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Helen Fielding IL DIARIO DI BRIDGET JONES Chili, amore e sigarette: un anno appassionatamente single. Sonzogno, Milano aprile 1998. Copyright 1996 by Helen Fielding. Copyright 1998 R.C.S. Libri S.p.A., Milano. Titolo originale: "Bridget Jones's Diary". Traduzione di Olivia Crosio. Helen Fielding è nata nello Yorkshire e vive a Londra. Ha lavorato per molti anni alla B.B.C. in qualità di produttrice di documentari, e scrive regolarmente per il "Sunday Times", per l'"Independent" e per l'"Independent on Sunday". Attualmente sta completando il seguito de "Il diario di Bridget Jones". Il personaggio di Bridget Jones è nato proprio sulle colonne dell'"Independent", in una rubrica settimanale che ottenne un successo clamoroso. INDICE. Propositi per l'anno nuovo.

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Page 1: Fielding Helen - Il Diario Di Bridget Jones

Helen Fielding

IL DIARIO DI BRIDGET JONES

Chili, amore e sigarette: un anno appassionatamente single.

Sonzogno, Milano aprile 1998.

Copyright 1996 by Helen Fielding.

Copyright 1998 R.C.S. Libri S.p.A., Milano.

Titolo originale: "Bridget Jones's Diary".

Traduzione di Olivia Crosio.

Helen Fielding è nata nello Yorkshire e vive a Londra. Ha lavorato per molti anni alla B.B.C. in qualità di produttrice di documentari, e scrive regolarmente per il "Sunday Times", per l'"Independent" e per l'"Independent on Sunday". Attualmente sta completando il seguito de "Il diario di Bridget Jones". Il personaggio di Bridget Jones è nato proprio sulle colonne dell'"Independent", in una rubrica settimanale che ottenne un successo clamoroso.

INDICE.

Propositi per l'anno nuovo.

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Gennaio - Un inizio straordinariamente pessimo.

Febbraio - Il massacro di San Valentino.

Marzo - Grave panico da compleanno tipico da trentenne.

Aprile - Calma interiore.

Maggio - Futura mamma.

Giugno - Fidanzato? Puah.

Luglio - Ops.

Agosto - Disintegrazione.

Settembre - Su per la pertica dei pompieri.

Ottobre - Appuntamento con Darcy.

Novembre - Una delinquente in famiglia.

Dicembre - Oh, cavoli.

Gennaio-dicembre - Ricapitolando.

***

Questo romanzo è opera della fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono il prodotto dell'immaginazione dell'Autore o, se reali, sono utilizzati in modo fittizio. Ogni riferimento a fatti o persone viventi o scomparse è del tutto casuale.

A Nellie, la mia saggia, gentile e arguta mammina

- per non essere come la mamma di Bridget

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RINGRAZIAMENTI.

Un grazie particolare a Charlie Leadbeater per essere stato il primo a proporre gli articoli all'"Independent". Grazie anche a Gillon Aitken, Richard Coles, Scarlett Curtis, la famiglia Fielding, Piers, Paula e Sam Fletcher, Emma Freud, Georgia Garrett, Sharon Maguire, Jon Turner e Daniel Woods, che mi hanno ispirato e dato il loro appoggio, e soprattutto - come sempre - a Richard Curtis.

PROPOSITI PER L'ANNO NUOVO.

COSE DA EVITARE

Bere più di quattordici alcolici la settimana.

Fumare.

Buttar via soldi per: impastatrici, gelatiere o altri marchingegni da cucina che non userò mai; libri di autori illeggibili da mettere in libreria per fare scena; biancheria sexy, inutile in quanto sfidanzata.

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Comportarsi in modo sciatto in casa: fingere sempre che qualcuno ti stia osservando.

Spendere più di quel che guadagno.

Perdere il controllo della posta in arrivo.

Cadere vittima di: alcolizzati, stressati del lavoro, allergici alle relazioni serie, gente fidanzata o sposata, misogini, megalomani, maschilisti, cialtroni sentimentali o scrocconi, pervertiti.

Perdere la pazienza con mamma, Una Alconbury o Perpetua.

Prendersela per gli uomini: meglio essere calma e fredda come una regina delle nevi.

Prendersi cotte: meglio cercare di instaurare rapporti basati su una valutazione ponderata del carattere.

Sparlare alle spalle della gente: meglio trovare qualcosa di buono in tutti.

Lasciarsi ossessionare da Daniel Cleaver, nel senso che prendersi una cotta per il capo è patetico.

Essere depressa perché non ho il fidanzato: meglio coltivare calma interiore, autorità e stima di sé in quanto donna di un certo spessore, completa anche "senza" un fidanzato, in quanto è il modo migliore per trovarlo.

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COSE DA FARE

Smettere di fumare.

Non bere più di quattordici alcolici la settimana.

Ridurre di 8 centimetri la circonferenza delle cosce (leggi 4 centimetri ciascuna), seguendo una dieta anticellulite.

Depurarsi da tutte le sostanze estranee.

Dare ai poveri tutti i vestiti che non metto da più di due anni.

Migliorare la carriera e trovare un nuovo lavoro con un futuro.

Mettere da parte i soldi sotto forma di risparmi. Se possibile cominciare a pagare anche una pensione.

Essere più sicura di me e più decisa.

Usare meglio il tempo.

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Non uscire tutte le sere, ma restare in casa a leggere e ad ascoltare musica classica.

Devolvere in carità una quota dei guadagni.

Essere più gentile e aiutare di più gli altri.

Mangiare più legumi.

Alzarmi subito quando mi sveglio la mattina.

Andare in palestra tre volte la settimana, non solo per comprare i tramezzini.

Mettere le foto negli album.

Preparare delle compilation da usare a seconda dei diversi stati d'animo, in modo da avere già pronti dei nastri con musica romantica/ballabile/sexy/femminista eccetera, senza dovermi trasformare in una persona stile D.J. bevuto come una spugna con nastri sparsi per tutto il pavimento.

Dare vita a un rapporto funzionale con una persona adulta.

Imparare a programmare il videoregistratore.

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GENNAIO.

Un inizio straordinariamente pessimo.

Domenica 1° gennaio.

"Chilogrammi 58,6 (ma dopo Natale), alcolici 14 (ma in realtà coprono 2 giorni, in quanto 4 ore di festa fanno già parte del primo dell'anno), sigarette 22, calorie 5424".

Cibo consumato oggi:

2 confezioni di Emmenthal a fette

14 patate novelle fredde

2 Bloody Mary (equivalgono a cibo in quanto contengono salsa Worcester e pomodori)

1/3 di sfilatino con Brie

1/2 pacchetto di sfogliatine al coriandolo

12 Quality Street (meglio liberarsi dei dolciumi natalizi tutto in una volta, e ricominciare da zero a partire da domani)

13 bastoncini da cocktail con ananas e formaggio

1 porzione del tacchino al curry con piselli e banane di Una Alconbury

1 porzione della Sorpresa al Lampone di Una Alconbury, a base di biscotti al bourbon, lamponi in scatola, 12 litri di panna montata e, come decorazione, angelica e ciliegie candite.

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Mezzogiorno. Londra, casa mia. Diavolo. L'ultima cosa al mondo che mi sento fisicamente, emotivamente e mentalmente pronta a fare è mettermi in viaggio per il buffet freddo di Capodanno a base di tacchino al curry a casa di Una e Geoffrey Alconbury a Grafton Undelwood. Geoffrey e Una Alconbury sono i migliori amici dei miei genitori e, come zio Geoffrey non si stanca mai di ricordarmi, mi conoscono da quando scorrazzavo per il prato senza niente addosso. Mia madre mi ha telefonato alle 8,30 del mattino di Ferragosto e mi ha costretto a prometterle che sarei andata. L'ha presa da lontano, devo dire con una certa furbizia.

«Oh, ciao, tesoro. Ti ho telefonato solo per sapere che cosa ti piacerebbe a Natale.»

«"Natale?"»

«Ti andrebbe una sorpresa, tesoro?»

«No!» ho ululato io. «Scusa. Volevo dire...»

«Mi chiedevo se non ti sarebbe piaciuto un set di rotelle per la tua valigia.»

«Ma io non possiedo una valigia.»

«Perché allora non ti compro una piccola valigia "con le ruote già attaccate"? Sai, come quelle delle hostess.»

«Ho già una borsa da viaggio.»

«Tesoro, non puoi andare in giro con quella borsa verde di tela tutta sbrindellata. Sembri una Mary Poppins in ristrettezze economiche. Una bella valigetta compatta con la maniglia a scomparsa. E' incredibile quante cose possa contenere. La vuoi blu scura su fondo rosso o rossa su fondo blu scuro?»

«Mamma! Sono le otto e mezzo del mattino. E' estate. E' festa. Fa un caldo da svenire. Non voglio nessuna valigia da hostess.»

«Julie Enderby ne ha una. Dice che non usa nient'altro.»

«Chi è Julie Enderby?»

«"Julie", tesoro! La figlia di Mavis Enderby. Julie! Quella con quel posto favoloso alla Arthur Andersen...»

«Mamma...»

«Prende sempre quella, quando viaggia.»

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«Non voglio una valigetta con le ruote.»

«Sai che cosa ti dico? Perché Jamie, papà e io non ci mettiamo tutti insieme e non ti regaliamo una bella valigiona grande "e" un set di rotelle?»

Esausta, ho allontanato il ricevitore dall'orecchio, domandandomi da che cosa mai potesse scaturire tutto quello zelo missionario riguardante la strenna natalizia della valigia. Quando ho riaccostato il ricevitore, lei stava dicendo: «... a dire la verità, le vendono anche con uno scomparto completo di boccette per metterci il tuo bagno schiuma e via dicendo. L'altra cosa a cui avevo pensato era un carrellino per la spesa».

«C'è qualcosa che piacerebbe "a te" per Natale?» ho detto alla disperata, sbattendo le palpebre nella luce accecante del Ferragosto.

«No, no», ha cinguettato lei. «"Io" ho tutto quello che mi serve. Ma, tesoro», ha sibilato di punto in bianco, «quest'anno verrai al buffet freddo di Capodanno a base di tacchino al curry di Una e Geoffrey, vero?»

«Ah! A dire il vero, io...» Ero in preda al panico. Che scusa potevo trovare? «... temo che forse il giorno di Capodanno dovrò lavorare.»

«Non ha importanza. Puoi raggiungerci dopo il lavoro. Oh, te ne avevo già parlato? Ci saranno anche Malcolm ed Elaine Darcy, e porteranno Mark. Ti ricordi Mark, tesoro? E' un avvocato, uno di quelli che vanno per la maggiore. Fa soldi a palate. Divorziato. Riprende a lavorare solo l'otto.»

Oddio! Non un altro assurdo patito dell'opera con un cespuglio di capelli divisi con la riga da una parte! «Mamma. Te l'ho già detto. Non ho bisogno che tu mi combini appuntamenti con...»

«Sii ragionevole, tesoro. Una e Geoffrey tengono il buffet di Capodanno da quando scorrazzavi per il prato senza niente addosso. Devi venire per forza. Così potrai usare la tua nuova valigia.»

Ore 23,45. Diavolo. Il primo giorno dell'anno nuovo è stato a dir poco spaventoso. Non riesco a credere che comincerò ancora una volta l'anno in un letto singolo a casa dei miei genitori. E' troppo umiliante, alla mia età. Chissà se sentirebbero ancora l'odore se fumassi una cicca fuori dalla finestra. Dopo aver passato tutta la giornata a girovagare per casa nella speranza che il mal di testa passasse, alla fine ho ceduto e sono partita per il buffet a base di tacchino al curry, ma troppo tardi. Quando sono arrivata dagli Alconbury e ho premuto il campanello - che suona un intero motivo

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come l'orologio di un municipio - ero ancora in uno strano mondo tutto mio: nauseabondo, emicranico, acidogeno. Avevo anche un residuo di mal d'auto, perché inavvertitamente ho imboccato la M6 invece della M1 e, prima di trovare un punto dove fare inversione, sono arrivata a mezza strada per Birmingham. Ero così furiosa che continuavo a battere il piede sul pavimento dell'auto (con di mezzo l'acceleratore) per sfogare la rabbia - cosa molto pericolosa. Rassegnata, ho guardato la sagoma di Una Alconbury (curiosamente deformata dal vetro lavorato della porta) incombere su di me in un tailleur fucsia.

«Bridget! Ti avevamo quasi dato per dispersa! Buon anno! Stavamo per cominciare senza di te.»

In un solo gesto è riuscita a baciarmi, togliermi il cappotto, buttarlo sulla ringhiera, pulirmi il rossetto dalla guancia e farmi sentire incredibilmente in colpa, mentre io mi appoggiavo alla mensola ornamentale per non cadere.

«Scusa. Mi sono persa.»

«Persa? Caara! Che cosa dobbiamo fare con te? Entra, coraggio!»

Mi ha preceduta oltre la porta di vetro smerigliato fino in soggiorno, gridando: «Ehi, gente! Si era persa!»

«Bridget! Buon anno!» ha esclamato Geoffrey Alconbury, in un maglione giallo a rombi. Ha accennato goffamente a un passetto di danza, poi mi ha stretta in uno di quegli abbracci per cui la gente dovrebbe finire al commissariato di polizia.

«Umpf», ha detto, diventando tutto rosso in faccia e tirandosi su i pantaloni per la vita. «A quale raccordo hai sbagliato?»

«Al diciannove, ma c'era una deviazione...»

«Al diciannove! Una, ha sbagliato al raccordo diciannove! Hai aggiunto un'ora di strada ancora prima di iniziare il viaggio! Vieni, serviti qualcosa da bere. A parte tutto, come va la tua vita sentimentale?»

"Oddio". Perché la gente sposata non riesce a capire che non è più una domanda educata? Noi non correremmo mai da loro a chiedere: «Come va il tuo matrimonio? Fate ancora del sesso?» Lo sanno tutti che uscire con un uomo dopo i trenta non è più la cosa spensierata e poco impegnativa di quando ne avevi ventidue e che probabilmente la risposta più sincera sarebbe: «A dire il vero, ieri sera il mio amante - un uomo sposato - si è presentato con le giarrettiere e un delizioso reggiseno di angora, mi ha detto di essere gay, maniaco sessuale, tossicomane, allergico alle relazioni serie e mi ha picchiata con un vibratore». E poi: «Benone, grazie».

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Non essendo una bugiarda per natura, ho finito per borbottare tutta vergognosa un «Bene», al che lui è esploso: «Così non hai "ancora" trovato un ragazzo!»

«Bridget! Che cosa "dobbiamo" fare con te?» ha commentato Una. «Queste ragazze in carriera... Io non so. Non si può rimandare per sempre. Tic tac, tic tac, tic tac.»

«Già. Come fa una donna ad arrivare alla tua età senza essere ancora sposata?» ha tuonato Brian Enderby (sposato con Mavis e un tempo presidente del Rotary di Kettering), agitando in aria il suo sherry. Per fortuna, mio padre mi ha tratto in salvo.

«Sono molto contento di vederti, Bridget», mi ha detto, prendendomi per un braccio. «Tua madre ha allertato l'intero corpo di polizia del Northamptonshire per setacciare la contea con un colino da tè alla ricerca dei tuoi resti smembrati. Vieni a manifestare la tua presenza, così finalmente potrò cominciare a divertirmi. Com'è la tua valigia in attesa di rotelle?»

«Insensatamente grande. E la tua macchinetta per tagliare i capelli e nel caso anche i peli delle orecchie?»

«Oh, fantastica. Come dire... tagliente.»

E' giusto così, immagino. Mi sarei sentita cattiva, se non mi fossi fatta vedere, ma Mark Darcy... Wow! Sono settimane che mia madre, ogni volta che telefona, dice: «Te li ricorderai senz'altro i Darcy, tesoro. Sono venuti a trovarci quando abitavamo a Buckingham e tu e Mark avete giocato nella piscinetta». Oppure: «Ti ho già detto che Malcolm ed Elaine porteranno anche Mark al buffet freddo di Capodanno a base di tacchino al curry a casa di Una? Pare che sia appena tornato dall'America. Divorziato. Cerca casa a Holland Park. Pare che sua moglie gliene abbia fatte passare delle belle. Giapponese. Razza crudele».

E la volta dopo, come se niente fosse: «Ti ricordi di Mark Darcy, tesoro? Il figlio di Malcolm ed Elaine. E' un avvocato, di quelli che vanno per la maggiore. Divorziato. Elaine dice che lavora dalla mattina alla sera e si sente terribilmente solo. Per la verità, potrebbe addirittura venire al buffet freddo di Capodanno a base di tacchino al curry a casa di Una».

Non so perché non abbia semplicemente detto: «Tesoro, ti dispiacerebbe congiungerti carnalmente con Mark Darcy sopra il tacchino al curry? E' "molto" ricco».

«Vieni a conoscere Mark», ha recitato con voce monotona Una Alconbury prima che avessi il tempo di buttare giù un aperitivo. Essere presentata a un uomo contro la tua volontà è già abbastanza umiliante, ma esservi letteralmente trascinata da Una Alconbury mentre stai ancora lottando con i postumi di un mal di testa acidogeno e sotto gli occhi di un'intera folla di amici dei tuoi genitori è addirittura annientante.

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Il ricco Mark, «piantato in asso da quella strega di sua moglie» - e, devo dire, piuttosto alto -, dava le spalle alla stanza, tutto preso a esaminare il contenuto della libreria dei padroni di casa: quasi tutti libri con copertina in pelle sul Terzo Reich, che Geoffrey si fa mandare dal "Reader's Digest". Chiamarsi Darcy e starsene tutto solo con aria sdegnosa a una festa mi ha subito colpita come una cosa abbastanza ridicola, un po' come se, in "Cime tempestose", Heathcliff passasse tutta la serata in giardino a gridare «Cathy» e a sbattere la testa contro un tronco.

«Mark!» ha detto Una, nemmeno fosse stata l'aiutante di Babbo Natale. «Ti ho portato una persona simpatica che ti farà piacere conoscere.»

Lui si è girato, e quello che da dietro sembrava un innocuo maglione blu scuro si è rivelato essere un golf a rombi gialli e azzurri con lo scollo a V: il modello preferito dai giornalisti sportivi più anziani della nazione. Come fa spesso notare il mio amico Tom, è incredibile quanto tempo e denaro si possano risparmiare nella sfera degli appuntamenti romantici grazie a un attento esame dei particolari. Un calzino bianco qui, un paio di bretelle rosse là, un mocassino grigio, una svastica, spesso sono quanto basta per capire che annotare numeri di telefono e dissanguarsi per pranzi in ristoranti costosi sarebbe del tutto inutile, perché l'altro non sarà mai un papabile.

«Mark, questa è la figlia di Colin e Pam, Bridget», ha continuato Una, diventando tutta rosa e svolazzante. «Bridget lavora nell'editoria, non è così, cara?»

«Già, proprio così», ho risposto io chissà per quale motivo, come se stessi partecipando a un programma radiofonico con le telefonate degli ascoltatori e fossi sul punto di chiedere a Una se potevo «dire ciao» ai miei amici Jude, Sharon e Tom, a mio fratello Jamie, ai colleghi dell'ufficio, a mammina e paparino e, per finire, a tutti i presenti al buffet freddo a base di tacchino al curry.

«Bene, vi lascio tra voi giovani,» ha detto Una. «Caari! Ne avrete fin sopra i capelli di noialtri vecchi pezzi d'antiquariato.»

«Nemmeno per sogno», ha risposto goffamente Mark Darcy, tentando senza successo di sorridere, al che Una, dopo aver fatto roteare gli occhi, essersi portata una mano al petto e aver emesso un'allegra risata tintinnante, ci ha abbandonati, con un singolo scuotimento del capo, a un odiosissimo silenzio.

«Io. Ehm. Sta leggendo qualcosa di... be'... Ha letto qualche buon libro, ultimamente?» ha attaccato Mark.

Ho cercato disperatamente di ricordare quando era stata l'ultima volta che avevo letto un libro decente. Il problema, quando si lavora nell'editoria, è che leggere nel tempo libero è un po' come fare lo spazzino e, la sera, frugare nel bidone dei rifiuti destinati ai maiali. Sono a metà di "Gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere",

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prestatomi da Jude, ma non credo che Mark Darcy, per quanto visibilmente bizzarro, sia già pronto ad accettare le proprie origini marziane. Poi ho avuto un'illuminazione.

«Certo! "Contrattacco", di Susan Faludi», ho risposto trionfante. Ah! Non è che lo abbia proprio letto, ma è un po' come se, visto che Sharon me ne ha parlato tanto. Comunque, mi sembrava una scelta assolutamente sicura, dato che nessuna personcina per bene con il golf a rombi si sognerebbe mai di leggere un trattato femminista di cinquecento pagine.

«Davvero?» ha detto lui. «L'ho letto subito dopo che era uscito. Non trova che sia un tantino troppo di parte?»

«Oh, be', non "così" tanto...» ho ribattuto alla cieca, cercando disperatamente un modo per cambiare argomento. «Ha passato l'ultimo dell'anno con i suoi genitori?»

«Sì», ha esclamato lui con enfasi. «Anche lei?»

«Sì. No. Ieri sera ero a Londra a una festa. Ho ancora un po' di mal di testa, a dire il vero», ho blaterato nervosamente, perché Una e la mamma non pensino che sono talmente imbranata con gli uomini da non riuscire a chiacchierare nemmeno con Mark Darcy. «Ma non credo che i propositi per l'anno nuovo si possano mettere in pratica fin dal primo giorno. E' un problema tecnico, non trova? Visto che Capodanno è un'estensione del veglione, i fumatori sono ancora sull'onda del fumo e non ci si può aspettare che, con tutta la nicotina che hanno nell'organismo, smettano improvvisamente di fumare all'ultimo rintocco della mezzanotte. Anche cominciare una dieta il giorno di Capodanno non è una buona idea, perché non si può mangiare razionalmente, ma bisogna essere liberi di consumare quel che è necessario momento per momento, per alleviare il mal di testa. Trovo che sarebbe più ragionevole attenersi ai nuovi propositi a partire dal due gennaio.»

«Forse le farebbe bene mangiare qualcosa», ha proposto lui, poi è partito come un razzo verso il buffet, lasciandomi da sola davanti alla biblioteca con tutti che mi fissavano e pensavano: «Ecco come mai Bridget non è sposata. Gli uomini provano repulsione per lei».

Il peggio è stato che Una Alconbury e la mamma non si sono arrese neppure davanti a questo. Hanno continuato a mandarmi in giro con vassoi di cetriolini e bicchieri di sherry e panna sperando fino all'ultimo di gettarmi ancora una volta in mezzo ai piedi di Mark Darcy. Alla fine erano talmente rabbiose e frustrate che, quando mi hanno vista nelle loro vicinanze con i cetriolini, Una si è lanciata attraverso la stanza nemmeno fosse una centometrista, e ha detto: «Mark, devi prendere il numero di telefono di Bridget, prima di andare via, così quando sarai a Londra potrete sentirvi».

Non sono riuscita a evitare di diventare rosso ciliegia. Sentivo il colore salire dal

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collo. Ora Mark avrebbe creduto che Una fosse andata da lui perché glielo avevo chiesto io.

«Sono sicuro che la vita di Bridget a Londra è già abbastanza piena, signora Alconbury», ha risposto lui. Diavolo. Non è che volessi propinargli il mio numero di telefono, ma almeno avrebbe potuto evitare di far capire chiaramente a tutti che non lo voleva. Nell'abbassare gli occhi ho visto che portava calzini bianchi a pois gialli.

«Non posso tentarla con un cetriolino?» gli ho chiesto, per dimostrargli che avevo avuto un motivo sincero per venirgli vicino, basato molto più sui cetriolini che non sulla speranza di appioppargli il mio numero di telefono.

«Grazie, no», ha risposto lui, guardandomi con un certo allarme.

«Sicuro? Un'oliva ripiena?» ho insistito.

«No, davvero.»

«Una cipollina all'agro?» l'ho incoraggiato. «Un cubetto di barbabietola?»

«Grazie», ha dovuto dire alla fine, prendendo un'oliva.

«Spero le piacerà», ho esultato.

Verso la fine ho visto Una e sua madre che lo rampognavano, e poi lo hanno spinto verso di me e gli sono rimaste alle calcagna mentre diceva tutto imbarazzato: «Ha bisogno di un passaggio per tornare a Londra? Io resterò qui, ma posso metterle a disposizione la mia macchina per accompagnarla».

«Va da sola?» ho ironizzato.

Lui ha sbattuto le palpebre.

«Caara! Mark ha la macchina dell'ufficio con l'autista, sciocchina!» ha detto Una.

«Grazie, molto gentile da parte sua, ma prenderò uno dei miei soliti treni domattina.»

Ore 2. Oh, perché sono così poco attraente? Perché? Mi trova orribile persino un uomo che porta calzini a pois gialli. Odio l'anno nuovo. Odio tutti. Tranne Daniel Cleaver. Comunque, sul tavolino da toilette ho una tavoletta di cioccolato al latte grande come un vassoio avanzata da Natale, e anche due mignon di gin and tonic. Farò fuori il tutto, e poi mi fumerò una cicca.

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Martedì 3 gennaio.

"Chilogrammi 59 (sto galoppando verso l'obesità, ma perché, perché?), alcolici 6 (ottimo), sigarette 23 (m. b.), calorie 2472".

Ore 9. Diavolo. Non riesco ad affrontare il pensiero di andare al lavoro. L'unica cosa che me lo rende tollerabile è l'idea di rivedere Daniel, ma sarebbe meglio non vederlo perché sono grassa, ho un foruncolo sul mento e ho voglia solo di stare seduta sul divano a mangiare cioccolato e a guardare i programmi natalizi. Mi sembra ingiusto e sbagliato che il Natale, con tutte le sue stressanti e ingestibili sfide finanziarie ed emotive, prima ti venga imposto contro la tua volontà, poi ti venga brutalmente sottratto proprio quando stai cominciando a entrare nello spirito. Stavo giusto cominciando a godermi l'idea che i doveri quotidiani fossero sospesi e si potesse restare a letto fino a qualunque ora, ingurgitare qualunque cosa e bere alcolici ogni volta che ti passa per la mente, anche al mattino. E adesso, tutto a un tratto, ci chiedono di riprendere ad autodisciplinarci come snelli levrieri inglesi appena adolescenti.

Ore 22. Diavolo. Perpetua, che per il solo fatto di essere stata assunta prima di me si crede di potermi comandare a bacchetta, è stata antipatica e prepotente al massimo grado, insistendo fino alla noia più totale sull'ultima proprietà da mezzo milione di sterline che ha in progetto di comprare con il suo ricco ma troppo colto fidanzato, Hugo. «Sì, sì, "è vero" che guarda a nord, ma hanno studiato un'illuminazione estremamente intelligente.»

L'ho guardata con una certa ansia: il suo sedere enorme e bulboso era fasciato in un'aderentissima gonna rossa con applicato un bizzarro panciotto tre-quarti a righe. Che fortuna nascere così arroganti. Perpetua potrebbe avere le dimensioni di una Espace e non darsene minimamente pensiero. Quante ore, mesi, anni ho speso io a preoccuparmi del peso, mentre lei andava spensieratamente in cerca di lampade di porcellana a forma di gatto in Fulham Road? Ma si lascia sfuggire la vera fonte della felicità. E' scientificamente provato che a dare la felicità non sono né l'amore, né la ricchezza, né il potere, ma il perseguimento di obiettivi raggiungibili: e che cos'è una dieta se non un obiettivo raggiungibile?

Page 16: Fielding Helen - Il Diario Di Bridget Jones

Tornando a casa, in segno di protesta contro la fine del Natale, ho comprato un pacchetto di decorazioni al cioccolato per l'albero a metà prezzo e una bottiglia di vino frizzante della Norvegia, o del Pakistan, o simili. Me li sono ingurgitati alla luce dell'albero di Natale, insieme con un paio di tortine di frutta secca, l'ultima fetta del dolce di Natale e del formaggio, e intanto ho guardato "Love Boat", facendo finta che fosse un programma natalizio.

Ora, però, me ne vergogno e mi faccio schifo. Sento il grasso debordare. Non importa. A volte, per emergere bella e pura come Michelle Pfeiffer dallo squallore di un fisico cascante, bisogna prima affondare in un abisso di grasso tossico e avvolgente... tipo Araba Fenice che risorge dalle sue stesse ceneri. Domani avrà inizio il nuovo regime spartano pro salute e bellezza.

Mmm. Se penso a Daniel Cleaver. Adoro la sua aria malvagia e dissoluta e il suo essere m. intelligente e rampante. Oggi è stato m. divertente: ha raccontato a tutti che sua zia ha scambiato il portarotolo da cucina regalatole da sua madre a Natale per un pene finto. Mi ha chiesto anche, con aria farfallona, se per Natale avevo ricevuto qualcosa di carino. Credo che domani metterò la mini nera.

Mercoledì 4 gennaio.

"Chilogrammi 59,5 (emergenza: è come se a Natale il grasso si fosse immagazzinato sotto forma di capsule che ora rilasciano lentamente il loro contenuto sotto pelle), alcolici 5 (meglio), sigarette 20, calorie 700 (m.b.)".

Ore 16. Ufficio. Emergenza. Mi ha appena telefonato Jude dal suo cellulare. Era in un fiume di lacrime e alla fine, belando, è riuscita a spiegarmi che ha appena dovuto trovare una scusa per non andare a una riunione del consiglio di amministrazione (Jude è direttore delle Operazioni a Termine alla Brightlings) perché stava per scoppiare in lacrime e attualmente è intrappolata nel bagno delle signore con due occhi cerchiati peggio di Alice Cooper e senza borsetta del trucco. Il suo fidanzato, il Perfido Richard (un allergico alle relazioni serie particolarmente autoindulgente), che vede con alti e bassi da diciotto mesi, l'ha piantata perché lei gli ha chiesto se gli sarebbe piaciuto andare in vacanza insieme. Tipico, ma naturalmente Jude dà tutta la colpa a se stessa.

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«Sono troppo dipendente. Se ho chiesto troppo, è stato perché mi mancava, più che per necessità vera e propria. Oh, se solo potessi far tornare indietro l'orologio!»

Ho subito telefonato a Sharon e abbiamo combinato un summit d'emergenza per le 18,30 al Café Rouge. Spero di poter tagliare la corda senza che quella maledetta Perpetua s'imbizzarrisca.

Ore 23. Serata stridula. Sharon si è subito lanciata nella sua teoria riguardo la situazione con Richard: «la cialtroneria sentimentale», una moda che si espande come un incendio tra gli uomini sopra i trent'anni. Secondo Shazzer, quando le donne passano lentamente dagli «enti» agli «anta,» l'equilibrio di potere muta impercettibilmente. Persino le più sfacciate, alle prese con le prime fitte dell'angoscia esistenziale, sentono venir meno il coraggio: temono di morire sole e di venir ritrovate tre settimane dopo mezze divorate da un pastore alsaziano. Per quanto tempo passino a pensare a Joanna Lumley o a Susan Sarandon, idee stereotipate tipo quelle della zitella a vita, della ruota del tempo che gira e della spazzatura sessuale, messe tutte insieme, le fanno sentire stupide.

«E gli uomini come Richard», ha asserito Sharon, fumando di rabbia, «approfittano della fessura nella corazza per rifuggire dall'impegno, dalla maturità, dall'onore e dal naturale progredire dei rapporti tra uomo e donna.»

A questo punto Jude e io stavamo già sibilando «Zitta! Abbassa la voce!» ritirandoci nei nostri cappotti. Dopotutto, in un uomo niente suscita più repulsione del femminismo stridulo.

«Come ha osato sostenere che, chiedendogli di andare in vacanza insieme, volevi dare un'impronta troppo seria al vostro rapporto?» ha urlato Sharon. «Di che cosa va "cianciando"?»

Pensando distrattamente a Daniel Cleaver, ho azzardato che non tutti gli uomini sono come Richard, al che Sharon ha cominciato a snocciolare una lunga lista per illustrare come la «cialtroneria sentimentale» stia mietendo vittime anche tra le nostre amiche: una il cui fidanzato (con lei ormai da tredici anni) si rifiuta persino di parlare di convivenza; un'altra uscita per quattro volte con un uomo che poi l'ha mollata perché «si vedevano troppo»; una che è stata perseguitata per tre mesi dalle appassionate richieste di matrimonio di un tizio il quale, tre settimane dopo che lei aveva capitolato, si è tirato indietro e ha ripreso daccapo l'intera solfa con la sua migliore amica.

«Noi donne siamo vulnerabili solo perché siamo una generazione di pioniere, che hanno il coraggio di non scendere a compromessi in amore e di fare affidamento solo

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sul proprio potere economico. Tra vent'anni gli uomini non oseranno neppure provare a incantarci con cialtronerie sentimentali, perché noi "gli rideremo in faccia"», ha ululato Sharon.

A questo punto è entrato nella sala Alex Walker, un collega di Sharon, accompagnato da una bionda stratosferica, almeno otto volte più attraente di lui. Alex è venuto a salutarci.

«E' la tua nuova ragazza?» ha chiesto Sharon.

«Be', insomma... Sai, lei crede di esserlo, ma non è che usciamo insieme... andiamo soltanto a letto. Dovrei farla finita con lei, però, sai com'è...» ha risposto lui, tutto compiaciuto.

«Okay, è la solita merda, e tu sei un povero sciocco vigliacco e pieno di disfunzioni. Bene. Ci parlo io, con quella», ha detto Sharon, e si è alzata. Jude e io l'abbiamo trattenuta a forza mentre Alex, con il terrore negli occhi, è tornato di corsa a continuare indisturbato le sue cialtronerie sentimentali.

Alla fine abbiamo elaborato tutte e tre insieme una strategia per Jude. Deve piantarla di darsi mazzate in testa da sola con "Donne che amano troppo" e, invece, pensarla di più alla "Gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere", perché l'aiuterebbe a vedere il comportamento di Richard non più come un segno che lei è troppo dipendente e innamorata, ma come la prova che lui è un elastico marziano che, per tornare indietro, ha prima bisogno di essere teso al massimo.

«D'accordo, ma questo vuol dire che devo telefonargli o no?» ha chiesto Jude.

«No», ha risposto Sharon, ma come se stesse dicendo «Sì».

Dopo che Jude se n'è andata - perché domattina deve alzarsi alle 5,45 per andare in palestra e vedere il suo agente di borsa prima di andare al lavoro alle 8,30 (è matta da legare) - Sharon e io ci siamo sentite piene di rimorso e ci siamo odiate per non averle consigliato di sbarazzarsi del Perfido Richard semplicemente perché troppo perfido. Però, come ha fatto notare Sharon, l'ultima volta che lo abbiamo fatto loro si sono rimessi insieme e lei, in un impeto di sincerità riconciliatrice, è andata a raccontargli tutto quello che avevamo detto, e adesso ogni volta che lo incontriamo vorremmo sprofondare per l'imbarazzo e lui ci considera due brutte arpie - un'interpretazione errata, come sottolinea sempre Jude, perché, anche se abbiamo scoperto l'arpia che c'è in noi, non l'abbiamo ancora del tutto liberata.

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Giovedì 5 gennaio.

"Chilogrammi 58,6 (grandi progressi: 1 chilo di grasso bruciato spontaneamente grazie alla gioia e all'aspettativa sessuale), alcolici 6 (m.b. per una serata fuori), sigarette 12 (i progressi continuano), calorie 1258 (l'amore ha sradicato il bisogno di ingurgitare)".

Ore 11. Ufficio. Oh, gioia e gaudio! Daniel Cleaver mi ha appena mandato un messaggio. Stavo cercando di aggiornare il mio curriculum senza farmi scoprire da Perpetua (in preparazione a un salto di carriera) quando in cima allo schermo ha cominciato a lampeggiare la scritta "Messaggio in arrivo". Tutta contenta - come sempre quando non si tratta di lavoro - ho subito digitato "R.M.S. Esegui" e per poco non sono saltata sulla sedia nel leggere "Cleave" in fondo al messaggio. Ho immediatamente pensato che fosse riuscito a inserirsi nel mio computer e si fosse accorto che non stavo lavorando, ma poi ho letto il messaggio.

<Messaggio per Jones

Pare che stamattina lei abbia dimenticato di mettere la gonna. Come scritto chiaramente nel contratto di assunzione, il personale deve essere sempre completamente vestito.

Cleave>

Civettuolo! Ho riflettuto per qualche secondo, fingendo di esaminare il barbosissimo messaggio di un pazzo. Non avevo mai mandato messaggi a Daniel Cleaver prima, ma la cosa carina dei messaggi via computer è che puoi essere sfacciata e informale anche con il tuo capo. Puoi anche perdere tempo in prove. Ecco che cosa gli ho mandato.

<Messaggio per Cleave

Il suo messaggio mi ha lasciata sbalordita. Benché la mia gonna possa a ragione essere descritta come piccola per non dire striminzita (visto che da sempre la nostra

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parola d'ordine nell'editoria è parsimonia), trovo che descriverla come del tutto assente sia un grossolano travisamento, e mi ripropongo di contattare il sindacato.

Jones>

Tutta eccitata, ho aspettato la risposta. Dopo un attimo ha ricominciato a lampeggiare la scritta "Messaggio in arrivo". Ho schiacciato "R.M.S."

<Chiunque abbia incautamente asportato dalla mia scrivania il manoscritto corretto di "La motocicletta di Kafka" è pregato di volercelo cortesemente rimettere al più presto.

Diane>

Uffa. Dopodiché: più niente.

Mezzogiorno. Daniel non ha risposto. Dev'essere furioso. Forse non stava affatto scherzando. Santo cielo. Mi sono lasciata tentare dall'informalità del mezzo informatico e sono stata irrispettosa con il mio capo.

Ore 12,10. Forse non l'ha ancora ricevuto. Se solo potessi richiamare il messaggio! Credo che andrò a fare due passi: vedrò se riesco a entrare nell'ufficio di Daniel e a cancellarlo.

Ore 12,15. Adesso si spiega tutto. E' in riunione con Simon del marketing. Nel passare qui davanti mi ha lanciato un'occhiata. Ah! "Messaggio in arrivo".

<Messaggio per Jones

Se passare davanti al mio ufficio era un tentativo per dimostrare l'esistenza della

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gonna, posso dire soltanto che è miseramente fallito. La gonna è indiscutibilmente assente. E' a casa in malattia?

Cleave>

Poi, subito dopo, la scritta "Messaggio in arrivo" ha ripreso a lampeggiare.

<Messaggio per Jones

Se la gonna è davvero a casa indisposta, pregasi controllare quanti giorni di malattia ha preso negli ultimi dodici mesi. La presenza a singhiozzo della gonna negli ultimi tempi fa pensare a una simulazione ai danni dell'azienda.

Cleave>

Sto per inviare un:

<Messaggio per Cleave

La gonna non è né ascente né malata, e lo posso dimostrare. Sono sbalordita dall'atteggiamento chiavamente classista della direzione nei confronti della gonna. L'interesse ossessivo per l'indumento dimostrerebbe che a essere malata è la direzione, non la gonna.

Jones>

Mmm. Credo che cancellerò l'ultima frase: contiene una vaga accusa di molestie sessuali, quando invece essere sessualmente molestata da Daniel Cleaver mi piacerebbe moltissimo.

Argh! Perpetua è passata dì qua e si è messa a leggermi da sopra la spalla. Sono riuscita a premere "Alt Screen" appena in tempo, ma è stato un grosso errore, in quanto sullo schermo è riapparso il mio curriculum.

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«Fammi sapere quando hai finito di leggere, d'accordo?» ha detto lei, con un sorrisetto da sberle. «Non sopporterei di saperti utilizzata al di sotto delle tue capacità.»

Appena l'ho vista di nuovo al telefono - «Sinceramente, signor Birkett, che senso ha metterci tre o quattro stanze da letto quando sarebbe chiaro fin dal momento stesso del nostro arrivo che la quarta camera da letto è un guardaroba con finestra?» - mi sono rimessa al lavoro. Ecco che cosa sto per inviare.

<Messaggio per Cleave

La gonna non è né ascente né malata, e lo posso dimostrare. Sono sbalordita dall'atteggiamento chiavamente classista della direzione nei confronti della gonna. Penso che mi rivolgerò al tribunale dell'industria, ai rotocalchi eccetera.

Jones.>

Dio mio. Ecco la risposta.

<Messaggio per Jones

Assente, Jones, non ascente. Chiaramente, non chiavamente. La prego di tentare di acquisire almeno una certa padronanza dell'ortografia. Non sto cercando di sostenere che la lingua sia un mezzo di comunicazione fisso anziché in costante trasformazione e mutamento (vedi Hoenigswald), ma penso che usare la funzione Ortografia del computer potrebbe esserle d'aiuto.

Cleave>

Ero lì abbacchiatissima quando Daniel mi è passato davanti con Simon del marketing, e ha lanciato uno sguardo molto sexy alla mia gonna, con un sopracciglio alzato. Adoro questo adorabile scambiarsi messaggi al computer. Devo migliorare la mia ortografia, però. Dopotutto, sono laureata in inglese.

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Venerdì 6 gennaio.

Ore 17,45. Non potrei essere più felice. Lo scambio di messaggi al computer è continuato per tutto il pomeriggio, con un'insistenza ossessiva sulla presenza o meno della gonna. Non credo che il nostro rispettatissimo capo abbia lavorato granché. Perpetua (capo in seconda) non sapeva più che pesci pigliare, perché sapeva che stavo scambiando messaggi ed era m. seccata, ma il fatto che li stessi scambiando con il capo supremo le creava un conflitto di fedeltà - in un ambito in cui chiunque dotato di un grammo di buon senso capirebbe subito che spetta al capo supremo dettar legge. L'ultimo messaggio diceva:

<Messaggio per Jones

Durante il fine settimana vorrei far avere dei fiori alla gonna sofferente. La prego di volermi procurare al più presto il numero di casa in quanto, per ovvie ragioni, per la ricerca non sarebbe possibile fare affidamento sulla grafia di Jones in questi messaggi.

Cleave>

Ma sì! Vai così! Daniel Cleaver vuole il mio numero di telefono. Sono una bomba. Sono un'irresistibile bomba di sesso. Urrà!

Domenica 8 gennaio.

"Chilogrammi 58,1 (m.m.b., ma a quale scopo?), alcolici 2 (ottimo), sigarette 7, calorie 3100 (pessimo)".

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Ore 14. Perché sono così poco attraente? Non riesco a credere di essermi ripromessa di tenermi libera dal lavoro tutto il weekend e di averlo buttato via nell'attesa di un appuntamento con Daniel. Che cosa orribile. Ho sprecato due giorni a fissare il telefono come una psicopatica e a mangiare. Perché non ha chiamato? Perché? Che cosa c'è di sbagliato in me? Perché mi ha chiesto il numero di telefono se sapeva che non avrebbe chiamato, e se avesse avuto intenzione di chiamare lo avrebbe sicuramente fatto nel weekend? Devo cercare di essere più equilibrata. Chiederò a Jude il titolo di un manuale per aiutare se stessi, possibilmente basato sulle religioni orientali.

Ore 20. Allarme telefonata, ma era solo Tom che chiedeva se c'era stato qualche progresso telefonico. Da quando sono in crisi per Daniel, Tom (che ha cominciato in modo per niente lusinghiero ad autodefinirsi un cesso di finocchio) è stato un tenerissimo confidente. Secondo lui, gli omosessuali e le donne single sopra i trenta hanno qualcosa di naturale che li unisce: sono abituati a deludere i propri genitori e a vedersi trattare come fenomeni strani dal resto della società. Mi ha pazientemente ascoltato quando lo ossessionavo con la mia angoscia di non essere abbastanza attraente - peggiorata di un bel po', come gli ho spiegato, prima dal maledetto Mark Darcy, poi dal maledetto Daniel, al che lui ha commentato, e devo dire che avrebbe potuto risparmiarmelo: «Mark Darcy? Ma non è il famoso avvocato, il paladino dei diritti umani?»

Be', comunque. Che cosa vogliamo dire del mio diritto umano di non essere costretta ad andare in giro con il terribile complesso di essere un mostro?

Ore 22. E' troppo tardi perché Daniel telefoni. Sono m. triste e traumatizzata.

Lunedì 9 gennaio.

"Chilogrammi 58,1, alcolici 4, sigarette 29, calorie 770 (m.b., ma a quale prezzo?)".

Giornata da incubo in ufficio. Ho guardato la porta per tutta la mattina aspettando di

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veder entrare Daniel. Niente. Alle 11,45 ero seriamente preoccupata. Non era il caso di dare l'allarme?

Poi ho sentito Perpetua gridare al telefono: «Daniel? E' andato a una riunione a Croydon. Sarà qui domani». Ha riattaccato con malagrazia e ha borbottato: «Dio mio, tutte queste maledette ragazze che gli telefonano».

In preda al panico, avrei voluto tagliarmi le vene. Quali ragazze? Com'era possibile? In qualche modo sono riuscita ad arrivare in fondo alla giornata, a tornarmene a casa e, in un momento di pazzia, a lasciare un messaggio sulla segreteria telefonica di Daniel, dicendo (ancora non riesco a credere di averlo fatto davvero): «Salve, qui parla Jones. Mi stavo chiedendo come sta e se intende vedermi per parlare della salute della gonna, come aveva accennato».

Appena ho riagganciato mi sono resa conto di aver fatto un'idiozia e ho telefonato a Tom, che in tutta calma mi ha risposto di lasciar fare a lui: chiamando diverse volte la segreteria, forse sarebbe riuscito a trovare il codice che gli avrebbe permesso di riascoltare e cancellare il messaggio. Alla fine credeva quasi di avercela fatta, quando purtroppo Daniel ha risposto al telefono. Invece di dire: «Scusi, ho sbagliato numero», Tom ha riappeso. Così adesso Daniel non solo ha quel messaggio che sembra lasciato da una pazza, ma crederà che sia stata io a chiamare quattordici volte la sua segreteria e che poi, quando finalmente ha risposto, abbia assurdamente riagganciato.

Martedì 10 gennaio.

"Chilogrammi 57,6, alcolici 2, sigarette 0, calorie 998 (ottimo, m.b., una vera santerellina)".

Sono entrata in ufficio di soppiatto, imbarazzatissima per via del messaggio. Avevo deciso di prendere definitivamente le distanze da Daniel, ma in quel momento lui è arrivato, sexy da far perdere la trebisonda, e ha cominciato a far ridere tutti quanti, così sono caduta miseramente in pezzi.

All'improvviso in cima allo schermo del mio computer è comparsa la scritta "Messaggio in arrivo".

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<Messaggio per Jones

Grazie per la telefonata.

Cleave>

Un tuffo al cuore. Quella telefonata proponeva un appuntamento. Chi mai può pensare di rispondere «grazie» e finirla lì, a meno che non... ma, dopo averci ripensato, ho risposto:

<Messaggio per Cleave

La prego di chiudere. Sono molto presa e richiesta.

Jones>

E' passato qualche minuto, poi è arrivata la risposta.

<Messaggio per Jones

Spiacente di averla interrotta, dev'essere terribilmente sotto pressione. Passo e chiudo.

P.S. Le sue tette sotto quella camicetta sono stupende.

Cleave>

E così abbiamo ricominciato. Ci siamo scambiati freneticamente messaggi per tutta la settimana. Il massimo è stato quando lui mi ha proposto un appuntamento per domenica sera e io, stordita ed euforica, ho accettato. A volte mi guardo attorno in ufficio mentre siamo tutti lì a picchiare sui tasti, e mi domando se ci sia qualcuno che lavora davvero.

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(Sono strana io, o la domenica sera è un giorno strano per un primo appuntamento? Un momento sbagliato, come il sabato mattina o il lunedì pomeriggio alle due.)

Domenica 15 gennaio.

"Chilogrammi 57,1 (ottimo), alcolici 0, sigarette 29 (m.m. male, soprattutto in 2 ore), calorie 3879 (da schifo), pensieri negativi 942 (circa, calcolo basato sulla media al minuto), minuti passati a contare i pensieri negativi 127 (circa)".

Ore 18. Completamente stravolta dopo un'intera giornata di preparativi in vista dell'appuntamento. Essere una donna è peggio che essere un contadino... è un continuo potare e spruzzare antiparassitari: ci sono le gambe da depilare, le ascelle da rasare, le sopracciglia da strappare, i piedi da strofinare con la pomice, la pelle da esfoliare e idratare, i punti neri da schiacciare, le radici dei capelli da colorare, le ciglia da tingere, le unghie da curare, la cellulite da massaggiare, gli addominali da esercitare. L'intero processo è così armonico che ti basta trascurarlo per qualche giorno perché vada tutto in vacca. A volte mi chiedo come sarei se lasciassi fare alla natura: con una barba folta e i baffi a manubrio da ciascun ginocchio in giù, le sopracciglia a cespuglio incolto, la faccia come un cimitero di cellule morte, un'eruzione di punti neri, le unghie lunghe e adunche come quelle di un'arpia, cieca come un pipistrello e tutti gli animali delle specie inferiori in quanto senza lenti a contatto, con un corpaccione flaccido che mi tremola tutto attorno. C'è da meravigliarsi se le donne non si sentono sicure di sé?

Ore 19. Non riesco a credere che sia successo davvero. Mentre andavo in bagno a dare gli ultimi ritocchi agricoli alla mia persona, ho notato che la spia della segreteria telefonica lampeggiava. Daniel.

«Scusa, Jones, mi dispiace, ma temo di doverti mandare in bianco. Domattina alle dieci ho una presentazione e ho un'intera pila di quarantacinque fogli da esaminare.»

Non riesco a crederlo. Mi ha bidonato. Un'intera giornata di maledetti sforzi ed energia idroelettrica generata per via corporea andati totalmente sprecati. Ma una donna non deve vivere attraverso gli uomini, bensì essere completa per se stessa in

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quanto conscia di avere un certo spessore.

Ore 21. Bisogna dire che ricopre un incarico di grande rilievo. Forse non voleva rovinare il primo appuntamento presentandosi attanagliato da pensieri di lavoro.

Ore 23. Però avrebbe potuto almeno ritelefonare. Probabilmente è uscito con una più magra.

Ore 5. Che cosa c'è di sbagliato in me? Sono sola come un cane. Odio Daniel Cleaver e non voglio mai più avere a che fare con lui. D'ora in poi esigo che mi si dia più importanza.

Lunedì 16 gennaio.

"Chilogrammi 58 (presi dove? Perché? Perché?), alcolici 0, sigarette 20, calorie 1500, pensieri positivi 0".

Ore 10,30. Ufficio. Daniel è ancora chiuso in riunione. Forse era una scusa genuina.

Ore 13. Daniel sta uscendo a pranzo. Non mi ha mandato neppure un messaggio. M. depressa. Andrò a fare spese.

Ore 23,50. Ho appena finito di cenare con Tom all'Harvey Nichols Fifth Floor. Tom mi ha angosciato a proposito di un certo Jerome, un regista freelance che a sentirne parlare dev'essere piuttosto pieno di sé. Gli ho mormorato qualcosa su Daniel, che è stato in riunione tutto il pomeriggio ed è riuscito solo a dirmi un distratto «Salve,

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Jones, come va la gonna?» verso le 16,30. Tom mi ha detto di non essere paranoica, di lasciare tempo al tempo, ma si capiva benissimo che pensava ad altro e aveva voglia solo di dirmi che i film di Jerome sono intessuti di sesso e voluttà.

Martedì 24 gennaio.

Una giornata celestiale. Alle 17,30, come un dono del cielo, è comparso Daniel, si è seduto sul bordo della mia scrivania voltando le spalle a Perpetua, ha tirato fuori la sua agendina e ha detto: «Come sei messa venerdì sera?»

Libera! Libera!

Venerdì 27 gennaio.

"Chilogrammi 58,6 (ma piena fino alle orecchie di cibo genovese), alcolici 8, sigarette 400 (la sensazione è quella), calorie 875".

Serata da sogno in un ristorantino genovese molto intimo vicino a casa di Daniel.

«Ehm, be'... chiamo un taxi», sono sbottata come una scolaretta dopo, per strada. Allora lui mi ha scostato con delicatezza un ricciolo dalla fronte, mi ha posato il palmo della mano sulla guancia e mi ha baciata, appassionatamente e disperatamente. Dopo un po' mi ha stretta forte a sé e con voce roca ha detto: «Non credo che ti servirà un taxi, Jones».

Appena entrati nel suo appartamento, ci siamo buttati uno addosso all'altra, come bestie, lasciandoci dietro scarpe, giacche... una scia di vestiti per tutta la stanza.

«Questa gonna ha l'aria di non stare affatto bene», ha mormorato lui. «Forse dovremmo sdraiarla sul pavimento.» E poi, mentre abbassava la cerniera: «E' solo un

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gioco, okay? Non credo che dovremmo fare sul serio». Poi, dopo aver messo per benino le carte in tavola, ha continuato ad abbassare la cerniera. Se non fosse stato per Sharon, la cialtroneria sentimentale e il fatto che avevo appena finito di scolare buona parte di una bottiglia di vino, credo che gli sarei caduta impotente tra le braccia. Invece sono balzata in piedi, tirandomi su la gonna.

«La solita merda», ho detto con voce strascicata. «Come osi essere così falso e ingannevole, codardo e pieno di disfunzioni? Farmi assordare dalle tue cialtronerie sentimentali non m'interessa, grazie. Addio.»

Grande! Avreste dovuto vederlo in faccia. Ma adesso, a casa, mi sento giù da matti. Forse ho fatto bene, ma per tutta ricompensa, lo so, finirò sola, mezza divorata da un alsaziano.

FEBBRAIO.

Il massacro di San Valentino.

Mercoledì 1° febbraio.

"Chilogrammi 57,1, alcolici 9, sigarette 28 (ma passerò ad altre più leggere, così potrò anche abbandonarmi a una disgustosa frenesia fumogena), calorie 3826".

Ho passato il weekend a sforzarmi di restare disdegnosamente su di giri dopo la disfatta cialtron-sentimentale di Daniel. Ho continuato a ripetermi fino alla nausea le parole «autorispetto» e «olè», cercando di sbarrare il passo a «Ma io sono pazza di lui!» Con il fumo è andata malissimo. Pare che esista un personaggio televisivo così nicotina-dipendente che comincia a desiderare un'altra sigaretta quando sta ancora fumando quella precedente. Io sono esattamente così. Telefonare a Sharon vantandomi di essere Miss Mutande di Ferro mi ha fatto bene, ma quando ho chiamato Tom lui ha capito subito com'erano andate in realtà le cose e mi ha detto: «Oh, povera cara», al che mi sono chiusa in un pietoso silenzio cercando di non

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scoppiare in lacrime di autocompatimento.

«Sta' attenta», mi ha messo in guardia Tom. «Adesso ti sbaverà dietro. Sbaverà.»

«No, figurati», ho risposto tristemente io. «Ormai me lo sono giocata.»

Domenica sono andata a pranzo dai miei genitori: cibo in quantità, grassissimo. La mamma si è tinta i capelli di arancione e, essendo appena tornata da una settimana ad Albufeira con Una Alconbury e la moglie di Nigel Coles, Audrey, è più saccente che mai.

E' stata in chiesa e all'improvviso, tipo san Paolo sulla via per Damasco, ha avuto una folgorazione: il vicario è finocchio.

Il suo punto di vista sul problema dell'omosessualità nel suo insieme è: «Si tratta solo di pigrizia, cara. Non vogliono fare la fatica di mettersi in relazione con il sesso opposto. Guarda il tuo Tom. Io credo sinceramente che, se avesse un po' di sale in zucca, uscirebbe con te come si deve, altro che tutte quelle ridicolaggini sull'amicizia».

«Mamma», le ho detto, «Tom sa di essere omosessuale dall'età di dieci anni.»

«Oh, tesoro! Davvero. Lo sai com'è che la gente si mette in testa queste sciocchezze. Si riesce sempre a convincerla del contrario.»

«Significa che se ti avessi parlato in maniera davvero persuasiva avresti lasciato papà per iniziare una relazione con zia Audrey?»

«Non essere sciocca, tesoro», ha ribattuto lei.

«Infatti», le ha dato man forte papà. «Zia Audrey assomiglia a un bollitore.»

«Per favore, Colin!» lo ha rimproverato la mamma, il che mi è parso strano, dal momento che di solito non lo rimprovera mai.

Alquanto stranamente, papà ha insistito per revisionare dalla A alla Z la mia macchina prima che partissi, anche se gli ho assicurato che andava tutto benissimo. Ma mi sono tradita quando non ho saputo come fare ad aprire il cofano.

«Non hai notato niente di strano in tua madre?» mi ha detto lui tutto rigido e imbarazzato, mentre si dava da fare a pulire l'astina dell'olio con degli stracci e la rituffava dentro in una maniera che a un freudiano avrebbe fatto nascere delle preoccupazioni. Ma io non sono freudiana.

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«Vuoi dire a parte i capelli arancione?»

«Sì, e... be', sai, le sue solite "note caratteristiche".»

«Mi è sembrata insolitamente infervorata sull'omosessualità.»

«Oh, no. Quello è colpa dell'abbigliamento del vicario. Da stamattina non parla d'altro. A dire il vero era un po', come dire... fru-fru. E' appena tornato da un viaggio a Roma con l'abate di Dumfries. Era vestito di rosa dalla testa ai piedi. Quello che volevo sapere è se non hai notato niente di diverso dal solito.»

Ho provato a pensarci. «A essere sincera, no. L'ho trovata solo particolarmente estroversa e decisa.»

«Mmm», ha detto lui. «Comunque, è meglio che tu parta prima che faccia buio. Salutami tanto Jude. Come sta?»

Ha abbassato il cofano come dire «Ecco fatto», ma con tanta forza che ho temuto si fosse rotto la mano.

Pensavo che lunedì sarebbe andato tutto a posto con Daniel, ma lui non c'era, e non c'era neppure ieri. Il lavoro è diventato un po' come andare a una festa per mettersi con qualcuno, e scoprire che quella persona non è venuta. Ci si preoccupa della propria ambizione, della prospettiva di carriera e della serietà morale, e il resto sembra ridursi a livello di una caccia al maschio in discoteca. Alla fine sono riuscita a strappare a Perpetua che Daniel è partito per New York. A quest'ora, ovviamente, si sarà già messo con qualche drittona americana che si chiama Winona, pubblica a più non posso, porta la pistola ed è tutto quello che io non sono.

Come se non bastasse, questa sera devo andare a una cena di Felicemente Sposati a casa di Magda e Jeremy. Queste serate di solito riducono il mio ego alle dimensioni di una lumaca, il che non significa che non sia contenta di essere invitata. Adoro Magda e Jeremy. A volte dormo a casa loro, incantata dalle lenzuola inamidate e da tutti quei barattoli pieni di diversi tipi di pasta, e sogno di essere figlia loro. Ma quando sono con i loro amici sposati, mi trasformo in una specie di paguro bernardo.

Ore 23,45. Che incubo. Eravamo io, quattro coppie sposate e il fratello di Jeremy (tutto da dimenticare: faccia e bretelle rosse. Chiama le ragazze «sgarzole»).

«Allora», ha ululato Cosmo, versandomi un aperitivo. «Come va la tua vita amorosa?»

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Oh, no. Perché fanno così? Perché? Forse i Felicemente Sposati si mescolano solo con altri Felicemente Sposati e non sono più in grado di confrontarsi con i single. Forse in realtà vogliono schiacciarci e farci sentire dei falliti. O forse sono talmente in fregola che pensano: «C'è tutto un mondo là fuori», e sperano, facendosi raccontare i dettagli più sfrenati della nostra vita sessuale, di procurarsi delle emozioni fittizie.

«Già, Bridget, come mai non ti sei ancora sposata?» ha incalzato con voce nasale e in tono vagamente preoccupato Woney (pronuncia infantile di Fiona, sposata con Cosmo), accarezzandosi il pancione.

Avrei voluto rispondere "Perché non voglio finire come te, grassa e noiosa vacca da latte", oppure anche "Perché se dovessi cucinare la cena a Cosmo e poi entrare nel suo stesso letto una sola volta, per non parlare di tutte le sere, preferirei tagliarmi la testa e buttarla in un fosso". O anche "Perché a dire il vero, Woney, sotto i vestiti ho il corpo completamente ricoperto di squame". Ma non ho detto nessuna di queste cose perché, per quanto ironico possa sembrare, non volevo ferire i suoi sentimenti. E così mi sono messa a sorridere in modo colpevole, al che un tale di nome Alex è saltato su: «Sapete com'è, dopo una certa età...»

«Esatto. Tutti gli uomini decenti sono già stati impalmati», ha detto Cosmo, dandosi una pacca sulla pancetta e sorridendo con aria furba, cosicché la sua pappagorgia ha sussultato.

A cena Magda mi ha messo tra Cosmo e quella noia mortale del fratello di Jeremy, in una specie di tramezzino sessuale dal sapore incestuoso. «Devi proprio darti una mossa e trovarti un uomo, sai, vecchia mia», ha detto Cosmo, versandosi direttamente in gola un quarto di pinta di Pauillac dell'82. Il tempo vola.»

A questo punto anch'io avevo già bevuto una mezza pinta abbondante di Pauillac dell'82. «I matrimoni che sfociano in un divorzio adesso sono uno su tre o uno su due?» ho bofonchiato, in un inutile tentativo di fare del sarcasmo.

«Dico davvero, vecchia mia», ha insistito lui, facendo finta di niente. «Il mio ufficio trabocca di donne sole che hanno superato la trentina. Ottimi esemplari dal punto di vista fisico, ma non riescono a tenersi un uomo.»

«A dire il vero, non è questo il mio problema», ho sussurrato, agitando in aria la mia sigaretta accesa.

«Oh. Dicci, dicci», mi ha esortato Woney.

«Chi è lui, allora?» ha domandato Cosmo.

«Hai trovato qualcuno con cui spassartela un po', vecchia mia?» ha detto Jeremy.

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Tutti gli occhi erano puntati su di me, famelici. Le bocche, aperte, sbavavano.

«Non sono affari vostri», ho ribattuto tutta altezzosa.

«Allora vuol dire che l'uomo non ce l'ha!» ha gracchiato Cosmo.

«Oh, mio Dio, sono le undici!» ha strillato Woney. «La babysitter!» A questo punto si sono alzati tutti quanti, pronti ad andarsene.

«Dio mio, mi dispiace per com'è andata! Non te la sei presa, tesoro?» ha bisbigliato Magda, immaginando come potevo sentirmi.

«Vuoi un passaggio?» ha chiesto il fratello di Jeremy, finendo la frase con un rutto.

«A dire il vero mi aspettano in un locale,» ho trillato io, precipitandomi per strada. «Grazie per la fantastica serata!»

Poi sono salita su un taxi e sono scoppiata in lacrime.

Mezzanotte. Ha appena telefonato Sharon.

«Avresti dovuto rispondere: 'Non sono sposata perché sono unica al mondo, e voi dei cretini tronfi, invecchiati prematuramente e con una mentalità grande come una noce'», ha sbraitato Shazzer. «'E perché non c'è un solo modo per vivere. Una famiglia su quattro è composta da un single, la maggior parte dei membri della famiglia reale è single, i giovani di questa nazione secondo i sondaggi sono del tutto "insposabili", e il risultato è che esiste un'intera generazione di ragazze sole come me con il loro reddito e la loro casa. Ci divertiamo moltissimo e non abbiamo nessuna voglia di lavare i calzini di qualcun altro, e saremmo contente come pasque se quelli come voi non cospirassero per farci sentire sciocche solo perché siete gelosi'.»

«Unica al mondo!» ho gridato tutta contenta. «Evviva!»

Domenica 5 febbraio.

Ancora niente da Daniel. Impazzisco al pensiero di un'intera domenica da passare da

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sola mentre il resto del mondo è a letto a ridacchiare e fare sesso con qualcuno. Peggio ancora, manca poco più di una settimana all'incombente umiliazione di San Valentino. Non riceverò nemmeno un biglietto. Mi diletto con l'idea di flirtare energicamente con chiunque secondo me potrebbe decidersi a mandarmene uno, ma l'accantono in quanto immorale. Mi toccherà subire anche questo affronto.

Mmm. Trovato. Credo che andrò a trovare di nuovo mamma e papà, perché sono preoccupata per papà. Così poi mi sentirò come un angelo della provvidenza o come una santa.

Ore 14. Mi è stato strappato da sotto i piedi anche l'ultimo brandello del tappetino da doccia. La mia magnanima offerta di una provvidenziale visita a sorpresa è stata accolta in modo molto strano da papà, che ha risposto al telefono.

«Be'... non sono sicuro, tesoro. Puoi aspettare?»

Avrei voluto svenire. Parte dell'arroganza della gioventù (d'accordo, chiamiamola «gioventù») sta nel dare per scontato che i tuoi genitori siano pronti a interrompere qualunque cosa stiano facendo per accoglierti a braccia aperte nell'istante stesso in cui decidi di andare da loro. E' tornato subito. «Bridget, tua madre e io abbiamo qualche problema. Possiamo ritelefonarti più in là nella settimana?»

Qualche problema? Quale problema? Ho cercato di farmelo spiegare, ma non sono arrivata da nessuna parte. Che cosa sta succedendo? Possibile che tutto il mondo sia destinato a subire traumi emotivi? Povero papà. Non sarà che sto per diventare la vittima di un matrimonio naufragato proprio adesso, con tutto quello che mi sta già capitando?

Lunedì 6 febbraio.

"Chilogrammi 56,8 (peso sullo stomaco completamente sparito: mistero), alcolici 1 (m.b.), sigarette 9 (m.b.), calorie 1800 (b.)".

Oggi torna in ufficio Daniel. Sarò calma e pacata e mi ricorderò di essere una donna

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di un certo spessore, che per essere completa non ha bisogno di un uomo, soprattutto non di lui. Non gli manderò messaggi e non mi accorgerò nemmeno della sua presenza.

Ore 9,30. Uffa. Pare che Daniel non sia ancora arrivato.

Ore 9,35. Daniel non dà ancora segni di vita.

Ore 9,44. Oddio. Forse si è innamorato a New York ed è rimasto là.

Ore 9,47. Oppure è andato a sposarsi a Las Vegas.

Ore 9,50. Mmm. Andrò a controllare il trucco nel caso passi di qui.

Ore 10,05. Il cuore mi è balzato in gola: di ritorno dai cessi ho visto Daniel e Simon del marketing in piedi davanti alla fotocopiatrice. L'ultima volta che l'ho visto era sdraiato sul divano di casa sua con aria totalmente spersa mentre io mi riagganciavo la gonna e sbraitavo cose sulle cialtronerie sentimentali. Adesso aveva in tutto e per tutto l'aspetto da «Sono appena tornato da fuori»: fresco e in ottima salute. Quando gli sono passata davanti ha guardato con intenzione la mia gonna e mi ha fatto un sorrisone.

Ore 10,30. Sullo schermo è comparsa la scritta "Messaggio in arrivo". Ho premuto R.M.S. per aprire il messaggio.

<Messaggio per Jones

Vacca frigida.

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Cleave>

Ho riso. Non ho potuto farne a meno. Quando ho alzato gli occhi verso il suo piccolo ufficio di vetro l'ho visto che mi sorrideva con un certo sollievo, e un certo calore. Comunque non ho intenzione di rispondergli.

Ore 10,35. Però non rispondere mi sembra maleducato.

Ore 10,45. Cielo, quanto mi annoio.

Ore 10,47. Gli manderò un messaggino amichevole, niente di civettuolo, solo per tornare in buoni rapporti.

Ore 11. Eh eh. Mi sono fatta passare per Perpetua per fargli prendere una bella strizza.

<Messaggio per Cleave.

E' già abbastanza difficile cercare di centrare i propri obiettivi senza bisogno che certa gente faccia perdere tempo ai miei impiegati con messaggi non essenziali.

Perpetua

P.S. La gonna di Bridget non si sentiva bene e l'ho mandata a casa.>

Ore 22. Mmm. Daniel e io ci siamo scambiati messaggi per tutto il giorno. Ma non ho nessunissima intenzione di andare a letto con lui.

Questa sera ho ritelefonato a mamma e papà, ma non ha risposto nessuno.

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M. strano.

Giovedì 9 febbraio.

"Chilogrammi 58 (grasso in più causato probabilmente dal grasso invernale), alcolici 4, sigarette 12 (m.b.), calorie 2845 (m. freddo)".

Ore 21. Mi sto godendo un sacco le meraviglie dell'inverno: servono a ricordare che siamo alla mercé degli elementi e non dovremmo sforzarci tanto di fare i raffinati e i grandi lavoratori, quanto di stare al caldo e guardare la T.V.

E' la terza volta in una settimana che chiamo mamma e papà senza trovare nessuno. Forse sono rimasti isolati dalla neve? Disperata, ho tirato su il telefono e ho chiamato mio fratello Jamie a Manchester, ma mi sono imbattuta in uno dei suoi messaggi da morir dal ridere: un rumore di acqua che scorre e Jamie che finge di essere il presidente Clinton alla Casa Bianca, poi uno sciacquone e la sua patetica amichetta che ridacchia in sottofondo.

Ore 21,15. Ho chiamato mamma e papà tre volte di fila, facendo almeno venti squilli ogni volta. Alla fine ha risposto la mamma, ma aveva un'aria strana e mi ha detto che adesso non poteva parlare, ma mi richiamerà nel fine settimana.

Sabato 11 febbraio.

"Chilogrammi 57,1, alcolici 4, sigarette 18, calorie 1467 (tutte bruciate facendo shopping)".

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Sono appena tornata dallo shopping e ho trovato un messaggio di papà che mi chiede se possiamo vederci domenica per pranzo. Mi sono sentita tutta avvampare, poi gelare. Di solito la domenica mio padre non viene tutto solo a Londra per pranzare con me. Mangia roast-beef o salmone e patate novelle a casa, con la mamma.

«Non richiamare», diceva il messaggio. «Ci vediamo domani.»

Che cosa sta succedendo? Sono arrivata tremando fin dietro l'angolo per comprare da bere. Al ritorno ho trovato un messaggio della mamma. Pare che anche lei domani voglia pranzare con me. Porterà un pezzetto di salmone e arriverà intorno alla una.

Ho ritelefonato a Jamie e mi sono beccata 20 secondi di Bruce Springsteen e poi lui che gorgogliava: «Baby, sono nato per andare... fuori dai trenta secondi consentiti sulla segreteria telefonica».

Domenica 12 febbraio.

"Chilogrammi 57, alcolici 5, sigarette 23 (non me ne meraviglio), calorie 1647".

Ore 11. Santo cielo, non possono arrivare qui contemporaneamente. E' troppo da "pochade" per trovare le parole. Forse l'intera faccenda del pranzo è solo uno scherzo dei miei genitori dovuto a un'eccessiva esposizione alla T.V. spazzatura. Forse mia madre arriverà con un salmone vivo che guizza animatamente al guinzaglio e annuncerà di voler lasciare papà per il pesce. E magari papà si presenterà appeso a testa in giù fuori dalla finestra vestito come un ballerino folcloristico, sfonderà il vetro per entrare e comincerà a colpire la mamma sulla testa con una vescica di pecora. Oppure cadrà all'improvviso faccia avanti fuori dall'armadio guardaroba con un coltello di plastica infilato nella schiena. L'unica cosa che può rimettere tutto a posto è un Bloody Mary. Dopotutto, è quasi pomeriggio.

Ore 12,45. Ha telefonato la mamma. «Lascia che venga lui, allora», ha detto. «Lascia che faccia i suoi fottuti comodi, come al solito.» (Mia madre in genere non usa di questi termini: usa parole come «maledettissimi» e «santi numi».) «Starò fottutamente bene anche da sola. Darò una bella ripulita in casa... come Luisa che

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comincia presto, finisce presto e di solito non pulisce il water.» (Può essere che fosse ubriaca? E' concepibile? Dal 1952, quando si è presa una leggera sbronza con una pinta di sidro al ventunesimo compleanno di Mavis Enderby - e da allora non se l'è più scordato, né ha permesso agli altri di dimenticarlo - mia madre non ha bevuto altro che un singolo sherry alla panna. «Non c'è nulla di peggio di una donna ubriaca, tesoro.»)

«Mamma. No. Non possiamo parlarne tutti e tre insieme davanti a qualcosa da mangiare?» ho detto, come se fossimo in "Insonnia d'amore" e il pranzo fosse destinato a finire con papà e mamma che si prendono per mano e io che, con uno zaino fosforescente in spalla, strizzo furbescamente l'occhio alla telecamera.

«Aspetta e vedrai», mi ha detto minacciosamente. «Lo scoprirai da sola, come sono fatti gli uomini.»

«Ma io veramente ho già...» ho cominciato.

«Esco, tesoro», ha concluso lei. «Vado a farmi "scopare".»

Alle due è arrivato papà, con una copia del "Sunday Telegraph" perfettamente piegata sotto il braccio. Appena si è seduto sul divano la sua faccia si è tutta accartocciata, e ha cominciato a versare abbondanti lacrime.

«E' così da quando è stata ad Albufeira con Una Alconbury e Audrey Coles», ha singhiozzato, cercando di asciugarsi la guancia con il pugno. «Al ritorno ha cominciato a dire che voleva essere pagata per fare i lavori di casa, e che ha buttato via la sua esistenza per fare da serva a noialtri.» (Noialtri? Lo sapevo. E' tutta colpa mia. Se fossi stata una persona migliore, la mamma non avrebbe smesso di amare papà.) «Vuole che me ne vada di casa per qualche tempo, dice, e che... che...» Ha cominciato a singhiozzare silenziosamente.

«E che cosa, papà?»

«Ha detto che ho sempre creduto che il clitoride fosse un esemplare della collezione di lepidotteri di Nigel Coles.»

Lunedì 13 febbraio.

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"Chilogrammi 57,6, alcolici 5, sigarette 0 (l'arricchimento spirituale rimuove il bisogno di fumare - enorme conquista), calorie 2845".

Benché la sofferenza dei miei genitori mi spezzi il cuore, devo ammettere che, parallelamente, provo un vergognoso senso di compiacimento per il mio nuovo ruolo di angelo riparatore e, per quanto sia io stessa a dirmelo, di saggia consigliera. E' passato talmente tanto tempo da quando ho fatto qualcosa per qualcun altro, che la sensazione è del tutto nuova ed elettrizzante. Ecco che cosa è sempre mancato nella mia vita. Sto già fantasticando di diventare una samaritana o una catechista, di preparare la zuppa per i senza tetto (o, come mi ha suggerito il mio amico Tom, graziose minibruschette al pesto), o addirittura di iscrivermi a medicina. Forse uscire con un dottore sarebbe ancora meglio, soddisfacente sia sotto il profilo sessuale sia sotto quello spirituale. Ho cominciato persino a pensare di mettere un annuncio nella colonna dei cuori solitari del "Lancet". Potrei prendere i suoi messaggi, mandare a farsi friggere i pazienti che pretendono di essere visitati di notte, cucinargli soufflé di formaggio di capra e poi, verso i sessanta, comportarmi con lui da strega, come la mamma.

Santo cielo! Domani è San Valentino. Perché? Perché? Perché il mondo intero è concepito per far sentire idiota la gente che non vive nessuna storia d'amore, quando lo sanno tutti che le storie d'amore comunque non funzionano? Guardate la famiglia reale. Guardate mamma e papà.

E poi il giorno di San Valentino è soltanto una trovata cinica e commerciale. Qualcosa che mi lascia completamente indifferente.

Martedì 14 febbraio.

"Chilogrammi 57, alcolici 2 (trattamento speciale per un romantico San Valentino, 2 birre Beck's, sola soletta), sigarette 12, calorie 1545".

Ore 8. Eccoci! E' San Valentino. Chissà se è già arrivata la posta. Forse troverò un biglietto di Daniel. O di un ammiratore segreto. O dei fiori e dei cioccolatini a forma di cuore. Grande eccitazione.

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Breve attimo di gioia selvaggia nello scoprire un mazzo di rose in ingresso. Daniel! Sono corsa giù e le ho afferrate tutta felice, proprio mentre si apriva la porta dell'appartamento al piano di sotto e veniva fuori Vanessa.

«Oh, che belle!» ha detto tutta invidiosa. «Chi te le manda?»

«Non lo so!» ho risposto timidamente, guardando il biglietto. «Ah... sono per te.»

«Non importa. Guarda. Questo è per te», ha detto lei, in tono incoraggiante. Era una fattura.

Mentre andavo in ufficio, mi sono presa un cappuccino e un croissant al cioccolato per tirarmi su di morale. Non me ne importa della linea. Non ha senso, dal momento che nessuno mi ama o pensa a me.

Nei corridoi della metropolitana, si capiva subito chi aveva ricevuto un biglietto di San Valentino e chi no. Tutti quanti cercavano di incontrare lo sguardo degli altri, e o sorridevano, oppure guardavano altrove, sulla difensiva.

Appena arrivata in ufficio, ho visto che Perpetua aveva sulla scrivania un mazzo di fiori grande come una pecora scozzese.

«Allora, Bridget!» ha urlato, in modo che tutti potessero sentire. «Quanti ne hai ricevuti?»

Mi sono accasciata sulla mia sedia mormorando con un angolo della bocca «Fatela tacere!» come un'adolescente umiliata.

«Allora! Quanti?»

Temevo che avesse l'intenzione di prendermi per un orecchio e strizzarmelo, o qualcosa del genere.

«E' una cosa ridicola e insensata. Un'operazione commerciale bella e buona.»

«Lo sapevo. Non ne hai ricevuti», ha gracchiato lei. Solo in quel momento mi sono accorta che Daniel, dall'altra parte della stanza, ci stava ascoltando, e rideva.

Mercoledì 15 febbraio.

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Una sorpresa inaspettata. Stavo uscendo per andare al lavoro quando ho visto sul tavolo una busta rosa - sicuramente un San Valentino ritardatario - che diceva: «Alla Bella Tenebrosa». Ho avuto un breve istante di eccitazione: immaginavo fosse per me e mi vedevo già come un oscuro oggetto di desiderio per gli uomini che avrei incrociato per strada. Poi mi sono ricordata della maledettissima Vanessa e della sua zazzeretta nera e lustra. Al diavolo.

Ore 21. Sono appena tornata e il biglietto è ancora lì.

Ore 22. C'è ancora.

Ore 23. Incredibile. Il biglietto è sempre lì. Forse Vanessa non è ancora tornata a casa.

Giovedì 16 febbraio.

"Chilogrammi 56,8 (peso perduto salendo le scale a piedi), alcolici 0 (ottimo), sigarette 5 (ottimo), calorie 2452 (non m.b.), volte che sono scesa da basso per controllare la busta rosa tipo San Valentino 18 (pessimo psicologicamente, ma m.b come esercizio fisico)".

Il biglietto è ancora lì! Ovviamente è un po' come mangiare l'ultimo Quality Street o l'ultima fetta di torta. Siamo tutte e due troppo educate per prenderlo.

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Venerdì 17 febbraio.

"Chilogrammi 56,8, alcolici 1 (m.b ), sigarette 2 (m b.), calorie 3241 (pessimo, ma bruciate sulle scale), volte che ho controllato il biglietto 12 (ossessionante)".

Ore 9. Il biglietto è ancora lì.

Ore 21. Ancora lì.

Ore 21,30. Ancora lì. Non ce l'ho più fatta. Sapevo che Vanessa era in casa perché dal suo appartamento fuoriuscivano odori di cucina, così ho bussato. «Credo sia per te», ho detto, tendendole il biglietto mentre stava ancora aprendo la porta.

«Oh, pensavo che fosse per te», ha detto lei.

«Lo apriamo?» ho proposto.

«D'accordo.» Gliel'ho consegnato e lei l'ha ridato a me, ridendo. Io gliel'ho restituito. Adoro le ragazze.

«Dai», l'ho esortata, e lei ha aperto la busta con il coltello da cucina che aveva in mano. Era un biglietto artistico, di quelli che si comprano nelle gallerie d'arte.

Ha fatto una smorfia.

«Non mi dice niente», ha commentato, mostrandomi il biglietto.

Dentro c'era scritto: «Una ridicola e insensata operazione commerciale. Per la mia cara vacca frigida».

Ho emesso un'esclamazione acuta.

Ore 22. Ho appena telefonato a Sharon e le ho raccontato tutto. Ha detto che non devo montarmi la testa per un biglietto da quattro soldi e che dovrei rinunciare

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all'idea di Daniel, perché non è una persona carina e non può venirne fuori niente di buono.

Ho chiamato Tom per avere un secondo parere, soprattutto se devo o meno telefonare a Daniel in questo weekend. «"Nooooo!"» ha gridato. Poi mi ha fatto una serie di domande indagatorie, per esempio su come si è comportato Daniel in questi ultimi giorni quando, dopo avermi mandato il biglietto, non ha ricevuto risposta. Gli ho spiegato che mi era sembrato più civettuolo del solito. Il suo consiglio è stato di aspettare la prossima settimana e restare sulle mie.

Sabato 18 febbraio.

"Chilogrammi 57,1, alcolici 4, sigarette 6, calorie 2746, numeri della lotteria azzeccati 2 (m.b.)".

Finalmente sono andata in fondo alla faccenda di mamma e papà. Cominciavo a immaginare uno sfondo stile Shirley Valentine dopo la vacanza in Portogallo, e che un giorno o l'altro avrei aperto il "Sunday People" per trovarci mia madre che sfoggiava una chioma tinta di biondo e un top in pelle di leopardo seduta su un divano con un uomo in jeans slavati di nome Gonzales e intenta a spiegare che, se ami veramente qualcuno, quarantasei anni di differenza non contano niente.

Oggi mi ha chiesto di incontrarci per pranzo alla caffetteria di Dickens and Jones e le ho chiesto senza mezzi termini se si vede con un uomo.

«No, non c'è nessun altro», ha risposto, guardando lontano con un'espressione di malinconico coraggio che, scommetto, ha copiato da qualche testa coronata.

«Allora perché sei così cattiva con papà?»

«Tesoro, è semplicemente che, quando tuo padre è andato in pensione, mi sono resa conto di aver passato trentacinque anni di fila a mandare avanti la sua casa e allevare i suoi figli...»

«Jamie e io siamo anche figli tuoi», le ho ricordato, risentita.

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«... e, mentre la sua vita lavorativa era conclusa, la mia continuava, che è esattamente quello che provavo quando voi eravate piccoli e arrivava il weekend. Si vive una volta sola. Ho soltanto deciso di cambiare un poco le cose e di passare gli anni che mi restano a occuparmi, una volta tanto, di me stessa.»

Mentre andavo alla cassa a pagare, ci ho pensato su e ho tentato, da quella femminista che sono, di capire il punto di vista della mamma. Poi mi è caduto l'occhio su un signore alto e distinto con i capelli grigi, una giacca di pelle di taglio europeo e uno di quei borselli che portano gli uomini. Stava guardando dentro il locale, battendo il dito sull'orologio e inarcando le sopracciglia. Mi sono voltata di scatto e ho visto mia madre sillabare sottovoce: «Ancora un attimo», e poi annuire come per scusarsi nella mia direzione.

Al momento non le ho detto niente, l'ho soltanto salutata, poi sono tornata indietro e l'ho seguita per assicurarmi di non aver avuto le traveggole. E invece l'ho trovata che gironzolava nel reparto profumi con il suo damerino alto alto, spruzzandosi sui polsi tutto lo spruzzabile, avvicinandoli alla faccia di lui e ridendo tutta vezzosa.

A casa ho trovato sulla segreteria un messaggio di mio fratello Jamie. L'ho richiamato subito e gli ho detto tutto.

«Oh, Bridge, per l'amor del cielo», ha detto, con una risata roboante. «Sei talmente ossessionata dal sesso che, se vedessi la mamma fare la comunione, lo scambieresti per un pompino al vicario. Non hai ricevuto nessun San Valentino quest'anno, vero?»

«A dire il vero, sì», ho borbottato, molto contrariata. Al che lui è scoppiato di nuovo a ridere, poi ha detto che doveva andare perché lui e Becca stavano uscendo per il solito Tai Chi nel parco.

Domenica 19 febbraio.

"Chilogrammi 57,1 (m.b., ma solo per la preoccupazione), alcolici 2 (ma è il giorno del Signore), sigarette 7, calorie 2100".

Ho telefonato alla mamma per farmi dare spiegazioni sul damerino di età avanzata con cui l'ho vista dopo che avevamo pranzato insieme.

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«Oh, vuoi dire Julian», ha trillato.

Con questo si è immediatamente tradita. I miei genitori non chiamano i loro amici con il nome di battesimo: dicono sempre Una Alconbury, Audrey Coles, Brian Enderby. «Hai presente David Ricketts, tesoro, quello sposato con Anthea Ricketts, del Lifeboat...» Sta a significare che in cuor loro sanno benissimo che ignoro completamente chi sia Mavis Enderby, anche se per i prossimi quaranta minuti mi parleranno di lei e Brian Enderby come se li conoscessi intimamente fin dall'età di quattro anni.

Ho capito subito che Julian non deve entrarci per niente con i pranzi del Lifeboat, e di certo nel Lifeboat - o nel Rotary, o nel Saint George's - non ha neppure una moglie. Ho intuito anche che deve averlo conosciuto in Portogallo, prima della crisi con papà, e forse un giorno scoprirò che non si tratta tanto di un Julian, quanto di un Julio. Ho intuito, diciamocelo in faccia, che la crisi con papà è nata per colpa di Julio.

Le ho parlato di questo mio vago sospetto, lei però ha negato. Se ne è venuta persino fuori con una storia piuttosto elaborata secondo la quale «Julian» l'aveva involontariamente urtata al Marks and Spencer di Marble Arch, facendole cadere su un piede il suo nuovo piatto di ceramica di Le Creuset e invitandola a bere un caffè da Selfridges, dov'era nata una salda amicizia platonica basata interamente sulle caffetterie dei grandi magazzini.

Per quale ragione, quando lasciano il proprio compagno perché hanno una relazione con qualcun altro, le persone credono sia meglio negare la presenza di una terza persona? Credono che per il compagno sarà meno doloroso pensare che se ne sono andate unicamente perché non lo sopportavano più e poi, due settimane dopo, hanno avuto la fortuna di incontrare uno stangone alla Omar Sharif con il borsello, mentre il compagno passa le serate a scoppiare in lacrime alla vista del bicchiere con gli spazzolini da denti? Fa pensare a certa gente che, piuttosto di dire la verità, inventa come scusa una bugia, anche quando la verità è meglio della bugia.

Una volta ho sentito il mio amico Simon annullare un appuntamento con una ragazza - per la quale andava davvero pazzo - perché aveva un brufolo con del pus giallo a destra del naso e perché, per colpa di un contrattempo con la lavanderia, era andato al lavoro con una ridicola giacca stile fine anni Settanta pensando di poter passare a prendere la sua in tintoria all'ora di pranzo, ma non l'aveva trovata pronta.

Allora si era messo in testa di raccontare alla ragazza che non poteva vederla perché era arrivata all'improvviso sua sorella, e doveva intrattenerla per la serata, e inoltre, aveva aggiunto insensatamente, doveva visionare alcune videocassette per lavoro entro la mattina dopo. A questo punto lei gli aveva fatto presente che le aveva detto di non avere né fratelli né sorelle e lo aveva invitato a vedere le videocassette a casa sua, mentre lei gli preparava una bella cenetta. Ma non avendo nessuna videocassetta di

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lavoro da guardare, lui era stato costretto a tessere un'altra rete di bugie. Come risultato, la ragazza si era convinta che lui avesse una relazione con qualcun'altra benché fossero solo al loro secondo appuntamento, lo aveva lasciato, e Simon aveva trascorso la serata a pentirsi amaramente da solo con il suo brufolo e la sua giacca anni Settanta.

Ho cercato di far presente alla mamma che non mi stava dicendo la verità, ma lei è talmente piena di lussuria che... insomma, ha completamente perso di vista tutto il resto.

«Stai diventando piuttosto cinica e sospettosa, tesoro», ha detto. «Julio» - ah! ahahahah! - «è solo un amico. Ho bisogno solo di un po' di "spazio".»

Così è saltato fuori che, per mostrarsi compiacente, papà si trasferirà nell'appartamentino della nonna defunta degli Alconbury in fondo al loro giardino.

Martedì 21 febbraio.

M. stanca. Papà ha preso il vizio di telefonarmi più volte durante la notte, solo per parlare.

Mercoledì 22 febbraio.

"Chilogrammi 57,1, alcolici 2, sigarette 19, cibi grassi 8 (un'idea inaspettatamente ripugnante: non mi era mai successo di dover affrontare la realtà del grasso che deborda sotto pelle dal sedere e dalle cosce. Da domani devo tornare a contare le calorie)".

Tom aveva ragionissima. Ero così presa da mamma e papà, e così stanca per via delle telefonate da pazzo di papà, che non mi sono neppure accorta di Daniel, con il

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miracoloso risultato che lui adesso è tutto preso da me. Oggi, però, ho fatto una figura da perfetta idiota. Ho chiamato l'ascensore per uscire a mangiarmi un panino e dentro c'erano lui e Simon del marketing. Stavano parlando di certi calciatori che erano stati arrestati per aver venduto delle partite. «Ne hai sentito parlare anche tu, Bridget?» mi ha chiesto Daniel.

«Oh, certamente», ho mentito, cercando d'inventarmi un'opinione in proposito. «Se devo dire la verità, trovo sia una cosa di pessimo gusto. Un comportamento sconcio, direi. Ma finché lo fanno per scherzo e tra di loro... In fondo, in televisione non si vede poi tanto.»

Simon mi ha guardato come se fossi impazzita e Daniel mi ha fissata per un istante, poi è scoppiato a ridere. Lui e Simon sono usciti dall'ascensore prima di me. Daniel si è girato e, mentre le porte si richiudevano, ha detto: «Sposami, ti prego!» Niente male, eh?

Giovedì 23 febbraio.

"Chilogrammi 57,3 (se solo riuscissi a stare sotto i 57, invece di andare continuamente su e giù come il cadavere di un annegato - annegato nel grasso), alcolici 2, sigarette 17 (tensione da precoito, comprensibile), calorie 775 (nel disperato tentativo di scendere sotto i 54,5 entro domani)".

Ore 20. Capperi. Lo scambio di messaggi al computer ha raggiunto l'apice. Alle 18 ho messo mano al cappotto e me ne sono andata, solo per incontrare Daniel che saliva sul mio ascensore al piano di sotto. Ci siamo ritrovati io e lui da soli, intrappolati in un campo saturo di energia elettrica, irresistibilmente attratti l'uno dall'altra come due magneti. Poi all'improvviso l'ascensore si è fermato e noi ci siamo staccati in fretta e furia, ansanti, mentre quel ciccione di Simon del marketing entrava paludato con un orribile impermeabile beige. «Bridget», mi ha detto con aria furbetta, mentre io mi raddrizzavo involontariamente la gonna, «sembra che ti abbiano appena sorpresa a vendere partite.»

Mentre uscivo dall'ufficio, Daniel mi ha raggiunto e mi ha chiesto di cenare con lui domani. Sìììì!

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Mezzanotte. Diavolo. Completamente esausta. Di sicuro non è normale fare le prove per un appuntamento come se fosse un colloquio di lavoro. Ho il sospetto che l'enorme cultura di Daniel potrebbe rivelarsi una seccatura, se le cose dovessero andare avanti. Forse avrei dovuto innamorarmi di un uomo più giovane e spensierato disposto a cucinare per me, occuparsi del mio bucato e approvare tutto quello che dico. Da quando sono uscita dal lavoro per poco non ho fatto cadere un disco, ho sputato sangue per un'intera ora di aerobica, ho strofinato per sette minuti il mio corpo nudo con una spazzola dura, ho pulito casa, ho riempito il frigo, strappato le sopracciglia, messo via la posta e la "Guida al sesso sfrenato", fatto il bucato e la ceretta (visto che era troppo tardi per fissare un appuntamento). Sono finita in ginocchio su un asciugamano nel tentativo di strappare una striscia di ceretta saldamente incollata al polpaccio guardando contemporaneamente il notiziario della sera per formarmi opinioni interessanti sui fatti d'attualità. Adesso ho mal di schiena e un cerchio alla testa, e le gambe rosso fuoco disseminate di grumi di cera.

Qualche saggio direbbe che a Daniel devo piacere così come sono, ma io sono figlia della cultura di "Cosmopolitan", sono stata traumatizzata dalle supermodelle e da troppi quiz e so che né la mia personalità né il mio fisico, se dovessero attingere solo alle proprie risorse, sarebbero all'altezza della situazione. Non reggerò alla tensione. Credo che annullerò l'appuntamento e passerò la serata a divorare ciambelle con addosso un golf aperto davanti macchiato d'uovo.

Sabato 25 febbraio.

"Chilogrammi 55,8 (miracolo: il sesso si è dimostrato la miglior forma di esercizio), alcolici 0, sigarette 0, calorie 22 (perlomeno ho trovato il segreto per non mangiare: basta sostituire il sesso al cibo)".

Ore 18. Gioia e gaudio. Ho passato la giornata in uno stato che posso descrivere solo come di ebbrezza da coito, vagando trasognata e sorridente per casa, prendendo cose e mettendole giù di nuovo. Era così bello. Gli unici punti negativi sono stati:

1) appena finito, Daniel ha detto: «Accidenti. Mi sono dimenticato di portare la macchina alla Citroën»;

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2) quando mi sono alzata per andare in bagno, mi ha fatto notare che avevo i collant appiccicati dietro il polpaccio.

Ma ora che la nuvola rosa comincia a diradarsi, inizio a sentirmi allarmata. Che cosa succederà? Non abbiamo fatto progetti. Tutto a un tratto mi rendo conto di aver ripreso ad aspettare il trillo del telefono. Com'è possibile che la situazione tra un uomo e una donna dopo la prima volta continui a essere così dolorosamente squilibrata? Mi sento come se avessi appena sostenuto un esame e fossi in attesa dei risultati.

Ore 23. Oddio. Come mai Daniel non ha chiamato? Usciremo insieme adesso, o no? Come mai mia madre riesce a passare tanto facilmente da una relazione all'altra e io non riesco a far decollare neppure un semplicissimo rapporto? Forse la loro generazione è più brava a mandare avanti le relazioni? Forse non perdono tempo a fare i paranoici e i diffidenti. Forse non aver mai letto una guida pratica per aiutare se stessi aiuta.

Domenica 26 febbraio.

"Chilogrammi 57,1, alcolici 5 (per annegare i dispiaceri), sigarette 23 (per soffocare i dispiaceri), calorie 3856 (per seppellire i dispiaceri sotto uno strato di grasso)".

Quando mi sono svegliata, da sola, mi sono messa a pensare a mia madre a letto con Julio. Mi sono sentita: disgustata da una visione di sesso parentale, o meglio semiparentale; offesa per conto di mio padre; egoisticamente e follemente ottimista all'idea di avere davanti a me altri trent'anni di passione sfrenata (dovuto anche alle frequenti riflessioni sulle vite di Joanna Lumley e Susan Sarandon); ma soprattutto una fortissima gelosia, senso di fallimento e inutilità nel trovarmi a letto da sola la domenica mattina mentre mia madre, ultrasessantenne, probabilmente lo sta per fare la seconda... Oh, mio Dio. Non ci voglio neanche pensare.

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MARZO.

Grave panico da compleanno tipico da trentenne.

Sabato 4 marzo.

"Chilogrammi 57,1 (che senso ha essere stata a dieta per l'intero mese di febbraio per arrivare all'inizio di marzo con lo stesso identico peso che avevo all'inizio di febbraio? La smetterò di pesarmi e calcolare calorie ogni giorno, perché non serve proprio a niente)".

Mia madre è diventata una forza che non riconosco più. Questa mattina è piombata nel mio appartamento mentre me ne stavo accasciata in poltrona in camicia da notte a dipingermi cupamente le unghie dei piedi e a guardare i preamboli delle corse dei cavalli.

«Tesoro, posso lasciarteli qui per qualche ora?» ha cinguettato, scaricando una bracciata di sacchetti e dirigendosi verso la mia stanza da letto.

Qualche minuto dopo, in un impeto di vaga curiosità, mi sono trascinata in camera per vedere che cosa stava facendo. Era seduta davanti allo specchio in un completo reggiseno-mutandina color caffè dall'aspetto costoso, e si stava mettendo il mascara sulle ciglia con la bocca spalancata (la necessità di spalancare la bocca mentre ci si applica il mascara è uno dei grandi misteri inspiegabili della natura).

«Non credi che dovresti vestirti, cara?»

Era uno schianto: pelle luminosa, capelli lucenti. Mi sono intravista nello specchio. Ieri sera avrei dovuto almeno togliermi il trucco. Da una parte i capelli erano appiccicati alla testa, e dall'altra sparavano in fuori in una serie di picchi e corni. E' come se i miei capelli avessero una vita propria: di giorno si comportano in maniera del tutto ragionevole, ma di notte aspettano che mi sia addormentata per mettersi a saltare e correre come bambini, ripetendo: «Che cosa facciamo adesso? Che cosa facciamo adesso?»

«Sai», ha continuato la mamma, spruzzandosi di Givenchy 2 in mezzo ai seni, «in

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tutti questi anni tuo padre ha fatto tanto chiasso perché pagava i conti e le tasse - come se questo lo scusasse di trent'anni di piatti lavati. Be', quest'anno di tasse ne abbiamo pagate troppe, così mi sono detta, al diavolo, provo ad arrangiarmi da sola. Ovviamente non ci ho capito un'acca, così ho telefonato all'ufficio del fisco. Il tipo era insopportabile. 'Insomma, signora Jones', ha detto, 'non capisco proprio che cosa ci sia di così difficile.' 'Senta', ho risposto, 'lei la sa fare una brioche?' Ha capito al volo, mi ha spiegato passo dopo passo come fare e in meno di un quarto d'ora avevamo finito. Comunque oggi mi porta fuori a pranzo. Uno del fisco! Pensa!»

«Cosa?» ho balbettato, aggrappandomi allo stipite della porta. «E Julio che fine ha fatto?»

«Il fatto che io e Julio siamo 'amici' non vuol dire che io non possa avere anche altri 'amici'», mi ha risposto con dolcezza, scivolando in un tailleurino giallo. «Ti piace? L'ho appena comprato. Un giallo limone super, non trovi? Adesso però devo scappare. Ci vediamo alla una e un quarto nella caffetteria di Debenhams.»

Dopo che se n'era andata, ho mangiato un po' di muesli pescando con il cucchiaio direttamente nel pacchetto e ho finito i fondi di vino rosso nel frigo.

Lo so, qual è il suo segreto: ha scoperto il proprio potere. Ha potere su papà: lui la rivuole indietro. Ha potere su Julio e sul tizio del fisco, e tutti quanti percepiscono il suo potere e vogliono assicurarsene un pezzetto, il che la rende ancor più irresistibile. Quindi, tutto quello che devo fare è trovare qualcuno o qualcosa su cui avere un potere e poi... Mio Dio. Non riesco ad avere un potere neppure sui miei capelli.

Sono così depressa. Daniel è stato loquace, amichevole e persino frivolo per tutta la settimana, ma non mi ha dato modo di capire che cosa sta succedendo tra noi. Come se andare a letto con una collega e poi fare finta di niente fosse una cosa normale. Il lavoro - un tempo solo una fastidiosa seccatura - è diventato una tortura insopportabile. Resto sotto choc ogni volta che sparisce per pranzo o si mette la giacca per uscire alla fine della giornata: dove va? E con chi, "con chi?"

Pare che Perpetua sia riuscita a scaricarmi addosso tutto il suo lavoro: passa l'intera giornata a blaterare scemenze al telefono con Arabella o Piggy, parlando dell'appartamento da mezzo milione di sterline a Fulham che sta comprando con Hugo. «See. Noo. See. No, sono "completamente" d'accordo. Ma il problema è: chi ha voglia di spendere trentamila cucuzze per il quarto bagno?»

Venerdì alle 16,15 mi ha telefonato in ufficio Sharon. «Esci con me e Jude domani?»

«Ehm...» Ero in preda al panico, perché stavo pensando che di certo, prima di andarsene, Daniel mi avrebbe chiesto di vederci durante il weekend.

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«Se non ti invita telefonami», ha detto asciutta Shazzer dopo una pausa.

Alle 17,45 ho visto Daniel dirigersi verso la porta con già su la giacca. La mia espressione traumatizzata deve aver fatto vergognare anche lui, perché mi ha sorriso di sfuggita, ha sporto il mento verso lo schermo del computer e poi è schizzato via.

In effetti stava lampeggiando la scritta "Messaggio in arrivo". Ho schiacciato "R.M.S.". Il messaggio diceva:

<Messaggio per Jones

Buon fine settimana. Pip pip.

Cleave>

Distrutta, ho preso la cornetta e ho chiamato Sharon.

«A che ora ci si vede domani?» ho borbottato con un certo imbarazzo.

«Alle otto e mezzo al Café Rouge. Non ti preoccupare, noi ti vogliamo bene. Digli di starmi alla larga. Cialtrone sentimentale.»

Ore 2. Magnifica scerata mooolto scimpatica con Shazzan e Jude. Basta pensare a quel Daniel sciocchina. Ma come mi sento male. Aiut.

Domenica 5 marzo.

Ore 8. Diavolo. Vorrei essere morta. Giuro che non berrò mai più per il resto dei miei giorni.

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Ore 8,30. Ah. Ho proprio voglia di un sacchetto di patatine.

Ore 11,30. Ho una sete bestiale, ma credo sia meglio tenere gli occhi chiusi e la testa ben ferma sul cuscino per non disturbare gli ingranaggi meccanici e i passerotti che ho in testa.

Mezzogiorno. Mi sono divertita come una matta ma sono m. confusa in merito a: consigli ricevuti in merito a: Daniel. Prima ho dovuto esaminare i problemi di Jude con il Perfido Richard, ovviamente più seri visto che loro, al contrario di me che ho fatto una scopata e via, escono insieme da diciotto mesi. Ho aspettato umilmente che venisse il mio turno, poi ho raccontato l'ultima puntata della mia storia con Daniel. In un primo momento il verdetto unanime è stato: «Bastardo di un cialtrone sentimentale».

Dopo, però, e ammetto che è stato interessante, Jude ha introdotto il concetto di Tempo di Sedimentazione (l'avevo già sentito nel film "Ragazze a Beverly Hills"): i cinque giorni («Sette!» l'ho corretta io), durante i quali la nuova relazione viene lasciata in sospeso dopo l'incontro sessuale, ai maschi delle diverse specie non sembrano una vita interminabile di dolori e sofferenze, ma un normale periodo di raffreddamento durante il quale raccogliere le emozioni prima di procedere. Daniel, sostiene Jude, probabilmente era teso per la situazione sul lavoro eccetera eccetera, quindi devo dargli una possibilità, ed essere carina e gentile: in questo modo avrà la certezza che mi fido di lui e non diventerò troppo pretenziosa e neppure volerò via.

Al che Sharon praticamente ha sputato nel parmigiano grattugiato dicendo che lasciare una donna in sospeso per due weekend dopo aver fatto del sesso è disumano e un incredibile abuso di fiducia, e farei bene a dirgli quel che penso di lui. Mmm. Comunque. Adesso faccio un altro pisolino.

Ore 14. Torno ora trionfante dopo un'eroica spedizione al piano di sotto per prendere il giornale e un bicchier d'acqua. Ho sentito l'acqua scorrere come un ruscello cristallino in quella parte della testa dove ce n'è più bisogno. Anche se, a pensarci bene, non sono affatto sicura che l'acqua possa andarti alla testa. Può darsi che ci arrivi attraverso la circolazione sanguigna. Forse, dal momento che il mal di testa da sbronza è causato da disidratazione, l'acqua arriva al cervello grazie a una specie di azione capillare.

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Ore 14,15. Un articolo del giornale sui bambini di due anni che devono superare un test per entrare all'asilo nido mi ha fatto uscire dai gangheri. Dovrei andare a un tè per il compleanno di Harry, il mio figlioccio.

Ore 18. Ho guidato a rotta di collo attraverso una Londra grigia e inzuppata di pioggia fino a casa di Magda, fermandomi da Waterstone's per comprare un regalo. Ho creduto di morire. Ero depressissima al pensiero di arrivare in ritardo e con il mal di testa, per ritrovarmi circondata da madri ex-donne-in-carriera che fanno a gara per chi alleva meglio i figli. Magda, un tempo broker, adesso mente sull'età di Harry per farlo sembrare più avanti di quello che è. Persino il concepimento è stato un assalto, con Magda che prendeva otto volte l'acido folico e i minerali che prendevano le altre. Il parto è stato fantastico. Da mesi diceva a tutti che sarebbe stato naturale e, dopo dieci minuti che era dentro, ha ceduto e ha cominciato a gridare: «Drogami, brutta vacca!»

Il tè è stato un'occasione da incubo: io più una stanza piena di madri che sembravano caricate a pile, una delle quali con un neonato di quattro settimane.

«Caro! Non è "dolcissimo"?» ha chiocciato Sarah de Lisle. E poi, di punto in bianco: «Che punteggio AGPAR ha avuto?»

Non capisco come mai diano tutta questa importanza al risultato di un test che si fa a due minuti di vita. Due anni fa Magda ha fatto una figuraccia a una cena dicendo ai quattro venti che Harry aveva ottenuto dieci punti, al che una delle altre ospiti, che guarda caso è infermiera in un reparto maternità, ha fatto notare che il massimo punteggio AGPAR è nove.

Per nulla scoraggiata, Magda ha cominciato a vantarsi con tutte le neomamme dicendo che suo figlio è un prodigio della defecazione, dando il via a un giro di vanterie e controvanterie. I bambini quindi, chiaramente nell'età in cui dovrebbero essere prudentemente avvolti in strati su strati di gomma isolante, barcollavano per la stanza sfoggiando mutandine ridottissime. Ero lì da meno di dieci minuti e c'erano già tre stronzini sul tappeto. Ne è nata una disputa apparentemente spiritosa ma in realtà maligna su chi li avesse prodotti, seguita da un nevrotico abbassamento di mutandine di spugna che, a sua volta, ha provocato un'altra contesa sulle dimensioni dei genitali dei maschietti e, fatte le debite proporzioni, dei mariti.

«Non puoi farci niente, è una questione ereditaria. Cosmo non ha problemi in quella zona, proprio no.»

Il frastuono era tale che per poco non mi è scoppiata la testa. Alla fine mi sono scusata e sono tornata a casa, complimentandomi con me stessa di essere single.

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Lunedì 6 marzo.

Ore 11. Ufficio. Completamente distrutta. Ieri sera ero a mollo in un bel bagno caldo con olio essenziale di geranio e una vodka and tonic, quando hanno suonato. Era mia madre, che stava piangendo tutte le sue lacrime sulla mia porta. Mi ci è voluto un certo tempo per capire che cosa le fosse successo: mentre lei si sbatteva per tutta la cucina scoppiando in accessi di pianto sempre più forti e dicendo che non voleva parlarne, ho cominciato a chiedermi se il suo sussulto tardivo di potere sessuale autoalimentato non fosse crollato come un castello di carte, e se papà, Julio e il tipo del fisco non avessero perduto contemporaneamente ogni interesse per lei. Invece no. E' stata semplicemente colpita dalla sindrome del «Tutto e Subito».

«Mi sento come la cicala che ha cantato per tutta l'estate», ha confessato (appena si è resa conto che stavo perdendo interesse per il suo piagnisteo). «E adesso sono arrivata all'inverno dell'esistenza senza aver messo da parte niente che possa chiamare mio.»

Stavo per farle notare che tre potenziali partner che sbavano per lei più metà della casa e del piano pensionistico non erano esattamente niente, ma mi sono morsa la lingua.

«Voglio una carriera», ha continuato. E un'orribile e malvagia parte di me si è sentita tutta felice e compiaciuta perché io una carriera ce l'ho. Insomma... un lavoro, comunque. Forse non avrò un fidanzato, ma sono una cicala che sta mettendo da parte, pronto per l'inverno, un bel mucchio d'erba, o di mosche, o di qualunque cosa mangino le cicale.

Alla fine sono riuscita a far tornare il buon umore alla mamma concedendole di passare in rassegna il mio guardaroba e di criticare tutti i miei vestiti, e poi dirmi che dovrei cominciare a comprare abiti in vere boutique di lusso. Le ho preparato qualcosa da mettere sotto i denti e alla fine era talmente in forma che è stata addirittura capace di telefonare a Julio e combinare di vedersi per finire la serata.

Quando se n'è andata erano le dieci passate, allora ho telefonato a Tom per riferirgli l'odiosa notizia che Daniel non aveva chiamato per tutto il weekend e per chiedergli che cosa pensa dei consigli antitetici di Jude e Sharon. Tom ha detto che non devo dar retta a nessuna delle due, non devo essere ammiccante e neppure fare ramanzine, ma comportarmi semplicemente come una regina delle nevi altezzosa e gelidamente

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professionale.

Secondo lui gli uomini vedono se stessi come se fossero perennemente sui pioli di una sorta di scala sessuale con tutte le donne al di sopra o al di sotto di loro. Se la donna è «sotto», vale a dire se vuole andare a letto con un uomo ed è pazza di lui, allora l'uomo, un po' alla Groucho Marx, non vuole diventare un membro del suo «club». Questa mentalità nel suo insieme mi fa sentire tremendamente depressa, ma Tom mi ha detto di non fare l'ingenua e che, se davvero sono innamorata di Daniel e voglio conquistarlo, lo devo ignorare e mostrarmi il più fredda e distante possibile.

Per finire, sono andata a letto a mezzanotte, m. confusa, ma durante la notte sono stata svegliata tre volte dalle telefonate di papà.

«Quando qualcuno ti ama, è come avere un plaid intorno al cuore», ha detto, «e quando te lo portano via...» Ed è scoppiato in lacrime. Chiamava dall'appartamentino della nonna in fondo al giardino degli Alconbury, dove abita, come dice speranzosamente lui, «finché tutto non si sarà sistemato».

A un tratto mi sono resa conto che la situazione si è ribaltata: adesso sono io che bado ai miei genitori, e non più loro che badano a me. Mi sembra innaturale e sbagliato. Possibile che sia già così vecchia?

Lunedì 6 marzo.

"Chilogrammi 56,8 (m.m.b., ho scoperto che il segreto della dieta sta nel non pesarsi)".

Posso confermare ufficialmente che al giorno d'oggi la via per arrivare al cuore di un uomo non è né la bellezza, né il cibo, né il sesso, né avere una personalità interessante, ma semplicemente essere capace di non apparire troppo interessata a lui.

Oggi al lavoro non ho filato Daniel nemmeno un po' e ho fatto finta di essere presissima (per favore non ridete). Continuava a lampeggiare la scritta "Messaggio in arrivo", ma io ho continuato a sospirare e ad agitare i capelli come se fossi stata una persona molto chic e importante terribilmente sotto pressione. Alla fine della giornata, mi sono resa conto - come in uno di quei miracoli da laboratorio di chimica

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(fosforo, cartina al tornasole e simili) che stava funzionando. Lui continuava a fissarmi e a lanciarmi sguardi eloquenti. Alla fine, mentre Perpetua era fuori, è passato davanti alla mia scrivania, si è fermato un momento e ha mormorato: «Jones, stupenda creatura. Perché non mi guardi più?»

In un impeto di gioia e affetto stavo per cantargli l'intera storia delle teorie antitetiche di Tom, Jude e Shazzer, ma la fortuna mi ha sorriso ed è squillato il telefono. Ho roteato gli occhi per scusarmi, ho risposto e in quel momento, con gran trambusto, è arrivata Perpetua, che con il didietro ha fatto cadere dalla scrivania una pila di bozze ululando: «Ah, Daniel... Senti un po'...» e se lo è portato via, il che è stato un bene perché al telefono c'era Tom, il quale ha ribadito che devo continuare a sostenere la parte della regina delle nevi e mi ha dato un mantra da ripetere quando mi sento sul punto di cedere. «Altera, irraggiungibile regina delle nevi. Altera, irraggiungibile regina delle nevi.»

Martedì 7 marzo.

"Chilogrammi 59,1, o 58,1, o 59,6?, alcolici 0, sigarette 20, calorie 1500, lotteria istantanea 6 b. (pessimo)".

Ore 9. Diavolo. Com'è possibile che da mezzanotte abbia messo su un chilo e mezzo? Ero 59,1 quando sono andata a letto, 58,1 alle quattro del mattino e 59,6 quando mi sono alzata. Posso capire che il peso "cali" - potrebbe essere evaporato o passato dal corpo direttamente nel cesso - ma com'è possibile che sia "aumentato"? Può essere che il cibo abbia reagito chimicamente con altro cibo, raddoppiando la propria densità e il proprio volume e solidificandosi in grassi più densi e pesanti? Non sembro più grassa. Riesco ancora ad allacciare il bottone dei miei jeans del 1989 (purtroppo non a chiudere la cerniera). Forse allora tutto il mio corpo si sta facendo più piccolo, ma più denso. Questa storia sa di body-building al femminile e mi fa sentire stranamente malata. Ho telefonato a Jude per lamentarmi di com'è fallita la mia dieta, e lei mi ha detto di scrivere tutto quello che ho mangiato, onestamente, e di controllare se mi sono davvero attenuta alla dieta. Ecco la lista.

COLAZIONE: focaccina del Venerdì santo (Dieta Scarsdale - leggera variante

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rispetto alla fettina di pane integrale tostato indicato); barretta di Mars (Dieta Scarsdale - leggera variante rispetto al mezzo pompelmo indicato).

SPUNTINO: due banane, due pere (siccome morivo di fame e non me la sentivo di vedermela con le carote crude della Scarsdale, sono passata al piano F). Cartone di succo d'arancia (Dieta cibi crudi anticellulite).

PRANZO: patata lessa con la buccia (Scarsdale vegetariana) e fibre (Dieta dell'agricoltore: perfette con la patata con buccia, tutta amido, mentre la colazione e lo spuntino erano tutti cibi alcalini a eccezione della focaccina del Venerdì santo e del Mars: aberrazioni di importanza secondaria).

CENA: quattro bicchieri di vino, pesce e patatine fritte (Dieta Scarsdale e anche Dieta dell'agricoltore: cibi proteici); una porzione di tiramisù, un digestivo alla menta (sbronza).

Mi rendo conto che è diventato troppo facile trovare una dieta in cui sia previsto il consumo di qualunque cosa ti venga voglia di mangiare, e so anche che le diete non sono fatte per essere seguite e mischiate, ma per essere solo seguite.

Esattamente quello che inizierò a fare appena avrò finito di mangiare questo croissant al cioccolato.

Martedì 14 marzo.

Disastro. Disastro totale. Piena rasa del successo della teoria della regina delle nevi illustratami da Tom, ho cominciato a debordare, se così si può dire, anche in quella di Jude, e ho ripreso a mandare messaggi a Daniel, per rassicurarlo sul fatto che ho fiducia in lui e non ho intenzione né di diventare troppo pretenziosa né di prendere il volo senza una scusa valida.

A metà mattina, la combinazione di regina delle nevi più approccio alla "Gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere" aveva funzionato talmente bene che Daniel è venuto da me mentre ero alla macchinetta del caffè e mi ha detto: «Verresti a Praga il prossimo weekend?»

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«Cosa? Ehm... uhm... vuoi dire il weekend dopo questo che viene?»

«Sì, il prossimo», ha detto lui con un'aria leggermente condiscendente molto incoraggiante, come se mi stesse insegnando a parlare l'inglese.

«Oh, ma certo, sicuro!» ho risposto, dimenticando, nell'eccitazione, il mantra della regina delle nevi.

Subito dopo è tornato a chiedermi se mi andava di pranzare con lui dietro l'angolo. Siamo rimasti d'accordo di vederci fuori in modo da non destare sospetti, ed è stato tutto molto eccitante e clandestino fino a quando, mentre camminavamo verso il pub, lui ha detto: «Senti, Bridge, mi dispiace davvero, ma ti devo bidonare».

«Perché? Come?» ho detto io, ricordandomi immediatamente di mia madre e chiedendomi se invece non avrei dovuto far cadere dall'alto uno «Scusa?»

«Non posso venire a Praga il prossimo weekend. Non so a che cosa stavo pensando. Ma chissà, forse potremmo andarci un'altra volta.»

Una sirena mi ha ululato nella testa e un'enorme insegna al neon ha cominciato a lampeggiare, con in mezzo la faccia di Sharon che diceva: «CIALTRONERIE SENTIMENTALI! CIALTRONERIE SENTIMENTALI!» Mi sono bloccata sul marciapiede, incenerendolo con lo sguardo.

«Che cosa ti prende?» ha detto lui con aria divertita.

«Sono stanca di te», sono sbottata. «Te l'ho detto abbastanza chiaramente la prima volta che hai cercato di sbottonarmi la camicetta che non mi lascerò trascinare dalle tue cialtronerie sentimentali. E' stato pessimo da parte tua fare il gallo con me, portarmi a letto e poi non degnarmi neppure di una telefonata, e cercare di fingere che non fosse successo niente. Mi hai chiesto di venire a Praga con te solo per assicurarti che volendo potresti ancora venire a letto con me come se fossimo su una specie di scala?»

«Una scala, Bridge?» si è meravigliato lui. «Che tipo di scala?»

«Chiudi il becco», gli ho ingiunto, seccata. «Con te è tutto un mordi e fuggi. O esci con me e mi tratti come si deve, oppure lasciami in pace. Come ti ho detto, le cialtronerie sentimentali non m'interessano.»

«E tu allora, questa settimana? Prima mi ignori completamente come una vergine di ferro della gioventù hitleriana, poi ti trasformi in una irresistibile gattina tutta sesso, guardandomi da sopra il computer con due occhi che parevano dire non tanto 'vieni a letto con me' quanto 'vieni e basta'. E adesso tutto a un tratto ti metti a fare la

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femminista.»

Ci siamo fissati l'un l'altra come due animali selvaggi in procinto di iniziare un combattimento in un documentario di Richard Attenborough, poi all'improvviso Daniel è girato sui tacchi e si è incamminato verso il pub, mentre io, sconvolta, barcollavo tutta sola verso l'ufficio, dove mi sono tuffata nel cesso, ho chiuso a chiave e mi sono seduta, fissando la porta con un occhio solo come una pazza. Mio Dio.

Ore 17. Eh eh. Sono meravigliosa. Sono soddisfattissima di me. Ho avuto una riunione anticrisi postlavoro di alto livello al Café Rouge con Sharon, Jude e Tom, tutti quanti felici degli sviluppi della mia storia con Daniel e ciascuno convinto che sia stato solo grazie ai loro consigli. Jude aveva anche sentito un'indagine alla radio, secondo la quale alla fine del millennio un terzo delle famiglie saranno composte da single, a riprova del fatto che, finalmente, non siamo più tragici scherzi della natura. Shazzer è scoppiata in una grassa risata e ha detto: «Una su tre? Diciamo piuttosto nove su dieci». Sharon sostiene che gli uomini (esclusi naturalmente i presenti, cioè Tom) sono così catastroficamente sottosviluppati che presto le donne li terranno solo come animali domestici per il sesso, quindi presumibilmente, dal momento che gli uomini dormiranno fuori in appositi canili, questi ménage non verranno considerati famiglie composte da due membri. In ogni caso, mi sento m. potente. E' favoloso. Forse leggerò un po' del "Contrattacco" di Susan Faludi.

Ore 5. Cielo, sono così infelice per via di Daniel. Lo amo.

Mercoledì 15 marzo.

"Chilogrammi 57,1, alcolici 5 (disdetta: urina di Satana), sigarette 14 (gramigna di Satana - smetterò il giorno del mio compleanno), calorie 1795".

Uffa. Mi sono svegliata stufa marcia. La cosa peggiore è che mancano solo due settimane al giorno del mio compleanno, quando sarò costretta a guardare in faccia il

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fatto che è passato un altro anno intero durante il quale tutti tranne me si sono trasformati in Felicemente Sposati, hanno sfornato figli a destra e a sinistra come biscotti, hanno guadagnato centinaia di migliaia di sterline e si sono costruiti autostrade per giungere fino al cuore delle istituzioni, mentre io scarroccio senza timone e senza fidanzato da una relazione malata a un'altra relazione malata e ristagno professionalmente.

Mi ritrovo a esaminare costantemente la mia faccia allo specchio temendo di trovarvi delle rughe e a leggere freneticamente "Hello!", controllando l'età di tutti alla disperata ricerca di modelli di ruolo (Jane Seymour ha quarantadue anni!) e lottando contro la paura a lungo repressa che un bel giorno, entro i quaranta e senza preavviso, mi ritroverò con un enorme e voluminoso vestito di tela crespa, una borsa della spesa, una permanente a prova di bomba e una faccia cadente come se ne vedono solo negli effetti speciali dei film, e sarà la fine. Allora cerco di concentrarmi su Joanna Lumley e Susan Sarandon.

Mi preoccupo anche di come festeggerò il compleanno. Le dimensioni dell'appartamento e il conto il banca mi vietano una vera e propria festa. Magari una cenetta? In questo caso però mi toccherebbe passare l'intera giornata a lavorare come una schiava e so già che, al momento del loro arrivo, odierei gli ospiti. Si potrebbe uscire tutti a cena, ma allora mi sentirei in colpa perché dovrei chiedere a ciascuno di pagare per sé, e perché avrei egoisticamente avuto la presunzione di imporre ad altri una serata costosa e noiosa solamente per festeggiare il mio compleanno, senza potermi permettere di offrire la cena. Uffa. Che cosa devo fare? Vorrei tanto non essere nata, ma aver fatto irruzione nella sfera dell'essere senza macchiarmi, in maniera simile, anche se non identica, a Gesù, così non sarei costretta ad avere un compleanno. Capisco benissimo Gesù per il senso d'imbarazzo che deve provare, come forse è giusto che sia, per aver socialmente imposto il proprio compleanno a vaste popolazioni del globo per un periodo di quasi due millenni.

Mezzanotte. Ho avuto un'ottima idea per il mio compleanno. Inviterò tutti quanti a bere un cocktail, magari un Manhattan. In questo modo avrò offerto agli ospiti qualcosa degno di una padrona di casa alla moda, e se dopo vogliono uscire tutti a cena, be', chi glielo impedisce? Ora che ci penso, non sono sicura di come si faccia un Manhattan, ma potrei comprare un libro dei cocktail. A esser proprio sincera, però, credo che non lo farò.

Giovedì 16 marzo.

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"Chilogrammi 57,6, alcolici 2, sigarette 3 (m.b.), calorie 2140 (ma soprattutto di frutta), minuti spesi a compilare la lista degli invitati alla festa 237 (pessimo)".

Io - Shazzer

Jude - il Perfido Richard

Tom - Jerome (ehm)

Michael [sbarrato]

Magda - Jeremy

Simon

Rebecca - Martin Noia Mortale

Woney - Cosmo

Joanna

Daniel? - Perpetua? (argh!) e Hugo?

Oh, no. No. Che cosa devo fare?

Venerdì 17 marzo.

Ho appena chiamato Tom che molto saggiamente dice: «E' il tuo compleanno e devi invitare solo chi vuoi». Così inviterò queste persone:

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Shazzer

Jude

Tom

Magda e Jeremy

e preparerò personalmente la cena per tutti quanti. Ho richiamato Tom per parlargli del mio progetto e lui ha detto: «E Jerome?»

«Come?»

«Jerome.»

«Avevo pensato, come dicevamo, di invitare solo chi...» Mi sono interrotta: se avessi detto «chi voglio», avrebbe capito che il suo insopportabile e pretenzioso compagno io non lo voglio (cioè che non mi piace).

«Oh!» ho esclamato, arrampicandomi pazzamente sui vetri. «Vuoi dire il "tuo" Jerome? Certo che è invitato, tesoruccio. Logico. Ma credi che sia giusto escludere il Perfido Richard di Jude? E Sloaney Woney, che la settimana scorsa mi ha invitata al suo, di compleanno?»

«Non lo verrà mai a sapere.»

Quando ho elencato a Jude gli invitati, lei ha detto tutta contenta: «Oh, così ciascuno porta la sua metà?» che nel suo caso vorrebbe dire il Perfido Richard. Adesso che ormai non siamo più solo in sei dovrò invitare anche Michael. Oh, be'. Nove va bene lo stesso. Dieci. Andrà benone.

Subito dopo mi ha telefonato Sharon. «Spero di non aver fatto danni. Ho appena visto Rebecca e le ho chiesto se veniva anche lei al tuo compleanno, e mi è sembrata veramente offesa.»

Oh, no. Così ora dovrò invitare anche Rebecca e Martin Noia Mortale. Ma questo vuol dire che dovrò invitare anche Joanna. Merda. Merda. Ora che ho promesso di cucinare per tutti non posso improvvisamente annunciare che si va al ristorante, altrimenti farò la figura della pigra e della taccagna.

Oh, mio Dio. Sono appena tornata a casa e ho trovato sulla segreteria un messaggio risentito di Woney.

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«Cosmo e io ci stavamo chiedendo che cosa ti piacerebbe quest'anno per la tua festa. Vorresti richiamarci, per favore?»

So già che passerò il giorno del mio compleanno a cucinare per sedici persone.

Sabato 18 marzo.

"Chilogrammi 57, alcolici 4 (stufa marcia), sigarette 23 (m.m. male, soprattutto in due ore), calorie 3827 (ripugnante)".

Ore 14. Uffa. Proprio quello che mi ci voleva. Mi è piombata in casa la mamma. La crisi della settimana scorsa, quella della cicala che ha cantato per tutta l'estate, l'aveva già miracolosamente dimenticata.

«Santi numi, tesoro!» ha detto con voce afona, attraversando come una freccia il mio appartamento per dirigersi verso la cucina. «Hai avuto una brutta settimana o cosa? Hai un aspetto orribile. Dimostri novant'anni. Comunque indovina, tesoro?» ha detto, voltandosi verso di me con in mano il bollitore. Ha abbassato con modestia gli occhi e poi li ha alzati, raggiante come Bonnie Langford in procinto di imbarcarsi in una gara di tip tap.

«Cosa?» ho borbottato con una certa irritazione.

«Ho trovato lavoro come presentatrice T.V.»

Esco a fare spese.

Domenica 19 marzo.

"Chilogrammi 56,8, alcolici 3, sigarette 10, calorie 2465 (ma soprattutto cioccolato)".

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Evviva, evviva. Si aprono prospettive completamente nuove e positive per il giorno del mio compleanno. Ho parlato con Jude di certi libri che sta leggendo sulle feste e i riti di passaggio nelle culture primitive e ora mi sento felice e serena.

Mi rendo conto che considerare il mio appartamento troppo piccolo per invitare diciannove persone è superficiale e sbagliato, come anche detestare l'idea di passare la giornata in cucina e sognare invece di mettermi elegante e di essere invitata in un ristorante di lusso da un dio del sesso con un'enorme carta di credito tutta d'oro. Penserò ai miei amici, invece, come a una calda, enorme famiglia africana, o meglio ancora turca.

La nostra cultura è troppo ossessionata dalle apparenze esteriori, dall'età e dallo status. Quel che conta è l'amore. Queste diciannove persone sono mie amiche: vogliono essere accolte in casa mia per festeggiare con affetto e semplici cibi casalinghi - non per giudicare. Preparerò per tutti loro una bella torta salata del pastore: una tipica ricetta inglese a base di carne trita e purè di patate. Sarà una meravigliosa festa in famiglia, calda, etnica, stile Terzo Mondo.

Lunedì 20 marzo.

"Chilogrammi 57, alcolici 4 (sto entrando nello spirito), sigarette 27 (ma è l'ultimo giorno prima di smettere), calorie 2455".

Ho deciso di servire la torta salata del pastore con indivia belga alla piastra, pancetta al Roquefort e, per aggiungere un tocco alla moda, riso parboiled fritto (non l'ho mai fatto prima, ma credo che sia facile), seguito da minuscoli soufflé al Grand Marnier. Non vedo l'ora che arrivi il mio compleanno. Credo che mi creerò la fama di una cuoca e padrona di casa con i fiocchi.

Martedì 21 marzo: la mia festa.

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"Chilogrammi 57,1, alcolici 9,* sigarette 42,* calorie 4295.* *Se non posso sfogarmi il giorno del mio compleanno..."

Ore 18,30. Non posso andare avanti. Dimenticandomi completamente che il pavimento e tutte le superfici della cucina sono occupate da pentole di carne trita e patate schiacciate, sono appena entrata in una pentola di purè con le scarpe scamosciate nere senza tacco di Pied-à-terre (sarebbe meglio dire Pied-à-pomme-de-terre). Sono già le 18,30 e devo ancora andare da Cullens a comprare gli ingredienti per il soufflé al Grand Marnier e altre cosette che mi ero scordata. Oddio! All'improvviso mi è venuto in mente che sul bordo del lavandino potrebbe esserci il tubetto di gelatina contraccettiva. Devo nascondere anche dei barattoli con un imbarazzante motivo a scoiattoli assolutamente démodé e un biglietto d'auguri di Jamie con davanti il disegno di un agnellino che dice: «Buon compleanno! Indovina quale sei tu?» E dentro: «Tu sei quella in cima alla collina». Uffa.

PROGRAMMA:

18,30. Uscire per gli ultimi acquisti.

18,45. Tornare con tutto quello che ho dimenticato.

18,45-19. Mettere insieme gli ingredienti della torta del pastore e ficcarla in forno (speriamo che vada tutto bene).

19-19,05. Preparare i soufflé al Grand Marnier. (Credo proprio che adesso assaggerò un goccetto di Grand Marnier. Dopotutto è il mio compleanno.)

19,05-19,10. Mmm. Il Grand Marnier è una delizia. Controllare piatti e posate per eventuali segni rivelatori di un lavaggio non accurato e disporre le posate in un'attraente forma a ventaglio. Ah, devo comprare anche i tovaglioli (o tovagliolini? Non ricordo mai quali sono i più economici).

19,10-19,20. Dare una pulita e spostare i mobili lungo le pareti.

19,20-19,30. Preparare il riso fritto con la pancetta.

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Alla fine mi resta a disposizione mezz'ora per prepararmi, quindi non ho di che preoccuparmi. Devo farmi una cicca. Aiuto! Sono le sette meno un quarto. Com'è possibile? Aiuto.

Ore 19,15. Sono appena tornata dal negozio e adesso mi accorgo di aver scordato il burro.

Ore 19,35. Merda, merda, merda. La torta del pastore è ancora nelle pentole sparse per tutto il pavimento della cucina e non mi sono nemmeno lavata i capelli.

Ore 19,40. Oddio. Ho fatto per prendere il latte e mi sono resa conto di aver lasciato la sporta nel negozio. C'erano dentro anche le uova. Questo vuol dire che... Santo cielo, anche l'olio d'oliva... così non posso friggere l'insalata di riso e pancetta.

Ore 19,41. La cosa migliore è senz'altro mettermi nella vasca con un bicchiere di champagne e poi prepararmi. Almeno, se sono in ordine, posso continuare a cucinare anche dopo che sono arrivati tutti, e magari chiederò a Tom di uscire a recuperare gli ingredienti che mancano.

Ore 19,55. Aiuto! Suonano alla porta. Sono in reggiseno e mutandine e con i capelli bagnati. La torta è ancora per terra. Improvvisamente odio i miei ospiti. Ho dovuto sgobbare per due giorni e tra poco loro entreranno, tutti in tiro, chiedendo cibo come tanti cucù. Mi viene voglia di aprire la porta e gridare: «Andate tutti a farvi fottere!»

Ore 2. Mi viene quasi da piangere. Alla porta c'erano Magda, Tom, Shazzer e Jude con una bottiglia di champagne. Mi hanno detto di correre a prepararmi e, mentre mi asciugavo i capelli e mi vestivo, loro hanno pulito la cucina e buttato via la torta del pastore. E' saltato fuori che Magda aveva prenotato una tavolata al 192 e aveva dato a tutti gli altri l'appuntamento lì, invece che a casa mia, e li ho trovati ad aspettarmi con i regali, tutti d'accordo per offrirmi la cena. Magda mi ha spiegato che avevano avuto la strana, quasi sinistra premonizione che i soufflé al Grand Marnier e quella cosa con la pancetta fritta non mi sarebbero riusciti. Adoro gli amici: li preferisco senz'altro a

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qualunque numerosa famiglia turca con strani turbanti in testa.

Ecco: per l'anno a venire rispolvererò i Propositi per l'Anno Nuovo, aggiungendo anche:

Cose da fare

Smettere di essere così nevrotica e di aver paura di tutto.

Cose da evitare

Andare a letto con Daniel Cleaver, o degnarlo della minima attenzione.

APRILE.

Calma interiore.

Domenica 2 aprile.

"Chilogrammi 57,1, alcolici 0 (fantastico), sigarette 0, calorie 2250".

Ho letto in un articolo che Kathleen Tynan, defunta moglie del defunto Kenneth, aveva una grande «calma interiore» e, quando scriveva, la si trovava vestita di bianco seduta a un piccolo tavolo al centro della stanza, con vicino un bicchiere di vino bianco ghiacciato. Quando era in ritardo con un comunicato stampa per Perpetua, Kathleen Tynan non si sdraiava completamente vestita e terrorizzata sotto il piumino del letto a fumare una sigaretta dopo l'altra, trangugiando sakè freddo da una coppetta e applicandosi il trucco istericamente in cerca di un'attività sostitutiva. Kathleen

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Tynan non avrebbe permesso a Daniel Cleaver di portarla a letto tutte le volte che ne aveva voglia senza essere il suo fidanzato. E non si sarebbe neppure sbronzata fino a non capire più niente per poi stare male come un cane. Vorrei tanto essere come lei (anche se, ovviamente, non morta).

Ultimamente, però, quando le cose rischiano di sfuggirmi di mano, mi ripeto le parole «calma interiore» e mi immagino vestita di lino bianco e seduta a un tavolino con sopra un vaso di fiori. «Calma interiore.» Sono sei giorni che non tocco una sigaretta. Con Daniel ho assunto un atteggiamento di dignitoso distacco e sono tre settimane che non gli mando messaggi, non faccio la cretina con lui e non ci vado a letto. In quest'ultima settimana ho consumato solo tre alcolici per forzata concessione a Tom: si lamentava dicendo che passare la serata con la nuova Bridget senza vizi era un po' come uscire con un buccino, un pettine inteso come mollusco o qualche altra flaccida creatura marina.

Il mio corpo è un tempio. Mi domando se non sia già ora di andare a letto. Oh, no, sono solo le 20,30. Calma interiore. Ops, il telefono.

Ore 21. Era mio padre, con una voce strana e sconnessa: pareva quasi un maniaco.

«Bridget! Accendi il televisore su B.B.C.-1.»

Ho cercato il canale e ho avuto un sobbalzo per l'orrore. Era un prossimamente dell'"Anne and Nick Show" e lì, congelata in un effetto caleidoscopio sul divano tra Anne e Nick, c'era mia madre, tutta imbellettata e cotonata, nemmeno fosse quella rompiscatole di Katie Boyle o chissà chi altri.

«Nick», ha detto soavemente Anne.

«... e vi presentiamo la nostra nuova rubrica primaverile», ha detto Nick, «"Improvvisamente single", un problema che viene affrontato da un numero sempre crescente di donne. Anne.»

«E con la rubrica vi presentiamo anche la nostra fantastica nuova presentatrice Pam Jones», ha continuato Anne, «anche lei 'improvvisamente single' e al suo debutto televisivo.»

Mentre Anne parlava, mia madre si è scongelata nel caleidoscopio: il suo rombo si è messo a zigzagare sibilando verso il davanti dello schermo, oscurando Anne e Nick, e si è vista mia madre che piazzava un microfono sotto il naso di una donna con la faccia da topo.

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«Ha mai avuto pensieri suicidi?» ha tuonato l'intervistatrice.

«Sì», ha risposto la donna con la faccia da topo, scoppiando in lacrime. Al che l'immagine si è nuovamente congelata, ha girato su se stessa e si è fulmineamente incuneata in un angolo per scoprire Anne e Nick sul divano, un'espressione sepolcrale sulla faccia.

Papà era distrutto. La mamma non gli aveva neppure parlato del suo nuovo lavoro di presentatrice T.V. Pare che abbia deciso di negare a se stesso l'evidenza: si è autoconvinto che la mamma sta solo avendo una crisi da terza età e si è già resa conto di aver commesso uno sbaglio, ma non ha il coraggio di chiedergli di tornare insieme.

A dire il vero, trovo che negare a se stessi l'evidenza sia un'ottima cosa. Puoi convincerti di tutto quello che vuoi e ti fa sentire felice come una pasqua - purché il tuo ex partner non ti appaia all'improvviso sullo schermo televisivo, intento a forgiarsi una nuova carriera grazie al fatto di non essere più sposato con te. Ho cercato di fingere che non intendevo negargli ogni speranza, e che forse la mamma sta pianificando di tornare con lui per chiudere alla grande con l'ultima puntata, ma non l'ha bevuta. Povero papà. Non credo che sappia di Julio e del tizio del fisco. Gli ho chiesto se gli farebbe piacere che andassi da lui domani per una bella cenetta insieme sabato sera e magari una passeggiata domenica, ma ha detto che non ce n'è bisogno. Sabato sera gli Alconbury danno una cena stile Vecchia Inghilterra per il Lifeboat.

Martedì 4 aprile.

Ho deciso, ora, di prendere per le corna il ritardo costante con cui mi presento sul lavoro e l'incapacità di smistare vagonate di ingiunzioni dell'ufficiale giudiziario eccetera. Ho stabilito di dare il via al programma di automiglioramento con uno studio sull'utilizzo del tempo e il risparmio di energie.

7,00. Mi peso.

7,03. Torno a letto con il broncio per via del sovrappeso. Stato delle tempie: pessimo. Dormire o alzarsi sono entrambi da escludersi. Penso a Daniel.

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7,30. Costretta ad alzarmi dai morsi della fame. Faccio il caffè, prendo in considerazione il pompelmo. Scongelo il croissant al cioccolato.

7,35-7,50. Guardo fuori dalla finestra.

7,55. Apro l'armadio. Fisso i vestiti.

8,00. Scelgo una camicetta. Cerco di trovare la minigonna nera in Lycra. Per cercarla, tiro fuori tutto dal fondo dell'armadio. Frugo nei cassetti e cerco dietro la poltrona della camera da letto. Frugo nel cesto della roba da stirare. Frugo nel cesto della roba sporca. La gonna è sparita. Fumo una sigaretta per tirarmi su di morale.

8,20. Sfrego la pelle a secco (contro la cellulite), faccio il bagno, lavo i capelli.

8,35. Comincio a scegliere la biancheria. Il problema con il bucato significa che le sole mutande a disposizione sono enormi e di cotone. Troppo poco attraenti per prenderle in considerazione, anche per andare al lavoro (danno psicologico). Torno al cesto della roba da stirare. Trovo un paio di mutandine indecentemente piccole - pizzicano, ma sempre meglio dell'orrore dei mutandoni della nonna.

8,45. Comincio con un paio di collant neri opachi. Il primo paio sembra essersi ristretto - l'inguine è a 7 centimetri dalle ginocchia. Metto il secondo paio e trovo un buco dietro una gamba. Li butto via. Improvvisamente ricordo di aver avuto addosso la minigonna di Lycra quando sono tornata a casa con Daniel l'ultima volta. Vado in salotto. Trionfante, la localizzo tra i cuscini del divano.

8,55. Ricomincio con i collant. Il terzo paio è bucato solo sull'alluce. Lo metto. Il buco si trasforma in una smagliatura che sbucherà dalla scarpa, sbugiardandomi. Vado nel cesto della roba da stirare. Individuo l'ultimo paio di collant neri opachi arrotolati su se stessi come una corda e costellati dai frammenti bianchi di un fazzoletto di carta. Li srotolo e tolgo i frammenti.

9,05. Finalmente ho messo i collant. Aggiungo la gonna. Comincio a stirare la camicetta.

9,10. Mi rendo improvvisamente conto che i capelli mi si stanno asciugando in una strana foggia. Cerco la spazzola. La trovo in borsetta. Asciugo i capelli con il phon. Non vanno a posto. Li spruzzo di fissante e passo ancora il phon.

9,40. Torno al ferro da stiro e scopro una macchia indelebile sul davanti della camicetta. Tutte le altre mettibili sono sporche. Panico per via del ritardo. Cerco di lavare la macchia. Adesso la camicetta è tutta zuppa. L'asciugo con il ferro.

9,55. Sono in ritardissimo. Disperata, fumo e, per calmarmi, passo cinque minuti a

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leggere un dépliant di vacanze.

10,00. Cerco la borsetta. Sparita. Decido di vedere se è arrivato qualcosa di carino con la posta.

10,07. Solo un avviso, per il mancato pagamento di un minuscolo pagamento. Tento di ricordarmi che cosa stavo cercando. Ricomincio la caccia alla borsetta.

10,15. Sono al di là di qualunque ritardo concepibile. A un tratto mi viene in mente di aver portato la borsetta in camera quando cercavo la spazzola, ma non riesco a trovarla. Alla fine la localizzo sotto i vestiti tirati fuori dall'armadio. Rimetto i vestiti nell'armadio. Metto la giacca. Mi preparo a uscire di casa. Non trovo le chiavi. Passo al setaccio la casa, furiosa.

10,25. Trovo le chiavi in borsetta. Mi accorgo di aver scordato la spazzola.

10,35. Esco di casa.

Tre ore e trentacinque minuti tra il momento del risveglio e l'uscita sono troppi. In futuro mi vestirò subito appena alzata e riformerò l'intero sistema-bucato. Apro il giornale e leggo che in America un condannato è convinto che le autorità gli abbiano piazzato una microspia nelle chiappe per monitorare i suoi movimenti, se così si può dire. Sono orripilata al pensiero di avere nelle chiappe una simile microspia, particolarmente al mattino.

Mercoledì 5 aprile.

"Chilogrammi 57,2, alcolici 5 (tutta colpa di Jude), sigarette 2 (può succedere a tutti: non vuol dire che abbia ricominciato a fumare), calorie 1765, lotteria istantanea 2 b."

Oggi ho parlato a Jude della faccenda della calma interiore e lei ha detto una cosa molto interessante, e cioè che sta leggendo un manuale Zen per aiutare se stessi. Ha detto che, se guardi le cose della vita, lo Zen si può applicare a tutto. Lo Zen e l'arte di fare spese, lo Zen e l'arte di comprare un appartamento eccetera. Ha detto che non

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è tanto una questione di lotta quanto di Flusso. E se, per esempio, hai un problema o le cose non ti vanno bene, invece di sentirti tesa o di prendertela devi rilassarti e trovare la strada per entrare nel Flusso, così tutto si sistemerà. Dice che è un po' come quando non riesci a far girare una chiave in una serratura: se la dimeni furiosamente la situazione peggiora, ma prova a estrarla e a passarci un poco di lucidalabbra, poi torna a infilarla e istintivamente troverai il punto per far scattare la serratura. Evviva! Ma ha detto anche di non parlarne a Sharon, perché le trova tutte cazzate.

Giovedì 6 aprile.

Mi sono trovata con Jude per bere con calma qualcosa insieme e parlare ancora un po' del Flusso, e ho notato una fisionomia familiare con le sopracciglia nere che si toccano e i capelli scuri seduta a cenare in un angolo appartato: era Jeremy di Magda. Gli ho fatto cenno e per una frazione di secondo gli ho visto in faccia un'espressione di orrore, così ho subito spostato gli occhi sulla persona vicino a lui che era a) non Magda b) non ancora trentenne c) con addosso un tailleur che ho provato due volte in una boutique del centro e ho dovuto lasciare lì perché troppo costoso. Maledetta strega.

Ho capito immediatamente che Jeremy avrebbe tentato di cavarsela con un'occhiata tipo «Ciao ma adesso non posso», di quelle che riconoscono l'esistenza tra te e l'altra persona di un'amicizia intima, vecchia e incrollabile, ma nello stesso tempo dimostrano che non è il momento di affermarla con baci e chiacchiere impegnative. Ero già pronta a stare al gioco quando ho pensato: un momento! Siamo come sorelle in fondo, sì o no? Magda! Se il marito di Magda non ha nulla di cui vergognarsi nel farsi sorprendere a cena con una misera meretrice che indossa il mio tailleur, me la presenterà.

Ho deviato per passare davanti al suo tavolo, al che lui si è immerso in una fittissima conversazione con la meretrice. Quando gli sono passata davanti ha alzato gli occhi e mi ha fatto un sorriso largo e fiducioso, come per dirmi: «Un pranzo di lavoro». Al che gli ho restituito un'occhiata che diceva: «Con me non attacca», e ho proseguito per la mia strada.

Che cosa devo fare adesso? Oh, cielo. Devo dirlo a Magda? Non devo dirlo a Magda? Devo telefonarle e chiederle se va tutto bene? Devo telefonare a Jeremy e chiedergli se va tutto bene? Devo telefonare a Jeremy e minacciarlo di raccontare tutto a Magda se non lascia subito la strega con il mio tailleur? Devo farmi gli affari miei?

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Ripensando allo Zen, a Kathleen Tynan e alla Calma Interiore, ho eseguito una versione del Saluto al Sole che ricordavo di aver imparato a lezione di yoga e mi sono immersa in me stessa, concentrandomi sulla ruota interiore, fino a quando non è arrivato il Flusso. Dopodiché ho deciso serenamente di non dirlo a nessuno, in quanto il pettegolezzo è un veleno che si spande con virulenza. Telefonerò più spesso a Magda, piuttosto, e le farò capire di esserle vicina, così se qualcosa va storto (come probabilmente sentirà con il suo intuito femminile), lei me lo dirà. E allora, se attraverso il Flusso mi sembrerà la cosa giusta da fare, le dirò quello che ho visto. Lottare non paga: la sola cosa importante è il Flusso. Lo Zen e l'arte di vivere. Lo Zen. Il Flusso. Mmm, ma com'è successo che mi sono imbattuta in Jeremy e nella sua misera meretrice, se non attraverso il Flusso? Che cosa significa allora tutto questo?

Martedì 11 aprile.

"Chilogrammi 56,3, alcolici 0, sigarette 0, lotteria istantanea 9 b. (devo smetterla)".

Sembra che tra Magda e Jeremy le cose vadano avanti normalmente, quindi forse era proprio un pranzo di lavoro. Può darsi che la storia dello Zen e del Flusso sia vera, perché è fuori di dubbio che rilassandomi e dando retta all'istinto ho agito nel modo giusto. La prossima settimana sono invitata alla brillante presentazione di "La motocicletta di Kafka" all'Ivy. Invece di temere lo spaventoso ricevimento, morendo di paura dall'inizio alla fine e tornando a casa ubriaca e depressa, ho deciso che stavolta migliorerò le mie attitudini sociali e la mia sicurezza, voltando il ricevimento a mio vantaggio - come ho appena letto in un articolo su una rivista.

Pare che Tina Brown del "New Yorker" sappia affrontare brillantemente i ricevimenti, scivolando graziosamente da un gruppo all'altro e dicendo: «Martin Amis! Nelson Mandela! Richard Gere!» con un tono che equivale a un: «Mio Dio, in vita mia non sono mai stata tanto felice di conoscere qualcuno. Ha già incontrato la persona più affascinante del ricevimento - dopo di lei, s'intende? Vada pure avanti a parlare! Devo continuare a stendere la mia rete. Addio!» Vorrei essere come Tina Brown, anche se, ovviamente, non ci tengo a lavorare così tanto.

L'articolo è zeppo di consigli utili. Pare che, ai ricevimenti, non si debba mai parlare con nessuno per più di due minuti. Quando il tempo è scaduto, bisogna semplicemente dire: «Credo che si aspettino di vederci circolare. Piacere di averla

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conosciuta!» E andarsene. Se si resta a corto di argomenti dopo aver chiesto a qualcuno che cosa fa di bello nella vita ed essersi sentiti rispondere «Impresario di pompe funebri» oppure «Lavoro per l'Associazione per il Bambino Malato», bisogna semplicemente chiedere: «E' contento del suo lavoro?» Quando si presentano due persone che non si conoscono tra loro, bisogna aggiungere uno o due particolari "ad hoc" su ciascuna, in modo che l'altro interlocutore abbia uno spunto dal quale far partire la conversazione. Per esempio: «Questo è John, viene dalla Nuova Zelanda ed è appassionato di windsurf». Oppure: «Gina è una sub molto esperta e vive su un barcone».

La cosa più importante è che non si deve mai andare a un ricevimento senza un obiettivo prestabilito, che può essere «stendere la propria rete», vale a dire allargare le proprie conoscenze per promuovere la propria carriera, fare amicizia con qualcuno in particolare o semplicemente sigillare un accordo importante. Cercherò di capire dove ho sbagliato finora andando ai ricevimenti armata solo dell'obiettivo di non ubriacarmi troppo.

Lunedì 17 aprile.

"Chilogrammi 56,8, alcolici 0 (m.b.), sigarette 0 (m.b.), lotteria istantanea 5 b. (ho vinto 2 sterline, quindi ne ho spese solo 5)".

Bene. Domani è la giornata di "La motocicletta di Kafka". Mi preparerò una lista di obiettivi ben chiari. Tra un attimo. Guardo le pubblicità, poi telefono a Jude. Bene.

1) Non ubriacarmi troppo.

2) Propormi di fare conoscenza con persone sui cui stendere la mia rete.

Mmm. Comunque, ne cercherò altri più tardi.

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Ore 23. Bene.

3) Mettere in atto le attitudini sociali dell'articolo.

4) [Testo sbarrato: Convincere Daniel che sono piena di calma interiore e ci tiene a riallacciare con me. No, no.]

4) [Testo sbarrato: Conoscere e andare a letto con un dio del sesso.]

4) Crearmi dei contatti interessanti nel mondo dell'editoria, e magari anche in altre professioni per trovarmi un nuovo lavoro.

Oh, Dio. Non voglio andare a quello spaventoso ricevimento. Voglio restarmene a casa con una bottiglia di vino a guardare "Love Boat".

Martedì 18 aprile.

"Chilogrammi 57,1, alcolici 7 (oddio!), sigarette 30, calorie (non oso pensarci), lotteria istantanea 1 b. (ottimo)".

Il ricevimento è iniziato che peggio non si poteva, perché non ho visto nemmeno due persone che conoscevo da presentare l'una all'altra. Mi sono procurata un drink, poi ho visto Perpetua che parlava con James del "Telegraph". Mi sono avvicinata con sicurezza, pronta a entrare in azione, ma invece di dire: «James, Bridget viene dal Northamptonshire ed è un'ottima ginnasta» (ho intenzione di riprendere ad andare in palestra entro breve), Perpetua ha semplicemente continuato a chiacchierare - ben oltre il limite di due minuti - ignorandomi.

Sono rimasta nei pressi per un po', sentendomi una perfetta cretina, poi ho individuato Simon del marketing. Fingendo astutamente di non aver avuto nessuna intenzione di unirmi alla conversazione di Perpetua, ho puntato su Simon pronta a dire: «Simon Barnett!» stile Tina Brown. Purtroppo, quando ero quasi arrivata, mi

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sono accorta che Simon del marketing stava conversando con Julian Barnes. Sospettando che forse non sarei riuscita a esclamare «Simon Barnett! Julian Barnes!» con la gaiezza e la voce richieste, ho esitato in preda all'indecisione e poi ho cominciato a defilarmi, al che Simon, in un tono seccato e superiore che, stranamente, non gli senti mai quando cerca di fare il gallo con te alla fotocopiatrice, ha detto: «Volevi qualcosa, Bridget?»

«Oh, sì!» ho risposto, domandandomi terrorizzata che cosa mai potevo volere da lui. «Ehm.»

«Allora?» Simon e Julian Barnes mi fissavano, aspettando che rispondessi.

«Sai dov'è il bagno?» ho detto precipitosamente. Accidenti. Accidenti. Perché? Perché gli ho chiesto proprio quello? Ho visto un vago sorriso aleggiare sulle labbra sottili ma seducenti di Julian Barnes.

«Oh, a dire il vero credo sia da quella parte. Fantastico Grazie», ho detto, e mi sono avviata verso l'uscita. Appena fuori dalle porte a vento mi sono appoggiata alla parete, cercando di riprendere fiato e pensando: «Calma interiore, calma interiore». Finora non stava andando particolarmente bene, e non c'erano altre soluzioni a portata di mano. Ho guardato con desiderio le scale. L'idea di andare a casa, mettere la camicia da notte e accendere la tele ha cominciato a sembrarmi irresistibilmente attraente. Tuttavia, ricordando gli Obiettivi del Ricevimento, ho respirato profondamente dal naso, ho mormorato «calma interiore» e ho spinto di nuovo la porta per rientrare nella sala. Perpetua era ancora nei pressi della porta, immersa in chiacchiere con le sue due terrificanti amiche Piggy e Arabella.

«Ah, Bridget», ha detto. «Andresti a prendermi qualcosa da bere?» E mi ha porto il bicchiere. Quando sono tornata con tre bicchieri di vino e un'acqua minerale, stavano sparando sciocchezze a tutt'andare.

«Mi secca dirlo, ma è una vera disgrazia. Di questi tempi, vuol dire solo che un'intera generazione di persone finisce per conoscere i grandi capolavori della letteratura - Austen, Eliot, Dickens, Shakespeare e così via - unicamente attraverso il mezzo televisivo.

«Già, unicamente attraverso la tivù. E' assurdo. Un delitto.

«Sicuramente. Quando fanno lo zapping tra "Festa a casa di Noel" e "Appuntamento al buio", sono convinti di vedere la Austen o la Eliot.»

«"Appuntamento al buio" è il sabato», sono intervenuta io.

«Scusa?» ha chiesto Perpetua.

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«Tutti i sabati. "Appuntamento al buio" è il sabato alle sette e un quarto, dopo "Chi è chi?".»

«E allora?» ha detto sprezzante Perpetua, lanciando un'occhiata di sbieco a Piggy e Arabella.

«Quei grandiosi adattamenti televisivi di solito non vanno in onda il sabato sera.»

«Oh, guardate, c'è Mark!» ci ha interrotte Piggy.

«Ehi, è vero!» ha trillato Arabella. «Ha lasciato la moglie, no?»

«Voglio dire che, quando trasmettono i capolavori letterari, sugli altri canali non c'è mai niente di bello come "Appuntamento al buio", quindi non credo che siano in molti a fare lo zapping.»

«Oh, "Appuntamento al buio" è 'bello', quindi», ha sogghignato Perpetua.

«Sì, molto.»

«E tu lo sai, vero, Bridget, che originariamente "Middlemarch" era un libro, e non una soap opera?»

Quando Perpetua fa così, non la reggo. Stupida vecchia cicciona scorreggiona.

«Oh, pensavo che fosse la marca di uno shampoo!» ho ribattuto, prendendo cupamente una manciata di bastoncini salati di passaggio e buttandomeli in bocca. Quando ho alzato gli occhi mi sono vista davanti un uomo dai capelli scuri con un completo elegante.

«Ciao, Bridget», mi ha detto. Per poco non ho spalancato la bocca e lasciato cadere fuori tutti i bastoncini salati. Era Mark Darcy, ma senza il maglione a rombi.

«Salve», ho risposto con la bocca piena, cercando di non andare nel panico. Poi, ricordando l'articolo, mi sono rivolta a Perpetua.

«Mark. Perpetua è...» ho cominciato, ma mi sono subito paralizzata. Che cosa dire? Perpetua è molto grassa e passa tutto il tempo a darmi ordini come a una schiava? Mark è molto ricco e ha una ex moglie che appartiene a una razza crudele?

«Sì?» mi ha esortato Mark.

«... è il mio capo e sta per comprare un appartamento a Fulham, e Mark è», ho continuato, girandomi alla disperata verso Perpetua, «un avvocato e un difensore dei

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diritti umani.»

«Oh, salve, Mark. Ho sentito parlare di lei, naturalmente», è saltata su Perpetua, nemmeno fosse Prunella Scales in "Fawlty Towers" e lui il duca di Edimburgo.

«Salve, Mark», ha cinguettato Arabella, spalancando gli occhioni e sbattendo le ciglia in una maniera che probabilmente trova molto seducente. «Erano secoli che non la vedevo più. Com'era la Grande Mela?»

«Stavamo giusto parlando delle gerarchie culturali», ha tuonato Perpetua. «Bridget è una di quelle persone che, appena sullo schermo torna "Appuntamento al buio", sono convinte di vedere qualcosa che non ha niente da invidiare al soliloquio di Otello 'scaglia la mia anima dal cielo'.» Ed è esplosa in una risata.

«Ah. Questo vuol dire che Bridget è una massima esponente della corrente postmoderna», ha risposto Mark Darcy. «Questa è Natasha», ha detto, indicando la splendida ragazza alta e magra al suo fianco. «E' un'esperta di diritto di famiglia.»

Ho avuto la sensazione che stesse facendo di tutto per farmi arrabbiare. Maledetto sfacciato!

«Da parte mia», ha detto Natasha con un sorriso accorto, «quando si tratta di classici penso che la gente dovrebbe essere costretta a provare di aver letto il libro, prima di poter guardare la versione televisiva.»

«Oh, sono "completamente" d'accordo», ha commentato Perpetua, emettendo altre risate a tutto spiano. «Che idea meravigliosa!»

Me la vedevo già intenta a incastrare Mark Darcy e Natasha in uno schieramento interamente composto di tanti orsetti Pooh e tante maialine Piggy intorno al suo tavolo da pranzo.

«Avrebbero dovuto proibire alla gente di ascoltare la sigla della Coppa del Mondo», ha strepitato Arabella, «tranne a quelli in grado di provare di aver ascoltato tutta la "Turandot".»

«Anche se naturalmente, sotto molti aspetti», ha continuato la Natasha di Mark in tono improvvisamente sincero, come temendo che la conversazione avesse preso una piega del tutto sbagliata, «la democratizzazione della cultura è una "cosa positiva"...»

«Tranne nel caso dei documentari di Attenborough che avrebbero dovuto essere stroncati alla nascita», ha strillato Perpetua. Mentre guardavo involontariamente il suo didietro, pensando: «Questo non lo doveva dire», ho sorpreso Mark Darcy a fare la stessa cosa.

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«Quello che più mi disturba» - Natasha sembrava nervosa e alterata, quasi fosse a una riunione di oratori in un posto come Oxford o Cambridge - «è questa... questa specie di individualismo arrogante convinto che ciascuna generazione possa in qualche modo ricreare il mondo.»

«Ma è esattamente quello che fanno in realtà», ha osservato delicatamente Mark Darcy.

«Oh, be', voglio dire... se guardi la cosa a questo livello...» ha detto Natasha, sulla difensiva.

«A quale livello?» ha domandato Mark Darcy. «Non è un livello. E' un ottimo punto di vista.»

«No, no. Mi dispiace. Fingi "deliberatamente" di non capire», ha affermato lei, avvampando. «Non sto parlando di una nuova visione fresca, ventilata e decostruzionalista. Sto parlando del "vandalismo" sfrenato operato a danno della struttura culturale.»

Mark Darcy aveva l'aria di quello che sta per scoppiare a ridere.

«Voglio dire che, se segui la linea contorta e moralmente relativista dell''"Appuntamento al buio" è geniale', allora...» ha blaterato lei, guardando risentita nella mia direzione.

«Io non seguivo nessuna linea. E' solo che "Appuntamento al buio" mi piace», ho ribattuto. «Anche se credo che mi piacerebbe di più se la gente rispondesse di testa propria alle domande invece di leggere a voce alta quelle stupide risposte pronte piene di giochi di parole e di allusioni sessuali.»

«Senza dubbio», è intervenuto Mark.

«Ma "Chi è chi?" proprio non lo sopporto. Mi fa sentire grassa», ho continuato. «Comunque, piacere di averti rivisto. Ciao ciao.»

Stavo aspettando che mi consegnassero la mia giacca, e intanto pensavo a quanto può contribuire al fascino di una persona l'assenza o la presenza di un maglione a rombi, quando qualcuno mi ha posato delicatamente le mani sui fianchi.

Mi sono girata di scatto. «Daniel!»

«Jones! Come mai te la squagli così presto?» Si è sporto in avanti e mi ha baciata. «Mmm, sai di buono.» Poi mi ha offerto una sigaretta.

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«No grazie, ho trovato la calma interiore e ho smesso di fumare», ho risposto (una risposta programmata in anticipo), dispiacendomi di quanto Daniel sappia rendersi attraente quando sono sola con lui.

«Capisco», ha detto lui con un sorrisetto furbo. «La calma interiore, eh?»

«Sì», ho replicato compostamente. «Eri al ricevimento? Non ti ho visto.»

«Lo so che non mi hai visto. Io però ho visto te. Parlavi con Mark Darcy.»

«Come fai a conoscere Mark Darcy?» gli ho chiesto, meravigliata.

«Cambridge. Non lo reggo, quello stupido bamboccio. E' una maledetta checca. Come fai a conoscerlo?»

«E' il figlio di Malcolm e di Elaine Darcy», ho cominciato, e c'è mancato poco che continuassi dicendo: «Conosci Malcolm ed "Elaine", tesoro. Sono venuti a trovarci quando vivevamo a Buckingham...»

«Ma chi diav...»

«Sono amici dei miei genitori. Giocavo con lui nella piscinetta dei bambini.»

«Già, ci giurerei che ci giocavi, piccola sporcacciona», ha grugnito lui. «Ti andrebbe di cenare insieme?»

Calma interiore, mi sono detta. Calma interiore.

«E dai, Bridge», ha detto lui, inclinandosi verso di me in maniera seducente. «Ho bisogno di parlare un po' seriamente della tua camicetta. E' estremamente sottile. A guardarla bene, arriva quasi a essere trasparente. Ti è mai passato per la mente che la tua camicetta potrebbe soffrire di... bulimia?»

«Mi devo vedere con qualcuno», ho detto alla disperata.

«E dai, Bridge.»

«No», ho risposto con una fermezza che mi ha alquanto stupito.

«Vergognati», ha sussurrato. «Ci vediamo lunedì.» E mi ha dato un'occhiata così turpe che mi è venuta voglia di gettarmi ai suoi piedi gridando: «Scopami! Scopami!»

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Ore 23. Ho appena telefonato a Jude per raccontarle dell'episodio con Daniel e anche che il figlio di Malcolm ed Elaine Darcy, che la mamma e Una avevano cercato di propinarmi al buffet freddo a base di tacchino al curry, si è presentato al ricevimento con un'aria improvvisamente attraente.

«Aspetta un po'», ha esclamato Jude. «Non starai parlando di "Mark" Darcy, l'avvocato?»

«Sì. Ma che... lo conosci anche tu?»

«Be', sì. Voglio dire, mi è capitato di lavorare con lui. E' incredibilmente simpatico e attraente. Mi sembrava che il tipo del buffet freddo a base di tacchino al curry invece fosse una tragedia.»

Uffa. Al diavolo Jude.

Sabato 22 aprile.

"Chilogrammi 54,5, sigarette 0, alcolici 0, calorie 1800".

Giornata storica e felice. Erano diciotto anni che tentavo di scendere a 54,5, e finalmente ce l'ho fatta. Non è un errore della bilancia: i jeans lo confermano. Sono magra.

Non c'è una spiegazione logica. Questa settimana sono stata due volte in palestra: è vero che mi succede di rado, ma non è una stranezza. Ho mangiato come al solito. E' un miracolo! Ho chiamato Tom, e secondo lui forse ho il verme solitario. Per liberarsene, ha detto, bisogna mettersi davanti alla bocca una scodella di latte tiepido e una matita. (Pare che i vermi solitari apprezzino molto il latte tiepido. Che ne vadano pazzi.) Si apre la bocca e poi, quando la tenia fa capolino, la si avvolge attentamente intorno alla matita.

«Senti», gli ho detto, «questo verme solitario deve restare. Amo la mia nuova tenia. Non solo sono magra, ma non ho più voglia di fumare né di tracannare vino.»

«Sei innamorata?» mi ha chiesto Tom in tono sospettoso e, direi, geloso. Fa sempre

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così. Non è che voglia stare con me, ovviamente, perché è omosessuale. Ma se sei single l'ultima cosa che vuoi al mondo è che il tuo migliore amico/a metta in piedi una relazione stabile con qualcun altro. Ho cercato una risposta, poi mi sono bloccata: improvvisamente ho capito qualcosa che mi ha scioccata. Non sono più innamorata di Daniel. Sono libera.

Martedì 25 aprile.

"Chilogrammi 54,5, alcolici 0 (ottimo), sigarette 0 (m.m.b.), calorie 995 (continuo bene)".

Uffa. Questa sera sono andata alla festa di Jude con un tubino nero aderentissimo, per sfoggiare la mia nuova linea. Ero piena di me.

«Santo cielo, ti senti bene?» mi ha chiesto lei quando sono entrata. «Sembri a pezzi.»

«Sto bene,» ho risposto, mortificata. «Ho perso tre chili. Che cosa c'è che non va?»

«Niente. Pensavo solo che...»

«Che cosa? Cosa?»

«Forse sei dimagrita un po' troppo in fretta... davanti», ha mormorato lei, guardando il mio décolleté effettivamente sgonfio.

Simon non le è stato da meno.

«Briiidget! Hai una cicca?»

«No, ho smesso.»

«Oh cavoli, ecco perché hai un'aria così...»

«Così come?»

«Oh, niente, niente. Un po'... tirata.»

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E' andata avanti così per tutta la sera. Non c'è niente di peggio di quando la gente ti trova giù. Tanto vale che ti dicano che sei una merda, e la facciano finita. Ero tanto contenta di me per aver smesso di bere, ma via via che la festa si scaldava e gli altri erano sempre più ubriachi, io ho cominciato a sentirmi così calma e compiaciuta che mi davo quasi fastidio. Continuavo a ritrovarmi coinvolta in conversazioni quando in realtà non avevo voglia di spiccicare parola, così non facevo che guardare e annuire saggiamente, con distacco.

«Avresti una camomilla?» ho chiesto a un certo punto a Jude che mi passava vicino ondeggiando e con un potentissimo singhiozzo. Al che lei è scoppiata a ridere come una sciocca, mi ha circondata con un braccio ed è crollata lunga distesa sul pavimento. Ho deciso che era arrivato il momento di andare a casa.

Appena arrivata mi sono messa a letto e ho appoggiato la testa sul cuscino, ma non è successo niente. Continuavo a spostare la testa un po' più in qua e un po' più in là, ma non riuscivo a dormire. Di solito in questi casi mi addormento subito russando come una pazza e faccio qualche sogno paranoico e traumatizzante. Ho acceso la luce. Erano solo le 23,30. Forse dovevo fare qualcosa tipo... ehm... rammendare? Calma interiore. E' squillato il telefono. Era Tom.

«Tutto bene?»

«Sì, benone. Perché?»

«Sembravi, come dire, giù di corda, stasera. Lo hanno detto tutti, che non eri la solita Bridget.»

«No, stavo benissimo. Hai visto come sono magra?»

Silenzio.

«Tom?»

«Ti trovavo meglio prima, cucciolo.»

Adesso mi sento vuota e sgomenta, come se mi avessero tolto il tappeto da sotto i piedi. Diciotto anni sprecati. Diciotto anni di calorie e aritmetica basata sul calcolo dei grassi. Diciotto anni passati a comprare camicie lunghe e tutoni e a uscire dalla stanza camminando all'indietro nelle situazioni intime, per non mostrare il sedere. Milioni di torte al formaggio e tiramisù, decine di milioni di fette di Emmenthal lasciate intatte. Diciotto anni di battaglie, sacrifici e sforzi... per cosa? Diciotto anni e il risultato è: «A pezzi e giù di corda». Mi sento come una scienziata che scopre di aver lavorato tutta una vita su un principio sbagliato.

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Giovedì 27 aprile.

"Alcolici 0, sigarette 0, lotteria istantanea 12 b. (m.m. male, ma per tutto il giorno non mi sono pesata e non ho pensato alla dieta: m.b.)".

Devo smetterla con la lotteria istantanea, ma il problema è che spesso vinco. Questa qui è molto meglio delle lotterie nazionali, perché i numeri non vengono più annunciati durante "Appuntamento al buio" (in questo periodo non va in onda) e troppo spesso tra gli estratti non ce n'è neppure uno dei tuoi, e allora ti senti da una parte impotente e dall'altra ingannata, senza poterci fare altro che strappare il biglietto e buttarlo via.

Con l'istantanea non è così: è un gioco molto più attivo, devi grattare ben sei cifre - spesso un lavoro duro che richiede una certa abilità - e non hai mai l'impressione di essere senza speranze. Tre importi uguali ti garantiscono una vincita, e posso dire per esperienza che ci si arriva sempre vicini, spesso con addirittura due coppie uguali, per importi che raggiungono le 50000 sterline.

Comunque, non puoi negarti tutti i piaceri della vita. Ne compro solo quattro o cinque al giorno, senza contare che molto presto smetterò del tutto.

Venerdì 28 aprile.

"Alcolici 14, sigarette 64, calorie 8400 (m.b, anche se ho fatto male a contarle. Essere ossessionati dalla magrezza è m. nocivo), lotteria istantanea 0".

Ieri sera alle 20,45 stavo facendo scendere l'acqua per un bagno aromatico rilassante e intanto sorseggiavo camomilla, quando ha iniziato a suonare la sirena d'allarme di

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una macchina. Ho promosso una campagna antisirene nella mia strada, perché sono insopportabili e anche controproducenti, dal momento che è più probabile ritrovarsi con la macchina fatta a pezzi da un vicino infuriato che tenta di zittire l'allarme che non rubata da un ladro.

Stavolta però, invece di dare fuori di matto e chiamare la polizia, mi sono limitata a respirare attraverso le narici allargate e a mormorare: «Calma interiore». Poi hanno suonato alla porta. Ho risposto al citofono. Una voce molto chic e sottile ha belato: «Scopa con un'altra!» Poi ho sentito dei singhiozzi isterici. Sono corsa giù, dove fuori casa ho trovato Magda che, in un fiume di lacrime, stava toccando qualcosa sotto il volante della Saab decappottabile di Jeremy, che emetteva un «tuiiit tuiiit» indescrivibilmente assordante con tutte le luci che lampeggiavano, mentre sul sedile posteriore il bambino strillava come se fosse stato assalito da un gatto selvatico.

«Spegnilo!» ha gridato qualcuno dai piani superiori.

«Non ci riesco, maledizione!» ha strillato Magda, toccacciando il cofano. «Jeremy!» ha urlato nel portatile. «Jeremy! Maledetto bastardo di un adultero! Come si fa ad aprire il cofano della Saab?»

Magda è molto chic. La nostra via no. E' di quelle strade dove vedi ancora alle finestre manifesti con la scritta «Liberate Nelson Mandela».

«Non ho nessuna intenzione di tornare indietro, bastardo che non sei altro!» stava gridando Magda. «Dimmi solo come si fa ad aprire questo maledetto cofano.»

Magda e io adesso eravamo tutt'e due in macchina, e stavamo tirando tutte le leve che riuscivamo a trovare. Di tanto in tanto Magda si attaccava a una bottiglia di Laurent-Perrier. Intorno a noi, intanto, si stava riunendo una folla inferocita. Un attimo dopo è arrivato rombando Jeremy, a cavallo della sua Harley-Davidson. Ma invece di spegnere l'allarme, ha cercato di prelevare il bambino dal sedile posteriore, con Magda che gli urlava dietro. Poi Dan, l'australiano che abita sotto di me, ha aperto la finestra.

«Ehi, Bridgy», ha gridato, «mi cola acqua dal soffitto!»

«Merda! La vasca!»

Sono corsa su, ma quando sono arrivata davanti alla porta mi sono resa conto di essermela chiusa dietro lasciando le chiavi all'interno. Ho cominciato a battere la testa contro l'uscio, gridando: «Merda! Merda!»

Poi nell'ingresso è apparso Dan. «Cavoli», ha detto. «E' meglio che tu ne prenda una.»

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«Grazie,» ho risposto, praticamente mangiandomi la cicca che mi stava offrendo.

Diverse sigarette e molti tentativi fatti con una carta di credito dopo, eravamo dentro: c'era acqua ovunque. Non siamo riusciti nemmeno a chiudere i rubinetti. Dan è corso di sotto ed è tornato con una chiave inglese e una bottiglia di scotch. E' riuscito a chiudere i rubinetti, e ha cominciato ad aiutarmi ad asciugare. Poi la sirena di allarme si è zittita e ci siamo precipitati alla finestra appena in tempo per vedere la Saab sfrecciare via, con la Harley-Davidson che la rincorreva.

Ci siamo messi tutti e due a ridere: avevamo già bevuto un bel po' di whisky, ormai. Poi all'improvviso, non so come, lui mi ha baciata. Era una situazione imbarazzante, in quanto gli avevo appena allagato l'appartamento e rovinato la serata, quindi non volevo apparire ingrata. Mi rendo conto che questo non gli dava certo il diritto di molestarmi sessualmente, ma dopo tutti quei drammi, la calma interiore e tutto il resto, devo dire che è stata una complicazione gradevole. Poi, a un tratto, sulla porta spalancata è comparso un uomo con una tuta di pelle da motociclista, e in mano una scatola per pizza.

«Merda», ha detto Dan. «Mi ero scordato di aver ordinato la pizza.»

Così ce la siamo mangiata con una bottiglia di vino, abbiamo fumato qualche altra sigaretta e bevuto dell'altro scotch, dopodiché lui ha ripreso a baciarmi, ma io con voce impastata ho detto: «No, no, non dobbiamo». Al che lui è diventato tutto strano e ha cominciato a dire: «Cavoli, cavoli».

«Che cosa ti prende?» gli ho chiesto.

«Sono sposato», ha detto. «Ma, Bridgy, credo di essermi innamorato di te.»

Quando finalmente se n'è andato, mi sono accasciata seduta per terra con la schiena contro la porta, e ho cominciato a fumare mozziconi a più non posso. «Calma interiore», mi sono detta, senza troppa convinzione. Hanno suonato al citofono, ma ho fatto finta di niente. Hanno suonato ancora, e poi risuonato insistentemente. Ho risposto.

«Tesoro», ha detto un'altra voce ubriaca, che ho subito riconosciuto.

«Va' via, Daniel», ho sibilato.

«No. Lascia che ti spieghi.»

«No.»

«Bridge... fammi entrare.»

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Silenzio. Oh, Dio. Perché Daniel mi deve piacere ancora così tanto?

«Ti amo, Bridge.»

«Vattene. Sei ubriaco», gli ho intimato, cercando di sembrare più convinta di quanto non fossi in realtà.

«Jones?»

«Eh.»

«Posso usare il tuo bagno?»

Sabato 29 aprile.

"Alcolici 12, sigarette 57, calorie 8489 (ottimo)".

Ventidue ore, quattro pizze, un takeaway indiano, tre pacchetti di sigarette e tre bottiglie di champagne più tardi, Daniel è ancora qui. Sono cotta. Sono anche tutte le seguenti cose:

a) tornata a trenta sigarette al giorno

b) fidanzata

c) stupida

d) incinta.

Ore 23,45. Sono appena stata male, e mentre mi piegavo in due sul cesso cercando di non fare rumore per evitare che Daniel mi sentisse, lui ha improvvisamente gridato dalla stanza da letto: «Ecco dove se ne va la tua calma interiore, cicciolina. Il posto

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che le spetta, direi».

MAGGIO.

Futura mamma.

Lunedì 1° maggio.

"Alcolici 0, sigarette 0, calorie 4200 (mangio per due)".

Credo seriamente di essere incinta. Come abbiamo potuto essere così stupidi? Daniel e io eravamo talmente trasportati dall'euforia di essere di nuovo insieme che la realtà sembrava aver preso il volo dalla finestra, e una volta che... oh, insomma, non mi va di parlarne. Stamattina avverto decisamente l'insorgere delle nausee mattutine, ma potrebbe essere dovuto al fatto che, quando Daniel se n'è andato, avevo un tale cerchio alla testa che, nel tentativo di rimettermi in sesto, ho mangiato:

2 pacchetti di Emmenthal a fette

1 litro di spremuta fresca d'arancia

1 patata fredda con buccia

2 fette di torta al limone cruda (molto leggera; forse, poi, sto anche mangiando per due)

1 Quality Street (solo 125 calorie. L'entusiasmo con cui il fisico ha reagito alla torta suggeriva che il bambino aveva bisogno di zuccheri)

1 porzione di sacher con panna (questo bambino è avido e incredibilmente esigente)

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Broccoli al vapore (nel tentativo di nutrire il bambino senza farlo crescere viziato)

4 würstel freddi (era l'unica confezione che ho trovato nell'armadietto: sono troppo estenuata dalla gravidanza per uscire di nuovo a fare la spesa).

Oh, cielo. Sto cominciando a lasciarmi trasportare dall'idea di diventare una mammina stile Calvin Klein, poss. con addosso un top senza maniche o che lancia il bambino in aria, sorridendo soddisfatta per pubblicizzare una cucina a gas, un film rasserenante o simili.

Oggi in ufficio Perpetua era antipatica al massimo grado. Ha passato 45 minuti al telefono con Desdemona, chiedendosi se le pareti gialle sarebbero state bene con le tendine rosa e grigie con le gale, oppure se lei e Hugo dovevano preferire il rosso sangue con un fregio floreale. Durante un intervallo di 15 minuti non ha detto altro che: «Assolutamente... no... assolutamente... assolutamente», per poi concludere: «Ma naturalmente, in un certo senso, le stesse argomentazioni potrebbero valere anche per il rosso».

Invece di farmi venir voglia di usare la cucitrice sulla sua testa, mi sono limitata a sorridere beatamente e a pensare che molto presto tutte queste cose sarebbero diventate insignificanti per me, rispetto a prendermi cura di un altro piccolo essere umano.

Subito dopo ho scoperto tutto un nuovo mondo in cui ambientare le mie fantasie su Daniel: Daniel che porta il bambino nel marsupio, Daniel che si precipita a casa dal lavoro, elettrizzato al pensiero di trovarci tutti e due rosei e splendenti nella vasca, e che, negli anni a venire, interverrà con incredibile vigore alle riunioni genitori/insegnanti.

Ma in quel momento è arrivato lui. Non l'avevo mai visto così conciato. L'unica spiegazione possibile è che ieri sera abbia continuato a bere anche dopo avermi lasciato. Mi ha lanciato una breve occhiata: l'espressione era quella di un assassino armato di ascia. All'improvviso le mie fantasie sono state rimpiazzate da immagini del film "Barfly-Mosche da bar", dove la coppia passa tutto il tempo ubriaca persa, a gridare e lanciarsi bottiglie, o di "Gli sciattoni" di Harry Enfield, con Daniel che grida: «Bridge! Il bambino. Sta ululando. Gli si è staccata la testa».

E io che rispondo seccata: «Daniel. Mi sto "fumando" una sigaretta».

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Mercoledì 3 maggio.

Chilogrammi 58,1* (allarme! Il bambino cresce a una velocità mostruosamente innaturale), alcolici 0, sigarette 0, calorie 3100 (ma soprattutto patate, oh Dio mio). *Devo ricominciare a controllare il peso, ora, per il bene della creatura".

Aiuto. Lunedì e per una buona parte di martedì ho creduto di essere incinta, ma in realtà sapevo di non esserlo - un po' come quando torni a casa a piedi la sera tardi e pensi di essere seguita da qualcuno, ma sai che in realtà non ti stanno affatto seguendo. Poi però ti afferrano improvvisamente per il collo, e adesso ho due giorni di ritardo. Daniel mi ha ignorata per tutto il lunedì e poi, alle 18, mi ha preso da parte e mi ha detto: «Senti, vado a Manchester e ci resterò per tutta la settimana. Ci vediamo sabato sera, okay?» Non ha più telefonato. Sono una ragazza madre.

Giovedì 4 maggio.

"Chilogrammi 58,6, alcolici 0, sigarette 0, patate 12".

Sono andata in farmacia e ho comprato con grande discrezione un test di gravidanza. Stavo spingendo a testa bassa la scatola verso la ragazza alla cassa, seccata di non aver pensato di infilarmi un anello all'anulare sinistro, quando il farmacista ha gridato: «Voleva un test di gravidanza?»

«Shhh!» ho sibilato, guardandomi dietro le spalle.

«Quanti giorni ha di ritardo?» ha urlato lui. «Le conviene prendere quello blu. Le dice se è incinta dal "primo giorno" di ritardo.»

Ho brancato la scatola che mi stava porgendo, ho messo sul banco le otto sterline e novantacinque e mi sono precipitata fuori.

Stamattina ho passato le prime due ore a fissare la mia borsetta come se fosse una

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bomba inesplosa. Alle 11,30, non potendone più, l'ho afferrata, sono salita in ascensore e sono andata nei bagni due piani più sotto per evitare il rischio che qualcuno di mia conoscenza captasse dei fruscii sospetti. Chissà perché, ma l'intera faccenda mi ha resa improvvisamente furiosa con Daniel. La responsabilità è anche sua, ma lui non ha dovuto spendere otto sterline e novantacinque e nascondersi in un bagno per cercare di fare pipì su un bastoncino. Ho scartato con rabbia il pacchetto, scaraventando la scatola e tutto il resto nel cestino, ho fatto quello che dovevo, poi ho messo il bastoncino capovolto sulla cassetta del cesso senza guardarlo. Tre minuti. Avrei dato qualunque cosa per non guardare il mio destino segnato dalla sottile linea blu che si andava formando. In qualche modo ho superato quei centottanta secondi - i miei ultimi centottanta secondi di libertà - poi ho preso il bastoncino e per poco non ho gridato. Là, nella finestrella, c'era una sottile linea blu, sfacciata come non mai. Argh!

Dopo quarantacinque minuti passati a fissare il computer senza vederlo, con Perpetua che ogni tanto mi chiedeva che cos'avevo e io, che ogni volta fingevo di avere davanti un cactus messicano, sono saltata in piedi e ho cercato una cabina del telefono per chiamare Sharon. Maledetta Perpetua. Se fosse lei ad avere paura di essere incinta, con tutte le istituzioni inglesi che ha alle spalle in meno di dieci minuti si ritroverebbe in chiesa con un vestito da sposa di Amanda Wakeley. Fuori dalla cabina c'era talmente tanto traffico che non riuscivo a farmi capire da Sharon.

«Cosa? Bridget? Non ti sento. Sei nei guai con la polizia?»

«No», ho detto io, tirando su con il naso. «Con la linea blu nel test di gravidanza.»

«Gesù! Ci vediamo tra un quarto d'ora al Café Rouge.»

Benché fossero solo le 12,45, ho pensato che una bella vodka con succo d'arancia non mi avrebbe fatto male, trattandosi di una vera e propria emergenza, poi mi sono ricordata che al bambino la vodka non avrebbe fatto granché bene. Ho aspettato, sentendomi come una strana sorta di ermafrodita o un tira-e-molla che sperimenta contemporaneamente i sentimenti infantili più violentemente opposti di un uomo e una donna. Da una parte ero tutta sdolcinata e svenevole nei confronti di Daniel, compiaciuta dal fatto di essere una donna vera - così insopprimibilmente feconda! - e immaginavo la morbida pelle rosea di un neonato, una minuscola creatura da amare, e tante piccole tutine di Ralph Lauren. Dall'altra pensavo: «Oh, mio Dio, ho finito di vivere, Daniel è un pazzo alcolizzato e, quando lo scoprirà, prima mi ucciderà, poi mi pianterà». Niente più serate fuori con le ragazze, niente più shopping, flirt, sesso, bottiglie di vino e sigarette. Mi trasformerò in un'insopportabile macchina distributrice di latte che non accenderà la fantasia di nessuno e non starà più in nessuno dei miei pantaloni, tanto meno in quelli verde acido nuovi di pacca. Immagino che questa confusione sia il prezzo da pagare per essere diventata una donna moderna invece di seguire il corso indicato dalla natura sposando Abnor

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Rimmington del Northampton quando avevo diciotto anni.

Quando Sharon è arrivata, le ho cupamente passato

sotto il tavolo il test di gravidanza, con la sua linea blu rivelatrice.

«Sarebbe questo?» ha domandato lei.

«Be'... certo», ho borbottato io. «Che cosa credevi che fosse? Un cellulare?»

«Sei proprio il più ridicolo degli esseri umani. Ma non hai letto le istruzioni? Ci devono essere due linee. Questa serve solo a provare che il test funziona. Una linea, sciocchina, vuol dire che "non" sei incinta.»

Tornata a casa, ho trovato sulla segreteria un messaggio di mia madre che diceva: «Tesoro, chiamami subito. Ho i nervi in "frantumi"».

"Lei" ha i nervi in frantumi!

Venerdì 5 maggio.

"Chilogrammi 57,1 (che diavolo, è da una vita che mi peso e non riesco a rinunciare a quest'abitudine, soprattutto dopo il trauma della gravidanza. Un giorno o l'altro troverò una terapia adatta), alcolici 6 (evviva!), sigarette 25, calorie 1895, lotteria istantanea 3 b."

Ho passato la mattina a vagabondare in lutto per il bambino perduto, ma mi sono tirata un po' su quando mi ha telefonato Tom che, per dare un buon inizio al weekend, mi ha proposto un Bloody Mary all'ora di pranzo. Di ritorno a casa ho trovato un messaggio petulante della mamma: dice di essere andata in una health farm, e che richiamerà più tardi. Mi chiedo che cosa le sia preso. Probabilmente è sopraffatta dalle troppe scatole di Tiffany dei suoi spasimanti malati d'amore e dalle troppe offerte di lavoro come presentatrice T.V. delle case di produzione rivali.

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Ore 11,45. Ha appena chiamato Daniel da Manchester.

«Hai passato una buona settimana?» mi ha chiesto.

«Ottima, grazie», ho risposto in tono brillante. Ottima, grazie. Il miglior dono che una donna possa fare a un uomo, ho letto da qualche parte, è la tranquillità, quindi, adesso che abbiamo appena cominciato a uscire come si deve, non potevo di certo ammettere che appena ha voltato la schiena ho cominciato ad avere crisi isteriche per via di una gravidanza fantasma. Oh, be'. Chi se ne importa. Ci vediamo domani sera. Urrà! Trallallero.

Sabato 6 maggio: il Giorno della Vittoria.

"Chilogrammi 57,5, alcolici 6, sigarette 25, calorie 3800 (ma celebro l'anniversario della fine del razionamento), numeri della lotteria azzeccati 0 (maluccio)".

Oggi, Giorno della Vittoria degli Alleati in Europa, c'era un caldo fuori dal normale. Quando mi sono svegliata, ho cercato di provare una ridda di emozioni al pensiero della fine della guerra, dell'Europa liberata, favoloso, fantastico eccetera eccetera. A dire il vero, però, l'intera faccenda mi fa sentire uno straccio. L'espressione che vado cercando, in effetti, potrebbe essere «tagliata fuori». Io non ho nonni. Papà è tutto preso da una festa che si terrà nel giardino degli Alconbury e durante la quale, per motivi inspiegabili, lui girerà in aria le frittelle. La mamma, invece, tornerà a Cheltenham nella strada in cui è nata e cresciuta per una festa a base di fritto di balena, probabilmente con Julio. (Grazie a Dio non è fuggita con un tedesco.)

I miei amici non organizzano niente. Suggerire un approccio positivo alla vita, o che stavamo furtivamente cercando di annettere qualcosa che non c'entrava niente con noi, equivarrebbe in qualche modo a sbandierare un entusiasmo imbarazzante, e sarebbe sbagliato. Cioè, io probabilmente quando la guerra è finita, non ero neppure un uovo. Non ero niente, e intanto loro combattevano e ricavavano la marmellata dalle carote o chissà che altro.

Detesto questa idea e mi balocco con quella di telefonare alla mamma per sapere se almeno, quando è cominciata la guerra, lei era già nell'età dello sviluppo. Le uova vengono prodotte una alla volta, oppure appena nate vengono immagazzinate finché

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sono ancora microscopiche, in attesa di venire attivate? Ed è possibile che, sotto forma di uovo immagazzinato, io abbia in qualche modo percepito la fine della guerra? Se solo avessi un nonno, mostrandomi gentile con lui avrei potuto farmi coinvolgere nell'intera faccenda. Oh, che diamine, vado a fare spese.

Ore 19. Il caldo ha fatto raddoppiare il mio volume corporeo: giuro. Non entrerò mai più in un camerino comune. Ero in un grande magazzino. Stavo cercando di sfilarmi un vestito quando mi si è incastrato sotto l'ascella: ho cominciato a barcollare con la gonna rovesciata al posto della testa, tirando con le braccia protese in aria e mostrando alle quindicenni che sghignazzavano intorno a me la pancia prominente e i cosciotti. Quando ho cercato di riabbassare quello stupido vestito e di sfilarlo dai piedi, mi si è incastrato sui fianchi.

Detesto i camerini comuni. Tutti quanti non fanno che sbirciare di nascosto gli altri, ma nessuno osa mai guardarti negli occhi. Sono sempre pieni di ragazze che sanno di stare da favola con qualunque cosa addosso e che ti danzano intorno raggianti, dondolando i capelli e mettendosi in posa da modelle davanti allo specchio dicendo «Mi ingrassa?» all'immancabile amica del cuore obesa, che qualunque cosa si metta sembra un bufalo acquatico.

E' stata una spedizione disastrosa. Il vero senso dello shopping, lo so bene, sta semplicemente nel comprare pochi articoli scelti in negozi super chic, ma i prezzi mi spaventano talmente tanto che finisco per tornare a precipizio in un grande magazzino, rallegrandomi di quella miriade di abitini a 34 sterline e 99, me ne incastro qualcuno sotto le ascelle, poi compro qualcosa da Marks and Spencer perché lì non devo provare niente, e almeno non torno a casa a mani vuote.

Sono rientrata alla base con quattro cose, tutte non adatte a me e che non mi stanno bene. Una rimarrà per due anni dietro la poltrona della camera da letto in un sacchetto di M&S, le altre tre verranno scambiate con note di accredito che perderò immediatamente.

Ho buttato così 119 sterline, che sarebbero state più che sufficienti a comprare qualcosa di veramente carino da Laura Ashley, per esempio una minuscola T-shirt.

Tutto questo è la mia punizione, me ne rendo conto, per avere la mania di fare shopping in maniera superficiale e materialista invece di portare per tutta l'estate lo stesso abitino di rayon e di dipingermi una riga nera dietro le gambe. E anche per non essermi unita ai festeggiamenti per il Giorno della Vittoria. Forse dovrei telefonare a Tom e organizzare una bella festicciola. E' possibile organizzare una festa kitsch-ironica per il Giorno della Vittoria - un po' come per le Nozze Reali? No, perché non si può fare ironia su della gente morta. Senza contare il problema delle bandiere.

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Metà degli amici di Tom erano nella lega antinazismo e troverebbero che la presenza della nostra bandiera nazionale significa che aspettiamo degli skinhead. Che cosa ne sarebbe della nostra generazione se avessimo avuto una guerra? Be', insomma, è arrivato il momento di bersi un goccetto. Tra poco Daniel sarà qui. Meglio dare inizio ai preparativi.

Ore 23,59. Accidenti. Mi sono nascosta in cucina a fumare una sigaretta. Daniel dorme. A dire il vero, credo che stia fingendo. E' stata una serata "stranissima". Mi sono resa conto che finora il nostro rapporto si è basato sull'idea che uno di noi debba per forza opporsi a fare del sesso. Passare una serata insieme con l'idea che alla fine "si dovesse" fare del sesso era qualcosa di strano. Ci siamo seduti a guardare i festeggiamenti per il Giorno della Vittoria in T.V., con Daniel che mi cingeva goffamente le spalle con un braccio come se fossimo due quattordicenni al cinema. A dire il vero il suo braccio mi stava conficcato nella nuca, ma non mi pareva il caso di chiedergli di toglierlo. Poi, quando è diventato impossibile evitare più a lungo l'argomento letto, siamo diventati formali come solo noi inglesi sappiamo essere. Invece di strapparci di dosso in vestiti come bestie, ci siamo alzati dicendo: «Vai pure tu in bagno per primo».

«No. Dopo di te.»

«No, no. Dopo di "te!.»

«Davvero. Insisto.»

«No, no, non voglio neppure sentirne parlare. Ti vado a prendere un asciugamano per gli ospiti e dei saponcini a forma di conchiglia.»

Poi ci siamo sdraiati uno vicino all'altra senza toccarci, come mummie. Se Dio esiste, vorrei chiedergli umilmente - dopo aver chiarito che gli sono profondamente grata per aver improvvisamente e inspiegabilmente trasformato Daniel in una persona normale dopo tutte quelle cialtronerie sentimentali - di smettere di venire a letto la sera con il pigiama e gli occhiali da presbite, fissare un libro per 25 minuti e poi spegnere la luce e girarsi dall'altra parte - e di tornare quella bestia lussuriosa assetata di sesso che conoscevo un tempo, e di cui mi ero innamorata.

Ti ringrazio Signore per il Tuo interessamento al riguardo.

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Sabato 13 maggio.

"Chilogrammi 57,8, sigarette 7, calorie 1145, lotteria istantanea 5 b. (ho vinto 2 sterline, quindi in tutto ne ho spese solo 3, m.b.), sterline giocate alla lotteria 2, numeri azzeccati 1 (miglioramento)".

Com'è possibile che dopo l'orgia ipercalorica di ieri sera abbia messo su solo tre etti?

Forse cibo e peso sono come l'aglio e l'alito puzzolente: se mangi diverse teste d'aglio intere l'alito non ti puzza per niente. Nello stesso modo, se mangi fino a scoppiare non aumenti di peso: è una teoria stranamente consolante, ma crea una pessima situazione in testa. Ci starebbe bene un trasloco, così sarei costretta a rivedere tutto il mio guardaroba. Tuttavia ne è valsa la pena, perché mi ha fruttato una deliziosa serata di chiacchiere femministe da ubriache con Sharon e Jude.

Abbiamo consumato una quantità incredibile di cibo e bevande in quanto le due generose fanciulle, oltre a portare ciascuna una bottiglia di vino, avevano tutt'e due comprato qualcosina in più da M&S. Quindi, in aggiunta alle due bottiglie di vino (1 frizzantino e 1 bianco) e al pranzo di tre portate che avevo già comprato da M&S (cioè preparato in un'intera giornata di duro lavoro sui fornelli), abbiamo mangiato anche:

1 vaschetta di salsa verde e un pacchetto di crostini

12 girelle di salmone affumicato e formaggio bianco

12 pizzette

1 spumone al lampone

1 tiramisù (da 6)

2 tavolette di cioccolato svizzero.

Sharon era in formissima. Alle 20,35 stava già gridando «Bastardi!» e intanto si versava direttamente in gola tre quarti di bicchiere di spumantino con succo di

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mirtillo. «Stupidi, presuntuosi, arroganti, manipolatori, autoindulgenti brutti bastardi! Vivono immersi nella Cultura del Diritto. Ti dispiace passarmi una di quelle pizzette?»

Jude era depressa perché il Perfido Richard, con il quale per il momento ha rotto, continua a telefonarle, e lascia cadere piccole esche verbali dando a intendere di volersi rimettere con lei solo per assicurarsi che Jude non perda interesse per lui, ma nello stesso tempo si protegge dicendo di volerle restare solo «amico» (un concetto fraudolento e avvelenato). Poi, ieri sera, le ha fatto una telefonata incredibilmente arrogante e condiscendente, chiedendole se sarebbe andata a una festa organizzata da comuni amici.

«Ah, be', in questo caso io non vengo», ha detto lui. «No, non sarebbe giusto nei tuoi riguardi. Vedi, pensavo di portare con me una con cui, se così si può dire, esco in questo periodo. Sai, non è niente per me, solo una ragazza abbastanza stupida da lasciarsi scopare per un paio di settimane.»

«Cosa?» è esplosa Sharon, diventando rosa scuro. «E' la cosa più disgustosa che abbia mai sentito dire di una donna. Piccolo cialtrone! Come osa prendersi la libertà di trattarti come più gli piace in nome dell'amicizia, e poi darsi arie da furbo cercando di farti infuriare con la sua nuova stupida ragazza? Se ci tenesse davvero a non ferire i tuoi sentimenti, terrebbe il becco chiuso e verrebbe alla festa da solo, invece di sventolarti quella cretina sotto il naso.»

«Gli amici?» ho gridato allegramente io. «Puah! I peggiori nemici!» E mi sono tuffata in un'altra sigaretta e in un paio di girelle al salmone. «Bastardi!»

Alle 23,30 Sharon ormai sproloquiava alla grande.

«Dieci anni fa la gente che si curava dell'ambiente si vedeva ridere in faccia e si sentiva dare dello strampalato barbuto con i sandali, e guardate che potere ha adesso il consumatore ambientalista», stava sbraitando, infilando le dita nel tiramisù e trasferendolo direttamente in bocca. «Tra qualche hanno sarà lo stesso con il femminismo. Non ci saranno più uomini che lasciano le famiglie e le mogli in menopausa inoltrata per amanti in verde età, e neppure uomini che cercano d'incantare le donne vantandosi con condiscendenza di come tutte le altre si gettino ai loro piedi, o che tentano di fare del sesso con loro senza il minimo riguardo e senza volersi impegnare, perché le amanti in verde età e le donne in genere gli diranno chiaro e tondo in faccia di andare a quel paese e, a meno che non imparino a comportarsi come si deve invece di inzaccherare il sottobosco femminile con il loro comportamento di merda, di compiacersi e di concedersi tutto, gli uomini non riusciranno né a beccarsi una donna né a fare del sesso.»

«Bastardi!» ha ululato Jude, lappando il suo Pinot grigio.

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«Bastardi», le ho fatto eco io tra un boccone e l'altro di spumone al lampone misto a tiramisù.

«Maledetti bastardi!» ha gridato Jude, accendendosi una sigaretta con il mozzicone di un'altra.

In quel momento hanno suonato alla porta.

«Scommetto che è Daniel, quel maledetto bastardo», ho detto. «Chi è?» ho tuonato nel citofono.

«Ciao, tesoro», ha detto Daniel nel suo tono più educato e gentile. «Sono davvero spiacente di disturbarti. Ti ho telefonato prima, e ho lasciato un messaggio sulla segreteria. E' solo che sono rimasto incastrato per tutta la sera da una barbosissima riunione del consiglio d'amministrazione e avevo tanta voglia di vederti. Ti do solo un bacetto e me ne vado, se vuoi. Posso salire?»

«Mpf.. E va bene», ho borbottato con una certa irritazione, quindi ho schiacciato il pulsante che apre la porta di sotto e sono tornata barcollando a tavola. «Maledetto bastardo.»

«La Cultura del Diritto», ha grugnito Sharon. «Pranzetti succulenti, aiuto incondizionato e, quando diventano vecchi e grassi, i corpi freschi delle ventenni. Credono che le donne esistano per dare loro quello a cui pensano di avere diritto... Ehi, siamo rimaste senza vino?»

In quell'istante in cima alle scale è comparso Daniel, sorridendo amorevolmente. Sembrava stanco eppure riverniciato di fresco, appena rasato e con un vestito in perfetto ordine. Aveva in mano tre scatole di cioccolatini al latte.

«Ve ne ho comprata una ciascuna», ha esordito, inarcando sensualmente un sopracciglio, «da mangiare con il caffè. Non vi voglio interrompere. Ho già fatto la spesa per il weekend.»

Ha portato in cucina otto borse di carta stracolme e ha cominciato a mettere via le cose.

In quel momento è squillato il telefono. Era il radiotaxi che le ragazze avevano chiamato un'ora prima: l'operatrice ha spiegato che c'era stato un terribile tamponamento a catena in Ladbroke Grove, e in più tutte le loro auto erano inaspettatamente esplose, e per altre tre ore non sarebbero potuti passarle a prendere.

«Dove dovete andare?» ha chiesto Daniel. Vi accompagno io a casa. Non potete andare a cercarvi un taxi per strada a quest'ora di notte.»

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Mentre le ragazze svolazzavano per la stanza cercando le loro borsette e sorridendo come delle stupide, io ho aperto la mia scatola di cioccolatini e ho cominciato a mangiare tutti quelli alla nocciola, i pralinati, i ripieni di cioccolato fondente e quelli alla caramella mou, provando uno sconcertante misto di orgoglio e compiacimento per questo mio nuovo fidanzato perfetto, con il quale le ragazze avrebbero visibilmente fatto volentieri una sgroppatina, e furiosa con lui, solitamente un disgustoso assetato di sesso, per aver rovinato le nostre chiacchiere da femministe fingendosi l'uomo ideale, solo perché gli faceva comodo. Be'. Stiamo a vedere quanto dura, giusto? Ecco cosa mi sono detta mentre aspettavo che tornasse.

Quando è tornato ha fatto le scale di corsa, mi ha sollevata tra le braccia e mi ha portata di peso in camera da letto.

«Siccome sei carina anche quando sei brilla, allora ti meriti un cioccolatino extra», mi ha detto, prendendo dalla tasca un cuore di cioccolato avvolto nella stagnola. E poi... Mmm.

Domenica 14 maggio.

Ore 19. Odio la domenica sera. Ho l'impressione che dovrò anche lavorare. Entro domani devo aver buttato giù un catalogo per Perpetua. Penso proprio che prima telefonerò a Jude.

Ore 19,05. Non risponde. Uffa. Mi metterò al lavoro.

Ore 19,10. Credo proprio che telefonerò a Sharon.

Ore 19,45. Shazzer si è seccata con me perché le ho telefonato: era appena entrata e stava per chiamare il 1471 per sapere se quel tale con cui esce l'aveva cercata mentre era fuori, e adesso invece troverà solo il mio numero.

Trovo che il 1471 sia un'invenzione geniale: ti dice istantaneamente qual è il numero

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dell'ultima persona che ha chiamato. Davvero ironico, perché quando ne abbiamo sentito parlare per la prima volta Sharon si è dichiarata totalmente contraria, e lo considerava uno sfruttamento, da parte della società dei telefoni, delle personalità dipendenti e della crisi dei rapporti diffusissima tra la popolazione inglese. Pare che certe persone ricorrano a questo servizio più di venti volte al giorno. Jude, al contrario, è fortemente a favore del 1471, ma ammette che, se ti sei lasciata da poco e hai appena cominciato ad andare a letto con qualcuno, raddoppia il potenziale d'infelicità ogni volta che rimetti piede in casa: l'infelicità del nessun-numero-registrato-dal-1471 va ad aggiungersi a quella del nessun-messaggio-sulla-segreteria e a quella del numero-registrato-che-risulta-essere-della-mamma.

Pare che l'equivalente americano del 1471 ti dica "tutti" i numeri che ti hanno chiamato dall'ultima volta che hai usufruito del servizio e "quante volte". Rabbrividisco di orrore al pensiero che le mie chiamate ossessive a casa di Daniel nei primi tempi del nostro rapporto possano essere tradite da una simile diavoleria. La cosa buona, da noi, è che se prima di telefonare fai il 141, il tuo numero non è registrato dall'apparecchio del ricevente. Jude sostiene che bisogna stare attenti, però, perché se ti sei presa una cotta da star sveglia di notte e telefoni casualmente quando sono tutti in casa, ma poi riattacchi e non c'è nessun numero registrato, potrebbero capire che eri tu. Devo assicurarmi che Daniel non venga a saperne niente.

Ore 21,30. Ho deciso di fare un salto dietro l'angolo per prendere le sigarette. Mentre salivo le scale ho sentito squillare il telefono. A un tratto mi sono resa conto di aver scordato di rimettere la segreteria dopo la chiamata di Tom. Sono schizzata su per le scale, ho svuotato la borsetta sul pianerottolo per trovare la chiave e mi sono lanciata sul telefono, che ha subito smesso di squillare. Ero appena entrata in bagno quando ha ripreso a suonare. Ha smesso appena mi ha visto tornare in salotto, ma ha ricominciato quando mi sono allontanata. Finalmente ho avuto ragione di lui.

«Oh, ciao, tesoro. Indovina», ha detto la mamma.

«Cosa?» ho fatto io, depressissima.

«Voglio portarti a ridipingere! E, per favore, cara, non continuare a dire 'cosa'. Si chiama Fammi Bella. Non ne posso più di vederti andare in giro in quelle squallide tinte fango e nebbia. Sembri un prodotto del presidente Mao.»

«Mamma! Adesso non posso parlare. Sto aspettando...»

«Su da brava, Bridget. Non voglio sentire sciocchezze», ha continuato lei, con il suo tono da Gengis-Khan-al-culmine-dell'ira. «Mavis Enderby era sempre triste nelle sue sfumature cuoio e muschio, e adesso che si è fatta ridipingere esce con dei

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meravigliosi rosa shocking e verde bottiglia che la fanno sembrare vent'anni più giovane.»

«Io non voglio uscire in rosa shocking e verde bottiglia», ho sibilato a denti stretti.

«Vedrai che bellezza, tesoro. Mavis è invernale, e anch'io sono invernale, ma tu potresti essere estiva come Una e allora avresti le tinte pastello. Non si può sapere fino a quando non ti mettono in testa l'asciugamano.»

«Mamma. Non ho nessuna intenzione di andare da Fammi Bella», ho sibilato disperatamente.

«Non voglio sentire una sola parola di più, Bridget. Proprio l'altro giorno zia Una diceva: se al buffet freddo a base di tacchino al curry tu ti fossi mostrata un po' più luminosa e allegra, forse Mark Darcy avrebbe mostrato un tantino d'interesse in più. Chi può aver voglia di fidanzarsi con una che pare appena uscita da Auschwitz?» Per un attimo ho pensato di gloriarmi con lei del fatto di essere riuscita a trovare un uomo pur andando in giro vestita di fango dalla testa ai piedi, ma l'idea che Daniel e io potessimo diventare un argomento bollente di discussione e scatenare per reazione un flusso inarrestabile di saggezza popolare da parte della mamma mi ha dissuasa. Alla fine le ho chiuso la bocca su Fammi Bella dicendole che non avevo intenzione di pensarci nemmeno per un attimo.

Martedì 16 maggio.

"Chilogrammi 58,1 (urrà!), sigarette 7 (m.b.), alcolici 6 (davvero m.b. - non diluiti!)".

Daniel continua a essere favoloso. Com'è possibile che tutti quanti si siano sbagliati fino a questo punto su di lui? Ho la testa piena di folli fantasie in cui vivo con lui in case meravigliose e corro su spiagge esotiche in compagnia di pargoletti come nella pubblicità di Calvin Nein, da vera Felicemente Sposata alla moda invece che da goffa single. Sto per uscire con Magda.

Ore 23,00. Mmm. Cena stimolante con Magda, che è molto depressa per via di

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Jeremy. La sera della sirena antifurto e della lite furibonda sotto casa mia erano il risultato di una frase di Sloaney Woney, che aveva dichiarato di aver visto Jeremy all'Harbour Club in compagnia di una ragazza sospettosamente simile alla strega con cui l'ho visto io qualche settimana fa. Dopodiché Magda mi ha chiesto di punto in bianco se avevo visto o sentito qualcosa, così le ho raccontato della strega con il tailleur rosso.

E' saltato fuori che Jeremy aveva ammesso di avere un flirt e di essere molto attratto da questa ragazza. Secondo lui non hanno mai dormito insieme, ma Magda ha veramente fatto il pieno.

«Bridge», mi ha detto, «ti conviene goderti la tua condizione di single, finché dura. Una volta che hai messo al mondo dei figli e hai lasciato il lavoro, la tua posizione diventa incredibilmente vulnerabile. Lo so che secondo Jeremy la mia vita è solo una lunga vacanza, ma badare tutto il giorno a un neonato e a un bambino piccolo è un lavoraccio infame, che non ti dà mai tregua. Quando torna a casa alla fine della giornata, Jeremy vuole mettere i piedi al caldo e farsi coccolare e, come penso ormai ogni minuto della giornata, sogna ragazze vestite di pelle di leopardo all'Harbour Club.

«Avevo un bel lavoro, prima. Adesso so per certo che andare al lavoro, mettersi elegante, fare la scema in ufficio e uscire a pranzo in posticini chic è molto più divertente che non andare al maledetto supermercato e passare a ritirare Harry dalla baby-sitter. Ma c'è sempre quest'idea triste che io sono una signora raggelante ossessionata dai vestiti che se ne esce a pranzo mentre lui porta a casa i soldi.»

E' così bella, Magda. L'ho guardata mentre giocherellava scoraggiata con il suo bicchiere di champagne, e mi sono chiesta quale sia la soluzione per noi ragazze. L'erba del vicino sembra sempre più verde. Quante volte sono andata in crisi e mi sono sentita depressa al pensiero della mia inutilità e dei sabati sera passati a ubriacarmi fino allo stordimento e a lagnarmi con Jude, Shazzer e Tom di non avere uno straccio di uomo? Mi faccio in quattro per far quadrare i conti e tutti ridono di me perché sono una zitella eccentrica, mentre Magda vive in una grande casa con otto diversi tipi di pasta in altrettanti barattoli e riesce ad andare a fare acquisti ogni giorno. Eppure eccola qui a pezzi, infelice e scoraggiata, a dirmi che io sì che sono fortunata...

«Oh, a proposito di vestiti», ha esclamato, illuminandosi, «oggi mi sono comprata il tubino più bello del mondo, rosso, con due bottoncini sulla spalla e tagliato d'incanto, per sole duecentottanta sterline. Quanto vorrei essere come te, Bridge, che puoi avere una relazione! E la domenica mattina puoi stare due ore a mollo nella vasca da bagno piena di schiuma. E puoi passare la notte fuori senza che nessuno ti faccia domande. Immagino che non t'interessi venire a fare spese domattina, o sì?»

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«Ehm... Be', devo andare al lavoro.»

«Oh!» ha detto Magda, con aria meravigliata. «Sai», ha proseguito, giocherellando con il suo champagne, «quando sai che tuo marito preferisce un'altra, diventa piuttosto pesante restare chiusa in casa a immaginare tutte le versioni di quel tipo di donna in cui potrebbe imbattersi ogni giorno nel grande mondo. Ci si sente impotenti.»

Ho pensato alla mia mamma. «Puoi riprenderti il potere», le ho suggerito, «senza spargimento di sangue. Torna a lavorare. Trovati un amante. Vedrai che Jeremy la smette subito.»

«Non con due figli sotto i tre anni,» ha risposto rassegnata lei. «Credo di essermi scavata la fossa. Adesso non posso fare altro che restarci dentro.»

Oh, Dio mio. Come Tom non si stanca mai di ripetermi con voce sepolcrale, posandomi una mano sul braccio e guardandomi negli occhi con uno sguardo da far paura: «Solo le donne hanno le mestruazioni».

Venerdì 19 maggio.

"Chilogrammi 57 (da ieri sera a stamattina ho perso un chilo e mezzo abbondante - devo aver mangiato cibi che per essere mangiati consumano più calorie di quante non ne forniscano, per esempio la lattuga dura), alcolici 4 (pochi), sigarette 21 (male), lotteria istantanea 4 b. (non m.b.)".

Ore 16,30. Perpetua mi stava soffiando sul collo per non finire tardi in vista del suo fine settimana nel Gloucestershire a casa Treheames, quando è squillato il telefono.

«Ciao, tesoro!» Mia madre. «Indovina? Ti offro la migliore occasione della tua vita.»

«Quale?» ho borbottato con aria cupa.

«Apparire in T.V.!» ha cinguettato, mentre io mi abbattevo con la testa sulla scrivania.

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«Verrò domani alle dieci con la troupe. Oh, tesoro, non sei "eccitata"?»

«Mamma! Se intendi venire a casa mia con una troupe televisiva, io esco.»

«Oh, devi esserci, invece», ha replicato gelida lei.

«Niente affatto.» Ma subito dopo la vanità ha cominciato ad avere la meglio su di me. «E perché, poi? Cosa vieni a fare?»

«Oh, tesoro», ha chiocciato. «Vogliono una persona più "giovane" da farmi intervistare per "Improvvisamente single". Qualcuno che non sia ancora in menopausa che possa parlare di... be', lo sai, tesoro, l'ansia di poter restare senza figli per colpa dell'incalzare del tempo, e così via.»

«Io non sono 'non ancora in menopausa', mamma!» sono esplosa. «E neppure improvvisamente single. Sono improvvisamente la metà di una coppia.»

«Oh, non essere sciocca, tesoro», ha sibilato lei. Ho sentito dei rumori tipici da ufficio in sottofondo.

«Ho un fidanzato.»

«Chi sarebbe?»

«Non ha importanza», ho detto io, guardandomi improvvisamente dietro le spalle, dove Perpetua stava sorridendo furbescamente.

«Oh, ti prego, tesoro. Gli ho detto che avevo trovato qualcuno.»

«No.»

«Ti prrrego! Non ho mai avuto una carriera, e adesso che sono nell'autunno della mia vita ho bisogno di qualcosa di mio», ha detto precipitosamente, come se leggesse da un copione.

«Qualcuno che conosco potrebbe vedere il programma. E poi non si accorgerebbero che sono tua figlia?»

C'è stata una pausa. L'ho sentita parlare con qualcuno in un altro punto dell'ufficio. Poi è tornata al telefono e ha continuato: «Potremmo oscurarti la faccia».

«Cosa? Mettermi un sacchetto in testa? Grazie mille.»

«Si vedrebbe solo la tua sagoma, tesoro, solo la tua sagoma. Oh, Bridget, ti prego.

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Ricorda, ti ho dato il dono della vita. Dove saresti senza di me? Non saresti niente. Un uovo morto. Un pezzo di spazio, tesoro.»

La verità è che io ho sempre segretamente sognato di apparire in T.V.

Sabato 20 maggio.

"Chilogrammi 58,5 (perché? da dove?), alcolici 7 (sabato), sigarette 17 (tutto considerato, mi sono trattenuta egregiamente), numeri azzeccati alla lotteria 0 (ma ero molto distratta dalle riprese)".

La troupe era in casa da meno di trenta secondi e aveva già calpestato due bicchieri da vino, incorporandoli al tappeto, ma questo non mi ha messo particolarmente in agitazione. E' stato quando uno di loro è entrato gridando «Attenzione alle spalle!» e ha portato dentro un enorme riflettore circondato da un sacco di alette nere ululando «Trevor, dove lo vuoi il mostro?», poi ha perso l'equilibrio e l'ha fatto cadere proprio sulla vetrina della credenza di cucina rovesciando una bottiglia di olio extra vergine già cominciata sul mio libro di cucina preferito, che mi sono resa conto di quello che avevo combinato.

Tre ore dopo che erano arrivati, non avevano ancora cominciato a filmare e stavano ancora perdendo tempo con fesserie del tipo «Posso farti voltare un pelino da questa parte, amore?» Quando finalmente abbiamo cominciato a girare, con me e la mamma sedute l'una di fronte all'altra nella semioscurità, era quasi la una e mezzo.

«E mi dica», ha detto lei con una voce affettuosa e comprensiva che non le avevo mai sentito prima, «quando suo marito l'ha lasciata, ha avuto» - stava quasi sussurrando, ormai - «pensieri suicidi?»

L'ho guardata senza poter credere alle mie orecchie.

«So che è molto doloroso per lei. Se teme di poter crollare da un momento all'altro, possiamo fermarci per qualche minuto», ha suggerito speranzosa.

Ero troppo livida per parlare. Quale marito?

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«Voglio dire, dev'essere un brutto periodo per lei, senza nessun compagno all'orizzonte e con l'orologio biologico che non le dà tregua», ha continuato, dandomi un calcio sotto il tavolo. Gliel'ho restituito, e lei ha fatto un salto emettendo un gridolino.

«Non vorrebbe avere un figlio?» mi ha chiesto, porgendomi un fazzoletto di carta.

A questo punto da in fondo alla stanza è risuonata una risata sardonica e sonora. Pensavo che non ci sarebbero stati problemi a lasciare Daniel addormentato in camera da letto, perché di sabato si sveglia sempre dopo l'ora di pranzo e gli avevo messo le sigarette sul cuscino.

«Se Bridget avesse un figlio, lo perderebbe», ha gridato Daniel, ridendo a più non posso. «Felice di fare la sua conoscenza, signora Jones. Bridget, perché il sabato non ti metti anche tu tutta in ghingheri, come tua madre?»

Domenica 21 maggio.

La mamma non vuole più parlare né con me né con lui perché l'abbiamo umiliata davanti alla sua troupe smascherando l'inganno. Perlomeno, adesso ci lascerà per un po' in pace. Non vedo l'ora che arrivi l'estate. Sarà bello avere un fidanzato, quando comincerà a fare caldo. Potremo fare delle minifughe romantiche. Sono m. felice.

GIUGNO.

Fidanzato? Puah.

Sabato 3 giugno.

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"Chilogrammi 57,5, alcolici 5, sigarette 25, calorie 600, minuti passati a esaminare dépliant: grandi distanze 45, minifughe 87, chiamate al 14717 (b.)".

Trovo impossibile, con questo caldo, concentrarmi su qualunque cosa che non siano fantasie su delle minifughe con Daniel. Ho la testa piena di visioni di noi due sdraiati tra gli alberi lungo chissà quali fiumi, io con un lungo abito bianco fluttuante; oppure in Cornovaglia, seduti fuori da qualche pub con vista sul mare a bere pinte di birra con addosso due identiche magliette a righe e a guardare il tramonto; o ancora noi due che ceniamo a lume di candela nella corte di qualche storica residenza di campagna trasformata in albergo e poi ci ritiriamo nella nostra camera per passare tutta la calda notte estiva a scopare.

Comunque.

Questa sera Daniel e io andiamo a una festa a casa del suo amico Wicksy, e domani immagino che andremo al parco o in qualche grazioso pub di campagna a pranzo.

Avere un fidanzato è meraviglioso.

Domenica 4 giugno.

"Chilogrammi 57,1, alcolici 3 (b.), sigarette 13 (b.), minuti passati a esaminare dépliant: grandi distanze 30 (b.), minifughe 52, chiamate al 14713 (b.)".

Ore 19. Uffa. Daniel è appena andato a casa. Sono un po' stufa, a essere sincera. E' stata una domenica calda e davvero bella, ma lui non ha voluto né uscire né discutere qualche minifuga, e ha preteso di passare tutta la giornata con le tende tirate a guardare il cricket in T.V. Anche la festa di ieri sera non è stata male, ma a un certo punto abbiamo raggiunto Wicksy e una ragazza molto carina con cui stava parlando. Quando ci siamo avvicinati, ho notato che lei si teneva piuttosto sulla difensiva.

«Daniel», ha detto Wicksy, «conosci Vanessa?»

«No», ha risposto lui, sfoggiando il suo sorriso più civettuolo e seducente e

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tendendole la mano. «Felice di conoscerla.»

«Daniel», ha detto lei, incrociando le braccia. Sembrava davvero furiosa. «Siamo stati "a letto insieme".»

Dio, che caldo. Viene voglia di affacciarsi alla finestra. Qualcuno sta suonando il sassofono nel tentativo di farci sentire tutti quanti in un set cinematografico a New York, e sento voci da ogni parte perché le finestre sono tutte aperte. Sento anche gli odori che salgono dai ristoranti. Mmm. Mi piacerebbe trasferirmi a New York, anche se probabilmente, ora che ci penso, non è il posto migliore per le minifughe. A meno che la fuga non fosse davvero a New York, cosa del tutto inutile per chi si trovasse "già" a New York.

Darò un colpo di telefono a Tom prima di mettermi al lavoro.

Ore 20. Vado a casa di Tom per un aperitivo veloce. Non più di mezz'ora.

Martedì 6 giugno.

"Chilogrammi 58,1, alcolici 4, sigarette 3 (m.b.), calorie 1326, lotteria istantanea 0 (ottimo), chiamate al 1471 12 (pessimo), ore di sonno 15 (m., ma non è colpa mia, bensì dell'ondata di caldo)".

Sono riuscita a convincere Perpetua a lasciarmi lavorare a casa. Di sicuro ha accettato solo perché vuole abbronzarsi anche lei. Mmm. Ho qui un nuovo dépliant di minifughe molto carine: "Orgoglio della Gran Bretagna: i migliori alberghi di campagna delle isole britanniche". Meraviglioso. Ho sfogliato le pagine a una a una, immaginando Daniel e me arrapati e romantici, secondo il caso, in tutte le camere da letto e in tutte le sale da pranzo.

Ore 11. Bene. Adesso mi concentro.

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Ore 11,25. Mmm, ho un'unghia un po' scheggiata.

Ore 11,35. Oddio. Ho appena cominciato ad avere, senza alcun motivo, fantasie paranoiche su Daniel che ha una relazione con un'altra, e mi sono messa a pensare a qualche commento dignitoso ma pungente che lo faccia pentire. Perché mai dovrebbe avere una relazione con un'altra? E' il mio istinto di donna a suggerirmelo?

Il problema di cercare qualcuno con cui uscire quando diventi vecchia è che tutto si carica di significati. Quando sei una trentenne senza compagno fisso, la leggera noia di non avere un rapporto - niente sesso, nessuno con cui andare a spasso la domenica, tornare sempre a casa da sola dalle feste - s'impregna dell'idea del tutto paranoica che il motivo per cui non hai un rapporto è che sei in là con gli anni, che hai già avuto la tua ultima esperienza e la tua ultima relazione molto tempo fa, ed è solo colpa tua, che nel fiore della giovinezza sei stata troppo sfrenata o troppo ansiosa di sistemarti.

Dimentichi completamente il fatto che quando avevi ventidue anni ed eri senza ragazzo, oppure per ventitré mesi di fila non incontravi nessuno che ti piacesse nemmeno da lontano, pensavi semplicemente che era un po' una rottura di scatole. Poi l'intera faccenda assume proporzioni esagerate, fino a quando trovare qualcuno diventa un obiettivo accecante e quasi irraggiungibile, e quando cominci a uscire con un uomo le tue aspettative restano per forza di cose deluse.

E' così? Oppure c'è qualcosa di sbagliato nel fatto che io stia con Daniel? Daniel ha una relazione con un'altra?

Ore 11,50. Mmm. L'unghia è davvero scheggiata. Anzi, se non faccio subito qualcosa comincerò a morderla e finirò per ritrovarmi senza unghia. Be', mi conviene andarmi a cercare una limetta. Adesso che ci penso, questo smalto comincia ad avere un'aria un po' rovinata. Mi conviene toglierlo del tutto e rimetterlo daccapo. A pensarci bene, tanto vale che lo faccia subito.

Ore 12. E' davvero una gran noia, quando fa così caldo e il proprio "soi-disant" fidanzato si rifiuta di andare in un qualunque posto carino. Forse pensa che stia cercando di costringerlo a una minifuga. Come se una minifuga fosse un matrimonio con tre figli e dover pulire il cesso in una casa tutta di pino scortecciato a Stoke Newington. Credo che siamo sull'orlo della crisi psicologica. Chiamerò Tom (il

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lavoro del catalogo per Perpetua posso sempre farlo stasera).

Ore 12,30. Tom dice che, se fai una minifuga con qualcuno con cui hai una relazione, passi tutto il tempo a preoccuparti di come va la relazione, quindi è meglio andarci con un amico.

A parte il sesso, ho aggiunto io. A parte il sesso, ha concordato lui. Questa sera mi vedrò con Tom per pianificare minifughe di fantasia, o minifughe fantasma che dir si voglia. Oggi pomeriggio, quindi, dovrò lavorare come una matta.

Ore 12,40. Questi calzoncini e questa maglietta sono troppo scomodi, con questo caldo. Mi metterò un bel vestito ampio e comodo.

Oddio, adesso mi si vedono le mutande attraverso il vestito. Sarà meglio che ne metta un paio color carne nel caso suonino alla porta. Ho già in mente quali. Ma chissà dove sono.

Ore 12,45. Stavo pensando, se riesco a trovarlo, di mettere anche il reggiseno color carne, per fare il completo.

Ore 12,55. Così va meglio.

Ore 13. Finalmente ora di pranzo! Finalmente un momento di pausa.

Ore 14. Bene, oggi pomeriggio lavorerò alla grande e finirò tutto prima di sera, in modo da poter uscire tranquilla. Ho un gran sonno. Fa un tale caldo. Magari mi sdraio per cinque minuti. Dicono che i pisolini siano un ottimo modo per rimettersi in forze. Vi ricorrevano con risultati eccellenti anche Margaret Thatcher e Winston Churchill. Buona idea. Mi metterò sul letto.

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Ore 19,30. Maledizione!

Venerdì 9 giugno.

"Chilogrammi 58,1, alcolici 7, sigarette 22, calorie 2145, minuti passati a esaminare la faccia in cerca di rughe 230".

Ore 9. Evviva! Questa sera esco con le ragazze.

Ore 19. Oh, no. Mi dicono che viene anche Rebecca. Una serata con Rebecca è come fare un bagno in mare con le meduse: per un po' andrà tutto meravigliosamente bene, poi all'improvviso arriva la tentacolata urticante, che ti getta nel panico in un sol colpo. Il problema è che le punture di Rebecca sono così sottilmente mirate al tuo tallone d'Achille - come i missili della guerra del Golfo che sfrecciavano sibilando nei corridoi degli alberghi di Bagdad - che non li vedi mai arrivare. Sharon dice che non ho più ventiquattro anni e dovrei essere abbastanza matura da riuscire a difendermi. Ha ragione.

Mezzanotte. Una scerata terribile. Sto per svenire. A faccingiù.

Sabato 10 giugno.

Diavolo. Questa mattina mi sono svegliata tutta contenta (ancora ubriaca da ieri sera), poi all'improvviso ho ricordato in quale orrore si è trasformata la serata con le ragazze. Dopo la prima bottiglia di Chardonnay stavo per affrontare l'argomento della continua frustrazione da minifuga quando Rebecca è saltata su dicendo: «Come sta

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Magda?»

«Bene», ho risposto.

«E' davvero molto attraente, vero?»

«Già.»

«E ha un aspetto incredibilmente giovane - voglio dire, potrebbe tranquillamente passare per una ragazza di ventiquattro o venticinque anni. Eravate compagne di scuola, vero, Bridget? Era tre o quattro anni indietro rispetto a te?»

«Sei mesi avanti», ho detto io, cominciando a provare un certo spavento.

«Davvero?» si è stupita Rebecca. Dopodiché ha fatto una lunga pausa, alquanto imbarazzante. «Be', Magda è proprio fortunata. Ha una pelle meravigliosa.»

Quando ho realizzato la terribile verità di quanto Rebecca stava dicendo, ho sentito il sangue defluire dal cervello.

«Voglio dire, lei non sorride quanto te. Forse è per questo che ha molte meno rughe.»

Mi sono aggrappata al tavolo per non crollare, cercando di riprendere fiato. Sto invecchiando prematuramente, mi sono detta. Come il filmato accelerato di una susina che si trasforma in una prugna secca.

«Come va la tua dieta, Rebecca?» è intervenuta Shazzer.

Ri-diavolo. Invece di negare il mio invecchiamento precoce, Jude e Shazzer lo stavano accettando come qualcosa di innegabile, e cercavano diplomaticamente di cambiare argomento per non infierire sui miei sentimenti. Mi sono afflosciata, in una spirale di terrore, cercando di tener su con le mani la mia faccia cadente.

«Vado in bagno», ho sibilato a denti stretti come una ventriloqua, evitando di assumere qualunque espressione per ridurre l'evidenza delle rughe.

«Ti senti bene, Bridget?» mi ha chiesto Jude.

«B-n-n», ho risposto rigidamente.

Una volta davanti allo specchio, con la mia pelle cadente, spessa e indurita dall'età spietatamente illuminata dall'alto, mi sono sentita barcollare. Ho immaginato le altre, rimaste al tavolo, che rimproveravano Rebecca per avermi avvertita di quello che da tempo tutti dicevano di me, ma che non dovevo assolutamente venire a sapere.

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A un tratto sono stata sopraffatta dal desiderio di uscire e chiedere a tutti gli avventori del ristorante come mi trovavano: come una volta a scuola quando mi ero segretamente convinta di essere mentalmente sottosviluppata e sono andata a chiedere a tutti quelli che ho trovato in cortile: «Sono anormale?» e in ventuno mi hanno risposto: «Sì».

Quando cominci a pensare che stai invecchiando, non hai più via di scampo. La vita ti sembra all'improvviso come le vacanze, dove, una volta arrivata a metà, tutto quanto precipita inesorabilmente verso la fine. Sento il bisogno di fare qualcosa per bloccare il processo d'invecchiamento, ma che cosa? Non posso permettermi un lifting facciale. Mi trovo ad affrontare un antipatico dilemma, in quanto sia la grassezza sia la dieta sono di per sé fattori d'invecchiamento. Perché sembro vecchia? Perché? Osservo tutte le vecchie signore per la strada, cercando di scoprire i piccoli processi per cui le facce diventano vecchie e non giovani. Sfoglio i giornali per sapere l'età dei personaggi famosi, e tento di stabilire se dimostrano più o meno dei loro anni.

Ore 11. E' appena squillato il telefono. Era Simon, che voleva raccontarmi dell'ultima ragazza su cui ha posato gli occhi. «Quanti anni ha?» gli ho chiesto, insospettita.

«Ventiquattro.»

Ri-ri-diavolo. Ho raggiunto l'età in cui i miei coetanei non trovano più attraenti le donne della loro età.

Ore 16. Esco a prendere un tè con Tom. Ho deciso che devo dedicare più tempo al mio aspetto, come le star di Hollywood, e così ho passato mezzo pomeriggio ad applicare l'antirughe sotto gli occhi e il fard sulle guance, e a sfumare i contorni del viso.

«Perbacco!» ha detto Tom, quando mi ha vista arrivare.

«Cosa c'è?» ho domandato io. «E' successo qualcosa?»

«La tua faccia. Sembri Barbara Cartland.»

Ho cominciato a sbattere velocemente le palpebre, cercando di venire a patti con la consapevolezza che qualche incresciosa bomba a orologeria nascosta nella mia pelle l'ha irrevocabilmente e improvvisamente raggrinzita.

«Dimostro molti più anni di quelli che ho, vero?» ho domandato, tristissima.

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«No. Assomigli a una bambina di cinque anni che si è messa il trucco della mamma. Guardati.»

Mi sono guardata nel falso specchio vittoriano. Sembravo un vistoso pagliaccio con le gote rosa acceso, due corvi morti al posto degli occhi e spalmato sotto il bianco delle bianche scogliere di Dover. A un tratto mi sono resa conto di come mai le vecchie signore finiscano per andare in giro truccate esageratamente con tutti che ghignano loro dietro, e come mai decidano di non ridere mai più.

«Che cosa ti sta succedendo?» ha chiesto Tom.

«Sto invecchiando precocemente.»

«Oh, per l'amor del cielo! E' colpa di quella strega di Rebecca, vero? Shazzer mi ha raccontato la vostra conversazione su Magda. E' ridicolo. Dimostri sì e no sedici anni.»

Adoro Tom. Al momento ho avuto il sospetto che stesse mentendo, ma adesso mi sento lo stesso molto più su di morale, perché se ne dimostrassi quarantacinque Tom di certo non mi avrebbe mai detto che ne dimostro sedici.

Domenica 11 giugno.

"Chilogrammi 57,4 (m.b., fa troppo caldo per mangiare), alcolici 3, sigarette 0 (m.b., troppo caldo per fumare), calorie 759 (solo di gelato)".

Un'altra domenica sprecata. Sembra sia destinata a passare l'intera estate a guardare il cricket con le tende tirate. Provo un leggero senso di disagio nei confronti di questa estate, e non solo a causa delle tende tirate per tutta la domenica e del divieto di parlare di minifughe. Via via che le lunghe giornate di caldo si ripetono sempre testardamente uguali una dopo l'altra, mi rendo conto che, qualunque cosa faccia, dentro di me penso che dovrei fare altro. Deriva dalla stessa famiglia di sentimenti di quello che periodicamente ti fa pensare che, per il solo fatto di abitare nel centro di Londra, non dovresti andare in giro a divertirti per i locali, ma visitare piuttosto R.S.C. / Albert Hall / Torre di Londra / Royal Academy / Madame Tussauds eccetera.

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Più splende il sole, più ti appare ovvio che gli altri, ovunque siano, ne fanno un uso molto più completo e migliore: magari a qualche gigantesco torneo di pallavolo al quale sono stati invitati tutti tranne me; oppure da soli con il loro innamorato in una radura lontana dal mondo vicino a delle cascate con Bambi che pascola nei dintorni; o a qualche grande celebrazione commemorativa alla quale, probabilmente, partecipano anche la Regina Madre e uno o più tenori a forma di mongolfiera, e che contraddistinguerà la stupenda estate di cui io mi sto perdendo il meglio. Forse la colpa è del nostro passato climatico. Forse non siamo ancora pronti ad affrontare il sole e un cielo sgombro di nubi - nient'altro che uno strano incidente meteorologico. L'istinto di cadere nel panico, correre fuori dall'ufficio, togliersi di dosso buona parte dei vestiti e sdraiarsi ansanti sulla scala antincendio è ancora troppo forte.

Ma regna anche la confusione. Andare a strappare le erbacce non è più di moda, ma allora che cosa fare? Un barbecue all'ombra degli alberi, forse? Far morire di fame gli amici mentre tu armeggi per ore con il fuoco e poi avvelenarli con fette semicrude di maialino da latte, bruciacchiate e sanguinolente? Oppure organizzare picnic al parco e ritrovarsi con tutte le donne che grattano globi squagliati di mozzarella dalla carta d'argento e gridano con i figli colpiti da attacchi d'asma da ozono, mentre gli uomini sorseggiano vino bianco tiepido sotto il sole bollente di mezzogiorno e guardano spudoratamente le partite di pallavolo tutt'intorno?

Invidio la vita estiva sul continente, dove gli uomini, con eleganti abiti leggeri e occhiali da sole firmati, gironzolano senza fretta nelle loro eleganti auto con aria condizionata, magari fermandosi in qualche piazza antica per bere un "citron pressé" ai tavolini ombreggiati di un caffè, del tutto indifferenti al sole perché sanno per certo che continuerà a brillare per tutto il fine settimana, quando potranno andare a sdraiarsi tranquillamente sui loro yacht.

E' sicuramente per questo che, da quando abbiamo cominciato a viaggiare e a rendercene conto, la nostra sicurezza nazionale ha cominciato a sbiadire. Immagino che le cose potrebbero cambiare. Si vedono sempre più tavolini sui marciapiedi. Gli avventori riescono a starvi seduti in tutta tranquillità, ricordando solo ogni tanto il sole e orientandovi la faccia con gli occhi chiusi, lasciandosi andare a larghi sorrisi ai passanti - «Guardate, ci stiamo godendo una bevanda rinfrescante in un caffè all'aperto. Possiamo farlo anche noi!» - e indugiando solo brevemente a espressioni d'angoscia che sembrano voler dire: «Non dovremmo essere a una rappresentazione all'aperto di "Sogno di una notte di mezza estate"?»

Da qualche parte in fondo ai miei pensieri c'è l'idea tremebonda e appena nata che forse Daniel ha ragione: con questo caldo, puoi solo metterti a dormire sotto un albero oppure guardare il cricket con le tende tirate. Ma, a mio vedere, per riuscire davvero ad addormentarti dovresti avere la certezza che domani farà altrettanto caldo, e anche dopodomani, e dopo-dopodomani, e che nella tua vita ti aspettano abbastanza giorni caldi per praticare tutte le attività da canicola concepibili, in modo tranquillo e misurato e senza nessun senso di urgenza. Sai quante possibilità.

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Lunedì 12 giugno.

"Chilogrammi 57,5, alcolici 3 (m.b.), sigarette 13 (b.), minuti passati a cercare di programmare il videoregistratore 210 (pessimo)".

Ore 19. Ha appena telefonato la mamma. «Oh, ciao, tesoro. Indovina? Stasera a "Newsnight" c'è Penny Husbands-Bosworth!!!»

«Chi?»

«Conosci gli Husbands-Bosworth, tesoro. Ursula era un anno avanti a te al liceo. Herbert è morto di leucemia...»

«Cosa?»

«Non dire 'cosa', Bridget. Di' 'scusa'. Il problema è che sarò fuori, perché Una vuole vedere uno spettacolo di diapositive sul Nilo, così Penny e io ci chiedevamo se non ci registreresti la puntata... Oh, devo scappare. C'è il macellaio! »

Ore 20. D'accordo. E' ridicolo essere proprietaria di un videoregistratore da due anni e non essere mai riuscita a registrarci niente. Oltre a tutto è un meraviglioso F.V. 67 H.V. VideoPlus. Si tratta semplicemente di seguire le istruzioni, di trovare i pulsanti eccetera. Nient'altro.

Ore 20,15. Uffa. Non riesco a trovare le istruzioni.

Ore 20,35. Le ho trovate! Erano sotto "Hello!" Bene. «Programmare il vostro videoregistratore è facile come fare una telefonata.» Fantastico.

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Ore 20,40. «Puntate il telecomando verso il videoregistratore.» M. facile. «Andate a Indice.» Aiuto! Lista orrida piena di «Registrazioni sonore HiFi simultanee controllate dal Timer» e «Il decodificatore necessario per i programmi in codice» eccetera. Voglio solo registrare le chiacchiere di Penny Husbands-Bosworth, non passare tutta la sera a leggere un trattato sulle tecniche di spionaggio.

Ore 20,50. Ecco. Un disegno. «Pulsanti per funzioni I.M.C.» Ma che cosa sono le funzioni I.M.C.?

Ore 20,55. Ho deciso di saltare questa pagina. Vado a «Registrazioni controllate dal Timer con VideoPlus». «1. Rispondere ai requisiti di VideoPlus.» Quali requisiti? Odio questo stupido videoregistratore. Mi sento esattamente come quando cerco di seguire i cartelli per strada. In cuor mio so che i cartelli e il manuale del videoregistratore non hanno senso, ma non riesco lo stesso a credere che le autorità siano tanto crudeli da ingannarci deliberatamente tutti quanti. Mi sento stupida e incompetente, e come se tutti gli altri al mondo fossero in grado di capire qualcosa che a me è precluso.

Ore 21,10. «Quando accendete il videoregistratore, per registrare con precisione affidandovi al timer dovete regolare l'orologio e il calendario (non dimenticate di usare le opzioni di regolazione rapida per l'ora legale). I menù relativi all'orologio si chiamano con il tasto rosso e digitando il numero 6.»

Premo il tasto rosso, ma non succede niente. Premo i numeri e non succede niente. Vorrei che questo stupido apparecchio non fosse mai stato inventato.

Ore 21,25. Argh. All'improvviso sullo schermo del televisore è apparso il menù principale con la scritta «Premere 6». Oddio. Mi sono accorta di aver usato per errore il telecomando della T.V. Adesso ci sono le notizie.

Ho appena telefonato a Tom e gli ho chiesto se poteva registrarmi lui la puntata, ma ha detto che neppure lui sa far funzionare il videoregistratore.

Di colpo sento un ticchettio nel video e alle notizie si sostituisce, inspiegabilmente, "Appuntamento al buio".

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Ho appena chiamato Jude e neppure lei sa usare il suo. Aiuto. Sono le 22,10. "Newsnight" comincia tra un quarto d'ora.

Ore 22,17. La cassetta non vuole saperne di entrare.

Ore 22,18. Guarda guarda. Era la cassetta di "Thelma e Louise".

Ore 22,19. "Thelma e Louise" non vuole più saperne di uscire.

Ore 22,21. Schiaccio disperatamente tutti i pulsanti. La cassetta esce e rientra in men che non si dica.

Ore 22,25. Adesso ho inserito una cassetta nuova. Bene. Giro su «Come registrare un programma».

«Per dare inizio alla registrazione nel modo Tuner, premere qualunque pulsante (tranne Mem).» Che cos'è, però, il modo Tuner?

«Quando registrate da un camcorder o simili, schiacciate Av prog Source 3X. Durante una trasmissione bilingue, premere 1/2 e tenere schiacciato per 3 secondi per selezionare la lingua desiderata.»

Mio Dio. Questo stupido manuale mi ricorda il professore di linguistica di Bangor, così immerso nelle sottigliezze della lingua che non riusciva a parlare senza perdersi nell'analisi di ogni singola parola. «Stamattina vorrei... nel 1570, è vero, 'vorrei'...»

Argh e ri-argh.

"Newsnight" sta per cominciare.

Ore 22,31. Okay, okay. Devo stare calma. La leucemia da amianto di Penny Husbands-Bosworth non è ancora in onda.

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Ore 22,33. Sì! Vai così! REGISTRA IL PROGRAMMA IN ONDA. Ce l'ho fatta!

Aiuto. Sta andando tutto in malora. La cassetta si è riavvolta e adesso si è fermata ed è uscita. Perché? Merda. Merda. Nell'agitazione mi accorgo di essermi seduta sul telecomando.

Ore 22,35. Sono in preda al panico. Ho telefonato a Shazzer, Rebecca, Simon e Magda, ma nessuno di loro sa come programmare il proprio videoregistratore. L'unica persona che conosco in grado di farlo è Daniel.

Ore 22,45. Disastro. Quando gli ho detto che non ero capace di programmare il videoregistratore, è morto dal ridere e mi ha risposto che ci avrebbe pensato lui. Perlomeno sono riuscita a fare del mio meglio per la mamma. Quando una tua amica compare in T.V., è molto eccitante e un avvenimento praticamente storico.

Ore 23,15. Uffa. Ha appena telefonato la mamma. «Scusa, tesoro, non è "Newsnight", è "Breakfast News" domattina. Potresti sintonizzarti sulla B.B.C.-1 alle sette in punto?»

Ore 23,30. Ha appena chiamato Daniel. «Ehm, scusami, Bridge. E' andato storto qualcosa, non so che cosa. Ha registrato Barry Norman.»

Domenica 18 giugno.

"Chilogrammi 56, alcolici 3, sigarette 17".

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Dopo essere rimasta seduta nella semioscurità per il terzo weekend di fila con nel reggiseno la mano di Daniel, che giocherellava con il mio capezzolo come se fosse una specie di talismano dicendo di tanto in tanto «Era punto?», improvvisamente ho gridato: «"Perché" non possiamo andare a fare una minifuga romantica? Perché? "Perché? Perché?"»

«Mi sembra una buona idea», ha risposto docilmente lui, togliendomi la mano dal vestito. «Perché non prenoti qualcosa per il prossimo fine settimana? In un bell'alberghetto di campagna. Offro io.»

Mercoledì 21 giugno.

"Chilogrammi 55,5 (m.m.b.), alcolici 1, sigarette 2, lotteria istantanea 2 b. (m.b.), minuti passati a consultare dépliant di minifughe 237 (male)".

Daniel si è rifiutato di parlare ancora della nostra minifuga, nonché di guardare il dépliant, e mi ha proibito di menzionarlo fino a quando non saremo realmente partiti sabato mattina. Come può aspettarsi che non sia eccitata, dopo tutto il tempo che ho passato ad aspettare questo momento? Come mai gli uomini non hanno ancora imparato a fantasticare sulle vacanze, a sceglierle sui dépliant e a progettarle e sognarle nello stesso modo in cui hanno imparato a cucinare e a cucire (non tutti, ma almeno alcuni)? Assumermi da sola la responsabilità di questa minifuga non mi piace affatto. Wovingham Hall mi sembra ideale - un posto curato senza essere troppo formale, con letti a baldacchino, un laghetto e persino un centro di fitness (dove non mettere piede), ma cosa succederà se a Daniel non piace?

Domenica 25 giugno.

"Chilogrammi 55,5, alcolici 7, sigarette 2, calorie 4587 (ops)".

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Oddio. Appena arrivato Daniel ha stabilito che il posto doveva essere per nuovi ricchi, perché fuori c'erano tre Rolls-Royce, una delle quali gialla. Io stavo lottando contro l'opprimente dato di fatto che stavo congelando e avevo messo in valigia cose adatte ai 36 gradi. Ecco il mio bagaglio:

Costumi da bagno: 2

Due pezzi: 1

Vestito bianco lungo e fluttuante: 1

Prendisole: 1

Ciabattine di gomma rosa da campeggio: 1 paio

Miniabito di pelle scamosciata rosa chiaro: 1

Sottoveste nera di seta

Reggiseno, mutandine, calze di nylon, reggicalze (diversi).

C'è stato un tuono assordante mentre io, percorsa da brividi di freddo, arrancavo dietro a Daniel alla ricerca della reception, gremita di damigelle e uomini in completi color crema, dove abbiamo scoperto di essere gli unici ospiti dell'albergo che non partecipavano al ricevimento di nozze.

«Diavolo! Non è terribile quello che sta succedendo a Srebrenica?» ho blaterato come una pazza cercando di ridimensionare il problema. «A essere sincera, non mi sembra di aver afferrato perfettamente quello che sta succedendo in Bosnia. Pensavo che i bosniaci fossero quelli di Sarajevo e che i serbi li stessero attaccando, ma allora chi sono i serbi bosniaci?»

«Be', se passassi un po' meno tempo a leggere dépliant e un po' di più a leggere i giornali, forse lo sapresti», mi ha risposto Daniel con un risolino.

«Ma che cosa sta succedendo in verità?»

«Guarda che tette quella damigella!»

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«E chi sono i musulmani di Bosnia?»

«Ma guarda che razza di risvolti ha la giacca di quel tipo!»

A un tratto ho avuto l'inconfondibile sensazione che Daniel stesse cercando di cambiare argomento.

«I serbi bosniaci sono gli stessi che hanno attaccato Sarajevo?» ho insistito.

Silenzio.

«A chi appartiene il territorio in cui si trova Srebrenica?»

«Srebrenica è una "zona sicura"», ha replicato Daniel in tono condiscendente.

«Allora perché le popolazioni della zona sicura attaccavano fino a poco tempo fa?»

«Zitta.»

«Spiegami solo se i bosniaci di Srebrenica appartengono allo stesso ceppo di quelli di Sarajevo.»

«Sono musulmani», ha detto trionfante Daniel.

«Chi, i serbi o i bosniaci?»

«Senti, vuoi stare zitta?»

«Non lo sai nemmeno tu, quello che sta succedendo in Bosnia.»

«Sì che lo so.»

«E invece no.»

«Sì.»

«No.»

A questo punto il portiere, che indossava pantaloni alla zuava, calzettoni bianchi, scarpe di pelle nera con la fibbia, una finanziera e una parrucca infarinata, si è sporto verso di noi e ha detto: «Presto scoprirà che gli ex abitanti di Srebrenica e Sarajevo erano bosniaci musulmani, signore». E poi ha aggiunto, di proposito: «Volete che vi tenga da parte un giornale domattina?»

Page 126: Fielding Helen - Il Diario Di Bridget Jones

Ho avuto paura che Daniel gli mettesse le mani addosso. Mi sono ritrovata ad accarezzargli il braccio, mormorando: «Va tutto bene, caro. Tranquillo, tranquillo», nemmeno fosse un cavallo da corsa spaventato da un camion.

Ore 17,30. Brr. Invece di sdraiarmi vicino a Daniel sotto il sole torrido in riva al lago con addosso il mio vestito lungo e fluttuante, sono finita bluastra di freddo in una barchetta a remi avvolta in uno degli asciugamani dell'albergo. Alla fine abbiamo ceduto e ci siamo ritirati in camera nostra per un bagno bollente e un cordiale. Nel frattempo abbiamo scoperto un'altra coppia che avrebbe diviso con noi la sala da pranzo non occupata dal banchetto di nozze: la metà femminile era una tal Eileen con cui Daniel era stato a letto due volte, alla quale aveva inavvertitamente morsicato troppo forte il seno e con cui, da allora, non si era più parlato.

Quando sono emersa dal bagno, Daniel era sdraiato sul letto e rideva. «Ti ho trovato una nuova dieta», ha detto.

«Dunque tu mi trovi grassa.»

«D'accordo, è così. E' molto semplice. Non devi mangiare niente che ti toccherà pagare con i tuoi soldi. All'inizio della dieta sei una maialotta e nessuno ti invita fuori a cena. Poi perdi peso e diventi tutta gambe e con i fianchi tipo maniglie dell'amore, e la gente comincia a invitarti fuori a mangiare. Appena metti su qualche etto, gli inviti diminuiscono e poi smettono del tutto, e tu ricominci a perdere peso.»

«Daniel!» sono esplosa. «E' l'idea più sessista, grassista e cinica che abbia mai sentito!»

«Non fare così, Bridget. E' l'estensione logica di quello che pensi tu. Continuo a dirti che le gambe da insetto stecchino non piacciono a nessuno. Gli uomini vogliono un sedere in cui si possa parcheggiare una bicicletta e in grado di reggere una pinta di birra.»

Ero combattuta tra l'immagine crassa di me stessa con una bici parcheggiata nel sedere e una pinta di birra "sul" sedere e la collera nei confronti di Daniel per la sua palese e provocatoria discriminazione sessuale, e all'improvviso mi sono chiesta se non avesse ragione riguardo il concetto che ho del mio corpo rispetto agli uomini. Nel qual caso, mi sono domandata se non dovevo mangiare immediatamente qualcosa di delizioso e, se sì, che cosa.

«Accendo un attimo la televisione», ha continuato lui, approfittando della mia momentanea mancanza di parole per schiacciare il pulsante del telecomando e allungarsi verso le tende, che erano di quelle spesse degli alberghi, foderate per non

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far passare la luce. Pochi secondi dopo la stanza era nella più completa oscurità, a parte la luce guizzante del cricket. Daniel si era acceso una sigaretta e stava chiamando il servizio in camera per farsi portare sei lattine di birra.

«Vuoi qualcosa, Bridge?» mi ha chiesto, con un sorrisetto. «Un tè al latte, magari? Offro io.»

LUGLIO.

Ops.

Domenica 2 luglio.

"Chilogrammi 55,8 (sto lavorando bene), alcolici 0, sigarette 0, calorie 995, lotteria istantanea 0: perfetto".

Ore 7,45. Ha appena chiamato la mamma. «Oh, ciao, tesoro, indovina?»

«Aspetta. Porto il telefono nell'altra stanza», le ho detto, guardando nervosamente Daniel. Poi ho staccato la spina, sono sgattaiolata nella camera accanto e ho riattaccato la spina, per scoprire che mia madre non si era accorta dei miei due minuti e mezzo di assenza e stava ancora parlando.

«... Che cosa ne pensi, tesoro?»

«Non saprei. Come ti avevo detto, stavo trasportando il telefono in un'altra stanza.»

«Ah. Quindi non hai sentito niente?»

«No.» Breve pausa.

«Oh, ciao, tesoro, indovina?» A volte penso che mia madre faccia parte del mondo

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moderno, ma altre volte mi sembra lontana anni luce. Come quando mi lascia sulla segreteria telefonica dei messaggi chiari e forti che dicono solo: «Sono la madre di Bridget Jones».

«Pronto? Oh, ciao, tesoro, indovina?» ha ripetuto.

«Cosa?» ho detto io, rassegnata.

«Il ventinove luglio Una e Geoffrey daranno una festa in maschera e il tema sarà Preti e Lucciole. Non trovi che sia uno spasso? Preti e Lucciole! Prova a immaginare!»

Ho cercato con tutte le mie forze di non immaginare, combattendo visioni di Una Alconbury con gli stivali fin sopra il ginocchio, le calze a rete e un reggiseno trasparente. Mi sembra che organizzare un simile intrattenimento sia, da parte di ultrasessantenni, sbagliato e contro natura.

«In ogni modo, pensavamo che sarebbe stupendo se tu e» - pausa timida e carica di significati - «Daniel poteste venire. Moriamo tutti dalla voglia di conoscerlo.»

Al pensiero che la mia relazione con Daniel possa venir sezionata fin nei più minimi e intimi dettagli da tutto il Northamptonshire ai pranzi di Lifeboat, mi sono sentita mancare.

«Non credo che sia il genere di festa che Daniel...» Mentre dicevo questa frase, la sedia su cui, chissà perché, mi ero inginocchiata in equilibrio precario per sporgermi di là dal tavolo è caduta con un gran fracasso.

Quando ho ripreso il ricevitore, mia madre stava ancora parlando. «Sì, fantastico. Sembra che ci sia anche Mark Darcy, con non so chi, quindi...»

«Che cosa succede?» Daniel era in piedi sulla porta, nudo. «Con chi stai parlando?»

«Con mia madre», ho risposto disperata, con un angolo della bocca.

«Passamela», ha detto lui, strappandomi il telefono. Mi piace quando è autoritario senza essere arrabbiato, così.

«Signora Jones? Sono Daniel», ha detto con la sua voce più fascinosa.

Mi sembrava quasi di sentirla, mentre diventava tutta manierosa.

«E' una telefonata piuttosto animata e arriva molto di buon'ora, per essere una domenica mattina. Sì, è una giornata assolutamente stupenda. Che cosa possiamo fare per lei?»

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Ha tenuto gli occhi fissi su di me mentre mia madre parlava per qualche secondo, poi ha riavvicinato la bocca al ricevitore.

«Sarà divertente. Lo scriverò nella mia agenda sotto il ventinove luglio e cercherò il mio collare per cani. Adesso è meglio che torniamo a letto e ci rimettiamo a dormire. Si riguardi, lei. Arrivederci. Sì, arrivederci», ha concluso con fermezza, e ha riattaccato. «Hai visto?» mi ha detto, tutto soddisfatto. «Fermezza, ecco cosa ci vuole.»

Sabato 22 luglio.

"Chilogrammi 56,3 (devo subito perdere mezzo chilo!), alcolici 2, sigarette 7, calorie 1562".

A essere sincera, il fatto che Daniel venga con me alla festa dei Preti e delle Lucciole domenica prossima mi esalta non poco. Sarà bello, una volta tanto, non dover uscire di casa da sola, arrivare alla festa da sola e affrontare lo sbarramento dell'Inquisizione sul perché non ho un fidanzato. Sarà una magnifica giornata calda. Forse potremo addirittura trasformarla in una minifuga e alloggiare in un pub (o altro albergo senza televisore in camera). Non vedo l'ora che Daniel conosca mio padre. Spero che si piacciano.

Ore 2. Mi sono svegliata in un mare di lacrime da un sogno ricorrente, nel quale sono a un corso di francese primo livello e, nel consegnare il compito scritto, mi rendo conto di non averlo riletto e di avere addosso soltanto il mio grembiule di Economia Domestica, che cerco disperatamente di far ruotare intorno ai fianchi perché la signorina Chignall non si accorga che sono senza mutande. Mi aspettavo che Daniel si mostrasse almeno comprensivo. Tutto questo, lo so bene, è dovuto alla preoccupazione di non sapere dove mi porterà la mia carriera, ma lui si è limitato ad accendersi una sigaretta e a chiedermi di ripetergli la parte riguardante il grembiule di Economia Domestica.

«Per te fa lo stesso, con la tua odiosa laurea di Cambridge», ho bisbigliato, tirando su con il naso. «Ma io non dimenticherò mai il momento in cui ho guardato il tabellone

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e ho visto un'insufficienza vicino a Francese, e ho capito che non sarei mai andata a Manchester. Ha condizionato tutta la mia vita.»

«Dovresti ringraziare la tua buona stella, Bridge», ha replicato lui, sdraiandosi sulla schiena e soffiando il fumo verso il soffitto. «Probabilmente avresti sposato qualche tipetto tutto azzimato e avresti passato il resto dei tuoi giorni a pulire la cuccia del levriero. Comunque» - si è messo a ridere - «non c'è niente di male in una laurea di... di...» - era così divertito, adesso, che quasi non riusciva a parlare - «Bangor!»

«Ecco, è proprio questo il punto», ho gridato io, saltando giù dal letto. «Vado a dormire sul divano.»

«Ehi, non fare così, Bridge», ha protestato lui, riacchiappandomi. «Lo sai che ti trovo una... un "gigante" dell'intelletto. Devi solo imparare a interpretare i sogni.»

«Che cosa vorrebbe dire questo sogno, allora?» ho domandato cupamente io. «Che non ho sfruttato le mie potenzialità intellettive?»

«Non esattamente.»

«Che cosa, allora?»

«Be', trovo che il grembiule senza mutande sia un simbolo abbastanza ovvio, no?»

«Di che cosa?»

«Significa che perseguire invano una vita intellettuale ti sta distogliendo dal tuo vero scopo.»

«Che sarebbe?»

«Cucinare i miei pasti, naturalmente, cara.» Era fuori di sé tanto si trovava divertente. «E passeggiare per casa mia senza mutande.»

Venerdì 28 luglio.

"Chilogrammi 56,8 (devo mettermi a dieta prima di domani), alcolici 1 (m.b.), sigarette 8, calorie 345".

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Mmm. Questa notte Daniel è stato davvero dolce, e ha passato ore ad aiutarmi a scegliere il mio costume per la festa dei Preti e delle Lucciole. Non ha fatto che suggerirmi completi diversi da provare, e poi soppesarli. Era particolarmente entusiasta del collare da cane accompagnato da una T-shirt nera e da calze autoreggenti nere e orlate di pizzo, in quanto rappresentava un incrocio tra la lucciola e il prete, ma alla fine, dopo che avevo sfilato a lungo con entrambi i travestimenti, ha deciso che il migliore era un body di pizzo nero di Marks and Spencer, con calze e reggicalze, un grembiulino tipo camerierina francese che abbiamo fatto con due fazzoletti e un pezzetto di nastro, un farfallino e una coda da coniglio in cotone idrofilo. E' stato davvero gentile a dedicarmi tanto tempo. A volte penso che sia davvero affettuoso. Stanotte mi è sembrato anche particolarmente entusiasta di fare sesso.

Oh, non vedo l'ora che sia domani!

Sabato 29 luglio.

"Chilogrammi 56,3 (m.b.), alcolici 7, sigarette 8, calorie 6245 (al diavolo Una Alconbury, Mark Darcy, Daniel, la mamma e tutti quanti)".

Ore 14. Non riesco a credere a quello che è successo. All'una Daniel dormiva ancora e io cominciavo a preoccuparmi, perché la festa iniziava alle due e mezzo. Alla fine l'ho svegliato con una tazza di caffè e gli ho detto: «Forse è il caso che tu apra quei begli occhioni, visto che dobbiamo essere lì per le due e mezzo».

«Dove?» ha chiesto lui.

«Alla Preti e Lucciole.»

«Oddio, amore. Senti, mi sono appena reso conto che questo fine settimana sono pieno di lavoro fin sopra i capelli. Mi toccherà stare a casa e portarmi avanti.»

Non volevo crederci. Aveva "promesso" di venire. Lo sanno tutti che, quando stai con qualcuno, questo qualcuno deve sostenerti durante le tremende riunioni di

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famiglia, e lui crede che gli basti pronunciare la parola «lavoro» per tirarsene fuori. Adesso gli amici degli Alconbury passeranno tutto il tempo a chiedermi se non mi sono ancora trovata un fidanzato, e nessuno mi vorrà credere.

Ore 22. Quello che ho dovuto passare ha dell'incredibile. Ho guidato per due ore, ho parcheggiato di fronte a casa Alconbury e, sperando che la mia divisa da coniglietta mi donasse, ho fatto il giro della villa per entrare dal giardino, dove sentivo voci che schiamazzavano allegramente. Avevo appena cominciato ad attraversare il prato quando si sono zittiti tutti, e con grande orrore mi sono resa conto che, invece di Preti e Lucciole, le signore erano tutte in tailleur campagnoli stile floreale con la gonna al polpaccio e gli uomini in pantaloni sportivi e maglione con lo scollo a V. Mi sono paralizzata come... be', un coniglio. Poi, mentre tutti mi fissavano, Una Alconbury mi è venuta incontro tutta eccitata con una gonna a pieghe color fucsia e in mano un bicchiere di plastica pieno di pezzetti di mela e foglie.

«Bridget! Che bellezza vederti. Prendi un Pimms», ha detto.

«Credevo di essere stata invitata a una festa a tema», ho sussurrato.

«Oh, cara, Geoff non ti ha telefonato?» ha fatto lei. Non volevo crederci. Voglio dire, ha pensato che la divisa da coniglietta per me fosse la norma? «Geoff», ha chiamato, «non hai telefonato a Bridget? Siamo tutti ansiosi di conoscere il tuo nuovo ragazzo», ha aggiunto, guardandosi attorno. «Dov'è?»

«Doveva lavorare», ho borbottato.

«Come sta la mia piccola Bridget?» ha detto zio Geoffrey, barcollando verso di noi già ubriaco.

«Geoffrey», lo ha redarguito freddamente Una.

«Op, op! Tutti presenti e attenti! Ordine eseguito, tenente!» ha risposto lui, facendole il saluto militare, poi le è crollato sulla spalla ridendo. «Era uno di quei maledetti marchingegni, una segreteria.»

«Geoffrey», ha sibilato Una. «Va' a controllare il barbecue. Mi dispiace, tesoro, ma vedi, dopo tutti gli scandali che ci sono stati da queste parti con i preti, abbiamo deciso che il tema Preti e Lucciole non aveva più molto senso perché» ha cominciato a ridere - «perché ormai sono tutti convinti che preti e lucciole siano la stessa cosa! Oh, mamma mia», ha esclamato, asciugandosi gli occhi. «Comunque, com'è questo tuo nuovo fidanzato? Che cosa fa per dover lavorare di sabato? Caara! Non è un granché come scusa, non trovi? Come faremo a trovarti un marito, di questo passo?»

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«Di questo passo farò la fine di una squillo», ho brontolato io, cercando di staccarmi dal sedere la coda da coniglietta.

Mi sentivo un paio d'occhi addosso e, alzando lo sguardo, ho visto Mark Darcy che fissava come ipnotizzato il mio codino di cotone idrofilo. Vicino aveva la famosa avvocatessa per tradizione di famiglia, alta, magra e splendida, con un pudico abitino con giacca color lilla stile Jackie O. e gli occhiali da sole sulla testa.

La strega, tutta soddisfatta di sé, ha fatto un sorrisetto a Mark e mi ha squadrata palesemente dalla testa ai piedi, in maniera alquanto villana. «Viene da un'altra festa?» ha esalato.

«A dire il vero ho giusto fatto un salto prima di andare al lavoro», ho risposto, al che Mark Darcy ha fatto un mezzo sorriso, e poi ha guardato altrove.

«Ciao, tesoro. Non mi posso fermare. Sto girando», ha trillato mia madre, correndo verso di noi con uno scamiciato turchese tutto pieghettato, e agitando un ciac. «Che cosa ti sei messa addosso, tesoro? Sembri una volgarissima prostituta. Tutti zitti, per favore, eee...» ha gridato in direzione di Julio, che brandiva una videocamera. «Azione!»

Allarmata, mi sono guardata attorno alla ricerca di papà ma non l'ho visto da nessuna parte. Ho visto invece Mark Darcy parlare con Una e gesticolare nella mia direzione e, poi Una venire velocemente verso di me con aria decisa.

«Bridget, sono davvero dispiaciuta per il disguido della festa in costume», ha detto. «Mark mi stava dicendo che devi sentirti terribilmente a disagio circondata da tutte queste persone anziane. Vuoi che ti presti qualcosa?»

Ho passato il resto del tempo con addosso, sopra il reggicalze, un vestito da damigella firmato Laura Ashley, con le maniche a sbuffo e stampato a ramoscelli fioriti, con Natasha (quella di Mark Darcy) che mi sorrideva in modo strano e mia madre che ogni tanto mi sfrecciava accanto dicendo: «E' proprio carino quel vestito, tesoro. Taglia!»

«Non la trovo così carina, quella ragazza», ha detto a voce altissima Una Alconbury appena è riuscita a beccarmi sola, annuendo in direzione di Natasha. «Fa un po' troppo la signora. Secondo Elaine, non vede l'ora di mettere i piedi sotto il tavolo. Oh, ciao, Mark! Un altro bicchiere di Pimms? E' un peccato che Bridget non sia riuscita a portare il suo fidanzato. E' un ragazzo fortunato, vero?» Tutto questo è stato detto in tono alquanto aggressivo, come se Una considerasse un affronto personale il fatto che Mark si sia scelto una fidanzata a) che non sono io e b) che non gli è stata presentata da Una a un buffet freddo a base di tacchino al curry. «Come si chiama, Bridget? Daniel, vero? Pam dice che è uno di quei giovani editori rampanti.»

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«Daniel Cleaver?» ha domandato Mark.

«Sì, proprio lui», ho detto io, sporgendo il mento.

«E' un tuo amico?» gli ha chiesto Una.

«Assolutamente no», ha risposto bruscamente lui.

«Oh! Spero che sia abbastanza in gamba per la nostra Bridget», ha continuato Una, strizzandomi l'occhio come se la scena non fosse odiosa, ma da morir dal ridere.

«Credo di poter ripetere con assoluta certezza ancora una volta no», se ne è uscito Mark.

«Oh, aspettate un attimo, c'è Audrey. Audrey!» ha esclamato Una, che non aveva sentito l'ultima frase, e se n'è andata, con mio grande sollievo.

«Immagino che la trovi una cosa intelligente», ho detto infuriata, dopo che Una si era tolta di mezzo.

«Cosa?» ha domandato Mark, sorpreso.

«Non dire 'cosa' "a me", Mark Darcy», ho borbottato.

«Sembri mia madre.»

«Immagino che trovi giusto fare a fette i fidanzati della gente in presenza degli amici dei loro genitori e alle loro spalle e quando non sono neppure presenti e per il solo motivo che sei geloso», ho mitragliato.

Lui mi ha guardato come se stesse pensando a qualcos'altro. «Scusa», ha brontolato. «Stavo cercando di capire che cosa vuoi dire. Forse che ho... Praticamente stai dicendo che sono geloso di Daniel Cleaver? Geloso "di te?"»

«No, non di me», ho ribattuto, furibonda perché mi rendevo conto di avergli fatto credere qualcosa che non volevo. «Stavo solo immaginando che devi avere qualche motivo al di là della semplice avversione per essere così antipatico nei confronti del mio fidanzato.»

«Mark, tesoro», ha chiocciato Natasha, saltellando graziosamente sul prato per unirsi a noi. E' così alta e magra che non ha sentito la necessità di mettere i tacchi, quindi riusciva a camminare agilmente sul prato senza caracollare come se fosse stata creata apposta, un po' come un cammello nel deserto. «Vieni a raccontare a tua madre della sala da pranzo che abbiamo visto a Conran.»

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«Abbi cura di te, e questo è quanto», ha mormorato lui, «e dirò a tua madre di badare anche lei a se stessa», ha aggiunto, annuendo con intenzione in direzione di Julio, mentre Natasha lo trascinava via.

Dopo altri quarantacinque minuti di orrore ho pensato che potevo battermela senza offendere nessuno, adducendo con Una la scusa del lavoro.

«Voialtre ragazze in carriera! Ma non potete rimandare per sempre, sapete! Tic tac, tic tac!» mi ha ammonito lei.

Prima di sentirmi abbastanza padrona di me per guidare, ho dovuto fumare una sigaretta in macchina e aspettare cinque minuti. Poi, proprio mentre sbucavo nella strada principale, ho visto passare l'auto di papà. Seduta vicino a lui c'era Penny Husbands-Bosworth, con un basco di pizzo rosso tenuto su da un filo di ferro e riempito di carta, e due orecchie da coniglio.

Quando sono arrivata a Londra e ho lasciato l'autostrada, mi sentivo alquanto scossa ed era molto più presto del previsto, così, invece di tornare direttamente a casa, ho pensato di passare da Daniel per farmi rassicurare un pochino.

Ho parcheggiato la macchina muso a muso con la sua. Quando ho suonato, non ha risposto nessuno, così ho aspettato un momento e poi ho riprovato, nel caso fosse nel mezzo di un turno di battuta particolarmente interessante o simili. Ancora nessuna risposta. Sapevo che doveva essere in casa, perché c'era la sua macchina e mi aveva detto che sarebbe rimasto tutto il giorno a lavorare e a guardare il cricket. Ho alzato gli occhi verso la sua finestra e finalmente l'ho visto. Gli ho sorriso, ho agitato la mano e ho indicato la porta. Lui è scomparso, ho immaginato per premere il pulsante apriporta del citofono, allora ho suonato di nuovo. Gli ci è voluto un po' per arrivare. «Ciao, Bridge. Sono al telefono con l'America. Possiamo vederci al pub tra dieci minuti?»

«Okay», ho risposto tutta contenta, senza pensarci, e mi sono avviata verso l'angolo. Ma quando mi sono girata lui era ancora lì, non al telefono, bensì alla finestra, che mi fissava.

Astuta come una volpe, ho fatto finta di niente e ho continuato a camminare, ma dentro ero tutta in subbuglio. Perché mi stava guardando? Perché non aveva risposto subito alla porta? Perché non aveva schiacciato il pulsante e non mi aveva fatto salire in casa sua? La risposta mi ha colpito come un fulmine. Era con una donna.

Ho svoltato l'angolo con il cuore in gola, poi mi sono appiattita contro il muro e ho sbirciato per vedere se era ancora alla finestra. Sparito. Sono corsa indietro e mi sono acquattata sotto il portico vicino al suo, spiando la sua porta tra una colonna e l'altra per vedere se usciva una donna. Ho aspettato per un po', sempre immobile, poi però

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ho cominciato a pensare: «Anche se uscisse una donna, come faccio a sapere se viene proprio dall'appartamento di Daniel e non da un altro? E che cosa potrei fare? Sfidarla? Arrestarla da civile a civile? E poi, perché non dovrebbe lasciarla in casa con l'ordine di restarci ancora per qualche minuto, in modo da dargli il tempo di arrivare fino al pub?»

Ho guardato l'ora. Le 18,30. Ah! Il pub non era ancora aperto. Un'ottima scusa. Imbaldanzita, sono tornata alla porta e ho citofonato di nuovo.

«Sei ancora tu, Bridget?» ha detto lui, in tono seccato.

«Il pub è chiuso.»

Silenzio. Avevo sentito una voce in sottofondo? Pur di negarlo, mi sono detta che forse stava solo riciclando denaro sporco o spacciando droga. Probabilmente stava cercando di nascondere dei sacchetti di plastica pieni di cocaina sotto le assi del pavimento, aiutato da qualche sudamericano ben vestito con il codino.

«Fammi entrare», ho intimato.

«Te l'ho detto, sono al telefono.»

«Fammi entrare.»

«Cosa?» Ho capito subito che stava prendendo tempo.

«Aprimi, Daniel!»

E' buffo, ma a volte si riesce a percepire la presenza di una persona anche senza vederla, sentirla o riconoscerla in altro modo. Ovviamente, nel salire le scale, ho controllato in tutti gli armadi sui pianerottoli, ma non ci ho trovato dentro nessuno. Eppure ero sicura che in casa di Daniel ci fosse una donna. Forse c'era un vago odore... qualcosa nel comportamento di Daniel. Qualunque cosa fosse, ero sicura e basta.

Ci siamo fissati con circospezione da un capo all'altro del salotto. Io avrei voluto mettermi a correre e aprire e richiudere tutti gli armadi come mia madre, e chiamare il 1471 per vedere se c'era registrata qualche chiamata dall'America.

«Che cos'hai addosso?» mi ha chiesto lui. Nell'agitazione, mi ero scordata il vestito di Janine.

«Un vestito da damigella», ho risposto altezzosa.

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«Vuoi qualcosa da bere?» ha chiesto Daniel. Mi sono messa a pensare velocemente. Per controllare negli armadi, avevo bisogno che lui andasse in cucina.

«Una tazza di tè, grazie.»

«Ti senti bene?»

«Sì! Benissimo!» ho trillato. «Alla festa mi sono divertita pazzamente. Ero l'unica lucciola, così mi hanno prestato questo vestito da damigella. C'era Mark Darcy con Natasha, che bella camicia hai messo...» Mi sono interrotta senza fiato, rendendomi improvvisamente conto di essermi trasformata (non «mi stavo trasformando»: il processo era ormai compiuto) in una copia esatta di mia madre.

Lui mi ha fissata per un momento, poi è andato in cucina, al che io mi sono proiettata dall'altra parte della stanza per guardare dietro il divano e le tende.

«Che cosa fai?»

Daniel era in piedi sulla porta.

«Niente, niente. Pensavo solo che forse ho lasciato dietro il divano una delle mie gonne», ho risposto, sprimacciando vigorosamente i cuscini come in una "pochade" francese.

Lui sembrava insospettito, ma è rientrato in cucina.

Dal momento che non c'era abbastanza tempo per chiamare il 1471, ho controllato rapidamente nell'armadio dove tiene il piumino per il divano-letto - nessun abitante umano - poi l'ho raggiunto in cucina, spalancando nel passare l'anta dell'armadio del corridoio e facendo cadere fuori l'asse da stiro, seguita da una scatola di cartone piena di 45 giri che si sono sparsi per tutto il pavimento.

«Che cosa fai?» ha domandato di nuovo Daniel, sempre dolcemente, uscendo dalla cucina.

«Scusa, mi si è impigliata la manica nel pomello», ho risposto. «Stavo andando in bagno.»

Daniel mi fissava come se fossi ammattita, quindi non ho potuto andare a controllare in camera da letto. Invece mi sono chiusa a chiave in bagno e ho cominciato a frugare disperatamente dappertutto in cerca di tracce. Non ero proprio sicura di che cosa stavo cercando, ma dei capelli biondi, o dei fazzoletti di carta macchiati di rossetto, o una spazzola estranea... qualunque cosa poteva essere un indizio. Niente. Allora ho aperto la porta senza rumore, ho guardato furtivamente in corridoio e sono scivolata

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fino alla porta della camera da letto, l'ho aperta e per poco non sono saltata fino al soffitto. C'era qualcuno, dentro.

«Bridge», era Daniel, che si è nascosto pudicamente dietro un paio di jeans. «Che cosa ci fai qui?»

«Ti ho sentito venire in camera da letto e così... ho pensato... che volessi essere raggiunto», ho detto, avvicinandomi in una maniera che, se non fosse stato per il vestito a ramoscelli fioriti, poteva essere sexy. Gli ho appoggiato la testa contro il petto e l'ho circondato con le braccia, cercando di annusargli eventuali tracce di profumo sulla camicia e di dare un'occhiata al letto, che era disfatto come sempre.

«Mmm, sotto hai ancora il costume da coniglietta, vero?» ha sussurrato lui, cominciando ad abbassare la cerniera del vestito da damigella e stringendosi contro di me in un modo che non lasciava dubbi sulle sue intenzioni. Ho pensato subito che poteva essere un trucco: voleva sedurmi perché la donna potesse filarsela non vista.

«Oh, l'acqua starà bollendo», ha detto improvvisamente, richiudendomi il vestito e dandomi qualche colpetto affettuoso per rassicurarmi, cosa che non è da lui. Di solito, quando comincia, porta le cose alla loro conclusione logica, e questo che venga un terremoto, un'inondazione o che compaia sullo schermo T.V. l'immagine nuda di Cicciolina.

«Già, devi occuparti della mia tazza di tè», ho ribattuto io, pensando che così avrei potuto dare un'occhiata approfondita nella stanza e perlustrare lo studio.

«Dopo di te», ha detto Daniel, spingendomi fuori e chiudendo la porta, sicché ho dovuto precederlo fino in cucina. Lungo la strada mi è caduto l'occhio sulla porta della terrazza, sul tetto.

«Ci sediamo?» ha proposto lui.

Ecco dov'era nascosta: sulla maledetta terrazza.

«Che cosa ti prende?» mi ha chiesto Daniel, mentre io fissavo insospettita l'uscita.

«Ni-ente», ho canticchiato allegramente, arrancando fino al salotto. «Sono solo un po' stanca dopo la festa.»

Mi sono lasciata cadere con noncuranza sul divano, domandandomi se dovevo schizzare veloce come la luce nello studio, l'unico posto che non avevo controllato, o correre a spron battuto in terrazza. Se non era in terrazza, allora doveva essere nello studio, oppure nell'armadio della camera da letto, o sotto il letto. Se fossimo saliti in terrazza, lei avrebbe potuto battersela. Ma in questo caso Daniel mi avrebbe proposto

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di salire in terrazza già da un pezzo.

Mi ha portato una tazza di tè e si è seduto davanti al suo computer portatile, che era aperto e acceso. Solo in quel momento ho cominciato a pensare che, forse, non c'era nessuna donna. Sullo schermo c'era un documento - forse stava davvero lavorando ed era al telefono con l'America. E io, comportandomi da matta in quel modo, stavo facendo una figura meschina.

«Sei sicura che vada tutto bene, Bridge?»

«Benone, sì. Perché?»

«Be', arrivi così, senza preavviso, vestita come una coniglietta travestita da damigella, e ti fiondi in tutte le stanze in quel modo strano. Non è che voglia ficcare il naso, ma mi domandavo solo se non ci fosse una spiegazione a questo tuo comportamento, tutto qua.»

Mi sono sentita una perfetta idiota. Tutta colpa di quello stramaledetto Mark Darcy, che aveva cercato di mandare a monte la mia relazione spargendo il seme del dubbio. Povero Daniel, ero proprio ingiusta a dubitare di lui in quel modo, e tutto per le chiacchiere di un avvocato, famoso per essere un accanito difensore dei diritti umani forse, d'accordo, ma anche arrogante e di carattere infido. Poi ho sentito grattare sul tetto sopra di noi.

«Fa un po' caldo», ho detto, guardando attentamente Daniel. «Vado a sedermi per un po' in terrazza.»

«Insomma, non puoi stare ferma per cinque minuti?» è sbottato lui, sbarrandomi il passo, ma sono stata più svelta io. L'ho dribblato, ho aperto la porta, sono corsa su per le scale e ho aperto la botola, nel sole accecante.

Lì, allungata su una sdraio con poggiapiedi, c'era una donna, abbronzata, con due gambe lunghissime, bionda e completamente nuda. Mi sono paralizzata, sentendomi come un enorme budino chiuso in un vestito da damigella. La donna ha sollevato la testa e poi gli occhiali da sole, e mi ha guardata con una palpebra socchiusa. Ho sentito Daniel salire le scale dietro di me.

«Amore», ha detto la donna con un forte accento americano, guardandolo da sopra la mia testa, «avevi detto che era magra.»

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AGOSTO.

Disintegrazione.

Martedì 1° agosto.

"Chilogrammi 56,8, alcolici 3, sigarette 40 (ma ho smesso di aspirare per poter fumare di più), calorie 450 (digiuno), chiamate al 1471 14, lotteria istantanea 7 b."

Ore 5. Sto cadendo in pezzi. Il mio fidanzato va a letto con una gigantessa bronzea, mia madre con un portoghese, Jeremy con un'orrenda sgualdrina, il principe Carlo con Camilla Parker-Bowles. Non so più in che cosa credere e a che cosa aggrapparmi. Avrei voglia di telefonare a Daniel per dargli la possibilità di negare tutto, di venirsene fuori con una scusa plausibile per la valchiria senza veli sul tetto - sorellina minore, vicina di casa che si sta riprendendo dal raffreddore o simili - così sarebbe tutto sistemato. Ma Tom ha appiccicato al mio telefono un biglietto con scritto: «Non telefonare a Daniel: potresti pentirtene».

Dovevo trasferirmi da Tom, come aveva suggerito lui. Detesto ritrovarmi da sola in piena notte, a fumare e frignare come una pazza psicopatica. Ho paura che Dan al piano di sotto mi senta e chiami il manicomio. Che cosa c'è in me che non funziona? Perché mi va sempre tutto male? E' perché sono troppo grassa. Sto pensando di ritelefonare a Tom, ma l'ho chiamato solo tre quarti d'ora fa. Non so con che faccia andrò al lavoro.

Dopo l'incontro sul tetto, non ho detto una sola parola a Daniel: gli sono passata vicino tutta impettita, sono scesa in strada, ho raggiunto la macchina e sono partita. Sono andata difilato a casa di Tom, che mi ha versato in gola della vodka direttamente dalla bottiglia, e a ruota il succo di pomodoro e la Worcester. Quando sono rientrata, Daniel mi aveva lasciato tre messaggi, chiedendo di essere richiamato. Me ne sono guardata bene, seguendo il consiglio di Tom, il quale mi ha ricordato che l'unico modo per avere successo con gli uomini è trattarli a pesci in faccia. Un tempo lo consideravo un cinico ed ero certa che si sbagliasse, ma sono stata gentile con Daniel, e guarda che cos'è successo.

Oddio, gli uccelli hanno cominciato a cinguettare. Fra tre ore e mezzo devo andare al

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lavoro. Non ce la farò mai. Aiuto! Tutto a un tratto mi è venuto un lampo di genio: telefono alla mamma.

Ore 10. La mamma è stata "favolosa". «Tesoro», mi ha detto, «certo che non mi hai svegliato. Stavo giusto uscendo per andare in studio. Non posso credere che ti sia ridotta così per uno stupido "uomo". Sono tutti degli egoisti belli e buoni, sessualmente incontinenti e di nessuna utilità sia per gli uomini che per le bestie. Sì, ci sei dentro anche tu, Julio. Adesso calmati, tesoro. Fatti forza. Rimettiti a dormire. Va' al lavoro bella come una regina. Nessuno - soprattutto Daniel - deve dubitare che te lo sei già buttato alle spalle e hai improvvisamente scoperto quanto è "meravigliosa" la vita senza quel vecchio, pomposo e dissoluto "puzzone" che ti dà ordini tutto il giorno, e vedrai che starai benone.»

«E "tu" stai bene, mamma?» le ho chiesto, pensando a papà che arrivava alla festa di Una con la vedova dell'amianto Penny Husbands-Bosworth.

«Come sei cara, tesoro. Sono terribilmente sotto pressione »

«C'è qualcosa che posso fare?»

«A dire il vero, qualcosa ci sarebbe», ha detto lei, rianimandosi. «Qualcuno dei tuoi amici ha il numero di Lisa Leeson? Sai, la moglie di Nick Leeson. Sono giorni e giorni che tento disperatamente di rintracciarla. Sarebbe perfetta per "Improvvisamente single".»

«Stavo parlando di papà, non di "Improvvisamente single", mamma», ho sibilato.

«Papà? Non è per colpa sua che sono sotto pressione. Non essere sciocca, cara.»

«Ma la festa... e la signora Husbands-Bosworth.»

«Lo so. Davvero una comica. Si è reso completamente ridicolo cercando di attirare la mia attenzione. E lei che chissà cosa si credeva di essere. Un criceto? Adesso però devo scappare, sono spaventosamente impegnata, ma penserai a chi potrebbe averlo, il numero di Lisa? Lascia che ti dia il mio diretto, tesoro. E basta con questi stupidi piagnucolii.»

«Ma vedi, mamma, io con Daniel ci devo lavorare, e...»

«E' il contrario, tesoro. E' lui che deve lavorare con te. Faglielo diventare un inferno, piccola.» (Non so proprio con che razza di gente sia andata a mescolarsi.) «Ci ho pensato, però. Sarebbe ora che tu lo lasciassi, quello sciocco lavoro senza sbocchi, e

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quell'ufficio dove nessuno ti apprezza. Preparati a presentare la lettera di dimissioni, bambina. Sì, tesoro, ti troverò un posto in televisione.»

Sto uscendo per andare al lavoro: sembro Ivana ex Trump, con tanto di tailleur e lucidalabbra.

Mercoledì 2 agosto.

"Chilogrammi 56,8, circonferenza cosce centimetri 45, alcolici 3 (ma un vino di ottima qualità), sigarette 7 (ma senza inspirare), calorie 1500 (ottimo), tè 0, caffè 3 (ma di pura arabica, quindi meno favorevoli alla cellulite), dosi totali di caffeina 4".

Va tutto per il meglio. Ho intenzione di ridiscendere a 54,5 chili e di smaltire tutta la cellulite dalle cosce. Sono sicura che poi andrà tutto bene. Mi sono imbarcata in un programma intensivo di disintossicazione che prevede l'eliminazione di tè, caffè, alcool, farina bianca, latte e che altro? Oh, be'. Pesce, forse. Bisogna spazzolarsi ogni mattina per cinque minuti a pelle asciutta, poi fare un bagno di un quarto d'ora dopo aver sciolto nell'acqua oli essenziali anticellulite, e intanto massaggiarsi la cellulite come se si stesse facendo la pasta, dopodiché spalmare e far penetrare nella cellulite un altro olio anticellulite.

Quest'ultima parte mi lascia piuttosto perplessa: è proprio vero che l'olio anticellulite penetra nella cellulite attraverso la pelle? Perché in questo caso, se ti spalmi di crema autoabbronzante vuol dire che ti si abbronza la cellulite "dentro". O il sangue. O il sistema linfatico. Però. Comunque... (Sigarette, ecco l'ultima cosa. Niente sigarette. Troppo tardi, ormai. Comincerò da domani.)

Giovedì 3 agosto.

"Chilogrammi 56,3, circonferenza cosce centimetri 45 (sinceramente, a che scopo

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darsi tanto da fare?), alcolici 0, sigarette 25 (ottimo, tutto considerato), pensieri negativi circa 445 all'ora, pensieri positivi 0".

Sono di nuovo in un pessimo stato mentale. Non sopporto l'idea di Daniel con un'altra. Ho la testa piena di orribili fantasie su loro due che fanno delle cose insieme. Il progetto di perdere peso e migliorare la mia personalità mi ha distratta per due giorni, ma solo per crollarmi miseramente addosso. Mi rendo conto che era solo una complicata forma di negazione. Credevo di potermi completamente reinventare nel giro di qualche giorno, negando così l'impatto della dolorosa e scottante infedeltà di Daniel come se mi fosse successa in una precedente incarnazione e non potesse ripresentarsi nell'esistenza del mio io migliore. Purtroppo ora mi rendo conto che il solo obiettivo di questa farsa dell'altera regina delle nevi ipertruccata e a dieta anticellulite era di far capire a Daniel il suo errore. Tom mi ha messo in guardia contro tutto questo, e mi ha detto che il 90 per cento degli interventi di chirurgia plastica vengono fatti su donne i cui mariti sono scappati con donne più giovani. Gli ho risposto che la gigantessa sul tetto non era tanto giovane quanto alta, ma secondo Tom non è questo il punto. Boh.

Al lavoro, Daniel ha continuato a mandarmi messaggi via computer. «Dobbiamo parlare» eccetera. Ma io li ho ignorati studiatamente. Più ne mandava, però, più mi lasciavo trasportare, pensando che forse la reinvenzione di me sta dando i suoi frutti, che lui si è reso conto di aver commesso un terribile, terribilissimo errore, e solo ora si è accorto di quanto mi ama, mentre la gigantessa sul tetto è già acqua passata.

Questa sera mi ha raggiunta fuori dall'ufficio mentre stavo uscendo. «Cara, ti prego, dobbiamo proprio parlare.»

Io, stupida, sono andata a bere un aperitivo con lui all'american bar del Savoy, e mi sono lasciata addolcire dallo champagne e dai suoi «mi sento una merda mi manchi da morire bla bla bla». Poi, appena è riuscito a farmi ammettere «Anche tu mi manchi, Daniel», ha assunto istantaneamente un tono condiscendente e distaccato, e ha detto: «Il fatto è che Suki e io...»

«Suki? Succhia, semmai», l'ho interrotto, pensando che stesse per propinarmi la storia del fratello e sorella, dei cugini, degli incompatibili o dell'acqua passata. Invece l'ho visto piuttosto seccato.

«Oh, non posso spiegarti», ha detto, sbuffando. «E' una cosa molto speciale.»

L'ho guardato con due occhi così, stupefatta dall'audacia del suo voltafaccia.

«Mi devi scusare, amore», mi ha detto, tirando fuori la carta di credito e raddrizzando

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la schiena per ottenere l'attenzione del cameriere, «ma stiamo per sposarci.»

Venerdì 4 agosto.

"Circonferenza delle cosce 45 centimetri, pensieri negativi 600 al minuto, attacchi di panico 4, crisi di pianto 12 (ma tutt'e due le cose sempre nel bagno, e avevo ricordato di prendere il mascara), lotteria istantanea 7 b."

Ufficio. Cessi del terzo piano. E' semplicemente... semplicemente... intollerabile. Che cosa diavolo mi è preso per poter pensare che avere una storia con il mio capo fosse una buona idea? Là fuori è un incubo, per me. Daniel ha annunciato il suo fidanzamento con la gigantessa. I rappresentanti, che io non lo sapevo, ma erano al corrente della nostra storia, non fanno che telefonarmi per farmi le congratulazioni, e ogni volta mi tocca spiegare che in realtà è fidanzato con un'altra. Continuo a ripensare a com'era romantico quando ci siamo messi insieme, e non facevamo che scambiarci messaggi segreti sul computer e darci convegno in ascensore. L'ho sentito parlare al telefono con Succhia per combinare di vedersi stasera, e con una voce tutta melliflua lui le diceva: «Non come temevo... per adesso». Ho subito capito che alludeva alla mia reazione, nemmeno fossi chissà chi. Sto seriamente pensando a un lifting facciale.

Martedì 8 agosto.

"Chilogrammi 57,1, alcolici 7 (ah ah), sigarette 29 (eh eh), calorie 5 milioni, pensieri negativi 0, pensieri in generale 0".

Ho appena riappeso con Jude. Le ho detto qualcosa della tragedia con Daniel e lei era sconvolta, ha subito dichiarato lo stato d'emergenza e ha detto che avrebbe chiamato

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Sharon e organizzato di trovarci tutte quante alle nove. Prima non ce la fa, perché deve vedersi con il Perfido Richard, che finalmente ha accettato di andare con lei da una consulente di coppia.

Ore 2. Dio se è tardi. Mamela sono spassata un mondo, stascera. Uff. Sciono caduta per terra.

Mercoledì 9 agosto.

"Chilogrammi 58,1 (ma per una buona causa), circonferenza delle cosce 40 centimetri (o è un miracolo, o un errore da dopo-sbornia), alcolici 0 (ma il corpo sta ancora assorbendo l'alcool di ieri sera), sigarette 0 (wow)".

Ore 8. Sono in un disastroso stato fisico, ma emotivamente molto su dopo la serata fuori. Jude è arrivata tutta furiosa e battagliera, perché il Perfido Richard non si è presentato dalla consulente di coppia.

«La terapista ovviamente ha pensato che fosse un fidanzato immaginario, e io una persona molto, molto triste.»

«E tu che cos'hai fatto?» le ho domandato preoccupata, allontanando da me un pensiero brutto, sleale e satanico che diceva: «E aveva perfettamente ragione».

«Mi ha detto che dovevo parlarle dei miei problemi non legati a Richard.»

«Ma tu di problemi non legati a Richard non ne hai», ha osservato Sharon.

«Lo so. Gliel'ho detto, allora lei ha risposto che ho dei problemi di confini personali e mi ha chiesto cinquantacinque sterline.»

«Perché non si è fatto vedere? Spero che quel verme sadico abbia una scusa valida», ha detto Sharon.

«E' stato trattenuto sul lavoro», ha spiegato Jude. «Allora io gli ho detto: 'Senti, non

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hai il monopolio dei problemi di relazione. Per la verità, quella con il problema di relazione sono io. Se mai riuscirai a superare il tuo problema di relazione, potresti ritrovarti faccia a faccia con il mio problema di relazione, ma ormai sarebbe "troppo tardi"'.»

«Hai un problema di relazione?» ho domandato con una certa curiosità, pensando immediatamente che magari ce l'avevo anch'io, un problema di relazione.

«"Certo" che ho un problema di relazione!» ha ringhiato Jude. «E' solo che non se ne accorge nessuno, perché lo spazio è tutto occupato dal problema di relazione di Richard. Mentre invece il mio problema di relazione è molto più grave del suo.»

«Esatto», ha dichiarato Sharon, «ma tu non vai in giro con il tuo problema di relazione stampato sulla fronte, come fanno tutti i maledetti uomini sopra i vent'anni dei giorni nostri.»

«E' proprio questo il punto», è sbottata Jude, cercando di accendersi un'altra sigaretta, e facendo inceppare l'accendino.

«Ce l'hanno tutti quanti, un problema di relazione», ha gorgogliato Sharon con voce gutturale alla Clint Eastwood. «Siamo nella cultura dei tre minuti. Abbiamo tutti un'attenzione di durata limitata. E' tipico degli uomini fare propria una tendenza generale e trasformarla in un trucco maschile per scaricare le donne e sentirsi intelligenti facendo sentire noi stupide. Non è altro che annientamento psicologico.»

«Bastardi!» ho esclamato allegramente. «Ordiniamo un'altra bottiglia di vino?»

Ore 9. Accidenti. Ha appena telefonato la mamma. «Tesoro», ha detto, «indovina? "Buon pomeriggio!" sta cercando dei ricercatori. Attualità, roba da leccarsi i baffi. Ho parlato con Richard Finch, il produttore, e gli ho raccontato tutto di te. Gli ho detto che hai una laurea in scienze politiche, tesoro. Non ti preoccupare, sarà troppo occupato per controllare. Vuole che tu venga da noi lunedì per fare due chiacchiere.»

Lunedì. Oh, mio Dio. Mi restano solo cinque giorni per aggiornarmi sull'attualità.

Sabato 12 agosto.

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"Chilogrammi 58, 6 (sempre per un'ottima causa), alcolici 3 (m. b.), sigarette 32 (m.m.m., soprattutto considerando che oggi dovevo smettere), calorie 1800 (b.), lotteria Istantanea 4 b. (onesto), numero degli articoli di attualità letti 1,5, chiamate al 1471 22 (okay), minuti passati ad avere dure conversazioni immaginarie con Daniel 120 (m.b ), minuti passati a immaginare che Daniel mi supplichi di tornare da lui 90 (ottimo)".

Bene. Ho deciso di essere m. positiva riguardo a tutto. Voglio cambiare vita: diventerò una persona bene informata sull'attualità, smetterò del tutto di fumare e stringerò una relazione funzionale con un uomo adulto.

Ore 8,30. Non ho ancora fumato nemmeno una sigaretta. M.b.

Ore 8,35. Niente fumo per tutto il giorno. Ottimo.

Ore 8,40. Chissà se nella posta c'è qualcosa di piacevole?

Ore 8,45. Bleah. Un orribile documento della Previdenza sociale in cui mi chiedono di versare 1452 sterline. Com'è possibile? Non le ho, 1452 sterline. Oddio, mi ci vuole subito una sigaretta per calmare i nervi. Non devo. Non devo.

Ore 8,47. Ne ho appena fumata una. Ma le giornate senza fumare ufficialmente cominciano "dopo" che una si è vestita. Tutto a un tratto mi viene da pensare al mio ex fidanzato Peter, con il quale ho avuto una relazione funzionale per sette anni, finché ho rotto per motivi dolorosissimi e strappalacrime di cui ho perso ogni ricordo. Ogni tanto - di solito quando non ha nessuna con cui andare in vacanza - lui cerca di rimettersi con me e dice di volermi sposare. Prima di sapere dove mi trovo, eccomi trasportata dall'idea che la risposta ai miei problemi potrebbe essere proprio Peter. Perché starmene qui triste e sola quando Peter non aspetta altro che di stare con me? Trovo il suo numero di telefono, lo chiamo e gli lascio un messaggio sulla segreteria - chiedendogli solo di richiamarmi e tralasciando per il momento il progetto di passare insieme il resto dei nostri giorni.

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Ore 13,15. Peter non ha ancora richiamato. Adesso faccio schifo a tutti gli uomini, persino a lui.

Ore 16,45. La politica antifumo è saltata. Alla fine Peter ha richiamato. «Ciao, Apina.» (Ci chiamavamo rispettivamente Apina e Vespino.) «Ti avrei telefonato lo stesso, prima o poi. Ho buone notizie. Mi sposo.»

Ecco. Ho sentito un doloraccio nella zona del pancreas. Gli ex non dovrebbero mai uscire o sposarsi con altra gente: dovrebbero restare celibi fino alla fine dei loro giorni e fornirti un sicuro ripiego mentale.

«Apina?» ha chiamato Vespino. «Bzzz?»

«Scusa», ho detto io, appoggiandomi al muro in preda a un capogiro. «Ho appena... ehm, visto un incidente d'auto dalla finestra.»

Ero chiaramente superflua alla conversazione, perché Vespino si è lanciato in uno sproloquio di almeno venti minuti sul costo dei padiglioni da giardino, e poi ha concluso: «Devo andare. Questa sera cuciniamo salsicce di cacciagione alla Delia Smith con bacche di ginepro, da mangiare davanti alla T.V.».

Ecco. Ho appena fumato un intero pacchetto in un disperato gesto di autoannientamento esistenziale. Spero che diventino tutti e due obesi e che per uscire debbano farsi sollevare da una gru e passare dalla finestra.

Ore 17,45. Sto cercando di concentrarmi fortissimo per memorizzare i nomi del gabinetto ombra in modo da evitare una spirale di dubbi sulla mia persona. Ovviamente non ho mai incontrato la promessa sposa di Vespino, ma mi immagino una tipo la gigantessa bionda e magra sul tetto, che si alza ogni mattina alle cinque, va in palestra, si strofina tutto il corpo di sale e poi gestisce per l'intera giornata una banca di scambi internazionali senza che il mascara lasci giù il nero.

Mi rendo conto, con profonda umiliazione, che il motivo per cui mi sono sentita soddisfatta per tutti questi anni del mio rapporto con Peter è che sono stata io a troncare, mentre adesso è lui che, sposando la sua sederona valchiriona, tronca con me. Mi lascio affondare in una cinica e morbosa riflessione su quanto l'ego e l'orgoglio ferito abbiano a che vedere con le rotture sentimentali più della perdita reale, e ne deriva il sottodubbio che l'eccessiva sicurezza di Fergie possa essere

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motivata dal fatto che il principe Andrea la rivuole con sé (sempre che non sposi prima un'altra, eh eh).

Ore 18,45. Stavo cominciando a guardare il notiziario delle 18, pronta con il mio taccuino, quando la mamma ha fatto irruzione portando delle borse della spesa.

«Ecco qua, tesoro», ha detto, veleggiandomi accanto per andare in cucina. «Ti ho portato una buona minestra e qualche mio vestito elegante per lunedì.» Aveva addosso un tailleur verde acido, collant neri e scarpe con il tacco a spillo. Assomigliava tutta a Cilla Black in "Appuntamento al buio".

«Dove li tieni, i mestoli da minestra?» ha chiesto, sbattendo le ante dei pensili. «Sinceramente, tesoro, che caos! Da' un'occhiata nelle borse mentre scaldo la minestra.»

Dopo aver deciso di soprassedere al fatto che a) è agosto, b) c'è un caldo pazzesco, c) erano le 18,15 e d) non avevo voglia di minestra, ho sbirciato cautamente nella prima borsa di plastica, dove ho visto qualcosa di pieghettato e sintetico giallo limone con un motivo a foglioline color terracotta. «Ehm, mamma...» ho cominciato, ma in quel preciso istante la sua borsetta ha cominciato a suonare.

«Ah, sarà Julio. Yup yup!» Si è incastrata il portatile tra l'orecchio e la spalla e ha cominciato a prendere appunti. «Yup yup. Mettilo, tesoro», ha sibilato. «Yup yup. Yup. Yup.»

Il risultato è che io ho perso il notiziario e lei è uscita per andare a una cena a base di formaggi e vino, lasciandomi sola in casa in un tailleurino azzurro con sotto una camicetta verde tutta scivolosa e impiastricciata fino alle sopracciglia di ombretto azzurro.

La sua frase di commiato è stata: «Non essere sciocca, tesoro. Se non fai qualcosa per migliorare il tuo aspetto, non troverai mai un altro lavoro. Per non parlare di un altro fidanzato!»

Mezzanotte. Dopo che se n'è andata ho chiamato Tom, che per distrarmi dalle mie ossessioni mi ha portato a una festa organizzata alla Saatchi Gallery da un suo amico della scuola d'arte.

«Bridget», ha borbottato nervosamente mentre entravamo nel buco bianco e ci mescolavamo al mare di giovani rampanti. «Non ti metterai a ridere dell'"Opera da

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Installare", vero?»

«Sta' tranquillo», ho risposto cupa. «Non farò battute da pesce lesso.»

Un tale di nome Gav ci ha detto «Salve». Era sui ventidue anni, sexy, con una T-shirt striminzita che lasciava nudo un addome piatto come un tagliere da cucina.

«E', cioè, davvero molto, molto, "molto" sorprendente», ha proseguito Gav. «E' come un'Utopia insudiciata, con questi echi di, cioè, identità nazionali perdute davvero molto, molto, "molto" realistici.»

Tutto eccitato, ci ha preceduti attraverso l'enorme spazio bianco fino a un rotolo di carta igienica: era come rovesciato, con il cartone fuori dalla carta.

Mi hanno guardato pieni di entusiasmo. Tutt'a un tratto ho sentito che mi veniva da piangere. Tom ha cominciato a sperticarsi in lodi su una saponetta gigante che portava l'impronta di un pene. Gav mi stava fissando. «Wow! Questa, cioè, è una reazione davvero molto, molto, "molto"...» ha bisbigliato con profondo rispetto mentre io ricacciavo indietro le lacrime «... selvaggia.»

«Vado un attimo al cesso», sono sbottata, superando di corsa una composizione di sacchetti per assorbenti igienici. C'era la coda, fuori dall'Ecc-cesso, e mi sono messa in fondo, tremando come una foglia. Poi, quando era quasi il mio turno, ho sentito una mano sul braccio. Era Daniel.

«Bridge, che cosa ci fai qui?»

«Secondo te?» l'ho apostrofato. «Scusami, vado di fretta.» Mi sono precipitata nel loculo e stavo per fare quello che dovevo, quando mi sono resa conto che il cesso in realtà era lo stampo della parte interna di un water, impacchettato nella plastica. Poi Daniel ha messo dentro la testa.

«Bridge, non vorrai fare pipì nell'"Opera da Installare", vero?» ha detto, e ha richiuso la porta.

Quando sono uscita, era sparito. Gav e Tom non erano in vista, e non c'erano facce note in giro. Alla fine ho trovato i veri cessi, mi sono seduta sul water e sono scoppiata in lacrime, pensando che non ero più in grado di stare in società e che mi conveniva andare via in attesa di sentirmi meglio. Fuori c'era Tom che mi aspettava.

«Vieni a scambiare due chiacchiere con Gav», ha detto. «Lui è davvero, cioè, presissimo di te.» Poi mi ha visto bene in faccia e ha cambiato tono: «Oh, merda! Ti porto subito a casa».

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Non serve a niente. Quando un uomo ti lascia, a parte sentirne la mancanza, a parte il fatto che tutto il piccolo mondo che vi eravate creati crolla e tutto quello che fai o vedi te lo ricorda, la cosa peggiore è la consapevolezza che lui ti ha messa alla prova e, alla fine, la persona che amavi ha messo sulla somma delle parti che ti compongono il terribile timbro RESPINTO. Come puoi riuscire a sentirti più sicuro di un tramezzino delle ferrovie britanniche scaduto?

«A Gav piaci un sacco», ha detto Tom.

«Gav ha dieci anni. E poi gli piaccio solo perché credeva che piangessi per il rotolo di carta igienica.»

«In un certo senso è vero che piangevi per quello. Quel mostro di Daniel. Se saltasse fuori che è l'unico responsabile delle stragi in Bosnia, non ne sarei minimamente sorpreso.»

Domenica 13 agosto.

Una pessima nottata. Come se tutto il resto non bastasse, per farmi venire sonno mi sono messa a leggere il nuovo numero di "Tatler", e ci ho trovato la maledettissima faccia di Mark Darcy che covava sotto la brace da un articolo sugli scapoli più ambiti di Londra, nel quale si diceva quanto fosse ricco e meraviglioso. Uffa. Mi ha fatto sentire ancora più depressa, non capisco perché. Comunque. Voglio smetterla di autocommiserarmi e passare la mattina a imparare a memoria i giornali.

Mezzogiorno. Ha appena telefonato Rebecca, per chiedermi se «stavo bene». Pensando che si riferisse alla faccenda di Daniel, ho risposto: «Be', sai, sono abbastanza depressa».

«Oh, poveretta. Sì, ho visto Peter, ieri sera...» (Dove? Perché? Come mai non sono stata invitata?) «... e stava dicendo a tutti quanto eri rimasta scossa dalla notizia del matrimonio. E' davvero difficile, lo ha detto anche lui. Con il passare degli anni, le donne single tendono a sentirsi con l'acqua alla gola...»

All'ora di pranzo non ne potevo già più della domenica, e nemmeno di fingere che andasse tutto bene. Ho chiamato Jude e le ho detto tutto di Vespino, Rebecca, il

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colloquio di lavoro, la mamma, Daniel e il mio stato di mestizia generale, e abbiamo combinato di vederci alle due al Jimmy Beez per un Bloody Mary.

Ore 18. Una fortuna: Jude ha appena finito di leggere un libro molto intelligente intitolato "Una dea in ogni donna". A quanto pare, il libro dice che in certi momenti della vita ogni cosa va storta e non sai più a che santo votarti, e ti sembra di avere tutto intorno delle porte d'acciaio inossidabile che si chiudono inesorabilmente come in "Star Trek". Quello che devi fare è comportarti da eroina e non perdere il coraggio, evitare di abbandonarti al bere o all'autocommiserazione, e tutto finirà per il meglio. Dice anche che i miti greci e molti film di successo raccontano di esseri umani che affrontano prove difficili, ma non per questo diventano piagnoni: anzi, tengono duro, così finiscono per emergere sopra tutti gli altri.

Il libro spiega anche che superare i momenti difficili è come trovarsi in una spirale conica a forma di conchiglia, e che ogni giro presenta un momento doloroso e difficile. Questo è il tuo problema specifico, o punto dolente. Quando sei all'estremità stretta e appuntita della spirale, il giro si compie in un attimo e quella situazione ti si ripresenta di continuo. Via via che sali, il momento critico ti si ripresenta sempre meno frequentemente, ma ci devi passare comunque, però, quando ti succede, non devi credere di essere ritornata al punto di partenza.

Il problema è che, dissipati i fumi dell'alcool, non sono più sicura al 100 per cento di aver capito che cosa diceva Jude.

Ha telefonato la mamma, e ho cercato di parlarle di quanto sia difficile essere donna e, al contrario degli uomini, avere una scadenza precisa oltre la quale non puoi più riprodurti, ma lei si è limitata a dire: «Sinceramente, tesoro, voi ragazze di oggi siete così selettive e romantiche. E' che avete troppa scelta. Non sto dicendo che non amavo papà, ma, sai, ci è sempre stato insegnato a non aspettare l'ondata di piena del grande amore, ma ad aspettarci poco e a perdonare molto. E, tesoro, a essere onesta, non è proprio come lo fanno sembrare. Senza offesa, non prenderla sul piano personale, ma se mi si ripresentasse l'occasione, non sono sicura che...»

Ecco. Persino mia madre rimpiange di avermi messa al mondo.

Lunedì 14 agosto.

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"Chilogrammi 59,5 (fantastico: mi sto trasformando in una montagna di lardo in vista del colloquio, e ho anche un foruncolo), alcolici 0, sigarette tante, calorie 1575 (ma ho vomitato quindi effettive circa 400)".

Oddio. Sono terrorizzata dal colloquio. Ho detto a Perpetua che devo andare dal ginecologo - lo so che avrei dovuto dire dal dentista, ma non voglio lasciarmi sfuggire neppure un'occasione di torturare la donna più ficcanaso del mondo. Sono quasi pronta e devo solo completare il trucco ed esercitarmi a riferire la mia opinione su Tony Blair primo ministro. Oh, mio Dio, chi è il segretario ombra alla difesa? Oh, merda! Ha la barba? Cazzo, il telefono. Non posso crederlo: era una terribile voce da ragazzina con una cantilena condiscendente e un forte accento sudlondinese che mi ha detto: «Salve, Bridget, qui è l'ufficio di Richard Finch. Richard è dovuto andare a Blackpool questa mattina, quindi non potrà vederti». Rimandato a mercoledì. Dovrò fingere di avere un problema ginecologico ricorrente. Tanto vale che mi prenda lo stesso il resto della mattinata.

Mercoledì 16 agosto.

Una nottataccia. Non ho fatto che svegliarmi madida di sudore, in preda al panico sulle differenze tra gli unionisti dell'Ulster e l'S.D.L.P., e senza più sapere in quale dei due militi Ian Paisley.

Invece di essere introdotta nell'ufficio del grande Richard Finch, sono stata lasciata in un bagno di sudore alla reception per quaranta minuti, durante i quali non ho fatto che chiedermi chi diavolo fosse il segretario alla salute. Dopodiché sono stata prelevata dall'assistente al personale con la cantilena - Patchouli - che sfoggiava un paio di pantaloncini da ciclista di Lycra ed è sbiancata alla vista del mio vestito a pieghe come se, nel tentativo tragicamente fallimentare di essere formale, mi fossi presentata con un abito da ballo di seta cangiante lungo fino ai piedi firmato Laura Ashley.

«Richard dice di andare alla riunione. Capisce quello che le sto dicendo?» ha borbottato, partendo a razzo lungo un corridoio con me che la rincorrevo. Ha superato come un fulmine una porta rosa che portava in un open space disseminato di pile di copioni, schermi televisivi che pendevano dal soffitto, mappe appese alle pareti e mountain bike appoggiate alle scrivanie. In fondo c'era un grande tavolo oblungo, intorno al quale era in corso la riunione. Tutti quanti si sono voltati a guardarci.

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A una estremità del tavolo c'era un uomo di mezza età piuttosto in carne, con la camicia di jeans e degli occhialini rossi e tondi, che andava avanti e indietro forsennatamente.

«Su! Su!» stava dicendo, dimenando i pugni come un pugile. «Pensate a Hugh Grant. Pensate a Elizabeth Hurley. Com'è possibile che due mesi dopo siano ancora insieme? Com'è possibile che lui l'abbia passata liscia? Ecco il punto! Com'è possibile che un uomo con una fidanzata come Elizabeth Hurley si faccia fare un pompino da una prostituta su una strada pubblica e la passi liscia? Com'è possibile che non si sia scatenato l'inferno?»

Non riuscivo a credere alle mie orecchie. Che fine aveva fatto il gabinetto ombra? E il processo di pace? Stava chiaramente cercando di capire come avrebbe potuto "lui stesso" dormire con una prostituta e passarla liscia. Tutto a un tratto si è messo a guardarmi.

«Lei lo sa?» L'intero tavolo di giovani rampanti si è voltato verso di me. «Lei dev'essere Bridget!» ha esclamato impaziente. «Com'è possibile che un uomo con una fidanzata bellissima vada a letto con una prostituta, venga colto in flagrante e riesca a passarla liscia?»

Ero in preda al panico. Non ho capito più niente.

«Allora?» ha incalzato lui. «Coraggio, dica qualcosa!»

«Be', forse», ho detto io, perché è l'unica cosa che mi sia venuta in mente, «qualcuno ha inghiottito le prove.»

C'è stato un silenzio di tomba, poi Richard Finch ha cominciato a ridere. Era la risata più repellente che abbia mai sentito. A quel punto hanno cominciato a ridere anche tutti i giovani rampanti.

«Bridget Jones», ha detto alla fine Richard Finch, asciugandosi gli occhi. «Benvenuta a "Buon pomeriggio!" Si sieda, mia cara.» E mi ha fatto l'occhiolino.

Martedì 22 agosto.

"Chilogrammi 58,1, alcolici 4, sigarette 25, lotteria istantanea 5 b."

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Non ho ancora saputo niente del colloquio. Non so come regolarmi per la giornata festiva, perché non mi va di restare sola a Londra. Shazzer va al Festival di Edimburgo, e anche Tom, credo, come pure un mucchio di gente dell'ufficio. Mi piacerebbe andare, ma non sono sicura di potermelo permettere e ho paura di incontrare Daniel. Gli altri, poi, avranno tutti più successo di me, e si divertiranno il doppio.

Mercoledì 23 agosto.

Alla fine vado anch'io a Edimburgo. Daniel rimane a Londra a lavorare, quindi non corro il rischio di incontrarlo sul Royal Mile. Partire mi farà bene: altrimenti resterei qui ad angosciarmi e ad aspettare la lettera di "Buon pomeriggio!"

Giovedì 24 agosto.

Resto a Londra. Penso sempre che a Edimburgo mi divertirò moltissimo, e poi finisco per riuscire a vedere solo le pantomime. Oltre a tutto mi porto sempre dietro roba estiva, poi viene un freddo boia e mi tocca arrancare per chilometri e chilometri in preda ai brividi su per precipizi di acciottolato, sicura che tutti gli altri siano chissà dove a qualche megafesta.

Venerdì 25 agosto.

Ore 19. "Vado" a Edimburgo. Oggi Perpetua ha detto: «Bridget, mi rendo conto che è

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"l'ultimissimo" momento, ma mi è appena venuto in mente. Ho preso un appartamento a Edimburgo. Sarei felice se tu stessi da me». E' stata così generosa e ospitale.

Ore 22. Ho appena chiamato Perpetua per dirle che non vado. Sarebbe stupido. Non me lo posso permettere.

Sabato 26 agosto.

Ore 8,30. Ecco fatto. Starò a casa bella tranquilla e mi occuperò della mia salute. Carino, no? Potrei finire "La via della fame".

Ore 9. Dio, quanto sono depressa! Vanno tutti a Edimburgo tranne me.

Ore 9,15. Chissà se Perpetua è già partita?

Mezzanotte. Edimburgo. Domani devo assolutamente andare a vedere qualcosa. Perpetua pensa che sono matta. Ha passato tutto il viaggio in treno con il portatile incollato all'orecchio, gridando a noialtri: «L'"Amleto" di Arthur Smith è tutto esaurito, quindi potremmo andare dai fratelli Coen alle cinque, ma questo vorrebbe dire fare tardi per Richard Herring. Quindi salteremo Jenny Eclair - puah, non so perché si prenda ancora questo disturbo - e vedremo "Lanark", poi cercheremo di entrare da Harry Hill, oppure da Bondages e Julian Clary? Aspetti. Provo il "Gilded Balloon". No, Harry Hill è esaurito. Allora saltiamo i fratelli Coen?»

Ho detto agli altri che ci saremmo visti alle sei al Plaisance, perché volevo andare al George Hotel a lasciare un messaggio per Tom, ma al bar mi sono imbattuta in Tina. Non mi sono resa conto di quanto distante fosse il Plaisance, e quando sono arrivata lo spettacolo era già cominciato e non c'erano più posti a sedere. Segretamente sollevata, ho camminato - o meglio sono scesa in corda doppia - fino a casa, ho

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comprato al volo una patata al cartoccio e una porzione di pollo al curry e mi sono vista "I casi della vita". Dovevo incontrare Perpetua alle 21 alle Camere. Quando ho finito di prepararmi erano le 20,45, ma non mi ero resa conto che il telefono poteva solo ricevere, così non ho potuto chiamare un taxi e, quando sono arrivata all'appuntamento, era tardissimo. Sono tornata al bar del George a cercare Tina e invece ho trovato Shazzer. Mi ero appena presa un Bloody Mary e mi stavo sforzando di fingermi indifferente al fatto di non avere amici, quando ho notato in un angolo della sala un balenare di luci e telecamere e per poco non ho gridato. Era mia madre, agghindata come Marianne Faithful e pronta a intervistare Alan Yentob.

«Zitti tutti, per favore!» ha trillato con il tono di voce tipico di Una Alconbury quando dispone i fiori.

«Eee... azione! Mi dica, Alan», ha cominciato, con uno sguardo traumatizzato. «Ha mai avuto... pensieri suicidi?»

Questa sera in T.V. ho visto cose niente male.

Domenica 27 agosto, Edimburgo.

"Numero degli spettacoli visti 0".

Ore 2. Non riesco a prendere sonno. Scommetto che sono tutti a qualche festa meravigliosa.

Ore 3. Ho appena sentito rientrare Perpetua, che stava dando il suo verdetto sui commediografi alternativi: «Puerili... tragicamente infantili... semplicemente insulsi». Temo che a un certo punto abbia frainteso qualcosa da qualche parte.

Ore 5. C 'è un uomo in casa. Lo "sento".

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Ore 6. E' nella stanza di Debby del marketing. Accidenti.

Ore 9,30. Mi ha svegliato la voce di Perpetua che urlava: «Qualcuno viene a sentir leggere le poesie?» Poi è tornato il silenzio e ho sentito Debby e quell'uomo bisbigliare qualcosa e lui andare in cucina. Poi la voce di Perpetua ha tuonato: «Che cosa ci fa lei qui??? Avevo detto NIENTE OSPITI NOTTURNI!»

Ore 14. Oddio. Ho dormito troppo.

Ore 19. Treno per King's Cross. Diavolo. Alle tre ho incontrato Jude al George. Dovevamo andare a un incontro Domanda e Risposta, ma avevamo bevuto troppi Bloody Mary e ci siamo ricordate che questo tipo di incontri ci fa sempre un pessimo effetto. Si diventa ipertesi nello sforzo di farsi venire in mente una domanda, e si tira su e giù la mano una cinquantina di volte. Finalmente riesci a fare la tua domanda, in posizione semiaccucciata e con una strana vocetta stridula, poi ti risiedi paralizzata dall'imbarazzo, dondolando la testa come un cagnolino nel lunotto posteriore di una macchina mentre ti viene data una risposta di venti minuti su un argomento per il quale non nutrivi fin dall'inizio nessun interesse. Comunque, non abbiamo fatto in tempo a dire «ba» ed erano già le 17,30. A quel punto è comparsa Perpetua, con un gruppo di gente dell'ufficio.

«Ah, Bridget!» ha ululato. «Che cos'hai visto di bello?» E' sceso un silenzio agghiacciante.

«A dire il vero, stavo proprio per andare a...» ho cominciato senza battere ciglio «... prendere il treno.»

«Non hai visto niente, vero?» ha chiocciato lei. «Comunque mi devi settantacinque sterline per la stanza.»

«Co-cosa?» ho balbettato.

«Sì!» ha gridato lei. «Sarebbero cinquanta, ma se ci sono due persone in camera c'è il cinquanta per cento extra.

«Ma... non c'era nessuno...

«E dai, Bridget, lo sappiamo tutti che c'era un uomo da te», ha ruggito lei. «Non ti

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preoccupare. Non è amore, è Edimburgo. Farò in modo che Daniel lo venga a sapere, così impara.»

Lunedì 28 agosto.

"Chilogrammi 60,1 (sono piena di birra e patate al cartoccio), alcolici 6, sigarette 20, calorie 2846".

Al ritorno ho trovato un messaggio della mamma che mi chiedeva se per Natale mi sarebbe piaciuto ricevere uno sbattitore elettrico, e di ricordare che Natale quest'anno cade di lunedì, quindi pensavo di venire a casa il venerdì o il sabato sera?

Cosa molto meno seccante, ho trovato una lettera di Richard Finch, il produttore di "Buon pomeriggio!", che mi offre un lavoro, almeno credo.

Diceva solo:

"Ok, tesoro, vieni pure".

Martedì 29 agosto

"Chilogrammi 58,1, alcolici 0 (m. b.), sigarette 3 (b.), calorie 1456 (dieta salutare pre-nuovo lavoro).

Ore 10,30. Ufficio. Ho appena telefonato all'assistente di Richard Finch, Patchouli, e si tratta proprio di un'offerta di lavoro, ma devo cominciare tra una settimana. Non so niente di televisione ma, al diavolo, qui sono in un vicolo cieco, e lavorare con Daniel ormai è diventato troppo umiliante. E' meglio che vada a dirglielo.

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Ore 11,15. Non posso crederlo. Daniel mi ha fissata ed è diventato bianco come un lenzuolo. «Non puoi farmi questo», ha detto. «Hai idea di quanto siano state difficili per me queste ultime settimane?» Poi ha fatto irruzione Perpetua - probabilmente stava origliando dietro la porta.

«Daniel!» è esplosa. «Sei un ricattatore tronfio ed egoista, un manipolatore che fa leva sui sentimenti della gente! Sei stato tu, tu a mandare tutto all'aria, quindi tanto vale che ti ci rassegni.»

Tutt'a un tratto penso che potrei voler bene a Perpetua, anche se non alla maniera delle lesbiche.

SETTEMBRE.

Su per la pertica dei pompieri.

Lunedì 4 settembre.

"Chilogrammi 57, alcolici 0, sigarette 27, calorie 15, minuti passati ad avere conversazioni immaginarie con Daniel in cui gli dicevo che cosa penso di lui 145 (bene, sempre meglio)".

Ore 8. Primo giorno nel posto nuovo. L'inizio, per andare avanti, è fondamentale, quindi darò di me un'immagine nuova, calma e padrona di sé. E guai a fumare. Fumare è un segno di debolezza e mina l'autorità personale.

Ore 8,30. Ha appena chiamato la mamma, pensavo per farmi gli auguri per il nuovo impiego.

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«Indovina, tesoro?» ha esordito.

«Cosa?»

«Elaine ti ha invitata alle sue nozze di rubino!» ha detto, e poi ha trattenuto il fiato in attesa della mia reazione.

Nella mia mente si è fatto il vuoto. Elaine? Brian-ed-Elaine? Colin-ed-Elaine? Elaine-moglie-di-Gordon-che-una-volta-era-capo-della-Kettering Manti Stradali?

«Ha pensato che sarebbe stato carino avere un paio di giovani per tenere compagnia a Mark.»

Ah. "Malcolm" ed Elaine. Procreatori del perfettissimo Mark Darcy.

«Pare abbia detto a Elaine che ti trova molto attraente.»

»Cielo! Non raccontarne, mamma», ho borbottato. Ero contenta, però.

«Be', comunque voleva dire sicuramente questo, tesoro.»

«Perché? Che cos'ha detto?»

«Che sei molto molto...»

«Mamma! «

«Be', a dire il vero la parola che ha usato è 'bizzarra'. Ma è carino, no, bizzarra? Comunque, potrai chiedergli delucidazioni alle nozze di rubino.»

«Non ho nessuna intenzione di venire fino ad Huntingdon per festeggiare le nozze di rubino di due persone alle quali ho rivolto la parola una sola volta per otto secondi da quando avevo tre anni, e solo per farmi vedere da un ricco divorziato che mi definisce bizzarra.»

«Non essere sciocca, tesoro.»

«Comunque adesso devo andare», ho detto, stupidamente, perché da quel momento lei ha cominciato a parlare a vanvera come se fossi nel braccio della morte e questa la nostra ultima telefonata prima dell'iniezione letale.

«Guadagna migliaia di sterline l'ora. Ha una sveglia sulla scrivania: tic-toc, tic-toc. Ti ho detto che ho visto Mavis Enderby all'ufficio postale?»

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«Mamma! Oggi è il mio primo giorno di lavoro. Sono molto nervosa. Non ho voglia di parlare di Mavis Enderby.»

«Oh, santi numi, tesoro! Che cosa ti metti?»

«La minigonna nera e una maglietta.»

«Non vorrai presentarti tutta vestita di scuro come una prostituta trascurata! Mettiti qualcosa di carino e colorato. Quel completino color ciliegia che portavi sempre una volta, per esempio. Ah, a proposito, te l'ho detto che Una ha fatto un viaggio sul Nilo?»

Grr. Quando ha riappeso ero così fuori di me che ho fumato cinque sigarette di fila. La giornata non è iniziata m.b.

Ore 21. Sono a letto, completamente esausta. Mi ero scordata quanto fosse orribile cominciare in un posto nuovo dove nessuno ti conosce, e si fa un'idea del tuo personaggio da ogni commento casuale che fai e da qualunque cosa vagamente strana ti esca di bocca. E non sei in grado neppure di andarti a rinfrescare il trucco senza chiedere dov'è il bagno delle signore.

Sono arrivata in ritardo, ma non certo per colpa mia. Non riuscivo a entrare negli studi, perché non avevo nessun pass e la porta era sorvegliata da quel genere di guardie giurate convinte che il loro lavoro consista nell'impedire l'ingresso al personale. Quando finalmente ho raggiunto la reception, non ho potuto salire da sola, ma ho dovuto aspettare che venissero a prendermi. Ormai erano le 9,25 e la riunione era alle 9,30. Finalmente è comparsa Patchouli con due enormi cani che abbaiavano come matti. Uno dei due mi è saltato addosso e ha cominciato a leccarmi la faccia, mentre l'altro mi ha subito infilato il muso su per la gonna.

«Sono di Richard. Non sono, cioè... forti?» ha detto lei. «Li porto in macchina e vengo.»

«Non arriverò in ritardo alla riunione?» ho chiesto angosciata, respingendo con tutt'e due le mani la testa del cane da in mezzo alle ginocchia. Lei mi ha squadrato dall'alto in basso come dire: «E allora?» e poi è sparita, trascinandosi dietro i cani.

Quando sono arrivata in ufficio, quindi, la riunione era già cominciata e si sono voltati tutti a guardarmi, tranne Richard, le cui forme gigantesche erano ricoperte da uno strano tutone di lana verde.

«Coraggio, coraggio!» stava dicendo, saltellando e sollecitando la tavolata con

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entrambe le mani. «Pensate alla funzione delle nove. Pensate a un vicario sporcaccione. Pensate ad atti sessuali in chiesa. Perché, mi domando, le donne s'innamorano dei preti? Coraggio. Non vi pago per guardare il soffitto. Fatevi venire un'idea.»

«Perché non intervistate Joanna Trollope?» ho domandato.

«Joanna chi?» ha fatto Richard, guardandomi senza capire.

«La Trollope, quella che ha scritto "La moglie del prete". Non lo avete visto in televisione? Lei dovrebbe saperle certe cose.»

Sulla faccia di Richard si è disegnato un sorriso furbesco. «Niente male», ha borbottato, rivolto alle mie tette. «Proprio niente male, come idea. Qualcuno ha il numero di Joanna Trollope?»

C'è stata una lunga pausa. «Be', a dire il vero io ce l'avrei», ho mormorato alla fine, sentendo ondate di odio provenire dai giovani rampanti.

Alla fine della riunione, sono corsa in bagno per ricompormi.

Ci ho trovato Patchouli che si rifaceva il trucco vicino alla sua amica, quest'ultima con addosso un vestitino che pareva verniciato sulla pelle e lasciava vedere mutandine "e" reggiseno.

«Non è troppo volgare, vero?» stava chiedendo l'amica a Patchouli. «Dovevi vedere le facce di quelle troie supertrentenni quando sono entrata... Oh!»

Mi hanno guardato tutt'e due a occhi sbarrati, tappandosi la bocca con le mani.

«Non parlavamo di te», si sono affrettate a dire.

Non so se riuscirò a sopportare tutto questo.

Sabato 9 settembre.

"Chilogrammi 56, 8 (grande vantaggio del nuovo lavoro con relativa tensione nervosa), alcolici 4, sigarette 10, calorie 1876, minuti passati ad avere conversazioni

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immaginarie con Daniel 24 (ottimo), minuti passati a immaginare repliche di conversazioni avute con mia madre dalle quali esco vittoriosa 94".

Ore 11,30. Perché, "perché" ho dato a mia madre le chiavi di casa? Per la prima volta in cinque settimane, affrontavo il weekend senza nessuna voglia di restare a guardare il muro scoppiando in lacrime. Ho lavorato tutta la settimana. Stavo cominciando a pensare che forse tutto si sistemerà, e non è affatto detto che io debba per forza finire divorata da un pastore alsaziano, quando è entrata lei con una macchina per cucire.

«Che cosa diavolo stai facendo, sciocchina?» ha trillato. Stavo pesando 100 grammi di cereali per la colazione servendomi di una tavoletta di cioccolato (i pesi per le bilance sono in once, ma non va bene, perché la tabella delle calorie è in grammi).

«Indovina, tesoro?» ha detto lei, cominciando ad aprire e richiudere le ante dei pensili.

«Cosa?» ho fatto io, in calzini e camicia da notte, cercando di pulirmi il mascara da sotto gli occhi.

«Malcolm ed Elaine hanno deciso di festeggiare le nozze di rubino a Londra, il ventitré, quindi potrai tranquillamente venire a tener compagnia a Mark.»

«Non ho voglia di tenere compagnia a Mark», ho risposto a denti stretti.

«Oh, ma è un uomo così in gamba. Ha studiato a Cambridge, sai. Pare che abbia fatto fortuna, in America...»

«Non vengo.»

«Suvvia, tesoro, non cominciare», ha protestato lei, come se avessi tredici anni. «Devi sapere che Mark ha finito la sua casa in Holland Park, e darà lui la festa per loro... sei piani, catering e tutto il resto. Che cosa pensi di metterti?»

«Ci vai con Julio o con papà?» ho chiesto, per zittirla.

«Non lo so, tesoro. Probabilmente con tutti e due», ha risposto con quel soffio particolare che riserva ai momenti in cui si crede Diana Dors.

«Non puoi!»

«Ma papà e io siamo ancora amici, tesoro. E anche con Julio siamo solo amici.»

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Grr. Grrr. Grrrr. Quando fa così, proprio non la reggo.

«Comunque, dirò a Elaine che sei felicissima dell'invito. Posso?» ha detto, riprendendo l'inspiegabile macchina per cucire per poi avviarsi alla porta. «Devo scappare. Addio!»

Non ho intenzione di passare un'altra serata a farmi sbandierare davanti a Mark Darcy come una cucchiaiata di purè di barbabietola davanti a un infante. Mi toccherà lasciare il paese o qualcosa del genere.

Ore 20. Vado a una cena. Adesso che sono di nuovo sola, i Felicemente Sposati hanno ripreso a invitarmi tutti i sabati sera, facendomi sedere di fronte a una selezione sempre più orripilante di uomini single. E' molto gentile da parte loro e lo apprezzo moltissimo, ma tutto questo sembra riuscire soltanto a sottolineare il mio fallimento nel campo sentimentale e la mia solitudine - anche se, a sentire Magda, dovrei sempre tener presente che essere single è molto meglio che avere un marito adultero e sessualmente incontinente.

Mezzanotte. Che serata. Cercavano tutti quanti di tenere su di morale l'uomo dispari (trentasette anni, appena divorziato per volere della moglie. Per dare un'idea di come la pensa: «Trovo che su Michael Howard si siano dette troppe inutili malignità»).

«Non so perché ti lamenti», ha detto Jeremy, cercando di consolarlo. «Gli uomini quando invecchiano diventano sempre più attraenti e le donne sempre meno, quindi tutte quelle ventiduenni che quando avevi venticinque anni non ti degnavano neppure di uno sguardo adesso ti sbaveranno dietro.»

Io ero seduta a testa bassa, e tremavo di collera nel sentire le loro illazioni sulla vita e gli appuntamenti «promozionali» delle donne - secondo loro paragonabili a un gioco delle sedie musicali in cui le ragazze che restano senza sedia (leggi uomo) quando la musica si ferma (leggi dopo la trentina), hanno perso la partita. Figuriamoci. Come se.

«Oh, certo, sono d'accordo anch'io sul fatto che cercarsi dei partner più giovani sia molto più divertente», sono sbottata, con una certa disinvoltura. «Superati i trenta gli uomini diventano "così" noiosi, con i loro mal di testa da sbronza e la loro angoscia ossessiva che tutte le donne cerchino d'intrappolarli nel matrimonio. In questo periodo gli unici che m'interessano "davvero" sono quelli che hanno appena superato la ventina. Sono molto più bravi a... be', insomma, sapete...»

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«Sul serio?» è saltata su Magda, con un interesse leggermente esagerato. «Ma come...»

«Sì, "a te" interessano», l'ha interrotta Jeremy, incenerendola con un'occhiata. «Il problema è che "tu" non interessi "a loro".»

«Scusate, ma il mio attuale accompagnatore ha ventitré anni», ho detto soavemente io.

C'è stato un silenzio carico di stupore.

«In questo caso», è intervenuto Alex, con un sorrisetto astuto, «perché il prossimo sabato non lo porti a cena con noi?»

Cavolo. Dove lo trovo un ventitreenne che il sabato sera rinunci a imbottirsi di ecstasy per venire a una cena di Felicemente Sposati?

Venerdì 15 settembre.

"Chilogrammi 57, alcolici 0, sigarette 4 (m b.), calorie 3222 (tramezzini delle ferrovie orribilmente impregnati di maionese), minuti passati a immaginare il discorso che farò quando darò le dimissioni dal nuovo lavoro 210".

Uffa. Riunione da incubo con quel prepotente del nostro capo Richard Finch che ha detto: «Bene. Harrods fa pagare una sterlina per pisciare nei suoi cessi. Pensate a delle Toilette Fantasia. Pensate a uno studio televisivo: Tony Blair e Major su assi ricoperte di pelliccia, braccioli con minischermo televisivo, carta igienica trapuntata. Bridget, tu monitorerai i giovani disoccupati. Pensate al nord, pensate ai giovani disoccupati che vanno a zonzo tutto il giorno, che vivono intensamente...»

«Ma... ma...» ho balbettato.

«Patchouli!» ha gridato lui, al che i cani sotto la sua scrivania si sono svegliati e hanno cominciato a saltare ovunque abbaiando.

«Sì?» ha urlato Patchouli sopra il frastuono. Portava un abito a metà polpaccio fatto

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all'uncinetto con un cappellone di paglia e, sopra, una giacca arancione di nylon lucido impunturato. Come se i vestiti che mi mettevo io da ragazzina fossero solo una barzelletta.

«Dove giriamo gli esterni sui giovani disoccupati?»

«A Liverpool.»

«Liverpool. Bene, Bridget. La troupe si piazzerà fuori da Boots nel centro commerciale, e trasmetterà dal vivo alle cinque e mezzo. Trovami sei giovani disoccupati.»

Più tardi, mentre uscivo per andare a prendere il treno, Patchouli mi ha gridato dietro, come se niente fosse: «Ah, Bridget, non è Liverpool, è qualcosa tipo... Manchester, okay?»

Ore 16, 45 . Manchester.

"Numero dei giovani disoccupati abbordati 44, numero dei giovani disoccupati che hanno acconsentito a farsi intervistare 0".

Treno Manchester-Londra delle 19. Alle 16,45 correvo come un'isterica tra le fioriere di cemento, farfugliando: «Scusi, lei ha un impiego? Non importa. Grazie».

«Che cosa si fa?» ha domandato il cameraman, senza neppure tentare di fingersi interessato. «Giovani disoccupati!» ho detto allegramente. «Torno subito.» Sono corsa dietro l'angolo e ho cominciato a darmi schiaffi sulla fronte. Sentivo Richard nell'auricolare, che diceva: «Bridget... Dove cazzo... Giovani disoccupati». Poi ho visto una cassa automatica poco lontano.

Alle 17,20 davanti alla telecamera erano allineati sei giovani sedicenti disoccupati, ciascuno con in tasca una frusciante banconota da 20 sterline, mentre io svolazzavo tutt'intorno scusandomi obliquamente di appartenere alla classe media. Alle 17,30 ho sentito il frastuono assordante della sigla e poi Richard che gridava: «Scusate, Manchester, ci scolleghiamo».

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«Ehm...» ho cominciato, guardando le sei facce ansiose. I giovani disoccupati devono aver pensato che soffro di una sindrome che mi spinge a fingere di lavorare in televisione. Peggio ancora, lavorando come una pazza per tutta la settimana e venendo a Manchester non ho potuto fare nulla contro il trauma da zero appuntamenti che sicuramente avrò domani. Poi a un tratto, mentre guardavo quei giovani strafottenti mandati dal cielo sullo sfondo della cassa automatica, nella mia mente ha cominciato a formarsi il germe di un'idea moralmente molto sospetta.

Mmm. Credo che la mia decisione di non tentare di attirare neppure uno dei giovani disoccupati alla cena di Cosmo sabato sera sia, tutto sommato, la più giusta. Sarebbe stato sbagliato e uno sfruttamento bello e buono. Tuttavia, in questo modo il problema rimane irrisolto. Penso proprio che andrò a fumarmi una bella sigaretta nella carrozza fumatori.

Ore 17,30. La «carrozza fumatori» non era altro che un mostruoso porcile in cui i fumatori, tristi e incattiviti, stavano uno sull'altro. Mi rendo conto che per i fumatori vivere dignitosamente non è più possibile: ormai sono ridotti a comprimersi nel viscido basso ventre dell'esistenza. Non mi sarei per niente stupita se la carrozza fosse stata misteriosamente staccata dal convoglio e deviata su qualche binario secondario per sparire per sempre dalla faccia della terra. Chissà, forse le ditte di trasporto ferroviario privatizzate cominceranno a mandare in giro Treni per Soli Fumatori, e al loro passaggio la gente dei paesi agiterà il pugno e lancerà pietre, e racconterà ai propri figli storie agghiaccianti su quegli strani esseri all'interno, che respirano il fuoco. Comunque, ho telefonato a Tom da uno di quei miracolosi apparecchi installati sul treno (come funzionano? Non hanno fili. E' stranissimo. Forse sono collegati alla rete attraverso un contatto elettrico tra le ruote e i fili) per lamentarmi della mia nuova crisi da zero appuntamenti con ventitreenni.

«Che cosa ne dici di Gav?» ha proposto lui.

«Gav?»

«Ma sì, quello che hai conosciuto alla Saatchi Gallery.»

«Credi che gli dispiacerebbe?»

«No. Hai fatto davvero colpo.»

«Non ci credo. Non dirlo!»

«Sì, invece. Smettila di angosciarti e lascia fare a me.»

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A volte credo che, senza Tom, affonderei senza lasciare traccia, come nelle sabbie mobili.

Martedì 19 settembre.

"Chilogrammi 56,8 (m.b.), alcolici 3 (m.b.), sigarette 0 (mi vergognavo troppo di fumare davanti a quei giovani strafottenti pieni di salute)".

Accidenti, mi devo sbrigare. Sto per andare a un appuntamento con un giovane strafottente di quelli che bevono solo Diet Coke. Gav si è rivelato assolutamente divino e sabato sera alla festa di Alex si è comportato in maniera squisita: ha fatto il gallo con tutte le mogli, è stato premurosissimo con me e ha parato le loro domande a trabocchetto sulla nostra «relazione» con la destrezza intellettuale di un alunno di All Souls. Sfortunatamente, nel taxi che ci ha riportati a casa ero talmente sopraffatta dalla gratitudine* che non ho saputo resistere alle sue avance**. Sono comunque riuscita a restare abbastanza padrona di me*** per non accettare il suo invito a salire per un caffè. Dopo, però, mi sono sentita in colpa per essermi comportata come una stuzzichina****, così quando Gav mi ha telefonato per invitarmi a cena a casa sua stasera ho accettato di buon grado*****.

* lussuria

** gli ho messo una mano sul ginocchio

*** del mio panico

**** non riuscivo a smettere di pensare: «Cavoli! Cavoli! Cavoli!»

***** riuscivo a malapena a contenere l'eccitazione

Mezzanotte. Mi sento come la Befana. Era passato così tanto tempo dal mio ultimo appuntamento che mi sentivo piena di me e non ho saputo resistere alla tentazione di

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vantarmi con il tassista del mio «ragazzo» e di essere stata invitata «a casa del mio ragazzo, che mi cucinerà una bella cenetta».

Sfortunatamente, però, quando siamo arrivati a destinazione, il numero 4 di Malden Road era un negozio di frutta e verdura.

«Vuole usare il mio telefono, cara?» ha detto stancamente il tassista.

Ovviamente non sapevo il numero di Gav, così ho dovuto fingere di telefonargli e di trovare occupato e poi telefonare a Tom cercando di chiedergli l'indirizzo di Gav in modo da non far capire al tassista che la storia del «ragazzo» era una vile menzogna. E' saltato fuori che si trattava del 44 di Malden Villas e non mi ero concentrata nel prendere nota. Lungo il tragitto, il tassista e io eravamo a corto di argomenti. Sicuramente mi ha scambiata per una prostituta o simili.

Quando sono arrivata, mi sentivo estremamente insicura. Come inizio era molto dolce e timido - un po' come andare a prendere il tè a casa di una potenziale Migliore Amica alle scuole medie. Gav aveva preparato spaghetti in brodo. I problemi sono cominciati quando, ultimati la preparazione e il servizio, le attività si sono ridotte alla conversazione. Chissà perché, abbiamo finito per metterci a parlare della principessa Diana.

«Sembrava una fiaba così bella. Mi ricordo che, il giorno del matrimonio, ero seduta su quel muretto fuori da Saint Paul», ho detto io. «Tu dov'eri?»

Gav sembrava in imbarazzo. «A dire il vero, all'epoca avevo solo sei anni.»

Alla fine abbiamo rinunciato a conversare e Gav, eccitatissimo (ecco la cosa che ricordo più favolosa dei ventiduenni), ha iniziato a baciarmi e a cercare contemporaneamente di entrare nei miei vestiti. Alla fine è riuscito a mettermi una mano sulla pancia e ha detto - è stato così umiliante - «Mmm... Sei tutta budinosa».

A quel punto non sono più riuscita a continuare. E' inutile. Sono troppo vecchia e mi conviene metterci una pietra sopra, dedicarmi all'insegnamento religioso in una scuola femminile e andare a vivere con l'insegnante di hockey.

Sabato 23 settembre.

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"Chilogrammi 57,1, alcolici 0, sigarette O (m.b.), bozze della risposta all'invito di Mark Darcy 14 (ma almeno ha preso il posto delle conversazioni immaginarie con Daniel)".

Ore 10. Bene. Scriverò una risposta all'invito di Mark Darcy e gli dirò chiaro e tondo che sarò impossibilitata ad andare. Non ho motivo per accettare. Non sono né un'amica intima né una parente, e mi perderei sia "Appuntamento al buio" sia "I casi della vita".

Però, insomma. E' uno di quegli assurdi inviti scritti in terza persona, come se tutti fossero così chic che ammettere direttamente in prima persona di aver organizzato una festa e chiedersi se ti piacerebbe venire fosse un po' come chiamare cesso la toilette delle signore. Mi sembra di ricordare dai tempi della mia gioventù che dovrei rispondere con lo stesso stile indiretto, come se fossi una persona immaginaria impiegata da me stessa per rispondere agli inviti di altre persone immaginarie impiegate dagli amici per diramare gli inviti. Che cosa devo scrivere?

"Bridget Jones è dispiaciuta di doverLa

informare che non potrà..."

"La signorina Jones è dolente di doverLa informare..."

"Disperata non è abbastanza per descrivere

i sentimenti della signorina Jones..."

"Addolorati La informiamo che il dispiacere

della signorina Jones al pensiero di non poter accettare

il cortese invito del signor Mark Darcy è stato tale

che si è buttata giù dalla finestra e pertanto mai come ora

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non potrà più accettare i cortesi inviti del signor..."

Oh, il telefono.

Era papà. «Bridget, tesoro, verrai all'orribile evento del prossimo sabato, vero?»

«Vuoi dire alle nozze di rubino dei Darcy?»

«Che altro se no? Dall'inizio di agosto, quando ha fatto l'intervista a Lisa Leeson, è l'unica cosa che sia riuscita a distrarre tua madre dal problema di chi si prenderà la vetrinetta di mogano e i tavolini cicogna.»

«Veramente speravo di bigiare.»

Dall'altra parte del filo ho sentito solo silenzio.

«Papà?»

C'è stato un singhiozzo soffocato. Papà stava piangendo. Credo che sia sull'orlo del collasso nervoso. Attenzione però: se fossi stata sposata con la mamma per trentanove anni, avrei anch'io un collasso nervoso, e senza bisogno della sua fuga con un tour operator portoghese.

«Che cosa c'è che non va, papà?»

«Oh, è solo che... Devi scusarmi. E' che... Speravo di bigiare anch'io.»

«E perché non bigi, allora? Evviva! Andiamocene al cinema, piuttosto.»

«E' che...» La voce gli ha nuovamente ceduto. «E' il pensiero che lei ci vada con quel portoghese imbrillantinato, profumato e tutto vaporoso, e di tutti i miei colleghi e amici da quarant'anni che li salutano dicendo loro 'salve!' e mi depennano perché ormai sono storia.»

«Non lo faranno.»

«Sì che lo faranno, invece. Sono più che deciso ad andare, Bridget. Mi metterò i miei stracci della festa e terrò la testa alta e... ma...» Di nuovo singhiozzi.

«Ma?»

«Mi serve un appoggio morale.»

Page 173: Fielding Helen - Il Diario Di Bridget Jones

Ore 11,30.

"La signorina Bridget Jones è molto felice..."

"La signorina Jones ringrazia il signor Mark Darcy per il..."

"E' con grande piacere che la signorina Jones accetta..."

Oh, per l'amor del cielo.

"Caro Mark,

grazie per avermi invitata alle nozze di rubino di Malcolm ed Elaine. Sarò molto felice di venire.

Tua

Bridget Jones"

Mmm.

"Tua

Bridget"

O, più semplicemente,

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"Bridget

Bridget (Jones)"

Bene. Lo metterò in bella copia e controllerò l'ortografia, poi andrò a imbucarlo.

Martedì 26 settembre.

"Chilogrammi 57,3, alcolici 0, sigarette 0, calorie 1256, lotteria istantanea 0, pensieri angosciati su Daniel 0, pensieri negativi 0. Praticamente una perfetta santerellina".

E' fantastico quando, invece di preoccuparti di cose volgari come gli uomini e le relazioni sentimentali, cominci a pensare alla carriera. A "Buon pomeriggio!" va tutto a gonfie vele. Chissà che non sia particolarmente portata per la T.V. popolare. La notizia più eccitante è che mi faranno provare a parlare davanti alle telecamere.

Alla fine della scorsa settimana Richard Finch si è messo in testa di voler fare uno special dal vivo con degli inviati incaricati di seguire le emergenze in giro per tutta la capitale. All'inizio non ha avuto molta fortuna: la gente, infatti, si aggirava per l'ufficio bisbigliando che aveva ricevuto risposta negativa da tutte le unità d'emergenza, dalle forze di polizia e dalle ambulanze delle contee limitrofe. Ma stamattina, quando sono arrivata, mi ha afferrata per una spalla gridando «Bridget! Ci siamo! Fuoco. Ti voglio in onda. Sto pensando alla tua minigonna. Sto pensando a un elmetto da pompiere. Sto pensando a una manichetta antincendio».

Da quel momento è stato tutto un caos, con il tran-tran del notiziario completamente accantonato e tutti quanti che farfugliavano al telefono parlando di collegamenti, ripetitori e riprese esterne. Comunque, il grande avvenimento è per domani e devo trovarmi dai vigili del fuoco di Lewisham alle undici in punto. Questa sera voglio telefonare a tutti perché seguano la trasmissione. Non vedo l'ora di dirlo alla mamma.

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Mercoledì 27 settembre.

"Chilogrammi 56,3 (mi sono ristretta per l'imbarazzo), alcolici 3, sigarette 0 (dai pompieri è vietato fumare) e poi 12 in una sola ora, calorie 1584 (m.b.)".

Ore 21. In vita mia non mi ero mai sentita così umiliata. Ho passato tutta la giornata a provare e organizzare ogni cosa. L'idea era che, appena collegati con Lewisham, io dovevo scivolare giù da una pertica e mettermi a intervistare un pompiere. Alle cinque, quando siamo andati in onda, ero appollaiata in cima alla pertica, pronta a dare il segnale e a scivolare giù. Poi, all'improvviso, ho sentito Richard gridare nell'auricolare: «Via, via, via, via!» così ho mollato la presa e ho cominciato a scivolare. A quel punto lui ha continuato: «Via, via, Newcastle! Bridget, aspetta dove sei. Arriviamo da te fra trenta secondi».

Ho pensato di scendere fino in fondo e risalire di corsa su per le scale, ma avevo fatto solo qualche decina di centimetri, così ho preferito cercare di tirarmi su. Poi, a un tratto, ho sentito un urlo assordante nell'orecchio. «Bridget! Siamo da te. Ma che cavolo stai facendo? Devi scendere dalla pertica, non arrampicartici. Vai, vai, vai.»

Ho sorriso istericamente alla telecamera e sono piombata giù, atterrando, come previsto, ai piedi del pompiere che dovevo intervistare.

«Lewisham, non abbiamo più tempo. Chiudere, chiudere, Bridget», mi ha strillato Richard nell'orecchio.

«E ora di corsa in studio», ho detto, ed è finita lì.

Giovedì 28 settembre.

"Chilogrammi 56,8, alcolici 2 (m.b.), sigarette 11 (b.), calorie 1850, offerte di lavoro dai vigili del fuoco o dalle stazioni T.V. rivali 0 (forse non è del tutto sorprendente)".

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Ore 11. Sono caduta in disgrazia e tutti ridono di me. Richard Finch mi ha umiliata in riunione davanti a tutti, indirizzandomi a raffica parole come «strage», «disgrazia», e «maledetta inguaribile idiota».

Pare che «E ora di corsa in studio» sia diventata la battuta più di moda in ufficio. Ogni volta che qualcuno si sente fare una domanda a cui non sa rispondere, dice: «Ehm... e ora di corsa in studio», e giù a ridere. La cosa strana è che i giovani rampanti adesso sono molto più carini con me. Persino Patchouli è venuta su a dirmi: «Oh, cioè... non fare caso a Richard, d'accordo? Lui è, cioè, sai, il capo, ecco. Capisci che cosa sto dicendo? Quella cosa della pertica dei pompieri è stata davvero... cioè, rivoluzionaria e brillante, ecco. Comunque, cioè... e ora di corsa in studio, okay?»

Adesso Richard Finch o mi ignora, oppure scuote incredulo la testa ogni volta che mi incrocia, e per tutta la giornata non mi ha dato nessun incarico.

Come mi sento depressa. Una volta tanto credevo di aver trovato qualcosa che sapevo fare bene e adesso ho mandato tutto all'aria, e, come se non bastasse, sabato ci saranno quelle insopportabili nozze di rubino e io non ho nulla da mettere. Non sono brava in niente. Non sono brava con gli uomini. Non sono brava in società. Non sono brava sul lavoro. In niente.

OTTOBRE.

Appuntamento con Darcy.

Domenica 1° ottobre.

"Chilogrammi 56,3, sigarette 17, alcolici 0 (m b., soprattutto a una festa)".

Ore 4. Una delle serate più sbalorditive della mia vita.

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Dopo la depressione di venerdì, è arrivata Jude, che mi ha fatto promettere di avere un atteggiamento più positivo in generale e ha portato con sé il suo fantastico abito nero, da mettere per la festa. Avevo paura di macchiarlo o strapparlo, ma Jude ha detto che, grazie al suo lavoro di responsabilità, ha un mucchio di soldi e vestiti, e quindi di non preoccuparmi, perché non aveva la minima importanza. Adoro Jude. Le donne sono così più simpatiche degli uomini (a parte Tom, ma lui è omosessuale). Ho deciso di completare il suo fantastico vestito con calze nere a lustrini (6 sterline e 95) e le scarpe scamosciate nere senza tacco di Pied-à-terre (ho tolto il purè).

Arrivando alla festa ho avuto uno choc, perché la casa di Mark Darcy non era, come mi aspettavo, una costruzione lunga e stretta con giardinetto terrazzato in Portland Road o simili, ma un'enorme villa isolata stile torta di nozze dall'altra parte di Holland Park Avenue (dove dicono viva Harold Pinter), circondata dal verde.

Per suo padre e sua madre, poi, Mark aveva strafatto. Gli alberi erano tutti disseminati di lucine rosse e file di cuori rossi luminosi che facevano davvero tenerezza, e il vialetto di accesso alla porta principale era coperto dall'inizio alla fine da una tenda a strisce bianche e rosse.

Sulla porta la cosa si è fatta ancora più promettente, perché siamo stati accolti da uno stuolo di domestici che ci hanno offerto dello champagne e hanno preso in consegna i nostri regali (ho regalato a Malcolm ed Elaine le canzoni d'amore di Perry Como dell'anno in cui si sono sposati, più un fornelletto di terracotta per bruciare gli oli essenziali come dono extra per Elaine, che mi aveva fatto mille domande sugli oli essenziali al buffet freddo a base di tacchino al curry). Dopodiché siamo stati invitati a scendere uno scalone hollywoodiano di legno chiaro, illuminato da candele rosse a forma di cuore su ogni gradino. In fondo c'erano un salone con il pavimento di legno scuro e una serra affacciata sul giardino. Il salone era completamente illuminato da candele. Papà e io siamo rimasti immobili a guardare, senza parole.

Invece degli stuzzichini da cocktail che ti aspetteresti a una festa di persone di una certa età - antipastiere di vetro intagliato piene di cetriolini; piatti con tovagliolini a punto croce e mezzi pompelmi irti di bastoncini da cocktail con infilzati dadini di formaggio e ananas - c'erano grandi vassoi d'argento carichi di wanton ai gamberetti, tartine di pomodoro e mozzarella e canapè di pollo. Gli ospiti avevano l'aria di non poter credere ai loro occhi, e ridevano buttando indietro la testa. Una Alconbury aveva l'espressione di chi ha appena mangiato un limone.

«Oddio», ha esclamato papà, seguendo la direzione del mio sguardo, mentre Una ci piombava addosso. «Non credo che tutto questo le piacerà, e nemmeno alla mamma.»

«Un po' esagerato, non trovate?» ha detto Una appena è arrivata a portata d'orecchio, stringendosi stizzosamente nella stola. «Quando sono portate così all'estremo, certe cose diventano pacchiane.»

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«Oh, non essere assurda, Una. E' una festa strepitosa», ha commentato papà, servendosi il diciannovesimo canapè.

«Mmm, è quello che dico anch'io», gli ho dato man forte, addentando una tartina, mentre la mia coppa di champagne si riempiva come per miracolo. «E' semplicemente fantastica.» Dopo essermi preparata psicologicamente per tutto quel tempo a un doppio inferno jaegeriano, mi sentivo semplicemente euforica. E nessuno mi aveva ancora chiesto come mai non sono sposata.

«Uff», ha borbottato Una.

Adesso stava piombando su di noi anche la mamma.

«Bridget!» ha urlato. «Hai già salutato Mark?»

Tutto a un tratto mi sono resa conto con terrore che anche Una e la mamma tra poco arriveranno alle nozze di rubino. Conoscendo mia madre, è altamente improbabile che permetta a un dettaglio insignificante come il fatto di aver lasciato papà per scappare con un tour operator di ostacolare i festeggiamenti, e sicuramente sarà più che decisa a non lasciarsi eclissare da Elaine Darcy a nessun prezzo, anche a costo di sacrificare una figlia inerme in un matrimonio combinato.

«Tieni duro, e fatti valere», ha detto mio padre, strizzandomi un braccio.

«Che casa stupenda! Non hai una bella stola da mettere sulle spalle, Bridget? Quanta forfora!» ha trillato la mamma, spazzolando la schiena di papà. «Ora, tesoro, dimmi perché non vuoi parlare con Mark.»

«Be', io...» ho mormorato.

«Che cosa ne pensi, Pam?» ha sibilato Una tutta tesa, indicando con il mento la stanza.

«Una pacchianata», ha bisbigliato la mamma, parlando in punta di labbra.

«Esattamente le mie parole», ha detto trionfante Una, muovendo la bocca senza far uscire la voce. «Non è così che ho detto, Colin? Pacchiano.»

Mi sono guardata nervosamente attorno e ho avuto un sussulto di paura. A meno di un metro da noi, gli occhi fissi sul nostro gruppetto, c'era Mark Darcy. Doveva aver sentito tutto. Ho aperto la bocca per dire qualcosa - non so bene che cosa - nel tentativo di salvare la situazione, ma lui si è allontanato.

La cena è stata servita nel «salotto grande» al pianterreno e io mi sono ritrovata in

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coda sulle scale proprio dietro di lui.

«Salve», gli ho detto, sperando di farmi scusare per la villania di mia madre. Lui si è guardato attorno, mi ha completamente ignorata e poi è tornato a fissare davanti a sé.

«Salve», ho ripetuto, dandogli un colpetto sul braccio.

«Oh, salve, scusa, non ti avevo visto», ha detto lui.

«Una festa meravigliosa», ho fatto io. «Grazie per avermi invitata.»

Mi ha fissata per un istante. «Non sono stato io a invitarti. E' stata mia madre. Comunque... Devo andare a vedere la... disposizione dei posti a tavola. A proposito, il tuo servizio sulla stazione dei vigili del fuoco di Lewisham mi è piaciuto moltissimo.» Con questo si è girato ed è salito a precipizio su per le scale, scansando gli invitati e domandando scusa mentre io vacillavo sui gradini. Al diavolo.

Quando è arrivato in cima, è comparsa Natasha inguainata in uno stupendo vestito di satin d'oro. Gli ha afferrato possessivamente un braccio e, nella fretta, ha inciampato in una delle candele, che le ha imbrattato di cera rossa l'orlo del vestito. «Chezzo», ha detto. «Chezzo.»

Mentre sparivano tra la gente, le ho sentito dire con aria seccata: «Te l'avevo detto che era ridicolo passare tutto il pomeriggio a sistemare candele in punti pericolosi, dove la gente ci può cadere sopra. Avresti fatto molto meglio a controllare che la disposizione a tavola fosse...»

Buffo, invece, ma la disposizione era a dir poco geniale. La mamma non era né vicino a papà né vicino a Julio, ma accanto a Brian Enderby, con il quale adora civettare. Julio era vicino all'elegantissima zia cinquantacinquenne di Mark Darcy, a sua volta fuori di sé dalla gioia. Mio padre era rosso di piacere, seduto accanto a una sosia di Shakira Caine. Io ero eccitatissima. Chissà, forse mi avevano infilata tra due degli amici sciccosi di Mark, avvocati di grido o, magari, bostoniani. Ma mentre cercavo il mio nome sulla mappa una voce familiare mi ha cinguettato all'orecchio: «Allora, come sta la mia piccola Bridget? Pensa quanto sei fortunata. Guarda, ti hanno messa proprio vicino a me. Una mi ha detto che hai rotto con il tuo amico. Ma io non so. Caara! Quando riusciremo a vederti sposata?»

«Spero proprio che, quando sarà il momento, potrò essere io a celebrare», mi ha blaterato una vocetta all'altro orecchio. «Un nuovo omerale mi ci vorrebbe proprio. Mmm. Di seta color albicocca. O magari una nuova veste talare a trentanove bottoni, di Gamirellis.»

Molto premurosamente, Mark mi aveva messa tra Geoffrey Alconbury e il vicario

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finocchio.

C'è da dire che, una volta bevuto qualche bicchiere, la conversazione è stata tutt'altro che stentata. Ho chiesto al vicario la sua opinione riguardo il miracolo delle statue indiane di Ganesh, il dio Elefante, che bevono latte. Mi ha risposto che, nell'ambiente ecclesiastico, corre voce che il miracolo sia imputabile all'effetto, sulla terracotta di cui sono fatte le statue, di un'estate molto calda seguita dal freddo improvviso.

Alla fine della cena, quando gli invitati hanno iniziato a scendere lo scalone per andare a ballare, stavo ancora pensando a quanto mi aveva detto. Sopraffatta dalla curiosità, e ansiosa di evitare di dover ballare il twist con Geoffrey Alconbury, mi sono scusata, senza dare nell'occhio ho preso dal tavolo un cucchiaino e un piccolo bricco di latte e mi sono intrufolata nella stanza in cui - dando ragione a Una a proposito dell'elemento pacchiano della serata - i regali erano già stati scartati e messi in bella mostra.

Mi ci è voluto un po' per localizzare il fornelletto di terracotta, perché era stato messo in seconda fila, ma ho potuto tranquillamente versare un goccio di latte nel cucchiaino, inclinarlo e accostarlo al bordo del foro in cui s'infila la candela. Non volevo crederci. Il fornelletto stava bevendo il latte. Lo vedevo prosciugarsi a poco a poco dal cucchiaino.

«Oh, mio Dio, un miracolo!» ho esclamato. Come facevo a immaginare che Mark Darcy stava passando di lì proprio in quel momento?

«Che cosa fai?» mi ha chiesto, fermandosi sulla porta.

Non ho saputo che cosa rispondere. Evidentemente pensava che volessi rubare i regali.

«Be'?» ha insistito.

«Il fornelletto per gli oli essenziali che ho regalato a tua madre beve il latte», ho mormorato senza sorridere.

«Non essere ridicola», ha commentato lui, ridendo.

«Ti dico che è vero!» ho protestato indignata. «Guarda.»

Ho versato dell'altro latte nel cucchiaino, l'ho accostato alla terracotta e, sicuro come l'oro, il fornelletto ha cominciato a scolarselo.

«Hai visto?» ho detto, tutta orgogliosa. «E' un miracolo.»

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Lui è rimasto impressionato, ve lo garantisco. «Hai ragione», ha sussurrato. «E' un miracolo.»

In quell'istante si è affacciata alla porta Natasha. «Oh, salve», ha detto, vedendomi. «Oggi niente completo da coniglietta, vedo», e ha fatto una risatina, per far passare il suo commento acido per una battuta.

«Noi conigliette d'inverno vestiamo così, per non sentire freddo», ho risposto.

«John Rocha?» ha chiesto lei, esaminando il vestito di Jude. «Dello scorso autunno? Riconosco l'orlo.»

Ho cercato qualcosa di veramente brillante e tagliente da ribattere, ma sfortunatamente non mi è venuto niente. Così, dopo una pausa assolutamente cretina, ho detto: «Comunque, siete sicuramente ansiosi di girare tra i vostri ospiti. E' stato un piacere. Addio!»

Ho deciso che avevo bisogno di uscire per respirare un po' d'aria fresca e fumarmi una sigaretta. Era una splendida notte calda e stellata, con la luna che illuminava i cespugli di rododendro. Personalmente, i rododendri non mi hanno mai entusiasmato. Mi ricordano le case vittoriane della campagna del nord di D. H. Lawrence, dove la gente annega nei laghi. Sono scesa in giardino. Stavano suonando valzer viennesi in un bellissimo stile un po' "fin de millénium" quando, all'improvviso, ho sentito un rumore sopra di me. C'era una figura che si stagliava contro una portafinestra. Era un adolescente biondo, attraente, un tipo da college.

«Salve», ha detto lui. Si è acceso una sigaretta con mano malferma e ha sceso le scale senza togliermi gli occhi di dosso. «Immagino che tu non abbia voglia di ballare. Oh, scusami», ha continuato, tendendomi la mano come se fossimo nella giornata in cui Eton è aperta al pubblico e lui un ex segretario agli affari interni che ha dimenticato le buone maniere. «Simon Dalrymple.»

«Bridget Jones», ho risposto, dandogli rigidamente la mano e sentendomi come un membro di un gabinetto di guerra.

«Salve. Già. E' un vero piacere conoscerti. "Possiamo" ballare?» ha domandato, ritornando un tipo da college.

«Mah, non saprei, cosa vuoi...» ho risposto, trasformandomi in una donnaccia mezza sbronza e uscendomene senza volerlo con una risata roca da prostituta in un'osteria di Yates.

«Voglio dire qua fuori. Solo per un momento.»

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Ho esitato. A dire la verità, mi sentivo lusingata. Questo incontro e il fatto di aver prodotto un miracolo sotto gli occhi di Mark Darcy cominciavano a darmi alla testa.

«Ti prego», ha insistito Simon. «Non ho mai ballato con una donna più vecchia di me. Oh, scusa, mi dispiace, non volevo», si è scusato, vedendo la mia faccia. «Intendevo dire, qualcuno che ha finito di andare a scuola», si è corretto, afferrandomi impetuosamente la mano. «Ti dispiace? Te ne sarei tremendamente, tremendamente grato.»

Simon Dalrymple evidentemente studia ballo fin dalla nascita, quindi farmi guidare avanti e indietro è stato tutt'altro che spiacevole, ma il guaio è che sembrava avere, insomma, per dirla in parole povere, l'erezione più enorme in cui abbia mai avuto la fortuna d'imbattermi, e ballare così avvinghiati non era qualcosa che si potesse prendere sottogamba.

«Adesso tocca a me, Simon», ha detto una voce. Era Mark Darcy. «Coraggio, va' dentro. Dovresti essere a letto a quest'ora.»

Simon sembrava del tutto annientato. E' diventato paonazzo ed è corso dentro, dove impazzava la festa.

«Posso?» ha detto Mark, tendendomi una mano.

«No», ho risposto io, furibonda.

«Che cosa ti prende?»

«Niente», ho detto io, cercando disperatamente di giustificare tutta quella collera. «E' stato orribile da parte tua trattare così quel povero ragazzo, approfittare del tuo peso per umiliarlo proprio in quell'età così sensibile.» Poi, notando la sua espressione confusa, ho proseguito: «Comunque sei stato carino a invitarmi alla tua festa. E' meravigliosa. Grazie mille. Una favola».

«Sì, credo che tu lo abbia già detto», ha risposto lui, sbattendo le palpebre. La verità è che sembrava piuttosto agitato, e offeso.

«Io...» Si è interrotto, poi ha cominciato a passeggiare su e giù per il patio, sospirando e passandosi la mano tra i capelli. «Come va il... Hai letto qualche buon libro, ultimamente?» Roba da non crederci.

«Mark», ho risposto, «se me lo chiedi un'altra volta, ti prendo a schiaffi. Perché non mi domandi qualcos'altro? Prova a cambiare. Chiedimi se ho degli hobby, un'opinione sulla moneta unica europea, o se ho avuto esperienze particolarmente disastrose con il preservativo.»

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«Io...» ha riprovato lui.

«Oppure con chi andrei a letto se dovessi scegliere tra Douglas Hurd, Michael Howard e Jim Davidson. Non c'è gara: ci andrei con Douglas Hurd.»

«Douglas Hurd?»

«Sì. Deliziosamente rigido, ma bello.»

«Mmm», ha borbottato lui, meditabondo. «Lo dici tu, ma Michael Howard ha una moglie estremamente attraente e intelligente. Deve aver un fascino segreto.»

«Per esempio?» ho domandato infantilmente, sperando che dicesse qualcosa sul sesso.

«Be'...»

«Potrebbe essere bravo a letto», ho suggerito.

«O un vasaio fantasticamente abile.»

«O un aromaterapeuta qualificato.»

«Vuoi uscire a cena con me, Bridget?» mi ha chiesto bruscamente e quasi infastidito, come se avesse intenzione di mettermi a sedere a un tavolo da qualche parte e di dirmene quattro.

Mi sono bloccata e l'ho guardato. «E' stata mia madre a costringerti?» ho chiesto, sospettosa.

«No. Io...»

«Una Alconbury?»

«No, no.»

A un tratto mi sono resa conto di quello che stava succedendo. «E' stata tua madre, non è così?»

«Mia madre veramente ha...»

«Non voglio che mi inviti a cena solo perché te lo ha chiesto tua madre. E poi di che cosa parleremmo? Tu mi chiederesti se ultimamente ho letto qualche buon libro e io mi vedrei costretta a inventare qualche pietosa bugia e...»

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Mi ha guardato costernato. «Ma Una Alconbury mi ha detto che sei un'esperta di letteratura, una patita di libri.»

«Davvero?» ho fatto io, improvvisamente compiaciuta all'idea. «Che cos'altro ti ha detto?»

«Che sei una femminista accesa e fai una vita assolutamente affascinante...»

«Oh», ho fatto le fusa io.

«... con milioni di uomini che ti invitano fuori.»

«Però.»

«Ho saputo di Daniel. Mi dispiace.»

«Immagino tu abbia cercato di mettermi in guardia», ho borbottato, cupa. «Che cos'hai contro di lui?»

«E' andato a letto con mia moglie. Due settimane dopo le nozze.»

L'ho guardato attonita, ma una voce sopra di noi ha gridato: «Ma-ark!» Era Natasha, che si stagliava contro le luci e si sporgeva per vedere che cosa stessimo facendo.

«Ma-ark!» ha chiamato di nuovo. «Che cosa ci fai lì giù?»

«Lo scorso Natale», ha continuato lui, in fretta, «pensavo che, se mia madre avesse pronunciato ancora una volta il nome 'Bridget Jones', sarei andato al "Sunday People" e l'avrei accusata di aver abusato di me con una pompa di bicicletta quando ero bambino. Poi, quando ti ho incontrato... e avevo addosso quel ridicolo maglione a rombi! Ma me lo aveva regalato Una Alconbury per Natale. Bridget, tutte le altre donne che conosco sono così... patinate! Non conosco nessun'altra che sarebbe disposta a cucirsi una coda da coniglio dietro il sedere, e neppure...»

«Mark!» ha tuonato Natasha, marciando giù per le scale diretta verso di noi.

«Ma tu sei già occupato», gli ho detto, con una certa ovvietà.

«Non più, a dire il vero. Solo a cena. Qualche volta.»

«D'accordo», ho bisbigliato. «D'accordo.»

Dopodiché ho pensato che fosse meglio andare a casa: Natasha avrebbe sorvegliato ogni mia mossa, nemmeno fossi un coccodrillo che si avvicinava troppo alle sue

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uova, e ormai avevo dato a Mark Darcy il mio indirizzo e numero di telefono, ed eravamo d'accordo per vederci martedì sera. Mentre attraversavo la sala da ballo ho visto la mamma, Una ed Elaine Darcy che parlavano animatamente con Mark, e non ho potuto fare a meno di immaginare che faccia avrebbero fatto se avessero saputo cos'era appena successo. All'improvviso ho avuto una visione del buffet freddo a base di tacchino al curry dell'anno prossimo, con Brian Enderby che si tira su la cinta dei pantaloni e dice: «Però, è bello vedere i giovani che si divertono», e Mark Darcy e io costretti a esibirci davanti ai vecchi, a strofinare i nasi o fare del sesso davanti a loro, come due foche da circo.

Martedì 3 ottobre.

"Chilogrammi 56,8, alcolici 3 (m.b.), sigarette 21 (male), numero di volte che ho detto «bastardo» nelle ultime 24 ore 369 (circa)".

Ore 19,30. Completamente in preda al panico. Tra mezz'ora mi passa a prendere Mark Darcy. Sono appena tornata a casa dal lavoro con i capelli impazziti e addosso della biancheria da crisi da bucato. Aiuto! Pensavo di mettere i 501 bianchi, ma adesso mi è venuto in mente, con mio grande terrore, che Mark potrebbe essere di quelli che ti portano nei ristorantini eleganti. Oddio, non ho niente di elegante da mettere. Forse si aspetta che mi presenti con il codino da coniglio? Non che sia particolarmente interessata a lui.

Ore 19,50. Cielo! Non mi sono ancora lavata i capelli. Faccio un bagno lampo.

Ore 20. Mi sto asciugando la testa. Spero vivamente che Mark Darcy sia in ritardo, perché non voglio che mi trovi in vestaglia e con i capelli bagnati.

Ore 20,05. I capelli sono più o meno asciutti. Devo solo truccarmi, vestirmi e buttare il disordine dietro il divano. E' meglio che mi dia delle priorità. Prima di tutto viene il

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trucco, poi la cancellazione del disordine.

Ore 20,15. Non è ancora arrivato. M.b. Mi piacciono gli uomini che arrivano tardi: sono sicuramente meglio di quelli che arrivano presto, facendoti spaventare e gettandoti nel panico, e scovando per tutta la casa oggetti poco decorosi che non hai avuto il tempo di nascondere.

Ore 20,20. Ecco, adesso sono pronta. Magari, però, cambio vestito.

Ore 20,30. E' strano. Arrivare con più di mezz'ora di ritardo non mi sembra da lui.

Ore 21. Non ci posso credere. Mark Darcy mi ha bidonata. Bastardo!

Giovedì 5 ottobre.

"Chilogrammi 57,3 (male), snack al cioccolato 4 (male), numero delle volte che ho guardato il video 17 (male)".

Ore 11. Sono nei cessi dell'ufficio. Oh, no, no. Come se l'umiliante bidone di martedì non bastasse, nella riunione di stamane mi sono ritrovata al centro dell'attenzione negativa di tutti.

«Bene, Bridget», ha cominciato Richard Finch. «Ti darò un'altra possibilità. Il processo a Isabella Rossellini. Il verdetto è atteso per oggi. Penso che se la caverà. Fiondati all'Alta Corte. Non ti voglio veder arrampicare su nessuna pertica, e neppure sui lampioni. Voglio un'intervista come si deve. Domandale se questo vuol dire che d'ora in poi tutti quanti, quando non abbiamo voglia di fare del sesso con una persona, possiamo farla fuori. Che cosa aspetti, Bridget? Fila!»

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Non avevo idea, neppure la più pallida idea, di che cosa stesse dicendo.

«Hai notato che c'è un processo a Isabella Rossellini, no?» mi ha chiesto Richard. «Li leggi ogni tanto i giornali, o no?»

Il problema, con questo lavoro, è che tutti quanti non fanno che rovesciarti addosso nomi o vicende e hai una frazione di secondo per decidere se ammettere o meno di non sapere di cosa stiano parlando, e se ti lasci scappare il momento passerai mezz'ora cercando disperatamente di capire di che cosa stai discutendo approfonditamente con l'aria di chi la sa lunga: esattamente quello che è successo a me con Isabella Rossellini.

E ora devo incontrarmi entro cinque minuti all'Alta Corte con una troupe che mi terrorizza, per fare un servizio televisivo su qualcosa che non so minimamente che cosa sia.

Ore 11,05. Grazie, Dio, per avermi dato Patchouli. Appena uscita dal bagno l'ho vista mentre veniva trascinata dai cani di Richard, che tiravano come matti legati al guinzaglio.

«Tutto bene?» mi ha chiesto. «Hai l'aria sbattuta.»

«No, no, sto bene.»

«Sicura?» Mi ha fissata per un momento. «Senti, cioè, lo sai che non stava parlando di Isabella Rossellini alla riunione, vero? Intendeva dire Elena Rossini.»

Grazie a Dio e a tutti i suoi angeli. Elena Rossini è la tata accusata di aver ucciso il suo datore di lavoro dopo che lui l'ha sottoposta - a quanto si dice - a ripetute violenze carnali e l'ha tenuta sequestrata in casa per diciotto mesi. Ho acchiappato al volo un paio di giornali per informarmi e sono corsa a prendere un taxi.

Ore 15. Non posso credere a quello che è appena successo. Ciondolavo da ore fuori dall'Alta Corte con la troupe e un'intera banda di giornalisti, tutti in attesa della fine del processo. A essere sincera, ci stavamo divertendo come matti. Stavo cominciando persino a vedere il lato buffo di essere bidonata dal signor Mark Darcy Braghe con la Piega, quando tutto a un tratto mi sono accorta di essere rimasta senza sigarette. Così ho bisbigliato al cameraman, che è simpaticissimo, se secondo lui potevo correre a comprarle e tornare nel giro di cinque minuti, e lui mi ha detto va bene, perché quando stanno per uscire te lo fanno sempre sapere un momento prima, e in questo

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caso sarebbero corsi a chiamarmi.

Quando hanno sentito che andavo a prendere le sigarette, un mucchio di giornalisti mi hanno chiesto se potevo comprarle anche a loro, e qualcuno voleva anche delle caramelle, così mi ci è voluto un po' per tornare. Ero nel negozio e stavo cercando di tenere separati i resti con l'aiuto del negoziante, quando è entrato un tale, evidentemente di gran fretta, dicendo: «Le dispiacerebbe darmi una scatola di Quality Street?» Come se io non esistessi. Il povero negoziante mi ha guardata, senza sapere che cosa fare.

«Scusi, la parola 'coda' non significa niente per lei?» ho detto con petulanza, voltandomi a guardarlo. Ho emesso uno strano suono: era Mark Darcy, tutto vestito da avvocato. Mi ha fissato anche lui, in quel suo modo particolare.

«Dove accidenti sei finito l'altra sera?» gli ho chiesto.

«Potrei chiedere la stessa cosa a te», ha replicato lui, gelido.

In quel momento è piombato in negozio il secondo cameraman. «Bridget!» ha gridato. «Ci siamo persi l'intervista. Elena Rossini è uscita e se n'è andata. Mi hai preso le caramelle?»

Senza parole, mi sono aggrappata al bordo del bancone per non cadere.

«Ci siamo persi l'intervista?» ho detto, appena sono tornata padrona del mio ritmo respiratorio. «Ce la siamo persa? Oh, Dio mio. Era la mia ultima possibilità dopo la pertica dei pompieri e io ero qui a comprare caramelle. Mi licenzieranno. Gli altri ce l'hanno fatta?»

«No, nessuno», ha detto Mark Darcy.

«No?» ho ripetuto io, guardandolo disperata. «Ma tu come fai a saperlo?»

«Sono il suo avvocato difensore, e le ho consigliato di non rilasciarne», ha risposto, facendo spallucce. «Guarda, è là fuori, nella mia macchina.»

Mentre guardavo, Elena Rossini ha sporto la testa dal finestrino e con accento straniero ha gridato: «Mark, scusa. Potresti portarmi degli After Eight invece delle Quality Street?» In quel momento ha accostato al marciapiede la mia troupe.

«Derek!» ha strillato dal finestrino il primo cameraman. «Prendici una Fiesta e un Mars, ti spiace?»

«Allora, dov'eri l'altra sera?»

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«A casa ad aspettare te!» ho detto a denti stretti.

«E alle otto e cinque, quando ti ho suonato alla porta una dozzina di volte?»

«Mi stavo...» ho risposto, cominciando a capire e a sudare freddo «... asciugando i capelli.»

«Con un phon potente?»

«Milleseicento volt», ho ribattuto tutta orgogliosa. «Perché?»

«Forse dovresti procurartene uno più silenzioso e cominciare la toilette un po' prima. Comunque, adesso vieni con me», mi ha detto Mark, ridendo. «Fa' preparare la tua troupe. Vedrò che cosa posso fare per voi.»

Che imbarazzo. Sono una perfetta cretina.

Ore 21. Non riesco a credere a quanto meravigliosamente bene sia andato tutto quanto. Ho appena rivisto per la quinta volta i titoli di "Buon pomeriggio!"

«In esclusiva a "Buon pomeriggio!"» dicono. «"Buon pomeriggio!": l'unico programma televisivo che vi offre un'intervista esclusiva con Elena Rossini, poco dopo il verdetto di non colpevolezza emesso quest'oggi. Vi offre questo servizio esclusivo la nostra corrispondente locale, Bridget Jones.»

"Adoro" questa parte: «... la nostra corrispondente locale, Bridget Jones».

Lo voglio riascoltare ancora una volta, poi giuro che lo metto via.

Venerdì 6 ottobre.

"Chilogrammi 57 (mangio per consolarmi), alcolici 6 (ho un problemino con il bere), lotteria istantanea 6 b. (gioco per consolarmi), chiamate al 1471 per vedere se Mark ha telefonato 21 (ovviamente solo per curiosità), numero delle volte che ho guardato il video 9 (già meglio)".

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Ore 21. Uffa. Ieri ho lasciato un messaggio alla mamma per dirle del mio scoop e così, quando mi ha telefonato stasera, credevo che volesse complimentarsi con me, e invece no, voleva solo parlare della festa. Ha cominciato con Una e Geoffrey di qua, Brian e Mavis di là, e quanto è fantastico Mark, e perché non gli voglio parlare eccetera. La tentazione di dirle quello che è successo era fortissima, ma sono riuscita a controllarmi provando a immaginare le conseguenze: urla estatiche alla notizia dell'appuntamento e brutale omicidio dell'unica figlia nel venire a sapere che è andato buco.

Continuo a sperare che lui mi telefoni e mi chieda un altro appuntamento dopo l'incidente del phon. Forse dovrei scrivergli un biglietto per ringraziarlo dell'intervista e scusarmi per la faccenda del phon. Non è che lui mi piaccia o che. Lo richiede semplicemente la buona educazione.

Giovedì 12 ottobre.

"Chilogrammi 57, 6 (male), alcolici 3 (tutti salutari e lisci), sigarette 13, unità di grasso 17 (sarà possibile calcolare il contenuto di unità di grasso nell'intero corpo? Spero di no), lotteria istantanea 3 b. (bene), chiamate al 1471 per vedere se Mark Darcy ha telefonato 12 (meglio)".

Uffa. Sono su tutte le furie per via di un articolo dal tono condiscendente scritto da una giornalista Felicemente Sposata. Il titolo, contraddistinto da un'ironia sottile tipo allusione sessuale fatta da uno scaricatore di porto, è: "La gioia di vivere soli".

«Sono giovani, ricchi e ambiziosi, ma la loro esistenza cela una dolorosa solitudine... Quando escono dal lavoro, davanti a loro si spalanca un pauroso vuoto emotivo... Gli individui solitari ossessionati dallo stile cercano consolazione nei cibi preconfezionati che sembrano usciti dalla cucina di mammà.»

Puah. Che coraggio. Come fa a saperlo la Felicemente Sposata-all'-età-di-ventidue-anni?

Voglio scrivere un articolo basato su «decine di conversazioni» con donne

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Felicemente Sposate. «Quando escono dal lavoro, scoppiano regolarmente in lacrime perché, per quanto esauste, dovranno pelar patate e mettere il bucato in lavatrice mentre i loro mariti, grassi e tronfi, se ne stanno accasciati davanti al televisore a ruttare e chiedere piatti di patatine fritte. Altre volte precipitano, la testa piena di poco seducenti becchi d'oca, in un buco nero dopo che i mariti hanno telefonato dicendo che faranno di nuovo tardi al lavoro, con uno scricchiolio di divani di pelle e risatine sexy di single in sottofondo.»

Dopo l'ufficio mi sono vista con Sharon, Jude e Tom. Anche Tom stava lavorando a un furioso articolo immaginario sui paurosi vuoti emotivi dei Felicemente Sposati.

«Influenzano qualunque cosa, dal tipo di case che vengono costruite al tipo di alimenti che si trovano sugli scaffali dei supermercati», avrebbe protestato Tom nel suo articolo. «Dappertutto si vedono negozi ideati per fornire piatti pronti alle casalinghe che tentano pateticamente di simulare il sesso eccitante praticato dai single, e da Marks and Spencer si trovano cibi più esotici che mai, per coppie stanche che vogliono fingere di trovarsi in un ristorantino alla moda come i single e di non dover poi lavare i piatti.»

«Ne ho fino al collo di queste sproloquiate arroganti sulla vita dei single!» ha tuonato Sharon.

«Giusto! Giusto!» ho approvato io.

«Avete scordato le cialtronerie sentimentali», ha aggiunto Jude, con un ruttino discreto. «Ci siamo sottoposti continuamente.»

«Comunque, non siamo soli. Abbiamo famiglie allargate sotto forma di reti di amici collegati telefonicamente», ha puntualizzato Tom.

«Sì! Urrà! I single non dovrebbero essere costretti a giustificarsi continuamente, ma dovrebbero avere uno status accettato da tutta la società, un po' come le geishe», ho starnazzato allegramente, sorseggiando il mio Chardonnay cileno.

«Le geishe?» ha ripetuto Sharon, guardandomi freddamente.

«Chiudi il becco, Bridge», ha intimato Tom, con voce impastata. «Sei sbronza. Stai solo cercando di sfuggire con l'aiuto dell'alcool al tuo terrificante vuoto emotivo.»

«Be', allora anche Shazzer», mi sono difesa.

«Io no», ha ribattuto lei.

«Sci, altro che», ho insistito.

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«Scentite, scmettetela», ci ha zittite Jude, con un altro ruttino discreto. «Ordiniamunaltrosciardonné?»

Venerdì 13 ottobre.

"Chilogrammi 58,6 (ma mi sono temporaneamente trasformata in un otre di vino), alcolici 0 (ma mi alimento dall'otre), calorie 0 (m.b.).*

*Su questo punto, tanto vale che sia onesta. Non dovrei dire m.b., in quanto le calorie sono 0 solo perché subito dopo cena ne ho vomitate 5876".

Dio, come mi sento sola. Mi aspetta un intero fine settimana senza nessuno da amare e con cui divertirmi. Comunque, non me ne importa. Ho un bellissimo budino allo zenzero di Marks and Spencer cotto a vapore da infilare nel microonde.

Domenica 15 ottobre.

"Chilogrammi 57 (meglio), alcolici 5 (ma era un'occasione speciale), sigarette 16, calorie 2456, minuti passati a pensare a Mark Darcy 245".

Ore 8,55. Ho appena fatto un salto fuori a prendere le sigarette prima di cambiarmi in vista di "Orgoglio e pregiudizio", sulla B.B.C. E' difficile credere che per strada ci siano ancora tante macchine. Non dovrebbero essere a casa a prepararsi? Adoro il fatto che la nazione sia così programma-dipendente. La base della mia dipendenza, lo so, è il semplice bisogno umano di vedere Darcy che si fidanza con Elizabeth. Secondo Tom, il guru del football Nick Hornby nel suo libro sostiene che l'ossessione degli uomini per il football non ha una funzione sostitutiva. Gli appassionati, inebriati dal testosterone, non hanno alcun desiderio di andare in campo, ma considerano i

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calciatori della loro squadra come dei rappresentanti che loro stessi si sono scelti, un po' come i deputati in parlamento. E' esattamente quello che provo anch'io nei confronti di Darcy ed Elizabeth. Sono i rappresentanti che mi sono scelta nel campo del sesso, o meglio del corteggiamento. Ma non ci tengo a vedere nessun gol. Non sopporterei la vista di Darcy ed Elizabeth a letto, con lui che dopo si fuma una sigaretta. Sarebbe innaturale e sbagliato e perderei subito ogni interesse.

Ore 10,30. Ha appena chiamato Jude, e abbiamo passato venti minuti a borbottare: «Pfui, quel signor Darcy». Adoro come parla, come se non sopportasse di essere disturbato. "Ding-dong!" Poi abbiamo avuto una lunga discussione sui meriti comparativi del signor Darcy e Mark Darcy: ci siamo trovate d'accordo sul fatto che il signor Darcy è molto più attraente perché è più rude, ma essere un personaggio immaginario è uno svantaggio non indifferente.

Lunedì 23 ottobre.

"Chilogrammi 58, alcolici 0 (m.b. Ho scoperto una deliziosa bevanda nuova in sostituzione del solito aperitivo: si chiama Smoothies, è m. buono e sa di frutta), sigarette 0 (lo Smoothies toglie il desiderio di fumare), Smoothies 22, calorie 4265 (4135 di Smoothies)".

Puah. Stavo per mettermi a guardare una puntata di "Panorama" intitolata "Il dilagare delle professioniste altamente qualificate - rubano tutti i posti migliori" (e prego il Dio del Cielo e tutti i suoi Serafini di diventare anch'io una di loro): «La soluzione può essere ridisegnare i programmi scolastici?», quando, sfogliando lo "Standard", mi è capitata sotto gli occhi una foto orribile di Darcy ed Elizabeth, vestiti come due amanti dei giorni nostri e avvinghiati l'uno all'altra in un pratone, lei con i capelli platinati e un tailleur pantalone di lino, lui con una polo a strisce, un giubbotto di pelle e due baffetti ridicoli. Pare che vadano già a letto insieme. Be', lo trovo assolutamente disgustoso. Mi sento preoccupata e disorientata, perché di certo il signor Darcy non farebbe mai niente di tanto frivolo e vanesio come diventare attore, eppure "lo è". Che confusione.

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Martedì 24 ottobre.

"Chilogrammi 58,6 (maledetti Smoothies), alcolici 0, sigarette 0, Smoothies 32".

Sto attraversando un periodo felicissimo sul lavoro. Dopo l'intervista a tu per tu con Elena, pare che qualunque cosa faccia vada benone.

«Forza! Forza! Rosemary West!» stava urlando Richard Finch, dimenando i pugni come un pugile, quando sono arrivata in ufficio (un po' in ritardo, a dire il vero, ma può succedere a tutti). «Pensate a delle lesbiche vittime di violenza sessuale, pensate a un dottore a "Buon pomeriggio!", pensate a quello che fanno "veramente" le lesbiche. Ecco il punto! Che cosa fanno "veramente" le lesbiche a letto?» Si è messo improvvisamente a fissarmi. «Tu lo sai?» Ora mi stavano fissando tutti. «Coraggio, Bridget-sempre-in-maledetto-ritardo», ha gridato spazientito. «Che cosa fanno veramente le lesbiche a letto?»

Ho inspirato profondamente. «Secondo me dovremmo occuparci dell'amore fuori dal set tra Darcy ed Elizabeth.»

Mi ha squadrata lentamente. «Ottima idea», ha commentato, in tono decisamente rispettoso. «Assolutamente ottima. D'accordo. Gli attori che interpretano Darcy ed Elizabeth? Forza, fatevi sotto», ha detto, agitando i pugni verso la gente seduta attorno al tavolo.

«Colin Firth e Jennifer Ehle», ho detto io.

«Tu, tesoro», ha dichiarato Richard Finch rivolto a uno dei miei seni, «sei un maledetto geniaccio.»

Ho sempre sperato di scoprire di essere un genio, ma non credevo che mi sarebbe successo davvero - che sarebbe successo al mio seno sinistro.

NOVEMBRE.

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Una delinquente in famiglia.

Mercoledì 1° novembre.

"Chilogrammi 57,2 e mezzo (vai!), alcolici 2 (m.b.), sigarette 4 (ma da Tom non ho potuto fumare, per non rischiare di appiccare il fuoco al costume di Miss Mondo Alternativo), calorie 1848 (b.), Smoothies 12 (ottimi progressi)".

Sono appena stata da Tom per un summit di alto livello nel quale abbiamo discusso la faccenda Mark Darcy. Ho trovato Tom agitatissimo per l'ormai prossima elezione di Miss Mondo Alternativo. Nonostante abbia deciso secoli fa di presentarsi come Miss Surriscaldamento del Globo, era in piena crisi d'insicurezza.

«Non ho speranza», ha detto, guardandosi allo specchio. Poi si è precipitato alla finestra. Indossava una sfera di polistirene dipinta come un mappamondo, ma con le calotte polari sciolte e una vistosa macchia di bruciato sul Brasile. In una mano teneva un pezzo di legno tropicale e un aerosol a ultrasuoni, e nell'altra un indefinibile pezzo di pelliccia che secondo lui era un gattopardo americano morto. «Credi che dovrei avere anche un melanoma?» mi ha chiesto.

«E' un concorso di bellezza o vince il costume più originale?»

«E' proprio questo il problema. Non lo so. Non lo sa nessuno», ha detto Tom, buttando per terra il suo copricapo - un alberello in miniatura al quale avrebbe dato fuoco durante la sfilata. «Tutti e due. Conta tutto. Bellezza. Originalità. Arte. E' ridicolmente poco chiaro.»

«Devi essere una checca per partecipare?» ho chiesto, giocherellando con un pezzetto di polistirene.

«No, è aperto a tutti: donne, animali, qualunque cosa. E' proprio questo il guaio», ha ribadito, riprecipitandosi allo specchio. «In certi momenti penso che avrei maggiori possibilità di vittoria se sfilassi con un cane molto sicuro di sé.»

Alla fine abbiamo concordato che, per quanto il tema del surriscaldamento del globo "in sé" sia perfetto, forse la sfera di polistirene come abito da sera non dona granché.

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Alla fine, infatti, abbiamo scoperto di essere molto più propensi a un velo fluente azzurro marezzato tipo seta che dovrebbe fluttuare su sfumature grigio fumo e terra per simboleggiare lo scioglimento delle calotte polari.

Siccome ho capito che in quel momento non mi potevo aspettare da Tom che desse il meglio di sé su Mark Darcy, mi sono scusata prima che venisse troppo tardi, con la promessa di pensare con impegno a Indumenti da Bagno e da Giorno.

Appena a casa ho chiamato Jude, ma lei ha cominciato a parlarmi di una meravigliosa e nuovissima idea orientale che aveva visto su "Cosmopolitan" di questo mese e che si chiama Feng Shui, praticamente un metodo per ottenere dalla vita tutto quello che vuoi. A quanto pare, devi soltanto svuotare tutti gli armadi di casa per sbloccarti, poi dividere l'appartamento in nove sezioni (l'operazione si chiama «delineare il ba-gua»), ciascuna delle quali rappresenta un diverso ambito della tua vita: carriera, famiglia, relazioni, ricchezza o figli, per esempio. Le cose che hai in quella zona dell'appartamento determineranno l'evoluzione di quell'ambito della tua vita. Per esempio, se continui a ritrovarti senza soldi potrebbe essere dovuto alla presenza di un cestino per la carta straccia nella sezione della ricchezza.

Trovo questa nuova teoria molto eccitante, in quanto può spiegare molte cose. Ho deciso di comprare "Cosmopolitan" alla prima occasione. Jude dice di non parlarne a Sharon, ovviamente, perché considera il Feng Shui roba da dementi. Alla fine, comunque, sono riuscita a dirottare la conversazione su Mark Darcy.

«"Certo" che non ci trovi niente di speciale, Bridge. Non l'ho mai creduto neppure per una frazione di secondo», mi ha rassicurato Jude. Secondo lei la soluzione è ovvia: devo dare una cena e invitare anche lui.

«E' la cosa migliore», ha detto. «Non è come chiedergli un appuntamento, quindi non ci sarà tensione e tu potrai dare il meglio di te, e costringere tutti gli amici a fingere di considerarti una persona meravigliosa.»

«Jude», ho ribattuto, piccata, «hai detto 'fingere'?»

Venerdì 3 novembre.

"Chilogrammi 58,1 (uffa), alcolici 2, sigarette 8, Smoothies 13, calorie 5245".

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Ore 11. Sono eccitatissima per la cena. Ho comprato un meraviglioso libro di ricette di Marco Pierre White. Finalmente capisco la semplice differenza tra la cucina casalinga e quella dei ristoranti. Secondo Marco, sta tutto nella "concentrazione" del gusto. Ovviamente il segreto delle salse, a parte la concentrazione del gusto, sta nel brodo. Bisogna bollire enormi pentole di lische, carcasse di pollo eccetera., poi congelarle sotto forma di cubetti di brodo. A quel punto cucinare a livello di "Guida Michelin" diventa facile come preparare una torta al formaggio, anzi più facile ancora, in quanto non è necessario mettersi a pelare le patate, ma basta intingerle nel grasso d'oca. Non so come ho fatto a non pensarci prima.

Ecco il menù:

Vellutata di Sedano (m. semplice ed economica se si ha già pronto il brodo)

Tonno alla Griglia su Vellutata di Concentrato di Pomodorini Ciliegia con Confettura d'Aglio e Patate Fondant.

Composta d'Arance. Crema inglese al Grand Marnier.

Sarà una meraviglia. Mi creerò la fama di saper cucinare piatti sofisticati senza il minimo sforzo (apparente).

La gente verrà a frotte alle mie cene, commentando entusiasta: «E' davvero favoloso andare a cena da Bridget: si mangia cibo da "Guida Michelin" in un ambiente bohémien». Mark Darcy ne avrà un'ottima impressione e si renderà conto che non sono né una persona banale né un incompetente.

Domenica 5 novembre.

"Chilogrammi 57,1 (disastro), sigarette 32, alcolici 6 (il negozio ha esaurito gli Smoothies: se ne fregano, quei bastardi), calorie 2266, lotteria istantanea 4 b."

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Ore 19. Uffa. E' la sera dei falò e non sono stata invitata a nessun falò. Mi esplodono razzi a destra e a sinistra, e al centro. Vado da Tom.

Ore 23. Serata fantastica a casa di Tom, il quale stava cercando di rassegnarsi al fatto che il titolo di Miss Mondo Alternativo sia andato a una maledettissima Giovanna d'Arco.

«La cosa che più mi fa rabbia è che a sentir loro non è un concorso di bellezza, ma in realtà lo è eccome. Voglio dire, sono sicuro che, se non fosse per questo naso...» ha detto Tom, guardandosi furente allo specchio.

Cosa?»

«Il mio naso.»

«Che cos'ha che non va?»

«Che cos'ha che non va? Guardalo!»

E' saltato fuori che c'era una minuscolissima gobbetta, perché quando Tom aveva diciassette anni qualcuno gli aveva rotto un bicchiere in faccia. «Capisci che cosa voglio dire, adesso?»

Gli ho spiegato che, secondo me e stando così le cose, non si poteva dare la colpa al naso se Giovanna d'Arco gli aveva soffiato il titolo proprio sotto il... naso, a meno che i giudici non avessero usato un telescopio astronomico, ma a quel punto Tom ha cominciato a dire che è anche sovrappeso e vuole seguire una dieta.

«Quante calorie si possono mangiare quando si sta a dieta?» mi ha chiesto.

«Un migliaio circa. Be', io di solito mi propongo mille e arrivo come minimo a millecinquecento», ho detto, e mentre parlavo mi sono resa conto che l'ultima frase non risponde del tutto al vero.

«Mille?» si è stupito Tom. «Credevo che ce ne volessero duemila solo per sopravvivere.»

L'ho guardato perplessa. Sono a dieta da talmente tanti anni che l'idea di aver bisogno di calorie per sopravvivere si era del tutto cancellata dalla mia coscienza. Ho raggiunto quel punto in cui si crede che l'ideale nutrizionale sia non mangiare niente

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del tutto, e l'unico motivo per cui le persone mangiano è che sono talmente avide da non sapersi trattenere dall'infrangere le regole e rovinarsi la dieta.

«Quante calorie ci sono in un uovo sodo?» ha voluto sapere Tom.

«Settantacinque.»

«In una banana?»

«Grande o piccola?»

«Piccola.»

«Senza buccia?»

«Naturalmente.»

«Ottanta», ho risposto con sicurezza.

«In un'oliva?»

«Verde o nera?»

«Nera.»

«Nove.»

«In una scatola di cioccolatini?»

«Diecimilaottocentonovantasei.»

«Come fai a sapere tutte queste cose?»

Ci ho pensato su. «Le so e basta, come gli altri sanno l'alfabeto o le tabelline.»

«Okay. Nove per otto.»

«Sessantaquattro. No, cinquantasei. Settantadue!»

«Che lettera viene prima della J? Veloce.»

«P. Voglio dire, L!»

Tom dice che sono malata, ma io so per certo di essere normale e per nulla diversa da

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tutti gli altri, per esempio Jude e Sharon. Invece sono sinceramente preoccupata per Tom.

Credo che, dopo aver partecipato a quel concorso di bellezza, stia cominciando a cedere sotto tutte quelle pressioni a cui noi donne siamo soggette da generazioni e che stia diventando insicuro, angosciato dal proprio aspetto fisico e quasi quasi anche anoressico.

La serata è arrivata al clou quando Tom ha deciso di consolarsi lanciando razzi dal terrazzo in cima al tetto nel giardino di quelli sotto, che secondo lui odiano gli omosessuali.

Giovedì 9 novembre.

"Chilogrammi 57,2 (senza gli Smoothies va meglio), alcolici 5 (meglio che avere lo stomaco gonfio di purè di frutta), sigarette 12, calorie 1456 (ottimo)".

Sono eccitatissima per la mia cena. E' fissata per martedì non il prossimo, ma quello dopo. Ecco la lista degli invitati:

Jude - Il Perfido Richard

Shazzer

Tom - Il Pretenzioso Jerome (a meno che, per un colpo di fortuna, per quel martedì tra lui e Tom sia tutto finito)

Magda - Jeremy

Io - Mark Darcy

Mark Darcy sembrava molto contento quando gli ho telefonato.

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«Che cosa prepari di buono?» ha chiesto. «Sei una brava cuoca?»

«Oh, be', sai...» ho risposto. «A dire il vero userò il nuovo ricettario di Marco Pierre White. E' incredibile quanto può essere semplice se ci si basa sulla concentrazione del gusto.»

Lui ha riso. «Non fare niente di troppo complicato, mi raccomando. Ricordati che gli ospiti vengono "per te", non per mangiare gelato con frutta in gabbie di zucchero.»

Daniel non avrebbe mai detto una cosa simile. Non vedo l'ora che arrivi la sera della cena.

Sabato 11 novembre.

"Chilogrammi 56,8, alcolici 4, sigarette 35 (crisi), calorie 456 (digiuno pressoché completo)".

Tom è scomparso. Ho cominciato a impensierirmi questa mattina, quando Sharon ha chiamato dicendo che non era pronta a giurarci sulla testa di sua madre, ma le era sembrato di averlo visto giovedì sera da un taxi: vagabondava in Ladbroke Grove con una mano sulla bocca e forse anche un occhio pesto. Quando ha fatto ritornare indietro il taxi, lui era sparito. Ieri gli ha lasciato due messaggi per sapere se andava tutto bene, ma non ha ricevuto risposta.

Mentre parlava, ho realizzato che anch'io mercoledì gli ho lasciato un messaggio per sapere cosa faceva questo fine settimana e lui non mi ha richiamato, che non è da Tom. Ne è seguita una sfilza di telefonate frenetiche, ma il suo telefono suonava a vuoto e allora ho chiamato Jude: nemmeno lei, però, ha avuto sue notizie. Ho provato a casa del Pretenzioso Jerome: niente. Jude ha promesso di telefonare a Simon, che vive lì vicino, e di mandarlo a vedere. Ha richiamato venti minuti dopo, dicendo che Simon ha suonato e risuonato alla porta di Tom e l'ha anche presa a pugni, ma nessuno gli ha aperto. Poi ha ritelefonato Sharon: ha parlato con Rebecca, secondo la quale oggi Tom è atteso a pranzo da Michael. Ho chiamato Michael: pare che Tom gli abbia lasciato uno strano messaggio parlando con voce distorta, e dicendo che non poteva andare, ma senza fornire un motivo.

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Ore 15. Comincio ad avere davvero paura, ma nello stesso tempo mi godo questa sensazione di essere al centro del dramma. Praticamente sono la migliore amica di Tom, per cui telefonano tutti a me. Ho assunto un'aria calma ma profondamente preoccupata. Tutt'a un tratto mi viene in mente che forse ha conosciuto un nuovo amico e si sta godendo qualche giorno di fuga romantica stile luna di miele. Magari non era lui l'uomo che Sharon ha visto, o forse l'occhio pesto era solo il risultato di una serata di sesso giovane, movimentato ed entusiastico, o di un trucco retrospettivo e in stile ironico postmoderno tipo "Rocky Horror Show". Faccio subito qualche telefonata per mettere alla prova questa nuova teoria.

Ore 15,30. L'opinione generale è contraria alla nuova teoria, in quanto secondo tutti quanti è impossibile che Tom faccia una nuova amicizia, o addirittura cominci una nuova storia, senza fare un giro di telefonate per vantarsene. Su questo sono pienamente d'accordo. Ho strani pensieri per la testa. Ultimamente, è inutile negarlo, Tom era turbato. Comincio a chiedermi se sono davvero una buona amica. Siamo tutti così egoisti e occupati, a Londra. Può essere che uno dei miei amici sia così disperato da... Ah! Ecco dove avevo messo il "Marie Claire" di questo mese! Sul frigo!

Mentre sfogliavo "Marie Claire" ho cominciato a fantasticare sul funerale di Tom e su come mi sarei presentata vestita. Argh! Mi è appena tornato in mente un membro del parlamento che è morto in un sacco della spazzatura con dei tubi attorno al collo e del cioccolato all'arancia in bocca, o simili. Chissà se Tom si dava a pratiche sessuali stravaganti di cui non abbiamo mai saputo niente?

Ore 17. Ho appena telefonato a Jude.

«Non pensi che dovremmo chiamare la polizia e farla intervenire?» le ho chiesto.

«L'ho già fatto», ha risposto lei.

«Che cosa ti hanno detto?» Non ho potuto fare a meno di sentirmi segretamente infastidita dal fatto che Jude abbia chiamato la polizia senza prima discuterne con me. La migliore amica di Tom sono io, non lei.

«Non sembravano molto colpiti. Hanno detto di richiamare se lunedì non lo abbiamo ancora trovato. Posso capirli. Sembra un po' allarmista riferire che un single di ventinove anni non è in casa il sabato mattina e non è andato a un pranzo al quale

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aveva già annunciato che non sarebbe andato comunque.»

«Qualcosa non va, Jude. Me lo sento», ho detto in tono suggestivo e misterioso, rendendomi conto per la prima volta di quanto sono profondamente istintiva e dotata di un eccellente sesto senso.

«So che cosa vuoi dire», ha sospirato Jude, in tono premonitore. «Sento la stessa cosa anch'io. Qualcosa proprio non va.

Ore 19. Straordinario. Dopo aver parlato con Jude, non me la sentivo di andare a fare spese o altre frivolezze simili, così ho pensato che poteva essere il momento ideale per dedicarmi al Feng Shui. Sono uscita e ho comprato "Cosmopolitan". Utilizzando la piantina sul giornale, ho delineato con grande attenzione il ba-gua dell'appartamento e in quel momento ho avuto un'illuminazione agghiacciante. C'era un cestino della carta straccia nel mio Angolo degli Amici Soccorritori. Adesso capisco perché Tom è scomparso.

Ho subito chiamato Jude per riferirglielo. Mi ha detto di togliere immediatamente il cestino.

«Ma dove lo devo mettere? Di certo non nell'Angolo delle Relazioni, e tantomeno in quello dei Figli.»

Jude mi ha detto di restare in linea: voleva dare un'occhiata all'articolo.

«Che cosa ne dici dell'Angolo della Ricchezza?» mi ha detto, tornando all'apparecchio.

«Non saprei. Sai, non manca molto a Natale», ho risposto, sentendomi subito terribilmente egoista.

«Se è così che la vedi... Voglio dire, comunque con tutta probabilità dovrai comprare un regalo in meno», ha osservato lei, in tono accusatore.

Alla fine ho deciso di mettere il cestino nel mio Angolo della Conoscenza e sono andata dal fiorista a comprare delle piantine con le foglie "rotonde" da mettere nell'Angolo della Famiglia e degli Amici Soccorritori (le piante con le foglie appuntite sono controproducenti, soprattutto i cactus). Stavo prendendo un vaso dall'anta sotto il lavello di cucina quando ho sentito un tintinnio. Mi sono subito data un pugno in testa: le chiavi di scorta di Tom! Me le aveva lasciate quando è andato a Ibiza.

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Per un attimo ho pensato di precipitarmi a casa sua "senza Jude". Insomma, lei ha telefonato alla polizia senza dirmelo, no? Ma alla fine mi è sembrata una cattiveria bella e buona, così le ho telefonato e abbiamo deciso di portare con noi anche Shazzer, visto che era stata la prima a dare l'allarme.

Quando siamo arrivate nella via di Tom, però, sono uscita dal mio sogno a occhi aperti su quanto sarei stata dignitosa, tragica e precisa durante l'intervista con i giornalisti, e parallelamente ho cominciato a sviluppare il terrore paranoico che la polizia mi accusasse di aver assassinato Tom. All'improvviso ha smesso di essere un gioco. Forse era davvero successo qualcosa di tragico e irreparabile.

Mentre salivamo gli scalini del portone, nessuna di noi ha parlato o ha guardato le altre.

«Non vuoi suonare, prima?» ha bisbigliato Sharon mentre avvicinavo la chiave alla serratura.

«Faccio io», si è prestata Jude. Ci ha guardate per un attimo, poi ha schiacciato il campanello.

Siamo rimaste ad aspettare in silenzio. Niente. Jude ha riprovato. Stavo per infilare la chiave nella serratura quando una voce nel citofono ha detto: «Sì?»

«Chi è?» ho domandato, con voce tremula.

«Chi vuoi che sia, asina?»

«Tom!» ho gridato gioiosamente. «Facci entrare.»

«Facci chi?» ha domandato sospettoso lui.

«Io, Jude e Shazzer.»

«A essere sincero, dolcezze, preferirei che non saliste.»

«Oh, che cavolo», ha esclamato Sharon, dandomi uno spintone. «Tom, maledetta checca, hai messo in moto mezza Londra. Abbiamo chiamato la polizia e passato al setaccio l'intera città, perché nessuno sapeva che fine avessi fatto. Ti conviene lasciarci entrare, cazzo.»

«Voglio soltanto Bridget», ha risposto lui con petulanza. Ho sorriso beata alle altre.

«Non fare la primadonna, adesso», se l'è presa Shazzer.

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Silenzio.

«E dai, stupido finocchio. Facci entrare.»

Una pausa, poi il citofono ha fatto: «Bzz».

«Siete preparate a quello che vi aspetta?» ha detto la voce di Tom quando siamo arrivate in cima alle scale e lui ha aperto la porta.

Abbiamo lanciato tutt'e tre un grido. Tom aveva la faccia deformata, tutta gialla e nera, e incorniciata da un gesso.

«Tom! Che cosa ti è successo?» ho urlato, cercando goffamente di abbracciarlo e finendo per baciargli un orecchio. Jude è scoppiata in lacrime e Shazzer ha preso a calci il muro.

«Non ti preoccupare, Tom», ha grugnito. «Li troveremo, i bastardi che ti hanno ridotto così.»

«Che cosa ti è successo?» ho ripetuto, con i goccioloni che mi scendevano lungo le guance.

«Be', ecco», ha bofonchiato lui, districandosi faticosamente dal mio abbraccio, «a dire il vero, mi sono fatto rifare il naso.»

E' saltato fuori che Tom si è fatto operare in gran segreto mercoledì scorso, ma era troppo imbarazzato per dircelo perché avevamo minimizzato sulla sua minuscolissima gobba del naso. Avrebbe dovuto occuparsi di lui Jerome, che d'ora in poi sarà chiamato il Rettile (doveva essere lo Spietato, ma lo faceva sembrare troppo interessante). Comunque, quando Jerome il Rettile lo ha visto a operazione ultimata, ha provato una tale repulsione che ha detto di dover partire per qualche giorno, ha tagliato la corda e da allora non si è più visto né sentito. Il povero Tom era così depresso e traumatizzato, e così prostrato dall'anestesia, che ha deciso di staccare il telefono, ficcarsi sotto le coperte e dormire.

«Allora eri tu quello che ho visto giovedì sera in Ladbroke Grove!» ha detto Shazzer.

Era lui. Pare abbia aspettato fino a notte fonda per uscire a comprarsi qualcosa da mangiare con la copertura del buio. Nonostante la nostra gioia per averlo trovato vivo e vegeto, Tom era ancora molto triste per Jerome.

«Nessuno mi ama», ha sospirato.

Gli ho detto di provare a chiamare la mia segreteria telefonica, che conteneva

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ventidue messaggi disperati dei suoi amici, tutti distrutti perché era sparito per ventiquattr'ore, esorcizzando il nostro terrore di morire soli ed essere divorati da un pastore alsaziano.

«O di essere ritrovati tre mesi dopo... con i visceri sparsi per tutto il tappeto», ha detto Tom.

E poi, gli abbiamo detto, com'è possibile che un qualunque stronzetto lunatico e con un nome cretino possa fargli credere che nessuno lo ama?

Due Bloody Mary più tardi stava ridendo dell'uso ossessivo da parte di Jerome del termine «autocoscienza» e dei suoi mutandoni neri aderenti firmati Calvin Klein. Nel frattempo avevano già telefonato per avere sue notizie Simon, Michael, Rebecca, Magda, Jeremy e un ragazzo che diceva di chiamarsi Elsie.

«Lo so che siamo tutti psicotici, single e un'unica disfunzione, e che facciamo tutto per telefono», ha detto Tom con aria sentimentale, «ma è un po' come una grande famiglia, non è così?»

"Sapevo" che il Feng Shui avrebbe funzionato. Ora, portato a termine questo dovere, voglio subito spostare la mia piantina dalle foglie arrotondate nell'Angolo delle Relazioni. Vorrei tanto che ci fosse anche un Angolo della Cucina. Mancano solo nove giorni.

Lunedì 20 novembre.

"Chilogrammi 56,8 (m.b.), sigarette 0 (fumare mentre si compiono miracoli culinari è una pessima cosa), alcolici 3, calorie 200 (lo sforzo di andare al supermercato deve aver bruciato più calorie di quelle acquistate, figuriamoci di quelle mangiate)".

Ore 19. Sono appena tornata da un'orrenda esperienza colpevolizzante da single di ceto medio al supermercato, dove alla cassa mi sono ritrovata a fianco di adulti funzionali con figli che compravano fagioli, bastoncini di pesce, pasta con le letterine dell'alfabeto eccetera, mentre nel mio carrello avevo:

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20 teste d'aglio

1 lattina di grasso d'oca

1 bottiglia di Grand Marnier

8 tranci di tonno

36 arance

2 litri di panna

4 stecche di vaniglia da 1 sterlina e 39 ciascuna.

Devo cominciare a preparare stasera, perché domani sono al lavoro.

Ore 20. Non me la sento di cucinare, e soprattutto di mettere le mani in un grottesco sacchetto di plastica pieno di carcasse di pollo: è assolutamente disgustoso.

Ore 22. Ho messo le carcasse di pollo nella pentola. Il guaio è che, secondo Marco, per insaporire il brodo dovrei legare insieme del sedano e un porro con dello spago, ma l'unico spago che ho è blu. Be', immagino che andrà bene lo stesso.

Ore 23. Il brodo ci ha messo secoli a bollire, ma ne è valsa la pena perché alla fine ne avrò più di nove litri, congelato in cubetti e al prezzo irrisorio di 1 sterlina e 70. Mmm, anche la composta di arance sarà ottima. Adesso devo solo affettare finemente 36 arance e grattugiare la scorza. Non ci vorrà molto.

Ore 1. Sono troppo stanca per restare in piedi, ma il brodo deve bollire per altre due ore e le arance devono stare in forno per una almeno. Farò così: lascerò il brodo al minimo per tutta la notte, e le arance sul ripiano più basso del forno, in modo che diventino tenere tenere come uno stufato.

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Martedì 21 novembre.

"Chilogrammi 56,3 (la tensione nervosa consuma il grasso), alcolici 9 (davvero m.m.male), sigarette 37 (m.m. male), calorie 3479 (tutte disgustose)".

Ore 9,30. Ho appena scoperchiato la pentola. I nove litri di brodo dal gusto esplosivo si sono ridotti a un mucchio di carcasse di pollo bruciate rivestite di gelatina. La composta di arance, in compenso, ha un aspetto fantastico, come nell'illustrazione, solo un po' più scura. Devo andare al lavoro. Uscirò alle quattro, per trovare una soluzione al problema della minestra.

Ore 17. Che stress. La giornata è stata un incubo dall'inizio alla fine. Alla riunione del mattino Richard Finch mi ha dato una lavata di capo davanti a tutti. «Bridget, metti via quel libro di ricette, per l'amor del cielo. Fuochi d'artificio che ustionano bambini. Pensate alle menomazioni, pensate agli allegri festeggiamenti in famiglia che diventano un incubo. Pensate a tra vent'anni. Vi ricordate quel bambino che negli anni Sessanta ha subito l'amputazione del pene perché gli sono esplosi in tasca dei petardi? Dov'è adesso? Bridget, trovami il bambino senza pene. Trovami il Bobbit dei fuochi artificiali.»

Diavolo. Mi stavo preparando di malavoglia a fare la mia quarantottesima telefonata per sapere se esiste un gruppo di supporto per le vittime evirate dai fuochi artificiali, quando ha squillato il telefono.

«Ciao, tesoro, sono la mamma.» Sembrava insolitamente isterica e aveva la voce stridula.

«Ciao, mamma.»

«Ciao, tesoro, ti ho chiamata solo per salutarti prima di partire, e spero che tu stia bene.»

«Partire? Per dove?»

«Oh! Ah ah! Te l'ho detto, Julio e io facciamo un salto in Portogallo per un paio di settimane, il tempo di vedere la famiglia e così via, e abbronzarci un po' prima di

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Natale.»

«Non me l'avevi detto.»

«Non fare la sciocchina, tesoro. Certo che te l'ho detto. Devi imparare ad ascoltare. Comunque abbi cura di te, d'accordo?»

«Sì.»

«Oh, tesoro, un'altra cosa.»

«Cosa?»

«Per qualche motivo sono stata così presa che ho dimenticato di ordinare i travellers' cheque alla mia banca.»

«Non ti preoccupare, mamma... Puoi ordinarli anche all'aeroporto.»

«Il problema è che sono già per strada per andare all'aeroporto, ma ho dimenticato la carta di credito.»

Non ci potevo credere.

«Che seccatura. Mi chiedevo... Non potresti prestarmi un po' di contante? Non molto, duecento sterline o giù di lì, per poter prendere dei travellers' cheque.»

L'ha detto nello stesso modo in cui gli ubriaconi chiedono soldi per una tazza di tè.

«Sono piena di lavoro fino al collo, mamma. Non può prestartele Julio?»

Si è subito impermalosita. «Non posso credere che tu sia così cattiva, tesoro. Dopo tutto quello che ho fatto per te. Ti ho dato il dono della vita e non sei disposta neppure a prestarmi qualche sterlina per comprare dei travellers' cheque.»

«Ma come posso farteli avere, i soldi? Dovrei andare alla cassa automatica e mandarteli con un mototaxi. Li ruberebbero, e ci sarebbe proprio da ridere. Dove sei?»

«Oh. Be', in realtà è una vera fortuna, perché sono a due passi, quindi se tu scendessi alla banca di fronte potrei essere lì nel giro di cinque minuti. Fantastico, tesoro. Ciao!»

«Bridget, dove cazzo vai?» ha urlato Richard mentre cercavo di filarmela non vista. «Hai già trovato il Bobbit dei petardi?»

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«Ho una buona pista», ho risposto, toccandomi la punta del naso, poi sono corsa all'uscita.

Stavo aspettando che le banconote appena sfornate uscissero ancora calde dalla cassa automatica - chiedendomi come avrebbe fatto mia madre a sopravvivere due settimane in Portogallo con sole duecento sterline - quando l'ho vista correre a piccoli passi verso di me. Portava gli occhiali da sole nonostante stesse piovigginando, e si guardava furtivamente attorno.

«Oh, eccoti qua, tesoro. Sei tanto cara. Grazie mille. Devo scappare, altrimenti perderò l'aereo. Addio!» ha detto, strappandomi di mano le banconote.

«Che cosa sta succedendo?» le ho chiesto. «Che cosa ci fai in questa zona, quando l'aeroporto è da tutt'altra parte? Come farai senza la tua carta di credito? Perché Julio non ti può prestare lui i soldi? Perché? Che cosa stai combinando, mamma? Che cosa?»

Per un attimo l'ho vista spaventata, come se stesse per scoppiare in lacrime, poi, gli occhi fissi su un punto a media distanza, ha adottato lo sguardo da cucciolo bastonato.

«Andrà tutto bene, tesoro.» Mi ha elargito uno dei suoi sorrisi coraggiosi. «Abbi cura di te», ha aggiunto con voce malferma, quindi mi ha abbracciata velocemente e se n'è andata, fermando il traffico a gesti e raggiungendo con passo leggero il marciapiede opposto.

Ore 19. Sono appena arrivata a casa. Bene. Calma e sangue freddo, o meglio calma interiore. La minestra verrà buonissima. Basterà cucinare e passare le verdure come indicato e poi - per dare concentrazione al sapore - sciacquare dalle carcasse di pollo la gelatina blu e ribollirle con un po' di panna nella minestra.

Ore 20,30. Sta andando tutto a meraviglia. Gli ospiti sono in salotto. Mark Darcy è molto gentile e ha portato dello champagne e una scatola di cioccolatini belgi. Non ho ancora preparato il secondo - solo le patate fondant - ma credo che sarà un'operazione velocissima. Comunque, prima la minestra.

Ore 20,35. Dio mio. Ho appena sollevato il coperchio della pentola per togliere le carcasse di pollo. La minestra è blu.

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Ore 21. Adoro i miei adorabili amici. Sono stati più che sportivi con la minestra blu, anzi Mark Darcy e Tom hanno addirittura discusso a lungo sul fatto che nel mondo alimentare dovrebbero esserci meno pregiudizi di colore. Dopotutto, come ha detto Mark, è giusto che uno arricci il naso davanti a una minestra blu solo perché non esiste nessuna verdura di quel colore? Non è naturale neppure l'arancione dei bastoncini di pesce. (La verità è che, dopo tanta fatica, la minestra sapeva semplicemente di panna cotta, come ha fatto villanamente notare il Perfido Richard. Al che Mark Darcy gli ha chiesto che mestiere facesse, ed è stato molto divertente perché proprio la settimana scorsa il Perfido Richard è stato licenziato per aver gonfiato le spese.) Non importa. Il secondo sarà saporitissimo. Bene, comincio subito con la vellutata di pomodorini ciliegia.

Ore 21,15. Tragedia. Doveva esserci qualcosa nel frullatore, tipo un detersivo, perché il purè di pomodorini ciliegia fa la schiuma e ha tre volte il volume originario. Quanto alle patate fondant, dovevano essere pronte dieci minuti fa e invece sono dure come sassi. Forse è il caso di metterle nel microonde. Oddio! Ho appena guardato in frigorifero e il tonno non c'è. Che fine ha fatto il mio tonno?

Ore 21,30. Sia ringraziato il cielo. Jude e Mark Darcy sono venuti in cucina e mi hanno aiutata a preparare una grande frittata, poi hanno schiacciato le patate fondant mezze crude e le hanno messe a friggere in padella a mo' di crocchette. Abbiamo messo il libro di ricette sul tavolo, e tutti quanti abbiamo guardato nella figura come sarebbe stato il tonno alla griglia. La composta di arance verrà bene, almeno quella. Ha un aspetto magnifico. Tom ha detto di non disturbarmi a fare la crema inglese al Grand Marnier, perché possiamo benissimo bere il Grand Marnier così com'è.

Ore 22. Sono m. triste. Mi sono guardata ansiosamente in giro mentre tutti assaggiavano il primo boccone di composta, ma c'è stato solo un silenzio imbarazzato.

«Che cos'è, cara?» ha chiesto finalmente Tom. «Marmellata d'arancia?»

Terrorizzata, ho assaggiato anch'io la composta. Era né più né meno che marmellata, come aveva detto Tom. Dopo tutta quella fatica, ho servito ai miei ospiti:

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minestra blu

frittata

marmellata d'arancia

Sono un fallimento. Cucina da "Guida Michelin"? Cucina svelta, semmai.

Pensavo che, dopo la marmellata, le cose non potessero che migliorare. Ma avevamo appena finito di sparecchiare quando è suonato il telefono. Fortunatamente ho risposto in camera da letto. Era papà.

«Sei sola?» mi ha chiesto.

«No. Sono tutti a casa mia. Jude e gli altri. Perché?»

«Volevo assicurarmi che fossi con qualcuno prima di... Mi dispiace, Bridget, credo di doverti dare una brutta notizia.»

«Quale? Quale?»

«Tua madre e Julio sono ricercati dalla polizia.»

Ore 2, Northamptonshire. Stanzetta singola di casa Alconbury. Ho dovuto sedermi e cercare di riprendere fiato, mentre papà ripeteva «Bridget? Bridget? Bridget?» come un pappagallo.

«Che cos'è successo?» sono riuscita a chiedere alla fine.

«Temo che - non è detto, e spero che tua madre non ne sapesse niente - temo che abbiano truffato un grosso numero di persone, compreso me e alcuni dei nostri più cari amici, scucendo a tutti enormi somme di denaro. Al momento non sappiamo a quanto ammonti la truffa ma, a sentire la polizia, è possibile che tua madre finisca in prigione per un lungo periodo di tempo.»

«Oh, mio Dio. Ecco perché è andata in Portogallo con le mie duecento sterline.»

«Potrebbe essere già molto più lontana, a quest'ora.»

Ho visto il futuro dispiegarsi davanti a me come un tremendo incubo: Richard Finch

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che mi soprannominava Conduttrice-di-"Buon pomeriggio!"-figlia-della-galeotta-di"Improwisamente single", e mi costringeva a fare un'intervista in diretta dal parlatorio del carcere prima di venire Improvvisamente Licenziata davanti ai telespettatori.

«Che cos'hanno combinato?»

«Pare che Julio, servendosi di tua madre come facciata, abbia alleggerito Una e Geoffrey, Nigel ed Elizabeth e Malcolm ed Elaine» (cielo, i genitori di Mark Darcy! ) «di una considerevole somma di denaro - si parla di diverse migliaia di sterline - presa come anticipo per l'acquisto di appartamenti in multiproprietà.»

«Ne sapevi qualcosa?»

«No. Forse hanno tralasciato di parlarmene perché non sono riusciti a superare il leggero imbarazzo istintivo di essersi messi in affari con il portoghese profumato e imbrillantinato che ha messo le corna a uno dei loro più vecchi amici.»

«E come è saltato fuori l'imbroglio?»

«Gli appartamenti in multiproprietà non sono mai esistiti. Del fondo pensionistico e dei risparmi miei e di tua madre non rimane più un solo penny. Sono stato anche così ingenuo da lasciarle intestata la casa, e lei l'ha reipotecata. Siamo rovinati, mia cara Bridget, indigenti e senza tetto, e tua madre verrà segnata per sempre come una volgare delinquente.»

Dopodiché papà è crollato. Una ha preso il telefono, dicendo che gli avrebbe preparato un po' di Ovomaltina. Le ho detto che sarei stata da loro nel giro di due ore, ma mi ha pregato di non mettermi in viaggio prima di aver superato lo choc, perché tanto non c'era niente che potessi fare, e di aspettare domattina.

Dopo aver riattaccato, mi sono appoggiata con le spalle al muro maledicendomi debolmente per aver lasciato le sigarette in salotto. Proprio in quel momento è comparsa Jude con un bicchiere di Grand Marnier.

«Che c'è?» ha detto.

Le ho raccontato l'intera storia, versandomi il Grand Marnier direttamente in gola. Jude non ha detto una parola, ma è subito andata a chiamare Mark Darcy.

«E' tutta colpa mia», ha commentato lui, passandosi le dita tra i capelli. «Avrei dovuto essere più esplicito quel giorno alla festa dei Preti e delle Lucciole. Sapevo che Julio aveva qualcosa che non andava.»

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«Cosa vorresti dire?»

«L'ho sentito parlare al cellulare vicino al bordo del prato. Non si è accorto che ero a portata d'orecchio. Se avessi immaginato che c'erano di mezzo anche i miei genitori...» Ha scosso la testa. «Ora che ci penso, mia madre aveva accennato a qualcosa, ma al solo sentirle dire 'multiproprietà' mi sono talmente innervosito che devo averla spaventata, e non ha più osato parlarmene. Dov'è adesso tua madre?»

«Non lo so. Forse in Portogallo, forse a Rio de Janeiro. Magari dal parrucchiere a tingersi i capelli.»

Mark ha cominciato ad andare su e giù per la stanza facendo domande a raffica proprio come un avvocato da telefilm.

«Che cosa stanno facendo per rintracciarla? Di che ammontare si parla? Com'è saltata fuori la faccenda? Che cosa intende fare la polizia? Chi è al corrente della vicenda? Dov'è tuo padre in questo momento? Vuoi andare da lui? Ti ci posso accompagnare?»

Era sexy da morire, giuro.

E' arrivata Jude con il caffè. Mark ha deciso che la cosa migliore era chiamare il suo autista per farci portare tutti e due a Grafton Underwood, e per un attimo ho provato la sensazione del tutto nuova di essere grata a mia madre.

La scena del nostro arrivo da Una e Geoffrey è stata drammatica: gli Alconbury e gli Enderby erano in lacrime e Mark Darcy si è subito messo a fare una serie di telefonate. Mi sono sentita in colpa perché - nonostante la disperazione - una parte di me si stava godendo un mondo il fatto che la normalità sembrava per il momento accantonata: tutto era diverso dal solito e ognuno era libero di ficcarsi in gola interi bicchieri di sherry e tartine con pasta di salmone, un po' come a Natale. E' stato un po' come quando la nonna è diventata schizofrenica e si è tolta di dosso tutti i vestiti, è corsa nel frutteto di Penny Husbands-Bosworth e ha dovuto essere catturata dalla polizia.

Mercoledì 22 novembre.

"Chilogrammi 55,8 (urrà!), alcolici 3, sigarette 27 (del tutto comprensibile quando si

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ha una mamma che è una delinquente comune), calorie 5671 (cielo, mi è già tornato l'appetito), lotteria istantanea 7 b. (nel tentativo altruista di rivincere i soldi di tutti quanti, anche se forse, a pensarci bene, non glieli restituirei per intero), totale delle vincite 10 sterline, profitto 3 sterline (da qualche parte bisogna pur cominciare)".

Ore 10. Sono tornata a casa, completamente distrutta dopo non aver chiuso occhio. Come se non bastasse, devo andare al lavoro e verrò sicuramente aggredita per essere arrivata in ritardo. Quando me sono andata, papà sembrava essersi leggermente ripreso: alternava momenti di gioia selvaggia all'idea che Julio si è dimostrato una canaglia e così la mamma può tornare da lui per ricominciare una nuova vita insieme, a momenti di profonda depressione perché la nuova vita in questione sarà fatta di visite in prigione andata e ritorno con i mezzi pubblici.

Mark Darcy è tornato a Londra in piena notte. Gli ho lasciato un messaggio sulla segreteria ringraziandolo per l'aiuto e tutto il resto, ma non mi ha richiamato. Non posso biasimarlo. Scommetto che Natasha e simili non gli hanno mai propinato una minestra blu, e soprattutto non si è mai scoperto che sono figlie di una delinquente.

Una e Geoffrey hanno detto di non preoccuparmi per papà, perché Brian e Mavis si fermeranno da loro e li aiuteranno a prendersi cura di lui. Chissà perché abbiamo sempre detto «Una e Geoffrey» e mai «Geoffrey e Una», mentre invece diciamo «Malcolm ed Elaine» e «Brian e Mavis». E anche «Nigel e Audrey». Nessuno direbbe mai «Geoffrey e Una», così come nessuno direbbe mai «Elaine e Malcolm». Perché? Mi ritrovo senza volerlo a provarci anche con il mio nome, pensando a Sharon e Jude che, negli anni a venire, faranno sbadigliare le loro figlie fino alla nausea dicendo: «Conosci Bridget e Mark, tesoro, quelli che abitano nella grande villa di Holland Park e vanno sempre in vacanza ai Caraibi?» Ecco come sarebbe. Sarebbe Bridget e Mark. Bridget e Mark Darcy. Dio me ne scampi. Sarebbe un disastro. Mi sento improvvisamente male per aver pensato a Mark Darcy in questi termini, come Maria con il capitano von Trapp in "Tutti insieme appassionatamente", e che dovrei correre a parlarne con la madre superiora, che mi canterebbe "Scavalca tutte le montagne".

Venerdì 24 novembre.

"Chilogrammi 57,2, alcolici 4 (ma bevuti in presenza della polizia, quindi niente di

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male), sigarette 0, calorie 1760, chiamate al 1471 per vedere se Mark Darcy ha telefonato 11".

Ore 22,30. Sta andando tutto di male in peggio. Pensavo che l'unico raggio di sole nella tempesta della delinquenza di mia madre fosse che magari avrebbe avuto come risultato di avvicinarmi di più a Mark Darcy, ma da quando ha lasciato casa Alconbury non ho più avuto sue notizie.

Sono appena stata interrogata in casa mia da alcuni agenti di polizia. Ho cominciato comportandomi come quelle persone che vengono intervistate in T.V. dopo che un aereo si è schiantato nel loro giardino, pronunciando frasi fatte prese in prestito dai notiziari, dai film-processo o simili, e mi sono ritrovata a descrivere mia madre come un tipo «caucasico» e «di corporatura media».

Nonostante questo, i poliziotti sono stati incredibilmente carini e rassicuranti. Sono rimasti fino a tardi, e uno dei detective ha detto che, quando passerà ancora da queste parti, farà un salto a dirmi come vanno le indagini. E' stato davvero molto gentile.

Sabato 25 novembre.

"Chilogrammi 57, alcolici 2 (sherry), sigarette 3 (fumate fuori dalla finestra di casa Alconbury), calorie 4567 (solo di budini alla crema e tramezzini al salmone), chiamate al 1471 per vedere se ha telefonato Mark Darcy 9 (b.)".

Sia ringraziato il cielo. Papà ha ricevuto una telefonata dalla mamma. Pare gli abbia detto di non preoccuparsi, perché sta bene e tutto procede per il meglio, e poi abbia riattaccato. La polizia, che teneva sotto controllo il telefono di Una e Geoffrey come in "Thelma e Louise", ha detto che chiamava sicuramente dal Portogallo, ma non sono riusciti a scoprire da dove. Vorrei tanto che Mark Darcy mi telefonasse. Evidentemente è rimasto del tutto scoraggiato dal disastro culinario e dall'elemento criminoso in famiglia, ma essendo troppo educato non ha voluto darlo a vedere. Il nostro passato comune nella piscinetta perde ogni significato davanti al furto dei risparmi dei genitori perpetrato dall'odiosa mamma della cattivissima Bridget. Oggi pomeriggio mi vedo con papà, ma non nel modo in cui ero abituata - in una macchina

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con autista al fianco di un giovane avvocato di grido - bensì nei panni di una tragica zitella tenuta alla larga da tutti gli uomini.

Ore 13. Urrà! Evviva! Me ne stavo andando quando è suonato il telefono, ma dall'altra parte si sentiva solo bip bip. Hanno richiamato, ed era Mark dal Portogallo. Incredibilmente gentile e intelligente da parte sua. Pare che, tra un processo e l'altro, sia stato in contatto con la polizia per tutta la settimana e ieri sia volato ad Albufeira. La polizia portoghese ha trovato la mamma e Mark pensa che se la caverà, perché è abbastanza chiaro che non aveva idea delle manovre di Julio. Sono riusciti a recuperare parte dei soldi, ma Julio è ancora uccel di bosco. La mamma ritorna stasera, ma dovrà andare difilato alla polizia per essere interrogata. Mark ha detto di non preoccuparsi, che probabilmente finirà bene, ma ha già preso accordi per la cauzione, nel caso dovesse rendersi necessario pagarla. Prima che avessi il tempo di ringraziarlo, è caduta la linea. Non vedevo l'ora di chiamare Tom per dargli la fantastica notizia, ma mi sono ricordata che nessuno deve sapere della mamma e, sfortunatamente, l'ultima volta che ho parlato con Tom di Mark Darcy credo di avergli dato a intendere che è un noiosissimo figlio di mammà.

Domenica 26 novembre.

"Chilogrammi 57,1, alcolici 0, sigarette 1/2 (ci sono buone probabilità che non ne fumi altre), calorie sa Dio, minuti passati in attesa di uccidere la mamma 188 (stima per difetto)".

Giornata da incubo. Dopo aver aspettato la mamma prima ieri sera, poi stamattina, poi oggi pomeriggio ed essere stata per tre volte sul punto di uscire per andare a prenderla a Gatwick, è saltato fuori che sarebbe arrivata stasera a Luton, scortata dalla polizia. Papà e io ci stavamo preparando a consolare una persona molto diversa da quella che negli ultimi tempi ce ne aveva dette di tutti i colori, immaginando, forse ingenuamente, che quest'ultima disavventura l'avesse placata.

«Mi lasci andare, "scimunito!"» ha tuonato una voce nel salone degli arrivi. «Ora che siamo sul suolo britannico sono sicura che verrò riconosciuta e non voglio che mi vedano mentre vengo "maltrattata" da un poliziotto! Oh, sa una cosa? Credo di aver

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dimenticato il mio cappello da sole in aereo, sotto il sedile.»

I due poliziotti hanno alzato gli occhi al cielo e hanno seguito stancamente la mamma che, con una giacca a scacchi bianchi e neri stile anni Sessanta (presumibilmente scelta apposta per intonarsi con le divise degli agenti), foulard in testa e occhiali neri, tornava precipitosamente alla consegna bagagli. Quarantacinque minuti più tardi sono riemersi. Uno dei poliziotti aveva in mano il cappello da sole.

Quando hanno cercato di farla sedere nell'auto della polizia, per poco non è scoppiata una rissa. Papà era seduto in lacrime al volante della sua Sierra e io ho cercato di spiegare alla mamma che doveva andare alla centrale per capire se era accusata di qualcosa, ma lei continuava a ripetere: «Non essere sciocca, tesoro. Vieni qui. Che cos'hai in faccia? Non hai un fazzoletto di carta?»

«Mamma», ho protestato, quando si è tolta di tasca un fazzoletto di stoffa e ci ha sputato sopra, «potresti essere accusata di un crimine.» Ha cominciato a pulirmi la faccia. «Secondo me ti conviene stare buona e andare alla centrale con gli agenti.»

«Vedremo, tesoro. Magari domani, dopo che avrò pulito il cassetto della verdura. C'era dentro un chilo di patate e scommetto che hanno messo il butto. Sembra che nessuno abbia dato da bere alle piante, mentre ero via, e scommetto qualunque cosa che Una ha dimenticato il riscaldamento acceso.»

Si è zittita e si è sdegnosamente lasciata caricare sul sedile posteriore della macchina di fianco a un agente solo quando papà è venuto lì e, senza mezzi termini, le ha detto che la casa le sarà confiscata, compreso il cassetto della verdura.

Lunedì 27 novembre.

"Chilogrammi 57,6, alcolici 0, sigarette 50 (sì, perché?), chiamate al 1471 per vedere se Mark Darcy ha telefonato 12, ore di sonno 0".

Ore 9. Ho appena fumato l'ultima prima di andare al lavoro. Sono completamente a pezzi. Ieri sera papà e io abbiamo aspettato per due ore su una panchina alla centrale di polizia. Alla fine abbiamo sentito una voce avvicinarsi lungo il corridoio. «Sì, sì, sono io! Ogni mattina a "Improvvisamente single". Certo che può. Ha una penna?

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Oui? A chi lo devo dedicare? Oh, cattivone. Lo sa che muoio dalla voglia di provarne uno... Oh, eccoti qua, papà», ha detto la mamma, svoltando l'angolo con in testa un elmetto da poliziotto. «Hai la macchina qui fuori? Uff, lo sai che... non vedo l'ora di andare a casa e mettere su un po' di acqua calda. Una si sarà ricordata di accendere il timer?»

Papà aveva l'aria arruffata, spaventata e confusa e io mi sentivo esattamente tale e quale.

«Te la sei cavata?» ho chiesto.

«Oh, non essere sciocca, tesoro. Cavata! Non so!» ha detto la mamma, roteando gli occhi rivolta al detective più anziano e spingendomi fuori dalla porta davanti a lei. Dal modo in cui il detective è arrossito e da come le si agitava intorno, non mi sorprenderei se mi dicessero che si è tolta dagli impicci concedendogli favori sessuali nella saletta degli interrogatori.

«Allora? Cos'è successo?» ho chiesto dopo che papà aveva finito di caricare nel baule della Sierra tutte le sue valigie, i cappelli, l'asinello di paglia («Non è uno splendore?») e le nacchere, e aveva acceso il motore. Avevo deciso che questa volta non l'avrebbe passata liscia, che non le avremmo permesso di buttare lo sporco sotto il tappeto e di ricominciare a trattarci come pezze da piedi.

«E' tutto chiarito adesso, tesoro. Si è trattato solo di uno stupidissimo equivoco. Ha fumato qualcuno, in questa macchina?»

«Che cos'è successo, mamma?» ho detto in tono minaccioso. «Che fine hanno fatto i soldi vostri e dei vostri amici e gli appartamenti in multiproprietà? Dove sono le mie duecento sterline?»

«Caara! Abbiamo solo avuto un piccolo problema con la concessione edilizia. Le autorità portoghesi sono molto corrotte, sai. E' tutta una mancia e una bustarella, come Winnie Mandela. Così Julio ha restituito tutti i depositi. Abbiamo fatto una vacanza super! Il tempo è stato molto variabile, però...»

«Dov'è Julio?» ho domandato, sospettosa.

«Oh, lui è rimasto in Portogallo in attesa di riuscire a sbrogliare tutta questa matassa delle concessioni edilizie.»

«E la mia casa?» ha voluto sapere papà. «E i risparmi?»

«Non so di che cosa tu stia parlando, papà. Con la casa va tutto a gonfie vele.»

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Sfortunatamente per la mamma, però, quando siamo tornati a casa avevano cambiato tutte le serrature, così siamo dovuti tornare da Una e Geoffrey.

«Sapessi, Una. Sono così stanca che penso di andarmene subito a letto», ha dichiarato la mamma dopo aver dato un'occhiata alle loro facce piene di risentimento, allo spuntino freddo tutto avvizzito e alle fette di barbabietola rinsecchite.

E' suonato il telefono ed era per papà.

«Era Mark Darcy», ha riferito papà tornando in salotto. Mi è balzato il cuore in gola, ma ho cercato di non tradirmi. «E' ad Albufeira. Pare che abbia preso accordi con... quello sporco portoghese... e che abbiano recuperato parte dei soldi. Chissà, forse salveremo almeno la casa.»

La notizia ha strappato a tutti quanti un urlo di esultanza e Geoffrey ha intonato "Perché è un bravo ragazzo". Mi aspettavo che Una facesse qualche commento su di me, invece no. Tipico. Appena decido che Mark Darcy mi piace, tutti quanti smettono immediatamente di cercare di metterci insieme.

«C'è troppo latte per te, Colin?» ha detto Una, passando a papà una tazza di tè decorata con un fregio di albicocche.

«Non so... Non capisco come mai... Non so più che cosa pensare», ha dichiarato papà, preoccupato.

«Senti, non c'è assolutamente motivo di preoccuparsi», lo ha rassicurato Una, con una calma e un controllo insoliti che me l'hanno improvvisamente fatta apparire come la mamma che ho sempre desiderato. «E' perché ci ho messo un po' troppo latte. Ne butto un po' e aggiungo dell'acqua calda.»

Quando finalmente ho lasciato la scena della tragedia, mi sono fiondata a tutta velocità (troppa velocità) verso Londra, fumando a tutto andare in un impeto irragionevole di ribellione.

DICEMBRE.

Oh, cavoli.

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Lunedì 4 dicembre.

"Chilogrammi 58,1 (devo diminuire un po' prima dell'abbuffata natalizia), alcolici 3 (modestamente), sigarette 7 (praticamente una santa), calorie 3876 (oh, mamma), chiamate al 1471 per vedere se Mark Darcy ha telefonato 6 (b.)".

Sono appena andata al supermercato e mi sono inspiegabilmente ritrovata a pensare ad alberi di Natale, caminetti accesi, canti, pasticci di carne eccetera. Poi ho capito perché. Le bocchette di aerazione vicino all'ingresso, che di solito pompano fuori il profumo del pane appena sfornato, stavolta pompavano fuori il profumo del pasticcio di carne. Un comportamento incredibilmente cinico. Mi è venuta in mente la mia poesia preferita di Wendy Cope, che dice:

A Natale cantano i bimbi ed è tutto di campanelle un tintinnare.

Nell'aria gelida e pungente senti mani e faccia ghiacciare.

Le famiglie felici vanno in chiesa e si mescolano allegramente,

e l'intera faccenda, se sei single, è dura veramente.

Ancora niente da Mark Darcy.

Martedì 5 dicembre.

"Chilogrammi 58,1 (bene, da oggi mi metto seriamente a dieta), alcolici 4 (inizio della stagione natalizia), sigarette 10, calorie 3245 (meglio), chiamate al 1471 6 (in costante progresso)".

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Mi lascio continuamente distrarre dai cataloghi che sbucano fuori dai giornali. Sono particolarmente attratta da un portaocchiali in metallo lucidato a forma di scudo e foderato di pelliccia ecologica: «Troppo spesso gli occhiali vengono appoggiati piatti sul tavolo, un posto favorevolissimo agli incidenti». Non potrei essere più d'accordo. L'elegante lucina «Gatto nero» da applicare al portachiavi funziona con un semplice meccanismo a scatto, e proietta una potente luce rossa sulla serratura degli amanti dei gatti». Un kit per coltivare i bonsai! Evviva. «Praticate l'antica arte dei bonsai con questa confezione di germogli di Gaggia Arborea persiana rosa prepiantati.» Carino, molto carino.

Non posso evitare di sentirmi triste per la brutalità con cui Marco Pierre White e mia madre hanno calpestato i rosei germogli della storia sentimentale che stava per sbocciare tra me e Mark Darcy, ma cerco di prenderla con filosofia. Forse, con tutta la sua bravura, intelligenza, astinenza dal fumo, libertà dall'alcool e macchina con autista, Mark Darcy è troppo perfetto, pulito e levigato per me. Forse il destino vuole che stia con un uomo più selvaggio e materiale, e meno serio. Come Marco Pierre White, per esempio, oppure, per dire un nome completamente a caso, Daniel. Be'. Comunque. La vita continua, ed è inutile piangersi addosso.

Ho appena telefonato a Shazzer: secondo lei il destino non vuole necessariamente che io mi metta con Marco Pierre White, e di sicuro non con Daniel. L'unica cosa di cui una donna ha bisogno di questi tempi è se stessa. Evviva!

Ore 2. Perché Mark Darcy non mi ha telefonato? Perché? Perché? Nonostante tutti i miei sforzi, finirò divorata da un pastore alsaziano, lo so. Perché proprio io, Signore?

Venerdì 8 dicembre.

"Chilogrammi 59,5 (disastro), alcolici 4 (b.), sigarette 12 (ottimo), regali di Natale già comprati 0 (pessimo), biglietti spediti 0, chiamate al 1471 7".

Ore 16. Uffa. Ha appena chiamato Jude, e prima di salutarmi ha detto: «Ci vediamo

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domenica da Rebecca».

«Domenica? Da Rebecca? Quale Rebecca?»

«Oh, non ti ha... Ha deciso di invitare qualche... Credo che si tratti di una specie di cena prenatalizia.»

«Tanto domenica ho già un impegno», ho mentito. Finalmente potrò cercare di raggiungere con il piumino quegli angolini così ostici. Credevo che Rebecca considerasse Jude e me alla stessa stregua, ma allora perché ha invitato lei e non me?

Ore 21. Ho fatto un salto al 192 per bere una bottiglia di vino con Sharon e a un certo punto lei mi ha chiesto che cosa pensavo di mettere per la festa di Rebecca.

Festa? Allora è proprio una "festa", non solo una cena!

Mezzanotte. Non devo assolutamente prendermela. E' la tipica cosa ormai priva d'importanza nella mia vita. E' giusto che la gente inviti chi vuole alle proprie feste, senza che gli esclusi se la prendano.

Ore 5,30. Perché Rebecca non mi ha invitata alla sua festa? Perché? Perché? A quante altre feste sono stati invitati tutti quanti tranne me? Scommetto che sono ciascuno a una festa diversa, adesso, che ridono e sorseggiano champagne di marca. Non piaccio a nessuno. Natale trascorrerà senza neppure una festa all'orizzonte, a parte un accumulo di tre inviti il 20 dicembre, quando so già che dovrò passare la serata in sala di montaggio.

Sabato 9 dicembre.

"Feste di Natale da aspettare con trepidazione 0".

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Ore 7,45. Sono stata svegliata dalla mamma.

«Ciao, tesoro. Ti ho chiamato in fretta e furia perché Una e Geoffrey mi hanno chiesto che cosa volevi per Natale e ho pensato a una sauna facciale.»

Com'è possibile che, dopo aver perso la faccia e aver scampato per un pelo chissà quanti anni di galera, mia madre sia tornata esattamente quella di prima, capace di civettare apertamente con i poliziotti e sempre pronta a tormentarmi?

«A proposito, hai intenzione di venire...» - per un attimo il mio cuore ha dato un balzo al pensiero che stesse per dire «al buffet a base di tacchino al curry» e tirare fuori, se così si può dire, Mark Darcy, e invece - «alla festa della Vibrant T.V. martedì sera?» ha continuato lei tutta allegra.

Ho avuto un brivido di umiliazione. Io per la Vibrant T.V. "ci lavoro".

«Non sono stata invitata», ho mormorato. Non esiste cosa peggiore che dover ammettere la propria impopolarità davanti a una madre.

«Oh, tesoro, certo che sei stata invitata. Ci vanno tutti.»

«Io no.»

«Be', forse sei con loro da troppo poco tempo. Comunque...»

«Ma, mamma», l'ho interrotta, «tu non lavori per loro.»

«Nel mio caso non conta, tesoro. Comunque, devo scappare. Ciao!»

Ore 9. Per un breve istante ho intravisto un'oasi di festa quando ho trovato un invito nella posta, ma è saltato fuori che era un miraggio: l'invito era a una vendita di ombretti di marca.

Ore 11,30. In preda a una disperazione paranoica ho telefonato a Tom per sapere se aveva voglia di uscire questa sera.

«Spiacente», ha cinguettato, «ma vado con Jerome al Groucho Club. C'è una festa.»

Dio mio. Non lo sopporto, Tom, quando è felice, sicuro di sé e tutto pappa e ciccia con Jerome. Lo preferisco di gran lunga quando è infelice, insicuro e nevrotico.

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Come lui stesso non si stanca mai di ripetere: «E' così bello quando agli altri va tutto male».

«Ci vediamo domani, comunque», ha continuato, «da Rebecca.»

Tom ha visto Rebecca solo due volte, sempre a casa mia, e io le sono amica da nove anni. Ho deciso di andare a far spese e di non angosciarmi più.

Ore 14. Ho incontrato Rebecca da Graham and Greene. Si stava comprando una sciarpa da 169 sterline. (Che cosa sta succedendo con le sciarpe? Un giorno le vendono a mucchi e costano 9 sterline e 99, il giorno dopo devono essere di velluto fantasia e costano quanto un televisore. L'anno prossimo probabilmente succederà lo stesso alle calze o alle mutande, e chi non porterà mutandoni lunghi in velluto nero elasticizzato da 145 sterline si sentirà tagliato fuori.)

«Ciao», le ho detto tutta contenta, pensando che l'incubo degli inviti stesse per finire e lei mi rispondesse: «Ci vediamo domenica».

«Oh, ciao», mi ha detto freddamente, senza guardarmi negli occhi. «Non mi posso fermare. Ho una gran fretta.»

Quando è uscita dal negozio stavano suonando "Caldarroste sul fuoco" e sono rimasta a fissare un colino da 185 sterline di Phillipe Starck, cercando di inghiottire le lacrime. Odio il Natale. E' tutto pensato per le famiglie, i sentimenti, il calore umano, le emozioni e i regali, e se non hai un fidanzato, sei senza soldi, tua madre esce con un delinquente portoghese latitante e i tuoi amici non vogliono più essere tuoi amici, ti viene quasi voglia di migrare sotto qualche malvagio regime islamico, dove perlomeno le donne vengono "tutte" trattate come emarginate. Comunque, non me ne importa. Questo weekend mi leggerò un bel libro e ascolterò un po' di musica classica. Magari leggerò "La via della fame".

Ore 20,30. Bellissima puntata di "Appuntamento al buio". Vado a prendere un'altra bottiglia di vino.

Lunedì 11 dicembre.

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Di ritorno a casa, ho trovato un gelido messaggio sulla segreteria.

«Bridget. Sono Rebecca. Lo so che adesso lavori in T.V. Lo so che hai delle feste molto più eleganti a cui andare ogni sera, ma pensavo che avresti almeno potuto rispondere all'invito di un'amica, anche se ormai sei troppo importante per degnarti di venire alla sua festa.»

L'ho richiamata immediatamente, ma non mi ha risposto nessuno e non c'era neppure la segreteria. Ho deciso di correre a casa sua per lasciarle un biglietto e sulle scale mi sono imbattuta in Dan, l'australiano del piano di sotto con il quale ho limonato in aprile.

«Ciao. Buon Natale», mi ha detto con voce sommessa, fermandosi vicinissimo a me. «Hai trovato la posta?» L'ho guardato senza capire. «Te l'ho messa sotto la porta, per evitarti di dover scendere al freddo in camicia da notte la mattina.»

Sono corsa di nuovo di sopra, ho sollevato lo zerbino e lì, ben nascosti come una sorpresa di Natale, ho trovato un mucchio di biglietti, lettere e inviti, tutti indirizzati a me. A me. A me.

Giovedì 14 dicembre.

"Chilogrammi 58,5, alcolici 2 (pessimo, in quanto ieri non ne ho bevuti - devo rifarmi domattina con qualche extra per evitare un infarto), sigarette 14 (male? Oppure bene? Sì: un livello ragionevole di nicotina probabilmente non danneggia la salute, purché non ci si metta a fumare come turchi), calorie 1500 (ottimo), lotteria istantanea 4 b. (maluccio), biglietti spediti 0, regali acquistati 0, chiamate al 1471 5 (ottimo)".

Feste, feste, feste! Più Matt dell'ufficio, che mi ha appena telefonato per sapere se martedì vado al pranzo di Natale. Non è possibile che io gli piaccia - potrei essere sua nonna - ma allora perché mi ha telefonato la sera a casa? E perché mi ha chiesto come intendo vestirmi? Non devo sovreccitarmi, e neppure gasarmi troppo per questa ridda di feste e la telefonata di uno sbarbatello. Per quello che riguarda l'intingere il pennino nell'inchiostro dell'ufficio, devo ricordare, piuttosto, il vecchio detto: «Gatto

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scottato dall'acqua calda, ha paura anche di quella fredda». E' meglio che tenga a mente anche quello che è successo l'ultima volta che ho limonato con un giovane strafottente: Gav e il suo «Oh, sei tutta budinosa» sono un'umiliazione ancora cocente. Mmm. Un pranzo di Natale sessualmente tentatore bizzarramente seguito da musiche da discoteca nel pomeriggio (il nostro direttore concepisce il divertimento in questo modo) comporta un'accurata e complessa scelta dell'abbigliamento. Meglio sentire Jude.

Martedì 19 dicembre.

"Chilogrammi 60,2 (ma mi resta ancora quasi una settimana per perdere 3 chili prima di Natale), alcolici 9 (pessimo), sigarette 30, calorie 4240, lotteria istantanea 1 b. (ottimo), biglietti spediti 0, biglietti ricevuti 11, ma compresi due del ragazzo dei giornali, 1 dello spazzino, 1 del garage Peugeot e 1 di un albergo in cui ho passato una notte per lavoro 4 anni fa. Sono impopolare, o forse quest'anno stanno tutti mandando gli auguri in ritardo".

Ore 9. Mi sento da cani: ho una tremenda acidità e un mal di testa da spaccare i sassi, e oggi c'è il pranzo dell'ufficio con tanto di disco-dance. Sarò stritolata dalla pressione dei compiti natalizi non ancora ultimati, come la revisione dei bilanci. Non ho scritto biglietti né comprato regali, a parte qualche acquisto disperato e destinato all'insuccesso ieri nella pausa pranzo, quando mi sono resa conto che avrei visto le ragazze per l'ultima volta prima di Natale ieri sera, a casa di Magda e Jeremy.

Lo scambio dei regali con gli amici mi atterrisce perché, a differenza della famiglia, non c'è modo di sapere chi ti farà il regalo e chi no e se sarà un semplice segno d'affetto o un regalo vero e proprio, e tutto finisce per diventare come un antipatico scambio di offerte in busta chiusa. Due anni fa avevo comprato a Magda un graziosissimo orecchino di Dinny Hall, mettendola in imbarazzo e rendendola infelice perché lei a me non aveva preso niente. L'anno scorso, quindi, non le ho preso niente, mentre lei mi ha regalato un costosissimo profumo di Coco Chanel. Quest'anno le ho comprato un bottiglione di Olio di Zafferano allo Champagne e un portasapone di metallo proprio bruttino, e lei è diventata di pessimo umore e ha cominciato a borbottare bugie ovvie sul fatto che non ha ancora avuto il tempo di prendere i regali. L'anno scorso da Sharon ho avuto una bottiglia di bagnoschiuma a forma di Babbo Natale, così ieri sera le ho portato solo un Bagno alle Alghe e un Gel

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Doccia all'Olio di Polipo, al che lei mi ha messo davanti una borsetta. Come regalo generico d'emergenza, avevo impacchettato una simpatica bottiglietta di olio d'oliva che mi è caduta dalla tasca ed è andata in mille pezzi sul tappeto persiano di Magda.

Uffa. Vorrei che Natale fosse Natale e basta, senza regali. E così sciocco che tutti si stravolgano dalla fatica, e sperperino controvoglia un mucchio di soldi in oggetti inutili che nessuno vuole: non si tratta più di segni d'affetto, ma di angosciate soluzioni a un problema. (Anche se devo ammettere che avere una borsetta nuova non mi dispiace affatto.) Che senso ha che l'intera nazione si sbatta di malavoglia per sei settimane preparandosi a un inutile Esame sui Gusti Altrui che nessuno passa e si lascia dietro una barcata di mercanzie indesiderate? Se regali e biglietti venissero aboliti, allora sarebbe bello festeggiare con una radiosa sagra natalizia in stile pagano, che servirebbe a distrarre la gente dal lungo buio invernale. Ma se il governo, le comunità religiose, i genitori, la tradizione eccetera insistono con questa Tassa dei Regali di Natale che rovina ogni cosa, allora perché non fare che ciascuno esce con 500 sterline e le spende tutte per sé, e poi distribuisce gli oggetti tra parenti e amici perché li impacchettino e glieli restituiscano invece di tormentarsi con questo fallimento psichico annuale?

Ore 9,45. Ho appena parlato con la mamma. «Tesoro, ti ho chiamato solo per dirti che quest'anno ho deciso di non fare regali. Tu e Jamie ormai lo sapete che Babbo Natale non esiste, e siamo tutti troppo presi. Possiamo goderci semplicemente la reciproca compagnia.»

Ma noi troviamo sempre un sacco di Babbo Natale pieno di regali ai piedi del letto. Il mondo mi appare grigio e triste. Non sembrerà nemmeno Natale.

Be', è meglio che mi rimetta al lavoro. Ma al pranzo con disco-dance non berrò neppure un bicchierino, con Matt sarò cordiale e professionale, mi fermerò solo fino alle 15,30 e poi andrò a casa a scrivere i miei biglietti d'auguri.

Ore 2. "Certo" che non ho fatto gnente di male. Bevono tutti, alla festa dell'uffiscio. E' divertente. Devo andare a letto - fa gnente sce sci vado tutta vestita.

Mercoledì 20 dicembre.

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Ore 5,30. Oh, mio Dio! Dove sono?

Giovedì 21 dicembre.

"Chilogrammi 58,6 (può sembrare buffo, ma a dire il vero non c'è motivo per non cercare di perdere peso durante il Natale, visto che sono così piena. Dopo il pranzo di Natale è del tutto accettabile rifiutare qualunque cibo con la scusa di essere già pieni. Anzi, probabilmente è l'unico momento dell'anno in cui è OK non mangiare)".

Sono dieci giorni che vivo con un perenne mal di testa e alimento questa sottospecie di esistenza senza pasti come si deve e senza cibi caldi.

Il Natale è come la guerra. Raggiungere Oxford Street mi pesa come scalare una montagna. Vorrei essere trovata dalla Croce Rossa o dai tedeschi. Aiuto! Sono le dieci del mattino. Non ho comprato neppure un regalo. Non ho mandato gli auguri a nessuno. Devo uscire per andare al lavoro. D'accordo, non berrò mai più per il resto dei miei giorni. Aiuto! Il telefono da campo sta squillando.

Uffa. Era la mamma, ma poteva essere anche Goebbels che cercava di convincermi a invadere la Polonia.

«Tesoro, ho telefonato solo per sapere a che ora arrivi venerdì sera.»

La mamma, con un coraggio ammirevole, ha programmato uno sdolcinato Natale in famiglia, con lei e papà insieme come se quest'anno non fosse successo niente di diverso dal solito, e tutto «per il bene dei bambini» (io e Jamie, che ha trentasette anni).

«Mamma, come "mi sembra" di averti già spiegato, arriverò la sera della vigilia. Ricordi tutte le conversazioni che abbiamo avuto sull'argomento? La prima è stata... in agosto.»

«Oh, non essere "sciocca", cara. Non puoi restare da sola in casa tutto il weekend di Natale. Che cosa mangerai?»

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Grr. Non sopporto queste cose. E' come se, per il solo fatto di essere single, tu non avessi una casa accogliente né degli amici o delle responsabilità, e l'unica ragione che puoi avere per non essere agli ordini di nessuno per tutto il periodo natalizio e felice di dormire piegata in quattro in un sacco a pelo sul pavimento della camera di qualche adolescente, di pelare patate con il butto per cinquanta persone e di «essere carina» con dei pervertiti che si fanno chiamare «zio» mentre ti guardano spudoratamente le tette, è il tuo egoismo atroce.

Mio fratello, al contrario, può andare e venire come più gli garba, con il rispetto e la benedizione di tutti, e solo perché ha abbastanza stomaco per sopportare di vivere con un'entusiasta del Tai Chi. Sinceramente, piuttosto che stare nel mio appartamento con Becca, preferirei dargli fuoco tutta sola.

E' incredibile, ma mia madre non prova nessuna gratitudine per Mark Darcy e il modo in cui l'ha tirata fuori dai guai. Anzi, è diventato una delle Cose-che-non-devono-essere-nominate, come il Grande-Smacco-della-Multiproprietà, e si comporta come se lui non esistesse. Ho persino il dubbio che, per risarcire tutti quanti fino in fondo, abbia addirittura tirato fuori del suo. E' talmente una brava persona. Evidentemente troppo brava per una come me.

Devo rifare il letto. Dormire su un materasso costellato di bottoni è troppo scomodo. Ma dove sono le lenzuola? Vorrei tanto mettere qualcosa sotto i denti.

Venerdì 22 dicembre.

Adesso che è quasi Natale, ho nostalgia di Daniel. Non mi ha neppure mandato gli auguri (anche se, a ben pensarci, nemmeno io ho ancora avuto il tempo di mandargli un biglietto). E' strano essere stati così vicini durante l'anno e non sapere più che fine ha fatto l'altro. M. triste. Forse io non lo sapevo, ma è un ebreo ortodosso. Forse domani mi telefonerà Mark Darcy per farmi gli auguri di Buon Natale.

Sabato 23 dicembre.

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"Chilogrammi 59, alcolici 12, sigarette 38, calorie 2976, amici e persone care che pensano a me in questo periodo festivo 0".

Ore 18. Sono felice di aver deciso di essere una Single che Festeggia in Casa da Sola... come una reietta.

Ore 18,05. Chissà dove sono tutti? Immagino con i loro fidanzati o a casa con le famiglie. Comunque, è un'occasione per fare qualcosa... oppure hanno una famiglia tutta loro. Dei bambini. Dei piccoli e morbidi bambinelli in pigiama e con le gote rosa che guardano tutti eccitati l'albero di Natale. O forse sono tutti a una megafesta, tranne me. Comunque. Ho mille cose da fare.

Ore 18,15. Comunque tra un'ora c'è "Appuntamento al buio".

Ore 18,45. "Dio, come mi sento sola!" Persino Jude si è scordata di me. Mi ha telefonato per tutta la settimana in preda al panico perché non sapeva che cosa comprare per il Perfido Richard. Non doveva essere una cosa troppo costosa: si sarebbe sentito legato, oppure lo avrebbe preso come un tentativo di castrarlo (a mio parere, andrebbe fatto). Non doveva essere una cosa da mettere perché sbagliarsi sui gusti altrui è come mettere un piede su una mina e avrebbe potuto ricordare al Perfido Richard la sua ultima ragazza, la Perfida Jilly (con la quale non vorrebbe mai tornare, ma della quale si finge ancora innamorato per non essere costretto a innamorarsi di Jude. Il Rettile). L'ultima trovata era una bottiglia di whisky ma abbinata ad altri regalucci per non sembrare troppo taccagna o anonima - magari abbinata a delle monete di cioccolato al mandarino, dipende se Jude considera il concetto di Calza di Natale sdolcinato al punto di dare la nausea, o tremendamente carino nella sua post-modernità.

Ore 19. Emergenza: mi ha telefonato Jude, in lacrime. Sta per venire qui. Il Perfido Richard è tornato dalla Perfida Jilly. Jude incolpa il regalo. Grazie a Dio sono rimasta a casa. Evidentemente sono un emissario di Gesù Bambino su questa terra e il mio compito è aiutare nel periodo natalizio i perseguitati dei moderni Erode (leggi il Perfido Richard). Jude sarà qui tra mezz'ora.

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Ore 19,15. Accidenti. Mi sono persa l'inizio di "Appuntamento al buio" perché ha chiamato Tom, che sta anche lui venendo qui. Dopo essersi rimesso con lui, Jerome l'ha di nuovo piantato per tornare con il suo ex, che fa parte del balletto di "Cats".

Ore 19,17. Sta per arrivare Simon. La sua donna è tornata dal marito. Grazie al cielo sono rimasta a casa ad accogliere gli amici abbandonati, un po' come una Regina di Cuori o una minestra calda. Ma io sono fatta così: mi piace voler bene al prossimo.

Ore 20. Evviva! Un miracolo natalizio! Ha appena telefonato Daniel. «Jones», ha detto con voce impastata, «ti amo, Jones. Ho fatto un err-hic-ore terribile. Sciuki è stupida e fatta di plastica. Ha le tette che segnano sciempre il nord. Ti amo, Jones. Passo da te a vedere come sta la tua gonna.» Daniel. Bello, pasticcione, sexy, eccitante. Simpaticone di un Daniel.

Mezzanotte. Uffa. Non si è visto nessuno. Il Perfido Richard ha cambiato idea ed è tornato da Jude, e anche Jerome, e anche la donna di Simon. Era solo un attacco di emotività esagerata da Spirito-dei-Natali-Passati, che ha fatto venire a tutti nostalgia dei partner dell'anno scorso. E Daniel! Mi ha richiamata alle 10.

«Senti, Bridge, lo sai, vero, che il sabato sera guardo sempre la partita? Posso venire domani prima del football?» Eccitante? Sfrenato? Simpaticone? Puah.

Ore 1. Sono completamente sola. Quest'anno è stato un totale fallimento.

Ore 5. Oh, ma chissenefrega! Magari Natale non sarà poi così terribile. Magari la mattina dopo mamma e papà emergeranno dalla stanza ubriachi di sesso, tenendosi timidamente la mano e dicendo: «Bambini, abbiamo qualcosa da dirvi», e io potrei fare la damigella alla cerimonia di riconferma delle promesse matrimoniali.

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Domenica 24 dicembre: Vigilia.

"Chilogrammi 59,1, alcolici 1 misero bicchierino di sherry, sigarette 2 ma non godute perché fumate fuori dalla finestra, calorie probabilmente 1 milione, numero di rasserenanti pensieri festivi 0".

Mezzanotte. M. confusa sulla realtà. Ai piedi del mio letto c'è una federa che la mamma ha portato quando stavo per spegnere la luce, dicendo: «Vediamo se viene Babbo Natale», e ora è piena di regali. Mamma e papà, che sono separati e vogliono divorziare, dormono nello stesso letto. Al contrario, mio fratello e la sua fidanzata, che vivono insieme da quattro anni, dormono in camere separate. La ragione di tutto questo non è chiara, tranne che forse serve a evitare di sconvolgere la nonna che è a) pazza e b) non ancora arrivata. L'unico collegamento al mondo reale è l'umiliazione di passare un'ennesima vigilia di Natale da sola in un lettino singolo a casa dei miei genitori. Forse in questo momento papà sta cercando di montare la mamma. Eh eh. No, non ci siamo. Come mai il mio cervello ha formulato un simile pensiero?

Lunedì 25 dicembre.

"Chilogrammi 59,4 (oddio mi sto trasformando in Babbo Natale, in un budino natalizio o simili), alcolici 2 (trionfo su tutta la linea), sigarette 3 (idem), calorie 2657 (quasi tutte di sugo di carne), regali di Natale del tutto assurdi 12, regali di Natale con qualcosa di apprezzabile 0, riflessioni filosofiche sul significato dell'Immacolata Concezione 0, anni passati da quando ero immacolata anch'io... mmm".

Ho sceso le scale barcollando e sperando che l'odore delle sigarette non mi avesse impregnato i capelli e ho trovato mamma e Una che si scambiavano opinioni politiche e pulivano i cavoletti di Bruxelles.

«Sì, credo che Tizio sia "molto" in gamba.»

«Certo, voglio dire, è riuscito a far passare quella clausola che non mi ricordo qual

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era e che nessuno pensava sarebbe passata.»

«E poi, vedi, bisogna fare attenzione, potrebbe succedergli di finire con qualche pazzo come quel tale capo dei minatori che non so più come si chiama. Sai una cosa? Secondo me, il guaio con il salmone affumicato è che mi torna su, soprattutto quando ho mangiato troppi brasiliani al cioccolato. Oh, ciao, tesoro», ha detto la mamma, quando si è accorta di me. «Che cosa ti metti per Natale?»

«Questo», ho mormorato con aria cupa.

«Oh, non essere sciocca, Bridget, non puoi metterti una cosa simile "a Natale". Vuoi venire in salotto a salutare zio Geoffrey prima di salire a cambiarti?» ha detto con il suo tono vivace e leggermente sussurrato da Non-è-tutto-meraviglioso?, che significa: «Fa' come dico o ti metto la faccia nel frullatore».

«Ciao, Bridget, vieni avanti! Come va la tua vita amorosa?» mi ha subito provocato Geoffrey, stringendomi in uno dei suoi abbracci speciali. Poi è diventato tutto rosso e si è tirato su la cinta dei pantaloni.

«Bene.»

«Allora non hai ancora trovato un uomo. Caara! Che cosa dobbiamo fare con te?»

«E' un biscotto al cioccolato?» ha domandato la nonna, guardandomi dritto negli occhi.

«Sta' dritta, tesoro», mi ha sibilato la mamma.

Signore aiutami. Voglio tornare a casa. Rivoglio la mia vita. Non mi sento una persona adulta: mi sento come un ragazzino adolescente che dà fastidio a tutti.

«Che cosa intendi fare con i bambini, Bridget?» ha chiesto Una.

«Oh, guardate, un pene!» ha esclamato la nonna, prendendo in mano un tubo gigante di Smarties.

«Vado a cambiarmi», ho dichiarato, sorridendo viscidamente alla mamma. Sono corsa in camera da letto, ho spalancato la finestra e mi sono accesa una sigaretta. Poi ho visto la testa di Jamie fuori dalla finestra al piano di sotto: stava fumando anche lui. Due minuti più tardi si è aperta anche la finestra del bagno ed è spuntata una testa color rame. Poi ha balenato la fiammella di un accendino. Diavolo: la mamma.

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Ore 12,30. Lo scambio dei doni è stato un incubo. Reagisco sempre in modo esagerato ai regali più brutti, lanciando urletti di gioia, il che significa che ogni anno ne ricevo di sempre più orribili. Così Becca - che quando lavoravo nell'editoria mi ha regalato una serie sempre più tragica di spazzole per abiti, calzascarpe e cose da mettere in testa a forma di libro - quest'anno mi ha preso una lavagnetta magnetica da attaccare al frigorifero. Una, per la quale ogni minimo compito domestico merita un suo congegno particolare, mi ha dato una serie di apricoperchi che si adattano a qualunque misura di coperchio in cucina. La mamma invece, che mi fa sempre regali assurdi nel tentativo di rendere la mia vita più simile alla sua, mi ha regalato un cuoci-lento per una persona. «Tutto quello che devi fare è far saltare la carne prima di andare al lavoro e aggiungere un po' di verdura.» (Si rende conto di quanto sia difficile certe mattine versare un bicchier d'acqua senza vomitare?)

«Oh, guardate. Non è un pene, è un biscotto», ha detto la nonna.

«Credo che questo sugo di carne abbia bisogno di essere filtrato, Pam», ha gridato Una, uscendo dalla cucina con una padella in mano.

Oh, no. Questo no. Per favore.

«Non credo proprio», ha risposto minacciosamente la mamma a denti stretti, già risentita. «Hai provato a mescolarlo?»

«Non trattarmi come una bambina, Pam», ha detto Una, sorridendo in modo pericoloso. Si sono messe a girare intorno come due lottatori. Succede ogni anno, con il sugo di carne. Fortunatamente qualcosa le ha distratte: un gran baccano e un grido mentre qualcuno irrompeva attraverso la portafinestra. Julio.

Ci siamo tutti paralizzati, e Una ha strillato.

Julio aveva la barba lunga e una bottiglia di sherry in mano. Ha arrancato fino a papà e poi si è alzato in tutta la sua statura.

«Tu vai a letto con la mia donna.»

«Ah», ha risposto papà. «Buon Natale e... posso offrirle uno sherry... oh, vedo che ce l'ha già. Tanto meglio. Un po' di torta salata?»

«Lei va a letto», ha ripetuto Julio in tono aggressivo, «con la mia donna.»

«Oh, è così latino! Ah ah!» ha detto la mamma tutta civettuola, mentre gli altri guardavano terrorizzati la scena. Tutte le volte che ho incontrato Julio l'ho sempre visto assurdamente pulito e pettinato, e con una valigetta ventiquattrore. Adesso era sporco, ubriaco, sfatto e, francamente, proprio il tipo che piace a me. Non c'è da

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meravigliarsi se la mamma era più eccitata che imbarazzata.

«Julio, cattivone», ha chiocciato. Oddio. E' ancora innamorata di lui.

«Tu», ha detto Julio, «vai a letto con lui.» Ha sputato sul tappeto cinese ed è corso su per le scale, inseguito dalla mamma, che prima di sparire ha trillato: «Ti dispiace affettare l'arrosto, papà, e far sedere tutti a tavola?»

Nessuno si è mosso.

«Allora, tutti quanti», ha detto papà in un tono serio, teso e mascolino. «Al piano di sopra c'è un pericoloso criminale che ha preso Pam in ostaggio.»

«Oh, se vuoi il mio parere, lei non sembrava per niente preoccupata», ha cinguettato la nonna in un raro e intempestivo momento di lucidità. «Guardate! Un biscotto tra le dalie!»

Ho guardato fuori e per poco non sono svenuta. Mark Darcy, flessuoso come un giovane strafottente, stava attraversando al galoppo il prato per entrare dalla portafinestra. Era sudato, sporco, con i capelli in disordine e la camicia sbottonata. "Din-don!"

«Restate tutti fermi e zitti, come se fosse tutto normale», ha mormorato in un soffio. Eravamo tutti così stupefatti, e lui così autoritario (ed eccitante), che abbiamo cominciato a obbedirgli come degli zombi.

«Mark», ho sussurrato, passandogli vicino con il sugo di carne, «che cosa stai dicendo? Non c'è niente di normale, qui.»

«Temo che Julio possa diventare violento. La polizia è già qui. Se riuscissimo a far scendere tua madre e a lasciarlo su da solo, potrebbero salire a prenderlo.»

«D'accordo. Lascia fare a me», ho detto, e sono andata ai piedi della scale. «Mamma! Non trovo i centrini da mettere sotto i bicchieri!»

Hanno trattenuto tutti il fiato. Non c'è stata risposta.

«Riprova», ha sussurrato Mark, guardandomi con ammirazione.

«Fa' in modo che Una riporti il sugo di carne in cucina», ho sibilato. Lui ha eseguito, poi mi ha mostrato il pollice in su. Gli ho risposto nello stesso modo e mi sono schiarita la gola.

«Mamma!» ho gridato di nuovo su per le scale. «Lo sai dov'è il colino? Una è

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preoccupata per il sugo di carne.»

Dieci secondi più tardi si sono sentiti dei passi furibondi sulle scale ed è arrivata la mamma, tutta rossa.

«I centrini sono nell'apposito contenitore appeso al muro, stupidina che non sei altro. E ora: che cos'ha combinato Una con il sugo? Caara! Dovremo usare il frullatore.»

Stava ancora parlando quando si sono sentiti altri passi su per le scale, e sopra le nostre teste è scoppiata una zuffa.

«Julio!» ha strillato la mamma, e ha fatto per raggiungere la porta.

Ma sulla porta d'ingresso c'era il detective che avevo già visto alla centrale di polizia. «Per favore, restate calmi», stava dicendo. «E' tutto sotto controllo.»

La mamma ha gridato di nuovo quando dal corridoio è spuntato Julio, ammanettato a un giovane agente che lo ha spinto fuori passando dietro il detective.

L'ho fissata mentre cercava di restare padrona di sé e si guardava attorno, valutando la situazione.

«Be', grazie al cielo sono riuscita a calmare Julio», ha detto tutta contenta dopo una pausa. «Che avventura! Stai bene, papà?»

«Hai la camicetta al contrario, mamma», ha osservato papà.

Era una scena disgustosa. Mi sono sentita crollare il mondo addosso. Poi una mano forte mi ha afferrato il braccio.

«Vieni», ha detto Mark Darcy.

«Cosa?»

«Non dire 'cosa', Bridget, di' 'scusa»', ha sibilato la mamma.

«Signora Jones», ha dichiarato con fermezza Mark, «porto Bridget a festeggiare quel che rimane del compleanno di Gesù Bambino.»

Ho respirato profondamente e ho preso la mano che mi offriva.

«Buon Natale a tutti», ho detto con un bel sorriso. «Immagino che ci rivedremo al buffet freddo a base di tacchino al curry.»

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Ecco che cos'è successo dopo:

Mark Darcy mi ha portato a Hintlesham Hall per una bottiglia di champagne e un pranzo di Natale un po' in ritardo, ed è stato bellissimo. Sono stata felice soprattutto di essere libera, per la prima volta nella mia vita, di versare la salsa di carne sul tacchino natalizio senza dover prendere le parti di nessuno su com'era venuta. Il Natale senza Una e la mamma è stato una cosa strana e meravigliosa. Parlare con Mark Darcy è stato sorprendentemente facile, soprattutto con la scena dell'assedio natalizio della polizia a Julio da commentare.

E' saltato fuori che nell'ultimo mese Mark ha passato moltissimo tempo in Portogallo, un po' come un rassicurante detective privato. Mi ha detto di aver rintracciato Julio a Funchal e di aver scoperto quasi tutto su dove si trovavano i fondi, ma di non aver cercato di convincere Julio a restituirli, né tantomeno di averlo minacciato.

«Adesso però penso che li restituirà», ha continuato con un sorriso. Questo Mark Darcy, oltre a essere in gamba come pochi, è davvero dolcissimo.

«Come mai è tornato in Inghilterra?»

«Be', scusa se uso una frase banale, ma ho scoperto il suo tallone d'Achille.»

«Cosa?»

«Non dire 'cosa', Bridget, di' 'scusa»', mi ha preso in giro lui, e io ho riso. «Ho capito che, per quanto tua madre sia la donna più impossibile di questo mondo, Julio l'adora. Ne è davvero innamorato.»

Al diavolo la mamma, ho pensato. Com'è riuscita a diventare un'irresistibile bomba di sesso? Forse ha ragione lei, e dovrei proprio andarci anch'io, da Fammi Bella.

«E tu che cos'hai fatto?» ho chiesto, sedendomi sulle mani per impedirmi di urlare: «"E io? Io? Perché a me nessuno mi ama?"»

«E' bastato dirgli che tua madre avrebbe passato il Natale con tuo padre e che forse avrebbero dormito nello stesso letto. Immaginavo che sarebbe stato abbastanza folle e abbastanza stupido da cercare di... "minare" i loro piani.»

«Come facevi a esserne sicuro?»

«Me lo sentivo. Il mio lavoro è fatto di queste sensazioni.» Dio, com'è in gamba.

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«Sei stato molto gentile a sottrarre tempo al tuo lavoro e tutto quanto. Perché ti sei preso questa gatta da pelare?

«Bridget. Non è evidente?»

Oddio.

Quando siamo saliti ho scoperto che aveva preso una suite. Era bellissima, superelegante e accessoriatissima, e ci siamo divertiti a giocare con tutte le stranezze a disposizione degli ospiti bevendo altro champagne. Mi ha detto tutte quelle cose che si dicono quando si ama qualcuno: le stesse cose, a dire il vero, che mi diceva sempre Daniel.

«Allora perché non mi hai telefonato prima?» ho domandato con un certo sospetto. «Ti ho lasciato ben due messaggi.»

«Non volevo parlarti prima di aver finito con Julio. E non credevo di piacerti.»

«"Cosa?"»

«Ma sì, sai com'è. Mi hai tirato un bidone perché ti stavi "asciugando i capelli". E la prima volta che ti ho vista avevo addosso quell'assurdo maglione e le calze a pois gialli di mia zia, e mi sono comportato come un imbecille. Pensavo che mi considerassi il più tremendo dei bacchettoni.»

«Un po' è vero, però...»

«Però cosa?»

«Forse volevi dire però scusa?»

A questo punto lui mi ha preso di mano la coppa di champagne, mi ha baciato e ha detto: «Bene, Bridget Jones, d'ora in poi ti scuserò sempre». Mi ha sollevata tra le braccia e mi ha portata in camera da letto (dove c'era un letto a baldacchino!) e ha fatto certe cose che in futuro, ogni volta che vedrò un maglione a rombi con lo scollo a V, andrò in autocombustione per la vergogna.

Martedì 26 dicembre.

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Ore 4. Finalmente ho capito il segreto per essere felice con gli uomini, ed è con grande rimpianto, rabbia e uno schiacciante senso di sconfitta che devo usare le parole di un'adultera, della complice di un criminale e di una celebrità di serie G: «Non dire 'cosa', di' 'scusa', tesoro, e fa' come ti dice tua madre».

GENNAIO-DICEMBRE.

Ricapitolando.

Alcolici 3836 (maluccio)

Sigarette 5277

Calorie 11.090.265 (rivoltante)

Unità digrasso 3457 (circa, disgustoso in ogni senso)

Peso preso chilogrammi 33

Peso perso chilogrammi 33,5 (ottimo)

Numeri della lotteria azzeccati 42 (m.b.)

Numeri della lotteria non azzeccati 387

Biglietti della lotteria istantanea acquistati 98

Vincite 110 sterline

Profitto derivato 12 sterline (vai così! Ho battuto il sistema e contemporaneamente ho finanziato cause umanitarie)

Chiamate al 1471 una caterva

Biglietti di San Valentino 1 (m.b.)

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Auguri di Natale 33 (m.b.)

Giorni di mal di testa post-sbronza 114 (m.b.)

Fidanzati 2 (ma uno, per ora, solo per sei giorni)

Fidanzati bravi 1

Numero dei propositi per il nuovo anno mantenuti 1 (m.b.)

Per essere passato un solo anno, ho fatto "enormi" progressi.