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FILOSOFIA E SOCIOLOGIA

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FILOSOFIA E SOCIOLOGIA

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Direttori

� Alessandro ArgiroffiUniversità degli Studi di Palermo

Antonio La SpinaLuiss Guido Carli di Roma

Fabio Massimo Lo VerdeUniversità degli Studi di Palermo

Luisa Avitabile“Sapienza” Università di Roma

Comitato scientifico

Luigi AlfieriUniversità degli Studi di Urbino “Carlo Bo”

Francesco CavallaUniversità degli Studi di Padova

Vincenzo FerrariUniversità degli Studi di Milano

Pio Marconi“Sapienza” Università di Roma

Eberhard SchockenhoffAlbert–Ludwigs UniversitätFriburgo in Bresgovia

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FILOSOFIA E SOCIOLOGIA

I punti di contatto, così come quelli di possibile differenza (e quindi di confronto, a partiredei rispettivi statuti disciplinari) tra filosofia e scienze sociali sono moltissimi. La filosofiaanalitica e la filosofia del linguaggio lavorano sui concetti, cosa che anche lo scienziatosociale dovrebbe sempre fare, definendo o ridefinendo i concetti che usa, anche quando eproprio quando questi vengono usati dal senso comune. L’epistemologia ha vaste aree disovrapposizione con le scienze sociali empiriche: il criterio di demarcazione tra scienzae non scienza, le condizioni di accettabilità delle proposizioni scientifiche, in genere icontributi di Popper, Lakatos, Hempel e di tanti altri filosofi della scienza sono essenzialiper lo scienziato sociale così come per quello naturale. La filosofia politica e la teoriapolitica hanno a loro volta aree di contatto o intersezione con la scienza politica, così comela filosofia del diritto e la teoria generale del diritto con la sociologia giuridica.

In tutti i campi suddetti l’interazione tra filosofia e scienze sociali potrebbe e do-vrebbe essere feconda e cooperativa, visti gli interessi comuni. Vi sono poi anche casi dicompetizione, così come casi di incomunicabilità.

Quanto a questi ultimi, ricercatori sociali senza spessore teorico e senza consapevolezzae rigore sul piano metodologico non saranno buoni interlocutori per il filosofo (né peraltri). Anche il filosofo corre dei rischi, di segno opposto. Una speculazione orientataprevalentemente alla metafisica, del tutto disancorata dalla vita concreta (e come taleincapace di offrire spunti per leggere le trasformazioni del contemporaneo), porta anch’essaall’incomunicabilità.

Vi può anche essere competizione. Sono fioriti, di recente, contributi a firma di filosofidedicati al telefonino, all’Ipad, all’Ikea e così via. D’altro canto, si hanno anche contributi distudiosi noti come sociologi, impegnati a interpretare la società contemporanea (modernao post-moderna che dir si voglia), che tuttavia sono sforniti di ipotesi controllabili e diun’appropriata considerazione di dati empirici. In casi del genere, il sociologo diventa ineffetti un filosofo della società, mentre il filosofo pretende di essere un osservatore delletrasformazioni della vita sociale. In entrambe le eventualità, i prodotti possono risultareinteressanti dal punto di vista dell’industria culturale, ma difficilmente avranno un altovalore nei rispettivi ambiti disciplinari.

Ecco dunque che sussistono tante ragioni, sia tradizionali sia recenti, in virtù delle qualifilosofia e sociologia si incontrano, dialogano, talvolta si scontrano, talvolta si contendonoargomenti e audiences. Ecco perché può essere utile e stimolante affrontare tali rapporti inquesta collana su Filosofia e Sociologia.

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Economia, organizzazioni criminalie corruzione

a cura di

Raimondo Ingrassia

Prefazione diAntonio La Spina

Contributi diRaimondo Ingrassia

Carlo AmentaPaolo Di Betta

Umberto Di MaggioCalogero Ferrara

Giovanni FrazzicaAntonio La Spina

Luciano LavecchiaFrancesco MontalbanoGiuseppe Notarstefano

Giuseppe RagusaVito Saluto

Fabrizio SimonCarlo Stagnaro

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Aracne editrice

[email protected]

Copyright © MMXVIIIGioacchino Onorati editore S.r.l. – unipersonale

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via Vittorio Veneto, Canterano (RM)

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I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: febbraio

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Indice

PrefazioneAntonio La Spina

Introduzione. Economia, organizzazioni e corruzione: unarelazione intensaRaimondo Ingrassia

La “società commerciale” e il tema della corruzione nel di-battito del XVIII secoloFabrizio Simon

La corruzione organizzata. Aspetti concettuali e sviluppi legi-slativiAntonio La Spina

Il sequestro delle imprese mafiose. Aspetti di efficacia edefficienzaCarlo Amenta, Luciano Lavecchia, Carlo Stagnaro

Il traffico dei migranti nel Mediterraneo. Il modello di busi-ness delle organizzazioni criminaliCarlo Amenta, Paolo Di Betta, Calogero “Gery” Ferrara

Trasparenza, whistleblowing e pubblica amministrazione.Elementi per una riflessioneGiovanni Frazzica

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Indice

L’analisi spaziale dell’illegalità. Fondamenti teorici ed eviden-ze empiricheGiuseppe Notarstefano, Francesco Montalbano, Vito Saluto

Ri–conoscere i beni confiscati. Un percorso tra partecipazione,condivisione e trasparenzaUmberto Di Maggio, Giuseppe Notarstefano, Giuseppe Ragusa

Formare alla denuncia pubblica degli abusi nei luoghi dilavoroRaimondo Ingrassia

Gli Autori

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Economia, organizzazioni criminali e corruzioneISBN 978-88-255-1101-7DOI 10.4399/97888255110171pag. 9–10 (febbraio 2018)

Prefazione

A L S∗

Come ci dicono i classici (a partire da Chester Barnard) un’organizza-zione è un sistema di incentivi. La storia ci insegna che il suo successonon dipende soltanto dall’ammontare di risorse di cui dispone, maanche dal modo in cui sono formulati, sono distribuiti e operano gliincentivi. Un’organizzazione ben “progettata” può essere uno stru-mento potente, capace di generare valore per i propri componenti.Una mal progettata, invece, dilapida e distrugge il valore.

Certe organizzazioni criminali inizialmente potrebbero non di-sporre di risorse proprie, ma piuttosto estrarle dalle loro vittime. Neltempo, ciò consentirà un’accumulazione e magari una diversificazionedegli investimenti. Oppure, l’insediamento in mercati che in un datotempo e luogo sono illegali (smuggling o trafficking di esseri umani,prostituzione, gioco d’azzardo, merci contraffatte, alcolici, tabacco,droghe ecc.) consente specifici e talora ingenti profitti.

Vi sono poi organizzazioni che, pur esistendo “in chiaro”, vale adire nella sfera ufficialmente legale, nondimeno si rendono responsa-bili di reati ambientali, operazioni finanziarie o fiscali spregiudicate,spoliazione dei lavoratori, manipolazione e inganno dei consumatori,illeciti societari, rapporti collaborativi con sodalizi di tipo mafioso(non solo e non tanto nel senso di cedere all’estorsione, bensì alloscopo di ottenere vantaggi innaturali a scapito dei propri concorrenti).

Talora non si tratta di deviazioni episodiche e idiosincratiche riferi-bili a singoli, bensì di un tratto costitutivo e caratterizzante di un certoagire organizzativo. Quanto alla corruzione, poi, vi sono organizza-

∗ Professore ordinario (raggruppamento SPS/) alla Luiss “Guido Carli” in Roma, do-ve è titolare di Analisi e valutazione delle politiche pubbliche (SPS/) e Sociology (SPS/),insegna anche Politiche sociali e del lavoro (SPS/) e dirige il master in Management epolitiche delle amministrazioni pubbliche.

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Prefazione

zioni che, stanti certe loro attività primarie (costruzioni, forniture dibeni e servizi, ecc.), se ne avvalgono, ma potrebbero esistere anchesenza. Ovvero organizzazioni che ne sono permeate, che su di essasi fondano, che verrebbero meno se venissero a mancare gli scambicorrotti.

È singolare che in parallelo con la diffusione ufficiale delle adesionial modello delle responsabilità sociale d’impresa (CSR), e delle relativecertificazioni, siano venuti pure sempre di più a galla (magari anchein ragione dell’accresciuta incisività delle attività investigative) casi dicorporate crimes, o comunque di atti delinquenziali commessi entro or-ganizzazioni. Vi sono forse organizzazioni che credono genuinamentealla CSR, e altre che l’hanno piuttosto introdotta a scopi cosmetici.

I capitoli di questo libro si soffermano su vari tipi di attività crimi-nali in cui la dimensione organizzativa è essenziale.

È possibile progettare le organizzazioni e gli incentivi interni edesterni — tanto nel settore pubblico quanto in quello privato — inmodo da renderle refrattarie o comunque allergiche alla corruzione,alla contiguità alle mafie e ad altre modalità criminali. Ad esempiopromuovendo la trasparenza, la presenza di valutatori, controllori,componenti indipendenti, l’apertura verso l’ambiente, il monitorag-gio dei processi e della performance, la ricettività, i campanelli diallarme e l’uso del fischietto. Sperando che poi l’ambiente sia sano edesprima verso l’organizzazione domande che la sfidino a migliorarsisul piano della qualità, della rispondenza ai portatori di interesse edell’etica.

Certe organizzazioni sono pericolose e fanno dell’illegalità il loropunto di forza. D’altro canto, possiamo avere organizzazioni ben con-gegnate e temperate (in base a una competente diagnosi circa processi,contesto, rischi), che non si fermino a una legalità esteriore e ipocri-ta, ma invece interiorizzino e pratichino efficacemente certi principi.Delle organizzazioni non si può fare a meno. Bisogna eliminare lemele marce, e regolare le altre in modo da impedire che il marcio vialligni.

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Economia, organizzazioni criminali e corruzioneISBN 978-88-255-1101-7DOI 10.4399/97888255110172pag. 11–22 (febbraio 2018)

Introduzione

Economia, organizzazioni e corruzione: una relazione intensa

R I∗

Introduzione al tema

La corruzione è un concetto polisemico che richiede uno studiomultidisciplinare su cui convergano scienze giuridiche, sociologiche,economiche, storiche, filosofiche e, perfino, aziendalistiche. Non esisteun’unica, completa e accettata definizione di corruzione per cui neproporremo una allo scopo di chiarire e circoscrivere il tema oggettodi comune interesse del presente volume.

La corruzione è un qualsiasi comportamento illecito, vizioso, arbi-trario di una persona o di una organizzazione di persone tendente aconseguire benefici individuali e collettivi. La corruzione è innanzitut-to un comportamento antimorale e solo di riflesso antigiuridico. Inquesto secondo caso il termine tende a includere fattispecie seman-tiche giuridicamente rilevanti come quelle di crimine, reato, delitto,attività illegale, abuso e simili. La distinzione tra corruzione e criminein senso stretto è labile e ambigua e solo a seguito di opzioni etiche epolitiche — culturalmente fondate — è possibile tracciarne con chia-rezza i confini. In determinate circostanze di tempo e di luogo è moltoprobabile che comportamenti discutibili sul piano etico finiscano conl’essere considerati anche crimini da una collettività (Ingrassia, ).

Scopo di questo libro è approfondire le relazioni che intercorronofra corruzione, economia e organizzazione. La tesi sostenuta è che tra

∗ Raimondo Ingrassia è professore associato di Organizzazione aziendale e gestionedelle risorse umane presso il Dipartimento di Scienze Economiche, Aziendali e Statisti-che dell’Università degli Studi di Palermo (e–mail: [email protected]). Svolgeattività di ricerca, formazione e consulenza per organismi pubblici e privati.

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Introduzione

il fenomeno della corruzione e i fenomeni economici e organizzativivi siano intense relazioni. La corruzione infatti trova nell’interesseeconomico una forte spinta motivazionale delle persone e nelle orga-nizzazioni produttive di beni e servizi un luogo entro cui crescere erealizzarsi. L’economia è una scienza e una pratica che osserva il com-portamento umano di fronte alla scarsità e la corruzione è assai spessola strada più redditizia per procurarsi risorse scarse (profitti, beni,carriere, favori, ecc.). Nella società contemporanea le organizzazionicostituiscono il luogo nel quale moltissimi comportamenti umani sirealizzano. Søreide () definisce la corruzione come il modo incui gli individui, ai quali è attribuita l’autorità di adottare decisioni innome di un’organizzazione, abusano della loro posizione per ottenereun vantaggio personale. Sarebbe, pertanto, il potere posizionale dellepersone all’interno di una organizzazione a permettere agli individuidi perpetrare abusi di ogni genere.

Gli studi sulla criminalità dei colletti bianchi sono particolarmenteindicativi al riguardo. Il sociologo Edwin H. Sutherland (, )parla di corruzione delle élite, cioè di abusi commessi da personebenestanti, rispettabili e di elevato ceto sociale che ricoprono posizionidi responsabilità in organizzazioni pubbliche e private (limitazionedella concorrenza, sfruttamento dei lavoratori, frodi nella produzionedi beni e servizi, ecc.).

Il filosofo del diritto Stuart P. Green () riconduce la criminalitàdei colletti bianchi a comportamenti furbeschi e ingannevoli volti atrasgredire (cheating) regole di cooperazione sociale. Molti di questicomportamenti sono commessi da soggetti impegnati in attività eco-nomiche organizzate — osserva l’autore — come l’evasione fiscale, lafrode in danno ai creditori, l’insider trading, la sicurezza dei prodotti edei luoghi di lavoro.

Marshall Clinard e Richard Quinney () — due sociologi crimi-nologi statunitensi — osservano forme di criminalità che traggonola loro forza dai luoghi di lavoro: si tratta dei c.d. corporate crime eoccupational crime. I primi riguardano atti corruttivi perpetrati dallepersone giuridiche e dai funzionari che le amministrano nell’interessedi queste. I secondi sono commessi da qualunque soggetto che svolgeun’occupazione lavorativa nel proprio interesse. L’essenza di questiabusi è che essi vengono consumati nell’abituale esercizio di funzioniistituzionali, manageriali e perfino esecutive.

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Introduzione

L’economia come scienza e pratica del comportamento umano difronte alla scarsità sembra spingere le persone ad abusi di ogni genere.Lo studio del sociologo Ruggiero () sui crimini dell’economia met-te in luce come il pensiero economico sia (spesso inconsapevolmente)causa di idee e comportamenti discutibili sul piano etico creandole premesse per imprevedibili derive corruttive di uomini e organiz-zazioni. Il mercatilismo del XVII secolo fu una sorta di lubrificanteideologico delle grandi compagnie d’oltreoceano (e dei loro profitti)volto a rendere accettabili i monopoli privati e il colonialismo. AdamSmith difese strenuamente la libertà d’impresa affermando che l’inte-resse individuale produce sempre bene pubblico. Ma sappiamo chequesto principio si è dimostrato falso alla prova dei fatti e che le im-prese tendono a creare protezionismi e forme limitate di concorrenza(cartelli, oligopoli, duopoli ecc.) e a usare lo Stato e le sue risorse aproprio vantaggio. David Ricardo sostenne che i salari sono il prez-zo necessario che gli imprenditori devono pagare per garantire lasussistenza e la perpetuazione della forza lavoro senza incrementi odecurtazioni. Un assunto che si ripropone con drammatica attualitànel mercato del lavoro contemporaneo. Il socialismo finanziario diJohn Maynard Keynes, nobile nelle sue intenzioni, diventa inefficacequando viene realizzato da funzionari corrotti e politiche inefficien-ti che non fanno altro che alimentare il comportamento collusivoo predatorio di imprenditori che tendono ad appropriarsi di risorsepubbliche malversate ai fini di un arricchimento personale o dell’or-ganizzazione che dirigono. E così via — prosegue l’autore — in unacolta disamina di ciò che Merton avrebbe chiamato “le conseguenzeinattese dell’economia”.

Il rapporto fra corruzione ed economia è particolarmente evidentequando lo si osserva lungo il crinale delle relazioni fra economia lega-le ed economia criminale. Vastissimi studi hanno ormai dimostratoquanto la corruzione produca esternalità negative sul piano economi-co e sociale. Distorsioni e sprechi nei processi decisionali pubblicicon nefasti impatti sull’uso delle risorse e sui servizi alla collettività.Disincentivi agli investimenti diretti esteri dovuti allo scarso appealche esercitano territori corrotti e in preda alla criminalità organizzata.Distorsione della concorrenza con gravissime ripercussioni negativesul libero mercato, sull’innovazione e sulla gestione delle impresesane, spiazzate dal vantaggio competitivo delle imprese corrotte. In-

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Introduzione

centivi alla migrazione di risorse umane qualificate che non trovanonei territori corrotti spazi di espressione delle loro potenzialità. Tuttiesempi dei gravi danni che la corruzione arreca alla società.

I contributi

Il libro dunque si colloca nel solco profondo delle relazioni che in-tercorrono fra economia, organizzazione e corruzione. I contenutiproposti intendono costituire un contributo in questa direzione. Ilavori presentati sono complessivamente nove, compresa la presenteintroduzione. A riprova della multidimensionalità del fenomeno dellacorruzione e della polisemia del concetto cui facevamo riferimento,gli autori dei saggi hanno una estrazione scientifico–culturale assaidiversa. Antonio La Spina e Giovanni Frazzica sono due sociologicon particolare interesse ai temi del diritto, delle politiche pubbliche edella devianza. Fabrizio Simon è uno storico del pensiero economico.Giuseppe Notarstefano, Francesco Montalbano e Vito Saluto sono sta-tistici economici. Umberto Di Maggio è un sociologo dell’AssociazioneLibera. Giuseppe Ragusa è un esperto di Open Data. Paolo Di Bet-ta, Carlo Amenta e Raimondo Ingrassia sono aziendalisti. LucianoLavecchia è economista dell’Istituto Bruno Leoni e della Banca d’Ita-lia. Carlo Stagnaro è economista dell’Istituto Bruno Leoni. Calogero“Gery” Ferrara è Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tri-bunale di Palermo e della Direzione Distrettuale Antimafia. Nellepagine che seguono vengono presentati i contenuti dei loro contributi.

I singoli contributi

Il saggio di Fabrizio Simon — La società commerciale e il tema dellacorruzione nel dibattito del XVIII secolo — ci ricorda come il concettodi corruzione non sia stato costante nel corso del tempo. Il pensierorepubblicano dell’antichità e della prima modernità (le virtù dellaciviltà romana, Mandeville, Macchiavelli, Constant) interpretavanola corruzione come una degenerazione della moralità pubblica dallaquale discendevano poi specifici atti illeciti individuali. Tale visionetotalizzante delle virtù della persona ha dovuto cedere il posto, conlo sviluppo del razionalismo e dell’illuminismo del XVII e del XVIII

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Introduzione

secolo e il progressivo affermarsi delle istituzioni nella società, alleresponsabilità istituzionali dell’individuo e al ruolo della regolazionesociale. Sul piano individuale l’idea moderna di corruzione — osserval’autore — attira l’attenzione sugli specifici comportamenti deviantiche coinvolgono i soggetti titolari di un ruolo pubblico nell’eserciziodel loro ufficio. Sul piano della regolazione sociale l’idea illuminista erazionalista enfatizza il ruolo delle norme nel disincentivare i compor-tamenti devianti e nel favorire i comportamenti cooperativi (Corti,Tribunali, legislazione pubblica, regolazione interna delle istituzioni,ecc.).

Adam Smith si fa il maggiore interprete dell’analisi individualisticadella corruzione sostenendo che i fenomeni corruttivi sono atti checondizionano e limitano la libertà altrui finendo per ridimensionarel’indipendenza del singolo e inquinare le libere relazioni di mercato. Èciò che hanno fatto — secondo l’economista scozzese — i mercantie i primi manifatturieri del XVII e del XVIII secolo con la tendenzaalla creazione dei monopoli e alla formazione di leggi a loro favore-voli. É nelle classi dirigenti che si annida la maggiore propensionealla corruzione, che si attenua fino a scomparire nei ceti intermedi, iquali — privi di mezzi per influenzare l’ordinamento legale — vivonodi commercio tra eguali e di mutuo rispetto. Una intuizione, quelladi Smith, che ha avuto la sua clamorosa realizzazione nella contem-poraneità dove sono gli abusi dei colletti bianchi e la criminalità deipotenti, grazie anche al controllo delle organizzazioni economiche eamministrative che dirigono, a determinare gli accadimenti e il corsodegli eventi corruttivi.

Sono invece i due illuministi italiani Cesare Beccaria e GaetanoFilangieri a farsi interpreti dell’analisi istituzionalistica della corru-zione. Il primo sostiene la necessità di regolare l’economia e le suedegenerazioni mediante un comando legislativo applicabile senza in-termediazioni, così da realizzare, da un lato, l’ideale di uguaglianza ditutti gli uomini davanti alla legge e minimizzare, dall’altro, l’influenzaperversa dei magistrati nell’amministrazione della giustizia, patologiatipica degli ordinamenti giuridici dell’antichità. Il secondo affermache la legislazione razionale è capace di creare le condizioni per disin-centivare la corruzione nella sfera pubblica in quanto le buone normeindurrebbero nell’uomo passioni conducenti, cioè stimoli a interagirevirtuosamente con gli altri, ma anche a frenare, l’unica vera passione

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Introduzione

naturale dell’uomo: l’amor verso sé stessi. Una dialettica tra individuie istituzioni sulla quale vale la pena di riflettere.

Il saggio di Antonio La Spina — La corruzione organizzata: aspetticoncettuali e sviluppi legislativi — affronta un tema di crescente in-teresse per tutti coloro che si occupano di politiche di prevenzionee contrasto della corruzione (magistrature, forze di polizia, policymaker, studiosi). Si tratta dell’emergente fenomeno della corruzioneesercitata in forma organizzata, cioè negli aspetti tipici delle entità so-ciali che perseguono scopi predeterminati attraverso forme razionalidi divisione e coordinamento del lavoro umano. Dopo avere delineatoun quadro dei possibili tipi di corruzione (grande e piccola corruzione,corruzione attiva e passiva, corruzione burocratica, politica e legisla-tiva, corruzione endemica, sistemica e isolata), l’Autore si soffermasulla nozione di corruzione organizzata. Partendo dalla considerazioneche la corruzione (e non solo nel nostro paese) opera sempre di piùnelle organizzazioni e per mezzo di organizzazioni (Perrow, ), LaSpina circoscrive e differenzia il costrutto della corruzione organizzatada quello più conosciuto e codificato di criminalità organizzata (perintenderci, le associazioni di tipo mafioso ex art. –bis del c.p. ita-liano). Mentre le organizzazioni criminali presuppongono forme piùstabili di adesione e partecipazione dei membri che ne fanno parte,le organizzazioni corruttive darebbero minori certezze in ordine alleloro regole di funzionamento interno (gerarchie variabili , territorioperativi meno delineati, distribuzione più flessibile delle attività, ecc.),per cui l’esistenza di una organizzazione corruttiva sarebbe dimostra-bile solo attraverso la valutazione di specifiche condotte concludentitenute dagli associati. L’Autore mette in guardia dal fatto che le formeorganizzative possibili della corruzione sono più fluide e variegate diquelle della criminalità organizzata. Esistono — sostiene l’autore —forme di governo della corruzione forti e deboli che richiedono unaricognizione alquanto esigente degli addetti ai lavori e probabilmente— sostiene chi scrive — una capacità di analisi e interpretazione deifenomeni organizzativi più esperta.

Il saggio di Carlo Amenta, Luciano Lavecchia e Carlo Stagnaro— Il sequestro delle imprese mafiose: aspetti di efficacia ed efficienza — sioccupa dei problemi di gestione delle imprese mafiose sottoposte asequestro fornendo alcune indicazioni ai policy maker e agli ammi-nistratori giudiziari su come: a) discriminare le imprese sane dalle

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Introduzione

imprese che godono di un vantaggio competitivo mafioso e b) sal-vaguardare i livelli occupazionali delle imprese in amministrazionegiudiziaria. Le argomentazioni di specifico interesse per le finalità diquesto scritto non risiedono tanto nelle questioni relative alle politichedi gestione dell’impresa mafiosa sottoposta a sequestro quanto nelleriflessioni sull’impatto che essa determina sul regolare funzionamentodel mercato. Gli autori si soffermano a lungo sulle esternalità negativedell’impresa di origine criminale. Essi mostrano come il fenomenocorruttivo sia spesso legato alla presenza di una economia criminale(Galullo, ). Uno dei canali attraverso i quali le imprese mafiosepossono appropriarsi di rendite di mercato è il rapporto patologicoche intrattengono con i decisori pubblici sia politici che burocratici.Per effetto di questo rapporto i decisori pubblici tendono a distorcerei processi decisionali, perché collusi, complici o semplicemente intimi-diti dall’imprenditore mafioso, con disastrose ricadute sull’efficienzae sulla qualità dell’azione amministrativa. Ma il fenomeno corruttivonon è solo il frutto del rapporto fra impresa mafiosa e amministrazio-ni pubbliche. Le imprese di origine criminale godono di un vantaggiocompetitivo anche nei rapporti con l’economia privata grazie a un usomanageriale del metodo mafioso che si esprime, come sappiamo, conl’esercizio razionale dell’intimidazione e della violenza. Oltre ad avereun accesso privilegiato alla spesa pubblica, che in molti casi costituisceuna quota di mercato di grande importanza nelle economie menosviluppate del paese, l’impresa mafiosa è dotata di una forza persuasivache le conferisce vantaggi competitivi di vario tipo quali un più facileaccesso al credito, più convenienti rapporti con i fornitori (puntualitànelle consegne ed economicità delle forniture), rapporti di lavorobasati sullo sfruttamento e sulla sotto remunerazione delle risorseumane, scarso rispetto delle regole di tutela ambientale e così via. Inaltri termini, l’assetto organizzativo dell’impresa di origine mafiosasembra contenere in sé le capacità di irradiare il fenomeno corruttivoall’economia nel suo complesso. Un pericolo da cui difendersi.

Il saggio di Carlo Amenta, Paolo di Betta e Calogero Gery Ferrara— Il traffico dei migranti nel mediterraneo: il modello di business delle or-ganizzazioni criminali — è un esempio di come il business criminalepossa essere analizzato e interpretato con chiavi di lettura scientifi-che prese a prestito dagli studi di management e di organizzazioneaziendale. Da anni ormai il fenomeno del traffico degli esseri uma-

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Introduzione

ni caratterizza i flussi migratori della sponda sud del Mediterraneo,dall’Africa all’Europa. Il business dell’emigrante è concepito, orga-nizzato e realizzato da organizzazioni criminali che, approfittandodei bisogni forti dei migranti e del disordine che governa molti paesiafricani di origine o di transito di questi traffici, si comportano inmodo estremamente razionale emulando — notano gli autori — mo-delli organizzativi propri del mondo degli affari legali. Le chiavi dilettura utilizzate sono quelle di una importante prospettiva di analisiorganizzativa denominata resource based view secondo la quale le or-ganizzazioni fondano la loro capacità di generare valore economicosulla base delle competenze, delle risorse e delle abilità specifiche cheposseggono, rare e difficilmente imitabili dai concorrenti. Applicandoquesto approccio al business criminale gli autori intraprendono unastrada che può portare gli addetti ai lavori (inquirenti, forze di polizia,studiosi) ad avere un quadro conoscitivo e predittivo del fenomenoutile alla formulazione e all’attuazione delle politiche di prevenzionee contrasto del traffico dei migranti nel Mediterraneo.

Il saggio di Giovanni Frazzica — Trasparenza, whistleblowing e pub-blica amministrazione: elementi per una riflessione — affronta un temadi grande attualità nel quadro delle politiche di prevenzione e con-trasto della corruzione: quello della denuncia pubblica degli abusinei luoghi di lavoro. Le pratiche di denuncia, nate e realizzate condiscreti successi nel mondo anglosassone, sono conosciute in queicontesti culturali con il termine di whistleblowing (WB). L’autore offreapprofonditi spunti di riflessione su alcune questioni legate al WB, trale quali la dimensione personale e culturale del fenomeno, la disciplinapositiva della denuncia (solo di recente è entrata nel nostro ordina-mento giuridico dopo un periodo di dibattito pubblico caratterizzatoda stigmatizzazioni e resistenze da parte della sfera politica), i dati e leposizioni assunti di recente dall’ANAC, i problemi di incentivazionedegli atti di denuncia, la nuova legge promulgata in corso di stampa diquesto volume.

Il tema è controverso ma anche rilevante per le politiche di preven-zione e contrasto della corruzione. I fenomeni corruttivi si concepi-scono e si realizzano, oggi più di ieri, nelle organizzazioni produttivedi beni e servizi. Il potenziale di offensività per la società e per il buonfunzionamento delle stesse organizzazioni è elevatissimo, come ciricordano i tanti scandali che hanno travolto la vita di organizzazioni

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Introduzione

pubbliche e private relativi alla insicurezza dei prodotti, alla tutela delrisparmio, alla inefficienza della spesa pubblica, alla qualità dell’azioneamministrativa, alle relazioni di lavoro (Ingrassia, ). Frazzica offremolti spunti di riflessione nel suo saggio. Quello al quale sembratenere di più, e non senza buone ragioni, è il problema della incentiva-zione economica della denuncia. L’esperienza statunitense su questopunto è paradigmatica in quanto mostra l’esistenza di luci e ombrenei sistemi di premialità di chi — è doveroso ricordarlo — rischiadi compromettere la propria vita professionale (e volte la sua interaesistenza), denunciando gli abusi perpetrati nel proprio ambiente dilavoro. Ciò che bisognerebbe comprendere bene prima di intrapren-dere programmi di incentivazione è quale genere di motivazioni siintendono gratificare e con quali rigorose procedure. I policy makersono avvertiti.

Il lavoro di Giuseppe Notarstefano, Francesco Montalbano e VitoSaluto — L’analisi spaziale dell’illegalità: fondamenti teorici ed evidenzeempiriche — è un contributo metodologico allo studio della illegalitàcon particolare riferimento alla sua distribuzione territoriale. L’analisispaziale costituisce un prezioso alleato per l’analisi dei fenomeni so-ciali consentendo di formulare ipotesi sulla distribuzione territorialee sulla localizzazione atipica della illegalità, nonché di verificare lapresenza di raggruppamenti di località con comportamenti analoghie, quindi, di suggerire l’esistenza di modelli di comportamento omo-genei su base geografica. Gli autori applicano l’analisi spaziale a duecasi: il rapporto fra criminalità e sviluppo economico di un territorioe il gioco d’azzardo legale e illegale. Nel primo caso i risultati empiricimostrano che le organizzazioni criminali operano in maniera diversanel territorio italiano, attraverso traffici illeciti nell’Italia settentrionalee attività di controllo del territorio nel Mezzogiorno. Sono quest’ul-time quelle più dannose per lo sviluppo economico perché erodonola ricchezza e non permettono la messa in moto di quei circoli vir-tuosi necessari alla crescita economica di un territorio. Nel secondocaso, partendo dalla distinzione fra gioco d’azzardo legale e illega-le, gli autori mostrano come il gioco illegale tenda a compenetrarsinel primo attraverso forme di reinvestimento di proventi illeciti chedanneggiano gli operatori autorizzati che agiscono legalmente. I datimostrano che le regioni settentrionali hanno volumi di gioco legaleelevati, a differenza di quelle meridionali dove essi sono piuttosto

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bassi. Il gioco d’azzardo illegale al contrario sembra avere maggioreespansione nelle regioni meridionali del paese laddove la criminalitàorganizzata utilizza questo canale di affari per controllare il territorioe riciclare in attività illecite denaro proveniente da altre attività illecite.

Il secondo lavoro di Giuseppe Notarstefano, scritto questa voltacon Umberto Di Maggio e Giuseppe Ragusa — Ri–conoscere i beniconfiscati: un percorso tra partecipazione, condivisione e trasparenza —è un contributo al tema delle relazioni che intercorrono fra econo-mia legale ed economia criminale. La restituzione di beni di originecriminale alle comunità sane della società attraverso la reimmissionedi immobili e di aziende nel circuito virtuoso del valore è un modo,forse l’unico modo, per realizzare politiche di prevenzione e contrastodella criminalità e della corruzione. Il recupero alla società dei beni diorigine criminale infatti ha un valore altamente simbolico sia per i cit-tadini, che finirebbero per riacquistare fiducia nelle capacità dello Statodi contrastare grandi e piccoli fenomeni criminali, sia per le stesseconsorterie criminose, che percepirebbero l’aleatorietà di ciò che esseritengono un loro legittimo e intangibile diritto di beneficiare dellaricchezza ottenuta tramite “onesto lavoro criminale”. Lo sviluppo diuna base informativa relativa ai beni confiscati, ampia, inclusiva didati e trasparente — come i due casi esaminati Confiscatibene.it eOpen Regio sembrano dimostrare — consentirebbe, da un lato, unrafforzamento delle capacità istituzionali di raccolta dei dati in unaprospettiva di informazione e accountability delle agenzie pubblichepreposte all’amministrazione di beni di origine criminale e, dall’altro,costituirebbe il presupposto per iniziative di monitoraggio e partecipa-zione attiva della società civile al tema della riutilizzazione sociale dibeni provenienti dall’economie e dalle culture devianti della società.

Il saggio di Raimondo Ingrassia — Formare alla denuncia degli abusinei luoghi di lavoro — va letto in modo coordinato con il saggio diGiovanni Frazzica, di cui in un certo senso ne costituisce la premessa.La denuncia pubblica degli abusi nei luoghi lavoro è una forma dicontrollo organizzativo dalla straordinaria forza di contrasto dellacorruzione per la qualità delle informazioni che è in grado di forniree per la capacità di contenere dall’interno gli abusi. Nel contributovengono presentati i fattori personali, organizzativi, giuridici, sociali,politici e culturali che influenzano le decisioni di denuncia nei luoghidi lavoro e alcune proposte legate alla realizzazione di un programma

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di formazione alla denuncia pubblica degli abusi. L’autore sostieneche la formazione su materie spinose come queste non dovrebbeproporsi di tradurre in azione un atto assolutamente straordinarioe indesiderabile nella vita di una organizzazione bensì limitarsi aformare coscienze e creare potenzialità nelle persone.

Conclusioni

Ogni fenomeno umano può essere compreso attraverso un procedi-mento di analisi e interpretazione dei fatti che è sempre il risultatodello schema mentale e del punto di vista dell’osservatore. A que-sta regola, comunemente accettata nelle scienze sociali, non fannoeccezione i saggi contenuti in questo libro. Essi sono il frutto dellaformazione, degli interessi culturali e del punto di vista degli auto-ri. Al curatore spetta il difficile compito di cogliere il denominatorecomune delle differenti prospettive proposte. I temi emergenti daltesto sono quelli della corruzione intesa come abuso dell’individuodel proprio potere istituzionale, della corruzione che si avvale, peressere realizzata, di forme, anche evolute, di organizzazione collettiva,delle capacità delle organizzazioni criminali c.d. devianti di inquinarel’economia e la società nelle quali operano (Salierno, ), della ne-cessità di tenere sotto controllo le organizzazioni c.d. normali, dallequali assai spesso nascono e si sviluppano i fenomeni corruttivi. Ildenominatore comune che ci sembra di potere osservare, al qualeabbiamo fatto riferimento nelle prime pagine di questa introduzione,è che le organizzazioni contemporanee stiano diventando il luogo socialeprivilegiato mediante il quale produrre corruzione. E ciò avviene per ilperseguimento di finalità più affaristico–lucrative fine a sé stesse chedi potere politico o di controllo sociale, come è avvenuto in passatonella storia dell’uomo. Per questo motivo le relazioni tra corruzione,economia e organizzazioni ci appaiono oggi più intense che mai.