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NELLA TERRA DEI PEUCETI: SCAVO DELL’ABITATO DI JAZZO FORNASIELLO (BA) Università degli Studi di Milano Jazzo Fornasiello è il nome di un’antica masseria con strutture di ricovero per le greggi, edificata nel XVIII secolo ai piedi del costone murgiano a circa m 512 s.l.m., tra i territori di Gravina in Puglia e di Poggiorsini, all’interno del Parco Nazionale dell’Alta Murgia; il sito insiste su un pianoro carsico che segna il confine naturale tra l’altopiano murgiano e la vallata pianeggiante della fossa bradanica (figg. 01-02). La potenzialità archeologiche dell’area, già segnalate da ricognizioni della British School at Rome tra 1968 e 1970, sono state in anni recenti confermate da uno studio aerofotogrammetrico che ha rivelato la presenza di un villaggio, cinto da un ampio circuito murario, per un’estensione complessiva di circa 10 ettari; tra 2004 e 2008 la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia ha condotto nell’area una serie di saggi esplorativi, cui dal 2009 sono seguite annuali campagne di scavo estensivo a cura dell’Università degli Studi di Milano, sotto la direzione scientifica di Marina Castoldi. Le indagini del 2009, 2010 e quelle attualmente in corso hanno avuto quale obiettivo principale l’esplorazione di un edificio, già parzialmente individuato dalla Soprintendenza nel 2008, detto “edificio dei dolii” per la singolare concentrazione di grossi recipienti per derrate alimentari nella parte settentrionale del primo vano indagato, il vano A. Le indagini stanno riportando alla luce un edificio, la cui estensione in direzione E-W supera ormai m 14, mentre in direzione N-S si attesta intorno a m 16; il complesso si articola in almeno tre vani quadrangolari paralleli, alcuni dei quali certamente adibiti a magazzino per la conservazione delle derrate alimentari; gli ambienti sono delimitati da muri a secco con duplice paramento in blocchi calcarei sommariamente sbozzati e inzeppatura interna di piccole pietre; sono accessibili mediante soglie in lastre lapidee, ricavate nelle pareti divisorie tra un ambiente e l’altro. La sequenza degli ambienti è chiusa verso Nord da un vano rettangolare molto allungato, forse adibito a piccolo cortile o ad ambiente di disimpegno (vi è stato rinvenuto lo scheletro di un cane schiacciato sotto il crollo dell’edificio), appoggiato al pendio del costone murgiano e protetto a sua volta da un poderoso muro di contenimento in grossi blocchi (fig. 03). La frequentazione dell’edificio data per ora al V sec. a.C., cui infatti sono riferibili alcuni frammenti di ceramiche attiche a figure rosse, le ceramiche a vernice nera, in parte di produzione metapontina, i numerosi frammenti di ceramica a fasce e in stile misto e i grossi dolii cordonati per derrate alimentari degli ambienti A e B (fig. 04). Datano invece più precisamente entro la prima metà del V sec. a.C. due enchytrismòi individuati nell’angolo SW dell’ambiente B sotto il piano d’uso; si tratta nel primo caso di un’inumazione in pithos a situla di impasto di due individui subadulti di pochi anni di età, sepolti senza corredo; nel secondo caso (anche in ordine di tempo) di un’inumazione di neonato in chytra di impasto bruno con corredo di skyphos a vernice nera e di astragalo. Il corredo materiale rinvenuto nell’edificio, abbinando a recipienti di fattura indigena set potori di produzione greca o greco-coloniale per un graeco modo bibere, rivela chiaramente il profilo culturale della comunità rurale residente a Jazzo Fornasiello nel corso del V sec. a.C.; si trattava certamente di genti peucete, dedite all’agricoltura e alla pastorizia (da sempre le attività tradizionali dell’area murgiana) fortemente sensibili però alle mode e ai costumi greci, come documentano non solo i set ceramici, ma gli stessi enchytrismòi infantili. Questi infatti, pur non abbandonando la tradizione indigena di seppellimento in abitato, mostrano tuttavia una chiara apertura ai costumi funerari greci per il tipo di rito adottato, l’enchytrismòs, strettamente riservato dai Greci d’Occidente agli individui subadulti, e per la deposizione accanto al neonato dell’astragalo, generalmente inteso dai Greci come indicatore infantile. Il proseguire delle indagini ha inoltre chiarito come l’edificio dei dolii si sia sovrapposto ad un precedente abitato peuceta di età arcaica, di cui restano solo strutture in negativo, come le fosse individuate nel vano A, scavate direttamente nel banco roccioso per l’alloggiamento di grandi contenitori. Sono certamente pertinenti a questa fase insediativa alcuni frammenti di ceramiche corinzie del CT I e Corinzio Convenzionale (fig. 06), i numerosi frammenti di coppe ioniche di tipo B2, verosimilmente di produzione coloniale (fig. 05), ma anche di tipo B1, la vivace ceramica matt painted, sia monocroma che bicroma e alcuni interessanti esemplari di kalathoi, una classe che non sembra prodotta prima dell’inizio del V sec. a.C. e che, rinvenuta negli strati di livellamento del terreno dopo l’abbandono dell’abitato arcaico, pare segnare nettamente la cesura tra questo e il successivo insediamento di V sec. a.C. Marina Castoldi, Stefania De Francesco, Claudia Lambrugo, Alessandro Pace Fig. 01. L’altopiano murgiano nella zona di Jazzo Fornasiello. Fig. 04. Frammenti di ceramica in stile misto dall’edificio dei dolii. Fig. 02. Localizzazione di Jazzo Fornasiello su carta IGM. Fig. 03. Edificio dei dolii: sequenza dei vani quadrangolari A e B, chiusi a Nord dal lungo vano C. A B C Figg. 05-06. Coppa ionica di tipo B2 (a sinistra) e frammento di pisside a tripode del Corinzio Convenzionale (a destra). CONTATTI: [email protected] Visita: http://users.unimi.it/JazzoFornasiello/index. html

Fig. 01. L’altopiano murgiano nella zona di Jazzo Fornasiello

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Page 1: Fig. 01. L’altopiano murgiano nella zona di Jazzo Fornasiello

NELLA TERRA DEI PEUCETI: SCAVO DELL’ABITATO DI JAZZO FORNASIELLO (BA)

Università degli Studi di Milano

Jazzo Fornasiello è il nome di un’antica masseria con strutture di ricovero per le greggi, edificata nel XVIII secolo ai piedi del costone murgiano a circa m 512 s.l.m., tra i territori di Gravina in Puglia e di Poggiorsini, all’interno del Parco Nazionale dell’Alta Murgia; il sito insiste su un pianoro carsico che segna il confine naturale tra l’altopiano murgiano e la vallata pianeggiante della fossa bradanica (figg. 01-02).

La potenzialità archeologiche dell’area, già segnalate da ricognizioni della British School at Rome tra 1968 e 1970, sono state in anni recenti confermate da uno studio aerofotogrammetrico che ha rivelato la presenza di un villaggio, cinto da un ampio circuito murario, per un’estensione complessiva di circa 10 ettari; tra 2004 e 2008 la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia ha condotto nell’area una serie di saggi esplorativi, cui dal 2009 sono seguite annuali campagne di scavo estensivo a cura dell’Università degli Studi di Milano, sotto la direzione scientifica di Marina Castoldi.

Le indagini del 2009, 2010 e quelle attualmente in corso hanno avuto quale obiettivo principale l’esplorazione di un edificio, già parzialmente individuato dalla Soprintendenza nel 2008, detto “edificio dei dolii” per la singolare concentrazione di grossi recipienti per derrate alimentari nella parte settentrionale del primo vano indagato, il vano A. Le indagini stanno riportando alla luce un edificio, la cui estensione in direzione E-W supera ormai m 14, mentre in direzione N-S si attesta intorno a m 16; il complesso si articola in almeno tre vani quadrangolari paralleli, alcuni dei quali certamente adibiti a magazzino per la conservazione delle derrate alimentari; gli ambienti sono delimitati da muri a secco con duplice paramento in blocchi calcarei sommariamente sbozzati e inzeppatura interna di piccole pietre; sono accessibili mediante soglie in lastre lapidee, ricavate nelle pareti divisorie tra un ambiente e l’altro. La sequenza degli ambienti è chiusa verso Nord da un vano rettangolare molto allungato, forse adibito a piccolo cortile o ad ambiente di disimpegno (vi è stato rinvenuto lo scheletro di un cane schiacciato sotto il crollo dell’edificio), appoggiato al pendio del costone murgiano e protetto a sua volta da un poderoso muro di contenimento in grossi blocchi (fig. 03).

La frequentazione dell’edificio data per ora al V sec. a.C., cui infatti sono riferibili alcuni frammenti di ceramiche attiche a figure rosse, le ceramiche a vernice nera, in parte di produzione metapontina, i numerosi frammenti di ceramica a fasce e in stile misto e i grossi dolii cordonati per derrate alimentari degli ambienti A e B (fig. 04). Datano invece più precisamente entro la prima metà del V sec. a.C. due enchytrismòi individuati nell’angolo SW dell’ambiente B sotto il piano d’uso; si tratta nel primo caso di un’inumazione in pithos a situla di impasto di due individui subadulti di pochi anni di età, sepolti senza corredo; nel secondo caso (anche in ordine di tempo) di un’inumazione di neonato in chytra di impasto bruno con corredo di skyphos a vernice nera e di astragalo.

Il corredo materiale rinvenuto nell’edificio, abbinando a recipienti di fattura indigena set potori di produzione greca o greco-coloniale per un graeco modo bibere, rivela chiaramente il profilo culturale della comunità rurale residente a Jazzo Fornasiello nel corso del V sec. a.C.; si trattava certamente di genti peucete, dedite all’agricoltura e alla pastorizia (da sempre le attività tradizionali dell’area murgiana) fortemente sensibili però alle mode e ai costumi greci, come documentano non solo i set ceramici, ma gli stessi enchytrismòi infantili. Questi infatti, pur non abbandonando la tradizione indigena di seppellimento in abitato, mostrano tuttavia una chiara apertura ai costumi funerari greci per il tipo di rito adottato, l’enchytrismòs, strettamente riservato dai Greci d’Occidente agli individui subadulti, e per la deposizione accanto al neonato dell’astragalo, generalmente inteso dai Greci come indicatore infantile.

Il proseguire delle indagini ha inoltre chiarito come l’edificio dei dolii si sia sovrapposto ad un precedente abitato peuceta di età arcaica, di cui restano solo strutture in negativo, come le fosse individuate nel vano A, scavate direttamente nel banco roccioso per l’alloggiamento di grandi contenitori. Sono certamente pertinenti a questa fase insediativa alcuni frammenti di ceramiche corinzie del CT I e Corinzio Convenzionale (fig. 06), i numerosi frammenti di coppe ioniche di tipo B2, verosimilmente di produzione coloniale (fig. 05), ma anche di tipo B1, la vivace ceramica matt painted, sia monocroma che bicroma e alcuni interessanti esemplari di kalathoi, una classe che non sembra prodotta prima dell’inizio del V sec. a.C. e che, rinvenuta negli strati di livellamento del terreno dopo l’abbandono dell’abitato arcaico, pare segnare nettamente la cesura tra questo e il successivo insediamento di V sec. a.C.

Marina Castoldi, Stefania De Francesco, Claudia Lambrugo, Alessandro Pace

Fig. 01. L’altopiano murgiano nella zona di Jazzo Fornasiello.

Fig. 04. Frammenti di ceramica in stile misto dall’edificio dei dolii.

Fig. 02. Localizzazione di Jazzo Fornasiello su carta IGM.

Fig. 03. Edificio dei dolii: sequenza dei vani quadrangolari A e B, chiusi a Nord dal lungo vano C.

A

B

C

Figg. 05-06. Coppa ionica di tipo B2 (a sinistra) e frammento di pisside a tripode del Corinzio

Convenzionale (a destra).

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