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INDICE
Presentazione Pag. 2 Linee guida per il 2015‐2016, la contrattazione integrativa di scuola Pag. 3 Mappa dei poteri Pag. 10 Fondi europei 2014‐2020 e contrattazione di scuola Pag. 11 La sicurezza nella scuola Pag. 13 L’assistenza agli alunni con disabilità, il ruolo delle figure professionali e la questione della somministrazione dei farmaci Pag. 15 Privacy e trasparenza nelle relazioni sindacali Pag. 21 Ordine del giorno del comitato direttivo nazionale della FLC CGIL sulla legge del governo sulla scuola Pag. 23 Slide legge 107/15 Pag. 26
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PRESENTAZIONE In previsione dei prossimi incontri che si svolgeranno sui territori con le Rsu e delle riunioni dei Comitati direttivi riteniamo di fare cosa utile inviandovi per tempo i materiali di lavoro che trovate in questo fascicolo. I materiali sono di completamento alle “Linee di comportamento unitarie sulla valorizzazione professionale dei docenti e di orientamento per gli OO.CC.” già inviate dal Segretario generale con lettera del 18 agosto scorso per contrastare il cosiddetto “Bonus Scuola”. Essi hanno come scopo quello di agevolare le strutture della FLC CGIL, le nostre RSU, i nostri militanti e iscritti nella battaglia che apriremo nell’autunno, a partire dal primo settembre, al fine di contrastare gli effetti più nefasti della legge 107/15 approvata il 13 luglio scorso. L’ampiezza e, crediamo, la completezza delle materie trattate nel fascicolo vogliono essere all’altezza del compito che sta davanti a noi nella peculiare fase che si apre con l’avvio dell’anno scolastico. Una fase in cui, in coerenza con le elaborazioni di carattere politico e organizzativo che ha segnato in particolare il nostro ultimo anno di dibattito in FLC CGIL, necessariamente entrano in campo, con un nuovo ruolo e un nuovo protagonismo, le RSU. Ad esse oggi noi chiediamo non solo di svolgere il tradizionale compito contrattuale che finora ne ha segnato l‘operato, ma anche quello di orientare i nostri iscritti in una battaglia politica a tutto tondo che si svolgerà nelle singole istituzioni scolastiche. E in effetti, le misure della legge 107/15, soprattutto in materia di valutazione e di organizzazione e salario, richiedono un’opera immediata di neutralizzazione che solo una costante e capillare presenza di contrasto e proposta alternativa può portare a risultato. Da qui la necessità di preparare le nostre RSU ‐ e i materiali soprattutto a questo sono finalizzati ‐ ad una battaglia di lunga lena da condurre, certo in sede contrattuale, ma anche nei Collegi dei Docenti, nei Consigli di istituto, nelle assemblee Ata, nelle interlocuzioni con genitori e studenti. Con l’accortezza, in ogni caso, che esse agiscano sempre in qualità di docente/Ata nei luoghi decisionali e di dibattito sopra citati, senza mai smarrire la distinzione del ruolo che deve contraddistinguere la dimensione professionale da quella sindacale. E con l’assunzione di una nuova responsabilità, quale quella di orientare i nostri iscritti e simpatizzanti, laddove la RSU non potrà operare direttamente negli organi collegiali e nelle sedi citati. Tutti i materiali allegati sono il frutto di un intenso lavoro svolto da metà luglio a fine agosto dal Dipartimento, dalle compagne e dai compagni del centro nazionale che ne hanno curato l’elaborazione e i dettagli. Un lavoro realizzato nei mesi estivi ma che non potevamo esimerci di fare, proprio per mettere le strutture e i militanti, e in primo luogo le nostre RSU, nelle condizioni di svolgere, fin dal primo settembre, al massimo delle potenzialità, una lotta che si prospetta dura, aspra e complessa. E che noi abbiamo il dovere di fare non solo e non tanto per la tenuta e la credibilità del nostro sindacato, ma anche e soprattutto per la scuola italiana che è tanta parte della battaglia per la difesa e lo sviluppo democratico del nostro Paese. Buon lavoro a tutti.
Anna Maria Santoro
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LINEE GUIDA PER IL 2015‐2016, LA CONTRATTAZIONE INTEGRATIVA DI SCUOLA Il “bonus scuola” e gli intrecci con la contrattazione delle risorse. La legge 107 e i suoi effetti sulle relazioni sindacali, sulla contrattazione di scuola e sul ruolo delle RSU La chiamata diretta dei docenti da parte dei dirigenti scolastici, le deleghe sulle più svariate materie, la costituzione degli ambiti territoriali, la predisposizione del Piano triennale dell’Offerta Formativa (POF) sono misure da affrontare con tempestività e rigore nel corso dell’anno scolastico. Altre richiedono invece scelte immediate, da prendere fin dal primo settembre 2015. È il caso del “bonus scuola”, il premio che secondo la legge dovrebbe essere unilateralmente attribuito ai docenti da parte del dirigente scolastico. Su tutte le misure derivanti dall’applicazione della legge 107 del 13 luglio 2015, la FLC CGIL, possibilmente con le altre organizzazioni sindacali, promuoverà iniziative giudiziarie per fare emergere i caratteri anticostituzionali e antidemocratici. Nel frattempo in questa scheda esaminiamo gli aspetti relativi al punto sul bonus scuola con tutti gli intrecci rispetto alla contrattazione di scuola sulle risorse e non solo. La valorizzazione dei docenti ha una sola strada: la negoziazione di istituto fra dirigente scolastico e RSU Come è noto, la legge 107/15 (art. 1 comma 127) ha introdotto la possibilità, per i dirigenti scolastici, di assegnare un “bonus”. Questa misura è una “retribuzione accessoria”, assegnata in base a criteri espressi dal Comitato di valutazione dei docenti e in base a una motivata valutazione redatta dal dirigente scolastico. Tale “bonus” sarebbe destinato a valorizzare il merito del personale docente di ruolo. Dato che lo stanziamento (pari a 200 milioni di euro annui) decorre dal 2016, si dovrà attendere il Decreto del MIUR per capire i criteri di ripartizione e per capire quante saranno le risorse aggiuntive rese disponibili nella propria scuola. Di certo questa ripartizione dovrà avvenire in proporzione alla dotazione organica e tenendo conto di non meglio precisati fattori di complessità e delle aree a maggiore rischio educativo. Certamente arriverà una quota ridotta per l’anno scolastico 2015/2016, visto che lo stanziamento decorre da gennaio 2016. Questa novità contenuta nella legge coinvolgerà subito il Collegio dei docenti di settembre e i Consigli d’istituto, organi che dovranno nominare i componenti del Comitato di valutazione di propria competenza. La procedura coinvolgerà naturalmente i dirigenti scolastici per le funzioni di direzione che essi svolgono. Ma questa novità dovrà necessariamente vedere mobilitati i nostri iscritti, le RSU, le nostre strutture se vogliamo mettere in atto sane e doverose contromisure perché alla scuola non vengano inferte profonde ferite, che, se non evitate, rischiano di provocare guasti profondi e irreversibili al carattere democratico, pluralista, cooperativo, collegiale e non competitivo alla base del sistema di istruzione del nostro Paese. Per la FLC CGIL, il bonus scuola così come previsto è inaccettabile e inammissibile per le seguenti ragioni:
• contrasta con il principio costituzionale del salario erogato tramite la contrattazione collettiva;
• viola le leggi vigenti in materia di contrattazione; • attribuisce a una persona il potere di autorità salariale in contrasto con ogni prassi e ogni
regola vigente nel pubblico impiego;
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• attribuisce poteri in materia didattica al dirigente scolastico in contrasto con il suo profilo, le sue competenze e le sue funzioni che sono di carattere gestionale, amministrativo e organizzativo, ma non didattico;
• attribuisce competenze didattiche e valutative a componenti non professionali; • subordina gli organi collegiali alla volontà di un organo monocratico; • prevede una procedura premiale estranea alla cultura cooperativa e collegiale della scuola
italiana; • introduce elementi di divisione e frammentazione all’interno del corpo docente; • lede la libertà di insegnamento dal momento che il bonus, con il suo potere di
condizionamento, limita fortemente l’autonomia professionale. Per questi motivi proponiamo che:
• le risorse del bonus (200 milioni) vengano ricondotte tutte all’interno della procedura negoziale fra dirigente scolastico e RSU, affinché, lungi dal lasciarle alla discrezionalità del dirigente scolastico o alla loro inutilizzabilità, esse siano assegnate secondo i criteri di merito definiti in un’Intesa fra le parti negoziali scolastiche, come risarcimento delle risorse sottratte in questi anni al FIS;
• i 200 milioni, in questo senso, vengano negoziati ‐ tramite specifica Intesa ‐ in concomitanza con il negoziato sul FIS di cui faranno parte distinta ma integrata;
• i criteri di assegnazione siano individuati in maniera condivisa in sede negoziale astenendosi i componenti scelti del Comitato di valutazione dall’individuarli perché demandati a quella sede;
• la partecipazione al Comitato di valutazione sia, invece, piena e completa per la valutazione del servizio del personale docente neo immesso in ruolo.
Tutto questo avviene nella piena legittimità, senza che venga violata nessuna norma e anzi nel rispetto delle norme vigenti non abrogate dalla legge 107/01 (art. 45 legge Brunetta). Questa impostazione corrisponde a quanto affermato nell’odg approvato dal Comitato Direttivo della FLC CGIL in data 20 luglio 2015. Tutto ciò è coerente con le idee e le proposte elaborate nella piattaforma e approvate dal Comitato Direttivo Nazionale a dicembre 2014:
• valorizzazione del lavoro e l’impegno aggiuntivo dei docenti se “condiviso collegialmente”; • indisponibilità ad un sistema di valutazione individuale della prestazione del docente, tanto
meno da parte di un organo monocratico qual è il dirigente scolastico; • stanziamento di risorse specifiche per valorizzare il lavoro e l’impegno aggiuntivo; • negoziare nel CCNL e nel Contratto di Istituto criteri e modalità della valorizzazione
docente; • protagonismo delle RSU come elemento di democrazia e di condivisione al livello più vicino
ai lavoratori.
In conclusione, cosa proporre, concretamente, ai collegi dei docenti, ai consigli d’istituto, ai dirigenti scolastici e alle RSU?
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La prima cosa da fare Nelle sedute del Collegio dei docenti di settembre e poi nel Consiglio di Istituto, dedicate alla programmazione delle attività, qualora si ponga nell’immediato la necessità di scegliere, secondo la legge 107/15, i membri del Comitato di valutazione ‐ ma sarebbe opportuno farsi promotori di una proposta di differimento di tale adempimento, per consentire ai tutti di appropriarsi della materia – occorre procedere nella seguente maniera:
• dichiarare esplicitamente quali sono le ragioni che consigliano di utilizzare le risorse del bonus secondo la prassi democratica e condivisa della negoziazione e non secondo una prassi che si configura come divisiva e autoritaria (le ragioni sono declinate nella prima parte di questo scritto e nella posizione unitaria dei cinque sindacati rappresentativi);
• proporre pertanto di eleggere nel Comitato di valutazione solo quei colleghi che, operando nella piena legittimità dei loro poteri, una volta eletti si batteranno affinché in quella sede non vengano individuati i criteri da offrire al dirigente scolastico (che poi assegnerà i fondi nella sua discrezionalità) e che invece vengano devoluti alla sede negoziale;
• fare in modo che chi si candida ad essere eletto nel Comitato di valutazione dichiari a verbale che si comporterà come sopra delineato (astensione dall’individuare i criteri di valutazione e assegnazione dei criteri alla sede negoziale, e contestuale impegno a partecipare pienamente al Comitato in fase di valutazione del periodo di prova dei docenti neo immessi in ruolo).
Insomma, il nostro obiettivo è far maturare la consapevolezza che chi ne farà parte si debba impegnare a far sì che il Comitato di valutazione non fornisca alcun criterio al dirigente scolastico per la valutazione individuale dei docenti (perché non compete al dirigente scolastico, tanto meno a genitori e studenti); qualora rimanga in minoranza non accetti la determinazione della maggioranza con una sua dichiarazione a verbale coerente con quanto già fatto in sede di Collegio dei docenti o Consiglio di istituto. La seconda cosa da fare Chiedere in tutte le scuole con urgenza, come RSU e anche come sindacato, un primo incontro di “informativa sindacale” al dirigente scolastico per chiarire che:
• la legge 107 non obbliga il dirigente scolastico a nominare il 10% dei docenti perché il testo recita che egli “può” nominare, dandogli la possibilità di procedere in modo diverso;
• la legge 107, nel consentire al dirigente scolastico di nominare il 10% dei docenti per incarichi organizzativi e didattici, come anche di valutare sul piano didattico i docenti, in realtà entra in contraddizione con altre norme non abrogate: a) l’articolo 25 del DLgs 165/01 attribuisce al dirigente scolastico “solo” compiti
organizzativi e amministrativi, ma non didattici, tanto che egli può nominare direttamente quanti collaboratori vuole ai quali delegare solo proprie funzioni gestionali, ma solo due possono essere pagati con fondi contrattuali;
b) gli articoli 4 e 5 del regolamento dell’Autonomia (DPR 275/99) attribuiscono al Collegio la competenza di individuare gli organismi da costituire e i componenti e i coordinatori di tali organismi;
c) vanno rispettati dal dirigente scolastico, lo sottolinea la stessa legge 107 al comma 78, l’articolo 21 della legge 59/97 e il Regolamento dell’Autonomia, nonché il DLgs 297/94 sugli Organi collegiali le cui competenze – lo sottolinea la stessa legge 107 (comma 78) vanno rispettati dal dirigente scolastico;
d) le leggi che non vengono esplicitamente abrogate o sostituite (come viene fatto con l’articolo 3 del DPR 275/99 dalla legge 107) rimangono in vigore.
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E per chiarire inoltre che: • è nell’interesse di tutta la scuola e della comunità educante che il dirigente scolastico
condivida, in collegio docenti, quali siano “le attività e gli incarichi utili/necessari” per il buon funzionamento della scuola (oltre alle funzioni strumentali), attività e incarichi da inserire ed approvare nel POF (ad esempio gli incarichi di responsabile di plesso/sede, di coordinatore dei progetti, di coordinatore di classe, di responsabile di area/indirizzo/laboratorio, ecc.);
• è nell’interesse della scuola e della comunità educante che il dirigente scolastico condivida e non imponga i criteri di attribuzione delle risorse del bonus nell’unica sede oggi esistente e deputata dalle norme (l’intesa negoziata con le RSU).
È evidente che molte di queste argomentazioni possono bene essere ripetute e sostenute nell’ambito del Collegio dei docenti e del Consiglio di Istituto da tutte le componenti professionali (docenti e Ata), genitoriali e studentesche. Tali chiarimenti saranno indispensabili per sostenere che l’operato del dirigente scolastico è nella piena legittimità se seguirà la strada della condivisione e che non si colloca affatto fuori dalla norma. Ricordando, peraltro, come la condivisione e la conduzione in armonia e collaborazione fra i soggetti professionali e del contesto professionale saranno positivi elementi di giudizio sull’operato dello stesso dirigente scolastico. Essi naturalmente varranno a spiegare anche che per la forte valenza valoriale che noi annettiamo a tali questioni, una diversa gestione della legge 107/15 su tali argomenti (non impostata cioè sulla condivisione e il confronto), porterà inevitabilmente al contenzioso giudiziario e sindacale, oltre che a una inevitabile conflittualità e peggioramento del clima scolastico: tutte cose che prescindono da qualsiasi atteggiamento di rivalsa o di ritorsioni che non sono nelle nostre consuete prassi sindacali. La terza cosa da fare Avviare quanto prima il tavolo contrattuale. La FLC CGIL è impegnata al massimo per sollecitare il Miur affinché comunichi rapidamente i parametri di accreditamento delle risorse del MOF e metta in condizione tutte le scuole di poter avviare già entro metà settembre la contrattazione sulle risorse per poter predisporre il conseguente piano della attività, pur nel limite degli importi ridotti. Non appena il Miur comunicherà i singoli parametri, la FLC CGIL metterà a disposizione sul proprio sito un foglio di calcolo utilizzabile da parte delle singole scuole e RSU. Nell’avviare la consueta contrattazione delle diverse risorse del MOF, occorre preventivamente affrontare l’intreccio inevitabile con la “partita” della premialità e l’utilizzo delle connesse risorse aggiuntive. Mentre le risorse del FIS seguiranno la consueta strada della contrattazione di istituto, le risorse aggiuntive dei 200 milioni di euro potranno essere affrontate con lo strumento, distinto ma complementare ed integrato, dell’Intesa sindacale. Visto l’indissolubile intreccio fra le attività svolte tramite FIS e quelle svolte tramite bonus il negoziato non potrà che essere complementare e integrato seppure poi gli strumenti da firmare saranno distintamente firmati dalle parti. Tutto ciò in caso di accettazione delle nostre proposte suesposte da parte del dirigente scolastico. In caso contrario, caso per caso, partirà la conflittualità e la vertenzialità.
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In questo caso, con la contrattazione del FIS, si deve escludere qualsiasi retribuzione aggiuntiva per attività o incarichi non previsti dal CCNL (art. 88 c. 2), cosi come va escluso il pagamento di incarichi o attività stabilite unilateralmente dal dirigente scolastico al di fuori della condivisione in collegio docenti e non approvate nel POF. In aggiunta la RSU e il sindacato possono anche procedere a eventuali diffide al dirigente scolastico a non portare in contrattazione le modalità di utilizzo e i compensi derivanti dall’utilizzo del fondo aggiuntivo e a erogare compensi con modalità discrezionali o in contrasto con i criteri definiti dal Comitato di valutazione Il punto sulla contrattazione integrativa di scuola La FLC CGIL continua a sostenere, anche alla luce del DLgs n. 150/09, che nella scuola la contrattazione è pienamente esigibile su tutte le materie di cui all’art. 6 del CCNL/07. Vediamo quali sono le nostre motivazioni sulla diverse materie.
1. Il salario accessorio La contrattazione sul riparto del fondo e sulla definizione di alcuni compensi non è stata messa in discussione da nessuno. Oggi si deve aggiungere la contrattazione, anche, sulle modalità di utilizzo e sui compensi derivanti dalla quota di risorse aggiuntive assegnate dai 200 milioni di euro di cui al comma 126 della legge 107/15). Del resto il principio di “corrispettività” (come precisato dalla circolare della Funzione Pubblica n. 7 del 2010) tra salario accessorio e prestazione, nella scuola è rispettato da sempre. Le diverse risorse contrattuali, infatti, sono tutte vincolate e destinate a retribuire prestazioni aggiuntive ed incarichi, non per dare salario accessorio indistinto né a pioggia. Anche nei compensi “forfetari” legati alla flessibilità ed intensificazione è rispettato il principio della corrispettività perché neanche in questo caso si tratta di compensi dati a pioggia, ma connessi sempre, e caso per caso, a maggiori carichi di lavoro o disagio nell’orario di servizio obbligatorio. Anche se, sul salario accessorio, purtroppo, le scuole scontano il dimezzamento del Mof, passato da 1,3 miliardi a 642 milioni di euro per effetto dei due Ccnl separati (che la FLC CGIL non ha firmato) per finanziare il ripristino della validità degli anni 2011 e 2012 ai fini dei passaggi di gradone (bloccati dalle finanziarie di Tremonti). Nonostante questa riduzione di risorse per il ripristino di un diritto, rimane ancora irrisolto il recupero della validità del 2013, congelato dalla legge di stabilità 2013. Questa scellerata decurtazione di risorse ha imposto negli ultimi anni una revisione significativa dei POF di istituto e delle conseguenti scelte da fare in contrattazione sia sul riparto del FIS che sui compensi. Nonostante ciò, per la FLC CGIL, la priorità rimane il rispetto del CCNL (artt. 87, 88, tabelle compensi orari e indennità) e , quindi, tutte le attività vanno retribuite secondo le tariffe del Ccnl (no a prestazioni con tariffe “low‐cost” o gratuite). Occorre sempre cercare di mantenere l’equilibrio tra le diverse componenti (professionali e ordini di scuola), salvaguardare la dignità del lavoro di tutti, garantire sempre “pari opportunità” a tutti. Dal punto di vista del POF per la FLC si dovranno favorire, per quanto possibile, scelte contrattuali che sviluppino e qualifichino l’offerta formativa, si dovrà cercare di ricondurre la programmazione ad unitarietà evitando la frammentazione, dando una corsia preferenziale ai progetti di scuola (non quelli “individuali” ma quelli che coinvolgono più classi, più insegnanti, che connotano l’identità della scuola, con maggiore radicamento al territorio, …) e individuando le prestazioni coerenti con la missione istituzionale della scuola (integrazione, potenziamento del servizio scolastico, …).
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2. Relazioni sindacali e organizzazione del lavoro docente ed Ata Negli ultimi anni è stato, e continuerà a rimanere, il vero punto di scontro e contenzioso. Un esempio per tutti: il nodo che ben conosciamo dell’organizzazione degli uffici nel comparto scuola. Inaccettabile ed illegittimo, per la FLC CGIL, il tentativo di “degradare” alcune materie di contrattazione a mera informazione. In particolare l’organizzazione del lavoro che in taluni casi è diventata oggetto di uno scontro durissimo e con il rischio, nel comparto scuola, di una vertenzialità molto forte sia a livello di singola istituzione scolastica, che a livello di nazionale. La FLC CGIL ribadisce con nettezza che le materie (previste all’art. 6 del CCNL/07) oggetto di contrattazione integrativa, sia nazionale che di scuola, non invadono affatto le competenze né della dirigenza del MIUR né quelle specifiche della dirigenza scolastica (ovvero le misure inerenti la gestione delle risorse umane e finanziarie, nonché la direzione e l’organizzazione degli uffici) perché queste prerogative dirigenziali non sono mai state oggetto di contrattazione. Del resto (ma oggi sembra che nessuno lo ricordi più) nella stessa legge c’è anche una norma specifica sulla dirigenza scolastica (art. 25, comma 4 del DLgs 165/01 non modificato dal DLgs 150/09 né dalla legge 107/15) che già prevedeva questa competenza sin dal 2001. Per 10 anni questa norma non è mai stata in contrasto con la contrattazione di scuola, per cui appare assolutamente incomprensibile che lo sia diventata ora, secondo le tesi di taluni. Inoltre, nella scuola e diversamente da altri comparti pubblici, ci sono anche altre norme da rispettare (come si afferma nello stesso art. 2 comma 1 del DLgs 165/01 modificato dal 150/09) come quelle sulle competenze degli organi collegiali (DLgs 297/94) e quelle più recenti sull’autonomia scolastica (in particolare l’art. 16 comma 2 del DPR n. 275/99). Tutte norme che sono in vigore e che non sono state modificate dal decreto 150/09. Anche la nuova legge n. 107/15, al comma 78, conferma l’obbligo per il dirigente scolastico del rispetto delle competenze degli OO.CC. La contrattazione di scuola, a parte le modalità di esercizio dei diritti sindacali e la sicurezza, si occupa sostanzialmente dei criteri per la mobilità interna (tra i vari plessi e/o sedi), dei criteri di utilizzazione del personale, dell’organizzazione dell’orario di lavoro, della ripartizione delle risorse contrattuali e dei compensi del salario accessorio. Tutte materie che non invadono né le competenze del collegio docenti, che ha la titolarità su questioni didattiche e tecnico professionali, né quelle del consiglio d’istituto sul funzionamento della scuola intesa, se vogliamo, come ufficio e cioè aspetti quali l’orario del servizio scolastico, il tempo scuola, il calendario scolastico, ecc Certamente la contrattazione di scuola non invade le competenze “gestionali” del Dirigente scolastico che riguardano, ad esempio, i provvedimenti di assegnazione dei singoli docenti alle classi e alle cattedre, il conferimento dei vari incarichi, la predisposizione del piano delle attività (che, tra l’altro, per i docenti deve essere approvato dal collegio), l’orario individuale dei singoli docenti e del personale ATA, ecc… Solo che il dirigente scolastico, nell’espletare le sue competenze, e a differenza di altre dirigenze pubbliche, deve attenersi alle delibere degli Organi Collegiali per gli aspetti di funzionamento generale e per gli aspetti didattici (art. 16 c. 2 DPR 275/99), e deve attenersi poi ai criteri definiti nel contratto di scuola per gli aspetti riguardanti la mobilità, l’organizzazione del lavoro, l’orario, il salario accessorio (art. 6 del Ccnl/07). Tutto questo era compatibile con il vecchio quadro normativo e lo rimane anche con il nuovo perché sostanzialmente immutato. Per cui non vi è alcun conflitto tra l’esigibilità della contrattazione di scuola per tutte le materie di cui all’art. 6 del Ccnl/07, il decreto 150/09 e la legge 107/15. Tra le materie oggetto di relazioni sindacali non va trascurata la parte relativa agli organici (informativa preventiva e successiva). Essa e’ di fondamentale importanza perché fa da connettore alle altre materie oggetto di contrattazione legate all’organizzazione del lavoro e alla distribuzione del Fis. A questo argomento andrà dedicata particolare attenzione in corso d’anno quando si tratterà di definire i criteri per utilizzare i docenti in "quota" organico funzionale di scuola.
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Il conflitto nasce solo quando qualcuno vuole dare una lettura sbagliata, tutta politica ed ideologica, delle leggi. In questa babele di norme, il Ccnl rimane l’unico punto di riferimento certo. Solo attraverso un patto di regole condivise e sottoscritte, il Dirigente scolastico può contare su un consenso ampio delle varie componenti scolastiche, concorrendo cosi al rispetto del principio costituzionale del “buon andamento dei pubblici uffici”, della scuola nel nostro caso (art. 97 della Costituzione). 3. Mobilità interna alla scuola (assegnazione del personale docente ed Ata ai plessi e sedi
scolastiche) Per la FLC CGIL la definizione dei criteri per la mobilità interna del personale docente ed Ata tra i diversi plessi e sedi scolastiche dello stessa scuola è materia oggetto di contrattazione di scuola. Del resto, se è vero che il Miur contratta con i sindacati la mobilità e le utilizzazioni in ambito territoriale nazionale, regionale e provinciale, non si capisce per quale ragione la stessa materia non sarebbe più oggetto di contrattazione nell’ambito delle diverse sedi all’interno della stessa scuola, visto che il decreto 150/09 riguarda tutti i livelli dell’amministrazione. Ovviamente la contrattazione non si esercita sugli atti di gestione del personale, che sono competenza del dirigente scolastico (quali ed es. l’individuazione dei nominativi, i provvedimenti formali di assegnazione, ecc…), ma solo sui criteri. Non a caso, a livello nazionale, è il Miur che stabilisce, con atto proprio (l’ordinanza ministeriale annuale, appunto, in quanto “atto di gestione” e con la quale si dà attuazione al contratto), scadenze, procedure, modulistica e decreti individuali di mobilità. Il tutto però nel rispetto ed in attuazione dei criteri stabiliti nel Ccni! Evidentemente c’è chi fa confusione, ad “arte”, tra gli atti di gestione di competenza dell’amministrazione (dirigente nella scuola) ed i criteri attinenti alla mobilità, all’orario ed all’organizzazione del lavoro, che sono materia di pertinenza contrattuale.
ATTIVITÀ DOCENTI
ASSEGNAZIONE DOCENTI/ATA AI
PLESSI UTILIZZAZIONE
DOCENTI
FUNZIONI STRUMENTALI
DOCENTI
ORGANIZZAZIONE LAVORO ATA/ORARIO
INCARICHI SPECIFICI PERSONALE ATA
PRIORITÀ UTILIZZO DEL FIS (progetti, attività aggiuntive,
recuperi, debiti formativi)
MISURA COMPENSI INDIVIDUALI
PROGRAMMA ANNUALEATTUAZIONE
NORMATIVA SICUREZZADIRETTIVE DI
MASSIMA
COLLEGIO DOCENTI
Formula proposte al dirigente scolastico per la formazione, la composizione delle classi e l’assegnazione ad esse dei docenti, per la formulazione dell’orario delle
lezioni e per lo svolgimento delle altre attività scolastiche, tenuto conto dei criteri generali indicati dal consiglio di circolo o d’istituto (art. 7 T.U. 297/94). Elabora il POF sulla base degli indirizzi per le attività della scuola e delle scelte di gestione e di amministrazione definiti dal dirigente scolastico (art. 3 DPR 275/1999 come modificato dal comma 14 della legge 107/15 ). Approva il piano delle attività e riduzioni unità oraria (art. 28 Ccnl). Definisce la dimensione
processuale per il percorso di autovalutazione di istituto (circ. Miur 47/14) e inserisce prove Invalsi nel POF. Ha competenze pedagogico-didattiche,
approva i progetti, definisce propri organismi funzionali indicando i criteri di nomina per i loro coordinatori (art 4 e 5 DPR 275/99).
Identifica il numero e la tipologia delle
funzioni necessarie.
Definisce competenze professionali e ambiti di
intervento dei singoli progetti.
PERSONALE ATAÈ sentito dal DSGA sul piano
delle attività (artt. 6 e 53 Ccnl).
È sentito dal Dgsa in occasione della riunione sul piano annuale delle attività (art. 53 Ccnl).
DIRIGENTE SCOLASTICOAssegna l’orario, predispone il piano annuale, conferisce tutti gli incarichi in forma
scritta (art. 28 Ccnl). Definisce gli indirizzi per il POF (vedi Collegio Docenti) e negozia intesa (vedi RSU)
Contratta i criteri con RSU (art. 6 Ccnl). Scrive
e comunica l’atto formale di
assegnazione.
Conferisce gli incarichi e contratta i compensi con le RSU.
Contratta con la RSU i criteri di organizzazione del lavoro
e di individuazione del personale da utilizzare nelle attività retribuite col fondo (art. 6 Ccnl). Adotta il Piano delle attività e ne informa le
RSU (art. 6 Ccnl).
Attribuisce gli incarichi stabiliti nell’ambito del piano delle attività del
Dsga, dopo aver contrattato criteri e
compensi con RSU (artt. 6 e 47 Ccnl).
Contratta con RSU i criteri di ripartizione, dando
priorità alle attività d’aula legate alla didattica (art. 88 Ccnl). Informa le RSU vedi materie art. 6 Ccnl.
Contratta con RSU i compensi individuali dei suoi
collaboratori, funzioni strumentali, incarichi specifici, aree a rischio, ecc. Contratta i compensi forfetari alternativi (es. flessibilità docenti) (artt.
9, 33, 34, 47, 88 Ccnl).
Predispone e attua il programma annuale e
adotta le relative variazioni (artt. 2 e 6 del
Regolamento di contabilità, D.I. 44/01).
È responsabile del rispetto e dell’attuazione della
normativa sulla sicurezza (DLgs 81/08).
Impartite al DSGA dal dirigente scolastico ai
sensi dell’art 25 comma 5 del DLgs
165/01.
DIRETTORE SERVIZI GENERALI E AMM.VI (DSGA)
Sente il personale Ata e predispone il piano delle
attività verificandone la sua puntuale attuazione (art. 53
Ccnl).
Propone tipi di incarico all’interno del piano annuale (art. 47).
Nell’ambito della contrattazione comunica
la consistenza dell’organico, la
disponibilità delle risorse finanziarie compreso il calcolo delle economie. Certifica la compatibilità
economica.
Coadiuva il dirigente nella predisposizione del
programma annuale. Redige la relazione
tecnico-finanziaria da allegare al contratto
scuola.
Sono attuate nell’ambito della sua autonomia operativa
CONSIGLIO D'ISTITUTO
Approva il POF e delibera flessibilità organizzative nel quadro del Pof (art. 3 Dpr 275/99, Regolamento autonomia come modificato dal comma 14 della legge 107/15). Riduce ora di lezione a 50 minuti per causa di forza maggiore (art. 28
Ccnl). Indica i criteri generali per la formazione delle classi e per l’assegnazione ad esse dei singoli docenti. Adatta l’orario delle lezioni e il calendario. (T.U. 297/94, art. 10). Definisce, sulla base delle proposte del Collegio, modalità e criteri per
svolgimento rapporti famiglie/studenti (art. 29 Ccnl)
Stabilisce i criteri generali per l’espletamento del
servizio di segreteria e per la chiusura/apertura dei
locali scolastici (T.U. 297/94, art. 10).
Stabilisce i criteri generali e la misura massima dei compensi del personale esterno. (art. 40 Regolamento contabilità, D.I.
44/01).
Approva il programma annuale.
REVISORI DEI CONTI *Esprimono parere non
vincolante sul programma annuale.
RAPPRESENTANZA SINDACALE UNITARIA (RSU)
Contratta criteri e modalità per l’articolazione dell’orario, per il pagamento di ore eccedenti l’orario obbligatorio di insegnamento (art. 6 Ccnl, lett. o). Ha diritto all’informativa sul piano delle attività (art. 28 Ccnl). Negozia intesa sull’utilizzo delle risorse relative al bonus scuola dei docenti (commi
126-129 art 1 legge 107/15) in alternativa alla modalità di assegnazione unilaterale delle risorse da parte del dirigente scolastico (comma 127 art 1 legge 107/15)
Contratta i criteri con il dirigente scolastico di assegnazione ai plessi (art. 6) Contratta le
modalità di utilizzazione del personale in
relazione al POF e al piano delle attività (art.
6 Ccnl).
Contratta i compensi con il dirigente
scolastico.
Contratta i criteri con il dirigente scolastico e servizi minimi durante assemblee sindacali (artt. 6 e 8 Ccnl)
Contratta criteri e compensi (art. 6 Ccnl).
Contratta con il dirigente scolastico i criteri di
ripartizione tra le diverse componenti e le priorità (artt. 6 e 88). Riceve
l’informazione successiva sui nominativi del
personale retribuito col Fis e sull’utilizzo delle risorse.
Contratta con il dirigente scolastico i compensi
individuali dei collaboratori, delle funzioni strumentali, degli
incarichi specifici, aree a rischio, ecc. Contratta i
compensi forfettari alternativi alla misura oraria (es.
flessibilità docenti). (artt. 9, 33, 34, 47, 88 Ccnl).
Contratta con il dirigente scolastico i criteri per
l’attuazione della normativa sulla sicurezza (art. 6 Ccnl). Designa il Rappresentante
dei lavoratori per la sicurezza, RLS (art. 73
Ccnl).
RAPPRESENTANTE LAVORATORI PER LA SICUREZZA (RLS)
Deve essere informato e consultato sulla sicurezza. Ha diritto a 32 ore annue
formazione (art. 73 Ccnl) e ai permessi retribuiti.
Note
1. Questa griglia indica in orizzontale le competenze e le attribuzioni di ciascun soggetto e/o organismo per ogni materia. Essa non è esaustiva di tutte le competenze degli OOCC/organismi monocratici, ma prende in considerazione essenzialmente le materie di snodo con la contrattazione di istituto.
2. Tutte le materie oggetto di contrattazione sono anche materie di informazione* I revisori dei conti hanno tempo 30 giorni, dalla pre intesa, per certificare la compatibilità dei costi del contratto integrativo con i vincoli di bilancio (art. 48 DLgs 165/01 e art. 6 Ccnl)
CONTRATTAZIONE INTEGRATIVA DI SCUOLA
MAPPA DEI POTERI E DELLE COMPETENZE
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FONDI EUROPEI 2014‐2020 E CONTRATTAZIONE DI SCUOLA Premessa A partire dall’a.s. 2015/2016 le scuole statali potranno attingere ai fondi strutturali e di investimento europei (fondi SIE) relativi alla programmazione 2014‐2020. Si tratta di un passaggio importante e delicato, tenuto conto del grande rilievo che tali fondi assumeranno nei prossimi anni nell’ambito dell’arricchimento dell’offerta formativa e del miglioramento delle dotazioni laboratoriali e infrastrutturali delle istituzioni scolastiche statali. Il Programma Operativo Nazionale di riferimento per le scuole è quello denominato “Per la Scuola – Competenze e Ambienti per l’apprendimento” gestito dal MIUR. Il PON “Per la Scuola” ha una dotazione finanziaria di oltre tre miliardi di euro, la metà dei quali destinati alla lotta alla dispersione scolastica. Rispetto alla precedente programmazione 2007‐2013 le novità più rilevanti sono le seguenti:
1) Il PON riguarda le scuole di tutte le regioni e province autonome del paese e non solo quelle della cosiddetta area Convergenza (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia)
2) È coinvolta a pieno tiolo la scuola dell’infanzia 3) Sono previsti specifici interventi per l’istruzione degli adulti, per l’apprendimento
permanente e l’invecchiamento attivo. Occorre ricordare, inoltre, che l’Italia, soprattutto in tema di dispersione scolastica, ha garantito all’Unione Europea interventi coordinati e multilivello sia con le risorse di altri PON (ad esempio PON Occupazione, PON Inclusione, PON Legalità, PON Città Metropolitane), sia con i Programmi Operativi Regionali (POR). In particolare nei POR, sono previsti cospicui finanziamenti per il settore scolastico soprattutto in tema di alternanza scuola lavoro, formazione del personale, laboratori e infrastrutture digitali. Da seguire con grande attenzione le connessione tra interventi per la scuola dell’infanzia del PON e gli interventi per i servizi di cura all’infanzia dei POR, con specifico riferimento alle cosiddette “sezioni primavera” A tutto questo occorre aggiungere, infine, le risorse previste da interventi trasversali o settoriali relativi all’Agenda Digitale, alla strategia delle aree interne, al settore rurale e della pesca. È evidente il rischio che la mancanza di una regia regionale e nazionale che veda coinvolte pienamente anche le parti sociali, potrebbe comportare una dispersione senza precedenti delle risorse. Le ricadute sulla contrattazione Nell’ambito PON “Per la Scuola – Competenze e Ambienti per l’apprendimento” sono previste due tipologie di azioni: azioni centralizzate e azioni "a domanda". Le prime sono promosse direttamente dall’Autorità di Gestione (AdG) nazionale e riguardano azioni di sistema, le seconde sono quelle che le scuole possono richiedere sulla base dei bisogni individuati nell’analisi del proprio contesto. Entrambe le modalità sono attivate a seguito dell’emanazione di specifiche note e circolari ministeriali. Le azioni a domanda hanno le ricadute più rilevanti sulla contrattazione di scuola. Come è noto il CCNL del 29 novembre 2007 all’art. 6 comma 2 lettera l) prevede che siano materia di contrattazione a livello di scuola "i criteri per la ripartizione delle risorse del fondo d’istituto e per l’attribuzione dei compensi accessori, ai sensi dell’art. 45, comma 1, del decreto legislativo n. 165/2001, al personale docente, educativo ed ATA compresi i compensi relativi ai progetti
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nazionali e comunitari". A al proposito occorre ricordare che i massimali dei compensi del personale impegnato in progetti europei sono definiti per tutti i settori dal Ministero del Lavoro (per il ciclo 2007‐2013 è la CM 2/09). Nel caso in cui tali massimali non siano utilizzati, è evidente che i compensi andranno definiti in sede di contrattazione locale, con riferimento alle specifiche tabelle del CCNL 29/11/2007, naturalmente nell’ambito delle risorse destinate a ciascuna tipologia di attività prevista nell’autorizzazione del/i progetto/i. Altri aspetti su cui la contrattazione di scuola potrebbe intervenire sono:
1) l’eventuale definizione di un tetto massimo di accesso individuale ai compensi previsti sia nell’ambito del singolo progetto che all’interno dei progetti autorizzati per ciascun anno scolastico;
2) i criteri di individuazione del personale, tenuto conto che le figure previste nell’ambito di ciascun progetto sono generalmente già definite nel bando nazionale (ad es.: esperti, tutor, facilitatore/animatore, referente per la valutazione, componente del Gruppo operativo di Piano, ecc.)
3) le modalità di utilizzazione del personale. In conclusione le relazioni sindacali in tema di utilizzo dei fondi strutturali devono essere finalizzate, in maniera particolare, a dare effettiva attuazione ai principi della trasparenza e della parità di accesso alle attività e alle opportunità di crescita professionale, per favorire insieme la qualità dell’offerta formativa e lo sviluppo della comunità scolastica. Particolarmente rilevanti e da seguire con grande attenzione sono le procedure "concorsuali" che le scuole attiveranno per l’individuazione degli "Esperti" per l’effettuazione di attività formative. Oltre alla correttezza formale della procedura, che prevede l’approvazione di apposite delibere degli organi collegali e il rigoroso rispetto sia del Regolamento di contabilità (D.I. 44/01) che del “Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (D. Lgs. 163/06) e relativo Regolamento di esecuzione (DPR 207/2010), è fondamentale che i requisiti richiesti ai candidati siano rigorosamente ancorati alle finalità del progetto autorizzato. Da ricordare, infine, che il MIUR ha predisposto una specifica piattaforma informatica, denominata GPU (Gestione della Programmazione Unitaria), accessibile solo al solo personale della scuola, che accompagna nella fase di predisposizione, attuazione e rendicontazione delle attività finanziate, senza alcun bisogno di rivolgersi ad agenzie o esperti esterni.
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LA SICUREZZA NELLA SCUOLA Diritti e doveri (in pillole) nelle norme e nel contratto nazionale di lavoro (aspetti retributivi) Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (art. 73 CCNL) è una figura obbligatoria (DLGS 81/2008), eletta o designata tra i delegati RSU o, in mancanza, tra i lavoratori della scuola. Nelle scuole fino a 200 dipendenti si elegge un solo rappresentante; in quelle con più di 200 dipendenti vanno eletti 3 rappresentanti. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS) ha diritto:
• a 40 ore annue di permessi retribuiti; • a 32 ore di formazione in orario di servizio; • all’informazione su tutte le materie che attengono alla sicurezza sul luogo di lavoro; • alla consultazione sulla designazione del personale addetto al servizio di prevenzione e
protezione (RSPP, addetti all’antincendio ecc, nomina del medico competente se previsto dalla valutazione dei rischi);
• alla riunione periodica (perlomeno una l’anno); • all’accesso ai documenti in materia di sicurezza ed in particolare a quelli sulla
valutazione dei rischi, sullo stato degli infortuni all’interno della scuola e a ogni altro documento attinente l’igiene e la sicurezza.
Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ha l’obbligo di segnalare i rischi al dirigente. Si tratta di una funzione sindacale e quindi non può essere retribuita. Il responsabile della sicurezza (DLgs 81/08) è nominato dal dirigente e retribuito con fondi ordinari della scuola (non dal FIS). Deve possedere idonei titoli previsti dalla legge. È possibile nominare responsabile per la sicurezza anche personale interno, a condizione che possieda i prescritti requisiti di legge e la formazione specifica; la prestazione si configura in ogni caso (anche se interno) come contratto di collaborazione. Il Consiglio di istituto definisce criteri e limiti ai quali il dirigente si deve attenere per retribuire tale figura (art. 33 comma 2 lettera g del regolamento di contabilità DI 44/01). L’attuazione della normativa sulla sicurezza nella scuola è materia di contrattazione ai sensi dell’art. 6 lettera e) del CCNL. Le figure sensibili ai sensi del DLgs 81/08 sono l’addetto alla prevenzione incendi e l’addetto al pronto soccorso. Gli addetti (servizio prevenzione, piano di valutazione dei rischi, programmazione, realizzazione e verifica della prevenzione istituti scolastici) ai sensi DLgs 81/08 devono essere rapportati nel numero (1 o più ) alle dimensioni della scuola. Li designa il dirigente scolastico dopo aver consultato il RLS (art. 8, c. 2 e art. 73 CCNL). Essi hanno il diritto, che deve essere garantito dal dirigente, di frequentare appositi corsi di formazione. I lavoratori non possono, se non per giustificato motivo, rifiutare la designazione. Come nel caso del responsabile per la sicurezza, anche queste figure non possono essere retribuite con il FIS, ma con fondi ordinari o economie di bilancio non vincolate. Si tratta comunque di compensi forfetari che servono per riconoscere le responsabilità delle suddette figure sensibili. Il dirigente, nella sua qualità di datore di lavoro, è tenuto a formare e informare tutti i lavoratori presenti in istituto e le figure ad esse equiparabili (ad esempio gli studenti degli istituti secondari che fanno esercitazioni di laboratorio) della presenza dei rischi nella scuola e sulle modalità di rimozione degli stessi. La legge impone l’obbligo di formazione a carico del datore di lavoro. Essa deve essere periodicamente “aggiornata” dal momento che la situazione dal punto di vista legale e dal punto di vista lavorativo non è statica, ma dinamica: cambiano le norme, possono cambiare i profili e i
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compiti, cambia la sede di servizio. Es cambiare tipologia di istituto o l’attivazione di nuovi indirizzi di studio può comportare una differenziazione dei rischi presenti nella scuola. Pertanto il dirigente scolastico è tenuto verificare i contenuti della formazione e a rinnovare la formazione ogni qualvolta un lavoratore entra per la prima volta, a vario titolo, in una scuola. Questo concetto è espresso nell’art. 15 comma 1 lettera t) del DLgs 81 dove prevede “la programmazione delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza, anche attraverso l’adozione di codici di condotta e di buone prassi”. In ogni caso il dirigente scolastico è tenuto ad informare il RLS e la RSU della presenza in istituto dei lavoratori occupati a vario titolo (es. dipendenti cooperative, co.co.co) e dei lavoratori chiamati dall’Ente proprietario degli immobili per tutti i lavori di manutenzione. I lavoratori di aziende che svolgono attività in regime di appalto o subappalto, devono esporre una tessera di riconoscimento, corredata di fotografia, contenente le loro generalità e l’indicazione del datore di lavoro. Tale obbligo grava anche in capo ai lavoratori autonomi che esercitano direttamente la propria attività nel medesimo luogo di lavoro, i quali sono tenuti a provvedervi per proprio conto.
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L’ASSISTENZA AGLI ALUNNI CON DISABILITÀ, IL RUOLO DELLE FIGURE PROFESSIONALI E LA QUESTIONE DELLA SOMMINISTRAZIONE DEI FARMACI
L’integrazione scolastica A più di venti anni dalla Legge 104/92 e quasi quaranta dalla Legge 517/77, l’integrazione delle persone con disabilità è un processo che ha trovato nella scuola pubblica solidarietà, accoglienza, rispetto delle differenze. E oggi si coglie ‐ in genere ‐ la volontà di proseguire l’esperienza migliorandone l’ efficacia. Certo, esistono ancora difficoltà per chi vive in condizioni di disabilità, come esistono differenze fra istituto e istituto. Ciò dipende dalle capacità professionali dei singoli operatori, ma in buona misura anche dall’assetto organizzativo che la scuola si è data e dal livello di coordinamento delle diverse azioni. Ma il principio che influenza in modo significativo la qualità dei processi di integrazione scolastica è il “coinvolgimento” di competenze e sensibilità appartenenti a diversi attori: famiglia, aziende sanitarie, enti locali, organi scolastici. Il gruppo di lavoro Quali sono all’interno della scuola i luoghi destinati all’incontro delle diverse competenze e professionalità necessarie per elaborare un progetto educativo interistituzionale completo? Sono il Gruppo di lavoro per l’integrazione (GLH) e il Gruppo di lavoro che si occupa in modo specifico del singolo studente, entrambi previsti dalla Legge 104/92. Il primo ha competenze generali ed esprime indirizzi, criteri, orientamenti che rappresentano punti di riferimento per chi opera nell’Istituzione scolastica e rispecchiano le scelte che la scuola assume nel campo dell’integrazione. Il secondo interessa la professionalità anche del collaboratore scolastico. Nella scuola viene costituito un gruppo di lavoro per ciascun alunno con disabilità. Il gruppo ha il compito di redigere il piano educativo individualizzato (PEI), ovvero il progetto educativo e di vita del ragazzo. La composizione del gruppo varia da caso a caso e coinvolge professionalità diverse. In genere è prevista la presenza del dirigente scolastico, dei docenti (curricolari e di sostegno), dei genitori e degli operatori della ASL. Quando l’integrazione scolastica prevede interventi di assistenza, la composizione del gruppo di lavoro si allarga alle figure professionali, fra le quali anche il collaboratore scolastico. Un “gruppo di lavoro sul caso” è completo con la presenza (di diritto) dei genitori, talvolta sottostimata rispetto alla reale potenzialità di contributo che la famiglia può offrire per la definizione del PEI e con la presenza del “collaboratore scolastico” se il progetto prevede interventi di assistenza di base. In tale contesto il collaboratore scolastico è parte significativa del gruppo e partecipa alla progettazione del percorso formativo del ragazzo. Per i casi gravi, l’assistenza di base è parte del progetto di integrazione scolastica. Nei percorsi educativi di questi alunni esistono interconnessioni fra attività assistenziale e attività educativa e didattica. L’apporto di ogni figura professionale è significativo e insostituibile. Si tratta di azioni che debbono concorrere insieme all’integrazione della persona con disabilità secondo un progetto unitario che vede coinvolti tutti gli operatori del gruppo in un unico disegno formativo. L’interconnessione tra interventi educativi e assistenziali Le figure professionali a supporto dei processi di integrazione scolastica sono due insegnanti e (nelle situazioni che richiedono tali figure) due operatori.
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Gli insegnanti, curricolari e di sostegno. Hanno la stessa responsabilità educativa verso tutti i ragazzi, partecipano alla programmazione, esprimono la valutazione su tutti gli alunni. L’insegnante di sostegno “specializzato” è un aiuto particolare per il ragazzo disabile e una risorsa per la classe. Gli operatori che hanno il compito di attuare gli interventi per “l’assistenza all’autonomia ed alla comunicazione”. Si tratta di due figure: l’assistente specializzato fornito dall’Ente locale (es. educatore professionale, traduttore della lingua dei segni per alunni non udenti, assistente educativo, ecc.), che di solito interviene all’interno della classe per periodi di tempo anche prolungati; l’assistente di base (collaboratore scolastico), fornito dalla scuola, con compiti di aiuto ai ragazzi negli spostamenti, nella cura della persona ecc. Tali compiti hanno trovato un riconoscimento, sul piano contrattuale, con l’ art. 7 (valorizzazione del personale Ata) del Ccnl con l’attribuzione di un aumento economico. Il lavoro di assistenza di base e il ruolo del collaboratore scolastico A norma del Ccnl, il collaboratore scolastico è tenuto a svolgere il lavoro di assistenza. In primis è tenuto chi ha la posizione economica, poi chi ha lo specifico incarico aggiuntivo e, infine, chi non ha né posizione né incarico aggiuntivo. In quest’ultimo caso il lavoratore ha diritto a un compenso aggiuntivo a carico del Fis. Trattasi di una priorità rispetto ad altre attività aggiuntive attribuibili agli Ata e il compenso non può essere inferiore a quello già stabilito per la posizione economica. Il tema dell’assistenza va valutato con riferimento al contesto lavorativo (presenza degli assistenti del comune, età dell’alunna/o, forza lavoro a disposizione della scuola). Sarebbe sbagliato da parte della scuola “scaricare” sul singolo collaboratore il problema dell’assistenza senza puntare sulla sua presa in carico da parte del team educativo. Ne consegue che il contratto di istituto, anche sulla base del Piano delle Attività del Dsga, diventa lo strumento principe per regolare sul piano fattuale, l’ambito, le modalità di esplicazione di questa attività, la collaborazione tra le diverse figure (docenti, dirigenti, figure professionali messe a disposizione da Asl e EE.LL.), le attività di formazione da promuovere e la retribuzione da stabilire. Si tratta di attività che chiamano in causa l’intera comunità educante. Lasciarle al caso o dare per scontato che alla fine qualcuno se ne occuperà sarebbe un errore sul piano educativo e organizzativo, tanto più che la violenza dei tagli apportati agli organici Ata insieme al contenimento delle supplenze imposto dalla legge di stabilità 2015 rendono complicate le cose da tutti i punti di vista, mettendo la scuola nelle condizioni di dover affrontare un massimalismo di bisogni a fronte di un minimalismo di risorse. In questo quadro puntare sul valore della collaborazione fra i componenti del gruppo di lavoro è condizione essenziale per elaborare e realizzare il progetto educativo di integrazione scolastica e sociale del bambino/ragazzo con disabilità. Fondamentali sono il ruolo del Dirigente scolastico, la continuità fra il personale, le azioni di formazione e la definizione di un patto di regole condivise per dare certezza agli operatori e all’utenza. L’assistenza ai disabili e la somministrazione di farmaci a cura di Luca Benci (esperto di legislazione sanitaria) L’evoluzione della figura del collaboratore scolastico è in linea con i mutati bisogni della popolazione scolastica. Dalla custodia degli anni Settanta ai più complessi bisogni – anche di natura assistenziale – che si manifestano in relazione alla presenza degli alunni con disabilità (come oggi si usa correttamente chiamare in luogo delle definizioni più penalizzanti e segregative come handicappato, portatore di handicap ecc.) all’interno delle scuole e un tempo sostanzialmente assenti.
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Importanti leggi nazionali riconoscono al minore disabile il diritto di essere assistito: dalla Costituzione, alle norme istitutrici del Servizio sanitario nazionale e ad alcune leggi specifiche. In particolare la legge 104/92 stabilisce il “diritto all’educazione e all’istruzione” del bambino handicappato a cui è garantito l’inserimento negli asili nido e poi in avanti nelle sezioni di scuola materna, nelle classi comuni delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e nelle istituzioni universitarie. La stessa legge 104/92 riconosce e promuove l’integrazione scolastica che “ha come obiettivo lo sviluppo delle potenzialità della persona handicappata nell’apprendimento, nella comunicazione, nelle relazioni e nella socializzazione” e ha modo di specificare che l’esercizio del diritto all’educazione e all’istruzione “non può essere impedito da difficoltà di apprendimento né da altre difficoltà derivanti dalle disabilità connesse all’handicap”. Quindi il minore con difficoltà ha il diritto ad essere assistito anche nella scuola in modo da rendere effettiva l’integrazione all’interno del percorso formativo e educativo. Nel concetto di assistenza alla persona rientrano sicuramente tutte le attribuzioni legate al soddisfacimento dei bisogni naturali della persona stessa (alimentazione, vestizione, igiene personale ecc.) che rientrano nell’alveo dell’assistenza di base non qualificata. Questa è effettuabile, in ambiente scolastico, in base dell’organizzazione del lavoro, dalle figure con compiti di assistenza (collaboratore/ educatore) che ruotano intorno all’alunno con disabilità. Il discrimine tra l’assistenza di base (effettuabile da chiunque) e l’assistenza qualificata (effettuabile solo da professionisti sanitari) passa attraverso la complessità delle azioni da porre in essere (un atto che necessita di formazione qualificata) o dalla complessità delle condizioni del disabile (l’atto è semplice ma le condizioni del disabile sono tali da consigliarne l’effettuazione da parte di un professionista della salute). A titolo esemplificativo si potrebbero segnalare – all’interno dell’assistenza di base – le attività legate alle c.d. “attività di vita” dello studente disabile che sono in diretta relazione ai suoi bisogni fondamentali su cui si deve incentrare il supporto al deficit di sufficienza tra cui incentreremo la nostra attenzione sui bisogni di alimentazione e di igiene. Per il primo, l’attenzione deve essere posta non soltanto nelle attività semplici di supporto quali imboccare lo studente, ma anche ai suoi diversi regimi dietetici in relazione a eventuali patologie o intolleranze alimentari, al corretto utilizzo di eventuali integratori o prodotti dietoterapici. Diventa assistenza qualificata e quindi necessitante di professionalità sanitaria laddove si richiedono speciali supporti per l’alimentazione utilizzabili solo da chi ha specifiche conoscenza. È il caso, ad esempio, dell’alimentazione artificiale. L’igiene personale e sua qualificazione giuridica Per il bisogno di igiene, invece, l’opera del collaboratore scolastico o dell’educatore (se previsto) agisce in relazione ai bisogni legati alle evacuazione intestinali e urinarie o all’assistenza alle ragazze – ovviamente in età fertile – per le problematiche connesse ai cicli mestruali. Non si tratta quindi di un bisogno di igiene all’origine in quanto soddisfatto dalle famiglie prima dell’ingresso a scuola. L’intervento richiesto ed esigibile da parte del collaboratore scolastico/educatore è esattamente quello che viene posto in essere in ambito familiare. Si possono registrare criticità e imbarazzi legati alla non coincidenza di genere – maschile e femminile – tra chi assiste, il collaboratore, e chi è assistito, lo studente. Sono problematiche conosciute anche in ambito sanitario che possono trovare la soluzione in sede organizzativa prevedendo sempre la presenza di un numero adeguato di collaboratori scolastici di entrambi i sessi. Per rendere esigile fino in fondo tale diritto sarebbe opportuna una maggiore consapevolezza del problema e la creazione di un sistema, impostato su una solida base
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normativa, che adesso non c’è, per l’attribuzione di un numero aggiuntivo di collaboratori scolastici a favore di quelle scuole frequentate da alunni con disabilità. Ma come sappiamo proprio su questo punto i tagli di personale, operati dai decisori politici, aprono molte contraddizioni. Il limite all’assistenza di base può trovarsi, anche in questo caso, nella presenza di particolari presìdi (cateteri vescicali, uretrali, stomie intestinali) che possono richiedere la presenza di personale sanitario (non sempre, in realtà). Una parte di queste attività, ben potrebbe, dietro breve attività formativa, essere svolta dai collaboratori scolastici. Quanto meno nessun ostacolo giuridico al loro svolgimento. Il bisogno di igiene personale non richiede, se espletato da terzi – generalmente, l’intervento di una figura qualificata, quanto meno da un punto di vista strettamente sanitario. Questa si rende necessaria quando per le modalità necessarie per l’effettuazione, per i concomitanti problemi di salute, per il rischio che tali attività possono comportare, l’esecuzione di dette attività impone la presenza o la diretta effettuazione della figura di supporto (educatore) oggi a disposizione dei Comuni e delle Aziende sanitarie locali. In ambiente ospedaliero – va da sé – che può essere necessario anche l’intervento infermieristico. La problematica della somministrazione dei farmaci a scuola Un punto di maggiore complessità – viste le implicazioni di responsabilità correlate – riguarda la somministrazione di farmaci per patologie acute o croniche con maggiori implicazioni per le terapie c.d. Salvavita, come per esempio la terapia insulinica a bambini diabetici (ma non solo). È utile sottolineare che il profilo del Collaboratore scolastico non fa nessun richiamo all’attività della somministrazione dei farmaci. Su questo punto è intervenuta una circolare del Ministero del 25 novembre 2005, avente proprio per oggetto la “somministrazione farmaci in orario scolastico”, che ha recepito le “Raccomandazioni” approvate dalla Conferenza Stato‐Regioni al cui interno sono contenute delle “linee guida per la definizione degli interventi finalizzati all’assistenza di studenti che necessitano di somministrazione di farmaci in orario scolastico, al fine di tutelarne il diritto allo studio, la salute ed il benessere all’interno della struttura scolastica”. I presupposti affinché possa avvenire la somministrazione da parte del personale scolastico sono i seguenti:
a) l’autorizzazione specifica rilasciata dal competente servizio delle aziende sanitarie locali; b) la somministrazione non deve richiedere il possesso di cognizioni specialistiche di tipo
sanitario; c) la somministrazione non deve richiedere l’esercizio di discrezionalità tecnica da parte del
somministrante. Dopo avere specificato che la somministrazione di farmaci agli alunni in orario scolastico coinvolge le famiglie, la scuola in tutte le figure (dirigente scolastico, personale docente e ATA) e i servizi sanitari citando esplicitamente per questi ultimi i medici di base (rectius medici di medicina generale) e le aziende sanitarie. La valutazione della “fattibilità delle somministrazioni di farmaci da parte di personale non sanitario” competono ai medici di base. I dirigenti scolastici, in seguito alla richiesta di somministrazione di farmaci in ambito scolastico devono concedere l’autorizzazione all’accesso ai locali scolastici durante l’orario di scuola ai genitori o a loro delegati per la somministrazione di farmaci. Inoltre i dirigenti devono individuare tra il personale docente e ATA chi abbia seguito specifici corsi di pronto soccorso e valutare la possibilità di provvedere a una specifica formazione.
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Qualora non vi sia alcuna disponibilità da parte del personale scolastico o laddove sia necessaria un’assistenza qualificata i dirigenti scolastici dovranno attivare apposite convenzioni con strutture sanitarie e di volontariato. Non sembra una disposizione risolutiva del problema. Si conta infatti sulla mera “disponibilità” del personale docente e ATA senza alcuna reale indicazione organizzativa. Le uniche apprezzabili indicazioni sono date dai presupposti alla somministrazione, soprattutto laddove si vincola la somministrazione alla mancanza di conoscenze specifiche di assenza di discrezionalità. Sulla stessa linea d’onda una Regione, la Toscana, è intervenuta con un protocollo terapeutico (reperibile in rete), i cui criteri generali per la somministrazione dei farmaci in ambito scolastico da parte di personale non sanitario sono i seguenti: l’assoluta necessità; la somministrazione indispensabile in orario scolastico, la non discrezionalità da parte di chi somministra e la fattibilità della somministrazione da parte di personale non sanitario. Anche in questo caso – e non potrebbe essere altrimenti vista la mancanza di una normativa specifica – in presenza di personale “disponibile”. Gli strumenti professionali da approntare da parte delle aziende sanitarie sono relativi alla presenza di uno specifico piano di trattamento che renda ben chiaro il concetto di “presa in carico” del bambino disabile e la limitazione di responsabilità alla pura corretta esecuzione dell’atto da parte del personale scolastico. Altri protocolli d’Intesa sulla somministrazione dei farmaci a scuola sono reperibili in rete come nel caso della regione Emilia Romagna Altre attività assistenziali Possiamo in via di ipotesi pensare all’evoluzione delle attività di carattere assistenziale che potranno – nel prossimo futuro – rendersi necessarie per una più compiuta trasformazione del ruolo del collaboratore scolastico sul versante assistenziale e, soprattutto, per il soddisfacimento dei bisogni assistenziali crescenti che si verificano nelle scuole.. Si può pensare all’obbligatoria frequenza a un corso di primo soccorso, di corsi certificati di pronto soccorso come il B.L.S (Basic life support), corsi per l’acquisizione di conoscenze relative alla alimentazione tramite sondino naso‐gastrico, corsi per il supporto alla respirazione ecc. Si tratta di attività che a domicilio svolgono i parenti e, in generale, i c.d. caregivers, che hanno oramai perso una reale connotazione di carattere professionale per assumere la caratteristica di attività sanitaria eseguibile dalla popolazione o, al più, di atti sanitari “relativamente liberi” come ha avuto modo di definirli la Corte di cassazione. L’intervento di altri operatori e professionisti della salute Concludiamo con una panoramica delle figure che possono intervenire nell’assistenza allo studente disabile.
1. L’operatore socio‐sanitario. Si tratta di una figura di assistenza di base di carattere generale che può intervenire se i problemi di carattere sanitario sono risolvibili senza particolari qualificazioni; esiste una figura particolarmente qualificata di operatore socio‐sanitario. Si tratta di operatori socio‐sanitari di base che hanno frequentato un ulteriore corso denominato di “formazione complementare”. Le ulteriori conoscenze acquisite lo abilitano alla somministrazione di farmaci per via naturale e intramuscolare;
2. L’infermiere (professionale). Interviene in casi di assistenza sanitaria qualificata legata alla prevenzione di eventi, al riconoscimento precoce di sintomatologie di quadri clinici di una certa complessità e per l’esecuzione di tecniche quali la somministrazione di farmaci per via orale, intramuscolare, sottocutanea, endovenosa. Compete all’infermiere inoltre
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l’assistenza ad alunni portatori di cateteri vescicali, sondini nasograstrici ecc. È comunque la figura di riferimento dell’operatore socio sanitario;
3. Il logopedista. È lo specialista della riabilitazione del linguaggio. Interviene quindi in tutti i casi di presenza di patologie che provocano disturbi della voce, della parola, del linguaggio orale e scritto e degli handicap comunicativi;
4. L’educatore professionale. Figura a cavallo tra l’ambito sociale e quello sanitario. Interviene per le situazioni di marginalità, di devianza, di disturbi psichici e di tossicodipendenza. Programma, gestisce e verifica interventi educativi mirati al recupero e allo sviluppo delle potenzialità dei soggetti in difficoltà per il raggiungimento di livelli sempre più avanzati di autonomia. Nell’ambito dei servizi ha una funzione assistenziale in collaborazione con le altre figure professionali.
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PRIVACY E TRASPARENZA NELLE RELAZIONI SINDACALI Il “diritto alla protezione dei dati personali” sancito dal DLgs 196 del 30 giugno 2003 è un prerogativa fondamentale della persona ‐ come afferma anche l’art. 8 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea del 7 dicembre 2000 ‐ ed è diverso dal semplice diritto alla riservatezza. La prima regola del Codice Privacy, entrato in vigore il 1. gennaio 2004, è: “Chiunque ha diritto alla protezione dei dati personali che lo riguardano. Il presente testo unico garantisce che il trattamento dei dati personali si svolga nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché della dignità dell’interessato, con particolare riferimento alla riservatezza, all’identità personale e al diritto alla protezione dei dati personali. Il trattamento dei dati personali è disciplinato assicurando un elevato livello di tutela dei diritti e delle libertà”. Il Codice Privacy ha come finalità sia la difesa della privacy sia la protezione dei dati personali. I dati personali sono:
• dati identificativi, che permettono semplicemente l’identificazione diretta dell’interessato (ad es. cognome e nome, codice fiscale, codice sanitario, ecc.);
• dati comuni o ordinari, una qualunque informazione relativa a persona fisica o giuridica identificata o identificabile;
• dati sensibili, idonei a rivelare direttamente o indirettamente: • l’origine razziale ed etnica • le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere • le opinioni politiche • l’adesione a partiti e/o a sindacati • l’adesione ad associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o
sindacale • lo stato di salute (compresi stati quali: handicap, menomazioni fisiche, gravidanza e
puerperio, dati genetici e biometrici, infortuni) • la vita sessuale (compresi cambio di sesso, omosessualità, inclinazioni particolari); • dati giudiziari, idonei a rivelare direttamente o indirettamente l’iscrizione nel casellario
giudiziale a seguito di condanna penale (compresa l’iscrizione nell’anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato), oppure lo stato di imputato o di indagato.
Il DLgs 196/03 prevede che il trattamento dei dati sensibili e giudiziari da parte di soggetti pubblici sia consentito solo se autorizzato da espressa disposizione di legge nella quale sono specificati i tipi di dati che possono essere trattati, le operazioni su di essi eseguibili e le finalità di rilevante interesse pubblico perseguite con quel trattamento. La norma che autorizza le istituzioni scolastiche a trattare dati sensibili e giudiziari di personale, famiglie e alunni è il Regolamento sui dati sensibili e giudiziari trattati dal MIUR, D.M. n. 305 del 7 dicembre 2006, che elenca in 7 schede tutti i dati sensibili e giudiziari che possono essere trattati, i provvedimenti per i quali i dati sono trattati e le operazioni che su di essi possono essere eseguite, indicando le finalità di rilevante interesse pubblico perseguite e le fonti normative di riferimento. In base al Codice della Privacy dati personali come, ad esempio, i tabulati relativi alla liquidazione del salario accessorio al personale non sono dati sensibili e pertanto possono essere trattati, per funzioni istituzionali come è il caso del mantenimento di corrette relazioni sindacali, anche senza l’autorizzazione dei diretti interessati. In questo quadro la consegna di un prospetto riepilogativo alla RSU dei compensi erogati al personale si configura come un passaggio essenziale per garantire quanto prescritto dal contratto
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(art. 6 comma 2 punto l): “verifica dell’attuazione della contrattazione collettiva d’istituto sull’utilizzo delle risorse. Dunque, secondo il Ccnl, la consegna di questi dati non costituisce violazione della privacy ma è funzionale all’esercizio di corrette relazioni sindacali. Di diverso avviso è invece il Garante per la protezione dei dati personali che sull’argomento si è espresso con la nota prot. 28510/90946 del 7 ottobre 2014. Esso è del parere che l’informativa sindacale sui compensi erogati ai lavoratori debba limitarsi ai soli aggregati finanziari. Tale interpretazione a nostro parere non è coerente con le finalità e le volontà delle parti contraenti che, in sede di rinnovo del Ccnl, proprio per la peculiarità delle funzioni degli organi collegiali e delle prerogative stesse del Dirigente Scolastico, avevano voluto garantire alla delegazione sindacale trattante l’acquisizione, a consuntivo, di elementi utili a verificare, la corretta applicazione dei criteri di quanto già concordato per ripartizione del fondo d’istituto e per l’attribuzione dei compensi accessori. La giurisprudenza in più occasioni si è espressa a favore del principio della trasparenza, obbligando i dirigenti scolastici a fornire al sindacato l’informazione successiva su nominativi e sugli importi percepiti dai lavoratori a titolo di salario accessorio. Pertanto, in attesa del prossimo rinnovo del Ccnl, che è l’unica sede utile a fare chiarezza una volta per tutte, suggeriamo di inserire nel contratto di istituto l’obbligo di questa informativa da parte del dirigente scolastico alla RSU al solo fine di consentire al sindacato la verifica sull’esatta applicazione del contratto. Un utilizzo diverso di questi dati come la loro diffusione, tramite affissione all’albo, sarebbe contrario ai principi di pertinenza e non eccedenza previsti dallo stesso Codice (artt. 11 e 19).
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ORDINE DEL GIORNO DEL COMITATO DIRETTIVO NAZIONALE DELLA FLC CGIL SULLA LEGGE DEL GOVERNO SULLA SCUOLA
Il Comitato Direttivo nazionale della FLC CGIL, riunitosi il giorno 20 luglio 2015, esprime un giudizio fortemente negativo sulla legge n. 107 e ne rigetta decisamente i contenuti fondamentali. La legge 107 è fondata su di un impianto arretrato e autoritario, che nega democrazia e diritti, privo di una visione strategica e in contrasto con i principi costituzionali della libertà di insegnamento e del diritto allo studio. Peggiorerà la qualità della scuola pubblica e aumenterà le disuguaglianze sociali e territoriali del Paese. Essa, inoltre, favorisce finanziariamente le scuole private, trasferisce ampi poteri di intervento al Governo attraverso un numero eccessivo di deleghe, peraltro non ben delineate sul piano dei principi e dei criteri su cui esse devono essere esercitate, afferma una gestione aziendalistica e autoritaria della scuola, scardinando l’autonomia scolastica e consegnando le istituzioni scolastiche a un rapporto subalterno con le imprese. La FLC CGIL ribadisce anche il giudizio negativo sul Jobs Act e i decreti attuativi che tolgono diritti ai lavoratori e stabiliscono un ulteriore attacco all’obbligo scolastico con l’attivazione di estese sperimentazioni di apprendistato, a partire dai 15 anni, e il trasferimento delle competenze relative alla scuola secondaria di ll grado al ministero del lavoro. Nonostante le dichiarazioni e la propaganda dei media, allineati al pensiero governativo, non viene risolto il problema del precariato. Le assunzioni sono di gran lunga inferiori a quanto annunciato e vengono tagliati fuori decine di migliaia di docenti e Ata che la giustizia europea ha imposto di stabilizzare per i diritti da essi maturati, prima che si proceda alla regolare indizione dei concorsi. Con arroganza e supponenza, attraverso questa legge, il Governo ha voluto scardinare la contrattazione sulle materie di pertinenza negoziale e limitare ogni forma d’intervento sindacale. Si vuole cancellare la partecipazione anche attraverso gli organi consultivi istituzionali, come il CSPI appena eletto il 28 aprile 2015. È evidente la volontà di sostituire la contrattazione collettiva con una pratica neocorporativa attribuendo ai dirigenti scolastici e ai comitati di valutazione funzioni e autorità salariali. Coerentemente con quanto sostenuto nel corso delle lunghe lotte unitarie che hanno visto una partecipazione e una mobilitazione, fra le più ampie di sempre, di docenti, Ata, dirigenti, studenti, genitori, mondo accademico, associazioni e movimenti, è prioritario approntare tutti gli strumenti necessari per far sì che le misure destinate a stravolgere i cardini democratici e partecipativi della scuola pubblica non vengano portate a effetto. La nostra mobilitazione contro i contenuti inaccettabili di questa legge deve continuare con forza e determinazione nelle scuole e nel Paese, con la partecipazione delle RSU e degli organi collegiali. L’azione di contrasto alla legge e l’affermazione di una diversa idea di scuola va coniugata con la rivendicazione del rinnovo del contratto nazionale nei settori pubblici. Per questo, il Comitato Direttivo nazionale della FLC CGIL propone un piano di iniziative, a partire dal primo giorno di scuola, e dà mandato alla Segreteria nazionale di compiere tutti i passi necessari per mantenere un profilo fortemente unitario delle mobilitazioni con le altre Organizzazioni sindacali, coinvolgendo anche studenti, genitori, associazioni, movimenti e le altre categorie di lavoratori. La lotta contro l’applicazione della legge deve essere parte fondamentale di quella più generale per l’alternativa alle politiche del Governo che danneggiano i lavoratori, i pensionati, i precari. La battaglia per una vera buona scuola deve coinvolgere parti sempre più ampie della società, perché da un’istruzione di qualità e garantita a tutti dipendono il valore attribuito al lavoro, l’uguaglianza sociale e la democrazia.
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Queste le principali proposte di lavoro e le mobilitazioni di dirigenti, docenti e ATA: • Iniziative sindacali: assemblee unitarie, negli istituti e fuori, il primo giorno di scuola;
assemblea nazionale unitaria delle RSU l’11 settembre a Roma; • ricorsi giudiziari: valutazione con gli uffici legali dei profili di illegittimità e di
incostituzionalità contenuti nel testo normativo (lesione del diritto allo studio, della libertà di insegnamento, delle prerogative contrattuali, delle prerogative degli Organi collegiali e in particolare del Collegio dei docenti, ecc.);
• strumenti operativi: apprestare strumenti di lettura e interpretazione del testo di legge e di linee guida che indichino a dirigenti scolastici, docenti e Ata, nonché ai genitori e gli studenti le modalità per non applicare le parti che ledono il diritto allo studio, la libertà di insegnamento, la collegialità e le prerogative negoziali quale unica sede dove possono essere discusse e attribuite le risorse dei 200 milioni del cosiddetto bonus docente, togliendolo al Comitato di valutazione. Su queste risorse è indispensabile che all’inizio dell’anno scolastico le RSU chiedano ai dirigenti l’apertura immediata del tavolo negoziale, affinché esse siano utilizzate con le finalità e i criteri del FIS e in coerenza con i POF. È necessario che i collegi dei docenti sostengano le azioni delle RSU con specifiche delibere.
• Il Comitato di valutazione deve limitare il suo intervento all’anno di prova dei neo immessi in ruolo. I collegi dovranno sostenere, con appositi ordini del giorno, la battaglia dei colleghi che parteciperanno ai Comitati di valutazione per ricondurre l’utilizzo dei finanziamenti del bonus alla contrattazione di istituto, condividendo la decisione nei consiglio di istituto con genitori e studenti.
• Inoltre, per ciò che concerne gli aspetti più propriamente professionali, in coerenza con le lotte finora svolte, bisogna impegnarsi a salvaguardare sia l’autonomia docente, tenendola al riparo da una valutazione mortificante e inaccettabile in quanto basata su criteri e meccanismi che rompono il principio della collegialità, che l’autonomia del dirigente, spogliato della sua specificità scolastica e ridotto a un ruolo gerarchico‐burocratico e a funzione di autorità salariale, del tutto estranei al suo profilo di dirigente educativo ed esponente di una comunità autonoma e di un organo costituzionale;
• sul piano sindacale si apra una stagione di lotta (si lavorerà per giungere ad una manifestazione nazionale a ottobre con sciopero generale) per la riconquista dei tavoli contrattuali nazionali in tutti i settori pubblici. In questo contesto si valuterà l’opportunità di procedere al blocco delle attività aggiuntive di docenti e ATA. Tutto ciò al fine di ottenere nella prossima legge di stabilità uno stanziamento di risorse adeguate al recupero del potere di acquisto dei salari. Si tratta di un diritto esigibile sancito anche dalla recente sentenza della Corte costituzionale. A settembre ci sarà l’audizione sul ricorso promosso dalla FLC per rivendicare il rinnovo dei contratti in tutti i settori della conoscenza. Tale diritto non può essere aggirato con tecniche dilatorie come quella della preventiva e pregiudiziale richiesta di definizione dei comparti (Legge Brunetta), da rinviare a un momento successivo alla conclusione delle trattative. In questa direzione è auspicabile un forte coordinamento della Confederazione che faccia da connettore con le altre categorie del pubblico impiego per accelerare l’apertura dei tavoli negoziali, parte economica e normativa, e, in assenza di risposte, promuovere le necessarie iniziative di lotta. È necessario verificare la possibilità di definire piattaforme unitarie in tutti i comparti della conoscenza, sulla base delle proposte approvate dal Comitato direttivo.
• Infine, sulla proposta del referendum abrogativo. Pur consapevoli delle criticità e incognite che tale strumento presenta, la FLC ritiene che possa essere una strada da percorrere, nei tempi opportuni, per contrastare questa legge. Occorre però che l’iniziativa referendaria sia sostenuta da un vasto schieramento di forze sociale, di personalità della cultura, partiti e associazioni. I contenuti, i tempi e i modi di procedere devono essere concordati e
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condivisi largamente dal basso e da quanti hanno animato le mobilitazioni di questi mesi, unitamente alle proposte che in questi anni abbiamo fatto per rafforzare e rilanciare l’assetto e il ruolo democratico della scuola della Costituzione. Il CDN deciderà le forme di adesione e sostegno da parte della FLC.
Il Comitato Direttivo Nazionale della FLC CGIL impegna tutto il gruppo dirigente a elaborare un piano di azioni che sia in grado, a partire dall’ultima decade di agosto, di coinvolgere le RSU e il quadro diffuso della nostra organizzazione sulle iniziative di mobilitazione decise in modo ampio, diffuso e capillare a partire dall’inizio dell’anno scolastico. È fondamentale che la Confederazione, a tutti i livelli, sostenga la mobilitazione e valorizzi la funzione sociale della scuola pubblica ricomponendo lotte e vertenze dell’insieme del mondo del lavoro. Per questo, dal movimento della scuola deve partire un appello a tutto il mondo del lavoro per la costruzione di un fronte comune di iniziative. Hanno lavorato alla stesura di questo materiale Americo Campanari Gigi Caramia Gianni Carlini Armando Catalano Stefania Chiodi Roberta Fanfarillo Grazia Frilli Raffaele Miglietta Anna Maria Santoro In redazione Corrado Mercuriali e Fabio Mancini
La legge sulla scuola (L. 107/2015):le valutazioni della FLC CGIL
e le iniziative di contrasto per l’inizio dell’a.s. 2015/2016
La legge sulla scuola n. 107 del 13 luglio 2015
Il nostro giudizio è fortemente negativo per:
- i gravi aspetti di incostituzionalità
- la lesione delle prerogative contrattuali
- l’attacco ai diritti dei lavoratori (anche precari)
- il ridimensionamento del ruolo degli organi collegiali
- la riduzione del diritto allo studio
La legge sulla scuola n. 107 del 13 luglio 2015
Aspetti di incostituzionalità della nuova legge:
- colpita la libertà di insegnamento con chiamata diretta dei docenti e sistema premiale autoritario
e discriminatorio
- ridotte le prerogative degli Organi Collegiali in rapporto ai poteri del Dirigente Scolastico
- esautorato il CSPI appena eletto
Colpite le prerogative contrattuali:
- si interviene per legge su ambiti propri della contrattazione: mobilità, professionalità, retribuzione accessoria, …
- tutte le disposizioni contrattuali in contrasto con la legge vengono disapplicate
La legge sulla scuola n. 107 del 13 luglio 2015
Altri punti negativi rilevanti:
-non risolto il problema del precariato, anzi aumentano discriminazioni ed esclusioni
-ampi poteri al Governo con le deleghe
-favorito il finanziamento delle scuole private
La legge sulla scuola n. 107 del 13 luglio 2015
La mobilitazione e le iniziative di contrastoalla L. 107/2015
Occorre assumere fin da subitoazioni di contrasto in grado di impedire
i danni irreparabili che la legge può determinare alla scuolaa partire dagli effetti più immediati
(bonus docenti, comitato valutazione, precariato)
Tali iniziative si dovranno sviluppare a livello nazionale e di scuola
attraverso Collegio Docenti, Consiglio d’Istituto, RSUe dovranno coinvolgere
gli studenti e i genitori oltre che tutti i lavoratorie le organizzazioni sindacali unitariamente
Iniziative concordate tra FLC CGIL, Cisl scuola, Uil Scuola, Snals e Gilda
A livello nazionale:
- impugnativa al Tar Lazio del decreto che esclude dalle immissioni in ruolo i precari con i requisiti della Corte di
Giustizia europea
- impugnativa su altri aspetti della legge (chiamata diretta, merito, Cspi, ecc) appena disponibili i decreti attuativi al fine di
accertarne i profili di incostituzionalità
- assemblea nazionale unitaria a Roma delle RSU dell’11 settembre 2015
Iniziative concordate tra FLC CGIL, Cisl scuola, Uil Scuola, Snals e Gilda
A scuola:
Il Collegio dei DocentiElegga i suoi due rappresentanti nel Comitato di Valutazione con il
preciso mandato: -che operi per la sola valutazione del periodo di prova ai fini della
conferma in ruolo dei neo assunti-il premio in danaro da distribuire ai docenti sia materia negoziale.
-l’individuazione dei criteri vada trasferita al tavolo di intesa fra DS e RSU.
-non possa esserci alcuna valutazione della qualità individuale dell’insegnamento o sui risultati del singolo docente
Il Consiglio di Istitutoil Docente, i Genitori, lo Studente (alle scuole superiori) che si
candidano al Comitato di Valutazione aderiscano con una dichiarazione espressa al deliberato del Collegio Docenti
rimettendo la partita salariare al tavolo negoziale.
La non partecipazione ai lavori del Comitato di Valutazione delle su citate componenti invaliderà qualsiasi azione di valutazione
individuale
Iniziative concordate tra FLC CGIL, Cisl scuola, Uil Scuola, Snals e Gilda
I Dirigenti ScolasticiRifiutino di entrare in conflitto con le prerogative degli Organi Collegiali, condividano le delibere maggioritarie degli OO.CC. per le scelte organizzativo-didattiche e si affidino alle intese con le RSU per le decisioni in materia retributiva
Qualsiasi ingerenza del DS sul piano organizzativo e didattico e sul piano “dell’impiego” dei docenti (comma 1 art. 5 Regolamento autonomia)entrerebbe in contraddizione con le prerogative degli Organi Collegiali che vigono intatte nella loro integrità.
Iniziative concordate tra FLC CGIL, Cisl scuola, Uil Scuola, Snals e Gilda
Il personale ATAComponente del Consiglio di istituto, che si troverà ad eleggere il
rappresentante dei genitori o degli studenti nel Comitato di valutazione richiederà a chi si candida di impegnarsi ad aderire al
deliberato del Collegio dei Docenti sul rinvio al tavolo negoziale dei criteri e dei compensi per la distribuzione di queste risorse
aggiuntive.
Sarà un’altra modalità di protesta contro una legge che li ha totalmente ignorati
Iniziative concordate tra FLC CGIL, Cisl scuola, Uil Scuola, Snals e Gilda
Le RSUchiedano l’apertura del confronto sindacale per definire
un’ intesa sui criteri e i compensi per distribuire le risorse aggiuntive (quelle del bonus) al personale docente impegnato in attività
aggiuntive.
Il bonus scuola, attribuito discrezionalmente e selettivamente dal DS, è inaccettabile e inammissibile.
Le risorse del bonus (200 milioni) vanno ricondotte all’interno della procedura negoziale fra DS e RSU per riconoscere l’impegno
collegiale e aggiuntivo dei docenti e come risarcimento delle risorse sottratte in questi anni al FIS
Iniziative concordate tra FLC CGIL, Cisl scuola, Uil Scuola, Snals e Gilda
-Legge 107/2015: proseguiranno le azioni (sul piano legale esindacale) nei confronti degli ulteriori effetti della legge (chiamata diretta, mobilità, ecc). Non si esclude ricorso al referendum abrogativo, però a determinate condizioni consapevoli delle criticità e incognite che tale strumento presenta.
-Contratto: riconquista dei tavoli contrattuali nazionali in tuttii settori pubblici per il rinnovo del CCNL dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ha ne ha sanzionato il blocco (in previsione una manifestazione nazionale a ottobre con sciopero generale)
Le iniziative successivein via di definizione
• Rispondere all’emergenza salariale del personale della scuola i cui salari sono fermi da 6 anni
• Ripristinare le risorse tagliate al MOF• Valorizzare il personale con risorse aggiuntive, mediante un sistema
basato sull’esperienza professionale e l’anzianità, riconoscendo il lavoro collegiale e l’impegno aggiuntivo
• Portare a trasparenza l’orario di lavoro, gli obblighi di servizio e l’organizzazione del lavoro docente
• Valorizzare il lavoro Ata nel POF d’istituto• Parità di salario e di diritti senza discriminazioni per il personale
precario• Ripristinare un corretto sistema di relazioni sindacali
Le proposte FLC CGIL per il rinnovo contrattuale
• Investimenti sulla scuola di 17 miliardi di euro per colmare lo scarto con il resto dell’Europa nel rapporto spesa istruzione/Pil
• Innalzamento dell’obbligo scolastico a 18 anni• Istituzione dell’organico funzionale pluriennale stabile per docenti e
Ata per l’ampliamento dell’offerta formativa (generalizzazione delle scuola dell’infanzia, abbassamento del numero di alunni per classe, promozione dell’orientamento, prevenzione della dispersione, apertura al territorio, istituzione della figura tecnica nella scuola del primo ciclo)
• Piano di stabilizzazione del personale docente, educativo ed Ata che superi una volta per tutte il precariato nella scuola, salvaguardando e garantendo i diritti acquisiti di tutti
• Nuovo sistema di reclutamento e di formazione obbligatoria sia iniziale che in servizio
Le proposte FLC CGIL per il rilancio della scuola pubblica