mentreper il caso dei provvedimenti di ammissione è assaipiù difficoltoso individuare il canone della concre-tezza e dell’attualità dell’interesse all’impugnativa (sipensi al caso di una gara con decine di partecipantie in relazione alla quale sia del tutto incerto indivi-duare effettive chances di vittoria in capo all’impre-sa che si sospetta essere stata illegittimamente am-messa).In secondo luogo il modello da ultimo delineatointroduce una sorta di fictio iuris volta ad indivi-duare l’interesse all’impugnativa (rectius: l’onere diimpugnativa, da soddisfare a pena di decadenza) inun momento in cui è davvero arduo individuare irichiamati caratteri della concretezza e dell’attualità(è appena il caso di osservare che, fino ad alcunimesi fa, gli stessi ricorsi che il nuovo “Codice” im-pone di proporre in via anticipata - e a pena di im-proponibilità successiva - sarebbero stati dichiaratiirrimediabilmente inammissibili, non sussistendoneppure la mera facoltà di proporli) (19);In terzo luogo, il nuovo obbligo di immediata im-pugnativa porrà a breve rilevanti problematiche diordine pratico per ciò che riguarda la piena e tem-pestiva conoscibilità degli atti relativi all’ammissio-ne alla gara dei concorrenti, che non sembra siastata adeguatamente modificata in relazione allenuove disposizioni processuali (basti pensare all’art.53 del nuovo “Codice” il quale - nel riprendere leprevisioni già contenute nel “Codice de Lise” - sta-bilisce che il diritto di accesso è differito “in rela-zione alle offerte, fino all’aggiudicazione”, laddovela nozione di “offerta” presenta un contenutoquanto mai ampio e polisemico).Spetterà al Giudice delle leggi (ovvero alla Cortedi Lussemburgo) stabilire se la disposizione in esa-me - di cui è comunque evidente la potenzialitàdeflattiva del contenzioso in tema di appalti - co-stituisca o meno un adeguato punto di bilancia-mento fra (da un lato) l’esigenza di introdurre mi-sure ragionevolmente limitative di un contenziosospesso ingiustificato e (dall’altro) l’esigenza di noncomprimere oltre misura concomitanti valori dirango sovraordinato quali quelli della pienezza edeffettività della tutela in sede giurisdizionale (20).

(18) G. Severini, op. ult. cit., passim.(19) Come è noto, sino alla vigilia del nuovo “Codice”, sol-

tanto a fronte dell’aggiudicazione provvisoria la giurisprudenzaammetteva una mera facoltà (e non anche un onere) di imme-

diata impugnativa.(20) C. Contessa, Commento all’articolo 204, in C. Contessa

- D. Crocco (a cura di), op. ult. cit.

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