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Proprietà e redazione: Società Produttori Sementi Via Macero, 1 - 40050 Argelato (BO) - [email protected] Direttore responsabile: Dott. Marco Bon Stampa: Bime Tipo-Litografia s.n.c. Via Sebastiano Zavaglia 20/24 - 40062 Molinella (BO) Reg. Tribunale di Bologna n. 7711 del 15/11/2006 Periodico realizzato con il contributo della Regione Emilia- Romagna ai sensi della L. R. 28/1998. PERIODICO DI INFORMAZIONE TECNICO - ECONOMICA N. 12 - OTTOBRE 2009 Filiera Grano duro news Grano duro news Filiera PERIODICO DI INFORMAZIONE TECNICO-ECONOMICA A SOSTEGNO DEL PROGETTO PILOTA “GRANO DURO DI ALTA QUALITÀ” IN EMILIA-ROMAGNA SOCIETà PRODUTTORI SEMENTI S.p.A. BOLOGNA Sommario Sommario I tre anni del progetto “Grano Duro di Alta Qualità in Emilia-Romagna” Roberto Ranieri – Barilla G. e R. Fratelli Società per Azioni – Parma Sono passate tre annate agrarie dall’ini- zio del progetto Grano Duro di Alta Qua- lità in Emilia-Romagna. Può essere per- tanto utile stilare un bilancio dei risultati ottenuti, in uno scenario che in questi tre anni ha visto drammaticamente cambiare nel giro di pochi mesi le disponibilità e i prezzi delle commodities e quindi anche quelli del grano duro e che sta facendo ora i conti con una crisi economica con pochi precedenti. I risultati del progetto: il grano duro è sempre più coltivato nella nostra regione oltre che in tutto il resto del Nord Italia; le qualità tecnologiche del grano duro Alta Qualità sono competitive con quelle del nostro target di riferimento iniziale cioè con il grano proveniente dalla Francia; l’istituzione esercita il suo ruolo di indi- rizzo e interviene con autorevolezza a chiarire eventuali criticità di percorso; gli operatori di filiera (agricoltori, costitutore sementiero, stoccatori e azienda pastaria) stanno onorando gli accordi mostrando tra l’altro una forte capacità di gestire le criticità e di voler far evolvere e aggiornare il progetto stesso; col passare delle annate si registra una fidelizzazione al progetto che scaturi- sce non solo dalle transazioni economi- che ma da tutta una serie di iniziative tecnico-culturali sorte durante questo percorso. Mi riferisco, infatti, alla new- sletter “Filiera Grano duro news”, al ta- volo tecnico permanente che agisce sul Disciplinare di Coltivazione e di Stoc- caggio e alla sperimentazione specifica come il “Farming Barilla” che permet- tono il coinvolgimento di competenze provenienti dalle università, dai centri di ricerca, dagli enti pubblici e dal setto- re privato; cresce l’attenzione degli operatori dell’Emilia-Romagna nei confronti di questa specie che sta favorendo l’espressione di iniziative volte a raf- forzare la leadership della filiera grano duro/pasta italiana in ambito interna- zionale: è stato realizzato per esempio nel 2008 a Bologna il Simposio Interna- zionale “From Seed to Pasta: The Du- rum Wheat Chain” (organizzato dalla Società Produttori Sementi e dal Cim- myt - Messico) ed è in fase di organiz- zazione per il prossimo anno, sempre a Bologna, l’esposizione internazionale di filiera “Pasta Trend”. Ma veniamo ad un primo bilancio del raccolto 2009. Le stime quantitative sul raccolto nazionale sono molteplici a se- conda dell’organizzazione che le promuo- ve, anche se ormai un dato attendibile potrebbe assestarsi tra 3,3 e 3,5 milioni di tonnellate. Una produzione significati- vamente al di sotto di quella ottenuta nel 2008 che, infatti, si avvicinava ai 6 milio- ni di tonnellate. I minori ettari coltivati a causa dei prezzi bassi, la pioggia che ha ostacolato le operazioni colturali dalla semina alla raccolta in molte macroaree italiane e l’insufficiente stato nutriziona- le, dovuto in particolare a diffuse carenze azotate, sono le principali cause di questa significativa riduzione. Il Sud Italia è la macroarea più penalizza- ta sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. I livelli proteici medi sono spesso sotto al 12% di proteine e molte partite si presentano significativamente slavate a causa delle piogge verificatesi a metà del raccolto. In queste aree si stima che le rese agronomiche medie possano attestarsi attorno a 2,2 t/ha. I tre anni del Progetto pag. 1 “Grano Duro di Alta Qualità in Emilia-Romagna” La determinazione del prezzo pag. 3 nei contratti di coltivazione e vendita del frumento duro Grano duro in provincia di pag. 5 Parma? Si, con buoni risultati I risultati del “Farming Barilla”. pag. 6 Effetti combinati della scelta varietale e della densità di semina

Filiera Grano Duro News - n. 12 - ott 09

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i risultati del “Farming Barilla”. pag. 6 Effetti combinati della scelta varietale e della densità di semina La determinazione del prezzo pag. 3 nei contratti di coltivazione e vendita del frumento duro Grano duro in provincia di pag. 5 Parma? Si, con buoni risultati SommarioSommario Roberto Ranieri – Barilla g. e r. fratelli società per azioni – Parma Periodico di informazione tecnico-economica a sostegno del Progetto Pilota “grano duro di alta qualità” in emilia-romagna

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Page 1: Filiera Grano Duro News - n. 12 - ott 09

Proprietà e redazione: Società Produttori Sementi Via Macero, 1 - 40050 Argelato (BO) - [email protected]

Direttore responsabile: Dott. Marco Bon

Stampa: Bime Tipo-Litografia s.n.c. Via Sebastiano Zavaglia 20/24 - 40062 Molinella (BO)

Reg. Tribunale di Bologna n. 7711 del 15/11/2006

Periodico realizzato con il contributo della Regione Emilia-Romagna ai sensi della L. R. 28/1998.

Periodico di informazione tecnico - economican. 12 - ottoBre 2009

Filiera Grano duronews

Grano duronewsFiliera

Periodico di informazione tecnico-economica a sostegno delProgetto Pilota “grano duro di alta qualità” in emilia-romagna

SOciETàProdUttori Sementi S.p.a. BOLOGNA

SommarioSommario i tre anni del progetto “Grano duro di alta Qualità in emilia-romagna”Roberto Ranieri – Barilla g. e r. fratelli società per azioni – Parma

Sono passate tre annate agrarie dall’ini-zio del progetto Grano Duro di Alta Qua-lità in Emilia-Romagna. Può essere per-tanto utile stilare un bilancio dei risultati ottenuti, in uno scenario che in questi tre anni ha visto drammaticamente cambiare nel giro di pochi mesi le disponibilità e i prezzi delle commodities e quindi anche quelli del grano duro e che sta facendo ora i conti con una crisi economica con pochi precedenti. I risultati del progetto:• il grano duro è sempre più coltivato

nella nostra regione oltre che in tutto il resto del Nord Italia;

• le qualità tecnologiche del grano duro Alta Qualità sono competitive con quelle del nostro target di riferimento iniziale cioè con il grano proveniente dalla Francia;

• l’istituzione esercita il suo ruolo di indi-rizzo e interviene con autorevolezza a chiarire eventuali criticità di percorso;

• gli operatori di filiera (agricoltori, costitutore sementiero, stoccatori e azienda pastaria) stanno onorando gli accordi mostrando tra l’altro una forte capacità di gestire le criticità e di voler far evolvere e aggiornare il progetto stesso;

• col passare delle annate si registra una fidelizzazione al progetto che scaturi-sce non solo dalle transazioni economi-che ma da tutta una serie di iniziative tecnico-culturali sorte durante questo percorso. Mi riferisco, infatti, alla new-sletter “Filiera Grano duro news”, al ta-volo tecnico permanente che agisce sul Disciplinare di Coltivazione e di Stoc-caggio e alla sperimentazione specifica come il “Farming Barilla” che permet-tono il coinvolgimento di competenze provenienti dalle università, dai centri

di ricerca, dagli enti pubblici e dal setto-re privato;

• cresce l’attenzione degli operatori dell’Emilia-Romagna nei confronti di questa specie che sta favorendo l’espressione di iniziative volte a raf-forzare la leadership della filiera grano duro/pasta italiana in ambito interna-zionale: è stato realizzato per esempio nel 2008 a Bologna il Simposio Interna-zionale “From Seed to Pasta: The Du-rum Wheat Chain” (organizzato dalla Società Produttori Sementi e dal Cim-myt - Messico) ed è in fase di organiz-zazione per il prossimo anno, sempre a Bologna, l’esposizione internazionale di filiera “Pasta Trend”.

Ma veniamo ad un primo bilancio del raccolto 2009. Le stime quantitative sul raccolto nazionale sono molteplici a se-conda dell’organizzazione che le promuo-ve, anche se ormai un dato attendibile potrebbe assestarsi tra 3,3 e 3,5 milioni di tonnellate. Una produzione significati-vamente al di sotto di quella ottenuta nel 2008 che, infatti, si avvicinava ai 6 milio-ni di tonnellate. I minori ettari coltivati a causa dei prezzi bassi, la pioggia che ha ostacolato le operazioni colturali dalla semina alla raccolta in molte macroaree italiane e l’insufficiente stato nutriziona-le, dovuto in particolare a diffuse carenze azotate, sono le principali cause di questa significativa riduzione. Il Sud Italia è la macroarea più penalizza-ta sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. I livelli proteici medi sono spesso sotto al 12% di proteine e molte partite si presentano significativamente slavate a causa delle piogge verificatesi a metà del raccolto. In queste aree si stima che le rese agronomiche medie possano attestarsi attorno a 2,2 t/ha.

i tre anni del Progetto pag. 1 “Grano Duro di Alta Qualità in Emilia-Romagna”

La determinazione del prezzo pag. 3 nei contratti di coltivazione e vendita del frumento duro

Grano duro in provincia di pag. 5 Parma? Si, con buoni risultati

i risultati del “Farming Barilla”. pag. 6 Effetti combinati della scelta varietale e della densità di semina

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Filiera Grano duronews N. 12 - Ottobre 2009

Il Centro Italia e in particolare le Marche hanno fatto registrare rese più basse ri-spetto a quelle attese ma livelli proteici a volte superiori al 14%, mentre la produ-zione toscana ha evidenziato rese medie (2,5 t/ha), che per quanto basse sono co-munque superiori a quelle disastrose pre-viste durante la primavera.Il Nord Italia è la macroarea italiana che è stata meno penalizzata dall’andamento climatico della appena trascorsa anna-ta agraria. Le rese agronomiche si sono attestate mediamente intorno ai 5,0 t/ha mentre il contenuto proteico, pur ridu-cendosi di un punto percentuale rispetto allo scorso anno, oscilla dal 13,0 al 13,6%; i pesi ettolitrici hanno raggiunto diffusa-mente l’80 kg/hl.Relativamente al Progetto Grano Duro di Alta Qualità in Emilia-Romagna, sono stati coltivati circa 14.000 ha e sono stati stoccati più di 75.000 t di grano duro (pari a una produzione media di circa 5,4 t/ha) con un contenuto medio di proteine significativamente superiore al 13% e 81 kg/hl di peso ettolitrico; le varietà coltivate come è noto sono state Norman-no, Levante, Saragolla e in piccola parte Svevo (Tab.1). La bianconatura caratteriz-za un po’ tutte le partite ed è stata causata, come precedentemente accennato, da ca-renze nutrizionali durante lo sviluppo del-la pianta dovute soprattutto all’andamen-to stagionale che ha ostacolato le conci-mazioni. La presenza del Fusarium della spiga è stata diffusamente segnalata, ma i

livelli riscontrati della micotossina deossi-nivalenolo (DON) sono stati generalmen-te bassi e significativamente al di sotto dei limiti di legge. In ogni caso, la forte variabilità riscontrata tra i lotti, anche di uno stesso centro di stoccaggio (Barilla ha monitorato con il campionamento ufficia-le ogni singolo lotto delle aree considera-te più a rischio) induce alla prudenza e a raccomandare una particolare e continua attenzione a questo aspetto di sicurezza alimentare. Occorre comunque conside-rare come il grano duro ottenuto dal pro-getto Grano Duro di Alta Qualità, abbia dimostrato da un lato di poter contrastare il rischio DON e dall’altro di contribuire in modo significativo e distintivo alla filiera durogranicola nazionale. Rimane una forte incognita sulle semine dell’imminente annata agraria. A causa del protrarsi di una situazione di mercato poco favorevole al prezzo dei cereali in generale e quindi anche del grano duro, si teme si possano ridurre ulteriormente le superfici seminate soprattutto nei terreni meno produttivi, in particolare al Sud Ita-lia, dove le basse rese non sarebbero in grado di sostenere i costi di produzione. Il differenziale di prezzo in ogni caso tra grano duro e grano tenero e le rese ormai soddisfacenti del grano duro e competiti-ve con il grano tenero, fanno sì che la col-tivazione possa invece essere considerata tra le più remunerative per gli agricoltori del Centro e del Nord Italia.L’obiettivo 2010 del Progetto Grano Duro

di Alta Qualità in Emilia-Romagna po-trebbe essere quello di avvicinarsi alle 100.000 t. Un quantitativo prossimo al 40% del fabbisogno totale del mulino di Pedrignano riteniamo, con la maturità raggiunta dal Progetto, possa essere age-volmente raggiunto mettendo in coltiva-zione circa 17.000-18.000 ha. Il 2010 sarà anche l’occasione di sperimentare alcune nuove modalità contrattuali e di forma-zione del prezzo, che assieme ai sistemi contrattuali convenzionali andranno a costituire una miscela di proposte che tenterà di dare risposta alle attese di tutti i partner del progetto. Anche dal punto di vista della gestione agronomica occor-rerà mettere in pratica alcune rilevanti osservazioni compiute in questi anni. Ad esempio, dalle ultime sperimentazioni, e in particolare dalla sperimentazione con-fermata con il Farming Barilla si eviden-zia che una riduzione delle dosi di semina favorisce sia contenuti proteici migliori come pure le rese agronomiche.La coltivazione del grano duro costi- tuisce una coltivazione di nicchia in cam-po mondiale, mentre in Italia è ancora il cereale più diffuso. E’ necessario per la pasta industry nazionale che la filiera tutta e le Istituzioni permettano a questo comparto produttivo di rafforzarsi inter-namente e di rimanere internazionalmen-te competitiva. Uno sforzo comune è più che mai necessario per difendere un set-tore industriale che è un fiore all’occhiel-lo del nostro “Made in Italy”.

Tab. 1: Valutazione qualitativa delle produzioni ottenute nel 2009

Organizzazione Quantità (t)

N° campioni analizzati*

Valutazioni Merceologiche Peso Ettolitrico Umidità Ceneri

550°CSostanze Azotate

Qualità Glutine **

Colore grano DON

(ppb)Bianconati (%)

Striminziti (%)

Volpati(%) kg/hl % % ss % ss Glutograph

(0-10) indice “b”

CEREALI EMILIA ROMAGNA

CAIP BO-MO 25.088 19 28,4 3 3 80,9 13,1 1,88 13,0 6,3 23,2 818PROGEO 6.912 6 20,3 2 5 82,1 12,6 1,88 13,3 5,9 21,3 555TERREMERSE 12.415 14 16,4 3 5 79,4 13,2 2,00 14,0 6,1 24,4 998CAP Ravenna 11.283 2 23,0 3 6 80,0 12,1 1,99 14,0 6,0 23,8 312MEDIE PONDERATE 55.697 23,6 3 4 80,5 12,9 1,93 13,5 6,1 23,3 723

CIAAD GRANDI COLTURE

CAPA Cologna 1.900 3 33,8 4 4 81,6 13,5 1,99 13,6 5,6 26,0 718CESAC 225 1 8,5 1 4 77,7 15,1 1,80 12,1 6,0 24,4 511CO.CER.IT 906 1 35,0 3 10 80,3 13,7 2,04 14,0 5,3 25,3 639COMACER 1.378 3 20,0 5 3 78,7 13,3 1,86 13,3 5,7 22,1 613COOP. AGR. Tre Spighe 1.300 1 6,0 4 6 82,3 12,7 2,01 14,9 5,7 20,2 322

COOP. Ortofrutticola Copparese

1.400 1 25,0 1 10 84,5 12,2 2,02 13,1 5,5 25,5 943

COOP. Maiscoltori Basso Ferrarese

1.914 1 9,8 2 5 80,1 12,9 2,07 13,9 5,3 25,0 816

MEDIE PONDERATE 9.024 20,7 3 6 81,1 13,1 1,99 13,7 5,5 24,2 688

CAP PARMA

CAP Parma 3.403 8 14,1 2 3 82,0 12,6 1,94 13,9 5,8 24,8 123Agenzia Soragna 1.800 2 9,3 4 2 82,1 12,9 1,96 13,8 6,3 23,6 397MEDIE PONDERATE 5.203 12,4 3 2 82,0 12,7 1,95 13,9 6,0 24,4 218

CAP PIACENZA 3.690 7 15,0 4 1 81,9 12,2 1,86 13,1 6,2 24,9 530CAPA FERRARA 1.501 4 19,6 2 5 82,2 13,6 1,91 13,6 5,3 22,9 1.182MEDIE PONDERATE GENERALI 75.115 73 22,0 3 4 80,8 12,9 1,93 13,5 6,0 23,6 683

* Al momento sono stati analizzati 73 campioni di 73 lotti su 89 totali. ** Dati riferiti a 30 campioni.

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Filiera Grano duronews

Le condizioni di mercato in vista delle prossime semine di grano duro stanno causando notevoli incertezze, sia per quanto riguarda i prezzi che per quanto riguarda, più in generale, la sostenibilità economica della coltura. È perciò inte-resse comune degli acquirenti e dei ven-ditori creare le condizioni affinché la filie-ra mantenga la sua redditività complessi-va, rispettando al contempo gli interessi economici di tutti i partecipanti: imprese agricole, stoccatori e molini. Uno strumento per ridurre l’incertezza del collocamento e dell’approvvigiona-mento dei prodotti agricoli è da sempre il contratto di coltivazione e vendita. L’impresa agricola si impegna a colti-vare un determinato appezzamento con una determinata coltura (in genere nel rispetto di un disciplinare di produzio-ne), l’acquirente industriale (o anche lo stoccatore) si impegna ad acquistare il raccolto. I contratti di coltivazione sono partico-larmente diffusi nelle colture industriali altamente specializzate (ortaggi da indu-stria, colture energetiche o tessili, altre colture alimentari come il luppolo, l’orzo da malto ecc.), mentre stentano a prende-re piede lì dove il prodotto è indifferen-ziato e prevale l’aspetto “liquido” della commodity (mais, frumento). Il frumento duro si trova in un certo sen-so nel mezzo tra questi due casi, perché da una parte è, per la statistica mondiale dei seminativi, un prodotto di nicchia (6% in media del raccolto mondiale totale di frumento), dall’altro il suo mercato è for-temente condizionato dall’andamento de-gli altri cereali, con tutto ciò che ne con-segue in termini di volatilità dei prezzi. Ne consegue che la problematica princi-pale per la diffusione dei contratti di col-tivazione è costituita dal prezzo, o meglio dal meccanismo della sua determinazio-ne. Infatti, il contratto è in genere stipu-lato, per il grano duro nazionale, durante l’autunno, mentre la consegna del pro-dotto e la determinazione del suo valore avvengono a partire dal raccolto all’inizio dell’estate successiva. Se il prezzo è una variabile completamen-te esogena (ad esempio perché legato alle quotazioni di una borsa merci), il vendito-re deve affrontare in caso di un eccessivo ribasso dei prezzi il rischio di non poter

La determinazione del prezzo nei contratti di coltivazione e vendita del frumento duroHerbert Lavorano - Hl strategies srl

contratti di coLtiVazione

coprire i costi di produzione o addirittura di andare in perdita. L’acquirente invece rischia di non vedersi consegnare il quan-titativo pattuito, con l’onere di dover re-perire la materia prima in altri canali o di compromettere la stipula di contratti nelle campagne successive.

Modelli di pricingSostanzialmente, la determinazione del prezzo “in avanti” di un prodotto agricolo può avvenire con tre diverse modalità:

1. Il valore di riferimento è un prezzo de-sunto dalle quotazioni espresse dalle Borse Merci al momento della cessio-ne, cui viene applicata una correzione concertata dalle parti.

È questo il caso dei cereali a paglia o di altre commodities agricole che hanno al livello nazionale o internazionale un mer-cato sufficientemente liquido per consen-tire agli operatori le opportune coperture finanziarie o materiali. Il problema del frumento duro è che i flussi finanziari messi in moto dal merca-to non consentono un mercato dei titoli derivati. Il prezzo di mercato per la mer-ce nazionale è tuttora formato da con-tratti fatti (e valutati dalle commissioni delle Borse merci) sul mercato spot. Le quotazioni internazionali e altri elementi (offerta estera, cambio Euro/US$, prezzo

del petrolio) influiscono sì sulle quotazio-ni, ma solo in modo indiretto e non per-mettono agli operatori di maturare delle aspettative razionali e confortate dalle opportune contromisure. Le correzioni al prezzo espresso dal li-stino sono correlate alla logistica e alla qualità (% proteina). Per i contratti di coltivazione di frumento duro, s’è potuto osservare che in presenza di prezzi ragio-nevolmente alti per l’impresa agricola, l’aggiunta di valore al prodotto può esse-re incentivante, ma che le fasi di estrema oscillazione (al rialzo o al ribasso) tendo-no a ridurre gli sforzi verso una maggiore qualità.

2. Il valore di riferimento è sostanzial-mente un costo di produzione cui si applica un margine (concordato tra le parti in cifra fissa o in percentuale) e si aggiungono i costi logistici e le premia-lità qualitative a seconda dei casi.

È il metodo più diffuso per le colture in-dustriali specializzate. Il prezzo viene pat-tuito tra le parti prima delle semine, salvo possibili correttivi relativi ai costi, e for-nisce, tra le diverse variabili (climatiche e produttive innanzitutto), un elemento di certezza del contratto. Questo metodo prevede una trattativa di tipo “tecnico” e non speculativo, nel senso che dovranno

2007/2008 2008/2009

100,00

150,00

200,00

250,00

300,00

350,00

400,00

450,00

500,00

550,00

Ottobre Novembre Dicembre Gennaio Febbraio Marzo Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre

2007 / 2008

2008 / 2009

Quotazioni medie Borsa merci di BolognaGrano duro nazionaleProduzione Nord - Fino (kg/hl 80; ce 1+1% max)

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Filiera Grano duronews N. 12 - Ottobre 2009

Giorgio Avanzini, agricoltore oltre che contoterzista di Colorno della provincia di Parma, il prossimo anno seminerà ancora la varietà Levante per il “Progetto Grano duro di alta qualità in Emilia-Romagna”.«Siamo contenti dei risultati raggiunti quest’anno» afferma Avanzini. «Abbiamo coltivato la varietà Levante, un grano duro di taglia media che non ha avuto problemi di allettamento, arrivando bene a maturazione. 30 gli ettari seminati, da cui abbiamo ottenu-to una produzione media superiore ai 50 q.li per ettaro (produzione non trascurabile in riferimento all’annata), ottenendo del grano di ottima qualità, 82 di peso specifico e un tenore proteico superiore a 15. La granella l’abbiamo consegnata ad un centro di stoc-caggio del Consorzio Agrario di Parma».

Risultati ottenuti in una annata che ha visto un andamento meteo non favorevole per la coltura, elevata piovosità invernale e primaverile, elevate temperature a metà maggio al momento della maturazione del grano, piovosità al momento della raccolta.«Per ottenere questi risultati in una an-nata come quella appena terminata, che ha visto il grano sott’acqua fino a maggio, abbiamo seguito la coltura dalla semina alla raccolta, concimando nei momenti importanti, senza abbondare nelle quanti-tà ma dosandole secondo le necessità. La concimazione è fondamentale per la resa produttiva e qualitativa del grano».

Dopo l’annata 2007/08 che ha visto un an-damento climatico estremamente sfavo-revole alla coltura in particolare al Nord, con il manifestarsi del problema delle mi-cotossine, come è andata quest’anno?«Da questo punto di vista le indicazioni in-serite nel disciplinare di coltivazione rispec-chiano la nostra filosofia. Poniamo grande attenzione alla rotazione colturale, nell’otti-ca anche di ridurre quanto più possibile il ri-schio di possibili attacchi fungini, seminando il grano duro, eventualmente anche su sodo, solo dopo bietola, erba medica o pomodoro;

Grano duro in provincia di Parma? Si può fare con buoni risultati

interViSte

successioni colturali che ci hanno sempre dato ottimi risultati. Se invece siamo costret-ti a riseminare dopo cereali estivi (mais ad esempio) interriamo i residui colturali. Ri-spettare queste semplici regole porta a non avere o al massimo a ridurre i problemi di fusariosi della spiga che vanificherebbero tutto l’impegno che promulghiamo, danneg-giando la qualità del raccolto».

Ci troviamo in una momento difficile del-la filiera cerealicola, con le borse merci in continuo ribasso per tutte le tipologie di grani e cereali che influenzeranno non poco le scelte per la prossima annata. Cosa ne pensa del Progetto, ritiene che dia qual-che garanzia in più agli agricoltori?«Partecipare al Progetto è importante an-che perché a fronte di valori di mercato quest’anno molto bassi, i premi alla qualità possono rendere più remunerativa la coltu-ra, dando qualche soddisfazione in più a noi agricoltori. Certo, se si avesse la certezza di avere un prezzo minimo di vendita garanti-to del grano raccolto si avrebbero maggiori garanzie e questo aiuterebbe noi agricoltori a programmare meglio le operazioni coltu-rali. E’ necessario che si arrivi ad un prezzo più adeguato ai costi di produzione».

Aderirete al Progetto anche il prossimo anno?«Certamente, anche per la stagione 2009/2010 abbiamo previsto di aderire al Progetto Gra-no duro di alta qualità, tramite il Consorzio Agrario di Parma, seminando una delle va-rietà di grano duro inserite nel disciplinare, molto probabilmente il Levante. D’altro can-to siamo in un territorio, la Pianura Padana, in cui riteniamo si possa fare grano duro di alta qualità, ottenendo ottimi risultati».

Avete quindi già impostato l’ordinamento colturale per la stagione 2009/2010.«Si, quasi completamente. Stiamo già pre-parando i terreni per averli ben drenati, senza ristagni d’acqua. Prevediamo di semi-nare abbastanza presto con una densità non troppo fitta, circa 160-170 kg/ettaro».

essere valutati da entrambi le parti i se-guenti elementi: - la resa unitaria ad ettaro, - la tecnica colturale impiegata, - i costi colturali conseguenti. Questa modalità può prevedere meccani-smi correttivi in funzione dell’evoluzione dei costi, ed eventualmente tenere in con-siderazione la redditività delle colture di rotazione.

3. Nella terza modalità si adotta una so-luzione mista che integra aspetti delle due opzioni riportate sopra.

In questo caso, il prezzo - base è dato dal costo di produzione (più il giusto margi-ne e i costi logistici), corretto, con una percentuale da stabilire, dalla quotazione di listino vigente nel periodo di cessione. Questa soluzione sembra essere partico-larmente confacente al frumento duro: da una parte si garantisce la sostenibilità della coltivazione diminuendo il rischio dell’impresa agricola, dall’altra si conser-va un legame con la quotazione di mer-cato. Una prima sperimentazione è in corso nell’ambito del progetto SIGRAD, nella quale tra Barilla SpA e il Consorzio Agra-rio Provinciale di Pesaro e Urbino è sta-to stipulato un accordo che prevede un prezzo fissato per un 70% dal costo di pro-duzione e per il restante 30% dalla quota-zione del listino di Bologna.Per la campagna 2009/2010, una tipologia di contratto a soluzione mista verrà pro-posto da Barilla ai produttori agricoli an-che all’interno del Progetto “Grano duro di alta qualità in Emilia-Romagna”.

ConclusioniCertamente, la nuova fase ribassista po-trebbe spingere gli acquirenti a ridurre la parte fissa del prezzo a favore di quella variabile, ma la via verso il “prezzo mi-sto” sembra oramai tracciata. Restano da definire alcuni aspetti, come ad esem-pio il ruolo che svolgerà la componente di prezzo legata alla qualità del prodotto e la contrattazione tra imprese agricole e stoccatori da una parte, e tra questi e i molini dall’altra per la determinazione dei costi logistici. Ciò nonostante, la stipula di contratti con modalità “mista” di determinazione del prezzo rappresenta senz’altro un mecca-nismo, seppur imperfetto, di riduzione del rischio per gli operatori. Riguardo i risultati pratici dell’applicazio-ne di questi contratti dovremo aspettare la prossima campagna di commercializ-zazione 2010/11, nella speranza condivisa di una ripresa dei mercati. Varietà di grano duro Levante

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Filiera Grano duronews

In un precedente numero di questo stesso periodico (n. 9 - Marzo 2009 “Trasferimento tecnologico per il frumento duro di alta qua-lità in Emilia-Romagna”) è stata presentata l’attività sperimentale realizzata il corren-te anno nell’Az. Agr. Cà Bosco di Ravenna nell’ambito del Progetto “Farming Barilla”.La finalità del Progetto è stata quella di affrontare alcune problematiche tecniche ancora aperte, quali: 1) l’adattamento ed affinamento della tecnica colturale al conti-nuo variare degli andamenti climatici, 2) la sensibilità del frumento duro al complesso delle fusariosi della spiga e di conseguenza all’insorgere del fenomeno delle micotos-sine e 3) la sensibilità del frumento duro all’allettamento. Al fine di raggiungere gli obiettivi proposti, una delle attività maggiormente studiate è stata quella della messa a punto agronomi-ca delle varietà, con particolare riferimento

conSiGLi coLtUraLi

i risultati del “farming Barilla” 2009. effetti combinati della scelta varietale e della densità di seminaPierluigi Meriggi – Horta srl, spin off università cattolica del sacro cuore, Piacenza

Roberto Ranieri – Barilla g. e r. fratelli società per azioni – Parma

alla densità di semina ed alla concimazione azotata.Infatti all’interno del Farming Barilla le va-rietà del “Progetto Alta Qualità” sono state “studiate” in 2 prove sperimentali. Una in cui le varietà (Saragolla, Levante, Norman-no e uno standard commerciale) sono state sottoposte a differenti densità di semina (100-200-300-400-500-600 semi deposti per m2) e l’altra dove le stesse varietà sono state oggetto di differenti livelli di concimazione azotata (0-50-100-150-200-250 kg di azoto per ettaro).Da un esame generale delle 2 prove emerge chiaramente come sia l’apporto di differenti quantità di azoto sia la scelta di diverse den-sità di semina abbiano fatto variare in modo significativo le produzioni in granella delle varietà (figg. 1 e 2).Relativamente all’effetto dell’azoto si può far riferimento alla figura 1. Nella stessa si con-

ferma una significativa ampiezza di risposta del dato produttivo a conferma dell’impor-tanza dell’elemento azoto sulla produttività della coltura ma anche un diverso compor-tamento delle varietà. Mentre per Levante, Normanno e la varietà standard la distribu-zione dei dati è molto simile in quanto sono isolati i risultati produttivi dei test non con-cimati (outlier di color blu), per Saragolla la produzione del test non concimato, in virtù dei buoni livelli conseguiti, non viene segna-lata separatamente. Quanto sopra sembra indicare per quest’ultima varietà un miglio-re adattamento a condizioni di stress nutri-zionali (e quindi ad una maggiore efficenza nell’utilizzo dell’azoto). L’argomento verrà approfondito in note successive relative alla fertilizzazione.Per quanto attiene all’effetto della densità di semina, lo stesso è risultato complessiva-mente inferiore all’effetto dell’azoto ma pur

Le densità di semina utilizzate nelle col-ture di frumento duro nel nord Italia va-riano generalmente fra i 400 e 700 semi germinabili per metro quadro e derivano principalmente dalla consuetudine di con-sigliare le dosi del seme in peso. Tali den-sità risultano il più delle volte eccessive e oltre a peggiorare i parametri qualitativi della produzione favoriscono l’allettamen-to delle colture. La scelta di una corretta densità di semina non rappresenta una decisione “semplice” ma deve tenere in considerazione molteplici fattori. Per l’im-portanza che tale decisione ha sul prosie-guo della coltivazione sarebbe necessario avvalersi di semplici e pratici strumenti di supporto alle decisioni (DSS) che indi-rizzino e aiutino nella scelta sia il tecnico sia l’agricoltore. Farming Barilla 2009 - Campo parcellare “varietà per densità di semina”

5

Standard +

Levanteetà +

rie

Va

Normanno +

Saragolla +g

4 5 6 7 8 9 104 5 6 7 8 9 10

Resa in granella 13% (t/ha)Resa in granella 13% (t/ha)

St d d +Standard +

L tà Levanteetà +

ari

N

Va

Normanno +

S llSaragolla +

4 5 6 7 8 9 10R i ll 13% (t/h )

4 5 6 7 8 9 10Resa in granella 13% (t/ha)

Fig. 2 - Distribuzione delle produzioni ottenute da 4 varietà sottopo-ste a 6 livelli differenti di densità di semina.

Dati elaborati secondo il Box and Whiskers Plot.

Fig. 1 - Distribuzione delle produzioni ottenute da 4 varietà sottoposte a 6 livelli differenti di concimazione azotata. Il box rappresenta il 50% dei dati mentre i baffi il rimanente 50%. La linea all’interno del box rappresenta la mediana mentre la croce rappresenta la media.

Densità disemina

Azoto

Resa in granella 13% (t/ha) Resa in granella 13% (t/ha)

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Filiera Grano duronews N. 12 - Ottobre 2009

tuttavia molto significativo nel caso di alcu-ne varietà. Infatti come si evince dalla figura 2 dove sono riportate le distribuzioni delle produzioni in granella delle quattro varietà in prova, passando dallo standard commer-ciale a Levante, Normanno e infine Saragolla si allarga la “forbice” delle produzioni. In al-tre parole, al di là del potenziale produttivo espresso da ciascuna varietà, in alcune la densità di semina non rappresenta un ele-mento importante in grado di influenzare la produzione (vedi la varietà standard) mentre in altre condiziona fortemente le prestazioni produttive. Le variazioni dovute alle diverse densità di semina riscontrate nel 2009 nella prova in questione sono da considerarsi infe-riori a quelle del 2008 anno in cui il fenome-no dell’allettamento aveva allargato sensibil-mente l’intervallo delle produzioni.

Densità di seminaOggetto di questa nota è in particolare la discussione dei risultati ottenuti nella se-conda prova ove è stato studiato il fattore densità di semina. Come è noto, la densità di semina nel fru-mento rappresenta un fattore rilevante per le piante per catturare le risorse disponibili ed è una pratica agronomica tra le più importanti in grado di influenzare la resa in granella e le principali caratteristiche qualitative del-la produzione. Purtroppo nel nostro Paese la tecnica agronomica non ha ancora suffi-cientemente valorizzato i vantaggi derivanti dall’adozione di densità di semina più equili-brate, come in altre agricolture “avanzate”.Da varie esperienze realizzate in numerosi Paesi su frumento tenero e duro a semina autunnale, anche con una bassa densità di piante, il tasso di crescita relativo della coltura è risultato elevato ed è stato in gra-do di mantenere invariata la produzione di sostanza secca per ettaro. Inoltre le colture allevate con bassa densità di piante hanno incrementato la superficie fotosintetizzante per pianta grazie alla maggior durata dell’ac-cestimento, ad una aumentata superficie fogliare per pianta ed una maggiore soprav-

vivenza dei culmi. Anche la efficienza foto-sintetica è stata superiore con densità più ridotte probabilmente in virtù di una miglio-re distribuzione delle radiazioni attraverso la biomassa vegetale. Pertanto in colture a densità ridotte di piante, nonostante una diminuzione della produzione di spighe, la migliore radiazione ha consentito di ottene-re un significativo incremento di numero di chicchi per spiga (Whaley et al., 2000).Inoltre esperienze realizzate proprio in Pia-nura Padana hanno chiaramente dimostrato che colture con basse densità di piante re-sistono maggiormente al fenomeno dell’al-lettamento e consentono anche una sanità maggiore delle piante.

I principali fattori da prendere in esame per definire una corretta densità di semina sono:- scelta varietale. Per ciascuna varietà si

deve ad esempio considerare la diversa capacità di accestimento, la suscettibilità all’allettamento ed alle malattie, la germi-nabilità ed il peso dei 1000 semi;

- condizioni ambientali. Fra queste oc-corre prevedere il tipo di terreno, la data di semina e l’areale di coltivazione. Que-ste informazione hanno una significativa influenza sul potere di accestimento della varietà in quanto quest’ultima è influenza-ta oltre che dal genotipo anche dal clima;

- perdite di emergenza. La qualità del letto di semina, la profondità di semina, la presenza di scheletro od ancora la se-mina su sodo rappresentano aspetti che influiscono sulla emergenza dei semi de-posti e quindi sono da tenere in dovuta considerazione.

Come si evince dalla figura 3 la scelta di una densità di semina equilibrata incide sia sul-la struttura della pianta/coltura sia sui prin-cipali parametri della produzione.

Effetti della densità di semina sui para-metri colturali e produttiviPrima di discutere i risultati ottenuti nella prova “densità per varietà” occorre ricorda-re che tutti i dati che verranno presentati

nei grafici sono stati ottenuti da popolazioni di piante che erano sostanzialmente vicine all’obiettivo teorico di investimento ma non esattamente equivalenti (tab. 1). Pur tuttavia vista la ottima prossimità fra obiet-tivo teorico di investimento e popolazione definitiva delle piante, in tutti i grafici si è mantenuto per semplicità il valore teorico impostato prima della semina. Inoltre la prova sperimentale è stata realizza-ta secondo uno schema a parcelle suddivise (4 varietà, 6 densità, 4 ripetizioni) per un to-tale di 96 parcelle elementari. La semina con seminatrice parcellare è stata effettuata il 30

Fig. 4 - Influenza della densità di semina sulla capacità di accestimento delle va-rietà (4a), valore dell’N Tester (lettore di clorofilla) (4b) e NDVI (indice sintetico su biomassa e intensità di clorofilla ottenuto con lo spettro radiometro) (4c). Ciascun punto del grafico rappresenta la media del-le 4 varietà in prova (Saragolla, Norman-no, Levante e standard di confronto) e delle 4 ripetizioni (16 valori elementari).

Livelli Semi depostin° teorico/m2

Investimento definitivo al 12

gennaio piante/m2

1 100 1052 200 2053 300 3004 400 3925 500 4846 600 571

Tab. 1 - Valori medi di investimento ottenu-ti realmente in parcella a metà gennaio a confronto dei 6 livelli di densità di semina teorici.

4. a

y = 6E-06x2 - 0,0085x + 4,0781R2 = 0,9958

0,0

0,5

1,0

1,5

2,0

2,5

3,0

3,5

0 100 200 300 400 500 600 700

Coe

ffici

ente

di a

cces

timen

to

y = 0,0003x2 - 0,3381x + 644,48R2 = 0,897

500

520

540

560

580

600

620

640

0 100 200 300 400 500 600 700

N T

ESTE

R 2

4 m

arzo

y = -6E-05x + 0,7397R2 = 0,8792

0,650

0,670

0,690

0,710

0,730

0,750

0,770

0,790

0 100 200 300 400 500 600 700

ND

VI 2

9 ap

rile

Densità di semina(semi/m2)

6

Fig. 3 - Fattori che incidono sulla scelta di una corretta densità di semina e parametri coinvolti.

Densità di semina equilibrata

Parametri produttivi resa in granella tenore proteico peso 1000 semi peso ettolitrico

Scelta varietale capacità di accestimentosuscettibilità allettamentosuscettibilità alle malattiegerminabilitàpeso dei 1000 semi

Struttura dellacoltivazione

numero di spighe/m2 produzione in biomassa stato nutrizionale allettamento ciclo colturale

Condizioni ambientali tipo di terrenoepoca di semina e arealedi coltivazione

Perdite all’emergenza qualità del letto di semina profondità di semina natura del terreno

maggiore efficienza fotosintetica migliore assorbimento dell’azoto

condizioni meno favorevoli alle malattie ed all’allettamento

4a

4b

4c

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Filiera Grano duronews

di ottobre. Nella prova è stata adottata una tecnica colturale (precessione colturale, la-vorazione del terreno, concimazione azota-ta, controllo infestanti, difesa dalle malattie fungine) uniforme per tutte le parcelle.Le relazioni fra i principali parametri esami-nati e la densità di semina sono riportati nelle figure 4, 5 e 6. Nelle stesse i dati sono riferiti alla media delle quattro varietà in prova e per-tanto i modelli che ne derivano rappresenta-no un andamento generale dei fenomeni.

- Il coefficiente di accestimento è stato influenzato significativamente dalla densità di semina come del resto era atteso. Come evidenziato in figura 4a lo stesso ha varia-to da 3,3 (ovvero 2,3 culmi di accestimento medi oltre il culmo principale) a 1,2 (ovvero 0,2 culmi di accestimento medi). Riducendo pertanto la densità di semina la coltura ha in parte recuperato emettendo un maggior numero di culmi di accestimento, pur tutta-via non compensando completamente il nu-mero di culmi totali presenti nelle parcelle con semina più densa.

- Anche la colorazione delle foglie è stata influenzata dalla densità di semina. In due occasioni del ciclo colturale, ed esatta-mente il 24 marzo (inizio accestimento) e 2 maggio (inizio spigatura) su tutte le par-celle è stato effettuato il rilievo fotometrico della quantità di clorofilla nelle foglie con

l’N tester. I rilievi in entrambe le occasioni hanno evidenziato una colorazione più in-tensa nelle parcelle con densità di semina inferiore e per contro più clorotica in quelle con densità superiori. Vengono riportati in figura 4b i soli risultati del rilievo del 24 di marzo in prossimità della concimazione di inizio levata, nel quale le parcelle con le più elevate densità “denunciavano” una eviden-te carenza di azoto. A titolo esemplificativo il valore medio dell’N tester nelle parcelle con 600 semi/m2 è risultato di 532, molto vi-cino al valore di 537 dei testimoni a “zero” azoto della prova contigua. Il loro aspetto avrebbe pertanto “chiamato” un ingiustifi-cato ulteriore apporto di azoto con conse-guenti maggiori rischio di allettamento.

- I valori così elevati di N tester nelle par-celle a bassa densità indicano sì una ottima colorazione delle foglie ma nulla dicono sul-la stima della biomassa presente nelle par-celle. Per completare l’informazione sono stati effettuati rilievi anche con lo spettro

radiometro, strumento messo a disposizio-ne dalla Società Produttori Sementi di Bolo-gna e in grado di fare una valutazione anche della biomassa fogliare. Questo strumento innovativo fornisce un valore numerico adi-mensionale, teoricamente compreso tra -1 e +1 denominato NDVI (Normalized Differen-ce Vegetation Index), sfruttando la diversa risposta della copertura vegetale alle bande spettrali del visibile (rosso) e del vicino in-frarosso. Tale valore è stato dimostrato es-sere in stretta relazione con lo stato di salute della vegetazione, intesa come biomassa e area fogliare (Leaf Area Index), ed ai pro-cessi biochimici ad essa correlati (attività fotosintetica). Anche per questo parametro le densità più ridotte sono quelle che hanno fornito i valori più elevati. In altre parole con un minor numero di piante si è assistito ad una migliore efficienza fotosintetica e una maggiore produzione di biomassa (fig. 4c).

- In figura 5a è evidenziata la relazione fra numero di spighe per m2 e densità. Come

7

In primo piano le 2 parcelle affiancate se-minate ad alta densità (600 semi/m2) di Saragolla. In generale le elevate densità di semina hanno evidenziato ad inizio levata una significativa carenza azotata (colture più gialle) e in fase di spigatura una emissione anticipata della spiga di qualche giorno. Questi effetti sono tipici di piante stressate da una competizione eccessiva fra i singoli soggetti. I fenome-ni sono stati recuperati con il diminuire della densità di semina.

differenze fra le varietàE’ importante conoscere le risposte delle singole varietà al variare della densità di se-mina in quanto ogni genotipo reagisce in modo un po’ differente.Ad es. la varietà A ha evidenziato una minore capacità di accestimento. Dal punto di vista produttivo si è avvantaggiata da una densità ridotta di semina (i valori più elevati sono stati ottenuti con 100 - 200 semi/m2) ma non è stata molto penalizzata dalle alte densità.La varietà B ha mostrato una maggiore capacità di accestimento, ha ottenuto le rese più elevate in un range di valori più ampio (da 100 a 400 semi/m2) ma è sembrata risentire mag-giormente delle elevate densità alle quali associa le rese più ridotte. Entrambe le varietà evidenziano una riduzione del tenore proteico all’aumentare della densità di semina.

1,0

1,5

2,0

2,5

3,0

3,5

100 200 300 400 500 600

Coe

ffici

ente

di a

cces

timen

to Varietà A

Varietà B

6,00

6,50

7,00

7,50

8,00

8,50

9,00

9,50

10,00

100 200 300 400 500 600

Res

a gr

anel

la 1

3% U

(t/

ha)

12,0

12,5

13,0

13,5

14,0

14,5

15,0

15,5

16,0

100 200 300 400 500 600

Densità di semina (semi/m2 )

Pro

tein

e S

S (

%)

y = -5E-05x2 + 0,418x + 328,73R2 = 0,9812

0

100

200

300

400

500

600

0 100 200 300 400 500 600 700

Spig

he /

m2

y = 1E-06x2 - 0,0024x + 83,271R2 = 0,8669

82,0

82,2

82,4

82,6

82,8

83,0

83,2

83,4

83,6

83,8

84,0

0 100 200 300 400 500 600 700

Peso

etto

litric

o

y = -0,001x + 8,235R2 = 0,8002

7,50

7,60

7,70

7,80

7,90

8,00

8,10

8,20

8,30

8,40

8,50

0 100 200 300 400 500 600 700

)ah/t( U

%31 allenarg aseR

Densità di semina(semi/m2)

5a

5b

5c

Fig. 5 - Influenza della densità di semina sul numero di spighe, peso ettolitrico della gra-nella e resa in granella. Ciascun punto del grafico rappresenta la media delle 4 varietà in prova (Saragolla, Normanno, Levante e standard di confronto) e delle 4 ripetizioni per un totale di 16 valori elementari.

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Filiera Grano duronews N. 12 - Ottobre 2009

Fig. 6 - Influenza della densità di semina sul tenore proteico della granella e sulla quantità di proteine prodotte per ettaro. Ciascun punto del grafico rappresenta la media delle 4 varietà in prova (Saragolla, Normanno, Levante e standard di con-fronto) e delle 4 ripetizioni per un totale di 16 valori elementari.

8

densità di semina e concimazione azotataNell’ambito del “Farming Barilla” è stata realizzata una sperimen-tazione parcellare dove è stata studiata l’interazione “azoto per densità di semina”. Il fattore azoto aveva 2 livelli: 141 e 191 kg/ha di azoto. Il livello 141 nei grafici è indicato con N mentre il livello 191 con N+. Il fattore densità di semina aveva anch’esso 2 livelli: 250 e 450 semi deposti/m2.Di seguito sono riportati i risultati relativamente alla varietà Le-vante per quanto attiene alla resa in granella e all’allettamento.La resa in granella più elevata è stata ottenuta con 250 semi/m2 e con 141 unità di azoto, mentre la più bassa con 450 semi/m2 e 191 unità di azoto. In percentuale la perdita di resa in granella è risultata del 12,5%. L’allettamento è risultato inversamente proporzionale alla pro-duzione, raggiungendo i valori più elevati, prossimi al 50%, nelle parcelle con densità di semina e dosi di azoto più elevati.I risultati confermano che la combinazione fra colture fitte e alte disponibilità di azoto conferisce instabilità della coltura e rappre-senta un elemento di rischio per l’ottenimento di alte rese.

Legenda: A, B, C, ... = Classi di significanza statistica per p=0,05(Newman Keuls test)

10,00 A

ABha)

9 00BC(t

/h

9,00C%

(

C

13%

8,00sa 1

Res

7 00

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7,00

A50 050,0

%)

40,0(% 40,0

to

30,0

men

BCam BC20,0et

ta

C C10 0Alle

C C10,0A

0,00,0Levante 250 N Levante 250 N+ Levante 450 N Levante 450 N+

Tesi sperimentali

precedentemente accennato le varietà a se-mina più rada, nonostante il maggiore acce-stimento, non sono riuscite a compensare l’elevato numero di spighe presenti nelle par-celle seminate a densità più elevate. Infatti le densità di 100 e 600 semi/m2 hanno fatto registrare rispettivamente 368 e 569 spighe/m2 con circa 200 spighe di differenza fra le due condizioni estreme. Questo dato potreb-be già significare una minore produzione per le densità più rade. In realtà così non è stato in quanto la produzione finale dipende oltre che dal numero di spighe anche dal numero di semi per spiga e dal loro peso.

- Per quanto riguarda i principali parame-tri della produzione, i risultati sono stati in linea con quelli ottenuti in passato. Sia il peso ettolitrico che la resa in granella sono risultati ottimali alle densità di semina più ridotte. In particolare per quanto riguarda il peso ettolitrico i valori registrati, peraltro molto buoni, hanno avuto una variazione da 83 (100 semi/m2) a 82,2 kg/hl (500 semi/m2) (fig. 5b). Anche la resa in granella pur con una certa variabilità dovuta essenzialmente al diverso comportamento varietale, ha evi-denziato una chiara tendenza alla diminu-zione all’aumentare della densità di semina (fig. 5c). Gli approfondimenti sull’influenza della densità di semina sulla produzione in granella sono riportati nei due box specifici allegati alla presente nota.

- Infine in figura 6 sono rappresentati gli ef-fetti sul tenore proteico e sulla quantità di proteine prodotte per ettaro. Relativamente al tenore in proteine la figura 6a conferma sostanzialmente ciò che è stato osservato in passato in sperimentazioni analoghe. Pian-te più spaziate confermano di poter assimi-lare meglio l’azoto dal terreno, la granella è meglio nutrita e la pianta riesce a sinte-tizzare più proteine. Ciò è evidente anche dalla figura 6b nella quale sono riportate le quantità di proteine per ettaro: i valori più elevati sono stati conseguiti sempre a den-sità più ridotte.

ConclusioniDall’analisi dei risultati della sperimenta-zione di campo sono emersi indubbiamente alcuni aspetti di assoluto interesse e in gra-do di giustificare l’interesse rivolto a questo tipo di esperienze che sono relativamente nuove per il frumento duro e per l’ambiente della Pianura Padana.Infatti la ricerca agronomica, in passato, ha proposto soluzioni a basse densità di inve-stimento in particolare per le aree dell’Italia centrale e meridionale, interessate maggior-mente da situazioni di deficit idrico durante il ciclo colturale e pertanto teoricamente maggiormente favorite da una minore com-petizione fra i soggetti per le ridotte risorse disponibili. Pensiamo sia possibile proporre un’ocula-ta riduzione delle dosi di semina anche per alcune aree del Nord come la Pianura Pa-dana. Dall’esperienza dell’annata, possiamo ricavare le seguenti indicazioni.• In termini di qualità dell’habitus della

pianta di frumento, con una densità di se-mina più equilibrata, miglioriamo l’attività fotosintetica dell’apparato fogliare senza compromettere la quantità totale di bio-massa prodotta.

• Densità elevate per contro caratterizzano le colture con ingiallimenti diffusi che talvolta possono richiamare dosi eccessive di azoto.

• Dal punto di vista qualitativo una semina più equilibrata favorisce un miglior teno-re proteico della granella e pesi ettolitrici comunque elevati.

• Dal punto di vista operativo è opportuno orientarsi verso densità in grado di valo-rizzare maggiormente i potenziali delle varietà seminate. Nel conseguire ciò oc-corre comunque tener presente che non tutte le varietà beneficiano allo stesso modo di una riduzione di investimento.

• Nel decidere la quantità di seme da distri-buire per ettaro, al fine di fissare un’in-vestimento equilibrato della coltura, oc-corre tenere presente tutte le condizioni

ambientali e saper valutare le eventuali perdite durante la fase di emergenza.

• Le popolazioni ridotte sembrano essere più avvantaggiate in condizioni di eccesso di azoto, infatti sia la produttività che la stabilità delle piante sono risultate supe-riori con investimenti equilibrati rispetto a colture con una fittezza eccessiva.

• Una razionalizzazione delle quantità di seme impiegata per ettaro può consentire alcune economie all’interno dei costi di produzione.

• Nell’attuare una densità di semina più ri-dotta occorre fare maggiore attenzione alla gestione delle malerbe, cercando le so-luzioni più efficaci e la massima tempesti-vità nelle applicazioni di post-emergenza.

y = -0,0018x + 15,034R2 = 0,88

13,0

13,5

14,0

14,5

15,0

15,5

16,0

0 100 200 300 400 500 600 700

Prot

eine

% S

S

y = -0,0003x + 1,0808R2 = 0,9852

0,80

0,85

0,90

0,95

1,00

1,05

1,10

1,15

1,20

0 100 200 300 400 500 600 700

Res

apr

otei

ne13

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(t/ha

)

Densità di semina(semi/m2)

6b

6a