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Università degli Studi di Roma – la Sapienza – Dipartimento di Rilevamento, Analisi e Rappresentazione dell’Architettura e dell’Ambiente DOTTORATO DI RICERCA IN RILEVAMENTO, ANALISI E RAPPRESENTAZIONE DELL’ARCHITETTURA E DELL’AMBIENTE XVIII Ciclo dottorando: Vittorio Di Stefano La modellazione digitale del terreno e la rappresentazione di scenari urbani complessi. Relatore: Prof. Mario Docci

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Università degli Studi di Roma – la Sapienza – Dipartimento di Rilevamento, Analisi e Rappresentazione dell’Architettura e dell’Ambiente

DOTTORATO DI RICERCA IN RILEVAMENTO, ANALISI E RAPPRESENTAZIONE

DELL’ARCHITETTURA E DELL’AMBIENTE

XVIII Ciclo

dottorando: Vittorio Di Stefano

La modellazione digitale del terreno e la rappresentazione di scenari urbani complessi.

Relatore: Prof. Mario Docci

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I

INTRODUZIONE

Il segmento disciplinare della rappresentazione del territorio, all’interno della scienza

della rappresentazione, è quello che più degli altri, si è giovato delle innovazioni tecnologiche

dovute all’uso oramai esclusivo di tecniche digitali. L’utilizzo dell’informatica in questo

settore ha provocato una serie straordinaria di profonde innovazioni nella raccolta e gestione

dei dati, nella analisi spaziale e nelle modalità di rappresentazione. Più in generale l’uso

dell’elaboratore ha aumentato la possibilità di conoscenza del territorio. La disponibilità di

notevoli quantità e varietà di dati, principalmente di provenienza satellitare, ha peraltro

favorito lo sviluppo dei sistemi GIS generando modalità sempre più evolute per la

rappresentazione di modelli tridimensionali del territorio (DTM).

Il moderno processo per la rappresentazione territoriale inizia con la illustrazione della

morfologia dei luoghi e espone sulla base di viste tridimensionali o bidimensionali la più

svariata fenomenologia legata all’ambiente oggetto di analisi. E’ facilmente intuibile il ruolo

strategico che in questo processo rivestono i dati satellitari, in modo particolare per quanto

concerne la ampiezza e la qualità della copertura territoriale delle rilevazioni. Attualmente

chiunque è in condizione di apprezzare la copertura planetaria attraverso la gestione

informatizzata di foto satellitari, oramai disponibili in rete, legate ad un completo modello

tridimensionale del terreno. Fanno bella mostra su motori di illustrazione geografica quali

Google Earth e permettono all’utente una visione entusiasmante dei vari luoghi geografici

dell’intero pianeta.

Sulla base dei dati satellitari si può, peraltro, rappresentare lo spazio urbano anche

nelle sue componenti architettoniche, così come può essere riscontrato in una serie di studi e

applicazioni recenti, ma va evidenziato quanto sia fondamentale indagare i corretti limiti entro

i quali estendere la validità dimensionale e qualitativa dei modelli sintetizzati per non correre

il rischio di arrivare a rappresentazioni in scale inappropriate o con scarsa efficienza.

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II

Scopo di questa ricerca è la verifica dello stato dell’arte nella costruzione dei modelli

tridimensionali del territorio, e quindi la valutazione della accuratezza attraverso la quale quei

modelli possano descrivere l’ambiente e lo spazio urbano.

Questa relazione è costituita di due parti distinte, la prima riguarda la trattazione

teorica del tema relativo alla costruzione dei modelli digitali del terreno, la seconda illustra

invece i vari risultati, ottenuti nelle diverse fasi di una ampia sessione di sperimentazione

applicata alla rappresentazione, su varie scale, di un sito campione localizzato nell’area

romana.

Si è ritenuto utile far seguire alla trattazione teorica del tema, la seconda parte di descrizione

delle applicazioni caratterizzate dalla esplorazione di tecniche di realizzazione differenti e

dati di partenza diversi, con lo scopo di addivenire al confronto prestazionale dei modelli così

ottenuti in funzione della loro precisione e della loro capacità di descrizione dello spazio

urbano.

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INDICE PARTE PRIMA – Metodologie e tecniche – Strumenti teorici. 1.1. Sistemi e strumenti per la rappresentazione dello spazio urbano. ..…… 1 1.2. La modellazione tridimensionale dello spazio urbano. .……………... 17 1.3. Panorama scientifico internazionale. .………………………………… 22 1.4. La produzione dei modelli orografici digitali. …………….………….. 25

1.4.1. DEM: Digital Elevation Model. ....………………………………. 27 1.4.2. TIN: Triangulated Irregular Network. ..………………………………... 29 1.4.3. DTM a maglie quadrate GRID. …………………………………. 30 1.4.4. Confronto prestazionale tra le tipologie di modelli. ...…………….. 32 1.4.5. Materiali di input. …………………………………………………….. 36 1.4.6. Accuratezza della rappresentazione. .…………………………………. 39 1.4.7. Panorama software. ……………………………………....…………….. 42

1.5. Le tecniche di produzione di plastici fisici. ………………………………….. 44 1.6. Conclusioni – Ipotesi di tecnica operativa. ………………………………….. 49 PARTE SECONDA – La sperimentazione applicativa. 2.1 Obiettivi della sperimentazione. …………………………………………… 50 2.2. Progetto esecutivo per la realizzazione di un plastico orografico

dell’area romana. …………………………………………………….. 51 2.2.1 Definizione dei parametri di progetto. ………………………………….. 54 2.2.2 Materiali di input. …………………………………………………….. 57 2.2.3 La produzione del DTM. …………………………………………… 59 2.2.4 La illustrazione del modello digitale orografico. ………………. 63

2.3. Realizzazione di un modello urbano di dettaglio nella zona

Aventino-Testaccio. …………………………………………………….. 71 2.3.1. Definizione dell’ambito di studio. …………………………………. 72 2.3.2. Descrizione dei dati di input utilizzati. ………………………... 76 2.3.3. La produzione del modello orografico. …………….………….. 87 2.3.4. L’inserimento dell’edificato e di altre componenti antropiche. ……... 93 2.3.5. La rappresentazione del modello virtuale. ………………………... 95 2.3.6. La produzione del modello fisico. …………………………………. 98

2.4. Conclusioni. …….………………………………………………………... 109 Bibliografia ……………………………………………………………………….. 111 Siti internet di riferimento …………………………………………………….. 112

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PARTE PRIMA – METODOLOGIE E TECNICHE – STRUMENTI TEORICI.

1.1 Sistemi e strumenti per la rappresentazione dello spazio urbano.

La descrizione dello spazio urbano, così come quello geografico, è stata da sempre proposta

attraverso sistemi di rappresentazione tradizionali e consolidati basati su due diverse categorie di

supporti illustrativi cartacei: le mappe e le fotografie.

Le mappe possono essere divise in tre categorie: rappresentazioni cartografiche, a varie scale, di

aerofotogrammetrie, restituzione di rilievi topografici e restituzione di rilievi architettonici diretti; le

fotografie invece possono essere divise in due categorie costituite da riprese aeree zenitali o da

immagini satellitari.

Da qualche anno a questa parte, a seguito di perfezionamenti tecnologici, è stato inoltre

introdotto un sistema di rilevamento diretto basato su tecnologie di scanner laser.

Queste al momento rappresentano l’ultima risorsa tecnica nel settore.

Il processo di produzione di mappe cartografiche aerofotogrammetriche vede come punto di

partenza l’interpretazione delle foto aeree, così come quella satellitare si basa sull’interpretazione di

immagini satellitari, tali operazioni implicano quindi l’intervento di un operatore che eserciti una

lettura critica dei dati.

Le mappe sono quindi redatte in forma vettoriale attraverso un’operazione di filtratura che si esplica

nel disegno di punti, linee, annotazioni e simboli, mentre le fotografie sono utilizzabili in formato

raster esclusivamente sotto forma di immagini.

Le restituzioni di rilievi topografici e le restituzioni di rilievi architettonici, sono altresì

inserite nella categoria delle mappe, per le stesse motivazioni funzionali delle aerofotogrammetrie,

riguardanti l’interpretazione degli oggetti che si rappresentano (il rilevatore compie una scelta degli

oggetti da rappresentare all’atto del rilievo). Le modalità di disegno restano comunque vettoriali.

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2Fig. 1.1.1 - Roma, corso di Francia, foto aerea e aerofotogrammetria.

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La suddivisione sopra proposta si basa sulle operazioni effettuate in fase di disegno della

rappresentazione, disegno peraltro funzionale alla fruibilità diversificata in rapporto alla scala di

illustrazione che rende gli oggetti rappresentati misurabili e riconoscibili con differente accuratezza

in relazione alla scala di rappresentazione scelta. Le modalità di disegno vettoriale proprie delle

mappe cartografiche, le rendono in generale utilizzabili in modo multiscalare, seppure con

opportune attenzioni, al contrario le fotografie sono caratterizzate da una propria risoluzione (per

esempio: la grandezza del grano dell’alogenuro di argento nel caso delle foto monocromatiche) che

ne individua il limite di utilizzo.

Fig. 1.1.2 - Sgranatura delle foto aeree e limiti della capacità di descrizione

Conseguentemente in una mappa vettoriale è permesso l’ingrandimento o la riduzione del

disegno in ogni sua qualsiasi porzione, consentendo la visualizzazione degli elementi costitutivi

(linee, archi, punti, testi e simboli) in termini puramente geometrici, vettoriali appunto, solo in fase

di pubblicazione le mappe subiscono un processo di vestizione capace di attribuire caratteristiche

grafiche (colore, spessore, tipologia di linea) agli elementi vettoriali.

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In una immagine di fotografia aerea o satellitare, invece la rappresentazione rasterizzata

consente la lettura dei vari fenomeni territoriali non già, attraverso la lettura di linee o poligoni che

perimetrano gli stessi fenomeni, ma attraverso la colorazione dei vari punti di cui è costituita

l’immagine (pixel), la significatività del singolo punto resta limitata alla sua grandezza fisica,

riportabile attraverso i parametri di scala alla sua grandezza fisica reale al di sotto la quale,

l’immagine, non è più in grado di comunicare l’informazione.

Fig. 1.1.3 - Roma, Foro Romano, Chiesa di San Teodoro, immagine da foto satellitare, ingrandimento dei pixel raster.

Con l’utilizzazione dei moderni computers l’uso di mappe vettoriali e immagini raster resta

facilitato, anzi potenziato, permettendo di interagire in modo intelligente con varie mappe in varie

scale, così come con varie immagini in diverse risoluzioni, consentendo all’utente una modalità di

visualizzazione fluida che permette il salto di scala praticamente continuo, fornendo la sensazione

di una capacità di ingrandimento quasi infinita, seppure con le opportune peculiarità funzionali. La

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diversificazione operativa tra i sistemi vettoriali e raster riguarda sia la memorizzazione che

l’immediata fruizione del dato.

La cartografia basata su mappe aerofotogrammetriche costituisce sicuramente il mezzo più

diffuso attraverso il quale viene rappresentato lo spazio urbano e più in generale lo spazio

geografico, usualmente le restituzioni cartografiche sono pubblicate a scale che vanno dal 1:100.000

fino a 1:500.

Questa tipologia di mappe è caratterizzata dalla rappresentazione precisa, su base di interpretazione

di fotografia aerea in scala appropriata, degli elementi identificativi del territorio. Questa

interpretazione è stata effettuata dal cartografo che sostanzialmente ha filtrato, a partire dalle

informazioni disponibili sulle fotografie aeree, osservate per coppie attraverso uno stereoscopio, gli

elementi del territorio e dell’ambiente, li ha interpretati relativamente alla loro tipologia, li ha

misurati e li ha rappresentati nella cartografia, in forma sintetica secondo varie modalità tematiche,

realizzando mappe costituite da diversi tematismi sovrapposti e spazialmente georelazionati. Oltre

gli elementi propri osservati a partire delle foto, il cartografo ha peraltro inserito nelle mappe,

ulteriori elementi sintetici, utili alla comprensione del territorio, provenienti da calcolo appropriato

o da osservazioni specifiche quali curve di livello e punti di quota.

La rappresentazione cartografica classica, basata su rilievi aerofotogrammetrici, resta nei

fatti ottimizzata per la rappresentazione dello spazio in modo simbolico ma completo.

Il simbolismo utilizzato, oramai ben consolidato, consente sostanzialmente la rappresentazione dei

vari tematismi spaziali attraverso schematizzazioni grafiche di uso generale, non più relazionate alla

dimensione metrica propria degli oggetti.

Un esempio per tutti è l’illustrazione delle strade alle varie scale geografiche dove queste vengono

rappresentate in dimensioni metriche non realistiche ma disegnate in modo da poter assolvere ad

esigenze di classificazione tipologica.

Le mappe basate su rilievo diretto o topografico rappresentano, attraverso illustrazioni

basate su sistemi vettoriali di linee e punti, i vari oggetti dello spazio in modalità bidimensionale

tanto quanto tridimensionale, proprio perché in fase di rilievo, dei vari oggetti, ne è stata misurata la

coordinata “z” oltre che le coordinate planari. La restituzione si basa sulla rappresentazione reale

dell’oggetto nella sua vera forma e nella sua vera misura rilevata e illustra i vari tematismi misurati,

edificato, marciapiedi, recinzioni, muri etc. permettendone la corretta catalogazione basata sulla

pianificazione delle operazioni di rilievo.

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Fig. 1.1.4 - Roma, Tor Marancia, viale Caravaggio, esempio di cartografia numerica

vettoriale, produzione Cartesia s.p.a. 1999.

L’utilizzo appropriato di sistemi computerizzati di calcolo e disegno sempre più sofisticati, rende

oggi più efficiente la genesi e la rappresentazione di modelli tridimensionali, seppure limitatamente

allo spazio e agli oggetti realmente misurati.

Per arrivare comunque alla rappresentazione tradizionale della cartografia illustrata in

modalità vettoriale, sia essa aerofotogrammetrica tanto quanto satellitare, resta inalterato

l’indispensabile processo di lettura ed interpretazione delle immagini da parte del cartografo,

processo che caratterizza la qualità finale della restituzione, funzionale alla accuratezza della

fotointerpretazione.

Nel caso di immagini satellitari, la qualità finale della restituzione è strettamente legata, come si

vedrà più avanti, alla discrezione del dato rilevato attraverso le immagini (risoluzione).

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Per quanto concerne la restituzione cartografica in generale, negli ultimi anni si è assistito

all’ampliamento del panorama delle basi fotografiche, ampliamento costituito principalmente

dall’utilizzo di dati di provenienza satellitare.

La più importante innovazione recente è costituita dalla rappresentazione di carte tecniche realizzate

direttamente ed esclusivamente attraverso immagini raster monotematiche (provenienti dai satelliti)

le quali illustrano alcune fenomenologie basate sull’emissione e misurazioni evolute di bande

magnetiche particolari, come ad esempio temperatura, presenza di acqua o composizione chimica

dei vari strati dell’atmosfera terrestre, rivoluzionando così i sistemi di illustrazione cartografica

classica, integrando sistemi basati essenzialmente sulla osservazione e conseguente

rappresentazione vettoriale del fenomeno territoriale, con osservazioni strumentali automatiche

dalle quali possono essere derivate informazioni nuove o diversamente censite rispetto ai metodi

fino ad ora impiegati.

In conclusione, i sistemi di rilievo diretto si prestano ad essere rappresentati

indifferentemente secondo modalità bidimensionali tanto quanto tridimensionali, mentre i rilievi a

scala cartografica male si addicono alla rappresentazione tridimensionale a meno di non esercitare

un’onerosa decodifica di quelle stesse informazioni che sulle carte furono sintetizzate in fase di

redazione. I metodi di indagine cartografica descrivono quindi ampiezze e contesti utili

all’illustrazione dello spazio ampio, mentre le campagne di rilievo diretto forniscono informazioni

dettagliate solo sugli oggetti realmente misurati, mentre negano l’illustrazione del contesto spaziale

non indagato.

La grande efficienza nella descrizione dell’ambiente e dello spazio è una caratteristica

propria di rappresentazioni fotografiche quali foto aeree, ortofoto e fotografie satellitari.

Le foto aeree restano lo strumento caratterizzato dalla più completa capacità di comunicazione,

rendendo suggestiva la lettura dei fenomeni territoriali e permettendo all’utente la formulazione di

una sua propria sintesi che riguarderà espressamente i propri temi di indagine. La precisione

dimensionale delle foto è originariamente bassa, dati gli errori di proiezione prospettica propri della

rappresentazione fotografica, Questo tipo di errori che renderebbero difficile l’utilizzo delle foto per

misurazioni di precisione, vengono corretti e le foto vengono depurate dagli errori di distorsione

ottica, riportando le immagini entro la categoria delle ortofoto, con parametri di precisione

dimensionale e geometrica alti.

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La rappresentazione basata su immagini satellitari, oggi, viene utilizzata per l’illustrazione

di fenomeni territoriali dimensionalmente corretti rispetto alla realtà, la grande estensione

territoriale delle riprese ne facilitano l’utilizzo per cartografie tematiche illustrate, a scale

geografiche, di ampie porzioni di territorio.

Le tecniche di rilievo innovative basate su scansioni laser dello spazio, costituiscono al

momento la più efficiente innovazione nella materia del rilevamento dello spazio e dell’ambiente.

Questa tecnica di rilievo è caratterizzata dalla misurazione dello spazio attraverso un raggio laser

che, così come ottenuto da misuratori portatili di distanza utilizzati normalmente da tecnici di

rilievo, misura con eccezionale precisione la posizione tridimensionale del punto rilevato rispetto al

centro di ripresa. Il centro di ripresa coincidente con il centro ottico del laser scanner può essere

collocato a terra per la effettuazione di rilievi di tipo architettonico così come di peculiarità

geomorfologiche, oppure lo stesso centro di ripresa può essere collocato su aerei o elicotteri per la

ripresa di rilievi terrestri, parliamo a questo punto di sistema di ripresa Airborne LIDAR (LIgth

Detection And Ranging) costituito da un laser scanner, interfacciato con una coppia di GPS

connessi in modalità differenziale e cioè

capaci di calcolare con elevatissima

precisione le coordinate relative dell’aereo

rispetto al GPS posizionato a terra,

conosciuta a questo punto la posizione

dell’aereo è stimata con la stessa precisione

la coordinata del punto misurato.

Limitazioni funzionali alla bontà di questa

ultima tecnica di rilievo sono costituite dalla

ridondanza dei dati rilevati, talvolta affetti da

problemi di diffrazione rispetto agli spigoli

degli elementi misurati, alla impossibilità di

rilevazione di elementi fisici nascosti coperti

per esempio dalla copertura vegetale e alla scarsa capacità di rilievo di caratteristiche fisiche quali i

materiali degli elementi rilevati.

Se dal punto di vista della produzione di carte i dati del laser scanner devono essere interpretati, è

pur vero che questi dispositivi restituiscono all’operatore una nuvola di punti tridimensionali che di

fatto identificano un modello tridimensionale dello spazio scansito nel campo delle applicazioni da

Fig.1.1.5 – Schema di funzionamento del sistema Airborne LIDAR.

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punto di ripresa statico a terra o di una sorta di modello tridimensionale del terreno quando applicati

a bordo di aerei o elicotteri, nella figura 1.1.6 viene mostrato un modello tridimensionale costituito

dalla nuvola di punti fornita dal laser scanner le fasce colorate si riferiscono a diverse fasce di

altezza utilizzate per una lettura facilitata del modello. Resta da osservare come anche i modelli 3d

del terreno così resi debbano essere perciò classificati per poter identificare i vari elementi scansiti,

terreno, copertura vegetale, edifici o altri oggetti presenti nello spazio (autoveicoli, installazioni

temporanee quali cassonetti dell’immondizia, tende, etc.)

Fig.1.1.6 - Modello costituito dalla nuvola dei punti scansiti da un sistema LIDAR in

ambito urbano. La differente colorazione dei singoli pixels costituisce un indice della elevazione dei singoli punti scansiti.

Il dispositivo di misurazione (laser scanner) è in grado di proiettare il raggio laser per grandi

ampiezze angolari partendo dal centro di ripresa, “pennellando” l’area di studio, effettuando quindi

una scansione dello spazio con velocità eccezionale e rilevando la posizione 3d dei punti misurati,

ricadenti in ogni porzione angolare orizzontale e verticale imposta dall’utente.

Questa tecnica di rilievo resta caratterizzata da un’elevata precisione metrica, ma limitata per

l’applicazione sia per problemi sopra esposti tanto quanto per la difficile organizzazione e feltratura

dei dati rilevati. Più in generale rappresenta un problema la catalogazione dei punti rilevati rispetto

ai tematismi secondo i quali deve essere ordinato il rilievo quali volumi edificati, marciapiedi,

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recinzioni, muri etc., tanto che in relazione agli aspetti di fruizione dei dati, questo tipo di rilievo

può essere assimilato ai rilievi derivati da immagini raster, quali foto aeree o satellitari.

Attraverso le più recenti innovazioni apportate alle tecnologie laser, utilizzate per questo

tipo di strumenti, è già oggi possibile superare limiti funzionali legati al rilievo delle caratteristiche

del materiale, si iniziano ad apprezzare i risultati nel tentativo di permeazione della barriera

vegetale, per la misurazione di quegli elementi che restano coperti dal verde.

Non si intravedono a breve progressi tecnici o innovazioni tecnologiche, invece, attraverso le quali

mantenendo alta la accuratezza e precisione di rilievo, sia consentito l’abbassamento della

complessità delle nuvole di punti ottenute dalle scansioni, per le quali resta auspicabile la

restituzione di forme geometriche con la conseguente eliminazione dei punti ridondanti.

Sarà necessario a questo punto sintetizzare l’uso delle varie tecniche e strumentazioni di

rilievo, rispetto alla finalità della valutazione delle prestazioni dei sistemi di rappresentazioni dello

spazio e dell’ambiente.

Tipologia della

rappresentazione

Accuratezza della rappresentazione

Copertura

Interpretazione

Modalità di

rappresentazione

Aerofotogrammetrica

Elevata

(fino a valori di 5 cm. secondo la scala)

Ampia

(Elevata nei casi di centri urbani)

Necessaria

Vettoriale

Satellitare

Media

Elevata

Necessaria

Vettoriale

Car

togr

afia

Topografica

Elevata

Scarsa

No

Vettoriale

Rile

vam

ento

Ra

dar -

Las

er

Laser scanner

Elevata

Scarsa

Necessaria

Vettoriale*

Ortofoto

Elevata

Media

(Ampia nei casi di centri urbani)

No

Raster

Rapp

rese

ntaz

ione

fo

togr

afic

a

Satellitare

Media

Molto

Elevata

No

Raster

Fig.1.1.7 - Quadro sinottico per il confronto prestazionale dei vari tipi di illustrazione.

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La tabella 1.1.7, illustra sinteticamente, per i vari sistemi di rilievo, l’accuratezza della

rappresentazione possibile, tralasciando momentaneamente di valutare la capacità di rilievo di punti

nello spazio che al momento ricopre ciascuna tipologia.

I sistemi di rappresentazione dei fenomeni urbani, territoriali, dell’ambiente e dello spazio si basano

su modalità di illustrazione bidimensionali e tridimensionali.

Le modalità bidimensionali tradizionalmente incentrate su sistemi cartografici topografici o

aerofotogrammetrici, illustrano lo spazio in modalità codificata, partendo da planimetrie esatte,

denunciano le quote di elevato “z” attraverso annotazioni numeriche posizionate su punti rilevati o

stimati, oppure attraverso iso-ipse di livello con equidistanza predeterminata o meno, che illustrano

il luogo dei punti del territorio con la stessa elevazione “z”.

Gli oggetti architettonici vengono anch’essi disegnati in modo preciso in planimetria e sovente

vengono trattati come curve di livello orografico, illustrandone l’elevazione “z” attraverso una

notazione numerica relazionata.

Le illustrazioni tridimensionali oggi in grande uso grazie alla evoluzione dei sistemi di

disegno automatici, si basano invece sulla rappresentazione degli oggetti in modalità

completamente tridimensionale, demandando all’utilizzo di software di disegno, l’illustrazione delle

svariate viste prospettiche o assonometriche degli oggetti da rappresentare.

Considerando la significatività dei vari sistemi di illustrazione basata sull’appropriatezza e

precisione dei dati rilevati rispetto alla scala di rappresentazione, si può riassumere come vengano

correntemente utilizzati i sistemi di illustrazione basati sia sulla rappresentazione simbolica degli

elementi, sia sulla rappresentazione metrica esatta degli oggetti. Il primo sistema resta limitato

sostanzialmente alla rappresentazione bidimensionale schematica, anche in relazione alla

moltitudine di oggetti rilevati, il secondo invece trova applicazione sia in modalità bidimensionale

quanto in modalità tridimensionale di oggetti realistici.

Con lo sviluppo delle tecnologie informatiche i Sistemi Informativi Geografici (GIS), hanno

ampliato le possibilità di accesso, gestione ed elaborazione di dati geografici, rendendo peraltro

integrabili tra loro le varie tipologie di illustrazione.

E’ proprio a seguito di questo miglioramento tecnologico che oggi viene proposta sempre più

frequentemente l’illustrazione volumetrica dello spazio attraverso i modelli tridimensionali del

territorio. Tale metodologia, continuamente sviluppata all’interno di software specifici o per la

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gestione dei Sistemi Informativi Geografici per l’utilizzazione nell’analisi geomorfologica del

territorio, oggi trova grande applicazione in software di disegno CAD a testimonianza

dell’affinamento delle tecniche di realizzazione e del potenziamento di calcolo generalizzato nei

sistemi computerizzati attuali, tanto da consentire un’accuratezza dell’illustrazione sensibilmente

migliorata rispetto al passato, permettendone finalmente l’impiego nella disciplina della

rappresentazione esatta dello spazio urbano.

Fig. 1.1.8 - Roma, viale Caravaggio, vista assonometrica dell’esempio di cartografia

numerica vettoriale (Fig.1.1.3), visualizzazione tridimensionale delle volumetrie dell’edificato.

Lo scenario di riferimento è oramai la rappresentazione dello spazio, in special modo quello

urbano, integrato da tecnologie di realtà virtuale per la rappresentazione realistica dell’ambiente,

con conseguente aumento esponenziale della capacità comunicativa dei modelli realizzati, oramai

non più fruibili esclusivamente dai tecnici addetti ai lavori, ma dotati di contenuti illustrativi

riservati al grande pubblico.

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Nel panorama futuro, sono prevedibili svariate applicazioni nell’illustrazione

tridimensionale collegate alla diffusione di informazioni in rete Internet, sia a livello di operatori

istituzionali tanto quanto a livello di operatori privati o commerciali. Una prima applicazione di tali

possibilità comunicative, è osservabile attraverso il servizio attualmente attivo sul sito Google Earth

(http://earth.google.com). Sviluppato come veicolo per la vendita di servizi, propone un’interfaccia

tra utente e sistema di semplicissimo uso. Dotato di grande fascino si propone come perfetta

integrazione tra i dati provenienti da sistemi geografici, da immagini satellitari a diversa risoluzione

e da dati di diversa provenienza: National Geographics Society, DigitalGlobe, Mda-EarthSat per

quanto riguarda le foto da satellite oltre le immagini aeree di istituzioni pubbliche come lo stato

americano del New Jersey, Image MassGIS del Massachusetts, banche dati Teleatlas per ciò che

riguarda le reti di traffico, Sanborn e NavTeq per quanto riguarda il Sistema Informativo

Geografico in generale ed i modelli tridimensionali dei singoli edifici.

Fig. 1.1.9 - Google Earth, rappresentazione tridimensionale dell’area dei castelli

romani.

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Il sistema di rappresentazione utilizzato da “Google Earth” si avvale di un modello

tridimensionale del terreno realizzato a scala geografica sopra il quale è distesa una copertura

fotografica generalmente di tipo satellitare (mappatura).

Il modello tridimensionale del terreno copre l’intera superficie del pianeta così come per la

stessa superficie è assicurata la copertura fotografica, che però cambia di risoluzione, variando

quindi la accuratezza di descrizione per le varie aree geografiche, in funzione della potenzialità di

vendere servizi pubblicitari inerenti la localizzazione di siti commerciali quali ad esempio ristoranti,

hotels, shopping malls tanto quanto servizi pubblici quali scuole, ospedali, farmacie. Il contesto

informativo è completato dalla possibilità di localizzare strade tanto quanto toponimi e confini

amministrativi per finire con la rappresentazione tridimensionale degli edifici assicurata ad oggi

solo per poche aree metropolitane negli Stati Uniti di eccezionale concentrazione di popolazione e

servizi.

Fig. 1.1.10 - Google Earth, rappresentazione tridimensionale di Manhattan New York,

visualizzazione delle volumetrie architettoniche.

Questa ultima funzione di visualizzazione tridimensionali degli edifici resta, peraltro, ovviamente

limitata, in relazione alla effettiva disponibilità dei dati da illustrare, alla dotazione di coperture

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fotografiche basate su foto aere capaci di migliore accuratezza nella rappresentazione di spazi

urbani. Tutti questi fattori che naturalmente sovracaricano il sistema dovranno essere ottimizzati in

funzione alla effettiva necessità di veicolare informazioni pubblicitarie.

Un’altro punto di forza del sistema è costituito dalla capacità di illustrazione multiscalare

delle coperture fotografiche del territorio, ottenuta attraverso la proposizione di varie immagini

satellitari e aeree, a varie scale e a varie aree di copertura mostrate, nel corso delle operazioni di

zoom legate all’avvicinamento al sito ricercato, probabilmente è questo che costituisce il miglior

pregio del sistema legato all’efficienza della banca dati spaziale connessa all’intero servizio,

realizzando globalmente un servizio di rara fluidità nella consultazione.

Fig. 1.1.11 - Google Earth, New York, Washington square, vista zenitale, esempio di

veicolazione pubblicitaria del servizio che mostra la localizzazione di hotels, ristoranti, bar etc.

L’intero sistema è corredato da un dispositivo di navigazione di eccellente qualità e facilità

di utilizzo che supporta al meglio la rappresentazione, felicemente ottimizzata nella velocità di

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illustrazione degli scenari proposti, permettendo all’utente, in ogni caso, efficientissimi zoom e pan

oltre la possibilità di tilt del quadro utile a produrre visualizzazioni prospettiche a volo d’uccello.

Non costituiscono limitazioni funzionali o percettive dello spazio alcune scelte progettuali

particolari, quali la esagerazione della scala verticale sia del modello del terreno (pratica peraltro

sovente utilizzata nella illustrazione di modelli digitali del terreno), e ancora di più della scala

verticale degli edifici forse eccessiva, tanto quanto la grossolanità del modello digitale del terreno

nelle aree orograficamente complesse come ad esempio la città di Roma e l’area dell’arco alpino,

probabilmente quest’ultimo presunto difetto è invece implicato dalla necessità di velocizzare

l’intero sistema minimizzando la quantità di dati scambiati con i servers di sistema.

Fig. 1.1.12 - Google Earth, rappresentazione tridimensionale di un paesaggio alpino in

prossimità di Lugano.

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1.2 La modellazione tridimensionale dello spazio urbano.

Con l’attuale dotazione di risorse hardware e software, e il contemporaneo accrescimento

della disponibilità di dati geografici e territoriali digitali, risulta più agevole intraprendere la strada

della modellazione tridimensionale dello spazio geografico.

Fino ad oggi la comunicazione dell’informazione geografica è sintetizzata attraverso la

illustrazione di cartografie, le quali, in funzione dei contenuti e della base di utenza che ne fruisce,

vengono realizzate, con poche e semplici informazioni per gli utenti non specialistici (ad esempio i

vari atlanti e le carte stradali: Tuttocittà, TCI, etc.); quando invece nella cartografia è prevista la

illustrazione di temi complessi, questa è necessariamente disegnata con un elevato grado di

astrazione ed è quindi indirizzata esclusivamente ad una utenza di tecnici.

Fig. 1.2.1 - Vista zenitale del modello digitale dell’arco alpino con applicata una classificazione delle superfici in funzione della classe di altezza orografica.

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Le tecniche di rappresentazione dei fenomeni territoriali e più in generale della geografia,

stanno evolvendo da modalità di semplice rappresentazione schematica bidimensionale, verso la

rappresentazione tridimensionale di un modello virtuale equivalente ad un plastico fisico.

L’utente potrà guardare il plastico virtuale da qualsivoglia punto di vista, simulando in modo

sempre più appropriato e completo, l’osservazione diretta del sito geografico originale, sia da punti

di vista posizionati ad altezza d’uomo così come da punti di vista aerei.

La contemporanea evoluzione dei sistemi di navigazione dei modelli in realtà virtuale conferisce

infine una straordinaria capacità espressiva agli stessi modelli, permettendo all’utente l’esplorazione

dello spazio, supportata da rappresentazioni video realistiche.

La costruzione di un modello virtuale tridimensionale, offre la possibilità, per esempio

tramite l’ombreggiamento e altre tecniche di rappresentazione sviluppate nella realtà virtuale, di

avvicinarsi sempre più al sistema percettivo umano, rendendo possibile la comunicazione

immediata di informazioni complesse che riguardano il territorio, inserite in un contesto di

volumetrie architettoniche proprie dello spazio urbano. Il sistema di rappresentazione diviene così

capace di illustrare le relazioni tra forma e misura nelle scale proprie dello spazio urbano,

sostituendosi al plastico fino ad oggi strumento sovrano per la valutazione degli aspetti percettivi

che legano l’architettura al proprio contesto urbano, restituendo peraltro la comprensibilità anche

all’utente non tecnico, che non dispone della capacità di interpretare una cartografia bidimensionale

e simbolica.

In questo contesto, la grande semplificazione apportata al sistema di rappresentazione del territorio,

offre la possibilità di aggiungere delle informazioni di tipo analitico, senza interferire con la facilità

di lettura del contesto geografico. Nella fattispecie è possibile, colorando o trattando

opportunamente la superficie del modello, fornire informazioni di tipo analitico, come ad esempio

una zonizzazione o l’individuazione di elementi puntuali, direttamente nella rappresentazione

tridimensionale del territorio urbano.

La costruzione di un modello virtuale può peraltro essere inquadrata in un processo di

progettazione di un plastico fisico dello spazio urbano. Costituisce un elemento di simulazione utile

alla determinazione di specifiche fisiche quali peso, dimensione e quant’altro deve essere studiato

per la produzione secondo varie tecniche di realizzazione. Oltre a costituire un vero e proprio

modello virtuale per la realizzazione del plastico, in relazione all’utilizzo di prototipatrici industriali

o macchine a controllo numerico, risulta determinante nello sviluppo del progetto esecutivo e nella

costruzione del disegno esatto delle parti da realizzare. La realizzazione di un plastico orografico

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tradizionale, realizzato per piani orografici sovrapposti, è rivoluzionata da queste tecniche di

produzione, con cui i vari piani orografici potrebbero essere prodotti da un plotter da taglio, che

incide direttamente la sezione orografica derivata dal modello virtuale sul materiale di supporto,

secondo un processo veloce, preciso e replicabile.

Fig. 1.2.2 - Roma, quartieri Alessandrino, Collatino e Centocelle, vista prospettica del modello digitale urbano costituito dal modello orografico e dal modello dell’edificato architettonico.

Ad oggi, il processo di produzione di modelli orografici virtuali, è ben ottimizzato

all’interno dei sistemi GIS per ragioni relative allo scopo di illustrazione di analisi geomofogiche,

attraverso procedure peculiari di quei sistemi.

Gli stessi GIS (Geografical Information System), per loro caratteristica, generalmente non

gestiscono veri modelli tridimensionali, bensì, lavorando con elementi planari cui è attribuita la

quota di elevazione, tramite appositi algoritmi, operano sulla geometria in modalità che potremo

definire 2½D, eseguendo poi la illustrazione dei modelli secondo le regole della geometria

descrittiva per una rappresentazione finale, peraltro di modesta complessità.

E’ da notare come nell’utilizzazione di questi sistemi software, le tecniche di rappresentazione

asservano il disegno di mappe tematiche prevalente bidimensionali, utili sostanzialmente alla

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illustrazione di analisi geomorfologiche o alla illustrazione geostatistica di fenomeni sociali

distribuiti sul territorio, rendendo inutile, anzi dannosa ai fini dei tempi di elaborazione, la gestione

di veri oggetti tridimensionali.

E’ opinione di chi scrive, come i sistemi GIS siano nati per essere utilizzati da geografi e geologi e

quindi per essere utilizzati a scale geografiche, e come al momento siano inadatti per la

utilizzazione in architettura e comunque a scale urbane, in particolar modo per la incongruenza dei

fattori di precisione necessari alla rappresentazione della architettura rispetto a quelli utilizzati per

la rappresentazione del contesto geografico-geologico.

Il progressivo accesso di architetti e paesaggisti alla utilizzazione di sistemi GIS rischia di

generare una confusione nella loro utilizzazione, l’uso inappropriato delle tecniche operative può

condurre ad errori di valutazione metrica micro e macroscopici, laddove si richieda maggiore

precisione a sistemi che strutturalmente non ne dispongono.

La problematica relativa al rilievo e alla sua restituzione, insita nella stessa progettazione di

volumetrie architettoniche, è completamente ottimizzata e rappresentata attraverso sistemi CAD,

grazie a valutazioni di precisione che sono alla base degli stessi. Attualmente la produzione di

modelli tridimensionali architettonici ha raggiunto livelli di efficienza eccezionali, ben asserviti

dalle tecniche di rappresentazione sofisticate di estrema precisione, rendendo l’utilizzo di questa

tecnologia oramai insostituibile nell’ambito disciplinare della rappresentazione.

In relazione alla migliore funzionalità che conduca ad una agevole produzione di un modello

urbano, sarà necessario procedere alla scomposizione in elementi omogenei complementari che

siano costruibili attraverso processi separati.

Una scomposizione dello spazio urbano in elementi discreti, praticabile in relazione alla

disponibilità spesso diversificata dei dati di partenza, si può articolare in tre distinti ambiti di

lavoro:

• modello orografico comprendente strade e viabilità;

• verde e copertura vegetale;

• volumetrie edilizie, muri ed altri elementi dello spazio antropizzato.

La condizione necessaria alla buona riuscita del processo di costruzione sarà quindi la compatibilità

geometrica di tutti gli eventuali prodotti o sottoprodotti, tanto che resti assicurata la reintegrazione

delle varie parti, sia per verifiche di congruenza così come per verifiche geometriche sulle relazioni

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mutue tra parti, all’interno di quei dispositivi software utili alla migliore rappresentazione del

modello finale.

Una organizzazione dei dati in forma georelazionata (georeferenza) consente di mantenere

un grande ordine nell’esplicarsi delle varie fasi di calcolo poiché impone il posizionamento dei vari

elementi ancorati alle coordinate spaziali assolute definite per un determinato sistema di

riferimento. Questa metodologia è decisamente appropriata, in relazione all’utilizzo integrato di

differenti banche dati geografiche.

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1.3 Panorama scientifico internazionale.

Documentate in allegato le bibliografie ragionate sui temi generali e puntuali, restano da

evidenziare in questa sezione, indirizzi e tendenze del settore nel contesto scientifico internazionale.

Si riscontra una ampia letteratura intorno la documentazione di esperimenti di costruzione di

modelli tridimensionali urbani, esperimenti distribuiti in ogni parte del pianeta e riguardanti aree

anch’esse ben diffuse sull’intero pianeta, sono illustrati lavori o studi specialistici diffusi nei paesi

più progrediti di Europa e America, ma anche in Asia e Australia, è importante la presenza di studi

ed esperienze in Cina e a Taiwan, mentre l’Africa è rappresentata da alcuni lavori proposti nelle

università nordafricane o del Sud-Africa.

Le tendenze generali delle esperienze documentate sono comunque riconducibili a due filoni di

sperimentazione completamente scollegati dalla soluzione di problemi orografici :

1. la generazione di modelli urbani tridimensionali in automatico da “remote sensing” in

generale poco accurati nella descrizione della componente architettonica;

2. la generazione di modelli tridimensionali molto precisi nella componente architettonica per

la gestione del “facility management” o per ottenere una complessa navigabilità VRML.

Riscontro fino a questo momento una scarsezza di documentazione rispetto alla correttezza

altimetrica dei modelli tridimensionali di ambiti urbani. E’ doveroso riportare come gli esempi

consultati siano caratterizzati altresì da piccole taglie territoriali dei modelli urbani realizzati.

Il più ampio contesto scientifico, entro il quale va ricercata traccia di studi e innovazioni nei

sistemi tecnologici di produzione dei modelli tridimensionali geografici e urbani, è ovviamente

collegato ad una serie di istituzioni universitarie, organizzazioni e centri studi geografici, oltre ai

centri studi delle industrie che producono software dedicato per questo tipo di applicazioni.

Le istituzioni universitarie nord-americane sono molto attive in questo settore attraverso i

dipartimenti o scuole di geografia, topografia e GIS e alle facoltà in Landscape Architecture che

afferiscono alle scuole politecniche, anche le università europee mostrano un alto livello di attività,

ma vanno segnalate le scuole tecniche delle università del Regno Unito tra le quali si distingue lo

University College di Londra dove ha sede il CASA Center for Advanced Spatial Analiysis

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(www.casa.ucl.ac.uk) che attraverso la una propria casa editrice e un congresso annuale (CUPUM

Computer in Urban Planning and Urban Management) illustra una vasta e qualificatissima attività

di studi nel settore.

Una buona raccolta di materiali e studi sono disponibili sul sito della Faculty of Architecture

Landscape and Design – University of Toronto (CA) (www.clr.utoronto.ca) alla sezione biblioteca

virtuale, in particolar modo incentrati sulla problematica della illustrazione in realtà virtuale del

verde e della architettura del paesaggio.

Altro sito da visitare alla ricerca di spunti è presso il Laboratoire d’InfoRmatique en Images

et Systemes d’information (LIRIS) CNRS INSA de Lyon (www.liris.cnrs.fr).

Grande impulso alla ricerca nel settore della costruzione di modelli digitali del terreno viene

peraltro dalle case produttrici di software, tra tutte spicca la ESRI (www.esri.com) produttrice di

software dedicato ArcView, ArcINFO, ArcGIS, ArcIMS, anche questa industria attraverso la

propria casa editrice ESRI Press diffonde e sponsorizza studi in tutte le branche della geografia e

della illustrazione geografica.

Resta da notare inoltre come alcuni tipi di problematiche legate per lo più a problemi di

rappresentazione e illustrazione grafica si giovino di innovazioni tecnologiche legate peculiarmente

a settori diversi. E’ il caso del ESC Environmental Simulation Center, New York (USA)

(www.simcenter.org) società leader nella visualizzazione dei modelli urbani in realtà virtuale

(VRLM), nata da una costola di una industria produttrice di software di gioco (SimCity gioco di

simulazione dinamica della costruzione di città).

Nel panorama italiano si possono osservare discrete attività del CNR legate alla materia del

telerilevamento (remote sensing) oltre ad una discreta attività legata diffusamente agli atenei del

nord-est del paese.

Siti internet di organizzazioni che si occupano di studi in materia di modellazione urbana:

www.agile-online.org www.udms.net

www.geosimulation.org www.urbansim.org

www.geocomputation.org www.urbansimulation.com

www.infoterra.fr www.cybergeo.presse.fr

www.autodesk.com www.bentley.com

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Si citano a questo punto alcuni studi particolari, al fine di approfondire e confrontare questa

ricerca rispetto ad alcuni temi specifici entro la problematica più generale oggetto di studio.

Nel settore della indagine sulla derivazione della geometria degli oggetti rappresentati in

cartografia, uno studio interessante sul problema della parametrizzazione dei volumi architettonici è

condotto da Qiming Zhou e Wenjiang Zhang, presso Department of Geography – Baptist University

– Hong Kong (CHI), con la ricerca “A preliminary review on 3-dimensional City model”.

Uno studio interessante viene condotto da Norbert Haala, Claus Brenner, Chistian Stätter, presso

Institut für Photogrammetrie – Universität Stuttgard (D), i quali nel quadro della ricerca su un

“Sistema integrato per la generazione di modelli urbani”, hanno affrontato con discreti risultati la

ricostruzione dei tetti attraverso i dati provenienti da scansioni laser

Nel settore della rappresentazione del verde, Thomas Blaschke e Dirk Tiede, presso

Department of Geography – Universität Tübingen (D), sono autori di uno studio sulla

rappresentazione 3D degli alberi per l’utilizzo in modellazione dell’ambiente, “Bridging GIS-based

landscape analysis & modelling and 3D-simulation. Is already 4D?”

Nel settore della visualizzazione dei modelli è apprezzabile il lavoro di Weiso Chen del

Land Use Science group, presso Macaulay Land Use Research Institute – Aberdeen (UK), intorno

vari perfezionamenti delle tecniche di vestizione (draping) dei modelli urbani.

Nella sezione della ottimizzazione VRLM, Guoqing Zhou, Zhenyu Tan, Ming Xie, Jianfeng Tang,

presso Laboratory for earth observing and spatial data processing – Department of civil engineering

and technology – Old Dominion University – Norfolk (USA), stanno conducendo interessanti studi

intorno la problematica della visualizzazione in Internet di sistemi GIS-urbani, nella ricerca “Web-

based 3D GIS: Virtual Environment of 3D Model Visualization”

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1.4 La produzione dei modelli orografici digitali.

Accanto ai tradizionali metodi di rappresentazione bidimensionale del territorio (carte

topografiche, carte tematiche, carte geologiche) sono sempre più utilizzate rappresentazioni

tridimensionali del terreno.

Un modello tridimensionale orografico è infatti più semplice da comunicare, rispetto ad una

rappresentazione codificata secondo le regole della cartografia tradizionale, spesso ignorate dai non

addetti ai lavori. Ad oggi, con il potenziamento delle tecniche computerizzate si possono realizzare

modelli orografici digitali sempre più complessi e realistici.

Inquadrando il problema secondo una logica di decodifica delle informazioni cartografiche

ritradotte in elementi spaziali tridimensionali, il plastico fisico del territorio è comunemente usato

nella rappresentazione dello spazio per illustrare il contesto di elementi rilevati o progettati.

L’uso dei plastici resta limitato per tutte quelle ragioni che riguardano la complessità di

realizzazione, il costo, l’ingombro, la scarsa flessibilità rispetto alla possibilità di allargamento

dell’ambito rappresentato. La restituzione in forma di disegno, di un contesto territoriale, risente

grossolanamente degli stessi problemi del plastico del territorio, questo ha limitato in passato

l’utilizzo di restituzioni prospettiche o assonometriche del territorio.

Anche la utilizzazione di tecniche digitali per la rappresentazione tridimensionale del territorio è

rimasta limitata, non tanto dalla complessità del processo, quanto dalla mole dei dati utili alla

corretta rappresentazione in relazione agli strumenti di calcolo poco efficienti.

In questo momento, con la crescente disponibilità di cartografie informatizzate, risulta più

facile approcciare il problema della costruzione e della rappresentazione di modelli territoriali

digitali, tanto che, l’utilizzo di queste tecniche, ha determinato la crescita e il perfezionamento di

tecnologie software dedicate allo scopo.

Si è assistito negli ultimi anni ad un crescente uso dei modelli territoriali digitali, legato ad

una maggiore sensibilità del mercato del software e del mercato dei dati cartografici, ma spesso

l’utilizzazione malaccorta dell’intero sistema, ha prodotto risultati inadeguati alle finalità di

rappresentazione, facendoli risultare banali applicazioni fuori scala.

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L’uso consapevole di queste tecniche di modellazione può portare rapidamente alla

costruzione del contesto territoriale tanto preciso da poterlo usare come una sorta di matrice

spaziale sulla quale sovrapporre e integrare oggetti provenienti da campagne di rilievo diretto,

correttamente georelazionati al contesto, e infine rappresentare in modalità realistica, con l’ausilio

di tecniche di rendering, non solo disegni o immagini di straordinaria completezza formale ma

anche plastici fisici di straordinaria precisione con l’ausilio di stampanti tridimensionali o tecniche

di prototipazione rapida.

Una rappresentazione del territorio attraverso un modello orografico non è solamente utile

per la illustrazione dello spazio ma anche per tutte le operazioni di derivazione ed analisi che con

attraverso quel modello si possono realizzare.

Innumerevoli sono i campi di applicazione delle immagini telerilevate, assieme ai modelli

digitali forniscono un ottimo mezzo per indagini di impatto ambientale. Il settore petrolifero ha

invece mostrato fin dall'inizio un forte interesse per la modellazione del sottosuolo. La integrazione

dei modelli 3D del territorio con le banche dati geografiche costituisce una via privilegiata per

affrontare tutte le problematiche di pianificazione ambientale e di calcolo di rischio idrogeologico,

sismico, ecc..

Un modello digitale di elevazione, anche noto come DEM, dall' inglese Digital Elevation

Model, o anche come DSM, dall'inglese Digital Surface Model, è la rappresentazione della

distribuzione delle quote di una certa superficie, in formato digitale. Occorre specificare quale sia la

superficie rappresentata: ad esempio DEM della superficie della vegetazione, DEM della superficie

del suolo terrestre, etc.

Nella gran parte delle applicazioni pratiche la superficie che interessa modellare è la superficie del

suolo terrestre. In questo caso si parla più precisamente di modello digitale del terreno o brevemente

DTM, dall'inglese Digital Terrain Model. Un DTM quindi è un tipo particolare di DEM.

I DTM descrivono una superficie mediante un insieme finito di punti dotati di coordinate (x, y, z)

nello spazio. I punti originali di solito risultano spaziati in maniera irregolare e ciò dipende dalla

tecnica utilizzata per le misurazioni, in questo caso il modello orografico viene costruito per

triangoli appoggiati ai punti originali, il modello prende il nome di TIN, dall’inglese Triangulated

Irregular Network. Se al contrario i punti risultano allineati su una griglia regolare a passo

rettangolare il modello prende il nome di GRID.

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1.4.1 DEM: Digital Elevation Model

Il DEM è la rappresentazione digitale della distribuzione delle quote altimetriche di un

territorio. Tecnicamente può essere realizzato in forma raster, vettoriale e simbolico numerica, ma

nella accezione tecnica oramai comune con il termine DEM ci si riferisce alla rappresentazione in

forma raster.

Il DEM è generalmente realizzato a partire da una griglia spaziale regolare, generalmente a

maglia quadra, per ogni maglia della griglia il valore di altezza medio viene tradotto in un pixel il

cui colore è relazionato ad una scala di sfumature che mette in corrispondenza classi di elevazione

con specifici colori. L’immagine raster così generata, di cui un esempio è mostrato nella immagine

di sinistra a fig. 1.4.1 illustra l’orografia di un territorio.

Il DEM può essere generato attraverso vari sistemi, a partire da osservazioni aerofotogrammetriche

direttamente da coppie stereografiche di foto aere, attraverso le quali un operatore possa stimare le

quote corrispondenti la griglia, oppure in modo più sofisticato e automatico attraverso la

elaborazione di dati acquisiti attraverso un sensore installato su un aeroplano o su un satellite.

Un esempio che rappresenta la tecnologia più comunemente utilizzata è costituto da un sensore di

tipo SAR (Synthetic Aperture Radar) installato su un satellite geostazionario, il segnale registrato

viene elaborato a terra permettendo la costruzione del DEM.

La precisione del sistema è ottimale se Fig. 1.4.1 - Digital Elevation Model e identificazione della orografia.

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relazionata alla cella spaziale indagata e alla ampiezza della rilevazione, ma resta bassa e

incompatibile con gli utilizzi legati alla rappresentazione dello spazio urbano. La SRTM (Shuttle

Radar Topography Mision) della NASA ha realizzato il più preciso DEM mai prodotto attraverso

una rilevazione di una cella di 30 metri di lato. La pubblicazione del DEM è avvenuta attraverso

una maglia di 90 metri di lato con un errore stimato di 10 metri in altezza

A partire da un DEM attraverso una analisi del colore del pixel risulta facile derivare un

disegno della orografia basato sulle curve di livello che vengono identificate come i bordi delle aree

con lo stesso colore (vedi esempio mostrato nella fig. 1.4.1). Questa funzionalità è disponibile su

tutti i software GIS deputati alla analisi spaziale e rappresenta lo strumento base per la

determinazione di modelli del territorio vettoriali o per la redazione di carte di analisi quali la carta

delle acclività, dell’esposizione dei versanti o la carta dei compluvi.

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1.4.2 TIN: Triangulated Irregular Network

E’ un modello costituito da un insieme punti quotati, collegati da segmenti tali da formare

una rete continua di triangoli tridimensionali. La scelta dei punti significativi può basarsi su vari

metodi, così come il collegamento dei punti può avvenire secondo vari criteri (ad es. criterio di

Delauney o attraverso la determinazione dei poligoni di Thiessen anche conosciuta come

diagramma di Voronoi), tale da assicurare la continuità della superficie. La superficie di ogni

triangolo è definita dall'elevazione dei suoi tre vertici ed in genere è assunta piana.

Il modello digitale orografico così costruito prende il nome di TIN.

Un TIN può essere derivato da un

insieme anche sparso di punti quotati e

comunque non necessariamente appoggiato

ad una maglia spaziale regolare, una tipica

applicazione dei TIN è rappresentata dalla

costruzione di modelli digitali del terreno a

partire da dati di rilievo topografico.

Data la grande precisione del rilievo

topografico il TIN costituisce un sistema

sicuro e preciso per la generazione di un

modello digitale del terreno.

La superficie prodotta dovrà essere

memorizzata in un sistema di calcolo

attraverso un protocollo che assicuri la trasmissibilità e la eventuale esportazione da un software

verso un altro, la memorizzazione di un database TIN deve comunque essere organizzata in forma

tabulata per mantenere la identificazione di tutti i triangoli evitando la doppia memorizzazione dei

vertici (tolti i vertici che costruiscono il perimetro del modello ogni vertice definisce due distinti

triangoli).

Per la memorizzazione di un modello TIN, vengono utilizzati formati tabulati che censiscono in

tabelle separate, i triangoli, i vertici, e le loro relazioni di appartenenza geometrica, rendendo

necessaria la interpretazione dei dati da parte del software applicativo.

Fig. 1.4.2 -Triangulated Irregular Network.

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1.4.3 DTM a maglie quadrate (GRID).

Un GRID rappresenta una modalità vettoriale per la rappresentazione di un DEM e come

tale può essere ottenuto direttamente da un DEM memorizzato in forma vettoriale. Data la scarsa

precisione dei DEM satellitari per gli utilizzi di rappresentazione del territorio a scale urbane o

locali, all’interno dei software più utilizzati per la gestione del territorio, sono presenti funzioni e

procedure per la derivazione di GRID direttamente da modelli TIN.

Queste funzioni sono necessarie per poter disporre di informazioni relative all’altezza orografica in

quelle porzioni di spazio coinvolte nella progettazione di opere di ingegneria civile, infrastrutture

generali e viarie.

L'insieme dei punti originali, irregolarmente distribuiti, viene trasformato in una griglia regolare (a

maglie quadrate), impiegando tecniche di interpolazione spaziale. Nel DTM a maglie quadrate

(GRID) risultante ciascuna tripletta (x, y, z) interpolata rappresenta un quadrato della griglia

chiamato anche cella.

Fig. 1.4.3 - Modello digitale del terreno a maglia quadrata GRID.

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Sono stati sviluppati numerosi formati di tabella per memorizzare i GRID vettoriali, tutti

comunque presentano il carattere di una matrice. Il formato più economico per la memorizzazione

e comune consiste nello scrivere in modalità sequenziale su ogni riga di una tabella, il valore della

coordinata z del punto della maglia GRID, secondo un ordine prefissato di righe e colonne, a parte

basterà memorizzare le coordinate bidimensionali di origine della griglia, il numero di celle per

riga, il numero di celle per colonna, il passo della griglia (distanza tra le righe e distanza tra le

colonne) e lo schema della sequenza (descrizione dei punti per riga a crescere da sinistra verso

destra e per colonne a crescere dal basso verso l’alto). In particolari casi è possibile generare una

griglia rettangolare con passo differenziato lungo le direzioni x e y.

Come ultima considerazione sulla memorizzazione dei dati di un GRID si deve notare come

al contrario del TIN dove si descrivono delle superfici (triangoli) nel GRID non si descrive alcuna

superficie ma si memorizzano coordinate di punti, questo pone l’accento sul fatto che per descrivere

un modello di superficie del terreno nel caso di un TIN, alla lettura del file in cui è memorizzato il

modello è sufficiente definire che i triangoli rappresentino le singole facce del modello, mentre nel

caso del GRID la interpretazione o determinazione delle superfici del modello del terreno è

comunque successiva alla fase di lettura del file ove il GRID è memorizzato.

Un file DTM di questo tipo si presta peraltro per essere visualizzato in due dimensioni

mediante un'immagine raster (ad es. jpg, tif) assegnando a ciascun pixel dell'immagine,

corrispondente ad una cella del GRID, il colore relativo ad una classe della scala dell'elevazione, in

perfetta analogia al sistema citato per i DEM. Questo sistema di memorizzazione è uno dei più

diffusi e a giudizio di chi scrive, in questo risiede la natura della confusione terminologica secondo

la quale il significato di terminologie quali DEM, DSM, DTM, GRID, viene spesso scambiato

oppure gli stessi termini vengono spesso utilizzati per definire lo stesso oggetto.

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1.4.4 Confronto prestazionale tra le tipologie di modelli.

TIN e GRID sono in finale due modalità di costruzione di modelli digitali del terreno.

Fatte salve tutte le operazioni di lettura e interpretazione dei file di memorizzazione dei modelli,

così come la costruzione del modello di superficie DSM sarà necessario confrontare le prestazioni e

le peculiarità applicative dei due diversi modelli così ottenuti.

La prima considerazione che nasce dal confronto, riguarda la peculiarità di ordine generale,

secondo la quale il TIN è costruito sulla base di punti realmente misurati e esistenti (per esempio i

punti quotati di un rilievo topografico), mentre un GRID è costituito interamente da punti stimati e

comunque non rilevati direttamente.

Questo fa nascere, legittimamente, dei problemi di opportunità operativa, rispetto al fatto che tutte

le considerazioni e le eventuali scelte progettuali, che si potranno fare utilizzando il modello,

possano essere inficiate da errori di calcolo di base nella stima del modello stesso . A tale scopo va

ricordato come tutti i sistemi di calcolo, stima e derivazione di punti siano ben consolidati, e ne sia

ampiamente testata la reale efficienza e affidabilità, così come gioverà ricordare che eventuali errori

macroscopici saranno facilmente evidenziati da rappresentazioni tridimensionali o meglio in realtà

virtuale, rappresentazioni da usarsi per effettuare un controllo di qualità anche per identificare

eventuali errori provenienti direttamente dal rilievo.

Rispetto alla geometria generale del sistema la maglia del GRID non è adattiva nelle misure

mentre invece lo è la maglia di un TIN: il GRID è composto da una maglia rigida che non consente

in alcun modo, di aggiungere un vertice o di imporre l’altezza di un punto in posizione casuale nello

spazio (ad esempio un vertice di un fabbricato), a meno di ricostruire il GRID su una maglia diversa

per origine o per passo,mentre nel caso di un TIN basterà costruire i tre triangoli risultanti dalla

scomposizione dell’unico triangolo, dopo averlo eliminato, entro cui è posizionato il nuovo punto.

Il modello TIN consente di rappresentare la superficie vera con un minor numero punti

rispetto al modello GRID. Infatti la densità dei punti può essere adattata al livello di complessità

locale della superficie: più punti per i terreni accidentati, minor numero di punti per i terreni con

pendenze che variano dolcemente. Il modello GRID non essendo adattabile, può tendere a

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semplificare troppo le superfici montuose e a rappresentare con sovrabbondante numero di punti

quelle pianeggianti.

I triangoli irregolari si prestano molto meglio delle maglie quadrate a rappresentare aree ove

le pendenze variano bruscamente (picchi, rotture nella pendenza come creste, strette valli, salti, etc.)

o risultano particolarmente elevate (si pensi ad esempio ad una rupe rocciosa pressochè verticale o

addirittura in contropendenza). In aree con queste caratteristiche morfologiche i lati delle maglie

del TIN possono allinearsi esattamente con le linee che segnano discontinuità di pendenza.

Fig. 1.4.4 - Sovrapposizione di due modelli orografici. In rosa il modello GRID e in

verde il modello TIN.

Per determinare l’altezza di un punto qualsiasi, in entrambi i casi, l’unica possibilità consiste

nello stimare attraverso un sistema analitico la quota “z”, oppure, accettando una approssimazione,

identificare la quota del punto sulla maglia più vicina, questo porta ad una valutazione costante e

determinata della approssimazione nel caso del GRID, poiché è definibile come la distanza tra un

punto qualsiasi e la maglia più vicina sia al massimo pari alla metà del passo della maglia, mentre

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resta molto variabile la approssimazione nel caso del TIN dato proprio a causa della variabilità

dimensionale della maglia.

Nonostante gli apetti negativi fin qui illustrati, i modelli GRID risultano molto più utilizzati

di quelli in formato TIN, questo per via della struttura più semplice e "pronta all'uso" che si utilizza

favorevolmente nelle elaborazioni computerizzate. Un modello GRID è più semplice da

manipolare, analizzare ed integrare con altri dati GIS, specialmente nelle applicazioni di analisi

digitale del terreno.

Dal punto di vista della progettazione di opere di ingegneria civile risulta molto comodo disporre

delle quote altimetriche dei punti utili a disegnare profili o a collocare infrastrutture derivandoli

immediatamente con un semplice calcolo interpolate tra due vertici delle maglie.

Dal punto di vista della rappresentazione il confronto fra un modello realizzato in TIN ed

uno in GRID della stessa porzione di territorio lascia intravedere come il GRID mostri un territorio

più “arrotondato” rispetto a quello di TIN più “spigoloso” questo in relazione alla maggiore

vocazione del TIN a mostrare discontinuità orografiche.

In ambito extraurbano dove le discontinuità sono generalmente solo orografiche e non

dovute ad elementi costruiti dell’uomo, ad esempio muri di sostegno, trincee artificiali, si coglie

raramente la vista di particolari previlegiando una vista d’assieme nella quale risulta sufficiente

l’approssimazione del modello GRID. In ambito urbano, al contrario ricco di discontinuità

artificiali come quelle sopra citate oltre le rampe carrabili,e i muri divisori, esiste invece una

tendenza a visualizzare il particolare che in generale risulta troppo approssimato anche attraverso un

modello TIN.

Fig. 1.4.5 – Rendering di modello TIN

Fig. 1.4.6 – Rendering di modello GRID

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La considerazione finale resta quella che sfruttando l’attuale sistema di produzione di

modelli urbani, tutti gli elementi antropizzati vengano disegnati appropriatamente e separatamente

rispetto al modello orografico, rispetto al quale si deriveranno le quote orografiche dal DTM

assegnate per ogli locazione dello spazio in esame, successivamente questi elementi saranno fusi o

integrati con il modello orografico per generare il modello urbano definitivo. Sarà conveniente

altresì valutare la resa finale sia con il modello TIN tanto quanto con il GRID, visto che i secondi

sono derivati direttamente dai primi attraverso processi di calcolo complessi ma completamente

trasparenti all’utente grazie alla attuale efficienza dei software e alla enorme potenza di calcolo

degli attuali sistemi di calcolo.

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1.4.5 Materiali di input.

Per generare un modello tridimensionale orografico è necessario disporre di una cartografia

di base contenente informazioni orografiche del sito da modellare, altri supporti informativi

utilizzabili sono le nuvole di punti provenienti da scansione LIDAR tanto quanto DEM di

provenienza satellitare così come descritti nella sezione 1.4.1, e i punti provenienti da rilievo

topografico. Tutti i materiali dovranno ovviamente essere utilizzati a partire da un formato digitale

vettoriale, cosa peraltro oggi sufficientemente agevole considerato che da diversi anni si producono

quasi esclusivamente cartografie numeriche vettoriali. Il dettaglio di redazione, legato alla scala

della cartografia di base, è elemento fondamentale per la definizione del modello ovvero della

accuratezza attraverso la quale verranno descritti i luoghi da rappresentare.

I materiali di input per la generazione di modelli tridimensionali del terreno sono costituiti

sostanzialmente da qualsiasi informazione che possa comunicare una quota di elevazione di

qualsiasi elemento presente in cartografia. Preferenziali sono ovviamente i punti quotati che in ogni

caso vengono utilizzati dal cartografo per generare un modello da cui si possano derivare le curve di

livello.

In merito alla precisione e attendibilità dei dati altimetrici provenienti da dati satellitari o da

rilievi LIDAR, la lettura dei documenti di seguito riportati ha consentito di strutturare un concetto

generale già presente tra le conoscenze pregresse di chi scrive, ma una rielaborazione concettuale

intorno i temi affrontati ha prodotto il riordino delle valutazioni e un chiarimento definitivo intorno

la materia della precisione di quei tipi di dati

E’ stata particolarmente utile la lettura ragionata dei testi di seguito riportati:

• Christophe Valorge, “3D restitution and rendering through high resolution imagery: State of the art and new challenges”, CNES Tolouse FR, 2003;

• Ilkka Korpela , “3D data capture for DEM ,DTM, DSM production – an introduction to

photogrammetric methods and ranging laser”, University of Helsinki FI, 2000;

Lo scritto di C.Valorge propone un chiarimento definitivo intorno la materia della precisione

dei dati satellitari. Il campo di indagine è quello della risoluzione e della valutazione altimetrica

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delle rilevazioni satellitari. Trattandosi di rilevazione di immagini l’aspetto precisione è legato alla

grandezza della areola quadrata di territorio rappresentata da ogni singolo pixel, la risoluzione dei

migliori sistemi satellitari “Spot 4”, oggi in uso si aggira intorno a 2.50 metri di lato per pixel,

mentre la accuratezza della valutazione altimetrica è misurabile attraverso un errore minimo di

±2.50 metri di altezza in ambito orografico poco movimentato, ±5.00 metri di altezza in ambito

orografico mosso.

Resta doveroso notare come i valori citati si riferiscano alla risoluzione finale della immagine da

satellite, ottenuta attraverso la più avanzata valutazione stereoscopica “HRG across-track

stereoscopy” oggi disponibile. Un sostanziale miglioramento delle prestazioni è previsto per la

metà dell’anno 2008 con la messa in orbita di “Spot 5” che sarà equipaggiato con un sistema di

valutazione tri-stereoscopico “Pléiades-HR”, questa tecnologia permetterà il rilievo di un’areola di

0.70 metri di lato con una accuratezza di ±1.50 metri di altezza.

Lo scritto di I.Korpela chiarisce come non siano ancora maturi i tempi per l’utilizzo del

“laser scanner” come strumento per il rilievo territoriale dato che fornirebbe troppi dati (ad oggi

mancano processi matematici per la loro semplificazione) e fornirebbe un modello che accomuna

tutte le componenti provocando una grande imprecisione (il modello rilevato potrebbe essere del

suolo in alcune sue parti, del tetto degli edifici in altre parti e della chioma degli alberi in altra parte

della stessa rilevazione).

Per quello che concerne mappe cartografiche disponibili esclusivamente su supporti

cartacei, ne è possibile la vettorializzazione a partire da una immagine raster, ottenuta attraverso una

scansione della mappa stessa.

La vettorializzazione potrà essere eseguita secondo tre diverse modalità operative:

1) La prima modalità riguarda un processo esclusivamente manuale che consiste nel produrre a

video un disegno a ricalco, effettuato mantenendo la scansione sullo sfondo, delle

informazioni desiderate. Durante il processo del ridisegno si avrà cura di catalogare i vari

elementi via via che questi vengono prodotti. Si riporta ad esempio il ridisegno delle curve

di livello, le quali, non appena ridisegnate, vengono elevate alla loro effettiva quota

altimetrica. Questa modalità operativa è ad altissimo dispendio di tempo, anche se un buon

operatore potrà produrre un risultato di grande precisione.

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2) La seconda modalità consiste in una vettorializzazione automatica, attraverso la quale,

l’intera mappa viene convertita in elementi di disegno vettoriale, ad esempio linee (si noti

come questa parte del procedimento possa essere estremamente rapida e produrre un ottimo

risultato), ottenuto il disegno vettoriale, si dovrà a quel punto catalogarlo per temi.

Riprendendo l’esempio sopra citato, l’intera operazione potrà essere caratterizzata da un

grande risparmio nel tempo necessario alla fase di disegno, ma anche da un enorme

dispendio nel tempo necessario alla catalogazione ed elevazione in quota delle curve di

livello. La causa del aggravio di tempi risiede nella tipologia e nella natura degli oggetti

generati dai processi di vettorializzazione automatica, disgregati e non organizzati, piuttosto

che selezionare in un unico colpo una curva di livello costruita con 100 vertici, cosa che

avviene nella prima modalità, si dovranno selezionare 100 segmenti separati, con

conseguente allungamento dei tempi di lavoro.

3) La terza modalità riguarda invece, un processo di vettorializzazione semiautomatico, a

giudizio di chi scrive, quello che consente il miglior rapporto tra velocità di esecuzione e

precisione nel disegno. Il disegno degli elementi avviene in automatico con l’inseguimento

della traccia visibile sul raster di base, e inizia con la selezione di un punto di partenza

digitato (clickato) sull’immagine raster e si arresta al verificarsi di due possibili condizioni:

la traccia da digitalizzare è terminata, la vettorializzazione è anche essa terminata e

l’elemento vettoriale necessita solamente di essere classificato, in alternativa, la traccia sul

raster di sfondo incrocia un'altra traccia, anche se differente per tipologia, il processo resta

in attesa che l’operatore digiti un punto che indichi il lato a partire dal quale continuare la

digitazione, per esempio una curva di livello incrocia la linea di una strada. Dando per certo

che il disegno dell’elemento generico, nonostante tutti i possibili incroci, è destinato a

terminare, risulta destinato a terminare anche il ridisegno dell’elemento.

Sarà possibile a quel punto la classificazione dell’elemento identificabile attraverso una

unica selezione di oggetto.

Dal punto di vista del rapporto tempo - prestazioni questa modalità raccoglie i vantaggi di

tempo della prima per ciò che concerne i momenti di catalogazione e riduce, sempre rispetto

alla digitalizzazione manuale, notevolmente i tempi di disegno pur mantenendo grandi

precisioni.

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1.4.6 Accuratezza della rappresentazione.

La precisione di un DTM è strettamente relazionata alla precisione dei dati di input,

costituiti dalle informazioni altimetriche illustrate nella cartografia di base. Questa posizione resta

imprescindibile e da questa ne deriva la conseguenza, per la quale sarà impossibile aspettarsi di

estrapolare da un DTM, dati caratterizzati da una precisione migliore rispetto ai dati di partenza.

Ogni cartografia è caratterizzata da una propria precisione, questa risulta standardizzata in

funzione della scala nominale.

Si parla di scala nominale di cartografia, riferendosi in particolare, alla cartografia numerica

operabile su un elaboratore in scala 1:1 rispetto all’unità di misura, la scala nominale resta, in

funzione della qualità degli elementi rappresentati, caratteristica peculiare di una analoga scala di

rappresentazione con la stessa tipologia e accuratezza di rappresentazione, relazionabile alle mappe

cartacee.

Si riportano di seguito i valori metrici secondo i quali valutare la accuratezza caratteristica di

una scala nominale.

Tolleranze: Scala nominale 1:500 1:1.000 1:2.000 1:5.000 1:10.000 Planimetrica un punto sulla carta ±0.15 m. ±0.25 m. ±0.40 m. ±2.00 m. ±4.00 m.Planimetrica delle curve di livello ±0.15 m. ±0.25 m. ±0.40 m. ±2.00 m. ±4.00 m.Altezza dei punti quotati isolati ±0.05 m. ±0.10 m. ±0.20 m. ±1.00 m. ±1.80 m.Altezza dei punti quotati su edifici ±0.20 m. ±0.50 m. ±1.00 m. ±1.50 m. ±2.50 m.

La qualità di un GRID è una misura dell'accuratezza dell'elevazione (riferita ad una

superficie di riferimento, quale ad es. geoide terrestre, l'ellissoide WGS84, etc) di ogni cella; è

anche una misura dell'accuratezza dell'altezza di una cella rispetto alle celle limitrofe, cioè

dell'accuratezza con la quale vengono rappresentate le forme. Nel primo caso si parla di accuratezza

(della topografia) assoluta, nel secondo di accuratezza relativa di un DTM.

Va da sè come, anzitutto, sia l'origine delle elevazioni misurate che fa la qualità di DTM.

Indipendentemente dal metodo impiegato per misurare le elevazioni, è una condizione

fondamentale avere a disposizione una distribuzione spaziale di punti quotati, il più regolare

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possibile. Ad esempio, per un GRID generato da una serie di profili altimetrici molto distanti tra

loro, seppur ricchi di misure al loro interno, non ha senso scegliere un passo di griglia inferiore alla

distanza tra i profili. In caso contrario il GRID sarà “pretenzioso”, cioè rimarrà allo stesso livello di

accuratezza pur utilizzando un passo di griglia più fitto e potrà presentare artefatti (vedi oltre).

Altri parametri che giocano un ruolo importante per la qualità dei prodotti di modellazione digitale

del terreno, sono:

• "rugosità" del terreno

• densità di campionamento dei punti (metodo di campionamento)

• ampiezza della cella della griglia

• "qualità" dell'algoritmo di interpolazione

• risoluzione verticale

Mirare all'accuratezza relativa piuttosto che a quella assoluta dipende essenzialmente dai

motivi per i quali utilizziamo un DTM. Ad esempio il valore assoluto dell'elevazione gioca un

ruolo decisivo nella pianificazione di una rete di telefonia mobile, invece per applicazioni di

geomorfologia, di idrologia, di ecologia del paesaggio, etc, interessa molto più l'accuratezza della

forma della superficie del terreno.

L'accuratezza assoluta di un DTM è quantificabile calcolando l'errore RMS delle elevazioni delle

celle del DEM rispetto alle elevazioni vere. Da non confondere con la precisione verticale (o

"risoluzione verticale") che è l'arrotondamento adottato per i valori delle elevazioni (ad es. 0.1

metri), numero tipicamente più piccolo dell'accuratezza assoluta (ad es. RMS = 3.2 metri).

L'accuratezza relativa di un DTM è quantificabile calcolando gli errori RMS dei vari parametri

“morfometrici” del terreno. Questa è funzione di quanto realisticamente vengono rappresentate le

forme del terreno e modellati i processi che avvengono sul terreno. Per questo viene anche

chiamata, forse in modo più appropriato, plausibilità o fedeltà geomorfologica.

Ad esempio, un GRID prodotto a partire dalle curve di livello, utilizzando un'interpolazione lineare,

conduce in genere a mappe dei parametri morfometrici poco realistiche, quindi di scarsa qualità.

Lo stesso accade con DTM costruiti a partire da valori di elevazione arrotondati al metro. Una

mappa delle pendenze in questo caso presenterà aree poco plausibili, come "terrazzamenti",

"spianamenti" di vette, "riempimenti" di valli, linee e strisce fantasma.

I terrazzamenti si formano quando l'algoritmo di interpolazione trova lo stesso valore di isoipse

nelle vicinanze. In queste aree il calcolo della mappa della pendenza e parametri simili restituisce

valori indefiniti a causa della divisione per zero. La figura 1.4.7 mostra i terrazzamenti originati su

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modello orografico nel caso della tavola “Strutture del piano e strategie metropolitane” NPRG

Roma.

Questi artefatti spesso sfuggono alla vista nella rappresentazione del DTM originale, ma diventano

ben visibili nelle mappe dei parametri del terreno derivate. La presenza degli artefatti rappresenta

un grande problema per il calcolo dei parametri idrologici del terreno.

L’esperienza oggi ci consente di generare modelli orografici dotati di elevata fedeltà

geomorfologica. In molti casi si riuscirà a correggere con successo DTM che presentano una

insufficiente fedeltà, impiegando tecniche che consentano di minimizzare l'errore sui parametri del

terreno.

Fig. 1.4.7 - Comune di Roma, Nuovo Piano Regolatore Generale, tavola D2 Strutture del Piano e strategie metropolitane. Nel DTM di base della tavola si sono generati terrazzamenti vari (i più evidenti alla base di monte Cavo - Velletri) e varie anomalie morfologiche (le più evidenti nella zone di Fiumicino, nelle campagne a valle di Tivoli e vicino al mare sul bordo della tenuta di Castelporziano nel comune di Roma).

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1.4.7 Panorama software.

All’interno del panorama software, è possibile distinguere in tre categorie diverse il software

utilizzabile per la generazione o eventualmente per la cogenerazione di modelli orografici. Le tre

categorie di software sono matematici, GIS e CAD.

Tra i software matematici va annoverato Surfer, prodotto dalla Golden Software, il quale tra

le varie funzioni, dispone di un motore per la generazione di GRID, motore che può applicare 12

diversi algoritmi per la costruzione di superfici orografiche. La problematica della produzione di

DTM è risolta in modo sublime dal punto di vista matematico ma restano non ben determinate altre

caratteristiche operative basilari, come l’interscambio dei risultati e la loro corretta visualizzazione.

In ogni caso è prevista una utilità per l’esportazione del GRID, sotto forma di altezze della maglia,

in formato Excel, attraverso il quale, quei dati potranno essere migrati in software CAD più adatti

ad una rappresentazione ottimale. Il difetto più rilevante dei software matematici consiste

comunque nella impossibilità di gestire grandi moli di dati, generalmente non è possibile arrivare

alla gestione di GRID con 1.000.000 di celle (1.000 x 1.000).

La sezione dei software GIS è la più folta, tra i più usati, vanno ricordati ArcGIS prodotto

dalla ESRI e GeoMedia prodotto dalla Intergraph. Le caratteristiche generali di questa tipologia di

prodotti, sono di eccellenza per tutte le funzionalità di costruzione e gestione dei TIN e dei GRID,

funzioni legate, peraltro, alla gestione di analisi spaziali, per la determinazione di mappe tematiche.

Le funzioni di visualizzazione dei modelli, sono assolte, generalmente, all’interno di questi

pacchetti software, attraverso dei veri e propri generatori di scene in realtà virtuale, con i quali sarà

possibile vestire un DTM con una corrispondente foto aerea o da satellite.

La nota più rilevante, va però posta sul fatto che questi software abbiano stabilito uno standard di

fatto nella memorizzazione delle banche dati geografiche (i prodotti ESRI in particolar modo).

Questo standard oggi consente lo sviluppo, da parte di soggetti terzi, di vari software, utilizzati per

la navigazione virtuale, all’interno di scenari geografici, descritti dai file dati esportati dal GIS.

Le note negative sull’uso di questi software riguardano: nei termini generali, la grossolanità dei

sistemi di rappresentazione di cui i GIS sono dotati, oltre, nello specifico, una non velata vocazione

da parte di questi software, alla applicazione su scale geografiche, che non consentono buone

performances, anche matematiche, alle scale urbane o più propriamente architettoniche.

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Sul fronte scambio dati, si rileva una ottima disponibilità allo scambio di banche dati geografiche,

mentre è totalmente precluso lo scambio dati sulle informazioni tridimensionali riguardanti

volumetrie architettoniche, per una peculiarità funzionale riguardante il funzionamento prettamente

bidimensionale delle elaborazioni GIS, tutte le elaborazioni volumetriche vengono svolte in

modalità 2½D legando un attributo altezza agli oggetti laddove necessario.

Infine nel settore CAD vanno ricordati AutoCAD della AutoDESK, Microstation della

Bentley, ArchiCAD della Graphisoft e Rhinoceros della McNeel. Questi software fanno della loro

precisione dimensionale, appropriata gestione della scala architettonica urbana, potenza e

appropriatezza della rappresentazione il loro punto forte. Non sono generalmente affetti da

problemi di mole dei dati, e peraltro le uscite in realtà virtuale avvengono in perfetta

tridimensionalità, purtroppo non dispongono di funzioni utili alla gestione matematica dei DTM.

Per alcuni di questi, sono stati sviluppati pacchetti applicativi, utilizzabili quasi come fossero plug-

in, per la progettazione DTM legati al progetto di opere civili, Eagle-Point per AutoCAD,

Raindrops per Microstation, CumTerra per ArchiCAD.

Il settore ingegneristico è, in questo momento, al centro di una moltitudine di innovazioni, questo

per la aumentata attenzione, da parte dei produttori di software, verso il settore dei software per

progettazione di opere civili.

La migliore soluzione software è quella che riesce meglio a coniugare le funzionalità GIS e

la precisione CAD, attualmente è costituita da AutoDESK Civil 3D, software sviluppato

recentemente ma già in grado di produrre in proprio TIN perfetti e GRID purtroppo fino ad ora solo

attraverso interpolazione lineare. Integrate con Civil vengono fornite tutte le funzioni GIS di

AutoCAD MAP 3D conferendo al software la capacità di leggere e scrivere autonomamente le

banche dati geografiche. Ulteriormente integrato con Eagle-Point, Civil 3D, rappresenta il

pacchetto software più potente ed efficiente

Il potenziamento del sistema di illustrazione è fornito da software che producono rendering

in post-processo, all’interno delle tecniche di realtà virtuale, quali 3DStudio della AutoDESK o

Cinema4D della Maxon Computer.

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1.5. Le tecniche di produzione di plastici fisici.

Il crescente uso di tecnologie di prototipazione rapida, inquadrate nella funzione di stampe

tridimensionali di forme complesse descritte in contesti digitali viene oggi inteso come

l’affermazione di un metodo di verifica formale e dimensionale delle forme studiate in special modo

nei settori dell’industrial design e nella progettazione meccanica più generale. La utilizzazione di

modelli fisici di scenari urbani è sempre stata limitata dall’altissimo costo dei plastici, costo

giustificato dalla altissima complessità di realizzazione in particolare per la lunghezza dei tempi di

realizzazione. Coniugare l’utilizzo di tecnologie innovative di stampa 3D con la realizzazione di

plastici urbani risolve oggi la problematica temporale anche a favore di un abbassamento dei costi

di realizzazione e prospetta, per gli studiosi della città, un rapporto di interazione con modelli fisici

tutto da ridefinire.

Le macchine prototipatrici oggi disponibili si basano essenzialmente su sei famiglie di

tecnologie operative diverse che condizionano le prestazioni geometriche e l’aspetto dei modelli

solidi prodotti per diversi utilizzi nell’industria e nella comunicazione, ma d’altro canto risolvono

esigenze diverse.

Si riporta di seguito una piccola guida che illustra le peculiarità delle varie tecnologie in funzione

degli esiti prestazionali dei modelli prodotti.

1) CAD / CAM (Computer Aided Design / Computer Aided Manufacturing)

Si tratta di sistemi dove un computer trasferisce istruzioni ad una macchina utensile a

controllo numerico, in generale una fresa, la quale, a partire da un blocco di materiale,

produce l’oggetto desiderato e modellato all’interno del sistema CAD, attraverso la

asportazione, fresatura, di parti di materiale. E’ un sistema molto diffuso all’interno della

industria di lavorazioni meccaniche. E’ indicato per la produzione di piccole serie di

oggetti, il materiale di base può essere molto vario, dai metalli al legno o plastiche dure e

morbide. Questa tecnologia può presentare problemi per la realizzazione di spigoli vivi

all’interno di angoli chiusi, a meno di non ricorrere all’utilizzo di macchine a 5 assi di costo

molto elevato.

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2) Stereolitografia ( SLA )

In una vasca piena di resina liquida un raggio laser pilotato dal computer produce la

polimerizzazione della stessa resina, costruendo il modello per sezioni successive a partire

dalla sezione inferiore. Ogni singola sezione ha uno spessore di pochi decimi di millimetro.

Le resine utilizzate hanno caratteristiche estetiche e meccaniche simili a quelle del nylon e il

modello realizzato può infine essere trattato superficialmente con sabbiature o verniciature.

Funzionamento del processo stereolitografico di precisione (SLA)

La stereolitografia è una tra le tecniche più diffuse di RP. Anche con questa tecnica il

modello viene realizzato per sovrapposizione di piani. Il materiale utilizzato è una resina

epossidica allo stato liquido, solidificata strato dopo strato per mezzo di un raggio laser.

a) Utilizzando un appropriato programma CAD, al file 3D vengono aggiunti dei sostegni

e si procede alla suddivisione in una serie di sezioni 2D

b) Il processo vero e proprio avviene all'interno di una vasca di resina liquida che viene

colpita da un raggio laser ad ultravioletti. Ogni sezione viene disegnata

individualmente sulla superficie della resina liquida fotosensibile. La resina si

solidifica con l'esposizione alla luce UV (processo di polimerizzazione).

c) Ad ogni strato successivo, la piattaforma della macchina si abbassa all'interno della

vasca. Per evitare che il modello collassi all'interno della vasca, vengono costruiti dei

supporti che vengono realizzati con lo stesso procedimento e nello stesso momento in

cui viene creato il modello.

d) Per ragioni di tempo di polimerizzazione il laser non può solidificare integralmente la

sezione, ma si limita al suo profilo ed ad un certo numero di linee che congiungono il

perimetro interno con quello esterno. Al termine di questa fase, il particolare è

solidificato all'esterno ma non completamente all'interno.

e) Il post-trattamento consente di completare il processo di polimerizzazione.

Quest’ultimo consiste nell’esposizione del modello ad una lampada ad ultravioletti. La

durata di questo processo è in funzione delle dimensioni del particolare.

f) Completato il post-trattamento si provvede all’asportazione dei supporti e alla finitura

del pezzo. Il risultato sarà un modello solido in resina traslucida, con una tolleranza

di 0.1 mm dal modello CAD.

g) I pezzi possono essere utilizzati per effettuare controlli di forma, funzionalità del

progetto e come campione per processi di lavorazione secondari per piccole

produzioni di parti in plastica o metallo.

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Le dimensioni massime dei pezzi stampabili sono 350x350x400 mm. Quando le dimensioni

dei prototipi superano tali dimensioni vengono scomposti in parti e successivamente

assemblati.

3) Sinterizzazione laser ( SLS )

Procedimento analogo alla stereolitografia, utilizza al posto della vasca di resina, uno strato

di polvere che prima viene depositato e pressato da un rullo e successivamente solidificato

dove necessario da un raggio laser. I materiali e le finiture utilizzate possono variare a

seconda la macchina utilizzata.

Funzionamento del processo di sinterizzazione selettiva laser (SLS)

Il Laser Sintering è un processo che, come il 3D Print, utilizza materiali in polvere. I

materiali utilizzati sono il Nylon e il Polipropilene (PP), con proprietà molto simili ai

materiali di produzione. Per aumentare la resistenza o la rigidità del prototipo è possibile

caricare la materia prima con vetro o alluminio.

Le modalità operative del processo sono suddivise nelle seguenti fasi:

a) La camera dove avviene la sinterizzazione (fusione della polvere) è mantenuta in

atmosfera inerte, sia per minimizzare l'energia richiesta dal laser tanto quanto per

minimizzare il cambiamento di volume dovuto dal cambiamento di fase, e ad una

temperatura prossima a quella di fusione del materiale (185°C).

b) Uno strato di polvere viene deposto da un rullo e pressato sull’elevatore;

c) La radiazione laser sinterizza (fonde) la polvere dando origine al profilo della

sezione (il laser impiegato è al CO2, con una potenza decisamente superiore a

quello usato nella stereolitografia);

d) L’elevatore si abbassa di una quantità pari allo spessore della sezione ed il processo

si ripete fino al completamento del modello;

e) Grazie al metodo costruttivo non sono necessari supporti nel modello in

lavorazione, che viene sostenuto dalla polvere non sinterizzata.

f) Il modello finito generalmente non necessita di post-trattamento e deve essere

estratto e pulito dalla polvere non sinterizzata.

g) La realizzazione del prototipo però risulta essere più lunga rispetto ad altre tecniche

di RP in quanto la macchina deve raggiungere i 185°C prima di iniziare il processo

di costruzione e una volta terminato bisogna attendere il completo raffreddamento

della camera (per un totale di 4-5 giorni).

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Le dimensioni massime dei pezzi stampabili sono 350x350x590 mm. Quando le

dimensioni dei prototipi superano tali dimensioni vengono scomposti in parti e

successivamente assemblati.

4) Fused Depositing Modelling ( FDM )

La realizzazione del modello avviene per deposito di strati successivi di materiale fuso. Una

testina termica riscalda i fili o le barrette di materiale e li depone in strati sottilissimi

attraverso un beccuccio calibrato. I materiali che si possono utilizzare sono: cera, abs,

metacrilato. Tecnologia pulita senza residui di produzione, non richiede ambienti particolari

per le lavorazioni e consente l’utilizzo nello stesso modello di materiali con colorazioni

differenti. Per contro gli oggetti realizzati non si prestano a lavorazioni successive avendo

una resistenza meccanica limitata.

5) Stampanti tridimensionali ( 3D Print )

Si tratta di dispositivi che in origine offrivano prestazioni inferiori a quelle descritte per gli

altri dispositivi, ma grazie a costi più contenuti sono oggi in grande espansione ed in forte

evoluzione. La tecnica di lavorazione è quella della adduzione di materiali vari per

deposizione di strati successivi. I vari strati sono intervallati dalla deposizione di collanti

che vengono spruzzati da apposite testine simili a quelle di una stampante inkjet. I materiali

utilizzabili sono polveri di ceramica, metallo, cellulosa, plastiche varie. L’oggetto prodotto

ha in generale scarse caratteristiche di resistenza meccanica e si presenta molto poroso. Le

ultime evoluzioni di questi dispositivi, in collaborazione con la industria automobilistica,

hanno permesso di migliorare sostanzialmente la resistenza meccanica attraverso la

imbibizione di resine, una volta prodotto l’oggetto, sfruttando proprio la porosità del

materiale finito. Sono state recentemente presentate soluzioni di imbibizione con elastomeri,

attraverso i quali si possono produrre modelli con caratteristiche elastico – gommose.

Funzionamento del processo di stampa tridimensionale (3D PRINT)

Immaginate che la vostra stampante Inkjet abbia al posto del foglio una vaschetta (tavola di

costruzione) profonda 20 cm e che la testina spruzzi del legante al posto dell'inchiostro.

Immaginate ora che il modello CAD sia stato "affettato" (sliced) in strati orizzontali (layers)

e che ogni sezione risultante venga riportata dalla testina della stampante sugli strati di

gesso come fossero tanti fogli sovrapposti.

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La macchina preleva uno strato di plaster (polvere a base di gesso o amido) dalla tavola di

alimentazione e lo stende sulla tavola di costruzione.

A questo punto la cartuccia deposita il legante sullo strato di polvere steso disegnando il

profilo dell’oggetto e formando la prima sezione del modello.

Un altro strato viene steso e una nuova sezione viene stampata. Il processo si ripete strato

dopo strato sino a che il modello fisico è completato.

Si estrae quindi con cura l'oggetto rimuovendo la polvere in eccesso."

E’ interessante notare che la polvere in cui il modello viene costruito fa da supporto al

modello stesso permettendo di realizzare modelli con sottosquadri senza la difficoltà di

eliminare i supporti.

I materiali utilizzati sono polveri a base di gesso o a base di amido, assolutamente non

nocivi, biodegradabili, solidificati da un legante a base d’acqua.

I pezzi possono essere infiltrati con cera, poliuretano, elastomero, resine epossidiche o

cianoacriliche o altri materiali per realizzare specifiche proprietà meccaniche, al fine di

soddisfare una vasta gamma di necessità di modellazione quali lisciatura, ceratura,

verniciatura, metallizzazione, termoformatura, stampaggio in silicone, fusione a cera persa

e fusioni di sabbia.

Le dimensioni massime dei pezzi stampabili sono 200x250x200 mm. Quando le dimensioni

dei prototipi superano tali dimensioni vengono scomposti in parti e successivamente

assemblati

6) Laminated Object Manufacturing ( LOM )

Il modello viene realizzato per sovrapposizione di strati di film plastico o cartaceo

termoadesivo. Dopo la deposizione di uno strato di film sopra il precedente l’adesione è

assicurata dalla pressione di un rullo di incollaggio riscaldato, un raggio laser provvede al

taglio del perimetro della sezione. Il processo viene ripetuto fino alla realizzazione

dell’intero oggetto strato dopo strato con eventuali interruzioni utili alla rimozione delle

parti di film in eccesso, relativamente alle varie sezioni dell’oggetto che potrebbero

rimanere intrappolate all’interno della geometria da realizzare.

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1.6 Conclusioni – Ipotesi di tecnica operativa.

Come sintesi delle rilevanze teoriche fin qui descritte, si individua un sistema ottimizzato

che consenta la produzione di modelli urbani attraverso un ciclo di lavorazioni ibride che porti alla

determinazione di un modello orografico realizzato separatamente dal modello delle volumetrie

architettoniche, una volta fusi i due modelli si passerà alla illustrazione attraverso rendering e map-

draping tali da contestualizzare il modello urbano anche con la componente verde che resta fuori dai

processi di modellazione tridimensionale.

Attraverso questa strumentazione teorica con l’utilizzo delle tecniche per la rappresentazione

del territorio si vuole indagare la problematica inerente la connessione tra rappresentazione

territoriale e rappresentazione architettonica, in particolare a quelle scale che proprio per loro

peculiarità rappresentano lo spazio urbano a partire da 1:2.000 per arrivare a 1:500.

La tecnica operativa individuata è basata sulla costruzione di un modello tridimensionale

orografico topograficamente affidabile, basato su dati orografici di buona accuratezza provenienti

da rilievo aerofotogrammetrico quando possibile.

La strumentazione software ottimale prevede l’uso di AutoDESK Civil 3D integrato con

Eagle-Point e 3DStudio Max per quello che concerne le rappresentazioni in realtà virtuale