Ernesto Ferrero: cultura in marcia

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  • 7/31/2019 Ernesto Ferrero: cultura in marcia

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    Ernesto Ferrero:cultura in marcia

    Intervista a cura di:

    Alessandro Bartoli

    Agosto 2012

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    Sommario

    Abbiamo intervistato Ernesto Ferrero, raffinato

    intellettuale, scrittore ed editore, gi collaboratore di GiulioEinaudi, attualmente presidente del Salone internazionaledel libro di Torino, probabilmente la pi importantemanifestazione culturale a cadenza annuale in Italia. Loabbiamo interrogato, tra laltro, sul futuro della cultura edei libri nellItalia contemporanea.

    Copertina: Ernesto Ferrero alla Festa dellInquietudine 2012Foto di: photo-adicorbetta-38-401x294.jpg

    Tag: alessandro bartoli,cultura,ernesto ferrero, festainquietudine,

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    Ernesto Ferrero (Torino,1938) inizia a lavorare nelleditorianel 1963, quando diventa il responsabile dellufficio stampadella Casa Editrice Einaudi.

    Gli anni 60 e 70 coincidono con il momento di massimosplendore della casa torinese, quando nel famoso consigliodel mercoled siedono personaggi come Elio Vittorini e ItaloCalvino, Natalia Ginzburg, Norberto Bobbio e Massimo Mila,lo storico Franco Venturi, Giulio Bollati.

    Alla fine degli anni 70 diventa direttore letterario dellaEinaudi; negli anni 84-89 come direttore editoriale dar uncontributo decisivo al superamento della crisi economico-finanziaria del 1983, e al pieno rilancio della casa.

    Altre esperienze di lavoro lo vedranno segretario generaledella Boringhieri, direttore editoriale in Garzanti e direttoreletterario presso Mondadori.

    Nel 1998 chiamato a dirigere il Salone Internazionale del

    libro di Torino.Come scrittore ha pubblicato, tra laltro, I gerghi della maladal 400 a oggi (Mondadori, Premio Viareggio Opera prima),Carlo Emilio Gadda (Mursia), Album Calvino (Mondadori),Primo Levi (Einaudi), Barbabl (Mondadori), Cervo Bianco(Mondadori), N. (Einaudi, Premio Strega), Lezioninapoleoniche, (Mondadori), Elisa (Sellerio), I migliori anni

    della nostra vita (Feltrinelli), La misteriosa storia del papirodi Artemidoro (Einaudi), Disegnare il vento. Lultimo viaggiodel capitano Salgari (Einaudi), LOttavo Nano (Einaudi), Il

    giovane Napoleone (Gallucci).

    Collabora a La Stampa, ed presidente del CentroInternazionale di studi Primo Levi.

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    1) Quanto difficile continuare ad organizzare il SaloneInternazionale del Libro di Torino in unmomento di crisieconomica come l'attuale?

    Il Salone organizzato da una Fondazione pubblica, a suavolta sorretta dal Comune e dalla Provincia di Torino, e dallaRegione Piemonte, con il fondamentale appoggio esternodella Compagnia di San Paolo e della Fondazione CRT. Ognianno i contributi decrescono, anche se dimostrato che ognieuro investito ne produce almeno cinque.

    Non vero, come sosteneva un improvvido ministrodell'Economia, che la cultura non d da mangiare. Lacultura, se gestita correttamente, produce sviluppo. Comese non bastasse, siamo penalizzati da un contratto moltosfavorevole con la propriet del Lingotto. Con tutto questo, ibuoni risultati, e specialmente quello di quest'anno,particolarmente significativo in un momento cos difficile,stimolano la nostra inventiva, e ci danno una maggiore forzacontrattuale.

    Per fortuna possiamo contare sulla collaborazione deglieditori e degli autori, che sentono il Salone come una cosaloro, e di tanti amici generosi e sensibili, come ad esempioAntonio Ricci, che ogni anno ci dedica uno mega-spot,perch un lettore forte e queste cose le capisce. Nessunodei nostri ospiti percepisce un gettone. Sono ancora in molti

    a credere nel libro e nei valori di cui portatore.

    2) Secondo Lei corretto l'assioma lanciato sulle pagineculturali del Sole 24 Ore Niente cultura, nientesviluppo: la cultura pu avere la forza di aiutare unpaese a risollevarsi da un momento di crisi economica?

    Ho aderito con convinzione al manifesto del Sole. Possiamo

    ripartire solo mettendo al centro dello sviluppo un progetto

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    organico che non riguardi questo o quel ministero, ma siatrasversale, investendo famiglia, scuola, universit,formazione, ricerca scientifica, conservazione e

    valorizzazione dei beni artistici, e perch no, turismo etempo libero. Certo, ci vorranno anni e decenni, mal'alternativa una rapida implosione.

    Non ci possiamo pi permettere questo precariato criminale,o il fatto che tanti talenti siano costretti ad andareall'estero. Siamo seduti su un mare di petrolio e non losappiamo sfruttare, non sappiamo trasformarlo in un valoredi crescita per tutti, a cominciare da bambini e ragazzi.

    La cecit (e l'incultura) delle classi dirigenti del dopoguerra,nessuno escluso, drammatica. Adesso bisognerebbepassare dagli appelli alla concretezza fattiva. E' una prioritassoluta. Ci sono in giro tanti uomini di buona volont chenon sanno dove incanalare la loro voglia di fare, la lorodisponibilit disinteressata. Dovremo darci nuove forme diassociazione e di gestione, anche perch l'affondamento deipartiti sar rapido, come la fase finale di ogni naufragio.

    3) Industria e cultura nel nostro paese hanno trovato unmomento di felice sintesi negli anni cinquanta e sessanta: ancora possibile ricreare questo binomio virtuoso?

    Personaggi come Adriano Olivetti o Raffaele Mattioli nonesistono pi. Con l'eccezione degli industriali veneti che

    promuovono il Campiello, o di Della Valle che restaura ilColosseo, di imprenditori illuminati se ne vedono pochi.

    Si rendessero almeno conto che la crisi anzitutto una crisiculturale, ed etica. Converrebbe anche a loro.

    4) In questi ultimi anni il rinnovamento di Torino passato anche attraverso grandi iniziative culturali:quanto sono state determinanti per il rilancio della citt

    dopo la crisi degli anni '80-'90?

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    volevano cambiare il mondo con i buoni libri. Da LeoneGinzburg a Pavese, da Bobbio e Mila a Vittorini, Calvino,Bollati, e tanti altri, li ricordo con ammirazione per quello

    che sono: dei giganti. In testa a tutti metto Luigi Einaudi,perch Giulio un suo prolungamento.

    7) Quale resta l'insegnamento di un editore come GiulioEinaudi?

    Appena sono entrato in casa editrice nel 1963, Giulio Bollatimi ha spiegato che Einaudi era un capitalista di tipospeciale: non voleva accumulare profitti, ma prestigio. E il

    prestigio te lo procuri sparando il pi alto possibile, mirandoalla qualit assoluta, al rigore delle scelte, alla capacit diguardare al futuro, di scommettere su quello che gli altrinon sono ancora in grado di vedere. Un genio assoluto.

    8) Secondo lei per quale ragione gli autori italiani sonopoco pubblicati all'estero?

    Anzitutto perch l'italiano una lingua minoritaria, anche se

    molto studiata. Poi perch, per una serie molto complessa diragioni storiche, troppi scrittori italiani sono pi letteratiche narratori. Adesso per corriamo il pericolo opposto: siscrivono prevalentemente romanzi di genere, il giallo, ilnoir, l'hard boiled, in un italiano piatto e banale solo perfarsi tradurre pi facilmente sul mercato anglo-americano.Della qualit della scrittura non si occupa pi nemmeno la

    critica. Ma la scrittura non un di pi, un abbellimentoposticcio. E' tutto. E' lo specchio di quello che siamo, il pipotente dei microscopi o dei telescopi. Guai adaccontentarsi di guardare le cose a occhio nudo. La buonascrittura quella che mette in moto la nostraimmaginazione, non quella che ci assicura una tranquilladigestione.

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