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Emissioni La caratterizzazione e il controllo delle emissioni diffuse Bruno Marchesini, Riccardo Roncarati (*) Introduzione Tradizionalmente lesposizione alle sostanze chimi- che è affrontata attraverso lindividuazione e la ca- ratterizzazione delle sorgenti inquinanti, ovvero delle modalità attraverso le quali le sostanze ven- gono emesse, si propagano, ed infine interagiscono con luomo e con lambiente. Lassetto normativo alla base della tutela della sa- lute e della sicurezza delluomo e dellambiente do- vrebbe costituire pertanto, sotto il profilo preven- zionistico, un insieme unico; tuttavia per motiva- zioni di varia natura le norme giuridiche che trat- tano di ambiente di lavoro e di ambiente esterno, senza dare luogo a contraddizioni, finiscono per es- sere applicate in modo non sufficientemente coor- dinato. Le recenti vicende che hanno coinvolto gli stabili- menti dellIlva di Taranto e della Tirreno Power di Vado rappresentano forse i casi più emblematici di questa dicotomia. A ciò consegue che anche la gestione della vigilan- za sullapplicazione da parte delle aziende avvenga seguendo percorsi più o meno rigidamente separati da parte degli organi di controllo (ARPA e ASL), in funzione della realtà territoriale, e che vi siano ampi margini per un miglioramento quantomeno in termini operativi. Anche in relazione allentrata in vigore del regola- mento Reach, che affronta sul versante della nor- mativa di prodotto il tema della salute delluomo e dellambiente in unottica unificante, la vigilanza avviene con un coinvolgimento dell Istituzione pubblica che varia da Regione a Regione. ARPA e ASL sono entrambe direttamente coinvolte nella fase di vigilanza territoriale in alcune Regioni (ad es. in Toscana) mentre in altre il controllo viene svolto da una sola Amministrazione (ad es. in Emi- lia-Romagna). Scopo del presente lavoro è quello di analizzare il contesto di coesistenza delle due normative per in- dividuare i punti di contatto più significativi, e quindi di possibile sinergia o al contrario di conflit- to, così da far riflettere sulla necessità di gestione degli aspetti di salute e di quelli ambientali in unottica maggiormente integrata. Diversi sono gli aspetti in comune e le possibili ri- cadute su entrambi i fronti; a tal fine si è voluto dare maggiore rilevanza a quelli di più recente mo- difica del contesto normativo, quale quello delle emissione diffuse. Lapproccio che abbiamo voluto adottare non è di tipo giuridico; si è cercato piuttosto di calare il confronto sugli aspetti normativi in base allespe- rienza degli ultimi anni, così da fornire elementi pratici a coloro che si trovino ad affrontare a qual- siasi titolo il tema del rilascio di sostanze chimiche allinterno e allesterno dellazienda. La caratterizzazione del contesto La normativa per la tutela igienica e di sicurezza dei lavoratori prevede che la riduzione del rischio di esposizione sia perseguito attraverso lapplicazio- ne di principi generali di tutela (art. 15 del D.Lgs. n. 81/2008 (1), secondo una gerarchia di efficacia (*) Dott. Bruno Marchesini - Chem-Consult - libero profes- sionista; Dott. Riccardo Roncarati - collaboratore tecnico chi- mico, ARPA Emilia-Romagna, sezione di Bologna, Unità Ope- rativa Campionamento Emissioni Industriali (1) D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 Attuazione dell'art. 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Inquinamento Ambiente & sviluppo 12/2014 861

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Emissioni

La caratterizzazionee il controllo delle emissionidiffuseBruno Marchesini, Riccardo Roncarati (*)

Introduzione

Tradizionalmente l’esposizione alle sostanze chimi-che è affrontata attraverso l’individuazione e la ca-ratterizzazione delle sorgenti inquinanti, ovverodelle modalità attraverso le quali le sostanze ven-gono emesse, si propagano, ed infine interagisconocon l’uomo e con l’ambiente.L’assetto normativo alla base della tutela della sa-lute e della sicurezza dell’uomo e dell’ambiente do-vrebbe costituire pertanto, sotto il profilo preven-zionistico, un insieme unico; tuttavia per motiva-zioni di varia natura le norme giuridiche che trat-tano di ambiente di lavoro e di ambiente esterno,senza dare luogo a contraddizioni, finiscono per es-sere applicate in modo non sufficientemente coor-dinato.Le recenti vicende che hanno coinvolto gli stabili-menti dell’Ilva di Taranto e della Tirreno Power diVado rappresentano forse i casi più emblematici diquesta dicotomia.A ciò consegue che anche la gestione della vigilan-za sull’applicazione da parte delle aziende avvengaseguendo percorsi più o meno rigidamente separatida parte degli organi di controllo (ARPA e ASL),in funzione della realtà territoriale, e che vi sianoampi margini per un miglioramento quantomenoin termini operativi.Anche in relazione all’entrata in vigore del regola-mento Reach, che affronta sul versante della nor-mativa di prodotto il tema della salute dell’uomo edell’ambiente in un’ottica unificante, la vigilanzaavviene con un coinvolgimento dell’Istituzione

pubblica che varia da Regione a Regione. ARPA eASL sono entrambe direttamente coinvolte nellafase di vigilanza territoriale in alcune Regioni (ades. in Toscana) mentre in altre il controllo vienesvolto da una sola Amministrazione (ad es. in Emi-lia-Romagna).Scopo del presente lavoro è quello di analizzare ilcontesto di coesistenza delle due normative per in-dividuare i punti di contatto più significativi, equindi di possibile sinergia o al contrario di conflit-to, così da far riflettere sulla necessità di gestionedegli aspetti di salute e di quelli ambientali inun’ottica maggiormente integrata.Diversi sono gli aspetti in comune e le possibili ri-cadute su entrambi i fronti; a tal fine si è volutodare maggiore rilevanza a quelli di più recente mo-difica del contesto normativo, quale quello delleemissione diffuse.L’approccio che abbiamo voluto adottare non è ditipo giuridico; si è cercato piuttosto di calare ilconfronto sugli aspetti normativi in base all’espe-rienza degli ultimi anni, così da fornire elementipratici a coloro che si trovino ad affrontare a qual-siasi titolo il tema del rilascio di sostanze chimicheall’interno e all’esterno dell’azienda.

La caratterizzazione del contesto

La normativa per la tutela igienica e di sicurezzadei lavoratori prevede che la riduzione del rischiodi esposizione sia perseguito attraverso l’applicazio-ne di principi generali di tutela (art. 15 del D.Lgs.n. 81/2008 (1), secondo una gerarchia di efficacia

(*) Dott. Bruno Marchesini - Chem-Consult - libero profes-sionista; Dott. Riccardo Roncarati - collaboratore tecnico chi-mico, ARPA Emilia-Romagna, sezione di Bologna, Unità Ope-rativa Campionamento Emissioni Industriali

(1) D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 “Attuazione dell'art. 1 dellalegge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute edella sicurezza nei luoghi di lavoro”.

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del controllo del rischio ampiamente condivisa econsolidata nel tempo:- definire processi di lavoro e controlli, e utilizzareapparecchiature e materiali adatti per ridurre leemissioni di sostanze pericolose;- applicare misure di protezione collettive alla fon-te del rischio, tra cui impianti di ventilazione eadeguate soluzioni organizzative;- adottare misure di protezione individuali, com-preso tra questi l'uso di Dispositivi di ProtezionePersonale (DPP). Per legge, questa sarebbe l'ultimasoluzione applicabile, a cui fare ricorso soltanto senon è possibile controllare l'esposizione con altrimezzi.Tale approccio è sostanzialmente basato sulla ca-ratterizzazione e sull’impatto dei fenomeni di tipofisico descritti sopra senza tuttavia che siano statefornite, in tale contesto, definizioni di tipo forma-le.La normativa ambientale nel Titolo I, Parte V,D.Lgs. n. 152/2006 (2) (c.d. Testo Unico Am-bientale, TUA) affronta invece la prevenzione ela limitazione dell’inquinamento atmosferico (ge-nerato per effetto dell’introduzione di determina-te sostanze nell’aria atmosferica (3)) attraverso laconcessione di autorizzazioni con fissazione di li-miti e prescrizioni specifiche per stabilimenti,impianti o attività. A tal fine affronta (all’art.268, comma 1) in modo puntuale le definizionidelle possibili tipologie delle sorgenti. Dette defi-nizioni sono riprese più approfonditamente neldocumento Prevenzione e riduzione integratedell’inquinamento (IPPC), documento di riferi-mento sui principi generali del monitoraggio” (4)che traduce il c.d. BREF monitoring emesso dallastruttura comunitaria European Integrated Pollu-tion Prevention and Control Bureau. Le emissionitotali di un impianto in atmosfera sonocosì sud-divise (5):

Emissioni Totali

Emissioni ai camini (in fase di esercizio normale)+ Emissioni diffuse e fuggitive (esercizio norma-le) + Emissioni eccezionali.

E così definite:• Emissioni convogliate: emissioni di inquinantenell’ambiente attraverso ogni tipo di condotto, in-dipendentemente dalla forma della sezione trasver-sale. La possibilità di misurare le portate e le con-centrazioni è determinante per decidere se un’e-missione è convogliata.• Emissioni diffuse: emissioni derivanti da uncontatto diretto di sostanze volatili o polveri legge-re con l’ambiente, in condizioni operative normalidi funzionamento. Queste possono essere causate:- dalle caratteristiche intrinseche delle apparec-chiature (es. filtri, forni di essiccazione);- dalle condizioni operative (es. durante il trasferi-mento di materiale da autocisterne);- dal tipo di operazione (es. attività di manutenzio-ne);- da scarichi graduali in altro comparto ambientale(es. acque di raffreddamento o acque di scarico).Le emissioni diffuse possono avere origine puntua-le, lineare, di superficie o di volume. Le emissionipresenti all’interno di un edificio sono normalmen-te considerate diffuse, mentre l’uscita di un sistemadi ventilazione viene considerato emissione convo-gliata.Esempi di emissioni diffuse sono quelle generatedallo sfiato conseguente alle operazioni di carico escarico da aree di stoccaggio (anche di materialeallo stato solido cumulato all’aperto), da bacini diseparazione nelle raffinerie di petrolio, da sfiati, daportelli di carico/scarico nelle cokerie, da emissionedi mercurio dalle celle di elettrolisi, quelle origina-te da processi che utilizzano solventi, ecc.• Emissioni fuggitive: emissioni nell’ambiente ri-sultanti da una perdita graduale di tenuta di unaparte delle apparecchiature designate a contenereun fluido (gassoso o liquido); questo è causato ge-neralmente da una differenza di pressione e dallaperdita risultante. Esempi di emissioni fuggitive so-no le perdite da flangie, da pompe o da parti di ap-parecchiature e le perdite dai depositi di prodottigassosi o liquidi.Occorre notare che le emissioni fuggitive sono unasottocategoria delle emissioni diffuse e vengono

(2) D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 “Norme in materia ambien-tale”.

(3) Art. 268, comma 1, lett. a): inquinamento atmosferico:ogni modificazione dell’aria atmosferica, dovuta all’introduzio-ne nella stessa di una o di più sostanze in quantità e con carat-teristiche tali da ledere o da costituire un pericolo per la saluteumana o per la qualità dell’ambiente oppure tali da ledere i be-ni materiali o compromettere gli usi legittimi dell’ambiente.

(4) “Prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento

(IPPC), documento di riferimento sui principi generali del moni-toraggio” Rapporti 43/2004 APAT Agosto 2003 che costituiscela traduzione ed adattamento del testo in lingua italiana di In-tegrated Pollution Prevention and Control (IPPC), Reference Do-cument on the General Principles of Monitoring. European Inte-grated Pollution Prevention and Control Bureau (EIPPCB), July.

(5) Analogamente: Kristina Saarinen, Monitoring total emis-sions from industrial installations, Environmental Science & Poli-cy, 2003, 6, 367-376.

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perciò complessivamente denominate EmissioniDiffuse e Fuggitive (EDF).• Emissioni eccezionali: emissioni che si verifica-no quando capita un evento anomalo che fa devia-re il processo dalle condizioni normali di esercizioe possono essere sia convogliate che diffuse.Le emissioni eccezionali si dividono in:- Emissioni eccezionali in condizioni prevedibili: inquanto prevedibili, dette emissioni devono essereprevenute o minimizzate; esempi: emissioni all’av-vio o all’arresto pianificato dell’impianto, lavori dimanutenzione.- Emissioni eccezionali in condizioni imprevedibili:sono emissioni che non si verificano durante ilfunzionamento, l’accensione o l’arresto dell’im-pianto e sono causate da irregolarità, per es. varia-zioni inaspettate e saltuarie dell’alimentazione delprocesso, durante il processo stesso o nelle tecni-che di abbattimento; esempi: malfunzionamentodelle apparecchiature, disturbi nel processo causatida circostanze anomale (come otturazioni, tempe-ratura eccessiva, avarie delle apparecchiature, ano-malie), errore umano.Sempre lo stesso documento osserva che: le auto-rizzazioni all’emissione in atmosfera normalmenteprescrivono che tutte le situazioni anomale deter-minate sia da condizioni prevedibili che imprevedi-bili, che possono intervenire durante l’esercizio diun impianto e che portano ad una variazione delleemissioni, e che possono condizionare in modo si-gnificativo le emissioni normali, devono esseretempestivamente comunicate all’autorità compe-tente, includendo quantificazioni e dettagli relativialle azioni correttive intraprese o previste.Di particolare interesse ai fini del presente lavoro èla definizione di emissione diffusa in quanto rap-presenta un importante punto di raccordo tra ledue normative di tutela; essa costituisce:• sorgente di esposizione non captata e non abbat-tuta, quindi potenziale nocivo sia sotto il profilodella tutela della salute del lavoratore che nei con-fronti dell’ambiente (ed eventualmente della popo-lazione generale);• sorgente di esposizione captata e parzialmenteabbattuta ma che può essere reimmessa nell’am-biente di lavoro per motivi di risparmio energetico.

In chiave di valutazione del rischio di esposizionela rilevanza delle sorgenti può essere rappresentatacome di seguito indicato.

Sorgente AmbienteIgiene

e Sicurezza

Emissioni non aspirate ediffuse all’esterno

X X

Emissioni aspirate e convo-gliate all’esterno

X

Emissioni aspirate e in par-te reimmesse all’interno

X

Di diversa importanza sanitaria possono tuttaviaessere le emissioni che si originano dalle sorgentidi tipo diffuso cosicché al fine della tutela della sa-lute occorre in ogni caso valutare l’entità del ri-schio residuo ad esse associato.

Il quadro storico degli adempimentiin materia di emissioni diffuse

Il quadro normativo precedente al TUA non eracosì dettagliato e prescrittivo: in particolare, inmateria di emissioni in atmosfera, il previgenteD.P.R. n. 203/1988 (6) non definiva le tipologie diemissioni e pertanto non prendeva in esame leemissioni diffuse.Solo con l’emanazione del D.M. 12 luglio 1990 (7)(art. 2, lett. i), si indica che:- gli impianti devono essere equipaggiati ed esercitiin modo da limitare le emissioni diffuse, anche te-nendo conto delle norme vigenti in materia di si-curezza e di igiene del lavoro;- le Regioni, sulla base dei criteri che saranno defi-niti dalla Commissione, potranno verificare la con-vogliabilità di specifiche emissioni diffuse, ancheavvalendosi degli accertamenti già effettuati dagliispettorati del lavoro o dagli altri organi tecniciprevisti dalla normativa vigente.Con ciò veniva data la possibilità alle Regioni (manon l’obbligo) di regolare ed autorizzare le emissio-ni diffuse. In base a questo articolo la RegioneEmilia-Romagna ad esempio non ha legiferato inmateria di emissioni diffuse.In un quadro indefinito e non attuato, era quindipossibile autorizzare le emissioni diffuse in casi cri-tici (ad es. di esposizione della popolazione genera-le), ma non essendo obbligatorio per l’azienda o

(6) D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203 “Attuazione delle diretti-ve CEE, nn. 80/779, 82/884, 84/360 e 85/203 concernenti nor-me in materia di qualità dell'aria, relativamente a specificiagenti inquinanti, e di inquinamento prodotto dagli impianti in-dustriali, ai sensi dell'art. 15 della Legge 16 aprile 1987, n.

183”.(7) D.M. 12 luglio 1990 “Linee guida per il contenimento

delle emissioni inquinanti degli impianti industriali e la fissazio-ne dei valori minimi di emissione”.

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l’ente autorizzatore, il problema delle emissioni dif-fuse non è stato affrontato in modo sistematico.

L’autorizzazione per le emissioniin forma diffusa: il quadro attuale

Accanto al principio generale “per tutti gli stabili-menti che producono emissioni deve essere richie-sta un’autorizzazione ai sensi della Parte V” (art.269, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006), la norma pre-vede specifiche esclusioni. Tra queste, il Titolo Inon si applica alle emissioni di sfiati e ricambi d’a-ria dei luoghi di lavoro (comma 5, dell’art. 272,D.Lgs. n. 152/2006), ossia a quegli impianti di ven-tilazione che sono esclusivamente adibiti ad assicu-rare un adeguato microclima interno (in relazionea temperatura, umidità) e che non sono prepostiall’evacuazione di inquinanti. Se invece la diluizio-ne dell’aria è necessaria al fine di garantire unaconcentrazione di inquinanti conforme alla disci-plina per la tutela dei lavoratori, il ricambio dell’a-ria si configura come un’emissione di sostanze in-quinanti in atmosfera e pertanto va assoggettato adautorizzazione come descritto più avanti.Di particolare interesse ai fini del presente lavoroil fatto che con la modifica apportata al D.Lgs. n.152/2006 dal D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 sonoora soggette all’obbligo di autorizzazione ordinariagli impianti di emergenza e di sicurezza (8).Nelle diverse modifiche apportate al D.Lgs. n.152/2006 si rafforza il principio che l’impatto, sin-golo e complessivo, delle emissioni in atmosfera diun’unità produttiva deve essere valutato in un sin-golo procedimento autorizzatorio e che il singoloatto autorizzatorio deve contenere tutte le relativeprescrizioni di mitigazione e controllo.Nella Parte V, il vigente testo del D.Lgs. n.152/2006 all’art. 269, comma 1, indica che: “l’au-torizzazione è rilasciata con riferimento allo stabili-mento. I singoli impianti e le singole attività pre-senti nello stabilimento non sono oggetto di distin-te autorizzazioni”, definendo (art. 268, comma 1)come:h) stabilimento: il complesso unitario e stabile,che si configura come un complessivo ciclo produt-tivo, sottoposto al potere decisionale di un unicogestore, in cui sono presenti uno o più impianti o

sono effettuate una o più attività che produconoemissioni attraverso, per esempio, dispositivi mobi-li, operazioni manuali, deposizioni e movimentazio-ni. Si considera stabilimento anche il luogo adibitoin modo stabile all’esercizio di una o più attività;l) impianto: il dispositivo o il sistema o l’insiemedi dispositivi o sistemi fisso e destinato a svolgerein modo autonomo una specifica attività, anchenell’ambito di un ciclo più ampio.Il termine stabilimento è stato inserito dalla modi-fica apportata al D.Lgs. n. 152/2006 dal D.Lgs. 29giugno 2010, n. 128, mentre nella versione origi-naria del TUA era presente solo la definizione:h) impianto: il macchinario o il sistema o l'insiemedi macchinari o di sistemi costituito da una struttu-ra fissa e dotato di autonomi a funzionale in quan-to destinato ad una specifica attività; la specificaattività a cui é destinato l'impianto può costituirela fase di un ciclo produttivo più ampio.La versione previgente del citato art. 269, comma1, stabiliva: “per tutti gli impianti che produconoemissioni deve essere richiesta una autorizzazioneai sensi della Parte V del presente decreto”, pertan-to potevano esistere più autorizzazioni alle emissio-ni per singoli impianti presenti in una singola uni-tà produttiva.Analogamente, nella Parte II del TUA, dedicataall’Autorizzazione Integrata Ambientale, all’art. 5,comma 1, lett. o bis), è indicato che l’Autorizzazio-ne Integrata Ambientale è “il provvedimento cheautorizza l'esercizio di una installazione” definitacome (art. 5, comma 1, lett. i quater) “unità tecni-ca permanente, in cui sono svolte una o più attivi-tà elencate all'Allegato VIII alla Parte II e qualsiasialtra attività accessoria, che sia tecnicamente con-nessa con le attività svolte nel luogo suddetto epossa influire sulle emissioni e sull'inquinamento”e che “un'Autorizzazione Integrata Ambientalepuò valere per una o più installazioni o parti di es-se che siano localizzate sullo stesso sito e gestitedal medesimo gestore.” Quindi una singola autoriz-zazione può valere per una o più installazioni o par-ti di esse, che siano localizzate sullo stesso sito egestite dal medesimo gestore.In virtù della novella di cui al D.Lgs. 4 marzo2014, n. 46 (9), nel D.Lgs. n. 152/2006 ora è consi-

(8) Si riporta di seguito la precedente versione dell’art. 269,comma 14, lett. i): “Non sono sottoposti ad autorizzazione i se-guenti impianti: impianti di emergenza e di sicurezza, laborato-ri di analisi e ricerca, impianti pilota per prove, ricerche, speri-mentazioni, individuazione di prototipi. Tale esenzione non siapplica in caso di emissione di sostanze cancerogene, tossi-che per la riproduzione o mutagene o di sostanze di tossicità e

cumulabilità particolarmente elevate, come individuate dallaParte II dell’Allegato I alla Parte V del presente decreto.”. Lacategoria “Laboratori di analisi e ricerca, impianti pilota perprove, ricerche, sperimentazioni, individuazione di prototipi.” èstata invece inserita al punto 1, lett. JJ) dell’Allegato IV allaParte V, del D.Lgs. n. 152/2006.

(9) D.Lgs. 4 marzo 2014 n. 46 “Attuazione della direttiva

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derata attività accessoria, quindi soggetta alla me-desima autorizzazione, “l'attività tecnicamenteconnessa anche quando condotta da diverso gesto-re”, mentre “nel caso in cui diverse parti di una in-stallazione siano gestite da gestori differenti, le re-lative autorizzazioni integrate ambientali sono op-portunamente coordinate a livello istruttorio;”,quindi attualmente se sono presenti diverse partidi una medesima installazione gestite da gestori dif-ferenti, le diverse Autorizzazione Integrate Am-bientali devono essere opportunamente coordinatea livello istruttorio.Come già descritto sopra, a differenza della legisla-zione previgente, il D.Lgs. n. 152/2006 prevedel’obbligo di autorizzazione di tutte le emissioni, an-che di quelle diffuse; pertanto, gli stabilimenti inesercizio alla data di entrata in vigore della ParteV, D.Lgs. n. 152/2006 dotati di sole emissioni dif-fuse e quindi privi di autorizzazione alle emissioniin atmosfera dovevano presentare domanda entroluglio 2012, secondo l’art. 281, comma 3 (10). Perle aziende soggette all’Autorizzazione IntegrataAmbientale, le emissioni diffuse erano invece giàstate autorizzate dalla prima uscita risalente al mar-zo 2008, in quanto previste dal citato Bref Monito-ring e dal Decreto 31 gennaio 2005.Le emissioni non convogliabili che danno originead emissioni diffuse non sono oggetto di limiti diemissione specifici; essi sono previsti solo nel casodi emissioni di Composti Organici Volatili rica-denti nell’ambito di applicazione dell’art. 275, delD.Lgs. n. 152/2006.Esempi di autorizzazioni di impianti caratterizzatida sole emissioni diffuse sono quelli delle cave diestrazione di materiali inerti o di frantumazione eselezione di materiali, soggetti ad autorizzazione or-dinaria (art. 269 e art. 281, comma 3), come detto,senza previsione di limiti; sono invece prescritte letecniche per il contenimento/mitigazione delleemissioni diffuse per le fasi produttive, gli stoccaggidi materie prime e prodotti finiti, e il trasporto.Nello specifico l’Allegato V, alla Parte V, stabilisceche “nei casi in cui si producono, manipolano, tra-sportano, immagazzinano, caricano e scaricano ma-teriali polverulenti, devono essere assunte apposite

misure per il contenimento delle emissioni di pol-veri” e che “l’autorità competente stabilisce le pre-scrizioni per il contenimento delle emissioni dipolveri tenendo conto, in particolare, dei seguentielementi: pericolosità delle polveri, flusso di massadelle emissioni, durata delle emissioni, condizionimeteorologiche, condizioni dell’ambiente circo-stante”.L’Allegato V indica quindi le misure di mitigazionepossibili per le diverse fasi delle attività polveru-lente (produzione, manipolazione, trasporto, caricoe scarico, stoccaggio), lasciando la fissazione dellerelative prescrizioni all’Autorità competente al ri-lascio dell’autorizzazione.La normativa quindi non fornisce in dettaglio lespecifiche prescrizioni limitandosi ad elencare cri-teri di carattere generale. Risultava pertanto neces-sario predisporre linee guida operative sia per faci-litare il percorso decisionale dell’Ente preposto allaconcessione dell’autorizzazione dell’emissione siaper orientare le aziende in fase di predisposizionedella domanda.Si riporta di seguito un esempio di prescrizioni in-serite dalla Provincia di Bologna nelle autorizzazio-ni per le attività di cava (estrazione e lavorazioneinerti lapidei): “La ditta dovrà esercire l’impiantosecondo le migliori tecnologie disponibili, adottan-do tutte le cautele atte a contenere il più possibilela polverosità diffusa durante le lavorazioni, la mo-vimentazione e lo stoccaggio di materiali polveru-lenti, in ottemperanza alle prescrizioni dettate dal-l’Allegato V, alla Parte V, del D.Lgs. n. 152/2006.In particolare:• i piazzali e le aree maggiormente soggette al tran-sito di veicoli (accesso all’insediamento e viabilitàinterna), compatibilmente con le lavorazioni svol-te, dovranno essere adeguatamente pavimentati alfine di evitare il sollevamento di polveri e l’imbrat-tamento dei mezzi, adottando, ove necessario, ade-guati sistemi di pulizia in uscita all’insediamento;• dovrà essere assicurata l’umidificazione dei piaz-zali e le aree maggiormente soggette al transito deiveicoli; per le superfici pavimentate con materialiimpermeabili (cemento, asfalto), dovrà essere assi-curata la periodica pulizia (almeno due volte alla

2010/75/UE relativa alle emissioni industriali (prevenzione e ri-duzione integrate dell'inquinamento)”.

(10) Art. 281, comma 3, Disposizioni transitorie e finali: “igestori degli stabilimenti in esercizio alla data di entrata in vi-gore della Parte V del presente decreto che ricadono nel cam-po di applicazione del presente Titolo e che non ricadevanonel campo di applicazione del D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203,si adeguano alle disposizioni del presente Titolo entro il 1° set-

tembre 2013 o nel più breve termine stabilito dall’autorizzazio-ne alle emissioni. Se lo stabilimento è soggetto a tale autoriz-zazione la relativa domanda deve essere presentata, ai sensidell’art. 269 o dell’art. 272, commi 2 e 3, entro il 31 luglio2012. L’Autorità competente si pronuncia in un termine pari aotto mesi o, in caso di integrazione della domanda di autoriz-zazione, pari a dieci mesi dalla ricezione della domanda stes-sa.”

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settimana, salvo il verificarsi di eventi meteorici)con particolare attenzione e frequenza nei periodisiccitosi e ventosi;• durante la movimentazione ed il trasporto delmateriale inerte polverulento dovranno essere im-piegati, ove possibile, dispositivi chiusi;• è obbligatoria la copertura del carico dei camionin entrata ed uscita dall’impianto;• il transito dei mezzi di trasporto sulla viabilità in-terna non pavimentata deve avvenire a bassa velo-cità e dovrà essere apposta idonea segnaletica;• le operazioni di carico e scarico dovranno avve-nire, possibilmente in modo automatico, assumen-do apposite misure per il contenimento delle pol-veri e mantenendo una adeguata altezza di caduta;deve essere assicurata, nei tubi di scarico, la piùbassa velocità che è tecnicamente possibile conse-guire per l’uscita del materiale trasportato, adesempio mediante deflettori oscillanti;• la viabilità interna, le aree pavimentate, i sistemidi mitigazione e contenimento delle emissioni dif-fuse dovranno essere costantemente mantenute inpiena efficienza;• il materiale inerte in lavorazione, in corrispon-denza delle fasi più polverose e dello scarico deinastri trasportatori, se non provvisti di copertura,compatibilmente con le lavorazioni, dovrà essereadeguatamente umidificato in particolare in pre-senza di materiale secco;• dovrà essere assicurata l’umidificazione dei cu-muli depositati nei piazzali e delle aree adibite allostoccaggio dei materiali polverulenti.”.Queste prescrizioni vanno a sommarsi a quelle con-tenute nell’autorizzazione all’esercizio dell’attività

estrattiva emessa ai sensi dell’art. 13 (11) dellaD.G.R. Emilia-Romagna n. 1903/2012 (12) checonformemente a quanto pianificato dal Program-ma regionale delle Attività Estrattive e dal Pianodelle Attività Estrattive (PAE) provinciale valutail Progetto globale dell'Attività Estrattiva (13) edetermina tra le altre prescrizioni la tipologia e laquantità dei materiali di cava di cui è consentita lacoltivazione, nel rispetto anche delle disposizionivigenti in materia ambientale e la gestione dei ri-fiuti di estrazione (conformemente a quanto previ-sto all'art. 5 del D.Lgs n. 117/2008).Un altro esempio interessante di gestione delle mi-sure di prevenzione viene dalla Provincia di Firen-ze che ha incaricato ARPA Toscana di studiare ilproblema e predisporre specifiche linee guida tec-niche, poi adottate nella deliberazione della Giun-ta provinciale di Firenze n. 213/2009 (14). Questodocumento, per le emissioni diffuse prodotte da at-tività di estrazione o frantumazione di materialiinerti e selezione di materiali inerti, indica un me-todo di stima che, partendo da fattori di emissionestabiliti dall’EPA, valuta la concentrazione di PTS,PM10 e PM2.5 presso i recettori con modelli mate-matici di dispersione.Una modalità alternativa di prevenzione del ri-schio viene dalla Provincia di Ravenna per quantoriguarda l’assunzione di un ruolo pro-attivo da par-te aziendale che, nella documentazione presentataa corredo della domanda di autorizzazione di “Nuo-vi impianti e/o modifica impianti con emissione inatmosfera”, nel caso siano presenti emissioni diffu-se non convogliabili provenienti da attività e stoc-caggio di materiale polverulento, deve avanzare la

(11) Art. 13 Contenuto dell'autorizzazione.“1. L’autorizzazione all’attività estrattiva determina:a) la tipologia e la quantità dei materiali di cava di cui è con-

sentita la coltivazione, nel rispetto anche delle disposizioni vi-genti in materia ambientale;

b) gli oneri estrattivi da versare all’Autorità competente;c) l'estensione, le profondità e le altre geometrie consentite,

con riferimento allo specifico progetto globale dell'attivitàestrattiva;

d) le modalità e le tempistiche per il razionale sfruttamentodella cava, per il recupero del sito e per la manutenzione dellerelative opere ed interventi realizzati;

e) la localizzazione e le modalità di realizzazione delle operedi collegamento viario della cava con le strade pubbliche, la lo-calizzazione e le modalità di realizzazione degli interventi di al-lacciamento alle utenze, nonché di quelli che si rendono ne-cessari per prevenire danni a terzi e minimizzare gli impatti sul-l'ambiente;

f) gli obblighi del titolare dell’autorizzazione;g) la data di conclusione degli interventi di coltivazione, di

recupero e di manutenzione;h) gli estremi, la durata e l'entità della garanzia patrimoniale

per le opere e gli interventi di recupero e la manutenzione delsito;

i) le eventuali prescrizioni acquisite in sede di conferenza diservizi.

2. Con successivo provvedimento legislativo della Regionesono disciplinati i contenuti dell’autorizzazione relativi, in parti-colare, alle esigenze di controllo connessi alle attività di auto-trasporto, anche ai fini di quanto previsto all’art. 12.

3. Laddove il piano di gestione dei rifiuti di estrazione preve-da la realizzazione di strutture di deposito per rifiuti di estrazio-ne, la relativa autorizzazione è rilasciata nell’ambito dell’auto-rizzazione all’attività estrattiva.”

(12) D.G.R. Emilia-Romagna del 10 dicembre 2012, n. 1903“Norme in materia di attività estrattive e minerarie” che sostitui-sce la precedente L.R. Emilia-Romagna 18 luglio 1991, n. 17“Disciplina delle attività estrattive.

(13) D.G.R. Emilia-Romagna n. 1903/2012, art. 8, comma1: Il Progetto globale dell'attività estrattiva, è costituito dal Pro-getto di coltivazione, dal Progetto di recupero, dal Programmadi monitoraggio e manutenzione, e dal Piano di Gestione dei ri-fiuti di estrazione.

(14) D.G.P. di Firenze 3 novembre 2009, n. 213 “Adozionedelle linee guida per la valutazione delle emissioni di polveri pro-venienti da attività di produzione, manipolazione, trasporto, cari-co o stoccaggio di materiali polverulenti”.

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866 Ambiente & sviluppo 12/2014

proposta di una procedura per la loro gestione (do-po essere stata discussa nel procedimento, essa vie-ne allegata all’autorizzazione stessa).È evidente il grande vantaggio che deriva dall’ap-plicazione della normativa ambientale anche per latutela della salute dei lavoratori. Infatti, la condi-zione lavorativa al fuori dall’ambiente chiuso, equindi con la presenza di un sistema di diluizionedegli inquinanti per mescolamento delle masse d’a-ria all’esterno, non comporta necessariamente chele esposizioni siano basse; l’entità dell’esposizionedipende infatti in grande misura dall’intensità del-l’emissione, oltre che dal grado di prossimità del la-voratore alla sorgente di emissione, dal tempo distazionamento presso la stessa e dalle modalità diesecuzione del compito lavorativo.In questo senso quindi le misure di tutela dell’am-biente si pongono come misure di tipo comple-mentare a quelle che devono essere applicate aisensi della normativa degli ambienti di lavoro.La D.G.R. Emilia-Romagna n. 2236/2009 (15) smiche contiene tutte le autorizzazioni generali riportala seguente prescrizioni in merito al contenimentodelle emissioni diffuse non convogliabili valida pertutte le autorizzazioni: “Qualora le emissioni deri-vanti dalle operazioni di carico, scarico e movi-mentazione di materie prime o prodotti non fosserotecnicamente convogliabili sulla base delle miglioritecniche disponibili, devono essere adottati tuttigli accorgimenti possibili al fine di limitare le emis-sioni diffuse secondo le prescrizioni previste all’Al-legato V, alla Parte V, del D.Lgs. n. 152/2006”, ci-tato precedentemente.La stessa norma riporta per determinate attivitàspecifiche prescrizioni per il contenimento delleemissioni diffuse, come ad es. per la produzione disapone e detergenti sintetici prodotti per l’igiene ela profumeria con utilizzo di materie prime non su-periori a 200 kg/g (par. 4.15): “le operazioni di

stoccaggio, movimentazione e confezionamentodelle materie prime devono essere effettuate in mo-do da ridurre al massimo le emissioni diffuse”; op-pure per impianti a ciclo chiuso di pulizia a seccodi tessuti e di pellami, escluse le pellicce, e pulitin-tolavanderie a ciclo chiuso (par. 4.33):• la conservazione delle materie prime e dei rifiutideve avvenire in luoghi chiusi, protetti dagli agentiatmosferici in grado di non dare luogo a emissionidiffuse di inquinanti;• tutte le fasi devono essere svolte in macchine er-metiche le cui uniche emissioni di solvente nell’a-ria può avvenire al momento dell’apertura dell’oblòal termine del ciclo di lavaggio;• il gestore dell’impianto o dell’attività è tenutoad effettuare controlli periodici delle apparecchia-ture, con la cadenza e le modalità indicate nel li-bretto di manutenzione programmata, fornito dalcostruttore delle macchine di lavaggio, al fine dievitare emissioni diffuse nell’ambiente di lavoro”.

Autorizzazione di emissioni diffusepotenzialmente convogliabiliArgomento di primario interesse ai nostri fini èquello della valutazione della convogliabilità diuna proposta emissione diffusa all’interno del pro-cedimento autorizzativo ordinario (art. 269 delD.Lgs. n. 152/2006).Il parere della Commissione Tecnica ProvincialeAmbiente della Provincia di Padova del 9 novem-bre 2011 (16) chiarisce i compiti affidati dal D.Lgs.n. 152/2006 all’Autorità competente (in questo ca-so la Provincia) per la valutazione della convoglia-bilità delle emissioni in sede di autorizzazione (17);si riporta di seguito il procedimento decisionale:• verificare se le emissioni diffuse di ciascun im-pianto e di ciascuna attività sono tecnicamenteconvogliabili (18) secondo le Migliori TecnicheDisponibili MTD (19), rintracciabili:

(15) D.G.R. Emilia-Romagna del 28 dicembre 2009, n. 2236“Autorizzazioni alle emissioni in atmosfera:interventi di semplifi-cazione ed omogeneizzazione delle procedure e determinazionedelle prescrizioni delle autorizzazioni di carattere generale per leattività in deroga ai sensi dell’art. 272, commi 1, 2 e 3 delD.Lgs. n. 152 del 3 aprile 2006 "Norme in materia ambientale"successivamente modificata dalla D.G.R. Emilia-Romagna del22 novembre 2010, n. 1769 “Integrazioni e modifiche allaD.G.R. 2236/2009 e approvazione degli allegati relativi all’auto-rizzazione di carattere generale per impianti termici civili con po-tenzialità termica nominale complessiva inferiore a 10 MWt, aisensi dell’art. 272, comma 2 ed art. 281, comma 4, del D.Lgs.n. 152/2006 "Norme in materia ambientale" che riporta inte-gralmente gli Allegati presenti nella prima con le modifiche ap-portate.

(16) Parere della Commissione Tecnica Provinciale Ambien-te della Provincia di Padova del 9 novembre 2011 “Autorizza-

zione alle emissioni in atmosfera ai sensi del D.Lgs. n. 152/2006e s.m.i., art. 270, commi 1, 2 e 3. Criteri di autorizzazione in me-rito alla captazione e al convogliamento delle emissioni prove-nienti dagli impianti industriali”.

(17) Art. 270, comma 1, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152:“in sede di autorizzazione, l’autorità competente verifica se leemissioni diffuse di ciascun impianto e di ciascuna attività so-no tecnicamente convogliabili sulla base delle migliori tecni-che disponibili e sulla base delle pertinenti prescrizioni dell’Al-legato I alla Parte V dei presente decreto e, in tal caso, ne di-spone la captazione ed il convogliamento.

(18) Lo stesso parere indica: “per convogliamento si inten-de l’intero complesso impiantistico di captazione, eventuale fil-trazione, e conduzione all’esterno delle emissioni captate.”

(19) L’art. 268, comma 1, del D.Lgs. n. 152/2006 definisceMigliori Tecniche Disponibili: la più efficiente ed avanzata fasedi sviluppo di attività e relativi metodi di esercizio indicanti l'i-

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- per le attività soggette ad AIA, nei documentiBAT/BREF (laddove presenti),- nelle prescrizioni presenti nella Parte III dell’Al-legato I alla Parte V (disponibili solo per poche at-tività),- nei criteri del decreto del Ministro dell’Ambientee della Tutela del Territorio e del Mare, di concer-to con i Ministri delle Attività Produttive e dellaSalute, da emanare ai sensi dell’art. 270, comma 3,ma non ancora emanato;• disporre la captazione e il convogliamento, nelcaso le emissioni diffuse siano tecnicamente con-vogliabili secondo le MTD;• captare e convogliare le emissioni diffuse anchese non disponibili Migliori Tecniche Disponibili sein presenza di:- particolari situazioni di rischio sanitario o di zoneche richiedono una particolare tutela ambientale(art. 270, comma 1) (20);- emissione di COV classificati cancerogeni, muta-geni o tossici (21) o di COV alogenati ai quali so-no state assegnate le frasi di rischio R40. Possibilitàdi effetti cancerogeni - prove insufficienti e R 68.Possibilità di effetti irreversibili, in base al punto2.3 dell’Allegato III alla Parte V, al fine di tutelarela salute umana e l’ambiente nel caso sia verificatala non convogliabilità di emissioni diffuse, stabilireapposite prescrizioni finalizzate ad assicurare il con-tenimento (prevenzione e minimizzazione) ai finidella tutela ambientale (art. 269, comma 4) e dal-l’Allegato V, come dettagliato nei precedenti para-grafi (si veda il diagramma di flusso della valutazio-ne della convogliabilità di una proposta emissionediffusa all’interno del procedimento autorizzativoordinario in Figura 1).Il citato documento inoltre precisa che:

• ai fini della tutela dall’inquinamento atmosferi-co, le reimmissioni in ambiente di lavoro si confi-gurano come emissioni diffuse, in quanto trattasi diemissioni convogliate, ma non emesse tramite ap-posito camino;• la Provincia non è competente in materia di si-curezza e igiene dei lavoratori (l’attività di vigilan-za è espletata dallo SPISAL) e conseguentementenon valuta le modalità di gestione e contenimentodelle emissioni diffuse ai fini della tutela dei lavo-ratori;In base al descritto quadro normativo e al fine diapplicare uniformi modalità nella valutazione pre-vista dall’art. 270, la Provincia di Padova adotta“la soluzione più cautelativa ai fini della prevenzio-ne e della limitazione dell’inquinamento atmosferi-co, nell’ambito delle competenze della Provincia”imponendo “l’obbligo di convogliamento a caminodelle emissioni diffuse per tutte le attività/impiantisottoposti alla disciplina del Titolo V, del D.Lgs.n. 152/2006 smi”. Saranno esclusi da tale obbligo“solo nel caso di motivata e dimostrabile impossibi-lità tecnica al convogliamento (sulla base delle Mi-gliori Tecniche Disponibili)” comprovata da unadichiarazione del gestore dello stabilimento ai sensidel D.P.R. n. 445/2000, art. 76, allegata nella do-manda di autorizzazione.In caso di impossibilità tecnica al convogliamentosecondo le MTD, la Provincia:• prende atto della non convogliabilità delle emis-sioni diffuse per lo specifico impianto;• autorizza l’impianto con prescrizioni relative allediffuse;• trasmette comunicazione dell’autorizzazione alloSPISAL (Servizio Prevenzione Igiene SicurezzaAmbienti di Lavoro).

doneità pratica di determinate tecniche ad evitare ovvero, seciò risulti impossibile, a ridurre le emissioni; a tal fine, si inten-de per:

- tecniche: sia le tecniche impiegate, sia le modalità di pro-gettazione, costruzione, manutenzione, esercizio e chiusuradegli impianti e delle attività;

- disponibili: le tecniche sviluppate su una scala che ne con-senta l'applicazione in condizioni economicamente e tecnica-mente valide nell'ambito del pertinente comparto industriale,prendendo in considerazione i costi e i vantaggi, indipendente-mente dal fatto che siano o meno applicate o prodotte in am-bito nazionale, purché il gestore possa avervi accesso a condi-zioni ragionevoli;

- migliori: le tecniche più efficaci per ottenere un elevato li-vello di protezione dell'ambiente nel suo complesso.

Per gli impianti di cui all'art. 273 (grandi impianti di combu-stione) e per le attività di cui all'art. 275 (emissioni di COV) siapplica la definizione prevista all'art. 5, comma 1, lett. l ter);

L’art. 5, comma 1, lett. l ter) del D.Lgs. n. 152/2006 defini-

sce: Migliori Tecniche Disponibili (Best Available Techniques -BAT): la più efficiente e avanzata fase di sviluppo di attività erelativi metodi di esercizio indicanti l'idoneità pratica di deter-minate tecniche a costituire, in linea di massima, la base deivalori limite di emissione e delle altre condizioni di autorizza-zione intesi ad evitare oppure, ove ciò si riveli impossibile, a ri-durre in modo generale le emissioni e l'impatto sull'ambientenel suo complesso. Nel determinare le migliori tecniche dispo-nibili, occorre tenere conto in particolare degli elementi di cuiall'Allegato XI. Si intende per: … seguono le definizioni dei ter-mini come art. 268, comma 1.

(20) Anche per questa categoria di emissioni dovranno es-sere emanati criteri ministeriali ai sensi dell’art. 270, comma 3;

(21) Così classificati dal regolamento n. 1272/2008 comecancerogeni, mutageni o tossici per la riproduzione per cui so-no state assegnate o sulle quali devono essere apposte le indi-cazioni di pericolo H340, H350, H350i, H360D o H360F o lefrasi di rischio R45, R46, R49, R60 o R61.

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Questo ultimo passaggio rappresenta un importantepunto di collegamento operativo tra gli Enti depu-tati al controllo; mette infatti a conoscenza lo SPI-SAL del rischio residuale di esposizione a sostanzepotenzialmente nocive da parte dei lavoratori. LoSPISAL potrà quindi confermare la non convoglia-bilità delle emissioni e, in caso di non irrilevanzadel rischio, dotare i lavoratori della protezione in-dividuale nonché agire, se del caso, sul fronte del-l’organizzazione del lavoro.Si tratta comunque per quest’ultimo di entrare ingioco a procedimento concluso e quindi con scarsobeneficio ai fini preventivi; gli autori ritengonoquindi opportuno che il coinvolgimento dello SPI-SAL avvenga prima della formulazione dell’autoriz-zazione così da fornire prescrizioni coerenti per en-trambi gli indirizzi di tutela (Figura 1). Ciò consen-tirebbe anche di valutare a monte l’impatto nel-l’ambito lavorativo delle reimmissioni derivanti daespulsione parziale degli inquinanti all’esterno (ve-di il paragrafo seguente).Come descritto nel paragrafo precedente, la valuta-zione della convogliabilità, che rende effettivol’obbligo di captare le emissioni diffuse, avviene so-lo all’interno di procedimenti autorizzativi che va-lutano le caratteristiche delle emissioni come l’au-torizzazione ordinaria (art. 269) e l’AutorizzazioneIntegrata Ambientale; detta valutazione non vieneespletata per le emissioni di attività scarsamente ri-levanti, non soggette ad autorizzazione, e per emis-sioni autorizzate con autorizzazione generale essen-do in entrambi i casi assente la procedura valuta-zione delle caratteristiche delle emissioni.Al fine di una maggiore tutela ambientale e del la-voratore, è necessario sottolineare che i procedi-menti autorizzativi in deroga secondo l’art. 272,comma 1 (stabilimenti con emissioni scarsamenterilevanti) e comma 2 (stabilimenti soggetti adautorizzazione di carattere generale) non sono ap-plicabili nei casi:• di emissione di sostanze cancerogene, tossicheper la riproduzione o mutagene o di sostanze di tos-sicità e cumulabilità particolarmente elevate, comeindividuate dalla Parte II dell’Allegato I alla ParteV del presente decreto (art. 272, comma 4, lett. a);

• in cui nell’impianto o nell’attività, sono utilizza-te le sostanze o i preparati classificati dal D.Lgs. 3febbraio 1997, n. 52, come cancerogeni, mutagenio tossici per la riproduzione, a causa del loro tenoredi COV, e ai quali sono state assegnate etichettecon le frasi di rischio R45, R46, R49, R60, R 61(art. 272, comma 4, lett. b).Secondo quanto indicato nell’art. 272, comma 4bis, con apposito decreto sarà integrato l’AllegatoIV, Parte II, alla Parte V, che riporta l’elenco delleattività soggette ad autorizzazione generale “conl’indicazione dei casi in cui, in deroga al commaprecedente, l’autorità competente può permettere,nell’autorizzazione generale, l’utilizzo di sostanzeinquinanti classificate con frasi di rischio R45,R46, R49, R60, R61, R68, in considerazione degliscarsi quantitativi d’impiego o delle ridotte percen-tuali di presenza nelle materie prime o nelle emis-sioni.

Emissioni fuggitive: metodidi contenimento e misura

I metodi seguenti possono essere utilizzati per lamisura/rilevamento delle emissioni fuggitive, masono stati ideati in particolare per eseguire il pro-gramma Leak Detection And Repair LDAR di rileva-mento e riparazione di perdite. LDAR non è unmetodo di monitoraggio, bensì è un programma digestione per determinare e ridurre le emissioni fug-gitive di VOC, attraverso l’identificazione deicomponenti dell’impianto che hanno perdite signi-ficative di fluido (prevalentemente dalle tenute) ela loro riparazione, al fine di minimizzare l’emissio-ne fuggitiva complessiva dell’impianto. I program-mi LDAR sono menzionati in alcuni BREF (22).La norma tecnica UNI EN 15446:2008 (23) per-mette la stima delle fuggitive di Composti OrganiciVolatili (COV) (24) provenienti da attrezzature diprocesso (25) e contenute in concentrazione alme-no il 20% in peso.La misura è eseguita con strumenti portatili nonselettivi funzionanti secondo i seguenti principi:ossidazione catalitica, ionizzazione di fiamma, as-sorbimento infrarossi, e fotoionizzazione, ecc. Il

(22)Common Waste Water and Waste Gas Treatment/Mana-gement Systems in the Chemical Sector (CWW 2011) e MineralOil and Gas Refineries (REF 2013).

(23) UNI EN 15446:2008 Emissioni da fughe e diffuse relati-ve ai settori industriali. Misurazione delle emissioni da fughe dicomposti gassosi provenienti da perdite da attrezzature e tu-bazioni.

(24) La metodica rileva Composti Organici Volatili (COV)con una pressione di vapore superiore a 0,3 kPa a 20°C, men-

tre il D.Lgs. n. 152/2006, all’art. 268, comma 1, lett. ll), defini-sce Composto Organico Volatile (Cov): qualsiasi composto or-ganico che abbia a 293,15 K una pressione di vapore di 0,01kPa o superiore, oppure che abbia una volatilità corrisponden-te in condizioni particolari di uso.

(25) La metodica definisce attrezzature di processo: valvole,flange e altre connessioni, limitatori di pressione, sistemi didrenaggio, valvole di carico, guarnizioni e sistemi di tenuta dipompe e compressori, agitatori e passi-d’uomo.

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metodo indica di misurare la concentrazione di va-pore di VOC in prossimità delle singole parti delleapparecchiature potenziali sorgenti di emissionifuggitive con uno strumento portatile. Dalla con-centrazione è possibile calcolare il flusso di massadella singola emissione fuggitiva attraverso correla-zioni.In merito alla scelta dei punti di misura, il metodonon stabilisce quali e quanti devono essere; per fa-cilitare l’individuazione delle perdite suggerisce diutilizzare metodi ottici (Optical Gas Imaging me-thod, OGI method). Inoltre non fornisce indicazioniin merito a come eseguire la quantificazione totaledelle emissioni fuggitive di un impianto.Un’analoga norma tecnica di misura è la statuni-tense EPA-453:1995 Protocol for equipment leackemission estimates (26) che ha l’obbiettivo di stima-re il flusso di massa in emissione da singole perditedi apparecchiature in un unità di processo chimicoper realizzare un inventario di emissioni fuggitivedi TOC o VOC da attrezzature. Il metodo prevedecinque diversi approcci di diversa raffinatezza (27)per correlare la concentrazione di screening misu-rata al flusso di massa della singola emissione fuggi-tiva.Anche questa norma prevede l’esecuzione delle mi-sure di concentrazione di COV in aria con stru-menti portatili come normato dal EPA Method 21- Determination of volat i le organic compoundleaks (28).Interessante è la misura diretta del flusso di massaottenuta racchiudendo la parte in esame dell’im-pianto in un sacchetto, cioè isolandola dall’ariaambiente per raccogliere le SOV che sono rilascia-te nella perdita attraverso un materiale ad esse im-permeabile. Una portata nota di gas di trasporto,esente da SOV, è introdotta attraverso il sacchettoed il gas in uscita dalla sacca è analizzato per deter-minare la concentrazione in SOV. Il sacchetto de-ve essere mantenuto il più piccolo possibile. Il flus-so di massa è calcolato sulla base della concentra-zione misurata e la portata del gas di trasporto at-traverso il sacchetto.Il metodo di misura tedesco VDI 4285 (29) detta-glia invece dettaglia invece specificatamente la so-

la misura delle emissioni diffuse; essa prevede lastima delle emissioni diffuse sia con metodi diretti(attraverso misure alla sorgente e la stima dellaportata) che con metodi indiretti, attraverso misu-re delle emissioni ad una certa distanza dalla sor-gente diffusa tenendo conto dei parametri meteo-rologici; i metodi sono applicati sia a stabilimentiindustriali che ad allevamenti e a siti agricoli.

Emissioni diffuse: metodi di misuracon dispositivi a lungo cammino ottico

Una famiglia di tecniche utilizzabili per la misuradelle emissioni diffuse provenienti da uno stabili-mento produttivo è il monitoraggio con dispositivia lungo cammino ottico: esse consistono nella ri-cerca e quantificazione delle concentrazioni deicomposti emessi nel tratto di atmosfera sovrastanteil sito produttivo utilizzando radiazioni elettroma-gnetiche (ultravioletti, visibili o infrarossi) di fre-quenza tale da interagire (per assorbimento e/o dif-fusione) con gli inquinanti. Anche in questo caso,le concentrazioni misurate devono essere correlatecon una portata o un volume di diffusione per per-mettere una stima dell’emissione diffusa complessi-va dell’impianto.Questi metodi sono utilizzati come tecnica di misu-ra alternativa, nei casi in cui non è possibile ese-guire misure di concentrazione nelle vicinanze del-la sorgente (per impianti o parti non facilmenteraggiungibili da operatori e apparecchiatura) o peremissioni provenienti da fonti areali molto estese(ad es. impianti di trattamento delle acque reflue).Esempi di tecniche operative esistenti:• DOAS (Differential Optical Absorption Spec-trometry): l’energia associata ad un fascio continuodi luce è parzialmente assorbita dagli inquinantifrapposti al suo cammino ottico e la radiazioneemergente, ridotta in intensità, è misurata da un ri-levatore posto oltre la zona di rilevazione. Dal no-vembre 2013 è presente il metodo UNI EN16253:201 (30) che descrive il funzionamento deisistemi di misurazione DOAS e le applicazioni nel-la determinazione dei costituenti gassosi (per es.NO2, SO2, O3, BTX, Hg);

(26) EPA-453:1995 Protocol for equipment leack emissionestimates, EPA-453/R-95-017, Novembre 1995.

(27) In ordine crescente di raffinatezza, sono: AverageEmission Factor Approach, Screening Ranges Approach, EPACorrelation Approach, Unit-Specific Correlation Approach.

(28) EPA Reference Method 2121 Determination of volatileorganic compound leaks, 1990.

(29) VDI 4285 Determination of diffusive emissions by mea-surement; la norma è costituita dalle seguenti parti:

- Part 1:2005 Basic concepts,- Part 2:2011 Industrial halls and livestock farming,- Part 3:2013 Quantification of diffusive emissions of particu-

late matter from industrial plants including agricultural sources.(30) UNI EN 16253:2013 Qualità dell’aria - Misurazioni at-

mosferiche in prossimità del suolo tramite spettroscopia otticaad assorbimento diferenziale (DOAS) - Misurazioni in aria am-biente e da emissioni diffuse; questo metodo è entrato in vigo-re il 7 novembre 2013.

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870 Ambiente & sviluppo 12/2014

• DIAL (Infrared Differential Absorption LI-DAR): un impulso di luce (ad es., circa uno al mi-crosecondo), con una lunghezza d’onda ben defini-ta è diffuso e assorbito dalle molecole e dalle parti-celle di polvere. L’analisi del tempo di eco osserva-to con un dispositivo ottico permette di misurarela concentrazione di inquinanti e la posizione nel-l’atmosfera. L’ulteriore applicazione di tecniche dimodellazione, permette di stimare un’indicazionedi massima della zona di emissione;• SOF (Solar Occultation Flux): il metodo si av-vale dell’assorbimento molecolare delle radiazioninell’atmosfera utilizzando il sole come sorgente:una larga banda IR o UV/Visibile dello spettro so-lare è registrata lungo un itinerario geografico, suquesta è eseguita un’analisi spettrometrica con tra-sformata di Fourier e informazioni sulla velocità delvento sono utilizzate per determinare la quantità diemissione in termini di flusso di massa.Altri metodi utilizzabili per la misura delle emissionidiffuse complessive di un impianto sono il monito-raggio delle deposizioni umide e secche provenientisottovento dell’impianto ed il biomonitoraggio; que-st’ultimo è utilizzabile nel caso di composti stabiliche possono accumularsi in organismi viventi (es.:metalli pesanti, diossine), a condizione che la sor-gente di emissione possa essere distinta inequivoca-bilmente dalla concentrazione di fondo ambientale.

Emissioni diffuse: metodi di calcolo,emissioni diffuse di COV

Un metodo di calcolo delle emissioni gassose è in-dicato nel Testo Unico Ambientale.Il TUA regola le emissioni diffuse di COV di azien-de soggette all’art. 275 del D.Lgs. n. 152/2006 pre-scrivendo limiti per le emissioni di Composti Orga-nici Volatili COVprodotte da attività che per tipo-logia e dimensione (sono previste soglie di consumodi solventi (31)) ricadono nell’elenco riportato nellaParte II, dell’Allegato III, alla Parte V.Il controllo della conformità ai limiti avviene at-traverso la valutazione del Piano di Gestione deiSolventi PGS che è elaborato dal gestore e fornitoall’autorità competente, con la periodicità previstanell’autorizzazione, comunque almeno una volta al-

l’anno, e contiene tutti i dati che consentono diverificare la conformità dell’impianto.L’emissione diffusa dello stabilimento/impianto (siveda la Rappresentazione delle emissioni COV daimpianto industriale in Figura 2) può essere deter-minata mediante:• misurazioni dirette: mediante una serie completadi misurazioni;• bilancio di massa: ad esempio utilizzando l’effi-cienza di captazione del processo.Secondo quanto indicato dalla Parte V, dell’Alle-gato III, l’emissione diffusa può essere calcolata se-condo i due seguenti metodi che si diversificanoper i dati utilizzati; per la scelta del metodo, occor-re tener conto che questi dati possono essere a di-sposizione con precisione non paragonabile tra loro(Figura 2). Tutti i dati del bilancio di massa sonoriferiti allo stesso arco temporale di riferimento so-litamente 1 anno.

METODO 1

F = I1 - O1 - O5 - O6 - O7 - O8

in cui:• tutti i dati del bilancio di massa sono riferiti allostesso arco temporale di riferimento solitamente 1anno;• I1: solventi organici presenti nelle materie primeimmesse nel ciclo produttivo nell’arco temporaledi riferimento, dato disponibile con buona preci-sione attraverso la fatturazione, i dati di produzionee la giacenza di magazzino;• O1: flussi di massa di solventi rilevati in tutte leemissioni convogliate in atmosfera, dato ottenutodal prodotto dei flussi di massa (ricavati da misuredi concentrazione di COV e di portata ai singolicamini) per il tempo di funzionamento degli im-pianti nel periodo di riferimento; questo valorepuò essere a disposizione con precisione più o me-no elevata in relazione al numero di autocontrolliannui eseguiti dal gestore (32) e di controlli esegui-ti dall’ente preposto (ARPA territorialmente com-petenti) e alla variabilità dei dati ottenuti (33).Nel caso di impianti di particolare dimensione e ri-lievo ambientale, la sorveglianza delle emissionipuò essere eseguita con Sistemi di Misura in Conti-

(31) Definiti all’art. 268, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006, lett.mm) solvente organico: qualsiasi COV usato da solo o in com-binazione con altri agenti al fine di dissolvere materie prime,prodotti o rifiuti, senza subire trasformazioni chimiche, o usatocome agente di pulizia per dissolvere contaminanti oppure co-me dissolvente, mezzo di dispersione, correttore di viscosità,correttore di tensione superficiale, plastificante o conservante.

(32) In caso di misure discontinue manuali, l’atto autorizza-tivo prescrive al gestore di eseguire un numero di autocontrolliminimo variabile da 1 a 4 ogni anno.

(33) La variabilità dei dati ottenuti è dovuta alla presenza difasi diverse con diverse emissioni e alla variabilità delle emis-sioni delle singole fasi.

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Ambiente & sviluppo 12/2014 871

nuo delle Emissioni SMCE; tali sistemi fornisconocon elevata precisione dati in continuo di concen-trazione e portata per l’intero periodo di funziona-mento dell’impianto;• O5: solventi distrutti o abbattuti dai sistemi diabbattimento (persi a causa di reazioni chimiche ofisiche (incenerimento, adsorbimento o altri tratta-menti degli effluenti gassosi o delle acque reflue),non considerati ai punti O6, O7 o O8, ossia nei ri-fiuti originati dai sistemi di abbattimento (es.: acqueprovenienti da scrubber o carboni attivi eliminaticome rifiuti). Questo valore può essere ricavato da:- misure monte-valle: differenza tra i precedentidati alle emissioni convogliate (imprecisione datadalla correlazione tra numero di misure e variazioniprocesso e presenza di fasi emissive diverse);- calcolo a ritroso dai dati progettuali teorici dipercentuale di abbattimento utilizzando le misuredi emissione convogliate;- efficienza di captazione.• O6: solventi contenuti nei rifiuti, calcolati dalprodotto della concentrazione rilevate nelle analisidi ogni tipologia dello stessa per la quantità pro-dotta;• O7: solventi contenuti nei prodotti (avente i re-quisiti richiesti per il relativo commercio), calcola-ti dal prodotto della concentrazione misurata perla quantità;• O8: solventi organici contenuti nelle miscele re-cuperate per il riuso, ma non per il riutilizzo nel pro-cesso, se non sono stati considerati nel punto O7.

METODO 2

F = O2 + O3 + O4 + O9

in cui:• O2: solventi organici presenti negli scarichi idri-ci (esclusi quelli eliminati per trattamento acquereflue prima dello scarico, valori invece da inserirealla voce O5). La stima è effettuata con verifichemonte-valle o con dati progettuali;• O3: solventi organici presenti come contami-nanti o residui nei prodotti all’uscita del processo;• O4: flussi di massa delle emissioni diffuse di sol-venti organici all’esterno dell’edificio dovuta ai ri-cambi di aria (finestre, porte, torrini, …) non con-

vogliata da impianti di aspirazione localizzati edemessa nelle emissione convogliate (come trattatonei paragrafo seguente);• O9: solventi scaricati in altro modo.Teoricamente i due metodi di calcolo dovrebberoportare allo stesso risultato, ma nella pratica po-trebbe non essere così a causa della diversa preci-sione dei dati utilizzati.

Emissioni diffuse: metodi di calcolo,emissioni diffuse di polveri/nebbie oleose

Nella DDUO 12772/2011 della Regione Lombar-dia (34), che regolamenta l’autorizzazione generaledelle “Lavorazioni meccaniche dei metalli conconsumo complessivo di olio (come tale o comefrazione oleosa delle emulsioni) uguale o superiorea 500 kg/anno,” (35) è riportato un metodo di cal-colo del flusso di massa complessivo di emissionidiffuse derivante dall’attività.Detto calcolo è applicato alle emissioni diffuse dipolveri/nebbie oleose evacuate in atmosfera tramitericambi d’aria (come ad es. finestrature di colmo oin parete dei locali, torrini di evacuazione, ecc.) fun-zionali al rispetto delle norme di igiene del lavoro.Per ogni edificio produttivo, è necessario calcolareF il flusso di massa (g/h) delle emissioni diffuse at-traverso un software fornito dalla Regione stessa(gratuitamente sul sito) o come prodotto tra:• concentrazione di polveri/nebbie oleose C(g/m3) rappresentativa dello specifico ambiente dilavoro ricavato utilizzando i dati più recenti e si-gnificativi derivanti dalle indagini di igiene del la-voro svolte dall’azienda;• portata Q (m3/h) che genera l’emissione diffusa:è necessario scegliere il valore maggiore tra:- la ventilazione forzata: il valore maggiore tra por-tata di estrazione (portata di targa dei torrini oventilatori di estrazione) o la portata in mandata;- la ventilazione naturale (= 2160 m/h * 50% dellasezione apribile delle finestre di evacuazione).La norma prescrive che il flusso di massa F così cal-colato deve essere confrontato con il prodotto:• Ft max (g/h) Massimo flusso di massa teorico acamino: dato da 20*N con N Numero di macchineinstallate nell’edificio, ossia ogni macchina puòemettere 20g/h in ambiente;

(34) DDUO Regione Lombardia 23 dicembre 2011, n.12772, Approvazione dell’Allegato tecnico relativo all’autoriz-zazione in via generale ex art. 272, comma 2, del D.Lgs. n.152/2006, per l’attività in deroga di lavorazioni meccaniche ingenere e/o pulizia meccanica/asportazione di materiale effet-tuate su metalli e/o leghe metalliche - Sostituzione dell’Allega-to n. 32 del D.D.S. n. 532, del 26 gennaio 2009”.

(35) L’attività “Lavorazioni meccaniche dei metalli, conesclusione di attività di verniciatura e trattamento superficialee smerigliature con consumo complessivo di olio (come tale ocome frazione oleosa delle emulsioni) inferiore a 500 kg/anno”è classificata alla lett. a) all’Allegato IV, Parte II del D.Lgs. n.152/2006 come soggetta all’autorizzazione generale.

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• K è una costante che riduce il Massimo flusso dimassa teorico a camino (36).Se il flusso di massa F non è inferiore a quest’ulti-mo valore limite, è necessaria una modifica al pro-cesso produttivo al fine di rientrare nella condizio-ne di sicurezza.I sistemi di calcolo che sono stati descritti risultanodi grande utilità non solo per il fine che si propon-gono, e cioè quello della limitazione delle emissio-ni diffuse per la tutela dell’ambiente, ma anche perla sinergia legata alla correlazione che esiste conl’esposizione dei lavoratori.Infatti il contenuto della Figura 2, visto sotto l’an-golatura della tutela della salute dei lavoratori, fachiaramente emergere situazioni che spesso non

vengono prese in considerazione nei documenti divalutazione del rischio chimico, quali ad esempiola presenza di sostanze pericolose nei rifiuti, negliscarichi idrici o nel prodotto finito. In tutte quellesituazioni cioè in cui la manipolazione degli agentichimici avviene per periodi brevi (e per questospesso trascurati) ma che possono comportare ele-vate concentrazioni di esposizione.Al tempo stesso si è visto come la caratterizzazionedella concentrazione puntuale all’interno del localedi lavoro o, in maniera più semplificata, quella deilavoratori diventa elemento base per caratterizzarel’emissione diffusa quando si fa uso del sistema dicalcolo indicato nel bilancio di massa.

Figura 1 - Diagramma di flusso della valutazione della convogliabilità di una proposta emissione diffusaall’interno del procedimento autorizzativo ordinario

(36) K costante da calcolarsi nel seguente modo:y = 0,28 / N0,5 Se y > 0,03, allora k = y e se y ≤ 0,03, allora

k = 0,03 con

N = numero di macchine per lavorazioni meccaniche instal-late.

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Figura 2 - Rappresentazione delle emissioni COV da impianto industriale (37)

(37) Ing. Stefania Turrisi Consumi, emissioni in atmosfera egestione di Composti Organici Volatili - la Direttiva Solventi,2006.

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