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via Treppo 5/b - 33100 Udine Tel. 0432 242611 Fax 0432-242600sito: www.lavitacattolica.ite mail: [email protected]

In copertina:The Blind Girl ("La ragazza cieca"), (1854-6)John Everett Millais olio su tela, Birmingham Museum & Art Gallery,

La speranza, di cui questa Lettera parla, è questione di sguardo: in questo senso va lettoil dipinto di Millais.In esso una ragazza non vedente tiene per mano la sorellina che volge lo sguardo all'ar-cobaleno apparso all'orizzonte. La piccola fanciulla è la vista dell'altra, mentre la ragaz-za cieca, sulle guance il rossore del sole appena ritornato, percepisce ciò che senza pa-role le comunica la piccola appoggiata sul suo petto.L'arcobaleno è il biblico segno dell'alleanza stabilita in eterno da Dio con l'umanità in-tera, al tempo di Noè. Come la speranza è quella piccola bambina, gli occhi spalancati, la mano stretta in quel-la della sorella maggiore dagli occhi spenti: così l'anima dell'uomo, che per certi versi ècieca ma può vedere attraverso la speranza più in là di ogni temporale.Senza la speranza, tu non vedi. Vede tutto solo chi spera.Sullo sfondo, il buon grano verdeggia abbondante.E la farfalla, un tempo bruco imbozzolato, è una profezia per noi: la speranza insegnache la morte sarà un progresso, per gli amici di Dio.

editrice

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ANDREA BRUNO MAZZOCATO

ARCIVESCOVO DI UDINE

CRISTO,NOSTRA SPERANZA

(1 Tm 1,1)

Un anno per riscoprire la virtùdella speranza

Lettera pastorale per l’anno 2013-2014

7. Collana: MAGISTERO DEL VESCOVOeditrice

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Care sorelle e fratelli nel Signore,1. Che cosa possiamo sperare? Questa domanda ci fasentire tutti solidali, come compagni nel pellegrinag-gio della vita, nella quale cerchiamo continuamenteluci di orientamento. Un passo dopo l’altro attraversiamo panorami incan-tevoli e scene di tremenda sofferenza. Consumiamo infretta i giorni tra luci e tenebre, tra forti passioni peril bene e minacce di diversi mali. Nei momenti più dif-ficili e oscuri sale il dubbio che l’esistenza sia vanità efatica inutile, come lucidamente osservava Qoheletnell’omonimo libro della Bibbia2. E più pressante si fastrada la domanda: ha senso sperare? In che cosa spe-rare?La speranza, poi, di chi crede in Cristo ha delle ragio-ni solide o è un’illusione consolatoria e un esercizio diottimismo per non guardare in faccia la realtà?

Cristo,nostra speranza1

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introduzione

UN ANNO PER RISCOPRIRELA VIRTÙ DELLA SPERANZA

2. Dopo aver aperto con voi un dialogo sulla fede nellaprecedente lettera pastorale “Ho creduto, perciò ho par-lato”, che scrissi per l’Anno della fede, desidero ora riflet-tere sulla speranza, che è questione decisiva per tutti.Mi sono orientato a questo tema, ascoltando anche ilparere favorevole dei vicari foranei, dei direttori degliuffici pastorali diocesani e di altri sacerdoti e laici.Passiamo dalla fede alla speranza perché c’è un legameinscindibile tra queste due virtù cristiane.Per vivere, e vivere bene, abbiamo bisogno di una pro-messa di felicità a cui aggrappare la nostra speranza.Cosi siamo fatti perché siamo stati creati da Colui che èl’“Amante della vita”3.I cristiani credono in Gesù perché trovano in Lui la vi-ta e la gioia vera4. Essi devono, però, saper mostrare atutti che questo è vero, che val la pena di credere in Ge-sù perché risponde ad ogni attesa e ricerca di speranza.Solo Lui non illude e non delude.In questo tempo, molte persone hanno l’animo appe-santito dalle difficoltà economiche, politiche, sociali, af-fettive, psicologiche, relazionali in cui si trovano. Han-no bisogno di incontrare chi promette loro speranza. Lafede cristiana è autentica se sa rispondere a queste atte-se concrete ed esigenti.

3. La questione è talmente decisiva e attuale che ho rite-nuto giusto, come vescovo, di fare seguire all’Anno dellafede un Anno della speranza per tutta la Chiesa di Udine. Ho sentito doveroso espormi per primo con una Lette-ra pastorale sulla speranza cristiana accogliendo l’invi-

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to di san Pietro: “Adorate il Signore, Cristo, nei vostricuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi do-mandi ragione della speranza che è in voi”5.Se sono diventato sacerdote e continuo con serenità ilmio ministero di vescovo è perché ogni giorno mi so-stiene la speranza che ho scoperto in Gesù.Di questa speranza cercherò di parlare immaginando didialogare con tutti gli uomini e le donne – credenti enon credenti, cristiani e di altre religioni – che si chie-dono e mi domandano: “cosa possiamo sperare?”, “E tuin che cosa speri veramente?”. A questo dialogo, caldeggiato dalla “Costituzione pasto-rale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo” del Con-cilio Vaticano II6, invito anche tutta la nostra Chiesa, sevuol essere missionaria, ad ascoltare “le gioie, le spe-ranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, deipoveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono”7. L’An-no della speranza sia l’occasione per le parrocchie, le fa-miglie cristiane e per ogni credente di riscoprire il fon-damento della speranza cristiana e di testimoniarla consegni chiari e forti.

CHE COS’È LA VIRTÙ CRISTIANADELLA SPERANZA?

4. Immagino che a più di qualcuno venga spontaneo, aquesto punto, chiedermi: di che speranza vuoi parlarci?In quale speranza trovi serenità per la tua vita e forza percontinuare ad impegnarti per gli altri?Lungo la Lettera cercherò di dare risposta proprio a que-sti interrogativi, indicando il “cammino della speranza”che anche personalmente sto seguendo.Introducendomi a questo cammino, preciso subito cheparlerò della “speranza cristiana” perché ad essa mi sonoaffidato, convinto che è l’unica che non verrà mai meno.La speranza cristiana non è, però, fatta di idee belle per il

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futuro dell’uomo o di progetti per rendere migliore la vi-ta delle persone e della società.La mia e nostra speranza è riposta in un Uomo, che sichiama Gesù. Egli è il Figlio di Dio Padre; è quindi Diostesso che ci è venuto incontro. A lui credo e in lui speroperché con l’amore del suo Cuore, squarciato dalla lan-cia, ha vinto il male e la morte per diventare il mio rifu-gio sicuro contro ogni male. Dal suo Amore, a cui mi af-fido, nulla potrà strapparmi8. Non ho altri amori di cuifidarmi e in cui sperare più di quello umano e divino diGesù che sulla croce e nella risurrezione ha sconfitto persempre satana e la sua opera di morte. Per questo hoscelto come titolo della lettera pastorale l’affermazionedi san Paolo: “Cristo, nostra speranza”9.

5. Quando si è fatto uomo nel grembo immacolato diMaria, Gesù si è trovato in mezzo a tanti fratelli che cer-cavano speranza. I Vangeli raccontano che i più poveri esofferenti lo circondavano presentando le loro malattiefisiche e morali per essere guariti e ritrovare la speranza.Lo inseguivano giorni e giorni ascoltando la sua parolaperché non era come quella degli altri maestri ma pene-trava nei cuori tristi e portava la luce di un nuovo sensoper la vita10. E’ bello osservare come Gesù si comportavacon gli uomini e le donne che affidavano a lui le loro pic-cole e grandi speranze.Con delicatissima compassione accoglieva ogni gemito einvocazione guarendo i corpi malati, asciugando le la-crime, confortando i cuori. Come il profeta Isaia avevapreannunciato, egli portava la misericordia di Dio chenon getta via ma risana anche la canna incrinata e nonspegne del tutto ma rianima lo stoppino ormai fumigan-te11. Gesù non si accontentava di esaudire le persone nel-le loro piccole speranze, ma le invitava a seguirlo perscoprire la grande speranza che era venuto a portare eche solo Lui poteva donare. La guarigione da una malat-tia era certo una vittoria, ma parziale perché, prima o

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dopo, il male e la morte avrebbe riavuto il sopravvento.E lo era anche l’incredibile miracolo della rianimazionedell’amico Lazzaro. Gesù non era venuto a dare attimi di speranza che sa-rebbero stati ancora soffocati dal male. Portava la “spe-ranza che non delude”12, l’Amore che ha sconfitto il pec-cato e la Vita che ha vinto la morte. A chi credeva in Lui chiedeva di purificare le proprie spe-ranze e di non cercare il senso della propria vita in sicu-rezze illusorie. Insegnava che il cibo o il vestito non ba-stano a tranquillizzare il cuore dell’uomo perché nonsalvano la vita; la rendono solo un po’ più agiata. Ma lavita vale più del cibo e il corpo più del vestito e noi ab-biamo bisogno di una speranza che salvi la nostra vita eanche il nostro corpo dal male e dalla morte13. Cristo,crocifisso e risorto è questa speranza.

6. Vorrei seguire anch’io l’esempio di Gesù ed essere unfratello tra fratelli che accoglie con rispetto ogni spe-ranza, anche piccola. Molte persone me le manifestanoa voce e per iscritto e mi insegnano a capire la vita con-creta con le sue attese, fatiche, attimi di luce e tempi o-scuri. Non sarei onesto, però, se mi limitassi ad esseresolidale con coloro che incontro aiutandoli, per quantoposso, nei loro bisogni fisici, affettivi, professionali. An-che quando l’uomo possiede salute, soldi, affetti, riusci-ta professionale, il cuore resta inquieto perché cercaqualcosa di più, un senso più grande per cui vivere.Sant’Agostino, che aveva conosciuto questa inquietudi-ne del cuore, scrive: “Ci hai fatti per te, Signore, e il no-stro cuore è inquieto finche non riposa in Te”14. Quando il grande vescovo di Ippona incontra Dio esant’Ambrogio gli fa conoscere Gesù, la sua vita si illu-mina di una speranza che non conosceva ancora. Verso questa speranza, che sostiene anche me, sento ildovere e la gioia di guidare ogni persona perché tantevolte ho visto che la vita di chi incontra Gesù cambia co-

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lore. Anche chi è affaticato e oppresso – ce ne sono mol-ti – in Lui trova ristoro15.

7. Mio grande desiderio è che tanti scoprano che Gesùnon disprezza le attese e le speranze umane ma le tra-sforma da dentro con la sua grande Speranza.Riempie di luce e di forza quelle belle e autentiche. Chicerca Dio avrà la gioia di sentirsi abbracciato da Lui co-me figlio, in Gesù Figlio del Padre. Chi ha sete di giusti-zia scoprirà di essere alleato di Gesù che sta facendo cre-scere il Regno di Dio dentro la storia umana. Chi senteaccendersi nel cuore la scintilla dell’amore troverà nelloSpirito di Gesù la forza di amare per sempre. Chi è nel-la notte del dolore vedrà una luce che viene da Gesù cro-cifisso, Lui che conosce il patire.Tante volte i nostri desideri sono inquinati e portanoverso speranze sbagliate che illudono per poco tempo epoi deludono. Per questo il cammino verso Gesù, e ver-so la speranza che lui ci offre, ci accorda anche la graziadi riconoscere con onestà le strade sbagliate su cui cisiamo incamminati spingendoci ad attuare una conver-sione, anche dolorosa se necessaria.Cercherò di mettere in luce alcune speranze illusorieche vengono proposte nel nostro tempo perché non in-quinino i nostri pensieri e i nostri desideri. A volte ilmio tono potrà sembrare pessimistico, ma il medico o-nesto non nasconde il male mostrandolo al malato per-ché si curi nel modo migliore. Gesù è il grande medicodelle anime e sempre può guarirci se con umiltà confes-siamo i nostri disorientamenti.

TRE SGUARDI PER CRESCERENELLA SPERANZA

8. Ci avviamo, allora, a percorrere quello che ho chia-mato “il cammino della speranza” che ha come meta e

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continuo punto di riferimento “Cristo, nostra speran-za”.Mi limiterò ad indicare tre aspetti di questo cammino,cosciente che tanti altri potrebbero essere inseriti. O-gnuno potrà completare da sé le mie riflessioni e sicreerà un costruttivo dialogo sulla speranza.Questi aspetti li chiamerei più precisamente: “tre sguar-di per crescere nella speranza”. Mi sono stati indicati dai sacerdoti e laici con cui mi so-no confrontato. Li ritrovo, poi, presenti nella mia espe-rienza; specialmente nella preghiera del mattino, mo-mento indispensabile di ricarica di speranza.Per essere una Chiesa che crede in “Cristo, nostra Spe-ranza”, e lo testimonia in modo convincente, è impor-tante:a. guardare, con gli occhi di Gesù, la realtà in cui ci tro-

viamo a vivere e ad agire per riconoscere le luci disperanza, per ascoltare le attese di speranza e persmascherare le speranze illusorie;

b. guardare il Volto di Gesù, nostra speranza. Le con-traddizioni della realtà in cui viviamo ci spingono aguardare verso Colui che è la nostra Speranza cer-cando nella sua Parola la luce che orienti le nostrescelte;

c. essere segni di speranza agli occhi del mondo. Tantepersone guardano verso il vescovo, i sacerdoti, i dia-coni, le/i consacrate/i, le famiglie e le comunità cri-stiane per vedere nella loro vita i segni della speran-za che confermano la nostra fede in Gesù Cristo.Questi segni convincono chi è lontano ad accostarsialla Chiesa e alla fede e, contemporaneamente,rafforzano la speranza nei cristiani e nelle comunitàche li mostrano.

Continuo la mia Lettera soffermandomi – seppur soloper cenni – su questi tre “sguardi” che aiutano a raffor-zare la nostra speranza.

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GUARDARE LA REALTÀCON GLI OCCHI DI GESÙ

LA PARABOLA DEL CAMPOCON IL BUON GRANO E LA ZIZZANIA16

“Espose loro un'altra parabola, dicendo: «Il regno deicieli è simile a un uomo che ha seminato del buon se-me nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, ven-ne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo algrano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fecefrutto, spuntò anche la zizzania. Allora i servi anda-rono dal padrone di casa e gli dissero: «Signore, nonhai seminato del buon seme nel tuo campo? Da doveviene la zizzania?». Ed egli rispose loro: «Un nemicoha fatto questo!». E i servi gli dissero: «Vuoi che an-diamo a raccoglierla?». «No, rispose, perché non suc-ceda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradi-chiate anche il grano. Lasciate che l'una e l'altro cre-scano insieme fino alla mietitura e al momento dellamietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la ziz-zania e legatela in fasci per bruciarla; il grano inveceriponételo nel mio granaio»». […].Poi congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoligli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la paraboladella zizzania nel campo». Ed egli rispose: «Colui chesemina il buon seme è il Figlio dell'uomo. Il campo èil mondo e il seme buono sono i figli del Regno. Lazizzania sono i figli del Maligno e il nemico che l'haseminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mon-do e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si rac-coglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà

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prima parte�

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alla fine del mondo. Il Figlio dell'uomo manderà isuoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tut-ti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquitàe li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pian-to e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno co-me il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, a-scolti!”.

9. Guardare alle vicende del mondo per sapere comevanno le cose è un bisogno spontaneo di tutti. Persoddisfarlo sono nati i giornali, la radio, le televisionie altri mezzi di comunicazione sempre più sofisticati.Anche tante nostre conversazioni sono dedicate adinformarci e a commentare gli avvenimenti che capi-tano.Da dove nasce questo forte interesse? Sicuramente c’èuna certa dose di curiosità che è sempre solleticatadalle novità. Riflettendo, però, più attentamente, ci accorgiamoche siamo spinti dal desiderio di trovare attorno a noisegni di speranza. Ne sentiamo il bisogno perché lanostra vita è in balia di ciò che ci succede attorno. Di-pendiamo dalle decisioni di altri che, in questo mon-do, diventato piccolo, possono velocemente influiresu di noi anche se sono prese a migliaia di chilometri.Dipendiamo, poi, dalle forze della natura che siamoben lontani dal controllare. Ci viene, allora, spontaneo, come dice Gesù, scrutarela natura e i fatti della storia alla ricerca di segni disperanza a cui affidarci e attenti ai segni di male dacui difenderci17. Rimane attuale, però, il suo rimprovero: “Ipocriti! Sa-pete valutare l’aspetto della terra e del cielo; comemai questo tempo non sapete valutarlo?”. Spesso ciaccontentiamo di valutazioni superficiali che oscilla-no tra un ingenuo ottimismo e un eccessivo pessimi-smo. Di questi tempi prevale un diffuso pessimismo

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un po’ su tutto, alimentato non poco dalla rappresen-tazione della società che offrono i mezzi di comunica-zione.

10. Come tutti, anche i cristiani osservano la realtàma da persone sveglie18 che non accettano passiva-mente le opinioni di massa ma sanno valutare conchiarezza i segni dei tempi. Questo non dipende dallaloro maggiore intelligenza o cultura, ma dal fatto chehanno incontrato Gesù e hanno imparato a guardarela vita e gli avvenimenti con i suoi occhi.Nella parabola del buon grano e della zizzania Gesùrivela come vede gli avvenimenti della storia umana.Vi riconosce, prima di tutto, i segni dell’opera di Diocreatore che ha seminato nel campo del mondo solopiante buone: sono gli uomini che vivono come suoifigli. Nello stesso campo, però, individua anche l’in-tervento di un nemico, il diavolo, che ha seminato er-bacce: sono gli uomini che cedono alle tentazioni delmaligno. I contadini della parabola si innervosisconoa causa della zizzania che rovina il bel raccolto e vor-rebbero subito estirparla lasciando solo il buon grano.Anche noi proviamo insofferenza e dolore quando ciscontriamo con la cattiveria e il male perché non cidovrebbero essere; ed è vero. Il nostro primo impulsoè quello di togliere di mezzo chi rovina la vita sua edegli altri, diffondendo zizzania.Dio Padre, invece, ci sorprende per l’infinita pazienzae misericordia che dona sole e pioggia sia ai buoniche ai malvagi19, nella speranza che anche questi siconvertano e diventino buon grano20. Gesù invita i di-scepoli ad imitare Dio Padre accettando di vivere conpazienza in un mondo in cui ci sono buon grano ezizzania, pesci buoni e pesci cattivi21. Per orientarsi in questo mondo, essi devono ricono-scere gli uomini che sono buon grano per collaborarecon loro alla vittoria del Regno di Dio che Gesù ha

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piantato dentro la storia umana. D’altra parte, vannoindividuati con chiarezza i pesci cattivi perché sonoalleati all’opera malvagia e potente del demonio. Con-tro di lui è necessario resistere con fortezza, sperandodi convincere gli uomini che si sono fatti suoi colla-boratori e invocando per essi la conversione.

11. La parabola del buon grano e della zizzania lasciatrasparire tanta speranza perché il raccolto finale è inmano a Dio e ai suoi angeli. Per quanto il male sembripotente, Gesù lo ha definitivamente vinto sulla crocee nella risurrezione22. Il diavolo, pur forte e potente23,non distruggerà il Regno di Dio che sta crescendo ealla fine trionferà l’Agnello immolato e satana sarà de-finitivamente sconfitto24.Il collirio spirituale di questa speranza guarisce i no-stri occhi e ci consente di vedere i segni del Regno diDio che si sviluppa silenziosamente in mezzo alle o-scure opere del diavolo, che non inganna i discepolidel Signore anche quando si traveste da angelo di lu-ce25.Nell’Anno della speranza proviamo a fare questo “di-scernimento” personale e comunitario, scrivendo unelenco preciso dei segni del Regno di Dio e dei segnidell’opera del diavolo presenti attorno a noi.Troviamo un magistrale esempio rileggendo i priminumeri della costituzione pastorale sulla Chiesa nelmondo contemporaneo del Concilio Vaticano II26.Per introdurre a questo discernimento mi permettodi fare alcuni esempi di buon grano e di zizzania chericonosco nel nostro ambiente. Continuate, poi, voiaggiungendo altri segni.

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IL BUON GRANO CHE CRESCE: I SEGNI CHE ALIMENTANO LA SPERANZA

12. Condivido volentieri con voi alcuni esempi dibuon grano perché essi rafforzano la fede e la speran-za e risvegliano nel cuore il desiderio di lodare il no-stro Dio.A volte siamo presi, come tante persone oggi, da undoloroso senso di disorientamento perché Dio sembraassente. Gesù invita a guardare dalla parte giusta peraccorgersi delle pianticelle di buon grano. Ogni pian-ticella mostra che non è germogliata spontaneamenteo per caso, ma che è stata seminata da un’Intelligenzae un Amore infiniti, che noi riusciamo appena ad in-tuire. Dio è sempre l’Invisibile ma possiamo ricono-scere dove passa e lascia la sua opera27. Il nostro sguardo deve essere aperto su tutta l’uma-nità, senza schemi e preclusioni perché Dio sorpren-de sempre e il suo Spirito riempie l’universo28. Conquesta apertura di mente e di cuore ho cercato di in-dividuare le pianticelle di buon grano sia nella societàche nella Chiesa.I cristiani hanno la missione sacerdotale di raccoglie-re tutti i segni dell’onnipotente bontà di Dio e offrirlia Lui lodandolo e ringraziandolo, a nome di tutti gliuomini29. Facciamo questa preghiera celebrando la S.Eucaristia che è la più grande preghiera di lode che laChiesa innalza a Dio Padre. Lo ringraziamo per aver-ci donato suo Figlio Gesù - il dono più grande e gra-tuito della Misericordia divina - e in Gesù il ringrazia-mento abbraccia tutto il creato e tutto il bene e il bel-lo che c’è nel mondo30.I segni del Regno di Dio che ricorderò di seguito, cisuggeriscano una preghiera di lode, specialmente du-rante la S. Messa.

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NEL MONDO

13. Mi fermo spesso a guardare un bambino piccoloperché lo sento come avvolto da un alone di mistero.E’ della mamma, che lo porta in braccio, e del papà maè già più grande di loro perché viene da lontano. Vieneda Colui che è il Padre31 di tutti e ha voluto un nuovofiglio che sarà unico e irripetibile in tutta la storia del-l’umanità. I piccoli occhi che si spalancano trasmetto-no pura speranza; la speranza di incrociare volti sorri-denti che lo accolgono in una vita in cui potrà scoprirela gioia di Dio che porta come nostalgia nel suo picco-lo cuore32.

u Quando la mamma col piccolo in braccio è attor-niata da altri figli in comunione di affetti con lei e ilpapà, mi sale un senso di consolazione. Penso alle fa-miglie numerose, che non mancano in diocesi, e chemostrano una speranza nella Provvidenza di Dio Padrepiù forte delle incertezze economiche e dei condizio-namenti culturali.

u Dentro la diffusa mentalità abortista brilla la te-stimonianza di amore materno e di speranza che ci of-frono le donne che a qualunque prezzo tengono ingrembo il figlio per donarlo alla vita. Illuminate dalloSpirito del Signore capiscono più di noi il valore e ilmistero della vita umana. Punti luminosi sono i Centridi Aiuto alla Vita che si pongono a loro servizio.

u Non possiamo nascondere le tante ambiguità pre-senti oggi nei rapporti affettivi e sessuali; nonostanteciò incontro la bella esperienza dell’innamoramentotra un ragazzo e una ragazza. E’ una scintilla di gioiache sorprende tutti e due e porta in sé la speranza didurare per sempre. La sorpresa è il segno che quell’ini-ziale amore è un dono, spesso imprevisto, e che vienedal Padre da cui “discende ogni dono perfetto”33. Men-tre cominciano ad imparare ad amarsi, la ragazza e ilragazzo si sentono, così, preceduti e accompagnati dal-

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l’amore di Dio concretamente presente in loro e inmezzo a loro.

u Quante volte sono stato vicino a genitori – mam-me in particolare – che accudiscono con fedeltà e deli-catezza un figlio disabile, molte volte dopo aver resisti-to alla tentazione di rifiutarlo con l’aborto. Spesso li hosentiti chiedersi se danno o ricevono di più da quel fi-glio. Ho incontrato lo stesso amore in famiglie pronteall’affido di bambini con debolezze fisiche o psichiche.Contro il mito dell’efficienza fisica, essi portano tra noil’amore di Gesù per i deboli, che con essi si è identifi-cato34.

u Visitando gli ospedali, le case di riposo, gli hospi-ce, i centri per disabili ho ascoltato confidenze di me-dici, infermieri e operatori che, con normalità quoti-diana, curano, come il buon samaritano35, le membrasofferenti di sorelle e fratelli ricoverati in quei luoghi.Ne ho trovati tanti che continuano la grande tradizio-ne di carità cristiana che ha sempre avuto un occhio diriguardo per le persone svantaggiate, con una fantasiad’amore ispirata solo dallo Spirito Santo.

u Hanno lasciato sempre in me un senso di sorpre-sa le persone capaci di un atto di perdono verso chi a-veva arrecato loro torto. Ho visto accendersi una scin-tilla di speranza che veniva dal Cuore di Gesù che morìperdonando per guarire i suoi carnefici36.

u Abbiamo quotidianamente sotto gli occhi le scenedegli immigrati che arrivano alle nostre coste su bar-coni di fortuna. Ad uno sguardo superficiale sembranol’immagine della disperazione. Ma quelle mamme chescendono tenendo stretto il figlioletto e i tanti giovaniche hanno affrontato l’ignoto forse ci insegnano il co-raggio di una speranza che non cede. Ascoltandoli citrasmettono valori che la nostra società ha sbiadito.

u Penso, ancora, ai veri artisti che attraverso la bel-lezza ci fanno intuire l’Invisibile e lo splendore dellagloria futura, a coloro che lottano per la giustizia e la

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pace, ad imprenditori coraggiosi che investono per ilbene comune e che mantengono i posti di lavoro men-tre altri sono tentati di trasferire in altri paesi la pro-duzione di beni e servizi.

NELLA CHIESA

14. Desidero, almeno per un attimo, fermare lo sguar-do sulla Chiesa e sulla nostra Chiesa di Udine perchéanche in essa il buon grano germoglia, spesso in formeimprevedibili.

u Parecchi cristiani mi scrivono raccontandomi consemplicità la loro esperienza di fede e di conversione i-niziata, magari, in un pellegrinaggio ad un santuariomariano o in Terra Santa o alla GMG. Ad essi rispondosempre ringraziandoli perché sono per me delle luci disperanza che, per un vescovo, sono di grande consola-zione. Mi testimoniano che non c’è secolarizzazioneche possa fermare l’opera dello Spirito Santo nei cuoridisponibili. Con loro mi sento immediatamente in sin-tonia e comunione profonda come sorelle e fratelli nel-l’unica famiglia di Gesù che è la Chiesa.

u Tra loro ricordo con particolare affetto i catecu-meni che, durante la Veglia pasquale, ho avuto la gioiadi accogliere nella Chiesa donando loro i sacramentidel battesimo, della cresima e dell’eucaristia. Leggen-do le lettere che mi scrivono, rivivo l’esperienza, nar-rata dagli Atti degli Apostoli, delle tante persone che a-scoltarono Pietro che annunciava Gesù e si sentirono“trafiggere il cuore” perché quella Parola aveva scon-volto la loro esistenza37.

u Un altro segno dello Spirito Santo sono i tanti cri-stiani che amano sinceramente la Chiesa. Per questo,se possono dedicano tempo ed energie per il catechi-smo e l’educazione cristiana di bambini e giovani, op-pure per collaborare nei diversi ambiti della pastorale,

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per iniziative di carità e di sostegno dei missionari, pertenere aperte e decorose le nostre belle chiese. Essi ve-dono anche le debolezze della Chiesa che, per altro, so-no il risultato di quelle che ognuno di noi porta in sé.Ma non prendono le distanze dalla Chiesa, magari cri-ticando con distacco e con toni poco profetici. Essi, in-vece, soffrono per la Chiesa come per la loro madre;pregano e offrono le sofferenze per il Papa, i vescovi, isacerdoti, i diaconi, le/i consacrate/i, le famiglie, i laici.Mi commuovono quelle laiche e laici che vivono il loroamore per la Chiesa dedicandosi in modo rispettoso efedele ai loro sacerdoti, portando con carità anche ilpeso dei loro limiti, della loro malattia e vecchiaia.

u Sorprendono i giovani e le giovani che ritrovanonel loro cuore la generosità di rispondere alla chiama-ta di Dio e si consacrano a Lui nel celibato come sacer-doti o religiose/i “per sempre”.

u Ci fa bene allargare lo sguardo verso Chiese so-relle di altri continenti che, con noi, formano l’unicaChiesa cattolica. Spesso sono provate da ristrettezzemateriali e da dolorose persecuzioni che noi non cono-sciamo. Dentro la prova ci offrono la testimonianza diuna sorprendente vitalità e speranza evangelica chepuò “rinfrancare le mani cadenti e le ginocchia infiac-chite”38.Ognuno di voi, care sorelle e fratelli, avrà altri esempibelli da portare di come lo Spirito Santo stia facendocrescere grano buono nel campo della nostra Chiesadiocesana.

15. Non voglio, però, dimenticare ancora un segno disperanza che mi colpisce e mi fa riflettere. Incontropersone di ogni età che vivono una ricerca spiritualeprofonda. Spesso essa è partita da qualche avvenimen-to che le ha scosse, come un fallimento affettivo, unosbandamento morale, la prova improvvisa della malat-tia o della morte, la crisi economica.

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Queste prove le hanno spogliate delle sicurezze acqui-site e si sono trovate come i pellegrini che cercano unnuovo senso e scopo per vivere, una nuova speranza.Portano nella loro bisaccia tante domande che aspet-tano una risposta. Spesso l’attendono proprio dallaChiesa che resta, nonostante le sue debolezze, un rife-rimento di speranza nei deserti della vita odierna.Nella Chiesa, quando incontrano una testimonianzaevangelica limpida, i loro cuori vibrano di speranza. E’quanto sta succedendo di questi tempi grazie allagrande testimonianza spirituale e morale di Benedet-to XVI, al coraggio dei cardinali di scegliere un suc-cessore “dall’altra parte del mondo” e alla ventata diautenticità evangelica portata da Papa Francesco.Così le tante persone in ricerca diventano esse stesseuna speranza per la Chiesa. Sono certamente una spe-ranza impegnativa perché chi viene da dolorose disil-lusioni non è disposto ad accettare frasi fatte o rispo-ste superficiali. Se trova sale insipido si allontana su-bito39. Accogliere la loro richiesta di aiuto comporta di sapermettere in discussione un cristianesimo comodo escontato e farci pellegrini con loro. E’ una bella pro-spettiva di speranza e di nuova evangelizzazione.

LA ZIZZANIA CHE INFESTA IL CAMPO:I LADRI DI SPERANZA

16. Papa Francesco, nell’omelia della domenica dellePalme, ha rivolto ai giovani un accorato appello cheha colpito molti: “Per favore, non lasciatevi rubare lasperanza!”40. Ha messo in guardia dai ladri di speran-za ed indicato il più pericoloso: “ [..] quando il cam-mino della vita si scontra con problemi e ostacoli chesembrano insormontabili, e ce ne sono tanti! [..] inquesto momento viene il nemico, viene il diavolo,

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mascherato da angelo tante volte, e insidiosamente cidice la sua parola. Non ascoltatelo!”.La cattiveria peggiore consiste nel rubare ad un uomoogni speranza. E’ come rubargli la vita e condannarloall’inferno, nel buio della disperazione. “Lasciate o-gne speranza, voi ch’intrate”, legge Dante Alighierisulla porta dell’inferno che sta per varcare41.Satana, che Gesù definisce “omicida fin dal princi-pio”42 ha l’obiettivo malvagio di distruggere la speran-za e cerca, tra gli uomini, degli alleati che collaborinocon Lui. Questi sono i “figli del Maligno” di cui parlala parabola del buon grano e la zizzania.L’opera del diavolo e dei suoi “figli” continua implaca-bile e i cristiani hanno, per primi, la responsabilità didenunciarla e di resistere, accogliendo l’invito forte disan Pietro: “Siate sobri, vegliate. Il vostro nemico, ildiavolo, come leone ruggente va in giro cercando chidivorare. Resistetegli saldi nella fede, sapendo che lemedesime sofferenze sono imposte ai vostri fratellisparsi per il mondo”43.Per combattere il nemico, bisogna prima riconoscer-lo anche quando si mimetizza abilmente. Quali sono,allora, le piante di zizzania che stanno crescendo nelnostro mondo? Dove vediamo l’opera del maligno chesta distruggendo la speranza? Sono convinto che non ci sarà difficile fare un elenco.Mi limito, perciò, a qualche esempio che consideroparticolarmente significativo.

LA TENTAZIONE ALLA RASSEGNAZIONEDENTRO LA CHIESA

17. Per onestà comincio guardando alla Chiesa e allanostra Chiesa diocesana. Serpeggiante e forte è la ten-tazione alla rassegnazione che insidia vescovi, sacer-doti, diaconi, religiose/i, laici impegnati, genitori.

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Molti me la fanno presente e nell’Anno della speranzaè giusto prenderla seriamente in considerazione. Istintivamente tendiamo a trovare fuori di noi stessile cause della nostra rassegnazione. Essa sembra bengiustificata per le tante delusioni, specie perché lepersone rispondono poco e male ai nostri sforzi. Nonho difficoltà a confessare anche la mia fatica a digeri-re le delusioni pastorali, specialmente quando sonopiù cocenti. Pregando e riflettendo, però, torno a chiedermi: èscontato che le delusioni debbano far nascere in meuno stato di rassegnazione? Onestamente, devo ri-spondermi che questo sentimento dipende dalla miapoca fede e poca speranza.Se fossi più convinto che solo Gesù è l’unica speranzaanche per le persone che non si interessano di Lui ecercano in altre cose un senso per la vita, non cedereialla rassegnazione. Anche se le pecore continuano asmarrirsi, il buon pastore non si stanca e continua acercarle per portarle ai pascoli buoni della Parola diDio e dei sacramenti. Solo se ho scoperto personalmente che il Vangelo è lanotizia più bella, continuerò ad annunciarla in ognioccasione, anche rischiando di sentirmi ripetere leparole degli ateniesi a san Paolo: “Su questo ti senti-remo un’altra volta”44. Il missionario davanti ad ogniuomo non vuol sapere altro “se non Gesù Cristo eCristo crocifisso”45, che gli ha conquistato il cuore46. La rassegnazione è un veleno che il diavolo inoculanel cuore di chi è chiamato ad annunciare il vangelo.Quando lo sento dentro di me, prego con insistenzalo Spirito Santo perché sostenga la mia debole fede esperanza in Gesù per il quale ho impegnato tutta lamia vita. Chiedo la grazia di far mie le parole di Pao-lo: “Ritengo che tutto sia una perdita a motivo dellasublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Si-gnore”.

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Nei sacerdoti la tentazione alla rassegnazione puòportare al progressivo abbandono del sacramento del-la Penitenza e alla poca attenzione verso i giovanichiamati al ministero presbiterale.

18. Un altro effetto negativo di questa tentazione è l’a-dattamento al compromesso. Dopo aver insistito tan-to con chi non vuol capire si conclude che è meglioaccettare le persone come sono accontentandosi deipassi che si sentono di fare senza spingerle verso me-te che oggi sembrano idealistiche. In questo modo èpiù facile stare in pace con tutti.Se vedo le malattie morali e spirituali di un fratello ele giustifico a buon mercato sono colpevole della stes-sa indifferenza del sacerdote e del levita della parabo-la che guardano il malcapitato e vanno oltre. Il buonsamaritano, invece, gli sta vicino e, con vera compas-sione, lo aiuta a fare un serio esame di coscienza perguarire la sua malattia47. Non si rassegna come se perquel fratello non ci fosse più speranza di conversione.Mi torna in mente spesso il duro richiamo di Dio alprofeta Ezechiele a non cadere nella tentazione di ad-domesticare le esigenze della Legge divina solo perchésuonano scomode agli orecchi degli ascoltatori48.

LE AZIONI CONTRO LA SPERANZANELLA SOCIETÀ

19. Allarghiamo ora lo sguardo dalla Chiesa a tutta lasocietà. Ci balzano, purtroppo, agli occhi progetti e a-zioni che sono stati e sono veri “furti di speranza”.

u I più anziani conservano nella memoria le assur-dità della guerra che ha devastato in modo irreparabi-le la vita di tanti giovani e delle loro famiglie. Questa“inutile strage” – come la definì Benedetto XV49 – con-tinua tra popolazioni lontane da noi e getta un’ombracupa su tutta l’umanità.

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u Molti di noi hanno vissuto in prima persona le il-lusioni e le successive disillusioni delle ideologie; inparticolare dell’ideologia marxista che ha dominatosu interi popoli e ha generato, anche nel nostro Pae-se, progetti e azioni di cieca violenza50.

u Sulle sue ceneri sta, ancora, governando i popolila teoria del libero mercato che impone la legge delpiù forte sul più debole allargando la forbice che divi-de molti ricchi da troppi poveri51.

u Il mercato, per alimentarsi, ha diffuso la menta-lità del consumismo, ideale pratico di vita. Tutti, or-mai, riconoscono che questa mentalità ci ha portati avivere sopra le nostre risorse reali, facendo pagare ilprezzo di questo stile di vita ai giovani del nostrotempo costretti ad un futuro incerto.Potrei aggiungere altri esempi come la diffusa fragi-lità dei legami familiari con pesanti conseguenze sul-l’educazione dei figli, la religione deformata dal fana-tismo, l’impoverimento etico della politica.Non posso, però, passare sotto silenzio elementi fon-damentali in opposizione alla speranza che hanno se-gnato la nostra società negli ultimi secoli. Possonoapparire meno importanti rispetto agli elementi cheho succintamente elencato, ma sono quelli che lihanno generati.

LA NEGAZIONE DELL’ESISTENZA DI DIO

20. Il primo: la tremenda dichiarazione che “Dio èmorto”52. Si tratta della perdita del riferimento a Dioche ha generato – come Nietzsche aveva lucidamenteprevisto – un grave disorientamento dell’uomo e del-la società. Ma siccome l’uomo ha bisogno di speranzesi è creato dei miti alternativi in cui credere: la rivo-luzione marxista per ottenere l’uguaglianza e la giu-stizia, il progresso della scienza e della tecnica perraggiungere una vita più sicura e agiata, il consumi-

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smo53. Essi hanno in sé anche istanze buone ma, sonodiventati miti che si sostituiscono a Dio e hanno mo-strato chiaramente il loro limite. Sempre stando alleefficaci immagini del filosofo tedesco, si sono rivelate“deboli lanterne” soffocate dalla notte che avanza. Magli uomini hanno bisogno del sole che gratuitamentedona luce e calore e diffonde la speranza perché pos-siede la forza di vincere la notte; hanno bisogno diDio e del suo amore misericordioso.

21. Nei primi capitoli del libro della Genesi, la Paroladi Dio rilegge con chiarezza le strade fallimentari chel’uomo moderno ha imboccato. Il diavolo lo ha attira-to ancora una volta nella tentazione e nella menzo-gna in cui sono caduti Adamo ed Eva. Lo ha affascina-to con la promessa di poter essere padrone unico del-la propria vita e del proprio destino perché Dio nonc’è più54. Ma alla lunga, le tentazioni di satana mostrano la lorofalsità. Senza il Sole dell’amore di Dio e la luce dellasua Parola, l’uomo non trova più un senso alla vita.Come meta ultima gli è rimasto il nulla della mortedentro il quale vede sparire, uno ad uno, i compagnidi viaggio. Se ha la possibilità cerca di riempire i gior-ni di piccole speranze ma il vuoto rimane. Così diven-tano più faticosi i rapporti con i propri simili comeaccadde ad Adamo ed Eva e a Caino e Abele. Così di-venta pure urgente il problema ecologico perché unprogresso cieco ha alterato l’armonia con la natura. In questa situazione non meraviglia se gli adolescen-ti e i giovani vivono con interessi sempre più modesti.Sono nati da adulti che nascondono loro il Sole divi-no e offrono loro una vita piuttosto grigia e oggi an-che con incerte prospettive lavorative ed economiche.Le mie espressioni possono suonare alquanto dure.Ma per onestà verso i nostri figli, credo sia tempo diguardare in faccia la realtà e riconoscere che la tenta-

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zione del demonio ha fatto perdere l’orientamentodella vita che parte da Dio e va verso Dio. Ha convintoa trascurare, con colpevole indifferenza, la Via cheDio Padre ci ha indicato: Gesù55.

UNA LIBERTÀ UBRIACATA

22. Dalla negazione di Dio è derivato il secondo pas-saggio contro la speranza. Mi riferisco alla grave mi-naccia generata dallo stravolgimento del modo dipensare e vivere la libertà. La libertà è il dono più straordinario che Dio ha fattoad ogni uomo e Gesù è venuto per completare questaopera d’amore, come scrive san Paolo: “Cristo ci ha li-berati perché restassimo liberi”56.Purtroppo, cancellato il rapporto con Dio, ogni uomoè rimasto l’unico protagonista, libero di decidere del-la sua vita come meglio crede senza riferirsi a Coluiche gliel’ha donata57. Il demonio ha come ubriacato lasua libertà. Ritroviamo in questo nostro tempo il comportamentodel figlio minore della parabola del figliol prodigo58.Egli cede alla tentazione diabolica di farsi padrone deibeni che, senza alcun merito, ha ricevuto dal padre.Li usa a suo piacimento senza la coscienza del lorovalore e di cosa sia bene e male per lui. Si crede liberoma finisce schiavo della tentazione di possedere, diconsumare, di sentirsi potente per i soldi, di soddisfa-re egoisticamente i piaceri sessuali. Specialmente sispegne in lui il desiderio di amare perché il suo cuo-re si è indurito.Il diavolo ottiene, così, lo scopo di portarlo alla totaledegradazione della dignità e alla morte. Lo salva soloun sentimento di umiltà che si risveglia nel cuore e sitraduce nella decisione di tornare dal padre.Sì, cari fratelli, la libertà, senza riferimento alla Leg-ge di Dio diventa delirio che fa paura anche agli os-

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servatori laici più attenti. Come il figlio minore, in-fatti, stiamo perdendo il valore dei doni ricevuti daDio: il senso della sacralità della vita propria e altrui,il linguaggio dell’amore negli affetti e nella sessualità,il valore della dignità di ogni persona. Questi sono segni inequivocabili dell’azione distrutti-va di satana che alla fine lascia il vuoto nel cuore cheha perduto un senso grande alla vita e, specialmente,non sa più amare. In questa condizione, la libertà del-l’uomo si attorciglia su se stessa e diventa pericolosaper chi la esercita e verso gli altri. Chiediamoci con onestà se la nostra società non stiaforse lasciando in eredità alle nuove generazioni que-sto vuoto, trasmettendo l’idea che la libertà è il dirit-to di fare quello che più piace senza vincoli esterni.Non ne stiamo vedendo le conseguenze nel disorien-tamento di tanti piccoli; non pensiamo che l’indiffe-renza degli adolescenti non ne sia la conseguenza?

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GUARDARE IL VOLTO DI GESÙ CRISTO,NOSTRA UNICA SPERANZA59

LA LOTTA DELLA ZIZZANIACONTRO IL BUON GRANO

23. Buon grano e zizzania: questo è il panorama cheabbiamo ogni giorno sotto gli occhi e nel quale cer-chiamo segni di speranza che sostengano il desideriodi vivere, di gioire e di impegnarci. Accanto a segnibelli che parlano del Cuore di Colui che è l’Amantedella vita60, il nostro sguardo si scontra anche conbrutti segnali di male e di morte. Il bene accanto al male è una grande contraddizioneche ha fatto soffrire e pensare gli uomini di ogni epo-ca e fa penare e riflettere anche noi. Il cristiano non vuol cedere alla rassegnazione e sischiera a sostegno di ogni pianticella di buon grano,di ogni persona che vive la fede e l’amore. La stessa Parola di Dio, però, rivela che siamo dentrouna lotta tremenda che il libro dell’Apocalisse, conlinguaggio simbolico, descrive con grande realismo eattualità61.Se guardiamo con coraggio la realtà, non possiamonon fare i conti, almeno di tanto in tanto, con la do-manda: chi sta avendo la meglio dentro la storia uma-na? Le radici della zizzania non stanno soffocando ilbuon grano? Anche dentro la Chiesa non dilaga sem-pre più una scristianizzazione e un’indifferenza chenon si lascia scalfire dalle nostre proposte? In chesenso le Beatitudini sono la vera realizzazione dellavita?Sono queste le domande che con onestà mi pongo;

seconda parte�

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come cristiano e come vescovo, di fronte alla mia co-scienza e a coloro che sono in ricerca di una speranzaaffidabile62.

LA MORTE: ESTREMO OSTACOLOCONTRO LA SPERANZA

24. Esiste, poi, l’estremo ostacolo contro la speranzache nessun uomo e nessuna religione e cultura hannopotuto evitare: è la morte nostra e delle persone cheabbiamo amato. Un ostacolo così inquietante che lanostra società da decenni cerca di nascondere, ricor-rendo a vari stratagemmi evidenziati, ormai, da moltistudi.Come tutti, anch’io me lo sono trovato davanti tantevolte nella mia vita; ma in alcuni momenti è stato uninterrogativo assolutamente serio. Quando sono tornato a casa, dopo essere stato infor-mato della morte improvvisa di mia mamma, ho tro-vato il suo corpo già ben composto ma lei non c’erapiù. Una violenza inaspettata, senza chiedere il per-messo, aveva spezzato il dialogo di sguardi e di paroleche mi aveva accompagnato, con amore e discrezione,per tutta la vita. Mentre pregavo il santo rosario conparenti e amici, guardavo il volto della mamma segna-to dalle rughe di una vita ma anche sereno e quasi lu-minoso. E mi chiedevo: cosa spero ancora per lei e perme? Della sua vita, di tanti sacrifici e di tante preghie-re quotidiane cosa rimane?Un altro volto che mi è rimasto nel cuore è quello diun amico fraterno, don Biagio, morto di tumore a 40anni. Fin dalle medie avevamo condiviso stima, affettie tanti interessi. L’avevo visto insultato da un male chegli aveva portato via tutta la memoria. Quando andai apregare alla sua bara, vidi il suo volto quasi solenne;sembrava assorto in un Altro Pensiero che non potevo

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raggiungere. Mi ricordai allora le parole che avevascritto ai suoi parrocchiani salutandoli: “Vi aspettonella Gerusalemme del cielo”.I nostri cari defunti ci lasciano in eredità le domandepiù importanti per la nostra vita: val la pena di spende-re i giorni donandosi o è meglio adattarsi al “carpediem”? Cosa resta dei legami di amore costruiti con fe-deltà e sacrifici? E dei desideri e progetti mai realizza-ti? E del male fatto a cui non si ha avuto tempo di ri-mediare?Ci sono, poi, altri morti che mi pongono domande mu-te e molto serie. Sono le incalcolabili vittime delle vio-lenze di ogni genere che la storia umana ha lasciatodietro a noi: i milioni di aborti, gli uccisi nelle guerre enei campi di sterminio, i disperati inghiottiti dal maresenza raggiungere la sponda della speranza. E’ un e-lenco che supera la nostra immaginazione.Resteranno per sempre senza qualcuno che renda lorogiustizia? Il maligno, per mano di malvagi, ha avuto lasua infernale vittoria su di essi?63

IL VANGELO DELLA SPERANZA

25. Mentre pregavo accanto al volto sereno e immobiledi mia mamma, mi tornava in mente la dichiarazionedi san Paolo: “Ora, se si annuncia che Cristo è risortodai morti, come possono dire alcuni tra voi che non viè risurrezione dei morti? Se non vi è risurrezione deimorti, neanche Cristo è risorto! Ma se Cristo non è ri-sorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota an-che la vostra fede. Noi, poi, risultiamo falsi testimoni diDio, perché contro Dio abbiamo testimoniato che egliha risuscitato il Cristo mentre di fatto non lo ha risu-scitato, se è vero che i morti non risorgono. Se infatti imorti non risorgono, neanche Cristo è risorto; ma seCristo non è risorto, vana è la vostra fede e voi siete an-

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cora nei vostri peccati. Perciò anche quelli che sonomorti in Cristo sono perduti. Se noi abbiamo avutosperanza in Cristo soltanto per questa vita, siamo dacommiserare più di tutti gli uomini. Ora, invece, Cristoè risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti.Perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, permezzo di un uomo verrà anche la risurrezione deimorti”64.Sapevo bene che lei era vissuta sostenuta da questa spe-ranza e tante volte me lo aveva testimoniato più con ifatti che con le parole. Sorretta da questa speranza ave-va vissuto il rapporto non sempre facile con papà, ali-mentando un amore che si era purificato negli anni. Siera sacrificata, con normalità quotidiana, per noi figli,mettendo sempre le nostre esigenze al primo posto. Ri-masta vedova, si era dedicata con mia zia ai visitare an-ziani e malati. Non la sfiorava il dubbio di sprecare isuoi anni perché non pensava a se stessa ma, letteral-mente, si sacrificava per la famiglia e gli altri. In lei eraradicata la fede in Gesù Cristo risorto dai morti e la spe-ranza che anche lei sarebbe entrata, con Lui, nella vitaeterna portando il tesoro di tutto il bene compiuto.L’eucaristia, la comunione e la preghiera quotidiana a-vevano nutrito la sua speranza, come quella dell’amicodon Biagio.

26. Le parole dell’apostolo contengono l’annuncio del-la speranza cristiana. I cristiani sperano e attendonoche i loro cari, rubati dalla morte, risorgano; e non so-lo le persone a cui sono stati legati da affetto, ma tutti imorti. Hanno questa gioiosa speranza perché Gesù Cri-sto, in cui credono, è, per primo, risorto dai morti.Questo è il vero “vangelo”, la bella notizia scoperta soloda chi ha conosciuto Gesù. Non è, però, riservata ai cri-stiani, ma è per tutti gli uomini perché nessuno sfuggealla morte. Per far giungere ovunque l’annuncio diquesta speranza Gesù, prima di salire al Padre, ha in-

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viato gli apostoli a predicare in tutto il mondo. A Gesùinteressa ogni uomo perché, per ciascuno, è morto ed èrisorto.Nell’anno dedicato a questa grande virtù teologale tor-niamo ad ascoltare ancora una volta l’annuncio di spe-ranza che troviamo in tutti i libri del Nuovo Testamen-to: “Gesù è morto per i nostri peccati e, dopo esserestato sepolto, è risorto il terzo giorno” e in lui risorge-ranno quanti in lui credono e sperano. Anche se sono parole che conosciamo a memoria nondobbiamo cedere alla presunzione di averle già capite.Chiediamo allo Spirito Santo la grazia di comprender-ne il significato nel momento in cui perdiamo con lamorte genitori, fratelli e amici e che cosa significanoper la nostra vita. Sono tantissimi i passi del Nuovo Te-stamento che parlano della speranza portata da Gesù u-miliandosi fino alla morte di croce e risorgendo daimorti65. Cerchiamo del tempo per meditarli personal-mente e assieme. Abbiamo preparato anche quest’announ sussidio con schede per incontri di preghiera e diriflessione su alcuni testi biblici ispirati dallo Spirito.In nota ne indico anche altri66. Con le mie parole aggiungo qualche breve commentoalla Parola di Dio per risvegliare in noi l’unica “speran-za che non delude”67: Gesù risorto “speranza della Glo-ria”68.

I PRIMI TESTIMONI DELLA SPERANZA CRISTIANA. MARIA DI MAGDALAE I DUE DISCEPOLI DI EMMAUS

27. L’annuncio che ha cambiato il mondo è stato por-tato da una donna, Maria di Magdala, il mattino di Pa-squa. Spalancata la porta della casa dove stavano chiu-si gli apostoli, gridò tra lacrime di gioia: “Ho visto ilSignore!”.

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«Hanno portato via il mio Signore e non so dovel'hanno posto». Detto questo, si voltò indietro e videGesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. Le disseGesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Ella, pen-sando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Si-gnore, se l'hai portato via tu, dimmi dove l'hai posto eio andrò a prenderlo». Gesù le disse: «Maria!». Ella sivoltò e gli disse in ebraico: «Rabbunì!» - che significa:«Maestro!». Gesù le disse: «Non mi trattenere, perchénon sono ancora salito al Padre; ma va' dai miei fra-telli e di' loro: «Salgo al Padre mio e Padre vostro, Diomio e Dio vostro»». Maria di Màgdala andò ad annun-ciare ai discepoli: «Ho visto il Signore!» e ciò che le a-veva detto”69.Maria stava fuori della tomba di Gesù e, in solitudine,piangeva amare lacrime senza speranza. Tutti cono-sciamo quelle lacrime amare che sgorgano dal cuorequando ci troviamo impotenti davanti al male; quandosiamo delusi di noi stessi perché le nostre debolezze,vizi e peccati hanno, ancora una volta, condizionato lanostra volontà; quanto vediamo negli occhi degli inno-centi una rassegnata disperazione davanti alla cattive-ria che li sta rovinando; quando ci muoiono personetanto care e con loro muore una parte di noi stessi. Maria, il venerdì sera, aveva dovuto abbandonare nelsepolcro il corpo straziato del suo Maestro Gesù chel’aveva accolta senza giudicare i suoi gravi peccati e leaveva toccato il cuore con un amore puro di compas-sione e perdono. Per non perderlo aveva avuto il co-raggio di accompagnare Maria, la Madre, fin sotto lacroce e lo aveva guardato mentre assorbiva nel cuore enel corpo la cattiveria di chi lo voleva schiacciare. Lo a-veva visto subire i peggiori insulti con mitezza, perdo-nando, senza reagire; Lui che aveva placato le tempe-ste sul lago, aveva moltiplicato i pani, aveva richiama-to alla vita l’amico Lazzaro poco tempo prima. Alla fi-

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ne, in quella tomba, chiusa con un’enorme pietra, laMaddalena aveva deposto anche la sua speranza.Il mattino di Pasqua piange lacrime tristi vicino al se-polcro da cui non riesce a staccarsi perché li è rimastoil suo amore e la sua speranza. Ma si sente chiamare daGesù che è accanto a lei ma fatica a riconoscerlo. Fati-ca ad uscire dall’amarezza senza speranza finché nonsi sente chiamare per nome: “Maria!”. Il suo cuore è scosso da quella Voce piena di un Amoreumanissimo e, insieme, potente. E’ l’Amore che già leaveva guarito il cuore con il perdono ed ora la cercadentro la sua solitudine priva di speranza.Maria ascolta la Voce del suo Signore e Salvatore e sisente tirare fuori dalla tomba della solitudine, dell’a-marezza e della rassegnazione al male in cui era rin-chiusa. Ella risorge con Gesù perché Lui, come avevapromesso70, è tornato dai morti per cercarla e acco-glierla in quell’Amore da cui né male, né morte potràpiù staccarla.Il mattino di Pasqua per Maria comincia già la vera “vi-ta eterna” perché si sente quasi travolta da una gioia euna speranza tanto che non ha più paura di niente e dinessuno perché sa che Gesù non la perderà più.Così, Gesù risorto ha la sua prima testimone che va daidiscepoli: “Venite anche voi perché ho visto il Signore!”.

28. Lo stesso giorno di Pasqua, verso sera, Gesù risortoincontra anche i due discepoli che, da Gerusalemme,tornavano a casa a Emmaus. Ho già commentato la lo-ro esperienza nella lettera pastorale dello scorso anno71.Mi limito a sottolineare che in loro ritroviamo gli stessisentimenti della Maddalena. Sono oppressi dalla sua stessa tristezza perché sul cal-vario, con il sole72, si era oscurata anche la loro esisten-za e si era spenta la grande speranza che avevano postoin Gesù.

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Quando Gesù apre i loro occhi e lo riconoscono sonoquasi travolti dalla stessa gioia di Maria. E’ la gioia cheGesù aveva promesso73 e che fino ad allora non poteva-no aver provato perché i nostri momenti di gioia han-no, poco o tanto, l’ombra della fugacità. La gioia che Gesù risorto con la sua presenza dona aloro non teme, invece, di essere oscurata e soffocata74.Né male, né morte avranno più la forza di strapparlidall’ invincibile amore col quale Gesù risorto li tieneuniti a sé. I discepoli sono certi che Lui ha il potere diaccompagnarli ogni giorno fino al termine del pelle-grinaggio terreno e di accoglierli nella Vita eterna. Liguiderà con la sua Parola che ha scaldato il loro cuoree con il suo Corpo e Sangue nell’eucaristia che ha con-diviso con loro. Come Maria hanno iniziato una vita nuova che avràcome unico scopo quello di testimoniare a tutti che lasperanza è possibile e che ha il nome e il volto di Gesùrisorto.

DALLA RISURREZIONE DI GESÙALLA RISURREZIONE DEI MORTI

29. Gesù risorto, oltre alla Maddalena e ai discepoli diEmmaus, si rivelò a pochi altri discepoli e, in partico-lare, ai dodici apostoli. Ultimo a incontralo fu Saulosulla via di Damasco75. Questi sono i testimoni che par-tirono da Gerusalemme per andare in tutto il mondo.Erano un piccolo gruppo, ma il vangelo della speranzache annunciavano aveva la potenza dello Spirito Santoche conquistava i cuori assetati. Riprendo l’annuncio di san Paolo: “Se non vi è risurre-zione dei morti, neanche Cristo è risorto. Ora, invece,Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sonomorti”76.

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Questa è la nostra speranza: dove è Lui potremo esseranche noi. Se Lui è risorto porterà nella sua risurrezio-ne anche i morti. Questa incrollabile speranza ci vienetramandata dal Credo della nostra Chiesa di Aquileiache confessa: “Credo la risurrezione di questa carne”.Questa splendida affermazione ci porta, prima di tutto,a guardare a Gesù che è risorto con il suo corpo riccodelle cicatrici di dolore e di amore della sua passione.Così, farà risorgere anche noi, anche con la “nostra car-ne” che sarà come quella di Gesù e di Maria, sua Madre,che Egli, dopo la morte, ha voluto con sé “in anima ecorpo”77. Le mani che hanno curato e servito non reste-ranno nella polvere ma risorgeranno come quelle diGesù con le stigmate dell’amore78. Ritroveremo real-mente le persone care come gli apostoli hanno ritrova-to Gesù risorto con tutta la sua persona che ben aveva-no conosciuto. Sarà la Comunione dei Santi.

IL PASTORE GRANDECHE È DISCESO AGLI INFERI

30. A questo punto, però, chiediamoci: chi sono i mor-ti che risorgeranno come Gesù e con Lui? Troviamo la prima risposta nel Credo di Aquileia ilquale afferma che Cristo morì, fu sepolto e “discese ne-gli inferi”. La prima persona che Gesù risorto incontrònon fu Maria Maddalena, che piangeva all’esterno delsepolcro. Prima egli discese “negli inferi”; là dove sta-vano i morti di tutta la storia umana. Come il buon pastore andò a cercare i più poveri; gliuomini che, esalato l’ultimo respiro, non avevano piùenergie per tornare alla vita. Noi non possiamo far più nulla per i morti perché laforza distruttrice della morte ce li ha portati via persempre. Gesù risorto, invece, col suo Amore vittoriosoè entrato fin dentro gli inferi ed è andato a prendere

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per mano i morti, uno per uno. E’ l’unico “Pastoregrande delle pecore”79 del quale esse possono fidarsiperché cerca e trova anche la pecora smarrita negli in-feri e con la sua Voce forte e soave la risveglia dal son-no della morte. Le lacrime delle tante vittime dell’egoismo e della cat-tiveria trovano l’Amore di Gesù risorto che rende lorogiustizia e le consola per l’eternità. Abbraccia nel per-dono pieno chi si affida a Lui. Coloro che nella vita terrena si sono alleati al demonioe, chiusi nel loro egoismo, hanno rovinato o distruttola vita dei fratelli si troveranno di fronte all’Amore diGesù risorto. L’Amore che hanno rifiutato sarà l’estre-mo e misterioso giudizio. Su di esso noi non possiamodire nulla perché la coscienza dell’uomo è un abisso.Però, la grazia non è un colpo di spugna che cancellala giustizia. Coloro che restano malvagi nel cuore nonpossono sedere nel banchetto eterno accanto alle vitti-me, come se nulla fosse stato80.A Gesù risorto, che fa splendere la luce della speranzanel buio della morte, consegniamo anche i nostri cariquando preghiamo per loro nella S. Messa del funera-le. Solo Lui può accoglierli e unirli all’immenso greg-ge che riunisce nella Gerusalemme celeste e nella ter-ra promessa della risurrezione81.

IL PECCATO È IL VERO MALECHE PORTA ALLA MORTE

31. I morti, però, sono solo coloro che hanno esalatol’ultimo respiro e finiscono consumati nella tomba onella cremazione?Spontaneamente ci viene da pensare così. Ma ben di-verso è il pensiero di Gesù riportato nei vangeli e intutto il Nuovo Testamento.Nella parabola del figliol prodigo, il padre, per convin-

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cere il figlio maggiore a partecipare alla festa per il ri-torno del fratello minore, gli dice: “Questo mio figlio e-ra morto ed è tornato in vita. Era perduto ed è stato ri-trovato”82. Quel figlio era fisicamente vivo ma il padrelo piangeva come morto, come perso per sempre.Si era abbandonato alle tentazioni del diavolo – all’or-goglio, prima di tutto – e si era rovinato completamen-te nel peccato. San Paolo scrive ai Romani: “Il salario del peccato è lamorte”83. Il peccato è la vera malattia grave dell’uomoperché è una morte progressiva che rovina il suo mododi pensare, i suoi sentimenti e affetti, il corpo, i rappor-ti con gli altri. Avvertendo che il peccato introduce lamorte in tutte le dimensioni della persona umana, gri-da con grande sincerità: “Me infelice? Chi mi libereràda questo corpo di morte?Aggiunge subito, però: “Siano rese grazie a Dio permezzo di Gesù Cristo nostro Signore!”84. Da quando haincontrato Gesù, Paolo ha trovato la speranza di essereliberato dalla schiavitù del peccato. E’ iniziata la sua ri-surrezione dal peccato all’amore.Definisce i battezzati con un’espressione sorprendente:“Viventi, ritornati dai morti”85. A causa del peccato a-vevano la morte nel cuore. Dopo il battesimo sono di-ventati tempio dello Spirito Santo di Gesù86.

32. Non possiamo nascondere la differenza tra il pen-siero di Gesù e la sensibilità attuale, per la quale sonoben altri i mali dell’uomo e il peccato ha poco peso.Tante analisi sociologiche mostrano che, tanto si tendead allontanare il pensiero della morte, altrettanto sva-nisce nelle persone il senso del peccato.Anzi, far presente ad una persona la sua situazione dipeccato sembra un atteggiamento poco rispettoso, dicondanna e di rifiuto della persona stessa. Si tende,piuttosto, a scusare e giustificare per togliere il pesodel senso di colpa.

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Questo modo di vedere, però, è in evidente contrastocon la Parola di Dio. Sono innumerevoli le pagine dellaSacra Scrittura che, con schiettezza, indicano nel pec-cato la rovina della vita di un uomo; che da lui, poi, siestende alla vita degli altri, della società e della naturastessa. Con altrettanto realismo, le tentazioni del de-monio e i vizi sono indicati come dei padroni potentiche dominano la libertà dell’uomo spingendola al pec-cato. Dio Padre ha rivelato la sua divina Compassione quan-do ha consegnato Gesù, suo Figlio, fino alla morte incroce pur di salvarci dal peccato87. E il Signore Gesù hapagato su di sé questo prezzo pur di non abbandonarcinella morte del peccato: “Ci ama e ci ha liberati col suosangue dai nostri peccati”88.

33. La Parola di Dio non è fuori della realtà; rivela, in-vece, una verità che salta all’occhio di chiunque guardicon onestà come vanno le cose a questo mondo. Pensoche credenti e non credenti non possono che concor-dare con queste parole di Benedetto XVI: “L’esistenza diquello che la Chiesa chiama peccato originale è pur-troppo di un’evidenza schiacciante, se solo guardiamointorno a noi e prima di tutto dentro di noi. L’esperien-za del male è infatti così consistente, da imporsi da sée da suscitare in noi la domanda: da dove proviene?”89.Ci sono “strutture di peccato” che pesano su tutti e cheil Magistero della Chiesa ha più volte denunciato90. I re-sponsabili, però, siamo tutti noi perché esse sono ilfrutto di tanti peccati personali che quotidianamentecommettiamo, cedendo all’attrattiva dei sette vizi capi-tali91.A questa responsabilità personale ha richiamato conforza Papa Francesco nella sua visita a Lampedusa:“«Dov’è il tuo fratello?» Chi è il responsabile di questosangue? [..]. Chi è il responsabile del sangue di questifratelli e sorelle? Nessuno! Tutti noi rispondiamo così:

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non sono io, io non c’entro, saranno altri, non certo io.Ma Dio chiede a ciascuno di noi: «Dov’è il sangue deltuo fratello che grida fino a me?». Oggi nessuno nelmondo si sente responsabile di questo; abbiamo persoil senso della responsabilità fraterna [..] La cultura delbenessere, che ci porta a pensare a noi stessi, ci rendeinsensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle disapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono l’illu-sione del futile, del provvisorio, che porta all’indiffe-renza verso gli altri, anzi porta alla globalizzazionedell’indifferenza”92.L’opera di satana è rivolta sempre al cuore dell’uomoper attirarlo al peccato. Dal cuore rovinato dal peccatonascono i mali sociali e le strutture di peccato93.

GESÙ FA RISORGERE GLI UOMINI MORTIA CAUSA DEL PECCATO

34. Gesù risorto ha compassione di noi peccatori e cicerca instancabilmente, facendosi nostro compagno diviaggio. Ci chiama per nome, come chiamò Maria, e a-spetta che apriamo il nostro cuore povero e misero94.Non attende che siamo noi a pensarlo e cercarlo, ma ciprecede e ci accompagna continuamente con la suagrazia.Il protagonista primo della vita di un battezzato è Gesùrisorto che, dice san Paolo, lo ha accolto dentro la suamorte, dentro il suo amore senza misura. Dal momen-to del battesimo ognuno di noi vive sempre dentro l’a-more di Gesù e in ogni istante è unito a Lui sia nella vi-ta terrena che oltre la morte fisica95. Per questo, l’apo-stolo può rassicurarci con queste consolanti parole;“Poiché Dio non ci ha destinati alla sua collera ma al-l'acquisto della salvezza per mezzo del Signor nostroGesù Cristo, il quale è morto per noi, perché, sia chevegliamo sia che dormiamo, viviamo insieme conlui”96.

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Con il sacramento della cresima, che completa il batte-simo, Gesù ha donato in pienezza il suo Santo Spirito.E’ lo stesso Spirito Santo nel quale egli vive la Comu-nione di Figlio con Dio Padre. E così siamo accolti an-che noi nella stessa Comunione e, uniti sempre a Lui,diciamo “Padre nostro”97. La grande consolazione del cristiano è prendere co-scienza della delicata e fedele opera d’amore dello Spi-rito di Gesù in Lui. Ci guarisce un po’ alla volta dal ma-le del peccato per amare come Gesù. Il cuore guarito epieno dell’amore di Gesù trova la forza di donare la vitanel matrimonio, nel sacerdozio, nella vita consacrata,nell’aiuto ai poveri, Gesù risorto rinnova continuamente il dono dello Spi-rito Santo, specialmente quando ci riuniamo per cele-brare l’eucaristia. Mentre ascoltiamo la lettura dellaParola di Dio lo Spirito Santo infiamma il nostro cuo-re e illumina i nostri pensieri con i pensieri di Gesù.Quando, poi, facciamo la comunione Gesù entra in noicon il suo Corpo e con tutto il suo Spirito dell’Amore e,giorno dopo giorno, ci cambia in Lui.

35. Concludendo queste riflessioni, riprendo l’annun-cio di Paolo: “Se Cristo è risorto dai morti, anche imorti risorgono in lui”. Auguro a tutti di far esperienza che questo è il vero“vangelo della Speranza”. Noi eravamo “ i morti”, acausa dei peccati, che hanno ricevuto la grazia di risu-scitare con Gesù per la potenza del suo Santo Spiritodell’Amore.La vita eterna non inizierà solo dopo la nostra morte fi-sica ma è già cominciata col battesimo. Grazie allo Spi-rito dell’Amore in noi stanno morendo sempre più ilpeccato, i vizi, l’egoismo, la poca fede, l’indifferenzaverso la preghiera. Cresce in noi un cuore nuovo, simi-le al Sacro Cuore di Gesù. La morte fisica sarà il mo-mento dell’abbraccio pieno con Lui e con tutti i fratel-

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li nell’eterna Comunione dei salvati e dei santi. Questa è la grande Speranza che Gesù risorto riversanei nostri cuori. Quale gioia e speranza più grande po-ter dire anche noi: “Non vivo più io, ma Cristo vive inme”98! Quale speranza più grande che sentirci liberidalla prigione dell’egoismo e da quella più dura dell’or-goglio e fare esperienza di un cuore che si allarga sem-pre più nell’amore! Quale speranza più grande di senti-re in noi la libertà di mettere tutta la vita e per semprenelle mani di Gesù per essere piccoli segni del suo a-more per la Chiesa e per tanti suoi e nostri fratelli!Quale gioia essere noi i testimoni che solo la speranzain Gesù non delude!99

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ESSERE SEGNI DI SPERANZAAGLI OCCHI DEL MONDO

LA SPERANZA: SEGNO DISTINTIVODEI CRISTIANI NEL MONDO

36. Gesù risorto diffonde la vittoria del suo amore tra-sformando il cuore e la coscienza di ogni uomo checrede in Lui. La conversione avviene nel segreto dovevede solo il Padre e dove arriva solo Gesù con il suoSpirito100, senza altri testimoni.Quando, però, il cuore cambia si rinnova tutta la per-sona. Come per la Maddalena e i due discepoli di Em-maus, si accende in noi la speranza di Gesù e quella lu-ce traspare da tutta la nostra persona101.L’antica Lettera a Diogneto racconta come la gente ve-deva i cristiani. Dopo il battesimo, apparentemente es-si erano come prima, nel vestito, nelle abitazioni, neirapporti. Eppure i pagani coglievano in loro un cam-biamento totale e meraviglioso che diffondeva straor-dinaria serenità e speranza anche quando venivano in-giustamente perseguitati102.I cristiani sono sempre stati contagiosi per la loro spe-ranza. La loro serenità forte e profonda attira i noncredenti verso la Chiesa che è e deve essere la casa del-la speranza.In Friuli tutti si accorgeranno che stiamo vivendo unAnno della speranza se la diocesi, le parrocchie, le fa-miglie e tanti cristiani mostreranno segni luminosi ecoraggiosi di speranza. Nelle programmazioni pastorali delle foranie e dellecomunità scegliamo assieme alcuni segni da proporrein modo particolare.

terza parte�

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Chi è giunto fin qui nella lettura della mia lettera deci-da qualche segno di speranza da vivere durante l’anno.Tra i tanti che lo Spirito Santo ci suggerirà ne indicobrevemente alcuni.

I MARTIRI E I SANTI

37. Ricordo, prima di tutto, i martiri perché, come di-ce il nome, sono i testimoni per eccellenza di Gesù ri-sorto di fronte al mondo. Nella loro debolezza manife-stano una speranza e una potenza straordinaria che hainquietato i dominatori di questo mondo; come appa-re, ad esempio, nel racconto della passione dei martiridi Lione riportato dallo storico Eusebio di Cesarea.Siamo nel 177 dopo Cristo e il comandante romano,non pago di aver fatto orrendamente torturare e ucci-dere una cinquantina di cristiani, ordina di bruciarne icorpi e disperderne le ceneri nel fiume Rodano dicen-do: “Devono perdere anche la speranza di risorgere,appoggiandosi sulla quale introducono presso di noiun culto nuovo e straniero e sprezzano i supplizi,pronti a andare gioiosamente incontro alla morte! Ve-diamo, adesso, se risorgeranno; vediamo se il loro Diopuò soccorrerli, e strapparli dalle nostre mani!”103.Quei martiri erano già dei risorti perché pur di nonrinnegare il loro rapporto di fede e di amore con Gesùerano pronti a rinunciare alla vita fisica. Avevano già i-niziato a vivere la vita eterna che si sarebbe compiutanella risurrezione finale. Proprio quella speranza nel-la risurrezione turbava il comandante romano perchéaveva capito che era invincibile. I martiri perdevano lavita fisica ma la loro speranza vinceva.La fede della nostra Chiesa di Aquileia ha la sua linfavitale nel sangue dei martiri e Patroni, Ermacora eFortunato, e degli altri martiri che celebriamo duran-te l’anno liturgico.Il martirio ha segnato il sorgere della Chiesa di Cristo

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e l’ha accompagnata lungo tutto il suo cammino. Il‘900 è stato il secolo con il maggior numero di martiri.Nomino appena san Massimiliano Kolbe e Edith Stein(santa Teresa Benedetta della Croce) che hanno illumi-nato con la loro testimonianza di fede e di carità l’in-ferno dei lager nazisti; e il beato don Pino Puglisi cheha portato il vangelo nel cuore della mafia, a prezzodella vita. Così pure, in questo secolo, poi, sta prose-guendo l’umile e forte testimonianza dei martiri intanti territori dell’Africa e dell’Asia.Come i martiri, tutti gli altri santi hanno testimoniatola stessa speranza, ponendo al centro dei loro interessiil rapporto con Gesù nei sacramenti e nella preghiera,fino a sacrificare in modo eroico la loro vita al serviziodei fratelli. La loro è stata “carità eroica”, il segno chela Chiesa cerca per dichiarare santo un suo figlio.

38. Nell’Anno della speranza rinnoviamo il ricordo e lavenerazione dei martiri e dei santi.

u Tutte le nostre comunità cristiane hanno la bellatradizione di venerare i propri santi patroni, con mani-festazioni molto partecipate. Rinnoviamo queste ini-ziative perché non scadano solo nel folklore ma sianoincontri di fede e di preghiera. Possiamo raccontare inmodo avvincente la loro esperienza di fede e di amoreche ancora tocca i cuori. Aiutiamo, poi, i partecipanti apregare il santo che veneriamo perché è un potente in-tercessore che ci accompagna.

u Ricordiamo i fratelli e le sorelle cristiani che inquesto tempo rischiano il martirio, tenendoci infor-mati, pregando per loro e anche sostenendoli nei modipossibili. Canali preziosi di questa solidarietà possonoessere le nostre missionarie e missionari con i qualimolte comunità e associazioni hanno rapporti di colla-borazione.

u Per tutta la diocesi prepareremo due sussidi conbrevi racconti della vita di alcuni martiri e santi: uno

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per gli adulti e uno per i bambini. Saranno a disposi-zione per l’inizio dell’Avvento per la lettura personale,in famiglia, negli incontri di catechesi e formazione.

LE NOSTRE COMUNITÀ RIUNITENELLA CELEBRAZIONE EUCARISTICA

39. Le persone cercano la Chiesa se si sentono accolteda una gioiosa speranza; se ne allontanano quando re-spirano al suo interno un clima di stanchezza e di fred-dezza. La nostra diocesi è formata da tante comunità a misu-ra d’uomo nelle quali è possibile conoscersi personal-mente e intrecciare rapporti diretti. Di questi rapportitante persone hanno bisogno e facilmente si aggrega-no ad una comunità in cui circola l’aria fresca dellasperanza che Gesù risorto ha diffuso il mattino di Pa-squa.Per creare questo clima gioioso e accogliente e vincerel’individualismo che si diffonde anche in Friuli, nonbastano le nostre iniziative e i nostri sforzi. A volte hol’impressione che ci facciamo prendere da questa illu-sione.Una comunità cristiana è viva e si rinnova solo se la-scia spazio al Protagonista primo: lo Spirito Santo dif-fuso da Gesù nei nostri cuori. Egli ce lo dona special-mente quando ci riuniamo per celebrare la S. Eucari-stia, ascoltando la sua Parola e mangiando il suo Cor-po, Pane della Vita e dell’Amore.La S. Messa, se è celebrata e vissuta con fede, unisce icuori nell’unica speranza e nell’unica carità perché inessa “annunciamo la morte del Signore, proclamiamola sua risurrezione, nell’attesa della sua venuta”. Perquesto la celebrazione dell’Eucaristia è “fonte e culmi-ne” della vita della Chiesa104.

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40. L’Anno della speranza, perciò, sia l’occasione perrinnovare l’impegno nella preparazione e nella curadella celebrazione della S. Messa, specialmente dome-nicale.

u I primi responsabili sono i sacerdoti che invito ainterrogarsi su come si dispongono spiritualmente apresiedere la S. Messa, come preparano l’omelia e co-me stimolano i cristiani a partecipare alla celebrazio-ne.

u Nel 50° anniversario della promulgazione dellaCostituzione sulla Liturgia “Sacrosanctum Conci-lium”, del Concilio Vaticano II, sarà molto utile rileg-gere questo importante documento del Magistero conquanti hanno una parte attiva nella celebrazione euca-ristica (diaconi, lettori, ministranti, cantori, animato-ri). La prima condizione per curare bene la liturgia èscoprire e vivere il suo significato spirituale.

u Dalla riforma liturgica del Vaticano II è nato ilnuovo Messale romano che contiene i testi e le indica-zioni per la celebrazione della S. Messa. Invito a valo-rizzarlo in tutta la sua ricchezza rileggendo, in propo-sito, l’ Ordinamento Generale Principi posto all’inizio.Ogni celebrante è tenuto a seguire con fedeltà i testi ele indicazioni del Messale come segno di comunionenella Chiesa e per non creare disorientamento tra i fe-deli. Se è ben conosciuto, il Messale offre opportunitàe spazi di intervento al celebrante e agli altri attori del-la celebrazione.

u La prima condizione per ravvivare le nostre cele-brazioni eucaristiche è l’intensità di fede con cui vipartecipiamo. Per questo invito caldamente i sacerdotia prepararsi con il raccoglimento interiore; a presiede-re la S. Messa “in persona di Cristo”105, pregando loSpirito Santo. Tutta l’assemblea sia aiutata a partecipa-re alla S. Messa in clima di silenzio interiore, di pre-ghiera, di ascolto.

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LA PREGHIERA DI SUFFRAGIO PER I DEFUNTI

41. Sostenuta dalla certa speranza che i morti risorgo-no, la Chiesa ha sempre accompagnato con la preghie-ra i propri figli che oltrepassavano la misteriosa sogliadella morte fisica per entrare nella Comunione deiSanti. Ha tenuto vivo il legame spirituale con i santi ri-cordandoli nella liturgia e affidandosi alla loro inter-cessione presso la misericordia di Dio.Essa ha sempre ricordato fedelmente i defunti con lapreghiera di suffragio che trova spazio nella celebra-zione di ogni S. Messa. Questa preghiera è un grandeatto di fede in Gesù che ha vinto la morte, di speranzanella risurrezione dei morti in Cristo, di carità purissi-ma verso coloro che abbiamo amato e che possiamocontinuare ad amare ed aiutare con la preghiera.La preghiera di suffragio per i defunti fa del bene an-che a noi e contribuisce a rendere più umana tutta lasocietà. La fretta e l’efficientismo, mentre portano a di-menticare i propri morti, inaridiscono i cuori e impo-veriscono i rapporti. Se ricordiamo con affetto i voltidei cari defunti e invochiamo per ognuno di loro dallamisericordia di Dio Padre la grazia della felicità eterna,ci ritroviamo più buoni e umili nei rapporti reciproci epiù saggi nel dare il giusto valore alle cose e alle vicen-de della vita.

42. Durante l’Anno della speranza invito le nostre co-munità cristiane a valorizzare la preghiera di suffragioper i defunti trovando le occasioni più opportune.

u C’è bisogno di una convinta catechesi sul miste-ro della Comunione dei Santi grazie al quale siamodentro un rapporto di fede e di amore con i santi e tut-ti i defunti, in Gesù risorto. Saranno occasioni favore-voli la festa di Tutti i Santi, la Commemorazione deifedeli defunti e le celebrazioni dei funerali.

u I funerali sono tuttora molto partecipati e fre-

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quenti. Per questo sono occasioni preziose per annun-ciare a molte persone la speranza nella risurrezione.Evitando una prassi ripetitiva, impegniamoci a curarela celebrazione e la predicazione.

u Per i motivi sopra accennati, non perdiamo lagrande tradizione cristiana delle S. Messe celebrate insuffragio dei defunti. Oltre che ad ordinarle al sacerdo-te, invitiamo la gente a parteciparvi con fede.

IL PERDONO DEI PECCATI NEL SACRAMENTO DELLA PENITENZAE DELLA RICONCILIAZIONE

43. Hanno toccato il cuore di molte persone questeparole di Papa Francesco: “E’ venuta da me una donnaanziana, umile, molto umile, ultraottantenne. Io l’hoguardata e le ho detto: “Nonna – perché da noi si dicecosì agli anziani: nonna – lei vuole confessarsi?”. “Sì”,mi ha detto. “Ma se lei non ha peccato …”. E lei mi hadetto: “Tutti abbiamo peccati …”. “Ma forse il Signo-re non li perdona …”. “Il Signore perdona tutto”, miha detto: sicura. “Ma come lo sa, lei, signora?”. “Se ilSignore non perdonasse tutto, il mondo non esistereb-be”. Io ho sentito una voglia di domandarle: “Mi dica,signora, lei ha studiato alla Gregoriana?”, perchéquella è la sapienza che dà lo Spirito Santo: la sapien-za interiore verso la misericordia di Dio. Non dimenti-chiamo questa parola: Dio mai si stanca di perdonar-ci, mai! “Eh, padre, qual è il problema?”. Eh, il proble-ma è che noi ci stanchiamo, noi non vogliamo, cistanchiamo di chiedere perdono”106. L’anziana signoraaveva capito che portando il perdono dei peccati Gesùha diffuso tra gli uomini una ventata di speranza. Conil perdono, Egli cambia il nostro cuore con la potenzadello Spirito Santo e, liberandoci dall’egoismo, ci rido-na la speranza di essere capaci di amare. L’egoismo, in-

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fatti, trasforma il cuore in una tomba che isola daglialtri. Il perdono di Gesù è una vera risurrezione che fauscire dalla tomba per vivere nella comunione con luie con i fratelli.

44. L’Anno della speranza sia un tempo di riscopertadella gioia del perdono e del sacramento della Peniten-za e della Riconciliazione. Ce n’è urgente bisogno nel-la nostra diocesi per non privare tante persone dellagioia liberante del perdono dei peccati.

u Mi rivolgo, in primo luogo, ai sacerdoti. Abbiamoricevuto il potere di dichiarare, in nome di Gesù: “Io tiassolvo dai tuoi peccati”. Guai se trascuriamo questoDono divino consegnato a noi da Gesù risorto107. Piut-tosto rinnoviamo l’impegno di fedeltà al sacramentodella Penitenza, pregando spesso lo Spirito Santo per-ché i penitenti trovino in noi il cuore del Padre miseri-cordioso.

u Se non è possibile assicurare in ogni parrocchiala disponibilità di un sacerdote per le confessioni, pro-viamo ad individuare in ogni forania una o più chiesein cui le persone sanno di trovare un confessore che leattende.

u Troviamo occasioni di catechesi per rieducare lepersone a vivere il sacramento della Penitenza. Le li-turgie penitenziali comunitarie offrono l’occasione perguidare concretamente i cristiani a prepararsi e a vive-re bene la confessione individuale.

LE PERSONE CHE PREGANO

45. Con gioia ricevo confidenze spirituali di tanti cri-stiani, e di tutte le età, che hanno scoperto lo “spiritodella preghiera”. Vivono, cioè, la preghiera come undialogo personale con Gesù al quale si mantengono fe-deli per una convinta scelta personale. Al centro diquesto dialogo mettono sempre la comunione con Ge-

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sù nell’Eucaristia. Sono appassionati della Parola diDio, pregano volentieri con la liturgia delle ore, sento-no vicina Maria specialmente nella preghiera del San-to rosario, in tanti momenti della giornata si ricordanodel Signore con una breve preghiera o con una giacu-latoria. La preghiera è l’olio che alimenta la lampada della fedee della speranza, specialmente nei tempi di tentazionecome sono gli attuali108. Quanti tra di noi hanno scoperto la grazia dello “spiri-to della preghiera” lo mantengano vivo nel cuore invo-cando spesso lo Spirito Santo e non si vergognino dimostrarlo anche agli altri, specialmente ai figli e aigiovani. Saranno grandi testimoni di speranza.Una silenziosa testimonianza la offrono le sorelle mo-nache di clausura che la nostra diocesi ha la gioia di o-spitare in alcuni monasteri. Ad esse Gesù ha dato unaparticolare grazia e vocazione alla preghiera ed esse,fondando la loro vita sul primato della contemplazio-ne, ci aiutano a non perdere di vista l’Invisibile. Le no-stre sorelle testimoniano ancora che sono vere le paro-le di san Paolo: “noi non fissiamo lo sguardo sulle co-se visibili, ma su quelle invisibili. Le cose visibili sonod'un momento, quelle invisibili sono eterne”109.

46. Nell’Anno della speranza,u invito, prima di tutto, i sacerdoti, i diaconi e le

consacrate/i ad essere dentro le comunità esempi con-vincenti dello spirito di preghiera. Raccomando a lorola fedeltà alla liturgia delle ore che non è preghieraprivata ma liturgica, nella quale le nostre voci e i no-stri cuori si uniscono a Cristo che sempre intercedeper la Chiesa.

u L’adorazione eucaristica è una forma di preghieraparticolarmente importante perché prepara e comple-ta la celebrazione eucaristica. Ho visto spesso sia ibambini che i giovani vivere con intensità l’adorazione

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di Gesù nell’eucaristia, specie quando sono ben guida-ti da adulti che hanno esperienza di questa preghiera.Nel clima di adorazione anche la Parola di Dio risuonacon maggior efficacia. Diffondiamo, allora, la praticadell’adorazione eucaristica nelle parrocchie, nei san-tuari, nelle comunità religiose.

I NOSTRI “CROCIFISSI”E COLORO CHE LI ASSISTONO

47. Arrivando in Friuli ho conosciuto la vita di Concet-ta Bertoli, definita “la crocifissa di Mereto di Tomba”.Colpita a sedici anni da una malattia invalidante visseun tempo di sofferta ribellione. Poi, accompagnata dasaggi consiglieri spirituali, si affidò a Gesù condividen-do con lui l’agonia del Getzemani e la sua malattia si il-luminò di una grande speranza. Visse i lunghi anni diimmobilità in comunione con l’amore di Gesù crocifis-so, offrendosi per la Chiesa, la santificazione dei sacer-doti, i peccatori. Come Concetta Bertoli, abbiamo tanti altri “crocifissi”che scoprono la luce della speranza dentro la malattiae la sofferenza. Abbracciano la croce in comunione conGesù e con la Vergine addolorata. Arrivano a compren-dere e vivere le parole di san Paolo; “Ora io sono lietonelle sofferenze che sopporto per voi e do compimentoa ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella miacarne, a favore del suo corpo che è la Chiesa”110.Accanto a loro sono testimoni di speranza coloro che liassistono con delicatezza e fedeltà. Nei fratelli infermi,infatti, vedono le membra sofferenti di Cristo destinatea risorgere con Lui.Quando arriveremo nella vita eterna conosceremoquanto bene ha fatto a noi, alla Chiesa e a tutta l’uma-nità, la preghiera, purificata dalla sofferenza, di tantianziani e malati.

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48. Nell’Anno della speranza:u viviamo con particolare impegno la parola di Ge-

sù: “Ero malato e mi avete visitato”111. In particolare èmolto educativo accompagnare i ragazzi e i giovani avisitare gli anziani e i malati. Possono ricevere da loroindimenticabili lezioni di vita e di fede;

u valorizziamo l’Unzione degli infermi che è il sa-cramento che Gesù ha istituito per sostenere chi sitrova dentro la malattia, rivolto non solo ai moribondi.Quando questo sacramento viene celebrato comunita-riamente porta con sé una grazia spirituale di serenitàe consolazione per il malato e chi gli sta vicino.

I CRISTIANI CHE VIVONO CON FEDELTÀ LA LORO VOCAZIONE

49. Recentemente, ai seminaristi e alle novizie di tuttoil mondo Papa Francesco faceva questo richiamo: “Unbravo seminarista diceva che lui voleva servire Cristo,ma per dieci anni, e poi penserà di incominciareun’altra vita… Questo è pericoloso! Ma sentite bene:tutti noi, anche noi più vecchi, anche noi, siamo sottola pressione di questa cultura del provvisorio; e questoè pericoloso, perché uno non gioca la vita una voltaper sempre”112.Nella cultura del provvisorio in cui la libertà è sentitacome possibilità di cambiare sempre, la vocazione cri-stiana è una testimonianza evangelica controcorrenteperché è “per sempre”. E’ una grande testimonianza disperanza perché mostra che il cuore dell’uomo può es-sere conquistato da un amore che occupa tutta la per-sona e tutta la vita.I nostri sposi fedeli - e ne abbiamo moltissimi – sonoluminosi esempi di speranza. A loro voglio far sentiretutta la mia stima e il mio sostegno. A volte il cammi-no della coppia conosce momenti difficili con debolez-

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ze e infedeltà. Quando, però, negli sposi non viene me-no l’umile affidamento alla grazia di Dio ricevuta colsacramento avvengono autentiche guarigioni e risur-rezioni del reciproco amore. Essi mostrano che c’èsempre possibilità di sperare quando si mette in mez-zo alla propria vita Gesù e il suo Spirito.Testimoni di speranza sono anche i battezzati che sisono consacrati a Cristo e alla Chiesa nel celibato peressere pastori col cuore indiviso o religiose/i che han-no posto al centro del loro amore Gesù e i fratelli, spe-cialmente i più poveri.Ci sono in mezzo a noi ragazze e ragazzi che sentononel cuore la chiamata di Gesù ad amare “per sempre”nel matrimonio, nel sacerdozio, nella vita consacrata.Essi sono germogli di speranza che chiedono di esserericonosciuti e sostenuti.

50. Nell’Anno della speranza riprendiamo delle inizia-tive concrete per aiutare i giovani e le ragazze a com-prendere e accogliere la vocazione del Signore.

u Ho trovato nella Chiesa di Udine la bella tradizio-ne di pregare al giovedì per le vocazioni. Invito a tene-re viva questa preghiera dove già c’è e ad avviarla intutte le comunità. Alla sofferenza per la diminuzionedei sacerdoti, dei religiosi e dei matrimoni cristiani, ri-spondiamo pregando con più insistenza, il padronedella messe113.

u Spesso la risposta generosa alla chiamata del Si-gnore matura nel cuore di ragazzi e giovani durante e-sperienze forti. Penso a giornate di spiritualità e dipreghiera e a periodi prolungati di servizio volontarioai poveri. Proponiamo senza paura tali esperienze agliadolescenti e ai giovani.

u In diocesi avvieremo due iniziative a favore deigiovani che custodiscono nel cuore una vocazione dispeciale consacrazione.I preti di recente ordinazione, in collaborazione con il

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seminario, animeranno degli incontri aperti ad adole-scenti e giovani che desiderano vivere un’esperienza diformazione spirituale e di ricerca vocazionale.Riprenderà la sua attività il Centro Diocesano Vocazio-ni in collaborazione con la pastorale giovanile, il semi-nario e gli istituti religiosi.

GLI EDUCATORI CRISTIANI

51. In sintonia con tutta la Chiesa italiana proseguia-mo il nostro impegno a favore dell’educazione. In par-ticolare, stiamo dando attenzione all’educazione cri-stiana dei bambini, ragazzi e giovani, cercando i modiper rendere più efficace il cammino di iniziazione cri-stiana scandito dalle tappe dei sacramenti.L’impegno instancabile per l’educazione dei nostri figliè uno straordinario atto di speranza. Non vogliamo inalcun modo lasciarci demoralizzare dalle difficoltà macontinuare a collaborare con lo Spirito Santo che, pri-ma di noi, continua ad agire nelle menti e nei cuori deinostri figli. Essi, nonostante tutto, sono aperti al futu-ro spinti dall’insopprimibile speranza di poter scoprireche si può vivere per un amore eterno, di cui portanoil presagio nel cuore.Incoraggio, ancora una volta, i sacerdoti, le catechi-ste/i, gli educatori che, collaborando con i genitori, do-nano tempo, mente e cuore per l’educazione cristianadei bambini e giovani. Essi sono, a nome di tutta laChiesa diocesana, dei testimoni di speranza anche perle famiglie e per tutta la società friulana.Riservo un ricordo particolare alle scuole cattolichepresenti in diocesi, dalle tante scuole dell’infanzia, alleprimarie e secondarie. Stanno affrontando tante sfideche possono portare ad progressivo calo di motivazio-ni e di livello didattico. Non mancano, però, le pro-spettive incoraggianti se camminiamo sulla strada del-

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la fiducia nella Provvidenza e di una sempre più stret-ta collaborazione.Ricordo, infine, i tanti insegnanti – compresi gli inse-gnanti della religione cattolica - che operano con fede,intelligenza e cuore nelle scuole statali. Essi sono irappresentanti della passione educativa della Chiesapresso gli alunni, i colleghi e le famiglie.

52. Nell’Anno della speranza richiamo alcune iniziati-ve, tra le tante, a cui ci dedicheremo con particolareimpegno a livello diocesano.

u Un’apposita commissione lavorerà sul tema del-l’iniziazione cristiana, nostro principale impegno edu-cativo. Contiamo di giungere al più presto a degli o-rientamenti da proporre a tutta la diocesi.

u Nel frattempo gli uffici diocesani offriranno perquest’anno pastorale dei validi strumenti per l’educa-zione dei bambini, ragazzi e giovani. Gli uffici catechi-stico e di pastorale familiare hanno steso un primosussidio per l’iniziazione cristiana dei bambini da 0-6anni e due itinerari per la formazione dei fanciulli alsacramento della riconciliazione e dell’eucaristia.L’ufficio di pastorale giovanile ha poi preparato un sus-sidio sul tema della speranza per ragazzi e giovani edha in programma momenti di formazione spiritualepiù intensi sia per adolescenti in cammino verso lacresima e per giovani che hanno già ricevuto questosacramento.

u In collaborazione con l’ufficio scuola, ho propo-sto a tutte le scuole cattoliche di primo e secondo gra-do un organismo di coordinamento per tenere vivo tradi loro il confronto e avviare forme di collaborazione.

u L’ufficio scuola ha in animo di promuovere delleoccasioni di incontro per sostenere e motivare il pre-zioso impegno degli insegnanti cristiani nella scuolastatale.

u Gli uffici diocesani, le foranie e le parrocchie

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hanno avviato in questi anni diverse iniziative di for-mazione dei catechisti e animatori. Sono importantioccasioni per la formazione della fede di tutti gli adul-ti. Incoraggio, perciò, a continuare su questa stradaqualificando sempre più le esperienze spirituali che so-no offerte.

COLORO CHE SI IMPEGNANOIN OPERE DI SOLIDARIETÀ

53. Da sempre nella Chiesa la speranza ha generatograndi iniziative di carità. Quando l’amore di Gesùconquista il cuore cresce una grande libertà, la libertàdi dare la vita seguendo il suo esempio. I destinatariprivilegiati di questo dono sono stati i più deboli e di-sagiati perché stanno al primo posto sia nel cuore diGesù che nel cuore di chi è suo discepolo.Nel tempo di crisi prolungata che stiamo vivendo, au-mentano continuamente le persone e le famiglie chesoffrono ristrettezze economiche, umiliazioni nella di-gnità, solitudini nei rapporti.Esse, spesso, non alzano la voce ma vivono in com-prensibile riservatezza le difficoltà per cui corriamo ilrischio di abituarci a sentir parlare di crisi e a non te-nere gli occhi aperti su chi ci sta accanto e si dibatte ingravi difficoltà. Come denunciava Papa Francesco nelsuo viaggio a Lampedusa, “la globalizzazione dell’in-differenza” può assopire anche le nostre coscienze.Teniamo aperte le porte delle nostre case e delle co-munità perché l’ospitalità rompe solitudini che posso-no diventare pericolose.Più concretamente nell’Anno della speranza:

u continuino nelle parrocchie e nelle foranie tuttele lodevoli iniziative di solidarietà coordinate, spesso,dai centri di ascolto della Caritas e animate da quelstraordinario “valore aggiunto” che è il volontariato;

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u in questo tempo di crisi sono benemeriti gli im-prenditori che, affrontando anche le incertezze delmercato, si adoperano per creare reddito e posti di la-voro. Le imprese, grandi e piccole sono più robuste sesi trasformano sempre più in “imprese di solidarietà”dove ognuno fa la sua parte (dall’imprenditore al di-pendente) per salvare il lavoro e la dignità di tutti114;

u rivolgo un pressante invito a coloro che hanno re-sponsabilità politica di amministrare il bene comune:questo sia realmente il primo obiettivo non antepo-nendo altri interessi o logiche di potere. Di questi tem-pi è una grave mancanza di rispetto verso i più poveri.

u Il nostro Paese ha bisogno di giovani che si misu-rino con l’impegno politico ed amministrativo, guida-ti da profonda onestà e formati adeguatamente. A lorola diocesi, attraverso la pastorale della cultura, offrirà abreve dei percorsi strutturati di formazione, ispirati al-la Dottrina sociale della Chiesa;

u un grande segno di speranza sono le comunità a-perte all’accoglienza dei fratelli immigrati che da anni,ormai, vivono nel nostro territorio. Tutte le iniziative ei gesti grandi e piccoli di attenzione e di ospitalità sonoda loro molto apprezzati, come abbiamo con gioia con-statato nella prima festa per le comunità degli immi-grati cattolici, organizzata lo scorso gennaio. Un cam-mino serio di integrazione, poi, prepara un futuro se-reno per la Chiesa e la terra friulana. L’ufficio Migran-tes della diocesi si farà promotore e animatore diiniziative che favoriscano questo cammino.

54. La Caritas diocesana proporrà e avvierà, con l’ini-zio dell’Avvento, un progetto particolare che favoriscasul territorio una maggiore solidarietà creando rete tratutte le forze sia delle parrocchie che della società civi-le.Riguarderà, in particolare, la benemerita rete di centridi ascolto in cui opera un numero consistente di vo-

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lontari. L’obiettivo è quello di sviluppare ulteriormen-te questa rete di solidarietà con criteri che siano per ilbene integrale delle persone e delle famiglie. Sarà anche uno stimolo per tenere vivo e far crescerelo spirito del volontariato che sempre ha caratterizza-to le nostre popolazioni. Abbiamo bisogno di volontarisullo stile del buon samaritano che ci ha rimesso tem-po, olio, vino, asino e soldi senza neppure aspettare ungrazie. Questi volontari sono testimoni di speranza perchi si trova, per vari motivi, abbandonato sul ciglio diuna strada.

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MARIA, STELLA DELLA SPERANZA115

55. L’ultimo sguardo di questa lettera pastorale è rivol-to a Maria che, con confidenza di figli, invochiamo“speranza nostra”. Gesù ce l’ha donata come Madresotto la croce quando, Addolorata, ha partecipato finoin fondo alla passione di suo Figlio per noi, sostenutada una “speranza contro ogni speranza”116.Per questo è stata e rimane anche in questo tempo ilpiù grande segno di speranza nella Chiesa: la “Stelladel mare” per coloro che stanno attraversando il pelle-grinaggio della vita che non risparmia momenti di o-scurità e di burrasca.Con gioia sento che Maria continua a toccare il cuoredi tante persone che forse da molti anni avevano persola fede e l’orientamento della vita. Attraverso di lei ri-trovano la luce della speranza, il gusto della preghierae il desiderio di rappacificarsi con Dio nel sacramentodella riconciliazione.Il primo sorriso rassicurante che un bimbo vede èquello della mamma e nei momenti di prova e di peri-colo è il nome che spontaneamente viene invocato. Dafigli rimaniamo rivolti a lei specialmente quando lanostra speranza è messa alla prova e la vita assomigliaad una “valle di lacrime”.Mi sembra bello terminare riproponendo la preghierasemplice e intensa con cui Benedetto XVI concludel’enciclica sulla speranza “Spe salvi”: “Santa, Maria,Madre di Dio, Madre nostra, insegnaci a credere, spera-re ed amare con te. Indicaci la via verso il Regno di Ge-sù! Stella del mare, brilla su di noi e guidaci nel nostrocammino117”. Adesso e nell’ora della nostra morte. A-men.

conclusione�

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note

1 Tm 1,12 Qo 1,1-2,263 Sap 11,264 “Ho creduto, perciò ho parlato”, n. 325 1 Pt 3,156 Gaudium et spes, n. 27 Gaudium et spes, n. 18 Rm 8,35-399 1 Tm 1,110 Mt 4,23-25; 8,16-1711 Mt 12,20-2112 Rm 5,513 Mt 6,2514 AGOSTINO, Confessioni, libro 1, par. 115 Mt 11,2816 Mt 13,24-30.36-4317 Lc 12,54-57.18 1 Ts 5,4-6 19 Mt 5,4520 2 Pt 3,8-921 Mt 13,47-4822 Gv 16,3323 Lc 11,21-2324 Ap 19,1-1025 2 Cor 11,1426 Gaudium et spes, nn.4-1027 Rm 1,19-2028 Gaudium et Spes, n. 1129 Sacrosanctum Concilium, n. 730 Gaudium et spes, n. 4531 Mt 23,932 Gv 15,1133 Gc 1,1734 Mt 2535 Lc 10,25-3736 Lc 23,3437 At 2,37-3938 Eb 12,1239 Mt 5,1340 PAPA FRANCESCO, Omelia della domenica delle Palme, 2013 41 DANTE ALIGHIERI, La divina commedia, Inf. canto III, 842 Gv 8,4443 1 Pt 5,8-944 At 17,3245 1 Cor 2,246 Fil 3,1247 Lc 10,30-3748 Ez 3,17-21

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49 BENEDETTO XV, Lettera ai capi dei popoli belligeranti, 1 agosto 191750 BENEDETTO XVI, Spe salvi, 2007 nn. 20-2151 BENEDETTO XVI, Caritas in veritate, nn. 23.35-3652 F. NIETZSCHE, La gaia scienza, aforisma 12553 BENEDETTO XVI, Spe salvi, nn. 16-2354 Gn 3,1-1955 Gv 14,656 Gal 5,157 BENEDETTO XVI, Spe salvi, n. 23; PAPA FRANCESCO, Lumen fidei, n. 258 Lc 15, 11-1759 Col 1,2760 Sap 11,2661 Ap 1362 Gaudium ed spes, n. 1063 Spe salvi, n, 4264 1 Cor 15, 12-2165 Fil 2,5-1166 At 2,22-36; 4,8-12; 10, 37-43 Rm 6,4-11; 8,28-39; 1 Cor 15; 2 Cor 4,13-5,17;

Fil 2,8-11; 1 Ts 4,13-18; Eb 13, 20-21; 1 Pt 1,18-21; Ap 7,1-17; 12,10-12; 19, 1-1067 Rm 5,568 Col 1,2769 Gv 20.11-1870 Gv 14,2-371 “Ho creduto, perciò ho parlato, nn. 15-3772 Mt 27,4573 Gv 15,1174 Gv 16, 20-2375 1 Cor 15,5-976 1 Cor 15,13.2077 Pio XII, Munificentissimus Deus, 195078 Gv 20. 26-2979 Eb 13,2080 Spe salvi, n. 4481 Ap 7,9-1082 Lc 15, 2483 Rm 6, 2384 Rm 7, 24-2585 Rm 6, 1386 1 Cor 3,16-1787 Mt 26,28; At 5,3; Rm 4,25; 1 Cor 15,3; Gal 1,4; Ef 1,7; Eb 1,3; 7,27; 9,28, 1Pt 2,24; 1 Gv 2,2

88 Ap 1,589 BENEDETTO XVI, Angelus nella Solennità dell’Immacolata Concezione,

200890 GIOVANNI PAOLO II, Centesimus annus, n. 3891 Fin dai primi secoli sono state individuate sette principali cause

di peccato: superbia, avarizia, lussuria, ira, gola, invidia, accidia92 PAPA FRANCESCO, Omelia a Lampedusa93 Mt 15,18-20, BENEDETTO XVI, Spe salvi, n, 2194 Ap 3,2095 Rm 6,3-1196 1 Ts 5, 9-10

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97 Rm 8,14-16; Gal 4,6-798 Gal 2, 2099 Rm 5,5100 Mt 6,2-6101 Mt 5,14-16102 LETTERA A DIOGNETO, c. 4-5. 103 EUSEBIO DI CESAREA, Storia ecclesiastica104 CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA, nn. 1324-1327105 CONCILIO VATICANO II, Lumen Gentium, n. 10106 PAPA FRANCESCO, Angelus, V dom. di Quaresima, 17 marzo 2013107 Gv 20,23108 Mt 25, 1-13; 26,41; Spe salvi, nn. 32-34, Lumen fidei, n. 46109 2 Cor 4,18110 Col 1,24111 Mt 25,36112 PAPA FRANCESCO, Discorso ai seminaristi e alle novizie

per l’Anno della fede, 6 luglio 2013113 Mt 9,36-38114 BENEDETTO XVI, Caritas in veritate, n. 41115 Spe salvi, n. 49116 Rm 4,18117 Spe salvi, n. 50

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indice

1 - IntroduzioneUn anno alla riscoperta della virtù della speranza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .p. 6

2 - Prima parteGuardare la realtà con gli occhidi Gesù . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .p. 13

3 - Seconda parteGuardare il volto di Gesù Cristo,nostra unica speranza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .p. 31

4 - Terza parteEssere segni di speranzaagli occhi del mondo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .p. 47

6 - ConclusioneMaria, stella della speranza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .p. 65

7 - Note . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .p. 67

Finito di stampare nel mese di settembre 2013presso Primeoffset srl, via A. Zanussi 301, 33100 Udine

Page 70: EURO 0,50 - diocesiudine.itarcivescovo.diocesiudine.it/.../cristo_nostrasperanza_.pdfCRISTO, NOSTRA SPERANZA (1 Tm 1,1) Un anno per riscoprire la virtù della speranza Lettera pastorale

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