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Fili, nodi, intrecci Fili, nodi, intrecci Santa Chiara

Fili, nodi, intrecci. Le relazioni che aiutano a crescere

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La metafora dei fili, dei nodi e degli intrecci svela il lavoro quotidiano degli operatori della scuola, che si occupano della “tessitura” di trame complesse, costituite dai fili delle conoscenze e dei contenuti del sapere, ma anche dai fili delle emozioni e degli affetti. La metafora rimanda implicitamente alla rete delle relazioni con le quali la scuola aiuta i bambini e i ragazzi a crescere ...... Attraverso la metafora dei fili, dei nodi e degli intrecci vogliamo far emergere, infine, l’idea di educazione alla quale siamo profondamente legati, intesa come condivisione di conoscenze, di linguaggi e di esperienze, intesa come relazione di mediazione e di facilitazione che, in un sistema di precari equilibri, accompagna i bambini nell’universo dei codici, delle regole e delle leggi, cercando di rispettare la loro specificità e la loro originalità.

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Direzione didattica statale Direzione didattica statale 6° Circolo “Santa Chiara” 6° Circolo “Santa Chiara” Piazza S. Chiara, 9 · 71100 FoggiaPiazza S. Chiara, 9 · 71100 Foggiatel. 0881.709116 · fax 0881.757134tel. 0881.709116 · fax 0881.757134www.scuolasantachiarafg.it www.scuolasantachiarafg.it e-mail: [email protected]: [email protected]

Unione EuropeaFondo Sociale Europeo

Ministero della Pubblica IstruzioneDipartimento per l’istruzioneDirezione generale per gli affari internazionali

L'Europa la nostra

seconda casa

La scuola “Santa Chiara” partecipa al Programma Operativo Nazionale “Competenze per lo sviluppo” e “Ambienti per l’apprendimento” beneficiando dei finanziamenti del Fondo Sociale Europeo (F.S.E.) e del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (F.E.S.R.).Le esperienze oggetto di sperimentazione riguardano i percorsi laboratoriali realizzati nell’ambito della seconda annualità 2008-2009.

2007 T 05 1 PO 007 F.S.E.

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Santa Chiara

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Le relazioni che aiutano a crescere

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Coordinamento editoriale Riccardo Pasquarella

TestiMariolina Godutocon un intervento di Marco Dallari

ISBN 978-88-8431-332-4

Giugno 2009

Printed in Italy

Realizzazione editoriale

Claudio Grenzi sas Via Le Maestre, 71 · 71100 Foggiae-mail: [email protected]: www.claudiogrenzi.it

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Fili, nodi, intrecciLe relazioni che aiutano a crescere

La metafora dei fili, dei nodi e degli intrecci svela il lavoro quotidiano degli operatori della scuola, che si occupano della “tessitura” di trame complesse, costituite dai fili delle conoscenze e dei contenuti del sapere, ma anche dai fili delle emozioni e degli affetti. La metafora rimanda implicitamente alla rete delle relazioni con le quali la scuola aiuta i bambini e i ragazzi a crescere.Si tratta di relazioni con la città e con il territorio, esplorati e indagati utilizzando gli occhi, il corpo, le mani, per prendere stimoli dal mondo e, nel contempo, restituire al mondo idee, narrazioni e immagini.Si tratta di relazioni con i partner istituzionali, con i “testimoni privilegiati”, con gli esperti esterni che aiutano una scuola che non ha paura della complessità a individuare continuamente nuove sfide e nuove prospettive di evoluzione.Si tratta di relazioni con i saperi e con i grandi linguaggi di riferimento, fra i quali la scuola privilegia il linguaggio delle parole e il linguaggio delle immagini, per la loro capacità di incidere sui processi mentali, ma anche sulle “ragioni del cuore”.Si tratta di relazioni fra i linguaggi e fra i codici, in un processo di rimandi e collegamenti intertestuali che fanno interagire le produzioni grafiche, le scritture poetiche, le scritture autobiografiche, le immagini fotografiche, le immagini artistiche.Attraverso la metafora dei fili, dei nodi e degli intrecci vogliamo far emergere l’immagine di bambino che ci sta particolarmente a cuore, che fonda il nostro progetto pedagogico. Si tratta di un bambino capace di comunicare, di parlare di sé e della propria storia, di “tessere”, a sua volta, reti di relazioni e di linguaggi. Si tratta di un bambino capace di curiosità e di stupore, capace di pensare, di elaborare intuizioni e ipotesi sul mondo, di reinventare e di riscoprire il rapporto con i saperi.La metafora diventa il pretesto per indagare su cosa pensano e su cosa dicono i bambini, su come funziona il loro pensiero, su come elaborano il rapporto con le parole e con le cose. Per

Mariolina Goduto

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questo motivo, abbiamo scelto di conservare la prima stesura dei testi, tutte scritture autografe e autentiche, cercando di esaltare lo sforzo comunicativo dei bambini, che ci interessava più della correttezza formale.Attraverso la metafora dei fili, dei nodi e degli intrecci vogliamo far emergere, infine, l’idea di educazione alla quale siamo profondamente legati, intesa come condivisione di conoscenze, di linguaggi e di esperienze, intesa come relazione di mediazione e di facilitazione che, in un sistema di precari equilibri, accompagna i bambini nell’universo dei codici, delle regole e delle leggi, cercando di rispettare la loro specificità e la loro originalità.

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Linguaggi per esserci, per conoscere, per conoscersi

Ci sono molti modi di presentare il mondo ai bambini che si affacciano sull’esistenza. Uno (raccomandabile e non molto praticato, se non nella prima e, quando va bene, nella seconda infanzia) è quello che consiste nel favorire autonomia, esperienze attive, e esplorazione. Questa strategia è abbastanza praticata nei primi anni di vita dei bambini, anche grazie al fatto che l’asilo nido e la scuola dell’infanzia, in Italia, primi nel mondo per qualità della sperimentazione, hanno contribuito a diffondere abitudini, strategie e materiali che arrivano anche nelle case, anche se poi non è detto che queste pratiche vengano mantenute man mano che bambine e bambini crescono. Così quando il potenziale campo di esplorazione si allarga e esce dal controllo degli adulti, l’ansia di genitori e educatori spesso prende il sopravvento. Così le pratiche d’esplorazione calano di intensità e prende il sopravvento la pratica della spiegazione. E spiegare, come è noto, è una pratica tesa a organizzare la conoscenza di qualcosa secondo uno schema razionalistico causale attraverso il quale l’adulto dice ai bambini come stan-no realmente le cose. La spiegazione è utile e importante, ma non è l’unico modo di costruire la conoscenza, perche lo schema scientifico-razionalista che la ispira presuppone due cose:· la verità su qualcosa è ‘fredda’: prescinde cioè dalle emozioni e dal coin-volgimento affettivo attorno a quella cosa o a quell’argomento

· c’è un solo linguaggio adatto per spiegare, ed è quello in cui ciascuna paro-la corrisponde univocamente alla cosa o al concetto che vuole esprimere.

Ma nella possibilità-necessità di far incontrare sul terreno del linguaggio (dei linguaggi) i bambini e il mondo, c’è anche la risorsa rappresentata dalle narrazioni, e da tutti i modi in cui il linguaggio delle parole, delle immagini, dei suoni e dei gesti viene utilizzato poeticamente.

Giusi Quarenghi, scrittrice e poetessa molto amata dai bambini e dai gio-vanissimi, ci dice

Chi mi racconta le storiericomincia da capo la mia preferitase glie lo chiedoQuella che non mi piace non la finisceneancheE se l’orco mi viene troppo vicinomi prende per manoe lo teniamo lontanoChi mi racconta le storienon fa come la televisione(Quarenghi, 2007, p. 34)1

1. Quarenghi g. (2008), Chi mi racconta le storie, in: E sulle case il cielo, Milano, Topipittori, p. 34

Marco Dallari

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L’importanza del linguaggio nella vita umana è enorme, tanto che l’essere umano definito dal filosofo Erns Cassirer animale simbolico2. Come si esprime il pensiero, si chiede Cassirer? In quali modi si può svolgere la comunicazio-ne umana? Il primo volume della “Filosofia delle forme simboliche” di Ernst Cassirer risponde a queste domande. Qui egli elabora una teoria della cono-scenza come processo di astrazione e simbolizzazione continua. Il filosofo tedesco non ha dubbi: per muoversi nella miriade di stimoli e informazioni da cui siamo aggrediti è necessaria una grande e complessa competenza linguistico-simbolica. Partendo dalla radice mitologica della parola giunge alla convinzione che ci sia la necessità di una fenomenologia della conoscen-za. Occorre cioè chiedersi in quanti modi il liguaggio e le esperienze, insieme, creino conoscenza, sensata. Perché è falso, secondo Cassirer, che un solo modello di essa (quello razionalistico-classificatorio, nella fattispecie) possa avere il sopravvento su altri, altrettanto irrinunciabili, come quello poetico-narrativo, che affonda le sue radici nel mito.

Cassirer ha indubbiamente ragione quando afferma che la competenza sim-bolica incrementa la conosceza: é sotto gli occhi di tutti, fuori e dentro la la scuola, il fenomeno per cui chi ha a disposizione strumenti linguistici raffinati e complessi pensa e immagina in modo privilegiato rispetto a chi invece possiede apparati simbolici sommari e rudimentali. Oltre a questo e altrettanto evidente come e le persone linguisticamente più dotate go-dano di differenti opportunità di relazione, di conoscenza e di esistenza rispetto a soggetti meno competenti. Ernst Cassirier afferma anche che per comprendere meglio il problema e non limitarsi ad intendere la conoscenza solo come congegno razionalistico, bisogna fare un raffronto con la conce-zione “classica” di uomo: quando Aristotele afferma che l’uomo è un anima-le razionale è certamente nel giusto, dice Cassirer, ma l’aggettivo razionale richiama il sostantivo corrispondente, ragione, che a Cassirer sembra una parola inadeguata. L’uomo infatti si realizza in moltissime forme nella sua vita spirituale, nella sua cultura. La cultura non dà vita soltanto al mondo scientifico, informa di sé una civiltà multiforme e complessa, che crea arti, religioni, istituzioni, etc. Parimenti alla dimensione conoscitiva umana, an-che qualsiasi altra forma della sua creazione spirituale è una forma simbolica. Per il filosofo tedesco l’uomo andrebbe definito, appunto, animale simbolico, in tal modo correggendo l’impostazione filosofica tradizionale, sia di marca empiristica che razionalistica, che poneva principalmente l’accento sulla ra-zionalità umana, almeno da Socrate e Platone in poi. Da questo principio si ricava che la comprensione della storia umana non può essere se non erme-neutica (interpretazione) dei simboli, quei simboli che rendono possibile la realizzazione e l’oggettivazione della vita culturale, che costituisce una parte essenziale della più ampia vita umana. Ma gli apparati simbolici, i linguaggi, le lingue, non sono mai definitivi e assoluti: sono mobili, dinamici, flessibili. Ed è prorio questa loro irriducibile mobilità che li rende continuamente re-inventabili e re-interpretabibili.Il linguaggio permette di trasmettere, conservare ed elaborare informazioni tramite simboli che consentono di rappresentare e comunicare contenuti rife-ribili anche ad altro da sé e dal contesto spazio temporale all’interno del quale

2. e. Cassirer (1929). Filosofia delle forme simboliche, il linguaggio.Milano, Sansoni 2004

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ci si trova. Il linguaggio è in massima parte appreso, si evolve nel corso della vita dell’individuo e della specie e può riferirsi a oggetti astratti mediante l’impiego di simboli capaci di indicare non soltanto singole cose ma anche classi di oggetti, cioè concetti. A partire, cioè dalla una predisposizione gene-tica che caratterizza i membri della specie umana, le competenze simboliche degli esseri umani si dimostrano capaci di incrementarsi enormemente. Anche se la possibilità di usare il linguaggio è soprattutto il risultato di processi di apprendimento e di adattamento all’ambiente e al contesto culturale, ciò non significa tuttavia che tutto quello che diciamo e scriviamo lo abbiamo impara-to. Sappiamo anche inventare, creare, improvvisare, e il modo migliore in cui i grandi possono insegnare il linguaggio ai piccoli è quello che permette loro di apprendere come si fa ad inventarlo. (Dallari, 2008)3

Tutto questo però non avviene spesso nella scuola, che pure rimane il primo luogo in cui viene consumata l’esperienza culturale e sociale della condivi-sione e della conquista (apprendimento) dei linguaggi e delle lingue. In con-testo scolastico infatti essa non viene vissuta come una conquista di libertà, di autoaffermazione, del piacere di creare, conoscere e attingere alle fonti della conoscenza, ma come una costrizione, un obbligo, una fatica imposta dall’alto della quale molti soggetti in formazione non intravedono il senso. Soprattutto nella scuola dell’obbligo la lingua delle parole viene presentata e utilizzata come strumento, veicolo per trasmettere i saperi disciplinari e farsi interrogare su essi.Chi, fin da piccolo, scopre invece che con il linguaggio si può giocare, sco-prire, conoscere e inventare, e serve ad essere ascoltati, apprezzati e stima-ti, acquisterà precocemente interesse e passione per esso non solo come strumento utile ma anche come occasione di appagamento di curiosità, di piacere, di creatività. Dal che consegue inevitabilmente che fra le responsa-bilità più importanti di chi educa c’è senz’altro l’iniziazione e la trasmissione di conoscenze e competenze di carattere simbolico e linguistico. E questo non vale solamente per gli insegnanti, ma per chiunque educa e istruisce. Perché non c’è conoscenza che possa prescindere dalle parole, dalle frasi e dai racconti che la rappresentano.

Il modo in cui il linguaggio delle parole viene insegnato ai bambini, sia a scuola che nell’ambiente domestico, oscilla, spesso inconsapevolmente, fra due concezioni che determinano stili di conoscenza e modalità di pensiero differenti. L’una propende per la dimensione denotativa, l’altra per quella connotativa 4. La prima, quella ispirata ai principi della denotazione, cerca di inculcare nei bambini l’uso delle parole giuste, nella convinzione che ogni approssimazione e storpiatura sia un errore, e che chi conosce bene una lin-gua sa far corrispondere a ciascun significato un preciso significante. L’altra, di impostazione connotativa, ammette trasgressioni, invenzioni di parole fino a quel momento inesistenti e deformazioni fonetiche capaci tuttavia di caricare la comunicazione di toni personali ed emotivi.Elio Franzini parla del nostro rapporto culturale con i simboli dicendo che esso è un modello epistemologico, un esempio, cioè, di come avviene, o dovrebbe avvenire, la costruzione e la trasmissione della conoscenza. Ogni volta che di fronte a un simbolo, o qualunque cosa possa assumere valore simbolico,

3. Su questo argomento cfr.: M. Dallari, In una notte di luna vuota, educare pensieri metaforici, laterali, impertinenti, Trento, Erickson, 2008.

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cerchiamo di chiuderne o circoscriverne il significato, convinti che quella sia la verità, oppure cercando, magari in buona fede, di operare una utile sem-plificazione, rischiamo in realtà di mettere in atto un piccolo tradimento, sia nei confronti di ciò che stiamo esaminando, sia, quando siamo all’interno di una pratica educativa, nei confronti del nostro interlocutore-educando. Dire con certezza di qualcosa che “è così e cosà e vuol dire questo è quello”, come fanno spesso educatori e insegnanti che si ispirano, riduttivamente, ai principi della razionalità, della classificazione, della tassonomia, della modu-larità, significa tradire l’essenza simbolica, e per questo libera e irriducibile, del pensiero umano. Così facendo si costringono oggetti e parole ad avere un solo senso e un solo significato, mentre l’orizzonte di senso e di signifi-cazione è irriducibile. Chi vorrebbe avere in terrazzo un astronomo loquace e iper-razionalista nella notte di San Giovanni, mentre, con una bibita in mano, fruga il cielo alla ricerca di una stella cadente? Perché in quella notte le stelle non sono astri e asteroidi ma poetici veicoli di sogni e desideri. E perché la vita, o una giornata a scuola, non può avere, ogni tanto, qualcosa di poeti-camente simile a una notte di San Giovanni? Certo: ci sono momenti in cui consideriamo cose e parole all’interno di una precisa ipotesi funzionale, rela-tivamente a un ambito tecnico, applicativo, in una specifica area cognitiva; qualora ci interessi, o ci serva, conoscere le stelle secondo dal punto di vista dell’astronomia diamo il benvenuto all’astronomo loquace e iper-razionalista. Ma sarebbe bello pensare che anche lui, di tanto in tanto, riesce a guardare il cielo (e la terra) senza nominare e classificare. E se impareremo (e insegne-remo) a praticare entrambi questi piani, ci stupiremo accorgendosi di come interferenze e interdipendenze fra essi siano intense, frequenti e stimolanti.“Tale modello epistemologico - che vale per tutte le scienze reali e possibili - è il senso originario dell’interrogazione simbolica, ed è ciò che l’ultimo Hus-serl, e prima di lui Merleau Ponty, chiamano intenzionalità fungente. Questa intenzionalità simbolica è una forma di indagine descrittiva sugli oggetti che in continuazione si rinnova, (...)” (Franzini, 2008) 5

Il linguaggio connotativo-poetico ha come suo punto di forza la metafora, che dal punto di vista linguistico è sempre una trasgressione e una birichi-nata, poiché non usa il significato ‘giusto’ e canonico, ma ne inventa un altro, figurato e figurale. Ma una metafora non è solo un artificio retorico consistente nel trasferimento semantico che prevede una sostituzione di una parola con un’altra, per contiguità o similarità, ma una caratteristica propria del linguaggio in quanto tale, per sua natura metaforico e aperto al traslato, all’analogia, all’invenzione. E proprio per questa originaria e naturale caratte-ristica di apertura istituisce convenzioni linguistiche per arginare e limitare la ricchezza metaforica che caratterizza il pensiero dei bambini e, se non l’hanno perduto, anche degli adulti.Metafora, comunque, sia nell’accezione letteraria che in quella psicopedago-gia, è sempre trasgressione rispetto al modo consolidato, canonico e ‘giusto’ di dire qualcosa. L’atto metaforico comporta sempre il tradimento di una norma. È parola detta, pensata, prerogativa del corpo e della voce, che va oltre le abitudini e le regole dalla lingua dei dizionari e dei testi di gramma-tica e di sintassi.

4. Quando l’uso del linguaggio è “freddo”, tende all’oggettività e il significante (parola, formula, icona...) utilizzato corrisponde univocamente a un significato, definiamo quest’uso del linguaggio denotativo, quando invece è caratterizzato (anche) da valenze affettive, e il rapporto fra significante e significato può variare in diversi contesti relazionali e intersoggettivi ed essere soggetto ad interpretazioni differenti per diverse persone, ci troviamo di fronte ad un suo uso connotativo. La connotazione è dunque caratterizzata da un differenziale semantico capace di evidenziare le diverse valenze, dimensioni e variazioni del significato.

5. E. Franzini (2008), op cit, p.10

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La buona letteratura per l’infanzia, quando è confezionata e presentata nel modo giusto, presenta sempre modelli di trasgressione e invenzione simboli-ca capaci di convivere con regole e cànoni.Silvia Roncaglia, Roberto Piumini, i magnifici giochi di parole e immagini di Chiara Rapaccini e un’infinità di altri autori che giocano con gli apparati simbolici e ci invitato a giocare con essi a nostra volta. I giochi, le invenzio-ni, le trasgressioni metaforiche, sono protagonisti insostituibili e inarrivabili di un’idea di pedagogia indissolubilmente legata all’insostituibile funzione del gioco e del giocare con qualsiasi ingrediente della realtà e della cultura. Bambine e bambini, giocando con gli alfabeti e codici, si accorgono che si può trasgredire utilizzando qualcosa con un significato simbolico ed una funzione ludica differente da quelle indicata dalle regole che valgono per il mondo della convenzionalità. Ma ciò che si utilizza per giocare è a sua volta reale: anche gli oggetti che trasformo per giocare, la sedia che diventa astronave, il cucchiaio di legno che diventa aeroplano, il manico di scopa che si trasforma in cavallo, sono soggetti alle leggi della fisica. Il giocare fa scoprire ai bambini autonomia e capacità di influire sulla realtà, mentre li costringe ad abbandonare le loro infantili aspirazioni onnipotenti: chi gioca crea mondi mentre impara a fare i conti col mondo.Rainer Maria Rilke citato da Giusi Quarenghi, ci dice che “... i versi non sono, come si crede, sentimenti: sono esperienze” (rilke, ...)6

Il pensatore poetico guarda gli oggetti, anche i più umili e resi ovvi dalla consuetudine, con la curiosità con cui le cose sconosciute vengono guardate per la prima volta.

Il pensiero poetico non è pensiero e basta, è sempre pensiero di qualcosa. Pensiero di cose concrete, di oggetti osservati, pensati e nominati in modo non convenzionale. Per cercare di capire cos’è il pensiero poetico occorre dunque una riflessione su cosa intendiamo per oggetto.

Per la psicologia della conoscenza un oggetto è ciò che si offre alla percezio-ne e dalla relazione sensoriale con caratteri di stabilità e di permanenza. Ciò gli consente di essere riconosciuto (e nominato) da tutti. L’aggettivo corri-spondente all’oggetto della conoscenza è, appunto, oggettivo, che significa reale, concreto, tangibile, uguale per tutti. D’altra parte anche nel linguag-gio quotidiano un oggetto è sempre una cosa inanimata che non ha molta importanza, a meno che non sia investito di una precisa funzione e dunque un’utilità. In questo caso non è però l’oggetto ad essere importante ma ciò a cui serve. Il mazzo di chiavi che teniamo in tasca o nella borsa è importante perché ci da la possibilità di aprire porte e cancelli. Una chiave senza una serratura corrispondente è un oggetto abbastanza insensato. A meno che non sia una chiave d’oro, antica, o caricata di un particolare valore simboli-co. Ci sono infatti anche oggetti ‘di valore’, che costano molto, ma in questo caso non è tanto l’oggetto (per esempio un gioiello) ad essere importante, ma piuttosto il denaro che vale; oppure l’oggetto ci sta a cuore per il ricordo o il legame che rappresenta. È la sciarpa regalata da una persona cara, il nin-nolo che apparteneva alla nonna, il cavallino di latta sfuggito al tritatutto dei traslochi e dell’oblio. Sciarpe usate, ninnoli e giocattoli di latta, di per sé, valgono ben poco. Ma quando un oggetto vale non per ciò che è ma per qual-

6. Rilke R.M. i quaderni di Malte Lauridg Bridge, cit in: g. Quarenghi (2008), Chi mi racconta le storie, in: E sulle case il cielo, Milano, Topipittori, p. 1

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cosa, per qualcuno, o per un’epoca, a cui ci collega simbolicamente siamo già di fronte a un uso metaforico delle cose, siamo a un passo dal pensiero poetico. Guido Gozzano, mentre osserva ed elenca oggetti come ...il cami-netto un po’ tetro, le scatole senza confetti, i frutti di marmo protetti dalle campane di vetro,(...) (gozzano, 1911)7, ci da un esempio prezioso di questo atteggiamento. Le cose che abitano, nei suoi ricordi, la casa dell’amica di nonna Speranza sono dettagli di una scenografia che l’autore ci induce ad osservare come in una silenziosa carrellata cinematografica, rappresentano il carattere di qualcuno a cui quale appartengono più di quanto farebbe la sua stessa apparizione, servono a descrivere non se stessi ma un’identità personale che rappresenta a sua volta il gusto e il sentire di un epoca. Arturo, il personaggio di un bellissimo libro per bambini creato da Jean-Pierre Siméon e Olivier Tallec, è molto preoccupato perché Leòn, il suo pesce rosso, sta morendo, e la mamma, prima di uscire di casa per il suo corso di trombone, gli suggerisce di guarirlo regalandogli una poesia. Ma Arturo non sa cos’è una poesia, e allora si precipita in strada e lo chiede a tutti quelli che incontra. Lo chiede a Lolo, che vende le biciclette ed è sempre innamorato, alla signora Rotondina, la panettiera, al signor Mahmud che viene dal deserto e annaffia i suoi rododendri, a un uccellino in gabbia, alla nonna che porta a passeggio il cane, al nonno che dovrebbe aggiustare lo sciacquone e invece scrive poesie... da tutti riceve una risposta differen-te. Alla fine, disperato di fronte alle condizioni ormai gravissime di Leòn, Arturo assembla tutte le risposte avute, e declama:

Una poesiaè quando hai il cielo in bocca,è calda come il pane:ne mangi e ancora ne rimane.Una poesia è quando senti battere il cuore delle pietre, quando le parole battono le ali, è un canto di prigionia.Una poesia è quando rigiri le parole da cima a fondo e hop! Diventa nuovo il mondo. (siméon, TalleC, 2005)8

Inutile aggiungere che il pesce non solo guarisce, ma si scopre poeta.

Tutto questo, per avvenire, ha bisogno di conoscenze e di competenze cul-turali e pedagogiche, ma occorre soprattutto che educatori e insegnanti siano convinti che educare é soprattutto consegnare agli educandi stru-menti di autonomia, di critica e di libertà intellettuale, etica ed estetica, e che per fare questo mestiere è necessario che chi educa sia a sua volta in possesso di strumenti, abitudini e atteggiamenti culturali non banali e approssimativi. Che sia un lettore abituale, ad esempio, e che sappia parla-re, ascoltare, conversare. E questo assunto pedagogico, oggi più che mai, è tutt’altro che scontato.

7. G. Gozzano (1911) L’amica di nonna Speranza in: Colloqui, da: Gozzano: Tutte le poesie, a cura di Giacinto Spagnoletti, Grandi Tascabili Economici Newton, n. 202., Roma, Newton Compton Editori, 1993

8. J.P. siméon, o. TalleC (2005) Questa è la poesia che guarisce i pesci, trad. Cinquetti N., Salandini P., Roma, Edizioni Lapis, 2007.

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13 La scuola luogo di mediazioni e di relazioni 15 Fili, nodi, intrecci 17 Le relazioni che aiutano a crescere 25 La condivisione della conoscenza

27 Il corpo, mediatore di conoscenza 29 Esplorare, toccare, costruire 35 Il corpo e il movimento

39 Letteratura, scrittura, filosofia. Il linguaggio delle parole fra mente e cuore 41 Libri del cuore 51 Diari personali e riflessioni filosofiche 55 Laboratorio di costruzione di storie e di libri

61 Dal linguaggio delle parole al linguaggio delle immagini 63 Giocare con l'arte 69 Laboratorio di fotografia 75 Scarabocchi, pitture, segni

83 La scuola nella rete 85 I testimoni privilegiati 89 La rete educativa che aiuta e sostiene 93 I bambini e la ricerca universitaria

Sommario

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La scuola luogo di mediazioni

e di relazioni

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Martedì 3 Marzo, abbiamo fatto un cerchio, e in un cerchio abbiamo passato il gomitolo e ci siamo conosciuti.

A me è piaciuto molto il terzo incontro, e x me o sentito tanta gioia.

Sono venute le animatrici e abbiamo giocato al gioco del gomitolo, poi abbiamo giocato al gioco dell’animale che noi sceglievamo che animale essere, il 3° gioco è stato quello della cornacchia ceca, poi abbiamo giocato con dei fagioli e Veronicaci ha letto una storia.

Il gioco che mi è piaciuto è stato quello del gomitolo, è stato bellissimo!

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ciI bambini crescono con la mediazione degli adulti e la relazione educativa che gli adulti riescono a costruire è il presupposto fondamentale dell’approccio ai saperi. Il “gioco del gomitolo”, tratto da un diario di classe, diventa la metafora dei legami “a ragnatela” che animano l’esperienza scolastica e realizzano il processo della conoscenza. Perché le conoscenze sono trasmesse e costruite solo all’interno di un contesto relazionale, carico di affettività e di scambi emozionali.

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La teoria dell’educazione prescelta dalla scuola è fondata sull’assunto che le relazioni fanno crescere e tutte le sperimentazioni attivate ne sono fortemente condizionate.La relazione educativa e le relazioni fra le persone danno sostanza e forma alla mediazione didattica, rendono possibili le grandi conquiste, facilitano gli apprendimenti, costruiscono l’autostima e l’identità personale.“Tu mi sei caro”, scrive un bambino al suo amico del cuore. L’apprendimento si nutre costantemente di abbracci, di contatti corporei, di relazioni di aiuto, della cura che si ha per gli altri. È così che anche i colori perdono la loro oggettività, vengono interpretati sulla base dell’esperienza affettiva, e simbolicamente diventano “verde prato, celeste cielo, rosso amore”.

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Sono felice perché sto con la maestra Maria.

I colori che mi piacciono sono: arancione, verde chiaro, celeste, giallo, rosso, arancione e giallo sole. Verde prato, celeste cielo, rosso amore.

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L’educazione non è, per noi, semplicemente trasmissione

di conoscenze. È costruzione di senso, promozione di interessi e di motivazioni, è incontro fra

persone. “Sono felice perché sto con la maestra”, scrive una bambina, nel tentativo di raccontare le sensazioni

e le emozioni della sua esperienza scolastica. Si tratta

di un progetto di felicità che nasce dalla condivisione delle

esperienze e delle conoscenze.Anche gli operatori della scuola,

come i bambini che curano e orientano, si incontrano,

si confrontano, si scambiano informazioni e conoscenze. Sperimentano la relazione,

fondata su un progetto condiviso da realizzare. Tutti i processi

educativi nascono dal desiderio di condividere la conoscenza.

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mediatoredi conoscenza

Il corpo

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Il cuore morbido

l’ho messo insieme

alla spugna

La mediazione didattica si serve del corpo, e utilizza l’universo delle sensazioni e delle percezioni per provocare e facilitare gli apprendimenti. La relazione con il mondo e con i sistemi simbolici è, soprattutto all’inizio del percorso di ricerca e di apprendimento, relazione mediata dal corpo. Il corpo è utilizzato per abbracciare, per toccare, per entrare in relazione. Per esplorare e per osservare. Per fare ricerca. L’intera esperienza dell’apprendimento è mediata dalle voci, dagli sguardi e dal contatto corporeo, con i quali gli operatori della scuola incoraggiano e sostengono i bambini.

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Questa è la casa delle cose lisce

Nell’altro cerchio ci sono le cose ruvide

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Quest’anno sto frequentando il corso di scienze, mi piace molto, non mi annoio e mi incuriosisce. In questo corso noi stiamo

studiando l’aria e l’acqua. Nel laboratorio di scienze sperimentiamo gli argomenti studiati

verificandoli con materiali che rendono attuabili e visibili le nostre informazioni. Nicola Di Battista

Il laboratorio di scienze per me è molto interessante: sperimento con gli amici di scuola, e verifico tante ipotesi studiate

la mattina. Insomma il laboratorio di scienze è molto bello e creativo. Magari potessi fare solo scienze!

Rocco Contillo

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Per me il laboratorio di scienze è bello, importante, creativo e interessante perché facciamo molti esperimenti, studiando le piante e la terra, sperimentiamo anche l’aria, l’acqua e il colore. Questo laboratorio mi ha fatto importare come è importante la natura e l’ambiente.Vincenzo Pepe

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Insieme ai laboratori tattili, ai giochi di costruzione e di assemblaggio, alle sperimentazioni del laboratorio di scienze, l’esperienza del gioco-sport e della psicomotricità arricchisce le possibilità di apprendimento e di relazione. Attraverso il corpo, il bambino scopre le regole della matematica, le leggi delle scienze, le categorie dello spazio e del tempo, il ritmo e le regole della lingua e delle parole. Non c’è nessuna operazione intellettuale che non passi attraverso il corpo.

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Letteratura

scrittura

filosofia Il linguaggio delle parole fra

mente e cuore

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Letteratura

scrittura

filosofia Il linguaggio delle parole fra

mente e cuore

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Fra i “grandi incontri” che la scuola procura, la scoperta del linguaggio delle parole è, sicuramente, fra le esperienze più interessanti. La scoperta dei libri e della letteratura, delle possibilità comunicative e cognitive legate alla scrittura e alla filosofia, supportano l’esperienza dell’incontro con i saperi, la rendono accattivante ed emozionante. I viaggi attraverso le parole, che i libri consentono, insegnano a pensare e a sognare, sollecitano le operazioni di riflessione e di scrittura, aiutano ad “andare oltre” e a coltivare l’utopia.Attraverso le esperienze di lettura, di scrittura, di filosofia la scuola coltiva il suo sogno educativo e il suo progetto “politico”. Perché è chiaro che il modo in cui il linguaggio viene appreso dai bambini determina il destino del loro pensiero e della loro esistenza.

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Questa è la copertina che io vorrei per il libro di josephine.

Ci sono tanti occhi che guardano josephine

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Le sperimentazioni più interessanti della scuola sono incentrate sulla relazione con le parole e con la lingua. Si tratta di un lingua intesa come strumento del pensiero, ma anche di una lingua vicina al cuore, oggetto di investimento affettivo ed emotivo. È la lingua che serve a raccontare, a parlare di sé, a scrivere il diario personale, “l’amico che vuol sentire i fatti e i segreti”. È la lingua che serve a riflettere, ad argomentare, a formulare ipotesi e a porsi interrogativi sulla vita, sul tempo, sui cambiamenti.La lettura, la letteratura e la scrittura diventano, nel progetto degli educatori, grandi mediatori della crescita dei bambini: rendono forti, aiutano e proteggono, perché mettono a disposizione molti modi per pensare e per progettare il proprio “essere nel mondo”.

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Domenica è Pasqua, in abruzzo c’è stato il terremoto come festeggeranno? Li non è festa perché ci sono i palazzi rotti, e l’anno che viene sarà pasquaFrancesco

Che cos’è il tempo

che passa?

Il tempo che passa

è la vita che

continua

Rebecca

La povertà significa non avere i termosifoni a casa o i bambini che hanno fame o avere seteValentina

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La scuola supporta i bambini nell’uso affettivo ed emotivo del linguaggio. Supporta l’attitudine della mente a reinventare, a interpretare, a giocare con le parole. Le biografie, le storie inventate, i libri autocostruiti, “lavori preziosi” per i bambini che li hanno prodotti, rappresentano modalità attraverso le quali i docenti incoraggiano il loro protagonismo e sostengono la loro voglia di comunicare.Nel contempo, le scritture dei bambini, spesso autobiografiche e autoreferenziali, rappresentano un materiale “prezioso” per gli adulti che hanno a cuore il loro benessere e la loro crescita.

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La biografia del mio amico Angelo

Io voglio descrivere il mio amico Angelo e lo hanno chiamato così perché suo zio si chiama Angelo. lui pronuncia il suo nome “Allolo”.Da piccolo si è arrampicato sull’armadio ed è caduto. La storia che preferiva era pinocchio. Angelo si addormentava con una storia e se non gli veniva raccontata, non riusciva a dormire,un suo ricordo allegro è quando è entrato per la prima volta in un parco giochi. Un suo ricordo triste invece è quando si è sbucciato il ginocchio e un castigo che lo ha ferito è quando suo padre gli ha gettato via un giocattolo. Un lode l’ho ha avuto l’anno scorso quando ha avuto 10 in religione la maestra laura gli ha fatto i complimenti. La sua passione segreta è giocare alla play station . la cosa che detesta o fare da solo è giocare a pallone perché non sa dove tirare e la cosa che ama fare da solo è giocare a dragon ball. Quando è contento fa i salti di gioia, quando è invece arrabbiato rombe i suoi giocattoli per sfocare la sua rabbia. La cosa che vuol far sparire dal mondo è la scuola,e invece il libro che l’ho è piaciuto molto e azzurrina. Il libro che non li piace è Biancaneve perché è un libro più da bambine. Vorrebbe una vita più semplice.

Christian Salerno

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Dal linguaggio delle parole

al linguaggio delle

immagini

L’arte, la fotografia, l’illustrazione rappresentano una grande risorsa didattica per gli operatori della scuola, trasversale a tutte le discipline. Rappresentano, insieme alla letteratura, ambiti privilegiati di incontro fra il pensare e il sentire.Il linguaggio delle immagini interagisce con quello delle parole, fornendo nuove e interessanti possibilità comunicative al pensiero logico-razionale. I processi di relazione intertestuale e di translazione da un codice all’altro rappresentano uno degli ambiti di ricerca più appassionanti, ai quali la scuola pensa di dedicare attenzioni e investimenti. Attraverso le esperienze con le immagini e attraverso la promozione della competenza intertestuale la scuola va a incidere sul modo di guardare le cose, e quindi sulle possibilità di vedere e di pensare. Soprattutto, il linguaggio delle immagini sostiene e dà forza all’idea di una scuola “emotiva”, luogo di relazioni e di affetti, che rivaluta la dimensione sentimentale dell’educazione, componente irrinunciabile di qualsiasi processo di costruzione della conoscenza e dell’identità. Le immagini, con la loro carica simbolica, diventano “giocattoli” nelle mani dei bambini, aiutano a conoscere il mondo e, nello stesso tempo, ad accettare quella parte misteriosa della realtà che resta inspiegabile e, proprio per questo, straordinariamente affascinante.

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Dal linguaggio delle parole

al linguaggio delle

immagini

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La morte fantasma

C’era una volta un signore che era sempre arrabbiato con tutti e non

parlava mai.

Un giorno si arrabiò forte con sua moglie e finalmente svelò il suo nome e il suo nome era Ivan e disse: voglio

divorziare hai capito Silvana!

E così divorziarono poi a Silvana gli venì un infarto e così tutti andarono

all’ospedale Romano per sapere notizie su Silvana.

Um amico di Ivan lo telefonò e gli disse: Silvana e in ospedale vieni

presto!

Ivan gli disse: non mi importa di nulla noi due abbiamo divorziato!

Dopo tre ore il dottore uscì e disse: è morta!

e tutti si misero a pingere.

Quando fecero il funerale di Silvano Ivan non andò.

Ma una notte dalla tomba uscì lo spirito di Silvana e andò da Ivan e lui

si spaventò molto.

E la mattina dopo uscì terrorizato e andò al cimitero a mettere un mazzo

di fiori a Silvana.

E così Ivan imparò che non si deve divorziare

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Gio

care

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Monsieur Batignolela recensione del film

Ecco un film francese che ha tutto quello che serve per piacere senza essere piacione: una storia ben costruita con una vena drammatica ma non piagniona, attori che non mettono da parte i sentimenti ed una regia attenta e professionale .

Il cinema francese nella, storia di questo macellaio che da un uomo pavido e timoroso,sposato con una donna meschina , con una figlia opportunista e un futuro genero collaborazionista dei Tedeschi , si trova, ad aiutare tre piccoli ebrei a fuggire in Svizzera.

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vicolo dei bulliFabiana

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ombrelli nuoviIlenia

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fiori in carcere

Dalla finestra di una classe

ho fotografato un geranio,

anche se mi sembrava in carcere.

Salvatore

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cuccioli al calduccio

Salvatore

simpatico orso

uno scivolo per l’orso

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sotto la pioggia

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Gioia

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Paura

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La scuolanella rete

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L’apertura al territorio è stato l’investimento più interessante che la scuola abbia realizzato negli ultimi anni. Nell’ottica della rete educativa la scuola esce nel territorio, esplora la città, frequenta i suoi “luoghi” culturali. Nel contempo, il territorio entra nella scuola, attraverso i suoi “testimoni privilegiati”, scrittori, intellettuali e partner stabili, che veicolano una molteplicità di modi di comunicare, di pensare, di utilizzare i saperi e i linguaggi.“Mi piacciono le tue storie, ti voglio bene. Oggi sono contenta perché sei arrivato”, scrive una bambina all’autore di alcuni dei suoi libri preferiti. Sono sempre le “ragioni del cuore” a costruire la conoscenza.

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Giusy Quarenghi è stata divertente e ci ha fatto ridere.

Francesca

Nella nostra biblioteca abbiamo incontrato una signora che ci ha fatto conoscere la scala delle parole.Desirè

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La scuola non è più sola nella realizzazione del suo progetto e

stringe alleanze educative che rendono il compito più complesso,

ma sicuramente più appassionante. La rete educativa aiuta e supporta

lo sviluppo dei bambini, ma fa crescere soprattutto gli operatori della scuola, che scoprono nuovi

interessi e nuove passioni da trasmettere ai bambini e ai ragazzi con i quali condividono l’avventura

dell’educazione.88

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Sonia e Stefano, con i loro due figli, da sei anni in missione in Bolivia.

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L’attività di collaborazione, avviata in maniera stabile con la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi di Foggia, sta dando nuovo impulso alle sperimentazioni della scuola, perché fornisce alla prassi didattica il sostegno della teoria pedagogica. È così che la teoria viene “testata” e interagisce con l’esperienza didattica, che diventa forte e scientificamente fondata.Con il progetto di ricerca “La tecnica del cultural probes a supporto della co-progettazione in ambito museale”, i bambini diventano “osservatori esperti”, piccoli etnografi, protagonisti di una esperienza di progettazione per migliorare la comunicazione all’interno di un museo.L’interazione con la ricerca universitaria è la massima esplicitazione di quella tendenza alla complessità, espressa dalla scuola, che mette gli allievi e i loro “maestri”costantemente di fronte a sfide da affrontare e a difficoltà da superare. È così che i bambini esercitano il pensiero ad andare oltre e a sognare, come fanno i ricercatori, gli scrittori e gli artisti che hanno la fortuna di incontrare nel viaggio dell’apprendimento.

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... Abbiamo visto i vasi di ceramica, il villaggio di passo di corvo, i gioielli, le pietre levigate le pietre per macinare , le armi. Io ero molto felice di poter vedere la cose accadute 8000 anni fa nel neolitico. All’università dopo aver visto un cellulare touch screen e un Nintendo ds,abbiamo detto come poteva essere una visita al museo utilizzando o il cellulare o il nintendo ds. A me piacerebbe che alcune funzioni del telefonino e del nintendo ci permettessero di costruirla noi una parte del museo civico.Maria Grazia

Prima di iniziare la nostra esperienza la guida ci ha detto

di ascoltare, guardare, fotografare. Ciò che mi ha colpito

di più è stato il cranio del bambino foggiano perché mi ha

fatto scoprire come è fatto l’uomo all’interno. Se dovessi

rifare questa esperienza,vorrei poter cambiare sezione del

museo che non mi interessano schiacciando un pulsante del

telefonino.Roberta

Una mattina al museo

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Finito di stampare in Foggia nel mese di giugno 2009 presso Grafiche Gercap srl

per conto di Claudio Grenzi Editore

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La metafora dei fili, dei nodi e degli intrecci svela il La metafora dei fili, dei nodi e degli intrecci svela il lavoro quotidiano degli operatori della scuola, che lavoro quotidiano degli operatori della scuola, che si occupano della “tessitura” di trame complesse, si occupano della “tessitura” di trame complesse, costituite dai fili delle conoscenze e dei contenuti costituite dai fili delle conoscenze e dei contenuti del sapere, ma anche dai fili delle emozioni e degli del sapere, ma anche dai fili delle emozioni e degli affetti. La metafora rimanda implicitamente alla rete affetti. La metafora rimanda implicitamente alla rete delle relazioni con le quali la scuola aiuta i bambini e delle relazioni con le quali la scuola aiuta i bambini e i ragazzi a crescere ...i ragazzi a crescere ...

... Attraverso la metafora dei fili, dei nodi e degli ... Attraverso la metafora dei fili, dei nodi e degli intrecci vogliamo far emergere, infine, l’idea di intrecci vogliamo far emergere, infine, l’idea di educazione alla quale siamo profondamente legati, educazione alla quale siamo profondamente legati, intesa come condivisione di conoscenze, di linguaggi intesa come condivisione di conoscenze, di linguaggi e di esperienze, intesa come relazione di mediazione e e di esperienze, intesa come relazione di mediazione e di facilitazione che, in un sistema di precari equilibri, di facilitazione che, in un sistema di precari equilibri, accompagna i bambini nell’universo dei codici, delle accompagna i bambini nell’universo dei codici, delle regole e delle leggi, cercando di rispettare la loro regole e delle leggi, cercando di rispettare la loro specificità e la loro originalità. specificità e la loro originalità.

Direzione didattica statale Direzione didattica statale 6° Circolo “Santa Chiara” 6° Circolo “Santa Chiara” Piazza S. Chiara, 9 · 71100 FoggiaPiazza S. Chiara, 9 · 71100 Foggiatel. 0881.709116 · fax 0881.757134tel. 0881.709116 · fax 0881.757134www.scuolasantachiarafg.it www.scuolasantachiarafg.it e-mail: [email protected]: [email protected]

Unione EuropeaFondo Sociale Europeo

Ministero della Pubblica IstruzioneDipartimento per l’istruzioneDirezione generale per gli affari internazionali

L'Europa la nostra

seconda casa

La scuola “Santa Chiara” partecipa al Programma Operativo Nazionale “Competenze per lo sviluppo” e “Ambienti per l’apprendimento” beneficiando dei finanziamenti del Fondo Sociale Europeo (F.S.E.) e del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (F.E.S.R.).Le esperienze oggetto di sperimentazione riguardano i percorsi laboratoriali realizzati nell’ambito della seconda annualità 2008-2009.

2007 T 05 1 PO 007 F.S.E.

Fili,

nodi

, intr

ecci

Fili, nodi, intrecci

Santa Chiara