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informa FEDERAZIONE ITALIANA DEGLI OPERATORI DEI DIPARTIMENTI E DEI SERVIZI DELLE DIPENDENZE n.15 Ottobre 2010 Supplemento a Mission - Periodico trimestrale della Federazione Italiana degli Operatori dei Dipartimenti e dei Servizi delle Dipendenze - ANNO IX, 2010 - N. 30 Abstracts Lavori Sessione Poster 12-13-14-15 ottobre 2010 Palazzo dei Congressi RIVA del GARDA - Trento consumi e dipendenze mito evidenze scientifiche realtà organizzative IV CONGRESSO NAZIONALE A PARTECIPAZIONE INTERNAZIONALE

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informaFEDERAZIONE ITALIANA DEGLI OPERATORI DEI DIPARTIMENTI E DEI SERVIZI DELLE DIPENDENZE

n.15Ottobre 2010

Supplemento a Mission - Periodico trimestrale della Federazione Italiana degli Operatori dei Dipartimenti e dei Servizi delle Dipendenze - ANNO IX, 2010 - N. 30

Abstracts Lavori Sessione Poster

12-13-14-15 ottobre 2010Palazzo dei Congressi

RIVA del GARDA - Trento

consumi edipendenze

mitoevidenze scientificherealtà organizzative

I V C O N G R E S S O N A Z I O N A L E APA R T E C I PA Z I O N E I N T E R N A Z I O N A L E

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informa IV CONGRESSO NAZIONALE CONSUMI E DIPENDENZE

COMORBILITÀ E GIOCO PATOLOGICO: ESPERIENZA DEL DIPARTIMENTO DIPENDENZEPATOLOGICHE DI TARANTO

Ariano V.**, Taddeo M.***, Fiorino A.****, De Fazio S.*****, SimeoneV.** Medico, Direttore Dipartimento DipendenzePatologiche(DDP) ASL Taranto.** Medico, Responsabile Sezione DipartimentaleMartina Franca-Massafra DDP ASL Taranto*** Psicologo, Dipartimento Dipendenze PatologicheASL Taranto**** Assistente Sociale, Dipartimento DipendenzePatologiche ASL Taranto***** Medico, Sezione Dipartimentale Martina Franca-Massafra DDP ASL Taranto

Area Tematica: Gambling

IntroduzioneIl Gioco Patologico (PG) rientra tra i disturbi del con-trollo degli impulsi non classificati altrove (distinti daidisturbi ossessivo-compulsivi), nonostante ciò, alcunidegli items che lo definiscono, come il bisogno diinvestire quantità crescenti di denaro per raggiunge-re l’eccitazione desiderata (Tolleranza), la comparsa diirrequietezza o irritabilità quando il giocatore tenta diridurre o interrompere il gioco (Astinenza), il tentati-vo senza successo di controllare, ridurre o interrom-pere il gioco (Compulsività), lo assimilano alla dipen-denza da sostanze. Ciò è confermato anche dallacomune eziologia neurobiologica. Partendo da questipresupposti, numerosi sono gli studi della letteraturainternazionale che evidenziano una comorbilità traPG (Gioco Patologico) e Dipendenza da sostanze.

ObiettivoScopo del lavoro è stato quello di verificare in uncampione riferito ad un Dipartimento DipendenzePatologiche (DDP) all’interno del quale è presente unaequipe che si occupa di Gioco Patologico, sia lacomorbilità con dipendenza e patologia psichiatricadei Giocatori Patologici, sia la comorbilità per giocoPatologico nei soggetti in carico ed in trattamento perdipendenza da sostanze e confrontarli con i dati dellaletteratura nazionale ed internazionale.

Materiali e MetodiA tutti i soggetti è stato aperto un fascicolo persona-le che comprendeva la raccolta di dati anagrafici,sociali, psicologici, anamnestici riguardanti le pre-gresse patologie e l’uso di sostanze d’abuso al fine dievidenziare una eventuale comorbilità con altredipendenze e/o con patologie psichiatriche. Il fascico-lo presentava una parte dedicata alle caratteristichedel tipo di gioco, la frequenza e i debiti commessi acausa del gioco. Sono stati definiti come pazienti con

comorbilità psichiatrica quei soggetti con diagnosi epresa in carico da parte dei CSM territoriali.Per la valutazione della dipendenza sono stati seguitii criteri di classificazione del DSM IV. Per la definizio-ne di Giocatore Patologico l’inquadramento diagno-stico è stato fatto seguendo i criteri del DSM IV, men-tre il livello PG è stato valutato associando i criteri delDSM IV con i risultati del SOGS. Livello 1: GiocoSociale, livello 2: Gioco Problematico, livello 3: GiocoPatologico.

RisultatiL’osservazione ha riguardato due gruppi di pazienti: ilprimo comprendeva n°50 pazienti in trattamento far-macologico presso il Sert di Martina Franca (DDPTaranto), l’altro gruppo n°50 giocatori in carico perdiagnosi primaria di PG presso l’equipe del DDP diTaranto. Il primo gruppo comprendeva 7 femmine e43 maschi, il secondo 4 femmine e 46 maschi. I sog-getti con PG presentavano una comorbilità psichiatri-ca nel 22%dei casi. Il 3% presentava disturbi delcomportamento sessuale. Il 32% presentava disturboda uso di sostanze (11% cocaina, 7% Cannabinoidi,14% Alcol, è stato escluso il fumo di tabacco). NelGruppo dei soggetti in trattamento presso il Sert il14% presentava una dipendenza da gioco.

ConclusioniLa prevalenza dei PG nel campione di n°50 pazienticon dipendenza da sostanza in trattamento presso ilSerT di Martina Franca è del 14%, verso il 20% dellaletteratura nazionale (Capitanucci e alt. 2001) ed il11-16% della letteratura internazionale (Shaffer2002).I Soggetti con disordine da uso di sostanze risulta il32% nel campione di n°50 Giocatori Patologici.Una comorbilità psichiatrica era presente nel 22%dello Stesso campione verso dati di letteratura cheoscillano dal 40 al 60%. Emerge quindi la necessità di standardizzare iproces-si diagnostici, i criteri di inclusione e gli strumenti divalutazione ed incentivare studi finalizzati ad unamigliore conoscenza delle caratteristiche del fenome-no con la particolare attenzione alla comorbilità nelGioco Patologico.

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IL SOGNO LUCIDO: LA KETAMINA PER MIGLIORARE LE PERFORMANCES DA COCAINA

Asturaro E.*, Barretta V.**, Nicotra F.*, Curcio F.***, Auriemma F.***** Dirigente Psicologo U.O. Ser.T. 25 ASL Napoli 1Centro** Specialista Ambulatoriale Psichiatria U.O. Ser.T 25ASL Napoli 1 Centro*** Specialista Ambulatoriale Igiene e MedicinaPreventiva U.O. Ser.T 31 ASL Napoli 1 Centro**** Responsabile U.O. Ser.T. 25 ASL Napoli 1 Centro

PremessaAd un’analisi dei casi osservati nella pratica clinica èpossibile rilevare che soggetti abusatori di cocainapossono utilizzare a scopo ricreazionale bassi dosaggidi ketamina durante il fine settimana per contrastaregli effetti indesiderati della cocaina: effetti paranoidei,rigidità muscolare, tendenza all’isolamento, difficoltànella comunicazione verbale.Dal punto di vista tossicomanico la ketamina, deriva-to dalla fenciclidina, agisce primariamente comeantagonista non competitivo dei recettori N-metil-D-Aspartato (NMDA) per il glutammato; essa è utilizza-ta per gli effetti psichedelici (anestesia dissociativache produce uno stato di incoscienza, nel quale la per-sona non dorme, ma viene “scollegata” dal suo corpoe dall’ambiente circostante). Attualmente viene riferi-to l’utilizzo sotto forma di pasticche, spesso confusecon l’ecstasy, come “sostanza da ballo”, allo scopo direggere la fatica di tutta la notte in discoteca. Oppure,utilizzata per via inalatoria, a basso dosaggio, è ingrado di produrre distorsioni percettive moderate eduna scoordinazione motoria. Le svariate sensazioniche i consumatori provano sono frutto delle variabilidello stato fisico, emozionale e cognitivo della perso-na, nonchè del contesto che risulta determinante nellamodulazione dell’esperienza prodotta dalla droga (sete setting). Il dosaggio e la modalità di assunzione neinfluenzano sostanzialmente l’azione: in 10-45 minu-ti, si ottengono effetti come in un “sogno lucido”; inrelazione al dosaggio consumato si parla di “statiketaminici”: (i)euforia e stimolazione leggera; (ii)forteeuforia; (iii)allucinazione dissociativa leggera;(iiii)allucinazione dissociativa forte, o K hole. Le dosi:per os occorrono circa 300 mg. per un effetto piace-vole e duraturo; per via inalatoria circa 200 mg. pro-ducono forti effetti psichedelici, di breve durata. La viaintramuscolare richiede dosi intorno a 100 mg. pereffetti psichedelici di circa una ora. Per via endoveno-sa la dose di 50/100 mg. produce gli stessi effetti, didurata minore e più intensi. Anche l’uso concomitan-te di altre sostanze psicoattive ne varia gli effetti: l’usodi ketamina ed ecstasy annulla l’effetto anestetico. L’insorgenza di tolleranza e dipendenza psicologica ècorrelata alla frequenza del consumo. In letteratura

vengono segnalati casi di tolleranza significativa perla sostanza, senza evidenti sintomi di astinenza.Tra gli effetti della ketamina è opportuno ricordareanche quelli secondari, quali vertigini, disartria, sensa-zione di freddo, prurito, diarrea, nonché, a livello del-l’area ano-rettale, la defecazione involontaria. “Ad un tratto il cervello si blocca, si paralizza, noncapisci più niente, si sente un formicolio per tutto ilcorpo, si perde la nozione dello spazio, le forme parto-no dai suoni che si sentono. Ci si sente come un robotfuori controllo, ma elastici e flessibili. A livello fisico lesensazioni assomigliano a quelle della cocaina a bassedosi”.

Storia clinicaS.S. età all’inizio della terapia: 25 anni, diploma supe-riore, disoccupato.Si presenta al Ser.T. accompagnato dal padre dopo 7anni di utilizzo di cocaina; la modalità d’uso è pro-gressivamente crescente con una fase iniziale spora-dica e, dopo 4 anni abusa quotidianamente elevatidosaggi della sostanza. La scoperta da parte dei geni-tori dell’uso di cocaina da parte di S.S., a circa 25 anni,è risultato in un utilizzo massiccio della cocaina contotale perdita del controllo e conseguente alterazionedei rapporti familiari. L’assistito, al fine di annullare glieffetti collaterali della cocaina (rigidità muscolare,difficoltà dell’eloquio, effetti paranoidei,...) cominciaad utilizzare ketamina sniffata, precedentemente“testata” nel corso di una serata in discoteca. A que-sto punto giunge alla nostra osservazione, costrettodai genitori; S.S. non sembra essere seriamente moti-vato ad affrontare un percorso terapeutico: il suoobiettivo è quello di riuscire a controllare l’utilizzo dicocaina (come all’inizio della sua storia) limitandolo alfine settimana. Comincia esami tossicologici urinari ecolloqui di sostegno psicologico con indirizzo cogniti-vo comportamentale con cadenza settimanale. Agliappuntamenti previsti S.S. si presenta regolarmente enei primi tre mesi gli esami tossicologici risultanocostantemente negativi per la ricerca dei metabolitidella cocaina. In questa fase migliorano i rapportifamiliari e S.S. comincia a lavorare nell’azienda difamiglia. Presenta la prima ricaduta nell’abuso di cocaina (dosimassiccie) al quarto mese di terapia. Al proposito, siinterviene intensamente sul significato dell’episodio,attribuito dal paziente alla disponibilità economicasopraggiunta ed all’incapacità di resistere al craving.La storia clinica di S.S. è cosparsa di episodi simili, incui lunghi periodi di astinenza si alternano con rica-dute intense e di breve durata. Da un anno il sogget-to è completamente astinente dall’uso di cocaina, macirca 2-3 volte al mese (in occasione di serate indiscoteca) assume ketamina in dosi medie per via ina-latoria, tali da consentirgli di ballare per molte ore inuno stato di alterazione della coscienza. Al soggetto è stato somministrato il questionario A/7per i disturbi di personalità all’ingresso e successiva-mente il paziente è stato rivalutato con lo stesso stru-mento psicodiagnostico. La rivalutazione è stataeffettuata in una fase di astinenza da cocaina ed uti-lizzo sporadico di ketamina.

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BibliografiaShaffer H J, Korn D A, Gambling and related mental disorders: Apublic health analysis - 2002Capelli M, Capitanucci D, Prestipino A, Mangili R, Cheli F, Lacomorbilità con il gamblingin soggetti eroinomani. Risultati di una ricerca multicentrica-2001Perty N M, Stinson F S, Grant B F, Comorbidity of DSM-IV patho-logical gamblingand other psychiatric disorders: results from the NationalEpidemiologic Surveyon Alcohol and Related Conditions - 2005

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informa IV CONGRESSO NAZIONALE CONSUMI E DIPENDENZE

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informa IV CONGRESSO NAZIONALE CONSUMI E DIPENDENZE

L’IMPORTANZA DEL LAVORO DI INTEGRAZIONE TRA SERVIZINELLA GESTIONE DELLA TOSSICODIPENDENTE IN GRAVIDANZA

Asturaro E.*, Nicotra F.*, Franco T.**, Butera C.***, Auriemma F.*****Dirigente Psicologo U.O.Ser.T 25 ASL Napoli 1-Centro**Responsabile.S.S.Valutazione e MonitoraggioDipartimento Farmacodipendenze ASL Napoli 1-Centro -Dirigente Sociologo

***Dirigente Medico U.O.Ser.T 25 ASL Napoli 1-Centro****Dirigente Medico Responsabile U.O.Ser.T 25 ASLNapoli 1-Centro

Il nostro Servizio ha attivato da circa 8 anni un grup-po di lavoro integrato composto da referenti del Ser.T,UOSM, UOMI, Servizi Sociali del Comune di Napoli,Divisione di Ginecologia e di Terapia Intensiva dell’o-spedale “San Paolo”: Unità Operative, Servizi Territo-riali e Presidi Ospedalieri dell’ASL Napoli 1 Centro, pre-senti sul territorio dei quartieri Bagnoli e Fuorigrottadella Città di Napoli.Il Progetto, tra le altre offerte e prerogative, ha soprat-tutto contribuito a creare un’efficace rete di relazionie di interventi, sulla guida di un protocollo unico, alfine di offrire un adeguato sostegno alle pazienti tos-sicodipendenti gravide. Lo spunto che ha dato il via a tale gruppo di lavoro èstato la consapevolezza di una realtà territoriale inca-pace di provvedere non solo ad un attento supporto apazienti del genere, durante tutto il corso della gravi-danza fino al momento del parto ma anche ad un ade-guato sostegno psicologico e clinico alla donna cheper scelta o necessità avesse dovuto interrompere lagravidanza stessa oltre al supporto per queste pazien-ti, in caso di affidamento dei nascituri a terzi.Il protocollo di intesa prevede una serie di interventi,da un punto di vista clinico e da un punto di vistapsico-sociale.Il medico, oltre ad un’attenta valutazione fin dall’in-gresso al Ser.T con un adeguato screening emato-chi-mico comprendente anche il dosaggio delle BHCG (perevitare false diagnosi di gravidanza nei frequenti casidi amenorrea da uso di sostanze), seguirà la pazientedurante tutto il corso della gravidanza, interagendocon le indicazioni del ginecologo del consultorio odell’Ospedale e valutando il dosaggio congruo di far-maco sostitutivo nel caso di dipendenza della madreda oppioidi. Allo stesso modo lo psicologo e l’assistente sociale incollaborazione con le equivalenti figure professionalidegli altri servizi si adopereranno a compensare e sup-portare le fragilità psichiche e le difficoltà ambientalilamentate dalla paziente.Il modello seguìto dal gruppo, si basa,inoltre su un

attento lavoro psicoterapico, al fine di rinforzare o svi-luppare le capacita genitoriali di queste ragazze e deiloro partners (spesso tossicodipendenti come le com-pagne) oltre ad un intenso lavoro sulle famiglie.In 8 anni sono state seguìte, tra gravidanze portate atermine, IVG ed altre problematiche, circa 300 giova-ni donne tossicodipendenti. La prognosi in tutti i casiindicati è stata ottima senza complicazioni di sorta.

CONCLUSIONIIl lavoro mostra l’utilità, soprattutto in una realtàcome quella del Sud, del lavoro integrato nell’ambitodi contesti sanitari cosi complessi

3Valutazione degli obiettivi di cura e dei risultatiNegli anni il trattamento è stato indirizzato verso lapresa di coscienza dei disturbi di personalità ed il rico-noscimento degli stessi. Il primo test A/7 ha eviden-ziato un tratto schizoide con tendenza passivo aggres-siva e modalità antisociale. Nella successiva rivalutazione,avvenuta a distanza dianni, con lo stesso A/7 l’assistito ha nuovamentemostrato il tratto passivo aggressivo, la modalità anti-sociale si è attenuata ed è sparito il tratto schizoide.Un notevole nuovo elemento emerso dal test è statala comparsa di un atteggiamento istrionico di perso-nalità. La valutazione del percorso compiuto ci fa con-cludere che, se il paziente ha messo in atto la ristrut-turazione cognitiva e del proprio stile di vita conse-guente, tuttavia egli mostra ancora una tendenza adimmergersi, “come un tuffo” in un sogno lucido allaricerca di uno stato “scollegato” dalla realtà.

Discussione del casoIl percorso terapeutico intrapreso da S.S., parte da unamodalità di comportamento altamente compromesso,tanto da non consentirgli una qualità di vita social-mente accettabile in cui il discontrollo dell’uso dicocaina era complicato dal poliabuso e dalla impossi-bilità di intessere relazioni sane. La personalità di S.S.si evolve con tratti più maturi e consapevoli nelleprime fasi astinenziali ed il supporto psicologico lo hacondotto all’accettazione delle drammatiche primericadute dell’uso di cocaina, consentendogli di accet-tarle e di reintegrarsi gradualmente, dapprima rico-struendo una relazione familiare e poi evolvendoanche dal punto di vista dell’impegno lavorativo enella capacità di gestione del desiderio.Al momento il soggetto è sufficientemente integratoin ambito lavorativo, residuando relazioni conflittualicon la famiglia di origine; appare aver raggiunto undiscreto livello di autonomia personale, pur mante-nendo di tanto in tanto il bisogno di trasgressioneemozionale che raggiunge attraverso l’uso controllatodi ketamina. Il supporto psicoterapeutico tendeattualmente a mettere in discussione anche quest’ul-timo atteggiamento, al fine di prevenire ulteriori pos-sibili episodi di perdite di controllo ed eventuali piùgravi ricadute. Il percorso psicoterapeutico tende inol-tre ad allontanare S.S. da possibili “set” che possanofungere da innesco per episodi di craving.

ConclusioniLa recente diffusione dell’utilizzo di cocaina e la cor-relazione con l’uso di sostanze in grado di attenuarnegli effetti secondari indesiderati - ketamina - ci indu-ce a tenere alta l’attenzione su ciò che potrebbe di-ventare una nuova “emergenza” tra i giovani. L’utilizzodi ketamina in discoteca sembra essere molto ambitoe probabilmente misconosciuto in termini di diffusio-ne e pericolosità. L’azione sui centri cerebrali superio-ri, alterando in particolare la percezione degli stimoliuditivi, visivi e del dolore, provoca la perdita dellacapacità di rispondere consapevolmente ad essi, il cheporta l’utilizzatore ricreazionale, spesso inconsapevol-mente, in una condizione di estremo rischio e possibi-le danno personale. L’uso di questa sostanza non è

attualmente monitorato ed è alta la probabilità cheparte degli incidenti stradali possano essere attribuitiall’uso di ketamina.

Bibliografia1) CNS Drugs. 2006;20(3):199-218. Ketamine: from medicine tomisuse. Wolff K, Winstock AR.2) Anaesth Intensive Care. 2002 Jun;30(3):382-4. Ketaminedependence. Pal HR, Berry N, Kumar R, Ray R.

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LE COMPLICANZE CARDIOVASCOLARI NEL COCAINOMANE; UN PROBLEMA DA NON SOTTOVALUTARE

Bonazzi C., Magnoni F.*, Comaschi C.SerT Est Carpaccio Azienda USL Bologna*Chirurgia Vascolare Ospedale Maggiore Azienda USLBologna

Secondo la maggior parte degli studiosi la cocaina,sarebbe germogliata nelle valli umide delle regioniAndine e del centro dell’Amazzonia tra i 2000 e 2500metri, almeno 6000 anni prima di Cristo, in conse-guenza dell’optimum climatico di quelle terre. Nelcorso dei secoli, dopo la sua esportazione in Europa el’isolamento chimico del suo alcaloide (cocaina) il suouso si è progressivamente diffuso mantenendo nellapopolazione in generale l’aura di una sostanza nonpericolosa, che non dà dipendenza e spesso utile adaffrontare situazioni di particolare stress fisico edemotivo. In realtà la cocaina è una sostanza estrema-mente pericolosa, che ha un effetto tossico direttosugli organi, al contrario dell’eroina, che non presentadanni d’organo.Attraverso l’attivazione dei neuroni dopaminergici delsistema mesolimbico (nucleo accumbens) la cocainaprovoca i ben noti effetti gratificanti ed euforizzantisull’assuntore. Il principale meccanismo d’azione risie-de nella sua capacità di bloccare i neurotrasportatorideputati alla ricaptazione della dopamina e dellanoradrenalina da parte dei neuroni presinaptici; que-sto spiega anche l’attivazione del sistema simpaticoche provoca intensa vasocostrizione, midriasi, tachi-cardia ed ipertermia. Gli effetti clinici della molecola variano a secondadella modalità di assunzione, dalla dose, della duratadi uso. Nell’intossicazione acuta (dosi maggiori di 300mg) il paziente può arrivare anche all’arresto cardio-circolatorio e alla morte.L’uso cronico può portare ad un grave decadimentodelle condizioni generali fisiche e psicologiche con lacomparsa di disturbi organici di cui i più temibili sonoquelli cardiovascolari, legati principalmente all’effettovasocostrittore della cocaina ed al suo effetto pro-trombigeno. Gli organi bersaglio sono soprattutto il cuore e ildistretto cardio-circolatorio con manifestazioni car-diache come angina, infarto, ipertensione arteriosa. Ilriscontro di infarti miocardici in soggetti giovani prividi altri fattori di rischio è fortemente suggestivo perabuso di cocaina. A livello cardiaco si possono anche avere delle aritmiedovute a depolarizzazione ventricolare prematura,asistolie e tachiaritmia ventricolare degenerante infibrillazione per blocco dei canali del Na+ mediatidalla sostanza. L’uso cronico può condurre a fibrosi

interstiziale del miocardio e predisporre allo scompen-so cardiaco congestizio; è ipotizzato altresì un mecca-nismo di danno diretto del miocardio con il realizzar-si di miocarditi.Anche l’aterosclerosi sembra sia accentuata dalla

cocaina e il suo uso è stato associato alla formazionedi trombi (per aumento dell’aggregazione piastrinica)con insorgenza di infarti nei distretti intestinale, rena-le epatico e splancnico. Le crisi ipertensive, causate dall’assunzione di cocaina,possono portare a emorragie cerebrali (Fig 1), mentreil suo potente effetto vasocostrittore può realizzareischemie e necrosi del tessuto encefalico (ictus); inol-tre tale meccanismo favorisce la rottura di aneurismiintracranici in soggetti portatori di tale patologia (siaessa congenita o acquisita) e la realizzazione di disse-zioni aortiche (Fig 2), spesso fatali. L’assunzione per via nasale, snorting, può condurre,per gli effetti vasocostrittori della sostanza, a epistas-si, rinite, sinusite, anosmia ed alla necrosi e alla perfo-razione del setto. Nei fumatori di crack possono insor-gere gravi complicanze respiratorie come dispnea,tosse produttiva, emottisi, polmoniti, edema polmona-re, stati di diffusa emorragia parenchimale del polmo-ne determinata da infarti polmonari per l’intensavasocostrizione. Il “fenomeno cocaina” attualmente rimane sottosti-mato: la diminuzione del costo per grammo ha resopossibile l’acquisto anche da parte di fasce sociali e dietà prima impossibilitate, diffondendone ed incre-mentandone l’uso, la percezione del rischio da partedell’assuntore è minima anche perché nell’immagina-rio collettivo rimane una sostanza “ricreativa” e nonuna sostanza nociva. Nonostante questo l’ammissionedell’uso della sostanza è spesso negata anche in occa-sione di accessi ospedalieri per sintomi correlati adelle complicanze, verosimilmente in parte per riserbopersonale ma sicuramente anche per la mancanza diinformazioni sulle possibili morbilità scatenata dallacocaina. A ciò si aggiunge il fatto che spesso l’assun-zione di cocaina non viene considerata fra le possibilicause della patologia acuta in osservazione nei pron-to soccorsi o in ambiente di ricovero, non se ne attuala ricerca e quindi rimane il più delle volte miscono-sciuta. Inoltre sicuramente oggi nella maggior partedelle Aziende Sanitarie vi è una notevole mancanza dicomunicazione e collaborazione fra il territorio e lestrutture ospedaliere: la mancanza di comunicazione,se non di protocolli comuni e di procedure, oltre chela mancanza di formazione, rappresentano un anellodebole nella catena dei servizi per la cura delle tossi-codipendenze. Sarebbe opportuno e auspicabile incre-mentare relazioni e contatti principalmente fra i ser-vizi di emergenza extra e ospedalieri e i servizi territo-riali per le tossicodipendenze in maniera tale da favo-rire una diffusione della cultura relativamente allecomplicanze della sostanza fra i medici ospedalieriche potrebbero attuare meccanismi diagnostici perportare allo scoperto assuntori con complicanze epoterli indirizzare successivamente ai servizi per rea-lizzare i percorsi di disassuefazione.L’entità del fenomeno “cocaina”, la mancanza di pre-sidi farmacologici sicuramente efficaci nel trattamen-

5STRATEGIE DI INTERVENTO CON INTERFERONE-RIBAVIRINA PER IL TRATTAMENTO DI EPATITECRONICA ATTIVA “C” CORRELATAIN SOGGETTI DRUG-FREE, CON O SENZA TERAPIA SOSTITUTIVA, AFFERENTI ALSER.T DSB 25 ASL NA 1 CENTRO

Butera C.*, Gazzella C.*, Fedele F.**, Iovinella V.***, Vrenna G.****, Auriemma F.******Dirigente Medico Ser.T 25 ASL Na1-Centro**Dirigente Medico Radiologo, Ospedale S.Paolo ASLNa1-Centro***Dirigente Medico Epatologo, Ospedale S.Paolo ASLNa1-Centro****Direttore U.O.C Poli LaboratoristiciDipartimentoFarmacodipendenze ASL Na1-Centro *****Dirigente Medico Responsabile Ser.T 25 ASL Na1-Centro

I Servizi per le Tossicodipendenze rappresentano unodei più consistenti bacini di utenza affetta da EpatiteCronica Attiva “C” correlata.Presso il Ser.T DSB25 ASL Na 1-Centro a tutti gli uten-ti, all’atto dell’iscrizione, viene effettuato di routineuno screening di base e successivamente, in caso dipositività agli anticorpi HCV, si prosegue, con la deter-minazione del dosaggio “quali - quantitativo” del viruse alla identificazione del genotipo virale.Segue il monitoraggio, come da protocollo, e l’ap-profondimento diagnostico clinico (visita epatologica/ infettivologica, visita psichiatrica, visita endocrinolo-gica...) e strumentale(ecografia epato-spleno-pancre-atica , tiroidea).In merito a ciò, si è evidenziata nel tempo, la grandedifficoltà, incontrata dai pazienti inseriti in questoprotocollo, a portare avanti il completo inquadramen-to diagnostico necessario per un arruolamento al trat-tamento con IFN e Ribavirina, con il conseguenteabbandono, spesso ancora in fase diagnostica , delleindagini, e , dove i soggetti riuscivano a concludere gliaccertamenti, il drop- out nel corso della terapia. Il nostro Servizio, nel 2005 , individuando i momenticritici dei pazienti rispetto a tale programma, ha pia-nificato e messo in atto una strategia di interventovolta a costruire una rete con gli altri Servizi interes-sati, come da protocollo internazionale.Il Ser.t assume il ruolo di interfaccia con gli specialistiche entrano in gioco nel trattamento: l’epatologo/infettivologo, lo psichiatra, l’ endocrinologo, il radiolo-go, l’ecografista, il laboratorista. Inoltre, si occupa della somministrazione del tratta-mento. (i pazienti arruolati, infatti, consegnano leterapie prescritte agli operatori del Ser.T e settimanal-

mente gli viene somministrata la terapia, in concomi-tanza del controllo ematochimico e di tutte quellevalutazioni cliniche che si possono rendere necessa-rie).

Con tale strategia è stato possibile ottenere i seguen-ti risultati: • Canale preferenziale, tramite il Ser.T, con accessisemplificati e ambulatori dedicati presso le strutturespecialistiche) con la garanzia della effettiva esecu-zione di tutte le procedure• Monitoraggio ematologico e clinico costante con laindividuazione precoce di eventuali problematiche edifficoltà sia fisiche che psichiche.• Corretta esecuzione della terapia per tutta la duratadel protocollo (per la quale ci siamo avvalsi , come peri controlli ematologici ,della collaborazione del perso-nale infermieristico) • Follow-up effettuati nei tempi e nelle modalità pre-viste.

Dal 2005 al primo semestre 2010, sono stati arruolati,con tale modalità, 40 soggetti di cui 30 hanno con-cluso la terapia con ottimi risultati ed eccellente com-pliance. Continuano, come da protocollo, a venire alServizio per i Follow-Up.Allo stato per 12 pazienti sono in corso gli accerta-menti preliminari per i successivi inserimenti nel pro-tocollo.

CONCLUSIONIIl lavoro in questione vuole mettere in evidenza ilruolo fondamentale del Servizio per le Tossicodipen-denze quale centro vitale di una rete di integrazionetra Servizi grazie ad un’ottica di accudimento (care)globale del paziente

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informa IV CONGRESSO NAZIONALE CONSUMI E DIPENDENZE

PSEUDOANEURISMI DA INIEZIONEINTRA-ARTERIOSA DI COCAINA E SOSTANZE STUPEFACENTI: UN FENOMENO NON RARO

Bonazzi C.**, Magnoni F.*, Gambini D.****Servizio Tossicodipendenze Azienda USL Bologna*U.O.C Chirurgia Vascolare Ospedale MaggioreAzienda USL Bologna

La diffusione di sostanze psicoattive è sempre mag-giore come testimoniano i report delle organizzazioninazionali e sovranazionali che si occupano del proble-ma; oltre ad una diffusione quantitativamente mag-giore si assiste ad un incremento del tipo di spessotrattate con processi chimici per renderne più agevo-le il trasporto e meno identificabile la sostanza.Il consumatore si trova spesso quindi ad utilizzaresostanze “tagliate” con “eccipienti” potenzialmentepericolosi per l’organismo come metalli pesanti o pol-veri inerti se non contaminate da microorganismipatogeni. Quando poi la via di ingresso nell’organismodi tali sostanze è quella iniettiva i danni conseguentipossono essere gravi. Sono numerosi in letteratura ireport relativi alle complicanze trombotiche periferi-che o locali, così come quelle infettive o pseudo aneu-rismatiche. La trombosi arteriosa si realizza nellamaggior parte dei casi a valle del distretto sede diiniezione ma può coinvolgere anche organi parenchi-mali o vasi arteriosi maggiori; in particolare la sede diiniezione può sviluppare o per danno diretto dellasostanza o per infezione del sito iniettivo uno pseu-doaneurisma: questo si realizza per la persistenza diuna soluzione di continuo della parete arteriosa e perla reazione infiammatoria del tessuto circostante chetenta di arginare l’emorragia arteriosa. La parete delvaso che si dilata progressivamente e la reazione cica-triziale infiammatoria esterna concorrono a creareuna formazione ovalare, pulsante che progressiva-mente aumenta di dimensioni rendendosi clinicamen-te sempre più evidente. Se non trattata la patologiapuò evolvere in rottura con anche fistolizzazioneesterna, soprattutto nei casi di infezione dei tessutipseudo aneurismatici. La sintomatologia è varia,generalmente legata alla compressione dei tessutiviciniori, dolore neuropatico per compressione delnervo adiacente, TVP per compressione della venaadiacente il vaso arterioso, ischemie periferiche edemorragie esterne con conseguenze anche mortali.Sotto il profilo terapeutico il trattamento degli pseu-do aneurismi post traumatici o jatrogeni normalmen-te trova una soluzione con una semplice raffia arte-riosa del tratto interessato o con la riparazione trami-te patch in vena od in protesi se non con la sostitu-zione protesica completa con protesi allo plastiche. Il problema maggiore nella rivascolarizzazione in casodi pseudoaneurismi infetti è legato all’utilizzo di

materiale protesico ed alla reinfezione che rappresen-ta un evento altamente probabile. In relazione a que-sto la maggior parte degli Autori sostengono che siaopportuno effettuare una semplice legatura del seg-mento arterioso e resezione dei tessuti infetti1,2. Lapercentuale di amputazioni successive, nel caso siacompromessa la biforcazione femorale, è del 33%3.Mc Ilroy et al in uno studio su 60 tossicodipendentihanno effettuato 12 rivasolarizzazioni protesiche e 48legature. Nei confronti della semplice legatura, neicasi di rivascolarizzazione si è evidenziato un 50% direinfezioni protesiche con un 17% di amputazioni vsl’8% nei pazienti con legatura. Il maggior numerodegli autori conclude che il miglior metodo di tratta-mento degli pseudoaneurismi infetti sia rappresenta-to dalla semplice legatura con debridement dei tessu-ti necrotico-infetti4.Per quanto povero possa essere il patrimonio venoso diquesti pazienti, il trattamento di rivascolarizzazione,dopo escissione dell’aneurisma e radicale debride-ment, rappresenta l’unica opzione per il salvataggiodei tessuti a valle dell’aneurisma stesso. Nella nostra esperienza in particolare due casi hannotrovato una risoluzione attraverso l’utilizzo di seg-menti arteriosi prelevati da donatore cadavere e crio-conservati presso Banca dei Tessuti. Tale tecnica hapermesso nei casi in questione di mantenere perviol’asse arterioso interessato evitando le drammaticheconseguenze facilmente prevedibili in caso di legatu-ra del vaso interessato.Caso1: Donna 30 anni, alternanza di periodi di consu-mo di eroina e cocaina anche ev da circa 12 aa, nonin trattamento con farmaci agonisti, HIV negativa,anti HCV positiva. Da circa 7 gg massa pulsante ingui-nale sx con dolore all’arto ed impotenza funzionale,riferisce iniezioni ripetute in arteria femorale di“speed-ball”. Presenta una massa pulsante inguinalesinistra con tramite fistoloso esterno secernentemateriale corpuscolato. Si diagnostica tramiteecoDoppler pseudo aneurisma inguinale e si effettuain urgenza intervento di resezione del tratto arteriosointeressato dallo pseudo aneurisma e sostituzionedello stesso con omoinnesto di arteria femorale dadonatore.Caso 2: uomo 35 anni HIV negativo - anti-HBc e anti-HCV positivo, eroinomane in terapia metadonica econtemporaneo uso di cocaina e.v. Da circa 15 ggmassa laterocervicale destra ricovero in ORL con dia-gnosi di ascesso laterocervicale: riferisce iniezionegenericamente sul collo di “speed-ball”. Dagli accerta-menti risulta una soluzione di continuo nella paretearteriosa con la formazione di uno pseudoaneurismain fase di fistolizzazione con la cute. Si ipotizza undanno diretto sulla parete intimale della sostanzainiettata con successiva necrosi di parete e perfora-zione. Vengono eseguiti ecoDoppler TSA ed angioTCcon mdc (Fig 1) che rivelano la presenza di uno pseu-do aneurisma della carotide comune destra, il pazien-te viene sottoposto ad intervento chirurgico di rese-zione della carotide comune e sua sostituzione conomoinnesto di carotide da donatore (Fig 2). Nel postoperatorio non si sono manifestati deficit neurologici.Nel follow up non si sono rilevate deiscenze degli

6to, la mancanza di comunicazione fra presidi sanitarie territorio e soprattutto il realizzarsi a seguito dell’uso della sostanza di patologie di sì tale gravità,dovrebbero portare la comunità scientifica ed ilmondo politico a considerare la cocaina per la suareale ed effettiva pericolosità e ad attuare meccanismidi monitoraggio, di prevenzione, di rilevazione tossi-cologica e di controllo di maggiore efficacia.

Fig 1– Vasto infarto emorragico in cocainomane

Fig 2 – Dissezione aortica toraco-addominale

Bibliografia

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IL TRATTAMENTO DI SOGGETTIALCOLDIPENDENTI MIGLIORA LA QUALITÀ DELLA VITA PERCEPITADAI FAMILIARI

Borroni G., Baldinu C., Balistrocchi I., Cislaghi D.,Longagnani C., Mita P., Varisco R.. NOA ASL Provincia di Milano n.1 - Abbiategrasso (MI)

IntroduzioneE’ esperienza comune l’osservazione che una condizio-ne di dipendenza da alcol non solo influisce negativa-mente sul soggetto direttamente coinvolto nel proble-ma ma, sotto diverse forme, esercita un impatto nega-tivo anche sui rapporti di coppia e, più in generale,sulle dinamiche famigliari [McCrady, B.S., and Hay, W.(1987). Coping with problem drinking in the family. InJ. Orford (Ed.), Coping with disorder in the family (pp.86-116). London: Croom & Helm]. In presenza di unasituazione di alcol dipendenza, ci dovremmo quindiaspettare che, non solo il soggetto dipendente, maanche i sui suoi famigliari, abbiano la percezione diuna riduzione della qualità di vita (QoL). Mentre ènota la correlazione tra dipendenza da alcol e riduzio-ne della qualità della vita nei soggetti alcol-dipenden-ti, esistono pochissimi dati sulle ripercussioni che que-sta può avere sulla QoL dei loro familiari.

ObiettiviQuantificare la compromissione della QoL nei familia-ri di soggetti con dipendenza da alcol, indagare l’esi-stenza di una correlazione tra l’entità del deteriora-mento della QoL percepito dai pazienti e quello perce-pito dai familiari e valutare l’effetto del trattamentodella dipendenza da alcol sulla QoL percepita daifamiliari.

Pazienti e MetodiSono stati arruolati nello studio tutti i pazienti condiagnosi di dipendenza da alcol secondo i criteri delDSM IV-TR che hanno richiesto al NOA diAbbiategrasso un intervento per problemi alcol-corre-lati nel corso di 24 mesi e per i quali era ipotizzabile ilcoinvolgimento nel trattamento di almeno un familia-re. Sono stati invece esclusi, indipendentemente dalladiagnosi alcologica, tutti i pazienti inviati per una“valutazione alcologica” da organi istituzionale,pazienti soggetti a provvedimenti restrittivi o già inse-riti in Comunità Terapeutica. La tabella 1 riporta lecaratteristiche degli 86 soggetti studiati. L’SF-36 èstato somministrato ai pazienti ed ai loro parentientro 10 giorni dal primo colloquio e dopo 3 mesi. Ilquestionario ed il programma on-line per la elabora-zione del test sono stati scaricati gratuitamente dalsito internet dell’Istituto Mario Negri (http://crc.marionegri.it/qdv/questionari/sf36/sf36v1ita.htm).L’SF-36 rappresenta lo strumento per la misurazione

della QoL più estesamente validato ed utilizzato alivello mondiale. In Italia il questionario è stato tra-dotto ed adattato culturalmente a metà degli anni ‘90nell’ambito del progetto IQOLA. Attualmente sonodisponibili un manuale di utilizzo ed una banca dati diriferimento con dati normativi su un campione di2031 soggetti rappresentativi della popolazione italia-na. Si tratta di un test caratterizzato dalla brevità edalla riproducibilità ed è sviluppato come questiona-rio generico, multi-dimensionale articolato in 36domande che si riferiscono concettualmente a 8domini di salute e 2 scale riassuntive: attività fisica,limitazioni di ruolo dovute alla salute fisica (RF), limi-tazioni di ruolo dovute allo stato emotivo (RE), dolorefisico, percezione dello stato di salute generale, vita-lità, attività sociali, salute mentale, Indice di SaluteFisica (ISF), Indice di Salute Mentale (ISM). I dati ana-grafici e sociosanitari relativi ai pazienti ed ai lorofamiliari sono stati raccolti al momento della presa incarico. I dati forniti dalle 8 scale di salute e dalle 2scale riassuntive dell’SF-36 sono stati analizzati sepa-ratamente e confrontati con i dati della popolazionegenerale corretti per sesso ed età. Solo differenzesuperiori a 2 deviazioni standard (DS) rispetto al valo-re normale (>50) sono state considerate significative.Per ogni paziente, i dati relativi ad ogni singola scaladell’SF-36 sono stati comparati con i risultati ottenu-ti dal corrispondente familiare. Il test di Pearson èstato utilizzato per esplorare le correlazioni tra i risul-tati basali e le variazioni nel tempo di ogni singolascala dell’SF-36 nei pazienti e nei corrispondentifamiliari. Un valore di p <0,05 è stato considerato sta-tisticamente significativo.

Tabella 1 – Caratteristiche dei familiari e dei pazientiche hanno eseguito il Test SF-36

7Fig 1 – Pseudoaneurisma carotide comune alla TC

Fig 2 a) soluzione di continuo della carotide comune

b) innesto carotideo in omograft

innesti o trombosi degli stessi; il paziente maschio hasubito successivamente l’embolizzazione mediantespirali di un aneurisma intracranico del tratto M2repertato nel corso della TC preoperatoria. A 4 mesi difollow-up il paziente è stato ricoverato in Stroke Unitper ictus ischemico con innesto pervio e aneurismaintracranico pervio; verosimilmente l’ictus è da ascri-vere all’uso di cocaina che nel frattempo il pazientenon aveva interrotto.Le complicanze vascolari nei pazienti tossicodipen-denti sono frequenti e spesso portano a conseguenzedrammatiche per il paziente. In particolare le compli-canze del sito di iniezione sono difficoltose da tratta-re e spesso i risultati sono negativi. La cocaina iniet-tata in circolo può provocare evidentemente un dannodiretto sulle pareti dei vasi oltre al già conosciutoeffetto protrombigeno e vasocostrittore. La possibilitàdi effettuare innesti con arterie da donatore cadaveresi è rivelata una tecnica efficace per l’elevata resi-stenza dell’omoinnesto alle infezioni.

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QUALITÀ DELLA VITA IN PAZIENTI ALCOLDIPENDENTI:FATTORI CORRELATI ALLAPERCEZIONE DI RIDOTTA QUALITÀDI VITA ED EFFETTO DELTRATTAMENTODELL’ALCOLDIPENDENZA

Borroni G., Baldinu C., Balistrocchi I., Cislaghi D.,Longagnani C., Mita P., Varisco R.NOA ASL Provincia di Milano n.1 - Abbiategrasso (MI)

IntroduzioneNel corso degli ultimi decenni la valutazione dellaqualità della vita (QoL) ha assunto sempre più impor-tanza nella gestione dei pazienti affetti da patologiecroniche. La dipendenza da alcol rappresenta unapatologia cronica in grado di determinare una gravecompromissione della QoL, anche in relazione alleproblematiche sociosanitarie ad essa associate. Lavalutazione della QoL percepita dal paziente almomento della presa in carico e nel corso del tratta-mento potrebbe quindi rappresentare un utile stru-mento non solo ai fini diagnostici, ma anche per lapianificazione e la valutazione dell’esito degli inter-venti terapeutici, integrando le informazioni fornitedagli usuali indicatori di efficacia basati sulla perma-nenza in trattamento e/o sulla capacità di interrom-pere o ridurre l’assunzione di alcol.

ObiettiviObiettivo principale di questa ricerca è quello di quan-tificare la compromissione della QoL dei pazienti cheafferiscono ad un NOA richiedendo il trattamento diuna dipendenza da alcol. Obiettivi secondari sono ì)valutare quali fattori si associano alla percezione diuna ridotta QoL da parte di pazienti alcol dipendenti,ìì) verificare l’effetto del trattamento sulla percezionedella QoL e ììì) verificare se la QoL percepita dalpaziente al momento dell’ingresso in trattamentopossa avere un valore prognostico sull’esito del tratta-mento a breve termine (3 mesi).

Pazienti e MetodiSono stati considerati arruolabili tutti i pazienti cherichiedevano un intervento per problemi alcol-corre-lati e per i quali era possibile porre una diagnosi didipendenza da alcol secondo i criteri del DSM IV-TR.Sono stati invece esclusi, indipendentemente dalladiagnosi alcologica, tutti i pazienti inviati per una“valutazione alcologica” da organi istituzionali(Tribunale dei Minori, Tribunale Ordinario, Commis-sione Medica Patenti, etc.), pazienti soggetti a provve-dimenti restrittivi o già inseriti in Comunità Terapeuti-ca. La tabella 1 riporta le caratteristiche cliniche, ana

Tabella 1 – Caratteristiche dei pazienti che hanno ese-guito il Test SF-36

grafiche e sociali dei 188 pazienti studiati.L’arruolamento dei pazienti è iniziato nella secondametà del 2008 e si è concluso dopo 2 anni. L’SF-36 èstato somministrato entro 10 giorni dal primo collo-quio e dopo 3 mesi. Il questionario ed il programmaon-line per la elaborazione del test sono stati scarica-ti gratuitamente dal sito internet dell’Istituto MarioNegri (http://crc.marionegri.it/qdv/questionari/sf36/sf36v1ita.htm). L’SF-36 rappresenta lo strumento per lamisurazione della QoL più estesamente validato edutilizzato a livello mondiale. In Italia il questionario èstato tradotto ed adattato culturalmente a metà deglianni ‘90 nell’ambito del progetto IQOLA. Si tratta di untest caratterizzato dalla brevità e dalla riproducibilitàed è sviluppato come questionario generico, multi-dimensionale, articolato in 36 domande che si riferi-scono concettualmente a 8 domini di salute e 2 scaleriassuntive: attività fisica, limitazioni di ruolo dovutealla salute fisica (SF), limitazioni di ruolo dovute allostato emotivo (SE), dolore fisico, percezione dellostato di salute generale, vitalità, attività sociali, salu-te mentale, Indice di Salute Fisica (ISF), Indice diSalute Mentale (ISM). I dati anagrafici e sociosanitariraccolti al momento della presa in carico sono statianalizzati al fine di valutare la loro correlazione con irisultati dell’SF-36 mediante regressione logisticabivariata e multivariata. I dati forniti dalle 8 scale disalute e dalle 2 scale riassuntive dell’SF-36 sono statianalizzati separatamente e confrontati con i dati dellapopolazione generale corretti per sesso ed età; diffe-renze superiori a 2 deviazioni standard (DS) sono stateconsiderate significative.

8Tabella 2 – Risultato della somministrazione dell’SF-36 in 86 coppie pazienti-familiari

RisultatiSono stati arruolati 86 pazienti con diagnosi di dipen-denza da alcol e altrettanti familiari. Tra i familiari iconiugi rappresentavano oltre il 60% del totale. A dif-ferenza di quanto osservabile nei pazienti, nel gruppodei familiari era osservabile una prevalenza del sessofemminile (69,8 vs 20,9, p=0,001) ed una età mediasignificativamente più elevata (47,3±1,3 anni vs43,4±1,5 anni, p=0,03). Analogamente a quantoosservato nei pazienti, anche nei familiari era eviden-te una riduzione della QoL percepita, prevalentemen-te a carico delle 4 scale relative agli aspetti psicoso-ciali della vita (range; 32,4-39,8 vs 41,8-44,8; Tabella2), mentre i risultati relativi agli aspetti fisici della QoLrisultavano più vicini alla norma (range 35,8-41,4 vs47-50). Coerentemente, le scale riassuntive mostrava-no una marcata compromissione a carico dell’ISM inentrambi i gruppi, pur con una differenza statistica-mente significativa a sfavore dei pazienti (-1,7DS vs -1,2 DS, p=0,01), mentre i valori di ISF risultavanosostanzialmente nella norma, ma anche in questocaso con una significativa differenza tra i due gruppi(-0,48DS vs -0,01DS, p=0,001). Il grado di compromis-sione dell’ISM e delle 4 scale riferite agli aspetti psi-cosociali della QoL percepita nei famigliari risultavasignificativamente correlato alla compromissionedelle corrispondenti scale osservata nei pazienti(Tabella 2). Al contrario, non era evidente una correla-zione tra i valori dell’ISF e delle 4 scale riferite allapercezione di salute fisica osservati nei pazienti e neifamiliari. A distanza di 3 mesi dalla prima sommini-strazione il test è stato ri-somministrato a 51 coppiedi pazienti e familiari, corrispondenti al 59,3% delcampione iniziale. In entrambi i gruppi studiati è statoosservato un miglioramento statisticamente significa-tivo a carico delle 4 scale relative agli aspetti psicoso-ciali della QoL e dell’ISM, più marcato nei pazientirispetto ai famigliari (Tabella 3); tutte le scale dell’SF-36 mostravano valori medi simili a quelli osservatinella popolazione generale. Tuttavia, solo per la scaladella Vitalità è stata osservata una correlazione diret-ta statisticamente significativa tra le variazioni per-centuali osservate nei pazienti e nei familiari(R=0,363; p=0,009).

ConclusioniLa somministrazione del questionario SF-36 ai fami-liari di soggetti alcoldipendenti ha dimostrato la pre-senza di una significativa compromissione della QoLda loro percepita, quasi esclusivamente legata ad undeterioramento degli aspetti psicosociali della QoL,mentre non sono risultati implicati gli aspetti fisici. E’stata inoltre osservata una correlazione diretta fra ilgrado di compromissione della QoL percepito daipazienti e dai familiari, che si confermava anche nelcorso del trattamento dell’alcoldipendenza, quando almiglioramento della QoL percepita dai pazienti siassociava un significativo miglioramento di tutte lescale che analizzavano gli aspetti psicosociali dellaQoL percepita dai loro familiari, sia pure in misuraridotta rispetto ai primi. Quest’ultimo dato potrebbeessere conseguenza della relativa brevità dell’interval-lo fra le due misurazioni: probabilmente i familiaripercepiscono un miglioramento degli aspetti psicoso-ciali della loro QoL con una latenza maggiore dei lorocongiunti in trattamento.

Tabella 3 – Valori medi e variazione media rispetto aldato basale delle scale dell’SF-36 dopo 3 mesi di trat-tamento in 51 coppie pazienti-familiari

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COSTRUZIONE E IMPLEMENTAZIONE DI UNO STRUMENTO PER LA GESTIONEED IL TRATTAMENTO DEI PAZIENTIDEL DIPARTIMENTO INTEGRATO DI SALUTE MENTALE E DELLE DIPENDENZE DELLA ASL 1 IMPERIESE

Boselli P.*, Ardissone G.**, Rosso M.***, Marrara D.****, Pastorella M.*****, Maccagno M.******* Responsabile Struttura Semplice dipartimentaleRicerca epidemiologica ASL 1 Imperiese ** Responsabile Struttura Complessa salute mentale edipendenze ambito Sanremese ASL 1 imperiese

*** OSS Sert Sanremo**** IG Cento Salute Mentale di Sanremo ***** IG Centro Salute Mentale Imperia****** Direttore Dipartimento integrato salute mentalee dipendenze ASL 1 Imperiese

IntroduzioneDopo la formale integrazione tra il Dipartimento diSalute Mentale e quello delle Dipendenze Patologichesi è reso necessario trovare uno strumento di realeintegrazione tra le due aree cliniche, che potesse for-nire informazioni utili alle diverse prospettive delcliente, dell’area clinica, dell’area gestionale e di quel-la aziendale.

MetodoA partire dallo strumento informatico MFP ( multi-functional platform) già in uso presso il Dipartimentodelle Dipendenze, sono state implementate dellemodifiche che potessero essere utili anche alla salutementale quali l’introduzione della cartella clinicasemistrutturata con valutazione psicopatologica, l’in-troduzione della gestione della prescrizione farmaco-logica e dell’archivio storico delle prescrizioni, lagestione della somministrazione diretta dei farmaci, edelle prestazioni specifiche della salute mentale, l’in-troduzione di un collegamento con l’archivio ASL delleSDO ( schede di dimissione ospedaliera) degli SPDC, edil collegamento con il Pronto soccorso per il monito-raggio delle consulenze urgenti.

RisultatiIl sistema informatizzato che ne è derivato è dotato diuna reportistica analitica su tutti i dati introdotti epermette quindi di soddisfare le diverse esigenze siasotto la prospettiva del cliente ( rintracciabilità delleinformazioni in un’unica cartella, miglioramento dellacomunicazione nei diversi punti di accesso quali iCSm, i SerT, gli SPDC, il Pronto Soccorso), sia sotto la

prospettiva clinica (strumento di audit clinico e di riskmanagement, monitoraggio dei drop out), sia sotto laprospettiva gestionale ( analisi dei volumi e della tipo-logia di attività dei servizi, dell’assorbimento di risor-se, dei dati epidemiologici a fini di monitoraggio, diriprogettazione e di benchmarking tra servizi), siasotto la prospettiva aziendale (monitoraggio costidella residenzialità, della spesa farmacologica o delcosto del percorso di singolo gruppi di utenti), siasotto il punto di vista regionale (analisi report di atti-vità o dati epidemiologici a fini di politica sanitaria).

ConclusioniLo strumento così implementato è in grado contem-poraneamente di rispondere ad esigenze di differentistakeholder interni ed esterni al DipartimentoIntegrato, consentendo inoltre di omogeneizzare icomportamenti tra servizi con missioni differenti e difavorire una reale integrazione tra gli stessi.

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RisultatiQuando i risultati di ognuna delle 8 scale dell’SF-36ottenuti nei 188 pazienti studiati sono stati compara-ti con i valori medi di ogni corrispondente scala riferi-ti alla popolazione generale, è stata osservata unasostanziale riduzione a carico di tutte le scale (Range;da -0,8 a -1,6 DS; Tabella 2), particolarmente eviden-te nelle scale relative agli aspetti psicosociali dellaQoL. Le due scale riassuntive mostravano una sostan-ziale normalità dell’ISF (-0,4 DS), mentre l’ISM (-1,7DS) risultava significativamente ridotto rispetto allanorma (Tabella 2). In seguito al riscontro della com-promissione di tutte le scale dell’SF-36 e dell’assenzadi differenze significative tra le scale, si è deciso di uti-lizzare, ai fini dell’analisi dei fattori predittivi di ridot-ta percezione della QoL, i 2 Indici riassuntivi di SaluteFisica e Salute Mentale. Al momento della valutazio-ne iniziale una elevata percentuale di pazienti (45,7%)mostrava una riduzione significativa dell’ISM mentresolo 6 di 188 (3,2%) pazienti mostravano una riduzio-ne significativa (>2DS) dell’ISF (che quindi non è statoulteriormente indagato). All’analisi multivariata ilsesso femminile e la presenza di altra dipendenza/abuso in associazione con la dipendenza da alcol, rap-presentavano i soli fattori indipendentemente correla-ti con la percezione di una ridotta QoL secondaria aduna compromessa salute mentale (Tabella 3). Adistanza di 3 mesi l’SF-36 è stato ri-somministrato a109 (58%) pazienti ancora in carico. In questo sotto-gruppo è stato osservato un significativo migliora-mento di tutte le scale e dei 2 indici derivati (Tabella4), che raggiungevano valori simili a quelli osservatinella popolazione generale. Un miglioramento delvalore di ISM è stato osservato in 88 (80,7%) pazien-ti. Nessuna delle variabili analizzate si correlava conl’aumentata probabilità di ottenere un miglioramentodell’ISM. Il valore basale di ISM non risultava avere unvalore prognostico sulla permanenza in trattamento(p=0,67), mentre bassi valori di ISM si associavano aduna aumentata probabilità di raggiungere e mantene-

re una condizione di astinenza da alcol nel corso dei 3mesi di osservazione (OR: 0,97; CI95%:0,94-0,99;p=0,01).

ConclusioniLa somministrazione del questionario SF-36 ha dimo-strato una riduzione significativa della QoL neipazienti alcol dipendenti, particolarmente evidente acarico delle 4 scale relative agli aspetti psicosocialidella QoL e dell’ISM. Il sesso femminile e la concomi-tante presenza di altra dipendenza/abuso sono i solifattori risultati indipendentemente correlati alla per-cezione di una ridotta salute mentale. Benché la per-cezione di una ridotta qualità della salute mentalenon sia un indice prognostico di ritenzione in tratta-mento, si è potuto verificare una sua associazione conl’aumentata probabilità di raggiungere e mantenereuna condizione di astinenza. Si potrebbe ipotizzareche questo risultato sia correlato ad una maggior con-sapevolezza della gravità delle proprie condizioni disalute e rappresentare quindi un incentivo all’adesio-ne al trattamento. Se questa ipotesi fosse confermata,l’SF-36 potrebbe dimostrarsi un utile strumento dimotivazione e di confronto con i pazienti, in partico-lare per favorire una presa di coscienza di malattia eduna maggior compliance ai programmi terapeuticiproposti.

Tabella 2 – Valori medi, range e scostamento dallanorma dei risultati delle 8 scale e dei 2 indici riassun-tivi dell’SF-36 osservati in 188 pazienti con dipenden-za da alcol

Tabella 3 – Fattori correlati ad una ridotta QoL

Tabella 4 – Variazione dei valori delle 8 scale e dei 2indici derivati in 109 pazienti con diagnosi di dipen-denza da alcol

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e antipsicotici atipici.I Disturbi di Asse I più rappresentati sono stati ilBipolare II e il Bipolare I presenti rispettivamente in 6e 3 pazienti.Il Disturbo di Panico e il Disturbo da Ansia Generaliz-zata sono stati diagnosticati rispettivamente in 3 edin 1 paziente.Questa esperienza è stata vissuta in maniera positivasia dai pazienti che vi hanno partecipato sia daglioperatori e riteniamo quindi che questo programmapsicoeducazionale possa essere considerato un buonstrumento di integrazione terapeutica anche per ipazienti in trattamento presso i Servizi delleDipendenze.

Biografia1. Journal of nursing scholarship, 2003; 35:3, 237-2412. Baldini L, Anedda A, Fusconi G, Bernardi G, Laghi G, Babini Aet al. Effects du sport pour tous sur le modifications du Style devie: Sport e Obesitè. Livre des résumés 10e Congrès Mondial duSport pour Tous 2004. Rome, Italie 11-14 novembre 2004:36.3. Booth FW, Gordon SE, Carlson CJ, Hamilton MT. Waging waron modern chronic diseases: primary prevention through exerci-se biology. J Appl Physio 2000; 88:774-87.4. Bonetti A, Soresi P, Grago E, Fiorella PL, Anedda5. Battistini GC et al. Tabagismo e attività sportiva in EmiliaRomagna. Med Sport 2002;55:83-8.6. Bonetti A. Diabete mellito ed esercizio fisico. Med Sport2001;54:183-93.7. Bonetti A. Attività fisica, metabolismo lipidico e rischio car-diovascolare. Sport Card 2001;II:159-68.8. Halbert JA, Silagy CA, Finucane P, Withers RT, Hamdolf PA.Exercise training and blood lipids in hyperlipidemic and normo-lipidemic adults: a metaanalysis of randomized, controlledtrials. Eur J Clin 1999;53:514-22.9. Wei M, Gibbons LW, Kampert JB, Nichaman MZ, Blair SN. Lowcardiorespiratory fitness and physical inactivity as predictors ofmortality in men with type II diabe-tes. Ann Inter Med2000;132:605-11.

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IL PROGETTO BENESSERE: UN’ESPERIENZA AL SER.T DI PISA

Paffi D.*, Capovani B.**, Nocciola M.***, Giuntoli L.*****Responsabile U.F.C. Ser.T**Medico Psichiatra***Educatore Professionale****Assistente Sociale

Presso il Ser.T di Pisa, dal febbraio del 2009, comeulteriore risorsa terapeutica nell’ambito della multidi-sciplinarità della struttura del percorso assistenziale,abbiamo istituito il Progetto Benessere.Il Progetto benessere è un iniziativa realizzata da EliLilly, che utilizza un intervento riabilitativo di gruppodi tipo psicoeducazionale, i cui destinatari in origineerano solo pazienti con patologie psichiatriche segui-ti presso strutture psichiatriche territoriali ed univer-sitarie.L’idea di sperimentare questo intervento riabilitativonell’ambito di un Servizio delle Dipendenze nasce daldesiderio di volgere l’attenzione su quelle aree cosid-dette “sane” della persona e migliorare la qualità dellavita compromessa dal Disturbo da Uso di sostanze,dalla frequente comorbidità con altri Disturbi di AsseI e dalle terapie psicofarmacologiche assunte. Lo scopo di questo progetto, che ha una durata di 15-20 settimane ed è costituito da incontri settimanali di1 ora e 30 minuti, è di fare raggiungere ai pazientiaffetti da Disturbo da Dipendenza da sostanze incomorbidità con altri Disturbi di Asse I miglioramentisul fronte della salute fisica e psichica attraversomodifiche del proprio stile di vita.Il Progetto Benessere, come parte integrante del pro-gramma terapeutico individuale, mira a ricordare,risvegliare e stimolare gli aspetti più positivi delladimensione corporea e mentale, fornendo informazio-ni su tematiche relative agli stili di vita riguardanti inparticolare l’alimentazione e il movimento fisico.L’équipe che segue il progetto è composta da unMedico Psichiatra, un Educatore Professionale edun’Assistente Sociale.I contenuti del Progetto Benessere si compongono didue parti, alimentazione ed esercizio fisico, nell’ambitodelle quali vengono affrontati i seguenti argomenti:• Definizione condivisa di benessere e di un sano stiledi vita• Valutazione del peso forma (BMI : peso/altezza alquadrato )• Piramide alimentare italiana (si articola in 6 piani incui sono disposti i principali gruppi di alimenti: 1-cereali e derivati, 2- verdura 3- frutta 4- carne, uova,pesce e legumi 5- latte e derivati 6- grassi da condi-mento)• Determinazione dell’equilibrio tra apporto calorico econsumo energetico• Alcol• Spesa, conservazione e cottura degli alimenti

• Formulazione obiettivi individuali• Ostacoli allo svolgimento dell’esercizio fisico esegnali derivanti dall’essere fuori forma• Suggerimenti per incrementare l’attività fisica inmaniera semplice• Monitoraggio del battito cardiaco e del battito car-diaco sotto sforzo• Esercizio fisico e scelta del programma di eserciziofisico• Fasi e avvio di un programma di esercizio fisico. Ad ogni partecipante al Tempo Zero (T0) e al TempoFinale (TF) vengono somministrati:• “Test di valutazione dello stile di vita” (una serie diitems che indagano sulle abitudini alimentari, sulmovimento fisico e sul grado di soddisfazione del pro-prio stile di vita); • Scala analogico-visiva per la misurazione del cra-ving; • Scheda di rilevazione del peso corporeo.Inoltre all’inizio e alla fine del progetto vengono effet-tuati i seguenti esami ematochimici: emocromo conpiastrine, tempo di tromboplastina parz., attività pro-trombinica, INR, alanina aminotransferasi, aspartatoaminotransferasi, alfa-amilasi, bilirubina totale, biliri-buna diretta, s-cloruro, colesterolo tot., colesterolohdl, trigliceridi, creatinina, glicemia, fosfatasi alcalina,glicemia, potassio, sodio, proteine totali, protidogram-ma, cdt.Dall’analisi dei dati ricavati dal primo intervento riabi-litativo del Progetto Benessere che si è svolto dall’11febbraio al 27 maggio del 2009 su 11 pazienti emergeche :1) Il 72,7 % dei pazienti ha completato il progetto ( 8su 11).2) I 3 drop-out si sono verificati dopo il secondo eterzo incontro. 3) In relazione temporale con il programma psicoedu-cazionale si è verificata una riduzione di peso nel 75%dei partecipanti. 4) Dall’analisi della scala analogico-visiva, sommini-strata all’inizio e alla fine del progetto, per la valuta-zione del craving, è emerso che l’85% dei pazienti haavuto una riduzione del craving per tutte le sostanzepsicoattive e i test per la valutazione dello stile di vitahanno evidenziato un incremento della attività spor-tiva e della attività di svago rispettivamente nel 62%e nel 50% dei pazienti. 5) Oltre il 50% dei partecipanti ha cambiato la perce-zione del proprio stile di vita da insoddisfacente a sod-disfacente. 6) Gli esami ematochimici effettuati all’inizio e allafine del progetto hanno mostrato miglioramentianche se non significativi soprattutto relativamente aivalori di colesterolo, trigliceridi e transaminasi.L’eta media dei pazienti (9 maschi e 2 femmine) chehanno partecipato al progetto benessere i cui datisono già stati analizzati, è 42,25 ( range 26-54 ), 4presentavano una diagnosi di Disturbo da Uso di alcole 7 una diagnosi di Disturbo da uso di eroina, Tutti i pazienti assumevano una terapia psicofarma-

cologica costituita dai seguenti farmaci assunti isola-tamente o in associazione: metadone cloridrato,buprenorfina, acido valproico, gabapentin, SSRI, SNRI

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sostanza (in altri termini: una minore emotività col-lettiva negativa verso l’eroina) in un primo tempo, euna successiva sempre maggiore condanna socialedell’eroinomane, associato a clichè negativi e condan-nati: questo avrebbe avuto un effetto deterrente suipotenziali assuntori meno problematici dal punto divista psicopatologico, mentre non avrebbe avuto nes-suna influenza sui soggetti più patologici in ordinealla loro relativa incapacità di stare in contatto con lacollettività. Per verificare queste considerazioni, riprendendo leipotesi di Cloninger sulle tipologie di pazienti condipendenza, abbiamo valutato se nei soggetti presi inconsiderazione vi fosse una diversità tra pazienti conesordio precoce (≤20 anni) e con esordio tardivo(>20anni). Le differenze sono state evidenziate nei solipazienti eroinomani. Gli eroinomani ad esordio preco-ce presentano livelli di NS più alti e livelli di SD, C e STpiù bassi che tendono a scostarsi dalla media dei per-centili della popolazione generale, mentre i soggettiad esordio tardivo tendono a mantenere tali trattinella media percentile della popolazione. Sembra per-tanto che soggetti che hanno avuto accesso più pre-cocemente alla eroina siano giovani problematici chela utilizzano con una modalità “terapeutica”, o diautomedicazione in accordo con le teorie di Khantzian(1985). Si potrebbe quindi considerarli prevalente-mente tossicomani “secondari”; i soggetti con esordiopiù tardivo sarebbero invece soggetti statisticamente“normali”, in cui l’incontro con l’eroina può avvenire inun percorso di esperienze trasgressive casuali e per iquali il fattore patogenetico fondamentale è costitui-to dall’effetto di imprinting e trasformativo dellasostanza (tossicomani “primari”). Questo non è statorilevato nei pazienti cocainomani, nei quali i valoritendono ad essere omogenei tra le due popolazioni(esordio precoce e esordio tardivo), suggerendo chel’appetibilità “sociale” della cocaina (cioè il pregiudiziosociale positivo verso questa sostanza) favorisca edetermini un accesso ad essa in modo omogeneo daparte di tutta la popolazione, prevalendo l’illusioneche sia una sostanza ludico-ricreativa, performante,finzione mantenuta anche quando, in realtà, vieneassunta come rimedio ad insufficienze personali oambientali.I dati sono parziali: il campione necessita di essere piùnumeroso, e comprende solo la popolazione di un ser-vizio per le dipendenze di una area torinese storica-mente socialmente deprivata e che continua ad esser-lo a tutt’oggi (come si evince, ad esempio, dai datisugli anni di studio che sono bassi). Tuttavia i datiottenuti appaiono suggestivi di un progressiva muta-zione della popolazione tossicodipendente. I dati suicocainomani, tenendo conto dell’esiguità del campio-ne, sono sostanzialmente omogenei e non differisco-no tra di loro rispetto ad anno di nascita, età di esor-dio, anno di esordio. Quello che tuttavia emerge, neipazienti dipendenti da cocaina, è la presenza di livellidi RD e di C sotto la media di popolazione. Si potreb-be azzardare che, allo stato attuale, la cocaina funzio-na come elemento in grado di migliorare l’integrazio-ne nella società soprattutto per persone con difficoltàdi percepire e di percepirsi con il prossimo.

CONCLUSIONIPur su un campione ridotto, è possibile rilevare diffe-renze significative nel profilo psicopatologico tra sot-topopolazioni in ordine agli anni storici in cui i sog-getti hanno iniziato ad assumere sostanze psicotrope,il che riflette l’influenza del macroambiente sullapatogenesi della tossicodipendenza. Inoltre, è possibi-le evidenziare differenze in sottopopolazioni in rela-zione alla età di esordio, individuando una maggiorpresenza di tratti psicopatologici tra i più giovani equindi valorizzando la patogenesi di tipo secondario(“autoterapeutica”). Ancora, seppur con la grandelimitazione della scarsa numerosità del campione dicocainomani, è possibile osservare l’impatto attualedei pregiudizi sociali sulle due differenti sostanze:eroina e cocaina. La pressione della considerazionesociale determina una selezione delle caratteristiche“premorbose” dei soggetti, orientandoli nella sceltadella sostanza.

Tab.1 – Dati anagrafici

Tab. 1 – TCI-R e pazienti eroinomani e cocainomani

Graf. 2 – TCI-R e pazienti eroinomani e cocainomani

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STUDIO OSSERVAZIONALE SU PERIODI STORICI E PAZIENTITOSSICODIPENDENTI

Cappa C.*, Rivela E.*, Bignamini E.**Dipartimento Dipendenze 1 Asl TO2 Torino

Quando una sostanza stupefacente risulta in qualchemodo consona alla cultura del momento, non vista inmodo negativo, i soggetti che ne faranno uso sarannopersone nella media della popolazione e l’uso sarà unuso generalizzato. Abbiamo ipotizzato che anchesotto il profilo del temperamento e del carattere lepersone che fanno uso di una sostanza non chiara-mente definita come negativa, entreranno nei percen-tili di media della popolazione generale, mentre talivalori si discosteranno con il variare della concezionemorale della sostanza che diventerà sostanza di uso difasce popolazioni più problematiche. SCOPO DEL LAVOROLo studio si è proposto, attraverso il confronto di alcu-ne caratteristiche dei soggetti tossicodipendenti (tipodi sostanza primaria, età di esordio, profilo psicopato-logico al TCI-R, anni storici in cui si è sviluppata ladipendenza) di individuare possibili differenze e di col-legarle ai determinanti sociali della dipendenza, nell’i-potesi che la patogenesi multifattoriale della patolo-gia trovi nella cultura e nel “sentire” collettivi unaforza che ha effetti plastici sulla espressione della tos-sicodipendenza.

MATERIALI E METODI146 pazienti, 26 con dipendenza da cocaina e 120 daeroina, astinenti da almeno tre mesi, sono stati testa-ti con il Temperament & Character Inventory-Revised(TCI-R) (Cloninger, 1999). Il campione è stato selezio-nato fra i pazienti del Dipartimento Dipendenze 1dell’Asl To 2 che si sono resi disponibili ad effettuare ilquestionario. Ai pazienti è stata chiesta l’età di iniziodell’assunzione di eroina o cocaina ed i dati anagrafi-ci di base. L’età di inizio è stata suddivisa in prima edopo i venti anni di età. Le considerazioni e le valuta-zioni sul TCI-R sono state effettuate sui percentili, enon sui dati grezzi, in modo da poter effettuare unparagone rispetto ad eventuali devianze rispetto allapopolazione generale.

RISULTATILa popolazione osservata si presenta omogenearispetto all’età di esordio della dipendenza e rispetto adeterminanti sociali (anni di studio e stato civile)(Tab.1). Si discosta rispetto all’anno di nascita: i cocai-nomani sono più giovani degli eroinomani e l’anno diinizio dell’uso di eroina e cocaina è differente. I cocai-nomani hanno un tasso di disoccupazione inferiore.Tra eroinomani ed cocainomani (Tab. 2 e Graf. 1) sirilevano delle diversità nella NS (Novelty Seeking)(p<0,001) e RD (Reward Dependence) (p<0,05) che

risultano significativamente più basse nei cocainoma-ni, e nella SD (Self-Directedness) più alta nei cocaino-mani (p<0,05). L’andamento nel corso degli anni rile-va alcune tendenze negli eroinomani (Graf. 2): un pro-gressivo aumento della NS mano a mano che si vaavanti con l’anno di nascita. Tutti gli items del carat-tere, si modificano negli anni, portandosi su valori aldi sotto della media percentile di popolazione. L’età diesordio della dipendenza trova differenze tra gli eroi-nomani, mentre rimane abbastanza omogenea neicocainomani (Tab.3). Negli eroinomani, si rilevano dif-ferenze tra la NS più alta nei soggetti ad esordio pre-coce (p<0,05) e in tutti i tratti caratteriali (SD(p<0,05); C (Cooperativeness) p<0,01; ST (Self-Trascendence) (p<0,05) risultano valori più bassi neipazienti ad esordio precoce.

DISCUSSIONELa popolazione osservata si presenta omogenea perquanto riguarda gli anni di studio e l’età d’esordiodella tossicodipendenza. Quello che varia nel campio-ne osservato è l’anno di nascita (l’età attuale): lapopolazione dei cocainomani tende ad essere più gio-vane rispetto ai pazienti eroinomani. Si osserva unadifferenza rispetto all’anno storico di inizio dell’usodelle due droghe. L’anno di esordio dell’uso di cocainarispecchia il momento storico di esplosione, in Italia,del consumo di tale sostanza. L’eroina, per contro,sembra portarsi avanti per un decennio dal periodo insi assistette al rapido diffondersi di tale consumo. Taledato sembra suggerire che la popolazione degli eroi-nomani comprenda sia soggetti divenuti dipendentidurante il periodo in cui l’eroina non veniva ancoraconnotata chiaramente come sostanza stupefacentepericolosa, sia soggetti che hanno iniziato a farne usodopo, quando la cultura generale iniziava a discostar-si in modo critico. La popolazione di eroinomanipotrebbe essersi modificata nel corso degli anni pro-prio a causa del diverso significato sociale attribuito atale sostanza. I dati rilevano la presenza di una varia-zione della struttura di personalità dei pazienti daquelli nati negli anni cinquanta a quelli nati negli anniottanta. Tali dati sembrano essere suggestivi del cam-biamento di significato che l’eroina ha avuto nell’am-bito della società nel corso di questi trenta anni. Levariazioni appaiono nette nella NS in cui da valori cheinizialmente rientravano nei percentili della media dipopolazioni, nel corso degli anni si sono spostati supercentili più alti. Per contro i tratti del carattere SD,C e ST si sono abbassati su valori inferiore alla mediadi popolazione. Questi dati suggeriscono che, nelcorso degli anni, la popolazione degli eroinomani affe-renti al servizio sia diventata sempre più problemati-ca sul piano psicopatologico. Sulla base di questeosservazioni, potemmo ipotizzare che nella prima fasedella diffusione dell’eroina gli assuntori fossero piùvicini, sotto il profilo psicopatologico, alla popolazio-ne normale, mentre successivamente la sostanzaabbia esercitato una maggiore attrazione su soggettidecisamente più problematici. Ciò potrebbe essere inrelazione ai determinanti ambientali della tossicodi-pendenza: una minore consapevolezza, esplicitazionee condanna a livello di informazione di massa della

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LE MALATTIE METABOLICHE NEI SOGGETTI TOSSICODIPENDENTI:LA NOSTRA ESPERIENZA

Carbone V.*, Caracciolo P.*, Ferretti M.R.*, Russo F.*, Pescicolo R.**, Iovine A.**, Limardi A.***, Del Tufo S.*****Specialista ambulatoriale Ser.T DSB33 ASL NA1 CENTRO**Infermiere professionale Ser.T DSB33 ASL NA1 CENTRO***Dirigente medico Ser.T DSB33 ASL NA1 CENTRO****Responsabile Ser.T DSB33 ASL NA1 CENTRO

INTRODUZIONELa sindrome metabolica descrive un insieme di fattoridi rischio che aumentano la possibilità di svilupparemalattie cardiache, ictus e diabete. Viene diagnostica-ta quando sono presenti tre o più dei seguenti fattoridi rischio: elevata quantità di tessuto adiposo addo-minale, basso livello di colesterolo HDL (meno di 40mg/dl nell’uomo e meno di 50 mg nella donna), eleva-ti livelli di trigliceridi (valori superiori a 150 mg/dl),elevati livelli di pressione arteriosa, elevati livelli di gli-cemia (>100 mg/dl). La presenza di tre o più di questifattori di rischio è un segno che l’organismo è resi-stente all’azione dell’insulina. Il riscontro di elevativalori di insulina nel sangue a fronte di valori norma-li di glicemia rappresenta un indice indiretto di talecondizione. La sindrome metabolica è molto frequen-te nella popolazione e il rischio di sviluppare la sin-drome cresce con l’aumentare dell’età. I soggetti affetti da sindrome metabolica hanno spes-so cattive abitudini e comportamenti dannosi, qualicattive scelte alimentari, iperalimentazione, fumo,sedentarietà, stress, tanto è vero che nelle civiltàmeno ricche, caratterizzate da alimentazione più sem-plice e maggiore attività fisica, questa malattia è pres-soché sconosciuta. Una sindrome metabolica aumen-ta la possibilità di infarti e ictus di circa tre volte e col-pisce circa il 20-25% della popolazione generale. Ilfegato è l’organo maggiormente coinvolto nel meta-bolismo intermedio dei nutrienti assorbiti nel trattogastrointestinale. Alterazioni metaboliche su base tossica, dismetaboli-ca, nutrizionale possono essere causa di steatosi epa-tica (accumulo di lipidi nell’epatocita). La steatosiepatica non secondaria a farmaci, alcool o altre con-dizioni (NASH) è ritenuta l’espressione epatica dellasindrome metabolica e può progredire verso la cirrosie l’insufficienza epatica. I pazienti dei Ser.T per motivifacilmente intuibili hanno uno stile di vita certamen-te non moderato ed inoltre hanno patologie correlate,quali HCV, HIV, HBV che potrebbero in un certo sensofavorire lo sviluppo di malattie metaboliche. Il seguen-te lavoro è stato realizzato su un campione di sogget-ti tossicodipendenti, per verificare se e come il lorostile di vita e le patologie ad esso correlate possanoinfluenzare il rischio di sviluppare tali malattie. Sonoriportati in letteratura studi, principalmente giappo-

nesi, che dimostrano un’associazione tra virus HCV eDM2.

MATERIALE E METODI202 pazienti che negli anni hanno frequentato il Ser.TDSB33 ASL NA1 CENTRO a partire dal 1992 sono statireclutati per questo studio. A tutti è stato prelevato uncampione di sangue e sono stati valutati parametricome glicemia, insulinemia, colesterolemia, trigliceri-demia. I dati, ottenuti dalle cartelle cliniche custoditepresso il SerT DSB33 ASL NA1 CENTRO, sono stati ana-lizzati mediante il programma Stata ed è stata effet-tuata una regressione logistica multipla. La selezionedelle cartelle cliniche è stata effettuata random tratutti quelli che hanno frequentato il SerT nell’anno2009

RISULTATISono stati esaminati 202 pazienti. L’età media deitestati era di 39 anni (min 18 max 69). L’88% eranomaschi. Il 40,1% erano HCV positivi, su un totale di197 testati, il 5,79% HIV positivi su 190 testati. Il16,83 aveva una glicemia superiore a 100, il 26,21 %un eccessivo livello di insulinemia. Il 55% dei testatiera abusatore primario di eroina, il 20,1% di cocaina,il 15% di sostanze alcolichel. Il 28,2% aveva un livel-lo di colesterolo HDL più basso rispetto alla norma, il34,65% un più elevato livello di trigliceridi nel sangue.Circa il 75% dei testati era in trattamento con meta-done cl, il 13,08% con suboxone. Effettuando laregressione logistica multipla si è evidenziata una cor-relazione positiva tra iperinsulinemia e ipertrigliceri-demia, iperglicemia, basso livello di colesterolo HDL, esesso femminile. Si è osservata inoltre correlazionepositiva tra positività al test HIV e assunzione di far-maci sostitutivi (metadone cl, suboxone, alcover) e.Non sono state trovate correlazioni statisticamentesignificative con la sindrome metabolica, al contrario,né per HIV, né per HCV, né per utilizzo di sostanze, néper trattamento con farmaci sostitutivi.

DISCUSSIONEI dati in nostro possesso evidenziano una positività perHIV e HCV più bassa rispetto sulla media nazionale(12% HIV positivi e 60% HCV positivi nel 2006).Abbiamo riscontrato una alta adesione dei nostripazienti ai test HIV e HCV (più del 90%), contraria-mente alla tendenza nazionale riportata nel Rapportoal Parlamento per l’anno 2008. Inoltre si evidenzialamancanza di correlazioni significative tra sindromemetabolica e abuso di sostanze stupefacenti e anchetra sindrome metabolica e patologie correlate con latossicodipendenza (HIV, HCV), contrariamente aquanto affermato negli studi giapponesi da noi presiin considerazione. Possiamo dunque affermare che lostile di vita dei nostri pazienti, sebbene quasi tuttiabusatori di sostanze stupefacenti e in trattamentocon farmaci sostitutivi probabilmente non influenzal’insorgenza di tali malattie. Molto probabilmentedunque essi attuano gli stessi meccanismi di protezio-ne di tutta la popolazione nei confronti dei fattori dirischio di tali malattie.

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Graf. 2 – Pazienti dipendenti da eroina e TCI-R

Tab.3 – TCI-R e pazienti da esordio precoce e tardivo

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frequentato il Ser.T DSB33 ASL NA1 CENTRO a partiredal 1992 sono stati reclutati per questo studio. Sonostati divisi in due gruppi: pazienti extracomunitariprovenienti dal nord-africa e pazienti extracomunita-ri provenienti dall’est europeo. Tra i pazienti nordafri-cani sono stati considerati anche 6 pakistani, assimi-lati a questi ultimi per cultura e religione. I dati, otte-nuti dalle cartelle cliniche custodite presso il Ser.TDSB33 ASL NA1 CENTRO, sono stati analizzati me-diante il programma Stata ed è stata effettuata unaregressione logistica multipla.

RISULTATISono stati esaminati 177 pazienti, 96 provenienti dalnord-Africa e 81 provenienti dall’est europeo. L’etàmedia dei pazienti dell’est europeo è di 31 anni (min21 max 48), quella dei nord-africani è di 40 anni (min21 max 67). I pazienti dell’est europeo provenivano da11 nazioni diverse, con punte del 41% per gli ucraini edel 15% per i Bulgari, quelli del nord-Africa proveni-vano da 10 nazionalità diverse, con punte del 41,67%per i Tunisini, 29% per gli Algerini, 15% per i Maroc-chini. I pazienti dell’est europeo erano per l’86,42%maschi, mentre quelli nord africani lo erano per il94,79%. Il livello di istruzione era maggiore per ipazienti dell’est europeo con un 54,93% di diplomatiscuola media superiore e un 5,63% di laureati, rispet-to al 17,86% di diplomati scuola media superiore e2,39% di laureati provenienti dal nord-Africa, con untasso di analfabetismo del 9,52% per i nordafricani edell’1,41% per i pazienti est europei. La durata mediadella tossicodipendenza era maggiore per i pazientidel nord Africa, con una media di 10,6 anni (min 3max 33) rispetto ai 7,8 anni (min 1 max 22) deipazienti provenienti dall’est-europeo Il 91,95% deipazienti nord-africani ha iniziato a far uso di sostan-ze in Italia, mentre addirittura il 63,51% dei pazientidell’est-europeo ha iniziato nel paese di di origine.Riguardo alla sostanza di abuso primaria i pazientidell’est europeo utilizzano eroina per l’81,25% ealcool per il 15% dei casi, menre i pazienti del nordAfrica sono prevalentemente utilizzatori di eroina(91,67%). Grandi differenze sono state riscontratenelle due popolazioni riguardo le patologie infettive.L’81,92% dei pazienti ha praticato il test HIV, l’82,48%il test hcv. I pazienti nord-africani sono HIV positiviper il 3,85% dei casi su un totale di 78 testati e HCVpositivi per il 15,19% su 79 testati. I pazienti dell’esteuropeo sono HIV positivi per il 20% su 65 testati eHCV positivi per il 64,71% su 68 testati. Effettuandola regressione logistica multipla si è evidenziata unacorrelazione positiva tra positività al test HIV e positi-vità al test HCV, sia per la totalità dei pazienti, sia inparticolare per quelli provenienti dall’est europeo.Lapositività al test HCV è correlata positivamente all’u-tilizzo di eroina come sostanza primaria, alla duratadella tossicodipendenza maggiore di 5 anni e all’iniziodella tossicodipendenza nel paese di origine. Perquanto riguarda il test HIV non è stata riscontrataalcuna correlazione statisticamente significativa.

DISCUSSIONEI dati in nostro possesso evidenziano una positività per

HIV e HCV più elevata rispetto al trend nazionale perquanto riguarda i pazienti provenienti dall’est euro-peo, mentre quelli provenienti dal nord-Africa tuttosommato si assestano sulla media nazionale (4,5%HIV positivi nel 2006). Abbiamo riscontrato una altaadesione dei nostri pazienti ai test HIV e HCV (circal’80%), contrariamente alla tendenza nazionale ripor-tata nel Rapporto al Parlamento per l’anno 2008. Solotre pazienti HIV positivi sono di sesso femminile nelledue popolazioni esaminate. Un dato che ci ha colpitoe che riteniamo sia da mettere in relazione alle condi-zioni socio-politiche dei paesi di provenienza è l’altis-sima percentuale di inizio della tossicodipendenza peri pazienti nordafricani nella nostra nazione; i pazientidell’est europeo per il 63 % hanno iniziato la tossico-mania nei paesi d’origine. Possiamo dunque ipotizzareche i pazienti nord-africani, contrariamente a quellidell’est europeo hanno mutuato i medesimi compor-tamenti di protezione dei tossicodipendenti campaniper le malattie infettive, mentre i pazienti dell’esteuropeo, che hanno iniziato a far uso di sostanze pre-valentemente nel paese di origine, sono più esposti aquesti pericolosi e famigerati virus.

BIBLIOGRAFIACamari L, Siligoi B, Regine V. Prevalenza e determinanti dell’in-fezione da HIV in tossicodipendenti iniettivi in trattamentopresso i Ser.TMinistero della Salute. Rapporto Ser.T 2006 sulle tossicodipen-denzeRapporto immigrazione Caritas/Migrantes 2006

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BIBLIOGRAFIA

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PREVALENZA DI HIV E HCV NEIMIGRANTI DELL’EST EUROPEO E DEL NORDAFRICA: CARATTERISTICHE E DIFFERENZE

Carbone V.*, Caracciolo P.*, Ferretti M.R.*, Russo F.*, Pescicolo R.**, Limardi A.***, Del Tufo S. *****Specialista ambulatoriale SerT DSB33 ASL NA1 CENTRO**Infermiere professionale SerT DSB33 ASL NA1 CENTRO*** Dirigente medico SerT DSB33 ASL NA1 CENTRO**** Responsabile SerT DSB33 ASL NA1 CENTRO

INTRODUZIONENegli ultimi venti anni, a partire dalla fine degli anni80, con la caduta dei regimi dell’est europeo e l’iniziodelle migrazioni dal nord Africa, anche l’Italia ha ini-ziato ad avere una fetta di popolazione proveniente daaltre culture, fino ad arrivare a rappresentare circa il5,2% della popolazione alla fine del 2005 (3.035.000),considerando solo gli immigrati regolari. Si calcola chenel 2015 tale popolazione sarà raddoppiata. Tale au-mento sarà dovuto in parte ai nuovi arrivi, ma anchealla nascita di figli di cittadini stranieri. Ogni 10 stra-nieri, cinque sono europei, due sono africani, due asia-tici, uno americano. Gli originari dell’est europeo sonocirca un milione, per l’Africa la percentuale maggioreè quella marocchina.I Ser.T, istituiti in Italia col DM 30/11/90 n.444, hannodapprima ospitato tossicodipendenti di nazionalitàsolo italiana, poi man mano anche di altre nazionalità,con usi e consumi diversi. Gli utenti dei Ser.T, proprioper il loro stile di vita (scambio di siringhe, rapportipromiscui) sono tra i soggetti più a rischio di malattieinfettive, le più pericolose delle quali sono HIV e epa-tite C, tanto che dei 57531 casi di AIDS riportati dalregistro nazionale AIDS dal 1982 al 2006, il 57,7%sono tossicodipendenti. Sebbene questa percentualesia in decremento (nel 2006 questa popolazione èscesa al 28,4%) l’impatto dell’infezione da HIV tra itossicodipendenti continua ad essere rilevante, conuna percentuale dei sieropositivi rispetto al totale del12%. Ancora molto elevata invece, la percentuale deisoggetti affetti da epatite C (62%). L’influenza del fat-tore anzianità dell’utenza è molto evidente: i malati diHIV, epatite B e C sono molto meno numerosi tra inuovi utenti rispetto a quelli già in carico. Tra i nostriutenti extracomunitari abbiamo cercato di analizzarei due principali gruppi di provenienza, quello nordafri-cano e quello proveniente dall’Europa dell’est, perverificare se differenze di comportamenti, culture ereligioni possano influire sulla possibilità di esserepositivi al virus HIV e HCV.

MATERIALE E METODI177 pazienti extracomunitari che negli anni hanno

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ESPERIENZA SPERIMENTALE DI UN CENTRO AMBULATORIALESPECIFICO PER CONSUMATORI PRIMARI DI COCAINA ALL’INTERNODI UN SER.T: CENTRO DI VALUTAZIONE REGIONALE USO DI COCAINA(VA.R.CO.). REPORT DEI PRIMI DUE ANNI DIATTIVITÀ

Casella P.*, Orlandi V.*, Rosa A.*, Capuzzi D.*, Calleri M.*, Guzzi S.*, Falcione F.**ASL RME Distretto 20 UOC Dipendenze UOSDipendenze Distretto 17 Roma

Backgroundnel corso degli ultimi trenta anni si è assistito ad unprogressivo e continuo aumento del consumo dicocaina in Italia cosi come in altri paesi UE ed in tuttoil mondo. Parallelamente, nell’opinione comune, èandata a consolidarsi sempre di più l’idea che la cocai-na non sia una droga vera e propria, ma una sorta diabitudine ricreazionale e di svago “giustificato”. Lacocaina viene erroneamente percepita meno pericolo-sa rispetto ad altre sostanze ed i consumatori di cocai-na I cocainomani non si riescono ad identificare cometossicodipendenti ed in particolare non riescono adaccettare di recarsi nei servizi territoriali preposti altrattamento delle dipendenze patologiche.Con lo scopo di fronteggiare in modo adeguato la pos-sibilità di un incremento delle domande di trattamen-to per dipendenza da cocaina è stato proposto allaRegione Lazio ed approvato con delibera 755 del31/10/2006 il progetto “Ambulatorio per le Dipen-denze da Cocaina”, operativo dal 01/10/2007 all’inter-no della UOS Dipendenze Municipio 17 (ASL RM/E)con il nome di centro Va.R.Co. (Valutazione Regionaleuso di Cocaina).

MethodsNel corso dei 24 mesi di attività si è effettuata unamappatura a livello regionale e nazionale di tutte lestrutture pubbliche e private, convenzionate e non,che si occupano di utenti che abusano di cocaina. E’stata strutturata una collaborazione clinica con l’Osp.Santo Spirito per la valutazione internistica e cardio-logica (visita ambulatoriale, ECG, Ecocardiogramma) econ i MMG. Da un punto di vista clinico/ ambulato-riale si è provveduto alla definizione della procedura diaccoglienza ai servizi clinici del Centro Va.R.Co. ed allaindividuazione delle metodologie cliniche di investiga-zione (colloqui psichiatrici standardizzati, utilizzando

le indicazioni della SCID; valutazione dei tratti di per-sonalità con la somministrazione del TCI (Cloninger,1994); valutazione dei livelli di psicopatologia genera-li e della gravità complessiva degli utenti con la som-ministrazione di BPRS e CGI. Ogni utente riceve unavalutazione medico-psichiatrica, psicologica, infer-mieristica ed eventualmente socio-ambientale al finedi formulare un programma terapeutico individualiz-zato ed il più possibile target oriented. Il focus clinicodi intervento è stato individuato nel consumatore pri-mario di cocaina, intendendo un soggetto con preva-lente uso di cocaina e non dipendente da oppiacei. Incaso di contemporanea dipendenza da oppiacei si èprofilata la possibilità di strutturare una collaborazio-ne interna tra le 2 equipe operative all’interno dellaUOS Dipendenze del Distretto 17 ASL RM/E.

Resultscomplessivamente, dal primo ottobre 2007 al30/09/09 il centro VaRCo ha aperto le cartelle clinichedi 92 nuovi utenti ed ha preso in carico 8 utenti cheerano già seguiti presso questo SerT, per un totale di100 (80% maschi). Si è verificato un progressivo edesponenziale incremento degli accessi con un N diingressi raddoppiato o triplicato rispetto al biennioprecedente al periodo di osservazione. Il numero tota-le di drop out è stato di 30 utenti (30%), 8 utentihanno concluso il trattamento, 8 utenti sono statiinviati in comunità terapeutica. L’utilizzo della terapiafarmacologica e la combinazione con interventi di psi-coterapia sono associati ad un miglioramento neltempo delle principali dimensioni psicopatologiche,con diminuzione dei punteggi medi delle sottoscaledella BPRS, in particolare per quanto riguarda la scaladell’ansia-depressione che da un punteggio medio di15 scende a 6.

ConclusionsIn conclusione, questa esperienza di lavoro può essereconsiderata positiva, da un punto di vista generale, inquanto dimostra la concreta possibilità dei servizipubblici di modificarsi e di adattarsi alle nuove esi-genze della popolazione tossicomanica.

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L.O.S.T.: LINEA OPERATIVA STRANIERI TOSSICODIPENDENTIACCOGLIERE E CURARE STRANIERITOSSICODIPENDENTI NEL TERRITORIO DI ROMA

Casella P., Lupi A.M., Borghesan M., Massaroni P.,Garofalo S., Cantucci D., Ceccano A., Pizzuti M.,Ricci M., Ballarin F., Tailmoun A.M., Ceban A.

Con la collaborazione di: Antonella Camposeragna

BACKGROUNDA partire dagli anni 90 il il vertiginoso aumento deiflussi migratori ha determinato un notevole incre-mento della domanda di cura da parte dell’utenzaimmigrata con problemi di dipendenza Grazie ad unprogetto finanziato dalla Regione Lazio, dal primoottobre 2007, all’interno della U.O:S. Distretto 17,Roma, è stata attivata una nuova linea operativa diintervento dedicata esclusivamente alle persone stra-niere con problemi di dipendenza da sostanze. Il pro-getto LOST (Linea Operativa Stranieri Tossicodipen-denti) è nato con la finalità di “leggere” situazioni econtesti legati alla specifica appartenenza etnico-cul-turale dell’utente, in funzione di una maggiore effica-cia terapeutica volta a rimuovere tutte quelle barriereche possono costituire un ostacolo alla interazione tral’utente e i servizi. L’elemento di innovazione fonda-mentale del progetto è costituito dalla mediazioneculturale che non si limita alla sola interpretazionelinguistica ma è trasversale a tutte le fasi dell’inter-vento.

METHODSAl momento dell’avvio del progetto il servizio dispone-va di un sistema di raccolta dati di tipo cartaceo. Alloscopo di iniziare a studiare da un punto di vista stati-stico il nostro target di utenza è stato creato un data-base informatizzato. I dati sono presentati comemedia ± deviazione standard. I gruppi sono stati con-frontati utilizzando il test chiquadrato per variabilicategoriche e la T di Student per le variabili continue.Idati sono stati elaborati utilizzando il software SPSS.

RESULTSPresentiamo i risultati descrittivi preliminari dell’uten-za straniera che si è rivolta al servizio nel periodoottobre 2007 - giugno 2009. Abbiamo analizzato unapopolazione di 528 soggetti stranieri ( M 472; F 56) dicui 180 (34.1%) sono rappresentati da nuovi ingressiavvenuti a partire dal 01/10/2007. Le nazionalità pre-valenti sono quelle del Nord Africa e dell’EuropaOrientale. Durante il periodo del nostro rilevamento siè assistito ad una progressiva riduzione degli utentiprovenienti dall’Africa mentre stanno diventandonumericamente sempre più consistenti le persone

provenienti dall’Europa dell’Est e dall’Asia. Sia per quanto riguarda la cocaina che l’eroina, laprincipale via d’assunzione è quella inalatoria: il 53%dei nostri utenti riferisce di assumere eroina fuman-dola. Abbiamo rilevato una differenza significativa(p<0.0001) nella modalità di assunzione di droga peraree geografiche di provenienza: le persone prove-nienti dai paesi europei a prediligono la via iniettiva,mentre i pazienti provenienti dall’Asia e dall’Africasono soliti assumerla per via inalatoria Il paese dove è avvenuto il primo uso della sostanza è,nella quasi metà dei casi, l’Italia. Tra questi (n=246) èpredominante la porzione di africani. Solo nel 18% deicasi, il paese di inizio uso è coincidente con il paese diorigine.Il tempo medio della ritenzione in trattamento è paria 160+/- 148 giorni (minimo 0 giorni; massimo 4845giorni).

CONCLUSIONSVisto l’alto numero e l’elevata problematicità degliutenti che quotidianamente affluiscono al servizio,crediamo che quest’ultimo possa rivestire un ruoloimportante soprattutto per la possibilità di proporsicome punto privilegiato di riferimento nei confronti dipersone a grande rischio di esclusione dal sistemasociale e sanitario e di esercitare un’importante fun-zione di prevenzione, cura e monitoraggio.

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SPUNTI ORGANIZZATIVI PER IDIPARTIMENTI DELLE DIPENDENZE

Ceravolo R.Resp. Ser.T. di Bussolengo, direttore Dipartimento delleDipendenze Az. ULSS 22 - Bussolengo (VR)Servizio: Dipartimento Dipendenze Az. ULSS 22 - Bussolengo (VR)Area tematica: Organizzazione Dipartimentale

PremessaDall’analisi dell’esperienze sinora svolte nell’ambitodel Dipartimento delle Dipendenze dell’Azienda ULSS22 e valutando nel contempo quelle raccolte negliincontri effettuati, nel corso degli ultimi anni, con icolleghi responsabili/coordinatori degli altri Diparti-menti istituiti nella Regione Veneto, emergono e ven-gono con questo contributo suggerite alcune proposteche potrebbero venire a delineare la configurazioneorganizzativa dipartimentale più adeguata.

Dipartimento strutturale o funzionaleCon tutta evidenza è bene sottolineare che i paradig-mi consolidati per un dipartimento ospedaliero cheassembla e coordina (o meglio dirige) più UnitàOperative Mediche e/o chirurgiche hanno caratteristi-che tali per cui l’aspetto organizzativo costituito ingenere da Reparti similari presuppone, pur garanten-do una relativa autonomia alle Unità Operative, unadirezione gerarchicamente garantita e definita dallaconfigurazione strutturale.Di converso Dipartimenti territoriali che tendono aricercare sinergie operative e programmatiche, nonsolo tra Servizi Pubblici (peraltro anch’essi disomoge-nei per tipologia di attività e di mission) ma anche conrealtà del Privato sociale e/o del Volontariato sonostati definiti per lo più come dipartimenti funzionali.Le delibere istitutive della Regione Veneto hanno sino-ra privilegiato tale configurazione anche se, negli ulti-mi anni in cui è stato delegato quale prevalente l’im-pegno e la scelta organizzativa a livello e a responsa-bilità delle singole Aziende Socio-Sanitarie, si sonoeffettuate anche scelte differenziate (vedi Diparti-menti strutturali, vedi, purtroppo l’infelice scelta diaccorpamento tra un Dipartimento di Salute Mentalee un Dipartimento delle Dipendenze). La scelta di Dipartimenti funzionali ha voluto salva-guardare la libertà operativa delle componenti non-Ser.T. (o non Ser.D.). non soggette ovviamente ad alcunimpegno esecutivo su base gerarchica. In sintesi: • in ambito Ospedaliero Dipartimento strutturale:Unità Operative sostanzialmente omogenee e praticadecisionale gerarchica;• in ambito Territoriale, e nello specifico nel campodelle Tossicodipendenze e dell’Alcolismo: Organizza-zioni e/o Unità Operative decisionalmente autonome.

Credo sia possibile oggi considerare che tali modalitàorganizzative, ove per la vastità territoriale e perrispetto della 309/90, permangano più Servizi per leDipendenze, possano essere modificate, garantendo i

vantaggi organizzativi inter -Ser.D. (quindi tra UnitàOperative dotate di autonomia ma sostanzialmenteomogenee per caratteristiche e mission non fossealtro per la stessa legislazione di riferimento) con unaconfigurazione di tipo strutturale e nel contempogarantendo l’adesione e la collaborazione Diparti-mentale delle altre Entità operative non soggette agerarchia o a scelte non autonome. Tale configurazione “mista”: cioè strutturale all’inter-no e funzionale all’esterno avrebbe anche il vantaggiodi dirigere con più efficacia le politiche tra i Ser.D.dello stesso territorio e pur nella garanzia di autono-mia operativa favorirebbe la migliore allocazione dellerisorse con una gestione del personale adattabile conmaggior prontezza alle esigenze emergenti degliutenti e dei loro famigliari. Sarebbero così inoltrefavorita la definizione di Equipe Dipartimentali (adesempio una tossicologica) indispensabili per far fron-te alle nuove esigenze di supporto alle Forzedell’Ordine a livello di screening nei controlli dei gui-datori (ampliamento delle esperienze attivate inProvincia di Verona ed estese ormai in più sedi nazio-nali) nonché alla valutazione dei lavoratori addetti amansioni a rischio.

Composizione del Nucleo RistrettoIn parecchie realtà territoriali sono già stati inseriti nelNucleo “decisionale/programmatico i referenti deiGruppi di Auto Aiuto (ACAT ed AA) oltre ai responsa-bili delle CT e/o P.A. territoriali) e ne ha tratto giova-mento l’efficacia programmatica dipartimentale

Personale di staff e/o dedicatoGli impegni sempre maggiori affidati ai Dipartimentipresuppongono la necessità di poter disporre di perso-nale dipartimentale continuativo. Si pensi alla infor-matizzazione centralizzata, alle ricerche epidemiolo-giche, alla verifica ed al costante controllo delle pro-cedure definite nei protocolli a garanzia della qualitàdelle prestazioni. In un Dipartimento strutturale il per-sonale a ciò necessario deriverebbe in parte da unmigliore utilizzo della dotazione organica esistentema potrebbe con maggior probabilità venire acquisitoanche tramite nuove assunzioni concordate in ognisingola Azienda tenendo conto del maggio peso orga-nizzativo espresso parallelamente al riscontro di unamigliore gestione “economica”.

Dimensioni Territoriali dei DipartimentiInfine non da poco conto è considerare quanto siafondamentale conoscere bene la propria realtà terri-toriale per poter favorire al massimo le sinergie tra levarie componenti del Dipartimento. In tal senso laRegione Veneto ha attivato un Piano di Zona quin-quennale per il quale ogni singola Azienda SocioSanitaria dovrà definire la sua programmazione terri-toriale globale. Nel nostro settore ciò impone nuoveaperture con il mondo giovanile, con il Volontariato,con il Privato Sociale e con gli Enti Locali e solo unaconoscenza reciproca potrà offrire spunti di collabora-zione condivisa. A fronte di ciò pare opportuno sugge-rire che il territorio di afferenza/competenza di un Dipartimento delle Dipendenze non sia troppo

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N. 15 - OTTOBRE 2010

RISULTANZE ESPERIENZA PILOTA DI PREVENZIONE ASPECIFICA NELLE SCUOLE PRIMARIE: CRITICITÀ EMERSE

Ceravolo R.Resp. Ser.T. di Bussolengo, direttore Dipartimento delleDipendenze Az. ULSS 22 - Bussolengo (VR)Servizio: Dipartimento Dipendenze Az. ULSS 22 - Bussolengo (VR)Area tematica: Prevenzione nelle Scuole Primarie

PremessaIl Progetto “ Siamo... sicuri? “ iniziato nell’anno scola-stico 2004/2005 dopo una fase di sperimentazione, daprogetto Pilota, è diventato parte integrante delleattività di prevenzione aspecifica attivate nel territo-rio dell’ Az. ULSS 22 sin nelle Scuole Elementari.L’obiettivo non è quello di effettuare prevenzione e/ocomunicazione diretta sulle droghe (non opportune inquesta età: alunni di V Elementare) ma s’intende sti-molare la capacità critica e la autonomia decisionale.Da quest’anno scolastico il positivo riscontro avuto èstato considerato a livello Regionale e finanziato coni Fondi della Lotta alla Droga. In tal senso sono statigià effettuati due incontri di formazione per i colleghidei Ser.T. del Veneto preliminarmente alla sperimenta-zione del Progetto sul territorio di 12 Dipartimentidelle Dipendenze che hanno aderito all’iniziativa. Gli operatori del Ser.T. di Bussolengo, a cui quest’annosi sono affiancati i colleghi del Ser.T. di Villafranca(impegno quindi a livello Dipartimentale allo scopo dicoinvolgere i plessi scolastici di tutto il territoriodell’Az. ULSS 22), hanno effettuato interventi nelleclassi quinte delle Scuole Primarie (sinora circa 2500bambini coinvolti) proponendo stimoli sensoriali aglialunni congiuntamente al supporto per la loro analisie/o valutazione (esperienza di Asch, illusioni ottiche,verifica dei pregiudizi...). Nucleo portante del Progettoè stato quello di evidenziare la frequente e possibile“falsità” o irrealtà delle percezioni e dei messaggi chericeviamo nonché la facile deriva ad uniformarsi alleopinioni e/o scelte dal gruppo ( che definirei “effettopecora”).

Per ogni plesso scolastico si sono invitate le scuole adorganizzare una serata finale per l’analisi del lavorosvolto ed il ritorno delle esperienze vissute ai genitoridegli alunni. E’ possibile ora valutare, dopo tale cospi-cuo iter temporale, non solo le indubbie note positiveriscontrate (vedi per esempio elevato numero di alun-ni coinvolti e loro contributi ex post, partecipazione ecooperazione dei docenti, nuove adesioni di IstitutiScolastici ...) ma anche le criticità emerse. Dalla loroanalisi sono già derivati utili segnali per apportaremodifiche alle modalità d’intervento teoricamentedefinite all’inizio dell’esperienza e nuovi stimoli peruna miglior compliance dei soggetti target (alunni,

docenti, direzioni scolastiche...).

Criticità emerse• Le attività di stimolo sulle capacità critiche deglialunni sono stati talvolta vissute come “esperimenti” ocomunque test effettuati a scopo di ricerca;• Scelta difficile degli alunni che verranno poi sotto-posti all’esperienza di Asch;• Necessità di rinforzare l’autostima nei soggetti che“coram populo” si sono adeguati alle idee del gruppo;• Scarsa partecipazione organizzativa da parte delleScuole per quanto concerne la serata finale;• Adesioni numerose delle Scuole solo in caso di nonrichiesta di compartecipazione alle spese...

Accorgimenti organizzativi e comportamentaliConsiderando le criticità sopraesposte, al fine di mi-gliorare l’organizzazione del Progetto e garantirne unamaggiore efficacia sono state attivate modifiche initinere ove opportune e si è posta particolare atten-zione sul versante comunicativo.In particolare con i docenti si è espresso più chiara-mente il fine promozionale e non sperimentale delProgetto. Si sono così superate le perplessità avanza-te da alcuni genitori preliminarmente all’avvio degliinterventi. Nel contempo per l’eventuale pubblicizza-zione tramite stampa si è provveduto ad incontrarepersonalmente i giornalisti specificando il senso dell’i-niziativa. Sia per quanto concerne la scelta degli alun-ni per le esperienze di capacità critica (confronto conle idee “false” espresse dal gruppo) che per un ade-guato sostegno da dare loro in caso di manifesto“effetto pecora”, si è provveduto in primis a racco-mandare alle psicologhe del Ser.T. di scegliere gli alun-ni seguendo i consigli dei docenti e poi si è ideata unaseconda esperienza per coinvolgerli come protagonistipositivi rispetto alla classe. Con questi accorgimenti,unitamente all’esplicitazione che la maggior parte deisoggetti adulti si è adeguata come loro alle dichiara-zioni del gruppo, si è riusciti a sostenerne l’autostima. Per quanto riguarda i punti critici di scarsa adesionedelle Scuole ove si prevedesse una loro compartecipa-zione economica, si è provveduto a reperire fondi perfavorire le Scuole che aderivano per la prima volta eda ridurre il costo alle altre. Per l’evento finale di veri-fica e di ritorno, a mio avviso doveroso, alle famiglie siè preso atto delle difficoltà organizzative legate all’o-rario serale e si sono programmati con le Scuoleincontri anche pomeridiani, a seconda delle esigenzeemerse.

Considerazioni finali I lavori svolti nelle classi su stimolo dei docenti hanno,per numerosità e tipologia dei contenuti, evidenziatola recettività (si spera critica...) degli alunni alle solle-citazioni proposte. L’analisi delle criticità emerse hapermesso di modificare positivamente certe procedu-re e di aggiungerne altre più opportune. Prosegue laraccolta dei materiali elaborati e successivamente allafine dell’anno scolastico 2010/2011 verrà organizzatoun evento nel corso del quale si riporteranno anche leesperienze e le risultanze ottenute dai colleghi chehanno sperimentato il Progetto sul loro territorio.

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co oggi si delinea sempre più come un atto peritale, icui esiti debbono essere sempre esposti dopo una pre-liminare descrizione degli strumenti di indagine utiliz-zati. Nei casi più complessi, laddove l’esito della certi-ficazione è incerto, si ritiene utile sostituire il modelloschematico con una articolazione discorsiva estesa,affinché il competente organo della Magistraturapossa prendere più consapevolmente la propria deci-siva posizione. Gli strumenti prioritariamente utilizza-ti per l’indagine sono gli esami di laboratorio e la cri-teriologia diagnostica DSM IV TR. Questi strumenticonsentono di indagare: a) l’uso della sostanza; b) l’in-capacità di controllo dell’uso della sostanza; c) l’inci-denza negativa della sostanza sul progetto di vita dellapersona.

L’uso della sostanzaL’accertamento della presenza dei metaboliti deglistupefacenti è inteso quale condizione necessaria manon sufficiente alla certificazione di dipendenza. Laroutine del servizio prevede per le sostanze stupefa-centi il ricorso all’esame dei tessuti piliferi, per l’ac-certamento dell’uso cronico e sistematico dellasostanza. Questo tipo di indagine intercetta in modosoddisfacente il consumatore abituale, mentre si veri-ficano difficoltà per coloro che utilizzano la sostanzain modo sporadico ma non per questo irrilevante dalpunto di vista clinico ai fini della diagnosi.“L’abbuffata” benché limitata nel tempo, assumemolto spesso grande importanza psicologica e socialeper le sue valenze affettive e relazionali, presentagravi rischi di morte direttamente o indirettamentelegati alla sostanza (rave party, riti del week end, ecc).Analoghe considerazioni si possono estendere all’abu-so alcolico, ove l’accertamento biologico (CDT, alcole-mia, AST, ALT, GTT, MCV) è significativo quando docu-menta un danno, mentre il comportamento d’abusoepisodico anche importante ai fini diagnostici, è pra-ticamente invisibile (tipo beta ed ipsilon di Jellinek). Inaggiunta, vanno poi considerate le problematichestrettamente legate all’attendibilità dei risultati(necessità di effettuare i prelievi ematici in un arco ditempo ristretto e all’aspecificità dell’alterazione dimolti parametri rispetto all’abuso della sostanza).L’indagine sui punti seguenti viene effettuata sullabase dei contenuti che emergono dal colloquio e sul-l’eventuale reperimento di documenti comprovantieventi descritti nel corso di esso. E’ necessario pre-mettere i limiti di un colloquio diagnostico di questogenere all’interno del carcere, fortemente esposto arischi di distorsione di vario genere. Mentre è nota (eforse enfatizzata) la possibilità che un detenutodichiari di essere dipendente quando non lo è, perottenere i benefici previsti dalla Legge, altrettanto èpresente il rischio di minimizzazione/negazione deitermini della dipendenza. Le motivazioni di questiatteggiamenti sono essenzialmente riconducibili allapreoccupazione per le conseguenze dell’accertamentodello stato di dipendenza verso terzi (ad es. l’allonta-namento dei figli), all’ignoranza della possibilità dicura (soprattutto nella popolazione detenuta stranie-ra), al timore della compromissione della propriaimmagine di sé (timore che la famiglia venga a cono-

scenza dell’abuso) o alla semplice sottovalutazionedella problematicità della propria condizione (partico-larmente diffusa tra gli alcolisti, ed in una certa misu-ra fra i cocainomani). Dopo la valutazione ed il con-fronto in equipe fra i diversi contributi specialistici, èpossibile ricorrere ad ulteriori colloqui mirati.

Incapacità di controllo dell’uso della sostanzaCriteriologia DSM IV n° 3,4,7. Probabilmente si trattadell’aspetto che viene maggiormente influenzato dallacarcerazione, se si considera il grande numero di per-sone detenute per reati connessi al consumo disostanze e derivati dal coinvolgimento in attività dispaccio ai livelli più bassi. Il carcere è molto spesso determinante nell’astensioneimmediata e forzata dalla sostanza ed è allo stessotempo l’elemento problematico di essa. In ogni casoazzera/riduce drasticamente l’attualità del comporta-mento e rende impossibile l’osservazione diretta sullecapacità di controllo; la rappresentazione della realtàè rimandata esclusivamente al piano narrativo in cuila condizione detentiva attuale attribuisce un senso alpassato comportamento di abuso. Altra considerazio-ne riguarda la consapevolezza della natura problema-tica del consumo: per molte persone detenute lalibertà è stata segnata da una quadro di grave emar-ginazione in cui il consumo della sostanza non hapotuto essere riconosciuto come problema rilevante,poiché vi erano questioni assai più urgenti da affron-tare (bisogni primari).Questo sembra essere valido soprattutto per alcunialcolisti e per molti consumatori di sostanze stranierio italiani con gravi problematiche di emarginazione.

Incidenza negativa della sostanza sul progetto divita della personaRimanda ai criteri DSM IV n° 5, 6. Per una rilevanteparte della popolazione detenuta e portatrice didipendenza da sostanze, la valutazione dell’impattonegativo della dipendenza sulla qualità della vita nonè effettuabile, poiché essa appare fortemente degra-data o destrutturata ex ante l’esordio tossicomanico.Il grado di compromissione iniziale vanifica la valuta-zione dei danni prodotti dalla dipendenza. Per questatipologia di pazienti le considerazioni possibili riguar-dano l’influenza dell’abuso sul mantenimento dellostatus quo ovvero, in termini predittivi, sul grado dipregiudizio indotto da questo comportamento sullecapacità di risoluzione della condizione di disagio chepure non può essere attribuito all’abuso stesso. Sitratta evidentemente di considerazioni che riguarda-no una previsione (aleatoria) dell’evoluzione persona-le e non una constatazione obiettiva dei fatti. Questomargine di incertezza deve essere però accettatosoprattutto per i soggetti in giovane età, molto spes-so alla prima esperienza detentiva, laddove si ritengadebbano essere privilegiate esigenze di ordine preven-tivo.

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“vasto”: al massimo 250.000/300.00 abitanti. Per concludere aggiungo che, pur nel rispetto dellanormativa, alcune Aziende Socio Sanitarie hannovoluto e potuto positivamente non inserire formal-mente il Dipartimento delle Dipendenze nell’ambitodel Distretto rispettando così l’intento profondo dellanormativa istitutiva dei Ser.T.

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informa IV CONGRESSO NAZIONALE CONSUMI E DIPENDENZE

VERSO LA COSTRUZIONE DI UNABUONA PRASSI DI CERTIFICAZIONEDI DIPENDENZA IN CARCERE: L’ESEMPIO DI UNA MODALITÀCOMPLESSA E MULTIDISCIPLINARE

Aivaliotis C.*, Cocchini A.**, Mazzoleni F.B.***,Bramani Araldi M*., Cervini M****., Di Luca C.*****,Grilli M****., Pizzi M. G*., Pizzilli P.**, Sovarzi C**, Trobia I**, Monti I.*******, Resentini M******, Santoro D.*********medico**psicologo***assistente sociale specialista****infermiere prof. le*****educatore prof. Le******Direttore Dipartimento Dipendenze*******psicologa - U.O. Carcere********educatore prof.le - Coop. AtipicaDipartimento Dipendenze - Unità Operativa Carcere -ASL Monza e Brianza

L’attività presso la Casa Circondariale di Monza triennio 2007/2009In questo arco temporale hanno fatto ingresso nell’i-stituto penitenziario 5694 persone; sono state sotto-poste a valutazione dello stato di dipendenza 1052persone, essendo del tutto sconosciute ai servizi oavendo avuto rapporti di cura presso di essi in prece-denza. La certificazione della dipendenza assume all’internodel carcere un particolare significato, poiché consen-te l’accesso alla cura all’interno del carcere, alle misu-re alternative alla detenzione ed alla misura cautela-re degli arresti domiciliari ex art. 89 DPR 309/90. Finoalla modifica legislativa del T.U. avvenuta nel 2006,veniva fatta coincidere con il semplice reperimentodei metaboliti delle sostanze d’abuso, sovrapponendoil concetto di uso con quello di dipendenza.Successivamente, il maggiore rigore prescritto dallaLegge (concorso di più professioni, esplicitazione deicriteri di accertamento) ha indotto il nostro gruppo asviluppare una apposita procedura che comprende levisite mediche ed i colloqui con almeno due operato-ri di diversa professionalità per la verifica dei criteridiagnostici (anamnesi ed obiettività) entro una setti-mana dalla segnalazione del caso. Vi è molto spessol’esigenza di prendere contatti con altri enti (ospeda-li, servizi territoriali specialistici e non, forze dell’ordi-ne) per il reperimento di materiale documentale e per“entrare nella rete” dei servizi attivi a favore della per-sona. Si espongono di seguito alcune riflessioni sca-turite dall’esame della casistica. In linea generale,abbiamo inteso la certificazione quale processo preli-minare ad una presa in carico (trattamento interno,affidamento esterno) utile alla prevenzione delle rica-dute all’uscita dal carcere. Questo processo diagnosti-

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TOSSICODIPENDENTI E MISUSO DI FARMACI.UN’INDAGINE CONOSCITIVA TRA SOGGETTI AFFERENTI A SER.TDELLE PROVINCE DI BERGAMO E MILANO

Corti M.*, Strepparola G.**, Assi C.***, Calzolai U.*,Donadoni P.*, Ferreri G.****, Fogaroli C.*, Mangili R.*, Moioli R.*, Pennini G.***, Riglietta M.*****, Tidone L.*******Responsabile UO Ser.T - ASL Provincia di Bergamo**Responsabile U.O. Programmazione, coordinamentoe qualità - Dipartimento Dipendenze ASL MI2***Responsabile UO Ser.T - ASL MI2****Medico Ser.T - ASL Provincia di Bergamo*****Direttore Ser.T BG2 - ASL Provincia di Bergamo******Direttore Dipartimento Dipendenze - ASLProvincia di Bergamo

SCOPO, METODI E CARATTERISTICHE DELCAMPIONEPer valutare l’utilizzo improprio dei farmaci (misuso)nonché il rischio infettivologico in una popolazione ditossicodipendenti, è stato chiesto ai pazienti in tratta-mento farmacologico nei Ser.T della Provincia diBergamo ed in due Ser.T. afferenti all’ ASL dellaProvincia di Milano - MI2 (Trezzo sull’Adda eMelegnano), di compilare, in anonimato, un questio-nario cartaceo strutturato contenente domanderiguardanti abitudini tossicomaniche, misuso di far-maci ed esposizione a rischio infettivo. I questionarisono stati consegnati dagli infermieri professionali,fornendo informazioni sulle modalità di compilazionee le finalità della ricerca. Nelle domande poste, perrenderle più comprensibile, sono stati citati i piùcomuni nomi commerciali dei farmaci. La rilevazioneè stata condotta dal 1 al 28 Febbraio 2010, i questio-nari complessivamente raccolti sono stati 586 e rap-presentano il 25.9% dei pazienti in carico con untrattamento farmacologico in corso (dati puntuali 15dicembre 09).

Il motivo della presa in carico (erano possibili rispostemultiple) è risultato per l’88% dei casi l’abuso o la

dipendenza da eroina e per il 52% da cocaina; per-centuali minori si riferiscono ad altre sostanze (can-nabis 17%, amfetamine 9%, ansiolitici 8%, ecstasy7%). L’eroina risulta utilizzata in maniera nettamenteprevalente per via endovenosa (73%), mentre vieneinalata e fumata rispettivamente nel 28 e nel 23% deicasi.

La cocaina è equamente distribuita tra uso iniettivo euso inalatorio (57% e 51%), mentre viene fumata solodal 22% dei pazienti indagati. Oltre il 30% degli aderenti all’indagine ha dichiaratodi essere in cura da 10 o più anni. Di questi il 77%risulta in trattamento con metadone, il 13,3% conbuprenorfina e lo 0,55% con buprenorfina-naloxone.

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N. 15 - OTTOBRE 2010

STUDIO OSSERVAZIONALE SU VARIE FORME CLINICO-TIPOLOGICHE DI CRAVING

Contaldi C.*, D’Angelo A.* *Ser.T Sapri (SA)

Il craving é definito come un desiderio irrefrenabile,intrusivo, ripetitivo, involontario che comporta la per-dita del controllo e la contemporanea attuazione diuna serie di azioni tese alla sua realizzazione/soddisfa-zione.Le più frequenti condizioni associate ad aumento o avariazioni cliniche e tipologiche del craving sono:

1) Sindrome astinenziale protratta, identificabile permolti aspetti con il Craving fobico(1);

2) Craving da “gancio” inteso come ESPOSIZIONE astimoli che richiamano l’assunzione, in soggetti trat-tati con antagonisti, agonisti nel caso siano sottodo-sati o farmacoresistenti, o con difficoltà all’estinzionestimolo-risposta.

3) Craving crociato in cui più spesso si instaura con-temporaneamente craving per due o più sostanze,appartenenti farmacologicamente alla stessa famigliae/o con effetti psicotropi diversi.

4) Craving situazionale come diretta conseguenzadella RAPPRESENTAZIONE percepita di ruoli socialiappetiti. In questo quadro le sostanze rideterminano ildesiderio mediante una percezione di appagamentodei livelli di rappresentazione richiesta dal contesto. Iltutto avviene mediante e in una sorta di “realtà vir-tuale” ove il soggetto ricopre i ruoli desiderati conse-guentemente alla richiesta percezione del contestogruppale (ovvero se non sono stato capace di ricopri-re un ruolo di capo taumaturgico riesco con l’uso dellasostanza a ricoprire questo ruolo e mi comporto comese lo svolgessi; da qui comportamenti anche empati-camente ridondanti e gli eccessi di rottura nella spa-zialità prossemica) pertanto il craving situazionale èconseguenza del desiderio inadeguato ed impossibiledi ricoprire i ruoli desiderati e/o percepiti come tali neicontesti “situazionali” e nel vissuto del soggetto (2).

5) Craving sostitutivo in mancanza della sostanza pri-maria il paziente cerca un surrogato (qualcosa chesostituisca) è presente quando non è possibile soddi-sfare quello principale (es le Bzd o alcool nel caso dimancanza di eroina).

Una forma particolare (ma differente sotto certiaspetti) di craving secondario, da noi osservato, per-ché sperimentato da alcuni nostri pazienti sia in corsodi terapia farmacologica e/o agopunturistica è il nniibb--bblliinngg letteralmente inteso come “spiluccare,” “man-

giucchiare” osservato dopo trattamento di auricolote-rapia nei tabagisti e anche in alcune forme di alexiti-mia e somatizzazione. In realtà con il termine nibblingintendiamo non proprio una sostituzione ma piuttostoassume la funzione di “colmare un vuoto” lasciato evi-dentemente dal craving principale e non definitiva-mente estinto! Il craving principale in quanto smorza-to, attenuato o deviato dai trattamenti(farmacologicio agopunturistici) ne fà assumere gli aspetti di unaforma compensatoria.

L’esempio calzante e più volte da noi osservato, èquello della dipendenza dalla nicotina, all’atto dell’e-stinzione o dell’attenuazione si manifesterà con undesiderio di salato o più frequentemente di gustare (emai con voracità) dolci o caramelle pasticcini ecc...(N.B. Esso è differente dal tropismo/dolce degli eroi-nomani, associato ad insonnia, in quel caso abbiamonel paziente, neurofarmacologicamente parlando, unvuoto di serotonina!!).

1) I.Maremmani, O.Zolesi Craving 1998 Ed Pacini2) C. Contaldi, A.D’Angelo Riflessioni sul craving.Ipotesi per uninquadramento multidisciplinare I Convegno regionale SITD2006

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pertanto l’eroina), il numero di pazienti che segnala,almeno una volta nella vita, l’utilizzo per via endove-nosa di buprenorfina sale a 10 pazienti, l’uso di meta-done è dichiarato da 15 pazienti come pure 15 segna-lano l’uso di codeina in vena; infine 54 pazienti riferi-sce uso endovenoso di morfina. Un dato, forse, ina-spettato è che tra i 230 pazienti (39% del campione)che hanno dichiarato uso tossicomanico di “altrioppiacei” ben il 67% (102 pazienti) segnala, almenouna volta nella vita, uso di oppio, quasi sempre fuma-to; il dato si riscontra praticamente costante tra i variservizi.

Riguardo al rischio infettivologico, relativo all’utilizzopromiscuo di siringhe, il 51% dichiara di non aver maiscambiato siringhe nella vita, mentre leggermenteminore appare il numero di coloro che non hanno maiutilizzato in maniera promiscua acqua, filtri o cuc-chiaini (41%). Confortante appare il dato che inentrambe le modalità di scambio, chi le ha praticatene riferisce, nella quasi totalità, come un avvenimen-to pregresso, “nella vita” e solo raramente nell’ultimomese (1-3%) o nell’ultimo anno (3-7%). Il dato pre-senta comunque una distribuzione territoriale abba-stanza variabile a seconda dei diversi contesti (ambi-to metropolitano, territorio periferico montano, areeextraurbane ad alta densità di popolazione).

CONCLUSIONIIl misuso riguarda prevalentemente farmaci moltodiffusi come gli ansiolitici, frequentemente utilizzati ascopo tossicomanico (“ricerca dello sballo”) con lapredilezione delle formulazioni a breve emivita, talvol-ta con diversione della via di somministrazione daorale a endovenosa.I farmaci agonisti (metadone e buprenorfina) sonoanch’essi spesso utilizzati fuori prescrizione medica,ma lo scopo prevalentemente dichiarato è per “auto-terapia” e pertanto viene, coerentemente, mantenutala normale via di assunzione orale.Il rischio infettivologico sembra ben percepito tra ipazienti e contenuto risulta il rischio recente.Crediamo che questo dato possa essere attribuito,almeno in parte, ad una positiva ricaduta dell’operati-vità dei servizi, all’efficacia dell’intervento farmacolo-gico attuato ed al costante counseling (interventi diprevenzione secondaria e terziaria) effettuato daglioperatori dei Servizi, in particolare dagli InfermieriProfessionali.

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RISULTATIAbbiamo valutato il misuso di farmaci secondo ladefinizione classica di “utilizzo di farmaci al di fuori diuna prescrizione medica, talvolta anche con modifica-zione della via di somministrazione registrata” (comead esempio l’assunzione in vena di un farmaco ingocce registrato e commercializzato con l’indicazioneall’utilizzo per via orale). Gli ansiolitici mantengono il primato in termini asso-luti di “farmaci maggiormente abusati” (42%), men-tre riguardo all’uso finalizzato alla “ricerca dello sbal-lo”, sono superati di poco dal GHB (26 % vs 27%);quest’ultimo è, però, misusato solo dal 2% del cam-pione. Il 15% ha indicato un consumo di benzodiaze-pine per via endovenosa. Oltre i classici lorazepam e diazepam, troviamo aiprimi posti le formulazione spesso riscontrate in ambi-to clinico nelle problematiche da misuso di benzodia-zepine: principalmente flunitrazepam e lormetaze-pam.Il misuso è significativo anche per i farmaci antidolo-rifici (34%), in particolare per il viminolo.

Globalmente i farmaci agonisti (metadone, buprenor-fina e buprenorfina-naloxone) raggiungono un misu-so del 39% ma, a differenza degli ansiolitici-ipnotici,la motivazione principale riportata è l’automedicazio-ne (superare l’ astinenza/stare meglio), rispetto allaricerca dello “sballo” (indicato da circa il 6%).

L’uso extraterapeutico di metadone (27%) prevale suquello della buprenorfina (11%,) testimoniando unamaggiore “affezione” al primo, oltre che una probabi-le maggiore disponibilità dello stesso sul mercato ille-gale. Rispetto alla frequenza di assunzione, chi indica misu-so di metadone lo riferisce, nel 30% dei casi, all’ulti-mo mese; il misuso di buprenorfina è riferito nel 70 %dei casi almeno una volta nella vita e solo nel 5% deicasi nell’ultimo mese. Questo pare indicare un preva-lere della modalità occasionale di sperimentazionerispetto all’utilizzo in maniera continuativa o, comun-que, ripetuta. Anche per quanto riguarda la via di somministrazio-ne vi è coerenza con le finalità d’uso riportate (auto-medicazione vs sballo); tra coloro che utilizzanobuprenorfina in modalità extraterapeutica la maggio-ranza (65%) lo assume per via orale, mentre solo il 5%dichiara di praticare la via endovenosa (3 pazienti invalore assoluto). Va inoltre segnalato che un numeropiuttosto elevato di pazienti (circa il 30%) non indicala via di assunzione utilizzata e questo riguarda tutti ifarmaci ed in percentuali molto simili (20% negliansiolitici, 32% per antidolorifici, 33% per il metado-ne, 35% per antidepressivi, 33% riguardo buprenorfi-na-naloxone ).

Appare interessante che alla domanda sull’utilizzo di“altri oppiacei” a scopo tossicomanico (escludendo

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giori caratteristiche di stabilità tossicomanica di altri.Per tali motivi ci proponiamo l’approfondimento deidati e la loro integrazione con gli esami di laboratorioed i marcatori di infezione virale.

Bibliografia1) Gowing L, Ali R, White J. “Buprenorphine for the managementof opioid withdrawal.” Cochrane Database Syst Rev.2000;(3):CD002025.2) Leslie Amass, Ph.D., Walter Ling, M.D., Thomas E. Freese, Ph.D.,Chris Reiber, Ph.D., M.P.H., Jeffrey J. Annon, M.A., Allan J. Cohen,M.A., M.F.T., Dennis McCarty, Ph.D., Malcolm S. Reid, Ph.D.,Lawrence S. Brown, Jr., M.D., Cynthia Clark, M.S.N., C.R.N.P.,Douglas M. Ziedonis, M.D., Jonathan Krejci, Ph.D., Susan Stine,M.D., Ph.D., Theresa Winhusen, Ph.D., Greg Brigham, Ph.D., DeanBabcock, M.S.W., L.C.S.W., Joan A. Muir, Ph.D., Betty J. Buchan,Ph.D., and Terry Horton, M.D. “Bringing Buprenorphine-Naloxone Detoxification to Community Treatment Providers:The NIDA Clinical Trials Network Field Experience”. Am J Addict.2004; 13(Suppl 1): S42-S66

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MONITORAGGIO DEI TRATTAMENTIFARMACOLOGICI NEI TOSSICODI-PENDENTI DA OPPIACEI DELLACITTÀ DI NAPOLI

Curcio F.***, Baldassarre C.*, Franco T.*, Scala M.**,Auriemma F.**, De Rienzi S.**, Stimolo R.**, Ferrara V.**, Santonicola A.M.**, Siconolfi M.**, De Rosa G.**, Del Vecchio F.**, Del Tufo S.***ASL Napoli 1 Centro - S.C. Tutela della SaluteDipartimento Farmacodipendenze**ASL Napoli 1 Centro - Responsabili U.O. Sert.T***ASL Napoli 1 Centro - Specialista AmbulatorialeU.O. Ser.T

Nel mondo si stima che 13 milioni di persone dipen-denti da oppiacei ne facciano uso per via endovenosa(IDU). In Italia vengono utilizzati per la terapia farma-cologica della dipendenza da oppiacei principalmentemetadone cloridrato e buprenorfina. Anche se si stimacomunemente che il potenziale di abuso della bupre-norfina sia basso, in numerosi paesi è riportato unadiversione del farmaco ed un crescente numero diabusatori di buprenorfina. Teoricamente la formula-zione di buprenorfina e naloxone ratio 4:1 (Subo-xone®) dovrebbe mostrare un minor potenziale d’abu-so. quando usata per via sublinguale, come prescritto,la quantità di naloxone assorbita è trascurabile.Comunque, se un soggetto cerca di utilizzare il farma-co per via endovenosa o di sniffarlo, il naloxone puòcausare astinenza in caso di dipendenza da agonistidegli oppiacei e/o attenuare gli effetti della buprenor-fina. Nel corso del 2008 è stato introdotto nei Ser.Tdella ASL Napoli 1 Centro il Suboxone®, compressesublinguali, in sostituzione della formulazione costi-tuita dalla sola buprenorfina (Subutex®). Le compres-se sublinguali di Subutex® utilizzate fino al giugno2008 prevedevano la formulazione da 2 mg e da 8 mg;in particolare per le compresse da 2 mg, gli Operatoridei Ser.T temevano la diversione del farmaco. Oltre alladiversione intesa come utilizzo delle compresse polve-rizzate per via endovenosa o inalatoria, nei Ser.T diNapoli si temeva lo spaccio delle compresse dientrambe le formulazioni. Infine, gli operatori dei Ser-vizi ritenevano importante fornire agli assistiti la mi-gliore assistenza possibile nel corso del passaggio daSubutex® a Suboxone®, al fine di evitarne il misuso.

Metodo1) analisi dei dati provenienti dai Ser.T cittadini, 2)anamnesi dei assistiti e 3) monitoraggio degli esamitossicologici urinari. Nei primi mesi del 2008 i Ser.T della ASL Napoli 1Centro, 10 servizi territoriali, oltre al Ser.T carcerario,assisteva complessivamente 3812 tossicodipendenticon farmaci agonisti, di cui 3105 soggetti trattati conmetadone HCl sciroppo e 707 con buprenorfina

(Subutex®) da 2 e/o 8 mg.In particolare, per il Subutex®, il dosaggio medio uti-lizzato per i 559 assistiti trattati a lungo termine risul-tava di 13,5 mg./die/persona; i dosaggi medi per i 94trattati a medio termine (tre/sei mesi) risultavano di10,33 mg./die ed i dosaggi medi per i 54 assistiti trat-tati a breve termine (meno di tre mesi) era di 7,75mg./die.Tra il giugno ed il settembre 2008 i Ser.T cittadinihanno provveduto a sostituire il Subutex® con le for-mulazioni buprenorfina /naloxone 4:1 (Suboxone®) da2 ed 8 mg. Il rilevamento dei soggetti in trattamento con farma-ci agonisti nel corso del secondo semestre 2009 ripor-tava complessivamente 3515 persone, con una dimi-nuzione del 7,8%, rispetto all’anno precedente.Relativamente ai trattamenti, gli assistiti trattati conterapia metadonica diminuivano a 2883, del 7,1% equelli trattati con Suboxone® ammontavano a 632,con una diminuzione del 10,6% (meno 75 soggetti)rispetto al 2008. I dosaggi medi della nuova formula-zione buprenorfina/naloxone venivano incrementaticon una media di 14,8 mg/die per i 488 trattati alungo termine, alla media di 11,5 mg/die per gli 89assistiti a medio termine ed a 10,25 mg/die in mediaper i 55 trattati a breve termine.Il confronto dei dati dei soggetti in terapia consuboxone rispetto a quelli trattati con metadone rive-la una vita sociale significativamente più stabile deitrattati con suboxone rispetto agli assistiti in terapiacon Metadone: il 63% è sposato o convive contro il39% degli assistiti trattati con metadone; anche dalpunto di vista dell’istruzione scolastica, il 43% deisoggetti in terapia con suboxone hanno conseguito ildiploma superiore contro il 32% dei trattati con meta-done. Dal punto di vista tossicologico il 53% dei trat-tati con Suboxone presenta esami tossicologici urina-ri costantemente negativi per oppiacei e/o cocaina; incirca un terzo dei casi questi risultano utilizzatori dicannabinoidi. il 26% degli assistiti in terapia consuboxone presenta esami tossicologici positivi peroppiacei, oppure per oppiacei e cocaina. il 7,5% deitrattati con suboxone rivelano utilizzo di cocaina ed il7,5% l’abitudine all’uso di bevande alcoliche.

In conclusione, dai dati preliminari relativi agli assisti-ti trattati nei Servizi dalla ASL Napoli 1 Centro, pos-siamo affermare che il numero dei trattati per utilizzodi oppiacei è in diminuzione in termini assoluti; nelpassaggio da Subutex a Suboxone sembra che gli assi-stiti che facevano un uso scorretto di buprenorfinaabbiano terminato la terapia con tale farmaco, pas-sando ad una terapia con metadone, o abbandonandoi Servizi. Sembra, inoltre, che la terapia con suboxonesia associata ad una maggiore stabilizzazione tossico-manica, se si tiene conto che circa la metà degli assi-stiti trattati con tale farmaco presentano esami tossi-cologici stabilmente negativi per oppiacei e cocaina,in confronto agli assistiti trattati con metadone, in cuiil 30% presenta lo stesso comportamento. Tali ultimeevidenze potrebbero, tuttavia, essere motivate dallatendenza da parte dei medici a proporre un tratta-mento con suboxone a soggetti che presentano mag-

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23 24MONITORAGGIO DELLA VACCINAZIONE PER HBV IN TOSSICODIPENDENTI SCELTICON CRITERI RANDOM ASSISTITI DA ALCUNI SER.T DELLA ASL NAPOLI 1 CENTRO

Curcio F.*, Siconolfi M.**, Esempio C.****,Ciaramella A.****, Cefalo G.*, Butera C.**, Del Vecchio F.**, Carbone V.****, Baldassarre C.**** ASL Napoli 1 Centro - U.O. Ser.T - SpecialistaAmbulatoriale **ASL Napoli 1 Centro - U.O. Ser.T - Responsabile***ASL Napoli 1 Centro - Direttore S.C. Tutela dellaSalute Dipartimento Farmacodipendenze ****ASL Napoli 1 Centro - U.O. Ser.T - DirigenteMedicoASL Napoli 1 Centro

In Italia, il Sistema Epidemiologico Integrato del-l’Epatite Virale Acuta riferisce che la campagna vac-cinale per HBV è stata effettuata in Italia con diffe-renze geografiche, dal 97.9% al nord e 96.6% al cen-tro, fino al 65.1% al sud. Tra i gruppi a rischio sono itossicodipendenti, che spesso sono anche infetti daHAV, HCV ed HIV. Scopi dello studio sono: la valuta-zione epidemiologica dell’infezione da HBV, il moni-toraggio della risposta immune umorale alla vaccina-zione per HBV in una coorte di soggetti continuatividipendenti da varie sostanze d’abuso assistiti daalcuni Ser.T del Dipartimento Farmacodipendenzedella ASL Napoli 1 Centro ed il confronto di efficaciae di aderenza tra schemi vaccinali differenti.Metodo. Abbiamo valutato i dati epidemiologici diprevalenza ed incidenza di HBV (2004-09) e la pre-valenza delle coinfezioni con HCV ed HIV. Inoltre,abbiamo valutato e comparato due schedule vacci-nali con tempi di somministrazione differenti. UnaLong Term Schedule (LTS): prima dose al tempo zero,seconda a 30 giorni e terza dose iniettata a 180 gior-ni ed una Short Term Schedule (STS): prima dose altempo zero, seconda a 30 giorni e terza dose a 60giorni.La prevalenza dell’infezione da HBV, (ricerca di anti-corpi anti Core del virus HBV) in 6269 assistiti, èrisultata del 40,6%. Tra gli utilizzatori di oppiacei laprevalenza di anticorpi anti HBc è del 42,3%. La pre-valenza tra i consumatori di oppiacei aumenta al44,6%, se riferito ai nati nel periodo precedente lavaccinazione obbligatoria. La prevalenza dell’infezio-ne da HBV è del 6,4% negli utilizzatori di oppiaceinati a partire dal 1981. Tra i cocainomani la preva-lenza dell’infezione è del 24,1% e tra gli utilizzatoridi THC è del 28,2%. Tra gli etilisti l’infezione da HBVha una prevalenza del 44,1% con età media al primotest positivo di 48,2 anni. Nello studio 950 assistiti

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hanno praticato il vaccino per l’HBV, in 7 Ser.. Il crite-rio di arruolamento era la negatività per lo screeningper l’infezione, o per la vaccinazione da HBV. In tota-le 612/950 (64.4%) assistiti hanno praticato 3 dosi divaccino e 109/950 (14.5%) hanno praticato 2 dosi. Neisei Ser.T. in cui è stata effettuata la profilassi con LTSin 775 assistiti, 474 (61.2%) hanno praticato le tredosi ai tempi previsti. I 175 assistiti sottoposti a STShanno mostrato una aderenza piena al programma nel78.9% (138/175) dei casi. L’aderenza alla prevista pro-filassi vaccinale tra STS e LTS mostra una Odds Ratiodi 2.3685; 95% confidence interval from 1.6027 to3.5002.Abbiamo valutato positivo il titolo di HBsAb maggio-re di 20 I.U./mL, testato dopo 60/90 giorni dal termi-ne della schedula. Nel gruppo che ha praticato la LTSsono stati testati 460 assistiti; con una positività nel55.7% (256/460) dei casi. Nel gruppo che ha pratica-to la STS è stato possibile effettuare 131 test, dei quali59 (45.0%) hanno mostrato risposta alla vaccinazione.Relativamente al raggiungimento di una risposta anti-corpale positiva tra LTS e STS la Odds Ratio è di1.5314; 95% confidence interval from 1.0366 to2.2624.Il nostro lavoro mostra che nel sud Italia, tra i tossico-dipendenti che frequentano i Ser.T, una percentualeelevata non risulta vaccinata per HBV. I soggetti tos-

sicodipendenti presentano spesso episodi depressivilife-time. Ciò può aiutare a spiegare in parte anche ilbasso coefficiente di successo nella formazione dianticorpi protettivi per HBV (55.7%), contro il valore>90% riscontrato nella popolazione generale. Notevole importanza risulta il coivolgimento dell’e-quipe multidisciplinare che spesso, con counsellingspecifico, è in grado di gestire episodi depressivi e diconseguenza migliorare l’aderenza al trattamento. Ilcounselling deve avere come obiettivo l’aumento del-l’aderenza del soggetto. Nello studio la maggior effi-cienza in termini di aderenza è stata raggiunta conSTS, seguito dalla valutazione della risposta anticor-pale anti HBs e, nel caso di negatività, da un boostera 6 mesi dal tempo zero. Tale booster può essere evi-tato nel caso di positività della risposta umorale allaterza dose. Nei Ser.T. è possibile adottare una profilas-si multidisciplinare risultandone un miglioramentodell’umore dei pazienti ed una migliore risposta im-mune. Ne risulta, per i policy-makers l’indicazione del-l’importanza di migliorare nei Ser.T le prassi di vacci-nazione anti HBV, anti HAV e di implementare la pro-filassi, con interventi multidisciplinari.Tutto ciò comporta notevoli benefici in sanità pubbli-ca con conseguente contenimento della spesa sanita-ria in termini di evitata diffusione d’infezioni e di con-seguenti patologie croniche.

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Figura – HBV vaccination short schedule algorithm

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APPLICAZIONE DI UNA PROCEDURADI QUALITÀ AL MANAGEMENTMULTIDISCIPLINARE PER IL TRATTAMENTO DELLA EPATOPATIA CRONICA HCV CORRE-LATA IN SOGGETTI TOSSICODIPEN-DENTI. PROGETTO “INSIEME PERPRENDERSI CURA”

Curcio F.*, Baldassarre C.**, Di Martino F.***,Capraro C.*, Gruppo referenti Ser.T”TTTC” ****,Filippini P.****ASL Napoli 1 Centro,- U.O. Ser.T - SpecialistaAmbulatoriale **ASL Napoli 1 Centro - Direttore S.C. Tutela dellaSalute Dipartimento Farmacodipendenze.***D.A.I. di Medicina Interna - Servizio Diagnosi eTerapia delle Immunodeficienze acquisite, SecondaUniversità degli studi di Napoli ****Macrì F., Mazzella C., Ciaramella A., Cefalo G.,Siconolfi M., De Rosa G., Del Vecchio F., Limardi A. ASLNapoli 1 Centro - U.O. Ser.T

La letteratura riferisce che l’aderenza al trattamentoper HCV è del 40-60%. Lo scopo dello studio era diottenere la migliore aderenza alla terapia in tossicodi-pendenti, “difficili da trattare”. Secondo obiettivo delgruppo è di standardizzare un metodo per il manage-ment multidisciplinare della epatopatia HCV. Lo studio prevede uno screening per monitorare latossicomania (6 settimane, in essa sono eseguiti esamitossicologici ed esami per l’abuso alcolico). Nel con-tempo sono eseguiti esami per la valutazione dellostato della patologia. In pazienti positivi per anticorpianti-HCV si è eseguito la RT-PCR ed il genotipo virale(Roche system - TAQMAN probe- FAM490). Si è ese-guito il profilo dei marcatori per HAV, HBV ed HIV.Inoltre è valutata la funzionalità cardiaca. La persona-lità è stata indagata con l’Intervista Clinica Strut-turata par l’asse II per il DSM IV - SCID II.

Gli SpecialistiGli Operatori dei Ser.T hanno contribuito alla stabiliz-zazione tossicologica; gli psicologi hanno effettuatocounselling, per affrontare la terapia. Gli infermierihanno eseguito i prelievi in pazienti con vasi stressati.Gli Psichiatri hanno valutato la psiche, intervenendoin patologie pregiudicanti il trattamento. Gli Infettivologi hanno valutato la funzionalità epati-ca ed hanno sostenuto la motivazione dei pazienti.Uno degli scopi del,lavoro era la standardizzazione diprocedure degli Specialisti e le eventuali modifiche “inprogress”, secondo le difficoltà incontrate da pazientied operatori. Tra i pazienti dei Ser.T. è stato possibilereclutare un gruppo trattato dal team (TTTC group) ed

uno di controllo. Il trattamento per la dipendenza eper l’infezione da HCV era simile, la differenza essen-do rappresentata dal costante monitoraggio da partedi un Case Manager dello stato di salute del pazientenel TTTC group.

Il trattamentoGli operatori dei Ser.T hanno fornito un counselling aipazienti per i rischi dell’infezione da HCV, per aiutarei pazienti a modificare il proprio life-style. I tratta-menti contro la dipendenza sono utilizzati per lamigliore aderenza alla terapia per HCV. Il “progressreport” sanitario è stato necessario per il successodella terapia per HCV. Si è identificato il ruolo del“Case Manager” per aiutare il paziente a gestire ilproprio stato di salute. Il Case Manager ha colleziona-to i dati e li ha comunicati agli altri Specialisti. L’aderenza è stata misurata con interviste per la riba-virina (gestita dal paziente); il PEG interferone è statosomministrato nei Ser.T. Si sono identificate e descrit-te istruzioni di lavoro. Colloqui di supporto psicologi-co si sono svolti settimanalmente, per sostenere ladeterminazione del paziente ed aiutarlo a sopportareeffetti collaterali. In assenza di sintomi, una intervistapsichiatrica si è svolta ogni tre mesi per valutare pos-sibili sintomi patologici. Il regime di terapia per HCVprevede peg Interferon α2a, in combinazione conribavirina secondo le dosi previste. Durata prevista 24settimane per HCV genotipo 3 e 48 settimane per HCVgenotipo 1, o pazienti HIV-coinfetti. (Curcio F., DiMartino F., ..., Filippini P. Together...to take Care (TTTC).Multidisciplinary management of HCV treatment inrandomly selected drug users with Chronic Hepatitis.Journ. Addict. Med., in stampa). Nel presente abstractsono illustrati i punti critici del programma.Il progetto è stato attivato in 9/10 Ser.T della ASLNapoli 1 Centro; 77 assistiti sono già stati trattati. Inmarzo 2010, gli assistiti in fase di stabilizzazione tos-sicologica sono 69, candidati alla terapia brevi manu.I pazienti in terapia sono 21. Punti critici all’internodei Servizi: arruolamento dei pazienti: difficoltà in 1Ser.T Costituzione della equipe: difficoltà in 2 Ser.TRaccolta di informazioni: difficili in 2 Ser.TComunicazioni all’interno del Servizio: difficoltà in 5Ser.T Difficoltà nel counseling in 2 Ser.T Stabilizzazio-ne tossicologica: riportate difficoltà in 1 Ser.T Punticritici nelle collaborazioni esterne: difficoltà nel rap-porto con le Malattie Infettive in 2 Servizi. Difficilirapporti con il Laboratorio di analisi in 3 Servizi.Pessimo il rapporto con la Salute Mentale in un caso.La raccolta dei dati non è avvenuta con puntualità inquasi tutti i Servizi. Per un più approfondito esame deipunti critici il processo di arruolamento è stato scom-posto in varie azioni: N°pazienti che hanno effettuatocounseling. Criticità relative al livello culturale deipazienti e loro registrazione. Utlizzo della modulisticafornita e rimaneggiamento dei modelli non condivisi.Counseling e necessità di formazione operatori. Criticità riscontrate nella formazione delle equipesall’interno dei Ser.T.

Fase precedente alla terapiaN°pazienti. Valutazione cardiovascolare; eventuali dif-

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IL WHO IS WHO DELLA TERAPIA CON METADONE AL SER.T DEL D.S.B. 31 DELLA ASL NAPOLI1 CENTRO

Curcio F.*, Capraro C.***, Cuccurullo M.****, D’Ascoli G., Federico A.*, Focaccio F.***, Giani E.*,Longobardo A.***, Lo sasso C.*, Masucci S.*****,Parente M.*, Petti M.****, Plenzik M.*****, Veneruso C.*****, Villano G.*****, De Rosa G.*** Dirigenti Medici** Dirigente Medico Responsabile*** Dirigenti Psicologi**** Sociologi***** Infermieri Professionali

La dipendenza da oppiacei comporta alterazioni neu-robiologiche simili in individui diversi, che si correlanoalle differenze genetiche, di cultura, ambiente ed allerelazioni dei nostri “assistiti”. La comunità internazio-nale suggerisce che le terapie per la dipendenza daoppiacei siano realizzate ponendo il Paziente, in quan-to “PERSONA”, al centro dell’azione integrata di equi-pe multi specialistiche. Occorre che i membri dellaequipe interagiscano, sinergizzando le competenze.

MetodoI dati sono stati raccolti dall’anamnesi e dalla storiaclinica degli assistiti; le analisi tossicologiche sonostate effettuate con la ricerca dei metaboliti urinaridelle principali sostanze d’abuso. E’ stato testato l’uti-lizzo di alcool. I test per le infezioni da virus epatiticie da HIV sono stati effettuati con metodo EnzymeImmuno Assay (EIA); la presenza di anticorpi anti HCVè stata confermata con RIBA III; la presenza di anti-corpi anti HIV è stata confermata con Western blot. Laproduzione di virus HCV e di virus HIV è stata ricerca-ta con real time Polymerase Chain Reaction (RT-PCR).

RisultatiLe caratteristiche della coorte di soggetti continuativiassistiti dal Ser.T dal 1987 a dicembre 2009 per dipen-denza da oppiacei, sono: 812 assistiti; età media anni39,6. 726 maschi, con età media 39,9 anni e 86 fem-mine, con età media 36,5 anni. Il gruppo di età fino a25 anni è costituito da 18 soggetti; età media anni22,9. 13 maschi, con età media 23,0 anni e 5 femmi-ne, con età media 22,6 anni. Il gruppo di età tra 26 e35 anni è di 225 casi; età media anni 31,9. 186maschi, con età media 32,1 anni e 39 femmine, conetà media 30,9 anni. Gli assistiti tra 36 e 45 anni sono409; età media anni 40,6. 379 maschi, con età media40,6 anni e 30 femmine, con età media 41,2 anni. Gliassistiti oltre 46 anni sono 160 con età media anni49,5. 148 maschi, con età media 49,6 anni e 12 fem-mine, con età media 49,0 anni. Il 46,5% sonocelibi/nubili; il 12,3% sono separati/divorziati e l’1,2%

sono vedovi. Il 33,6% degli assistiti è sposato ed il5,4% convive. I “single” sono circa l’82% nella fasciafino a 25 anni, il 72% nella fascia 26-35 anni, il 61%tra i 36 ed i 45 anni; nella fascia oltre 46 anni rag-giungono il 55%. Gli assistiti della fascia 36-45 annisono coniugati/conviventi nel 54% dei casi. Frequenzascolastica: il 2,9% degli assistiti non ha completato lescuole elementari; il 24,8% ha la licenza elementare;il 40,8% ha conseguito la licenza media; il 23,4% ildiploma superiore; il 5,1% è laureato ed il 2,9% fre-quenta un corso di laurea. Rapporti con il sistema giu-diziario: il 60,3%, 490/812 ha scontato detenzionimaggiori di 30 giorni. Rapporti con le sostanze d’abu-so. L’età di primo utilizzo degli oppiacei è mediamen-te di 20 anni, più bassa per i più giovani (19,0 anni) evia via maggiore in soggetti più anziani (22,4 anni). Ilprimo contatto con il Ser.T è avvenuto in media all’etàdi 28,5 anni. Nella fascia di età fino a 25 anni esso èavvenuto mediamente all’età di 20,6 anni, nella fasciasuccessiva è avvenuto in media a 24,4 anni. Tra i 36 edi 45 anni è avvenuto in media all’età di 28,9 anni enella fascia oltre i 46 anni il primo accesso al Servizioè avvenuto a 35,6 anni. In media l’utilizzo di oppiaceiprima di giungere al Ser.T è di 8,4 anni. La fascia di etàin cui tale periodo dura di meno è quella fino a 25anni, in cui 3,3 anni è la durata dell’utilizzo prima digiungere al Servizio. Tra i 26 ed i 35 anni la latenzadura mediamente 5,5 anni; nella fascia 36-45 anni ilperiodo di dipendenza è di 8,1 anni ed infine per i più“vecchi” il periodo di utilizzo di oppiacei prima digiungere al Ser.T è in media 12,9 anni. Occupazione. Il36% è disoccupato; il 6% lavora saltuariamente; circail 4% lavora part time. Comunità terapeutiche. NelServizio 34 assistiti sono attualmente in comunitàterapeutiche, con un turn over elevato; 7 di essi sonoin pena alternativa. Farmaci agonisti. Nel gruppo dietà fino a 25 anni, costituito da 11 pazienti, 8 sonopoliabusatori di oppiacei, cocaina e cannabis, sono incorso 8 trattamenti con metadone HCl, con dosaggiomedio 45,6 mg/die. Periodo medio di trattamento 17mesi; nessun paziente ha avuto episodi di overdose; 2pazienti continuano a fare uso di oppiacei e cocaina;4 pazienti hanno tossicologici stabilmente negativiper uso di eroina e cocaina (in due casi c’è positivitàper cannabis). 2 pazienti sono risultati poco aderenti econtinuano l’utilizzo di sostanze d’abuso. Nel gruppotra 26 e 35 anni sono attualmente trattati 99 pazien-ti con metadone HCl; dosaggio medio/die/persona62,7 mg., 11 pazienti sono in fase di scalaggio dellaterapia. 61 pazienti fanno regolarmente uso di oppia-cei (61%); 3 pazienti utilizzano cocaina e 25 (25,2%)pazienti sono in stabilizzazione tossicologica (eccettocannabis). Nel gruppo tra 36 e 45 anni sono trattati191 pazienti con metadone HCl, dosaggio medio/per-sona/die 64,9 mg.; 19 assistiti sono in fase di scalag-gio. 96 pazienti fanno regolarmente uso di oppiacei ecocaina; 39 pazienti sono in stabilizzazione da alme-no 6 mesi, i restanti pazienti fanno uso di cocaina,cannabis e metadone. Altri 63 pazienti sono in carico,beneficiando di altre terapie. Nel gruppo oltre 46 annisono trattati 74 pazienti con dosaggio medio/perso-na/die di 74,0 mg. 4 pazienti sono in fase di scalaggio.39 pazienti fanno uso di oppiacei e cocaina; 17

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ficoltà dei centri erogatori della prestazione e di pato-logie pregiudicanti la terapia. Prelievi ematici; indica-zione delle difficoltà riscontrate. Esami di laboratorio:registrazione dei dati; criticità di procedure specifiche(ritardo nelle risposte del laboratorio, errori tecnici,formali,...). Registrazione dei dati laboratoristici. Valutazione endocrinologica, indicazione di difficoltàe dei centri erogatori; registrazione di patologie pre-giudicanti. Registrazione dei dati tossicologici e dipatologie pregiudicanti la terapia. Valutazione psi-chiatrica. Registrazione dati riportati nella modulisti-ca, modifiche del modulo di valutazione (revisioni);dati rilevati dall’intervista clinica psichiatrica.Supporto psicologico; indirizzo seguito dallo psicote-rapeuta, condizioni pregiudicanti la terapia. Test psi-codiagnostici somministrati e registrazione risultati.Inizio terapia per HCV: pazienti in trattamento.Difficoltà evidenziate nell’iniezione del PEG interfero-ne nel Ser.T, registrazione esami di laboratorio edesami tossicologici. Follow up: N°pazienti in tratta-mento. Andamento della terapia con registrazione dieventuale RVR, EVR, breakthrough. Condizioni cau-santi interruzione della terapia. Andamento dei collo-qui di supporto psicologico. Andamento della stabiliz-zazione tossicologica. Timing 30 giorni dal terminedella terapia. N°pazienti che hanno terminato la tera-pia. Eventuali relapse. Stabilizzazione tossicologica(registrazione). Qualità del trattamento percepita dalpaziente - test TPQ. Timing 180 giorni dalla finedella terapia: Registrazione della stabilizzazione tos-sicomanica. SVR. Registrazione delle condizioni di vita- cambiamenti lavorativi, altri interventi terapeuticieffettuati (protesizzazione dentaria,...).I risultati preliminari: Aderenza. Il 93.7% dei pazientiha seguito la terapia prescritta; i pazienti infetti daHCV genotipo 3 hanno seguito tutti la terapia pre-scritta. Pazienti con trattamento a 48 settimane: il66.7% ha completato la terapia. Tossicologia: 10(62.5%) pazienti sono risultati negativi ai test peroppiacei, cocaina, alcool. Virologia: 11/16 (68.75%)pazienti risultavano negativi per la ricerca di HCV RNA24 settimane dopo aver completato la terapia (SVR).Tra i pazienti genotipo 1: 4/8 (50.0%) hanno mostra-to SVR. Del genotipo 3: 7/8 (87.5%) mostravano SVR. I pazienti hanno ricevuto supporto da un team di pro-fessionisti per modificare l’abitudine all’uso di droghee migliorare l’attenzione all’infezione da HCV; abbia-mo spiegato che il corso dell’infezione può esseremodificato dalla terapia e rassicurato i pazienti suglieffetti collaterali. Un altro punto critico è il pregiudi-zio di alcuni Medici, scettici circa il trattamento ditossicodipendenti. Lo studio mostra due importantirisultati: il miglioramento e la standardizzazione dellacooperazione tra Specialisti per ottenere un procedu-re sanitarie sinergiche. Il risultato ottenuto ci conforta ad utilizzare le risorsedel paziente utilizzando il trattamento per HCV comepretesto per la riabilitazione. Il paziente tossicodipen-dente può trovare un motivo per abbandonare l’abusodi sostanze e riprendere il controllo della propria vita.A tale proposito occorre specificare meglio l’obiettivonei confronti dei pazienti: il raggiungimento dell’eli-minazione della viremia HCV è solo uno dei benefit

che conducono il paziente ad una vita migliore; altripunti di arrivo sono la stabilizzazione tossicomanica,la ricostituzione di una immagine corporea del pa-ziente più accettabile socialmente con la protesizza-zione dentaria, spesso necessaria; il conseguimento,seppure precario, dell’inserimento lavorativo ed il con-seguente recupero della dignità sociale dell’individuo.Pertanto, non si può intendere il solo esame tossicolo-gico quale indicatore della stabilità del paziente, nè ilTPQ un indice della qualità del trattamento. I parame-tri di successo sono da intendersi assai più ampi.La buona aderenza alle terapie per la tossicodipen-denza e l’infezione da HCV in pazienti “difficili da trat-tare” ottenuta con il nostro metodo ci incoraggia adimplementarlo e suggerirlo ad operatori sanitari ed aipolicy-makers.

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L’EPATOPATIA CRONICA HBV CORRELATA E L’INFEZIONE DAVIRUS DELL’EPATITE C IN ASSISTITIDAL SER.T. DEL D.S.B. 31 DELLA ASL NAPOLI1 CENTRO

Curcio F.*, Masucci S.***, Plenzik M.***, Veneruso C.***, Villano G.***, De Rosa G.***Dirigente Medico** Dirigente Medico Responsabile*** Infermieri Professionali

La coinfezione da virus dell’epatite B e C è frequentein aree geografiche in cui è presente una endemia deidue virus. In tali aree popolazione generale la preva-lenza di HCV in pazienti con infezione cronica da HBVè circa il 10-20% e marcatori di infezione da HBVsono presenti nel 2-10% dei soggetti HCV infetti.Inoltre, la coinfezione HBV/HCV è frequente in tossi-codipendenti utilizzatori di sostanze per via endove-nosa. (IDUs – 42,5%). Altri gruppi di popolazione in cuiè frequente la coinfezione HBV/HCV sono gli emodia-lizzati , i trapiantati, i talassemici ed i soggetti HIVinfetti (66%); quest’ultima infezione risulta anch’essafrequente tra gli IDU. Fattori favorenti la coinfezioneHBV/HCV sono età maggiore di 42 anni, residenza inItalia meridionale, storia di trasfusioni ematiche, uti-lizzo di sostanze d’abuso per via endovenosa, rapportisessuali non protetti, uso di siringhe di vetro, utilizzodi alcolici e bassi livelli culturali. Tra i sopramenziona-ti fattori di rischio l’utilizzo di sostanze per via endo-venosa e le trasfusioni ematiche sarebbero responsa-bili di circa il 90% delle coinfezioni HBV/HCV.Nella U.O. Ser.T. D.S.B. 31 della ASL Napoli 1 Centro siè condotta una analisi retrospettiva tra gli assistiticontinuativi dal 1990 al 2009, monitorando la presen-za di antigene di superficie HBV (HBsAg), gli anticorpidiretti contro esso (HBsAb), gli anticorpi diretti controil “core” HBV (HBcAb). Inoltre, si sono monitorati l’an-tigene “e” (HBeAg) e gli anticorpi contro esso diretti(HBeAb). Metodica usata Enzyme Immuno Assay (EIA).In alcuni pazienti portatori di HBsAg scelti casual-mente si è studiata la replicazione del DNA virale HBVin circolo (su plasma) con PCR real time e relativa-mente al virus HDV si sono ricercati in alcuni casi glianticorpi (metodo EIA) ed in altri casi l’RNA virale conPCR. Si è poi studiata la prevalenza dell’infezione HCV,mediante la ricerca di anticorpi specifici con metodi-ca EIA; i campioni sono stati confermati con RIBA III.In pazienti testati a random è stata studiata la repli-cazione virale in circolo con metodica PCR e la diffu-sione dei diversi genotipi virali.Risultati Coinfezioni HBV/HCV. La prevalenza dellapositività HBsAg in 889 soggetti HCV positivi è del4,8% (43/889). L’infezione da HCV (positività anticor-pale HCV) in soggetti HBsAg positivi è presente in48/82 (58,5%) assistiti. La prevalenza dell’infezione da

HCV tra i 711 pazienti HBcAb positivi è del 68,1%(484/711). Soggetti HBcAb positivi tra quelli infetti daHCV si presentano con una prevalenza del 53,9% (448HBc-Ab in 831 infetti da HCV).In 19/26 (73,1%) soggetti portatori di HBsAg scelti acaso è stata eseguita la ricerca della viremia HCV trail 2006 ed il 2009, risultando positiva nel 26,3% (5/19)di essi. L’analisi dei genotipi HCV ha evidenziato che 2soggetti erano infetti dal genotipo HCV 1 a, in un casoera presente la coinfezione 1a/2a ed in un altro ilgenotipo era il 3 a. In un caso il laboratorio non haidentificato il genotipo. La carica virale HCV era varia-bile da 49.000 a 700.000 I.U./ml.Relativamente all’analisi di HBV, la ricerca del DNA èstata effettuata in 10 soggetti, risultando positiva indue casi, ma è stata effettuata una sola genotipizza-zione (genotipo D). In nessuno dei due casi HCV RNAera determinabile. La ricerca di anticorpi per HDV ha evidenziato che su4/8 soggetti risultavano positivi (Immunoglobuline G);la ricerca dell’RNA virale era positiva in 2/7 casi (unodei quali positivo per HDV IgG). Si è concluso che 7/14(50%) assistiti erano stati infettati da HDV. HCV RNAera presente in uno di essi.In questo gruppo 4 soggetti erano infetti da HIV, nes-suno dei quali con viremia HCV.Dei 44 pazienti positivi continuativi per HBcAb enegativi per HBsAg ed HBsAb è stata eseguita in 28(63,6%) di essi scelti a caso la PCR per HCV: la viremiaHCV è risultata positiva nel 78,6% (22/28) di essi; lacarica virale variava da 5.100 a 31.800.000 I.U./ml Inquesto caso l’analisi dei genotipi HCV ha evidenziatoche il genotipo 1 era presente nel 71,4% dei casi, in15/21 tipizzazioni. In questo gruppo è stato ricercatoHBV DNA in 4 soggetti, ricerca sempre negativa.In questo gruppo 2 soggetti erano infetti da HIV,entrambi con viremia HCV positiva.Tre soggetti per gruppo hanno ricevuto terapia coninterferone; i tre soggetti portatori di HBsAg risultanoHCV RNA negativo, mentre i tre con HBsAg ed HBsAbnegativo mostrano viremia HCV positiva. La odds ratiotra la presenza di HCV RNA in circolo tra il grupponegativo per HBsAg/HBsAb ed il gruppo HBsAg positi-vo è di 10,2662; 95% confidence interval from 2.6273to 40.1188.Conclusioni. Lo studio mostra che la rilevazione epide-miologica può risultare utile per una migliore cono-scenza di gruppi di popolazione “a rischio”. Inoltre se ènota l’interferenza virale tra HBV ed HCV in vivo, purutilizzando i due virus pathways biologici differenti, lostudio può contribuire a valutarne l’entità in casi qualigli IDUs che sono spesso soggetti a molteplici infezio-ni virali. Lo studio mostra che la probabilità dell’e-spressione della viremia HCV in soggetti HIV positi-vi/HBsAg ed HBsAb negativi risulta molte volte piùprobabile rispetto a quanto avviene in pazienti porta-tori di HBsAg. Relativamente a queste ultime infezio-ni lo studio riporta che il 50% dei soggetti portatori diHBsAg sono stati infettati anche da HDV, come ripor-tato in letteratura. Merita ulteriori indagini l’assenzadi viremia HCV (senza alcuna terapia specifica) nei 4soggetti infetti HBV/HIV, se confrontata alla positivitàper HCV RNA nei 2 soggetti HIV positivi/HBsAg ed

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pazienti fanno uso di cocaina e cannabis; 18 pazientisono stabili. In totale, abbiamo considerato affidabili idati di trattamento con metadone HCl di 284 pazien-ti, anche se altri circa 120 assistiti afferiscono alServizio, tra i soli consumatori di oppiacei. Di tali assi-stiti, 86 (30,3%) mostrano urine stabilmente negativeper la ricerca di oppiacei e cocaina. 34 pazienti sonoin fase di scalaggio del farmaco. Il dosaggio medio dimetadone è 65,1 mg/die; consideriamo tale dosaggioreale, in quanto molti assistiti sono in regime di affi-do settimanale. Malattie infettive e fattori di rischio.Nella fascia di età fino a 25 anni nessun assistito fauso di oppiacei per via endovenosa. La prevalenzaanticorpi anti HBsAg è di 1/11 testati; la prevalenza dianticorpi anti core (HBcAb) è di 1/11 testati; i pazien-ti vaccinati risultano 9/11 all’anamnesi (81,8%). Laprevalenza di anticorpi anti HCV è di 1/11 testati(9,1%); la ricerca del virus in circolo è negativa.Nessun paziente risulta HIV positivo. Nel gruppo suc-cessivo - 206 testati tra i 26 ed i 35 anni - l’uso endo-venoso di oppiacei si è ridotto dal 68,4% al 17,5%negli ultimi sei mesi. La diffusione dello stato di por-tatore HBV (HBsAg positivo) è del 2,9%, mentre il18,% è stato infettato dal virus. E’ vaccinato il 40,3%degli assistiti. L’infezione da HCV è presente nel46,1%, con produzione virale nel 69% dei 58 test ese-guiti. I pazienti che hanno ricevuto la terapia per HCVcon interferone e ribavirina sono 8. La ricerca di HIV èpositiva nel 4,4% dei casi e la terapia HAART è effet-tuata in 4 casi su 9. Nel gruppo tra 36 e 45 anni, di364 testati, l’uso endovenoso è passato dall’85,6% al37,5% negli ultimi 6 mesi. Il 4,7% dei pazienti è por-tatore di HBsAg ed il 47,0% dei pazienti è HBcAb posi-tivo. I vaccinati HBV sono il 30,8%. Il 70,9% deipazienti risulta HCV Ab positivo, con viremia nel65,4% di 153 PCR eseguite. Hanno avuto accesso allaterapia specifica HCV 24 assistiti. La prevalenza del-l’infezione da HIV in questa popolazione è del 7,7% ed11 pazienti sono sotto terapia HAART. All’esame delgruppo di età maggiore di 46 anni, 151 testati, risultaportatore di HBsAg il 4,6%; il 72,2% dei pazienti risul-ta infettato da HBV (HBcAb positivo) ed il 16,6% èvaccinato. La prevalenza di HCV raggiunge il 79,5%,con viremia HCV nel 73,7 % dei 76 pazienti testati. 13pazienti hanno ricevuto la terapia specifica. La infe-zione da HIV è presente nel 6,6% dei soggetti.L’utilizzo di oppiacei per via endovenosa è diminuitodal 91,7% al 16,7%. In generale, nella coorte costitui-ta da 732 testati, l’utilizzo endovenoso è diminuitodall’80,4% al 26,6% dei casi, negli ultimi mesi. Il 4,2%è portatore di HBV; con produzione di HBsAg, il 43,6%è stato infettato da HBV (HBcAb positivo). La preva-lenza dell’infezione da HCV è del 64,8%; la viremia nei288 test eseguiti a random è del 68,1%; 45 pazientihanno ricevuto terapia per HCV. La prevalenza di HIVè del 6,4% e circa la metà dei pazienti è in terapiaHAART. Dai nostri dati appare una correlazione tral’età di inizio dell’utilizzo di oppiacei e l’infezione daHCV: l’utilizzo di oppiacei è cominciato a 19,3 anni neipazienti HCV positivi, a 22,4 anni nei pazienti HCVnegativi.

ConclusioniLa popolazione dei Ser.T è in forte evoluzione: semprepiù richieste giungono per abuso di cocaina, la popo-lazione oppiomane sta diventando più anziana; anchela via di somministrazione dell’eroina sta diventandoda parenterale a inalata, fumata o ingerita. E’ possibi-le effettuare nei Servizi un controllo delle patologieinfettive. Anche il controllo di patologie psichiatrichepuò essere effettuato. Realizzare un trattamento inte-grato è fortemente auspicabile per pazienti spesso indifficoltà nello svolgere funzioni routinarie, quale ilrapporto con il Sistema Sanitario. I Ser.T sono efficacinell’effettuare la governance di pazienti “difficili” chespesso si disperdono privi di cure nella popolazionegenerale. I farmaci agonisti costituiscono un validosupporto per numerosi scopi; dalla riduzione deldanno, fino a terapie integrate, quali le terapie perpatologie psichiatriche, o per patologie infettive. Ilmetadone appare un farmaco sicuro, da utilizzare perla prevenzione degli iperdosaggi, per la stabilizzazionedel paziente, anche long term. La estrema variabilitànella metabolizzazione del farmaco e la EvidenceBased Medicine possono giustificare dosaggi, a volteconsiderati troppo elevati, relativamente alla sicurez-za di posologie al di sopra di 100 mg./die. I farmaciagonisti non possono essere considerati risolutivi, madevono essere considerati un supporto di una terapiamultidisciplinare integrata.

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scenti complessivamente; in 3 scuole Medie Superioried 1 Scuola Media Inferiore, oltre a 93 docenti.

Docenti: abbiamo somministrato questionari al termi-ne del primo e del secondo anno del progetto; i domi-ni relativi al rapporto con gli scolari sono stati: la“richieste d’aiuto”; gli “indicatori di disagio. Relativamente al metodo utilizzato: “ metodologie diprevenzione più utile ed applicabile” ;”efficacia dellametodologia”; “raggiungimento degli obiettivi prefis-sati”; “approfondimento dei temi trattati”; “valutazio-ne efficacia della festa finale”. I domini relativi aglistessi Docenti: “la motivazione a partecipare al pro-gramma”; la “individuazione delle sostanze d’abuso”; la“definizione delle caratteristiche di sostanza d’abuso”.Le risposte sono state fornite in basa ad una scalapentenaria, che nel re-test è migliorata mediamentedi 1,8 punti.

Adolescenti: il primo risultato è stata l’attivazione deiragazzi relativamente al tema delle dipendenze: circa150 lavori sono stati realizzati ed esposti nel corsodelle manifestazioni finali.

Questionari. Primo Anno - dati riferiti ai questionarisomministrati agli alunni delle Scuole Medie Superiori- 399 intervistati, 184 maschi e 215 femmine; etàmediana 14 anni.Il punto di riferimento familiare più importante è lamadre, per il 33,3% degli scolari.La vita sana - le occupazioni ritenute “sane” dagli sco-lari: lo “sport” e la “musica” vengono identificatecome le abitudini sane per trascorrere il tempo liberodal 48,1% e dal 25,4% rispettivamente. Relativamente all’utilizzo di bevande alcoliche, il39,8% dei giovani ha dato risposta affermativa, asso-ciando il bere alla socializzazione nel 22,5% dei casi.Solo il 13,3% dichiara di fumare sigarette. Alladomanda “descrivi tre forme di dipendenza” i ragazzihanno indicato alcol nel 29,5% dei casi, eroina nel27,9% e fumo di sigarette nel 22,6%; al primo annodi frequenza scolastica i giovani immaginano nel26,3% dei casi che la droga sia diffusa prevalente-mente in discoteca.Secondo anno - dati riferiti ai questionari sommini-strati agli alunni delle Scuole Medie Superiori - 380intervistati, 176 maschi e 204 femmine; età mediana15 anni.l’88,7% dei soggetti ha un buon dialogo con i genito-ri, il 97,5% è contento di frequentare gli amici, il74,4% esce spesso in gruppo. Uso di sostanze psicoat-tive, il 36,8% degli scolari ha bevuto alcolici. Il 32,4%ha fumato sigarette. Il 13,4% ha provato a fumarecanne. Infine, il 3,9% ha provato il popper. Alcuniavrebbero utilizzato cobret (5,7% dei maschi e 1,1%delle femmine), cocaina (4,0% maschi e 1,1% femmi-ne) ed ecstasy (4,0% maschi e 0,6% femmine). Infine,l’utilizzo di farmaci in generale presenta caratteristi-che preoccupanti: il 27,6% dei giovani se ha mal ditesta assume subito un farmaco; il 36,4% assume far-maci senza controllo medico.Terzo anno - 365 intervistati, 175 maschi e 190 fem-mine.

Questionario utilizzato ESPAD. La elaborazione deidati è stata effettuata dal CNR - Istituto di FisiologiaClinica Sezione di Epidemiologia di Pisa.Scuole Medie Superiori (259 studenti). Il campione ècomposto dal 40,5% di maschi (105) e dal 59,5% difemmine (154). Età mediana 16,5 anni. Relativamenteall’ambito familiare, il rapporto con i genitori è perce-pito soddisfacente nel 92,6% dei casi; la condizioneeconomica familiare è definita buona dall’87,7% deglistudenti e la percezione di attenzione è buona perl’83,4%. Attività sportive sono praticate dal 52,4%degli studenti. Altre caratteristiche: l’89,4% ha avutoproblemi in risse; il 42% ha avuto incidenti, il 44,7%è stato ricoverato al pronto soccorso e circa il 15,8%ha avuto coinvolgimenti in rapporti sessuali non pro-tetti. Il 10,3% degli studenti del Liceo dichiara di par-tecipare spesso a giochi in cui si spendono soldi.Alcol - La prevalenza nel corso della vita si attesta al91.9%. L’incidenza negli ultimi dodici mesi risultadell’84,2%. Negli ultimi trenta giorni è stato effettua-to dal 62,6% degli intervistati. La prevalenza di ubriacature è del 52,5%; negli ultimi12 mesi l’incidenza risulta del 38,2%. La bevanda piùdiffusa è la birra (57%). Sigarette - la prevalenza delfumo di sigarette (consumo alcuni giorni/settimana)nella vita è del 54,4% ugualmente diffuso tra i maschie le femmine. Il consumo di sigarette complessivo nelcorso dell’ultimo mese è del 44,8%. Cannabis - utiliz-zo di cannabis una volta nella vita è del 44,8%. Negliultimi 12 mesi l’incidenza risulta del 32,0%. Stimolanti - In tale classe viene riportato l’ecstasy; glistudenti mostrano una prevalenza del 4,2%; l’inciden-za nell’ultimo anno è del 3,5% e nell’ultimo mese al2,8%. Psicofarmaci - La prevalenza è del 4,2%; l’inci-denza nell’ultimo anno è del 3,1%. Cocaina - La pre-valenza d’uso è del 4,6%. L’incidenza negli ultimi 12mesi è del 3,9%. Eroina - la prevalenza è del 3,9% el’incidenza nell’ultimo anno è del 2,3%. Per tutti i17enni intervistati risulta più facile reperire eroina acasa dello spacciatore (43%) o in discoteca (31%), cheriuscire a trovarla in strada (22%) o a scuola (5%). Pergli studenti la cannabis viene maggiormente reperitain strada (52%), a scuola (51%), a casa dello spaccia-tore (50%) ed in discoteca (37%) (figure 16). La cocai-na oltre che facilmente rintracciabile a casa dellospacciatore (48%), può essere acquistata in discoteca(42%), in strada (30%) e nell’ambiente scolastico(12%). Laboratori - “Fatti di vita” ha coinvolto 93 stu-denti in tre Scuole. Il processo ha costituito unmomento significativo nella formazione dei “peer-educators”. “Immagini e Parole” (cineforum per genito-ri e scolari) ha consentito l’incontro tra genitori e gio-vani scolari nel “territorio” scolastico. Terzo anno - Scuola Media Inferiore, 106 intervistati.Questionario utilizzato ESPAD (non tarato per leScuole Medie Inferiori); i risultati della Media Inferioresono separati dalle Scuole Medie Superiori. Maschi34% e 66% femmine, l’età mediana è di 13 anni. Nel77% dei casi il rapporto con i genitori è soddisfacen-te; la condizione economica familiare è buona nel72%. Gli studenti praticano attività sportive nel 57%.Il 34% ha partecipato a risse; il 34% ha avuto inci-denti, il 32% è stato ricoverato al pronto soccorso. I

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HBsAb negativi.Infine, l’importanza del rilievo relativo alla coinfezio-ne HBV/HCV va inquadrata nell’ottica della diffusionedelle terapie per i due virus: occorre migliorare laconoscenza dell’effetto di una terapia per HCV sull’e-ventuale espressività del virus HBV (anche nel caso diuna infezione occulta da parte di quest’ultimo), oviceversa. Il limite dello studio è nella scarsità numerica deldato, ma la relativamente recente disponibilità dellemetodiche analitiche ed i risultati ottenuti ci incorag-giano a proseguire nella rilevazione dei dati. Lo studio dimostra che nei Ser.T è possibile monitora-re la diffusione delle infezioni virali ed anche contri-buire alla conoscenza di esse con metodiche semprepiù moderne.

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informa IV CONGRESSO NAZIONALE CONSUMI E DIPENDENZE

“UNA SCUOLA PER LA VITA” ESPERIENZA DI INTERVENTO DIPREVENZIONE MULTIDISCIPLINAREIN 4 ISTITUTI SCOLASTICI NAPOLETANI

Curcio F.*, Capraro C.**, D’Ascoli G.***, Focaccio F.**,Gaveglia M.**, Longobardo A.**, Losasso C.*,Masucci S.****, Parente M.*, Petti M.*****, Plenzik M.****, Villano G.****, Veneruso C.****,Molinaro S.*******, Siciliano V.*******, De Rosa G.*******Medico - D.S.B. Ser.T 31 - ASL NAPOLI 1 Centro**Psicologo - D.S.B. Ser.T 31 - ASL NAPOLI 1 Centro***Assistente Sociale - D.S.B. Ser.T 31 - ASL NAPOLI 1Centro****Infermiere Professionale - D.S.B. Ser.T 31 - ASLNAPOLI 1 Centro*****Sociologo - D.S.B. Ser.T 31 - ASL NAPOLI 1 Centro******Responsabile - D.S.B. Ser.T 31 - ASL NAPOLI 1Centro*******CNR - Istituto di Fisiologia Clinica Sezione diEpidemiologia - Pisa

L’EU Drugs Action Plan 2005-2008 raccomanda diridurre significativamente la prevalenza dell’utilizzo disostanze d’abuso; la U.O. Ser.T D.S.31 della ASL Napoli1 Centro ha realizzato un progetto triennale di pre-venzione “Una scuola per la vita”, per comprenderel’uso di sostanze tra adolescenti di Napoli e prevenir-ne l’uso. Per impostare il Progetto, gli Operatori delSer.T hanno tenuto presenti le indicazioni del NationalInstitute of Drug Abuse (NIDA) per una efficace pre-venzione, in particolare si è teso ad incrementare ifattori protettivi ed a ridurre i fattori di rischio.

Scopi1) Attivare gli adolescenti per il primo contatto con lesostanze psicoattive. 2) Far emergere le conoscenzedegli adolescenti riguardo sostanze d’abuso e dipen-denze. 3) Monitorare i dati epidemiologici nella coor-te oggetto dello studio. 4) Seguire nel tempo i giova-ni coinvolti. 5), Studiare le conoscenze dei Docenti perutilizzarli come supporto. 6) Elaborare un modello perla prevenzione scolastica per i policy-makers.

MetodoSono stati coinvolti Docenti, scolari (nel ruolo di peeroperators) ed opinion leaders; i metodi utilizzati sonostati brevi lezioni frontali, drammatizzazioni e roleplay, e rappresentazioni di quanto appreso nel corso dimanifestazioni pubbliche. Sono stati attivati laborato-ri per una maggiore incisività dell’attività di preven-zione. Il programma è stato sottoposto a verifica deiDocenti e valutato con questionari per studenti.

Risultati“Una Scuola per la Vita” ha coinvolto 1.234 adole-

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gnetico hanno un impatto profondo su ogni aspettodella regolamentazione biologica, psicologica e rela-zionale complessa.Tali forze sono chiamate:microonde, frequenze radio,spettro della luce invisibile, frequenze basse, frequen-ze acustiche, energia scalare, energia sincronica,ecc....le nostre risposte agli stimoli ambientali sonocontrollate dalle percezioni ma non tutte le nostrepercezioni apprese sono esatte, esse sono esito di unprocesso di apprendimento. E’ il processo pedagogicoche crea la priorità percettiva, l’insieme delle prioritàfà cogliere il sistema di agglutinamento molecolareatomico scelto, per cui la percezione controlla la bio-logia (David Baltimore 2001). Come abbiamo visto lepercezioni possono essere vere oppure false. Quindi èpiù corretto dire: le percezioni che controllano il com-portamento sono “credenze”, pertanto le credenzecontrollano “il Bios” le biologie. I bioscienziati newtoniani tradizionalisti sostengo chese non è materia non conta niente; ma che cosa è lamateria? Essa è ciò che dicevamo all’inizio a proposi-to dell’atomo quantistico; come conseguenza la cre-denza è un energia non locale che, solo all’attualità,pertanto non interessa alla scienza materialistica.Purtroppo questo modo di vedere è una credenzapalesemente errata in un universo quantistico. Questadistorsione percettiva non solo crea questa cosmogra-fia incoerente, bensì crea anche quello che si preten-de di risolvere ovvero lo squilibrio e la malattia. Inquanto essa è conseguenza delle distorsioni percetti-ve e delle sue cosmografie. Imparare ad usare le cre-denze e il segreto della vita, del benessere, della salu-te. Saggi di ogni epoca ci stanno raccontando le stes-se cose da millenni ora la scienza stà andando nellastessa direzione: non sono i geni, ma le credenze acontrollare la nostra vita. non c’è nulla di cui averepaura se non la paura stessa.E’ chiaro che non siamo più complessi di organismi piùsemplici (vermi, piante) non possiamo più ricorre aigeni per spiegare perchè gli esseri umani sono in cimaalla scala evolutiva perchè non c’è alcuna differenzatra organismi primitivi e umani per quanto riguarda igeni. forse è da chiedersi se siamo veramente in cimaalla scala evolutiva, la risposta passa probabilmenteda una altra domanda che cosa siamo e cosa siamovenuti a fare al mondo.Dopo questa esposizione che vuole essere solo unlegame tra il “vecchio” e il “nuovo”, come dicevamoall’inizio di questa nostra trattazione, le considerazio-ni suesposte sono il frutto di vari anni di applicazionidelle M.n.C. a pazienti con dipendenza patologica eseguiranno altre puntuali e specifiche rendicontazionisull’efficacia e sulle pratiche terapeutiche utilizzate inparticolare se si riscontrerà curiosità intellettuale eprofessionale tra gli addetti ai lavori.

BibliografiaBruce Lipton la biologia delle credenze Macroedizioni.Daniel J. Kevles, The Baltimore Case: A Trial of Politics, Science,and Character (New York: W.W. Norton & Co, Inc.; 1998) Lynne Mc Taggart Il campo del punto zero. Ed Macro 1988Massimo Teodorani I’Entanglement Ed. Macro 2001

Fig. 1

A

B E

C D

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giovani scolari partecipano 2 volte al mese a giochi incui si spendono soldi nel 24% dei casi. Alcol - La pre-valenza è del 55%. L’incidenza negli ultimi dodici mesiè del 51%. Le bevande più usate sono birra (81%) evino (81%). L’aspettativa nei confronti degli effetti delbere ha una connotazione negativa nel 65% dei casi(danni per la salute, stordimento, incapacità di smet-tere). Sigarette - la prevalenza del fumo (alcuni gior-ni/settimana) nel corso della vita è del 6%. Gli stu-denti delle medie inferiori riferiscono una elevatadisapprovazione (>85%) di far uso di sostanze psi-coattive. Per tutti i 13enni intervistati risulta più faci-le reperire eroina nei parchi o in strada. La cocaina èrintracciabile a casa dello spacciatore e può essereacquistata in strada. Per gli studenti intervistati l’ec-stasy viene reperito soprattutto in discoteca.

In conclusione, l’analisi della coorte di adolescentioggetti dello studio ha espresso una ottima parteci-pazione e di attivazione agli stimoli degli operatori delSer.T L’evoluzione dell’uso di sostanze psicoattive èrisultato notevole, apparentemente non influenzatadall’azione preventiva del progetto. Certamente irisultati ci indirizzano verso il miglioramento dell’a-zione di prevenzione, raccomandando di cominciare iprogrammi di sensibilizzazione già nel corso dei primianni di Scuola Media Inferiore. Inoltre, le sostanze edi comportamenti più rischiosi risultano quelli collega-ti all’uso, talvolta abuso, di bevande alcoliche. Pertanto, le principali raccomandazioni per i policy-makers riguarda una più coscienziosa applicazione diatteggiamenti preventivi riguardo l’uso di bevandealcoliche e farmaci nei giovani.

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MEDICINE NON CONVENZIONALI(MNC), FISICA QUANTISTICA E DIPENDENZE PATOLOGICHE

D’Angelo A., Contaldi C. Ser.T SAPRI (SA)

Le medicine non convenzionali in particolare l’ayurve-da e l’agopuntura (MnC) forti della loro più che mille-naria presenza si configurano, a nostro parere, comeun strumento terapeutico aggiuntivo nel quadro mul-tidisciplinare generale nel campo delle terapie per ledipendenze patologiche. Secondo la nostra esperienzaqueste antiche scienze:1) migliorano la compliance del paziente;2) favoriscono l’adherence al programma terapeuticoconsigliato;3) riducono la conflittualità e le rivendicazioni impro-prie nei confronti dell’equipè;4) rendono più ampi e coerenti gli obiettivi e le stra-tegie terapeutiche partecipate dal programma, fina-lizzando una maggiore adesione al principio di realtà,con riduzione di aspettative e ideazioni totipotenti;4) aumentano le qualità e le quantità relazionali-affettive.

La fisica quantistica resta il ponte tra queste antichemedicine e terapie naturali e il linguaggio scientificocontemporaneo. In realtà un atomo che cosa è?Immaginate un mulinello di polvere che corre neldeserto togliete la sabbia e la polvere, quello cherimane è un vortice simile ad una bufera. La strutturadell’atomo è formata da un insieme di vortici di ener-gia infinitamente piccoli chiamati quark e fotoni. Dalontano, l’atomo apparirebbe come una sfera indistin-ta; ma mettendo sempre più a fuoco la struttura, l’a-tomo diventerebbe sempre meno nitido e preciso, finoa scomparire del tutto. Non vedremmo più nulla, poi-ché, mettendo a fuoco la struttura dell’atomo osser-veremo solo uno spazio vuoto. L’atomo non ha unastruttura fisica, pertanto l’atomo newtoniano èimpermanente, mentre l’atomo è solo ed esclusiva-mente un atomo quantistico, così come descritto. Acausa del pregiudizio materialistico newtoniano, la“scienza ortodossa” ha continuato ad ignorare il ruolosvolto dall’energia nella salute e nella malattia. Lapercezione riduzionistica di un flusso lineare di infor-mazione è, una caratteristica dell’universo newtonia-no A_B_C_D_E al contrario il flusso di informazioni inun universo quantistico è di tipo olistico ( fig 1).Gli elementi delle cellule sono intrecciati in una com-plessa ragnatela comunicativa. Le relazioni tra mate-ria ed energia sono complesse ed olistiche.La domanda conseguente è quali sono le forze e leenergie che controllano la torsione e il ripiegamento ele vibrazioni delle molecole in forma complessa. Negliultimi anni si sono fatti esperimenti ed esperienze cherivelano che forze invisibili dello spettro elettroma-

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collocazione mesencefalica. L’origine profonda delCraving, come sostengono Cibin, Zavan e collabora-tori, si esprime clinicamente in una sofferenza clinicaai confini tra corpo e pensiero, ingestibile con unapproccio razionale basato sulle parole, ma piuttostosensibile ad un accudimento corporeo e preverbale.

In questa precisa ottica credo che la distensioneimmaginativa, le metafore, le tecniche ipnotichemirate, le strategie basate sulla Mindfulness, possonodivenire strumenti privilegiati di intervento terapeuti-co. Alcuni interventi possono trovare ottima applica-bilità in Gruppi omogenei di pazienti.Inoltre un approccio di questo tipo caratterizzato daflessibilità, empatia, attenzione, gentilezza, sembradeterminare comunque risultati migliori in termini diefficacia rispetto a strategie che non prevedono taliqualità come determinanti.Le metafore terapeutiche specifiche possono essereutilizzate tramite un approccio induttivo o deduttivo,e l’uso delle immagini si configura come un ponte conl’esperienza diretta del paziente.

I temi utilizzati per esplicitare le varie tematiche sot-tese ai diversi momenti della riabilitazione alcologica,divengono presto familiari al paziente, che trova poipiuttosto facile ricorrere a quelle immagini per colle-garsi alla sua diretta esperienza di cambiamento.E allora i colloqui terapeutici avranno spesso comeprotagonisti il Capo indiano, lo Gnomo, la Palude, ilDiavoletto, il Cuoco, la Stufa, il Ponte, il Contadino...

La PAR a mio modo di vedere può essere utilizzata siain ambito ambulatoriale o in Comunità terapeutica. E’da intendere come una traccia che puo’ accompaga-nare il lungo percorso di riabilitazione di un alcolista,nelle sue varie fasi, attraverso un intervento medico,psicologico, sociale, individuale e di gruppo.La dimen-sione collegata alla Mindfulness trova utile espressio-ne sia in ambito terapeutico, sia in ambito formativoper gli operatori del settore, e può essere utilizzataanche nelle attività di gruppo.

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METAFORE SPECIFICHE E MINDFULNESS NELLA PSICOTERAPIA DELLE ALCOLDIPENDENZE

De’ Lutti P.Medico psicoterapeuta - Responsabile RiabilitazioneAlcologica Associazione HANDS - Bolzano

IL trattamento riabilitativo di pazienti con dipendenzada sostanze richiede un notevole impegno in terminidi tempo e di risorse umane, con l’intervento di varieprofessionalità. Il mio lavoro è da molti anni rivolto apazienti con problemi di alcodipendenza, ma moltedelle tecniche e parte dello approccio metodologicoda me proposto sono adattabili ad altre forme didipendenza. Inoltre già nel titolo dell’intervento housato il termine di Alcoldipendenze a sottolineare lamolteplicità delle espressioni cliniche con cui si mani-festa la dipendenza alcolica.Sappiamo che può essere rapida o lenta nel suo deter-minarsi, episodica, complessa, associata a vari distur-bi della personalità, del comportamento, e all’uso dialtre sostanze psicoattive.

Nelle alcoldipendenze il trattamento può includere unapproccio medico, psicologico, sociale,e modalità ditipo individuale e di gruppo, con coinvolgimento deifamiliari. Personalmente trovo possibile ed assai utileprevedere che lo psicologo, il medico, l’assistentesociale, l’educatore, e il volontario, nelle varie fasi deltrattamento di cura e di riabilitazione si possano muo-vere sulla base di alcune linee guida che in parte giàriconosciute, e in parte ancora da ridefinire.Intendo dire che alcune buone prassi come l’interven-to motivazionale, il counseling di prevenzione dellaricaduta, e i Gruppi di aiuto per alcolisti, hanno già inse’ alcuni elementi fondamentali come l’ascolto aper-to, l’empatia, l’approccio fiducioso e non giudicante.

Ritengo che anche l’intervento psicoterapeutico nellealcoldipendenze, muovendosi sulle stesse basi, possatrovare una indicazione più mirata e possa esplicarsiin modo continuo in tempi anche lunghi, affiancando-si o sostituendosi agli interventi di prevenzione dellaricaduta.In tal senso ho trovato spesso necessario lavorando siain ambito privato che in un servizio pubblico, propor-re un percorso riabilitativo specifico, mirato, e perso-nalizzato nelle aloldipendenze.Questo tipo di intervento, associato a specifiche tec-niche come la Mindfulness e le metafore terapeutichemirate, individua un trattamento di lungo periodo chechiamerò Psicoterapia di accompagnamento riabilita-tivo (PAR). Mi fa piacere verificare che alcune metodologie disupporto terapeutico a pazienti con disturbi da dipen-

denza, che fino a pochi decenni fa erano consideratesolo una curiosità, sono attualmenteoggetto di grande interesse e ricerca come ad esem-pio la Mindfulness. La Mindfulness può essere definita come “la consape-volezza che emerge prestando attenzione intenzional-mente nel momento presente e in modo non giudican-te al presentarsi dell’esperienza momento per momen-to“. Questa semplice definizione è di Jon Kabatt Zinn,uno dei principali studiosi e praticanti di Mindfulnessche ha lavorato moltissimo con persone sofferenti divarie patologie. Questa modalità di intervento che affonda le radicinella psicologia buddista e applica strategie basatesulle tecniche meditative, mi sembra molto adatta peressere integrata in un intervento di lungo periodo nel-la riabilitazione degli alcoldipendenti.

La Mindfulness permette inoltre, se viene praticataanche dagli operatori che la propongono, di sviluppa-re un atteggiamento mentale flessibile, attento e gen-tile, che ben si presta ad intervenire efficacementeanche nei casi più difficili. Sembra banale, ma molte volte piccoli cambiamentipossono creare grandi cambiamenti. In questa otticalo sviluppo dell’attenzione, della consapevolezza, delladisciplina mentale, promosse dalla Mindfulness,divengono dei potenti strumenti di cambiamento, dibenessere, di sviluppo personale.

Questi sono elementi ed espressioni di comportamen-ti umani che possono essere inclusi in quello che vienespesso definito come “ambito spirituale”. Questa di-mensione non va equivocata perché è la stessa cheJung indicò ad uno dei fondatori di AA, come via mae-stra per poter uscire dall’alcodipendenza. Questa dimensione è la stessa che Vladimir Hudolinfondatore dei Club per alcolisti in trattamento, chia-mava Spiritualità antropologica. Ed è anche la stessache possiamo trovare nei lavori di molti autori che sioccupano di Dipendenze (Schaub, Cloninger, Bien,Marlatt, Kabatt Zinn e altri).

Un secondo ambito di intervento da me proposto siorienta sull’utilizzo di specifiche metafore terapeuti-che che trovo utili da applicare nelle diverse fasi dell’alcoldipendenza.Le metafore, le tecniche immaginative e le strategiementali specificamente orientate, sono degli efficacistrumenti in ottica riabilitativa, che vanno integratinel trattamento terapeutico finalizzato a migliorare lecapacità di fronteggiamento dei pazienti di fronte allericadute. Inoltre è possibile utilizzare nella Psicoterapia diaccompagnamento riabilitativo (PAR), anche alcunespecifiche metafore ed immagini, adattabili alle diver-se forme di Craving svliluppato dal paziente. Moltistudi scentifici documentano lo stretto rapporto traCraving, stimoli ambientali condizionanti e aspettipsicologici ed emotivi della persona, ed è dimostratoche le strutture nervose coinvolte nell’appetizionedelle sostanze psicoattive (meccanismi base della gra-tificazione) sono filogeneticamente molto antiche, a

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30 31“SPEGNI LA SIGARETTA... ACCENDI IL TUO FASCINO”CENTRO PER IL TRATTAMENTO DEL TABAGISMO

Diotallevi G., Paolini M., Paglialonga C., Ricino G.Dipartimento Dipendenze Patologiche ASUR Marche,Z.T. n.1 Pesaro

IntroduzioneIl tabagismo rappresenta un problema ricco di impli-cazioni etiche, oltre che sanitarie, sociali, giuridiche,scientifiche ed economiche. Esistono dati scientificiinoppugnabili secondo cui il fumo costituisce ungrave fattore di rischio per la salute. Il Dipartimento Dipendenze Patologiche della ZonaTerritoriale n.1 di Pesaro, in collaborazione con l’U.O.Pneumologia dell’Azienda Ospedale “S. Salvatore” ealcune Associazioni di Volontariato presenti nel terri-torio, ha avviato uno specifico progetto finalizzato asostenere il cambiamento dei comportamenti correla-ti al consumo di tabacco. Tale progetto è stato avvia-to in fase sperimentale nel luglio 2006 e attualmenteè l’unico centro pubblico per trattamento del tabagi-smo nel territorio della provincia. L’accesso alla pre-stazione prevede il pagamento di un ticket. Tutte le fasi operative sono state formalizzate attra-verso la stesura di un protocollo di diagnosi e terapiaper il trattamento della dipendenza da fumo di tabac-co e nello specifico prevedono: Un primo colloquio di accoglienza e valutazioneattraverso il quale, dopo la raccolta delle informazio-ni anamnestiche, vengono valutati sia il grado didipendenza (Test di Fagerstroem), sia il grado di moti-vazione a smettere di fumare (Modello Transteoricodel Cambiamento).Successivamente, se il paziente è ritenuto idoneo,viene avviato un trattamento di tipo integrato: medi-co e psicologico che ha una durata media di circa 3mesi. • Il trattamento medico presso la l’U.O. Pneumologiaconsiste nella raccolta di informazioni sulle abitudinitabagiche del soggetto e sulle patologie fumo corre-late (comprese quelle dei suoi familiari); un esameobiettivo medico; una valutazione obiettiva del con-sumo di sigarette mediante la carbossiemoglobine-mia; eventuali altri esami di valutazione (per es.accertamenti diagnostici strumentali quali spirome-tria basale, Rx del torace, ecc.) ed infine un interven-to di informazione, motivazione e consiglio (Coun-seling).Può essere avviata una eventuale terapia sostitutivacon nicotina (NRT): cerotto transdermico; gomma damasticare; inalatore di nicotina; compresse sublin-guali. L’utilizzo di questi rimedi può anche esserecombinato con Bupropione (antidepressivo atipico).Nell’ultimo periodo viene utilizzato la vareniclina tar-

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L’utilizzo del gruppo, inoltre, ha stimolato e favorito ifattori sociali di partecipazione e di supporto emotivoe di cura, non ché del non sentirsi soli ed isolati neipropri sforzi tesi a collaborare, ad adattarsi, a crescere.

METODOLOGIA E STRUMENTIIl trattamento è consistito in 9 incontri di gruppo chesi svolgevano una volta alla settimana per la durata di1 ora e mezza ad incontro.Il gruppo era composto da 8 persone:5 maschi e 3femmine di età compresa tra i 25 e i 45 anni in cari-co presso il Servizio, con una storia pregressa di tossi-codipendenza e allo stato di frequentazione del grup-po, in astinenza totale da sostanze.Ogni incontro veniva condotto da due operatori (psi-cologa e assistente sanitaria con training in mindful-ness e respiro consapevole), comprendeva una sessio-ne di meditazione e di visualizzazione, e una parte dicondivisione di gruppo sull’argomento della seduta esui compiti assegnati. La pratica Mindfullness era orientata a sviluppareun’attenzione intenzionale al corpo (attraverso l’at-tenzione al respiro e ai vissuti corporei muscolari ditensione e rilassamento), ai pensieri (in particolarmodo a quelli automatici e rivolti a rimuginare espe-rienze del passato), alle emozioni (sia positive chenegative). Il training Mindfulness prevedeva anche l’entrare inrelazione in maniera non giudicante con la propriaesperienza in modo da permetterle di essere quellache è nel qui ed ora, senza sentirsi “obbligati “ a modi-ficarla. Questo atteggiamento di accettazione è unaspetto che noi abbiamo ritenuto fondamentale nelprocesso del prendersi cura di sé e di orientare la pro-pria progettualità.L’incontro prevedeva 20-30 minuti di meditazioneguidata (body scan e visualizzazioni inerenti il temadell’incontro ) e una serie di esercizi esperienziali rela-tivi all’accettazione non giudicante dei propri pensieried emozioni, le tecniche di respiro consapevole, l’uso

delle tecniche di mindfullness in situazioni di cravingda sostanze, e l’uso di immagini “ancora” o di spazi direspiro in situazione di crisi.Ai partecipanti venivano assegnati esercizi da svolge-re quotidianamente nei giorni tra una seduta e l’altrae supporti cartacei sui quali ritrovare quanto dettonella seduta di gruppo.

RISULTATI E DISCUSSIONEPur tenendo conto dell’eseguità del campione, la spe-rimentazione di tecniche di Mindfullness ha portatoun grado elevato di soddisfazione sia nei pazienti chenegli operatrori.Dal colloquio di feedback effettuato a distanza di unmese, tutti i pazienti risentivano ancora degli effettipositivi sperimentati durante il trattamento ed espres-si in una maggiore consapevolezza del prendersi curadi sé e di accettazione dei propri stati emotivi. Dalcontrollo degli esami delle urine effettuate nelle 8 set-timane successive al corso non si sono trovati risulta-ti positivi al consumo di sostanze. L’analisi statistica volta a verificare una possibile cor-relazione tra i livelli di ansia e di craving effettuata sulcampione di 8 pazienti, mostra una apparente relazio-ne fra l’andamento, valutato lungo le 9 sedute, dellemedia delle risposte al test ANSIA con l’andamentodelle medie delle risposte al test CRAVING; tale corre-lazione pur risultando essere pari a rho=0.66 interval-lo di confidenza al 95% [0.0 0.92] mostra che tale rhonon appare essere diverso da zero in modo statistica-mente significativo.L’interpretazione di questi risultati, in ogni caso,richiede cautela, soprattutto in considerazione dell’e-siguità dei soggetti intervistati.Considerando il presente studio come uno studio pilo-ta per indagare su una possibile relazione fra “gestio-ne dell’ansia” e Craving si può notare come dalla terzaalla settima seduta i livelli di ansia e craving diminui-scano e tendano a sovrapporsi. Questo andamentosarebbe un ulteriore conferma della applicabilità della

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trato.Successivamente sono programmate altre due visiteutili per fornire informazioni sui rischi per la saluteprovocati dal fumo, sull’uso corretto dei farmaci e suiloro effetti attesi; motivare la persona, anche persuperare i momenti di craving; consigliare strategiealternative al fumare. Riducendo l’intensità dei sinto-mi di astinenza e/o del desiderio si aiuta la persona,alleviata dai disturbi fisici, a concentrarsi e a lavoraremaggiormente sugli aspetti psicologici e comporta-mentali del fumo. • Il trattamento psicologico è attuato ad opera dellopsicologo-psicoterapeuta e prevede una terapia brevedi gruppo (min 4, max 12 partecipanti) con l’obiettivodi promuovere il sostegno reciproco fra i membri efavorire il mantenimento della dismissione dal fumodi tabacco nel tempo. È previsto un ciclo di 10 incon-tri di terapia di gruppo basato su metodi e strategiepsico-comportamentali. Successivamente viene con-sigliata la partecipazione per un tempo indetermina-to a Gruppi liberi per ex-fumatori che si riunisconocon cadenza trimestrale; Tale trattamento contempla una dismissione gradua-le dal numero di sigarette fumate con una data limi-te per la cessazione e prevede l’utilizzo di schede pra-tiche (per es. “diario del fumatore”) e di materialeinformativo cartaceo.

FOLLOW UP: Dalla data di attivazione del progetto sono state regi-strate n. 191 prenotazioni presso il CUP (Centro UnicoPrenotazione) del Distretto Sanitario di Pesaro edeffettuati n. 142 colloqui di accoglienza.Successivamente 65 persone (45,7%) hanno deciso diintraprendere il precorso di psicoterapia di gruppo.Nel periodo di riferimento sono stati attivati n. 10gruppi terapeutici. Il gruppo più numeroso ha visto lapartecipazione di 11 persone. Numericamente inin-fluenti gli abbandoni registrati durante il ciclo dei 10incontri previsti per ogni gruppo. Dall’analisi dei risultati, (follow up a distanza di 1mese dalla chiusura del ciclo di incontri), lapercentuale di remissione totale dall’uso di sigaretteregistrata è pari al 60%.

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L’INTERVENTO MINDFULNESS IN UN GRUPPO DI TOSSICODIPENDENTIUNO STUDIO PILOTA SU ANSIA E CRAVING

Dodero F.*, Novelli D.**, Di Pietrantonj C.***, Duchi E.*****psicologa Ser.T ASLAL e-mail: [email protected]@libero.it** assistente sanitaria Ser.T ASLAL*** statistico Servizio Sovrazonale di Epidemiologia -SSEpi ASL AL**** psicologa, spec. scuola di.psic. cognitivista sedeTorino e-mail: [email protected]

Partendo dalle ricerche e dalle evidenze scientificheottenute da Kabat Zinn e collaboratori presso la clini-ca per la riduzione dello stress dell’Università delMassachusetts è stato progettato un gruppo teorico epratico, presso il Dipartimento Patologie delle Dipen-denze dell’ASLAL di Alessandria, sulla gestione dellostress e dell’ansia e la prevenzione delle ricadute, chetenesse anche in considerazione aspetti legati allaterapia cognitivista, adattandolo secondo i suoi crite-ri, alla prevenzione delle ricadute alla depressione1.In questo approccio teorico la Mindfulness sta adindicare un addestramento alla presenza mentale cheattraverso l’acquietamento della mente e un livellopiù profondo di consapevolezza agisce sul piano fisi-co, energetico, mentale e spirituale contribuendo allaguarigione ed al benessere. L’obiettivo è quello di aiutare i pazienti ad avvalersi diskills adattative per affrontare l’ansia e lo stress eandare ad incidere così anche sul craving. Questosignificava fornire degli strumenti in modo che la per-sona, non solo non si lasciasse sopraffare dall’ansia,ma riconoscesse tempestivamente i segnali che ilcorpo invia per informare di un “pericolo percepito”,per accettarli e accoglierli senza permettere loro dialterare in modo indifferenziato e confusivo la capa-cità di “essere nel mondo” e far partire una catena dicomportamenti volti alla ricerca della sostanza. L’intervento da noi attuato prevedeva la partecipazio-ne delle persone ad un gruppo della durata di 9 incon-tro dove venivano insegnato e praticato un training diMindfulness così come viene proposto nel protocolloelaborato2.Durante questo periodo, attraverso l’apprendimento(teorico e pratico) e la sperimentazione (in loco e acasa) delle tecniche proposte, le persone sono state ingrado di sviluppare capacità di controllo e consapevo-lezza critica nei confronti dei sintomi predittori distress, ansia e craving da sostanze, in modo daapprofondire una migliore cura di sé, vivere una vitapiù sana ed adattiva, riconoscere i sintomi che potreb-bero essere causa di “agiti” e possedere gli strumentiper richiedere aiuto.

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Figura 1 Figura 2 – L’etichetta sui punti indica la seduta

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PROGETTO NAUTILUS: APPLICAZIONE DELLA PEER EDUCATION E DELLE LIFE SKILLSNELLA PREVENZIONE PRIMARIADELLE DIPENDENZE

Esposito G., Gallo M., Abbruzzese M. R., Cassese F.UOC Ser.T Pomigliano d’Arco - DS 51 ASL Napoli 3 SUD

IntroduzioneNegli ultimi anni stiamo assistendo ad una crescentediffusione del consumo di sostanze stupefacenti tra lapopolazione giovanile, diffusione favorita sia daidiversi tipi di sostanze disponibili che dalle mutatemodalità di consumo. A partire dagli anni ‘90, infatti,hanno trovato ampia diffusione le droghe di sintesi, ilcui uso è compatibile con uno stile di vita “normale”.Allo scopo di favorire una modifica dello stile di vitadegli adolescenti, attraverso interventi informativi ededucativi, e di rafforzare le loro risorse e le capacità difar fronte alle difficoltà e ai cambiamenti che si veri-ficano durante la fanciullezza e l’adolescenza è statosviluppato il progetto “Nautilus Scuole”, promossodall’UOC Ser.T di Pomigliano d’Arco (NA). Tale proget-to educativo è rivolto all’universo giovanile, e in parti-colare agli alunni delle scuole medie superiori e infe-riori del territorio di appartenenza del Ser.T. Il proget-to, dunque, ha come obiettivo l’attivazione di percorsiinnovativi per la prevenzione delle dipendenze patolo-giche trattando tematiche quali alcool, droghe,doping, videodipendenze, disturbi del comportamentoalimentare, gioco d’azzardo, tabagismo. Scopo del presente lavoro è quello di valutare il livel-lo di penetrazione della metodologia utilizzata e illivello di adesione al Progetto presso le scuole mediesuperiori coinvolte nello stesso.

MetodiSono state analizzate le attività progettuali svolte nelsecondo, terzo e quarto anno delle scuole medie supe-riori durante gli anni scolastici 2007-2008, 2008-2009, 2009-2010, anni in cui le life skills sono statepotenziate.Il progetto è basato sulla Peer Education, una meto-dologia che prevede il coinvolgimento attivo degli stu-denti. Questi vengono addestrati a collaborare allapropria formazione attraverso un modello capace disviluppare il proprio senso di efficacia personale e col-lettiva, di potenziare le capacità di resistenza (resi-lienza) alle pressioni del gruppo dei pari, di sviluppareil pensiero critico e divergente e, successivamente, ditrasmettere tutto ciò ai propri coetanei. Tale approc-cio consente di potenziare le capacità dell’individuo diadattarsi alla realtà sociale attraverso le life skills. Ilprogetto è strutturato in cinque fasi: 1) la prima faseconsiste nell’individuazione dei peer educator attra-verso l’utilizzo di test sociometrici; 2) la successiva

fase prevede la formazione dei peer educator median-te lezioni frontali con diverse figure professionali; 3)nella terza fase si attua un rinforzo delle life skills; 4)nella quarta fase i peer educator vengono suddivisi ingruppi e sollecitati a creare un prodotto finale (corto-metraggi, cartelloni, power-point, rappresentazioneteatrale, opuscoli, etc.), su una dipendenza patologica;5) infine, nell’ultima fase i prodotti finali vengono pre-sentati in occasione di un evento finale alla presenzadi insegnanti, alunni, istituzioni ed esperti sulle dipen-denze. Il progetto ha come durata l’intero anno scola-stico con incontri quindicinali della durata di tre-quattro ore sulla base di un calendario concordato conil docente referente. Le attività progettuali prevedonoil coinvolgimento dei docenti referenti delle scuole,degli operatori del Ser.T, delle forze dell’ordine (carabi-nieri, polizia, polizia locale), di associazioni sportive edi volontariato, di cooperative sociali, dell’associazio-ne italiana arbitri, dell’associazione alcolisti anonimi.Indicatori di risultato nel presente lavoro sono stati: lafrequenza dei peer educator alle attività descritte, laproduzione di materiale divulgativo elaborato dalgruppo di peer educator, il grado di interesse suscita-to misurabile dalla richiesta di trattare ulteriori e spe-cifici argomenti del mondo giovanile, la partecipazio-ne all’evento finale.Durante l’attività del progetto “Nautilus Scuole” èstato somministrato un questionario conoscitivo sulledipendenze patologiche ai peer educator.

Risultati Negli anni scolastici di riferimento, le scuole mediesuperiori coinvolte nel progetto sono state in totalecinque. La partecipazione dei peer educator alle atti-vità progettuali è stata pari al 96%. L’elevata parteci-pazione è da ascrivere, presumibilmente, all’interesseper il tipo di attività proposte; i casi di assenze, infat-ti, erano dovuti a motivi di salute o studio. Comemostrato nella figura 1, nell’anno scolastico 2007-2008, sono stati selezionati 362 peer educator (M 171,F 191), nell’anno scolastico 2008-2009 i peer educa-tor individuati sono stati 333 (M 167, F 166) , infinenell’anno scolastico 2009-2010 sono stati selezionati303 peer educator (M 150, F 153). Negli anni di riferi-mento i prodotti realizzati aventi come tema le dipen-denze patologiche sono stati in totale 60; di questi 5cartelloni informativi sulle dipendenze, 14 lavori rea-lizzati su power-point, 33 video-spot, 8 cortometrag-gi. I suddetti lavori sono stati successivamente pubbli-cati sul sito web dell’UOC SerT di Pomigliano d’Arcodenominato www.progettonautilus.org.Dal questionario conoscitivo è emerso che i giovanihanno una visione chiara del mondo delle dipendenzepatologiche e dei rischi ad esse connessi. L’82% deipeer educator riconosce che vi è una notevole diffu-sione del consumo di alcool tra i propri coetanei (fig.2)e il 66,9% afferma che questo avviene prevalente-mente nelle discoteche (fig. 3).

ConclusioniIl progetto “Nautilus Scuole”, attualmente propostoannualmente, rappresenta un valido strumento di for-mazione per la prevenzione e per la diffusione delle

informazioni riguardanti le dipendenze patologichenell’universo giovanile. La peer education ha dimo-strato di essere un efficace mezzo per favorire la ridu-zione dei comportamenti a rischio tra le giovani gene-razioni, in quanto il metodo dell’educazione tra paririsulta più utile rispetto alle norme “calate” dall’alto.

Figura 1 – Distribuzione per sesso dei peer educatorindividuati

Figura 2 – Diffusione del “fenomeno” alcool tra i coe-tanei

Figura 3 – Luoghi interessati al consumo di alcool

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Mindfulness come tecnica di riduzione dell’ansia ecraving nella popolazione di tossicodipendenti.Inoltre troverebbe una prima e parziale conferma lanostra ipotesi di una correlazione tra ansia e craving edi una possibile confusione, anche a livello cognitivodelle due. Come si vede nelle ultime due sedute, difronte alla chiusura del gruppo e a un comprensibileaumento del livello di ansia, il paziente con un pre-gresso utilizzo di sostanze risponde agli stimoli, anchesomatici legati all’evento ansia, con un riconoscersi unlivello maggiore di craving piuttosto che di ansia.

ConclusioniLa possibilità di utilizzare in un Ser.T il protocolloMindfulness nella prevenzione delle ricadute ha datoottimi risultati sia sul piano quantitativo (nelle 8 set-timane successive al trattamento non ci sono statericadute) sia su quello qualitativo espresso attraversoun aumento e un miglioramento delle relazioni perso-nali e interpersonali. Questi risultati, del tutto preliminari, ci suggerisconoperò una possibile linea di evidenza scientifica sullaquale lavorare in modo da strutturare un protocollo diricerca a più ampio respiro e a maggiore rappresen-tanza. Tuttavia i risultati di questo “studio pilota” ci hannofornito utili indicazioni per una definizione più accu-rata di un protocollo di ricerca per valutare l’effettivaesistenza di una correlazione tra craving e ansia eapplicare una tecnica come la mindfulness cheandrebbe a incidere proprio sul riconoscimento cogni-tivo e somatico di entrambi gli aspetti e proporrebbestrumenti di empowerment individuale volti ad unamaggiore consapevolezza del proprio essere e del pro-prio agire nel mondo.

1 Protocollo MBCT, mindfulness based cognitive terapy .Segal etal., Mindfulness, Bollati Boringhieri 2002

2 Mindfulness, al di là del pensiero, attraverso il pensiero Segal,Williams e Teasdale Bollati Boringhieri 2006

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informa IV CONGRESSO NAZIONALE CONSUMI E DIPENDENZE

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DALL’OBBLIGO TERAPEUTICO ALLA RELAZIONE D’AIUTO: L’ESPERIENZA DEL SER.T DI TRENTOCON I SEGNALATI EX ART. 75

Barbara F., Moratelli L., Lunz M.L., Raito S., Sperandio P., Gadotti N., Marcolini D., Casagranda M.Ser.T di Trento - A.P.S.S. - P.A.T.

PREMESSA Dalla fine degli anni ‘90, in Provincia di Trento, è atti-va una collaborazione tra Ser.T e Commissariato delGoverno (Prefettura) per l’espletamento delle proce-dure previste dal D.P.R. 309/90 e successive modifi-che, in riferimento all’art. 75.Il “Gruppo Nucleo Operativo Tossicodipendenze”(“Gruppo N.O.T.”) opera presso gli uffici del ServizioTossicodipendenze dell’ Azienda Provinciale per iServizi Sanitari della Provincia Autonoma di Trento elavora in sinergia con l’Ufficio N.O.T. del Commis-sariato del Governo di Trento. E’ coordinato da uno psicologo e costituito da assi-stenti sociali ed amministrativi. E’ nato in seguito all’emanazione del D.P.R.309/90 conla convinzione che ci fosse la necessità di un inter-vento coordinato ed armonico delle diverse forzechiamate ad operare nel campo. Da questa proficua collaborazione è nata poi l’esigen-za di sottoscrivere un protocollo d’intesa per megliodefinire i rispettivi ambiti d’intervento. Infatti, per quanto riguarda la realtà locale, a Trento,nel 1997, a seguito di numerosi incontri tra dettoUfficio dislocato presso il Commissariato del Governoper la Provincia di Trento e il locale Ser.T., è stato ela-borato un protocollo d’intesa con l’obiettivo di con-cordare le modalità operative attraverso le quali rea-lizzare gli adempimenti che la normativa prevedeva. Nel corso degli anni tale strumento è stato più volterivisto e aggiornato sia in base alle modifiche legisla-tive che alle varie esigenze, fino all’attuale Protocollo. Il gruppo di lavoro “N.O.T.” si è sempre organizzato inconseguenza alle disposizioni di Legge e l’operativitàè stata indirizzata affinché la Legge ed il principio diautodeterminazione del soggetto venissero entrambiinteramente rispettati. Con l’art. 75 del D.P.R. 309/90 e succ. mod. il legisla-tore intendeva disciplinare la detenzione di sostanzestupefacenti per uso personale cercando di conciliareuna duplice necessità: da una parte l’esigenza di con-trollo di un comportamento illecito e socialmente nonaccettato, dall’altro l’esigenza di aiuto e di prevenzio-ne nei confronti del consumatore.In tale contesto normativo, l’operatore del ServizioTossicodipendenze che incontra le persone segnalateai sensi dell’art.75 viene quindi potenzialmente rive-stito di un duplice ruolo: quello del controllo e quello

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PREVENZIONE DELLE DIPENDENZEPATOLOGICHE: ATTIVITÀ DELL’UNITÀ MOBILE DI CONTATTO DELL’ASL NA3 SUD

Esposito G., Gallo M., Galdi M., Cassese F.UOC Ser.T Pomigliano d’Arco - DS 51 ASL Napoli 3 SUD

IntroduzioneLa prevenzione nel campo delle dipendenze patologi-che rappresenta uno dei pilastri dell’intervento pubbli-co insieme al trattamento farmacologico, alla riduzio-ne del danno e al reinserimento sociale. Allo scopo diattuare una capillare attività di prevenzione, l’ASL NA3 SUD ha attivato l’Unità Mobile (U.M.) di contatto/Camper per la prevenzione delle dipendenze patologi-che. Quest’ultima è una struttura flessibile, polivalen-te, multidisciplinare la cui attività è rivolta a soggetticonsumatori di sostanze o esposti a rischio.Scopo del presente lavoro è quello di valutare l’attivitàdell’U.M di contatto/Camper attraverso le i contatti, ilnumero e il tipo di interventi attuati.

MetodiSono state analizzate le uscite dell’U.M. di contat-to/Camper dell’Asl Na3 Sud nel periodo luglio 2008 -agosto 2010 allo scopo di valutarne le attività attra-verso i contatti, le consulenze e il numero e tipo diinterventi richiesti. Le attività svolte comprendono: 1)prevenzione primaria dei comportamenti a rischionella popolazione giovanile; 2) prevenzione seconda-ria nell’ambito dei comportamenti problematici perl’abuso di sostanze all’interno di gruppi giovanili; 3)diffusioni di informazioni riguardanti le sostanze e irischi connessi all’uso/abuso; 4) monitoraggio delleattività per le dipendenze patologiche presenti sul ter-ritorio dell’Azienda; 5) prevenzione terziaria, intesacome riduzione del danno da uso di sostanze stupefa-centi e contenimento della diffusione di malattie atrasmissione ematica e sessuale; 6) informazioni,orientamento e counseling. Tali attività sono svolte daun’equipe multidisciplinare, costituita sia da figureprofessionali operanti nelle UU.OO. per le dipendenzedell’Azienda (medici, psicologi, sociologi, infermieri,assistenti sociali, educatori professionali) sia da ope-ratori degli altri soggetti coinvolti nella rete territoria-le (privato sociale, associazioni, ambiti territoriali,etc.). I luoghi di attività sono rappresentati prevalen-temente dai contesti di aggregazione strategici epotenzialmente esposti al consumo-abuso di sostanze(scuole, piazze, stazioni, parrocchie, parchi pubblici,pub, wine-bar, discoteche, rave party) con elevata pre-senza di soggetti a rischio di dipendenze patologichee/o consumatori saltuari. Durante le uscite dell’U.M. dicontatto/Camper è stata effettuata una indagineconoscitiva, mediante la somministrazione di un que-stionario ai giovani di età compresa tra 15-25 anni,

allo scopo di sondare il grado di conoscenza sui temidelle dipendenze patologiche: tossicodipendenza,alcool-dipendenza, tabagismo, doping, net-dipenden-za, disturbi del comportamento alimentare. La sceltametodologica di selezionare il campione di ricercaall’interno di spazi aperti di aggregazione muove pro-prio dall’esigenza di avvicinarsi ai contesti della nor-malità e del gruppo, dove si ipotizza possano risiederele culture, gli atteggiamenti e le manifestazioni piùvive, e spontanee.

RisultatiNel periodo considerato sono state effettuate in tota-le 177 uscite, per 861 ore complessive di attività, con8000 contatti, inoltre, sono stati somministrati 1500questionari (Tabella 1). L’analisi preliminare di 500questionari ha mostrato una maggioranza di contattidi giovani di sesso maschile (53%). Il campione ana-lizzato afferma di impiegare il tempo libero prevalen-temente con gli amici, mentre il 16% afferma di uti-lizzare internet nel tempo libero. L’85,1% del campio-ne ritiene che la “droga” sia una sostanza che provo-ca danni sia fisici che psichici (Figura 1); il 47,4% rico-nosce che la dipendenza è una malattia (Figura 2). Il72,6% non ha mai assunto droghe, il 13,7% ha assun-to hashish e/o marijuana, il 13,1% superalcoolici(Figura 3). La concezione del soggetto tossicodipen-dente, delineatasi dai questionari finora analizzati, èquella di un soggetto debole che fa uso di droga percarenze affettive e sociali. Un elemento importanteevidenziato dalla ricerca è il riconoscimento delladipendenza da nicotina. Il fenomeno della dilagantediffusione di abuso di alcool nelle giovani generazioniè riconosciuto nell’85% dei casi e il 68% individuanelle discoteche i luoghi di maggiore diffusione. Lamaggioranza dei giovani considera il doping comemezzo per aumentare le prestazioni fisiche. Per quan-to riguarda il comportamento alimentare: il 40,6%mangia solo ai pasti principali; il 72% considera l’obe-sità una malattia; il 91,4% riconosce che i soggettiaffetti da anoressia e/o bulimia percepiscono in modoalterato il peso e la forma del proprio corpo. Il 55,4%ritiene che sia necessario rivolgersi ad un esperto nelcaso di problemi di dipendenza.

ConclusioniL’attività svolta attesta l’importanza dell’U.M. di con-tatto/Camper nel favorire l’aggancio non solo di colo-ro che vivono situazioni di particolare marginalità edesclusione ma anche dei consumatori ricreativi pro-blematici, dei giovani a rischio e dell’intero universogiovanile e non. Infatti, il numero elevato di contatti el’interesse mostrato per l’attività dell’equipe dell’U.M.di contatto/Camper mettono in evidenza il ruolosostanziale dell’attività di prevenzione nel far emerge-re realtà che spesso restano sommerse, nello stabilirecontatti, nel fare prevenzione ed assistenza e neldivulgare la conoscenza di tale fenomeno sociale e deinuovi stili di consumo.

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informa IV CONGRESSO NAZIONALE CONSUMI E DIPENDENZE

34 35Tabella 1 – Attività dell’U.M. di contatto/Camper neglianni 2008-2010

Figura 1 – Significato di ‘droga’ tra i contatti

Figura 2 – Percezione della dipendenza patologica trai contatti

Figura 3 – Consumo di sostanze tra i contatti

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ESPERIENZA DI TRATTAMENTOINTEGRATO CON AGOPUNTURAMETODO ACUDETOX NELL’U.O.SER.TDS 31 ASL NA 1 CENTRO

Focaccio F.**, Longobardo A.**, Plenzik M.*******,Capraio C.**, Curcio F.****, D’Ascoli G.******, Giani E.****, Lo sasso C.***, Masucci S.*******, Parente M.***, Petti M.*****, Veneruso C.*******,Villano G.*******, De Rosa G.** Responsabile Medico Ser.T DS 31 ASL NA 1 Centro** Dirigente psicologo Ser.T DS 31 ASLNA1 Centro*** Dirigente Medico Ser.T DS 31 ASLNA1 Centro **** Medico specialista ambulatoriale Ser.T DS 31 ASLNA 1 Centro***** Dirigente sociologo Ser.T DS 31 ASLNA1 Centro****** Assistente Sociale Ser.T DS 31 ASLNA1 Centro******* Infermiere professionale Ser.T DS 31 ASL NA 1Centro

IntroduzioneNel marzo 2008 è nata l’esigenza di offrire un nuovoapproccio terapeutico agli utenti del nostro servizio;ciò è scaturito sia dalla richiesta di alcuni di loro diavere un supporto alternativo al farmaco nel divezza-mento dalle sostanze, sia dal crescente numero di inviiagli psicologi di soggetti cocainomani.L’agopuntura è una forma di antica cura che aiuta ariequilibrare le energie del corpo e riporta alla norma-lità il funzionamento degli organi interni. La disintos-sicazione mediante agopuntura può essere rivolta atutti i pazienti che richiedono un trattamento per tos-sicodipendenza. Il metodo Acudetox, è una terapianon farmacologica efficace nel trattamento dei sinto-mi della sindrome di astinenza da droghe e da alcool,in fase acuta, post acuta e nelle ricadute.La tecnica si è sviluppata in America intorno agli anni‘70, ed è stata applicata con successo nel trattamen-to di recupero alternativo al carcere per reati connes-si alla droga e nel trattamento delle dipendenze daoppiacei. La World Health Organization, nel 1995 hapubblicato le linee guida per lo studio e la ricerca del-l’efficacia dell’agopuntura auricolare nel trattamentodella dipendenza da sostanze; l’anno successivo nel-l’elenco delle patologie trattabili con l’agopuntura so-no state inserite anche le dipendenze da sostanze. Nell’ottica dei trattamenti globali rivolti ai pazienti,questa tecnica, poiché si occupa del corpo e della suasalute, bene si integra con il trattamento farmacologi-co e i programmi di sostegno individuale e di gruppo.

MetodoACUDETOX è un protocollo di agopuntura auricolaresu 5 punti per il trattamento delle dipendenze cheprevede sedute collettive quotidiane della durata di 45minuti circa; tali sedute aiutano a tollerare la sinto-matologia da astinenza e migliorano il tono dell’umo-re della persona. Il trattamento comprende tre fasi che

durano idealmente (a seconda dellacronicità e della risposta del pazien-te) fino a 5 settimane. FASE 1: trat-tamento quotidiano per 2 settimane.Questa fase tratta i sintomi acuti diastinenza e dà al paziente una sen-sazione di benessere e di autocon-trollo. FASE 2: trattamento 3 volte a setti-mana per 2 settimane. Questa fasetratta i sintomi di natura psico-fisi-ca, ansietà, insonnia e desiderio disostanze d’abuso. Il paziente è libero di avere il tratta-mento senza indugio ogni volta che lo desidera. FASE 3: trattamento 2 volte a settimana per 1 setti-mana. Questa fase fa continuare la sensazione dibenessere e controllo mentre tratta i sintomi astinen-ziali che periodicamente affiorano, in modo da evita-re le ricadute. Tale fase può continuare finché ilpaziente lo desidera.La nostra esperienza d’equipe ha visto come primopassaggio la formazione degli operatori del servizio:un medico, due psicologi ed un infermiere; si è chie-sto agli altri operatori di collaborare per l’invio dipazienti interessati a questo trattamento. La pubbli-cità di volantini all’interno del servizio e il passaparo-la tra gli utenti hanno rappresentato la modalità diinformazione principale. I soggetti che hanno chiestodi aderire al programma sono stati sottoposti a collo-qui e ai test di valutazione motivazionale.In marzo 2008 abbiamo dato via ai trattamenti, orga-nizzando i tempi e gli spazi dedicati a questa attività,stabilendo una fascia oraria di circa un’ora e mezzo, incui si raccoglievano interviste quotidiane sull’anda-mento personale della terapia, poi si praticava l’ago-puntura con sottofondo di brani musicali che favori-vano il rilassamento; alla fine della seduta di agopun-tura, un giorno settimanale era dedicato al Gruppo disostegno psicologico (tenuto da 2 psicologi con l’ausi-lio di un assistente sociale) ed un altro ai colloqui psi-cologici individuali. La terapia auricolare è individua-lizzata, quindi la frequenza del trattamento era varia-bile dalle 3 alle 5 volte/settimana; i pazienti eseguiva-no esami tossicologici bisettimanali per la ricerca deicataboliti urinari delle sostanze stupefacenti. Il grup-po che via via si formava non era omogeneo o fisso,ma permetteva a persone nuove di entrare in terapiain qualsiasi momento e stadio. Alla fine di ogni fineseduta i dati venivano computerizzati. Tale metodo ciha permesso di monitorare i risultati quotidianamen-te e ci ha consentito, inoltre, una prima valutazionedei risultati su 58 pazienti trattati in un anno e mezzodi programma. Criteri di inclusione. Sono stati trattati soggetti appar-tenenti a differenti categorie di dipendenza: eroino-mani in trattamento metadonico, cocainomani, alco-listi, poliabusatori, tabagisti puri, un giocatore com-pulsivo ed un portatore di Disturbi delComportamento Alimentare (DCA). Su un totale di 58 soggetti, il 43% (25 assistiti), hannocompletato tutte le fasi del trattamento; di questogruppo 20 (34%) soggetti hanno avuto un esito posi-tivo con esami tossicologici negativi per i metaboliti

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dell’aiuto. Parliamo di “potenzialità” in quanto le domande chegli utenti rivolgono ai servizi sociali possono esseretalvolta dettate da ragioni costrittive perlopiù esterneal soggetto stesso (per ottenere “in cambio” la revocadelle sanzioni). Queste persone, spesso, all’inizio del procedimentomostrano palesi difficoltà o scarso interesse versoun’autonoma assunzione della domanda d’aiuto. Da questo deriva la considerazione che spesso, nei casiin cui è assente una reale domanda di aiuto, si deveaccettare di svolgere esclusivamente il ruolo del buro-crate, adibito al controllo e al rispetto della normativa. Come è possibile esercitare il proprio ruolo di terapeu-ta e quindi svolgere la funzione di aiuto in un conte-sto dove è carente o assente una soggettiva rappre-sentazione di problematicità, ma dove non si escludecomunque la presenza di situazioni in cui l’uso disostanze stupefacenti sottende una sofferenza perso-nale? E’ possibile e come costruire assieme a questotipo d’interlocutore uno spazio relazionale che possafavorire dei movimenti evolutivi? Questa è la doman-da che ci accompagna, insieme alla continua riflessio-ne rispetto alle attività.

MATERIALI E METODIPUNTI SALIENTI DEL PROTOCOLLO “GRUPPO N.O.T.”1-Cornice normativa di riferimento2-Criteri di priorità per la convocazione al colloquio

N.O.T. presso il Commissariato del Governo3-Svolgimento del colloquio e comunicazioni succes-sive al Ser.T.4-Nucleo Operativo Ser.T. 5-Contenuti e durata del programma terapeutico6-Gruppo di lavoro N.O.T.: incontri e confronti

RISULTATI - Fattiva collaborazione tra Ser.T. e Commissariato delGoverno.- Attenzione alla cura in contesti di “controllo”.- Monitoraggio in tempo “reale” sul fenomeno delconsumo di sostanze stupefacenti.- Protocollo scritto per la rivisitazione e rivalutazionedel lavoro con l’ausilio di linee guida codificate e vali-de per tutti gli operatori delle tre sedi Ser.T. in Trentino.- Riflessioni congiunte e sperimentazione di nuovimodelli di trattamento.

DISCUSSIONELa buona prassi sulla consolidata collaborazione traSer.T. e Commissariato del Governo permette un con-fronto costante nell’ottica dell’aiuto e della prevenzio-ne secondaria nel rispetto del contesto normativo.Consente inoltre un costante monitoraggio delTerritorio sull’uso - uso problematico - dipendenza dasostanze stupefacenti da parte della popolazione chenon necessariamente afferirebbe al Ser.T.

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EVOLUZIONE DEGLI STILI DI CONSUMO E DEI COMPORTAMENTIADDITIVI NEL TERRITORIO DI COMPETENZA DELL’UOC SER.T DI POMIGLIANO D’ARCO (NA)

Gallo M., Esposito G., Maritato A, Cassese F.UOC SerT Pomigliano d’Arco - DS 51 ASL Napoli 3 SUD

IntroduzioneL’ambito territoriale del Servizio per le Tossicodipen-denze (Ser.T) di Pomigliano d’Arco (NA) comprende 4comuni: Pomigliano d’Arco, Mariglianella, Brusciano,Castello di Cisterna, con una popolazione residente dicirca 85.000 abitanti. L’UOC Ser.T è strutturata inun’unica sede operativa che, a partire dalla sua atti-vazione ad oggi, fornisce assistenza a circa 900 uten-ti con diverse problematiche: eroina, cocaina, alcool,tabagismo, disturbi del comportamento alimentare,gioco d’azzardo patologico, etc. L’attività clinica prin-cipale dell’UOC Ser.T riguarda la diagnosi ed il tratta-mento delle dipendenze patologiche con interventi siadi tipo farmacologico che psico-socio-educativi.Un’importante attività, inoltre, viene svolta nel campodella prevenzione delle dipendenze patologiche neiluoghi di aggregazione sia istituzionali (scuola, fabbri-che, parrocchie) che ricreativi (bar, discoteche). Le evi-denze scientifiche nazionali ed internazionali riporta-no una modifica degli stili di consumo nella popola-zione afferente ai Ser.T. Allo scopo di verificare leeventuali modifiche degli stili di consumo anche nel-l’utenza iscritta presso il Ser.T di Pomigliano d’Arco(NA), abbiamo confrontato i dati dei nuovi iscritti nelperiodo 2008-2010 vs 2002-2007. In particolareabbiamo focalizzato l’attenzione su: sesso, numero etipo di dipendenza patologica, stili di consumo.

MetodiSono state analizzate le cartelle cliniche dei nuoviutenti iscritti al nel periodo 2008-2010 vs 2002-2007presso il Ser.T di Pomigliano d’Arco (NA).

RisultatiNel periodo gennaio 2008 - agosto 2010, i nuoviiscritti sono stati in totale 497. Il 77,5% degli utentiera di sesso maschile (fig. 1). Nella maggior parte deicasi (77%) la richiesta era relativa ad un solo tipo didipendenza patologica, nel 20,1% la richiesta hariguardato due dipendenze patologiche. Negli anni2008 e 2009, la fascia di età maggiormente rappre-sentata era quella compresa tra 28-37 anni, nell’anno2010 era quella 38-47 anni. Per quanto riguarda gliutenti con una sola dipendenza patologica, nel 30%dei casi era rappresentata da eroina, nel 26,8% danicotina, nel 12,6% da cocaina, infine, nell’11,8% daalcool. Il 5% delle richieste era relativo ai disturbi delcomportamento alimentare (DCA), il 2,6% al gioco

d’azzardo patologico (GAP) (fig. 2). L’associazione piùfrequente tra le sostanze è quella eroina/cocaina(65%) seguita da eroina/cannabis (12%). Negli anni2002-2007, i nuovi iscritti sono stati 963 con una pre-valenza di sesso maschile ma con un significativoaumento degli iscritti di sesso femminile (fig. 1). Ledipendenze più frequenti erano eroina (25%), nicotina(11,3%), alcool (7,6%), cocaina (5%) (fig. 2). Le asso-ciazioni più frequenti erano eroina/nicotina (13,5%)ed eroina/cocaina (11,2%). Le richieste riguardanti idisturbi del comportamento alimentare sono state il2,8% mentre quelle relative al gioco d’azzardo pato-logico lo 0,2% (fig. 2). Il confronto tra la distribuzionepercentuale delle dipendenze patologiche per sessonegli anni 2002-2007 vs 2008-2010 ha messo in evi-denza un aumento delle richieste di assistenza perdipendenza patologica da alcool, GAP e DCA; invece,nel sesso femminile si evidenzia una maggiore richie-sta per la dipendenza da nicotina e da sostanze stu-pefacenti (fig. 3).

Figura 1 – Distribuzione percentuale per sesso

Figura 2 – Distribuzione percentuale delle dipendenzepatologiche

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37delle sostanze di cui erano abusatori.RisultatiAl termine del trattamento con agopuntura, quegliutenti che hanno completato il programma (vedi fig.1) ed hanno continuato a frequentare i gruppi disostegno psicologico, hanno mantenuto lo stato ille-

gal drug free per 12 settimane. Il tipo di sostanza d’a-buso non ha influito sulla ritenzione in trattamento(vedi fig. 2 e fig.3).I 32/33 (97%) pazienti che hanno abbandonato il trat-tamento si trovavano in fase 1 (vedi fig.4).Conclusioni

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Questo ci porta a riflettere sulla possibilità di diversi-ficare e personalizzare gli interventi per poter incre-mentare l’offerta di programmi integrati a favore del-l’utenza. In particolare la comparsa di effetti psico-fisici che si verificano entro breve tempo dopo il posi-zionamento degli aghi ha causato una condizione dibenessere in correlazione con la riduzione dell’ansia;questo comporta una riduzione della richiesta di psi-cofarmaci, una maggiore richiesta di supporto psico-logico ed una riduzione dell’abuso di sostanze. Il trat-tamento appare particolarmente indicato per i sog-getti cocainomani (la maggioranza degli utenti tratta-ti) nei quali allevia il craving, lo stato d’ansia e di agi-tazione e facilita una maggiore adesione ai program-mi di divezzamento dall’uso di sostanze.Infine ACUDETOX utilizzando un approccio multidisci-plinare favorisce il rapporto sinergico tra gli operatoridei Ser.T. e tra assistiti e gli stessi operatori.

Bibliografia* Romoli M. “Agopuntura Auricolare” ed. UTET, TO 2003* Wen H.L. Acupunncture can help addicts. Drug and Society1973; * Guidelines for clinical research on acupuncture (ISBN 9290611146), WHO regional publications, Western Pacific Series n° 15,WHO Regional Office for the Western Pacific Manila, 1995.

Fig. 1

Fig. 3

Fig. 2

Fig. 4

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roina per via endovenosa 3,1%, cocaina 3,1%, le anfe-tamine 3,8% e altre sostanze 3,8%. Tra le sostanzed’abuso si osserva anche l’alcol in circa il 40% dei casi,dato probabilmente sottostimato in quanto spessosotto notificato e non in tutti i servizi sistematica-mente raccolto. L’intervento effettuato è stato nella maggior parte deicasi di tipo psicosociale 61,1%, di tipo farmacologiconel 3,7% e sia psico sociale che farmacologico nel35,2% dei casi. L’invio in Comunità Terapeutica è stato fatto per 8soggetti (14,8%).

DiscussioneLa presente indagine ci solleva alcune questioni, comel’appartenenza al genere femminile in quasi la metàdei casi, dato in controtendenza rispetto al totale deipazienti in carico, e la poli-assunzione. Altro aspettoriguarda l’invio delle famiglie che rappresentandoquello più frequente pone la necessità di predisporreinterventi specifici e mirati anche per i genitori. C’èl’aspettativa come professionisti della relazione d’aiu-to che un intervento precoce e tempestivo possa inter-rompere in questi giovanissimi utenti l’uso dellasostanza e bloccare una possibile evoluzione tossico-manica. C’è anche la necessità di dover pensare a dellescelte gestionali (tipo la scelta d’orario di accesso alservizio, il setting più adatto), proprio per dare a que-sti utenti uno spazio il più protetto possibile; ci si chie-de quali interventi garantiscano i migliori risultati.Proprio tali considerazioni hanno indotto il Dipar-timento delle Dipendenze di Verona ad attivare, unservizio specifico, denominato Centro Salute eBenessere ella Famiglia, che intende dare una rispostasia al problema del consumo da parte dei giovani,sem-pre più precoce, di sostanze legali ed illegali e delbisogno dei genitori di poter intervenire in temporispetto alle situazione a rischio di evoluzione versogravi dipendenze. Il servizio intende, quindi, fornire: 1)informazioni e consulenze sulle dipendenze; 2) atti-vità di diagnosi precoce attraverso la somministrazio-ne di drug test sia in forma sporadica sia come moni-toraggio; 3) supporto psicologico ed educativo allefigure genitoriali e/o educative in relazione al possibi-le uso di sostanze e al manifestarsi di comportamentidisfunzionali da parte dei figli; 4) prese in carico siaper interventi preventivi che mirati.Ci si propone, quindi, di monitorare se un tale servizioraggiunge l’obiettivo di intercettare precocemente edefficacemente le situazioni a rischio.

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Figura 3 – Distribuzione percentuale per sesso e tipo didipendenza patologica

ConclusioniSulla base dei risultati del presente lavoro, la dipen-denza da eroina si attesta ancora al primo posto tra lesostanze primarie di abuso e per cui viene richiestaassistenza. In accordo con quanto riportato nella rela-zione annuale del Dipartimento Antidroga (Anno2009), vi è un aumento della richiesta di trattamentoper dipendenza da cocaina (12,6% vs 5%). Inoltre, unmaggior numero di utenti ha fatto richiesta di assi-stenza disturbi del comportamento alimentare (5% vs2,8%), di dipendenza dal gioco d’azzardo (2,6% vs0,2%). Altro elemento rilevante è il numero consi-stente di utenti che nel corso degli ultimi anni hafatto richiesta di un intervento relativo alla dipenden-za da nicotina. Persiste, inoltre, la tendenza al poli-consumo, anche se da un confronto relativo anni2008-2010 vs 2002-2007 tale tendenza sembra inriduzione (23,6% vs 45,7%). Tale dato, in fase di valu-tazione, potrebbe da un lato indicare una modificadegli stili di consumo nella popolazione di riferimen-to dall’altro potrebbe derivare dalla raccolta dati sem-pre più attenta e sofisticata attuata negli ultimi anni(Sistema Informativo delle Dipendenze - SID, raccoltainformatizzata dei tossicologici urinari con sistema inrete aziendale).

ANALISI DEI SOGGETTI MINORENNICHE HANNO AVUTO ACCESSO ALDIPARTIMENTO DELLE DIPENDENZEDI VERONA NELL’ANNO 2009

Zermiani M.*, Gomma M.*, Faccio M.**, Madera P.***, Serpelloni G.***** Ser.D1, Dipartimento delle Dipendenze ULSS 20Verona ** Ser.D2, Dipartimento delle Dipendenze ULSS 20Verona*** Ser.D3, Dipartimento delle Dipendenze ULSS 20Verona**** Dipartimento Politiche Antidroga PresidenzaConsiglio dei Ministri

Background Anche se l’età media degli utenti in carico presso iservizi non ha subito grossi cali, negli ultimi due annisi è osservato un aumento degli accessi di soggettiminorenni. Ciò pone una serie di problemi sia per lapresa in carico, sia per la gestione, sia per gli invii inComunità Terapeutica. E’ importante conoscere afondo questa tipologia di utenti soggetti al fine dimettere a punto interventi specifici e mirati nonchéfornire interventi tempestivi. Il presente lavoro ha,come obiettivo principale, quello di esaminare i sog-getti minorenni che hanno avuto accesso ai servizidelle dipendenze.

MetodologiaSono stati analizzati i soggetti in carico nell’anno2009 nei tre Servizi per le Dipendenze della ULSS 20di Verona. Le variabili osservate sono: sesso, età,nuovo/già in carico, occupazione, fonte di invio, tipodi sostanza usata e, tipo di trattamento.

Risultati I soggetti minorenni in carico sono 54. Essi rappre-sentano il 2% del totale degli utenti in carico. Tra icomplessivi nuovi soggetti quelli in minore età sono il5,1%. Nel 2001 i soggetti minorenni erano 25 (0,9%),nel 2005 27 (1,1%).I quindicenni sono 14 (25,9%), i sedicenni 10 (18,5%)e i diciassettenni il 55,6% (30). Sono maschi nel 52%(28 soggetti). Complessivamente il 44,4% (24 sogget-ti) erano già in carico dall’anno precedente mentre 30sono nuovi utenti. La fonte di invio principale è rappresentata dallafamiglia (42,6%), l’accesso spontaneo si registra per16 utenti (29,6%), 10 (18,5%) indotti da segnalazioniper art. 75 e/o direttamente dalla magistratura e altri5 (9,3%) si sono presentati su invio da parte di altriservizi. Nessun invio dai medici di base. La tendenza rispetto alle sostanze è quella del polia-buso, la sostanza d’abuso per cui viene richiesto aiutoè la cannabis nel 46,2%, l’eroina inalata nel 40%, l’e-

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INDULTO: ALTRO GIRO, ALTRA CORSA(TOSSICODIPENDENTI DA EROINA E INDULTONEL CARCERE DI TARANTO- RICERCA CON-DOTTA TRA IL 01 GENNAIO 2005 E IL 30GIUGNO 2009)

Lacatena A.P.*, Buccolieri C.**, Simeone V.****Dirigente Sociologa presso Dipartimento DipendenzePatologiche ASL TA**Dirigente Medico presso Dipartimento DipendenzePatologiche ASL TA- Sezione Dipartimentale diTaranto***Direttore Dipartimento Dipendenze Patologiche ASLTA

mail: [email protected]

Il presente Abstract anticipa il libro “Dal tossicodipen-dente de jure alla persona de facto” di Anna PaolaLacatena- Edizioni Laterza Bari in stampa

Alla luce dell’esperimento naturale dell’indulto (Leggen.241/2006), il Dipartimento Dipendenze PatologicheASL TA, in collaborazione con la Casa Circondariale diTaranto, ha condotto una ricerca sui tossicodipenden-ti da eroina con trattamento sostitutivo transitati nelcarcere cittadino tra il 01 gennaio 2005 e il 30 giugno2009.Lo studi ha inteso, attraverso la metodologia quanti-tativa, fornire informazioni su di una coorte di 1087soggetti (tossicodipendenti da eroina con farmacosostitutivo) distribuita su 1531 passaggi. I passaggi complessivi (tossicodipendenti e non) nellastruttura detentiva in questione, contati tra il 01 gen-naio 2005 ed il 30 giugno 2009, sono stati 11.523.Alla luce di nuovi indirizzi suggeriti dalla ricerca cri-minologica in merito agli effetti riabilitativi dell’espe-rienza detentiva e dei dati relativi al sovraffollamentocarcerario dei paesi membri, il Comitato dei Ministridel Consiglio d’Europa ha adottato una raccomanda-zione reperibile consultando il sito internetwww.coe.int del Consiglio d’Europa: “Il ricorso alla privazione delle libertà dovrebbe essereconsiderato come estrema ratio (...).L’estensione degli stabilimenti detentivi dovrebbe esse-re una misura eccezionale, in quanto difficilmente essaoffre una soluzione a lungo termine al problema del-l’affollamento carcerario(...). Per contrastare alcunedelle conseguenze negative del sovraffollamento car-cerario, è necessario facilitare il più possibile i contattidei detenuti con le loro famiglie (...)”.Il Consiglio d’Europa, inoltre, ha promosso dei sugge-rimenti individuando specifiche misure alternative alladetenzione in carcere:

“Si consiglia di fare l’uso più ampio possibile di alterna-tive alla custodia cautelare, come l’obbligo di residen-za presso un luogo specifico in attesa di giudizio, ildivieto di lasciare od entrare in determinati luoghisenza autorizzazione, la previsione di meccanismi dicauzione o supervisione (...).E’ necessario fare uno sforzo per evitare il ricorso allesanzioni detentive di lunga durata, che addossano alsistema detentivo un notevole peso, e sostituirlo consanzioni comunitarie (...)”.Conseguenza immediata dell’indulto è stata che circail 37% dei detenuti ospiti delle strutture penitenziarieitaliane è stato scarcerato nei primi 60 giorni, permet-tendo un passaggio dai 60710 ospiti al 31 luglio 2006ai 38847 del 1° agosto 2006. Importante è sottolineare che il numero dei beneficia-ri della grazia collettiva sta diminuendo con il passaredel tempo così come la maggior parte degli individuirilasciati sono detenuti con una condanna definitiva(17298 al 25 ottobre 2006).Già nell’immediatezza dell’emanazione della Legge241 del 2006, pur sostenuta dalla maggioranza delParlamento italiano, si è assistito ad una sorta di dere-sponsabilizzazione-rinnegazione che ha coinvolto lagran parte del mondo politico e dei mass-medianazionali. A tal proposito va ricordato che l’indulto è stato vota-to dalla Camera dei Deputati con 460 “sì”, 94 “no” e18 astenuti e dal Senato con 245 “sì”, 56 “no” e 6astenuti. I partiti contrari sono stati Alleanza Nazio-nale, Italia dei Valori, lega Nord e Comunisti Italiani.A fronte di un insieme totale di passaggi pari a 11523,nel periodo preso in esame dalla ricerca, 1531 sono daascrivere alla popolazione tossicodipendente da eroi-na per un totale di 1087 persone di cui 1050 (96,60%)uomini e 37 (3,40%) donne. Considerata una media di presenze nel carcere diTaranto di circa 650 persone, i tossicodipendenti (dasostanze legali e illegali) dichiaratisi tali al momentodell’ingresso oscillano tra i 270 e i 310 facendo regi-strare una percentuale vicina al 44,5%, sicuramentesuperiore a quella riferibile al dato nazionale (25-30%circa). I tossicodipendenti da eroina in carcere con far-maco sostitutivo si attestano intorno al 13% con unapercentuale in crescita per l’anno 2008 (17,2%) e peri sei mesi del 2009 (24,4%).E’ opportuno ricordare che ben 296 persone (27,2%del campione) hanno fatto registrare più ingressi conun massimo di 6 nuovi riaccessi per un singolo indivi-duo.La durata media di permanenza in carcere è stata di150 giorni con una durata media di pena (data diingresso/data di fine pena prevista) pari a 185 giorni,uscendo in media 196 giorni prima del fine pena pre-visto. In sintesi 597 passaggi si chiudono prima dellascadenza fissata dal Giudice.Dall’analisi condotta appare abbastanza evidente chei reati più frequenti sono legati al profilo stesso deltossicodipendente con un netto 21% per ciò che con-cerne la voce “produzione e traffico illecito di sostan-ze stupefacenti” seguito dal “furto”, “evasione”, “rapi-na”, “violazione degli obblighi” che unitamente alprimo item fissano un netto pari al 56% di tutti i reati

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IL PROGETTO “SOCRATE”.UN’ESPERIENZA DI BUONA PRASSINELLA PREVENZIONE TERRITORIALEDELLE DIPENDENZE

Leonardis L. - Pastiglia F. - Pepe L.Struttura/Servizio: Cooperativa Sociale Onlus “LaMimosa” - Via C. Napolitani 6/10 90010 Lascari (PA)-Distretto Socio-Sanitario n°33, ASP 6 Palermo

Il problema del consumo occasionale e/o patologico disostanze psicoattive da tempo ha assunto dimensionicrescenti, entrando a far parte delle abitudini di per-sone, appartenenti a tutte le fasce di età e a tutte leclassi sociali. La diffusione del consumo di sostanze èfavorita dal prevalere di un atteggiamento culturaleche tende a sottostimare i pericoli legati all’abuso nonsolo di droghe, ma anche di alcol, tabacco e farmaci.La rapida evoluzione, che caratterizza il mercato e lepratiche di consumo, rende necessaria una riletturascientifica e socio-culturale del fenomeno. I risultatidegli studi evidence-based tracciano nuove linee diinterventi e di metodologie inerenti l’organizzazionedei servizi, la formazione degli operatori, la realizza-zione di nuove ed integrate politiche preventive e diinterventi di promozione della salute diretti alla popo-lazione generale e ai target a rischio (giovani e fascemarginali).In particolare, emerge la necessità di pro-grammare interventi che siano il risultato dell’integra-zione tra enti, istituzioni, agenzie; la creazione di retiterritoriali di servizi e il coinvolgimento a tutti i livellidelle comunità locali” che dovranno diventare promo-trici di salute. In questo contesto si inserisce il proget-to SSooccrraattee, che privilegia sperimentalmente una stra-tegia di prevenzione territoriale nel contrasto alle vec-chie e nuove dipendenze”. Il progetto è stato finanzia-to dal Piano di Zona distrettuale e realizzato proprionei nove comuni ricadenti nel distretto socio sanitarion.33 dell’ASP 6 e dalla Cooperativa Sociale Onlus “LaMimosa”, con sede a Lascari (PA), in collaborazionecon il Ser.T e con l’Unità Operativa di Educazione allasalute. Il progetto, realizzato nel periodo compreso trasettembre 2007 ed ottobre 2008, si è posto qualeagente di prevenzione primaria delle dipendenzepatologiche, puntando sulla costituzione di una rete“ecologica” di informazione volta al rafforzamento deifattori protettivi ed alla riduzione dei fattori dirischio(NIDA 2003). I Destinatari diretti dell’interventosono stati individuati in tutta la popolazione giovani-le(pre-adolescenti ed adolescenti)del territorio per iquali sono stati programmati interventi mirati e diffe-renziati per tipologia di età. Gli interventi miravano alrafforzamento degli elementi protettivi, attraversouna tempestiva ed accurata rilevazione dei fattori dirischio ed un adeguato supporto. attraverso l’attraver-so l’utilizzo di differenti metodologia (life skills, peer-education, laboratori, cooperative learnig, seminari

informativi). Gli interventi sono stati realizzati nellescuole primarie secondarie di primo e secondo grado,nei luoghi di ritrovo (giardini, centri di aggregazionesociale...) e su tutti i contesti del territorio ed incen-trati sulla trasmissione di informazioni e soprattuttosulla promozione di abilità personali, sulla valorizza-zione della struttura protettiva della famiglia. Il pro-gramma attuato ha inteso indirizzarsi alla prevenzio-ne di tutte le forme di dipendenza, cercando di adat-tarsi ai problemi espressi dalla comunità locale e cali-brando le azioni in funzione delle peculiarità riscon-trate, dei fattori di rischio esistenti e dei fattori pro-tettivi identificati. L’iter progettuale ha tenuto contodelle informazioni raccolte in itinere, adattando il pro-gramma operativo in funzione delle singole realtà edei processi di monitoraggio e valutazione intercorsi,al fine di rendere efficaci gli interventi realizzati. Laprima fase è consistita nella ricognizione dell’esisten-te, attuata mediante il contatto e la conoscenza deitestimoni privilegiati (opinion leader) che svolgono unruolo centrale e di responsabilità negli interventi pre-ventivi. Questa fase è stata propedeutica alla costitu-zione di una mappa territoriale specifica per comunee di una “rete” territoriale di prevenzione e promozio-ne della salute attraverso la quale ciascun ente, grup-po, soggetto aderente, si impegnava, attraverso la sot-toscrizione di una “carta degli impegni” ad attivarsisecondo il proprio ruolo e le proprie possibilità ed adiventare soggetto attivo nella lotta alle dipendenze.Il progetto “Socrate”, in tal senso, ha voluto raggiun-gere le comunità locali, non solo a partire dal coinvol-gimento dei Testimoni Privilegiati di cui sopra, maanche utilizzando uno strumento di maggiore visibi-lità e di facile accesso, qual è stato il PuntoInformativo, il cui scopo è stato quello di porsi comespazio in cui ognuno poteva, liberamente ed anoni-mamente, rivolgersi al fine di ricevere informazioniscientificamente corrette sulle dipendenze e le dina-miche adolescenziali implicate. Il Punto Informativoinoltre, ha permesso di diffondere una maggiore cono-scenza dei Servizi territoriali, fungendo, in molti casi,da filtro. Il progetto ha previsto la realizzazione di unaricerca - intervento-partecipante realizzata in varicontesti territoriali. In particolare la ricerca ha previ-sto la somministrazione presso le scuole secondarie diprimo grado di un questionario standardizzato “Io e lamia salute” (Bonino, 1996) agli alunni frequentanti leclassi II e III medie inferiori. Esso ha preso in esame ilsistema sociale, il sistema della persona, il sistemadell’ambiente percepito e il sistema dei comporta-menti, in relazione alle variabili implicate come fatto-ri di rischio/protezione nella fascia pre -adolescenzia-le ed adolescenziale. La somministrazione di intervistesemi-strutturate rivolte a diverse tipologie di target(genitori, insegnanti, funzionari operanti nelle ammi-nastrazioni comunali, commercianti...) finalizzate allarilevazione delle percezione delle conoscenze, atteg-giamenti e pregiudizi relativi alla tematica delledipendenze. In seguito alla fase di ricerca ed all’anali-si dei dati rilevati è stato possibile programmare inter-venti mirati. In particolare i dati rilevavano chiara-mente l’esistenza preoccupanti i fattori di rischio. Siriportano le medie percentuali relative ad alcuni item

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commessi per passaggi.Di fatto al di là della “produzione e traffico illecito disostanze stupefacenti”, i reati contro il patrimoniosono quelli che più segnano le ragioni dell’ingresso incarcere per il tossicodipendente da eroina non senzache le voci di “evasione” e “violazione degli obblighi”ci invitino ad una più attenta riflessione.L’età media dei 261 soggetti beneficiari dell’Indulto èpari a 37 anni, degli stessi sono 7 le donne, 1 prove-niente dall’Ue, 3 gli extracomunitari. Scomponendopiù specificatamente il dato, sono il 2008 e il 2009 (si ricorda che di quest’anno sono stati presi in esamesolo i primi sei mesi e, dunque di una parte non è pos-sibile avere il dato dei reingressi) gli anni che hannofatto registrare più scarcerazioni a seguito della spe-cifica misura.I reati più frequenti per l’area degli indultati tossico-dipendenti trattati con farmaco sostitutivo sono nel-l’ordine l’”evasione” (art.385), il “furto” (art.624), la“produzione e traffico illecito di sostanze stupefacen-ti” (art.73 DPR 309/90) e le “lesioni personali”(art.582).Dei 261 soggetti indultati e scarcerati ben 176(16,19% di tutta la popolazione considerata e il67,4% di quanti hanno beneficiato della Legge n.241del 2006) hanno fatto rientro nel carcere di Tarantocon una media di permanenza all’esterno di 378 gior-ni (poco più di un anno).Per ciò che attiene i reati commessi dai 176 rientratidopo il beneficio dell’indulto, la “produzione e trafficoillecito di sostanze stupefacenti” resta la voce con lapiù alta frequenza, seguita da “furto”, dalle “evasione”e “legge sulle armi”.La riduzione registrata nel territorio di Taranto (inlinea con il dato nazionale) del numero di beneficiaridelle misure alternative e la tipologia più frequente direati commessi dalla popolazione presa in esame (siaprima dell’indulto che dopo) induce ad un’attentariflessione in merito a quanto è offerto al tossicodi-pendente in carcere e in alternativa allo stesso, allasua frequente reiterazione dei reati, alla consapevo-lezza a volte rassegnata di non poter avere altreopportunità, implicitamente inducendo ad altri reatiin una sorta di profezia che si autoalimenta e si auto-genera.Se l’Indulto ha prodotto di fatto un temporaneo e cir-coscritto decongestionamento delle carceri italiane, seuna percentuale ragguardevole di persone è tornata adelinquere, se la concessione delle misure alternativeha subito un netto calo dopo l’emanazione dellacosiddetta Legge Giovanardi-Fini non si può negare lanecessità impellente di risposte a questioni troppo alungo minimizzate.L’istituzione totale, nonostante l’impegno profuso intante realtà carcerarie italiane, soprattutto per ciò cheattiene alle terapie sostitutive a mantenimento e agliapprocci integrati (medico-psico-sociale), non può persua stessa natura raccogliere completamente l’ingiun-zione alla riabilitazione.La misura alternativa concessa ex artt. 90 e 94 delDPR 309/90 non può ancora essere giocata sull’impo-sizione della cura che per la persona ristretta tossico-dipendente è concepita spesso esclusivamente in

chiave di evitamento della detenzione.Per scegliere di curarsi è necessario essere liberi ma laLegge appare garantire la stessa solo in conseguenzadella decisione, in realtà non sempre reale, di curarsi.Di fatto le stesse misure alternative andrebbero rivistecon una maggiore collaborazione tra UEPE, PoliziaPenitenziaria e Ser.T sebbene i linguaggi utilizzatidepongono a svantaggio di una fruttuosa comunica-zione.Se per il medico del Ser.T il concetto di guarigione èspesso improprio e non adeguato ad una patologiacome la dipendenza, per la Giustizia lo stesso è faro eguida.Ecco, dunque, il corto circuito che si autoalimentatratteggiando la carriera del tossicodipendente di“sostanza”, reati, carcere, misure alternative (di tantoin tanto qualche indulto), il tutto consumato sullapelle delle persone siano esse tossicodipendenti, fami-liari, operatori di vari settori.

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sui fattori di rischio: (1) approvazione dei comporta-menti devianti = 38,5%; (2) scarsa efficacia regolato-ria = 51%; (3) non consapevolezza dei rischi psicolo-gici connessi all’uso di sostanze psi-coattive = 33,4%;(4) non consapevolezza dei rischi psicologici connessiall’uso di sigarette = 47,3%; (5) non consapevolezzadei rischi connessi agli strumenti tecnologici = 27,9%.La scarsa conoscenza dei servizi territoriali ( il 75%degli intervistati non conosce l’esistenza dei Ser.T) lascarsa informazione(60% degli intervistati non sacosa sia la dipendenza, quali siano i fattori di rischio enon conosce le terapie esistenti ). La ricerca ha con-sento di conoscere e fotografare il territorio eviden-ziarne potenzialità e criticità, il lavoro di rete ha con-tribuito notevolmente alla creazione di alleanza edalla sensibilizzazione e diffusione di una cultura dellaprevenzione che mira a radicarsi in tutti i contesti. Leattività intraprese e la metodologie utilizzate per l’at-tuazione dei programmi di prevenzione primaria nel-l’ambito delle dipendenze patologiche, avviate con ilprogetto “Socrate”, trovano una naturale continuitàattraverso l’attuazione del progetto “Socrate in stra-da”, altro progetto previsto dal Piano di Zona delDistretto Socio-Sanitario n°33, che di recente è statoaffidato alla stessa cooperativa “La Mimosa”. Talepiano progettuale prevede, oltre a quanto già realiz-zato durante la precedente esperienza, alcune azioniinnovative, a livello distrettuale e regionale, quali leunità educative di strada, ed una ricerca-azione sulfenomeno del gambling. In particolare, quest’ultimaattività trae origine sia dall’analisi su base osservativacondotta nell’ambito della precedente attività di ani-mazione sociale, oltre che da alcuni dati emersi dallaricerca di cui sopra. A tal fine, ci si propone di avviareuna ricerca più strutturata ed approfondita sul feno-meno in questione, onde consentire una prima analisidell’esistente e l’emersione dei dati sommersi, attra-verso il coinvolgimento delle ricevitorie, delle salegioco e dei bar che dispongono di giochi elettronici ascommessa. Questa fase sarà propedeutica ad un’a-zione successiva di sensibilizzazione atta a diffondereuna “cultura del gioco responsabile e socializzante”,nella quale si coinvolgeranno i titolari, dimostratisidisponibili, ad effettuare, in collaborazione con glioperatori del progetto, la diffusione di materiale infor-mativo.

Bibliografia Epstein J.A., Griffin K.W., Botvin G.J., (2002), Positive impact ofcompetence skills and Psychological wellness in protectinginner-city adolescents from alchol use, Prevention Science, vol.3, N. 2.Linee Guida EBP Istituto Superiore si Sanità - Centro nazionaledi Epidemiologia e Sorveglianza della Salute. www.Epicentro.issi.it

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tamenti per ogni utente. Il 61% ha ricevuto tratta-menti farmaco-integrati ed il 59% trattamenti esclu-sivamente psico-socio-educativi. I trattamenti psico-socio-educativi sono stati rivolti per lo più a soggetticocainomani (43%) ed i trattamenti farmaco-integra-ti son stati per lo più rivolti a utilizzatori di oppiacei(53%). Al 78% dei soggetti sottoposti a terapie far-macologiche è stato somministrato metadone, al 14%GHB e al 25% dei soggetti sono stati somministratialtri farmaci non sostitutivi, mentre una minoranza ditale utenza è stata trattata con buprenorfina (2%).

ConclusioneLo scopo dell’indagine è stato quello di analizzare idati prodotti dalla gestione clinica ed operativa dellestrutture terapeutiche territoriali del privato socialeaccreditato, descrivendo i principali risultati del moni-toraggio dell’utenza di 5 unità operative basato sull’u-tilizzo del software gestionale distribuito e conformeagli standard europei SESIT.Lo studio ha evidenziato l’utilità dell’impiego di unostrumento di gestione clinica per il monitoraggio del-l’attività svolta dalle strutture terapeutiche territorialie per la valutazione degli esiti analizzando alcuni indi-catori quali l’aderenza alla terapia o l’astensione dal-l’uso della sostanza primaria.L’utilizzo del software gestionale ha permesso di capi-re la tipologia dei percorsi trattamentali, i carichi dilavoro e conseguentemente le dotazioni organichenecessarie.Partendo dal singolo soggetto ha consentito di racco-gliere sia informazioni di tipo socio-anamnestico checlinico quali diagnosi ed esami di varia natura (esamisierologici ed ematochimici, esami delle urine per laricerca dei metaboliti di alcol e di sostanze illegali) etutto il lavoro che viene svolto a livello trattamentaleall’interno delle strutture. La semplicità di utilizzodelle maschere di inserimento, la quantità di informa-zioni registrabili e facilmente reperibili in qualsiasimomento e la possibilità di analizzare e confrontare idati con realtà non solo appartenenti al medesimoterritorio, ma anche molto distanti e diverse tra lorosono state la spinta a continuare ad utilizzare ilsoftware che continua, infatti, ad essere il gestionalein uso anche per l’anno 2010.Alle comunità terapeutiche della ASL provincia diMilano 1 si sono affiancate, nell’utilizzo dello stru-mento, anche le comunità delle ASL della provincia diVarese (già dal 2009) e quelle della ASL della provin-cia di Lecco.

RingraziamentiSi ringrazia il tavolo di lavoro della ASL Provincia di Milano 1nelle persone di Giovanni Gaiera, Giovanni Carrino, ValeriaPisoni, Grisales Surelly, Adele Ciceri, Stefano Moneta, MarcoForlani, Laura Stampini, Laura Andreoni, Monica Sandrini,Romana Baronchelli, Mariangela Taverna, KatiusciaGambacorta, Cinzia Bortoluzzi, Stefania Bruletti, IvanaBalistrocchi, Alberto Ciccarelli, Marina Meneghello, ClaudiaRossignoli, Anna Porcellini, Claudio Stellari.

44LA DOPPIA DIAGNOSI, DA UN DOPPIO PROBLEMA AD UN UNICO TRATTAMENTO

Mazzoli P.*, Ridolfi M.E.**, Savelli L.****Dirigente Medico, Spec. Psicologia Medica- S.T.D.P.Fano (PU) -ZT 3 - ASUR Marche**Dirigente Medico, Spec Psichiatria- DSM Fano (PU)-ZT 3-ASUR Marche***Dirigente Medico, Spec Psichiatria- DSM Fano (PU)-ZT 3- ASUR Marche

L’aspetto clinico che va sotto il nome “doppia diagno-si” presenta una serie di ambiguità sia come tasono-mia, sia come percentuale rilevata nei servizi per ledipendenze o in quelli psichiatrici.In questa sede intendiamo presentare una modalità diapproccio ai pazienti in doppia diagnosi, che tenta didare una risposta pratica alle dimensioni sottostanti:organizzativa-diagnostica-terapeutica.Riportiamo quindi l’esperienza in atto nel nostroS.T.D.P. in collaborazione, attraverso un protocollo diintesa con il Dipartimento di Psichiatria.

Storia del percorsoDopo due trance formative costituite da percorsiannuali sul tema doppia diagnosi, che hanno coinvol-to sia i colleghi del S.T.D.P. sia quelli del D.S.M., si èarrivati a formulare una proposta condivisa per unProtocollo di intesa tra i due Servizi coinvolti. Conl’approvazione dei due Responsabili si è proceduto allastipula del protocollo che è stato recepito dal DirettoreGenerale e si è costituita una equipe mista (operatoridei due Servizi) per la diagnosi, il trattamento ed ilmonitoraggio dei pazienti classificati come DoppiaDiagnosi. Il gruppo di lavoro è attivo dal Marzo 2010e presentiamo l’esperienza per un confronto criticocon gli altri colleghi che lavorano sullo stesso tema.Modalità organizzativa dell’Equipe Doppia Diagnosi• Referente Doppia Diagnosi (uno per Servizio)• Riunioni periodiche (ogni due settimane) per pro-grammazione e discussione casi• Riunioni periodiche (ogni tre mesi) con i Respon-sabili per aggiornamento delle situazioni• Connessione intranet tra le sedi dei Servizi coinvoltiper comunicazioni e cartella digitaleStrumenti diagnostici e di monitoraggio condivisi• EUROPASI/EASYASI• MMPI - 2• SCID - 2• SCL 90

COSTRUZIONE DI UN DATA-BASEGESTIONALE PER LA RACCOLTA EL’ANALISI DELL’UTENZA IN CARICOPRESSO LE STRUTTURE TERAPEUTICHE TERRITORIALI DELLA ASL PROVINCIA DI MILANO 1

Autori: Luppi C.*, De Nes M.*, Durello R.**, Carrino G.***, Scalese M.*, Salvatori S.**Istituto di Fisiologia Clinica del CNR. Sezione diEpidemiologia e Ricerca sui Servizi Sanitari.**Osservatorio del Dipartimento delle Dipendenze ASLMilano 1***Associazione Dianova Onlus

Background Nel 2009 la stima del numero di utilizzatori proble-matici di sostanze stupefacenti in Italia, pubblicatadalla Relazione annuale al Parlamento 2010, corri-sponde a 393.490 persone eleggibili al trattamento,corrispondenti ad una prevalenza di 9,95 persone ognimille residenti con età compresa fra 15 e 64 anni. Inparticolare si stimano 216.000 utilizzatori problemati-ci di oppiacei (eroina o altri oppiacei) e 178.000 uti-lizzatori problematici di cocaina, corrispondentirispettivamente ad una prevalenza di 5,5 e di 4,5 per-sone ogni mille residenti di 15-64 anni. La popolazio-ne tossicodipendente assistita nel 2009 risulta pari a168.364 persone, tra questi 33.984 hanno fattodomanda di trattamento per la prima volta nel corsodel 2009. Di fronte ad un fenomeno complesso e mul-tifattoriale come quello delle dipendenze da sostanzeè indispensabile poter sviluppare una rete di raccoltae valutazione di dati derivanti da diverse ed indipen-denti fonti informative. Proprio per questo motivo èancora più importante poter disporre di dati compara-bili ed attendibili sulle caratteristiche delle personesottoposte a trattamento soprattutto per quei sogget-ti che transitano presso strutture del privato socialeaccreditato per le quali la rilevazione dell’informazio-ne analitica risulta ancora non sufficientemente stan-dardizzata.

ObiettivoMonitorare gli esiti dei percorsi terapeutici intrapresinell’ambito delle dipendenze e valutare il bench-marking trattamentale in strutture residenziali esemiresidenziali. Conoscere in maniera esaustiva lecaratteristiche dell’utenza in carico trattata nellestrutture presenti sul territorio afferente ad una ASLcollocata nel Nord-ovest della Provincia di Milano(Milano 1).

Materiali e metodiTramite la messa a punto di un apposito softwaregestionale distribuito alle strutture residenziali e

semiresidenziali afferenti alla ASL e successivamenteall’istruzione del personale addetto all’implementazio-ne delle informazioni, sono stati raccolti dati relativiagli aspetti socio-anagrafico, sanitario-amministrati-vo e clinico dell’utenza in carico nelle annualità 2008e 2009.Il software per la raccolta dati, sviluppato nel linguag-gio di programmazione visual basic, si configura comeun database di tipo stand-alone la cui interfacciautente è strutturata in maschere di inserimento tra-mite le quali l’operatore ha la possibilità sia di inseri-re, modificare, ricercare, aggiornare, eliminare leinformazioni che di creare copie di backup, così comedi esportare tali informazioni secondo un tracciatorecord standard utile al fine di elaborazioni di tipo sta-tistico-epidemiologico. Relativamente alla strutturadel database, in particolare per quanto riguarda icampi da rilevare ed i rispettivi dizionari, sono stateseguite le linee guida dell’Osservatorio europeo diLisbona e del progetto SESIT (Standard Europei per ilSistema Informativo Tossicodipendenze) al fine diassicurare massima esaustività e comparabilità delleinformazioni acquisite.

RisultatiComplessivamente, nelle due annualità, sono statiraccolti dati relativi a 484 soggetti di cui 203 utenti incarico nel 2009 alle 5 Comunità Terapeutiche disloca-te sul territorio della ASL provincia di Milano 1. Perquesti ultimi si rileva un’età media di 38 anni cherisulta più anziana di 3 anni rispetto ai soggetti incarico nei SerT e più giovane di 7 anni rispetto all’u-tenza in carico ai NOA.Il 69% degli utenti sono maschi ed il 59% sono incarico da anni precedenti, il 40% dei soggetti è incarico per problemi legati al consumo di oppiacei, il23% di sostanze alcoliche ed il 36% per abuso dicocaina. In linea con quanto osservato presso i SerD,sono i soggetti “nuovi” a presentare maggiore vici-nanza con la cocaina rispetto a soggetti già noti aiservizi (40% dei nuovi contro 30% dei già noti; neiSerT 48% contro 40%). Il 66% dei soggetti è poliabu-satore (contro 57% utenti Ser.T e 43% utenti NOA) edil comportamento di poliassunzione è maggiormentediffuso tra i cocainomani (83% del collettivo). Lamodalità iniettiva di assunzione delle sostanze è pra-ticata dal 47% dei soggetti in carico nelle Comunità,mentre tra i soggetti in carico ai SerT ne dichiara lapratica il 32%.Il 66% degli utenti in trattamento presso le Comunitàha un livello di istruzione medio, l’8% ha raggiunto almassimo la licenza elementare e il 26% ha un eleva-to livello di istruzione (diploma o laurea). Il 66% deisoggetti sono disoccupati, il 31% occupati e il 3%economicamente non attivi; il 34% vive da solo, il31% abita con i genitori, il 18% con la famiglia costi-tuita e il rimanente 17% abita con altre persone. Lamaggior parte degli utenti in carico ha una residenzafissa (75%), il 14% non ha dimora ed l’11% risiede instrutture pubbliche. Rispetto allo stato civile: il 60% ècelibe o nubile, il 15% risulta coniugato o convivente,il 23% è separato o divorziato e il 2% è vedovo/a.Nel 2009 sono stati erogati mediamente più di 2 trat-

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LAVORARE SULLA QUALITÀ DEGLIINTERVENTI, UNA SFIDA POSSIBILE

Mazzoli P.*, Serafini P.***Dirigente Medico, Spec. Psicologia Medica- S.T.D.P.Fano (ZT 3 - ASUR Marche)**Sociologo D.D.P. Fano-Urbino (ZT 3-2- ASUR Marche)S.T.D.P. di Fano (PU)-ZT 3-ASUR Marche

Da dove siamo partitiNell’ambito del nostro lavoro gli aspetti della Valu-tazione e della Qualità sono tra i meno approfonditi.Riteniamo che per un servizio che opera con pazientisempre più problematici ed in un’organizzazione sem-pre più complessa, ma con risorse sempre più limita-te, sia imprescindibile occuparsi della Qualità delleprestazioni erogate.In questo primo lavoro, presso il S.T.D.P. di Fano (PU),abbiamo cercato di privilegiare la dimensione operati-va della Qualità, tenendo conto delle caratteristichepeculiari del nostro operare quotidiano, caratterizzatoda parte degli operatori da una multidimensionalità emulti professionalità e da parte degli utenti/pazientida comorbilità crescente e bisogni distribuiti su mol-teplici piani. Abbiamo, quindi, scelto di occuparci dellaQualità Percepita (da ora in poi Q. P.), sottolineandocome, al contrario di altre branche della sanità, nelnostro ambito la relazione interpersonale e le perce-zioni soggettive siano determinanti per la riuscita o nodel progetto terapeutico.Un altro aspetto interessante è costituito dal possibi-le circolo virtuoso che si può instaurare a partire dallavoro sulla Q. P. Sappiamo come la motivazione(manifesta e latente) alla cura, da parte dei pazien-ti/utenti e al lavoro (integrato ed individuale) da partedegli operatori siano elementi fondamentali alla baseed al servizio di una coprogettazione terapeutica effi-cace. L’attenzione al processo di cura, sempre dai duevertici (pazienti/utenti ed operatori) ed alle dimensio-ni in cui si declina negli aspetti della Q. P. realizza unrinforzo motivazionale e migliora la compliance tra gliattori coinvolti nel processo terapeutico.Un’ultima dimensione indagata, ma non certo menoimportante delle precedenti, è rappresentata dal con-testo organizzativo-gestionale, sia interno al S.T.D.P.,sia nel rapporto con il macrocontenitore AziendaSanitaria. Nello specifico della nostra realtà regionale,organizzata sul modello centralizzato dell’ASUR(Azienda Sanitaria Unica Regionale), I DipartimentiDipendenze Patologiche (Zonali e Sovrazonali) sonoinseriti nelle Zone Territoriali-ZT- (13 in tutta laRegione) in cui è articolata L’Azienda Sanitaria UnicaRegionale. Da un mese si è attuata la creazionedell’Azienda Ospedali Riuniti Marche Nord (Provinciadi Pesaro Urbino), scorporando nella ZT 3 di Fanol’Ospedale dal territorio. Citiamo questo aspetto orga-nizzativo per sottolineare quanto i mutamenti (gestio-nali ed organizzativi) del contesto in cui è inserito unServizio abbiano una notevole influenza sulla qualità

del lavoro.Scopo centrale del lavoro e la ricerca, e la messa allaprova, di uno strumento come lo studio e l’analisi,della Q. P. per connettere le molteplici e variabilicaratteristiche, interne ed esterne al contesto delServizio, con quelle individuali ed organizzativo/gestionali.

Metodologia Questionario utenti/pazientiL’estrema complessità insita nel particolare tipo d’u-tenza afferente al servizio nonché la mutevole rela-zione soddisfazione ha portato alla costruzione diuno strumento che indagasse molteplici dimensioni.Si è scelto di adottare un questionario autocompilatosomministrato agli utenti in carico al servizio da alme-no 6 mesi, quindi soggetti che avevano avuto la pos-sibilità di maturare un’opinione sul servizio e su tuttele sue componenti.Per garantire la tutela della privacy e l’anonimato, lasomministrazione è stata effettuata da personale tiro-cinante che non aveva contatti terapeutici con gliutenti e sono stati ridotte al minimo le informazionisocio-demografiche.Il questionario è composto da 25 items che cercano disondare le impressioni degli utenti in relazione a 4dimensioni:1. La struttura del Servizio2. L’organizzazione3. Il rapporto con gli operatori4. Efficacia percepita degli interventiPer la costruzione del questionario dalla letteraturaesaminata si è scelto di basarsi su il VSS-DIP (VeronaService Satisfaction Scale) integrato da un’indaginefatta sul target in questione dai Servizi di Bologna eda un progetto realizzato presso il S.T.D.P. di Cesena.Ogni item è proposto su una scala Likert a 5 livelli:pessima - scarsa - sufficiente - discreta - buona.per la quale è stata adottata una struttura grafica a Win quanto, dalla letteratura consultata, era quella chemeglio aiuta a percepire le distanze tra le cinque chiu-sure (delle domande) in modo sostanzialmenteconforme all’assunto di equidistanza implicito nelleetichette delle categorie (E. Amicano, G Rinaldi, E.Pampanini in “Costruire il dato, le scale Likert”, a curadi A. Marrani e G. Gasperoni, 2002, Franco Angeli).per evitare il response set, alcune domande sono stateposte in ordine inverso e le ultime quattro erano com-poste da “domande filtro”.

Prime criticità:Da una prima analisi, su un campione significativo diquestionari, si sono riscontrati problemi di compren-sione rappresentati da mancate risposte alle “doman-de filtro”.

Questionario operatoriIl questionario sugli operatori è diviso in due sezioni.La prima sezione descrive alcune caratteristiche socio-demografiche, l’area successiva è il cuore del questio-nario è composta da 38 items. Le dimensioni indagate:1) Caratteristiche degli ambienti di lavoro

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Il ruolo del Referente per la Doppia Diagnosi: • Attivazione dell’Equipe Doppia Diagnosi per gliapprofondimenti del caso;• Organizzazione del team di lavoro sul caso e relati-vi report;• Organizzazione delle comunicazioni tra gli operato-ri coinvolti;• Organizzazione delle riunioni periodiche;• Rapporti con l’esterno;Componenti Equipe Doppia Diagnosi:N° 2 medici (uno per servizio)N° 2 psicologi (uno per servizio)N° 2 Assistenti Sociali (uno per servizio)

Criteri diagnostici per inserimento dei pazienti inDoppia DiagnosiI primi incontri del gruppo di lavoro sono stati dedica-ti alla condivisione dei criteri di inclusione/esclusionedei pazienti in valutazione. Abbiamo concordato diorientarci su due assi diagnostici:1) diagnosi secondo il DSM 4 R;2) diagnosi funzionale (intensità e grado di compro-missione).Riteniamo importante coniugare questi due aspettiper meglio costruire un progetto di cura che tengapresente la possibile variazione del quadro di funzio-namento del paziente. Stante i chiari quadri diagno-stici ascrivibili a psicosi, per quello che riguarda idisturbi dell’umore ed i quadri del disturbo border linedi personalità (questi ultimi due sono i maggiormentepresenti nella casistica generale dei casi di doppia dia-gnosi), riteniamo utile considerare il parametro“intensità” e “grado di compromissione” per orientarela presa in carico in doppia diagnosi. Altro elementocondiviso è stato quello della prevalenza. I pazientiafferenti ai nostri Servizi sono, nella maggior parte deicasi, presi in carico per anni, per cui tener conto di

come variano, nel tempo gli aspetti sintomatologicicon il parametro prevalenza, orienta ad una presa ncarico che di volta in volta sarà maggiormente rile-vante sul versante del disturbo psichiatrico o di quel-lo tossicomanico.Abbiamo modo, quindi, senza perdere di vista l’inte-rezza del paziente, di rispondere in modo dinamicoalle variabilità del quadro clinico.

CriticitàScarsezza di personale.Non omogeneità di formazione degli operatori.Difficoltà di comunicazione con gli altri operatori.Abbiamo attuato, e cercheremo di farlo con costanza,una formazione interna sui temi della doppia diagno-si e sull’ utilizzo dei reattivi testologici impiegati per ladiagnosi. Sono previste delle sessioni di incontro permeglio illustrare ai colleghi che non hanno frequenta-to i precedenti corsi di formazione le modalità opera-tive in corso dell’equipe di doppia diagnosi e le relati-ve modalità di invio.

Per comunicazioniPiergiovanni MazzoliLavoro tel. 0721882481 - fax 0721882486Mobile 3397746041Mail [email protected] / [email protected]

FLOW CHART RIASSUNTIVA DEL PROCESSO

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• informazioni di indirizzo ad un’altra agenzia qualo-ra la domanda portata non sia coerente con l’attivitàistituzionale del Ser.T;• attivazione della successiva fase di valutazionemulti assiale;• informazioni e supporto alle persone interessate manon direttamente coinvolte nel problema. • Individuazione di possibili indicatori di risultato

RISULTATIParte AnagraficaQualsiasi persona che afferisce alla sede Ser.T diTrento (è) viene ricevuta dal personale infermieristicopresente in accettazione che accoglie la domanda.Se è presente un’emergenza sanitaria l’infermierecontatta immediatamente il medico di guardia cheprovvederà a predisporre le misure necessarie per con-trastare o risolvere l’emergenza.

In assenza di situazioni clinicamente emergenti o per-cepite tali dal paziente e, valutata la pertinenza delladomanda rispetto alle attività istituzionale del Ser.T.,l’infermiere avvia la procedura di accettazione. Laprassi prevede: l’apertura della cartella e la raccoltadelle informazioni previste dalla scheda anagraficacon particolare attenzione, in caso di paziente conuso, abuso o dipendenza da sostanze, alla residenza, inquanto collegata all’assegnazione territoriale deipazienti tossicodipendenti ed alle prestazioni erogabi-li se stranieri. Per documentare la residenza attuale della personal’infermiere (deve) richiede(re) un documento di iden-tità valido di cui conserverà fotocopia. Nel caso in cui, l’utente non sia residente in Trentino,ma sia cittadino italiano, si seguiranno le disposizionipresenti nella procedura per appoggi fuori provincia. Se l’utente non è cittadino Italiano si seguiranno le

IL PROCESSO DI ASSESSMENTINFERMIERISICO IN FASE DI ACCOGLIENZA PRESSO IL SER.T DI TRENTO: UNA RISPOSTA ORGANIZZATIVAALL’AUMENTO DELLA COMPLESSITADELLA DOMANDA

Pellegrini G., Busto A.SERT TRENTO

Background Negli ultimi anni si è evoluto il concetto stesso didipendenza a seguito di mutamenti di caratteresocio-culturale (ad esempio il passaggio sempre piùpersistente al poliabuso), ma soprattutto per il contri-buto della ricerca scientifica, che ha messo in camponuovi scenari eziologici sullo stato di dipendenzaavvalorando la teoria del Brain Disease. I professioni-sti che operano all’interno dei servizi per le tossicodi-pendenze devono far fronte all’incremento della com-plessità della domanda, e della relativa valutazione,utilizzando come supporto l’evidenza scientificadisponibile. Tutto ciò comporta una tendenza orga-nizzativa verso strumenti validati che aiutino i servizia leggere il bisogno e a standardizzare l’interventoterapeutico. La fase di accoglienza di una persona è uno tra gliaspetti più delicati e fragili della presa in carico. Da unlato è il momento della manifestazione del bisogno daparte dell’utente, dall’altro è espressione dell’azionedel servizio.L’intervento ha, quindi, intrinsecamente una visionebidirezionale: • dal punto di vista dell’utente che valuta il servizio ela sua tempestiva capacità di lettura e soddisfazionedel bisogno• dal punto di vista del professionista che deve legge-re e “filtrare” il bisogno secondo i canali organizzati-vi standardizzati.

ScopoLa strutturazione e l’esplicitazione del processo diaccoglienza facilita una più rapida e predeterminataassegnazione del percorso terapeutico idoneo ed ha loscopo di fornire una guida ai professionisti del Ser.T.coinvolti in questa delicata ed importante fase dello“intake” e di garantire alle persone che accedono alServizio un percorso predefinito, meditato e condivisofra i professionisti del Servizio.

Finalità del processo • l’ascolto della domanda portata dal cliente;• risposta (senza inutili tempi d’attesa) immediata adeventuali emergenze reali o percepite;

2) Caratteristiche del lavoro svolto3) Caratteristiche dell’organizzazione/tempi del lavoro4) Caratteristiche della comunicazione5) Consapevolezza ed orgoglio del proprio lavoro6) Relazioni tra operatori sul lavoroIl questionario, costruito con le stesse premesse delprecedente, è basato su una scala Likert a 5 livelli, piùuna domanda filtro e due sezioni a risposta libera.Alcune domande sono state poste per essere megliocorrelate con le corrispondenti del questionario som-ministrato agli utenti/pazienti.E’ in corso l’esame dei dati raccolti che, se la comuni-cazione verrà accettata, saranno presentati nelle dia-positive.

Per comunicazioniPiergiovanni MazzoliLavoro tel. 0721882481 - fax 0721882486Mobile 3397746041Mail [email protected] / [email protected]

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICIAlfio Lucchini. La diagnosi dei disturbi da uso di sostanze(Francoangeli)2001

DiClemente C. C. (1994): “Gli Stadi del cambiamento: un approc-cio transteorico alla dipendenza”. In Guelfi G.P. e Spiller V. (Eds),Motivazione e stadi del cambiamento nelle tossicodipendenze, IlVaso di Pandora II, 4, 1994, 37-51

http://drugabuse.gov/scienceofaddiction/ Ultimo accesso07/09/2010

http://www.droga.it/diagnostica/grassi/index.htm#30#30Ultimo accesso 07/09/2010

RIFERIMENTI SCIENTIFICICraig RJ; Olson RE. Predicting methadone maintenance treat-ment outcomes using the Addiction Severity Index and theMMPI-2 Content Scales (Negative Treatment Indicators and

Cynism scales)

GONZÁLEZ-SÁIZ F; DOMINGO-SALVANY A; BARRIO G;SÁNCHEZ-NIUBÓ A; BRUGAL MT; DE LA FUENTE L; ALONSO J;Severity of dependence scale as a diagnostic tool for heroin andcocaine dependence. European Addiction Research, 2009; 15 (2):87-93 (journal article - research) ISSN: 1022-6877 PMID:19142008 CINAHL AN: 2010274651

GOSSOP M., DARKE S., GRIFFITH P., HANDO J., POWIS B., HALL W.& STRANG J., 1995, The Severity of Dependence Scale (SDS) psy-chometric properties of the SDS in English and Ausatralian sam-ples of heroin, cocaine and amphetamine users. Addiction,90,607-614.

TOPP L. & MATTICK R.P., 1997, Choosing a cut-off on the Severityof Dependence Scale (SDS) for amphetamine users, Addiction,92 (7), 839-845.

1.2 Tipologia del Bisognodisposizioni contenute nella procedura per la gestionedei pazienti comunitari e extracomunitari nel SerT.

Parte Clinica (Tipologia del bisogno)La tipologia del bisogno inizia con l’assessment infer-mieristico che prevede:• Il colloquio di accettazione;• l’accertamento dello stato di salute generale (para-metri vitali, BMI);• la somministrazione di alcuni test per documentareil livello di dipendenza autoriferito (SDS, SAO).

L’output dell’assessment infermieristico:• un primo inquadramento, da un punto di vista infer-mieristico, della situazione clinica generale delpaziente e della domanda portata;• la suddivisione del paziente in una delle seguenticoorti previste.1. Uso, abuso o dipendenza da sostanze2. Ex Articoli 75 o 121

3. Altre dipendenze non farmacologiche 4. Gioco d’azzardo patologico (GAP)5. Familiari o terzi.6. richieste di certificazione di non tossicodipendenza 7. Eventi inattesi8. telefonate di area medica9. Altro

Intervista semi strutturata ASI Per il primo gruppo di utenti una volta definito l’usol’abuso o la dipendenza da sostanze l’infermiere diaccettazione programma la somministrazione dell’in-tervista semi strutturata ASI

Discussione in equipe ed avvio della predisposizionedell’Assessment La fase di accoglienza transita nella fase di asses-sment multi assiale che verrà discussa e programma-ta in equipe. L’accoglienza termina quindi con la pre-sentazione del caso in equipe.

DIAGRAMMA DI FLUSSO1.1 PARTE ANAGRAFICA

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familiari pregresse da parte del soggetto, mentre ilconsumo iniziato dopo un certo periodo di permanen-za in Italia o in altri paesi di migrazione, spesso indicadifficoltà di integrazione, disagi, traumi o problemati-che aggiuntive, intervenute nel corso dello sviluppodel proprio progetto migratorio.

-Per verificare il quadro reale di sofferenza e disagiodel paziente straniero occorre indagarne le caratteri-stiche personali, il tipo di progetto migratorio, l’esi-stenza di un supporto sociale adeguato e gli eventua-li fattori traumatici post-migrazione (compresi i ricon-giungimenti). -Le persone straniere, anche se provenienti dalla stes-sa regione o area geografica, possono risultare moltodifferenti per visione del mondo, cultura, età, espe-rienze, aspettative (Tunisia, Algeria, Marocco ed Egittonon a caso sono 4 stati diversi, così come Ecuador ePerù...).

-Spesso le persone straniere non conoscono il sistemadei servizi italiano, per cui non comprendono imme-diatamente le differenze nelle competenze dei diversiservizi e tra le diverse professionalità: occorre non solospiegare ma anche assicurarsi della reale comprensio-ne per poter creare le condizioni di un proficuo “pattoterapeutico”. Spesso le persone straniere dicono diaver compreso per compiacere l’operatore; occorreassolutamente superare questo ostacolo.

-E’ utile spiegare al paziente straniero le modalità diapproccio e di trattamento al problema della dipen-denza patologica del servizio italiano; è utile farsi illu-strare dal paziente quali siano le sue ipotesi di curaper il problema che vive al di là dei vissuti frequente-mente presenti di colpa e vergogna: da questa inter-sezione possono nascere nuovi programmi di inter-vento.

-Per comunicare efficacemente con pazienti stranieri,se non esiste la possibilità di un mediatore linguistico,è importante utilizzare un italiano semplificato, adat-tato ai termini maggiormente conosciuti dal paziente;è stata verificata l’efficacia di utilizzo di metafore edimmagini.

-SE per il paziente ESISTE LA POSSIBILITA’ DI RESTAREIN ITALIA, la prospettiva di cura può essere rappresen-tata dall’apprendere le competenze che gli sono utiliper tenere in equilibrio la propria origine, adattandolaalle condizioni di migrante: è proprio questo disequili-brio che spesso crea situazioni di incompatibilità percui l’identità (chi sono io?), già emarginata e/o falli-mentare/frustrata, trova una collocazione nella dipen-denza.

-SE per il paziente NON ESISTE (AD OGGI) LA POSSI-BILITA’ DI RESTARE IN ITALIA, la cura può essere rap-presentata dalla rielaborazione della propria storia, inparticolare della fase migratoria, il cui esito può sfo-ciare in: un rientro consapevole in patria (attraverso un trat-

tamento che preveda la rielaborazione della “vergo-

gna” di un rientro non da trionfatore/conquistatore,nonché la costruzione di un reale e sostenibile proget-to di vita); un monitoraggio e sostegno alla condizione attuale (equindi un intervento a bassa evolutività/riduzione deldanno) anche in condizioni di irregolarità di presenzasul territorio dello Stato, in quanto non è detto che ilpaziente abbia ricadute dopo un periodo di tratta-mento; la visione del mondo del soggetto che può portare

altre soluzioni; tenere conto che la normativa cambia spesso e quin-di cambiano le condizioni di prospettiva.

- Esempio di fasi di intervento: 1 Analisi della condizione di sofferenza e disagio(indagine storia, migrazione, traumi); 2 Individuazione di almeno un problema “personale econcreto” riconosciuto dal paziente: alcuni esempipossono essere: difficoltà a gestire le emozioni nega-tive; incapacità progettuali; difficoltà di relazione congli altri; conflitto con la propria storia personale. 3 Riconoscimento condiviso paziente-operatore dellacondizione di problematicità; 4 Ascolto delle ipotesi di prospettiva di benessere ecura da parte del paziente; 5 Spiegazione al paziente del sistema di intervento perla cura delle dipendenze patologiche (Ser.T., Comunità,Centri semiresidenziali, ecc..); 6 Costruzione di un progetto comune operatore-paziente che contenga anche più obiettivi di prospet-tiva (rientro in patria, permanenza nello stato, ecc..)ma che abbia una strategia precisa e condivisa diintervento sul problema riconosciuto; 7 Avvio del programma con verifiche intermedie suirisultati raggiunti dal paziente.

TRACCIA DI POSSIBILI CONTENUTI DEGLI INTERVENTI

PROGETTO DI RICERCA PER LA PREVENZIONE DEL FASD (FETALALCOL SPECTRUM DISORDER)NELL’AZ.ULSS9 DI TREVISO -REGIONE VENETO, ITALIA

Riscica P.*, Bazzo S.**, Moino G.*, Battistella G.****U.O. di Alcologia del Ser.T1 TV - Dip. Dipendenzedell’Az.ULSS n.9 di Treviso, Regione Veneto**Università degli Studi di Trieste ***U.O. Controllo di Gestione - Dip. Piani e Programmidell’Az.ULSS n.9 di Treviso, Regione Veneto

Si presenta la strategia di ricerca descrittiva prope-deutica al progetto di prevenzione e sensibilizzazionesul FASD (Fetal Alcol Spectrum Disorder) “KambioMarcia: mamma beve bimbo beve”, dell’AziendaULSS 9 di Treviso. E’ stata svolta un’indagine conosci-tiva, articolata in quattro studi rivolti ai target dipopolazione più coinvolti nel problema alcol, gravi-danza e allattamento. La strategia di indagine si fondasu due presupposti:- le azioni di sensibilizzazione sul FASD devono esse-re precedute da rilevazioni preliminari che permetta-no di fare il punto sull’entità del fenomeno e sulleconoscenze, sulle opinioni e sugli atteggiamenti adesso collegati nel territorio di riferimento,- prevenire il FASD significa agire non solo a breve ter-mine sulle donne in gravidanza, ma sull’intera comu-nità che le circonda, in particolar modo sui professio-nisti sanitari che le seguono, sul partner e, a lungo ter-mine, sui giovani, future generazioni di genitori. A partire da tali presupposti, sono stati stabiliti iseguenti destinatari di indagine:- gli operatori sanitari che si occupano di gravidanzae infanzia- le donne in gravidanza- gli adolescenti nell’età della pubertà (14-15 anni)- i giovani intorno ai vent’anni.Sono stati raccolti 1600 questionari validi:450 da operatori socio sanitari600 da studenti di terza media inferiore300 da giovani allievi delle autoscuole250 da donne in gravidanza

Gli studi sono stati condotti da un’equipe di ricercato-ri dell’Università di Trieste e dell’azienda sanitaria diTreviso negli anni 2009 e 2010.La finalità generale di ogni studio è conoscere le opi-nioni, gli atteggiamenti e i comportamenti relativi allaquestione del consumo alcolico in gravidanza e alFASD. Pur differenti, gli studi si integrano nella defini-zione di una panoramica generale organica dellasituazione nel territorio interessato. Gli esiti deglistudi servono ad individuare i nodi chiave su cuicostruire e qualificare gli interventi di prevenzione delFASD implementabili dall’azienda sanitaria.

47CONSIDERAZIONI SULLA PRESA IN CARICO E TRATTAMENTO DI DETENUTI STRANIERI TOSSICODIPENDENTI

A cura di Davide Santoro - Responsabile InterventiCarcere e Immigrazione -Cooperativa Sociale AtipicaDott. Attilio Cocchini Responsabile U.O. Carcere ASLMonza e Brianza a nome dell’Equipe del Servizio Cooperativa Sociale Atipica - Dott. Adelmo FiocchiPresidente e Responsabile Scientifico ASL Monza eBrianza - Dott. Maurizio Resentini ResponsabileDipartimento Dipendenze www.atipica.org [email protected]

Le riflessioni nascono dall’intervento continuativo su200 casi (oltre 400 contatti) di stranieri dipendenti(che in media sono il 35% dell’utenza del servizio U.O.Carcere) presso la Casa Circondariale di Monza tra il2006 e il 2009. Tra i risultati ottenuti citiamo un tota-le di 95 casi di trattamento e presa in carico effettiva dicui: 45 programmi alternativi alla detenzione (15 CT e30 territoriali) 3 rimpatri, 15 invii/presentazioni ai ser-vizi a pena espiata, 32 richieste da altri servizi per pre-sentazione spontanea del paziente e una riduzionecomplessiva del 50% dei casi di stranieri segnalati alservizio di prevenzione del rischio suicidario (PRAS)presente in Istituto.

-Lo Stato Italiano prevede la cura gratuita per gli stra-nieri alco-tossicodipendenti extracomunitari presentisia regolarmente che irregolarmente sul proprio terri-torio: la condizione amministrativa del paziente stra-niero quindi “orienta” l’intervento ma non determinal’esistenza o meno di una presa in carico. (Circolare n.5 del 5 Marzo 2000 del Ministero della Sanità). -In questi ultimi anni la normativa sull’immigrazioneè cambiata spesso, attraverso decreti o leggi, e anchetramite circolari e disposizioni di diversi ministeri(Salute, Giustizia, Interno), nonché attraverso senten-ze della Corte Costituzionale e della Corte diCassazione, per cui è importante sapere che “ognicaso ha una sua storia legislativa” e non è possibiledeterminare a priori tipologie di intervento di imme-diato utilizzo. La cura non corrisponde ad un titolo disoggiorno, ma alla permanenza temporanea in caso diimpossibilità di cura nel paese di origine.

-Per molti pazienti stranieri presenti irregolarmentesul territorio italiano l’accesso ad un servizio per ledipendenze anche attraverso il carcere, rappresenta ilprimo e a volte il solo momento di conoscenza e presadi contatto con servizi italiani, in quanto la normativanon prevede per questi soggetti altri tipi di servizi(escluso il Pronto Soccorso). -Il consumo di sostanze iniziato pre-migrazione, spes-so indica l’esistenza di problematiche personali e/o

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e bassi in: Autodirezionalità, Cooperatività, soprattut-to i pz con Disturbi di Personalità e Poliabusatori.Sono presenti numerose COMORBIDITA’ MEDICHE(epatiche, SNC, gastro-intestinali, HIV, cardio-vasco-lari) che comportano complicazioni del quadro clinico,oltre ad essere un onere per il SSN.Da ultimo sono rinvenuti molteplici fattori di rischioSOCIALI, tra cui:

- Problemi familiari/tra conviventi (psicopatologie);- Isolamento sociale/relazioni disfunzionali;- Problemi economici (lavorativi - abitativi);- Problemi giuridico-legali.

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INDIVIDUAZIONE DI CRITERI OGGETTIVI PIÙ SENSIBILI E SPECIFICI PER LA DIAGNOSI DI ABUSO CRONICO DA ALCOL

Sciutteri B.*, Aloi S.****, Bignamini E.*, De Bernardis A.****, Pirro V.**/***, Vincenti M.**/***,Salomone S.**, Pellegrino S.***Dipartimento Dipendenze 1-A.S.L. TO2 Torino; **Centro Regionale Antidoping “A. Bertinaria”Orbassano (Torino); ***Dipartimento di Chimica Analitica - Università degliStudi di Torino; ****Dipartimento Dipendenze- A.S.L. TO4 Ciriè (Torino)

IntroduzioneL’etanolo, pur rientrando tra le sostanze considerated’abuso, è una sostanza lecita e, pertanto, liberamen-te in commercio. L’abuso di alcol è un fenomeno incostante crescita che si ripercuote su diversi campidella vita del consumatore: sul piano fisico, socio-relazionale, lavorativo. Negli ultimi anni è progressiva-mente aumentato il numero di grandi consumatori, siè abbassata l’età del primo consumo e degli episodi dietilismo acuto. Pertanto, anche se il gruppo più visibi-le di popolazione interessata è quella che ha ormaisviluppato la cosiddetta sindrome da alcol-dipenden-za (comunemente definita alcolismo), il gruppo diconsumatori più numeroso è certamente quello som-merso, cioè costituito da soggetti che hanno sviluppa-to un bere problematico anche senza esserne stretta-mente dipendenti. Questo gruppo deve essere il bersa-glio primario della prevenzione secondaria di un pro-gramma sanitario. La diagnosi di abuso alcolico e le procedure da adot-tare per il riconoscimento tempestivo dei problemi epatologie alcol-correlati (PPAC) prevedono un approc-cio multidisciplinare che consiste nella somministra-zione di questionari self-report, esami clinici e ricercadi bio-marcatori. I bio-marcatori tradizionalmente utilizzati per i con-trolli relativi all’assunzione di alcol sono quelli raccol-ti nel pannello EDAC (Early Detection of AlcoholConsumption). Questi comprendono la determinazio-ne di: volume corpuscolare medio (MCV), aspartatotransaminasi (AST), alanina transaminasi (ALT),gamma-glutamil transferasi (GGT), fosfatasi alcalina(ALP), colesterolo, trigliceridi. A questi si aggiunge latransferrina carboidrato carente (CDT).Negli ultimi anni, a questi marcatori tradizionali si èaffiancata la determinazione di marcatori di nuovagenerazione, tra cui l’Etilglucuronato (EtG) che, essen-do un metabolita diretto dell’alcol rappresenta attual-mente il più promettente marcatore di riconoscimen-to di abuso alcolico. In quanto marcatore diretto, l’EtGpresenta minori carenze diagnostiche in termini disensibilità e specificità rispetto ai marcatori tradizio-

50“IL FENOMENO DELLA DOPPIADIAGNOSI: ANALISI DESCRITTIVADELLE CARATTERISTICHE CLINICHEDEGLI UTENTI DELLA CPA PERDOPPIA DIAGNOSI “LA CELESTE”

Greta S.*, Pankok J.***Psicologa - Ricercatrice**Psichiatra - PsicoterapeutaIRCCS Fatebenefratelli San Giovanni di Dio, Brescia -CPA La Celeste con sede a Orzinuovi (Bs)

La comorbidità tra disturbi psichiatrici e uso di sostan-ze, comunemente chiamata “Doppia Diagnosi”, rap-presenta un’importante sfida oltre ad essere una pro-blematica di rilievo a livello socio-sanitario.La Comunità “La Celeste” segue un approccio multidi-sciplinare, aderendo ad un modello bio-psico-socialeintegrato, con l’obiettivo di offrire un programma ria-bilitativo in grado di implementare, negli utenti, il pro-cesso motivazionale al cambiamento, il mantenimen-to dell’astinenza da sostanze ed il compenso psicopa-tologico. Le caratteristiche dei pazienti sono le seguenti: età18-60 anni, Disturbo Psichiatrico (da DSM-IV-TR), Di-sturbo da Uso di Sostanze (da DSM-IV-TR), maschi/femmine. L’équipe di lavoro è composta da: Psichiatra,Psicologa, Coordinatrice, Educatori Professionali,Infermieri, OSS. Il programma terapeutico prevedequattro fasi: 1° Fase: Valutazione e stabilizzazionepsico-fisica; 2° Fase: Incrementare la motivazione; 3°Fase: Implementare il funzionamento; 4° Fase: Ritornoal territorio.Da Marzo 2006 a Luglio 2010 sono stati effettuati 110ingressi, e sono stati, ad oggi, sottoposti a valutazioni100 pazienti mediante: SCID I-II, MMSE, BPRS, HDRS,PANSS, GAF-CGI, FPS, STAI S-T, BDI, BIS-11, TCI, WHO-QOL-SRPB, WHOQOL-breve, SIB.

Tab 1 – Dati Sociodemografici

Sono state effettuate analisi che dimostrano comel’età media dei pazienti si stia gradualmente abbas-sando, passando da 39,2 aa nel 2006 a 32,4 aa nel2009. E’ stato fatto un confronto tra l’età d’esordio delDisturbo Psichiatrico e tra l’Esordio di Abuso diSostanze, stratificandole in base alla tipologia, osser-vandone le differenze. Si evince che la fascia critica,più a rischio, rimane quella adolescenziale (alcol,THC); preoccupante è l’esordio di abuso di Cocaina,che coinvolge diverse fasce d’età.Si sono, inoltre, osservate differenze tra le Diagnosid’Invio e le Diagnosi effettuate presso la nostra CPA(Tab. 2).

Tab 2 – Confronto tra Dignosi d’Invio e valutazioneDiagnostica presso la nostra CPA

Si evince, quindi, la necessità di Diagnosi il più accu-rate possibili, per interventi adeguati (farmacologico),soprattutto attraverso un’adeguata DiagnosiDifferenziale tra Bipolari e Borderline. La “DoppiaDiagnosi” più frequente: Dist. Personalità -Poliabusatori (67%).Si riscontra dalle analisi un’elevata correlazione tra itest somministrati, a conferma di attendibilità edaccuratezza della valutazione clinica (Tab. 3). Siriscontrano, inoltre, punteggi migliori in Dimissione, adimostrazione dell’efficacia trattamento.I Punteggi ai test riguardo a sintomatologia psicotica(PANSS), funzionamento sociale (FPS), e gravità dimalattia (CGI), risultano peggiori nei DisturbiPsicotici., e migliori nei Disturbi dell’Umore.

Tab. 3 – Correlazioni tra test

I soggetti presentano Profili Personologici -Temperamento e Carattere - disfunzionali e disadatti-vi (Cloninger, ‘94), ottenedo elevati punteggi in:Ricerca Novità, Evitamento Danno, Autotrascendenza,

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nali. Dopo l’ingestione di alcol, l’Etilglucuronato è rile-vabile nel sangue per alcune ore, nell’urina per alcunigiorni e infine nei capelli (se l’assunzione di alcol è inquantità tali da permetterne l’incorporazione) fino adalcuni mesi di distanza. Inoltre, la sua determinazionequantitativa nel capello è utile a discriminare tra lediverse categorie di consumatori. Questa capacità didiscriminazione è ormai riconosciuta anche dallaComunità Internazionale; il 16 Giugno 2009, infatti, laSociety of Hair Testing ha fissato a 30 pg/mg il valoresoglia di concentrazione di Etilglucuronato nel capel-lo da utilizzare per distinguere i consumatori occasio-nali da quelli problematici. Inoltre, la matrice cheratinica comporta ulteriori van-taggi di tipo pratico rispetto ad altre matrici biologi-che come la possibilità di essere prelevata anche dapersonale non medico, la non invasività del campio-namento, la facilità di conservazione del campionestesso. Attualmente la determinazione dell’EtG nel capellotrova applicazioni per la diagnosi di abuso cronico dialcol; il monitoraggio di pazienti in astinenza; la veri-fica dell’idoneità alla guida e a mansioni lavorativeche comportano rischi per la sicurezza propria e disoggetti terzi.

ObiettivoLo scopo principale del progetto di ricerca è confer-mare l’elevata specificità e sensibilità dell’Etilglucu-ronato come marcatore di abuso alcolico, quando siutilizzino 30 pg/mg come valore limite. Altri obiettividel progetto sono rappresentati da: valutare la possi-bilità di utilizzare matrici cheratiniche alternative aicapelli, quali peli pubici o ascellari per il riconosci-mento dell’abuso etilico, ed utilizzare un’analisi stati-stica multivariata per correlare i diversi parametricontenuti nel pannello EDAC con il valore di EtG neicapelli. Tale correlazione sarà valutata attraverso stru-menti tipici della statistica e della chemiometria (es.analisi dei componenti principali), una disciplina auto-noma della Chimica Analitica che si propone di estrar-re la massima informazione utile dallo studio di datimultivariati. In questo modo si ritiene di poter ottene-re un’evidenza oggettiva che diverse concentrazioni diEtG siano effettivamente, e strettamente, connesse adalterazioni di valori biologici tipici dell’alcolismo e dipoter selezionare i marcatori tradizionali che, insiemeall’EtG, contribuiscono maggiormente a discriminare iconsumatori. Per la realizzazione del progetto è pertanto essenzialecoinvolgere soggetti che afferiscono ai Dipartimenti diPatologia delle Dipendenze, in modo tale da poteranalizzare campioni provenienti da soggetti equa-mente ripartiti tra consumatori cronici, occasionali eastinenti, e di cui siano note le abitudini al consumodi alcolici e la storia clinica.

MetodologiaAd oggi sono stati reclutati circa 120 soggetti. Ad ognipaziente sono stati prelevati campioni di sangue e dicapelli, peli pubici ed ascellari; è stato inoltre chiestodi compilare un questionario anamnestico volto a rac-cogliere le informazioni sulle abitudini all’assunzione

di alcolici, in particolare su quale fosse la frequenzadel consumo e la quantità assunta. Altre voci da com-pilare erano relative alla situazione clinica del pazien-te (farmaci assunti, patologie pregresse o in atto). Suicampioni biologici prelevati sono state svolte le anali-si tossicologiche e chimico-cliniche, finalizzate alladeterminazione dell’EtG, della CDT e dei parametri delpannello EDAC. In particolare la determinazionedell’EtG è stata effettuata mediante analisi in HPLC-MS/MS con una procedura operativa accreditata se-condo la norma UNI CEI EN ISO/IEC 17025:2005. Ladeterminazione dei parametri del pannello EDAC èstata effettuata con le consuete tecniche chimico-cli-niche, mentre quella della CDT è stata svolta median-te analisi in HPLC-UV. I risultati relativi a tutti i para-metri determinati sono stati utilizzati per le analisistatistiche e chemiometriche. Tutte le valutazionisono state condotte con l’utilizzo del software stati-stico SPSS, versione 16.

ConclusioniI marcatori tradizionali, benché utili alla determina-zione dell’esposizione all’alcol in quanto subisconovariazioni in caso di consumo smodato di etanolo,sono influenzati da molti fattori, quali patologie epa-tiche di origine non alcolica, abuso di farmaci, fattoriormonali e variabilità genetica; di conseguenza essidifettano di sensibilità e specificità diagnostiche e divalore predittivo rispetto all’EtG, come confermano idati raccolti sino ad ora. In particolare: l’Etilglucu-ronato nel capello presenta una elevata specificità esensibilità come marcatore di abuso alcolico quando siutilizzino 30 pg/mg come valore limite; l’attendibilitàdel dato analitico fornito dalla determinazionedell’EtG nel capello, non trova riscontro nelle matricicheratiniche alternative, quali peli pubici e ascellari,frequentemente prelevati in alternativa ai capelli, adesempio in soggetti calvi o rasati; le curve ROC met-tono in evidenza la scarsa sensibilità della CDT, sebbe-ne negli ultimi anni sia stato utilizzato come marca-tore per la conferma di abuso alcolico cronico. Inoltreappare evidente come un aumento significativo dellaCDT si verifichi solo nei casi in cui il fenomeno dell’a-buso sia particolarmente intenso; l’analisi chemiome-trica dei componenti principali mostra come tra tutti imarcatori tradizionali quelli più utili a discriminare traconsumatori cronici e occasionali/astinenti siano AST,ALT, GGT e CDT. Le variabili colesterolo e trigliceridi appaiono confon-denti ai fini della classificazione. In ultimo ALP e MCVsembrano ininfluenti, sebbene quest’ultima presentiuna buona specificità. L’analisi dei componenti princi-pali evidenzia anche il netto miglioramento nellaseparazione dei consumatori cronici da quelli occasio-nali/astinenti quando si inserisca anche l’EtG comevariabile, in aggiunta ai quattro marcatori tradiziona-li più significativi. Questi risultati suggeriscono che ladeterminazione della CDT sia inserita nei protocolli discreening, mentre la determinazione dell’EtG nelcapello rappresenti l’unico test attendibile per la con-ferma di diagnosi di abuso alcolico cronico.

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informa IV CONGRESSO NAZIONALE CONSUMI E DIPENDENZE

L’INTERVENTO SUL GAP IN UN SER.T DI MILANO

Autori: Stellato C.*, Micheli D.**, Zita G.***, Cozzolino E.***** Medico Responsabile Struttura Semplice Ser.T ViaBoifava - Milano** Educatore Professionale Ser.T Via Boifava - Milano*** Medico Psichiatra Ser.T: Via delle Forze Armate -Milano*** Direttore Ser.T 1 Asl di Milano

Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una crescenterichiesta d’intervento da parte di pazienti con un pro-blema di gioco d’azzardo patologico (GAP) nei Ser.Tmilanesi.A seguito di una modifica organizzativa della nostraAzienda che ha richiesto una specializzazione dellesedi, dal 2008 la sede di v. Boifava si occupa di GAP edi abuso/dipendenza da sostanze diverse dagli oppia-cei. L’ambulatorio di somministrazione dei farmaciagonisti è stato spostato in un’altra sede ed è statacostituita una specifica èquipe che si occupa dei gio-catori.Si è scelto quindi di favorire l’accesso al Servizio diquesta tipologia di utenti senza effettuare alcun tipodi pre-selezione e, dopo una valutazione multimodale,di proporre un trattamento di media durata (6-9 mesi)centrato sul sintomo, finalizzato al raggiungimento diobiettivi possibili, specifici e adeguati alla durata stes-sa del trattamento, sia per favorirne la compliance siaper utilizzare in modo razionale le risorse. Con tali criteri il trend delle prese in carico ha eviden-ziato un aumento del 400% nel secondo anno rispet-to al primo e del 100% nel terzo anno rispetto alsecondo. Materiali e metodi: sono stati presi in considerazionei casi seguiti dal 2007 fino al 31/7/10.La valutazione multidisciplinare viene effettuataattraverso colloqui clinici con il medico, lo psichiatrae lo psicologo e l’esecuzione di tests (SCL-90, Tas-20,PBI, SOGS, SLUGS, Cage); viene anche indagata lasituazione sociale soprattutto nei versanti economici,lavorativi, legali e debitori.L’équipe che prende in carico il paziente prevede sem-pre le figure del medico, dello psicologo e dell’educa-tore; in funzione delle specificità del caso, ai pazientivengono proposti diversi tipi di trattamento: psicolo-gici (psicoterapia secondo vari orientamenti, consulta-zioni individuali e/o familiari), farmacologici (per ilcontrollo dell’ansia, depressione, impulsività, craving),motivazionali, psicoeducativi; sono previste dellevalutazioni intermedie a 3, 6 mesi e alla conclusionedel trattamento con SCL-90, SOGS e VGF.I pazienti vengono dimessi al raggiungimento e con-solidamento degli obiettivi concordati o, comunque,quando gli obiettivi raggiunti appaiono essere il mas-simo risultato acquisibile in quel momento.Per facilitare la raccolta dei dati è stato creato unospecifico strumento di lavoro (scheda GAP) in cui ven-

gono sintetizzati alcuni dati salienti distinti in: datidemografici d’ingresso, condizione socio-relazionaleed economico-debitoria e sintesi della valutazionepsicologica, medica, psichiatrica con valutazione dellagravità ( criteri del DSM-IV, SOGS, classi di Blaszynsky)e degli esiti. Questo strumento è stato successivamen-te informatizzato ed inserito in uno specifico databa-se per una raccolta e analisi più agevole dei dati.Risultati: sono stati seguiti 38 pz, di cui 30 maschi(79%) con un’età media di 45 anni (le donne presen-tano un’età media più alta: 53 anni) in accordo con laletteratura. Molti pz. (48%) hanno un basso reddito (categorie 1 e2 di Hollingshead) e il 61 % del totale ha giocato finoa 1000 euro in un solo giorno. Nel 68% dei casi il gio-co prevalente è quello delle slot- machine, tipo digioco facilmente reperibile, alla portata di tutti.All’anamnesi risulta che la media di anni di gioco per-cepito come non problematico è di 9,7 (fase di Custer3 o 4) e che la media di giorni di astinenza riferitiall’accoglienza è di 27 (o perché non hanno più soldidisponibili oppure perché hanno già raggiunto una suf-ficiente motivazione che li ha portati a controllarsi).La maggioranza dei pz. dichiara di rivolgersi al Servizioper la presenza di problemi relazionali e familiari(42%) o per difficoltà economiche (39%). L’88% (datosu 26 pz.) ha debiti, ma solo l’8% ha problemi con laGiustizia.

DiagnosticaAll’accoglienza tutti i pz., salvo uno, avevano almeno5 su 10 criteri DSM per la diagnosi di GAP (media 6,1criteri) e un VGF di 60 (media su 32 pz.).Secondo la Classificazione di Blaszczynski (5) eranodistinti in:I. giocatori patologici-non-patologici 15 pz. (42%)II. giocatori emotivamente disturbati 15 pz. (42%)III. giocatori con correlati biologici 6 pz. (17%)Nella nostra casistica, la maggior parte dei pz. (72%)gioca senza associare sostanze ad azione psicoattiva esolo 3 (8%) associano alcolici.Per quanto riguarda l’associazione del GAP a altridisturbi di Asse I e II (risultati su 38 pz.):• 19 pz. presentavano disturbi di Asse I, Asse II, o AsseI + II, • 9 non hanno nessun disturbo, • 10 nessuna diagnosi Il 39% dei pz. era alessitimico (15 pz. su 35 test vali-di). Per quanto riguarda il PBI, su 38 pz, 32 (84%) pre-sentavano da 1 a tutti gli item alterati e solo 6 (16%)non avevano alcuna alterazioneEsiti: • completato 8 21% • in corso 14 37%• passato ad altro trattamento 2 5%• drop-out 14 37%Dei pazienti presi in carico e trattati negli anni 2007,2008 e 2009 ( 36 pz.) solo 2 sono rientrati con unanuova richiesta di cura

Osservazioni e conclusioni:In un periodo di circa 3 anni abbiamo seguito 38pazienti che presentavano all’ingresso una diagnosi di

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GAP. Di questi, la maggior parte ha completato il trat-tamento o lo aveva ancora in corso al momento dellarilevazione (il 58%). Un aspetto evidente già dai primi dati è che questigiocatori appartengono a classi economiche pocoagiate e che nella maggior parte dei casi giocano alleslot-machine, reperibili facilmente e in luoghi nonstrettamente deputati al gioco; questo mette in evi-denza quanto i giochi, proposti sempre più numerosi ein ambiti poco connotati, riescano a catturare l’inte-resse di un pubblico sempre più vasto.Molti di questi pazienti avevano contratto debitisenza tuttavia arrivare ad avere problemi penali.L’evidenza di difficoltà economiche ha spesso consen-tito ai familiari di accorgersi dell’esistenza del proble-ma: la conseguente, inevitabile, crisi dei rapporti,spesso difficili già in epoche precedenti al gioco (datoanamnestico confermato dagli esiti del PBI) può for-nire una motivazione alla necessità di un cambiamen-to e quindi alla cura. Questa osservazione sembrafavorire la necessità di coinvolgere nel trattamento,quando possibile, uno o più familiari.Inoltre la complessità delle problematiche presentaterende indispensabile l’approccio multidisciplinare e ilcoinvolgimento di altri Servizi che si possano occupa-re in modo più specifico ad es. della patologia psi-chiatrica o della situazione debitoria oppure dellagestione delle relazioni familiari, indipendentementedal GAP.La percentuale molto bassa di rientri, tra i pazienti giàtrattati, appare essere una conferma dei buoni risulta-ti trattamentali raggiunti e del loro mantenimento neltempo. Si è osservato che le strategie terapeutiche piùefficaci sulla prevenzione delle ricadute, non appaio-no essere applicabili a tutti i pazienti; la necessità diottimizzare l’utilizzo delle risorse disponibili all’inter-no dei tempi medi previsti per il trattamento (elemen-to fondamentale per poter garantire i trattamenti alnumero più alto possibile di pz), ci spinge a ricercarecriteri, da utilizzare nella fase diagnostica, che per-mettano di individuare con rapidità i trattamenti rea-lizzabili con il singolo pz e più efficaci per lui.

Bibliografia1. R.Ladouceur et al. (2003) Il gioco d’azzardo eccessivo - Centroscientifico editore2. American Psychiatric Association (1994) Diagnostic andStatistic Manual of Mental Disorders (IV ed.)- Masson3. AA.VV. a cura di M. Croce e R. Zerbetto (2001) Il gioco e l’az-zardo. Il fenomeno, la clinica, le possibilità di intervento -FrancoAngeli Editore4. AA.VV a cura di P. Rigliano (1998) Indipendenze - EdizioniGruppo Abele5. M.Croce (2003) Le difficoltà nel riconoscere e trattare ledipendenze non da sostanze - in Personalità/dipendenze -vol.9,fasc.I,giugno 2003

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Distinguendo per sostanza d’abuso primaria, si rilevache tra gli utilizzatori di oppiacei la maggior partedegli utenti associa la cocaina (83%), il 17% i canna-binoidi, il 10% l’alcol e il 4% le benzodiazepine. Il 44%dei soggetti cocainomani associa alla sostanza prima-ria l’uso di alcol, il 38% assume cannabinoidi e il 29%l’eroina.La sostanza secondaria maggiormente utilizzata tragli utilizzatori di cannabinoidi è la cocaina (71%: que-sto dato corrisponde a soli 5 soggetti) (Tabella 2).

Tabella 2 – Distribuzione percentuale degli utenti intrattamento per uso di oppiacei in base al numero e altipo di sostanze “secondarie” consumate.

Elaborazione su dati Osservatorio Territoriale Droga e Tossicodipendenze - ASL MI2

3. IL PROFILO DEL POLIABUSO NEI PAZIENTI DEISERVIZI ALCOLOGICINel 7% dei soggetti in carico nell’anno 2008 ai Servizidi cura per le alcol dipendenze in ASL MI 2, si rileva unconcomitante utilizzo di sostanze illegali. L’unico fattore che contraddistingue i soggetti polia-busatori dagli altri risulta essere l’età attuale: si rileva,infatti, che per un soggetto di età inferiore ai 45 annila probabilità di essere un soggetto poliassuntore è 3volte maggiore rispetto ad un soggetto più anziano(OR:3.92; CI 95%:1.41-10.90).La maggior parte degli alcolisti poliassuntori fa uso diuna sola sostanza illegale (82%) e solo pochi soggetti(4 utenti corrispondenti al 18% dei poliassuntori)associano più sostanze illegali; si osserva soprattuttol’associazione con cocaina (50%) e con cannabinoidi(32%) mentre altre sostanze si rilevano per un’esiguaminoranza degli utenti.

4. IL PROFILO DEL POLIABUSO NEI PAZIENTI DELCARCEREOltre a una quota maggiore di soggetti iniettori, tra gliutenti in carico presso l’UO Carcere si osserva ancheuna proporzione di poliassuntori maggiore di quantorilevato complessivamente nei SerT: 32% e 16%rispettivamente.Disaggregando l’utenza per presenza all’interno delservizio (vecchi e nuovi utenti), appare evidente comeil poliabuso sia un comportamento diffuso principal-mente all’interno della tipologia “nuovi utenti”, tra iquali il 70% dei soggetti è un poliassuntore. Tra gli utilizzatori di oppiacei, un’analoga quota disoggetti fa uso di una (16%) o più sostanze seconda-rie (11%). La sostanza maggiormente associata agli

oppiacei è la cocaina (90%), ma si rileva anche unadiscreta quota di associazione con cannabinoidi (29%)e alcol (18%).Tra i cocainomani si osserva principalmente l’uso diuna sola sostanza secondaria (27% del collettivo)mentre solo un 9% usa più sostanze secondarie. Leassociazioni più diffuse tra i cocainomani sono quellecon eroina (47%), cannabinoidi (48%) e alcol (26%).Tra gli alcoldipendenti invece il 10% dichiara l’uso diuna sola secondaria mentre il 4% ne utilizza almenodue. L’uso di alcol viene abbinato prevalentementeall’utilizzo di cocaina (86%) e in misura minore aquello di cannabinoidi (29%) (Tabella 3).

Tabella 3 – Distribuzione percentuale degli utenti intrattamento per uso di oppiacei in base al numero e altipo di sostanze “secondarie” consumate.

Elaborazione su dati Osservatorio Territoriale Droga e Tossicodipendenze - ASL MI2

5. CONCLUSIONITra i soggetti in carico ai Servizi per le dipendenze inASL MI 2, il poliabuso di sostanze si presenta con pat-tern diversi a seconda della tipologia di utenti consi-derato: la percentuale di poliabuso va dal 7% deglialcolisti, al 16% dei soggetti dei SerT fino ad arrivareal 32% nei soggetti ristretti presso il carcere di Opera. I nuovi utenti tendono ad avere un tasso di poliabusomaggiore in tutte le tipologie considerate e tra glialcolisti si rileva inoltre una forte differenza influen-zata dall’età attuale del soggetto, se maggiore ominore ai 45 anni. La cocaina è la sostanza secondaria preferita dagliutenti dei SerT e dagli alcolisti, anche se le associazio-ni si differenziano in base alla sostanza primaria uti-lizzata: gli eroinomani preferiscono la cocaina, mentrei cocainomani prediligono associare gli alcolici e, vice-versa, gli alcolisti la cocaina. La popolazione degliutenti del carcere si contraddistingue per una mag-giore tendenza al poliabuso (32% nell’intero colletti-vo e 70% tra i nuovi utenti).

IL POLIABUSO NEI SERVIZI PER LE DIPENDENZE DI UN’ASL IN PROVINCIA DI MILANO

Strepparola G.*, De Nisco T.*, Cavalcanti S.*, Curioni R.*, Buzzi M.L.*, Donadeo E.*, Ferrari A.*,Bravin S.*, Torrioni M.*, Lorenzoni V.**, Luppi C.**,Molinaro S.*** Servizio Territoriale delle Dipendenze ASL Provinciadi Milano 2, Melegnano (MI)** Istituto di Fisiologia Clinica (IFC) del ConsiglioNazionale delle Ricerche, Pisa

1. INTRODUZIONEIl Servizio Territoriale delle Dipendenze dell’ASLProvincia di Milano 2 opera su un territorio posto asud-est di del Comune Milano, con una popolazionedi circa 500.000 abitanti. Nel 2008 si articolava in treUnità operative SerT territoriali (Gorgonzola, Mele-gnano e Rozzano), due Servizi algologici (Gorgonzolae Pieve Emanuele) e una Unità operativa all’internodel Carcere di Opera. Quell’anno ha avuto in carico1.141 soggetti presso le tre sedi SerT territoriali, 373soggetti presso i due servizi algologici e 629 utentipresso il Servizio del Carcere di Opera.I dati sono stati raccolti e gestiti a cura dell’Osser-vatorio Territoriale del Dipartimento delle Dipendenze,elaborati ed analizzati dagli epidemiologi dell’IFC delCNR di Pisa.

2. IL PROFILO DEL POLIABUSO NEI PAZIENTI DEISERTIl 16% dei soggetti che afferisce ai SerT territorialidell’ASL fa uso anche di altre sostanze oltre la prima-ria. Il comportamento di poliassunzione si osserva inmisura maggiore tra gli utilizzatori di oppiacei (19%),rispetto ai soggetti cocainomani (12%) e agli utilizza-tori di cannabis (11%).Il comportamento di poliassunzione risulta inoltremaggiormente diffuso tra le femmine (21% contro il16% dei maschi) e tra i nuovi utenti (30% contro il13% dei già in carico).Emerge un’associazione statisticamente significativatra poliabuso, sostanza primaria e tipo di presenzaall’interno del servizio (vecchi/nuovi utenti).

Tabella 1 - Utilizzatori di oppiacei e cocaina: misuredell’associazione (odds ratio) tra il comportamento dipoliassunzione ed alcune caratteristiche dell’utenza intrattamento.

Elaborazione su dati Osservatorio Territoriale Droga e Tossicodipendenze - ASL MI2

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L’operatività, grazie a queste azioni, ha di fatto soste-nuto e alimentato le potenzialità della condivisione ela possibilità di ricevere in tempo reale gli aggiorna-menti dalle altre strutture dove l’utente è in tratta-mento, viene ora considerata un elemento di forza.

Fotografia attuale del processo Gli operatori delle UDO inseriti nel sistema sono 37,prevalentemente figure educative (57%) e psicologi-che (19%); molto meno presenti risultano gli assi-stenti sociali e le figure sanitarie, che in alcune strut-ture sono addirittura assenti.Il numero di utenti in carico alle comunità presentinella piattaforma Dipendenze nel periodo 1 gennaio -30 giugno 2010 è pari a 100, di cui 56 gestiti esclusi-vamente dalle comunità in quanto provenienti daServizi extraterritoriali e 44 gestiti in condivisione coni Servizi pubblici ASL Milano 2: 41 in carico ai Ser.T. e3 in carico al Servizo di Alcologia. Il rapporto tra uten-ti territoriali ed extraterritoriali (44/56=0.79) rappre-senta un indicatore dell’esito del processo di integra-zione e di messa in rete tra i soggetti pubblici e priva-ti del territorio che verrà utilizzato per la valutazionedel percorso futuro. Questa breve sperimentazionepermette già di fruire di dati legati ad alcune caratte-ristiche dei soggetti in trattamento nelle strutturecomunitarie e di sviluppare dei confronti con le carat-teristiche dei soggetti in trattamento ambulatoriale.Dall’analisi della sostanza d’abuso primaria si puòosservare come le strutture del privato sociale hannoin carico una percentuale di utenti per problemi dicocaina significativamente maggiore (49%) di quellarelativa ai problemi legati agli oppiacei (30%). Se siconsidera anche il dato delle sostanze secondariedove la cocaina viene segnalata in un quinto del cam-pione viene confermato un significativo cambiamen-to per l’utenza anche per i trattamenti residenziali

ConclusioniGià da questa prima fase è stato possibile avere unarricchimento dei dati e delle informazioni associateall’utenza in trattamento che permetteranno in futu-ro di realizzare degli studi ad hoc sui percorsi di trat-tamento integrato. Il processo di integrazione costi-tuirà uno stimolo per potenziare la comunicazione trapubblico e privato permettendo a tutte le struttureche hanno in carico l’utente di avere in tempo realel’aggiornamento sul trattamento. 1 Comunità “Il Molino della Segrona” (Cooperativa Sociale SetteONLUS), Centro Accoglienza “Cascina Mazzucchelli” e CentroAccoglienza “Cavaione” (Padri Somaschi), Addiction CenterLacchiarella (Cooperativa Lotta contro l’Emarginazione) / Ser.T.di Gorgonzola, Ser.T. di Vizzolo Predabissi, Ser.T. di Trezzosull’Adda e Ser.T. di Rozzano, N.O.A. di Gorgonzola e N.O.A diPieve Emanuele.2 “Una applicazione è di successo quando i benefici che l’utiliz-zatore ottiene sono superiori ai costi che lo stesso deve soste-nere” (Francesco Pinciroli, La Cartella Clinica Informatica. Fraattesa di tecnologie più adatte e mancato uso di prestazionipronte).

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ne condivisa delle informazioni in tempi brevi; • la definizione di procedure per la gestione condivisadelle cartelle formalizzate attraverso un protocolloche esplicita le modalità con cui affrontare le proble-matiche nate dalla condivisione tra due o più servizi.L’obiettivo è quello di far sì che le Unità Operativesiano sempre più autonome nella gestione dei conflit-ti valorizzando il contatto diretto tra comunità e ser-vizi pubblici e facilitando un maggior interscambio trai nodi della rete;• momenti di confronto tra operatori del pubblico edel privato sociale utili sempre per favorire l’integra-zione e per raccogliere feed-back sul programma fun-zionali al suo miglioramento.

Tab. Distribuzione della sostanza primaria negli utentiin trattamento nelle comunità

Graf. Distribuzione percentuale della sostanza in trat-tamento nelle comunità in ordine decrescente

UTILIZZO DELLA PIATTAFORMA“DIPENDENZE” NELLA RETE DEISERVIZI DI TRATTAMENTO PUBBLICIE PRIVATI DELL’ASL MILANO DUE

Strepparola G., De Nisco T., Salviati S., De Rossi C., Lucchini A.Osservatorio Territoriale, Dipartimento d. DipendenzeASL Provincia Milano 2, Melegnano (MI)

IntroduzioneL’esperienza presentata origina dal Progetto Sesit edalle indicazioni dell’Osservatorio Europeo delle Tossi-codipendenze che identificano quale obiettivo priori-tario la disponibilità di informazioni comparabili eattendibili sulle caratteristiche delle persone sottopo-ste a trattamento per il consumo di droga e alcol.Questo obiettivo ha una duplice funzione: una dicarattere epidemiologico, per lo studio dei modelli diconsumo problematico e di trattamento, per l’identifi-cazione dei modelli di accesso ai servizi, per pianifica-re e valutare le attività erogate dai servizi. L’altra dicarattere clinico, poiché l’avere informazioni comple-te sulle caratteristiche dei soggetti in trattamento esulla loro storia clinica nell’ambito dei servizi speciali-stici per le tossicodipendenze è un aspetto non secon-dario del trattamento stesso, funzionale ai processianamnestici e diagnostici. A seguito del Progetto Sesit in tutti i servizi pubblicidell’area Dipendenze della Lombardia è stata adottatauna cartella clinica informatizzata che è in grado diprodurre un output uniforme rispetto agli standarddefiniti dal protocollo nazionale. Tale piattaforma per-mette di raccogliere informazioni relative alle caratte-ristiche anagrafiche dell’utenza, alla definizione diaspetti salienti della problematica per cui si prende incarico l’utente (sostanze di iniziazione, primo contat-to con la rete trattamentale, problematiche legali) e altrattamento (terapie avviate, diari clinici, relazioniufficiali, esami strumentali).Il progetto Sesit indicava come rilevante il coinvolgi-mento delle strutture del privato sociale poiché costi-tuiscono un nodo significativo della rete del tratta-mento e quindi da considerare parte integrante dellacatena informativa. Nel territorio dell’ASL Milano 2 si èattivato nel corso del 2009 un percorso di sperimenta-zione per il coinvolgimento delle strutture del privatosociale all’interno del sistema nella rete informativa.

Descrizione del progettoLa fase di start-up del processo ha previsto degliincontri per la promozione del coinvolgimento dellestrutture del privato sociale all’interno della piattafor-ma Dipendenze. Nel territorio dell’ASL Milano 2 hannoaderito al progetto 4 Unità d’Offerta (UDO)1. Ulterioreobiettivo degli incontri iniziali era l’acquisizione diconoscenze sui sistemi informativi e sui bisogni speci-

fici delle singole UDO. Si è potuto così comprenderecome le strutture avevano sviluppato sistemi propri digestione delle informazioni di cui la parte principaleveniva raccolta su supporto cartaceo (relazioni, diari,esami ecc.). L’informatizzazione era invece circoscrittaai dati richiesti per la soddisfazione dei debiti infor-mativi, ad aspetti amministrativi e ad alcuni dati sullecaratteristiche dell’utenza. I programmi locali presen-tavano notevoli specificità legate in particolar modoai vari modelli di intervento ed erano quindi poco ido-nei a soddisfare i requisiti di standardizzazione e omo-geneità richiesti dall’Osservatorio Europeo e alla rea-lizzazione di studi sull’utenza in trattamento, anche alivello locale, funzionali alla programmazione territo-riale. La difficoltà maggiore riscontrata è il passaggio da unsistema cartaceo adattato alla propria realtà e al pro-prio modello di intervento ad un sistema informatico digestione della cartella clinica costruito sulla base dialtre esigenze2.Per affrontare tale criticità l’Osservatorio Territorialedel Dipartimento Dipendenze ha costituito un gruppodi lavoro con soggetti portatori di interessi sia delpubblico che del privato sociale. Tale gruppo ha atti-vato due processi: da una parte l’adattamento del pro-gramma secondo le esigenze delle unità d’offerta macompatibilmente con la necessità di standardizzare leinformazioni raccolte; dall’altra un capillare lavoro ditraduzione dei linguaggi e dei significati presenti nellaPiattaforma che consenta alle UDO di ricollocare illoro lavoro all’interno delle codifiche presenti nel pro-gramma facendo proprio lo strumento. Tale attività èstata supportata dalle seguenti azioni:• formazione e supporto agli operatori delle comunità.La formazione, che ha previsto un forte investimentoiniziale ha di fatto costituito in questi primi sei mesiun’attività continua dato il turnover degli operatori ela complessità del programma che è emersa dalla suaapplicazione. L’attività di formazione si è nel tempotrasformata in incontri di supporto e verifica in sede econ l’attività di help-desk telefonico.• stesura del manuale tecnico di utilizzo del softwarecostruito ad hoc per le comunità e dall’aggiornamen-to del manuale per i servizi.Un ulteriore elemento di criticità emerso è il passag-gio da un sistema gestito autonomamente ad uno cheprevede il coinvolgimento di più unità d’offerta e diservizi e che viene gestito a livello centrale dal Dipar-timento delle Dipendenze. La condivisione di informa-zioni con altri servizi ha rappresentato in queste fasiiniziali un elemento di discussione, sia da parte deglioperatori dei servizi pubblici sia da parte degli opera-tori delle UDO. Questa caratteristica del processo èstata trattata e restituita nei vari incontri realizzaticome una potenzialità e innovazione nei rapporti traservizi pubblici e privati. Per sostenere gli operatori inquesto passaggio sono state introdotte alcune solu-zioni operative: • l’individuazione di due referenti uno specifico per iservizi pubblici ed uno specifico per le UDO con la fun-zione di mediazione tra le varie unità della rete che,grazie ai poteri di amministrazione del sistema, sonoin grado di gestire le problematiche legate alla gestio-

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Tabella n. 2 - Test t di Student: confronti a coppie.

L’analisi della tabella n.1 e del grafico che ne conse-gue (figura 1), ci permettono di avanzare le seguentiosservazioni:1. I tossicodipendenti detenuti evidenziano un livellodi “sofferenza” decisamente più elevato in tutte le 9dimensioni rispetto agli altri tre gruppi investigati.2. I punteggi dei due gruppi di tossicodipendenti trat-tati (sia nel Ser.T, con metadone, sia in Comunità conprevalente trattamento psicosociale) si avvicinanomaggiormente ai punteggi rilevati nel gruppo di con-trollo che non a i punteggi riscontrati tra i tossicodi-pendenti detenuti. 3. Per ciascuno dei gruppi considerati, la dimensionein cui si evidenzia maggiore sofferenza è l’ossessività-compulsione. Per i TD detenuti è molto alta anche lacollera.4. Dalla tabella n. 2 appare evidente che ansia fobicae sensitività sono due dimensioni relativamente inva-rianti in tutti e tre i contesti esaminati, in quanto nonemergono differenze statisticamente significative neitre gruppi di utenti individuati

DISCUSSIONEPrima conclusione: la tossicodipendenza è una malat-tia ad elevato valore di sofferenza psichica. E ciò pre-scinde dalla organizzazione dei segni e sintomi indefinite sindromi psichiatriche.Seconda conclusione: la condizione di detenzionesembra avere un effetto di risonanza della sofferenzadel tossicodipendente!Terza conclusione: le dimensioni psicopatologiche chenon presentano differenze significative e che, quindi,possono essere indipendenti dal contesto ambientalesono l’ansia fobica e la sensitività. Queste forme didisagio sono sempre presenti nei tossicodipendenti danoi studiati, siano essi in carcere, nel territorio o incomunità e siano essi in trattamento metadonico opsicosociale.

Per BIBLIOGRAFIA e maggiori dettagli sui contenuti di SCL-90-R: [email protected] ringraziamento all’équipe SerT dell’Istituto peniten-ziario di Trani

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LA SEMIRESIDENZIALITÀRIABILITATIVA ALCOLOGICA PUBBLICA: L’ESPERIENZA DE “IL FILO DI ARIANNA” DELL’ASL NA2 NORD

Vanni M., Del Vecchio R., Luciano M., Musella G.,Lucignano F., Papaleo A.M:, Schiano V., Marsicano M.L., Di Lauro G.

IntroduzioneNei servizi per le dipendenze della nostra ASL, negliultimi tre anni, in analogia a quanto accaduto nel pa-norama nazionale, si sono registrati importanti cam-biamenti riguardanti la tipologia dei nuovi utenti:sono aumentati i consumatori di cocaina e alcol, si èabbassata l’età e si sono modificati i modelli di con-sumo e gli stili di vita degli stessi. Tutto ciò chiara-mente richiede la ristrutturazione dei sistemi sanitariper quel che concerne l’assistenza. Per adeguare larisposta ai nuovi bisogni, il Dipartimento delleDipendenze Patologiche dell’ASL Na2 Nord con l’U.Odi Alcologia, in collaborazione col Comune di Pozzuoli,hanno istituito dall’aprile di quest’anno, un centrosemiresidenziale per persone con problematichealcol-correlate e con problemi di uso/abuso di cocai-na.

“Il Filo di Arianna”E’ stato ricavato dalla ristrutturazione dei locali delSer.T e dell’U.O di Alcologia.L’obiettivo è quello di sperimentare un percorso riabi-litativo di tipo educativo, di reinserimento sociale eformazione al lavoro. Il periodo di tempo previsto dalprogetto è di 10 mesi e ciò ha creato non pochi pro-blemi nella definizione del target: troppo lungo per unprogramma breve di diagnosi e orientamento e trop-po breve per un programma aftercare. Abbiamo deci-so, infine, di destinare il progetto a quei pazienti cheavevano mostrato buoni esiti ad altri trattamenti mache avevano evidenziato difficoltà nella fase di termi-ne programma e quindi nella gestione della separa-zione. I soggetti reclutati, 6 in tutto, provengono,quindi, già da un percorso ambulatoriale che prevedeinizialmente una fase di osservazione e diagnosi cheha come obiettivo un’attenta valutazione delle carat-teristiche psico-biologiche, sociali e tossicologiche delpaziente. In questa prima fase di sperimentazionesono stati esclusi i pazienti fortemente impulsivi condisturbi bordeline o antisociali.Questa fase in genere è contestuale al trattamentofarmacologico dei sintomi dell’astinenza da alcol e delcraving. Nella nostra esperienza il GHB si è rilevato ilfarmaco più efficace grazie anche alla sua manegge-volezza, alla buona tollerabilità, alla quasi assenza dieffetti collaterali e tossici. I problemi di abuso o misu-so del farmaco (circa il 5% dei casi) sono stati quasi

55SCL-90-R IN 3 CAMPIONI DI TOSSICODIPENDENTI TRATTATI IN TRE CONTESTI AMBIENTALI DIF-FERENTI: SER.T, CON TRATTAMENTOPREVALENTEMENTE SOSTITUTIVO,CARCERE, CON TRATTAMENTOESCLUSIVAMENTE PSICOSOCIALE, E COMUNITÀ, CON TRATTAMENTOPREVALENTEMENTE PSICOSOCIALE

AUTORI: Taranto A.*, Poggi C.*, Brizzi G.*,Pagliarulo A.R.***DDP Bari, **C.T. Lorusso Cipparoli, Giovinazzo (BA)*[email protected]

RIASSUNTOL’SCL-90-R somministrato a tre campioni di tossicodi-pendenti trattati in contesti ambientali differenti, piùun campione di controllo, evidenzia alcune caratteristi-che fortemente variabili in relazione al contestoambientale e altre che, invece, appaiono più costanti.

INTRODUZIONEIl tema delle tossicodipendenze comporta inevitabiliimplicazioni di carattere etico, religioso, sociale e poli-tico che hanno spesso trasformato il dibattito scientifi-co su droghe e drogati in una specie di battaglia fracontrapposte ideologie. Pertanto, ancora oggi, si sente ilbisogno di aumentare il grado di obiettività nella rac-colta di dati e nella loro analisi.

IpotesiA partire dai presupposti teorici delineati, si formulanole seguenti ipotesi:• i contesti ambientali influenzano l’espressione dellatossicodipendenza;• il paradigma essenziale della tossicodipendenza po-trebbe essere rappresentato da ciò che non subiscecambiamenti in diversi contesti ambientali.

Disegno, Strumenti e ProceduraIl disegno della ricerca è: osservare un campione rap-presentativo di tossicodipendenti in contesti ambienta-li differenti; gli strumenti disponibili sono: un SerT, unCarcere, una Comunità Terapeutica, le relative èquipese gli ordinari strumenti diagnostici e di monitoraggioclinico. In particolare si utilizza come strumento divalutazione clinica generale l’SCL-90-R(Derogatis,1977). Per il calcolo della significatività di eventuali dif-ferenze fra i campioni si decide di utilizzare il test “t” diStudent; procedura: individuare un campione di tossi-codipendenti da eroina (più eventuali droghe seconda-rie) con diagnosi certificata, secondo i criteri DSM IV, daalmeno 5 anni, che, negli ultimi 2 anni, siano stati in

carico ad almeno 2 dei 3 contesti ambientali di osser-vazione (SerT, Comunità o Carcere), stabilità nel conte-sto ambientale da almeno 3 mesi, e far compilare larating scale SCL 90-R. Quindi elaborare statisticamentei risultati e trarne le conclusioni.

Soggetti Vengono reclutati, nell’intervallo di tempo T0-T1, tutti ipazienti che accedono al SerT di Molfetta, al carcere diTrani e alla Comunità terapeutica Lorusso Cipparoli diGiovinazzo più 15 soggetti di controllo, reclutati a caso.Si formano, così, i seguenti gruppi:Gruppo SerT: 17 soggetti, (di cui 14 in trattamentometadonico a mantenimento e integrato e 3 solo psi-cosociale);Gruppo CT: 13 soggetti, (di cui 5 assumono anche tera-pia metadonica a mantenimento);Gruppo Carcere: 21 soggetti, (tutti in trattamento solopsicosociale);Gruppo di Controllo: 15, di cui nessuno in trattamentospecifico.

RISULTATIDi seguito riportiamo i risultati ottenuti:a) Descrizione dei profili di sofferenza psichiatricariscontarti nei sottogruppi.

Tabella n. 1 - Punteggio medio e deviazioni standardnelle singole scale per tipologia di soggetto

Figura n. 1

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INTERVISTA ODAS: L’ESPERIENZA DEI SER.T DI NAPOLINEL CORSO DELL’ANNO 2010

Curcio F.*, Caracciolo P.**, Franco T.*****, FusaroP.****, Fuscone A.**, Garofano R.**, Losasso C.**,Ruoppolo C.*, Silvestro G.*, Vecchione A.****,Baldassarre C.***.ASL Napoli 1 Centro* Specialista Ambulatoriale U.O. Ser.T.** Dirigente Medico U.O. Ser.T.*** Direttore S.C. Tutela della Salute DipartimentoFarmacodipendenze**** Dirigente Sociologo U.O. Ser.T.***** Responsabile Sistema Informativo DipartimentoFarmacodipendenze

ODAS è una intervista clinica semistrutturata pervalutare l’appropriatezza del dosaggio farmacologicoin soggetti dipendenti da oppiacei, mirata in partico-lare per il trattamento con metadone cl. sciroppo; l’in-tervista valuta l’adeguatezza della posologia assuntadall’assistito nei sette giorni precedenti. Occorre som-ministrare ODAS a pazienti che abbiano raggiunto lo“steady state” per il dosaggio stabilito. Le rispostevengono fornite con modalità chiusa a scelta alterna-tiva multipla o su una scala analogico-visuale (VAS)fra cinque opzioni proposte tipo Likert, generalmenteordinate o semi-continue. Lo strumento valuta seicaratteristiche del concetto di “dosaggio adeguato”:Assunzione di eroina; Blocco narcotico o tolleranzacrociata; “Sindrome di Astinenza da Oppiacei” (SAO) -Area Fisica; SAO - Area Psichica; “craving” per l’ eroi-na e sovradosaggio.

Nel caso in cui il risultato indichi un dosaggio nonappropriato occorre considerare che esso dipende daaltri fattori, a tal fine ODAS è corredata da cinque“Punti Addizionali” non inclusi nel punteggio quanti-tativo finale. ODAS è uno strumento che aiuta ad otti-mizzare il dosaggio di metadone e può essere utilizza-to sia in ambito clinico che di ricerca. In alcuni Ser.T.della ASL Napoli 1 Centro è stata somministrata l’in-tervista a soggetti scelti a caso che rispondessero aiseguenti criteri di inclusione: in terapia di manteni-mento da almeno 2 anni, con una posologia stabile daalmeno tre mesi. Inoltre, ODAS è stata somministrataanche a soggetti in trattamento con buprenorfina/naloxone ratio 4:1 a mantenimento da almeno dueanni e dosaggio stabile del farmaco.

In totale sono state somministrate 134 interviste in 8Ser.T., 121 (90,3% ) a maschi e 13 (9,7%) a femmine;109 (81,3%) ad assistiti in terapia con metadone cl.sciroppo con dosaggio medio di 100 mg. e 25 (18,7%)a soggetti in terapia con Suboxone(r) con dosaggiomedio di 11 mg.

L’analisi dell’uso di sostanze illegali in concomitanzacon la terapia con agonisti degli oppiacei mostra che26/129 (20,2%) assistiti fanno uso di cocaina; 19/127(15,0%) fa uso di bevande alcoliche; 30/127 (23,6%)fuma cannabis; 19/127 (15%) assume benzodiazepi-ne. Relativamente all’assunzione della posologia difarmaco agonista appropriata, il 68,8% (86/125) degliassistiti non fa uso di eroina. 23/125 (18,4%) utilizza-no eroina 1-3 giorni/settimana; 8/125 (6,4%) utilizza-no 4-6 giorni/settimana ed 8 ne fanno uso ogni gior-no. Con il dosaggio medio sopraindicato (metadone100 mg/die e buprenorfina 11 mg/die) il 71,5%(83/116) riferisce un blocco narcotico con effettoestremamente intenso; l’assenza del craving per eroi-na viene riportata nel 66,4% (89/134) dei casi. Glieffetti collaterali più frequenti dei farmaci agonistisono: alterazioni del ciclo mestruale (11/14 - 78,6%),insonnia (66/131 - 50,4%), stitichezza (62/131 -47,3%), aumento della sudorazione (55/130 - 42,3%),astenia e dolori muscolari (49/129 - 38,0%), altera-zione della funzione sessuale (38/132 - 28,8%).

Si può concludere che ODAS è un valido strumento perla valutazione individuale dell’appropriatezza del trat-tamento farmacologico, seppure con alcuni limiticostituiti dalla mancanza della valutazione degli sti-moli correlati alla sostanza (luoghi di spaccio, disponi-bilità della sostanza, altri) e dell’assetto psico-patolo-gico dei soggetti (caratteristiche di personalità, pato-logie psichiatriche). In altre parole, il trattamentopotrebbe avere efficacia diversa in soggetti che vivo-no in luoghi con scarsa o elevata disponibilità dellasostanza. Per scopo di studio ODAS appare congruo, ingrado di valutare caratteristiche di popolazione edeventuali criticità del trattamento. In ogni caso lasomministrazione di ODAS risulta efficace nel rimo-dellare il rapporto operatore/utente che nei tratta-menti a lungo termine può scadere in una routinepriva di stimoli e sempre meno attenta alle esigenzedei soggetti che mutano con il cambiamento degli stilidi consumo.

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informa IV CONGRESSO NAZIONALE CONSUMI E DIPENDENZE

sempre risolti con la terapia direttamente osservata(D.O.T). Già da diversi anni somministriamo lo stessofarmaco ai cocainomani e anche per questa tipologiadi consumatori è risultata efficace. In questa fase sonostati diagnosticati e trattati anche eventuali disturbipsichiatrici associati. Ottenuta la stabilizzazione delquadro clinico, quei soggetti che mostrano una buonaaderenza alle cure e ai controlli, ma soprattutto unabuona consapevolezza, sono sostenuti nella motiva-zione ed inseriti in programmi di psicoterapia indivi-duale, di gruppo e familiare. L’équipe è composta daoperatori del pubblico e del privato sociale. Quest’ultimi svolgono funzioni di formazione e diaccompagnamento alle attività di laboratorio.

Le attivitàLe attività sono state strutturate da un lato per soste-nere i singoli nel processo di acquisizione di una mag-giore consapevolezza di sé,delle proprie risorse eall’accettazione dei propri limiti, dall’altro, più chesulle abilità individuali, mirano al ripristino e al rico-noscimento dei ruoli, a potenziare l’autonomia e avalorizzare la capacità di collaborazione e d’integra-zione nel gruppo.Le attività terapeutiche su cui sifonda la pratica clinica sono:• Visite mediche periodiche, monitoraggio dell’uso disostanze, prescrizione e somministrazione di terapiefarmacologiche• Psicoterapia individuale e di gruppo, colloqui fami-liari o di coppia• Laboratorio di ortocoltura e giardinaggio e compu-ter-grafica• Momenti informali

La “costituzione del gruppo”: un’esperienza comu-ne agli operatori e agli utentiL’integrazione di diversi professionisti, ciascuno con ilproprio stile, diversa formazione ed esperienza, è statoun momento molto delicato.Come l’incontro fra pazienti che, in quest’occasione sisono conosciuti e hanno cominciato a sperimentare lapossibilità di stare insieme, così l’interazione tra diver-si professionisti, provenienti da vari contesti, harichiesto dei tempi altrettanto lunghi, necessari perconoscersi e per costruire la giusta intesa e sintoniache rendono coerente e coordinato il lavoro di squa-dra. Ciò che ha dato “psicoterapeuticità” a tale grup-po, è stato il lento e graduale passaggio avvenuto fral’essere un raggruppamento di operatori, in competi-zione tra loro per far prevalere ciascuno la propria opi-nione e il cominciare a sentirsi come un gruppo chelavora secondo il modello di interdisciplinarietà, fon-dato sui principi dello scambio e dell’intersoggettività.La molteplicità delle figure professionali,e la lorocostante presenza, infatti, è stato in grado di assicu-rare una migliore funzione di “ holding” capace diaccogliere un ampio ventaglio di richieste emotive.Tale presenza, ha inoltre permesso, da un lato, un’os-servazione costante e continuativa del gruppo utenti,sfruttando non solo il classico setting ambulatoriale,ma anche momenti di informalità, come la pausapranzo. Dall’altro, di diluire le emozioni nelle varierelazioni terapeutiche consentendo sia al paziente di

tollerare l’esposizione a rapporti significativi, sia aglioperatori di condividere e supportare pesanti fardellicontrotrasferali.

I momenti non struttuatiIl pranzo, così come i momenti di tempo libero hannofavorito l’istaurarsi di rapporti costruttivi all’internodel gruppo. Un giorno a settimana per qualche ora gliutenti hanno avuto la possibilità di auto -organizzar-si e di decidere come impiegare il proprio tempo, dedi-candosi a diverse attività, alla lettura, al gioco, allaconversazione. Questo momento ha costituito per gliutenti un importante spazio per educarsi alla gestionedel tempo libero non pre-strutturato dall’esterno, eper noi operatori un occasione per utili osservazioni;infatti l’osservazione e l’ascolto empatico nei momen-ti “ informali” ci hanno permesso di conoscere i nostriutenti in maniera più autentica, cosa che difficilmen-te accade nella relazione strutturata e formale traoperatore -paziente, dove non sempre la persona rie-sce a manifestarsi liberamente. D’altro canto l’opera-tore può sperimentare una relazione terapeuticadiversa, meno rigida e meno distante, basata sull’al-leanza.

Conclusioni“Il filo di Arianna” è la prima struttura semiresidenzia-le pubblica presente sul territorio della nostra ASL adoccuparsi di problematiche alcol-correlate mediantela sperimentazione di una metodologia d’interventoche tiene conto delle caratteristiche della nuova tipo-logia di utenza. Gli interventi multidisciplinari in retesono in grado di offrire agli utenti tutto ciò che è aloro indispensabile alla risoluzione dei problemi e con-sentono di svolgere nella stessa struttura le attivitàsanitarie e gli interventi riabilitativi con un’altra con-seguenza non trascurabile, la riduzione dei costi. Glistrumenti di reinserimento sociale sono parte inte-grante della terapia e al termine di un percorso tera-peutico appropriato, può divenire un cofattore essen-ziale nelle strategie di prevenzione della ricaduta. Ilgruppo di lavoro proviene da distinte organizzazioni ei vari professionisti hanno un proprio stile, propriecompetenze, una diversa formazione ed esperienzache sono indiscutibilmente una ricchezza ma chehanno richiesto tempi lunghi di lavoro ed impegno perdirigersi verso obiettivi comuni. Il clima armoniosoderivante dalla relazione informale ha positivamenteinciso sugli stessi utenti che non hanno avvertito unoscollamento derivante, come sopra descritto, dalladiversa formazione ed esperienza degli operatori par-tecipanti al progetto.

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stimolo provocativo di tipo sensoriale o cognitivo e lacui esecuzione è fonte di piacere (egosintonia); L’Alessitimia ossia un deficit della sensibilità emotiva edemozionale, palesato dall’incapacità di percepire, rico-noscere e descrivere verbalmente i propri e gli altruistati d’animo; Tratti di depressione e ansia, rimurgina-zione, sensazioni di impotenza e di vuoto, possibilipensieri suicidari. Una visione del sé come inadeguatoe infelice Scarsa fiducia in un se stessi e bassa auto-stima. Labilità e debolezza dell’Io Alterazioni del tonodell’umore con oscillazioni tra l’eccitazione ipomania-cale e la tristezza depressiva. La caratteristica di per-sonalità ricorrente è il “sensation-seeking” ossia latendenza a ricercare il rischio e le esperienze eccitan-ti. Tale tratto di personalità è correlato alle differenzeinter-individuali del sistema “arousal”, in particolare alsuo livello basale di funzionamento ed al suo livello direattività agli stimoli ambientali. La presenza frequen-te di disturbi somatici vaghi e di natura ipocondriaca,tensione, ansia e fatica. Infine è stato possibile osser-vare che nei soggetti con gioco sociale o anche pro-blematico la tendenza ad una modalità di giocopatologico si attiva in seguito ad esperienze di tipotraumatico. Tra questi, eventi di tipo luttuoso, fasi critiche del ciclovitale come la perdita del lavoro o un pensionamentoanticipato, oppure malattie più o meno invalidanti, ov-vero la perdita di aspetti importanti ai fini del mante-nimento dell’autostima e di una buona immagine di sé.

CONCLUSIONILo studio è ancora in una fase iniziale per cui sarànecessario allargare il campione di riferimento e sta-bilire delle correlazioni tra il campione di giocatori, ilcampione normativo italiano e il campione di tossico-dipendenti del Ser.T.I dati sinora ottenuti sembrano confermare le caratte-ristiche emerse dalla letteratura scientifica.

BIBLIOGRAFIA Biganzoli A.,Capelli M, Capitanucci D., Smaniotto R., Alippi M.(2004), Indagine sui comportamenti di gioco d’azzardo in pro-vincia di Pavia,Casa Ed. Dream Gavirate (VA).Croce M 2001, “Il gioco d’azzardo tra normalità e patologia”,inCapitanucci,D., Marino V. (a cura di ),La vita in gioco? Il giocod’azzardo tra divertimento e problema, Franco Angeli, Milano.Cancrini L. “Schiavo delle mie Brame,storie ddi gioco d’azzardo enuove.............Fink, E. (1957).”Oasi della gioia. Idee per un’antologia del gioco”(trad. it Salerno: edizioni 10/17,1986).MMPI-2 Adattamento italiano. Manuale, O.S.,FirenzeGuerreschi C. Il Gioco d’Azzardo Patologico “Liberati dal giocopatologico e dalle altre nuove dipendenze” Edizioni Kappa

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ASPETTI PSICOLOGICI E PSICOPATOLOGICI NELLA PATOLOGIA DA GAMBLING,ANALISI DI UN CAMPIONE DI SOGGETTI AFFERENTI ALL’AMBULATORIO “GAMBLING ENEW ADDICTION” DEL D.D.P DELLA ASL DI TARANTO

Taddeo M.*, Ariano V.**, Lavia G.***, Simeone V.*****Psicologo D.D.P. ASL TA,**Medico Resp. Sez. Dipart.Martina Franca D.D.P ASLTA, ***Psicologa Specializzanda D.D.P. ASL TA, ****Direttore D.D.P. ASL TA

Area Tematica: Gambling

INTRODUZIONEIl Gambling è una forma d’intrattenimento antichissi-ma risalente, lungo la linea del tempo, fino alle popo-lazioni degli Assiri e dei Sumeri nel 3600 ac. Da sem-pre è stato considerato emblema dell’evasione dellospirito, luogo fantastico e alternativo alla realtàgovernato dalle leggi del divertimento, vera e propria“oasi della gioia”. La lingua italiana utilizza unicamen-te il termine “gioco” laddove l’inglese distingue tra“play”, ossia il gioco con regole dove conta l’abilità delgiocatore, e “gambling”, ossia il gioco basato sullaricompensa e sulla fortuna. Il gioco d’azzardo va natu-ralmente assimilato al secondo termine essendo ungioco in cui un ruolo determinante è svolto dall’alea.Il Gambling rimane un fenomeno di difficile classifica-zione, l’unica attualmente “ufficiale” che è quella delDSM-IV, che lo inserisce tra i “disturbi del controllodegli impulsi non classificati altrove”.

AMBULATORIO GAMBLING E NEW ADDICTIONIl Dipartimento delle Dipendenze Patologiche della Asldi Taranto, propone un modello di intervento che inte-gra un approccio “clinico” e un approccio “di rete” conla costituzione a partire dal 2005 di un “Ambulatorioper il GAP e le New Addiction” presso il Ser.T diTaranto. L’èquipe che opera nell’ambulatorio è forma-ta da Medico, Psicologo, Assistente Sociale con lasupervisione del Direttore del D.D.P, L’ambulatoriooffre, gratuitamente e in forma riservata, trattamentiterapeutici multidisciplinari rivolti sia all’individuo cheformula una richiesta d’aiuto, che al contesto familia-re. L’approccio terapeutico adottato è quello multimo-dale integrato psico-medico-sociale; riconosciutocome intervento specifico per le dipendenze dasostanze e comportamentali con integrazione tra lediverse professionalità che portano avanti l’interventoterapeutico; (psicologo, medico, assistente sociale);

integrazione tra i diversi Servizi che, si possono occu-pare di questi pazienti (Sert, Salute Mentale, ServizioSociale, ecc.); integrazione tra il Servizio Pubblico e ilPrivato Sociale, i gruppi di Giocatori Anonimi, i GamAnon e le Comunità Terapeutiche.

OBIETTIVIIl presente lavoro, attualmente in una fase prelimina-re, nasce dalla riflessione sugli aspetti psicologici epsicopatologici e sulle caratteristiche di personalitàemerse dall’analisi di un campione di 20 soggetti rela-tivi ad un’utenza di n°50 soggetti, che da gennaio2005 a settembre 2010, si è rivolta al nostroAmbulatorio. L’utenza è rappresentata da 46 soggetticon diagnosi primaria di gioco d’azzardo patologico e2 soggetti con sex-addiction. Il profilo medio delnostro utente giocatore è maschio(46 uomini e 4donne), coniugato, con un’età media di 40 anni, lavo-ratore dipendente, ha iniziato a giocare in adolescen-za ma il passaggio al gioco problematico è avvenutointorno ai 26 anni per ciò che concerne il tipo di giocosi tratta di scommesse per il 41%,slot-machine31%,gratta e vinci 20%,bingo 2%,internet 4%,casinò2%.

MATERIALI E METODILa presa in carico del paziente nella fase di osserva-zione e diagnosi avviene con la somministrazione delSOGS ed una valutazione psicodiagnostica effettuatacon il colloquio clinico e il test di personalità MMPI2dell’OS, in seguito a tale valutazione si è formulatauna diagnosi psicologica di personalità a cui è segui-to un trattamento psicologico di sostegno nel 40% deicasi,una psicoterapia individuale nel 29%,una psico-terapia di coppia nel 18% e familiare nel 13% dei casi.

RISULTATI E CONCLUSIONITutti i giocatori presentano una diagnosi di Giocod’Azzardo Patologico secondo il DSM IV, dallo studio èemerso un quadro generale di funzionamento psichi-co della personalità di tipo “bordeline” con instabilitàpervasiva dell’umore, presenza di un Io fragile a cui ilgioco sembra fare da stampella per acquisire valore epotere così come la sostanza fa con il tossicodipen-dente, instabiltà dell’umore, delle relazioni interperso-nali, dell’immagine di sé, dell’identità e del comporta-mento. E’ possibile utilizzare la definizione “Bordeline” diCancrini (2006), relativa ad un livello bordeline di fun-zionamento psichico della mente che resta per cosìdire nel repertorio di base di ognuno e che può essereriattivato in relazione ad un livello di soglia variabileindividualmente in conseguenza a particolari eventicritici. Si tratta di una regressione e pertanto reversi-bile, come testimonia il lavoro psicoterapeutico indi-viduale e familiare. Tratti antisociali dove il comportamento appare carat-terizzato da rabbia e risentimento, da episodi diacting-out, alternati a posizioni di incertezza psica-stenica rispetto alla decisioni.Altre caratteristiche presenti nel campione sono l’im-pulsività: intendendo per impulsi pensieri o azioni ste-reotipati e ripetitivi “non legati all’ansia”, ma ad uno

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informaFEDERAZIONE ITALIANA DEGLI OPERATORI DEI DIPARTIMENTI E DEI SERVIZI DELLE DIPENDENZE

n.15Ottobre 2010

Supplemento a Mission - Periodico trimestrale della Federazione Italiana degli Operatori dei Dipartimenti e dei Servizi delle Dipendenze - ANNO IX, 2010 - N. 30

Abstracts Lavori Sessione Poster

12-13-14-15 ottobre 2010Palazzo dei Congressi

RIVA del GARDA - Trento

consumi edipendenze

mitoevidenze scientificherealtà organizzative

I V C O N G R E S S O N A Z I O N A L E APA R T E C I PA Z I O N E I N T E R N A Z I O N A L E