Filosofia Napoli

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  • RIVISTA DI FILOSOFIA / vol. XCI, n. 3, dicembre 2000

    GIUSEPPE CANTILLO

    La cultura filosofica a Napoli

    1. Legemonia crociana: lultimo Croce

    Che il pensiero crociano nel suo irradiarsi dallEsteti-ca agli altri ambiti disciplinari della filosofia, della storiae della letteratura, fosse dominante in Italia e quindi an-che a Napoli nel corso degli anni 20 e 30 attestatoanche da parte di pensatori che non sono mai stati vici-ni a Croce e anzi lhanno sempre guardato con distacco,sia pur non privo di rispetto. il caso di Nicola Abba-gnano, che allinizio dei suoi Ricordi, l dove si riferisceal suo affacciarsi sulla ribalta filosofica italiana, descrivela monarchia crociana sullintero mondo degli studi,nei licei e nelle universit, e pi in generale tra gli in-tellettuali e i professionisti1. Ed il caso di Pietro Pio-vani che, in un saggio triestino del 1953 su La scuola diCroce, osserva che Croce non salito, materialmente,su una cattedra, perch la sua vocazione pedagogicanon poteva esser contenuta nellambito di unaula, maha svolto la sua funzione didattica presso tutti i cetidella nazione, in misura tale che almeno tre genera-zioni potrebbero spiegare perch non possano non dirsicrociane2.

    Daltronde, questa egemonia crociana si collegava aun lungo periodo in cui sul piano culturale Napoli, a

    1 Cfr. N. Abbagnano, Ricordi di un filosofo, a cura di M. Staglieno,Milano, Rizzoli, 1990, p. 9; ma si vedano in generale i capp. I-III.

    2 Cfr. P. Piovani, La Scuola di Croce, Pagine istriane, IV, 13, aprile1953, p. 103.

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    partire dallunit dItalia, aveva conosciuto un processodi rinnovamento tanto in ambito umanistico quantoscientifico, che rappresentava un livello di sviluppo cer-tamente al di sopra di quello che si verificava sul pianoeconomico-produttivo, sociale e politico-amministrativo,dove come ha osservato Giuseppe Galasso era man-cato nel processo di modernizzazione un momento auto-propulsivo. Cosicch nel corso del primo cinquantenniounitario la realt napoletana ha accentuato i suoi carat-teri fortemente contraddittori, di cui un elemento eraanche il ruolo di capitale intellettuale che ha avutospecialmente fino alla prima guerra mondiale3. Duranteil regime fascista, dal punto di vista economico comedal punto di vista dei ceti dirigenti, non vi furono so-stanziali mutamenti, mentre si consolidava il processo diautonomizzazione delle regioni meridionali dal predomi-nio napoletano. Il dominio intellettuale di Croce conti-nu a esercitarsi anche, e anzi ancor pi, dopo il 1omaggio 25, quando con la stesura della risposta almanifesto degli intellettuali fascisti, richiestagli da Gio-vanni Amendola4, egli prese ufficialmente posizione con-tro il regime e divenne il punto di riferimento della cul-tura antifascista, facendo sentire la sua testimonianzamorale e civile da una citt, le cui pi alte espressioniculturali avevano considerato la libert e la democraziacome elementi costitutivi del mondo moderno5.

    Tuttavia, a proposito della pretesa dittatura crocia-na, per quanto concerne gli studi filosofici, non va di-menticato il peso assunto dallattualismo, che si era radi-cato fortemente nelle universit attraverso loccupazione

    3 G. Galasso, Politica e societ, in Napoli lungo un secolo, a cura di F.Tessitore, Napoli-Milano, Editoriale Scientifica, 1992, p. 36. Per una rapidaricognizione della filosofia a Napoli dallunit dItalia agli anni 30 rinvio aG. Di Costanzo, La filosofia, in G. Galasso, Napoli, Roma-Bari, Laterza,1987, pp. 357-75.

    4 Cfr. F. Nicolini, Benedetto Croce, Torino, Utet, 1962, p. 353. SuCroce oppositore cfr. N. Bobbio, Profilo ideologico del Novecento italia-no, Torino, Einaudi, 1986, cap. XI.

    5 In questo senso cfr. G. Galasso, Politica e societ, cit., p. 49.

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    delle cattedre di discipline filosofiche da parte di studio-si e pensatori di formazione gentiliana. Di stretta prove-nienza crociana, nella filosofia propriamente detta come ha osservato Piovani a parte scolari minori, ilsolo nome dellAntoni pu farsi come quello di un in-terprete sensibile, sottile. Tutti gli altri, fra i pi emi-nenti, che hanno inteso linsegnamento crociano, lhannointeso accanto a quello di Gentile, che stato, a lungo,il loro vero punto di riferimento teoretico6.

    Questa relativa estraneit del crocianesimo al mondoaccademico dipendeva anche da una dichiarata ostilitverso luniversitarismo7, dallavversione verso la filoso-fia accademica divisa tra metafisica e positivismo, ed eraintimamente legata a un nuovo modo di concepire lacultura, il cui contenuto era stato definito da Croce nelprogramma de La Critica pubblicato nel 1902. Qui,dopo aver riconosciuto il valore del metodo storico e fi-lologico che si era affermato nella ricerca attraversoluniversit e le altre istituzioni scolastiche, veniva affer-mata fortemente lesigenza di promuovere un generalerisveglio dello spirito filosofico. E poich, hegeliana-mente, la filosofia non pu essere se non idealismo, sitrattava appunto di ritornare alla tradizione idealistica,ma ripensandola in una forma nuova. Un programma,che esprime quello che Garin ha individuato come ilnucleo centrale del pensiero crociano fin dagli inizi, valea dire unesigenza di valori ideali, ma sposata a una ri-gorosa fedelt allesperienza del reale concreto: [] untendersi fra il bisogno di capire il mondo, e lobbedien-za ad una legge che del mondo fa un campo di lottaper un miglioramento progressivo8: un tendersi cio trai distinti del sapere e del fare, del pensiero e dellazio-ne. Questo riferimento alluomo e al mondo umano, po-

    6 P. Piovani, La scuola di Croce, cit., p. 104.7 Comegli dice in Scienza e Universit, La Critica, IV, 1906, pp.

    319-21.8 E. Garin, Cronache di filosofia italiana (1900-1943), Bari, Laterza,

    1955, p. 210.

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    sto al centro del crocianesimo, influenzer, in modo di-retto o indiretto, tante diverse esperienze filosofiche e,pi in generale, teoriche, tra la seconda met degli anni30 e il secondo dopoguerra, innestandosi ora su prove-nienze attualistiche, ora su aperture a filosofie straniere,ovviamente anche per il sentimento della criticit e dellalibert, che lo sostanziava9. Attraverso le pagine de LaCritica e la pubblicazione di alcuni dei suoi libri filoso-ficamente pi rilevanti, quali La poesia del 36, La storiacome pensiero e come azione del 38 o la raccolta di sag-gi Il carattere della filosofia moderna del 41, il pensierodi Croce, pur nella crisi del sistema, continu a svolgereun ruolo importante nella cultura italiana fino agli anni50, e, pi di quanto non si percepisse immediatamente,a esprimere linquietudine del proprio tempo. Da questopunto di vista, tra gli scritti degli anni della guerra, varicordato specialmente il saggio Perch non possiamonon dirci cristiani, dove, in fedelt allinterpretazione he-geliana, lintero sviluppo della storia e del pensiero mo-derno viene interpretato come attuazione della rivolu-zione morale operata dal cristianesimo. Il dio cristiano scriveva Croce ancora il nostro, e le nostre affi-nate filosofie lo chiamano lo Spirito, che sempre ci su-pera e sempre noi stessi10. E, per quanto non si pos-sa certo vedere se il cristianesimo sia la religione as-soluta, come voleva Hegel, ben si vede che, nel no-stro presente, punto non siamo fuori dai termini postidal cristianesimo, e che noi, come i primi cristiani, citravagliamo pur sempre nel comporre i sempre rinascen-ti ed aspri e feroci contrasti tra immanenza e trascen-denza, tra la morale della coscienza e quella del coman-do e delle leggi, tra leticit e lutilit, tra la libert elautorit, tra il celeste e il terrestre che sono nelluomo[] E serbare e riaccendere e alimentare il sentimento

    9 Cfr. E. Garin, Cronache di filosofia italiana (1900-1943), cit., pp. 466-67.10 B. Croce, Perch non possiamo non dirci cristiani [1942], Bari, La-

    terza, 1944, p. 24.

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    cristiano il nostro sempre ricorrente bisogno, oggi piche non mai pungente e tormentoso, tra dolore e spe-ranza11.

    Questa coscienza della scissione, della contraddizione,del dolore, trova ancora nel 42 la fede nella conciliazio-ne e nel superamento di cui capace la logica della ra-gione, la logica concreta, divina e umana insieme, an-che se si ben lontani dalla fiduciosa certezza dellar-monia e della compiutezza del circolo delle distinte for-me dello spirito descritto nel sistema. Ora veniva in pri-mo piano loscillazione tra dolore e speranza, e lulti-mo Croce, che non a caso ripete il proprio confrontocon Hegel, riesce probabilmente a esprimere laspettopi profondo e originale del proprio pensiero: il caratte-re aperto della dialettica, la vivente, e perci mai com-piuta, unificazione di forma e vita, di pensiero e azione.Proprio la contrariet della vita assumeva, infatti, unruolo decisivo nel pensiero dellultimo Croce, che hascorto nella vitalit, ovvero nella parte oscura dellavita pratica, dove si accende la lotta tra passione e mo-ralit12, lorigine della dialettica. La determinazione del-la forma dellutile come forma del vitale, in quantomateria delle altre forme dello spirito13, sembrava ri-mettere in questione la concezione crociana del nessodei distinti. In particolare, la relazione tra la vitalit e lamoralit sembrava spezzare questo nesso e porsi nei ter-mini di una logica dellopposizione, dal momento che lapassione viene superata nella moralit14. Contro la vi-talit come negativit e come male la legge morale ri-fulge negli animi entrando in contrasto col libito indivi-duale, e crea veramente la vita umana15. La vitalit ap-

    11 B. Croce, Perch non possiamo non dirci cristiani, cit., pp. 23-24.12 B. Croce, Terze pagine sparse, Bari, Laterza, 1955, vol. I, p. 125.13 Cfr. B. Croce, Hegel e lorigine della dialettica, in Indagini su Hegel

    e schiarimenti filosofici, Bari, Laterza, 1952, pp. 35-36.14 B. Croce, Terze pagine sparse, cit., vol. I, p. 125.15 B. Croce, Hegel e lorigine della dialettica, in Indagini su Hegel e

    schiarimenti filosofici, 2a ed., Bari, Laterza 1967, p. 46 (corsivo mio).

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    pare quindi in contrasto con le altre forme spirituali chesono rivolte alluniversale (il bene, il bello, il vero), maquesto contrasto, che si esplicita nei confronti della mo-ralit e fa sentire i suoi effetti in tutte le altre formespirituali, si mostra anche come una relazione positiva eproduttiva. Ci che si chiama la forza della volont, ladisciplina che ne viene alla vita, pu servire da solo amostrare il retaggio che la cieca passionalit lascia innoi creando una forza per il bene, fornendo, essa che fuil male, i precedenti e gli strumenti del bene16. Con cilo storicismo assoluto riconosceva una sua fondamen-tale dimensione etica.

    2. Lo storicismo etico di Adolfo Omodeo e letnologiadi Ernesto De Martino

    A una concezione etica dello storicismo era pervenu-to anche Adolfo Omodeo, storico e filosofo insieme,formatosi alla scuola di Gentile e distaccatosi dallattua-lismo principalmente per motivi politici dopo il 1926.Avvicinatosi a Croce, a partire dal 29 Omodeo diventsuo preziosissimo collaboratore a La Critica e deline,attraverso i suoi studi storiografici e di metodologia del-la storia, una peculiare forma di storicismo che lo quali-fica come il pi significativo esponente della scuolacrociana. Il riferimento a Omodeo importante, per-ch gi dal 1923 egli era stato chiamato a insegnare Sto-ria del Cristianesimo allUniversit di Napoli, e soprat-tutto perch nel corso degli anni 30 linsegnamento diStoria della Chiesa da lui tenuto era uno degli insegna-menti caratterizzanti del corso di laurea in filosofia. Per

    16 B. Croce, La vita, la morte, il dovere, in Intorno alla dialettica[1952], ora in Indagini su Hegel e schiarimenti filosofici, 2a ed., cit., p. 50.Travalica lambito di queste brevi note una considerazione della complessaquestione del nesso vitalit-utilit e dellimpatto sul sistema e sul suo carat-tere di circolo. Per tutto questo rinvio al libro di G. Sasso, BenedettoCroce. La ricerca della dialettica, Napoli, Morano, 1975.

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    suo tramite la lezione crociana penetrata anche nelcampo pi strettamente filosofico della Facolt di Lette-re napoletana, malgrado in esso avesse un completo do-minio, gi prima degli anni 20 e fino agli inizi deglianni 50, un pensatore come Antonio Aliotta, fin dallasua formazione avverso al neo-idealismo. Soprattutto,linsegnamento di Omodeo signific la presenza di unorientamento nettamente liberale e antifascista.

    Di Omodeo, Croce ha messo in luce, nella comme-morazione pubblicata sui Quaderni della Critica nel1946, soprattutto il senso della concreta vita storica, chelo differenziava dagli altri seguaci dellidealismo attua-le17. E proprio questo senso della storia, ancor primadella profonda divergenza sul piano politico, alla radi-ce del suo distacco da Gentile. Esso significava infatti laconsapevolezza che Omodeo aveva ricavato dalle suericerche sul cristianesimo della centralit della coscien-za dellindividualit nellagire storico, di una coscienzache non tutta risolta o risolvibile in pensiero puro, maha anche come suo perenne momento una dimensionemitica e religiosa18. Nella sua prima riflessione metodo-logica, ancora allinterno della prospettiva attualistica,Omodeo aveva criticato loggettivismo e il contemplativi-smo storico, rivendicando laccentrarsi del mondo stori-co nellatto del pensiero e insieme il nesso del conosce-re col fare, che ha la sua misura proprio nella valutazio-ne del passato conosciuto. La storia non opera diipostasi o di spiriti dei tempi, ma di uomini chevanno compresi nella loro coscienza e nel loro concreto

    17 B. Croce, Adolfo Omodeo [1946], in LIstituto Italiano per gli StudiStorici nei suoi primi cinquantanni, 1946-1996, a cura di M. Herling, Na-poli, Istituto Italiano per gli Studi Storici, 1996, p. 197.

    18 Cfr. G. Galasso, Croce, Gramsci e altri storici, Milano, Il Saggiatore,1969, pp. 176-77. Di origini siciliane, Omodeo aveva conseguito la laurea aPalermo nel 1912 discutendo con Gentile una tesi su Ges e le origini delCristianesimo, che sar stampata nellanno successivo e costituir il primovolume della Storia delle origini cristiane (vanno ricordati i successivi volu-mi Paolo di Tarso apostolo delle genti del 22, Ges il Nazoreo del 27 e Lamistica giovannea del 1930).

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    agire e operare, nel loro vero lavoro, nelle vere ra-gioni che hanno in s e che ci spiegano la loro sto-ria19. Fin da allora, quindi, la riflessione sulla storia diOmodeo sembrava orientarsi verso una forma di storici-smo etico, cio uno storicismo che come Omodeo af-fermava nello scritto del 26 su Storicismo formalistico dovrebbe culminare nella visione duna libert respon-sabile che crea la nuova storia e con ci stesso segna illimite e ulteriormente definisce il valore della storia pas-sata20. Storia e ragione si alleano e, nella polemica nonsolo verso ogni forma di metafisica positivistica del fat-to, ma anche verso lattivismo e lirrazionalismo, lo stori-cismo di Omodeo recuperava il valore storico dei prin-cipi illuministici e razionalistici, negati solo nella loroastrattezza. Accanto al richiamo alla ragione ritornava,specialmente dopo il 2621, il tema dellindividualitcome fondamento dellesperienza storica, e la compren-sione storica appariva possibile solo nella vivente co-scienza degli individui. La conoscenza storica nonchiude la realt, ma al contrario allarga lorizzontedellazione e fa della realt conosciuta il campo di col-laudo della volont dellindividuo, della sua moralit22.Con ci Omodeo indicava chiaramente la via che valo-rizza nello storicismo crociano lindirizzo umanistico enon provvidenzialistico23.

    19 A. Omodeo, Res gestae e historia rerum, Annuario della Bibliotecafilosofica, III, 1913, 1-2, p. 11.

    20 A. Omodeo, Storicismo formalistico [1926], ora in Tradizioni moralie disciplina storica, Bari, Laterza, 1929, p. 250.

    21 Non mai come ai nostri giorni scriveva Omodeo nel 34 si sentito il problema dellindividualit (Storicismo e libert morale, in Per ladifesa della cultura, Napoli, Humus, 1944, p. 17).

    22 Cfr. A. Omodeo, Storicismo [1928], in Per la difesa della cultura,cit., pp. 11-12. Sul rapporto etica-storia ha richiamato lattenzione F. Tessi-tore in Comprensione storica e cultura, Napoli, Guida, 1979, p. 371.

    23 Sulle due possibili direzioni di sviluppo della concezione crocianadella storia si veda quanto scrive Arnaldo Momigliano in Storici e storia.Lo storicismo nel pensiero contemporaneo. Discussione, Rivista storica italia-na, LXXIII, 1961, p. 117.

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    Omodeo costitu un tramite importante tra il pensie-ro crociano e le nuove generazioni di studenti nel corsodegli anni 30 e nei primi anni 40. Proprio a lui tocclincarico di rettore nel periodo delloccupazione alleatae della ricostruzione della vita democratica, e a lui ledi-tore Gaetano Macchiaroli importante figura di intellet-tuale, fin dallottobre del 43 impegnato a rimettere inmovimento la cultura democratica affid la direzionedella rivista Acropoli. Tra gli studiosi vicini a Omo-deo24, Giovanni Pugliese Carratelli, in seguito ordinariodi Storia antica e insigne studioso della cultura classica,fonda nel 1946, assieme a Macchiardi, la rivista La pa-rola del passato, definita da Croce come una tra lepi pregevoli nate in Italia al finir della guerra. Vannoricordati inoltre Giuseppe Santonastaso, autore di saggisu Sorel, su Proudhon, sul pensiero politico da Lutero aSurez, che insegner Storia delle dottrine politiche aNapoli dal 67-68 al 74-75, ed Ernesto De Martino,che a Omodeo dedic il suo primo libro su Naturalismoe storicismo nelletnologia del 1941.

    Pur avvertendo che lattivit scientifica di De Martinosi svolse successivamente lontano da Napoli, appare op-portuno soffermarsi sia pur brevemente su di lui per larilevanza filosofica e il carattere innovativo delle sue ricer-che etno-storiche originariamente radicate nel terreno delcrocianesimo25. Allievo di Omodeo e frequentatore assi-duo di Palazzo Filomarino, De Martino assegnava allet-nologia il compito di provocare un allargamento dellanostra autocoscienza storica, una migliore determinazio-ne dellessere e del dover essere della nostra civilt26:

    24 Cfr. R. Franchini, La cultura a Napoli dal 1860 al 1960 e gli studi fi-losofici, in Il diritto alla filosofia, Napoli, S.E.N., 1982, p. 348.

    25 Cfr. in questo senso G. Galasso, Croce, Gramsci e altri storici, cit.,pp. 222-23. Sullo storicismo di De Martino e sul suo rapporto con lesi-stenzialismo, il marxismo, la psichiatria, la psicoanalisi da vedere lIntro-duzione di Clara Gallini allopera postuma di De Martino La fine del mon-do, Torino, Einaudi, 1977.

    26 E. De Martino, Naturalismo e storicismo nelletnologia, Bari, Laterza,1941, p. 10.

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    un compito tanto pi urgente osservava De Martino in quanto la civilt occidentale si trova in una gravissi-ma crisi e la comprensione di inquietanti, tragiche, espe-rienze contemporanee (come, ad esempio, [il] Gemtche stringe in unit sentimentale il suolo e la razza, larazza e il sangue) rinvia alla conoscenza del cosiddet-to mondo primitivo, di quel mondo che oggi pi chemai d segni di presenza27. Per affrontare questo com-pito, scientifico ed etico-politico insieme, non serve per scriveva De Martino nella Prefazione a Il mondo magi-co del 48 uno storicismo pigro, sermoneggiante,che immobilizza e ripete la sistemazione crociana, maoccorre invece uno storicismo eroico, consapevole delcompito inesauribile della ragione storica di risolu-zione spirituale della realt, di comprensione di ognialterit, di ogni datit e immediatezza, che di volta involta le si presenta28.

    Laver concepito il mondo magico anche comeunepoca storica29, anzi come quellepoca in cui si vienepreparando la storia la storia dellumanit europea ca-ratterizzata dalla presenza decisa e garantita statauna profonda intuizione di De Martino, anche se eglistesso lha poi attenuata, probabilmente sotto linfluenzadella polemica crociana. Se si riconosce al mondo magi-co il carattere della storicit, esso continua a vivere den-tro e a contatto con il mondo della ragione, e costitui-sce unepoca storica che non completamente tramon-tata. A seguito di questa convinzione letnologia storici-stica acquistava sempre pi la consapevolezza della dia-lettica magia-civilt30 e al tempo stesso preparava lo spo-

    27 Cfr. E. De Martino, Naturalismo e storicismo nelletnologia, cit., pp.12-13.

    28 E. De Martino, Il mondo magico, Torino, Boringhieri, 1973, pp. 13-14.

    29 Cfr. E. De Martino, Il mondo magico, cit., pp. 155-156, 191.30 Sulla problematica dellalternativa magia-civilt occidentale si ten-

    gano presenti le considerazioni di De Martino nella Prefazione a Sud e ma-gia, Milano, Feltrinelli, 1959, nellIntroduzione e nella Conclusione dellan-tologia Magia e civilt, Milano, Garzanti, 1962.

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    stamento delloggetto dalle culture primitive, dai po-poli extra-europei, alle sopravvivenze del mondo magiconel Mediterraneo, che sar il tema di Morte e pianto ri-tuale nel mondo antico. Linteresse per il mondo magiconel Mediterraneo, nel Sud dellItalia, in Sardegna, nonsi rivolge solo al mondo delle tradizioni popolari daconservare, registrare, catalogare in maniera museale,ma, applicando il canone crociano della contempora-neit, un interesse verso la nostra storia, un continuoriferirsi a noi stessi, alle radici della nostra storica esi-stenza, recuperando il possibile che non si realizza-to, ci che andato perduto e smarrito tradizioni po-polari rigettate, culture delle classi subalterne, culturesconfitte, testimoniate da relitti e sopravvivenze e studia-te in analogia a culture radicalmente altre. Per questavia lindagine etnologica rivolgeva la propria attenzionealle sopravvivenze religiose e magiche precristiane delSud, caratterizzanti le peculiari forme del cattolicesimomeridionale, contribuendo a porre in un quadro cultura-le molto pi articolato e complesso la questione meri-dionale31.

    Ma la condizione per tutto questo com detto inuna pagina introduttiva allantologia su Magia e civiltdel 62 restava per De Martino, in ci coerente allin-segnamento di Croce e Omodeo, la coscienza del pro-prio essere inseriti in una tradizione, in una civilt, cheha scelto la fedelt alla ragione e alla storia. Perciin virt di questa scelta, quando la ragione in nostropossesso appare troppo angusta davanti ai nuovi proble-mi della vita e della storia, siamo tenuti a scegliere con-sapevolmente una ragione pi ampia e pi umana, nonmai a ripudiare il tipo di fedelt nel quale siamo cultu-ralmente e storicamente inseriti32.

    31 Cfr. E. De Martino, La terra del rimorso, Milano, Il Saggiatore,1961, p. 24; si veda al riguardo G. Galasso, Croce, Gramsci e altri storici,cit., pp. 230-31, 251, 271.

    32 E. De Martino, Magia e civilt, cit., p. 9.

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    3. LIstituto Italiano per gli Studi storici

    La fedelt alla ragione e alla storia, pi precisamentealla storicit e alla libert come contrassegni dellacivilt e della cultura, era il compito che Croce avevaindicato a filosofi e storici nella sua relazione al VIICongresso internazionale di filosofia a Oxford il 3 set-tembre 1930, di fronte allantistoricismo che in varieforme sembrava dominare, nei popoli europei, la vitaintellettuale e artistica, morale e politica33. La cura del-la conoscenza storica, da intendere nella sua stretta con-nessione con la filosofia, port Croce a pensare, gi pri-ma dellavvento del regime fascista, alla creazione co-megli ricorda nel 1946 nella commemorazione di Omo-deo di un istituto di preparazione ed esercitazionealla storia. Lidea, ovviamente, era stata messa da partedurante il regime, ma allindomani della liberazione siravviv e Croce grazie alla collaborazione di espo-nenti del mondo finanziario come Raffaele Mattioli riusc anche a gettarne le fondazioni pratiche. Crocepensava di affidarne la direzione a Omodeo, allamicoe collaboratore di tanto pi giovane, che era a pieno ingrado di accogliere e fecondare quel disegno, avvici-nandosi, pi di altri, allideale di un pensiero in cui sicongiungessero storia e filosofia34. Dopo la morte im-provvisa di Omodeo, furono invitati da Croce e Mattioliprima Carlo Antoni, poi Arnaldo Momigliano e WalterMaturi, che, per varie ragioni non accettarono, e solonel 47 la questione trov soluzione con la nomina diFederico Chabod35. Cos il 16 febbraio del 1947 ebbeluogo linaugurazione dellIstituto italiano per gli Studistorici che ha costituito per Napoli un punto di riferi-mento importante anche per gli studi filosofici.

    33 Cfr. B. Croce, Antistoricismo [1930], in B. Croce, La mia filosofia, acura di G. Galasso, Milano, Adelphi, 1993, pp. 92-94.

    34 B. Croce, Adolfo Omodeo [1946], cit., p. 198.35 Cfr. G. Sasso, Sulla genesi dellIstituto. La ricerca del primo direttore, in

    LIstituto Italiano per gli Studi Storici nei suoi primi cinquantanni, cit., pp. 24 ss.

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    Nella Premessa allo Statuto, scritta nel febbraio 1946,Croce muoveva dalla constatazione che nelle facolt uni-versitarie, non solo italiane, la preparazione agli studistorici si fondava quasi esclusivamente sulle discipline fi-lologiche, mentre veniva affatto trascurato [] il rap-porto sostanziale della storia con le scienze filosofiche,della logica, delletica, del diritto, dellutile, della politi-ca, dellarte, della religione, le quali sole definiscono edimostrano quegli umani ideali e fini e valori, dei qualilo storico chiamato a intendere e narrare la storia; eparimenti veniva trascurata la metodologia storica,lIstorica, che nel degno senso datole dal Droysen pro-curava di soddisfare in certa misura lesigenza anzidet-ta36. Come chiariva Chabod, lIstituto doveva essereconsiderato come una scuola di perfezionamento de-stinata a un numero limitato di giovani, di cui intendevacompletare la preparazione metodologica sia attraver-so i corsi di lezioni sia, soprattutto, aiutandoli a com-piere le loro personali ricerche37. Larticolazione deicorsi doveva prevedere unalternanza fra corsi regolari,del direttore e dei professori dellIstituto, e cicli pibrevi di lezioni o conferenze di carattere straordina-rio, tenuti periodicamente da studiosi invitati. Nel perio-do della direzione di Chabod, i corsi regolari furono te-nuti, oltre che da lui, da Alfredo Parente, Giovanni Pu-gliese Carratelli, Vittorio De Caprariis. Inoltre, Crocestesso ebbe la consuetudine dal 47 al 50 di tenere con-versazioni ai borsisti, alcune volte con libero discorso,altre volte mettendole anticipatamente per iscritto38.

    36 B. Croce, Premessa allo Statuto dellIstituto Italiano di Studi Storici,in LIstituto Italiano per gli Studi Storici nei suoi primi cinquantanni, cit.,pp. 279-81; cfr. G. Pugliese Carratelli, I primi venti anni, in LIstituto Ita-liano per gli Studi Storici nei suoi primi cinquantanni, cit., p. 74.

    37 F. Chabod, lettera a Mattioli del 18 febbraio 1953, in appendice aG. Sasso, Sulla genesi dellIstituto, cit., pp. 65-66.

    38 Cfr. B. Croce, Storiografia e idealit morale, Bari, Laterza, 1950, p.3. Dieci lezioni sono state raccolte e ristampate a cura di G. Sasso nel vo-lume B. Croce, Dieci conversazioni con gli alunni dellIstituto Italiano pergli Studi Storici di Napoli, Bologna, il Mulino, 1993.

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    Tra gli allievi che da quel lontano 1946 hanno fre-quentato le sale di Palazzo Filomarino e la Biblioteca diCroce si trovano molti tra i pi autorevoli studiosi ita-liani di storia, di filosofia, di letteratura, di filologia, didiscipline artistiche e anche alcuni studiosi stranieri, so-prattutto nella prima cerchia degli allievi, dal primocorso provvisorio del 1946-47 e dal primo corso ufficia-le del 1947-48 fino alla morte di Chabod nel 60, chesembra costituire larco di tempo pi felice e produttivodellIstituto. Guardando alle pubblicazioni e alle attivitscientifiche e didattiche39, si pu condividere losserva-zione di Marta Herling secondo cui tra la fine deglianni 60 e gli anni 80 lIstituto ha attraversato una fasedi difficolt dipendenti sia da ragioni di ordine finanzia-rio e organizzativo, sia da ragioni attinenti al contestoculturale, che costringevano lIstituto in una posizionedi ripiegamento e di difesa40. Tuttavia, malgrado questedifficolt, linsegnamento offerto dallIstituto statosempre di alto livello. Vanno infine ricordati la collanain cui sono state pubblicate importanti monografie degliallievi dellIstituto, alcune delle quali sono diventate deipunti di riferimento classici nel loro ambito di studi, egli Annali in cui vengono raccolti saggi e ricerche dinuovi e antichi allievi.

    Tra i docenti dellIstituto abbiamo incontrato il nomedi Alfredo Parente che per molti anni tenne i corsi di fi-losofia per i borsisti ed stato fondatore e direttoredella Rivista di studi crociani. Critico musicale sullepagine di quotidiani napoletani, Parente si occupatosoprattutto di estetica, sviluppando la lezione crocianacon particolare riferimento al problema musicale e

    39 Cfr. LIstituto Italiano per gli Studi Storici nei suoi primi cin-quantanni, cit., pp. 315 ss.

    40 Cfr. M. Herling, LIstituto dal 1946 al 1995, in LIstituto Italianoper gli Studi Storici nei suoi primi cinquantanni, cit., pp. 121-22. Sulle ra-gioni delle difficolt attraversate dallIstituto si veda anche il discorso inau-gurale di Gennaro Sasso divenuto direttore dopo Pugliese Carratelli (Perlinaugurazione dellIstituto 1986-87, in LIstituto Italiano per gli Studi Stori-ci nei suoi primi cinquantanni, cit., p. 179).

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    allo studio del rapporto tra dialettica delle passioni ecreazione artistica41. Fuori delluniversit si svolta an-che la ricerca di Fausto Nicolini, legato fin dagli inizidel secolo da intima amicizia con Croce, al quale ha de-dicato negli anni 60 lutile bibliografia che Leditio nevarietur delle opere di Benedetto Croce e lampia e docu-mentata biografia, Benedetto Croce. Della sua operositstorico-erudita qui devono essere ricordati gli studi vi-chiani a cui egli si costantemente dedicato da quando,nel 1908, ricevette da Croce e Gentile lincarico di pre-parare la prima edizione critica commentata della Scien-za Nuova del 1744 nella collezione laterziana dei Clas-sici della filosofia moderna42.

    4. Il magistero di Antonio Aliotta

    Durante gli anni 30 il corso di laurea in filosofiapresso la Facolt di Lettere e filosofia prevedeva unbiennio comune con il corso di laurea in lettere checomprendeva dodici esami, tra cui due nellambito dellediscipline filosofiche o comunque caratterizzanti il bien-nio filosofico. Gli insegnamenti strettamente filosoficierano soltanto due: quello di Filosofia tenuto da Anto-nio Aliotta e quello di Storia della filosofia tenuto daAurelio Covotti, studioso del pensiero antico e in parti-colare dei presocratici; mentre la Pedagogia era insegna-ta da Guido Della Valle, che aveva interessi anche perla storia della filosofia e in particolare si occupava diLucrezio e dellepicureismo campano, e la Storia dellachiesa (diventata dal 36-37 Storia del cristianesimo) da

    41 Di A. Parente si vedano i volumi La musica e le arti, Bari, Laterza,1936; Castit della musica, Torino, Einaudi, 1962; la raccolta di saggi po-stuma Croce per lumi sparsi, Firenze, La Nuova Italia, 1975.

    42 Tra i numerosi lavori vichiani di F. Nicolini vanno segnalati La gio-vinezza di G.B. Vico (1935), la rielaborazione e lampliamento (oltre millepagine) della Bibliografia vichiana iniziata da Croce, pubblicata nel 1947-48, il rinnovato Commento alla Scienza Nuova del 1744 pubblicato nel 49-50 e soprattutto la raccolta di saggi La religiosit di G.B. Vico (1949).

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    Omodeo. Vi erano poi alcuni liberi docenti che svolge-vano programmi di Filosofia morale, di Filosofia teoreti-ca o di Filosofia, e tra questi troviamo Emilia Nobile,che ricoprir successivamente la cattedra di Filosofiamorale, e Nicola Abbagnano, certamente il pi impor-tante tra i numerosi allievi di Aliotta, che gi dal 1926insegnava al Magistero di Suor Orsola Benincasa. Dal36-37 i corsi di materie filosofiche si arricchivano congli incarichi di Storia della filosofia medievale a Ludovi-co De Simone, studioso del pensiero di Bonaventura eAnselmo, di Filosofia della religione a Emilia Nobile,che andava svolgendo una sua riflessione su una conce-zione dualistica della realt non priva di ispirazioni pro-testanti, di Storia della filosofia antica a Michele Federi-co Sciacca, allievo di Aliotta, e di Filosofia morale a Lo-renzo Giusso, autore di studi sullo storicismo tedesco,anchegli vicino ad Aliotta. Tra i liberi docenti troviamoun altro allievo di Aliotta, Cleto Carbonara, che neglianni 50 diventer lerede del dominio aliottiano.

    Negli anni della guerra, a partire dal 42, uscito discena Covotti, lunico ordinario di Filosofia restavaAliotta sulla cattedra di Filosofia teoretica, mentre lin-carico di Storia della filosofia veniva assunto da DellaValle43. De Simone conservava lincarico di Storia dellafilosofia medievale, mentre la Nobile assunse lincaricodi Filosofia morale: e luno e laltra terranno questi inse-gnamenti fino alla fine degli anni 50 . Intanto si eranovenuti costituendo i primi istituti e nel 1948-49 intornoalla cattedra di Aliotta troviamo non propriamente unistituto filosofico, ma un coordinamento del gruppo del-le materie filosofiche, di cui oltre al titolare della catte-

    43 Della Valle tenne lincarico fino al 1949 (quando fu chiamato a Na-poli Carbonara), svolgendo corsi di storia della filosofia antica, in cui unalezione settimanale era dedicata alla lettura e al commento sul testo grecodi un dialogo platonico. Sulla poliedrica figura di studioso impegnato an-che nella vita culturale e politica napoletana dellimmediato dopoguerra da vedere il volume collettivo Il pensiero e lopera di Guido della Valle, acura di C. Carbonara, Libreria scientifica editrice, Napoli, 1957.

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    dra facevano parte come assistente provvisorio per ilgruppo delle materie filosofiche Aldo Masullo e comeassistenti volontari Renato de Rosa, Raffaello Franchini eFederico Quercia. De Rosa, studioso anche di psicopa-tologia, era stato borsista a Heidelberg presso Jaspers,che lo aveva ospitato a casa sua, e nel 46 tradusse initaliano tempestivamente La colpa della Germania, men-tre nel 47 pubblic presso Einaudi una fortunata anto-logia di scritti jaspersiani intitolata La mia filosofia. Ma-sullo e Franchini, invece, avranno un ruolo significativonel mondo accademico filosofico e, pi in generale, nel-la vita culturale napoletana a partire dagli anni 60.

    Fino alla fine degli anni 40 il punto di riferimentodella cultura filosofica napoletana dentro luniversit rappresentato da Aliotta, e da lui dipesa in gran partela vita del corso di laurea in Filosofia. Del pensiero diAliotta, in questa sede, ci si deve limitare a qualchecenno, ricordando soprattutto le posizioni dellultimoperiodo. Malgrado le oscillazioni della personalit e del-lo stesso pensiero di Aliotta tra spiritualismo, reali-smo, relativismo denunciate con particolare crudezzada Garin nelle Cronache di filosofia italiana44, la ricercae linsegnamento di Aliotta hanno costituito, senza dub-bio, unalternativa rispetto allegemonia idealistica, ehanno consentito nella cultura filosofica napoletana, enon solo napoletana, lattenzione verso la scienza, chegli veniva dal suo maestro De Sarlo, cos come versocorrenti di pensiero, discipline, metodologie avversate ocomunque non prese in considerazione dallo storicismocrociano o dallattualismo gentiliano45. Proprio per que-sto Abbagnano, nella sua Storia della filosofia, ha potuto

    44 Cfr. E. Garin, Cronache di filosofia italiana (1900-1943), cit., pp.377-81, ma vedi anche p. 491.

    45 Cfr. in questo senso N. Abbagnano, Antonio Aliotta (1881-1964),Rivista di Filosofia, LV, 1964, pp. 447-48, e i saggi di Cesare Musatti,Nicola Petruzzellis e Paolo Filiasi Carcano nel volume Lo sperimentalismodi Antonio Aliotta, a cura di M.F. Sciacca, Napoli, Libreria scientifica edi-trice, 1951.

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    affermare che Aliotta stato, negli anni che vanno dal-la prima alla seconda guerra mondiale, il pi valido op-positore e critico del neohegelismo46.

    Ponendosi inizialmente dal punto di vista di uno spiri-tualismo monadologico e teistico (ne La reazione idealisti-ca contro la scienza del 1912) e poi dal punto di vista diuna concezione relazionistica della esperienza (in Relativi-smo e idealismo del 1922, e ne Lesperimento nella scien-za, nella filosofia e nella religione del 1936), Aliotta hacriticato tanto la risoluzione idealistica della realt nelpensiero, e delle coscienze singole nello spirito universale,quanto il rispecchiamento della realt nel pensiero del re-alismo tradizionale o il riduzionismo naturalistico a cuipu condurre il positivismo, pur accolto nel suo rilievometodologico. Come ha osservato uno dei discepoli piaperti al pensiero europeo, Paolo Filiasi Carcano, lo spe-rimentalismo dellAliotta vuol essere [] non una solu-zione metafisica, ma una descrizione non metafisica dellaconoscenza47. Con il suo sperimentalismo Aliotta mostra-va di avvertire le esigenze di rigore metodico avanzate daalcune delle pi significative correnti del pensiero con-temporaneo, dal pragmatismo alla fenomenologia al neo-positivismo. In particolare verso queste ultime due posi-zioni, che pur sottoponeva a critica, egli riconosceva, inun saggio del 41, lelemento comune della ricerca di unmetodo rigoroso. E quando, nel 1954, si confrontava dinuovo con il neopositivismo nel saggio Valori e limiti delpositivismo logico, non mancava di sottolineare limpor-tanza dellanalisi del linguaggio, che dallambito dellascienza deve estendersi anche alla riflessione filosofica,per fare emergere i postulati [] della nostra comuni-cazione sociale ed eliminare i falsi problemi48. Tuttavia

    46 N. Abbagnano, Storia della filosofia, Torino, U.T.E.T., 1951, vol. II/2, p. 529.

    47 P. Filiasi Carcano, Sopra laspetto metodologico della filosofia del-lAliotta, in Lo sperimentalismo di Antonio Aliotta, cit., p. 128.

    48 A. Aliotta, Il nuovo positivismo e lo sperimentalismo, Roma, Perrella,1954, pp. 250-51.

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    la filosofia non si riduceva per lui a chiarificazione oanalisi del linguaggio, ma aveva una dimensione propria,linterrogazione metafisica; perci bisognava liberare ilpositivismo logico dalla sua pregiudiziale antimetafisica,e per questo egli apprezzava particolarmente la posizio-ne di Filiasi Carcano. Ci che viene in primo piano nelconfronto con il neopositivismo infatti unesigenza diridefinizione di un terreno comune dintesa dal qualela riflessione filosofica dovrebbe prendere le mosse. E ilterreno costituito dalla nostra concreta attivit, dal-luomo che opera, dalla vita che tutti viviamo, volentio nolenti49. In tal modo lo sperimentalismo aliottiano,nello sforzo di adeguazione della logica alla vita, tende-va a convertirsi in una vera e propria filosofia dellazio-ne, muovendo dallanalisi dei postulati dellazione: la re-alt del cambiamento, la distinzione del possibile dal re-ale, la relativa costanza dellordine del mondo, la conti-nuit della persona, e, infine, la legge della tendenza al-lunit50. Con lindicazione degli ultimi due postulatiAliotta finiva con linvestire un piano diverso, che coin-volgeva piuttosto considerazioni di ordine morale e reli-gioso.

    Il riaccendersi del tono religioso nel pensiero diAliotta che si poneva, comegli stesso afferm, sullavia di un rinnovato Cristianesimo51 legato allin-quietudine di fronte alla crisi della civilt europea neldramma della guerra, inquietudine che si percepisce inmodo paradigmatico in un passo del saggio La fede del-luomo operante pubblicato su Logos nel 1941 (ripre-so nel volume del 1947 Il sacrificio come significato delmondo), su cui ha giustamente richiamato lattenzionePiovani. Scriveva Aliotta: forse pi che mai, in questomomento, in cui uno spaventevole cataclisma sembrasconvolgere la nostra umanit e distruggere le faticose

    49 A. Aliotta, Il mio sperimentalismo, in Filosofi italiani contemporanei,a cura di M.F. Sciacca, Milano, Marzorati, 2a ed. 1946, p. 33.

    50 Cfr. A. Aliotta, Il mio sperimentalismo, cit., pp. 34-35.51 Cfr. A. Aliotta, Il mio sperimentalismo, cit., p. 37.

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    conquiste dei secoli, in cui le persone vengono abbassa-te a ciechi strumenti duna dispotica ambizione di domi-nio, lodio e lingiuria volgare prevalgono sul rispetto esulla gentilezza; ora, pi che mai, sale dal profondo del-le anime linvocazione a un divino soccorso che ci salvidallo smarrimento e dalla rovina52. Gli scritti raccoltine Il sacrificio come significato del mondo del 47 se-gnano lorientarsi del pensiero di Aliotta verso una fi-losofia della vita e dellazione, che rivela non pocheconsonanze con tematiche esistenzialistiche. Ma, comemostra la Critica dellesistenzialismo del 51, Aliotta haconsiderato la filosofia dellesistenza essenzialmentecome una filosofia della rassegnazione53. Mentre lasua filosofia dellazione, come ha osservato Abbagna-no, attraverso le dottrine del sacrificio e della perenni-t dei valori umani, assume in ultimo un carattere spiri-tualistico54.

    5. La scuola di Aliotta

    Aliotta ha raccolto attorno a s nel corso degli anni,prima a Padova e poi soprattutto a Napoli, unampiacerchia di allievi che hanno seguito in alcuni casi per-corsi completamente differenti e che tuttavia si sono tut-ti richiamati a motivi e temi del suo insegnamento edella sua filosofia: da Luigi Stefanini, Renato Lazzarini eCesare Musatti a Nicola Abbagnano, a Michele FedericoSciacca e Cleto Carbonara, Nicola Petruzzellis, Paolo Fi-liasi Carcano, Giuseppe Martano, fino ad Aldo Masullo.Ma lincidenza del suo pensiero andata al di l dellasua scuola grazie alla rivista Logos da lui fondata e

    52 A. Aliotta, Il Sacrificio come significato del mondo, Roma, Perrella,1947, p. 137.

    53 A. Aliotta, Critica dellesistenzialismo, Roma, Perrella, 1951, p. 6.54 N. Abbagnano, Storia della filosofia, cit., vol. II/2, p. 531. Uninte-

    ressante ipotesi di ricostruzione dello sviluppo del pensiero di Aliotta sitrova in D. Sciarelli, La filosofia dellesperienza di Antonio Aliotta, Tesi didottorato, Universit di Napoli, 1989.

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    alla diffusione dei suoi manuali liceali di storia della fi-losofia. Nei fascicoli di Logos apparvero, fino al 38,oltre ad alcuni saggi dello stesso Aliotta e di Abbagna-no, contributi di Eugenio Garin, di Carbonara, di FiliasiCarcano, di Ludovico Limentani e Rodolfo Mondolfo,di Adolfo Levi, di Armando Carlini. Ma sono poi daricordare, soprattutto, per la loro funzione informativa,le numerose recensioni e schede di scritti di area fran-cese (di Jean Wahl, Maurice Blondel, Leon Brunschvi-cg, mile Meyerson, mile Brhier, Georg Gurvitch,Henry Bergson, Alfred Loisy, Gaston Bachelard), letempestive recensioni (1932) di Raffaele DAmbrosiodella monografia di S. Rawidowicz su Feuerbach e delloscritto di Karl Jaspers su Die geistige Situation der Zeit,le recensioni di Aliotta agli studi di John Ellis McTag-gart e di Nicolai Hartmann su Hegel, la recensione diFiliasi Carcano al libro di Norberto Bobbio sullIndiriz-zo fenomenologico nella filosofia giuridica, le numeroserecensioni di Mario Manlio Rossi in area tedesca, tra cuiquelle al libro di J. Kraft Von Husserl zu Heidegger. Kri-tik der phnomenologischen Philosophie, allOpus postu-mum di Kant, a Die Entstehung des Historismus diFriedrich Meinecke, al Nietzsche e a Vernunft und Exi-stenz di Jaspers, ai Grundprobleme der Philosophie diHeinrich Rickert.

    Col primo fascicolo del 38 comincia una nuova serie,con un editoriale intitolato Programma metafisico. Unpeso sempre maggiore vi assumono Carbonara e Sciac-ca, gi dal 36 subentrati nella segreteria ad Abbagna-no55, e la rivista appare nel complesso pi ripiegata sullafilosofia italiana. Sono da ricordare per gli articoli diAliotta sul problema del male e sullestetica di Kant,Schiller e Schelling, e la serie di articoli di Carlini, tracui quelli programmatici su una concezione realisticadello spirito umano. Nei fascicoli del 1940 vanno ricor-

    55 Vengono inserite due nuove sezioni: Variet e Note critiche e di-scussioni; le recensioni vengono curate meno e comunque sono complessi-vamente meno interessanti.

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    dati gli articoli di Enzo Paci su Jaspers, e in quelli del1941 gli articoli di Aliotta su La fenomenologia, il Circo-lo di Vienna e il mio sperimentalismo, di Luigi Stefaninisu Storicismo ed estetismo, la versione italiana, ad operadi Renato De Rosa, dello scritto di Jaspers sullo svilup-po della propria filosofia, e ancora i saggi di Aliotta Lafede delluomo operante e Il sacrificio come significato delmondo, che segnano la svolta del suo pensiero in sensopi nettamente spiritualistico. La rivista termina le pub-blicazioni nel 43 e sar rifondata nel 1969 da Carbona-ra: una nuova serie che avr vita breve e che si chiude-r nel 76.

    6. Il ripiegamento del dopoguerra

    A Napoli limmediato dopoguerra fu segnato da unnotevole slancio nelle attivit produttive, che per eralegato in gran parte alloccupazione alleata. In realt nelcorso degli anni 50 e 60, pur non mancando progettilocali di rinascita della citt e interventi significativi daparte del governo centrale, non si riusc a creare le con-dizioni per uno sviluppo organico e auto-propulsivodelleconomia napoletana. La classe dirigente cittadina,soprattutto nel decennio del laurismo (1952-62),sembr ripiegarsi in una forma di rivendicazionismonapoletano e meridionale, che al reale e drammaticoproblema del crescente dualismo tra Nord e Sud con-trapponeva un progetto fondato essenzialmente sullaspeculazione edilizia e sul turismo [] del tutto inade-guato alle reali necessit della citt56.

    Sul piano della cultura devessere segnalato il fervoredella vita letteraria e artistica segnato dalla stagione delneorealismo (peraltro gi anticipata dal romanzo di Car-

    56 G. Brancaccio, Una economia, una societ, in G. Galasso, Napoli,cit., p. 123; su gli anni di Lauro si veda anche, nello stesso volume, ilsaggio di L. Mascilli Migliorini, La vita amministrativa e politica, pp. 220-26.

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    lo Bernari del 1934, Tre operai) e dalla nascita di rivistee gruppi di avanguardia57. I primi anni del dopoguerrafurono caratterizzati da una partecipazione vivace di in-tellettuali attraverso la vita dei partiti, la formazione dicircoli culturali e la nascita di riviste impegnate sul ter-reno dellanalisi etico-politica ed economica. Tra questeultime particolare rilievo hanno avuto Cronache meri-dionali e Nord e Sud. Lesigenza di dare uno sboccopolitico durevole allesperienza della lotta per la riformaagraria spinse il Partito comunista a creare nel 1954, alposto del quotidiano La voce del mezzogiorno, unarivista politico-culturale dedicata alla questione delMezzogiorno e alla sua trasformazione in questione na-zionale. Nacque cos, grazie alla disponibilit delledi-tore Macchiaroli, Cronache meridionali, affidata a in-tellettuali quali Giorgio Amendola e Mario Alicata, chesostenevano un meridionalismo fondato certo sul riscattodella classe contadina e della sua civilt, ma non in di-rezione di una contrapposizione nostalgica del mondocontadino a quello cittadino e industriale. Questa linea come ha ricordato Gerardo Chiaromonte, che assunsela direzione della rivista in anni pi recenti port larivista a polemizzare con altri meridionalisti quali Roc-co Scotellaro, Manlio Rossi Doria, Carlo Levi58. Ancheper rispondere alla rivista comunista, nello stesso 1954nacque nellarea della sinistra laica Nord e Sud,fondata da un gruppo di studiosi di fede liberaldemo-cratica, ispirati prevalentemente dalla lezione crocianae dalla esperienza del Mondo di Pannunzio, qualiFrancesco Compagna, Renato Giordano, Vittorio DeCaprariis, a cui si aggiunse ben presto GiuseppeGalasso. Secondo quanto scritto nel suo primo edito-

    57 Cfr. A. Palermo, La vita letteraria, in Napoli lungo un secolo, cit.,pp. 220-21, 229-31, 233; E. Giammattei, La letteratura 1860-1970, in G.Galasso, Napoli, cit., pp. 408-11; M.A. Fusco, Larte (1860-1970), in G.Galasso, Napoli, cit., pp. 459-63.

    58 Si vedano le considerazione di Chiaromonte in G. Chiaromonte G. Galasso, LItalia dimezzata. Dibattito sulla questione meridionale, Roma-Bari, Laterza, 1980, pp. 86-87.

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    riale, Nord e Sud intendeva contribuire alla valuta-zione dei nuovi dati della situazione meridionale edesercitare una pressione costante per adeguare a questidati lorientamento dei governi, dei partiti, della stampa,dei gruppi qualificati di opinione pubblica59. Essa simuoveva dal terreno della tradizione del liberalismomeridionale, proponendosi per di superare lastratti-smo da cui era stata caratterizzata. Intendeva inoltreopporsi nettamente alla sempre pi marcata penetrazio-ne comunista nel Mezzogiorno. Pur giudicando positi-vamente il fatto che sotto la guida del Partito comuni-sta le masse contadine meridionali si avviavano a unprocesso di emancipazione democratica, gli intellettualidi Nord e Sud scorgevano i limiti della politica meri-dionalistica comunista nel centralismo democratico enellegemonia della classe operaia del Nord sui contadi-ni del Sud, e pi in generale ritenevano di doversi op-porre allidea dello Stato di polizia comunista cheessi vedevano come un pericolo incombente sullo svi-luppo della democrazia. Al meridionalismo comunistaessi opponevano una visione europeistica dei problemimeridionali, una pi forte affermazione della necessitdella modernizzazione, una pi netta opposizione a po-sizioni nostalgiche e astratte di ritorno a forme di civil-t pre-moderne. Nella prospettiva di un Mezzogiornoin movimento, delineata dai risultati di numeroseinchieste e analisi scientifiche, nel lungo arco dellasua attivit Nord e Sud ha sostenuto lesigenza diuna trasformazione tecnologica dellagricoltura meridio-nale, ma anche una vera e propria industrializzazionedel Mezzogiorno attraverso una politica di interventipubblici e di programmazione. E un posto di rilievoha sempre avuto lattenzione al nesso tra sviluppo eco-nomico e civile e sviluppo della ricerca e delle istitu-zioni universitarie, in vista della formazione di unade-

    59 Cfr. lEditoriale del primo numero di Nord e Sud del dicembre1954, in Nord e Sud. Quasi trentanni, Napoli, Societ Editrice Napoleta-na, 1995, p. 450

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    guata classe dirigente in grado di inserire la societmeridionale nel quadro della prospettiva europeista60.

    Questi fermenti politico-culturali rappresentati a li-vello pi alto dalle riviste sopra ricordate, ma che po-trebbero trovare altre esemplificazioni61 non potevanoincidere sul tessuto della societ in modo da produrreda soli un processo complessivo di modernizzazione. Eintanto sul piano della politica economica, per responsa-bilit sia locali che nazionali, non trov attuazione ilprogetto di riequilibrio Nord-Sud che era alla base del-listituzione della Cassa del Mezzogiorno. Gli anni 50 e60 presentano una citt in cui si mescolano modernite tradizionalismo, momenti di forte vitalit e forti tenta-zioni di addormentamento: Viviamo in una citt che tiferisce a morte o ti addormenta, scriver emblematica-mente Raffaele La Capria nel 1961. Ma non c dubbioche in modo prevalente, come ha osservato Galasso, nelperiodo del regime di Lauro, e anche nei successivianni 60, unaura di provincialismo prese a circondare[] non solo la vita culturale, ma un po lintera imma-gine della citt, toccando anche la vita delluniversite di vari istituti culturali, il movimento artistico e il re-lativo mercato; le tradizioni popolari [] il giornalismocittadino[] la stessa vita sociale della citt62. Un certodominante clima di addormentamento e di provin-

    60 Cfr. lAutobiografia di Nord e Sud di F. Compagna e G. Galassodel 1967, in Nord e Sud. Quasi trentanni, cit., pp. 456-90.

    61 Anche nel mondo cattolico, specialmente a partire dagli anni 60, vi un fervore di iniziative legate soprattutto al volontariato e al movimen-to conciliare: basti qui ricordare la rivista Il Tetto, che ha avuto tra isuoi direttori Giorgio Jossa, oggi professore ordinario di Storia della Chie-sa. Per un panorama delle iniziative e degli enti culturali napoletani aggior-nato fino al biennio 1969-71 si pu utilmente consultare la raccolta di ma-teriali nel volume La disoccupazione mentale (inchiesta sulla cultura a Napo-li), a cura di L. Caruso, Ravenna, Longo Editore, 1972.

    62 G. Galasso, Cultura e societ: i fili della trama, in G. Galasso, Napo-li, cit., pp. 352-53. Di una lunga fase di appannamento dellUniversit diNapoli nel periodo che va dalla met degli anni 50 agli anni 70 parla an-che F. Tessitore nel suo volume La mia Napoli, Napoli, Grimaldi & C.,1998, pp. 33 ss., 51, 54-55.

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    cialismo sembra caratterizzare anche gli studi filosoficialmeno nellambito del mondo accademico.

    Agli inizi degli anni 50 stato Cleto Carbonara, tra-sferito da Catania a Napoli nel 1949 sulla cattedra diStoria della filosofia, a raccogliere leredit del dominioaliottiano. La sua riflessione, in quel che ha di interes-sante, si colloca per al di qua di questo suo lungo do-minio. Pur avendo alle spalle linsegnamento di Aliotta,essa muoveva, in realt, soprattutto da un confronto conlattualismo gentiliano, che partecipava del clima di criti-ca e revisione interna dellattualismo alla fine degli anni3063. Nel suo scritto programmatico Disegno duna filo-sofia critica dellesperienza pura (1938), Carbonara si po-neva il problema della ricerca del principio della diffe-renziazione dellatto, facendo riferimento al contenutoimmanente in base a cui il pensiero di volta in volta sidetermina64. Tuttavia, comegli ribadiva pi volte nellaprima parte del suo libro del 44 Del bello e dellarte, sitrattava pur sempre di un determinarsi formale dellospirito65. In seguito, per, declinando la concezione del-latto sempre pi nel senso dellesperienza vissuta dellapersona, nello slargarsi di questa al rapporto sociale,Carbonara incontrava la dimensione della storia. La suafilosofia dellesperienza intendeva presentarsi, perci, inPersona e libert del 59, come umanesimo e storici-smo e proporre lideale etico duna societ perfetta66.Su questa linea, nei decenni successivi, riprendendo unconfronto tra materialismo storico e idealismo critico giavviato fin dal 46, Carbonara tenter di definire la suaposizione come un umanesimo della prassi.

    63 Cfr. a questo proposito A. Masullo, Il materialismo critico di Cle-to Carbonara, estratto dal volume La filosofia dellesperienza di Cleto Carbo-nara, Napoli, Libreria scientifica editrice, 1965, pp. 4-6.

    64 C. Carbonara, Disegno duna filosofia critica dellesperienza pura,Roma, Perrella, 1938, p. 44.

    65 Cfr. C. Carbonara, Del bello e dellarte, 2a ed. Napoli, ESI, 1953,pp. 17, 41, 49, 68-69; Persona e libert, Napoli, Libreria scientifica editrice,1959, pp. 58 e 62.

    66 C. Carbonara, Persona e libert, cit., p. 84.

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    Non mancano, certo, in questa riflessione, spunti an-che interessanti; n mancarono occasioni di apertura alloscenario filosofico nazionale, come nel caso del XVIICongresso Nazionale di Filosofia, organizzato dalla Sezio-ne napoletana della Societ Filosofica italiana presiedutada Carbonara67. Tuttavia quel lungo dominio accademi-co generava un clima di chiusura e di ripetitivit: perpi di ventanni Carbonara ha avuto stabilmente linse-gnamento di Storia della filosofia (dal 52 al 74) e quasialtrettanto di Estetica (dal 52 fino al 70). Se si leggonoi programmi dei corsi, si pu vedere come prevalevalintenzione scolastica di esporre la propria concezionedella filosofia e della realt. Cos in Estetica per moltianni di seguito viene presentata la tematica del Del belloe dellarte e, a partire dal 59-60, quella dellestetica delcontenuto. Anche per Storia della filosofia i corsi hannoquasi sempre una parte teorica, fondata soprattutto sul-la lettura dellIntroduzione alla filosofia e dei testi sulla fi-losofia dellesperienza (La filosofia dellesperienza e lafondazione dellUmanesimo e Pensiero ed esperienza),mentre la parte storiografica verteva spesso sulla filoso-fia antica in riferimento ai volumi di Carbonara sullastoria della filosofia greca (Dalle origini a Platone e Ari-stotele) e su La filosofia di Plotino, qualche anno sul pla-tonismo rinascimentale, e negli ultimi anni, a partire dal67, anche su Hegel e Marx. Solo raramente nelle indica-zioni programmatiche appariva un confronto diretto con iclassici o comunque con i testi degli autori richiamati.

    In effetti, prevaleva nettamente in quegli anni unaconcezione apologetica della filosofia; e lo stesso mododi concepire la didattica si ritrova in Nicola Petruzzellis,esponente di uno spiritualismo cattolico marcatamentetradizionalistico. Anchegli allievo di Aliotta, Petruzzellisera stato chiamato a Napoli nel 1958-59 sulla cattedra

    67 Il congresso dedicato a Il problema della conoscenza storica ead Arte e linguaggio si svolse dal 18 al 22 marzo 1955: le relazioni in-troduttive furono tenute da Carlo Antoni e Felice Battaglia per la storia, eda Enzo Paci e Luigi Stefanini per larte.

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    di Filosofia teoretica lasciata da Filiasi Carcano, chelaveva tenuta dal 54-55. I suoi corsi erano concentratisostanzialmente sui propri scritti e il confronto deglistudenti con i sistemi filosofici era sempre filtrato dal-lesposizione e dalla critica che venivano presentate nellalezione, in un clima di assoluto distacco tra docente estudenti. I temi prevalenti riguardavano il problema del-la storia e dei valori, e i problemi dellarte, che eranostati appunto gli ambiti della sua ricerca e dei suoiscritti principali68. Nel libro di maggiore impegno teori-co, Il valore della storia, Petruzzellis, in polemica tantocon lo storicismo quanto con lantistoricismo, sostenevache storia e metafisica non sono termini in antitesi, masi trovano in un rapporto di reciproco rinvio69. La meta-fisica a cui rinvia la storia unontologia dello spirito,che comprende lessere dello spirito umano come do-ver essere70 e a sua volta rinvia a un orizzonte ontolo-gico pi vasto che vede il fondamento dellessere, diogni essere, nellessere infinito: qui Petruzzellis polemiz-zava con la decostruzione heideggeriana della metafisi-ca e vedeva il termine ultimo del sistema filosofico nel-la teologia naturale, cio nel concetto di Dio comecondizione suprema e assolutamente necessaria dellapossibilit e della intelligibilit del reale71.

    Con lattiva presenza di Petruzzellis, che si adoperper far conferire a studiosi a lui vicini lincarico su altrecattedre del gruppo teoretico72 e si impegnava personal-

    68 Tra questi, peraltro, almeno due meritano ancora oggi attenzione: valea dire Il problema della storia nellidealismo moderno, del 1936, ampliato nel-la seconda edizione del 1940 e ripubblicato nella terza edizione, con il titoloLidealismo e la storia, nel 1957, e Lestetica dellidealismo del 1942.

    69 N. Petruzzellis, Il valore della storia, Napoli, Istituto Editoriale delMezzogiorno, 1959, prefazione alla terza edizione.

    70 Cfr. Il valore della storia, cit., pp. 20-21.71 Il valore della storia, cit., p. 233. Sulla centralit della riflessione in-

    torno al rapporto tra essere e valori cfr. A. Bausola, Neoscolastica e spiri-tualismo, in La filosofia italiana dal dopoguerra a oggi, Bari-Roma, Laterza,1985, p. 346.

    72 Raffaele Pucci a Filosofia del linguaggio, Concetta Orsi a Filosofiadella scienza, Padre Prezioso a Gnoseologia.

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    mente con studi, articoli e recensioni nella redazionedella rivista da lui diretta, la Rassegna di scienze filoso-fiche, faceva sentire la sua presenza nella filosofia na-poletana laltra costante individuata da Valerio Verranella filosofia italiana del dopoguerra accanto a quellaidealistico-storicistica, vale a dire quel variegato campodi posizioni che, in un modo o nellaltro, si collegavanoal pensiero cristiano73.

    7. Le spinte al rinnovamento

    In realt, la complessa problematica aliottiana so-spesa tra gli estremi del metodologismo e dello speri-mentalismo da un lato e lesigenza metafisico-spirituali-stica dallaltro ha trovato un momento di continuit edi sviluppo, piuttosto che nellinsegnamento di Carbona-ra e Petruzzellis, nella breve permanenza a Napoli diPaolo Filiasi Carcano. La venuta di Filiasi Carcano si-gnific anche il riaprirsi di un processo di sprovincializ-zazione gi attraverso i corsi dedicati a una riflessionesulle caratteristiche della filosofia contemporanea, euro-pea e americana, e sul rinnovamento dei saperi e deilinguaggi scientifici. Filiasi Carcano interpretava le cor-renti filosofiche pi recenti (il pragmatismo, la psicoana-lisi, la fenomenologia, lesistenzialismo, il neopositivismo)come espressione di una comune esigenza di chiarezza edi comprensione, e vedeva perci una caratteristica uni-taria nel pensiero contemporaneo nel suo determinarsicome riflessione analitica in rapporto ai vari bisogni eproblemi che nascono dalla situazione di crisi culturale,vitale ed esistenziale della nostra epoca74. Per indicare

    73 Cfr. V. Verra, Costanti e parabole nella filosofia italiana contempora-nea, in La cultura filosofica italiana dal 1945 al 1980, Atti del Convegno diAnacapri del giugno 1981, Napoli, Guida, 1988 (2a ed.), pp. 63-82, in par-ticolare pp. 70-73.

    74 Cfr. P. Filiasi Carcano, La metodologia nel rinnovarsi del pensiero con-temporaneo, Napoli, Libreria scientifica editrice, s. d., Prefazione e p. 7.

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    il processo di rinnovamento delle filosofie e delle scien-ze contemporanee Filiasi Carcano adoperava il concettodi metodologia e a questo prevalente atteggiamentometodologico riconosceva anche una dimensione eticanellimpegno a rendere chiare le proprie idee ed espres-sioni per contribuire, insieme agli altri, al progresso delpensiero e dei saperi, invece di limitarsi a pronunciaredelle verit precostituite (o presunte tali), impugnabiliperch incomprensibili od oscure: letica del significatoe della chiarezza, letica della comunicazione scientificae intersoggettiva75. Proprio in virt di questo atteggia-mento il rapporto tra scienza e filosofia andava profon-damente ripensato e andava posta in rilievo la comuneconsapevolezza della problematicit del reale76. Altrettan-to andava riconsiderata la funzione chiarificatrice del-lanalisi del linguaggio neopositivistica dissociandola dal-la tesi antimetafisica: in effetto scriveva Filiasi Car-cano possibile criticare i prodotti della metafisica,ma non le esigenze che hanno generato la metafisica77.

    Troppo breve fu il passaggio di Filiasi Carcano a Na-poli per consolidare le linee di ricerca da lui tracciate.Tuttavia dal suo insegnamento venne a Raffaele Pucci lasollecitazione allo studio della fenomenologia e allinte-resse per le filosofie del linguaggio. E la presenza di Fi-liasi Carcano non neppure estranea al fatto che conuna ricerca sul rinnovarsi dei linguaggi delle scienze insenso strutturalistico e sui rapporti tra il rinnovamentodella psicologia e la fenomenologia husserliana si aprivail primo ciclo dellinsegnamento napoletano di Aldo Ma-sullo. Le ricerche e i corsi di lezioni di Masullo, divenu-ti in breve tempo i pi frequentati, si orientarono allora,fino al 1967-68, nel senso di una riflessione sulle nuove

    75 Cfr. P. Filiasi Carcano, La metodologia nel rinnovarsi del pensierocontemporaneo, cit., pp. 47, 59-61.

    76 Cfr. P. Filiasi Carcano, La metodologia nel rinnovarsi del pensierocontemporaneo, cit., p. 289.

    77 Cfr. P. Filiasi Carcano, Problematica della filosofia odierna, Roma-Milano, Bocca, 1953, p. 70.

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    forme di comprensione delluomo e del mondo umano ein particolare sulle nozioni di soggetto e di prassi e sul-le problematiche dellintersoggettivit e del fondamento.

    Proprio tra il 1960 e il 62, cio nei primi anni di in-segnamento, Masullo pubblicava il suo libro forse piimpegnativo, che contiene il nucleo della sua successivaricerca, vale a dire Struttura soggetto prassi. Intorno allenozioni di struttura e di senso egli istituiva un con-fronto con i nuovi linguaggi delle scienze positive, conlintento di procedere a una riforma non teoreticisticadel trascendentale e a una comprensione del sogget-to colto nella totalit delle sue dimensioni ideali e fat-tuali, teoretiche e pratiche. In questo quadro diventavacentrale il confronto con la fenomenologia considerataspecialmente nella sua rilevanza per il rinnovamento del-la psicologia e per la chiarificazione del nesso senso-si-gnificato-prassi78. Lesperienza vissuta, come matrice deisensi, non pu essere pensata, per, soltanto come co-scienza e rappresentazione, ma devessere pensataanche a partire dallesperienza del vivente come pa-ziente e dalla scoperta della trascendentalit del fat-tuale79. Ed qui che nella riflessione di Masullo si in-serisce la peculiare attenzione alla paticit del sogget-to, che viene inteso nel senso del Gestaltkreis diWeizscker, cio come nesso di movimento e percezionee concreta unit individuo-ambiente. Lanalisi della pras-si mostra, poi, come latto di vita umano sia caratteriz-zato originariamente da una struttura intersoggettiva80,da un fondamento posto nella comunit, che precedelindividuo manifestandosi in un comune mondo di si-gnificati e di valori.

    Questo tema diventava centrale nello sviluppo succes-sivo delle ricerche di Masullo: con ci il progetto diunepistemologia delle scienze umane subiva uno slitta-

    78 Cfr. A. Masullo, Struttura soggetto prassi, Napoli, Libreria scientificaeditrice, 1962, parte I e parte II.

    79 Cfr. A. Masullo, Struttura soggetto prassi, cit., pp. 271, 286, 296.80 Cfr. A. Masullo, Struttura soggetto prassi, cit., pp. 356-57.

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    mento verso la tradizione filosofica. Su questa linea sisituava la complessa indagine svolta in La comunitcome fondamento, in cui, muovendo dalla posizione delproblema in Kant, Masullo interpretava e discuteva latematizzazione della comunit in Fichte, Husserl e Sar-tre81. Alla questione del fondamento sono dedicati ancheil libro del 71 Antimetafisica del fondamento (che af-fronta il tema in Hegel, Croce e Cassirer) e quello pirilevante del 67, Il senso del fondamento. In questulti-mo la filosofia si presenta come Rckgang, come un re-trocedere allinterno del soggetto, alla ricerca dellorigi-ne: una genealogia, che risale non ad a priori formali,logici, ma ad a priori materiali, anzi, in ultima istanza, aun fatto originario, a un fatto-limite che rende possibileil salto dallindividuo biologico o bio-psicologico allindi-viduo come soggettivit umana: questo fatto-limite lintersoggettivit82. Il fondamento si rivelava cos comeun fondamento nascosto, e in ci si mostravano tanto lacoscienza della finitudine o, con Merleau-Ponty, dellam-biguit dellesistere, quanto la costitutiva infelicit dellaragione come mai acquietabile ricerca del fondamento,di cui Masullo parla nelle pagine conclusive del librosulla Metafisica del 198083.

    Il problema dellaltro, linfelicit della ragione, il ni-chilismo, loggettivit del mondo umano nella fenomeno-logia dello spirito costituirono i temi del secondo ciclodi insegnamento di Masullo, tornato a Napoli nel 71-72, ciclo che si interrompe negli anni 76-79 per manda-to parlamentare. Negli anni successivi la ricerca di Ma-sullo continuer a riflettere sulle filosofie del soggetto ea scavare nelle strutture profonde della soggettivit84. In

    81 A. Masullo, La comunit come fondamento, Napoli, Libreria scien-tifica editrice, 1965, ma si vedano anche le Lezioni sullintersoggettivit.Fichte e Husserl, Napoli, Libreria scientifica editrice, 1963.

    82 Cfr. A. Masullo, Il senso del fondamento, Napoli, Libreria scientificaeditrice, 1967, capp. III e V.

    83 Cfr. A. Masullo, Metafisica, Milano, Mondadori, 1980, pp. 309-11.84 Cfr. A. Masullo, Filosofie del soggetto e diritto del senso, Genova,

    Marietti, 1990, specialmente capp. IV e V.

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    particolare essa si concentrer sulla fenomenologia deltempo concepito come il vissuto del repentino edel cambiamento e sulla ricerca di unetica attiva, ingrado di corrispondere al nichilismo: unetica in cui latensione dalla dimensione storico-sociale si ripiegher es-senzialmente nella salvezza dellindividuo, vista pro-prio nella disponibilit ad accettare il tempo, il nuovoatto di vita che come un dono e una grazia sempre rinasce dalla perdita e dalla morte85.

    8. Da Pietro Piovani a Fulvio Tessitore

    Nel frattempo ritornava a Napoli, dopo aver insegna-to, ancor giovanissimo, Filosofia del diritto a Roma, eprima a Trieste e a Firenze, Pietro Piovani, che assume-va dapprima linsegnamento di Storia delle dottrine poli-tiche, poi quello di Storia della filosofia morale e infinequello di Filosofia morale (1969). Specialmente dopo ilpassaggio a Filosofia morale, lautorevolezza scientifica,il rigore didattico, la singolare fisionomia della ricerca diPiovani contribuirono notevolmente ad arricchire dinuovi motivi di interesse il corso di laurea in filosofia ead accrescerne limmagine allesterno.

    La peculiarit della posizione di Piovani derivava dal-la sua formazione alla scuola di Giuseppe Capograssi, lacui analisi dellesperienza comune si configurava comeuna fenomenologia dellesperienza morale e giuridicaponendo il problema del rapporto tra luniversalit dellanorma e del valore e lirrinunciabile individualit del-lesistente. In una prima fase della sua riflessione, nel-limmediato dopoguerra tanto nellinterpretazione delCritone del 1947, quanto in Normativit e societ del 49 ci che pi interessava Piovani era la difesa della ra-zionalit delluomo e del mondo umano, laffermazionedel principio di normativit. Rifacendosi in modo origi-

    85 Cfr. A. Masullo, Il tempo e la grazia, Roma, Donzelli, 1995, p. 127.

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    nale a Rosmini, Piovani vedeva nella norma una pre-senza metafisica immanente alla natura umana86, cheper si rivela come presenza di unassenza, di un non-essere: Ci che non scrive Piovani luomo rendemisura di ci che 87. Nel libro del 49 sono gi presen-ti i termini della problematica che Piovani nel suo in-tervento nellinchiesta Parlano i filosofi italiani curata daVerra nel 1972 riconosceva al centro della sua rifles-sione: la comprensione della relazione che connette re-alizzazione e tensione, fatto e norma, reale e ideale,azione e valore, individuale e universale88.

    Il nesso tra etica e storia si fondava in Piovani suuna peculiare interpretazione dellessere dellesistente,elaborata nelle Linee di una filosofia del diritto del 1958:la concezione dellesistente come volente non volutosi89.Nel riconoscimento che al suo fondo vi una originaria,irriducibile oggettivit implicita la scoperta della co-stitutiva storicit del soggetto esistente, in quanto chia-mato a scegliere di accettare lesistenza e in quanto radi-calmente immesso in una relazione di coesistenza. Il ri-spetto dellaltro non oggetto di contrattazione, non ri-sponde a un calcolo di utilit, ma un dovere, un im-perativo categorico per il soggetto che intende essere sestesso, realizzarsi cio come personalit90. Certo, pro-prio perch fondato su un originario atto di libert ilcollaudo dellindividualit nella storia sempre espo-sto allo scacco, sempre minacciato dallincombere delmale: il quale consiste appunto nel contraddire laccetta-

    86 P. Piovani, Normativit e societ, Napoli, Jovene, 1949, p. 18.87 P. Piovani, Normativit e societ, cit., p. 100.88 Cfr. lintervento di Piovani nellinchiesta di V. Verra, Parlano i filo-

    sofi italiani, Terzo Programma, III, 1972, p. 160. Si veda anche V. Ver-ra, Esistenzialismo, fenomenologia, ermeneutica, nichilismo, in La filosofiaitaliana dal dopoguerra a oggi, cit., pp. 386-87.

    89 Cfr. P. Piovani, Linee di una filosofia del diritto [1958], Padova, Ce-dam, 3a ed. 1968, pp. 192-94.

    90 Cfr. P. Piovani, Linee di una filosofia del diritto, cit., pp. 204-07,214-15; cfr. F. Tessitore, Tra esistenzialismo e storicismo: la filosofia moraledi Pietro Piovani, Napoli, Morano, 1974, pp. 85-86.

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    zione vitale, nel voler riaffermare ostinatamente e a ognicosto la propria immediata singolarit, nelloffendere eledere gli altri. Contro questa possibilit lotta la morali-t ed egualmente lotta il diritto sia pure con diversamodalit come obbligo di salvare lazione e lagente,secondo la formulazione di Capograssi.

    La lunga riflessione sul conoscere storico (testimo-niata dal volume del 65 Filosofia e storia delle idee) esul suo nesso con letica decisiva nella concezionedella storia dello storicismo, che per Piovani presen-ta una contrapposizione fondamentale tra due posizioniche per brevit si possono indicare come storicismocritico e storicismo assoluto, luna quella dellascuola storica, di Dilthey, di Troeltsch rivolta a fartesoro della ricerca storica, laltra quella hegeliano-crociana rivolta a restaurare nella Storia teologizzatauna filosofia assoluta e universalistica91. Lo storicismocritico, che Piovani rivendicava per s, nella sua fedeltallindividualit storica, non pu rinunciare a penetraree a rispettare i diversi e i differenti [...] nella moltepli-ce esistenza del loro vario vivere. Tuttavia il pensierostorico-critico come Piovani affermava nella conclusio-ne di Conoscenza storica e coscienza morale non esaltazione dellanomia92 e il relativismo dello storici-smo critico non costituisce una minaccia per la vita mo-rale; al contrario, esso si mostra determinante per unafondazione critica delletica. Negli ultimi anni di inse-gnamento, prima dellimmatura scomparsa nel 1980,Piovani ha concentrato sempre pi la sua attenzionesulla storicizzazione delletica: questo il titolo del cor-so del 77-78; ma gi nel 75-76 e nel 76-77 il corsoaveva riguardato le forme etiche e le formazioni stori-che con particolare attenzione a Droysen, Dilthey eTroeltsch, ma anche a Nietzsche, non solo al Nietzsche

    91 Cfr. P. Piovani, Filosofia e storia delle idee, Bari, Laterza 1965, pp.106-07.

    92 Cfr. P. Piovani, Conoscenza storica e coscienza morale, Napoli, Mora-no, 1966, p. 237.

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    della seconda inattuale sulla storia, ma anche a quellodella genealogia della morale. E qui si deve rilevarecome linteresse per Nietzsche sia indubbiamente unaspia dellavvio di un percorso che conduce pi decisa-mente verso uno storicismo esistenziale93, ponendo sem-pre pi al centro del pensiero la coscienza dellassenza,della mancanza, del bisogno. Gi in una pagina di Filo-sofia e storia delle idee Piovani affermava che per lesi-stente ci che lo spinge a realizzarsi non ci che ,ma ci che avverte di non essere: la ragione primadel suo esse il suo deesse94. Poi, sviluppata in modoparticolare nellultimo capitolo dei Principi di una filoso-fia della morale, la tematica dellassenza al centrodel volume postumo Oggettivazione etica e assenzialismoe di uno scritto significativo, anchesso postumo, su Mi-chelstaedter95.

    Limportanza di Piovani legata anche a una serie diprestigiose iniziative scientifico-culturali tra cui vannoqui ricordate la Collana di Filosofia presso leditoreMorano da lui fondata assieme a Paolo E. Lamanna enella quale sono apparsi, tra gli altri, scritti di Jaspers,Lwith, De Negri, Sasso, e la collana di Studi vichia-ni inaugurata nel 69 presso leditore Guida, diretta inuna prima fase dallo stesso Piovani e successivamentedal suo allievo e strettissimo collaboratore Fulvio Tessi-tore, nella quale sono apparsi tra gli altri studi di Mon-dolfo, Cantelli, Mazzarino, Sina, Stephan Otto. Ma unrilievo a parte merita senza dubbio la progettazione e lacreazione del Centro di Studi vichiani, che cominci lasua attivit nel 1970 sotto la direzione di Piovani e lan-no seguente dar inizio al Bollettino diretto da Piova-

    93 Lespressione usata da Piovani nella citata intervista del 72, Parla-no i filosofi italiani, cit., p. 161.

    94 P. Piovani, Filosofia e storia delle idee, cit., p. 190.95 Cfr. P. Piovani, Principi di una filosofia della morale, Napoli, Mora-

    no, 1972, cap. VI; Oggettivazione e assenzialismo, a cura di F. Tessitore,Napoli, Morano, 1981; Michelstaedter: filosofia e persuasione, a cura di F.Tessitore, Nuova Antologia, gennaio-marzo 1982, p. 214.

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    ni, Tessitore e Giuseppe Giarrizzo. Dopo la morte diPiovani la direzione del Centro passava a Tessitore,mentre nel 1981 il Bollettino iniziava la sua secondaserie accompagnata da supplementi bibliografici e critici.Nel 1982 il Centro ha avviato unedizione critica delleopere di Vico con le Orazioni inaugurali I-VI curate daGian Galeazzo Visconti.

    Parlando delle attivit culturali di Piovani si giaccennato a Tessitore. Con i suoi studi su Humboldt,Ranke, Meinecke, Dilthey, Troeltsch, Weber, ma ancheattraverso un ripensamento critico dello storicismo de-sanctisiano e crociano, Tessitore, certamente in intimarelazione con il pensiero del maestro, ha elaborato unapropria prospettiva dello storicismo critico-problemati-co, che ricava il modello teorico dallindagine storio-grafica sullo storicismo otto-novecentesco, ritrovandolonegli sviluppi del kantismo eterodosso di lettorianti-idealistici di Kant, quali Humboldt e Dilthey.Molto pi nettamente di Piovani, Tessitore, appoggian-dosi a una peculiare interpretazione di tesi weberiane,affermer che la filosofia si risolve [] nei saperi po-sitivi e lo storicismo la filosofia che, tra siffatti sa-peri positivi, coltiva la storia, il mondo della cultura,a cui si tratta di approntare il fondamento gnoseolo-gico96. Se questo il punto di arrivo della ricerca diTessitore sullo storicismo, nel periodo in cui ha inizia-to il suo insegnamento a Napoli circa alla met deglianni 70 prima sulla cattedra di Storia delle dottrinepolitiche e poi su quella di Storia della filosofia ilsuo storicismo appariva, invece, pi fortemente orienta-to nel senso di uno storicismo etico, qual era risultatoin modo particolare dalle ricerche degli anni 60 e deiprimi anni 70 culminate nei volumi Dimensioni dello

    96 Cfr. F. Tessitore, La questione dello storicismo, oggi, in Rendicontidella Classe di Scienze morali, storiche e filologiche dellAccademia nazio-nale dei Lincei, serie IX, vol. VII, fasc. IV, 1996, pp. 857 e 860; si vedaanche F. Tessitore, Introduzione allo Storicismo, Roma-Bari, Laterza, 1991,pp. 206-08.

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    storicismo del 1971 e Storicismo e pensiero politico del197497.

    Accanto allattivit di Tessitore nel Centro di Studivichiani e agli impegni accademici (sar per circa unquindicennio preside della Facolt di Lettere e filosofia,prima di assumere il rettorato), si devono ricordare quile attivit editoriali da lui promosse in collaborazionecon alcuni pi giovani studiosi, e in particolare la dire-zione della collana Micromegas presso la Guida edito-ri, dove sono state pubblicate le edizioni italiane di testiclassici della filosofia: dagli Scritti teologici-giovanili elEpistolario di Hegel alla Storia della giovinezza di Hegele Frammenti postumi di Dilthey, a Lo storicismo e i suoiproblemi e altri scritti di Troeltsch, Tempo ed Essere diHeidegger, a scritti di Ranke e di Yorck von Warten-burg.

    9. Altre voci filosofiche

    Dopo essere stato a lungo docente nellUniversit diMessina, tornava nel 1972-73 nella Facolt di Lettere efilosofia napoletana, dovera stato incaricato di Filosofiadella storia, Raffaello Franchini. Formatosi alla scuola diCroce, Franchini rimasto sempre fedele allo spirito delpensiero crociano navigando a lungo contro corrente.In una raccolta di scritti del 53, Esperienza dello storici-smo, egli si proponeva sia di svincolare il concetto distoricismo da quello di idealismo, sia di distinguere lostoricismo dal relativismo, ovvero di distinguere lo stori-cismo della ripensata tradizione vichiano-hegeliana dal

    97 Si tengano presenti in particolare il saggio su Troeltsch e lo storici-smo etico del 67 (ora in F. Tessitore, Contributi alla storia e alla teoria del-lo storicismo, vol. IV, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1998, pp. 41-57), la Conclusione della monografia su Meinecke (F. Tessitore, FriedrichMeinecke storico delle idee, Firenze, Le Monnier, 1969, pp. 297 e ss) e ilsaggio Storiografia, filosofia, pensiero politico del 72 (in F. Tessitore, Stori-cismo e pensiero politico, Milano-Napoli, Ricciardi, 1974, pp. 291-326).

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    Historismus di derivazione filologica e storiografica eculminante in pensatori quali Meinecke e Troeltsch seguendo in questo giudizio una linea di demarcazione equindi una valutazione suggerita da Croce e sviluppatasoprattutto da Antoni. Storicismo osservava Franchi-ni non altro che il nesso dellazione e del pensiero;della storia che si fa storiografia e della storiografia cheridiventa storia98. Dallesigenza di conservare e svilup-pare leredit dello storicismo crociano sono state guida-te anche lattivit pubblicistica e quella editoriale diFranchini con le collane da lui dirette presso gli editoriLoffredo e Giannini di Napoli e soprattutto la pubblica-zione della rivista Criterio99.

    Unaltra figura di docente legata alla tradizione neo-idealistica, ma questa volta di area gentiliana, quella diCecilia Motzo Dentice dAccadia, che ha tenuto a lun-go, negli anni 50 e 60, linsegnamento di Pedagogia,provenendo per da studi filosofici, essendo stata dal1925 titolare della cattedra di Storia della filosofia nel-lUniversit di Cagliari. Affascinata dalla nuova religiosi-t dellattualismo gentiliano, la Dentice poneva al centrodella riflessione filosofica e dellideale educativo la vitadella coscienza e un forte sentimento dellinfinito chetuttavia non deve indebolire il potere di guida della ra-gione100.

    Per completare la ricognizione del corso di laurea infilosofia si deve ancora ricordare linsegnamento di Giu-seppe Martano prima sulla cattedra di Storia della filo-sofia antica e poi dal 1974-75 sulla cattedra di Storiadella filosofia, e quello di Vincenzo Cilento e di Pasqua-le Mazzarella sulla cattedra di Storia della filosofia me-dievale. Martano, inoltre, ha sviluppato una notevole at-

    98 R. Franchini, Esperienza dello storicismo, Napoli, Giannini, 1953, p. 25.99 Per un profilo di Franchini rinvio al mio scritto commemorativo

    Raffaello Franchini, Napoli, Societ nazionale di Scienze, lettere e arti,1992.

    100 Cfr. A. Masullo, Cecilia Motzo Dentice dAccadia, Napoli, Societnazionale di Scienze, lettere e arti, 1982.

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    tivit editoriale con la casa editrice Il Tripode e agli ini-zi degli anni 80 dar vita a una rivista di storia della fi-losofia, Discorsi, che durer per circa un decennio.Non sarebbe giusto trascurare il contributo di studiosinon filosofi di professione, quali litalianista GiuseppeToffanin, autore di una importante Storia dellumanesi-mo, lo psicologo Gustavo Iacono101, il filologo classicoMarcello Gigante curatore delledizione laterziana delleVite dei filosofi di Diogene Laerzio102, e lo storico Giu-seppe Galasso, di cui si ricorda qui in particolare il vo-lume Croce, Gramsci e altri storici.

    10. Il Suor Orsola Benincasa e lIstituto Orientale

    Nel 1901 il Magistero Suor Orsola Benincasa avevaottenuto il pareggiamento. Alla fine degli anni 20 vitroviamo diversi docenti di notevole valore della Facoltnapoletana e, nellambito filosofico, dal 1926 al 36 viha insegnato Pedagogia e Filosofia Nicola Abbagnano,che proprio in quel decennio ha percorso il suo itinera-rio storico-filosofico prima della svolta esistenzialistica.

    Abbagnano si era imposto allattenzione giovanissimocon il libro del 1923 Le sorgenti irrazionali del pensieronel quale, in polemica verso lidealismo, rivendicava for-temente le ragioni della vita di fronte al puro pensiero.Negli anni successivi, accanto a importanti indagini su

    101 Titolare dellinsegnamento di Psicologia nel corso di laurea in filo-sofia dalla met degli anni 60, ha tenuto corsi sulla psicologia come scien-za, sulle principali correnti psicologiche e sulle teorie della personalit, conparticolare riferimento a Allport. In ambito affine, ma al di fuori delluni-versit, va segnalata la ricerca psicopatologica di Sergio Piro, libero docen-te di psichiatria, allievo di Buscaino (autore di importanti studi sulla neu-robiologia della percezione e del linguaggio), ma successivamente orientatoverso la filosofia del linguaggio, la fenomenologia e la psicologia intenzio-nale: si veda in particolare S. Piro, Il linguaggio schizofrenico, Milano, Fel-trinelli, 1967.

    102 Ma si devono anche ricordare gli studi su scetticismo ed epicurei-smo e su cinismo ed epicureismo, quelli su Nietzsche e soprattutto linten-so lavoro intorno ai papiri ercolanesi e alle ricerche filodemee.

  • La cultura filosofica a Napoli 495

    Ockham e su La nozione del tempo secondo Aristotele,Abbagnano si era rivolto da un lato alla chiarificazionedei fondamenti dellepistemologia contemporanea e dal-laltro al problema della concezione di una rinnovatametafisica come speculazione autonoma, critica e siste-matica. In questa prospettiva vanno considerate assiemelindagine del 34 su La fisica nuova e quella del 36 suIl principio della metafisica, che indubbiamente segnava-no uno spostamento rispetto alla ricerca del 23, anchese meno deciso di quanto potrebbe apparire a prima vi-sta. Infatti la ripresa della filosofia come metafisica,come scienza autonoma, autofondantesi, doveva accom-pagnarsi con la capacit di includere in essa tutte leesigenze che la vita dello spirito presenta nelle sue sferediverse: non solo quindi le ragioni della ragione, maanche le ragioni del cuore che, come aveva affermatoPascal, la ragione non sapeva riconoscere. La distanzadalla rivendicazione dellirrazionale si riduce, in quan-to qui la ricerca di una rinnovata sistematicit della filo-sofia esige un rinnovamento dellidea stessa di ragionein grado di comprendere e chiarificare anche i motivi ele esigenze della vita sentimentale e pratica. In questaesigenza Abbagnano bench non vi siano riferimentitestuali sembrava condividere lintenzione che animavala filosofia di Jaspers, specialmente nelle lezioni del1935 su Vernunft und Existenz. Nei Ricordi, Abbagnanoci dice che proprio nel periodo napoletano, quando sidivideva tra linsegnamento liceale e quello al Suor Or-sola, tra le altre tante letture fece la scoperta di Kierke-gaard, di Sein und Zeit e dei testi di Jaspers, anzi pro-prio la lettura di Jaspers lo sollecitava a continuare aelaborare i principi gi espressi ne Le sorgenti irrazionalidel pensiero. In queste stesse pagine dei Ricordi Abba-gnano rievoca con partecipazione il periodo trascorso alSuor Orsola, che lasci quando nel 35 vinse il concorsoche lo avrebbe portato a Torino103.

    103 Cfr. N. Abbagnano, Ricordi di un filosofo, cit., pp. 41 e 46.

  • Giuseppe Cantillo496

    Dopo la sua partenza linsegnamento di Storia dellafilosofia per qualche anno fu tenuto da Carbonara. Perventanni, dal 36 al 56, vi ha insegnato lo storico dellafilosofia Antonio Corsano, introdotto al Suor Orsola daGentile, mentre Aliotta ha avuto gli insegnamenti di Pe-dagogia e Filosofia, svolgendo corsi per lo pi sulle filo-sofie del Novecento. Nella seconda met degli anni 70si riprendeva su pi vasta scala la consuetudine delleconferenze presso il Magistero risalente agli anni 20104,mentre nei decenni successivi si sviluppata unintensae multiforme attivit culturale con lorganizzazione dinumerosissimi convegni e seminari nellambito filosofi-co, teologico, giuridico, pedagogico, estetico e storico-artistico105.

    Un evento culturalmente significativo stato, in tem-pi recenti, listituzione di una seconda Facolt di Letteree filosofia a Napoli nellambito di unistituzione univer-sitaria ricca di tradizioni qual lIstituto UniversitarioOrientale. Non si trattato tanto di corrispondere aunesigenza di decongestionamento dellateneo napoleta-no, quanto di assecondare unesigenza di diversificazionedellofferta culturale. In effetti la diversificazione c sta-ta, non tanto per nei curricula, quanto nel clima cultu-rale, poich il corpo docente chiamato a costituire ilcorso di laurea nella sua maggior parte non provenivadalla Facolt di Lettere e filosofia napoletana, ma eraestraneo a essa anche quanto a formazione, corsi di stu-di e relazioni accademiche.

    Le prime discipline attivate sono state quelle di Filo-sofia morale e filosofia teoretica tenute da GiovanniCrapulli, di Filosofia della storia tenuta da Mario Agri-mi che diventer negli anni successivi preside dellaFacolt e