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Etiopia: Stato d’emergenza
Corno d’Africa, fughe postcoloniali
Aree di crisi, movimenti di persone, forme di protezione: la parola ai testimoni
Enrica Mattavelli, Ciac onlus
Repubblica Democratica Federale Etiopeየኢትዮጵያ ፌዴራላዊ ዲሞክራሲያዊ ሪፐብሊክ
DIVISIONE FEDERALE:
9 Stati regionali su
base etnica
2 città-stato ad
amministrazione
Federale
Popolazione: 86.7
milioni
80 gruppi etnici-
linguistici
Oromo: 34 milioni
Amhara: 23 milioni
Contesto storico
Impero etiopico (1270-1975)- «dinastia salomonide» che controllava un territorioche comprendeva le regioni di Tigrè, Amhara e Shewa. Altri regni, sultunati e poterilocali progressivamente annessi con la fondazione del Regno di Shewa, ad opera
di Menelik II nel 1889: (territori degli Oromo, il Tigrè e l'Ahmarà)
(1936-1941): occupazione italiana
1975: instaurazione del DERG (regime militare di ispirazione marxista)
1991: Governo di transizione guida EPRDF (Ethiopian People’s RevolutionaryDemocratic Front) che riunisce gruppi rivoluzionari anti-DERG(Amara NationalDemocratic Movement (ANDM), Oromo People’s Democratic Organization(OPDO), Southern Ethiopian People’s Democratic Front (SEPDF).
1995: Proclamata Repubblica Federale Democratica d’Etiopia (guidata da EPRDF)
«Federalismo Etnico»: costruzione di uno stato decentralizzato su base etnica:risposta alla richiesta di autonomie regionali. Si imdividuano specifiche «identità»etno-linguistiche(circa 80 gruppi) attorno alle quali sono stati definiti e disegnati iconfini regionali. Gli stati regionali hanno autonomia nelle politiche educative,
gestione delle risorse finanziare, etc.
Etiopia oggi: una crescita problematica
Tra i migliori Stati Africani per tasso crescita del PIL (media 10% dal 2004)
Tra i principali beneficiari di aiuti finanziari donatori occidentali
Posizione strategica per investimenti esteri (Cinesi, Sauditi, Europei)
In prima linea nelle principali situazioni di conflitto nel Corno d'Africa
(Somalia o il Sud Sudan)
Siccità endemica in alcune aree del Paese, nel 2016 la più grave da 30
anni (1,2 milioni di persone colpite, oltre10 milioni necessitano di aiuti
umanitari per sopravvivere alla siccità nel 2016 (dati OMS)
Alta e diffusa insicurezza alimentare
80% PIL deriva da attività agricola
Il legame con l’Italia: storico, geopolitico...
Partner politico prioritario dell’Italia e dell’Unione
Europea in Africa sub-sahariana (stabilità della
regione e sicurezza internazionale)
Collaborazione «post-coloniale»: A partire dalla
restituzione della Stele di Axum (aprile 2005), l’Italia
intende risarcire i debiti coloniali, si apre nuovo
capitolo nei rapporti fra i due Paesi.
Frequenti visite bilaterali:
Presidente della Repubblica Mattarella a marzo
2016 Presidente del Consiglio Matteo Renzi a luglio
2015 Ministro degli Esteri Paolo Gentiloni a gennaio
2016 Ministro degli Esteri etiopico Tedros Adhanom
a Milano a settembre 2015
...ma soprattutto ECONOMICO
«Al di là delle ragioni storiche e geopolitiche che giustificano intensi rapporti bilaterali, vi sono oggi
concreti interessi economici per l'Italia in Etiopia. Il sostenuto trend positivo fatto registrare dal Paesenell’ultimo decennio (oltre 10% di crescita media del PIL dal 2004), l'apertura agli investitori
internazionali, il basso costo del lavoro, le dimensioni ragguardevoli del mercato (quasi 90 milioni di
persone), la disponibilità di fonti energetiche nazionali (idroelettriche), i collegamenti aerei diretti con
l'Italia e, non da ultimo, la presenza di una comunità italiana limitata ma ben inserita, rappresentano ipunti di forza su cui costruire rapporti economico-commerciali piu' dinamici»
(Rapporto Mercati esteri_Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, 2016)
Interscambio commerciale: 365 milioni di euro nel 2015 (di cui 307 milioni di nostro export).
L’Italia: 9° cliente e 5° fornitore a livello mondiale; il 2° partner commerciale, 1° fornitore e
3° cliente a livello europeo.
export: macchinari e apparecchiature, industriali. Seguono autoveicoli, rimorchi e
semirimorchi.
Importazioni: 2/3 nel settore agricolo (caffè, semi oleaginosi e altri prodotti di colturepermanenti) 1/3 terzo nelle produzioni conciarie e tessili.
ONG Survival e Human Rights Watch: la diga Gibe III, costruita da Salini, metterebbe
in pericolo le vite di almeno 400mila persone insediati lungo il fiume Omo, in un tratto
di centinaia di chilometri a valle dell’invaso, fino al bacino del lago Turkana.
• Impatto ambientale sull’ecosistema (distruzione mezzi di sussistenza
pop.autoctone)
• Impatto sociale popolazioni Omo: trasferimenti forzati di popolazione, produzione
sfollati.
Grandi opere:
La Diga Gibe III sul fiume
Omo è il più grande
impianto idroelettrico
dell’Africa.
Costruita da una ditta
italiana Salini-Impregilo
Sostegno allo «sviluppo»?
Etiopia: Paese sicuro?
Generalmente considerato Stato sicuro e dalle istituzioni stabili (nonostante
confini militarizzati, tensioni interne, movimenti indip., etc)
Storico ruolo di spicco e guida nell’Unione Africana
L’Etiopia è il paese africano che ospita il maggior numero di rifugiati, con
più di 734.000 rifugiati registrati, per lo più provenienti da Sud Sudan, Somalia ed Eritrea. (UNHCR, 2016)
Assume ruolo cruciale nel controllo dei flussi migratori illegali attraverso il
Corno d’Africa.
Mattarella nel campo profughi Teirkidi, a Kule (Eth)
Processo di Khartum
Accordo generale siglato il 28 novembre 2015 dove tra i rappresentanti degli Stati
membri dell’Unione Europea, dei paesi del Corno d’Africa (Eritrea, Somalia, Etiopia e
Gibuti) e di alcuni paesi di transito (Sud Sudan, Sudan, Tunisia, Kenya ed Egitto).
Obiettivi:
Combattere il traffico di esseri umani, intervenire sui fattori scatenanti dell’emigrazione,
garantire dei percorsi più strutturati per chi emigra, assicurando tutela per le fasce più
vulnerabili e i richiedenti asilo.
Modalità dichiarate:
Scambio d’informazioni con assistenza tecnica.
Promozione dello sviluppo sostenibile nei paesi d’origine e di transito
Sviliuppo strategie comuni di lotta alle reti criminali che gestiscono il traffico di migranti,
Regolare (e ove possibile prevenire) i flussi migratori irregolari, creando centri d’accoglienza
che forniscano l’accesso al diritto d’asilo.
Esternalizzazione de controllo alle frontiere: collaborazione con i paesi di transito e di origineper il controllo delle frontiere Europee e arresto flussi irregolari
Partenariato UE-Africa in materia di migrazione
Accordi bilaterali con Stati Africani riassumibili nella formula: finanziamenti in
cambio di controllo
profughi bloccati nel continente Africano, prima ancora di raggiungere la
sponda del Mediterraneo.
Paesi coinvolti: Etiopia, Libia, Mali, Niger, Nigeria, Senegal e Tunisia.
Domande di fondo:
Come si ha intenzione di regolare l’afflusso di migranti “forzati”, dichiarando di
garantirne i diritti umani, e contemporaneamente aprirsi a una collaborazione con i
loro Paesi d’origine?
Può uno Stato «fragile» essere considerato uno Stato sicuro?
Stato Fragile
L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo economico (OCSE) fornisce la seguentedefinizione di Stato fragile: «Uno Stato è fragile quando non intende o non è in grado diassumere le necessarie funzioni per la lotta contro la povertà, la promozione dello sviluppo,la sicurezza della popolazione e il rispetto dei diritti dell’uomo».
Alto tasso di povertà e corruzione
Assenza servizi fondamentali per cittadini
Dipendenza aiuti umanitari
Instabilità ai confini e scontri persistenti (Eritrea, Sudan,Somalia)
Conflitti interni e spinte indipendentistiche(Ogaden: ONLF)
Tensioni interne: «minoranze» tra cui gruppi etnici maggioritari non rappresentati, senza equo accesso risorse
Governo autoritario: Scarse libertà civili, sistematica repressione del dissenso, no partiti opposizione, controllo mezzi di informazione e censura.
Sistema giudiziario dipendente dal governo
Sistematiche violazioni dei diritti umani, metodi violenti polizia federale, polizie e milizie «speciali», torture, uccisioni, sparizioni.
Push factors: motivi di fuga dall’Etiopia
Instabilità e
conflitti persistenti
Siccità e
carestie
Scarsità o
diseguaglianze
nell’accesso a
risorse, cibo,
acqua
Land grabbing
(compagnie straniere)
Esproprio terre da parte
del governo
Trasferimenti forzati per
progetti sviluppo
Estrema povertà e
insicurezza
alimentare
Persecuzione
statale: su base
appartenenza
etnica e politica
Rigido
controllo
statale
Violenza di
genere/
domestica
Sfruttamento e
lavoro minorile
Violazioni diritti umani: Stato,
polizia
Storia di F. (Ogaden, Stato regionale Somalo)
La polizia paramilitare etiope, insieme alla polizia locale è venuta più volte ad interrogarmi in negozio. Volevano sapere se aiutassieconomicamente o sostenessi l’ONLF. Mi minacciavano con le armi per farmi parlare. Mi chiedevano di dire dove fosse mio fratello,membro del movimento e di consegnarlo a loro. A volte venivano armati, mi costringevano ad uscire e mi lasciavano per ore sotto il soledicendomi: Dicci dov’è tuo fratello. Mi colpivano con il calcio e la canna dei fucili. Io rispondevo sempre che non sapevo nulla di miofratello, ma la polizia non mi credeva e continuava a pretendere informazioni dicendomi che dovevo collaborare con loro control’ONLF. Finché una sera all’inizio di maggio 2015 la polizia paramilitare ha fatto irruzione a casa mia mentre stavo dormendo. Mi hannoincappucciato e mi hanno legato le mani dietro la schiena e mi hanno caricato su una macchina. Ero sdraiato, bendato e non potevovedere dove mi portavano.Durante il tragitto in macchina mi prendevano a calci. Sono stato portato nel carcere chiamato “Ogaden”,un carcere che si trova a Giggiga . Quando sono arrivato in carcere mi hanno tolto il cappuccio, è stato allora che gli altri prigionieri mihanno detto dove mi trovavo. La cella dove mi trovavo, insieme ad altri prigionieri, era molto piccola, chiusa. Non c’erano finestre. Sonostato in arresto circa 5 mesi, ma ho perso la cognizione del tempo a causa del buio continuo. Quasi ogni giorno le guardie venivano aprelevarmi per interrogarmi. Mi portavano in una stanza più piccola, sempre all’interno del carcere, per torturarmi. C’erano diverse celleutilizzate per torture ed interrogatori. Mi gettavano addosso dell’acqua fredda e mi immergevano la testa nell’acqua. Oppure mifacevano inginocchiare e mi picchiavano con bastoni e manganelli sulle gambe e sotto i piedi. A volte mi prendevano a calci.Volevano sapere dove fosse mio fratello, come gli spedissi i soldi e i nomi di altri collaboratori. Erano informazioni che non sapevo fornireperché non ne ero al corrente, perciò le torture continuavano.Non so dire quanto tempo durassero le torture, perché quasi sempre ildolore era tale che perdevo i sensi. Per la maggior parte del tempo non ero cosciente. Spesso mi coprivano il capo con un sacco diplastica, in modo che mi sentissi soffocare, poi all’ultimo momento me lo toglievano. Una volta mi hanno colpito al volto con il calcio diun fucile, i denti mi hanno tagliato il labbro, ho ancora la cicatrice. Per i primi cinque mesi di detenzione la mia famiglia non sapeva dovefossi, né che mi stessero torturando. Non avevo possibilità di mettermi in contatto con loro, non gli era stato detto in quale carcere mitrovassi. Quando sono uscito dal carcere ho scoperto di essere stato detenuto per circa 5 mesi: quando sono entrato era maggio, e sonouscito alla fine di ottobre. Un giorno mi hanno comunicato che sarei stato trasferito in un carcere federale, la Kaliti Prison, ad AddisAbaba. Il carcere di Kaliti è un carcere dove si trovano molti detenuti politici.
Storia di D. (Oromiya)
Mio marito, Mahamad Ali, era insegnante di biologia presso la scuola superiore (HighSchool) di Dire Dawa. Era membro del partito di opposizione Oromo National Congress(ONC). Organizzava gli scioperi e faceva propaganda distribuendo manifesti allapopolazione e affissione di slogan sui muri. Diverse volte la polizia è venuta a casa perintimare mio marito a cessare l’attività politica minacciandolo di gravi ripercussioni.Ungiorno la polizia è arrivata presso la nostra abitazione e ha arrestato mio marito. Lohanno ammanettato e lo hanno portato via. . Il giorno seguente la polizia è tornata acasa nostra dicendo che mio marito era scappato e chiedendomi dove si fossenascosto. L’unica cosa che so è che la polizia ha preso mio marito. Non so dove loabbiano portato quella sera, non so se l’hanno ucciso. Non trovando mio marito mihanno arrestata. Con percosse e schiaffi mi hanno portata presso la stazione di polizia diDire Dawa in stato di detenzione. Mi hanno messa in una cella buia, ogni ora venivano achiedermi dove fosse mio marito, ma io rispondevo di non saperlo, poiché loro loavevano preso. Sono rimasta nella stessa cella buia per dieci giorni, mi davano damangiare ogni due giorni. Dormivo sul pavimento. Sono stata percossa e violentata daipoliziotti. Mio zio, il fratello di mio padre, ha pagato 5.000 Birr (circa 500 euro) ad unaguardia per farmi scappare. Una notte, l’8/02/2009 verso le 4 circa quella guardia mi halasciato uscire e sono andata alla stazione dei treni. Qui ho trovato mio zio che mi haorganizzato il viaggio per Djibuti
Crisi 2016: si rompe il silenzio
Rio 2016, L’atleta Oromo Feyisa Lilesa incrocia i polsi per sostenere le proteste
in corso in Etiopia
Oromo: grande
«minoranza»
35 milioni di persone
Gruppo etnico
maggioritario
Proteste vs politiche di sviluppo federale e land grabbing
Proteste pacifiche iniziate nel novembre 2015 nella regione dell’Oromia quando la
popolazione (pastori, lavoratori agricoli e giovani studenti) chiede il ritiro del
progetto del nuovo piano regolatore della capitale Addis Abeba che prevedeva
una sua espansione in territorio Stato regionale Oromo (trasferimenti popolazione,
esproprio terre, etc.)
Dura repressione: La polizia spara sulla folla,
400 vittime di cui molti minori.
Arresti di massa: detenzioni e torture
Piano viene ritirato ma le proteste continuano
contro la violenta repressione.
2016 La protesta si amplia
Malcontento storico della popolazione Oromo: istanze di riconoscimento politico,
culturale ed economico inesprimibili a causa repressione e annientamento di tutti
partiti Oromo di opposizione.
La protesta si estende alla regione dell’Amhara, abitata dalla seconda etnia del
Paese (29% della popolazione) che denuncia l’annessione di tre distretti alla regione
del Tigray, da cui proviene l’élite al governo.
Nuove Istanze:
Accesso alla terra Vs Land grabbing: agricoltori locali perdono la propria terra a
favore di grosse aziende straniere o subiscono trasferimenti forzati per piani di
sviluppo governativi.
Vs supremazia negli affari economici della minoranza Tigray e politici di persone
legate al partito della coalizione di governo(EPRDF-TPLF).
Repressione continua e sistematica: centinaia di vittime e decine di migliaia di arresti,
desaparecidos.
Human Rights Watch “Such a Brutal Crackdown” Killings and Arrests in Response to Ethiopia’s Oromo Protests, giugno 2016
Ottobre 2016: Stato d’emergenza
Restrizione alla libertà d’espressione (accesso ad informazione, mezzi di comunicazione,
social media, censura radio e tv, chiusi vanali diaspora, arresti eabusi vs professionisti
media)
Chiusura vs NGOs, governi ed organizzazioni esteri
Restrizioni alla libertà di riunione, assemblea e protesta (divieto di protesta,
criminalizzazione di ogni forma di protesta anche pacifica –blocchi stradali, scioperi, etc-)
Arresti e detenzioni arbitrarie in assenza di processo regolare, procedura di «riabilitazione»
(arresti su larga scala, detenzione per alcune settimane o mesi, maltrattamenti e torture,
rilascio su condizioni)
Controllo e restrizione dell’accesso all’educazione: militarizzazione scuole
Limitazioni al movimento dei rifugiati (divieto abbandono campi profughi, non presenti regioni Amhara e Oromia)
(Human Rights Watch, Legal Analysis of Ethiopia's State of Emergency, 31 October 2016)
Chi riesce a mettersi in viaggio: Sudan,
Libia...
Rischio arresto e trattenimento indefinito in centri di detenzione
sovraffollati
Sequestri ad opera di bande libiche e trafficanti
Tratta e traffico di esseri umani
Sfruttatmento lavorativo, prostituzione, riduzione in schiavitù
Detenzione
Maltrattamenti, trattamenti inumani e degradanti, violazioni dei
diritti umani
In Italia
Settembre-ottobre 2016 si è registrato un aumento del 60% nell’arrivo di
cittadini Etiopi (non rientrano tra le principali nazionalità)
Hotspot: uso della forza da parte della polizia durante il rilevamento delle
impronte digitali, testimonianze di abusi simili.
Beca, giovane etiope di 19 anni, ha raccontato ad Amnesty International di
un suo amico che era con lui in un centro di accoglienza in Sicilia: “Un mio
amico cercava di fare resistenza e mi ha detto che l’hanno preso a pugni e
calci. Dopo che ha dato le sue impronte digitali, è stato riportato nella stanza
e mi ha raccontato cosa era successo”
Non chiamiamoli «migranti economici»
Migrazioni da Corno d’Africa ed Etiopia sono migrazioni forzate.
Hanno ragioni innanzi tutto politiche o umanitarie prima che economiche:
sottrarsi a guerre, regimi dittatoriali, persecuzioni, torture, fame e povertà
endemiche dovute alle scelte dei regimi da cui si cerca di scappare.
I cittadini etiopi fuggono per una molteplicità di ragioni: governo autoritario
e repressivo, scarsa rappresentanza politica, mancato riconoscimento
anche gruppi maggioritari, disparità nell’accesso alle risorse naturali ed
economiche, land grabbing, esproprio terre e trasferimenti forzati, disastri
ecologici legati a piani di sviluppo.
Italia ed Europa sono responsabili nel riprodurre i push factors: collaborare,
perpetuare e legittimare governi repressivi a fronte di condizioni
commerciali favorevoli e per garantirsi il controllo dei flussi migratori.
Responsabilità
E’ necessario riconoscere:
Le responsabilità degli stati Europei e dell’Italia:
Collaborare e legittimare e regimi autoritari
Chiudere ogni canale di ingresso regolare, impedire la fuga attraverso l’esternalizzazione
dei controlli alle frontiere
Prendere parte allo sfruttamento economico, ambientale di intere aree Paese mettendo a
rischio la vita di intere popolazioni (land grabbing, accordi commerciali, importazione
prod.agricoli, grandi opere, etc)
Di conseguenza, deve essere riconosciuta la natura politica di queste migrazioni, le cui
cause rispecchiano le categorie della protezione internazionale o umanitaria.
Riferimenti
Farnesina, Info Mercati Esteri, Etiopia 2016 http://www.infomercatiesteri.it/quadro_macroeconomico.php?id_paesi=11
Financial Times, The Great Land Rush. Ethiopia, the billionaire’s farm, Marzo 2016, https://ig.ft.com/sites/land-rush-investment/ethiopia/
UNHCR, 2016. Alto Commissario Filippo Grandi in Etiopia per il 26esimo Summit dell’U.A. https://www.unhcr.it/news/alto-commissario-filippo-
grandi-in-etiopia-per-il-26esimo-summit-dellua.html
Giacomo Zandonini, Repubblica, 25 marzo 2016. Etiopia, quella diga che minaccia 400 mila persone lungo il fiume Omo,
http://www.repubblica.it/solidarieta/diritti-umani/2016/03/25/news/etiopia-136266761/
Corriere delle Migrazioni, marzo 2015. Processo di Khartoum:sapete cos’è? http://www.corrieredellemigrazioni.it/2015/03/24/processo-di-
khartoum-sapete-cose/
Agenzia Habeshia: Il Migration compact costruisce altri muri, non ponti, aprile 2016 http://www.vita.it/it/article/2016/04/27/agenzia-habeshia-
il-migration-compact-costruisce-altri-muri-non-ponti/139165/
Freedom in the World, 2016, Ethiopia https://freedomhouse.org/report/freedom-world/2016/ethiopia
Human Rights Watch, giugno 2016 “Such a Brutal Crackdown” Killings and Arrests in Response to Ethiopia’s Oromo Protests
https://www.hrw.org/report/2016/06/16/such-brutal-crackdown/killings-and-arrests-response-ethiopias-oromo-protests
East Online, La protesta degli Oromo e degli Amhara scuote l’Etiopia, ottobre 2016 http://www.eastonline.eu/it/opinioni/sub-saharan-
monitor/protesta-oromo-amhara-etiopia