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88 89 evento bellissimo ma lontano. Cosa è cambiato? Lo sport, innanzitutto. Allora, parlo della Varese firmata Ignis, oltre alla pallacanestro, lo scenario era di un calcio spesso in serie A, di un ciclismo e anche di una boxe a livelli di grande professionismo con una enorme attenzione del pubblico. Lo sport è sempre stato legato a famiglie che si possono definire di magnati, che lo finanziavano in cambio dell’impiego dei loro marchi. È stato un binomio consolidato fino agli anni Novanta. Ora nessuna famiglia o impresa varesina ha bilanci tali da consentire di investire i capitali necessari a mantenere una squadra a un livello d’eccellenza. A parte forse gli istituti di credito, la sola possibilità oggi è rappresentata dai consorzi. È stata la svolta avvenuta con i “Roosters” e che oggi continua con “Varese nel cuore” con i suoi diversi soci tra i quali uno dà anche il nome alla squadra». La Cimberio e il Varese Calcio navigano allo stesso livello, nelle rispettive classifiche. Un ottimo livello. Non è un ciclo positivo che può incoraggiare l’imprenditoria ad aprire la borsa? O è la crisi economica a costringere all’austerità anche sul fronte sportivo? «I risultati sono indiscutibili, ma la visibilità del calcio rispetto alla pallacanestro resta comunque sempre ben diversa, anzi per il basket gli spazi sui media si sono andati ulteriormente restringendo, quasi sempre tra le “altre notizie”. C’è meno visibilità per la Cimberio di quanto ne aveva la Cagiva dei Castiglioni qualche anno fa. I buoni risultati in realtà qui incidono relativamente. E non bastano a giustificare impegni finanziari sempre più rilevanti. Anche perché a trainare il grande pubblico sono i risultati nelle competizioni internazionali, i successi degli azzurri, e oggi siamo ben lontani dai livelli del passato. Vale anche nel calcio, dove oltretutto i costi sono di ben altro impegno». “L ’arte di far parlare di sé, parlando d’altro”. La definizione è del giornalista eco- nomico Pierre Sahnoun. Quando i tifosi di pallacanestro discutono di partite, squadre e classifiche - «Hai visto come la Cimberio s’è bevuta la Pepsi?», e via discor- rendo - mettono in scena un’antica figura retorica, l’allusione, grazie alla quale ormai gran parte del mondo sportivo trae i mezzi per vivere. Spesso per sopravvivere, in qualche raro caso per arricchirsi. A Varese amiamo attribuirci il primato storico dell’idea di abbinare un nome, un marchio, un prodotto che con lo sport non c’entra nulla, a una squadra. Chiamando Ignis la Pallacanestro Varese nel 1956, Giovanni Borghi creò un binomio di straordinario successo in due campi che erano in realtà legati soltanto dall’evoluzione della società italiana verso stili di vita ispirati da modelli “americani”, negli elettrodomestici di casa come nelle preferenze sportive. Ma merito al merito, senza provincialismi: il primo sponsor sportivo italiano - proprio nella pallacanestro - fu già negli Anni Trenta la Borletti con la Olimpia di Milano. Trecentomila lire per un anno. E il primo atleta in assoluto a indossare una maglia con una pubblicità senza rapporti con la sua disciplina fu un ciclista: Fiorenzo Magni, il campione che contendeva i favori dei tifosi a Coppi e Bartali, venne sponsorizzato dal 1955 dalla Nivea, in un abbinamento curioso, visto che si trattava di una crema destinata alle donne. Ma il caso Ignis segna comunque un primato varesino, se non altro per i risultati ottenuti in ben diciotto anni filati di un contratto onorato da una sfilza di vittorie. E oggi? In una stagione che ha visto la ribalta occupata di nuovo soprattutto dal calcio, ma con ancora ben vive le emozioni regalate negli anni scorsi dal basket e dal ciclismo, come si orientano le forze economiche e produttive della città? Lo sport offre ancora stimoli a investire in cambio di quel far parlare di sé par- lando d’altro? Lo abbiamo chiesto a due protagonisti in settori diversi: all’erede dell’ultima stirpe varesina di imprenditori sportivi (e sportivi imprenditori), Edoardo Bulgheroni, e a uno stilista che a 90 anni compiuti l’11 febbraio ha ancora nel sangue e nel carattere lo scatto dell’atleta, Ottavio Missoni. Entrambi grandi appassionati, entrambi con un passato di praticanti sportivi. Edoardo Bulgheroni, cos’è rimasto di quella Varese che ha sposato tra le prime in Italia e con tanto successo l’imprenditoria e l’impresa sportiva? «Certamente è un fatto storico che il forte legame tra un marchio di fabbrica e una squadra sia nato per la prima volta come moderna sponsorizzazione proprio a Varese con la Ignis di Giovanni Borghi. Coincideva, tra l’altro, la proprietà dell’azienda con quella della squadra. Tra Borghi e mio nonno Edoardo c’erano una stima e un’amicizia molto forti, così che è stato quasi naturale il passaggio di testimone dalla famiglia Borghi alla nostra, nel 1981». Lei è stato, a 28 anni, il presidente più giovane del basket italiano di serie A, vincendo pure lo scudetto. Ma sembra passata un’era. Che cosa è successo? «I tempi di Borghi e della Ignis sono ormai irripetibili e anche il successo del ’99 resta un Edo Bulgheroni & Ottavio Missoni: Generazioni a Confronto di Alba Moneta A Varese due binomi di successo: Edo Bulgheroni e Dan Peterson, impresa e sport. (fotografia di Marco Guariglia) In Varese there is a successful pair: Edo Bulgheroni and Dan Peterson, enterprise and sport. (photograph by Marco Guariglia)

Edo Bulgheroni & Ottavio Missoni: Generazioni a Confrontodei testimonial diciamo volontari, nel senso di personaggi noti che amano vestire Missoni e siccome i miei capi si riconoscono

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Page 1: Edo Bulgheroni & Ottavio Missoni: Generazioni a Confrontodei testimonial diciamo volontari, nel senso di personaggi noti che amano vestire Missoni e siccome i miei capi si riconoscono

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evento bellissimo ma lontano. Cosa è cambiato? Lo sport, innanzitutto. Allora, parlo della Varese firmata Ignis, oltre alla pallacanestro, lo scenario era di un calcio spesso in serie A, di un ciclismo e anche di una boxe a livelli di grande professionismo con una enorme attenzione del pubblico. Lo sport è sempre stato legato a famiglie che si possono definire di magnati, che lo finanziavano in cambio dell’impiego dei loro marchi. È stato un binomio consolidato fino agli anni Novanta. Ora nessuna famiglia o impresa varesina ha bilanci tali da consentire di investire i capitali necessari a mantenere una squadra a un livello d’eccellenza. A parte forse gli istituti di credito, la sola possibilità oggi è rappresentata dai consorzi. È stata la svolta avvenuta con i “Roosters” e che oggi continua con “Varese nel cuore” con i suoi diversi soci tra i quali uno dà anche il nome alla squadra». La Cimberio e il Varese Calcio navigano allo stesso livello, nelle rispettive classifiche. Un ottimo livello. Non è un ciclo positivo che può incoraggiare l’imprenditoria ad aprire la borsa? O è la crisi economica a costringere all’austerità anche sul fronte sportivo?«I risultati sono indiscutibili, ma la visibilità del calcio rispetto alla pallacanestro resta comunque sempre ben diversa, anzi per il basket gli spazi sui media si sono andati ulteriormente restringendo, quasi sempre tra le “altre notizie”. C’è meno visibilità per la Cimberio di quanto ne aveva la Cagiva dei Castiglioni qualche anno fa. I buoni risultati in realtà qui incidono relativamente. E non bastano a giustificare impegni finanziari sempre più rilevanti. Anche perché a trainare il grande pubblico sono i risultati nelle competizioni internazionali, i successi degli azzurri, e oggi siamo ben lontani dai livelli del passato. Vale anche nel calcio, dove oltretutto i costi sono di ben altro impegno».

“L’arte di far parlare di sé, parlando d’altro”. La definizione è del giornalista eco-nomico Pierre Sahnoun. Quando i tifosi di pallacanestro discutono di partite,

squadre e classifiche - «Hai visto come la Cimberio s’è bevuta la Pepsi?», e via discor-rendo - mettono in scena un’antica figura retorica, l’allusione, grazie alla quale ormai gran parte del mondo sportivo trae i mezzi per vivere. Spesso per sopravvivere, in qualche raro caso per arricchirsi. A Varese amiamo attribuirci il primato storico dell’idea di abbinare un nome, un marchio, un prodotto che con lo sport non c’entra nulla, a una squadra. Chiamando Ignis la Pallacanestro Varese nel 1956, Giovanni Borghi creò un binomio di straordinario successo in due campi che erano in realtà legati soltanto dall’evoluzione della società italiana verso stili di vita ispirati da modelli “americani”, negli elettrodomestici di casa come nelle preferenze sportive. Ma merito al merito, senza provincialismi: il primo sponsor sportivo italiano - proprio nella pallacanestro - fu già negli Anni Trenta la Borletti con la Olimpia di Milano. Trecentomila lire per un anno. E il primo atleta in assoluto a indossare una maglia con una pubblicità senza rapporti con la sua disciplina fu un ciclista: Fiorenzo Magni, il campione che contendeva i favori dei tifosi a Coppi e Bartali, venne sponsorizzato dal 1955 dalla Nivea, in un abbinamento curioso, visto che si trattava di una crema destinata alle donne. Ma il caso Ignis segna comunque un primato varesino, se non altro per i risultati ottenuti in ben diciotto anni filati di un contratto onorato da una sfilza di vittorie. E oggi? In una stagione che ha visto la ribalta occupata di nuovo soprattutto dal calcio, ma con ancora ben vive le emozioni regalate negli anni scorsi dal basket e dal ciclismo, come si orientano le forze economiche e produttive della città? Lo sport offre ancora stimoli a investire in cambio di quel far parlare di sé par-lando d’altro? Lo abbiamo chiesto a due protagonisti in settori diversi: all’erede dell’ultima stirpe varesina di imprenditori sportivi (e sportivi imprenditori), Edoardo Bulgheroni, e a uno stilista che a 90 anni compiuti l’11 febbraio ha ancora nel sangue e nel carattere lo scatto dell’atleta, Ottavio Missoni. Entrambi grandi appassionati, entrambi con un passato di praticanti sportivi.

Edoardo Bulgheroni, cos’è rimasto di quella Varese che ha sposato tra le prime in Italia e con tanto successo l’imprenditoria e l’impresa sportiva?«Certamente è un fatto storico che il forte legame tra un marchio di fabbrica e una squadra sia nato per la prima volta come moderna sponsorizzazione proprio a Varese con la Ignis di Giovanni Borghi. Coincideva, tra l’altro, la proprietà dell’azienda con quella della squadra. Tra Borghi e mio nonno Edoardo c’erano una stima e un’amicizia molto forti, così che è stato quasi naturale il passaggio di testimone dalla famiglia Borghi alla nostra, nel 1981». Lei è stato, a 28 anni, il presidente più giovane del basket italiano di serie A, vincendo pure lo scudetto. Ma sembra passata un’era. Che cosa è successo?«I tempi di Borghi e della Ignis sono ormai irripetibili e anche il successo del ’99 resta un

Edo Bulgheroni & Ottavio Missoni: Generazioni a Confrontodi Alba Moneta

A Varese due binomi di successo: Edo Bulgheroni e Dan Peterson, impresa e sport. (fotografia di Marco Guariglia)

In Varese there is a successful pair: Edo Bulgheroni and Dan Peterson, enterprise and sport. (photograph by Marco Guariglia)

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Quella dei Roosters, i galletti biancorossi, è stata però un’idea vincente.«Sì, anche per la scelta di un nome e di un simbolo originali della squadra di Varese. Le varie realtà che hanno investito, in partenza erano sei con 400milioni ciascuna, più gli incassi degli abbonamenti e dei biglietti, hanno raggiunto anche il pareggio dei conti. “Varese nel Cuore” ha circa quaranta consorziati, con il main sponsor Cimberio e i top sponsor Castigroup, Superenalotto, Fim, AirOne. È la strada giusta, quella del pool».Ricorda quando si parlò di quotazione in Borsa?«Sì, non c’era ancora la crisi, però. Allora il mercato tirava, oggi gli esperimenti di chi lo ha fatto, come Juve, Lazio e Roma, non hanno certo premiato gli investitori».Ma nel pool del basket non ci sarà più un Bulgheroni? «Improponibile, oggi, come ho detto». E la Lindt? «La Lindt non ha fatto che una sola sponsorizzazione sportiva nella sua storia, quella di Federer. Ma è svizzero».Non sponsorizzò anche Saronni?«Sì, è vero, ma non sono mai andati oltre. Quanto a noi, come Bulgheroni, sponsorizziamo da sempre il rugby varesino, ma si capisce che si tratta di cifre minime rispetto a sport come basket e calcio». E il ciclismo?«Il doping lo ha bruciato, è troppo rischioso investire in uno sport così esposto al pericolo di un effetto pubblicitario negativo».Sembra di capire che è piuttosto scettico non solo sui ritorni economici ma anche sui benefici che gli sponsor portano allo sport. È così? Pensa che troppo business abbia nuociuto allo spirito sportivo?«Sì, con il senno di poi devo dire che il passaggio del basket al professionismo ha portato conseguenze negative per la pallacanestro come sport. Se fossero rimasti dilettanti, lasciando che la lega professionista si regolasse con logiche diverse tipo NBA, oggi non saremmo qui a leccarci le ferite. È evidente come i valori sani dello sport si vadano perdendo e anche come diventi sempre più difficile reclutare ragazzi, sempre meno inclini a praticare seriamente un’attività sana, da vivere insieme agli altri per imparare a crescere dentro. Suonerà romantico, ma ammetto, da appassionato, che vorrei uno sport diverso, più libero e autentico».

Gli anni di gloria del presidente Edo Bulgheroni si specchiano nel trionfo biancorosso costruito nel santuario del basket col fantasioso Pozzecco.

The glorious years of the president Edo Bulgheroni reflect the white-red success reached in the basketball shrine thanks to the imaginative Pozzecco.

Ottavio Missoni in azione a tutto campo nella vita varesina: volare sugli ostacoli verso il successo nel mondo della moda.

The dynamism of Ottavio Missoni in Varese: to clear hurdles in order to reach the success in fashion field.

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Ottavio Missoni, prima che stilista, lei è stato un campione di atletica. Quanto ha contato lo sport nella sua vita? E quanto le è servito per ottenere successo anche nel lavoro?«Lo sport agonistico, come l’ho praticato da giovane, lascia impronte profonde nel carattere e quindi nel modo di affrontare la vita. La prima lezione è l’autodisciplina: vivere in modo sano, sapersi regolare. Nel mio caso, anche saper vincere la mia naturale pigrizia. Sono spesso riluttante a impegnarmi in qualcosa, ma quando parte la gara, al colpo di pistola, allora qualcosa mi scatta dentro, mi dice che bisogna che ce la metta tutta e dia il meglio di me stesso. Una forma di agonismo sano, di spirito di competizione nella vita che va però di pari passo con l’altro fondamentale insegnamento dello sport: il rispetto dell’avversario. Sempre saper riconoscere il valore dell’altro, le sue capacità, che possono essere migliori delle tue. E poi lo sport è stato decisivo nella mia vita anche perché durante le Olimpiadi di Londra, dopo avere vinto la mia batteria dei 400 ostacoli, conobbi lì allo stadio una giovane spettatrice - portata dalle suore del collegio dove studiava inglese - che sarebbe diventata mia moglie. Pratico ancora sport. L’anno scorso, agli Europei di atletica ad Ancona, nella categoria Master fino a 89 anni, ho vinto al giavellotto con un lancio di 18 metri e sono arrivato secondo nel peso, sui 7 e 30. Ai campionati italiani, nelle specialità del lancio, sono arrivato primo in tutte e tre: disco, giavellotto e peso. Mi tengo sempre allenato, mi muovo un’ora tutti i giorni, per fortuna vivo in campagna, sulle colline…».Ha mai sponsorizzato qualche squadra o qualche atleta?«Non nel senso proprio del termine. Ho fatto le maglie, le tute e le divise per le squadre di Trieste, calcio, pallacanestro e atletica, ma come un omaggio, senza prendere soldi e senza mettere il marchio, soltanto un gabbiano, simbolo del mare. La Missoni Sport sostiene la squadra giovanile di pallacanestro di Sumirago, ma solo la giovanile: se vanno in A, non li seguo! Non è il mio mestiere sponsorizzare squadre o atleti, preferisco invece dare dei soldi al Comune perché li spenda nelle attività sportive dei ragazzi». Perché, non considera quello nello sport un buon investimento? «Non è questo, anzi, può essere un ottimo investimento pubblicitario. Ci sono calciatori famosi che si sono rivelati bravi testimonial, come Del Piero per l’acqua minerale e Totti con la Vodafone». A proposito, Totti e Ilary Blasi in quello spot vestono proprio Missoni… e poi si racconta che da buon milanista lei ha regalato un suo cardigan a tutti i giocatori rossoneri…«Sì, anche se non è lo sport il nostro genere di investimento pubblicitario. A me capitano dei testimonial diciamo volontari, nel senso di personaggi noti che amano vestire Missoni e siccome i miei capi si riconoscono facilmente ecco che ne ricavo un vantaggio. Ultima la popstar Rihanna in un suo video Ci sono anche diversi sportivi, ma il più appassionato tra i miei sponsor, se vogliamo definirlo così, è stato senz’altro un attore, il grande Nino Manfredi: lui portava ovunque i miei maglioni! Ma era una sua scelta, non glielo avevo mica chiesto io… anzi, a volte esagerava persino». Disegnerebbe le maglie del Varese se andasse in serie A?«Mah, speriamo che ci arrivi, innanzitutto. E allora perché no?».Lei ha realizzato anche dei costumi d’opera. Preferisce vestire tenori e soprani piuttosto che calciatori e atleti? «Ah, l’ho fatto una volta, per "Lucia di Lammermoor". Non sapevo nemmeno di cosa parlava, poi mi hanno spiegato che i personaggi erano scozzesi: beh, allora è facile mi sono detto e ho disegnato dei costumi ispirati ai colori dei clan. Ma non lo rifarei più! Sono cose impegnative e il rischio di sbagliare è troppo grosso. Meglio vestire gli sportivi».I successi sportivi di Varese giustificano uno stadio nuovo? O è meglio un teatro?«Sono necessari tutti e due, Varese non dovrebbe avere problemi ad avere uno stadio moderno e anche un bel teatro».

Edo Bulgheroni & Ottavio Missoni:Generations in comparison

“The art of making people speak of you when speaking about other things”. This is an expression of the economic journalist Pierre Sahnoun. When basketball fans discuss about matches, teams

and tables - «Have you seen how Cimberio drank Pepsi?», and so on – they use an old figure of speech, that is allusion, which is the mean used by the majority of the sport world to live by now. Sometimes allusion is used to survive and rarely to get rich. In Varese we love to take the historic credit for the idea to combine a name, a brand or a product without sport links with a team. When Giovanni Borghi gave the name Ignis to the Pallacanestro Varese in 1956, he developed an extraordinary successful couple. This pair concerned two fields that were only united by the evolution of Italian society towards lifestyles of American inspiration, that is home appliances and sport preferences. For all his merits and without provincialism we have to recognize that the first Italian sport sponsor concerning basketball dates back to the Thirties. In that period Borletti sponsored Olimpia team of Milan with a yearly sup-port of 300,000 Liras. The first athlete who wore a T-shirt with an advertisement that had no relations with a sport was a cyclist called Fiorenzo Magni. The champion Magni, who competed for the favours of Coppi and Bartali’s fans, was sponsored in 1955 by Nivea. This was a curious couple because Nivea produced a cream for women. However Ignis case represents a record for Varese, in particular for the results reached in eighteen years of sponsorship and with several wins. And what about now? We live in a period in which football is again the leading sport, although the emotions that basket and cycling offered us in the latest years are still strong. What do economic and productive energies of our town react? Does sport offer any stimulus to invest applying “The art of making people speak of you when speaking about other things”? We asked it to two protagonists of two different sectors: One is Edoardo Bulgheroni, the heir of the last generation of sport (and sporting) entrepreneurs of Varese, and the other one is Ottavio Missoni, a 90 year-old stylist – his birthday is 11th February – that still has the athlete’s sprint in his blood and personality. Both these protagonists are very keen on sport and did sport in their past.

Edoardo Bulgheroni, if we consider that Varese was one of the first towns in Italy that successfully combined entrepreneurship and sport challenge, is this pair still present?«It is surely a historic fact that the strong relation between a brand and a team was developed for the fist time in Varese. This modern sponsorship was invented by Giovanni Borghi with the name Ignis. Besides, the ownership of the firm coincided with the ownership of the team. Between Borghi and my grandfather Edoardo there were a very strong respect and friendship. Therefore it was almost natural the changeover from Borghi to our family in 1981». When you were 28 years old you became the youngest president of Italian Premier League basket and won national championship. But it seems that a lot of years passed. What happened?«Borghi and Ignis days are unique and also the 1998 success remains a wonderful but far event. What is changed? Sport above all. Well, I speak about Varese. Beyond basketball the scene of that period included football, with a team which was often playing in Premier League, cycling, but also boxing. There was great professionalism and a great attention by the audience. Sport has always been connected with families that can be considered as magnates, because they financed it and asked in return for it the use of their brands. This consolidated pair lasted until the Nineties. Nowadays no family or enterprise in Varese has so high profits to invest the necessary capitals and support a team at high levels. Apart from lending institutions the only actual possibility is represented by associations. This is the case of “Roosters”. This solution still continues with “Varese nel cuore”, that has various members and one of them also represents the name of the team». Cimberio and Varese Calcio are at the same level in their respective tables. This level is high. Can this positive status stimulate entrepreneurship’s financial support? Or is the economic crisis that forces sport to austerity?«The results are indisputable, but football popularity, if compared with basketball, is always different. Moreover basketball media references are gradually diminishing and this sport is almost always included among the “other news”. Cimberio is less popular than Castiglioni’s team Cagiva. To be honest good results have a limited influence and are not enough to justify more and more relevant financial engagements. This is also due to the fact that great public is more influenced by the results of international competitions, by the successes of our national teams and nowadays we are very far from past levels. This also includes football, where expenses require higher forms of support». Roosters, our red-white galletti had a winning idea...«Yes, it is true. The name and the symbol adopted for the team of Varese is original. At the beginning there were six different supporting realities. Each of them had a 400 million euro budget, to which the team added the gate money and tickets. Now these realities’ investments are satisfied. “Varese nel Cuore” has about forty members, Cimberio is its main sponsor and the other top sponsors are Castigroup, Superenalotto, Fim, AirOne. Pool is the right way».Do you remember the suggestion to quote the team on the Stock?«Yes, I do. However there was no crisis. At that time market gave positive results, but today the investors who bought shares of teams such as Juve, Lazio and Roma get no benefits from it».Won’t a new Bulgheroni emerge in basketball pool? «As I already told this is not possible now». And what about Lindt?«Lindt offered only one sport sponsorship in the past. This was the sponsoring of the Swiss team Federer».La vittoria è colore e simpatia: il design di vita secondo Ottavio Missoni. (fotografia di Flavio Zulle)

Victory represents colours and affection: life design for Ottavio Missoni. (photograph by Flavio Zulle)

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Didn’t Lindt sponsor Saronni too?«yes, it did, but Lindt has never gone too far. Just as Bulgheroni we have always been sponsoring the rugby team of Varese, but it is evident that we speak about amounts that are lower than the financial support of basketball and football teams». And what about cycling?«Doping damaged it and it is too dangerous to invest in a sport whose popularity risks to suffer negative effects».You seem rather sceptical of the economic turnover but also of the advantages that sponsors offer sport. Is it true? Do you think that too much business damaged sport spirit?«Yes, I do. With the wisdom of hindsight I have to admit that the transformation of basket in professionalism caused negative consequences for this sport. If players were still amateurs and the professional association was regulated by different rules, such as NBA one, we should not medicate our wounds now. It is evident that high sport values are disappearing and that it becomes more and more difficult to find new young players. In fact they are not very keen on practising a healthy activity, which must be shared with other people in order to learn and grow. I admit that my opinion sounds sentimental and is typical of a sport lover, but I really want a different, free and more authentic sport».

Ottavio Missoni, before to be a stylist you was an athletic champion. How much importance had sport in your life? And how much influence had sport in your professional success?«Competitive sport, which I did when I was young, leaves deep marks in your personality and therefore in your way to face life. The first lesson you receive is self-discipline: To live in a healthy way and be able to control yourself. In my case sport helped me to win my natural laziness. I am often reluctant to apply myself in something, but when a race starts and I hear the gunshot something increases inside me and tells me that I have to go all out and to do my best. This is a high form of sport competition, that is a spirit of competition that in daily life is combined with an other fundamental lesson offered by sport: To respect the opponents. You have always to recognize the others’ values and their capacities, which can also be better than yours. Then sport was a crucial element of my life, because during the Olympic Games of London, where I won the 400 obstacle heats, I knew I girl that afterwards became my wife. She studied English in a college there and her nuns decided to take her to the stadium. I still do sport. Last year I took part to the European athletic championship in Ancona (Master League for people till 89 years old), I won with a 18 metre javelin throwing and was second in shot put (about 7.30 meters). During the Italian weight championships I was first in shot put, javelin throwing and discus. I always train, every day I spend an hour to make myself fit, I fortunately live in the country and near hills…».

Have you ever sponsored a team or an atlete?«Not in the strict sense of the word. I designed the shirts, the tracksuits and the uniforms of the football, basketball and athletics teams of Trieste. However it was a free gift, I received no money and I did not used my brand, but only a sea gull, which is the symbol of the sea. Missoni Sport supports the basketball team of Sumirago, but only the youth one: If they reach the Premier League I do not follow them! I am not an expert in sponsoring teams and athletes, I prefer to give money to municipal authorities so that they can spend them in sport activities for young people». Why don’t you consider sport a good investment?«Well, I know that sport can be a perfect advertising investment. There are famous football players that revealed themselves to be good testimonials, such as Del Piero as concerns mineral water and Totti with Vodafone». On this subject, there is an ad in which Totti and Ilary Blasi wear Missoni clothes.. Moreover people say that as you are a good Milan supporter you presented all the red-black players with one of your cardigans…«Yes, it is true, although sport is not our model of advertising investment. Sometimes I meet testimonials that I consider voluntary. They are famous personages that love wearing Missoni clothes. As my clothes are easy to be recognized I gain benefits from it. The latest personage is the pop star Rihanna, that chose my clothes in one of her videos. There are also several sportsmen. However the greatest fan among my sponsors, if we intend to define them in this way, was an actor, that is the great Nino Manfredi: He always wore my sweaters! But it was his choice, I never asked him to wear Missoni… and sometimes he even exaggerated». If Varese played in Premier League, would you design the shirts of this team?«I do not know. First of all I hope Varese to play in Premier League. And in that case… why not?».You also designed opera costumes. Do you prefer to wear tenors and sopranos rather than football players and athletes? «Well, I designed only the costumes used in ”Lucia di Lammermoor”. I did not even know the plot, but afterwards I was explained that the characters were Scottish. Well, I thought it was an easy task and I designed costumes which were inspired to the colours of the clans. But I do not intend to do it again! This is a demanding job and the risk to make mistakes is very high. It is better to design clothes for sportsmen».Do you think that the sport successes of Varese can justify a new stadium? Or is it better a theatre?«They are two necessary works, it should not be difficult for Varese to have a modern stadium and a fine theatre».

Ph. P

aolo

Zan

zi