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DR FILIPPO GAMBELLA UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SASSARI DIPARTIMENTO DI AGRARIA SEZIONE DI INGEGNERIA DEL TERRITORIO Il pane: tradizione, tecnologia e alimentazione

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DR FILIPPO GAMBELLAUNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SASSARI

DIPARTIMENTO DI AGRARIASEZIONE DI INGEGNERIA DEL

TERRITORIO

Il pane: tradizione, tecnologia e alimentazione

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I cereali nel mondo: le zone di coltivazione

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La coltivazione nei diversi continenti

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La coltivazione nei diversi continenti

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Produzione di frumento 2010-2011

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La produzione nell’area UE

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Le previsioni di produzione

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Frumento tenero

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Frumento duro

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La storia

Il pane, la birra, il sakè, il vino, lo yogurt e i formaggi, sono i più vecchi processi biotecnologici conosciuti. Da migliaia di anni le semole, le farine in simbiosi con i microrganismi sono essenziali nella produzione dei cibi tipici e tradizionali presenti sulle nostre tavole.

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Il “primo” pane della storia

Non c’è leggenda che ci informi su quando l’uomo ha iniziato a fare il pane, introducendolo nella nostra alimentazione. Sembra che il primo cereale a convertirsi in pane sia stato l’orzo, forse la più antica graminacea, assieme al Miglio, conosciuta dall’uomo.

Un altro tentativo di panificazione fu fatto con il miglio, graminacea dall’elevato potere nutrizionale. In Africa e nelle regioni caldo-aride dell’Asia meridionale trovò ancora diffusione una specie di tortino a base di questo cereale (“PAN DI MIGLIO”) di cui si ha notizie fin dal periodo Neolitico.

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L’Egitto

Gli studiosi fanno risalire ai tempi preistorici le prime produzioni di pane; a quei tempi non veniva usato il frumento per preparare la farina, ma si faceva ricorso alla tapioca, ai fagioli ed alle ghiande.

Storicamente è accertato che l’uso del pane era già in voga al tempo degli Egiziani, quando si facevano delle piccole pagnotte impastando la farina con l’acqua e usando sia i piedi che le mani; lungo il corso della storia, poi il pane entrò a far parte della civiltà Ebrea, di quella Greca e di quella Romana.

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La Grecia

Dagli egiziani le tecniche di preparazione e cottura del pane furono proseguite dai Greci che dipinsero sui loro forni terribili facce di demoni affinchè tenessero lontani coloro che volevano provare ad aprirli.

La civiltà greca iniziò aggiungere nuove spezie e nuovi aromi al pane, arrivando a creare circa 72 tipi diversi di pani. I fornai greci furono i primi a lavorare il pane di notte, in modo che la gente al mattino, lo trovasse cotto, fresco e croccante.

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I romani

I Romani allestirono nel 168 a.C. i primi forni pubblici in città e diedero inizio all’era artigianale del pane, utilizzando farine bianche e più raffinate.

Il procedimento di preparazione del pane ha poi continuato a perfezionarsi fino all’epoca di Maria de’ Medici che ottimizzò la lievitazione con l’aggiunta del lievito di birra.

Inoltre i Romani, sostituirono la macina in pietra che serviva per macinare i cereali, azionata in un primo momento da schiavi o animali , con il mulino facente leva sulla forza dell'acqua.

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Le materie prime

Le materie prime utilizzate per la produzione del pane tipico, sono costituite dalla semola di grano duro (Triticum turgidum L. var. durum) e dai microrganismi (lieviti e lattobacilli). La semola di grano duro è comunemente usata in diverse Nazioni del Mediterraneo per la produzione di pasta, pane lievitato, couscous, e altri prodotti da forno.

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Il pane oggi

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La materia prima:la pianta

Il frumento, (triticum durum) duro e (triticum aestivum) tenero, rappresenta la pianta da cui si producono le semole o le farine necessarie alla produzione del pane sia esso tradizionale che industriale.Frumento duro

Frumento tenero

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La materia prima:la cariosside

La cariosside del frumento, è composta da tre componenti principali:a)Tegumenti esterni (crusca);b) Endosperma;c) Germe.

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Il pane e la legge

Dal punto di vista legale (L. 4/07/1967), con il termine pane si intende "Il prodotto ottenuto dalla cottura di una pasta convenientemente lievitata, preparata con sfarinati di grano, acqua, lievito, con o senza l'aggiunta di sale comune".

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Il pane tradizionale

Le materie prime utilizzate per la produzione del pane tipico, sono costituite dalla semola di grano duro (Triticum turgidum L. var. durum) e dai microrganismi (lieviti e lattobacilli). In accordo con i dati presentati da Palumbo et al. (2002), in Italia, la percentuale di utilizzo delle semole per la produzione di pane è aumentata dal 4 al 10%. Nella maggior parte dei casi questi prodotti tipici, sono originati da vecchie tradizioni di panetteria e prodotti con farine di diverso tipo (frumento tenero, duro, orzo, avena o miscele di questi cereali).

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Il pane tradizionale

Negli ultimi anni vi è stato un crescente interesse nei riguardi dei pani tipici, da parte dei consumatori e degli operatori commerciali nazionali ed internazionali determinando, un aumento del numero dei “forni” tradizionali, ma anche la nascita di panifici di tipo semi-industriale, sull’onda della pressante richiesta del prodotto di alta qualità.

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Il pane tradizionale

In Italia oltre il 30% dei prodotti da forno sono ottenuti mediante fermentazioni miste di lieviti e lactobacilli (impasti acidi o sourdough) i quali includono più di 200 differenti tipi di pane (Delitala 1994). Nella maggior parte dei casi questi prodotti tipici, sono originati da vecchie tradizioni di panetteria, sono prodotti con farine di diverso tipo (frumento tenero, duro, orzo, avena o miscele di questi cereali), e presentano formulazioni con ingredienti diversi.

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Il pane tradizionale

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QUALI SONO LE CARATTERISTICHE DI UNA SEMOLA NON RIMACINATA CONFRONTATA

CON LA SEMOLA RIMACINATA?

La semola e la semola rimacinata

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Differenza di dimensione: Granulometria

La semola macinata: ha una granulometria media compresa tra 350-400 micron.

La semola rimacinata: ha una granulometria media compresa tra 200-250 micron

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Quali proteine hanno un ruolo nella formazione dell’impasto?

1A1B1D

6A6B6D

Glu-1 Gli-1Glu-3

Gli-2

LMW -B-glutenine

HMW-glutenine

Gli-3

-, -, -gliadine

-gliadin

LMW-D-glutenine

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La produzione artigianale e industriale

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La produzione artigianale: le fasi

FORZA (W)

TENACITA’ (P)

ESTENSIBILITA’ (L)

STABILITA’

ASSORBIMENTO ACQUA (ACQUA %)

Tutti questi parametri danno al panificatore informazioni importantissime sulla farina/semola che sta utilizzando.

VALUTAZIONE DELLA QUALITÀ DELLE SEMOLE

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La produzione artigianale: le fasi

IMPASTO

I fenomeni più importanti che avvengono in questa fase sono:1. Assorbimento di acqua (proteine e granuli di

amido);2. Attivazione degli enzimi;3. Sviluppo dei lieviti;4. Formazione del glutine;5. Incorporazione di aria;6. Amido ridotto in parte a zuccheri semplici;

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La produzione artigianale: le fasi

L’operazione può essere condotta con il metodo diretto o indiretto.

METODO DIRETTO.

Viene condotto mescolando contemporaneamente i vari ingredienti fino alla formazione di un impasto amalgamato, ma non ancora perfettamente omogeneo.

A questo punto viene effettuato un periodo di riposo che permette il completamento dell’idratazione e la formazione del glutine.

METODI DI PRODUZIONE DELL’IMPASTO.

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La produzione artigianale: le fasi

METODO INDIRETTO.

Tutti gli ingredienti eccetto il lievito e circa il 50% dell’acqua da aggiungere all’impasto vengono mescolati in un primo tempo.

Il lievito e il restante 50% di acqua vengono aggiunti nella fase di riposo.

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La produzione artigianale: le fasi

IMPASTO INTENSIFICATO.

Nell’ambito della lavorazione diretta sono state prodotte recentemente impastatrici ad alta velocità (impasto intensificato). L’elevato lavoro esercitato sui componenti dell’impasto provoca una pasta più soda , più liscia ed elastica di quella ottenibile con il metodo tradizionale. Le impastatrici che permettono di ottenere un impasto intensificato sono caratterizzate da due velocità (1a e 2a marcia) o a velocità crescente regolabile.

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La produzione artigianale: le fasi

I lieviti, presenti nell’impasto, trasformano il glucosio, formatosi per l’idrolisi dell’amido, in alcol etilico e anidride carbonica.

La fermentazione determina, in seguito alla produzione di anidride carbonica, la lievitazione.

La lievitazione ha luogo in camere (camere di lievitazione) aventi la temperatura di 25°C circa e umidità relativa tra l’80-85%.

LA FERMENTAZIONE

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La lavorazione mano

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La produzione artigianale: le fasi

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La prima cottura

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La gonfiatura

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Il taglio e la separazione

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La “carasatura”

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Il panificio tradizionale “moderno”

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Il panificio tradizionale “moderno”

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Grano, farina e pane nella medicina popolare

Nando Cossu Specialista in studi sardiGrano, farina e pane nella medicina popolare(tratto da "Su pani fattu in domu", Istituto Editoriale dell'Artigianato, Cagliari, 1993).

Il grano veniva usato per curare:•l'asma, •"is tzerras", •"su fogu de timongia" •e per preparare "s'acqua de s'ogu“.

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Grano, farina e pane nella medicina popolare

Il malato di asma veniva curato somministrandogli dosi adeguate di "imbidoni" confezionato in casa nel modo seguente: si metteva il grano a mollo in una bacinella per nove giorni, cambiando l'acqua ogni giorno.

Al nono giorno il grano veniva "appungiau" dentro la bacinella, tutta l'acqua bianca e densa che emetteva andava filtrata e travasata in un altro recipiente, si versava nuova acqua nel grano, si pressava di nuovo con i pugni, si filtrava e così si procedeva fino a quando il grano non aveva ceduto tutta "sa faraimpia".

Questo liquido più bianco del latte e denso andava messo in una bacinella, dove lentamente avrebbe quagliato.

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Grano, farina e pane nella medicina popolare

"Sa tzerra" era una malattia della pelle molto diffusa e curata in modi diversi. Stando alle testimonianze raccolte, la terapia più efficace era quella consistente nell'applicazione di "oll'e trigu" (olio di grano), ricavato nel modo seguente:

il malato si recava col grano necessario dal fabbro; questo metteva il grano sull'incudine e lo bruciava pressandolo con un ferro rovente.

L'olio che emetteva veniva asportato con l'indice e applicato immediatamente sulla "tzerra".

Tutta l'operazione veniva eseguita nell'officina del fabbro, il quale si trovava ad avere quasi l'esclusiva nel praticare questa cura, non perché fossero richieste competenze particolari, ma perché poteva disporre più o meno in tutte le ore del giorno delle condizioni necessarie per l'esecuzione della cura stessa, cioè il ferro rovente e una buona base di appoggio egualmente in ferro.

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Grano, farina e pane nella medicina popolare

"Sa tzerra" veniva curata anche in un altro modo, che possiamo far rientrare certamente nella tipologia delle terapie prese in considerazione in questo contesto.

Appena sfornato il pane si versava qualche goccia di aceto in un punto all'interno del forno e dopo qualche momento si raschiava quella specie di impasto che veniva a formarsi tra i residui di cenere, di farina, il pavimento del forno e l'aceto. Tale impasto andava applicato immediatamente sulla "tzerra“.

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Grano, farina e pane nella medicina popolare

Del tutto particolare è l'uso che ancora si fa del grano nella preparazione della "mexina de s'ogu".

Scopo di questa terapia magica è quello di curare gli stati di crisi provocati dal malocchio.

In tutta questa operazione la funzione del grano consiste nel fornire una serie di segnali sulla base dei quali l'operatore magico arriva a formulare la diagnosi, mentre la funzione curative vera e propria è riposta nell'acqua, che costituisce in un certo qual modo il veicolo attraverso cui la terapia magica esplica la sua efficacia.

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Grano, farina e pane nella medicina popolare

Una delle malattie più temute, perché grave e perché abbastanza frequente, era "su dobori de costau". La medicina popolare, tra le diverse cure per questa malattia, annovera anche l'applicazione quanto più continuata possibile di qualcosa di caldo e asciutto allo stesso tempo, e quindi, tra le altre cose, l'uso di "poddiri", "poddireddu", "civraxeddu" riscaldati molto bene in un tegame, versati in un sacchetto di stoffa e applicati nella regione dolorante. Il processo di continuità dell'intervento viene indicato in modo efficace dall'espressione usata: "a liai e a ponni".

Quando poi un bambino era "scadriu", per la pipì o per il sudore, si faceva ricorso all'argilla delle pareti domestiche, alla cenere oppure a "su scetti de pesai".

Molte donne, quando sfornavano il pane, lo scuotevano proprio per far cadere "su scettisceddu", che veniva conservato per curare queste ed altre irritazioni simili della pelle dei bambini.

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Grano, farina e pane nella medicina popolare

I foruncoli erano molto diffusi nei nostri paesi fino alla fine degli anni Cinquanta ed esisteva in proposito una gamma di terapie veramente vasta, certamente fra le più nutrite da noi riscontrate.

Ebbene, fra le tante ricette, molto comuni erano anche quelle che comprendevano o la farina o il pane.

Più esattamente si applicava sul foruncolo un impiastro fatto con foglie di malva cotte, schiacciate e miste a "civraxeddu"; oppure si masticava un po' di mollica di pane bianco ("farraimpia") e la si impastava con latte per farne un impiastro.

Questa mollica di pane così masticata veniva chiamata con un nome suo specifico, "su picapani", e come risolvente doveva essere molto efficace e visto che veniva usato anche "su vespaiu".

Questo tipo di foruncolo una volta liberato dal pus veniva trattato con pane grattugiato "arridau" (tostato).

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Il nostro pane tradizionale nel mondo

L'Isola Buona Ltd. - Unit 2, Bridge Industrial Estate - New Road - Newhaven - BN9 0ES Telephone: 01273 512260 - Fax: 01273 512250 - e-mail: [email protected]

http://www.travel-pb.com http://www.my sardinia.com http://cucinadibella.typepad.com/cucina-dibella/ http://lululoveslondon.blogspot.it/

Alcuni link interessanti

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Il pane carasau in inglese.

Pane Carasau Adapted from The Ingredient Store

Ingredients: 1 package active dry yeast

1 cup warm water 2 cups all-purpose flour 1 1/4 cup semolina flour

1 teaspoon salt Process: In a small bowl, combine the yeast with 1/4 of a cup of warm water. Let sit about 10 minutes, until the mixture is

bubbly and foamy. In a large bowl, combine the two kinds of flour and the salt. Make a well in the center and add the yeast mixture

along with the remaining 3/4 of a cup of warm water. Use a fork to gradually add the flour into the water mixture. Once it become too difficult to use a fork, use your hands to continue mixing until you get a smooth dough.

Cover the bowl with a damp, clean towel and let it sit for an hour. After an hour has passed, knead the dough on a lightly floured surface for 5 minutes.

Cover the bowl again and let the dough sit for another hour. After an hour has passed, knead for another 5 minutes. Preheat your oven to 475 degrees. Cut the dough into 8 pieces. Roll each piece out in a circle as thin as you can (should be between 12 and 15 inches

in diameter). Put one of the rolled out pieces of dough on a pizza pan or stone and bake for about 2 minutes. Try to resist peaking

in the oven until the time is up! Pull out the dough and carefully using an oven mitt (it will be hot!), use a knife to cut horizontally along the seam to

create two pieces of dough. Put these aside for now. Repeat this with all of your pieces of dough. When all of the dough has been baked the first time and split, return them to the oven for another 30 seconds to 1

minutes, just until it crisps up and browns a little.

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