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1 Università della Svizzera italiana Facoltà di Scienze della Comunicazione Lugano Donna e pubblicità La rappresentazione della donna nelle pubblicità femminili attraverso lo sguardo maschile di Mirva Tonolla Matr. Nr. 00-980-524 Memoria di licenza Relatore: Prof.ssa A. L. Tota

Donna e pubblicità - · PDF filemette calze e giarrettiera, e si sfila la sottana con lo stile di Moana). 4 Grazie Ai miei genitori Giuseppe e Pea

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Università della Svizzera italiana

Facoltà di Scienze della Comunicazione

Lugano

Donna e pubblicità La rappresentazione della donna nelle pubblicità femminili

attraverso lo sguardo maschile

di

Mirva Tonolla

Matr. Nr. 00-980-524

Memoria di licenza

Relatore: Prof.ssa A. L. Tota

2

A te,

che anche se ancora non ti conosco,

fai già parte della mia vita!

3

La donna nella pubblicità (di Angela Di Francesca)

Sexy, tenera, efficiente,

un tantino deficiente.

Con lamini e i tacchi a spillo

Lotta vispa come un grillo

Contro l’unto che s’incrosta

e la polvere nascosta.

Tutto market, casa e ufficio,

compra pappe per il micio,

surgelati e biscottini

e non scambia i suoi fustini.

Si dà sempre un gran da fare

A condire e cucinare

Fra una teglia e una padella,

ma ha la vita sempre snella.

Lava, stira, non si stanca,

la sua maglia è la più bianca,

cura i cani ed i bambini,

spazza, cambia i pannolini,

e se poi il marito arriva

con allegra comitiva,

per concluder la giornata

gli fa pur la spaghettata.

(Se più intima è la sera,

mette calze e giarrettiera,

e si sfila la sottana

con lo stile di Moana…).

4

Grazie

Ai miei genitori Giuseppe e Pea

per il loro appoggio incondizionato sempre e comunque. Senza di voi non sarei quella che sono! Siete

parte di me!

Ai miei fratelli Laura e Luca, perché mi sono sempre stati accanto in ogni momento. Uniti per sempre!

A Stefano e Stella, perché sono fondamentali nella mia esistenza.

A mia nonna, per essere sempre presente.

A Sarah, per l’aiuto che solo lei a saputo darmi in questi anni.

A Misch, per il suo determinante ruolo nel periodo di studio e non solo...

A Didi e Maggie, perché ragazze…, voi siete il mio sorriso!!

A Yvonne, per esserci stata nel periodi della mia crescita.

Alla Professoressa Tota, per il sostegno e la comprensione dimostrata.

A tutti quelli che in questi anni hanno percorso un pezzo di strada con me ed hanno condiviso i momenti

più significativi della mia vita.

5

INDICE

INTRODUZIONE p. 8

1. FORMULAZIONE DELLA PROBLEMATICA DI RICERCA p. 9

1.1 Presentazione delle domande di ricerca e formulazione delle

ipotesi di lavoro p. 10

2. OBIETTIVI E PROCEDIMENTI p. 11

2.1. Identificazione degli obiettivi p. 11

2.2. Procedimenti p. 11

3. METODOLOGIA p. 13

4. PUBBLICITÀ E SOCIETÀ CONTEMPORANEA p. 15

4.1 Effetti ed influenze della pubblicità sulla società contemporanea p. 16

4.2 Pubblicità come guida sociale p. 21

5. IL GENERE p. 24

5.1 I media come tecnologie di genere p. 28 .

5.2 Il genere nella pubblicità contemporanea p. 29

5.2.1 La società: il punto di vista di Pierre Bourdieu p. 32

6

5.2.2 La donna nella pubblicità contemporanea p. 35

6. ANALISI DELLE IMMAGINI PUBBLICITARIE p. 39

6.1 Oggetto di analisi p. 39

6.1.1 Le quattro riviste p. 40

6.1.1.1 Cosmopolitan p. 41

6.1.1.2 Marieclaire p. 45

6.1.1.3 Vogue Italia p. 48

6.1.1.4 Elle p. 51

6.2 Strumenti di analisi p. 54

6.2.1 Le dinamiche dello sguardo p. 54

6.2.1.1 Sguardo esplicito diretto verso lo spettatore p. 55

6.2.1.2 Sguardo diretto o negato verso se stesso p. 56

6.2.1.3 Sguardo esplicitamente negato allo spettatore p. 56

6.2.1.4 Sguardo negato e indifferente allo spettatore p. 57

6.2.2 Comportamenti e posture come segno dell’identità di genere

all’interno di un’immagine

p. 58

7

6.3 Analisi delle pubblicità p. 59

6.3.1 Analisi di immagini pubblicitarie

secondo le dinamiche dello sguardo p. 60

6.3.2 Analisi di immagini pubblicitarie

secondo i comportamenti e le

posture p. 74

6.3.3 Tabelle riassuntive dei dati raccolti p. 80

CONCLUSIONI p. 88

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI p. 90

8

INTRODUZIONE

L’interesse per l’argomento della presente memoria di ricerca nasce in seguito al

Seminario di Genere e comunicazione a cura della Prof.ssa Anna Lisa Tota, al Corso di

Sociologia della comunicazione dei Professori Paolo Jedlowsky ed Anna Lisa Tota,

nonché al Corso di Marketing tenuto dal Prof. Fiocca.

Questi corsi hanno contribuito a sviluppare l’attenzione per ciò che concerne il settore

del marketing e della pubblicità, inoltre i temi legati alla donna sono stati sempre una

fonte di grande curiosità da parte mia. Questo mi ha portata a voler legare questi due

argomenti e ad inserirli in un ottica sociologica, per quanto possibile.

Un altro spunto è stato la continua visione di immagini pubblicitarie raffiguranti la donna

che mi hanno portata a voler approfondire l’argomento.

Ovunque andiamo, siamo circondati da immagini pubblicitarie, per la maggior parte

raffiguranti una donna, e siamo talmente abituati a vederle che non ci rendiamo

nemmeno più conto del reale impatto che possono avere.

Se in un primo tempo non ritenevo adeguato che le pubblicità rivolte ad un pubblico

femminile contenessero chiari riferimenti volti ad attirare l’universo maschile, in un

secondo tempo ho ritenuto chiaro il legame inscindibile del rapporto uomo-donna.

Questi elementi combinati tra loro, mi hanno portata al seguente lavoro che si vuole

non come un’analisi esaustiva, né come una novità scientifica, ma si propone come una

riflessione riguardo ad una tale combinazione di argomenti.

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1. FORMULATIONE DELLA PROBLEMATICA DI RICERCA

I sociologi definiscono la società in cui viviamo come una transizione tra la società

industriale e la cosiddetta società dell’informazione. Quest’ultima, mettendo

l’informazione e la conoscenza al centro di ogni attività umana, si sviluppa attorno a

questioni direttamente legate ai mezzi di comunicazione di massa. Stampa, radio,

televisione e ora anche le nuove tecnologie dell’informazione, hanno contribuito, e

contribuiscono tutt’oggi, allo sviluppo della pubblicità. Nata come genere autonomo, la

pubblicità, da un lato, è parte integrante dell’offerta mediale e dall’altra assume il ruolo

di sostegno economico dei media che utilizza come veicoli, facendo circolare

informazione e contenuti simbolici1.

Senza voler entrare nel merito delle strategie legate al marketing aziendale, va tuttavia

preso in considerazione il fatto che la pubblicità è usata come strumento per stimolare

la creazione di un ambiente mentale, di un contesto culturale e di disposizioni favorevoli

che potranno mutarsi nelle azioni desiderate dalle imprese. Per questo motivo queste

associano i prodotti ad immagini attribuendogli così un significato simbolico. Se è

innegabile che la pubblicità sia una forma di comunicazione pubblica e mediale, è lecito

affermare che in quanto tale faccia parte della vita quotidiana. Da questo ne consegue

che l’importanza che essa assume non sia solamente relativa alla vendita di un

prodotto – nonostante faccia poi girare l’economia - ma in gran parte relativa al

contenuto simbolico che questa veicola.

Il messaggio simbolico della pubblicità è spesso e volentieri rappresentato da immagini

femminili. Pubblicità e donne sono legate in triplice maniera: la donna in quanto

consumatrice e potenziale acquirente di un prodotto, la donna in quanto veicolo del

messaggio pubblicitario, la donna come simbolo e stimolo emotivo.

Parlare di tematiche femminili – o legate alla figura della donna in maniera generale -,

alla luce del tessuto sociale contemporaneo, significa tener conto degli studi relativi

all’identità di genere e non più solamente a studi detti femministi, tenendo conto della

donna, senza comunque fermarsi alla distinzione uomo-donna.

1 A questo proposito si possono consultare le opere seguenti: Paul Beaud, Patrice Flichy, Sociologie de la communication, Paris, CENT, Réseaux, 1997. John B. Thompson, Mezzi di comunicazione e modernità, Il Mulino, Bologna, 1998, p.21. Gianni Losito, iIl potere dei media, Carocci, Roma, 1998, p. 19.

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Gli argomenti sopraccitati permettono di esplorare un tema di ricerca che a sua volta

mette di fronte ad una serie d’interrogativi validi per creare un’ipotesi di ricerca. Questa

verrà esplicitata nel paragrafo successivo.

1.1 Presentazione delle domande di ricerca e formulazione delle ipotesi di lavoro

Alla luce di quanto detto, malgrado lo stato ridotto dei primi interrogativi, è possibile

trarre alcune informazioni utili che, nonostante la loro genericità, serviranno da filo

conduttore e orienteranno il seguito della ricerca attraverso l’ipotesi di lavoro che, allo

stato attuale della riflessione, si formula nel modo seguente:

Nelle pubblicità femminili, che hanno per soggetto le donne e rivolte ad un pubblico

femminile, è riscontrabile una visione o sguardo maschile della visione femminile.

Tuttavia, nell’intento di rendere tale ipotesi generale maggiormente accessibile nella

sua formulazione, è possibile frammentarla nelle seguenti sotto-ipotesi:

- la pubblicità femminile influenza, tramite la visione maschile, la visione che la

donna ha di sé e di conseguenza la maniera di auto-rappresentarsi;

- la pubblicità femminile alimenta un’immagine stereotipata già consolidata (donna

oggetto, oggetto di visione maschile);

- la pubblicità femminile rende ambiguo il destinatario effettivo a cui è rivolta la

pubblicità;

Menzionata l’ipotesi che dirigerà il seguito del lavoro e l’organizzazione dei prossimi

capitoli, è possibile a questo punto identificare gli obiettivi e la presentazione della

metodologia usata al fine dell’analisi.

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2. OBIETTIVI E PROCEDIMENTI

Nel capitolo presente si identificheranno e presenteranno gli obiettivi derivanti dalle

ipotesi esplicitate in precedenza, nonché i procedimenti che permetteranno di

dimostrare queste ultime.

2.1 Identificazione degli obiettivi

A questo stadio della riflessione si ritiene che tre obiettivi principali siano suscettibili di

interesse:

- In primo luogo ci si chiede quale sia il ruolo e l’importanza della pubblicità in

relazione alla società a cui ci si riferisce;

- In secondo luogo quale sia il ruolo della pubblicità nella costruzione dell’identità

di genere e in particolare della donna;

- In terzo luogo ci si interroga sul tipo di rappresentazione della donna nella

pubblicità e sul destinatario del messaggio simbolico veicolato da tale

pubblicità.

2.2 Procedimenti

Per raggiungere gli obiettivi sopraccitati, si tenterà di procedere nella maniera

seguente:

Una prima parte del lavoro si concentrerà sulla presa in esame di alcune dimensioni

relative all’ oggetto di studio in generale, cioè sul ruolo della pubblicità nella società

contemporanea. Un’analisi preliminare che sarà di aiuto fondamentale per creare le

basi del discorso in questione. A tale scopo, se in un primo tempo si tenteranno di

rilevare brevemente le caratteristiche del messaggio pubblicitario e dell’importanza che

questo acquisisce, determinando desideri e creando soluzioni, in un secondo tempo si

cercherà di capire come la pubblicità riesca ad imporsi in quanto come guida sociale.

Una seconda parte del lavoro tratterà le tematiche legate alla costruzione dell’identità

sociale in particolare legando tale argomento agli studi di genere e ponendo questo

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filone di studio nel contesto in questione, quello relativo alla pubblicità. A tale fine si

prenderanno in considerazioni studi noti e si anticiperanno argomenti legati

strettamente alla visione maschile della visione femminile.

Una terza parte sarà dedicata alla teoria di stampo socio-semiotico riguardo alle

dinamiche dello sguardo, con delle tematiche legate alla comunicazione non verbale

quali i comportamenti e le posture, per interrogarsi sul tipo di rappresentazione della

figura femminile nella pubblicità ed in particolare in quella contenuta nella stampa

femminile, quindi rivolta ad un pubblico femminile, ma anche sul messaggio veicolato

fino a giungere ad un destinatario coinvolto in una doppia, se non triplice, visione del

contenuto simbolico di tali pubblicità. Alla parte teorica sarà affiancata una parte che

prende in analisi immagini pubblicitarie in qualità di esempio alla presente riflessione.

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3. METODOLOGIA

Questa parte del presente lavoro è dedicato ad una presentazione dei contenuti teorici

che sono sembrati più opportuni rispetto al punto di vista metodologico con il quale si

pensa di affrontare la presente ricerca.

Come detto finora, l’organizzazione della ricerca si svolgerà attorno a tre fasi principali:

In un primo tempo si tenterà di delimitare le dimensioni sociali dell’oggetto di ricerca le

quali dovranno portare, in un secondo tempo, a considerare le dimensioni teoriche di

quest’ultimo, il cui risultato aprirà la strada verso un discorso esemplificativo dedicato

ad esaminare l’oggetto di studio vero e proprio.

In altri termini, la scelta del campo di investigazione, cioè l’importanza della pubblicità

dal punto di vista della costruzione dell’identità di genere, e in particolare del genere

femminile, porterà inevitabilmente ad inoltrare l’interesse nel campo delle scienze

sociali incrociando l’argomento con alcune nozioni semiotiche privilegiando l’utilizzo di

una metodologia qualitativa.

Allo stato attuale della riflessione si pensa che, più che optare per un unico approccio

specifico tra gli altri, sia possibile procedere con un assemblaggio di metodi secondo i

tre livelli scelti.

Nel concreto, l’intento è quello di far emergere tre poli corrispondenti ai livelli della

ricerca:

• Un polo teorico di stampo sociologico relativo alla pubblicità, i cui maggiori punti

di riferimento sono in gran parte Vanni Codeluppi, per quanto riguarda la parte

più specificatamente dedicata al ruolo che questa assume nella società

contemporanea, Andrea Semprini, per gli aspetti legati della comunicazione. Per

la parte dedicata ai consumi, quindi agli effetti della pubblicità Peter Corrigan è il

riferimento maggiore. Detto questo, e data l’ampiezza dell’argomento scelto – e

di conseguenza il gran numero di autori che si sono espressi sul tema - in questa

prima fase, non sono tralasciati altri autori i cui contributi fanno da legame tra un

ragionamento e l’altro.

• Un secondo polo teorico a metà tra pubblicità e genere, il cui autore di

riferimento è in primo luogo Erving Goffman per quanto concerne le tematiche

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direttamente legate alla socializzazione e alla costruzione del genere. Essendo

la pubblicità interessata al gender, in una parte dedicata agli studi sulle

tecnologie di genere, sono prese in considerazione alcune teorie di Teresa De

Laurentis, una tra gli esponenti principali di questi argomenti. Questo porterà al

tema della visione androcentrica della società trattata da Pierre Bourdieu, i cui

concetti sono applicati all’argomento preso in analisi. L’androcentrismo,

paradossalmente e per esclusione porta a vedere la donna come tema

fondamentale, aprendo la strada sulla rappresentazione di questa applicata da

John Berger.

• Infine un terzo polo, di ispirazione empirica, ma che si vuole più come una

possibilità di proporre alcune considerazioni esemplificative dei concetti

esplicitati nei poli precedenti, si basa su immagini pubblicitarie tratte da quattro

riviste mensili femminili di edizione italiana, che trattano, principalmente,

argomenti riguardanti la moda. I parametri di osservazione sono sviluppati nel

polo in questione. Uno spunto di riflessione utile è quello di Sabrina Pomodoro

che tratta i modelli visivi con particolare attenzione alle dinamiche dello sguardo.

A tale scopo alcuni elementi socio-semiotici sono utilizzati al fine di dare la

possibilità di affinare l’argomento trattato. Questa parte, tutto sommato di analisi

qualitativa, conduce a testare la validità dell’ipotesi generale di lavoro o,

perlomeno, a pronunciarsi sull’attendibilità e i limiti dell’affermazione iniziale della

presente ricerca.

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4. PUBBLICITÀ E SOCIETÀ CONTEMPORANEA

L’intento di questo capitolo è quello di definire il ruolo della pubblicità nella società

contemporanea e l’importanza che essa ha assunto nella vita quotidiana degli individui.

A questo scopo inizio col citare Andrea Semprini: “Viviamo in una società della

comunicazione? Forse. Quel che è certo è che la comunicazione, intesa come

molteplicità di pratiche, si diffonde rapidamente nelle società contemporanee e occupa

un posto sempre più grande nello spazio pubblico”.2 Essendo la pubblicità una forma di

comunicazione, si può, quindi, affermare che anch’essa è entrata a far parte della vita

quotidiana ed è pertanto parte integrante della società contemporanea.

La pubblicità, grazie allo sviluppo dei mezzi di comunicazione di massa, ha potuto

affinare tecniche e linguaggi particolarmente efficaci nell’influenza sul comportamento

dei consumatori. È lecito perciò sostenere che essa vada di pari passo e collabori

strettamente con i mezzi di comunicazione di massa al fine di raggiungere i propri

obiettivi. E che come i mezzi di comunicazione che la veicolano essa crei modelli da

seguire e suggerisca comportamenti da adottare nella vita quotidiana.

A tale proposito, si ritiene che la pubblicità possa essere uno strumento di

modernizzazione della società in quanto promuove nuovi modelli sociali. Infatti, grazie

alla continua ripetizione dei suoi messaggi riesce ad influenzare gli individui diventando

in questo modo una parte importante della vita sociale. È quindi lecito sostenere che

oltre ad essere una guida per l’acquisto di un prodotto essa assume anche la funzione

di generatrice di modelli sociali da seguire. Attingendo a tutto quello che è presente nel

contesto sociale, la pubblicità raggiunge lo scopo di essere compresa in modo migliore.

È però importante notare che essa prende spunto solo da alcuni temi e valori della

cultura sociale e che contribuisce a farne dimenticare altri. Questo è un tipo d’influenza

molto simile a quello dei mezzi di comunicazione di massa, come il cinema, la stampa e

la televisione che scegliendo gli argomenti da valorizzare e quelli che sono invece da

dimenticare e trasmettendoli congiuntamente, riescono ad esercitare un importante

influsso sulla società contemporanea.

A questo riguardo e come conclusione di questo paragrafo, la definizione di pubblicità

data da Fabris offre una conclusione adatta a questo paragrafo: “La pubblicità è una

forma di brutale colonizzazione culturale che non resta confinata ai livelli di 2 Andrea Semprini, Analizzare la Comunicazione, Come analizzare la pubblicità, le immagini, i media, FrancoAngeli, Milano, 1996, p. 11.

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comportamento economico, ma si riflette anche sul piano dei valori, proponendo

modelli di vita che ricalcano “in tutto e per tutto- senza sbavature e praticamente senza

eccezioni- quelli che la classe egemone impone perché funzionali al conseguimento dei

propri fini”. Si verifica così una forma di “controllo sociale” (…)3.

Nel prossimo paragrafo i concetti espressi sino ad ora saranno chiariti.

4.1 Effetti ed influenze della pubblicità sulla società contemporanea

Avendo a grandi linee definito il ruolo della pubblicità all’interno della società

contemporanea, si può passare a questo punto all’esplicitazione degli effetti che essa

ha su questa.

Ma prima di parlare degli effetti prodotti dalla pubblicità è opportuno considerare gli

effetti che i mass media hanno sulla società contemporanea in quanto la pubblicità ne è

parte integrante.

Denis Mc Quail, colloca tra gli effetti non deliberati e a lungo termine dei mass media il

controllo sociale, la socializzazione, la definizione della realtà e il mutamento

istituzionale.

In questo caso è opportuno soffermarmi su una breve descrizione del processo di

socializzazione in quanto si rivelerà un argomento importante di questo lavoro.

Il processo di socializzazione è il processo attraverso il quale si impara a vivere nel

contesto sociale. La sua funzione è quella di farci apprendere i ruoli prefigurati dalle

istituzioni sociali che dovremmo assumere in società. È riconosciuto che i mass media

partecipano alla socializzazione iniziale dei bambini e alla socializzazione a lungo

termine degli adulti ma è quasi impossibile provarlo, in quanto si tratta di un processo di

lungo periodo ed inoltre perché gli effetti dei media interagiscono con altre influenze

provenienti dal background sociale e da modelli di socializzazione all’interno delle

famiglie. Riguardo a questo argomento, secondo gli studi presi considerazione,

esistono due procedimenti in cui i mass media intervengono nel processo di

socializzazione.

Il primo procedimento spiega l’influenza indiretta e a lungo termine dei mass media

sull’azione individuale. Lo spettatore osserva una persona all’interno del contenuto

mediale e la prende come modello. Identificandosi con esso, egli lo ritiene degno di 3 Gianpaolo Fabris in Adriano Zanacchi, Pubblicità effetti collaterali, Riflessione sulle conseguenze “involontarie” della pubblicità, Editori Riuniti, Roma, 2004, p. 30.

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imitazione e riconosce il comportamento osservato funzionale e degno di imitazione in

quanto produce effetti desiderabili se imitato in una determinata situazione. Egli ricorda

e riproduce così il comportamento del modello da lui osservato (risposta) nel momento

in cui si trova in circostanze pertinenti (stimolo). Questo produce un effetto di

gratificazione che rende possibile che l’individuo risponda sempre in questo modo a

stimoli simili.

Il secondo procedimento riguarda l’influenza indiretta e a lungo termine sull’azione

collettiva e cioè sulla società. In questo caso, i mass media danno delle

rappresentazioni affidabili o meno dei modelli consolidati di vita di gruppo,

rappresentazioni che affermano le aspettative sociali riguardo al modo in cui agiscono i

membri dei vari gruppi che compongono la società. Queste aspettative forniscono

dunque sia delle indicazione sul comportamento da tenere verso gli altri membri del

proprio gruppo, sia delle conoscenze sul comportamento dei membri degli altri gruppi.

Fatta questa premessa sugli effetti dei mass media e sulla loro influenza nel processo

di socializzazione si può ora passare all’esplicitazione dell’influsso e degli effetti della

pubblicità sulla società contemporanea.

Si ritiene, innanzitutto, che essa, come i mass media, sia in grado di insegnare nuovi

comportamenti e che questi vengano ripetuti in quanto si ritiene di poter ricevere le

stesse ricompense ricevute dal modello che li rappresenta. L’individuo ritiene, pertanto,

che i comportamenti rappresentati dalla pubblicità siano legittimi e appropriati. I modelli

pubblicitari funzionano quindi come fonti credibili ed attraenti e, in questo modo, essi

non sono utili solo a vendere i prodotti ma rafforzano anche valori e stili di vita. Alcuni

ritengono che la pubblicità sia addirittura la principale istituzione moderna con l’incarico

di distribuire e mettere in circolazione i valori ideologici.

Detto ciò, si può ora passare ad una spiegazione più dettagliata di questo fenomeno.

“La pubblicità può essere considerata, nell’attuale cultura sociale, l’attore principale di

due processi di trasferimento di significato e valori che avvengono nel medesimo

momento: dalla pubblicità al prodotto e da questo al consumatore attraverso l’atto

d’acquisto. La pubblicità, cioè, prima estetizza il prodotto, trasformandolo in una qualità

desiderabile per il consumatore, poi, una volta che tale qualità è stata trasferita al

consumatore mediante l’acquisto, estetizza il consumatore, perché l’esibizione del

prodotto posseduto rende l’individuo desiderabile”.4

4 Vanni Codeluppi, Che cos’è la pubblicità, Carocci, Roma, p. 47.

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Va da sé che in tutto questo processo giocano un ruolo fondamentale i consumatori, in

quanto essi non assimilano in modo passivo i significati e i valori attribuiti ai prodotti

dalla pubblicità ma contribuiscono al funzionamento di questo processo interpretandoli.

Alla luce di tutto ciò si può concludere che la pubblicità è meno potente di quanto si

possa pensare, e questo è dimostrato anche dal fatto che i suoi messaggi hanno

efficacia soltanto dal momento in cui operano congiuntamente ad altre pratiche di

marketing. Questo non significa però che essa non produca degli effetti concreti, al

contrario, essa mostra un mondo ideale che non ha solamente la funzione di

persuadere all’acquisto dei prodotti, ma anche quella di influenzare i consumatori nei

comportamenti che essi adottano nella loro vita quotidiana e di promuovere e

legittimare la cultura del consumo.

È importante ritenere che è difficile determinare i reali effetti sociali della pubblicità

contemporanea anche se è risaputo che essa produce, linguaggi e modelli culturali che

sono in grado di influenzare il comportamento delle persone esercitando un’influenza

su di esse.

Per capire meglio questo argomento è utile, a questo punto, definire le caratteristiche

che consentono alla pubblicità di esercitare effetti sulla società. Richard Pollay ha

individuato le seguenti:

• La pervasività, in quanto essa è diffusa con diverse modalità e mediante molti

mezzi di comunicazione;

• La ripetitività, in modo da rinforzare continuamente la stessa idea o idee simili;

• L’elevata professionalità richiesta, basata su ricerche sofisticate allo scopo di

migliorare le probabilità di attenzione, comprensione, memorizzazione e/o

influenza sul comportamento;

• Il fatto di agire su un’audience che è sempre meno condizionata dalle fonti di

influenza culturale come famiglia, chiesa e scuola.

Se è vero che queste caratteristiche danno alla pubblicità la possibilità di mettere

l’accento soltanto su alcuni temi, concetti o categorie mentali e di farne dimenticare

altri, è anche vero che essa non riflette semplicemente valori esistenti nella società,

bensì, modifica la gerarchia dei valori già esistenti, rafforzando quelli che promuove e

rendendo insignificanti quelli che ignora. La pubblicità risulta quindi essere, secondo

Pollay, uno “specchio deformante, che allo stesso tempo riflette e modifica la cultura

19

sociale: non soltanto contribuisce a modificare l’agenda dei temi e dei valori

all’attenzione individuale e sociale ma tende anche ad alterare la cornice di riferimento

attraverso la quale le persone danno senso alla realtà che percepiscono. Il risultato

finale della sua azione sarebbe il rinforzamento di valori considerati negativi sul piano

sociale, come il materialismo, il cinismo, l’ansietà, la competitività sociale e l’assenza di

rispetto per sé stessi”.5

A questo punto è interessante delineare brevemente gli effetti prodotti dalla pubblicità

nel nostro secolo:6

• Produce consumatori affidabili

Hai produttori servono consumatori affidabili in grado di assorbire tutti i nuovi beni

prodotti, pertanto devono fabbricare non solo i beni ma anche la gente che li compri. La

pubblicità ha bisogno di creare in modo efficiente i consumatori e per fare questo cerca

di dimostrare che gli individui sono continuamente sotto esame da parte del mondo

circostante.

• Promette di porre rimedio ad una carenza che la stessa pubblicità ha creato: non

è il prodotto ad essere all’altezza, è la persona. Si concentra sul consumatore,

non in quanto individuo, ma in quanto essere sociale.

Come già detto in precedenza la pubblicità deve creare un consumatore affidabile e per

fare questo fa capire al consumatore che è carente in qualcosa per poi proporre il

rimedio come soluzione a ciò di cui è carente. Essa crea desideri che hanno a che fare

con gli altri e propone soluzioni per essere all’altezza in ogni situazione. Si concentra

sull’individuo e sulla società in cui vive ed avanza la pretesa di possedere strumenti

capaci di trasformare l’individuo in un essere sociale capace d’avere successo. A tale

proposito lo psicologo Floyd Henry Allport sosteneva che “la consapevolezza che gli

altri si fanno di noi (…). L’idea che ho di me stesso è piuttosto l’idea del modo in cui i

5 Vanni Codeluppi, Che cos’è la pubblicità, Carocci, Roma, pp. 47-48. 6 Per ulteriori approfondimenti si rimanda a Peter Corrigan, La sociologia dei consumi, FrancoAngeli, Milano, 1999, pp. 117-130.

20

miei vicini mi vedono”.7 Sullo stesso argomento Stuart Ewen ha notato che “Questa

concezione dell’individuo inteso come l’oggetto di un esame sociale continuo e severo,

costituisce il sottofondo delle argomentazioni di gran parte dei testi pubblicitari (…)”. 8

“Siamo sempre guardati da vicino, siamo sempre sotto esame, il nostro stesso essere

è assorbito dal modo in cui gli altri ci guardano: in ogni momento ed in ogni modo

possiamo essere bocciati dal mondo che ci esamina”.9 I produttori fanno leva su questo

modo di accostarsi alla vita sociale per mettere in vendita i loro prodotti presentandoli

come la soluzione ai problemi relativi alla nostra accettazione e alla nostra adeguatezza

nei confronti del mondo che ci circonda. La pubblicità enfatizza questo tipo di problemi

per poi poterci proporre le soluzioni. Le persone devono sempre essere all’altezza di

ogni situazione e i prodotti proposti li aiutano nel raggiungimento di questo scopo.

• Trasforma la società in società di massa

I beni di consumo hanno lo scopo di costruire una nazione omogenea dal punto di vista

culturale a prescindere dalla sua multiculturalità. L’idea è che se consumiamo gli stessi

prodotti allora facciamo parte della stessa cultura qualunque sia la nostra origine.

• Cambia il sé in un sé fatto di merci

Il sé diviene un sé mercificato dal momento in cui il corpo viene dipinto dalla pubblicità

come un insieme di problemi di ogni tipo (alito cattivo, rughe, ecc..) che necessitano di

un prodotto che li aiuti a risolverli raggiungendo così un corpo che rientri nei parametri

della società in cui viviamo.

• Riduce i movimenti sociali all’esibizione di merci appropriate, spingendo

all’acquisto di beni che siano alla prova visibile del fatto che i soggetti vivono lo

stile di vita ecologico o femminista

I pubblicitari hanno cercato d’integrare tali tematiche all’interno della pubblicità così da

sottrarre potenza alle critiche femministe o ecologiste su di essa. I produttori hanno

7 Floyd Henry Allport citato in Peter Corrigan, La socilogia dei consumi, FrancoAngeli, Milano, 1999, p. 120. 8 Stuart Ewen in Peter Corrigan, La sociologia dei consumi, FrancoAngeli, Milano, 1999, p. 120. 9 Peter Corrigan, La sociologia dei consumi, FrancoAngeli, Milano, 1999, p. 120.

21

applicato il seguente principio generale: “si prende un movimento sociale o un’ideologia

che sembrano essere d’opposizione al mondo capitalista così come è configurato

attualmente e li si usano per vendere più beni capitalistici, così da rafforzare il sistema

che il movimento sociale o l’ideologia volevano sovvertire. Per esempio, si possono

vedere dovunque esempi di come i pubblicitari si sono appropriati dei messaggi dei

movimenti ecologisti, un messaggio che poteva essere interpretato come molto

contrario al capitalismo ed al consumismo ed hanno usato il concetto di prodotti

ecologici per vendere i loro prodotti”.10

I pubblicitari intendono pertanto il femminismo o l’ecologia non come un movimento

sociale caratterizzato da una linea politica e da un’ideologia e che vuole cambiare il

mondo, ma come uno stato che può essere raggiunto attraverso i prodotti o servizi che

hanno questa funzione.

La seguente citazione risulta, a questo punto, essere riassuntiva riguardo a ciò che è

stato esplicitato in questo paragrafo: “La pubblicità è qualcosa di più di una forza

economica: ha anche una profonda influenza sulla cultura, sui valori e sulla qualità della

vita”.11

Si può, quindi, concludere che gli effetti della pubblicità sulla nostra società sono di

notevole importanza in quanto tendono a determinare lo stile e la qualità di vita degli

individui, che cambiano a dipendenza dei bisogni che essi hanno. E siccome questi

sono per la maggior parte creati dalla pubblicità e quindi dai produttori, che spinti

dall’interesse di vendere i propri prodotti sono alla continua ricerca di nuovi immaginari

problemi da proporre alle persone, si deduce l’importante ruolo e il forte influsso che

essa possiede sugli individui e sulla società.

4.2 Pubblicità come guida sociale

Giunti a questo punto, sarà ora più facile comprendere gli effetti esercitati dalla

pubblicità sulla società e le loro relative conseguenze.

Come già sostenuto precedentemente la pubblicità ha un’influenza formativa sulla

nostra cultura anche se non se ne conoscono gli effetti precisi. Essa è pervasiva per

10 Peter Corrigan, La sociologia dei consumi, FrancoAngeli, Milano, 1999, p. 27. 11 Leo Bogart in Adriano Zanacchi, Pubblicità effetti collaterali, Riflessione sulle conseguenze “involontarie” della pubblicità, Editori Riuniti, Roma, 2004, p. 9.

22

natura in quanto si espande e s’ introduce nella vita quotidiana degli individui tramite i

mezzi di comunicazione di massa. È così continuamente presente nel nostro quotidiano

ed è involontariamente subita da tutti. Introdotta nei nostri mezzi di comunicazione,

possiamo ritrovarla ovunque noi andiamo, nelle nostre case, nelle nostre strade e in

qualunque luogo pubblico. Gli scopi della pubblicità sono quelli di attirare l’attenzione, di

essere rapidamente compresa, di modificare atteggiamenti e di dirigere i nostri

comportamenti.

Come già accennato nei paragrafi precedenti, lo scopo della pubblicità è quello di

influenzare la società tramite sollecitazioni materiali, mostrando beni o servizi in grado

di condurci verso la felicità e, praticamente, verso la soluzione dei nostri problemi e la

soddisfazione di tutti i bisogni. In tal modo la pubblicità mette il consumo al primo posto

nelle menti delle persone.

La pubblicità non si limita più solamente a stimolare desideri ma ha assunto la capacità

di cambiare le abitudini e non solo quelle riguardanti i modi di agire, di vestire, i gusti e

le abitudini alimentari ma anche quelle riguardanti la struttura dell’autorità famigliare, il

ruolo dei bambini e dei giovani come consumatori indipendenti all’interno della società,

la scala dei valori morali e dei diversi significati nell’ambito sociale.

I consumatori vengono influenzati in quanto i messaggi pubblicitari fanno riferimento a

problemi comuni alla nostra vita e al tempo stesso propongono soluzioni per risolverli.

Come già sostenuto precedentemente e ad osservanza degli studi presi in

considerazione, la pubblicità moderna sostiene di essere in possesso di strumenti

capaci di trasformare l’individuo in un essere sociale felice e capace di avere successo.

Essa crea desideri che hanno a che fare con gli altri e si avvale del fatto che la società

mette continuamente l’individuo sotto esame, valutando la sua adeguatezza al mondo

che lo circonda, per proporre i suoi prodotti come soluzione a questo tipo di problemi

con la consapevolezza di essere stata lei stessa a crearli.

“La pubblicità mette, quindi, il consumo al primo posto nelle menti delle persone ma

(…), essa programma anche il più ampio orizzonte del nostro ruolo sociale, del

linguaggio, degli obbiettivi, dei valori e tutto ciò che conta nella nostra cultura. Questo

accade in conseguenza non solo delle sue caratteristiche specifiche (la pervasività, la

ripetitività, la realizzazione affidata a specialisti che si avvalgono anche di ricerche

sofisticate), ma anche della destinazione di un audience che è sempre meno soggetto

23

alle tradizionali fonti di influenza culturale come famiglia, chiesa e scuola, quindi meno

dotata di capacità critiche di fronte alle soluzioni pubblicitarie”.12

Essa dà consigli sullo stile di vita da adottare, sulla morale e sui comportamenti da

assumere diventando così una sorta di guida sociale. Infatti, in una società sempre più

complessa dove le istituzioni più tradizionali come, scuola chiesa e famiglia sono venuti

meno, la pubblicità dà consigli sulla morale sul comportamento da seguire, assumendo

un ruolo più importante della semplice guida al consumo. La pubblicità viene pertanto

considerata come una sorta di guida sociale.

Si può quindi affermare che la pubblicità è entrata a far parte della cerchia della

istituzioni che stabiliscono i valori e gli standard della società.

Essa congiuntamente ai mass media contribuisce alla socializzazione degli individui ed

ha quindi anche una funzione formativa. I consumatori si identificano in ciò che i

messaggi pubblicitari mostrano loro e nello stesso tempo apprendono i comportamenti

e gli stili di vita che, a detta dei media, sarebbe più opportuno adottare all’interno della

società dalla quale fanno parte. Questo risulta essere lo scopo della pubblicità che, con

i mezzi di comunicazione di massa, cerca di dirigere il comportamento del consumatore

e quindi dell’individuo.

I messaggi pubblicitari partecipano, in questo modo anche alla definizione dell’identità e

del nostro ruolo all’interno della società mostrandoci i modelli da seguire e contribuisce

quindi anche alla costruzione nonché alla rappresentazione della nostra identità di

genere, che è una componete sociale importante. È la prima forma di categorizzazione

degli individui che sono divisi in uomini e donne attraverso le loro differenze. Risulta

quindi ora innegabile che la pubblicità faccia parte di quelle tecnologie di genere che

concorrono alla costruzione del genere. Essa inoltre, utilizza spesso immagini legate a

questo concetto al fine di essere meglio compresa in quanto gli individui si riconoscono

in esse.

Alla luce di ciò che è stato esplicitato precedentemente è opportuno spiegare, nel

prossimo capitolo, il concetto di identità di genere, il suo uso nonché la sua importanza

all’interno della pubblicità contemporanea.

12 Adriano Zanacchi, Pubblicità effetti collaterali, Riflessione sulle conseguenze “involontarie” della pubblicità, Editori Riuniti, Roma, 2004, p. 19.

24

5. IL GENERE

Il genere, che deriva dall’inglese gender, è un termine che si riferisce ad un sistema di

ruoli e di relazioni fra donne e uomini che sono determinate dal contesto sociale,

politico ed economico in cui vivono. È una costruzione socioculturale e può essere

definito come il processo mediante il quale gli individui che nascono di sesso femminile

o maschile entrano nelle categorie sociali di donne e uomini e vengono così resi

individui concreti. Mediante il genere i soggetti acquisiscono significato in quanto viene

assegnato loro un posto all’interno della società, vengono pertanto costituiti degli

individui concreti.

La prima forma di categorizzazione degli individui riguarda la differenza tra maschio e

femmina e quindi la differenza di genere, essa è fissa e praticamente irreversibile e la

società ha la tendenza a crearsi delle aspettative nei confronti dell’uomo e della donna

che sono conformi ai ruoli che gli sono stati attribuiti dalla società e che si esprimono

attraverso credenze stereotipate.

Attraverso la seguente citazione di Vivien Burr si comprende che la differenza di genere

è diventata parte integrante della nostra società al punto tale che non siamo quasi più

in grado di percepirla. “Spesso gli aspetti apparentemente più ovvi della vita, quelli a cui

pensiamo di meno e che mettiamo in discussione, rappresentano in realtà gli elementi

cruciali della nostra esistenza di esseri umani. Di rado siamo consapevoli dell’aria che

respiriamo e dell’atto della respirazione. Non di meno, questi elementi sono

fondamentali per la nostra sopravvivenza. Analogamente, il genere (l’identità sessuale)

è la quinta sul cui sfondo ciascuno rappresenta la sua vita e che la permea al punto

che, come la respirazione scompare ai nostri occhi per la sua famigliarità”13.

Il genere fa parte della nostra vita quotidiana e questo è percepibile dal fatto che se noi

osserviamo gli aspetti, anche i più minuti della nostra vita quotidiana ci accorgeremo

che ognuno di essi è connotato dal genere. Le differenze e le disuguaglianze di

comportamento tra uomini e donne, ragazzi e ragazze, nonché bambini e bambine

sono messe in discussione e sottolineate di continuo. Siamo perfettamente a

conoscenza delle differenze di ruolo tra uomo e donna all’interno della famiglia, dei

giochi ritenuti più adatti per i bambini e per le bambine e delle differenze di genere che

si esprimono sul lavoro e nella carriera. Il genere si esprime nelle nostre vite attraverso

molte forme e in diversi ambiti.

13 Vivien Burr, Psicologia delle differenze delle differenze di genere, Il Mulino, Bologna, 2000, p. 13.

25

Non è molto però che le differenze di genere hanno cominciato ad essere considerate

come una problematica.

La riflessione sulla differenziazione tra il genere maschile e femminile conosce, infatti, i

primi sviluppi alla fine degli anni ‘70. L’ambiente accademico del femminismo

americano ed inglese sviluppa una tradizione di ricerca chiamata i Women’s Studies,

tramite la quale le femministe riescono a conquistare un loro spazio intellettuale

istituzionalmente riconosciuto. I Women’s Studies oltre alla condizione di disparità tra

uomo e donna si occupano anche della rappresentazione del genere nei media e nella

pubblicità. Si deve però sottolineare che è la donna ed essere al centro dell’interesse di

questi studi.

Più tardi, negli anni ‘80, si matura la consapevolezza della riduttività di un’analisi

prevalentemente al femminile e si allargano quindi gli orizzonti fino a considerare

l’identità di genere nella sua completezza. Il termine gender viene così utilizzato in

sostituzione a woman e feminist, Women’s Studies viene pertanto sostituito da Gender

Studies, ed inoltre fanno per la prima volta la loro comparsa i Men’s Studies. Si vuole in

questo modo abbandonare lo studio esclusivo del genere femminile e passare

all’analisi del genere in modo più ampio.

È importante sottolineare che l’identità di genere non è innata ma è acquisita. Molte

ricerche condotte tra gli anni ’60 e ’70 suggeriscono che la socializzazione di genere

abbia inizio sin dalla nascita. Infatti, la prima domanda che i genitori rivolgono a

proposito di un neonato è se si tratta di un maschio o di una femmina. Questo, in

quanto senza la conoscenza del sesso del bambino, e quindi della sua identità di

genere, sarebbe difficile sapere come comportarsi in modo adeguato. Un esempio

viene dal fatto che sin dall’inizio le femminucce vengono avvolte in una copertina rosa e

i maschietti in una copertina azzurra che segnala già una distinzione tra le due

creaturine. A dipendenza del sesso dei neonati ci si comporta quindi in un determinato

modo, le femminucce vengono generalmente designate come; delicate, tenere,

graziose. Mentre i maschietti vengono descritti con termini come; robusti, forti,

combattenti. Ad ognuno viene quindi assegnato il suo ruolo sin dalla nascita e viene

“contrassegnato” da oggetti e termini che ne rendono chiara la differenza sessuale

(Giddens, 1989).

L’identità di genere non è quindi un dato naturale ma acquisito e questo è anche

dimostrato dal fatto che i bambini acquisiscono per gradi il concetto di genere. Questo

processo viene spiegato da Lawrence Kohlberg studioso dello sviluppo cognitivo. “(…) i

26

bambini acquisiscono la capacità di comprendere il mondo per categorie, compresa

quella di genere, in parallelo allo sviluppo delle abilità intellettuali. Fra i due e i cinque

anni i bambini cominciano a comprendere che le persone si distinguono secondo il

sesso, che si può appartenere ad un’unica categoria sessuale e che non si può di solito

modificare l’appartenenza a questa categoria. (…) la categorizzazione che il bambino fa

di sé, lo spinge ad aderire a modelli di ruolo coerenti con questa sua appartenenza” 14

Tale modello afferma con chiarezza che l’identità di genere è acquisita non innata.

A questo punto è importante sottolineare la teoria dello studioso Erving Goffman

riguardo al genere, essendo uno dei maggiori studiosi di riferimento riguardo a tale

argomento.

Secondo Goffman, infatti, il genere sta alla base di un codice fondamentale secondo cui

vengono elaborate le interazioni e le diverse strutture sociali, le relazioni tra i sessi

sarebbero pertanto codificate in modo da mantenere l’ordine sociale. Inoltre, queste

relazioni non poggiano su differenze biologiche e questo in quanto questo non può

essere una spiegazione valida dal punto di vista scientifico.

Ci si potrebbe quindi chiedere come riescano le differenze sessuali, pur non avendo un

fondamento biologico oggettivo, ad avere un peso di tale rilevanza all’interno della

società.

A questo proposito, Goffman, afferma che la risposta è da ricercarsi nei luoghi di

socializzazione, e in primo luogo quindi nella famiglia dove i bambini vengono collocati

sin dalla nascita in una delle due classi sessuali (maschio e femmina), che sono

considerate complementari e differenti dal punto di vista biologico. Tutto ciò da luogo ad

un processo di socializzazione differenziata, che viene poi portato avanti e confermato

nel corso della crescita. La bambina sarà pertanto orientata verso ruoli diversi rispetto

al bambino.

Questo dimostra come una distinzione sociale possa venir giustificata tramite un

argomento biologico e origini così una socializzazione differenziata che giustifica una

differenza biologica. Le differenze sociali vengono, pertanto stabilite già sin dall’infanzia

e non rimangono semplici elementi esterni nel processo di formazione dell’identità, ma

divengono elementi importanti che contribuiscono al processo di auto-definizione.

Un altro punto importante da evidenziare riguarda il fatto che le credenze associate al

genere sono condivise da entrambi i sessi e questo spiega la ragione della loro

efficacia. 14 Lawrence Kohlberg in Vivien Burr, Psicologia delle differenze delle differenze di genere, Il Mulino, Bologna, 2000, pp. 49-50.

27

Nonostante non ci sia l’intenzione di prendere in esame dettagliatamente i concetti nella

loro totalità, è ora utile, nell’ambito di questa ricerca, definire un concetto di particolare

interesse per l’argomento trattato, quello di display15. Esso è un particolare tipo di

comportamento formalizzato, quindi semplificato, esagerato e stereotipato, che

permette all’individuo di far riconoscere e di riconoscere la propria e l’altrui posizione

nell’ambito di un’interazione sociale. Rientra nell’ambito del display tutto quello che

riguarda il comportamento e l’apparenza di un individuo.

Ogni cultura possiede una gamma specializzata di tali comportamenti indicativi e dei

modi di apparire al fine di poter svolgere questa particolare funzione informativa in

modo più efficiente.

I display stabiliscono i termini del contatto, la maniera, lo stile e la formula degli scambi

che avvengono tra le persone, ed in particolare, nel caso dei rapporti di genere,

Goffman sottolinea che: “Se il genere può essere definito come l’insieme dei termini di

correlazione culturalmente stabiliti fra i sessi, allora il display di genere fa riferimento

alle rappresentazioni convenzionalizzate di tali termini di correlazione”16.

Si può quindi affermare che i comportamenti di genere, sono rappresentazioni del

rapporto uomo-donna, stabilite culturalmente ed immediatamente riconoscibili dai

membri della società.

Come già accennato precedentemente, per quanto riguarda l’origine di tali

atteggiamenti, Goffman ne rifiuta la spiegazione biologica ma ritiene che derivino dalla

cultura ed in particolar modo dal processo di socializzazione. I comportamenti di genere

vengono, pertanto, appresi, così come vengono appresi i tempi ed i luoghi in cui

manifestarli nel modo più adeguato.

Concludendo, “Si potrebbe anche dire che non esiste un’identità di genere. C’è solo

uno schema per la rappresentazione del genere (…). (…) se esiste qualcosa che

caratterizza le persone come appartenenti ad una classe sessuale, questo qualcosa è

la loro competenza e volontà di portare avanti un appropriato schema di display: è solo

il contenuto di tali display a distinguere le classi.”17

È quindi importante ritenere che il genere è acquisito e non innato e che è parte

integrante del funzionamento della società contemporanea.

Come si è visto nel precedente capitolo i mezzi di comunicazione di massa, e quindi

anche la pubblicità, contribuiscono al nostro processo di socializzazione e operano

15 Erving Goffman, Gender advertisements, MacMillan, London, 1979, p. 1. 16 Erving Goffman, Ibidem, p. 4. 17 Erving Goffman, Ibidem, p. 8.

28

quindi su di noi anche come tecnologie di genere che partecipano alla costruzione della

nostra identità maschile e femminile. È quindi ora opportuno spiegare in modo più

dettagliato il concetto di tecnologia di genere il suo funzionamento e il suo ruolo.

5.2 I media come tecnologie di genere

Come già anticipato, si possono definire le tecnologie di genere come quegli “apparati”

esterni a noi che operano su di noi contribuendo alla costruzione e alla definizione della

nostra identità di genere. Ne fanno parte i mass media che diffondendo determinate

rappresentazioni sociali e fornendoci alcune risorse simboliche importanti attraverso le

quali possiamo identificarci, contribuiscono a questo processo. Possiamo, quindi dare

significato alle nostre differenze di genere, al nostro essere uomini e donne anche

mediante la stampa, i film, la pubblicità ecc. e le immagini da loro diffuse (De Laurentis,

1996) .

Definito che l’identità di genere si costruisce socialmente e si apprende attraverso la

socializzazione, tramite il linguaggio (quello che dico) e l’interazione sociale (quello che

faccio), è ora necessario chiarire che gli individui si formano attraverso varie pratiche

sociali e tramite il linguaggio che utilizzano. A tale proposito Liesbet Van Zoonen (1994)

definisce il genere come “una collezione di rappresentazioni culturali concorrenti e

talora contraddittorie e di significati simbolici antagonistici, tutti connessi

all’elaborazione della differenza sessuale”. Essa è quindi un costrutto linguistico-

discorsivo che si realizza tramite pratiche a cui gli attori sociali sono socializzati e

continuamente ri-socializzati durante tutte le fasi della loro vita (Balbo, 1995). Le

tecnologie di genere, come i mass media e le varie istituzioni, contribuiscono sia alla

costruzione dell’identità di genere nonché al suo al proseguimento, dettando

comportamenti da seguire e ruoli da assumere all’interno della società in cui viviamo. Si

possono definire tali tecnologie come elementi esterni a noi che per operano su di noi.

“Guardare ai media come tecnologie di genere significa in primo luogo analizzare la

loro funzione di agente di socializzazione. Non si tratta tanto di studiare cosa i media

fanno alle persone quanto piuttosto cosa le persone fanno con i media”18. A questo

punto, avendo visto l’importanza della relazione tra i mezzi di comunicazione di massa

18 Anna Lisa Tota, I media come tecnologie di genere, in Cella Gian Primo (a cura di), Disuguaglianze e differenze. Costruzione sociale e culture in un passaggio d’epoca, Guerini, Milano, 1999, p.183.

29

e la formazione del genere, si può passare alla spiegazione della rilevanza che esso

assume nella pubblicità contemporanea.

Teresa De Laurentis, esponente di rilevante importanza in questo campo, ha introdotto

la nozione di tecnologia di genere attraverso la rielaborazione critica della nozione di

tecnologia del sesso di Michel Foucault. “Si potrebbe pensare al genere prendendo

spunto da Michel Foucault, dalla sua teoria della sessualità come tecnologia del sesso,

per proporre che anche il genere, sia come rappresentazione sia come auto-

rappresentazione, venga considerato il prodotto di varie tecnologie sociali, come il

cinema, e di discorsi istituzionali, epistemologie e pratiche critiche, nonché di pratiche

della vita quotidiana.

Potremmo quindi dire che il genere, come la sessualità, non è una proprietà dei corpi o

qualcosa che esiste in origine negli esseri umani, bensì l’insieme degli effetti prodotti

nei corpi, nei comportamenti e nelle relazioni sociali (…) “.19

A questo punto de discorso è pertanto possibile sottolineare il fatto che i mass media

sono ritenuti tecnologie di genere, i quali contribuiscono a costruire l’identità di genere

congiuntamente ad apparati ideologici come la famiglia e le istituzioni.

5.2 Il genere nella pubblicità contemporanea

Nei capitoli precedenti abbiamo constatato che le pubblicità è un mezzo per dirigere il

comportamento dei consumatori all’acquisto ma anche una sorta di guida sociale che

da consigli sullo stile di vita da adottare e che contribuisce come tecnologia di genere

alla costruzione della nostra identità di genere, è quindi innegabile il legame esistente

tra di essi.. A questo proposito è importante ritenere che il genere è probabilmente la

risorsa sociale più utilizzata dalla pubblicità essa lo utilizza continuamente mostrandoci

immagini che sono legate alla differenza di genere. Questo accade perché le categorie

femminile e maschile hanno un impatto comunicativo, espressivo e di riconoscibilità

molto alto e rispondono quindi all’esigenza della pubblicità di comunicare in uno spazio

di tempo ridotto e di raggiungere l’immediata comprensione del prodotto. A questo

proposito Goffman afferma che: “Uno dei tratti dell’uomo più profondamente radicati è il

gender. Femminilità e mascolinità sono in un certo senso i prototipi dell’espressione

19 Teresa De Laurentis, Sui generi, Scritti di teoria femminista, Feltrinelli, Milano, 1996, p. 133.

30

essenziale, (…) concernete la categorizzazione di base dell’individuo.”20 La pubblicità

sceglie quindi questa area della vita sociale e la “mette in scena” in quanto essendo

riconosciuta e riconoscibile da tutti può essere comunicata con un solo sguardo ed è

difficile che sfugga all’occhio dello spettatore.

A prima vista sembrerebbe che le pubblicità di oggigiorno siano cambiate e che

rappresentino il genere in modo diverso ed innovativo mostrando immagini di donne in

carriera ed emancipate e uomini che accudiscono i figli e la casa. Si cerca quasi di

raggiungere la famosa parità dei sessi cercando di rappresentare la figura dell’uomo e

della donna in situazioni che tentano di eliminare le differenze sessuali, a volte quasi

esagerando e rappresentando uomini femminilizzati e donne fin troppo mascolinizzate

risultando essere al limite del ridicolo. Esistono addirittura immagini dove diventa

difficile distinguere l’uomo dalla donna, in quanto sono rappresentati in maniera

asessuata, le donne sono mascolinizzate e gli uomini femminilizzati, quindi non si

riesce a notare la differenza. Ma questo è un tipo di pubblicità estrema che vuole

assolutamente scioccare e far parlare di sé.

Ciò che è importante notare è che se non si osservano le pubblicità odierne in modo

approfondito, si potrebbe pensare che il modo di rappresentare il genere femminile e

maschile abbia effettivamente subito dei cambiamenti e che si siano abbandonati i

cosiddetti stereotipi usati per rappresentare l’uomo e la donna e le loro differenze.

Quindi per notare le suddette differenze, bisogna considerare l’uso di un metodo di

analisi che vada oltre quella del contenuto del testo pubblicitario. Infatti, secondo gli

studi presi in considerazione, con lo spostamento dell’interesse di studio dai Women’s

Studies ai Gender Studies, già citato precedentemente, anche sul piano dei media

studies si crea il bisogno di introdurre nuovi criteri metodologici. Non si tratta più di

analizzare solamente il contenuto del testo che si limita a rilevare in modo quantitativo

quale ruolo sociale si possa riscontrare maggiormente in un testo, ma subentra quella

che viene definita un’indagine di tipo costruttivista e che ripercorre il processo di

costruzione dell’immagine, utilizzando l’analisi dei codici, dei linguaggi e degli strumenti

di comunicazione. Si cerca di comprendere il modo attraverso il quale la pubblicità

costruisce e rappresenta la differenza di genere e quali strategie comunicative usa per

trasmetterne il significato. A questo proposito lo strumento metodologico più adatto è

l’analisi semiotica che concepisce il testo come un’entità strutturata e un mezzo

d’interazione dinamica.

20 Erving Goffman, Gender Advertisements, MacMillan, London, 1979, p. 7.

31

Analizzare attraverso questo metodo, e quindi in modo attento, il processo di

costruzione dell’immagine testuale e degli strumenti di rappresentazione e

significazione dell’identità di genere fa in modo di non cadere nell’apparente immagine

innovativa che sembra rappresentare il genere in modo diverso ma che in realtà

nasconde l’antica forma di rappresentazione usata da sempre.

Osservando più attentamente si può infatti, notare come la pubblicità tenda a ripetere i

vecchi concetti stereotipati di femminilità e di mascolinità. Il ruolo della donna all’interno

della pubblicità rimane, nella maggior parte dei casi, quello della “femmina” che seduce,

della donna-oggetto che vuole piacere soprattutto all’uomo. Viene così riproposta

l’immagine di inferiorità della donna nei confronti dell’uomo. Inoltre, le immagini di

apparente parità dei sessi risultano quasi sempre essere uno “scimiottamento” della

persona (un uomo che lava i piatti, per esempio, è un’immagine strana da vedere e

quindi fa un po’ sorridere) e quindi poco credibili.

Ritornando all’analisi costruttivista del testo, le differenze di genere vengono

rappresentate innanzitutto a livello plastico del testo, come per esempio i colori pastello

e le linee morbide e rotondeggianti che ritroviamo maggiormente nelle pubblicità

femminili, mentre i colori scuri e neutri e i contorni definiti prevalgono in un testo

maschile. E, a livello figurativo21 dell’immagine, dove al centro dell’interesse c’è il corpo

del soggetto raffigurato e dei relativi codici non-verbali come la mimica, la fisionomica

l’abbigliamento. Il corpo viene a svolgere la funzione di un testo facendosi portatore

significato.

Ed è proprio l’analisi dell’immagine a livello figurativo al centro dell’interesse di questo

lavoro. Attraverso l’indagine del volto del soggetto e in modo specifico dello sguardo,

nonché di alcune posture del soggetto, cercheremo di individuare alcuni stereotipi

rappresentati del genere femminile.

Questo metodo ci permette di individuare la rappresentazione del genere nella

pubblicità, che viene sempre più celato attraverso simbologie sottili che si basano più

che altro su elementi non verbali del testo e che riguardano per esempio lo sguardo, le

posture i colori eccetera. Questi elementi sono perlopiù percepibili attraverso un’attenta

analisi semiotica che ci permette di scoprirli.

21 “Il livello figurativo (…) presuppone l’avvenuto riconoscimento delle forme che compongono l’immagine di elementi del mondo naturale (…) passando a significare oggetti, persone, spazi, avvenimenti”. L’analisi a livello figurativo esamina l’immagine in quanto rappresenta ironicamente alcuni elementi del mondo ed inscena alcuni soggetti, oggetti, spazi ed articolazioni temporali in modo tale che questi siano riconoscibilie ricostruibili dallo spettatore. Per ulteriori informazioni si rimanda a Ruggero Eugeni, Analisi semiotica dell’immagine, Pittura, illustrazione, fotografia, I.S.U, Milano, 1999, pp. 49-96.

32

Il prossimo paragrafo consiste in un breve excursus attraverso un punto di vista di

Pierre Bourdieu che ci aiuta a comprendere meglio i ruoli dell’uomo e della donna

all’interno della società e quindi, anche il modo di rappresentare la figura femminile che

verrà descritto in seguito in modo più dettagliato.

5.2.1 La società: il punto di vista di Pierre Bourdieu

Si ritiene che la nostra società sia una società dominata dall’uomo e quindi organizzata

attraverso un principio di visione androcentrica (androcentrico non esiste nel

vocabolario, ma si capisce da andros, dal greco maschile, e quindi si potrebbe tradurre

in: “visione organizzata attorno all’uomo”). Questo principio di visione androcentrica è

incorporato in noi, esso struttura lo spazio sociale e detta i comportamenti da

assumere.

Uno dei maggiori sostenitori di questa teoria è Pierre Bourdieu secondo cui questo

principio di visione androcentrica è inscritto nell’habitus. Per capire fino in fondo cosa

Bourdieu intenda con questa teoria è bene spiegare cosa egli intenda per habitus. Esso

è un sistema di disposizioni acquisite, ed incorporate in maniera duratura, tendenti a

riprodurre la logica dei condizionamenti che sono alla sua origine. Le disposizioni sono

maniere di essere permanenti, inscritte in noi attraverso l’apprendimento e sono molto

difficili da trasformare. Sono la tendenza ad agire, o a percepire, interiorizzata in

seguito ad un insieme di azioni, di inculcazioni nelle situazioni vissute dall’agente e che

funziona come un principio d’azione e percezione. È attraverso queste due definizioni

che Bourdieu fonda la sua teoria dell’azione sociale. Egli ritiene che la nostra

percezione delle cose, quelle che ci sono state inculcate, che abbiamo interiorizzato,

influenzino i nostri pensieri, le nostre azioni, la nostra maniera di comportarci e le nostre

abitudini. Questi fatti e gesti, queste azioni, questo linguaggio rafforza la nostra visione

e percezione delle cose, che ci sembrano naturali ma che in realtà sono incorporate.

Quindi, secondo lui, tutto ciò che facciamo, che pensiamo, che diciamo, che sentiamo,

è il prodotto di questo principio di visione androcentrica che si è radicata in noi come un

programma sociale. E questo programma sociale è talmente ben incorporato in noi che

lo percepiamo come naturale quando in realtà è culturale. Tutto ciò ci riconduce al

processo di socializzazione e quindi alla costruzione dell’identità di genere che

33

apprendiamo culturalmente e che sarebbe quindi, secondo questa teoria, basata sul

principio di visione androcentrica della società. Società, che ruota pertanto attorno

all’uomo come essere maschile e alla sua visione di come dovrebbe funzionare il

mondo. Infatti, secondo la teoria di Bourdieu e gli esempi da lui riportati, egli sostiene

che le categorie mentali attraverso le quali noi pensiamo, sono il prodotto del dominio

maschile. Questa teoria sostiene, quindi, che la nostra società è sotto l’influsso di un

dominio maschile e che questo dominio ci viene tramandato culturalmente attraverso la

socializzazione ed è talmente radicato in noi da sembrarci una condizione naturale

della nostra società ma che in realtà è culturale.

Partendo da questa premessa è ora più comprensibile il comportamento e il ruolo che

assume la donna all’interno della società contemporanea.

Tutta la teoria riguardante il dominio maschile, esplicitata da Bourdieu, s’inserisce nel

concetto di quella che lui chiama violenza simbolica. Secondo Bourdieu infatti, il

dominio maschile e il suo modo di essere imposto e subito, altro non è che l’esempio di

una sottomissione, effetto della violenza simbolica e che si esercita essenzialmente

attraverso le vie puramente simboliche della comunicazione e della conoscenza o, più

precisamente, della mis-conoscenza, del riconoscimento e della riconoscenza o, al

limite, del sentimento. “L’ordine sociale funziona come un’immensa macchina simbolica

tendente a ratificare il dominio maschile sul quale esso si fonda (…)”22.

La violenza simbolica è una forma di violenza dolce e quasi invisibile. Si può chiamare

cognitiva, perché può funzionare solamente se si appoggia sulle strutture cognitive di

chi la subisce, si esercita con la complicità della coscienza di chi la subisce, di strutture

cognitive che non sono consce, ma che sono profondamente incorporate in noi stessi.

Queste strutture, nel caso del dominio maschile, si apprendono attraverso la maniera di

comportarsi. “La violenza simbolica s’istituisce tramite l’adesione che il dominato non

può non accordare al dominante (quindi al dominio) quando, per pensarlo e per

pensarsi o, meglio, per pensare il suo rapporto con il dominante, dispone soltanto di

strumenti di conoscenza che ha in comune con lui e che, essendo semplicemente la

forma incorporata del rapporto di dominio, fanno apparire questo rapporto come

naturale; o, in altri termini, quando gli schemi che egli impiega per percepirsi e valutarsi

o per percepire e valutare i dominanti (alto/basso, maschile/femminile, bianco/nero)

sono il prodotto dell’incorporazione delle classificazioni, così naturalizzate, di cui il suo

essere sociale è il prodotto. (…) Non basta quindi osservare che le donne in generale

22 Pierre Bourdieu, Il dominio maschile, Feltrinelli, Milano, 1999, p. 18.

34

si trovano d’accordo con gli uomini nell’accettare i segni esteriori di una posizione

dominata. Nella rappresentazione che si fanno del loro rapporto con l’uomo al quale la

loro identità sociale è (o sarà) legata, le donne tengono conto della rappresentazione

che l’insieme degli uomini e delle donne sarà inevitabilmente portato a farsi di sé

applicandogli gli schemi di percezione e di valutazione universalmente condivisi (nel

gruppo considerato).”23

Alla luce di ciò che è stato esplicitato precedentemente sembra che le donne esistano

soprattutto attraverso lo sguardo degli altri, cioè in quanto oggetti che devono risultare

accoglienti, attraenti e disponibili.

Così si chiarisce che la violenza simbolica altro non è che una dominazione che

suppone la presenza di un codice comune, e può pertanto compiersi, solo alla

presenza di un codice comune. Una forma di dominazione può esercitarsi sui dominati

dal momento che essi acquistano un minimo di accesso al codice culturale comune.

Tutto ciò è estremamente paradossale in quanto ad una visione semplice della cultura

si sostituisce una definizione a due facce: la cultura è sì uno strumento di

comunicazione ma, al tempo stesso, è anche uno strumento di dominazione che

presuppone la comunicazione, essa assume quindi il ruolo di strumento di

comunicazione e di dominio.

Per riassumere si può affermare che secondo Bourdieu vi è violenza simbolica nel

momento in cui si impongono le strutture mentali attraverso cui il soggetto percepisce il

mondo sociale ed intellettuale.

Per ritornare al concetto di dominio maschile e della funzione della donna all’interno

della società, Catharine MacKinnon descrive così il modo in cui si diventa donna: “Da

un punto di vista sociale, essere femmina significa femminilità, che significa essere

sessualmente attraenti, che significa essere sessualmente disponibili in termini

maschili. Ciò che definisce la donna in quanto tale è ciò che eccita l’uomo. Le brave

ragazze sono attraenti, le cattive ragazze sono provocanti. La socializzazione di genere

è il processo per mezzo del quale le donne giungono ad identificarsi quali esseri

sessuali, esseri che esistono per l’uomo. È mediante questo processo che le donne

interiorizzano (fanno propria) un’immagine della loro sessualità come loro identità di

donne. Non è solo un’illusione.”24

23 Pierre Bourdieu, Il dominio maschile, Feltrinelli, Milano, 1999, pp. 45-46. 24 Catharine MacKinnon in Teresa De Laurentis, Sui generi, Scritti di teoria femminista, Feltrinelli, Milano, 1996, p. 108.

35

Secondo questa visione si può affermare che la società occidentale contemporanea

può essere considerata una società prevalentemente maschile, in cui le regole della

convivenza sono costruite da e per l’uomo con la conseguente subordinazione ad esse

da parte della donna che le accetta inconsciamente.

Le donne, all’interno di una società androcentrica esistono e agiscono in funzione

dell’uomo, in quanto i loro comportamenti, appresi tramite la socializzazione, sono

dettati da una società sotto l’influsso di un governo maschile. Esse si sottomettono a

questo potere in quanto lo ritengono una condizione naturale del loro essere. La donna

è pertanto vista in relazione all’uomo, non come essere autonomo.

Si cerca di mantenere la supremazia maschile attraverso dei meccanismi difficili da

percepire ma che mantengono questa antica forma di potere ancora in vigore nella

società contemporanea.

Ciò che è stato esplicitato sino ad ora ci permette di capire che l’apprendimento del

modo di vivere e di rapportaci con gli altri è dettato da ruoli predefiniti dalle istituzioni e

dalla società. Essi, in quanto ordine sociale, prefigurano ruoli che dovremmo assumere

in società e la nostra identità di genere ma in condizioni non scelte da noi.

Se si osservano le pose disinvolte che alcune donne assumono nelle pubblicità o nelle

vita quotidiana, si potrebbe dire che le donne occidentali sono consapevoli ed accettino

questo dominio. In questi casi il corpo femminile dimostra la sua disponibilità,

combinando un potere di attrazione e di seduzione conosciuto e riconosciuto da tutti,

uomini e donne, e che è rivolto agli uomini da cui la donna dipende o ai quali è legata.

Questo dimostra che l’uso che molte donne fanno del proprio corpo rimane subordinato

al punto di vista maschile.

5.2.2 La donna nella pubblicità contemporanea

L’affermazione conclusiva del paragrafo precedente, ci riporta direttamente all’ipotesi

dello

studioso Erving Goffman, che nel suo testo Gender Advertisements ha analizzato la

differenza di genere nella pubblicità, il quale sostiene che negli annunci pubblicitari ci

sia un forte sbilanciamento della rappresentazione del rapporto di genere a favore

dell’uomo. La donna si trova sempre in una posizione subordinata nei suoi confronti e

questo è osservabile dai comportamenti e dalle posture che essa assume e attraverso

36

le quali viene raffigurata nelle immagini pubblicitarie analizzate dall’autore. È da notare

che nonostante il volume da lui scritto sia datato 1972, e non è quindi propriamente

recente, questa sua ipotesi rimane applicabile anche alle pubblicità contemporanee che

però, come si vedrà più avanti, rappresentano generalmente questo sbilanciamento

attraverso nuove tecniche comunicative e in modo meno esplicito.

A questo proposito, Sabrina Pomodoro sostiene che esistono nuove e più sofisticate

tecniche di rappresentazione e differenziazione della donna:

• “Il corpo femminile viene “frammentato” e un solo frammento è utilizzato per

indicare simbolicamente l’intero corpo.

• Lo sguardo del soggetto femminile rappresentato nell’immagine pubblicitaria è

rivolto frontalmente all’interlocutrice per coinvolgerla in profondità ( mentre quello

maschile, che appartiene ad un soggetto impegnato e fiero di sé, raramente

cerca di incontrare quello dello spettatore).

• Il soggetto maschile è immaginato come osservatore implicito, che guarda

dall’esterno e svolge un ruolo attivo, la donna pertanto si definisce per effetto di

questo sguardo come soggetto passivo.

• La donna rappresentata si annulla come persona specifica e divine un mero

portavoce dei significati del prodotto pubblicizzato, si instaura dunque un

processo di scambio in cui il prodotto trascende la sua natura materiale e diventa

quasi “umano”, la modella assume il ruolo dell’oggetto da acquistare e

consumare.”25

Alle donne, in sostanza, sono assegnati principalmente due ruoli nella pubblicità; quello

della ragazza affascinante e bella, ma passiva e che assume il ruolo di donna-oggetto,

e quello della madre-casalinga. In entrambi i casi esse dipendono dall’uomo ed

acquistano la loro identità sociale non per sé stesse ma attraverso la visione dell’uomo.

Oggi alle donne vengono attribuite in pubblicità delle immagini sociali di apparente

parità, ma che in fondo nascondono ancora forme di differenziazione. Ciò vale a dire

che la sempre più frequente figura di donna moderna ed emancipata porta con sé

significati meno evidenti, ma che possono riproporre un’inferiorità del femminile rispetto

al maschile o riproporre il modello della donna-oggetto attraverso una serie di

comportamenti stereotipati che ne segnalano la sua posizione sociale.

25 Sabrina Pomodoro in Vanni Codeluppi, Che cos’è la pubblicità, Carocci, Roma, 2001, p. 54.

37

Molte sono state le immagini della donna proposte dalla pubblicità nell’ultimo secolo,

c’è stato il tempo delle bambole, quello delle sifilidi, delle vipere, delle matrici, delle

vamp, delle miss, delle gioiose massaie, delle emancipate, e via proseguendo fino alle

vincenti ed aggressive donne in carriera. Tutte immagini stereotipate tratte soprattutto

dall’esperienza e dall’immaginario degli uomini.

Un pubblicitario descrive l’immagine della donna sui periodici femminili nel seguente

modo: “Non ho un’idea di come possano essere i cataloghi delle case di appuntamento

ma sono pronto a scommettere che non siano affatto diversi dalle pagine pubblicitarie

che compaiono sulle riviste di moda. (…).”26

A questo proposito è opportuno evidenziare la visione di John Berger riguardo

l’immagine dell’uomo e della donna. Egli ritiene che le rappresentazioni del corpo

maschile esprimano messaggi diversi rispetto a quelle del corpo femminile, sostenendo

che il primo è fatto per l’azione mentre il secondo è fatto per essere guardato.

Il corpo femminile è rappresentato in modo tale che diventa una sorta di spettacolo

visivo fatto per essere osservato ed ammirato. Inoltre, la modella sembra guardare

direttamente lo spettatore come se sapesse di essere osservata e quindi il suo intento è

quello di piacere al suo osservatore. Berger riassume tutto ciò in un motto che dice: “Gli

uomini agiscono e le donne appaiono. Gli uomini guardano le donne e le donne

osservano se stesse mentre vengono guardate. Ciò determina non soltanto la maggior

parte delle relazioni tra uomini e donne, ma anche il rapporto delle donne con sé

stesse. Il sorvegliante che la donna ha dentro di sé è maschio: il sorvegliato è femmina.

Ecco dunque che ella si trasforma in oggetto, e più precisamente in oggetto di

visione.”27

Questa incide, quindi, non solamente sulla maggior parte delle relazioni uomo-donna,

ma anche sul rapporto delle donne con se stesse. Esse apprendono sin da piccole a

guardarsi e a guardare se stesse con gli occhi degli uomini e questo causa una sorta di

auto-monitoraggio continuo. Berger sostiene che le donne si sentono in dovere di

guardarsi e scrutarsi continuamente ed in ogni situazione. E questo per il semplice

motivo che le è stato insegnato loro, sin da piccole, ad indagarsi di continuo in quanto il

loro modo di apparire agli altri ed in particolare agli occhi degli uomini è di importanza

rilevante nel determinare il successo della loro vita.

26 Roberto Gorla in Adriano Zanacchi, Pubblicità effetti collaterali, Riflessione sulle conseguenze “involontarie” della pubblicità, Editori Riuniti, Roma, 2004, p. 139. 27 John Berger, Questione di sguardi, Sette inviti al vedere fra storia dell’arte e quotidianità, Il Saggiatore, Milano, 2002, p. 49.

38

La donna sa di essere osservata, fa parte del suo essere femmina, infatti, deve sentirsi

riconosciuta dall’altro per sentire veramente di esistere. Il modo in cui lei si presenta è

importante in quanto il comportamento che un uomo decide di assumere con una

donna dipende soprattutto dall’immagine che egli si fa di lei osservandola. Si può

pertanto affermare che l’immagine, per la maggior parte dei casi seduttiva, della donna

è un’immagine che serve ad alimentare il desiderio maschile.

A questo punto è lecito sostenere che le donne non reagiscono di fronte ad immagini

che le rappresentano in modo negativo e stereotipato, in quanto esse sono abituate a

vedersi raffigurate in quel modo e, nonostante esse lo riconoscano, lo accettano perchè

si aspettano di vedersi rappresentate così.

Lo schema di rappresentazione della donna rimane quindi più o meno sempre lo

stesso, perché è uno schema dettato dagli uomini che vogliono vedere le donne

rappresentate in un certo modo e pertanto. L’immagine può cambiare superficialmente

a dipendenza della moda o dello stile di vita ma se si guarda più a fondo si può ritrovare

lo schema famigliare di rappresentazione della figura femminile.

Nel prossimo capitolo passerò all’analisi di alcune pubblicità con lo scopo di rilevare gli

elementi che contribuiscono a determinare il genere nel testo pubblicitario ed in modo

particolare quelli che sono usati per riprodurre gli stereotipi che rappresentano il genere

femminile e che riconducono al modello di donna-oggetto.

39

6. ANALISI DELLE IMMAGINI PUBBLICITARIE

L’intento di questo capitolo è quello di tentare di fornire un esempio pratico dei concetti

esposti nei capitoli precedenti in modo da dimostrarne l’attendibilità.

Al fine di raggiungere tale scopo, in questo capitolo verranno, dapprima definiti l’oggetto

e gli strumenti d’analisi, per passare poi all’esame delle immagini pubblicitarie

considerate. Quest’ultima sarà ulteriormente suddivisa in due fasi, nella prima verranno

analizzate alcune pubblicità, estrapolate dalle riviste che si è scelto di utilizzare,

seguendo la teoria delle dinamiche dello sguardo e dei comportamenti e le posture del

soggetto rappresentato. Mentre nella seconda parte saranno create delle tabelle

riassuntive dei dati raccolti che si riferiscono alla quantità e al tipo di immagini

pubblicitarie contenute nei quattro periodici e per il periodo preso in considerazione.

6.1 Oggetto di analisi

Questa parte è dedicata all’esplicazione dell’oggetto d’analisi utilizzato nella presente

ricerca.

Si è scelto di prendere in esame le pubblicità contenute nell’edizione italiana di quattro

riviste femminili, internazionali, pubblicate mensilmente: Cosmopolitan, Marie Claire,

Vogue Italia ed Elle. Quest’ultime trattano la moda come argomento principale. Si è

inoltre deciso di prendere in considerazione le pubblicazioni che vanno dall’ottobre

2005 a gennaio 2006, poiché si ritiene che questo lasso di tempo (quattro mesi), sia

sufficientemente rappresentativo nell’ambito del presente lavoro che, come detto, si

propone come un tentativo di riflessione.

La scelta del suddetto oggetto d’indagine deriva, innanzitutto, da una questione

geografica e linguistica come dal fatto che esso si adatta molto bene al presente

soggetto di ricerca. Queste riviste contengono, infatti, un numero considerevole di

pubblicità e si rivolgono ad un pubblico esclusivamente femminile. Inoltre, si è ritenuto

la stampa periodica un oggetto di studio di maggior praticità rispetto ad altri mezzi di

comunicazione e questo sia per un fatto di reperibilità, che di costi e di complessità

dell’analisi.

Il prossimo paragrafo definisce in maniera più dettagliata i periodici sopraccitati.

40

6.1.1 Le quattro riviste

Le riviste Cosmopolitan, Marie Claire, Vougue ed Elle sono rivolte ad un pubblico

femminile e trattano la moda come argomento principale, tuttavia toccano anche

argomenti riguardanti la bellezza, le varie tendenze e l’attualità, sempre circoscrivendo

le tematiche alla sfera femminile.

Detto ciò si può passare ora alla descrizione di ognuno di questi periodici e ad una

breve analisi delle loro copertine. Quest’ultime sono rilevanti in quanto equivalgono al

packaging di un prodotto e quindi strettamente legate al suo contenuto al quale, a sua

volta, corrispondono le immagini pubblicitarie inserite.

È importante precisare che per le copertine sarà effettuata un’analisi dell’immagine

articolata in diversi livelli28:

• Livello plastico: si occupa dell’esame dei codici visivi, cromatici, grafico-

tipografici, e delle categorie topologiche.

• Livello figurativo: determina ciò che viene rappresentato dalle immagini,

fotografiche e non.

• Livello semantico: riguarda i contenuti affrontati.

28Per ulteriori informazioni si rimanda a Ornella Handwerker, Introduzione allo studio della stampa periodica: un modello interdisciplinare di analisi, in Eugeni Ruggero e Armando Fumagalli (a cura di), Semiotica della pubblicità, Metodi Teorie, Storie, I.S.U, Milano, 1999, pp.13-43.

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6.1.1.1 Cosmopolitan

Dati tecnici

Anno fondazione: 2000. Periodicità: mensile.

Editore: Hearst Mondatori Editoriale Srl.

Prezzo di copertina: 1.80 Euro.

Raccolta pubblicità: Mondatori Pubblicità S.p.A.

Carta: semi-lucida, patinata e piuttosto consistente.

Formato: mm. 204X276.

Impaginazione: su tre colonne.

Confezione: brossatura.

Tiratura: circa 310'000 copie.

Descrizione generale

Cosmopolitan è una rivista pensata per una donna giovane, dinamica, intraprendente,

sicura di sé e determinata.

È la rivista di moda più letta al mondo ed è pubblicata in 100 paesi con oltre 40 edizioni

diverse; essa dà informazioni sullo stile di vita delle donne nel mondo e fornisce spunti

per vivere al meglio in società. Contiene rubriche dedicate al sesso, all’amore, al lavoro,

alla moda, alla salute, alla bellezza e alle varie tendenze che riguardano l’attualità in

generale. Argomenti che forniscono informazioni su come vivere al meglio la propria

femminilità, rimanendo sempre informati sui trends del momento.

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Analisi della copertina

Livello plastico

Foto: generalmente ha una grandezza tale da occupare tutta la pagina e ritrae ragazze

con un’inquadratura in piano americano, che riprende quindi la ragazza dal ginocchio in

su.

Colore: lo sfondo è sempre monocromatico e di un colore vivace ed intenso (rosso,

arancione, fucsia).

Titolo o “testata” della rivista: scrittura semplice, chiara, a caratteri capitali e spessi, di

colore vivace in contrasto con lo sfondo della pagina.

Caratteri: i caratteri utilizzati dai singoli titoli differiscono leggermente da quello usato

per la testata. Sono caratteri di tipo giornalistico suddivisi in tre colori diversi, che, però

si sono in sintonia con i colori dello sfondo e del titolo. È da notare che due dei singoli

titoli sono dello stesso colore di quello della testata. Viene utilizzata una scrittura in

grassetto, in caratteri capitali e non, che si differenzia leggermente a seconda dei titoli.

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Nel complesso la pagina è piuttosto ordinata, chiara, vivace e dinamica.

Livello figurativo

Abitualmente la foto che domina la copertina rappresenta donne famose, richiamando il

fatto che all’interno della rivista ci sarà un articolo che vi si riferisce. Questo è anche

segnalato da un titolo in alto a destra che dichiara il nome della modella e il contenuto

dell’articolo. Le donne raffigurate sono di giovane età, tra i 20 e i 30 anni, molto belle,

piuttosto sorridenti, in piedi, con le mani appoggiate ai fianchi o nella tasca dei pantaloni

e hanno lo sguardo rivolto frontalmente. Sono vestite in modo semplice, fresco ed

elegante e portano i capelli sciolti. La loro postura e l’espressione del volto invitano ad

essere guardate, ammirate per la loro bellezza e suggeriscono di essere prese come

modello.

Livello semantico

Alcuni degli argomenti trattati nella rivista sono anticipati nella copertina attraverso dei

titoli che anticipano al lettore alcuni argomenti che potrà trovare al suo interno. Questo

è il caso anticipato in precedenza riguardo all’articolo sul personaggio famoso, per

citare un esempio, questi titoli -detti anche finestre-, hanno lo scopo di incuriosire ed

attirare il lettore, che deciderà quindi di acquistare la rivista.

Si può ritrovare più o meno sempre lo stesso schema, di volta in volta leggermente

riadattato; nel proporre determinati temi essi hanno, spesso la stessa posizione in

copertina, e sono disposti secondo il grado d’importanza e il rilievo che si vuole

attribuirgli. Questo viene effettuato con l’intento di conferire una certa identità alla rivista

e per aiutare il lettore ad identificare gli argomenti in modo più semplice e pratico.

In questo periodico si possono trovare gli argomenti che seguono:

Sul lato sinistro:

-Sesso/Coppia

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-Rubrica legata al periodo della pubblicazione (p.es. regali di Natale dicembre;

Oroscopo gennaio).

-Lavoro

Sul lato destro:

-Personaggio famoso

-Moda

-Bellezza

-Un’ inchiesta

Questo schema può variare, ma complessivamente rimangono sempre questi i punti su

quali la testata fa leva per rendersi attraente.

Al centro dell’attenzione vi sono i problemi riguardanti la moda, la vita di coppia, la

bellezza, il lavoro. La rivista cerca di proporre soluzioni e fornire consigli relativi per

apparire al meglio, per vivere meglio. La presenza di un personaggio famoso è altresì

importante, poiché produce ammirazione e desiderio di imitazione, diventando un

modello al quale ispirarsi.

Al centro dell’interesse c’è la donna che vuole prendersi cura di sé, divertirsi, tenersi al

corrente riguardo alle tendenze del momento.

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6.1.1.2 Marie Claire

Dati tecnici

Anno fondazione: 1987.

Periodicità: mensile.

Editore: H.M.C Italia Srl.

Prezzo di copertina: 2.50 Euro.

Raccolta pubblicità: Hachette Rusconi Pubblicità S.p.A.

Carta: lucida, patinata e piuttosto consistente.

Formato: mm. 225x285.

Impaginazione: su quattro colonne.

Confezione: brossatura.

Tiratura: circa 200'000 copie.

Descrizione generale

Marieclaire è un mensile che offre spunti riguardo alla moda, all’amore, alla bellezza, al

lavoro, al sesso, ai figli, alla cultura e all’attualità in generale. È pubblicato in 25 paesi

ed in 14 lingue diverse. Dà consigli sui trends da seguire e notizie riguardo alle

tendenze in vigore. È una rivista di alto stile curata nelle immagini e nei contenuti.

Si tratta di una rivista rivolta ad una donna intraprendente, desiderosa di stare al passo

con i tempi.

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Analisi della copertina

Livello plastico

Foto: Generalmente di grandezza tale da occupare tutta la pagina, ritrae ragazze con

un’inquadratura in primo piano.

Colore: lo sfondo è sempre monocromatico e di colore chiaro (bianco, grigio chiaro,

panna).

Titolo o “testata” della rivista: scrittura semplice, in minuscolo e un po’ rotondeggiante,

che richiama tratti femminili, i caratteri sono spessi e di colore intenso, risaltano sullo

sfondo chiaro della copertina (nero, blu, fucsia).

Caratteri: i caratteri utilizzati dai singoli titoli differiscono da quello usato per la testata.

Sono caratteri di tipo giornalistico suddivisi in due colori diversi, di cui uno è uguale al

colore della testata e l’altro è il nero. Oppure sono dello stesso colore della testata.

Viene utilizzata la scrittura in grassetto ed è in caratteri capitali.

Nel complesso la pagina è ordinata elegante e sobria.

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Livello figurativo

La foto ritrae delle donne giovani, intorno ai 25-30 anni, belle e con poco trucco,

piuttosto semplici. Portano i capelli raccolti o pettinati all’indietro, sono vestite in modo

elegante e sobrio. Il loro sguardo è rivolto verso l’interlocutore ed hanno il viso piuttosto

serio, non sorridente. Richiamano ad un’immagine di bellezza diversa rispetto a

Cosmopolitan, un’immagine più da signora, molto elegante e soprattutto concentrata su

se stessa. Anche in questo caso il tipo d’immagine richiama un elemento

d’identificazione da parte del lettore, che è invogliato a raggiungere questo tipo di

bellezza.

Livello semantico

Anche in questo caso alcuni degli elementi trattati nella rivista sono anticipati attraverso

dei titoli. Per quanto riguarda, lo schema, vale ciò che è stato asserito per la rivista

precedente. I titoli sono generalmente disposti sul lato sinistro della copertina e si trova

un titolo, più grande ed evidenziato, nella zona centrale della rivista.

Questi gli argomenti proposti dal periodico:

-Moda

-Lavoro/viaggi

-Amore/uomini

-Attualità

Questo schema può variare, ma rimangono sostanzialmente questi i punti sui quali la

rivista fa leva per rendersi attraente.

L’argomento centrale è la moda e le anticipazioni riguardo ai trends da seguire, ma dà

anche suggerimenti su come gestire il rapporto di coppia e gli uomini, e fornisce idee

per essere al passo con i tempi e con la società e il mondo del lavoro.

Questa rivista è rivolta ad una donna emancipata, elegante e signorile che ha cura di sé

e vuole tenersi informata sulle novità che riguardano l’universo femminile.

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6.1.1.3 Vogue Italia

Dati tecnici

Anno fondazione: 1965.

Periodicità: mensile.

Editore: Condé Nast Edizioni S.p.A.

Prezzo di copertina: 5 Euro.

Raccolta pubblicità: Condé Nast Pubblicità S.p.A.

Carta: lucida, patinata e piuttosto consistente.

Formato: 206x275.

Impaginazione: su 3 colonne.

Confezione: brossatura.

Tiratura: circa 275'000 copie.

Descrizione generale

Vogue Italia è il punto di riferimento per il mondo della moda, infatti, è considerata la

rivista di moda per eccellenza. È ideato per donne d’alta classe che impersonano la

femminilità più moderna in tutte le sue sfaccettature, e che seguono con grande

interesse le nuove tendenze riguardo all’alta moda e vogliono stare al passo con i

tempi. Vogue dà principalmente informazioni per quanto riguarda il mondo della moda

ed anticipa stili e tendenze. Al suo interno trovano spazio le immagini dei più grandi

fotografi al mondo e delle firme più prestigiose. La rivista è impostata secondo i canoni

della raffinatezza e di estrema cura dell’immagine.

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Analisi della copertina

Livello plastico

Foto: generalmente ha una grandezza tale da occupare tutta la pagina e ritrae modelle

inquadrate in primo piano. Anche in questo caso la modella copre la parte centrale del

titolo con la testa.

Colore: lo sfondo è monocromatico e di colore tenue che dal bianco al grigio scuro.

Titolo o “testata” della rivista: scrittura chiara, a caratteri capitali, spessi e ben distinti. Il

titolo ha una linea pulita e ben identificabile ed è di colore non troppo in contrasto con lo

sfondo ma in ogni caso ben riconoscibile.

Caratteri: non ci sono praticamente titoli sulla copertina, salvo una scritta che richiama

lo shooting fotografico all’interno della rivista. I caratteri differiscono quello usato per la

testata e sono in sintonia con l’immagine rappresentata.

La pagina è estremamente chiara e pulita e si concentra esclusivamente sull’immagine

rappresentata.

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Livello figurativo

La foto in copertina rappresenta giovani modelle d’alta moda che richiamano il servizio

fotografico della rivista. Sono donne in fashion esuli dal ricordare la donna di tutti i

giorni. Rappresentano l’ambiente della moda e le tendenze del momento. Come le

altre, invitano ad essere guardate ed ammirate. Non serve testo e neppure titolo,

poiché l’immagine stessa richiama l’interesse del lettore.

Livello semantico

Per certo l’argomento principale trattato dalla rivista è la moda. Ne è testimonianza

l’immagine in copertina che si riferisce totalmente a lei e che riconduce al servizio

fotografico di moda collocato all’interno della rivista. Lo schema è sempre lo stesso:

l’immagine della modella e quindi l’argomento moda e i relativi consigli ed anticipazioni

sono inequivocabilmente il tema centrale del periodico.

È una rivista dedicata ad una donna sofisticata, d’alta classe, interessata all’alta moda.

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6.1.1.4 Elle

Dati tecnici

Anno fondazione: 1987.

Periodicità: mensile.

Editore: Hachette Ruscono Editore S.p.A.

Prezzo di copertina: 2.50 Euro

Raccolta pubblicità: Hachette Rusconi Pubblicità S.p.A.

Carta: lucida, patinata e piuttosto consistente.

Formato: mm. 225x285

Impaginazione: su 3 colonne.

Confezione: brossatura.

Tiratura: circa 155'000 copie.

Descrizione generale

Elle è un mensile concepito per una donna elegante, sofisticata e d’alta classe. Anticipa

le tendenze più interessanti a livello internazionale e soprattutto legato al campo della

moda. Fornisce interessanti informazioni per una lettrice desiderosa di essere sempre

all’avanguardia riguardo a temi legati all’alta moda, ma anche alla cultura, alla bellezza,

l’amore, i viaggi e attualità in generale. Le pagine di Elle sono accurate e presentano

uno stile alto e delle immagini ricercate.

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Analisi della copertina

Livello plastico

Foto: generalmente è di grandezza tale da occupare tutta la pagina e ritrae ragazze con

un’inquadratura in piano americano e figura intera.

Colore: lo sfondo è sempre monocromatico, i colori spaziano dal bianco al grigio scuro.

Titolo o “testata” della rivista: la scrittura è semplice, chiara, in caratteri capitali e spessi,

come per la rivista Vogue Italia, sembrerebbe un tratto distintivo delle riviste di moda da

me prese in considerazione. I colori sono vivaci e totalmente in contrasto con lo sfondo.

Caratteri: i caratteri utilizzati dai singoli titoli differiscono leggermente da quello usato

per la testata. Sono caratteri di tipo giornalistico e sono suddivisi in due colori di cui uno

è lo stesso di quello del titolo della rivista. Viene utilizzata una scrittura in grassetto ma

non in caratteri capitali. Il grassetto è scelto per il titolo della finestra mentre l’atro per

l’argomento trattato.

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Livello figurativo

La foto che domina la copertina rappresenta modelle giovani e molto belle, d’età

compresa tra i 25 e i 30 anni. Hanno il volto rivolto verso il lettore, allo sguardo

provocante. Non sorridono molto. Sono vestite con abiti d’alta moda, hanno il viso

piuttosto truccato e portano i capelli sciolti. Rappresentano la donna sicura di sé, colei

che segue l’andamento delle varie tendenze, con sguardo particolare verso la moda.

Livello semantico

Alcuni degli argomenti trattati nella rivista sono anticipati nei titoli in copertina. Lo

schema di rappresentazione è più o meno sempre lo stesso.

In questo periodico si possono trovare i seguenti argomenti:

All’interno del titolo della rivista

-Lifestyle

Sul lato sinistro:

-Amore/Rapporto di coppia

-Tendenze

-Bellezza

-Personaggi

In basso, centrale:

-Moda/Argomento riguardante il mese in considerazione (gennaio, oroscopo dell’anno).

Lo schema può variare, ma i punti su cui fa leva la testata rimangono

complessivamente questi. Al centro dell’attenzione c’è la donna e la moda, spesso

evidenziato anche dal fatto che si trova nella zona centrale della pagina ed è scritto in

caratteri più grandi. Anche questa rivista dà consigli alla donna sul vivere in società e

sul modo di essere sempre alla moda, al passo con i tempi. Si rivolge ad una donna

d’alta classe, intraprendente alla quale piace prendersi cura di sé ed essere sempre

informata.

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Un elemento importante da rilevare e che ritroviamo in tutti e quattro i periodici è che la

modella è evidenziata rispetto al resto, e questo è osservabile dal fatto che la sua

immagine è messa in rilievo e copre, in parte, la zona centrale del titolo della rivista. È

quindi indiscutibile che è la donna al centro dell’interesse dei quattro periodici.

Per finire, è utile sottolineare che, trattando questi mensili tematiche legate alla moda, i

loro contenuti, il numero delle pagine e delle pubblicità variano secondo la

corrispondenza con i periodi legati alle cosiddette fashion weeks (settimane della

moda), nei quali l’alta moda presenta le “nuove collezioni”.

A questo punto, dopo aver descritto il materiale dal quale saranno estrapolate le

immagini pubblicitarie, si può passare all’esplicazione dello strumento attraverso cui

saranno analizzate.

6.2 Strumenti di analisi

Il presente paragrafo si occupa di disegnare degli strumenti d’analisi che permetteranno

di evidenziare gli elementi che caratterizzano la rappresentazione della figura femminile

nelle immagini pubblicitarie.

6.2.1 Le dinamiche dello sguardo

Ruggero Eugeni definisce l’immagine come qualcosa che non riguarda soltanto la

rappresentazione del mondo, ma che crea delle relazioni tra questo mondo e lo

spettatore. Questo forma un processo di costruzione di significato dove lo sguardo del

soggetto raffigurato assume un’importanza fondamentale. Lo sguardo, infatti, permette

di riconoscere la relazione esistente tra l’osservatore esterno e ciò che è rappresentato.

Determina e costituisce la posizione e il punto di vista dello spettatore rispetto

all’immagine e quindi al mondo che sta osservando. Le espressioni del volto del

personaggio rappresentato permettono quindi di inferire l’identità di genere dello

spettatore, come pure l’insieme dei valori e delle qualificazioni che la definiscono.

Innanzi tutto osserviamo, quali sono le dinamiche visive che contribuiscono a

determinare il genere nel testo pubblicitario; in altri termini, quali tipologie di sguardo

55

sono tendenzialmente utilizzate in una pubblicità “femminile” e “maschile”, volgendo

prevalentemente l’attenzione a quella femminile.

Poi, più avanti, saranno associati anche alcuni elementi riguardanti i comportamenti e le

posture del soggetto rappresentato apprese dal testo Gender Advertisements di

Goffman e che aiuteranno a definire meglio la rappresentazione del genere nelle

immagini pubblicitarie.

6.2.1.1 Sguardo esplicito diretto verso lo spettatore

Questo è il tipo di modello visivo più sfruttato nelle pubblicità femminili e soprattutto in

quelle che promuovono i cosmetici. Il soggetto femminile fronteggia lo spettatore e

sembra guardarlo fisso negli occhi. Lo sguardo del personaggio raffigurato

nell’immagine e quello dello spettatore coincidono. Questo tipo di meccanismo viene

definito mirrored gaze (sguardo speculare)29. La modella richiama direttamente

l’attenzione dello spettatore, generalmente femminile, e rivela così il desiderio di

“guardare e di essere guardata”. Grazie alla sua forza emotiva, lo sguardo fisso, diretto

ed autorevole della modella è in grado di creare una relazione di coinvolgimento e

d’immedesimazione totale con lo spettatore. Egli è invitato, attraverso l’elemento

emozionale, ad identificarsi con il ruolo interpretato dalla donna e ad assumerne il

punto di vista. A questo proposito è da notare che la carica esistenziale della modella

riconduce al prodotto da lei pubblicizzato. Tra prodotto e modella esiste, infatti, un

rapporto prossemico, univoco, evocativo: la donna è rimossa realtà, allontanata da

qualsiasi dimensione esperienziale, in una parola de-narrativizzata, per esistere

soltanto in funzione del prodotto e per divenire puro segno significante i valori evocati

dal prodotto come per esempio: giovinezza, bellezza e femminilità (valori maggiormente

inflazionati nella pubblicità femminile). La modella viene investita dalle qualità della

merce permettendone così la totale identificazione. Al processo di oggettificazione della

modella corrisponde però anche un processo di personificazione dell’oggetto; la merce

abbandona la sua veste materiale per assumere una dimensione “umana”, affettiva,

emozionale che viene suggerita dalla donna.

29 Sabrina Pomodoro, La costruzione dell’identità di genere in pubblicità. Un’analisi delle dinamiche dello sguardo, in Ruggero Eugeni e Armando Fumagalli (a cura di), Semiotica della pubblicità, Metodi Teorie, Storie, I.S.U, Milano, 1999, p. 118.

56

In virtù dell’identificazione tra soggetto e prodotto, il sistema visivo diretto è quindi

utilizzato per incoraggiare il coinvolgimento emotivo dello spettatore verso l’immagine

della donna, da cui deriva per riflesso il desiderio di possesso dell’oggetto reclamizzato.

6.2.1.2 Sguardo diretto o negato verso se stesso

È questo il caso dello sguardo rivolto verso se stesso, ad esempio alla presenza di uno

specchio o di qualcosa nel quale riflettersi. Si possono rivedere i meccanismi d’auto-

contemplazione e narcisismo che si sono accennati nel mirrored gaze, benché in

questo caso assumano una dimensione diversa. Qui, infatti, il soggetto non interpella

direttamente lo spettatore, ma dirige lo sguardo verso se stesso. Il mancato incrocio di

sguardi sembrerebbe annullare il processo d’identificazione emozionale tra spettatore e

soggetto mentre in realtà questo viene rappresentato dall’oggetto che riflette l’immagine

e che rimanda lo spettatore ad un ideale narcisistico. Lo spettatore è invitato ad

identificarsi con l’immagine riflessa della modella al punto tale da voler possedere

l’oggetto pubblicizzato, lo stesso che la rende attraente e desiderabile agli occhi degli

altri.

6.2.1.3 Sguardo esplicitamente negato allo spettatore

Questo tipo di modello visivo riguarda quello del “voler essere guardato, ma non voler

guardare” e lo ritroviamo molto spesso nelle pubblicità femminili. In questo caso il

soggetto raffigurato nega volontariamente lo sguardo all’osservatore cosicché egli non

possa accedere completamente all’espressività del suo volto assumendo una, però

solo apparente, presa di distanza. Infatti, distogliendo lo sguardo dello spettatore la

modella diviene puro oggetto artistico: è impegnata nell’attività di auto-contemplazione,

il che stimola lo spettatore all’osservazione e al possesso. Questo velo di mistero

lasciato dalla modella invoglia a fantasticare sulla persona senza subirne lo sguardo di

sfida. È qui che subentra ciò che viene definito il male gaze (sguardo maschile)30.

Come già anticipato precedentemente, è opinione di molti studiosi che la figura

femminile, nelle diverse forme culturali, sia spesso costruita e rappresentata in funzione

30 Sabrina Pomodoro, ibidem, p.120.

57

dello sguardo dell’uomo, per effetto quindi di un osservatore implicito maschile. Nella

società occidentale la donna è per definizione l’oggetto passivo della visione maschile e

l’uomo, il soggetto attivo. È l’uomo pertanto a determinare ciò che deve essere

rappresentato e il modo in cui deve essere rappresentato. A questo proposito è

interessante notare che “Nei mass media la posizione della camera spesso coincide

con la prospettiva maschile delle donne ritratte. (…) Nelle riviste femminili vi sono

numerosi esempi dell’implicita visione maschile che, sebbene siano parte del codice

simbolico, sono spesso presentati come naturali, oggettive immagini di donne”.31 È

importante inoltre sottolineare che gli elementi che mostrano la visione maschile

possono essere più o meno impliciti a dipendenza della pubblicità.

Attraverso la struttura visiva del male gaze, la modella diventa puro oggetto del

desiderio maschile. La fruitrice del testo è spinta ad identificarsi in questa figura in

quanto vuole raggiungere tale stato di desiderabilità e rendersi attraente agli occhi

dell’uomo. E ciò è conseguibile però soltanto attraverso il possesso dell’oggetto

pubblicizzato.

6.2.1.4 Sguardo negato e indifferente allo spettatore

Questo tipo di struttura visuale è tipico delle pubblicità maschili. Anche in questo caso

lo sguardo è negato allo spettatore, ma in modo sostanzialmente diverso: è questo il

caso del “voler essere guardato e non voler guardare”. “La posa indica che il soggetto

si considera degno di sguardo, ma il proprio sguardo è rivolto verso qualcosa che non è

lo spettatore”32. Questo tipo di negazione dello sguardo non vuole essere un

atteggiamento narcisistico, di sfida o superiorità ma vuole esprimere semplicemente

neutralità e disinteresse. Lo sguardo statico dell’uomo è diverso di quello della donna:

egli è, infatti, generalmente impegnato nell’attività di guardare ed è sempre e in ogni

modo attivo. Al contrario, lo sguardo della donna è passivo e si basa sull’apparenza,

allo scopo di essere ammirata. Anche in questo caso però l’uomo desidera essere

guardato, ed entra quindi in gioco quello che viene definito il female gaze (sguardo

femminile)33. Nonostante ciò, il disinteresse mostrato dall’uomo, la mancata offerta del

31 Ellen McCraken citata in Sabrina Pomodoro, ibidem, p.121. 32 Ruggero Eugeni citato in Sabrina Pomodoro, ibidem, pp.122-123.. 33 Sabrina Pomodoro, ibidem, p.123.

58

suo corpo, sembrano voler negare l’atteggiamento spettatoriale di uno sguardo

femminile implicito. Il soggetto maschile non vuole quindi essere un oggetto passivo di

visione e attraverso la simulazione di un impegno visivo momentaneo, evita di

raggiungere questa condizione alla quale, invece è solitamente soggetta la donna.

Ci sono pertanto due sostanziali differenze nei parametri di visione; attività/soggetto di

sguardo e passività/oggetto di sguardo, rispettivamente maschile e femminile. E questo

riconduce all’eterno potere dell’uomo, che deve distinguersi dalla donna sempre e

comunque. Egli è colui che agisce, mentre la donna è colei che subisce.

6.2.2 Comportamenti e posture come segno dell’identità di genere all’interno di un

immagine

In questo paragrafo si tracceranno alcuni comportamenti e posture significanti l’identità

di genere nelle immagini pubblicitarie, e descritti da Erving Goffman nel suo saggio

Gender Advertisements. Egli ne è un esponente di rilevo ed è quindi fondamentale

prenderlo in considerazione.

Secondo l’autore uno dei modi per rappresentare il peso sociale è quello di utilizzare la

differenza d’altezza. In genere dunque, gli uomini sono rappresentati come più alti

rispetto alle donne e questo denota che egli detiene un ruolo di maggiore rilevanza in

società.

Un altro argomento d’importanza rilevante riguarda il modo di rappresentare il rapporto

di potere tra uomo e donna. Generalmente, l’abbassare la testa o il corpo davanti ad

un’altra persona rappresenta subordinazione e sottomissione, diventando pertanto

comportamenti normalmente assegnati alle donne. Diversamente, il tenere il corpo

eretto e la testa alta sono atteggiamenti che indicano fierezza, autorità e superiorità, e

di regola attribuiti all’uomo.

Un altro modo per rappresentare il concetto d’inferiorità consiste nel rappresentare il

soggetto meno potente su di un letto o steso sul pavimento, in modo che l’altro venga a

trovarsi in una posizione di superiorità fisica; naturalmente va sottolineato che il

pavimento è associato con la parte meno pulita e accogliente della stanza.

Abitualmente la donna è collocata più in basso rispetto all’uomo e anche nel caso

contrario la superiorità di quest’ultimo si identifica attraverso il fatto che lui guarda la

59

donna, che a sua volta volge il suo sguardo altrove con modestia. Di conseguenza

sempre il maschio ad avere il potere di sorveglianza.

Altri atteggiamenti che simboleggiano la sottomissione sono l’espressione maliziosa

assunta dai soggetti o l’atteggiare il corpo in pose improbabili.

Goffman ha inoltre rilevato che gli uomini sono generalmente rappresentati ritti in piedi,

e più frequentemente vestiti; sorridono raramente e soltanto sporadicamente guardano

esplicitamente l’osservatore. Le donne, al contrario, sono raffigurate frammentate

(come parti del corpo), o come semplici corpi, nel caso in cui il viso non compare. Sono

spesso curve, rannicchiate o sdraiate, sorridono frequentemente e appaiono spesso

svestite.

Un altro elemento che distingue la rappresentazione dell’uomo rispetto a quella della

donna, consiste nel fatto che queste ultime sono spesso rappresentate, mentre usano

le dita e le mani per tracciare i contorni di un oggetto, o per accarezzarne la superficie.

Questo atteggiamento “tattile” si differenzia da quello utilitaristico maschile che invece

manipola, tiene, afferra l’oggetto. In questo caso anche un semplice “tocco” può essere

espressione significante dell’identità di genere all’interno di una raffigurazione.

Delineati gli strumenti che consentiranno l’individuazione di alcuni degli elementi che

caratterizzano la rappresentazione dell’immagine femminile nella pubblicità

contemporanea, si può ora passare all’analisi delle pubblicità prese in considerazione.

6.3 Analisi delle pubblicità

Come già anticipato in precedenza l’analisi delle pubblicità sarà suddivisa

principalmente in due fasi. Nella prima, saranno analizzate qualitativamente alcune

immagini pubblicitarie, considerate rappresentative delle dinamiche dello sguardo, dei

comportamenti e delle posture segno dell’identità di genere all’interno di una

raffigurazione. Si proseguirà poi ad un’analisi di tipo quantitativo dei dati raccolti relativi

all’oggetto d’analisi.

60

6.3.1 Analisi di immagini pubblicitarie secondo le dinamiche dello sguardo

L’analisi delle seguenti pubblicità funge da esempio dei concetti espressi

precedentemente.

Sguardo esplicito diretto verso lo spettatore (mirrored gaze)

Fig. 1 Questa immagine ritrae il soggetto femminile in primo piano e il suo sguardo fronteggia

lo spettatore. In questo modo, la modella richiama l’attenzione dell’osservatore esterno

rivelando il desiderio “di guardare e di essere guardata”. Il suo sguardo è fisso, diretto,

autorevole e coinvolgente e ha lo scopo di determinare una relazione

d’immedesimazione con lo spettatore. Che vuole raggiungere lo stesso grado di

bellezza e femminilità dalla modella, e desidera di conseguenza possedere il prodotto

(in questo caso il profumo) che la investirà di queste qualità.

Inoltre il soggetto rappresentato sorregge delicatamente il profumo che pubblicizza e

questo all’interno di un’immagine è un segno dell’identità di genere. Le donne, infatti,

sono maggiormente rappresentate, rispetto agli uomini, mentre sfiorano, accarezzano o

tracciano i contorni di un oggetto. In questo caso, si riscontra ciò che Goffman (1979)

ha definito “un effetto di puro tocco”, tipo quello che producono due corpi caricati

elettricamente. Infatti, i capelli della donna, si agitano al vento come mossi dalla carica

emanata dal profumo. Oltre a quest’ultimo, la modella sfiora i suoi capelli con la mano

sinistra, richiamando nuovamente il comportamento distintivo di femminilità espresso

precedentemente.

61

Fig. 1

Marie Claire, novembre 2005.

62

Fig. 2 Questa immagine ripropone il modello di sguardo del mirrored gaze, ma in questo caso,

ci sono segni non verbali evidenti, riguardanti le posture e il comportamento della

modella, e che riconducono alla rappresentazione stereotipata dell’identità di genere ed

al desiderio di essere attraente per l’uomo.

La donna raffigurata in questa immagine, guarda lo spettatore in modo fisso, diretto ed

accattivante richiamando la sua attenzione. È un puro sguardo di attrazione.

La differenza tra questa pubblicità e quella precedente è riconducibile all’atteggiamento

della donna, che in questo caso è chiaramente seducente. Il soggetto femminile

raffigurato non è incentrato solo sulla su se stesso e sulla sua bellezza ma anche sul

fatto che vuole attrarre e piacere all’uomo.

Il dito portato alla bocca e mordicchiato, lo sguardo provocante, il seno ben visibile,

prosperoso e sostenuto da un reggiseno “leopardato” simbolo di un essere felino,

selvaggio e che riconduce agli istinti animali, sono un chiaro elemento dell’intenzione di

voler essere seducente per l’uomo.

Lo spettatore s’identificherà quindi con questa figura con l’intenzione di investirsi degli

stessi elementi di attrazione. Raggiungibili però sempre solo attraverso il possesso del

prodotto.

63

Fig. 2

Elle, ottobre 2005.

64

Sguardo diretto o negato verso se stesso

Fig. 3 La donna raffigurata è intenta a specchiarsi, il suo sguardo è quindi completamente

rivolto verso se stessa. L’espressione del suo volto, lo sguardo diretto verso lo specchio

che ne riproduce la figura, la gamba sinistra ed il busto leggermente proteso in avanti e

la mano sinistra che tiene i capelli lontani dal volto come se non volesse nascondere il

viso, indicano la sua concentrazione verso la propria apparenza ed il desiderio di

ammirarsi ed essere ammirata. Sa di essere bella e vuole che anche gli altri lo notino.

La fruitrice del testo è invitata a calarsi nel ruolo di spettatore di se stesso e quindi ad

identificarsi con l’immagine riflessa della modella, fino a voler possedere il capo

d’abbigliamento che indossa e che la rende affascinante.

65

Fig. 3

Cosmopolitan, ottobre 2005.

66

Sguardo esplicitamente negato allo spettatore (male gaze)

Fig. 4 Questa pubblicità raffigura una donna bellissima che nega volontariamente il suo

sguardo allo spettatore tenendo lo sguardo basso. È possibile scorgere un lato del suo

volto, ma non si ha la completa accessibilità al suo viso.

Lei sa di essere osservata e lo vuole, il suo volto semi girato, la negazione dello

sguardo e l’offerta del suo corpo che la riducono a puro oggetto di visione sembrano

indicarne la consapevolezza. La volontà di negare lo sguardo vuole richiamare

l’attenzione di un osservatore maschile invitandolo a guardarla.

La schiena, seminuda, lascia intravedere parte del suo corpo e diventa un chiaro

elemento di attrazione. È tutto un “vedo non vedo” che induce alla scoperta, al

possesso. La modella è consapevole del suo fascino e della desiderabilità del suo

corpo e lo offre come oggetto di sguardo.

Inoltre, il suo sguardo rivolto verso il basso e il capo e leggermente reclinato in avanti

sono segni di sottomissione della donna nei confronti dell’uomo. La donna si offre a lui

mantenendo il suo ruolo, senza volerlo quindi prevaricare, e mostrandogli ciò che

potrebbe piacergli.

La fruitrice del testo sarà invogliata a conseguire una simile immagine per riprodurre

questo tipo di desiderabilità.

67

Fig. 4

Marie Claire, Ottobre 2005.

68

Fig. 5 Questa immagine mostra la struttura visuale del male gaze, in questo caso, però,

l’osservatore maschile è esplicito. Questa pubblicità è portata come esempio della

raffigurazione della figura femminile, costruita per effetto dello sguardo maschile.

Si nota chiaramente che la donna si offre allo sguardo dell’uomo negandogli però il suo.

69

Fig. 5

Vogue Italia, dicembre 2005.

70

Sguardo negato ed indifferente allo spettatore (female gaze)

Fig. 6 Il soggetto maschile rappresentato nell’immagine nega volontariamente lo sguardo allo

spettatore. Impegnato nell’atto di mettersi la crema è completamente indifferente e

concentrato su se stesso. L’espressione del suo volto rimanda ad un impegno visivo

rivolto alla sua attività. Anche se quest’ultima, sembrerebbe di dominio femminile, il

contesto nel quale egli è inserito (viaggio in motocicletta, con un amico) è maschile.

Inoltre, altri elementi raffigurati in questa pubblicità sono tipici dell’uomo, come il rasoio,

il modo di portare l’asciugamano avvolto attorno al collo lo stare in piedi con le gambe

leggermente divaricate in una posa propriamente mascolina e il modo un po’ rude di

mettersi la crema (non c’è gran delicatezza nel suo modo di mettersi la crema).

Anche in questo caso, il modello desidera piacere ed essere osservato, ne sono

testimonianza lo sguardo, la postura ed il fatto che si sta specchiando. Entra quindi in

gioco lo sguardo femminile, e il fatto di essere attraente per una donna, ma questo

sembra però essere meno esplicito rispetto alla struttura visuale dello sguardo

maschile, l’uomo, infatti, simula un impegno visivo mostrando indifferenza verso il suo

osservatore ed evitando così di assumere la funzione di oggetto visivo alla quale è

soggetta la donna. Questo meccanismo invita quindi lo spettatore a voler identificarsi

con il soggetto rappresentato al fine di assumerne le caratteristiche (bellezza,

giovinezza, mascolinità) e di raggiungere la sua stessa condizione di benessere

rappresentato dall’ambientazione in cui si trova e dai tratti rilassati del suo volto. Stato,

che anche qui, è però conseguibile solo attraverso il possesso della crema

pubblicizzata.

Riguardo a questo prodotto è opportuno evidenziare il differente modo utilizzato per

promuoverlo, rappresentando diversamente le figure dell’uomo e della donna.

71

Fig. 6

Cosmopolitan, novembre 2005.

72

Fig. 7 Questa pubblicità, che promuove lo stesso prodotto di quella di prima, si differenzia da

quest’ultima rappresentando il soggetto, ora femminile, in modo diverso. In questo

caso, la donna volge lo sguardo verso lo spettatore interpellandolo direttamente.

Questo richiama i meccanismi dello sguardo speculare. Sa di essere osservata e vuole

guardare ed essere guardata. È in abiti succinti e nell’atto di struccarsi sorride al suo

osservatore, attività, questa, prettamente femminile ed evidenziata anche dagli oggetti

che le stanno accanto (contesto femminile). Inoltre, il ruolo di ballerina brasiliana

assegnato alla modella riconduce ad un’attività generalmente legata alle donne e che è

molto apprezzata dagli uomini che amano osservarle in queste vesti ritenendole

attraenti.

Pure in questo caso il soggetto rappresentato sembra felice della sua condizione,

infatti, sorride, come anche le ragazze che si trovano alle sue spalle. Bizzarro se si

pensa che il fruitore del testo, generalmente femminile, dovrebbe identificarsi con un

tale tipo di figura di “ballerina seminuda”. D’altronde lo scopo è quello di essere

attraente per l’uomo e quindi vista da questo lato è sicuramente più comprensibile.

Sembra quindi che le donne siano contente di attrarre l’uomo, qualunque sia il ruolo

che esse debbano assumere.

Inoltre un altro elemento di differenziazione tra le due pubblicità riguarda la scritta in

altro a destra che nel caso dell’uomo dice: “Victoria, Australia, h. 7:45, km 3.468. Il più

bel panorama per farsi la barba”. Mentre in quello della donna dice: “Rio de Janeiro,

Brasile, h. 0:30, 4 proposte di matrimonio. Dietro le quinte del Samba Show.” È chiaro

qui l’elemento distintivo, mentre per l’uomo viene descritta un’attività tipicamente

maschile (“farsi la barba”) e un luogo di svago e libertà, alla donna viene assegnato il

ruolo di moglie, condizione assegnata all’universo femminile, e un luogo dove ella si

mostra agli occhi degli altri ed in particolare a quelli dell’uomo. La fruitrice del testo è

spinta e voler possedere le caratteristiche della modella con allo scopo di piacere a

quest’ultimo.

Infine, ci sono altri elementi che differenziano i due tipi di rappresentazione, l’uomo è,

infatti, raffigurato in piedi davanti allo specchietto della moto mentre la donna è seduta

davanti ad un grande specchio. Inoltre quest’ultima è attorniata da oggetti riconducibili

al genere femminili come la spazzola, i profumi, i trucchi.

73

Fig. 7

Cosmopolitan, novembre 2005.

74

6.3.2 Analisi di immagini pubblicitarie secondo i comportamenti e le posture

Le seguenti pubblicità rappresentano alcuni segni tipici dell’identità di genere, all’interno

di una raffigurazione, basati sui comportamenti e le posture del soggetto ritratto.

Fig. 8 Questa immagine rappresenta chiaramente alcuni dei comportamenti e delle posture

assegnati all’uomo e alla donna all’interno di un’immagine.

L’uomo è raffigurato in piedi, mentre tiene saldo tra le mani un bastone all’apice del

quale vi è una testa di cavallo, elemento che sottolinea il suo ruolo di dominatore. La

figura del cavaliere inoltre è tipicamente maschile.

Le due figure femminili, invece, sono a terra, una è in ginocchio e tiene dei fiori in una

mano in segno d’offerta, mentre l’altra è seduta sul pavimento e sta ricamando

(specifica attività femminile). Entrambe hanno il capo leggermente reclinato a sinistra e

lo sguardo rivolto verso il basso, tipico segno di sottomissione. Come spesso accade,

l’uomo è posto più in alto rispetto alle donne per dimostrare il suo grado sociale

maggiormente elevato.

Infine è da rilevare che l’uomo non degna di sguardo le ragazze, anzi mostra loro il

posteriore in segno di superiorità, con lo sguardo fisso, cupo e minaccioso.

75

Fig. 8

Elle, dicembre 2005.

76

Fig. 9 In questa immagine troviamo due uomini ritti in piedi dietro una donna seduta ed un

cane. Anche qui si rivede che l’uomo è rappresentato più in alto rispetto alla donna.

Quest’ultima, in questo caso, è addirittura raffigurata quasi all’altezza del cane, inoltre

uno dei due uomini tiene appoggiata la mano sulla spalla della donna mentre l’altro,

come anche la modella, sul dorso del cane. Pure il colore del vestito della donna, e la

sua collana coincidono con quelli dell’animale ed entrambi d guardano nella stessa

direzione. Sono questi chiari segni dell’immedesimazione di quest’ultima con l’animale,

e del ruolo di padrone della figura maschile.

I modelli, cane compreso, sono vestiti in maniera elegante (smoking neri per loro e

vestitola sera bianco per lei, pelo lucidato per il cane) ma sono di evidente contrasto i

capelli lunghi, ricci e ribelli degli uomini sia con il proprio tipo di abbigliamento che con

la pettinatura castigata della donna. Questo elemento dà un richiamo all’aspetto

selvaggio dell’uomo e a quello contenuto della donna nonché un sapore di uomo delle

caverne la cui chioma folta riporta ad un senso di forza e potenza.

77

Fig. 9

Vogue Italia, novembre 2005.

78

Fig. 10

In questa pubblicità è raffigurata una donna nera, nuda, in ginocchio con le mani giunte

in segno di preghiera, elementi, questi, di chiara di sottomissione. Il colore nero,

rimanda alla simbologia della schiavitù e quindi dell’essere ai comandi dell’uomo che la

domina. Mentre la posizione di preghiera e d’offerta del suo corpo, indicano la sua

disponibilità a fare e ad essere ciò che egli desidera. La modella sembra voler dire

“Sono tua anima e corpo”, come dichiara lo slogan.

Una simile immagine di soggiogamento all’interno di un mensile femminile fa riflettere,

poiché è difficile pensare che una donna possa volersi identificare in essa.

Questo fatto potrebbe essere spiegato attraverso la teoria che le è stato culturalmente

insegnato ad assumere determinati ruoli e comportamenti e che essi sono talmente

radicati in lei da essere percepiti come naturali. La donna è abituata a vedersi

rappresentata attraverso lo sguardo dell’uomo quindi e non ci fa più caso.

Un elemento, non direttamente riconducibile all’analisi della postura quanto al concetto

di sottomissione, sono i gioielli pubblicizzati posti davanti alla donna. Questi sono

l’oggetto del suo desiderio davanti a cui essa si prostra con lo sguardo abbassato.

79

Fig. 10

Marie Claire, dicembre 2005.

80

6.3.3 Tabelle riassuntive dei dati raccolti

Le seguenti tabelle, riassumono i dati raccolti riguardo alle immagini pubblicitarie

estrapolate dai quattro periodici presi in considerazione, sull’arco di quattro mesi.

La prima tabella riassume il numero delle immagini pubblicitarie suddiviso secondo i

soggetti che vi sono rappresentati e che sono contenute nei quattro mensili.

La seconda tabella riassume le suddette immagini secondo le varie tipologie di sguardo

rappresentate.

La terza ed ultima tabella contiene i dati relativi alla suddivisione di due dei modelli di

sguardo sopraccitati, al fine di fornire ulteriori dati per un risultato più completo.

81

1. Tabella dei soggetti rappresentati nelle pubblicità dei quattro periodici Riviste

Cosmopolitan Marie Claire Vogue Italia Elle

Mesi

Soggetti

Ott. Nov. Dic. Gen. Tot. 1

Ott. Nov. Dic. Gen. Tot.1

Ott. Nov. Dic. Gen. Tot. 1

Ott. Nov. Dic. Gen. Tot. 1

Tot. 2

Donna 40 69 40 18 167 131 81 87 32 331 133 41 45 55 274 157 77 108 42 384 1156 Uomo 0 3 6 2 11 1 2 5 1 9 1 1 0 0 2 1 3 2 1 7 29 Uomo+Donna 1 1 2 0 4 1 1 1 0 3 2 1 0 0 3 1 0 4 0 5 15 Parte del corpo femminile

3 3 6 2 14 5 8 8 2 23 4 3 0 4 11 7 4 10 3 24 72

Altro 9 7 14 3 33 18 14 15 8 55 14 6 9 9 38 17 9 12 8 46 172 Tot. 3 229 421 328 466 Tot. 4 1444

Legenda:

Tot.1: Totale di uno dei soggetti rappresentati nelle pubblicità di una rivista, sull’arco di quattro mesi.

Tot.2: Totale di uno dei soggetti rappresentati nelle pubblicità di tutte le riviste, sull’arco di quattro mesi.

Tot.3: Totale di tutti i soggetti rappresentati, quindi di tutte le pubblicità contenute in una rivista sull’arco di quattro mesi.

Tot.4: Totale di tutti i soggetti, quindi di tutte le pubblicità contenute nelle quattro riviste sull’arco di quattro mesi.

82

Analisi dei dati raccolti:

Questa tabella riassume complessivamente il totale dei soggetti rappresenti all’interno delle pubblicità raccolte. Si può notare che su

1444 pubblicità, ben 1156 hanno come soggetto la figura femminile (80,06%), 29 rappresentano la figura maschile (2,01%), 15 hanno

come soggetto principale l’uomo e la donna (1,04%), 72 una parte del corpo femminile (4, 99%) e 172 altri soggetti (11,91%). È

riscontrabile che il soggetto che appare maggiormente è quello della donna e questo vale per ogni rivista di ogni mese. Si può quindi

notare che essendo i periodici rivolti ad un pubblico femminile ci si concentra fondamentalmente sulla rappresentazione della loro

immagine.

La prossima tabella riassume i dati relativi ai modelli visivi rappresentati nelle pubblicità dei quattro periodici.

83

2. Tabella dei modelli visivi rappresentati nelle pubblicità dei quattro periodici Riviste

Cosmopolitan Marie Claire Vogue Italia Elle

Mesi

Modelli visivi

Ott. Nov. Dic. Gen. Tot. 1

Ott. Nov. Dic. Gen. Tot. 1

Ott. Nov. Dic. Gen. Tot. 1

Ott. Nov. Dic. Gen. Tot. 1

Tot. 2

Sguardo 1 22 35 25 13 95 74 35 41 19 169 66 15 25 33 139 88 36 49 20 193 596 Sguardo 2 18 33 15 5 71 56 45 45 13 159 67 25 19 22 133 67 41 59 22 189 552 Sguardo 3 0 3 6 2 11 1 2 5 1 9 1 1 0 0 2 1 3 2 1 7 29 Sguardo 4 0 1 0 0 1 1 1 1 0 3 0 1 1 0 2 2 0 0 0 2 8

Tot. 3 178 340 276 385 Tot. 4 1185

Legenda:

Sguardo 1: Sguardo esplicito diretto verso lo spettatore (mirrored gaze, sguardo speculare). Soggetto rappresentato: femminile.

Sguardo 2: Sguardo esplicitamente negato allo spettatore (male gaze, sguardo maschile). Soggetto rappresentato: femminile.

Sguardo 3: Sguardo negato ed indifferente allo spettatore (female gaze, sguardo femminile). Soggetto rappresentato: maschile.

Sguardo 4: Sguardo diretto o negato verso se stesso (meccanismo del mirrored gaze ma diversa dimensione). Soggetto

rappresentato femminile.

84

Tot. 1: Totale delle rappresentazioni di un tipo di sguardo, in una rivista, sull’arco di quattro mesi.

Tot. 2: Totale delle rappresentazioni di un tipo di sguardo, in tutte le riviste, sull’arco di quattro mesi.

Tot. 3: Totale delle rappresentazioni di tutti i tipi di sguardo, in una rivista, sull’arco di quattro mesi.

Tot. 4: Totale complessivo delle rappresentazioni di tutti i tipi di sguardo, contenute in tutti i periodici, sull’arco di quattro mesi.

Analisi dei dati raccolti:

In questo caso si riscontra che il tipo di sguardo maggiormente rappresentato è quello diretto verso lo spettatore, dove la modella lo

fronteggia guardandolo fisso negli occhi. Questo è il modello visivo più utilizzato nelle pubblicità femminili ed è confermato anche dai

dati raccolti. Infatti, lo si ritrova in 596 immagini su di un totale complessivo di 1156 immagini raffiguranti la donna (51,56%). Il

secondo tipo di sguardo più sfruttato è quello esplicitamente negato allo spettatore, rappresentato in 552 immagini su 1156 (47,75%).

8 immagini raffigurano lo sguardo diretto o negato verso se stesso ed hanno anch’esse per soggetto la donna (0,69%). Infine, solo 29

immagini su 1185 (2,45%), raffigurano lo sguardo negato ed indifferente allo spettatore, tipico delle pubblicità che hanno per soggetto

l’uomo. Sono pertanto essenzialmente due i tipi di sguardo più rappresentati nelle pubblicità femminili, quello del mirrored gaze

(sguardo speculare), dove la modella fronteggia lo spettatore con l’intento di coinvolgerlo emotivamente e di indurlo

all’immedesimazione, e quello dove è presente lo sguardo maschile (male gaze) e la modella diventa oggetto di visione maschile.

La prossima tabella esplica in modo più approfondito lo "sguardo 1" e lo "sguardo 2 "sopraccitati, suddividendoli in due nuove

categorie atte a fornire ulteriori elementi che renderanno la presente analisi più completa.

85

3. Tabella di approfondimento dello "sguardo 1" e dello "sguardo 2" Riviste

Cosmopolitan Marie Claire Vogue Italia Elle

Mesi

Modelli visivi

Ott. Nov. Dic. Gen. Tot. 1

Ott. Nov. Dic. Gen. Tot. 1

Ott. Nov. Dic. Gen. Tot. 1

Ott. Nov. Dic. Gen. Tot. 1

Tot. 2

Sguardo 1.1 11 20 15 9 55 44 22 23 16 105 36 20 12 17 85 50 8 27 16 101 346 Sguardo 1.2 11 15 10 4 40 30 13 18 3 64 30 16 13 16 75 38 7 22 4 71 250 Sguardo 2.1 15 20 11 4 50 43 37 38 11 129 53 33 16 19 121 57 21 43 17 138 438 Sguardo 2.2 3 13 4 1 21 13 8 7 2 30 14 8 3 3 28 10 4 16 5 35 114 Tot. 3 166 328 309 345 Tot. 4 1148

Legenda:

Sguardo 1.1: Sguardo esplicito diretto verso lo spettatore (mirrored gaze, sguardo speculare), soggetto femminile.

Sguardo 1.2: Sguardo esplicito diretto verso lo spettatore (mirrored gaze, sguardo speculare), soggetto femminile. Con atteggiamenti

e posture che, all’interno dell’immagine, riproducono stereotipi di genere relativi alla donna e il desiderio di essere attraenti per l’uomo.

Sguardo 2.1: Sguardo esplicitamente negato allo spettatore (male gaze, sguardo maschile). Soggetto rappresentato: femminile.

Osservatore maschile implicito.

Sguardo 2.2: Sguardo esplicitamente negato allo spettatore (male gaze, sguardo maschile). Soggetto rappresentato: femminile.

Osservatore maschile esplicito.

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Tot. 1: Totale di un tipo di sguardo di una rivista sull’arco di quattro mesi.

Tot. 2: Totale di un tipo di sguardo, di tutte le riviste sull’arco di quattro mesi.

Tot. 3: Totale di tutti i tipi di sguardo di una rivista sull’arco di quattro mesi.

Tot. 4:Totale complessivo di tutti i tipi di sguardo contenuti in tutti i periodici sull’arco di quattro mesi.

Analisi dei dati raccolti:

Riguardo al modello di sguardo del mirrored gaze si sono suddivise le immagini secondo due criteri, quello classico dove la modella

fronteggia lo spettatore e quello dove il soggetto rappresentato guarda negli occhi lo spettatore, ma assume atteggiamenti che

conducono al desiderio di essere attraente per l’uomo o che riproducono stereotipi di genere riguardanti la donna. Su 596 (346+250)

pubblicità rappresentanti il mirrored gaze, 250 (41,95%) contengono elementi che riproducono stereotipi di genere o che riconducono

all’immagine di donna oggetto del desiderio.

Per quanto concerne il modello visivo del male gaze, che rappresenta lo sguardo maschile, si può suddividerlo attraverso le immagini

dove l’osservatore maschile è implicito e quelle in cui è esplicito. Su 552 (438+114) immagini che rappresentano il male gaze, 114

(20,65%) includono un osservatore esplicito, un numero che conferma la teoria che attraverso questo tipo di rappresentazione della

figura femminile si vuole essere attraenti per l’uomo ed attirare il suo sguardo.

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Riassunto analisi dei dati raccolti:

Riassumendo si può affermare che su 1156 (596+552+8) immagini pubblicitarie che raffigurano la donna come soggetto principale,

ben 802 (69,38%), e quindi più della metà rappresentano un tipo di sguardo o di atteggiamento rivolto ad osservatore maschile. Senza

contare le 72 pubblicità che raffigurano solo una parte del corpo femminile, e che rimandano alla totale "oggettivizzazione" della

donna. In questi periodici possiamo pertanto ritrovare, soprattutto, la figura di donna-oggetto, che vuole essere guardata, ammirata e

piacere all’uomo che la osserva.

È inoltre importante considerare il notevole numero di questo tipo di pubblicità all’interno di una rivista femminile. Questi dati portano

alla conferma della costruzione dell’immagine femminile attraverso e secondo lo sguardo maschile, nonché della continua ripetizione

di determinati stereotipi che caratterizzano la rappresentazione dell’identità di genere della donna.

Un così alto livello di tiratura (Cosmopolitan ca. 310'000, Marie Claire ca. 200'000, Vogue Italia ca. 275'000, Elle ca. 155’000) di

questo tipo di periodici, pubblicati in più parti del mondo, induce a credere che sia questa l’immagine di donna che si vuole diffondere

e che molte donne vi si identificano.

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CONCLUSIONI

Allo scopo di elaborare una conclusione al presente lavoro di ricerca, si ritiene

opportuno riportare l’ipotesi iniziale: nelle pubblicità femminili, che hanno per soggetto

le donne e rivolte ad un pubblico femminile, è riscontrabile una visione o sguardo

maschile della visione femminile. Le pubblicità influiscono, tramite la visione maschile,

sulla visione che la donna ha di sé e di conseguenza sulla maniera di auto-

rappresentarsi, inoltre essa alimenta un’immagine stereotipata già consolidata che

riconduce alla figura di donna oggetto e soprattutto a quella di oggetto di visione

maschile. In più questo tipo di pubblicità rende ambiguo il destinatario effettivo in

quanto le immagini proposte sembrano rivolte all’uomo piuttosto che alla donna.

Al fine di avvalorare l’ipotesi si sono legate le tematiche che vedono la pubblicità come

guida sociale, quelle concernenti la socializzazione e gli studi di genere e quelle relative

alla visione androcentrica della società e alla rappresentazione della figura femminile.

Inoltre, una parte empirica portata come esempio e tentativo di applicazione dei

concetti esplicitati in precedenza, ha permesso di evidenziarne ulteriormente

l’attendibilità.

Dato il contesto di svolgimento di questo lavoro, si ritiene opportuno sottolineare la

dimensione puramente esemplificativa e di riflessione del tema.

Attraverso gli argomenti sopraccitati si è potuto dimostrare che la figura femminile è

spesso costruita per effetto dello sguardo di un osservatore implicito maschile. Le

immagini pubblicitarie ripropongono la struttura visiva secondo cui l’uomo è colui che

guarda e la donna è il suo oggetto di visione. Esse contribuiscono quindi e produrne il

consolidamento alimentando questo stereotipo, la donna rimane sempre comunque

oggetto di visione e simbolo di apparenza.

Si è inoltre appurato che la pubblicità raffigura ancora diversi segni distintivi dell’identità

di genere che vedono la donna tutt’ora rappresentata in modo diverso dall’uomo.

Secondo la visione androcentrica della società, vengono riprodotti gli elementi che sono

stati determinata da lui. Quindi la subordinazione della donna nei confronti dell’uomo e

il suo ruolo ben definito vengono riproposti dalla pubblicità che contribuisce a rafforzarli.

La pubblicità ripropone questo sistema rappresentativo consolidato in quanto

riconoscibile dai membri della società ed è quindi più facile da comunicare.

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Questo sistema è talmente radicato in noi e noi siamo talmente abituati a vederci in un

determinato modo che non ci facciamo più caso e lo accettiamo.

Ma ciò che risalta da questa ricerca è che l’immagine della donna è determinata dalla

visione dell’uomo: essa si rappresenta e viene rappresenta in funzione dell’uomo e per

piacere all’uomo.

Dal punto di vista autocritico, relativamente alla parte di analisi delle pubblicità, si

sarebbe potuto approfondire di più l’argomento analizzando in modo più dettagliato gli

elementi che caratterizzano l’immagine femminile in modo da ottenere dei dati più

rappresentativi e completi. Si è comunque ritenuto sufficiente dimostrare l’attendibilità

degli argomenti esplicitati nella parte teorica attraverso il suddetto tipo di analisi.

E’ inoltre da sottolineare che non si è minimamente pensato di voler paragonare un

grande esponente delle sociologia come Goffman alla Pomodoro o ad altri studiosi di

minor rilevanza, senza nulla togliere al valore del lavoro di tali autori. Detto questo, si è

ritenuto che il modello della Pomodoro si adattasse in modo adeguato all’ipotesi di

partenza in quanto tratta proprio l’argomento concernete l’osservatore e l’osservato.

Non si sono comunque volute tralasciare le tematiche legate alla rappresentazione di

genere individuate da Goffman in quanto di importanza rilevante per questo argomento.

Si tende a sottolineare che con questa ricerca si è voluto mostrare solo uno dei lati

della rappresentazione della figura femminile: si potrebbe quindi sviluppare il tema in

modo più ampio toccando altre tematiche legate alla donna, come quella del lavoro o

della famiglia, o analizzandolo attraverso altre teorie, anche se, se è concesso

esprimere un parere personale, è opinabile che potrebbero essere riconducibile alla

visione androcentrica della società, alla differenza di genere data culturalmente e alla

riproduzione del ruolo subordinato della donna nei confronti dell’uomo.

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