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FRANCESCO ANTONIO MARCUCCI A cura di Valter Laudadio Scritti sulla Musica Istituto Suore Pie Operaie dell’Immacolata Concezione

FRANCESCO ANTONIO MARCUCCI Scritti sulla Musica · 2013. 6. 27. · re nella cultura del Settecento italiano ed europeo gli scritti sulla musica di mons. Marcucci e a collegarli alle

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FRANCESCO ANTONIO MARCUCCI

A cura di Valter Laudadio

Scritti sulla Musica

Istituto Suore Pie Operaiedell’Immacolata Concezione

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Il Venerabile Francesco Antonio

Marcucci nacque a Force (AP),

sabato 27 novembre 1717 dall’av-

vocato Leopoldo, di nobile e

religiosa famiglia ascolana e da

Giovanna Battista Gigli, dami-

gella della famiglia Marcucci.

Il bambino crebbe ad Ascoli dove

fu educato con cura dai familiari

e da un precettore. Gli si pro-

spettava un avvenire brillante e

facoltoso, quale unico erede di famiglia, eppure scelse Dio come

il bene più alto a cui si consacrò con voto di castità a 17 anni e

mezzo.

Il 25 febbraio 1741 fu ordinato sacerdote.

Il suo tenero amore a Maria Immacolata e la compassione per la

condizione femminile gli fecero maturare l’idea di fondare una

Congregazione mariana con la missione di educare e formare la

donna, protagonista del rinnovamento della società a partire

dalla famiglia.

Riuscì a realizzare il suo sogno a 27 anni, l’8 dicembre 1744 con

l’apertura della Congregazione delle Pie Operaie dell’Immacolata

Concezione.

Avviò subito la scuola per le fanciulle nobili e popolane facendosi

lui stesso maestro delle suore.

Il 15 Agosto 1770 a Roma fu consacrato vescovo di Montalto

Marche e il 19 gennaio 1773 vicegerente di Roma. Ha lasciato

ovunque un'impronta di virtù, di carità creativa e di promozione

sociale.

Morì santamente ad Ascoli Piceno il 12 luglio 1798. Le sue spoglie

riposano all’interno della chiesa dell’Immacolata, annessa alla Casa

Madre delle Concezioniste, che egli stesso aveva fatto costruire.

Il 27 marzo 2010 Papa Benedetto XVI ha promulgato il decreto

del riconoscimento delle sue virtù.

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Opera Omniadi Francesco Antonio Marcucci

6 .2

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PIANO GENERALE

Sezione 1. storico-letteraria

2. biblico-teologica

3. mariologica

4. filosofica

5. omiletica

6. varie

7. epistolare

VOLUMI PUBBLICATI

5.1 Abbozzi di esercizi spirituali dati al mio clero, 2001.1.1 Artis Historicæ Specimen. Riflessioni sopra di alcuni precetti più importanti dell’Arte

Istorica, 2002.1.2 De Asculo Piceno. De Inscritionibus Asculanis. Delle Sicle e Breviature, 2002.3.1 Sermoni per il triduo e per la festa dell’Immacolata Concezione, 2004.3.2 Sermoni per le feste Mariane, 2008.1.3 La Gramatichetta Franzese ad uso delle educande del Ven. Monistero dell’Immacolata

Concezione di Ascoli; L’Egloga pastorale per l’Epifania del 1754 e Il Tetralogo tra unaMaestra e tre Pellegrine Oltramontane, 2008.

1.4 Prosodia latina e Antologie metriche, 2008.6.1 Regolamento di vita, 2009.

Istituto Suore Pie Operaie dell’Immacolata Concezione

MARCUCCIANA OPERA OMNIAdiretta da Maria Paola Giobbi

Al coro degli "Amici del Marcucci" di Ascoli Piceno che animano le celebrazioni liturgiche della comunità e della scuola

con passione e professionalità

Allegoria della Musica medievale: Musica mundana, humana et instrmentalis.Dall’Antiphonarium mediceum, MS. Pl. 29, I, f. 1. firenze, Biblioteca Laurenziana.

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Stemma del venerabile Francesco AntonioMarcucci, scelto nel 1741 quando diventa sacer-dote. Egli utilizza lo stemma della sua famiglia,riportato sulla metà a destra, dove sono raffigu-rati tre monti, simboli delle virtù della giustizia,della clemenza e dell’equità; la stadera rafforza ilsimbolo della giustizia. Sulla parte sinistra, intro-duce l’immagine dello Spirito Santo edell’Immacolata “delizia del suo cuore e scala persalire al cielo”. Lo stemma fu mantenuto per tutta la vita. Il cap-pello sull’ovato fu aggiunto nel 1770, quandodivenne Vescovo e la croce con due aste trasver-sali nel 1781, quando divenne Patriarca diCostantinopoli.

Istituto Suore Pie Operaie dell’Immacolata Concezione

FRANCESCO ANTONIO MARCUCCI

Scritti sulla Musica

A cura di Valter Laudadio

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In copertina: Angeli musicanti, particolare del soffitto della Biblioteca “FrancescoAntonio Marcucci”, sec. XVIII, Casa Madre delle Suore Pie Operaie dell’ImmacolataConcezione, Via San Giacomo, 3 - Ascoli Piceno. Foto Domenico Oddi.

© 2010 – Suore Pie Operaie dell’Immacolata ConcezioneCasa Madre, Via San Giacomo, 3 - 63100 Ascoli PicenoE-mail: [email protected] generalizia, Via Cosimo Tornabuoni, 2 - 00166 Romawww.monsignormarcucci.com

Stampa: Fast Edit srl - Acquaviva Picena (AP) - 2010

Indice

Presentazione ............................................................................................................................................................................................................................................ XI

Premessa ................................................................................................................................................................................................................................................................ XIII

Indicazioni bibliografiche e rinvii al testo ................................................................................................................... XXI

Introduzione ............................................................................................................................................................................................................................................... XLIX

I. Una volontà e un atteggiamento rivelatori ................................................................................................................ LI

I.A La causa scatenante .......................................................................................................................................................................... LI

I.B L’humus dell’epoca ........................................................................................................................................................................... LVIII

II. Il mondo musicale di Marcucci ............................................................................................................................................................. LXV

II.A Conoscenze e competenze ............................................................................................................................................. LXVII

II.B Il fuoco della tradizione: liturgia e tensione teologica ........................ LXXIX

II.C Tra eredità medievale e nuove sensibilità ............................................................................ LXXXVII

III.C.1 Musica scientia non ars ............................................................................................................................. LXXXVII

III.C.2 L’estetica musicale del ‘700 ........................................................................................................ LXXXIX

III. Per una valutazione: limiti e apporti ........................................................................................................................................ XCV

Criteri di edizione ........................................................................................................................................................................................................................ CVII

DIreTTorIo DeLLA MuSICA .......................................................................................................................................................................... 1

Discorso preliminare ............................................................................................................................................................................................................. 7

Parte Prima - Della musica vocale ................................................................................................................................................... 17

Parte Seconda - Della musica istromentale .............................................................................................................. 35

Interlocutrice sopra la musica ...................................................................................................................................................................... 51

Conclusione dell’apertura ...................................................................................................................................................................................... 53

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MuSICA SeMPLICe

detta comunemente Canto Fermo o sia Gregoriano .......................................................... 65

reGoLe DeL CAnTo, e Suono FIGurATo,

ad onor di Gesù, e di Maria SS.ma Immacolata ............................................................................ 77

Parte Prima - Musica Figurata di Canto,

detta comunemente Canto Figurato ............................................................................................................................. 81

Parte Seconda - Musica Figurata di Suono,

detta comunemente Suono sopra la Parte .................................................................................................... 109

Appendice ......................................................................................................................................................................................................................................................... 117

I L’arpa ............................................................................................................................................................................................................................................................... 119

II Dall’epistolario ..................................................................................................................................................................................................................... 121

III Trascrizioni e commento

O caro Paradiso .......................................................................................................................................................................................................................... 143

Prigioniera ............................................................................................................................................................................................................................................. 144

Indice - antroponimi, toponimi, cose notevoli ................................................................................................. 145

XI

Presentazione

Ho accolto con molta gioia e gratitudine la proposta del Prof.

Valter Laudadio di studiare gli “scritti sulla musica” del

Venerabile Marcucci.

Fin dai primi contatti, mi hanno colpito il suo entusiasmo e la sua

umanità. Poi, durante il percorso preparatorio alla pubblicazione, ho

potuto apprezzare la sua preparazione e il suo impegno a contestualizza-

re nella cultura del Settecento italiano ed europeo gli scritti sulla musica

di mons. Marcucci e a collegarli alle informazioni, ricavate dall’epistola-

rio e da altri scritti, relative all’uso della musica nella sua scuola e nella

liturgia della comunità delle Suore Concezioniste.

Il Prof. Laudadio da circa tre anni è impegnato nello studio dei mano-

scritti del Marcucci inerenti la materia musicale: Direttorio della Musica.

In rapporto del canto e del Suono (1746); Regole del Canto e Suono

Figurato (1756); l’Arpa (1769), l’Interlocutrice sopra la musica e la

Musica semplice (entrambi non datati), tutti inediti.

Essi sono stati trascritti e raccolti nel presente volume, arricchiti da

tetragrammi e pentagrammi scansionati dai manoscritti originali e corre-

dati da ampie note scientifiche ed esplicative.

Tutta l’opera marcucciana, compresa quella sulla musica, va inqua-

drata nel proposito di contribuire a salvaguardare i valori più autentici

della tradizione pur accogliendo le migliori istanze innovative della cul-

tura illuminista.

La musica è per l’educatore Marcucci uno strumento importante per

mantenere nella scuola un clima sereno e gioioso e diventa il simbolo

dell’armonia che la formazione integrale permette di raggiungere.

Il soffitto della sua biblioteca, lasciata alle suore e alle studentesse, è

decorata con angeli musicanti cha da una ringhiera guardano verso il

basso proprio ad esprimere l’atmosfera che le giovani ragazze vivevano

nella scuola e l’esito della loro formazione culturale volta ad elevare la

società verso orizzonti più ampi e più alti.

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premessa

Tentando di delineare la figura del Marcucci, Mons.Chiaretti lo definì senza esitazione alcuna “il Francesco diSales in versione italiana, non ancora conosciuto e studia-

to a fondo”.1 Sulla prima parte dell’affermazione non posso pro-nunciarmi; concordo invece sulla seconda, poiché Marcucci hafatto molto e molto ha scritto.

Lo si può constatare anche sul versante musicale. In effetti, ilfondatore della Congregazione delle Pie operaie dell’ImmacolataConcezione (8 dicembre 1744),2 promotore della prima scuola perdonne di Ascoli (1745)3 e dell’Accademia dell’ImmacolataConcezione (28 settembre 1747),4 autore di un impressionantenumero di opere,5 intimamente convinto della necessità di provve-

1 Positio, II, p. 936.2 La città di Ascoli aveva già monasteri femminili di clausura (Sant’AngeloMagno e Sant’onofrio); pertanto l’iniziativa di Marcucci, che “volle che le suesuore fossero pie operaie, cioè dedite alla preghiera e alla formazione delle gio-vani come attività primaria” (Giobbi-Papetti 2007, pp. 57-8), rivela una volutainnovazione.3 La scuola era aperta alle fanciulle di ogni condizione; più volte Marcucci nerivendica il merito: inizialmente ne furono accettate solo ventiquattro, “per lopiù povere” (Direttorio 1763, n° 1); “ma povere nella maggior parte” (Relazione,n° 36).4 “pensata come luogo di approfondimento conoscitivo, dottrinale per appro-dare alla sacra scienza”: Grelli 1995, p. 125.5 Sensi 1995, p. 46 n., rifacendosi a Positio super scriptis, pp. 12-51, parla di 179titoli comprendenti 127 opere manoscritte e a stampa, corrispondenza, scrittisenza data, frammenti e postille autografe; ma Zenobi 2008, p. 16, precisa che “i redattori delle precedenti bibliografie ne stanno preparando un’altra ancorapiù aggiornata, che è arrivata a registrare circa 682 opere (anche se il termineopera è da intendersi in senso molto lato, poiché spesso significa anche un sem-plice foglio manoscritto)”. Per ulteriori approfondimenti sulla biblioteca delMarcucci rinvio sempre a Zenobi 2008, pp. 21-4.

XII

Con questo lavoro, lo scrigno che l’opera omnia marcucciana sta sve-

lando, si impreziosisce di un ulteriore gioiello che arricchisce la cultura

e la vita.

Un grazie sincero al Prof. Laudadio per il lavoro e la cura che ha dedi-cato a quest’Opera.

Suor Maria Paola GiobbiPia operaia dell’Immacolata Concezione

XIII

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dere alla istruzione delle novizie della sua congregazione e delleeducande,6 certo non poteva esimersi dal compendiare anchequelle nozioni del linguaggio musicale che riteneva fondamentalie indispensabili per chi avrebbe dovuto utilizzarle quasi esclusi-vamente per il servizio liturgico.

Alla confezione di questo vero e proprio Bignami dell’epocaMarcucci ha lavorato a lungo, per un decennio, in cui si evidenzia-no due momenti distinti: il 1746, anno della prima versione, e il1756, nel quale compare la seconda versione (probabilmente dopoaver controllato l’efficacia della prima).

La presentazione dei testi recuperati viene organizzata in quat-tro parti. Le prime tengono conto della successione cronologica ologica: I Direttorio della musica: è la prima versione e comprende Dellamusica vocale e Della musica istromentale; è datata 1746, subito dopol’apertura della scuola;II Interlocutrice sopra la musica: è una introduzione generale (maincompleta); non è datata ed è impossibile stabilire se sia statacomposta prima o dopo la seconda versione; comunque, poichésostituisce il Discorso preliminare che introduceva il Direttorio, lainserisco qui poiché chiaramente destinata a questo scopo dal-l’autore;III la seconda versione comprende due titoli: Musica semplicedetta comunemente Canto Fermo o sia Gregoriano e Regole del Canto eSuono Figurato ad onor di Gesù e di Maria santissima Immacolata; ilsecondo, datato 1756, è diviso in due parti: Musica Figurata diCanto, detta comunemente Canto Figurato e Musica figurata di Suono,detta comunemente Suono sopra la Parte;

IV Appendice, nella quale ho inserito:- un testo che tratta dell’arpa, datato 1769 e che non si adattereb-

be ad essere ospitato nella Musica figurata di Suono, riportandouna trattazione dello strumento molto più elaborata di quelladegli altri strumenti;

- alcune lettere (datate dal 1774 al 1789) utili sia per l’inquadra-mento contestuale dell’autore che per la presenza di alcuniaspetti dei suoi interessi musicali che non compaiono nei duesunti;

- la trascrizione e l’apparato di alcuni brani portati ad esempio(non credo attribuibili allo stesso Marcucci).Le due versioni della stessa materia, che ovviamente presenta-

no ripetizioni, costituiscono una buona dimostrazione di unaperenne tensione al miglioramento. Ma non si può parlare dellavolontà di costruire una enciclopedia; infatti egli pensa che lo stru-mento enciclopedia consenta una

“cognizione ed erudizione sol generale dei primari principi”, [per-tanto] “la sola Enciclopedia non basta a costituir un uomo dotto, mapiuttosto, se non sappia moderarsi, serve di fomento ad essere ungran Cialtrone in tutto”.7

Del resto, che questa produzione teorica musicale non sia stataconcepita ab initio all’interno di un preordinato impianto enciclo-pedico (diversamente da quanto è stato supposto, non so se aragione, per la maggior parte della produzione marcucciana),8viene confermato anche dal confronto con altre produzioni delMarcucci. Infatti, non appare del tutto confermata quella che èstata ritenuta una delle caratteristiche fondamentali della sua pro-duzione, almeno di quella più o meno apertamente indirizzataalle suore e alle educande; e cioè che si esprime, con diversi esiti,su due piani: la ricerca culturale e l’impegno educativo (caratteri-

6 Gli educandati annessi ai conventi erano destinati ad accogliere ragazze, allequali, organizzate in classi speciali, veniva insegnato quanto bastava a “legge-re, scrivere e far di conto”, veniva cioè data una formazione non molto estesané sistematica, con l’aggiunta di istruzioni per i lavori di cucito e di ricamo e diun avviamento alla pratica del canto e della pittura: Sensi 1995, p. 39 e, per ilcaso ascolano, Anselmi 1995, pp. 103 s.

7 Saggio 1754, 4.8 È il caso, tra i vari, di Anselmi 2002, p. XXIV. Mi sembra, però, una spiega-zione a posteriori non suffragata da testimonianze e neppure da motivazioni.

XIV XV

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stica di probabile derivazione muratoriana).9 Si vedrà, infatti,come sul versante musicale probabilmente neppure si possa par-lare di ricerca. non a caso, la produzione musicale (in senso lato)non compare nell’elenco della egidi (che, però, voleva presentareuna introduzione generale al Marcucci;10 inoltre nessuno, fraquanti si sono impegnati nell’affrontare il personaggio, vi ha fattoil minimo cenno.11 e forse non è un caso se nel catalogo della suabiblioteca compaiono ben pochi titoli di argomento musicale, deiquali uno solo si incontra citato nei suoi scritti.12

ovviamente, tutto questo non può che rinviare ad una conside-razione di carattere più generale, per cui è auspicabile l’apporto dialtri elementi di giudizio che, a mio parere, potranno giungeredalla pubblicazione di tutta la restante produzione marcuccianaancora inedita. Sono certo che la conoscenza scientifica del ricchis-simo epistolario e uno studio rigoroso del catalogo della bibliote-ca marcucciana potranno costituire non solo una specie di natura-le completamento alla edizione della sua opera omnia, ma ancheun input per ulteriori indagini.

Invece, da questi scritti (considerata la loro destinazione) piùche negli altri si riconosce immediatamente una delle motivazionipiù profonde del suo intenso lavoro: la volontà di riassumere tuttoil sapere dandogli una netta impostazione didattica e formativa.

Tale impostazione si impernia su un bagaglio culturale vera-mente invidiabile che, però, egli stesso ridimensiona. A questoproposito è bene ricordare, per capire il personaggio, come eglipur riconoscendo che

“ogni uomo desidera naturalmente saper di tutto”,13

era intimamente convinto che, non essendo possibile essere

“dotto e versato in tutte le Arti e le Scienze […] è d’uopo […] inter-narsi bene in quelle Facoltà che sono più necessarie ed utili pelnostro regolamento civile, morale e cristiano e più confacente alnostro stato ed alla nostra professione”;14

e che solo

“Colui, che delle cose possibili a risapersi dall’uomo, conosca lecagioni o le proprietà o gli effetti o le relazioni o le dottrine o glisperimenti e simili, la grand’Arte del Sapere possiede”.15

Per quanto riguarda l’impostazione del lavoro devo riconosce-re che non è stata precostituita, ma, come accade spesso, si è for-mata poco a poco. Alla fine, lo studio di questi testi sulla musicami ha portato a focalizzare l’attenzione su due aspetti: l’impegnodidattico-formativo e il mondo musicale.

Per quanto riguarda il primo ho cercato di individuare le moti-vazioni che hanno spinto Marcucci a compendiare anche le cono-scenze musicali. ovviamente, la prima motivazione, peraltroabbastanza scontata, cioè fornire suore ed educande di un sicuro eagevole strumento di consultazione, è quella più semplice e diret-ta. Ma, dopo il lavoro di contestualizzazione storica, sono emersemotivazioni ben più profonde e interessanti. e questo, a mio pare-re, ha dato dei risultati significativi: mettere l’operato delMarcucci in relazione con la temperie del tempo, con le pressionidei Lumi e la conseguente politica culturale della Chiesa, ha datolo spunto per apprezzare quanto importante sia la funzione che sipuò attribuire a questi aspetti dell’educazione nell’opera di disci-plinamento sociale;16 ha fatto vedere l’ecclesiastico al servizio

9 Anselmi 2002, p. XXVIII.10 egidi 1994.11 Valga per tutti AAVV 1995.12 V. la lettera n° 5 in Appendice.13 Saggio 1754, Schediasma 2.

14 Saggio 1754, 4.15 Dell’Arte del Sapere, p. 2.16 La regolamentazione dei comportamenti e degli atteggiamenti permette ineffetti di uniformare maggiormente le modalità di relazione tra i componenti dellasocietà, cosicché muoversi ed agire in essa divenga piú agevole e il dominarla

XVI XVII

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della sua Chiesa; in definitiva, ha contribuito a delineare con piùprecisione lo spessore dell’uomo, del quale, peraltro, ha anchepermesso di individuare i limiti culturali.

relativamente al secondo aspetto, ho cercato di riconoscere leconoscenze, analizzare le competenze (anche cercando di capire setra i vari esempi presentati alcuni possono essere attribuiti a lui),precisare la concezione della musica; il tutto considerato nellarealtà del suo tempo, per certi versi sospeso tra eredità medievalee nuove sensibilità estetiche, oltre che sociali.

Finalmente, ho chiuso l’indagine con una valutazione del per-sonaggio in generale e delle sue fatiche di argomento musicale inparticolare, mettendo in evidenza i punti critici e quelli di forza.

non posso chiudere la premessa senza ricordare che questafatica ha fruito di numerosi aiuti.

Tra i tanti che mi hanno permesso di beneficiare della loro com-petenza e cortesia, dispensandomi la loro scienza e dedicandomila loro amabile attenzione, talora andando anche al di là delle mieesigenze e dei miei desideri, devo ricordarne almeno tre.

Anzitutto suor Maria Paola Giobbi, per la fede e la semplicitàcon le quali mi ha convinto ad intraprendere questa impresa. Più importante ancora, se possibile, si è rivelata la costante ama-bilità con la quale ha seguito l’avanzata dei lavori: è sempre stataprodiga di consigli, suggerimenti e affettuose “spiate” e pronta agioire ogni qual volta le anticipavo le poche notizie a lei ancoranon note.

Poi Sasha Carhart Zamler, per la ricchezza critica dei suoi con-tributi, elargiti a piene mani ogni volta che lo ho interpellato perquestioni musicologiche. Si è rivelato un magister affettuoso: sem-pre contento di essere interpellato, mi ha concesso di scambiarecon lui una messe incredibile di corrispondenza elettronica che haavuto come esito la nascita non solo di una reciproca stima, maanche di una amicizia convinta.

Infine Paolo Peretti, che mi ha aiutato in maniera decisiva asciogliere i dubbi interpretativi di diversi passi di questi appunti.

nei confronti di tutti e tre conservo un debito perenne, aven-do da loro ricevuto molto più di quanto io sia stato in grado didare.

Ma, inaspettatamente, devo ammettere che il ringraziamentomaggiore lo devo allo stesso Marcucci, verso il quale ho semprepiù maturato un fortissimo senso di gratitudine personale, perdue motivi.

Anzitutto perché per rendere conto al lettore dei suoi esplici-ti e impliciti rinvii storiografici e musicologici ho dovuto affina-re il metodo di indagine. Ho dovuto pormi il problema di stori-cizzare i suoi scritti, di riconoscere la storia e l’autore in queidocumenti specifici, prima e oltre che i loro valori formali estrutturali. Insomma, studiare questi scritti ha significato perme collocarli nel quadro storico complessivo della società che liha prodotti, nel contesto dei fermenti culturali e, per quantoimplicitamente, delle sollecitazioni e delle istanze di cui ancheessi si sono rivelati interpreti; ho dovuto trattarli come spec-chio17 di mentalità, modo di comprendere e di organizzare ilmondo.18

piú fattibile. Ma il rilievo che l’educazione ai buoni costumi assume è di mag-gior peso nel momento in cui la si collega con l’insegnamento delle virtú e quin-di con aspetti che vanno oltre il processo di disciplinamento, per riguardare laforse piú impegnativa opera di moralizzazione della società. Proprio a questotendeva l’opera del Marcucci: alla acquisizione di un sistema di valori tramitel’insistenza sulla educazione dei costumi, sull’insegnamento delle virtú e sullaeducazione morale e religiosa (ma qui si va oltre i limiti attribuiti a questa inda-gine). e perciò l’opera educativa, in particolare su questi aspetti, ha un rilievofondamentale nel processo di disciplinamento, ma ancor piú, di moralizzazio-ne della società che è sottesa allo strutturarsi della civiltà moderna.

XVIII

17 uso la parola specchio nel senso dei teorici medievali, che con speculumintendevano tutto ciò che risultava degno di speculatio. 18 In seguito preciserò i limiti e i condizionamenti della fonte.

XIX

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XX

Il secondo motivo è per la lezione di umiltà che traspare daisuoi scritti e che nel 1754 egli ha compendiato con parole di unasemplicità disarmante:

“se io talora fallirò, non proverrà da altro che o dalla fretta sche-diasmatica19 con cui scrivo o dalla inavvertenza o talora dalla pocacognizione”.20

e questa ammissione, fatta da uno che non a caso si era dato permotto “Amanti numquam satis”,21 costituisce una lezione che mi fasentire veramente piccolo.

XXI

INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHEE RINVII AL TESTO

Sigle

ASC Archivio Suore Concezioniste di Ascoli PicenoBSC Biblioteca Suore ConcezionisteCS e. de Coussemaker, Scriptorum de musica medii aevi

nova series, 4 voll., Paris 1864-76CSM “Corpus Scriptorum de Musica”, American Institute

of Musicology, [rome]DEUMM Dizionario Enciclopedico Universale della Musica e dei

Musicisti, Torino 1984 EdM Enciclopedia della Musica, diretta da J.-J. nattiez,

Milano 2006GS Gerbert M., Scriptores ecclesiastici de musica sacra potis-

simum (…) a Marino Gerberto, 3 voll., St. Blasien 1784;ed. anastatica Hildesheim 1963

PL Patrologia latina, series latina, ed. J.-P. Migne, 221 voll.,Paris 1878-90

1. Opere del Marcucci

AHS2002 Artis Historice Specimen. Riflessioni sopra di alcuni

Precetti più importanti dell’Arte Storica, Ascoli Piceno

CostituzioniCostituzioni dell’Accademia dell’Immacolata Concezione,Ascoli Piceno 30 settembre 1747, ms. 16 pp., ASC 16

Io vedo maltrattato nello stesso modo tanto chi è capace di imparare quanto chi non lo è”(Arduini 2001, p. 311). ovviamente, in questo caso non era “stupido” il miomaestro: ero sciocco io, che stavo cercando vanamente ciò che non c’era!19 Dal greco σχεδίασμα: ciò che è fatto, scritto, detto estemporaneamente, contrascuratezza. Il termine schediasma era molto in voga tra ‘600 e ‘700 nel sensodi improvvisazione, cosa estemporanea realizzata in fretta: v., tra i numerosi,Lent 1697, Barucci 1727, Berndt 1732, rothe 1752.20 Saggio 1754, 9. Dodici anni più tardi, riprendendo un detto di S. Agostino,così scriverà alla discepola Maria emmanuele: “L’umiltà renderà a te comuneciò che natura non ha fatto comune” (ASC, Epistolario, Vol. III, n° 132).21 Discorso per la festa dell’Immacolata Concezione dell’anno 1755, Proemio n° 1, inSermoni 2004, p. 95.

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XXII

De Asculo2004 De Asculo Piceno - De Inscriptionibus Asculanis - Delle

Sicle e Breviature, opera omnia di F. A. M., 1.2, AscoliPiceno

Dell’Arte del Sapere1764 Dell’Arte del Sapere, trattato di Faminio Dicànori, ASC,

ms., n° 1518

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XXIII

Relazione1745 Relazione o sia Ragguaglio annuale dello stato temporale e spi-

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Sermoncini2008 Sermoncini abbozzati sopra la Sacra Liturgia della Santa

Messa recitata nei sabati (16 novembre 1753 - 14 settembre1745, a cura di s. M. P. Giobbi, Ascoli Piceno

Sermoni2004 Sermoni per il Triduo e per la Festa dell’Immacolata

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2008 Sermoni per le Feste Mariane (1746-1789), a cura di s. M.P. Giobbi, opera omnia di F. A. M., 3.2, Ascoli Piceno

VC1740 La vita comune estratta dalle opere di San Francesco di

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XXIV

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egidi suor M. C.1994 Il Servo di Dio F. Antonio Marcucci nella sua vita e nelle

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Positio2003 Asculana in Piceno Beatificationis et Canonizationis Servi

Dei Francisci Antonii Marcucci archiepiscopi - episcopiMontis Alti e tertio Ordine Sancti Francisci fundatoriscongregationis sororum piarum operaria rum abImmaculata Conceptione (1717-1798) Positio super famasanctitatis et virtutibus, Congregatio de causisSanctorum Prot. n° 1083, 2 voll., romae

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XXVI

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Introduzione

XLVIII

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I.

UNA VOLONTÀ E UN ATTEGGIAMENTO RIVELATORI

ritengo che il punto di partenza per questa indagine delmondo musicale marcucciano debba essere costituito dalla analisidel suo impegno didascalico, destinato alla acculturazione delle“sue donne”. Si tratta di un impegno continuamente dichiarato,22

evidente (come richiede la realizzazione di un compendio) e pro-lungato, che nel campo musicale è documentato per almeno undecennio.

I.A La causa scatenante

Se osserviamo la stato della acculturazione musicale mediadella popolazione ecclesiastica all’epoca del nostro, non è diffici-le riconoscere la necessità di un intervento di natura didattica.

È risaputo che fin dalla antichità l’essere periti nella musicafaceva guadagnare in considerazione sociale. Il che viene confer-mato quando, avvicinandoci al Settecento, si ha a che fare contutte le tipologie musicali, dal canto gregoriano alla polifonia allamusica delle sagre paesane. In merito le testimonianze sono uni-voche, anche in ambito locale. Si può portare come esempio unaspetto abitualmente poco considerato: la plurisecolare pratica delcantare alle messe novelle. Questa pratica (sopravvissuta fino aigiorni nostri) allora vedeva impegnati quasi esclusivamente eccle-siastici, era ricercata e apprezzata e costituiva una manifestazionereligiosa di tipo e finalità pubbliche nella quale era chiaramente

22 In tutte le opere del Marcucci si incontrano frequenti riferimenti a questavolontà, che rende esplicita una delle sue caratteristiche più peculiari. Inoltre,anche dopo il 1756 Marcucci non ha lesinato consigli e suggerimenti musicalialle sue suore (come documentato nelle lettere in Appendice).

LI

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evidente il risvolto municipalistico con il diretto intervento delleautorità locali.23 non era un caso, quindi, che la sua esecuzionevenisse pagata dal camerario o dal cancelliere del comune:

“item a don Iulio de Cesaro fiorini quatre et bolognini trenta doiper elemosina del cantare de la messa [novella] sì come apare perbollettino”;24

“item a don Iacopo del Pogio Paganello florino uno per cantare lamessa novella”;25

“[...] et più de spisi […] a frate Baptista al cantare della messanovella fiorini doi et bolognini dodici”.26

La cronaca di quanto accadeva in queste occasioni riporta ilclima di festa della collettività e mette in evidenza un interessantespaccato sulle relazioni che vigevano in quella realtà locale e suivincoli che legavano i suoi componenti (persone, famiglie, vicina-to, clan):

“[...] et prima nel cantarsi la messa novella da qualche sacerdoteandava egli coi suoi parenti uomini, e donne et amici per la terracoi maestri di suonare ballando, et festeggiando. Alcuni uominigagliardi portavano uno o due arbori di lauro, et quivi le personeaffettionate, o caritative appendeano galline, pollastri, piccioni,cascicavalli, moccatori, collari camice, e talvolta sperlicce et altrebiancherie per la chiesa o per la casa. nella chiesa riceveva l’offer-ta delli denari, i quali sopravanzavano la decina. In casa se glimandava vino, pane, farina, cascio, ricotta, carne o dell’animali damacello o di cacciagione, dovendo servire buona parte nel convi-to, che a’ parenti, amici, et benefattori toccava”.27

e la considerazione di chi veniva ritenuto esperto nella mono-dia gregoriana e nella polifonia sacra poteva meritare, accanto adaltri riconoscimenti, un elogio, magari non sempre controllatocome nel caso, piuttosto frequente, della citazione nella registra-zione dell’atto di morte di un parroco:

“Die 21 februarii 1717. Iacobus Palla prepositus huius ecclesiematricis Montis divi Pauli […]Fuit vere pater pauperum nam cum […] esset fames in patria adsubstendandum suum populum de finitimis regionibus frumen-tum asportari curavit.Parochialem domum non parum ampliavit et in bonis ipsius eccle-sie multis arboribus exornavit nec non in possessionibus propedictam ecclesiam Sancti Angeli magnam fabricam construxit.A vanitatibus et pompis seculi semper abhorruit.In exercendis ecclesie functionibus alius ei similis non fuit nam incantu gregoriano ac figurato instructus faciebat ut sua ecclesia non paro-chialis sed cathedralis appareret”.28

Ma tutto ciò non deve trarre in inganno: la realtà dell’epocadel Marcucci non corrisponde affatto all’intento chiaramenteencomiastico, anche se affettuosamente sincero, del documentoappena citato; e che, invece, la necessità di iniziative di naturadidattica trovasse ampia giustificazione nell’andazzo del tempo

23 Per le tematiche attinenti: Vauchez 1995. 24 Monsampolo del Tronto, Archivio storico del Comune, Esito, registro 41, c.14v. (19 gennaio 1559). Probabilmente la somma riportata doveva servire perpagare un gruppo di cantanti, considerato che all’epoca lo stipendio bimestraledel podestà e del vice podestà della stessa Monsampolo era di quattro fiorini:“Et più pacai a ser Lurito per l’integro salario della podesteria facta in lo Monte santoPolo in mano de Giulio Antonio d’Ascoli fiorini dodici per vigore del bollettino“ (ibi,registro 40, c. 172, 17 gennaio 1555); “Pagai in mano di ser Cruciano Crucetta v(ice)p(odestà) per il suo salario alli doi mesi settembre passato et ottobre presente per bollet-tino sotto il dì presente [25 ottobre 1570] fiorini quattro” (ibi, registro 41, c. 212v).

ringrazio l’attento e sensibile studioso Girolami Luigi, alla cui affettuosaamicizia debbo queste segnalazioni.25 Ivi, Esito, registro 40, c. 88v. (26 agosto 1551).26 Ibidem, c. 163v. (19 luglio 1554).

Le comunità locali erano solite servirsi di specialisti del canto chiamatianche da fuori: “A Febbo de Toccio mandato a Prignone [= Patrignone] per li canto-ri accompagnassi la corona alla Madonna bolognini sei“ (Monsampolo del Tronto,Archivio storico del Comune, Esito, registro 41, c. 91v., 28 agosto 1562); “Et piùalli sopradetti cantori andorno alla Madonna di Loreto per integro pagamento della loromercede fiorini quattro e bolognini sidici [...]“ (ibidem, c. 93, 6 settembre 1562).

Per la partecipazione delle rappresentanze municipali alle messe novellenell’ascolano, Girolami 2010.

LII

27 Viscardi 1997, p. 536.28 Monsampolo del Tronto, Archivio parrocchiale, Libro dei Morti (1678-1742),c. 27v.

LIII

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viene dimostrato da un altro documento coevo, benché di diver-sa area della penisola, relativo alla pratica del canto gregoriano:

“nonostante l’importanza cardine riconosciuta al canto gregoriano, ipreti di Bernalda29 non vogliono cantare […] e monsignor Lanfranchi,30

nella visita effettuata nel 1746, riscontra una assenza quasi totale delcanto gregoriano per cui ordina tassativamente l’istituzione stabiledella scuola a cui dovranno partecipare tutti gli ecclesiastici al di sottodegli anni 40 […] Si precisa ancora che la durata di ogni lezione nondovrà essere inferiore ad un’ora. Il Vescovo, temendo che i locali sacer-doti fossero in grado anche di accorciare i sessanta minuti previsti(conoscendo bene le mancanze e le scostumatezze dei nostri sacerdoti)ordina che “a tal effetto - cioè a che la durata sia effettivamente di un’ora- tenerà l’ambollina a polvere”, ossia ci si doveva servire della clessidra”.31

Che fosse questa la situazione reale e generale, dalla quale scatu-rivano canti che era impossibile considerare edificanti, è dimostra-to, oltre che dalla ammissione pressoché unanime degli autori,32

anche dalla vigilanza e dagli interventi delle gerarchie vaticane.Queste erano state sempre attente non solo all’unità dell’espres-

sione liturgica, ma anche al suo decoro. Almeno dal V secolo i papiavevano iniziato a mandare indicazioni relative alla lingua, ai ritie ai testi da usare nelle liturgie (non alla musica, non essendociancora una semiografia musicale).33 e da allora si può dire che non

ci sia stato pontefice che non abbia avuto tra i suoi scopi quellodella unificazione liturgica; il che si spiega facilmente con la voca-zione cattolica, cioè universale, della Chiesa di roma e con lapaura della eresia o, almeno, delle divisioni interne.

Per venire a tempi più vicini a quello del Marcucci, si può citareAlessandro VII, che con la Costituzione Piae sollicitudinis studio(1652), ritenuta un caposaldo della normativa pontificia in materiamusicale, si era dovuto spingere a denunciare apertamente addirit-tura l’indegnità di molti coristi e cantori di roma, divenuti “offesaalla Maestà divina, scandalo ai fedeli ed ostacolo alla pietà cristiana”e aveva preso posizione per estir pare dalla città eterna, alla quale siriconosceva una voca zione alla esemplarità, la licenza invalsa diusare testi liturgici non approvati, addirit tura in volgare, comeaveva già  fatto l’ere sia protestante. nelle chiese, capocoro e orga -nista potevano e dovevano pontificare, de stando a tratti maggiorinteresse di chi presiedeva la liturgia; l’organo diventava davvero unpersonag gio regale ed anche un monumentale emu lo dell’altare.34

Ma all’epoca del Marcucci la situazione non deve esseremigliorata se Benedetto XIV,35 pontefice fra i massimi canonisti ditutti i tempi, che il 21 febbraio 1749, appena due giorni dopol’emanazione della dottissima enciclica Annus qui, volutamentedestinata a preparare l’imminente Anno Santo e che già contieneposizioni di rigore su certe pratiche musicali,36 con la Bolla De

29 Cittadina in provincia di Matera.30 Si tratta di Francesco Lanfreschi, prima vescovo della diocesi di Gaeta finoal 12 giugno 1737 e poi della diocesi di Acerenza e Matera dal 21 maggio 1738alla morte, avvenuta il 9 febbraio 1754: eubel, VI, pp. 64, 138; Gams, pp. 843,881.31 Armento 1982, p. 97. Sulla situazione generale del canto liturgico traSeicento e primo ottocento e sulla dimensione giuridica degli studi di musico-logia liturgica (la musica sacra partecipa della dimensione sacramentale dellaliturgia), D’Amico 2009.32 Ad es. Fedeli 1757, autore di un trattato dall’intento dichiaratamente dida-scalico, afferma a chiare lettere che gli ecclesiastici devono istruirsi nel canto percompiere il loro dovere nelle funzioni (p. 15).33 Per le riforme portate avanti in campo liturgico tra Basso Antico e AltoMedioevo (dal V secolo fino a a Gregorio VII), v. Sartore e Triacca 1998, pp.1353-79, in particolare pp. 1364-9.

LIV

La riforma più famosa nell’immaginario collettivo (insieme a quella scaturi-ta dal concilio di Trento) resta quella gregoriana, che culminò con il pontificatodi Gregorio VII (1073-85), dal quale prese il nome, e che perseguì varie finalitàoltre quella della unitarietà della liturgia: accettazione della superiorità deldiritto canonico, abolizione del sistema delle Chiese private e dell’investituradei laici, instaurazione del celibato ecclesiastico, restaurazione dell’episcopato,creazione di un centralismo romano di tipo burocratico, ecc. 34 Interessanti le considerazioni di D’Amico 2009, p. 92.35 Il bolognese Prospero Lorenzo Lambertini successe a Clemente XII, venneeletto al pontificato il 17 agosto 1740 e fu papa fino alla morte, avvenuta il 3maggio 1758.36 Benedetto XIV osserva che mentre in teatro la musica suscita diletto attra-verso la melodia, gli artifici, la soavità delle voci, ecc., facendo sì che più voltenon si capisca il testo, “nel canto ecclesiastico si deve badare innanzi tutto a

LV

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ecclesiarum cultu et nitore, de Officiorum ecclesiasticorum et musicesratione rincara la dose, con estrema precisione e decisione, racco-mandando:

“[…] che il canto non sia precipitoso, che si facciano le fermate ne’luoghi segnati, che una parte del Coro non incominci il versettodel Salmo se l’altra parte non ha terminato il suo, […] che il cantosia regolato con voci unisone e che il Coro sia retto da personeperite nel canto fermo”.

non solo: mette al bando i mottetti; ordina di far sì che quel chesi canta sia capito da tutti e serva ad eccitare la pietà37 e che gli

strumenti38 non suonino alla maniera profana e teatrale, ma ecciti-no la devozione; ammette le sinfonie purché gravi e moderateanche nella lunghezza e adeguate ai tempi dell’anno liturgico e aimisteri che si celebrano.39

Proviamo un po’ ad immaginare la preoccupazione delMarcucci: se questa è la situazione dei sacerdoti, che nel semina-rio qualcosa avranno pure studiato, quale può essere il grado dicompetenza o, più semplicemente, di acculturazione musicale dichi, come le “sue donne”, non aveva affatto avuto accesso aglistudi?

Pertanto, il bisogno di un sunto era troppo evidente. Ma sevogliamo comprendere pienamente il motivo fondamentale per ilquale egli non solo ha composto sunti di musica, ma ha dedicatotutte le sue energie alla realizzazione di una produzione pressochéenciclopedica (storia, filosofia, musica …) e dalla tipologia diver-sificata (saggi, compendi, sermoni …), se vogliamo comprenderefino in fondo l’uomo Marcucci, allora dobbiamo inserire il suoimpegno didascalico nel ben vasto quadro dell’epoca, attraversa-ta e segnata da grossi e accesi scontri ideologici e culturali (percerti versi ancora attuali, basti pensare ai rapporti tra scienza efede o fede e politica) e caratterizzata da un tasso di produttivitàveramente strepitoso, nel campo della saggistica in generale (libri,libelli, pamphlets ecc.) come in quello delle opere d’arte (dalle artiplastiche alla musica).40

ottenere una audizione perfetta e facile delle parole”. In particolare, parlandodella musica ecclesiastica sia vocale che strumentale, condanna i trilli, i lunghigorgheggi che opprimono e seppelliscono le parole, dispone che nelle voci checoncertano si tolgano le comuni (le cadenze inconcludenti) e proibisce l’uso deglistrumenti da orchestra eccetto l’Organo, violini, violoncelli, fagotti, viole e violoni:Annus qui (in EE 1/219).37 Il continuo, plurisecolare richiamo ad eccitare nei fedeli la pietà o la devo-zione tramite il canto costituisce ormai un luogo comune, uno stereotipo, perquanto ampiamente giustificato. La situazione cominciò a cambiare verso il1830, quando il movimento ceciliano (attivo in Italia, Francia e Germania) restituìdignità e rilievo alla musica sacra (soprattutto a quella liturgica) sottraendolaall’influsso stilistico del melodramma. L’iniziativa venne sostenuta da variinterventi della Santa Sede, culminati nel motu proprio Inter sollicitudines del 22novembre 1903, dove Pio X affermò che scopo della musica era di “rivestire conacconcia melodia il testo liturgico che viene proposto all’intelligenza dei fedeli[…] di aggiungere maggior efficacia al testo medesimo”, per cui il testo dovevaessere rispettato e da qui i divieti di manomissione, scomposizione, spostamen-ti di parole ecc. presenti in una ininterrotta tradizione: Braga - Bugnini 2000, ni

36.42-44. In Germania il movimento promosse una edizione del patrimonioliturgico antico (Editio Ratisbonensis, 1871-81). In Italia musicisti come Casimirifondarono scuole, associazioni e periodici per lo studio e la diffusione del cantosacro. In Francia Pothier e Mocquereau trasformarono l’abbazia benedettina diSolesmes nel più importante centro di studi per una restaurazione del cantogregoriano (che promosse l’Editio vaticana, 1908), sulla quale, peraltro, si faran-no delle puntualizzazioni. Per approfondimenti relativi al movimento cecilia-no, alla restaurazione del canto gregoriano e ai tentativi dei pontefici (da Pio Xa Pio XII) di rinnovare la musica sacra, Jaschinski 2006, pp. 99-110.

LVI

38 Sono ammessi: organo, violoni, violoncelli, fagotti, viole, violini; sono dabandire: timpani, corni da caccia, trombe, oboi, flauti, flautini, salteri moderni,mandolini.39 Le chiese locali, soprattutto nella Francia neo-gallicana del XVIII sec. faceva-no del repertorio di canto liturgico ampio strazio, in nome di particolarismi chetalvolta, in realtà, mascheravano aspirazioni nemmeno troppo copertamentescismatiche. Anche la musica ed il canto liturgici divennero luogo di lotte poli-tiche e di una novella iperproduzione perlopiù di scarso rilievo artistico: Bux2009.40 Per restare in ambito musicale, basti pensare alla quantità delle composizio-ni di un Bach (1675-1750) o di un Mozart, morto a 35 anni nel 1791.

LVII

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I.B L’humus dell’epoca

Il periodo tra il 1740 e il 1814, segnato dalla ”opposizione dellaChiesa all’Illuminismo e [dalla] chiusura delle sedi inquisitorialiperiferiche”,41 appare scisso fra le continuità che lo legano a unpassato di strutture e procedure consolidate e i mutamenti che loconnettono a un futuro rappresentato dall’Illuminismo (volto arivendicare la centralità della ragione sulla rivelazione) e dallacrisi dell’apparato post-tridentino.

L’evoluzione del papato di Benedetto XIV dimostra che laChiesa dapprima appare cautamente aperta all’Illuminismomoderato,42 ben disposta a stipulare concordati con gli Stati e adaccogliere esponenti di questo Illuminismo;43 ma poi, vedendosiassediata da un movimento che ormai le appare radicalizzato,44 difronte allo sviluppo del giurisdizionalismo e al timore della con-vergenza di giansenisti, deisti, massoni e seguaci del febronianesi-mo45 (tutti esempi di una ragione che si risolve nello stesso assolu-tismo fideistico che dichiarano di voler contrastare), reagisce

attuando una “svolta conservatrice”, ripiegando su “scelte severee integraliste”,46 “chiamando a raccolta le proprie forze migliori,soprattutto quelle dei vescovi, e [mettendo in moto] una vastacampagna a difesa della fede contro le nuove ideologie e le prete-se degli Stati”.47

41 Del Col 2006, Cap. IV.42 Del Col 2006, p. 711. 43 esemplare la vicenda di Ludovico Antonio Muratori, la cui opera Della rego-lata divozion de’ cristiani (1747), intrisa di una “religiosità sobria ed essenziale”(Del Col 2006, p. 711), pur denunciata dai gesuiti, sfugge alla proscrizione. 44 Benché i centri propulsivi dell’Illuminismo non siano state le università, mai salotti degli intellettuali e le società scientifiche nell’ambiente urbano dellecapitali, la sua diffusione fu largamente favorita dalla notevole mobilità deisuoi massimi esponenti (Holenstein 2009, p. 116), rappresentanti della ricca bor-ghesia che così rivendicava l’istituzione di un ordine conforme alle nuovenorme dell’universalità, dell’uguaglianza e della giustizia (Marchasson 2007, p. 1043).45 Per giurisdizionalismo si intende un particolare sistema di rapporti tra Stato eChiesa, basato sulla separazione dei due poteri e sulla sottomissione della giu-risdizione ecclesiastica a quella laica, diffuso in molti stati europei nei secoliXVII e XVIII, teso a rafforzare il potere delle monarchie assolute. Consisteva nellimitare l’ingerenza ecclesiastica in vari settori della vita pubblica e nel ricono-scimento allo Stato di certi diritti di controllo sulle relazione della Chiesa nazio-nale con la Santa Sede o, più largamente sull’attribuzione al potere laico deldiritto di intervento in questioni religiose. Le applicazioni più caratteristiche

LVIII

furono la soppressione di ordini religiosi e le legislazioni restrittive su di essi, laformazione di chiese nazionali, la censura sulla pubblicazione degli Atti eccle-siastici, il controllo sulla nomina dei vescovi, le leggi sui beni del clero, ecc. Glistorici distinguono tra giurisdizionalismo confessionale (quando lo Stato esercitadiritti sulla Chiesa ma ne riconosce e protegge le istituzioni) e laico (quando loStato svolge una politica intransigente o addirittura ostile alla Chiesa).

rifacendosi al pensiero agostiniano, il giansenismo si caratterizza per unarigida concezione della predestinazione dell’uomo alla salvezza e del valoreassoluto della grazia divina rispetto alla volontà umana, nonché per il suo rigo-rismo morale. Anche se la questione della grazia costituisce il suo punto centra-le, tuttavia hanno un ruolo non secondario anche le conseguenze pratiche chevenivano richieste e attuate dai suoi aderenti (accentuazione dei diritti deivescovi di fronte al papa e agli ordini religiosi, rifiuto dell’infallibilità papale,competenza dello stato anche sulle questioni ecclesiastiche).

Il deismo costituiva una corrente di pensiero filosofico e religioso, affermata-si nella cultura europea alla fine del XVII secolo e nel XVIII, e caratterizzatadalla idea di una religione naturale contrapposta al carattere rivelato delle reli-gioni e alle forme istituzionalizzate del culto. È importante notare che si affer-ma nel XVIII secolo dalla prima contrapposizione storica tra Chiesa e mondomoderno, dichiarando i voler combattere i pregiudizi, la costrizione, l’autoritàe i dogmi del cristianesimo. L’uomo illuminato segue la religione naturale, cheesclude la rivelazione, l’autorità della Chiesa e la sua intolleranza. nato da unrifiuto radicale del cristianesimo da parte della ragione dei filosofi dell’illumi-nismo, il deismo invaderà, sotto forme molteplici, tutta l’europa occidentale,spianando la strada all’indifferenza e all’ateismo.

Le confraternite di liberi muratori all’inizio dell’epoca moderna o cessano diesistere o si trasformano in circoli sociali accolgono anche membri di altre pro-fessioni (medici, avvocati, ufficiali, nobili, scrittori: “liberi muratori presunti”) esi propongono l’obiettivo di una religione uiniversale dell’umanità. nel ‘700nelle logge massoniche penetrano le idee del razionalismo e del deismo e inseguito vi si introducono anche nuclei esoterici formati da alchimisti, apparte-nenti ai rosacroce e mistici cristiani. Il credo dei massoni afferma che Dio è ilmaestro costruttore del mondo. I diritti dell’uomo (libertà di fede, di coscienza,di pensiero), la tolleranza e lo spirito di conciliazione sono considerati fra i piùalti principi sui quali deve essere edificato il “tempio dell’umanità”.

LIX

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Si sviluppa così una apologetica, oscillante “tra una netta con-trapposizione ai Lumi […] e un loro cauto e più o meno convintoaccoglimento,” riflesso delle tensioni interne alla Chiesa, “divisadai contrasti tra giansenisti e gesuiti, dal richiamo alla chiesa pri-mitiva e dalla esaltazione della tradizione ecclesiale più recente,dalla percezione, se non anche dalla consapevolezza del “nuovo”che si andava affermando, e dalla incomprensione, spesso tradot-ta in dichiarata ostilità, verso un diverso, possibile cammino”.48

Lo stesso papa Lambertini favorisce la costituzione di quattroaccademie (destinate allo studio dei concili, della storia ecclesiasti-ca, della storia romana e della liturgia) con il chiaro intento didifendere le posizioni “romane” e teso soprattutto al “rafforza-mento dottrinale del papato nel suo percorso storico, contro ilgiansenismo, il gallicanesimo, il protestantesimo e la critica razio-nalistico-illuministica”.49 Inizia così a formarsi quel rifiuto delmoderno che l’imminente esperienza rivoluzionaria e le successi-ve vicende attraversate dalla Chiesa nell’età napoleonica e nell’etàdelle teorizzazioni socialiste contribuiranno a rafforzare.50

Ma tutto questo ha fatto sorgere diversi interrogativi nella criti-ca più attenta, le cui indagini ci permettono alcune considerazioniche, a mio parere, contribuiscono a inquadrare perfettamente tuttala produzione marcucciana nello “spirito del tempo” e, soprattut-to, a mettere nella giusta luce le ragioni più profonde dell’interven-tismo del Marcucci.

Anzitutto l’interpretazione del pontificato di Benedetto XIV.esso da un lato risulta pienamente inserito in questa fase di pro-gressiva chiusura al mondo moderno da parte delle gerarchie vati-cane, mentre dall’altro, almeno nel suo primo periodo, apparedisponibile a un dialogo con la cultura dell’Illuminismo. In realtà,lo scontro sembra prevalere sulla mediazione: la riorganizzazionedella censura attuata da Benedetto XIV con la bolla Sollicita acprovvida (1753) e sfociata nel nuovo Indice del 1758. Questa rifor-ma, che vari studiosi hanno letto quale espressione di una politicadi tolleranza, sembra piuttosto la spia di un tentativo di proporrerinnovate strategie volte a incoraggiare, tra i letterati, la praticadell’autocensura e a creare uno strumento aggiornato e così ade-

Per febronianesimo si intende la dottrina che prende il nome dallo storico egiurista Johan nikolaus von Hontheim, vescovo di Treviri, che assunse lo pseu-donimo di Iustinus Febronius. Questi, in un’opera del 1763 sosteneva la supre-mazia del potere temporale su quello spirituale (di conseguenza la legittimitàdell’intervento del potere laico nelle questioni religiose e morali), la suprema-zia del concilio sul papa (cui non spettava né l’infallibilità nelle decisioni di fedené la giurisdizione sulla Chiesa universale, per cui nei confronti dei vescovisarebbe risultato solo un primus inter pares). In questo modo le chiese nazionalinon erano obbligate a riconoscere la supremazia della Chiesa di roma, neppu-re sulla nomina e deposizione dei vescovi. Il movimento assunse il nome di gal-licanesimo o episcopalismo in Francia, regalismo in Spagna, eriastianismo in GranBretagna, giuseppinismo in Austria. 46 Basti pensare ai numerosi decreti di messa all’Indice che nei decenni succes-sivi colpirono esponenti francesi (Voltaire, Montesquieu, rousseau ecc.) e italia-ni (Beccaria, Amidei, Pilati, ecc.): Del Col 2006, pp. 699-700.47 Del Col 2006, pp. 626-7. 48 rosa 2008, p. 157. Va detto, se non altro per gli esiti che ha avuto e interessa-no in questa sede, che tale atteggiamento apologetico costituisce una continuitàcon la precedente analoga ottica apologetica “sollecitata dalle grandi polemichetra protestanti e cattolici [… che] si tradusse in una ricerca sistematica sul passa-to di tutte le chiese locali cospicue e di tutte le comunità religiose”: Tabacco 1979,pp. 14-5. Il risultato dell’interesse apologetico del ‘600, almeno a livello locale, èstato individuato nella “ricerca di origini ed antichità quanto più possibile remo-te, di glorie passate politiche e militari o di “pompe” di letterati ed artisti o l’in-teresse per singoli monumenti e “cose notabili””: Cameli 2005, p. 36.

non è sorprendente constatare che nel ‘600 sorgono modelli di racconto dimiracoli organizzati per tipologia. Ad es., i racconti dei miracoli eucaristici diLanciano (1273) e Santarem (Portogallo, 1266) si presentano con sospette somi-glianze nella struttura narrativa, nella tipologia dei personaggi, ecc.: cfr.Sergiacomi 1957 e Lucas 1994 per i due miracoli suddetti, i quali, però, nonaffrontano questo argomento e si limitano ad una trattazione poco più chedevozionale, ignorando entrambi del tutto i lavori del Browe.

LX

49 rosa 2008, p. 159.50 La reazione apologetica ha determinato conseguenze negative per la storiogra-fia: storia della Chiesa e apologetica non si sono costituite come autonome disci-pline scientifiche dotate di un proprio statuto epistemologico, di propri materialie metodi. Inoltre, la polemica ha costretto a mantenere la storia della Chiesa in“funzione ancillare di preoccupazioni più squisitamente ideologiche e, dunque, atenerla a livello di strumento per l’apologetica o la pietà”: Vismara 1997, p. 280.

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guato a combattere gli errori contemporanei. Gli elementi innova-tivi andrebbero dunque ridimensionati; non a caso l’Indice dipapa Lambertini è stato valutato come l’esito di uno sforzo disistematizzazione più che di innovazione.51

C’è poi la sostanziale inefficacia della censura ecclesiastica. In proposito va però sottolineato che, se inquadriamo la storiadell’Inquisizione nel più ampio contesto culturale, la crisidell’Inquisizione non comportò affatto la fine dello sforzo di sor-veglianza sulla circolazione libraria da parte delle gerarchie vati-cane. In risposta allo svuotamento dei suoi poteri in periferia, ilSant’ufficio romano puntò infatti sulle armi della persuasione efece appello ai vescovi sia in terra papale sia nel resto della peni-sola attraverso lettere circolari con cui tentò di organizzare unacampagna volta ad arrestare il flusso di testi proibiti; e il papato,dal canto suo, chiamò a raccolta pastori e fedeli contro le letturepericolose mediante l’uso di encicliche.52

Infine, l’invito a scrivere. Contro il diffondersi dei Lumi, i ver-tici cattolici rilanciano una vera e propria guerra dei libri, passan-do dalle tecniche repressive a quelle persuasive; guerra che vienecombattuta, nell’ambito dei rapporti di committenza ecclesiastica,grazie alla pubblicazione di confutazioni di testi all’Indice, di tra-duzioni di opere antiphilosophiques e di recensioni edite su periodi-ci legati alla Santa Sede, dirette a stroncare la produzione proibi-ta.53 In tal senso, nel Settecento affondano dunque le radici nuovisistemi di orientamento del pubblico dei lettori.54

ora, a mio parere, è molto probabile che tutta la produzionemarcucciana (non solo quella musicale), anche se dal panoramapiuttosto limitato, rifletta questa temperie culturale e questoimpegno di partecipare alla reazione anti illuministica, benché

vada precisato che la volontà di partecipare al dibattito culturalerisulta più implicita che esplicita, e certamente appare più eviden-te nelle altre opere (soprattutto in quelle di carattere storiografico,nelle quali le argomentazioni meglio si prestano allo scopodescritto) che in queste di argomento musicale.

Comunque, poiché l’Illuminismo produsse anche “un’ampiagamma di risposte alla religione organizzata, dalla violenta ostili-tà di un Voltaire ai vari tentativi di rafforzare l’ortodossia dimo-strandone la razionalità e l’armonia con le leggi naturali”,55

Marcucci, impegnato in un immenso sforzo di rinnovamento cul-turale (di cui la componente didattica costituisce solo una parte),va certamente annoverato tra quanti costruirono questo tentativo,anche se non tra i suoi rappresentanti più noti ai contemporanei,avendo lui limitato la sua azione all’ambito locale, come già osser-vato da Prete,56 ed essendosi astenuto dal dibattito diretto con irappresentanti dell’illuminismo. Questo atteggiamento è provatodalla lettera del 21 luglio 1787, con la quale, a due anni dalla rivo-luzione francese, si scaglia contro quel mondo

“che si dice illuminato, cioè nel libertinaggio e nella stomachevolemiscredenza, e così cieco nella fede viva e nella santa morigeratez-za del costume”, e che “è continuamente inondato da libri, liberco-li, e libracci francesi e italiani, zeppi di veleno, di falsità e di galan-teria alla moda libertina, che vanno spargendo certi spiriti forticioè nella ostinazione e nella derisione delle Verità più sacrosante,divine e invariabili”.57

Contro questo pericolo Marcucci prescrive alle pie ancelle di

“non ricevere ed ammetter libri esteri, senza mia espressa licenza”.58

51 rebellato 2008.52 Ad es. la Christianae reipublicae. De novis noxiis libris di Clemente XIII (1766)e la Inscrutabile divinae sapientiae di Pio VI (1775).53 esempi significativi in rosa 2008.54 L’osservazione è di Delpiano 2007.

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55 outram 2006, p. 149.56 Prete 1995, p. 5.57 Qui in Appendice al n° 10.58 Ibidem.

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Ma, oltre l’elencazione dei pericoli, non viene identificato neppure un tema degno di dibattito né viene citato un solo inter-locutore!59

II.

IL MONDO MUSICALE DI MARCUCCI

“Sia benedetto il caro Dio, che per richiamar le Anime Cristiane aidiletti del Cielo e distaccarle dalle transitorie e vane delizieTerrene, ha creati i suoni ed ha dato all’uomo l’intelletto e il mododi fare tanta varietà di grati strumenti musicali”.60

Se per mondo musicale va inteso l’insieme delle conoscenze edelle competenze relative sia a quel determinato linguaggio, siaall’incidenza che esso ha avuto nel caratterizzare gli uomini (cosìche il suo studio aiuta a riconoscerne il pensiero e a motivarne lescelte), allora, data la stringatezza della fonte, devo ammettere chel’indagine condotta in questo campo non è stata agevole.

Infatti, spesso ho dovuto fare ricorso a fonti collaterali o a visio-ni più ampie. So benissimo che, avendo scelto di agire così, il let-tore potrà considerare alcune mie “deduzioni” velleitarie o ecces-sive o improponibili o comunque discutibili. Ma sono convintoche il rischio andasse corso.

Il fatto è che gli scritti di argomento musicale del Marcucci noncostituiscono un trattato (una esposizione dallo sviluppo sistema-tico, completo e metodico, di un tema particolare o di un corpo diargomenti), né un saggio (che si conferma il mezzo più adatto peresporre i risultati di un lavoro volto a trovare risposte a varie esi-genze: conoscere scientificamente il back-ground culturale, cioè ilpassato; spiegare le radici del presente, inserirsi quindi nel dibat-tito culturale; fornire strumenti culturali per superare le contrad-dizioni del presente), ma un semplice riassunto ad uso didattico.Il quale, però, ha ugualmente una sua dignità, poiché, analoga-mente alle altre due tipologie, possiede propri fondamenti teorici

59 non posso chiudere queste considerazioni con un giudizio definitivosull’Illuminismo del Marcucci. Da una parte non mi convincono le parole dialtri studiosi perché non accompagnate da precise citazioni (ad es. nevigari2000, p. 194); dall’altra soffro molto la mancanza, come già notato, dello studiodella produzione marcucciana ancora inedita, dall’epistolario, in primis, aivolumi ancora manoscritti conservati nell’Archivio della Congregazione. Adesempio nulla sappiamo della visita fatta a padre Schiara, Segretariodell’Indice, il 14 agosto 1770: RV, p. LXIV. e certamente altri apporti potrannopervenire dallo studio del diario del viaggio a Vienna (dove al seguito di Pio VIincontrò Giuseppe d’Austria) e delle 32 lettere da lì spedite alle Pie operaie,nelle quali registrò gli avvenimenti quotidiani descritti con precisione e doviziadi particolari, anche se da essi nulla è stato mai fatto trapelare in relazione allamissione, alle confidenze ricevute dal Papa, alla trattative diplomatiche e ai ten-tativi di accomodamento cui partecipò: Diario.

LXIV

60 Lettera del 19 ottobre 1781, n° 6 in Appendice.

LXV

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(riconducibili alle ideologie e al dibattito culturale dell’epoca) epropri criteri metodologici (identificabili con le due doti fonda-mentali che si richiedono ad un compendio: la praticità e la sicu-rezza).

Ciò nonostante, data la pochezza espressiva del mezzo, perprocedere allo scavo analitico di questi testi, solo in un secondomomento sono riuscito a individuare alcune direttrici verso lequali ho poi puntato la mia osservazione:- le conoscenze e le competenze musicali:61 sono partito dai testi(per quanto reticenti); ho valutato le differenze tra la prima e laseconda versione sia per il canto ecclesiastico (il canto gregoriano)che per quello figurato; ho analizzato gli esempi musicali propo-sti (sua produzione musicale vera o presunta);- il fuoco interiore: ho cercato di comprendere quale fosse l’ideo-logia sottintesa, quale peso abbiano avuto valori neppure accen-nati ma certamente presenti in lui e che oggi, invece, costituisconotemi avvertiti come settoriali o secondari o ai quali neppure siriconosce dignità di dibattito, come il rapporto tra musica e litur-gia, la teologia della musica in generale e degli strumenti in parti-colare (per fare questo ho dovuto ricorrere all’apporto di altrefonti, come le lettere);- l’estetica musicale: poiché questa nasce proprio a metà del ‘700,ho dovuto confrontare l’eredità medievale con le nuove tendenze,mi sono chiesto quale fosse la sua concezione estetica della musicae l’ho messa in relazione con il dibattito culturale contemporaneo.

II.A Conoscenze e competenze

In una rapida e molto concisa elencazione (non può parlarsi ditrattazione!) l’autore dimostra di intendere la musica come scienzapoiché “trae la sua origine dalla madre delle scienze […] la mate-matica”. La divide in naturale, insita nel mondo, e artificiale (quel-la fatta dall’uomo, cioè quella vocale e strumentale). La vocale, infi-ne, può essere di due specie, semplice (il canto gregoriano) e figura-ta, cioè quella che, diversamente dalla precedente, usa diversi eprecisi valori ritmici, abbellimenti ecc.

Dà poi i riferimenti storici della tradizione: dal mitico Jubal aigreci e subito ai cristiani.

Specifica che essendo la musica “dono di Dio” (eredità del-l’amatissimo Agostino), la sua pratica deve essere unita all’eserci-zio delle virtù cristiane, deve facilitare la preghiera, non deve con-sentire abusi individuali da parte dei cantori.

Presentando la musica vocale illustra una vasta tipologia divoci e dà subito degli esercizi di lettura con il metodo della solmi-sazione.

Del canto gregoriano, ripetendo come gli altri gli errori sulleorigini, sulla formazione e sulla teoria del canto fermo (facendoderivare tutto dalla ispirazione “divina” di Gregorio Magno),riporta l’essenziale per chi voglia eseguire la melodia leggendola:il tetragramma e le chiavi; nulla sui segni, sui modi ecclesiasticicon le relative caratteristiche, sulle intonazioni, sulle cadenze sal-modiche e sui valori. Ma soprattutto nulla dice su come viene ese-guito, accontentandosi di presentare come viene scritto sui messa-li, cioè con notazione quadrata non mensurale (utilizzata nei libricorali a partire dal XIII secolo).

Allo stesso modo si regola per il canto figurato: per diventareabili nel canto su lettura è sufficiente conoscere il pentagramma, le chiavi, gli accidenti, i tempi e le pause e per tutto questo prescri-ve esercizi di solfeggio e di canto.

L’insistenza sui solfeggi è ampiamente giustificata dalle neces-sità dell’apprendimento di base. Va anche detto che, all’epoca, il settore più propriamente didattico in materia di canto è costitui-

61 Mentre le prime rinviano al risultato dell’assimilazione, attraverso l’appren-dimento, di una serie più o meno vasta di informazioni e nozioni di fatti, prin-cipi, teorie e pratiche relative alla disciplina musicale; le seconde indicano lacapacità di usarle e, al contempo, rivelano il grado di responsabilità e di auto-nomia.

LXVI LXVII

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to proprio da una produzione di solfeggi, parlati e cantati, cosìricca che il genere viene considerato tipico del XVII e soprattuttodel XVIII secolo, essendo ritenuto da tutti i musicisti del periodoindispensabile tramite della preparazione vocale, produzione cheriscosse un notevole successo per tutta l’europa.

Tuttavia non mancano, in un panorama necessariamente pococritico, spunti interessanti, come quando esplicita la differenzafondamentale tra le due tipologie di canto in modo sintetico mapressoché esemplare: mentre il gregoriano non ha figurae (= valo-ri ritmici diversi) né abbellimenti (= ornamentazioni), il secondoha valori diversi, è ornato, usa gli accidenti (= le alterazioni), il chevuol dire che presenta una intonazione più oscillante. Questo fapensare a come l’azione unificatrice portata avanti per secoli dallegerarchie della Chiesa di roma62 e la stessa formazione di quellache viene chiamata l’estetica di Solesmes abbiano avuto un lungoperiodo di gestazione nel corso della storia della liturgia e dellastoria della Chiesa.63

ora, bisogna riconoscere che la critica è abbastanza facile. Altriteorici dell’epoca, hanno trovato molti e pertinenti argomenti dicui trattare: le ragioni storiche e pratiche delle figure musicali; leragioni fisico-matematiche e armoniche dei suoni, degli intervalli,delle scale, degli accordi, del tono, del comma che rivela i difettidel temperamento e del quarto di tono; la modulazione, il con-

trappunto, la fuga e il buon comporre …64 Ma si tratta di una cri-tica immeritata e fuorviante; infatti ci sono vari motivi che ci fannocomprendere le ragioni della scelta operata dal nostro:1 anzitutto, non era sua intenzione comporre un trattato, ma sin-tetizzare quanto riteneva sufficientemente indispensabile per unacorretta pratica musicale, riassumendo al massimo (esattamentequello che ha fatto) quelle conoscenze sulla storia, sulle caratteri-stiche e sulla prassi musicale del canto gregoriano e della musicavocale e strumentale che potevano servire base di base alle suoree alle educande;2 inoltre, le sue teorie “forti”, quelle della musica di uso liturgico(sostanzialmente il canto gregoriano), erano poco a poco cadute indisuso (lo abbiamo visto all’inizio): la pratica musicale ormai pog-giava sul nucleo base dell’ottava e non più sull’esacordo, studiavanon più la modalità ma la tonalità, alla quale, non a caso,Marcucci, sostanzialmente interessato esclusivamente al cantoliturgico, fa un solo e secondarissimo riferimento;65

3 infine, va pur detto che non è corretto addebitare a Marcucci lamancanza di interessi critici e dell’uso di strumenti di indagineche sono entrati nel bagaglio della critica musicale solo nellanostra epoca.

Ad esempio, sappiamo benissimo che quando tratta del cantogregoriano egli parla unicamente del repertorio liturgico “rivelato”a papa Gregorio, non di altro, sicuramente non dei tropi66 (parolache mai compare nei suoi scritti) né delle sequenze,67 strutture62 Altra prova di questo travaglio plurisecolare può essere considerato il lavo-

ro di pulizia degli inutili ornamenti del testo letterario del messale fatto propriodal Concilio tridentino. Questa operazione, è stato notato, rientrava pienamen-te nelle tendenze dell’umanesimo, che prediligeva la forma pulita e concisa:Mayer 1938, p. 158.63 Qui bisogna essere precisi. Anzitutto va ricordato che varie sono state lecause di questa trasformazione (lo si vedrà meglio in seguito). Inoltre va osser-vato che spiegare il passato con il presente non è corretto dal punto di vistametodologico, infatti costituisce un problema di ordine concettuale e metodo-logico relativo alla storiografia prima che un problema di documentazione. È, un po’, l’altra faccia dell’accusa di corruptio che si può registrare continua-mente e non solo in campo musicale: ad esempio, in campo linguistico è diven-tato luogo comune ripetere che la lingua “prima” si parlava bene mentre “oggi”le sue regole vengono disattese; ma già lo notava erodoto …

LXVIII

64 Tra i tanti, Fedeli 1757; Vallotti 1779.65 Al n° 44 delle Regole del Canto e Suono figurato.66 La pratica della tropatura, nata tra VIII e IX secolo, consiste in una interpo-lazione o aggiunta in un preesistente testo letterario e/o musicale, adattamen-to di un nuovo testo letterario ad un melisma esistente o introduzione di unnuovo melisma. nata in ambito gregoriano, la tecnica è stata utilizzata anchenella lirica profana da trovatori e trovieri.67 La sequenza consiste nell’aggiunta di un testo sui melismi dell’alleluia. Il proce-dimento è attribuito al monaci svizzero notker Balbulus (che forse lo apprese da unmonaco francese rifugiatosi presso il suo monastero), che lo codificò verso l’860. La sequenza riscosse un enorme successo, fino a raggiungere il numero di 5000;

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comparse dopo la formazione del repertorio gregoriano e che, nona caso, svolgono un importante ruolo nello sviluppo delle formedella musica popolare e profana (ad es., la lauda drammatica, ildramma liturgico, il lai, ecc.). Ma all’epoca queste erano le creden-ze. Inoltre, sempre per restare nello stesso ambito, va ricordato cheoggi il problema generale della definizione, della valutazione edella interpretazione del canto fermo ancora tiene occupate schie-re di studiosi e appassionati, i quali, utilizzando anche gli strumen-ti critici delle scienze sociali (i metodi dell’antropologia in genera-le e dell’etnomusicologia in particolare) che nel ‘700 erano ancorada venire, stanno focalizzando la propria attenzione su tre aspetti:- la costituzione del repertorio (dove, quando e come si è formato),68

- i rapporti tra monodia sacra (o monodia tout court) e polifonia(modalità esecutive, pratiche, debiti e prestiti reciproci, contami-nazioni),69

di queste solo 150 vennero accettate nel messale; in seguito il Concilio di Trento(1545-63) ne conservò solo 4: Victimae paschali laudes (attribuita a Wipo di Burgundia,† 1048) per il Tempo di Pasqua, Veni sancte spiritus (Stephen Langton, † 1228) per laPentecoste, Lauda Sion (Tommaso d’Aquino, † 1264) per la festa del Corpus Domini),Dies irae (Tommaso da Celano, † 1260 c.) per la messa di requiem. Lo Stabat Mater(su testo forse di Iacopone da Todi, XIII-XIV secolo) venne introdotto nella liturgiadel venerdì santo da Benedetto XIII nel 1727.68 Per diversi studiosi (per tutti, Gozzi 2008, pp. 140-1) il concetto di canto gregoria-no va riferito ad un repertorio sterminato, di cui fanno parte espressioni musicalidiversissime tra loro nello stile (melismatico, sillabico, ecc.), nella datazione (dal VIIal X secolo), nel luogo d’origine (almeno tutta l’europa centro-occidentale), nellaforma, che prevede i canti del Proprium (introito, graduale, alleluia, tratto, sequen-za, offertorio, communio) e dell’Ordinarium della messa (Kyrie, Gloria, Credo,Sanctus, Agnus Dei), quelli dell’ufficio (antifone, responsori, ecc.) ed anche le formelibere della creatività medievale (tropi e sequenze, drammi liturgici e passioni, pro-cessioni, musiche varie per le feste religiose, nonché espressioni paraliturgiche comela Festa dei pazzi).

Altri sostengono, invece, che il repertorio sia certamente corposo ma non  stermi-nato e che la datazione, il luogo d’origine e la forma debbano essere identificati conmaggiore precisione.

Quel repertorio, osservano, è stato creato dal potere carolingio nei secoli VII-IXsulla base del canto liturgico romano antico in uso a roma, ma apportando modifi-cazioni importanti alla prassi esecutiva (soprattutto per quanto riguarda gli orna-menti e  l’intonazione) dovute all’influenza della musica esistente nel regno franco.Le motivazioni furono dunque essenzialmente di natura politica, sia per i vantaggiauspicati dalla corona franca (si voleva dare al regno carolingio il prestigio di un oggetto culturale proveniente direttamente dall’autorità della Chiesa: Pipino,

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Carlo Magno e Carlo il Calvo videro in essa uno strumento formidabile per il con-solidamento delle conquiste imperiali e fu Pipino ad adottare la liturgia romana nel754: netzer 1910, pp. 30 s.), sia per quelli perseguiti dal potere papale (l’unificazio-ne e la normalizzazione liturgica dell’europa occidentale; in realtà la centralizzazio-ne coinvolse in primo luogo l’amministrazione e il diritto canonico, in secondoluogo la liturgia e il canto corale, da una parte con la codifica delle melodie sacre nelsistema degli otto modi ecclesiastici, dall’altrta con l’estensione del rito romanoall’intera cristianità occidentale). Per quei sovrani furono decisivi gli interessi politi-ci di una unione più stretta con roma, della cui protezione si erano incaricati, cosìcome della unificazione interiore del vasto impero. Ma non mancavano motivi reli-giosi, come la stima dei vantaggi dell’ordine romano, il fastidio per le forme super-ficiali della liturgia locale (con la sua preferenza per lo straordinario, le molte diver-sità tra le varie regioni, il poco ordine, ecc.: Jungmann 1963, p. 98).

Poi, nel IX secolo, per rinforzare ancora l’autorità del canto gregoriano, è statainventata la leggenda della sua creazione (dalla quale nasce una esuberante tradizio-ne letteraria ed iconografica), cioè che è stato rivelato a papa Gregorio (morto 200anni prima) dallo Spirito Santo; ma lo stesso Antifonario attribuito a Gregorio Magnoè datato all’epoca carolingia (Jungman 1963, p. 98). Tornando alla cultura del VII-VIIIsecolo, vediamo che l’attribuzione fittizia di un’opera a  un autore di grande presti-gio non costituisce un espediente raro in quei secoli, per cui si possono registraretante opere del periodo carolingio falsamente attribuite a vari autori antichi o a santidella  prima chiesa, per garantirne l’autorità (ad esempio, è sempre nelregno francoche alla fine dell’VIII secolo viene confezionato il famoso Constitutum Constantini, lacui falsità fu poi dimostrata dal Valla, e che nel IX secolo prende forma un‘opera giu-ridica, le famose e false decretali pseudoisidoriane, che consideravano equivalenti cano-ni sinodali e decreti papali: Andresen e Denzler 1992, pp. 292, 577).

Inoltre, l’espressione canto gregoriano va riferita solo a un repertorio liturigico,non a forme libere di musica (tropi, sequenze, drammi ecc.) che sono successive enon possono essere considerate gregoriane. invece, per questo repertorio, per tutti irepertori successivi e per tutti i trattati riferibili al gregoriano la cosa più importan-te è diventta il fatto della sua rivelazione: ufficialmente, il gregoriano fu rivelato enon composto, esattamente come i testi biblici, e per quel motivo è sacro, immuta-bile e si deve preservare come un oggetto santo.

La creazione del gregoriano, insomma, fa parte delle grandi riforme unificatricidel regno franco tra 650 e 800, esattamente come anche la scelta della Vulgatacome versione ufficiale della Bibbia latina: se il canto gregoriano e la Vulgata oggi cisembrano eterni e di grande autorità è  perché quelle iniziative (tese a sfruttare gliavvenimenti storici come legittimazione di diritti) sono riuscite.

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- i criteri di interpretazione (riflessione che si è potuta avviaresolo dopo che si è giunti all’unificazione della musica liturgica

realizzata con la restaurazione dei monaci di Solesmes70 e le reazio-ni critiche che essa ha suscitato negli ultimi decenni, sempre piùnumerose e pertinenti).71

ora, poiché tutto questo travaglio culturale all’epoca delMarcucci semplicemente non c’era, la sua mancanza non puòAnche il luogo d’origine è molto chiaro: il canto gregoriano è un repertorio fran-

co. La base è il canto romano, ma il repertorio propriamente gregoriano viene effet-tivamente creato quando quel canto romano, con i suoi ornamenti di tipo bizantinoe i suoi micro-intervalli orientali arriva in Francia e viene completamente cambiatodai Franchi, popolo germanico di tradizione musicale diversa,  che cominciano acantarlo come se fosse la loro propria musica, quindi con ornamenti diversi e un’al-tra intonazione. una delle prima descrizioni della prassi gregoriana ci è data da unafonte dell’epoca, che descrive la reazione di un viaggiatore romano arrivato inFrancia: quando osserva come sta andando la riforma liturgica rimane totalmentesconvolto da quello che sente e commenta che i Franchi non capiscono nulla delcanto romano, lo fanno diventare bruttissimo e lo cantano come se fossero animali(CD Cantus Gallicanus, ensemble “Schola Trunchiniensis”, etichetta eufoda (2008),Introduzione, p. 8). 69 Ancora Gozzi 2008 sostiene che era molto stretto: il gregoriano risulta molto piùmonodico nella scrittura che nella prassi esecutiva tanto che, afferma, non costitui-va affatto una eccezione la realizzazione polifonica delle melodie gregoriane, trami-te l’esecuzione per ottave o quinte parallele o l’utilizzo di una nota tenuta al grave(secondo la pratica dell’ison bizantino). In realtà già Challey 1984, p. 69, aveva argo-mentato che tutti i saggi di dimostrazione dell’esistenza anteriore di una polifonia“dotta” riposano su basi molto fragili: il termine parafonista, utilizzato nell’VIIIsecolo, senza altra indicazione, per designare determinati cantori (ma a Bisanzioparafonon significava intervallo); l’istituzione da parte di papa Vitaliano (+672) deipueri symphoniaci: espressione che può significare che cantavano insieme e non a piùvoci; infine, Gérald de Barri parla della diafonia in uso nel Galles del XII secolo comedi un uso longaevo, vecchio di tre secoli. In fin dei conti per lo studioso francese losviluppo dell’etnomusicologia negli ultimi anni ha dimostrato che il fenomeno poli-fonico era spontaneo e talora anche incosciente nella sua fase primitiva; ma le sueleggi sono totalmente differenti di quello che i trattati “classici” intendono con leparole armonia o contrappunto. In seguito, Huglo 1988, pp. 34, 52, ha ricordato chel’uso di più di una voce per il canto (l’heterofonía) è pratica corrente nelle musichepopolari (in certe culture orientali, nel bacino mediterraneo, nel Caucaso) e moltoprobabilmente potevano essere nell’uso nella Spagna del VII secolo, non solo nellemusiche popolari ma anche nella liturgia visigotica. Altra critica è stata avanzatadalla Gomez 2001, pp. 167-8, che ha sostenuto che l’introduzione della polifonia inSpagna, codici alla mano, andrebbe postdatata al secolo XIII.

ovviamente alle osservazioni di Challey si può controbattere che parafonistaprobabilmente è un cantore che canta a intervallo costante (per quarte o quinteparallele); che “symphoniaci“ vuole dire che cantano insieme (ma il termine nulla ci dice ancora sul tipo di polifonia); e anche che il termine”diafonia” vuole dire

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“polifonia”, ma la cosa non ci dà la certezza della coscienza di fare polifonia comecosa diversa della monodia.

opinioni, come si vede, non coincidenti e perfino contraddittorie, ma che in nes-sun caso smentiscono che il fatto di cantare a più di una voce era noto e praticato inaltre culture e presso altri popoli e non solo in ambito monastico o liturgico o solooccidente. Chiaramente, gli studi devono andare avanti. ora, che la prassi musicaleoccidentale sia sempre stata polifonica, per lo meno all’epoca che qui interessa, sem-bra abbastanza sicuro. Ma questo è un fatto di etnomusicologia europea più che diprassi  liturgica, perché la musica folklorica occidentale ha anche la  particolarità(rarissima rispetto al mondo in generale) di essere polifonica. Quindi è giusto soste-nere che il gregoriano veniva realizzato spesso in maniera polifonica, intendendo perpolifonia una sorta di ornamentazione e non come qualcosa di opposto alla monodia(acusticamente, aggiungere polifonia risulta in un cambio negli ipertoni armonici,quindi è piuttosto un cambio di timbro). Per quanto riguarda il tipo di polifonia e lamodalità di esecuzione è vero che si faceva per ottave e quinte parallele, perché que-sti sono gli ipertoni armonici più facili da trovare (non mancano documenti che lodimostrano, come la Musica enchiriadis del sec. X: rosenstiel 1976; Le Holladay 1977;Schmid 1981), anzi, molto probabilmente si faceva anche la quarta parallela. Ma visono anche chiare tracce, benché poche, di un altro  tipo di polifonia, quella cheMarcel Pérès chiama polifonia carolina (Huglo-Pérès 1990) che utilizzava seconde eterze e che probabilmente si faceva con il  gregoriano (Georgiades 1989 preferiscechiamarle polifonie semplici). Questo si ritrova in repertori “periferici” e quindi piùconservatori (come il Graduale di Aliénor de Bretagne, XIII-XIV secolo; in propositosi veda l’introduzione curata dallo stesso Pérès al suo CD Graduel d’Aliénor deBretagne, Plain-chant et polyphonie des XIIIe & XIVe siècles: Harmonia Mundi HMD 901403, del 1993) ma si ritrova anche nella musica folklorica di varie parti d’europa(come in Croazia). Anche l’utilizzo di una nota tenuta al grave va considerata prati-ca corretta, perché è facile da fare e si trova già in documenti occidentali primitivi; manon è una pratica bizantina; l’ison bizantino è una pratica tardiva (databile al XVIsecolo) influenzata dalla musica occidentale e non il contrario: Plousiadenos, vesco-vo di Creta, visitando l’Italia nel tardo Quattrocento rimase molto sorpreso di senti-re polifonia per la prima volta nella sua vita (Ferrand 1999, p. 230).70 Liber usualis, Graduale, Antiphonale monasticum. 71 Diversi studiosi (per tutti, Agustoni 2009) sostengono che devono marciareappaiati il criterio filologico (poiché il segno neumatico poggia sulla agogica del

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essergli addebitata; anzi, vanno adeguatamente apprezzati i pochispunti presenti, come la testimonianza dell’evoluzione dello spiri-to e della teologia del canto gregoriano.

Caso mai salta agli occhi l’assenza di riferimenti positivi allamusica profana (trattata da schiere di teorici e musicisti, molti dei

quali ecclesiastici), anche se lui stesso ne risulta così impregnatoda utilizzarla senza battere ciglio (come fa con le arie, sue o nonsue comunque proposte), ma sulla quale tace; così come gli resta-no completamente estranee le complesse interazioni (dai rifiuti

testo, la grammatica del segno deve tener conto del senso del testo entro unaappropriata cornice liturgica e culturale) e quello storico (ogni creazione rispon-de ad una esigenza storica; essendo il canto gregoriano un canto dell’occidente,bisogna rifarsi allo spirito storico e culturale dell’occidente di cui esso è neces-sariamente impregnato).

La prima cosa da capire è che il canto gregoriano è repertorio non scritto, maesclusivamente di trasmissione orale. La scrittura  neumatica arriva circa 300anni dopo: se la formazione del canto gregoriano risale al VII-VIII secolo, quel-la della notazione neumatica è databile al X secolo più o meno. Quindi bisognatogliersi della testa l’idea che un segno neumatico rappresenti il vero mododi eseguire il canto gregoriano, e che noi dobbiamo capire i neumi per capire ilcanto. Il canto gregoriano veniva trasmesso oralmente da una generazione all’al-tra e questo accadeva anche molto dopo l’invenzione della notazione neumaticache, per di più, non era utilizzata per eseguire il canto ma solo per ricordarlo econservarlo! e comunque, i documenti neumatici non sono fedeli, perché ci pos-sono insegnare qualcosa sulla prassi gregoriana del X secolo, non su quella ori-ginale. L’idea di una grammatica del segno neumatico è frutto del lavoro deimonaci di Solesmes (XIX secolo), che ne hanno fatto una scienza. ovviamentenon possiamo rimproverarli di aver cercato di capire il gregoriano con la lorometodologia ottocentesca, ma è ormai sicuro che quell’approccio ha fatto tantodanno alla musica e oggi è screditato. Il canto gregoriano è veramente parago-nabile al jazz: è un repertorio ibrido, risultato dell’incontro  forzato di culturemusicali molto diverse (quella romana e quella franco-germanica), costrette adincontrarsi dal potere politico. Per capirlo, bisogna capire i repertori che esiste-vano prima (ad es. il romano-antico), e anche capire cosa accade strutturalmen-te nel caso di incontro tra culture musicali diverse. e questo è un lavoro di etno-musicologia. Il vero danno dell’approccio ottocentesco di Solesmes (purtroppoappoggiato dal Vaticano che pensava di fare bene) consiste sempre nell’averconsiderato il canto gregoriano come una cosa sacra e rivelata, senza poter pren-dere un po’ di distanza intellettuale verso la realtà storica della politica carolin-gia. Questo ha ritardato di 80 anni l’inizio dello studio etnomusicologico neces-sario per capirlo, perché utizzare la stessa metodologia per studiare lamusica folklorica e il canto sacro della Chiesa sembrava un’idea sporca. Ha ancheritardato molto lo studio del canto romano antico, perché ammettere l’esistenzadi una fonte del canto gregoriano configgeva con la storia della rivelazione.

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Quindi la filologia nulla ha a che fare con il canto gregoriano perché non è unrepertorio scritto. risulta fuorviante anche il ricorso alla presunta santità del gre-goriano: questo non è l’espressione sublime della fede di tutto l’occidente, mauno strumento politico creato per dare prestigio a un regno barbaro recentemen-te convertito al Cristianesimo. In definitiva, i criteri di interpretazione devonotener conto delle fonti neumatiche (che però sono tardive e non sempre fedeli),delle fonti teoriche (ad es. il manoscritto di Montpellier H 159), dello studio delcontesto politico, sociale ed ecclesiastico del regno franco del periodo carolingioe, forse molto di più, della metodologia dell’etnomusicologia comparata che ciinsegna cosa succede nei casi di un repertorio ibrido.

In ogni caso, il repertorio gregoriano costituisce il fondamento sul quale si èsviluppata la musica medievale. Certamente faceva parte della vita musicalequotidiana durante tutto il Medioevo, anche se lo stile con cui veniva eseguitocambiava da zona a zona e da generazione in generazione. non sappiamo,però, fino a che punto le contaminazioni reciproche, tra melodie gregoriane emelodie popolari, abbiano influito le une sulle altre.

Infine, gli studiosi che sostengono che la storia del gregoriano (soprattuttoper quello che riguarda la prassi esecutiva) potrebbe essere rivista alla luce deiprincipi delle scienze sociali (che invece di descrivere l’esistente studiano i pro-cessi trasformativi), quindi dell’antropologia in generale e dell’etnomusicologiain particolare (Jeffery 1990; Chadd 2006), hanno contribuito a un nuovo indiriz-zo nell’impostazione del problema: i neumi antichi non sarebbero da intender-si come una forma incompleta o imperfetta di notazione, ma come la trascrizio-ne grafica di una prassi esecutiva orale che investe la struttura musicale stessanei suoi aspetti ritmico-musicali ed espressivi. Gli stessi, poi, stanno puntandola loro attenzione su tre direttrici: - i “residui” di oralità nel canto occidentale (ci sono già studi su Corsica,Sardegna, Croazia, etc.); - le altre tradizioni cristiane cantate: si sa molto del canto bizantino, poco delgallicano e del romano antico, molto poco del mozarabico, del rito inglese diSarum (il rito di Sarum o Salisbury, con una dettagliata regolamentazione delculto in generale, specialmente della messa, è sopravvissuto fino alla riforma:Maskell 1882; Legg 1904, che riporta redazioni del XIII e del XIV secolo; per unsunto delle principali caratteristiche della messa di Sarum, Fortescue 1912, pp.202-05; il messale di Sarum è stato edito in Legg 1916; per altre informazionisulla liturgia di Sarum, Bailey 1971; Hesbert 1980) e di quello portoghese di

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alla coesistenza) tra mondo sacro e profano (ma anche quest’ulti-mo tema, in buona parte, è più sentito oggi di quanto lo fosse allo-ra, quando la contrapposizione stava nascendo).72

Dal confronto tra le due versioni non sembrano emergere datinuovi. La seconda si presenta con una esposizione più organica(come suggerito anche dalla numerazione continua dei paragrafi);manca del Discorso preliminare, supplito da una spiritosa, maincompleta e non ben padroneggiata Interlocutrice; presenta unaelaborazione più ampia nella parte dedicata al canto (Musica figu-rata di canto) mentre gli strumenti non vi sono più presentati sin-golarmente, ma a gruppi (bassi e alti), secondo le chiavi utilizzateper suonarli. Aumentano gli esercizi per il solfeggio, mentre non

sono più presenti gli esempi di basso numerato e vari brani (unminuetto, il “salmo mariano” Salvum me fac Maria, l’ariaTesoriera/Prigioniera).

In definitiva, dal tutto si arguisce che Marcucci ha aggiustato iltiro: dopo dieci anni di uso della prima versione ha ritenutoopportuno insistere su ciò che effettivamente poteva servire alledestinatarie, le suore e le educande.

Per quanto riguarda le competenze musicali ho trovato duetestimonianze: una nella documentazione marcucciana edita euna nella inedita. entrambe parrebbero testimoniare un apprezza-bile livello di competenze.

La prima è costituita da un titolo contentuto nella raccolta di sermoni mariani: la “Canzonetta sull’Aria della Marcuccina”. La curatrice della raccolta la presenta così:

“L’aria della Marcuccina, dal nome del compositore, potrebbeessere quella della Sacra Lode che il Marcucci musicò nel 1739 peri fedeli della sua parrocchia di Santa Maria Inter Vineas conun’aria ben orecchiabile e facile da impararsi; essa veniva cantatanella ricorrenza dell’Immacolata“.73

Pur dando credito alla trasmissione orale, resta il fatto, purtrop-po, che ancora non si riesce a identificare il testo musicale.

La seconda è riferibile ad un suo diretto insegnamento dellenozioni musicali:

“Il Marcucci poi incominciando sin da allora a chiamarsi ed essereprimo Servo si portava ad assistere al sacro Canto e ad insegnare ituoni, le cadenze, le pause e simili.”74

Invece, dalla analisi degli esempi musicali presenti nelle dueversioni emergono dati contraddittori. I brani da prendere inesame sono tre:

Braga (nel ritus bracarensis, che risale al VI secolo, si possono distinguere chia-ramente, in primo luogo, la Messa, universale e identica per tutte le chiese e imonasteri, e l’ufficio divino, reso particolare e distintivo da ogni chiesa episco-pale (ordo cathedralis) e da ogni monastero (ordo monasticus). Il I Concilio diBraga, tenutosi nel 561 o 563, distinse chiaramente i due ordines: Vaz 1970;Barbosa 1989-92; Bragança 2008); - il canto delle religioni non cristiane: alcuni brevi referimenti a prassi musi-cali pagane sono in Beda, ma probabilmente non se ne saprà più nulla, nonessendoci abbastanza documenti da ricercare; pertanto questa, anche se appareinteressante, non potrà procurare novità significative.72 La contrapposizione era contro il medioevo: il concetto di un medioevoessenzialmente e integralmente cristiano è per buona parte una costruzionestorica posteriore (Mills 1998), ma viene avviata proprio in pieno Settecento.Benché non costituisca ancora una categoria storiografica, è lì che è possibileravvisare “l’origine di un mito storiografico che, rafforzatosi nella culturaromantica e ottocentesca, costituirà un solido punto di riferimento soprattuttoper la storiografia cattolica, e in particolare per quella ecclesiastica, non privasino ai nostri giorni di preoccupazioni polemiche e apologetiche derivanti inbuona parte […] dallo scontro con la cultura dei Lumi”: rosa 2008, pp. 179-80.

Va ricordato come, anche in questo caso, solo con l’approccio antropologicoavviatosi negli ultimi decenni del novecento sia stato possibile identificare cor-rispondenze ed anche elementi comuni, in età medievale, tra pratiche cristianee non cristiane: per una panoramica, Schmitt 1992; per i coinvolgimenti relativialla musica, i già citati Jeffery 1990, Chadd 2006.

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73 Sermoni 2008, p. 39. V. anche Sermoni 2004, p. 17.74 Direttorio 1763, paragrafo IV art. 9.

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1 Ave Virgo Deipara:75

- la prima versione appare corretta; la seconda non è leggibile nécome è scritta né seguendo la sua indicazione di leggere una 4ªsopra;- nelle due versioni lo chiama responsorio (che è una forma dicanto dialogico, tra solista e coro), ma altrove lo chiama inno(forma esclusivamente corale);76

2 Pange lingua:77

la prima versione va letta con la chiave di do sulla prima riga; laseconda per avere un senso dovrebbe essere eseguita con la chiavedi fa sulla quarta riga; 3 O caro Paradiso:78

nel recitativo che precede la seconda versione la seconda voce valetta una 4ª sopra; nell’Aria compare una battuta in più (17 invecedi 16).

Se a tutto questo aggiungiamo che Tesoriera alias Prigionieramanca chiaramente di battute e termina sulla dominante inveceche sulla tonica,79 allora è un po’ difficile sostenere che il Marcuccicontrolli agevolmente la materia musicale. Forse, allora, le nume-rose cancellature80 vanno spiegate con una presa di coscienza deipropri limiti? Ma, probabilmente, ulteriori indagini daranno esitimeno scontati

II.B Il fuoco della tradizione: liturgia e tensione teologica

A prima vista il mondo musicale del Marcucci appare comple-tamente immerso in un passato, glorioso, presente e vivo, ma pursempre passato. È questo che si recepisce analizzando il legamecon la liturgia, la sua concezione della musica e il significato teo-logico che pur implicitamente anche egli le riconosce. Ma anchequi, dobbiamo riconoscere che il mondo attuale non è più abitua-to a interessarsi a certi temi, pertanto ci troviamo di fronte ad unarevisione81 della quale dobbiamo accettare le conseguenze.

Mi sono chiesto quali siano i legami con la liturgia nell’operadel Marcucci. Bene, se per liturgia intendiamo non solo il culto,ma anche il simbolo della relazione tra Dio e mondo, tra uomo eCreatore, tra religione e società, cioè come uno dei vari risultatidell’ingresso di Dio nella storia, dell’efficace azione salvifica divi-na, nonché della risposta libera dell’uomo espressa nella assem-blea liturgica, allora la ricchezza del mondo liturgico appare sot-tostimata dal nostro. Il che stupisce, poiché la ricchezza dellestrutture musicali di uso liturgico è innegabile e non gli era scono-sciuta; infatti ne parla più volte e anche con entusiasmo, ma soloper il testo letterario: mai troviamo riflessioni sull’uso della musi-ca nei riti.82

75 Direttorio, Della Musica vocale, n° 12 e Musica Semplice detta comunementeCanto Fermo o sia Gregoriano n° 15.76 RV, p. 64;77 Direttorio, Della Musica vocale, n° 11 e Musica Semplice detta comunementeCanto Fermo o sia Gregoriano n° 15.78 Direttorio, Della Musica vocale, n° 31 e Musica figurata di canto, detta comune-mente Canto Figurato, n° 47. 79 Direttorio, Della Musica vocale, n° 32.80 V. i ni 26, 27 e 28 del Direttorio e il n° 15 della Musica Semplice detta comune-mente Canto Fermo o sia Gregoriano.

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81 Considero la storia la disciplina più revisionistica che esista.82 Le strutture liturgiche che si affermano nei primissimi secoli del cristianesimosono la salmodia (ereditata dal mondo ebraico), l’innodia (pervenuta dalla Siria),le letture e le preghiere cantillate. È tra il IV secolo e il 750, dopo i cambiamentiintrodotti da Costantino, che si definiscono le strutture liturgiche della Chiesa diroma (che confluiscono nel Messale e nel Rituale) e le celebrazioni rituali si effet-tuano non più nelle chiese domestiche ma nelle basiliche: con la diversa architet-tura spaziale e acustica cambia anche il cerimoniale, aumenta l’importanza deichierici (che ora vengono equiparati ai funzionari di corte) e la liturgia diventapiù complessa. Tra il 750 c. e l’XI secolo la liturgia romana viene fatta propria daiCarolingi e inizia la rappresentazione grafica delle melodie. Le melodie sacrevengono codificate nel sistema degli otto modi ecclesiastici e avviene l’estensio-ne della liturgia franco-romana a tutta la cristianità occidentale. L’irrigidimentodella tradizione favorisce lo sviluppo di forme extra o para liturgiche (dramma

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e gli sembrano estranei anche i temi correlati, come l’evoluzio-ne delle forme liturgiche83 o il rapporto tra liturgia e pietas popo-lare,84 tema, quest’ultimo, verso il quale peraltro sappiamo chedoveva nutrire una certa sensibilità se consideriamo le varie mis-sioni di predicazione condotte.

Ma anche in questo caso dobbiamo ricordare che un sunto dimusica non può essere un trattato. Inoltre, benché mai si incontri-no legami esplicitamente dichiarati dall’autore, chi si accosta aisuoi scritti ha la netta sensazione che per lui non esista altra tipo-logia di musica oltre quella destinata all’uso liturgico!

nei testi marcucciani editi,85 in questi e in altri studi, nonho trovato né riferimenti né considerazioni espliciti attinenti ilsignificato della presenza della musica nella liturgia. Forse le suesuore ed educande non avevano bisogno di ammaestramenti suquesto versante? Pertanto, devo accontentarmi di dedurre da indi-zi, forse un po’ troppo labili, ma sufficienti, a mio parere, per farciun’idea complessiva su questo argomento.

liturgico, sacra rappresentazione ecc.) e di nuove strutture (tropi, sequenze ecc.)e il repertorio antico viene elaborato polifonicamente: l’arte della composizioneesce dall’anonimato.

Questa liturgia romana, modificata dalla mentalità franco-germanica, dureràfino alla riforma del Concilio Vaticano II. Caratteristiche di questa liturgia: lamessa si riempie di apologie (di confessioni di indegnità da parte del sacerdotecelebrante, recitate prima dell’inizio della messa, prima della lettura del vangelo,al momento dell’offertorio e prima della comunione); si abbandona il catecume-nato, per colpa della generalizazione del battesimo dei fanciulli; a partire dal VIIs. nasce e si diffonde la penitenza privata e si abbandona quella pubblica, consi-derata troppo rigida e non accetta alla mentalità dei nuovi popoli; il matrimoniocomincia a cadere sotto il controllo giuridico della Chiesa; la liturgia pontificale,soprattutto in occasione delle ordinazioni, si drammatiza e complica all’inverosi-mile; l’ufficio divino, per influsso monastico, comprende tutte le ore canoniche, siarricchisce e complica, ma ciò che guadagna in lunghezza e solennità perde inpopolarità, diventando così dempre più esclusivo di monaci e chierici fino a tra-sformarsi in una obbligazione individuale per loro. All’apparenza le celebrazioniliturgiche sono solenni e ricche, ma in realtà perdono la base popolare. 83 Per comprendere appieno la natura del legame occorre rifarsi alla evoluzio-ne delle forme della liturgia che si sono succedute nel tempo, anche con contra-sti molto netti. rinvio a Jungman 1963; Sartore e Triacca 1988; Jaschinski 2006.

L’evoluzione della musica non ha senso in se stessa: va collegata alla fertileespansione della cultura nel Basso Medioevo. e anche la liturgia, musica com-presa, risente di questo sviluppo globale. Dopo la salmodia e l’innodia arriva-no i canti processionali, le suppliche, i tropi inseriti nelle melodie esistenti o dinuova creazione, le prose metriche per quasi tutte le feste; prosule, versus, con-ductus, altri inni, preces, miserationes, ecc. La lirica religiosa arriva a creare interiuffici rimati e nascono nuove forme anche nella messa: tropi dei testi del pro-prium (Introito, Graduale, offertorio, Communio) e anche dell’ordinarium mis-sae (Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus, Benedictus, Agnus Dei); epistole farcite, ecc.:una selva di forme liturgiche con proprie forme musicali che però tengono sem-pre più distante il popolo dei fedeli, sempre più portato ad “ascolta” la messao l’ufficio e al quale si concede occasionalmente di partecipare con acclamazio-ni ed esclamazioni: amen, miserere ...

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nei tre secoli seguenti, si sperimentano vie nuove rispetto alle parti variabi-li della messa (proprium), di cui fino ad allora erano state considerate solo leparti fisse (l’ordinarium). Giovanni XXII con la Docta Apostolorum Patruum auc-toritas (forse 1321: Klaper 2010), la prima enciclica sulla musica, richiama all’usodel gregoriano e condanna l’Ars nova che sostituisce l’Ars antiqua (la prima poli-fonia, quella della scuola di notre-Dame).

In pieno ‘500, infine, il concilio di Trento attua una riforma censurando lateatralità della liturgia e in epoca illuministica, che è quella del Marcucci, siambisce ad una musica sacra più rigorosa.84 Inevitabilmente si è prodotta una netta differenziazione tra liturgia e pietàpopolare. Gli elementi che hanno concorso a tal risultato sono molteplici: la spe-cializzazione della liturgia, riservata al ceto sacerdotale; l’uso di una linguasostanzialmente sconosciuta; la differenza dei ruoli tra officianti e “spettatori”;la scarsa conoscenza diretta delle Scritture che ostacola la comprensione dellastruttura e del linguaggio liturgico pieno di simboli; la presenza costante di unaletteratura apocrifa (conseguenza del bisogno e causa di nuove ignoranze non-ché el risorso alle tradizioni e alle liturgie locali); l’assenza della formazionecatechetica.

In epoca illuministica poi il divario risulta più avvertito e la reazione dellaChiesa che deve contrastare le suggestioni corrosive del razionalismo e, al suointerno, le conseguenze dannose del giansenismo, si manifesta soprattutto nel-l’accentuazione della formazione catechetica e nella predicazione di indoleomiletica, che vede il nostro Marcucci gran protagonista.85 Ad es., nulla risulta nei resoconti delle visite pastorali effettuate: Catani2004.

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In un primo momento ho ritenuto che l’insistenza sul concettodi teatralità e la convinzione che si potesse fare musica solo conuna vita virtuosa costituissero elementi sufficienti per poter defi-nire chiuso il mondo musicale di Marcucci. Ma la situazione nonè così semplice come può sembrare in un primo momento.

A proposito del pericolo rappresentato dalla teatralità Marcuccisostiene che, essendo la musica figurata

“intrecciata di molte figure, cioè di molte variazioni, cadenze eabbellimenti, bisogna perciò usarla con molta moderazione e incose sode, guardandosi da certe arie e cadenze teatrali, indegne daesser cantate da religiose ed in Luoghi sacri”.86

Il riferimento a questo difetto apparentemente inaccettabilecompare in più parti e anche nei pronunciamenti ufficiali dellaChiesa (lo abbiamo già visto). Ma è tutta l’epoca che non disdegnaquesti effetti, infatti si registra una massiccia immissione di ele-menti operistici sia nelle forme sacre non liturgiche (oratori e can-tate), sia in quelle liturgiche (messa e salmi per orchestra). Bastipensare ad un musicista intriso di cultura cattolica e fervente cre-dente come Haydn, che non trova di meglio, nell’iniziare il Kyriedella Heiligmesse, che suggerire l’apertura di un sipario!87 e qual-cuno potrebbe accusare proprio Marcucci di sostenere una posi-zione ambigua in merito, se si considera che gli esempi musicaliche presenta (che siano suoi o no poco importa) lasciano traspari-re proprio effetti di teatralità (v. i numerosi trilli nell’ariaPrigioniera, qui in Appendice). e quando egli confessa di averdiscusso col Catalisano sulle capacità della musica di “risvegliarnell’uomo le particolari specifiche passioni” e di avergli dimostra-to che in questo la musica moderna risulta più adatta dell’antica,88

l’ambiguità lascia trasparire una crisi irrisolta!

Inoltre, le qualità a suo dire indispensabili per fare musica(concordanza tra canto e vita virtuosa, rifiuto di ogni forma diabuso, aiuto per il raccoglimento)89 costituiscono raccomandazio-ni espresse da tutti quelli che si accostano al canto fermo. Il Fedeli,ad esempio, sostiene gli stessi ideali quando rivolge due consiglial cantore: tenga uniti la mente e il cuore in Dio “per accompagna-re co’ gli affetti dell’animo i sentimenti espressi dalle parole canta-te”; ed eviti i peccati che possono accadere cantando (pompa dellavoce, cantare per diletto proprio o altrui, cicalare col vicino, ecc.).90

In altri ambiti, invece, il legame con il passato si riconosceimmediatamente. È il caso del significato teologico della musica.La lunga tradizione patristica aveva elaborato il concetto che lamusica possedesse un legame unico con il trascendente, tale darenderla “capace di comunicare il senso di un enigma che la solaragione non riusciva a spiegare o che esorbitava dai limiti dellogos, del concettuale e della parola”.91

Agostino, che per il nostro costituisce la massima auctoritas,92

era convinto che le cose che si dicono degli strumenti possono

86 Musica figurata di Canto, 2. 87 Si tratta della Missa in sib maggiore (nota anche come Heiligmesse, messa delsanto), composta nel 1796 su commissione dei Padri Cappuccini della MarcaAnconetana in occasione della beatificazione del Beato Bernardo da offida.88 Lettera n° 5 in Appendice.

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89 Direttorio, Discorso preliminare, 6.90 Fedeli 1757, pp. 11-2.91 Zorzi 2006, p. 211, alla quale rinvio anche per molti degli esempi che seguono.92 Il concetto di auctoritas, elaborato già in epoca romana, dove aveva assuntouna vasta gamma di accezioni (poteva indicare la garanzia della legge, la com-petenza del senato, il potere dell’imperatore, il prestigio di un oratore), vieneripreso dalla cultura cristiana medievale, che lo precisa ad uso proprio. Affermache auctoritas è anzitutto quella della Sacra Scrittura (per la fonte divina da cuiproviene, il valore sacro che riveste e la reverente sottomissione che richiede);definisce la tradizione interpretativa ecclesiastica (tutta la Patristica, cioè gliscritti dei Padri della Chiesa: Ambrogio, Girolamo, Agostino, Gregorio Magno…, con Agostino che distingue tra eminentissima auctoritas, la Sacra Scrittura, edEcclesiae auctoritas, la tradizione interpretativa della Chiesa).

Dal concetto di auctoritas è derivato quello di auctores: il termine designa nelMedioevo quegli scrittori ai quali bisogna rifarsi come garanzia di verità di ciòche si sostiene. La citazione di questi scrittori è un mezzo, una tecnica di argo-mentazione imprescindibile per dare valore e comprovare le proprie opinioni.Sono auctoritates nel Medioevo:

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essere riferite alla vita dello spirito, pur precisando “per similitudi-nes, non per proprietatem”.93 Cioè, gli strumenti musicali possonoparlare di un’altra realtà94 e Marcucci ne richiama il simbolismo(non nei suoi riassunti didattici, ma nel suo epistolario).

“[…] Per annunciare al mattino (cioè nel tempo della prosperità) latua misericordia e la tua verità nella notte (cioè nel tempo di affli-zione) sull’arpa a dieci corde (cioè nell’osservare i precetti del deca-logo) con canto (cioè con la bocca) sulla cetra (cioè, e nello stessotempo col lavoro). Quasi la stessa cosa dissero nel Salmo 32: Lodateil Signore sulla cetra, sull’arpa a dieci corde (ecco l’arpa a dieci corde)cantate a Lui. Pertanto David desiderava, e persuadeva gli altri, aconfessare e cantare le lodi di Dio, la misericordia di Dio, le veri-tà divine tanto nei giorni prosperi quanto nelle notti avverse fer-mamente e stabilmente senza volubilità d’animo; e voleva chequesta lode, confessione, canto avvenisse sia con canti prodottidalla bocca sia col suono dell’arpa e della cetra fatto a mano. In queltempo l’arpa era costruita solo con dieci corde per significare ildecalogo: la cetra invece era armata di corde di nervi essiccati(volgarmente di budella) e significava la mortificazione del corpo ela custodia dei sensi. Il suono di ambedue avveniva con la mano persignificare le opere pie, il compimento della legge, con le quali daifedeli Dio era onorato.Cosa significa dunque, Figliuola mia, desiderare di suonare sullacetra e sull’arpa a dieci corde? Se non voler servire Dio non solocon la voce e la bocca, ma anche con le opere e la mano […]”.95

non dichiarata ma implicita risulta la convinzione che le cordetese siano simbolo del suono che emette il nostro cuore, cioè dellatensione dell’uomo a Dio.96

Il tema delle dieci corde che possono facilmente essere associateai dieci comandamenti era già presente in Agostino (che però lo hautilizzato per il salterio) e significa che cantare con il salterio o l’ar-pa significa adempiere la legge.97

La mortificazione del corpo è la mortificazione della carne di ago-stiniana memoria98 (rispetto alla quale Marcucci aggiunge la“custodia dei sensi”, cioè il loro controllo), in quanto per emettereun suono la corda deve essere sottoposta ad una pressione elasti-ca, ad una tensione.99

La mano rinvia al lavoro: la cetra indica la realizzazione di uncanto al quale seguono le opere,100 cui si conformano i fatti.101 Comegià accennato sopra, anche il salterio, come la cetra, è spesso metafo-ra della vita morale, infatti ambedue si tengono con le mani e sonol’immagine di qualche nostra opera corporale.102 Come per colui checanta, l’accompagnamento esige la partecipazione del corpo, ilmovimento consono delle mani, così la cetra diventa metafora del-l’ambito morale della nostra lode a Dio,103 l’armonia e la conformitàdella vita pratica104 e perciò allegoria della lode incessante.105

- cristiane: la Bibbia (Antico e nuovo Testamento); la Patristica greca e latina(Patres); ecclesiastici dell’alto medioevo come Boezio, considerato cristiano, eIsidoro di Siviglia… (Scriptores);- profane: antichi greci e latini (Antiqui, Philosophi); poeti (Virgilio, ovidio,Lucano, Terenzio etc.) e filosofi (Aristotele, Ippocrate, Galeno, Tolomeo etc.) conquesti ultimi ritenuti autorità “scientifiche”.93 Enarratio in Psalmos, 150, 8. 94 È, questo, un esito della abitudine medievale ai quattro sensi della scrittura,dottrina già nota ad origene ma esemplificata dal distico di Agostino di Dacia“littera gesta docet quid credas allegoria moralis quid agas quo tendas anagogia” (ilsenso letterale o storico, il senso allegorico o tipologico, il senso o morale otopologico, il senso anagogico o escatologico): de Lubac 1948. 95 Lettera n° 3 in Appendice.

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96 Enarratio in Psalmos, 70, II, 11: “cui corde supertenduntur ut resonet”.97 Per S. Agostino il vero salterio a dieci corde è il decalogo: Enarratio inPsalmos, 110, 1; lo stesso specifica che “decachordum psalterium significat decempraecepta legis“: Enarratio in Psalmos, 91, 5. L’analogia decacordo-decalogo èanche in Fedeli 1757.98 “In utroque organo caro crucifigitur”: Enarratio in Psalmos, 149, 8.99 “Quia et ipsae sunt caro, sed iam a corruptione liberata ”: Enarratio in Psalmos, 150, 7.100 Enarratio in Psalmos, 97, 5.101 Enarratio in Psalmos, 146, 2.102 “Utrumque hoc manibus portatur et tangitur, et significat opera quaedam nostracorporalia (en. Ps. 42, 5); Verbo et opere laudate: ore quippe cantatur; psalterio autem,hoc est manibus, psallitur» (En. Ps. 104, 2).103 “verbo et opere”, Enarratio in Psalmos, 91, 5104 “non solum voce sed et opere”, Enarratio in Psalmos, 146, 14.105 Ambrogio dice lo stesso ma del salterio: “bonum psalterium cum fidei vita

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Il tema del suono. Ciò che rende più corposo il suono, come lacassa di risonanza, è la nostra vita: vita spirituale nel caso del sal-terio e vita terrena nel caso della cetra.107

Ma lo stesso tema può essere inteso come canto; in questo casoè collegato a quello del cammino verso la città celeste108 e a quellodella costruzione della casa di Dio.109

Come si vede, la funzione reale degli strumenti (compresa lavoce, da tutti considerata il primo strumento, perché non fatto dal-l’uomo ma dato dallo stesso Dio) e la loro costituzione fisica nonsolo hanno offerto lo spunto per considerazioni morali sulla vitadel cristiano (in questo modo il suono è stato utilizzato come unagrande allegoria della vita cristiana), ma hanno contribuito allacostruzione di una simbologia assai complessa, alla quale va rico-nosciuto il valore di una compiuta estetica teologico-musicale.

II.C Tra eredità medievale e nuove tendenze

II.C.1 Musica scientia non ars

La musica è parte della matematica; e ritenendola “scientia nonars”, Marcucci ripete la concezione, formatasi tra tardo antico ealto medioevo, della superiorità della musica theoretica, speculati-va (scientia speculativa, che trova posto nel quadrivium e tratta dioggetti astratti che restano costanti per giungere al vero) sullamusica practica (ars: artificio, esercizio di abilità, che si occupa dioggetti contingenti e può aspirare solo al probabile).

La musica è una scienza dei puri rapporti matematici (per que-sto fa parte delle discipline del quadrivio); il cantore è considera-

“[…] il suono fatto per glorificare Dio, ravviva lo Spirito, e lo tra-sporta sopra le cose Terrene verso il Cielo, e fa che lo Spirito fac-cia quei voli, che talvolta gli impedisce la malinconia e l’appas-simento. Infatti, il San Davide per far passare la mania a Saul, glisuonava; così sonava egli stesso per sé per sollevarsi a Dio; edeliseo non volle profetizzare a quei tre Monarchi, se prima conil suono non si risvegliasse in Dio il suo Spirito. La Santa VergineCecilia non era mai tanto assorta in Dio, che al suono degli orga-ni e S. Francesco Solano con il suono del violino incominciò lasua Missione ai Barbari Americani. Ah Figliuola mia, leggete iSalmi, ed altri Libri della Scrittura, e troverete aver Dio creato ilsuono, per far che le sue Creature vieppiù si risvegliassero adamarlo e servirlo con allegrezza, come se stessero in Cielo.Quindi, il Suono fatto per Iddio, serve come di orazione, di rac-coglimento, e di esercizio di una vita celeste. Che però giunse ascrivere il grande Agostino, che in un Cristiano timorato, dilet-tante di musica, e trasportato al suono, riconosceva un non soche di contrassegno di essere predestinato alla Beatitudine eter-na nel Cielo.non fia dunque maraviglia, se i Santi Padri inveiscano tanto, e conragione, contra di coloro, che abusandosi di un mezzo datoci daDio per sollevarci alle cose celesti, e distaccarci dalle Terrene,com’è il suono, lo convertono a cose basse, e talora inique, e se neservono per allontanarsi dal Cielo, e attaccarsi al mondo e allacarne, per poi scontarlo con urli eterni all’Inferno.Dal solo abuso de’ musici venali di suono e di canto è nato il pro-verbio del musicus ergo asinus; poiché essi, non curando altro, chelucro e guadagno e sguazza mento di tavola, null’altro cercano: néLibri, né studio e talvolta neppur il Timor Santo di Dio.Lungi, lungi sia sempre un tal abominevole e diabolico abuso dallemie buone Figliuole. Del resto suonino pur esse allegramente perpiacere a Dio, e per sollevare lo spirito al Cielo; e sieno pur certe,che un tal suono non pregiudicherà allo Spirito, né allo studio, néall’Istituto […]”.106

consentit, et caro animae, virtuti adspirat voluntas. Hoc est dulce psalterium, ubi cano-ra est disciplina vivendi” (In Ps. 61, 7).106 Lettera n° 4 in Appendice.

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107 L’idea appena esposta riappare in vari passi, per es. in Enarratio in Psalmos,56, 16: “cithara autem hoc genus ligni concavum et resonans in inferiore parte habet”.Cf. anche Enarratio in Psalmos, 80, 5.108 Per il tema delle due città si rimanda a Enarratio in Psalmos, 136, 1; 145, 1; 64,2. 3.109 Enarratio in Psalmos, 94.

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to di livello inferiore e lo strumentista viene paragonato addirittu-ra agli animali, perché la sua abilità sta tutta nell’imitazione, pri-vata di intelligenza.110 L’unità dell’humana scientia viene contrap-posta all’habitus specifico implicito nella pratica particolare diogni singola arte. Viene così enfatizzata l’esperienza del musicus (èprincipalmente il teorico, colui che studia e conosce le misure e ladisposizione degli intervalli, la natura delle scale) che attraversola scienza può giungere alla conoscenza dell’armonia suprema.111

In questa ottica l’arte non è una scienza, ma una tecnica (τεχνή),cioè una attività razionale applicata alla fabbricazione di strumen-ti sia materiali che intellettuali. San Tommaso specifica: ars signi-fica conoscenza più produzione che “deriva immediatamentedalla ragione, come la funzione della costruzione (grammatica),dei sillogismi (dialettica), del discorso (retorica), dei numeri (arit-metica), delle misure (geometria), delle melodie (musica), del cal-colo del corso degli astri (astronomia)“.

Per questo nell’Albero delle Arti Liberali e Meccaniche112 la musicanon figura: essendo una scienza, essa fa parte dei “Regni della

Matematica, cioè Geometria, Aritmetica, Ottica, Algebra, Geografia,Astrologia, Musica”.113

nella introduzione (Interlocutrice) Marcucci mostra di accettarela certezza evidente come criterio di verità. Il concetto di scienzacome “cognitio certa et evidens”, presente anche in altre sue opere,114

non appare però adeguatamente sfruttato, probabilmente a causadella natura e della destinazione dello scritto.

II.C.2 L’estetica musicale del ‘700

nel variegato panorama culturale a cavallo tra ‘600 e ‘700, domi-nato dal conflitto tra razionalismo ed empirismo, tra classicismo edestetica del gusto, continua a sopravvivere una estetica della musi-ca che si riallaccia idealmente alla speculazione pitagorica e plato-nica (filtrata da Agostino e dagli altri teorici medievali). Tuttaviatra i frutti più fecondi del secolo dei Lumi vanno certamente anno-verati l’estetica, ormai avvertita e teorizzata come scienza dellasensibilità,115 e l’esperienza unita alla passione, che cominciano adacquisire una centralità filosofica senza precedenti.116

110 L’idea è già in Agostino: Musica, I, 4, 5-9.111 Almeno per il Medioevo il concetto di arte (ars), inteso in senso lato, com-prende la teoria matematica (scientia) e la prassi del canto, fondata su un certonumero di regole (usus). Ars, in senso stretto, è solo la teoria, contrapposta allapratica e il teorico speculativo (musicus) viene posto al di sopra del cantore (can-tor), che non pensa. Questo riporta l’anonimo compilatore del De plana musicabreve compendium: “Musicus est ille qui ratione propensa canendi scientiam manife-stat, unde philosophus: “Musicorum et cantorum magna est distantia: isti dicunt illisciunt quae componit musica; nam qui canit quod non sapit appellatur bestia” undeversificator: “Bestia non cantor qui non canit arte sed usu, non vox cantorem facit artissed documentum“ (Gilles 1989). 112 AHS, p. 1. Per Cettoli 1995, p. 96, l’Arbor Artium costituirebbe una sinteticaimmagine della cultura enciclopedistica propria dell’illuminismo cattolico. Mal’immagine dell’albero delle arti e delle scienze è presente anche nel testo deiDiscours di D’Alembert, che però colloca le arti visive, la poesia e la musica, conle loro suddivisioni, nella categoria generale della immaginazione, come pun-tualizzò Kristeller 1987, p. 213. Inoltre, l’espressione “Arbor artium liberaliumnecnon scientiarum” è molto più antica, essendo già comparsa in un codicemiscellaneo confezionato tra XV e XVI secolo, oggi conservato a Wolfenbüttel(Herzog August Bibliothek, Cod. Guelf. 542. Helm).

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113 Saggio 1754, 4.114 AHS, p. XXIX. “Omnis scientia est cognitio certa et evidens” aveva affermatoCartesio 1637, p. 362. Sulla stessa lunghezza d’onda del razionalismo galileia-no, il metodo di Cartesio (regula secunda) pone costantemente a proprio fonda-mento “la certezza evidente come criterio di verità (“omnis scientia est cognitiocerta et evidens”); l’intuito come luce di ragione, come strumento per giungerealla verità, integrato dalla deduzione [...] come estensione dell’intuito; le natu-re semplici; il loro ordine, come catene di verità che si articolano in una totali-tà; l’enumerazione e la memoria intellettuale in quanto determinano il concre-to estendersi dell’intuito alla totalità delle verità” (Garin 1967, vol. 1, p. LXV).115 nel 1756 viene definita dal fiche “scienza filosofica che ha per oggetto lo stu-dio del bello e dell’arte”: citato in Prati 1951, sub voce. 116 Questo interesse rientra in una più generale ristrutturazione avviatasi già in età barocca, il cui frutto maturo fu l’ideale di una metafisica attenta alladescrizione e alla classificazione ragionevole, che garantiscono l’autentico pro-gresso, superando sia la sottomissione infantile all’ordine trasmesso, sia il ribel-lismo adolescenziale. Su tutta la problematica, Franzini 2009.

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Tra i vari argomenti approfonditi dalla critica dell’epoca, duesembrano staccarsi: l’idea di bello musicale e il rapporto tra musi-ca e poesia.1 È in ambito francese che il concetto di bello musicale conquistauna enunciazione autonoma. Vale la pena presentarne una sinte-si, se solo consideriamo che le categorie del bello e del sublimehanno definito due fondamentali modalità di esperienza esteticae due punti di riferimenti essenziali per la definizione dell’ambi-to estetico; inoltre, hanno giocato un ruolo chiave nella formazio-ne sia dell’estetica come disciplina, sia del lessico della criticamusicale. 

Inizia nel 1715 il gesuita Yves-Marie André, che delinea una tri-plice differenza tra bello essenziale (universale e autonomo), natura-le (indipendente dall’opinione degli uomini ma creato direttamen-te da Dio) e di istituzione umana (arbitrario, soggettivo) e affermache per giudicare il bello bisogna ricorrere non più ai vecchi crite-ri storici del decoro e della convenienza ma al principio agostinia-no dell’unità della forma.117

nel 1719 interviene Du Bos, sostenendo che le arti procuranopiacere perché sono capaci di produrre in noi delle passioni e cheil musicista

“imita i toni, gli accenti e i sospiri, le inflessioni della voce e infinetutti quei suoni con l’aiuto dei quali la natura stessa esprime i suoisentimenti e le passioni”.118

In questo modo la musica realizza lo stesso fine delle altre arti.e così Du Bos, passando dalla verità razionalistica a quella deisentimenti, di cui la musica rappresenta l’imitazione più diretta enaturale, anticipa la strada percorsa dai romantici.

Tocca poi a rameau, che nel 1722 torna a Pitagora. Per lui lamusica è simbolo o espressione di una armonia superiore che si

esplica per mezzo di proporzioni numeriche, pertanto essa puòridursi a numeri, a scienza, a ordine naturale eterno e immutabi-le e non potrà più essere considerata solo un piacere dei sensiestranea al nostro intelletto e alla nostra razionalità. L’armonia sifonda su di un principio naturale e originario e quindi razionaleed eterno:

“La musica è una scienza che deve avere delle regole stabilite, que-ste regole devono derivare da un principio evidente e questo prin-cipio non può rivelarsi senza l’aiuto della matematica”.119

rameau per imitazione della natura intende un sistema di leggimatematiche e non i quadri idillici e pastorali dei filosofi deltempo; per questo, più che all’estetica contemporanea si ricollegaal meccanicismo proprio della concezione newtoniana del mondo.La musica è razionalità pura ed è per sua natura il linguaggio piùuniversale: preannuncia così la futura concezione della musicacome linguaggio privilegiato, espressiva non solo delle emozionie dei sentimenti individuali, ma della divina e razionale unità delmondo.

Batteux nel 1746 riprende il concetto della natura come oggettodelle arti belle e della verosimiglianza come criterio di imitazione.Ma natura sta diventando sinonimo di artificio, di classicismoarcadico. Anche per lui la musica ha per compito di imitare lanatura, cioè i sentimenti e le passioni,120 mentre la poesia imita leazioni. Così affiora la frattura irreparabile tra ragione e sentimen-to: “il cuore ha una sua intelligenza indipendente dalle parole”(pp. 285-6), il cuore è il regno della musica.

117 Garda 2006, pp. 621-2.118 Du Bos 1719.

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119 rameau: “Il mio fine è di restituire alla ragione i diritti che essa ha perdutonel campo musicale”, in Fubini 1968, p. 33.120 L’imitazione della natura (derivata da Platone e Aristotele) non quale è, “matal quale può essere e tal quale la si può concepire nello spirito” (Batteux 1746,citato in Basso 1976, p. 25) e il cui scopo è il diletto (piacere, commuovere, inte-nerire).

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non dice alcunché al nostro spirito, alla nostra ragione; può solorappresentare un diletto per i sensi, per l’udito, accarezzato dalgioco dei suoni, dalle dolci melodie. In definitiva, se il solo lin-guaggio valido per l’uomo è quello della ragione, della verità,allora “il criterio del bello musicale si risolve così nella maggioreo minore aderenza al testo poetico”.124

Purtroppo, nessuno dei due temi viene preso in considerazionedal Marcucci. non appare un solo riferimento all’estetica del belloe per il rapporto musica-poesia sembra prevalere un atteggiamen-to ambiguo o comunque non risolto: a questo fanno pensare leripetute dichiarazioni contro la teatralità e l’uso di brani infarcitidi abbellimenti (v. i trilli in Prigioniera).

Infine Baumgarten, che introduce il termine estetica come dot-trina dell’arte e, definendola come “scienza della conoscenza sen-sibile”,121 la fonda come disciplina autonoma.2 Altro grande problema dell’estetica musicale del Seicento-Settecento è la definizione del rapporto tra musica e poesia. Ad essa sono riconducibili temi come la classificazione gerarchicadelle arti, le dispute sulla musica italiana e francese, la svalutazio-ne della musica strumentale ecc.

La condanna del melodramma, più a sfondo moralistico cheestetico, fatta dalla cultura ufficiale, ha alla sua base la condannadell’arte in quanto arte.122 Per lo spirito razionalistico cartesiano,di cui Marcucci è impregnato, l’arte e il sentimento non hanno unaloro autonomia, non assolvono alcuna funzione essenziale nellavita dell’uomo: rappresentano solo forme inferiori di conoscenza.

Poiché la poesia si rivolge alla ragione e la musica ai sensi(all’udito), nelle classificazioni gerarchiche delle arti solitamentela poesia si trova al primo posto, la musica all’ultimo.123 La trage-dia, per i teorici del ‘600, non guadagna nulla dall’aggiunta dellamusica. Anzi, questa è considerata un’arte immorale in quanto

121 Baumgarten 2000, p. 27. Ma rosario Assunto ha rivalutato la civiltà esteticamedievale: contro Croce che ha definito l’arte medievale moralistica e pedago-gica, Assunto, convinto che l’uomo medievale coglie ciò che conosce solo attra-verso la sensibilità e la bellezza, ritiene che il Medioevo propone invece unapedagogia e una morale artistica (Mennini 2008).122 Fubini 1968, p. 17.123 Se l’arte è una piacevole imitazione della natura-ragione-verità attraverso lafinzione poetica, solo la poesia potrà essere ammessa nel regno delle arti, manon la musica, che non potrà in modo alcuno imitare la natura essendo solo unpiacevole gioco di suoni, capace al più di accarezzare il senso dell’udito: Kantsosteneva che la musica “è piuttosto godimento che cultura […] giudicata dallaragione ha minor valore di qualunque altra delle arti belle”: Pasi 1995, 2° vol.,p. 41.

nell’imitazione della natura, invece, la musica supera la pittura per la ric-chezza di sfumature con cui è in grado di dipingere le passioni, la capacità didescrivere eventi che si evolvono nel tempo e la precisione che caratterizza ilsuono, misurabile e calcolabile rispetto alle più indefinite qualità cromatiche:Garda 2006, p. 622, che riassume da André 1715.

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124 Garda 2006, p. 620.

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III.

PER UNA VALUTAZIONE: LIMITI E APPORTI

resto convinto che per valutare appieno l’operato delMarcucci, la sua produzione come le sue azioni, anche la sua per-sona, siano indispensabili ulteriori contributi, come gli studi delsuo epistolario, comprese le lettere pastorali, della predicazione edella sua biblioteca. Pur tuttavia, anche questa incursione nel suomondo musicale ci consente di portare un contributo, per quantomodesto, alla ricostruzione storica del personaggio.

Il primo punto da chiarire è di natura metodologica: Marcucciva analizzato per quello che era accaduto prima di lui e che stavaaccadendo attorno a lui, nella società in cui era immerso, non dopo.

Fin dagli inizi dell’approccio a Marcucci mi hanno sorpresol’unanimità dell’elogio e la mancanza di voci critiche (nel sensoclassico di analitiche) o anche solo realistiche. Solo Cettoli, che purgli riconosceva uno studio approfondito delle humanae litterae, neapprezzava l’erudizione (soprattutto in campo giuridico, filosofi-co e teologico) e ne identificava alcune attitudini essenziali (l’inte-resse filologico, la linguistica comparata e l’impegno stilistico), hadefinito modesta la sua qualità poetica e non più che dignitosa lasua intonazione moralistica.125 In effetti sembra mancare nella pro-duzione del Marcucci qualsiasi intervento sui grandi temi metafi-sici e morali, l’elaborazione di risposte adeguate ai più cogentiproblemi del momento sul piano metafisico ed etico, come l’inda-gine sulla origine delle società politiche.126

Per il resto ha prevalso il tono encomiastico.Sensi lo ha giudicato “prete erudito figlio genuino del suo

tempo il quale, sulla scia di insigni studiosi, come Muratori, Maffei,

125 Cettoli 1995, pp. 88-9.126 Per una panoramica e per confronti, rosa 2008, pp. 159-70.

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Apostolo Zeno, non esitò a denunciare l’ignoranza e la superstizio-ne dei secoli passati, mentre sottolineò i progressi dei secoli piùrecenti. egli fece propria l’ansia di una riforma della Chiesa e dellasocietà e tracciò una delle strade percorribili, la promozione socia-le e culturale della donna”.127 ugualmente si era espressa la egidi,affermando che “con vivo, profondo e profetico intuito, promossel’elevazione della donna”.128 Ma è proprio così? non è più esattointerpretare l’apertura di una scuola per ragazze in una societàcaratterizzata dalla chiusura di ceto (quale quella ascolana di metàSettecento)129 come un passo certamente coraggioso, ma che si puòmotivare solo come iniziativa funzionalista, statica, tesa alla ripro-duzione di comportamenti e valori, alla perpetuazione del minac-ciato ordine esistente? Inoltre, se lo avvertiva come missione, comemai non lo ha trasferito in qualche scritto?

Maraglino, citando pensatori del calibro di Toynbee, Spengler,Braudel ecc., gli ha riconosciuto il valore centrale della cultura, lafunzione culturale della scuola come strumento naturale della tra-smissione alle nuove generazioni, il prevalere dell’educazione sul-l’istruzione, la formazione integrale umana, l’educazione di tuttele facoltà (intelligenza, volontà, socialità, religiosità, affettività,corporeità), l’ineliminabile concezione metafisica ed etica (intesacome visione religiosa del mondo e della vita, nocciolo di ogni cul-tura ed asse portante di una società e di ogni civiltà).130 Ma così siingenera un formidabile equivoco: tutte queste qualità non auto-rizzano a ritenere Marcucci un innovatore, un antesignano inmateria, poiché esse fanno parte del DnA della scuola intesa comeistituzione o comunque espressione di una società organizzata,quindi in tutti i tempi e in tutti i luoghi.131

Altra precisazione: è stato sottolineato come la biblioteca mar-cucciana fosse aggiornata, almeno per quanto riguarda l’enciclo-pedismo in generale e il senso storico in particolare.132 È vero:Marcucci informa sulle ristampe, esprime valutazioni, critica lascelta di chi cita solo autori inglesi dimenticando francesi e italia-ni e così via. Ma lui cita solo qualche classico e opere vecchie eoggi dimenticate (quindi, probabilmente meno significative, senon hanno retto l’usura del tempo), ma non gli autori suddetti.133

Inoltre, quelli che cita gli sono utili solo nell’ambito di un ragiona-mento che verte su una arida ripartizione della scienza storica.134

Il fatto è che dei tratti più qualificati dell’epoca di Giannone,Vico, Modena, Muratori e Tiraboschi135 (personaggi che hannoaffrontato temi come la raccolta delle fonti, la critica delle testimo-nianze, la cura della cronologia, l’impegno civile indirizzato allaricostruzione del passato dell’Italia con l’obiettivo di individuarele epoche in cui si è affermata la libertà politica) non sembra esser-vi traccia alcuna nella produzione storiografica marcucciana, chenon a caso è stata accusata di mostrare una assenza completa di unesercizio sistematico di attitudini critiche nei confronti dei dati,

127 Sensi 1995, p. 43.128 egidi 1994, p. 5.129 Laganà 1995, parla di “sistema politico chiuso”. 130 Maraglino 1995.131 oggi il discorso sulla formazione e sulla socializzazione in ambito scolasti-co appare addirittura enfatizzato, ma era già presente in Cicerone, quandoaffermava “doctrina eadem videtur et bene dicendi et recte faciendi magistra” (De ora-tore, III, 57).

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132 Anselmi 2002, p. XXII, che registra la presenza di Facciolati 1739, Muratori1742, rollin 1744, Chevigny 1749, Chambers 1749.133 Colpisce il fatto che l’unica cosa a destare l’interesse del Marcucci sia la pun-tualizzazione se è più o meno corretto usare il termine enciclopedia invece di ciclo-pedia, come fa Chambers; mentre sul merito delle idee non si esprime affatto oquasi. e la stessa considerazione può essere fatta per l’opera del rollin, che pureesercitò un notevole influsso sulla pedagogia e sull’ordinamento degli studi inFrancia. Inoltre, tra gli autori citati a p. 5 di AHS, comparsa nel 1756, a parte iclassici Aristotele, Teofrasto, Dioscoride e Plinio, degli autori moderni compaio-no Gesner 1551-87, Willughby 1686, Flamsteed 1729, Acosta 1600, redi 1664-84e Pluche 1732, opera tradotta in tutta europa, ma che, anche se ha spinto moltia diventare naturalisti, resta opera di divulgazione dallo scarso peso scientifico.134 A p. 9 natale Alessandro (1724) e Graveson (1733); a p. 11 Daniel (1728); a p.29 Calmet (1757).135 Solo il nome del Tiraboschi appare nelle opere del Marcucci, e solo unavolta, a p. 558 dei Sermoni, la cui autorità viene utilizzata a supporto della veri-dicità della tesi della Traslazione della Santa Casa di Loreto.

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dei postulati e dei fatti riportati.136 Anzi, purtroppo non mancanoesempi di una insufficiente attenzione critica:1 non coglie la portata innovativa, dal punto di vista metodologi-co, del lavoro svolto dai bollandisti sulla passio di S. emidio (cheavevano riconosciuto il carattere apocrifo del documento sulquale si basava la passio del santo ascolano e ne avevano negato ilvalore storico), contro i quali invece reagisce “tentando di spiega-re gli errori e conciliare gli anacronismi […] presenti nella vita delsanto”;137

2 non interviene sulla proposta del Muratori138 di favorire unareligiosità che sapesse trarre dalla Liturgia e dalla Scrittura la pro-pria sostanza e si mantenesse lontana dalla superstizione e dallamagia;3 anche un rapido confronto con esponenti della cultura marchi-giana dell’epoca lo vede soccombente: mentre lui raccomanda allesue donne di non leggere i libri francesi139 un altro ecclesiastico mar-chigiano, il dotto carmelitano jesino Angelo Ganzetti, dota la biblio-teca del suo convento proprio delle opere della cultura francese.140

Insomma, all’epoca del Marcucci anche nella MarcaAnconetana “le idee, o almeno i libri che le veicolano, circola-no”;141 ma le relazioni dirette, coscienti, dichiarate (e documenta-bili!) del Marcucci con altri intellettuali142 (non solo un adeguatoatteggiamento critico) sono ancora da dimostrare. e forse propriola mancata partecipazione ad un pubblico dibattito e l’assenza diun adeguato atteggiamento critico hanno determinato cheMarcucci finisse nel dimenticatoio.

Tutto questo spiega a sufficienza, a mio parere, l’atteggiamentoreticente rivelato dalla citata lettera del 21 luglio 1787: atteggia-mento che, è stato osservato, connota le incertezze, le difficoltà eanche i limiti profondi della stessa apologetica.143

Anche per quanto attiene al campo musicale vanno fatte dove-rose precisazioni.

Come abbiamo visto, gli autori citati sono quelli del sapere tra-dizionale, presentati con acritica ripetizione così come i temi spes-so sono quelli dei luoghi comuni e degli stereotipi dell’epoca.nulla poi si incontra sulle pratiche musicali del tempo: la musicaprofana risulta completamente assente (gli scarsi riferimenti sonosolo in negativo). Marcucci, attento a come si scrive il canto grego-riano ma senza spiegare come vada eseguito, si rivela solo unadelle tantissime fonti, comuni a tutte le epoche, che raccomanda-no di cantar bene e non male.

Lascia perplessi, poi, anche un’altra considerazione: quandoviene costituita l’Accademia dell’Immacolata all’interno dellaCongregazione delle Pie operaie (28 settembre 1747), il piano distudi prevede conoscenze di tipo catechistico e “un serio ed erudi-to studio di varie arti liberali, e di varie scienze sì umane, che divi-ne (…), leggendo e spiegando (…) or la grammatica, or la retorica,or l’umanità, or la filosofia, or la teologia, or la Sagra Scrittura, edaltre materie necessarie e utili”.144 Inoltre, egli stesso dichiara

“Lo studio da me richiesto dalle Maestre nelle nuove Costituzoniè quello1. della Lingua Latina e Spagnuola originaria dell’Istituto;2. della rettorica;3. della Logica;4. della dommatica;5. della Sacra Scrittura, che ha poi da essere lo studio perpetuosino alla morte.”145

136 Franchi 1995, p. 126; Laudadio 1997, p. 67 n. 79, 68 n. 86.137 Cameli 2005, pp. 37-8.138 Muratori 1747, opera tradotta in tedesco nel 1753, in latino nel 1760, in spa-gnolo nel 1763.139 V. Lettera n° 10, qui in Appendice.140 Bigliardi - Pierpaoli - urieli 1988, pp. 53-7.141 Fioretti 2000, p. 225.142 non si riesce a sapere con chi sia stato in relazione. Zenobi 2008, p. 87, sostie-ne che Marcucci ha intessuto una “trama di relazioni vastissima e varia” conpersonalità di spicco della cultura del XVIII secolo, ma senza citazioni.

XCVIII

143 Per rosa 2008, p. 157, tale apologetica si sarebbe rivelata impari, “stando algiudizio pressoché concorde degli studiosi”, al compito prefissatosi.144 Costituzioni, pp. 5-6.145 ASC, Epitolario, Vol. IV, n° 133, roma, 2 Settembre 1778

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Insomma: la musica non ha autonomia alcuna, pertanto finiscecon l’esser considerata come il ricamo e il cucito.

La presenza di riferimenti al mondo della musica nelle altreopere è sostanzialmente inesistente. nelle Preces devotae sub certisdiebus recitandae egli riporta inni (Veni creator spiritus, Verbumsupernum prodiens, Pange lingua), sequenze (Stabat mater, Diesirae),146 responsori (nessuno col titolo) e salmi (De profundis), tuttomateriale che ha ispirato musicisti di ogni epoca: eppure, maicompare la parola musica!147

non ci è di aiuto l’indagine per vedere se Marcucci ha tenutorelazioni con gli autori delle opere di argomento musicale presen-ti nella sua biblioteca, il concittadino e contemporaneo Mancini,148

il poco interessante Catalisano (l’unico che si guadagni una cita-zione non molto significativa)149 e il ben più interessante

eximeno.150 Il motivo è molto semplice: queste opere sono tuttesuccessive ai manoscritti musicali del Marcucci. Ciò nonostante,colpisce la notevole distanza culturale con quest’ultimo.

L’eximeno in una prima opera contrasta l’origine delle leggimusicali da quelle matematiche acustiche; tratta del contrappuntosulla scorta di autori antichi (Platone, Galilei, eulero) e moderni(Tartini, rameau); distingue tre periodi nella storia della musica,caratterizzati, rispettivamente, da progresso, decadenza e rinno-vamento, con idee precorritrici del nazionalismo e del romantici-smo.151 nella successiva, entra in polemica col Martini, contestan-done alcune affermazioni (che il canto fermo costituisce la base delcontrappunto; che le vere regole del canto fermo sono reperibilipresso i maestri del ‘500 e del ‘600; che gli antichi greci ignorava-no il contrappunto), e sostiene che la musica non è parte dellamatematica ma il risultato di “quelle modificazioni del linguag-gio, che la rendono efficace per dilettare l’orecchie, e commuove-re gli animi”, e che queste modificazioni consistono nell’accento enella quantità delle sillabe: la musica, come la teologia, è unascienza autonoma.152

146 Si tratta di tipologie che dal loro inizio prevedevano l’unione di poesia e musica. 147 RV, pp. 31-73. lo stesso si può riscontrare a proposito della presentazione divarie tipologie di inni: Saggio 2008.148 Mancini Giambattista, nato ad Ascoli nel 1714, morto a Vienna nel 1800,sopranista e maestro di canto (chiamato a Vienna da Maria Teresa come mae-stro di canto per le principesse). L’edizione posseduta dal Marcucci costituisceun ampliamento della prima edizione del trattato di Mancini sull’arte del canto(Pensieri e riflessioni pratiche sopra il canto figurato, di G. M., maestro di canto dellacorte imperiale e accademico filarmonico, Vienna 1774), tradotto in più lingue e pre-zioso per le notizie sui cantanti dell’epoca e sulla tecnica della fioritura. Moltoapprezzata la sua concezione dinamica e acustica della voce e non meccanicisti-ca, insistendo moltissimo sulla naturalezza. una copia dell’edizione del 1774 èattualmente conservata presso la Biblioteca Comunale di Ascoli Piceno; v.Collectio Thesauri, I/2, pp. 263-4. Sul personaggio, Cantalamessa 1830.149 Catalisano 1781, opera controversa, piena di ammaestramenti religiosi edevoti concernenti la musica sacra (come facevano tutti); si rifà a rameau per iprincipi fisico-armonici ricavati dalle vibrazioni delle corde sonore; considera-zioni sul basso fondamentale e sulla natura dei modi maggiore, la natura e lasuccessione delle consonanze e delle dissonanze e degli intervalli; le regole delcontrappunto. Ma furono avanzate critiche sul modo scorretto di scrivere, ben-ché vi siano riportati esempi molto chiari di passaggi armonici accettati e con-siderati corretti nel settecento; esempi di canoni a più voci, in cui viene minu-ziosamente illustrato l’andamento di ogni singola voce; una interessante parteinerente alla fuga reale a quattro parti, e la tavola concernente le consonanze ele dissonanze nella scala diatonica.

C

150 Gesuita spagnolo stabilitosi a roma dopo la soppressione dell’ordine inSpagna (1769), eximeno Antonio (Valencia 1728 - roma 1793) in Dell’origine(1774) sostiene che l’origine delle leggi musicali è separata da quelle matemati-che e acustiche; tratta del contrappunto sulla scorta di autori antichi (Platone,Galilei, eulero) e moderni (Tartini, rameau); distingue tre periodi nella storiadella musica, caratterizzati, rispettivamente, da progresso, decadenza e rinno-vamento, con idee precorritrici del nazionalismo e del romanticismo. nellaseconda opera, il Dubbio (1775), entra in polemica col Martini, che ritiene che ilcanto fermo sia la base del contrappunto, che le vere regole del canto fermosiano reperibili presso i maestri del ‘500 e del ‘600, che i greci ignorassero il con-trappunto. Sostiene che la musica non è parte della matematica ma il risultatodi “quelle modificazioni del linguaggio, che la rendono efficace per dilettarel’orecchie, e commuovere gli animi”, e che queste modificazioni consistono nel-l’accento e nella quantità delle sillabe: la musica, come la teologia, è una scien-za autonoma.151 eximeno 1774.152 eximeno 1775.

CI

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Questo dimostra che non mancavano argomenti musicali dadiscutere in maniera scientifica; argomenti che Marcucci non haaffrontato.

C’è poi un altro punto dell’eximeno degno di interesse e riguar-da il canto ecclesiastico, rispetto al quale dimostra di avere ideeabbastanza moderne. Infatti, pur ripetendo l’opinione allora pre-valente, condivisa dal Marcucci, e cioè che

“la Chiesa, avendo introdotto un canto serio, semplice e degno dilodare la Maestà del Signore, non può tollerare un canto molle, effe-minato e lusinghiero, qual è quello della nostra musica moderna”;153

eximeno ritiene che

“la musica da eseguirsi in Chiesa deve essere, come quella del Teatro,adatta al soggetto. Il Miserere, ed il Kyrie riecheggino una Musicapatetica; il Gloria della Messa una Musica grave ed allegra”.154

La citazione a mio parere costituisce una delle prove del conflit-to in atto tra passato e presente sulla musica liturgica; conflitto cheva attenuandosi fino a svuotarsi di significato, poiché nella musi-ca liturgica poco a poco si insinuano modi di scrittura, interessifonici, urgenze espressive della nuova sensibilità musicale. Anchesu questo Marcucci sembra non avere alcunché da dire.

Altrettanto gravi poi si rivelano le mancanze dell’analisi delrapporto tra la musica e la società che ne fruiva; delle riflessioni sucome, quando e cosa si comunica attraverso il linguaggio musica-le; dei semplici cenni alla pratica musicale locale per quantoriguarda o le occasioni (eventi feriali e festivi, politici e civili vi tro-vano la loro giustificazione e il loro codice),155 o aspetti tecnici

come l’arrangiamento (che abitualmente si presenta piuttostovariegato), gli strumenti scelti, o anche la vita dei musici locali.

e allora, se nulla ha a che vedere con gli altri “illuministi catto-lici, cui non rimasero estranei sentimenti e tendenze antipapali,[che] invocarono riforme soprattutto nel campo dei rapporti trapapa e vescovi, della prassi pastorale del clero secolare e regolare,delle celebrazioni liturgiche (con l’uso della lingua nazionale), deifondamenti biblici della predicazione e della catechesi, dei rappor-ti della teologia con la scienza moderna, compresa una solida for-mazione dei candidati al sacerdozio“ e auspicarono “una condot-ta di vita maggiormente improntata ai valori cristiani [… e] la riu-nificazione dei cristiani divisi dal tempo della riforma protestan-te”,156 allora appare ben evidente come “l’Illuminismo delMarcucci” risulti piuttosto relativo e di non grande spessore cul-turale.

Se tutto questo appena enunciato è vero, allora appare com-prensibile come Marcucci risulti ancora attaccato ai criteri datati,come decoro e convenienza, e non riconosca autonomia all’arte eal mondo sentimentale.

L’opera del Marcucci sembra quindi caratterizzarsi come feno-meno locale fuori dalla trattatistica più importante, e lui come rap-presentante di un sapere tradizionale basato sulla riproduzionedello status quo, caratterizzato dall’attaccamento alla tradizionereligiosa, a un sistema di pensiero fondato sul rispetto dell’aucto-ritas,157 a un modello di organizzazione della società a base cetua-le, imperniato sull’appartenenza, al modello politico dello Statodella Chiesa, fondato da secoli sulla ecclesiastica libertas, cioè suuna sorta di diarchia tra potere centrale e poteri locali che lasciaampi spazi di autonomia alle oligarchie locali, sistema politico chetanta fortuna ha avuto proprio nella regione marchigiana.158

153 eximeno 1774, p. 46.154 eximeno 1774, p. 47.155 Le indagini sui reperti locali, iniziate dal Peretti 1998 (sui quali hanno poilavorato vari musicologi: Ziino, Cuthbert, Zamler-Carhart …), hanno portatoalla luce musica sacra liturgica, musica sacra non liturgica (laude), musica pro-fana (ballate francesi, virelai, rondeaux, ecc.) su notazione neumatica diastema-tica (secoli XI-XIII), quadrata (secoli XIV-XVI) e mensurale nera (secoli XIV-XV).

CII

156 Andresen e Denzler 1992, p. 344.157 Fedeli 1757.158 Cfr. Zenobi 1976 e 1994.

CIII

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Ho dimostrato che l’intento didattico, dichiarato, alla modadell’epoca,159 deriva dall’atteggiamento apologetico che ha colti-vato per tutta la vita e che ci permette di capire la testimonianzadel suo impegno, la sua attività editoriale come anche l’istituzio-ne della Congregazione e l’apertura della scuola.

Aggiungo che questo atteggiamento, questa volontà hannocontribuito a costruire e difendere il senso di identità dei cattoliciromani in un’epoca piena di pericoli per le sorti della stessaChiesa.160

Marcucci non interviene sui temi metafisici e morali, sui tenta-tivi di accordare teologia e filosofia, sull’indagine sulla originedelle società politiche, sul dibattito politico-ecclesiologico svilup-patosi sull’onda delle riforme politico-ecclesiastiche asburgiche,giuseppine e leopoldine,161 e questo nonostante avesse accompa-gnato il pontefice nel viaggio in Austria! egli si è limitato a indica-zioni generiche di modelli religiosi cristiani di condotta morale edi ordinamento sociale e politico e a proclami su basi apologetichestorico-erudite. Ma anche su questo gli va attribuito un altro meri-to: certamente anche la volontà di fondare la Congregazione, diincrementare il culto della Immacolata Concezione e di aprire unascuola vanno interpretate con lo sforzo apologetico. Infatti, questavolontà perseguiva anche lo scopo di aumentare il consenso intor-

no ai valori della morale e della religione cristiana. Lo si avverte,sul versante della pratica religiosa, con la diffusione di nuovi cultie la trasformazione di antichi modi di partecipazione ai riti o alleaggregazioni comunitarie, come la devozione al Sacro Cuore e inove “primi venerdì” del mese, la dedica del mese di maggio allaVergine.162 Il ricorso alla pratica della pietà popolare (fomentatacon la predicazione alle missioni, tanto cara al Marcucci) si rivelastrumento valido per arginare gli effetti negativi sia del razionali-smo che del giansenismo.

Di conseguenza, l’intento didattico costituisce il maggior pre-gio di tutta la sua opera, benché non sempre risulti corroborato daun adeguato atteggiamento critico: le citazioni sono rare e nonsempre pertinenti, i riferimenti storici sembrano di maniera e talo-ra lasciano perplessi … L’impegno didattico, oltre che dichiaratonella dedica e rivelato dalla terminologia adottata (usa il terminedirettorio perché egli vuol ”dar una qualche direzione sopra lamusica”), risulta poi evidente dalle esemplificazioni, dalla sostan-ziale chiarezza del linguaggio, dalle indicazioni pratiche ad uso dichi voleva imparare a cantare leggendo.

e, contrariamente a quanto si possa pensare, il merito di questaazione deve essere considerato enorme e se è rimasta inedita finoad oggi, è perché era destinata ad una circolazione ristretta, inter-na alle istituzioni da lui fondate.

162 rosa 2008, p. 181.

159 Fedeli 1757.160 Per usare le parole di rosa 2008, p. 158, Marcucci avrebbe contribuito adefinire il “senso di difesa intransigente delle istituzioni e delle credenze cat-toliche in un orizzonte di rigida chiusura obsidionale, e a costruire in modoorganico quel “sistema dei Lumi” che doveva fornire un’immagine e un deci-sivo punto di riferimento polemico, insieme con l’immagine della riforma, epoi con quella del socialismo, alla chiesa cattolica nel suo confronto-scontrocon la modernità”.161 È risaputo che l’Illuminismo (l’Aufklärung) della cattolicissima Austria nonpresenta i toni della critica corrosiva del modello francese e si traduce, piutto-sto, in una scienza dell’organizzazione amministrativa secondo principi razio-nali. non mi pare possibile che Marcucci non ne abbia compreso la portata; per-tanto, come tutti, resto in attesa di uno studio completo del suo epistolario edelle altre fonti ancora inedite.

CIV CV

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Criteri di edizione

Ho inserito le informazioni sui singoli manoscritti, tutti conser-vati presso l’Archivio delle Suore Concezioniste di Ascoli (ASC),subito dopo ogni titolo.

Ho cercato di dare la trascrizione nel modo più possibile fedeleagli originali. Ciò nonostante ho dovuto procedere ad alcune indi-spensabili variazioni:- ho tolto l’apostrofo dopo l’articolo un davanti a nomi maschili

inizianti per vocale;- ho conservato l’uso delle maiuscole;- ho reso le sottolineature con il corsivo e la punteggiatura secon-

do l’uso moderno,163 eliminando le virgole prima delle con-giunzioni e ed o;

- talvolta ho mutato il doppio punto rendendolo, secondo il sensodella frase, o con il nostro punto e virgola o con la virgola;

- ho uniformate in rotonde tutte le parentesi, anche quelle appa-rentemente quadre;

- ho rispettata la divisione dei testi in paragrafi numerati, ren-dendoli con il numero in grassetto;

- ho introdotto, rispetto al testo, l’uso delle virgolette per le cita-zioni di passi di altre opere.L’indicazione dell’eccetera, ec., viene data con ecc.

CVII

163 Il sistema di punteggiatura si è evoluto nel corso dei secoli. nella scritturamedievale assolveva, le poche volte che compariva, ad una una funzione pret-tamente giuridica o diplomatistica, mirando soprattutto a separare le singoleformule e clausole. nel corso del Settecento dominava lo stile spezzato in frasibrevi, moda che favoriva l’interpungere ritmico (per questo si trova l’uso dellavirgola prima della congiunzione). L’attuale sistema di punteggiatura ha ormaiuna impronta nettamente linguistico letteraria, essendosi strutturato nel tempoin funzione delle articolazioni logiche del discorso (proposizioni principali esecondarie o dipendenti, incisi ecc.). Maierù 1987; Mortara Garavelli 2008.

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Ho sciolto troncamenti e abbreviazioni senza ricorrere all’ausi-lio delle parentesi tonde, poiché in nessun caso sorgevano dubbisul loro scioglimento.

Alcune particolarità linguistiche, oggi cadute in disuso, le horese nella accezione moderna, pertanto si troverà inoltre invece diin oltre, ecc.

Ho ridotto all’essenziale le note di apparato critico: date in cor-sivo (le citazioni di passi sono in stampatello minuscolo) e richia-mate da lettere dell’alfabeto, segnalano alterazioni dello stato ori-ginario del supporto (abrasioni, fori …), lapsus evidenti, partico-larità della scrittura o del testo, le cui alterazioni volontarie (corre-zioni, cancellature, aggiunte e inserzioni di lettere, sillabe o paro-le negli interlinea e sui margini orizzontali e/o verticali dellecarte) sono state segnalate solo nei casi indispensabili o più signi-ficativi.

Ho invece abbondato con le note di commento: ordinate insequenza numerale, le ho utilizzate quando nel documento com-paiono temi e/o personaggi di un certo interesse o, soprattutto,per illustrare passi che possono apparire oscuri o sui quali,comunque, è bene aiutare il lettore.

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ASC, ms. n° 15; pp. 46 cartacee (41 numerate, la 42 non nume-rata, bianche le restanti quattro) cucito al centro con un filo dicotone; ripetute le cc. 3 e 4 ma con differenze cha fanno pensare adaltra copia di stessa mano e con l’invocazione messa non tra iparagrafi 6. e 7. ma dopo il 7.); numerazione in alto a destra (i numeri dispari) o a sinistra (i numeri pari); formato 123 x 185.

Copertina, in cartoncino rigido, sulla quale compare la scritta“Con pulizia ” che forse può essere messo in relazione con unaquartina (del Marcucci stesso?) che si può leggere in ASC,Miscellanea, ms. n° 47, c. 23v.:“Inver la Povertà sempre mi piacque,ma no la sordidezza;poiché la candidezzadel Cuor seco non è, né mai vi giacque.San Bernardo, Pulizia per chi ne tien bisogno”.

Sulla controguardia iniziale c’è una croce ad otto punte accom-pagnata dalla scritta “Ad uso delle Pie Operaie dell’ImmacolataConcezione della Scuola pia di Ascoli”.

La filigrana, non presente nel Briquet, appare posizionata alcentro del margine superiore di ciascuna carta ed è costituita dauna ancora iscritta in un cerchio sormontato da una stella e recan-te in basso la lettera F maiuscola.

Il volumetto è accompagnato da vari fogli:- un foglio sciolto, con pagine numerate 3 e 4 con un testo quasicompletamente identico alle stesse pagine del manoscritto;- altro foglietto ritagliato con su una facciata il testo “Potea eglicreare, come può, infiniti uomini; eppure ne ha creati e ne creerà deter-minatamente tanti e non più: “Constituit terminos populorum”(Deuteronomio, 32).1 Vedete voi la quale acque? Or bene, dice Dio, tante

3

1 Deuteronomio, 32,8: “Quando dividebat Altissimus gentes quando separabatfilios Adam constituit terminos populorum iuxta numerum filiorum Israhel”(“Quando l’Altissimo distribuiva alle nazioni la loro eredità, quando dividevai figli dell’uomo, fissò i confini dei popoli secondo il numero dei figlid’Israele”).

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Il termine direttorio viene usato nel senso di via tracciata (daltardo latino directorium) e in questo significato lo si incontra in altreopere indirizzate dal Marcucci alle sue suore5 e ancora oggi vieneutilizzato, ad es. nella pubblicistica ufficiale della Chiesa di roma.6

Descrizione interna:

cc. 2 r. - 3 v. (pp. 1-4)

“Discorso Preliminare”Incipit: “Una delle parti della Matematica è la Musica”.explicit: “benché succintamente di amendue”.

cc. 4 r. - 11 r. (pp. 5-21)

“Parte Prima. Della Musica Vocale”Incipit: “1. La musica vocale è quella spezie della Musica artifiziale”.explicit: “non ci lasciar, o Maria”

cc. 11 v. - 21 v. (pp. 22-42)

“Parte seconda. Della musica Istromentale”Incipit: “1. La musica vocale è quella spezie della Musica artifiziale”.explicit: “e si conosce dal numero 3. Nella prima riga, come 3/4 3/83/2 3/1”.

5

gocciole abbiamo e non più: “Aquas appendit in Mensura” (Iob, 28).2Sentite voi là quei venti? Or dice Dio, con tal determinata veemenza etante determinate volte essi abbiano a soffiare e non più, fecit ventis pon-dus. Osservate voi là quella pianta? Or bene, dice Dio, produca tantefronde e non più, tante fila d’erba ecc.”;sull’altra: “In numero est omnis operatio eius” ecclesiaste 38.32;3“Mensurabiles posuisti dies meos” Psalmus 38.6.4- uno autografo, datato “Sabbato 7 ottobre 1769”, costituito da unsolo foglio che misura mm. 190 x 265 (altezza x base), piegato inquattro; sulla prima facciata è disegnata un’arpa;- l’altro è senza data, intitolato “Interlocutrice sopra la musica”,non è autografo. La grafia è di una suora ed è composto da trefogli che misurano ognuno, mm. 272 x 195.

La p. 1 è preceduta da pagina non numerata riportante il titolodell’opera, l’autore, l’immagine di una croce latina corredata dalmotto In hoc signo vinces et gloriaberis e, infine, la data topica e cro-nica: Ascoli, Sabbato 6 agosto 1746.

Sono presenti richiami pagina per pagina; il testo è disposto apiena pagina; la grafia è chiara e pochissime sono le cancellature.riguardo allo stato di conservazione, si osservano scarsissimetracce di umidità e di inchiostro ferrogallico.

4

5 Direttorio 1742, 1763 e 1778.6 Ad es. il Direttorio su pietà popolare e liturgia. Principi e orientamenti, dellaCongregazione per il Culto divino e la disciplina dei Sacramenti, Città delVaticano 2002.

2 Si tratta di Libro di Giobbe, 28,25: “Qui fecit ventis pondus et aquas appendit inmensura” (“Quando determinò il peso del vento e definì la misura delleacque”).3 Il versetto 32 recita: “Sic figulus sedens ad opus suum, convertens pedibus suisrotam, qui in sollicitudine positus est semper propter opus suum, et in numero estomnis operatio eius” (“Così il vasaio che siede al suo lavoro e gira con i suoi piedila ruota, il quale è sempre in ansietà per il suo lavoro e la cui attività è tuttarivolta al numero dei vasi”).4 Il versetto 6 recita: “Ecce mensurabiles posuisti dies meos, et substantia mea tam-quam nihilum ante te” (“ecco, hai fissato i miei giorni e la durata della mia vitaè come un nulla davanti a te”).

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1. una delle parti della Matematica è la MuSICA. e questa non è

altro, che una Scienza, che insegna la debita proporzione e concerto delle

voci e de’ suoni: ovvero, che insegna il modo di cantare e di sonare.

Dividesi questa Musica in Naturale e Artifiziale. La prima è quella

disposizione armoniosa delle voci e de’ suoni che detta la istessa

natura: giacché ogni orecchio naturalmente tende al grato ed

armonioso e sfugge l’aspro e confuso. La seconda, poi, cioè

l’Artifiziale, è quella proporzione di voci e di suoni che s’impara

collo studio e coll’arte. or di questa qui parlasi; ed essa si divide

in due spezie, cioè in Vocale e in Istromentale. La Vocale riguarda il

canto, l’Istromentale il suono.7

7

7 Quanto fosse radicata questa convinzione è dimostrato da un passo delleRegole del Bona (1595): “Musica est scientia, quae in numeris, proportionibus, conso-nantijs, mensuris, et qualitatibus Consistit. ò vero volgarmente diremo; la Musica è lamaestra d’ogni Canto, che nasca da Canto, ò suono, & questa è di due sorti. Vna è chia-mata Musica naturale, l’altra Artificiale. Dalla Musica naturale, ne nascono due altre,vna si dice esser Musica mondana, l’altra Humana. Di queste due, non te ne parlo, per-che bisognaria, che tu hauessi cognitione, & di Filosofia, & d’Astrologia, & hauer vistocose assai dipoi non fà à nostro proposito. La Musica artificiale; cosi chiamata, perches’acquista con industria, & artificio, è quella dalla quale ne nascono tre altre sorti, cioè,Musica plana, Musica figurata, & Musica instromentale. La Musica plana, è quella,che egualmente si canta con figure vniformi, come breui con breui, ò semibreui consemibreui, & simili. La Musica figurata, è quella, che vien cantata con figure di diuer-so valore. La musica instromentale poi, è quella, che è causata da gli instromenti, comeOrgani, Cethare, Lauti, & altri instromenti. Si che tu hai inteso, Come la Musica (gene-ralmente parlando) si diuide in due, Naturale, & Artificiale. La naturale parimente in

Magister Hugo di San Vittore, B.n.P., Ms. 46, f. 16r.

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tanta venerazione, che tanto era per loro il dir Musici, quantoché

Oracoli e Uomini savi,10 che perciò narrasi che Platone11 facesse scri-

ver sovra la porta della sua Scuola che niuno ardisse di andarvi, se

9

2. Questa Musica sì Vocale che Istromentale è molto antica nel

mondo; anzi gode tal pregio di antichità, che può dirsi essere stata

la prima Scienza, che dagli uomini fu incominciata a studiarsi.

Imperciocché quasi nel principio del Mondo fu inventata; e il suo

Inventore fu uno dei discendenti prossimi di Caino, chiamato Iubal.

Così ce ne fa testimonianza la sacra Scrittura al quarto del Genesi:

“Iubal ipse fuit pater canentium cithara et organo” (Genesi, 4, 21).8

3. Fu poi questa Scienza avuta in grande stima presso tutte le anti-

che nazioni. Gli ebrei la prezzavano tanto, che noi troviamo nella

Scrittura essersi essercitati in essa vari Patriarchi e Profeti ed

anche varie Sante Donne.9 Presso gli antichi Greci poi fu avuta in

8

animali e trombe) riservati ai sacerdoti; strumenti a corda (lire, arpe e salteri)legati fin dai tempi più antichi alla musica sacra e riservati ai leviti (i funzionariaddetti al servizio anche musicale del tempio); zufoli e flauti ad ancia di usopopolare, piatti e tamburi. Tra gli strumenti a fiato ha svolto una particolare fun-zione lo shofár, un corno di montone, in grado di produrre tre soli suoni, ancoraoggi usato nelle sinagoghe: era lo strumento che annunciava l’anno del giubileo.

negli ultimi decenni della sua vita la musicologa Suzanne Haïk Vantoura (+ 2000) si è dedicata al problema della interpretazione dei segni di cantillazio-ne presenti nella Bibbia ebraica che, a suo parere, costituiva una immensa par-titura cantata: i risultati del suo impegno possono essere ascoltati nel disco La Musica della Bibbia, Ars nova VST 6064, comparso nel 1976.

Per la studiosa edith Zack, della Bar-Ilan university, autrice di un saggioriguardante le compositrici nella Bibbia (originalmente presentato in occasionedelle Celebrazioni in onore di Santa Brigida, roma 2003), queste si possonodividere in tre categorie, che riflettono i ruoli affidati alla donna nella societàdell’Antico Testamento: colei che crea mitologie sociali (es.: l’anonima figlia diJefta,); colei che definisce i ruoli per il suo genere (la profetessa Debora); un aral-do per le voci inascoltate delle donne che fungono da commentatrici nella storiadell’umanità (Miriam, la sorella di Mosè). I testi biblici testimonierebbero così ilsignificato, l’importanza e la varietà delle compositrici che, con il loro potere crea-tivo speciale, ricreano con immaginazione la società e la storia. Sono vere leaders, responsabili per la strutturazione del mondo umano e le loro relazioni. Iloro lamenti, poesie, il canto e danza diventano necessari punti di riferimento perognuno, fornendo la motivazione per altre azioni e scoperte. Per la Zack, la sto-ria umana procede, con attori maschili, da motivazioni femminili.10 Fin dai tempi più antichi i Greci riconobbero alla musica un ruolo di primopiano nella educazione della gioventù, il che giustifica la convinzione che essasia stata per loro “non solo la più bella tra le arti, ma anche l’oggetto delle piùalte speculazioni filosofiche”: Bélis 2005, p. 315. Con l’espressione τεχνή μουσιχή

(letteralmente “arte delle Muse”) i greci designavano un’arte che metteva insie-me parola, melodia e gesto (la poesia, l’arte dei suoni e la danza, cioè i mezzi ditrasmissione di una cultura che fino al IV secolo a. C. fu essenzialmente orale).I grandi autori di tragedie furono certamente autori anche delle musiche (cele-berrimo il secondo stasimo dell’Oreste di euripide, che si può ascoltare nel cdHarmonia Mundi, HMA 19010515, Musique de la Grèce antique, dell’Atriummusicae de Madrid diretto da Gregorio Paniagua, uscito nel 1979, che riporta

altre due, Mondana, & Humana. L’Artificiale poi, in altre tre; Plana figurata, e instro-mentale. Resta solo, che tu sappia, che il Musico è di due sorti: Specolatiuo e prattico.Specolatiuo è quello, che solamente considera la Musica naturale, Prattico poi è quello,che considera la Musica Artificiale, & và accommodando le consonanze e dissonanzeinsieme, in modo tale, che siano grate, & dolci alle orecchie de gli ascoltanti”. Quellache abitualmente viene chiamata tripartizione boeziana della musica (mundana,humana e instrumentalis: v. miniatura a p. IV) in realtà rivela che ci si trova difronte ad uno stereotipo abbondantemente superato.8 Il problema delle origini della musica ha cominciato ad interessare storici esociologi dalla metà del secolo XVIII fino agli inizi del XX. Con l’apporto del-l’etnomusicologia si è finalmente capito che ogni cultura musicale costituisceun sistema autosufficiente, frutto di un processo di specializzazione che portaad evolvere in forme complesse certe (non tutte) componenti del proprio stile(es.: il ritmo o la polifonia o altro ancora) a differenza di altre, come ad es. l’ar-monia, lasciate in uno stadio più semplice.9 non sono molte le informazioni che possediamo sulla musica dell’anticoIsraele. La Bibbia (che, ovviamente, costituisce la fonte principale delle notizie)riporta canti religiosi e guerreschi, pratiche liturgiche legate alla musica e alladanza rituale ma soprattutto notizie sugli strumenti musicali, classificati in trefamiglie ognuna delle quali riferita ad una classe sociale: aerofoni (corni di

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4. Ma tralasciando le prische nazioni, anche tra’ Cristiani si è

tenuta in molta estimazione la Musica: anzi da questi si è molto

perfezionata. e tra loro noi abbiamo moltissimi Santi e Sante che

in essa si essercitarono a maggior Gloria di Dio. Sant’Agostino,16

11

non sapeva di Musica.12 Quindi accadde che Temistocle, tuttoché

eccellentissimo Filosofo, per aver confessato, che egli non si inten-

deva di Musica, fu tenuto per uomo ignorante.13 I più bravi poi tra

i greci in questa Scienza furono Damone14 e Aristosseno.15

10

anche in rapporto alla loro origine e provenienza, alle tradizioni locali, e decretareil bando di quelle che potrebbero concorrere a sovvertire i costumi. È necessarioperciò individuare quali sono tra i vari tipi di melodie e di ritmi, quelli che hannoil potere di educare alla saggezza e alla virtù. e le melodie doriche e frigie sono leuniche che hanno una funzione positiva sia per il comportamento in guerra, maanche per quello saggio e moderato in pace. Ma non sappiamo con certezza qualifossero i caratteri musicali né l’altezza dei suoni né la successione degli intervalliassegnata a ciascuna harmonia. Sembra che Damone abbia anche indotto Pericle acostruire l’odeon, un edificio coperto per gli spettacoli di canto, ma le spese affron-tate furono spropositate e per questo venne esiliato nel 444/43 a.C. Le sue ideeesercitarono una profonda influenza sulla dottrina musicale dei secoli successivi:le sue considerazioni sull’ethos delle harmoniai in rapporto all’educazione furonoaccolte da Platone e da Aristotele e condizionarono di conseguenza il pensiero elle-nistico e romano; la classificazione sistematica delle harmoniai secondo criteri eticioltre che formali costituì la base della teorizzazione musicale posteriore. Per unavisione più ampia, Fubini 1976, pp. 23-8; Comotti 1991, pp. 31-3.15 Di Aristosseno di Taranto (c. 354 - 300 a. C.), discepolo di Aristotele e fieroantipitagorico, ci sono giunti due libri degli Elementi di armonia e alcune parti delsecondo libro degli Elementi di ritmica. Convinto che la teoria musicale fosse una scienza (“per ricavare i principi bisogna afferrare correttamente i fenomeni,stabilire quali debbano avere carattere prioritario e coglierne le proprietà essen-ziali; che ognuno di essi deve essere vero ed evidente e venire avvertito dallapercezione sensibile come un principio della scienza armonica”: Zanoncelli 2006,p. 600), ricapitolò tutta la teoria musicale greca e propose una divisione dell’ot-tava in sei parti uguali e fornì basi scientifiche alla ritmica fissando una serie dirapporti fondati su un valore minimo indivisibile. La sua teoria non si fondavapiù, come quella pitagorica, sul numero, ma sul giudizio dell’orecchio: è ilprimo a fondare una scienza musicale “indipendente dalla matematica, autono-ma, retta da principi propri, dotata di un metodo adatto alla natura, agli ogget-ti che studia e ai suoi scopi, e fondata su due criteri direttamente legati alla suaspecificità: la percezione (aísthesis) uditiva e il pensiero razionale (diánoia). È lafine del calcolo degli intervalli: l’oggetto della scienza armonica è il suonomusicale in se stesso, non la grandezza matematica” (Bélis 2005, p. 320).16 nella sua vasta opera teologica e filosofica si incontrano molte e approfon-dite riflessioni sulla musica e riferimenti alla pratica musicale del tempo.

quasi tutta la musica giuntaci dal mondo greco). nei secoli V e IV a. C. tra levarie espressioni usate per designare l’uomo colto, capace di recepire il messag-gio poetico nella sua completezza, c’era anche μουσιχόσ ανέρ.11 L’enorme fama riscossa da Platone (427-347 a. C.) discende dal fatto che nellesue opere ha trattato temi sempre attuali: la correlazione tra la pratica della musi-ca (ritmo e melodia) e l’indole umana (ethos) intesa come risultato di educazione(nel Simposio); la capacità della musica di influire sui moti dell’anima e di gene-rare diletto intellettuale attraverso la mimesis, imitazione in forme sensibili delledivine proporzioni (nel Timeo); l’importanza della musica in quanto modello diorganizzazione nel processo educativo (paidéia) del cittadino (in Repubblica e nelleLeggi). Per quanto riguarda la musica, poi, è da lui che i teorici medievali hannoricavato l’idea astratta della musica mundana, di origine pitagorica.12 In realtà, l’avvertimento posto all’ingresso della sua scuola filosofica(l’Accademia) per allontanare coloro che riteneva non fossero in grado di pensare,diceva “nessuno entri se non è un geometra” (Ippia, m. 367 d - 368 a)! Infatti ilgeometra, in quanto esperto in un’arte, veniva preso come esempio di personacapace di distinguere il vero dal falso. 13 non si conosce da dove derivi questa fama di Temistocle come “eccellentis-simo” filosofo. L’unico Temistocle noto è quello che esercitò una splendida car-riera politica, rimanendo famoso, tra l’altro, prima per essere stato il vincitoredi Salamina (480 a. C.), poi la vittima forse più illustre dell’istituto dell’ostraci-smo: Mossé 2005.14 Vissuto nel V secolo, amico e consigliere di Pericle, avrebbe dato un contributoimportantissimo alla storia della teoria musicale greca e influenzato profondamen-te gli studi di Platone. Credeva nel potere della musica di influenzare gli stati d’ani-mo e sosteneva che questo potesse venire provato solo sperimentalmente. La suadottrina parte dalla psicologia pitagorica, che sostiene esservi una sostanziale iden-tità tra le leggi che regolano i rapporti tra i suoni e quelle che regolano il compor-tamento dell’animo umano. La musica può incidere nel carattere, affermavaDamone, soprattutto nella giovane età quando è ancora plasmabile e malleabile.Importante perciò è saper distinguere quali musiche sono da condannare perchésollecitano gli aspetti più deteriori della sensibilità umana e quali invece sono edu-cative. Il loro riconoscimento e la scelta devono essere affidati a uomini che abbia-no capacità di critica e di giudizio. non è quindi compito del musico ma del filo-sofo vagliare le musiche che possono essere utilizzate per fini nobili, valutandole

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5. e come la Musica <può> non esser grata ai Santi, se essa ha un

nonsoché di Celeste, talché può chiamarsi Dono di Dio? Come

appunto scrisse Sant’Agostino, “Musica, Dei donum“ (Epistola 28).20

oltraché non è forse certo, che lo Spirito Santo medesimo in più luo-

ghi della sagra Scrittura e particolarmente ne’ Salmi c’invita a

lodarlo e benedirlo col suono e col canto? non è per avventura

vero, che gli Angioli ancora in tante apparizioni, riferite nelle Storie

sagre ce ne ha<nno> dati moltissimi essempi? e poi, che cosa si

farà in Cielo per tutta l’eternità? Si loderà e benedirà sempre il caro

Dio con una soavissima Musica e Concerto non mai interrotto. egli

è bene dunque, che a Gloria di Sua Maestà Divina, si incominci a

fare in parte nel Mondo quel che, a Dio piacendo, si farà in Cielo

per tutti i secoli de’ secoli. L’Altissimo ne rimarrà glorificato e i

Servi suoi, oltre la fuga dell’ozio, otterranno colla Musica la gene-

rosità di Spirito. In questo Mondo, per farsi Santi, convien col santo

Timor di Dio unir l’orazione, la fatica, il patire e la generosità: que-

sta può molto acquistarsi con la Musica e così essa unita con i sud-

13

san Gregorio Papa,17 Santa Cecilia18 Vergine e Martire e tanti altri

Servi e Serve del Signore ne furono dilettanti;a e confessavano, che

dal canto e dal suono erano animati a servire a Dio con più fervo-

re e allegrezza. San Francesco di Sales scrivendo ad una Signora,

parlando della Musica, disse “questa mi piace sommamente quando è

adoprata in lode di Dio” (libro 5 Lettere spirituali, lettera i).19

12

Sant’emidio (Direttorio delle Sante Missioni, 1742, ASC n° 12; Guida, p. 90) edaltro ancora (RV, pp. 155 ss). 20 Si tratta di un concetto presente in varie opere di Agostino: De scriptura sacraspeculum, Retractationum libri duo (liber I), De civitate Dei (liber 22), ContraIulianum (liber V), De doctrina christiana libri quatuor (liber II). I suoi scritti musi-cali sono il De Musica libri sex e le Enarrationes in Psalmos, dove troviamo “Tamendum miratur membra tabernaculi, ita perductus est ad domum Dei, quamdam dulcedi-nem sequendo, interiorem nescio quam et occultam voluptatem, tamquam de domo Deisonaret suaviter aliquod organum; [...] audito quodam interiore sono, ductus dulcedi-ne, sequens quod sonabat, abstrahens se ab omni strepitu carnis et sanguinis, pervenitusque ad domum Dei“ (En. Ps. 41, 9).

a dilettati?

Fu autore anche di un incompiuto De musica in 6 libri, dedicato soprattutto agliaspetti metrico-ritmici della musica liturgica (in particolare di quella ambrosia-na) e al bello e al piacere estetico, considerati mezzi di ascesi e di elevazione spi-rituale. Il merito principale del trattato fu quello di aver contribuito in manieradeterminante a inserire stabilmente la musica (intesa come disciplina numeri-co-speculativa) nell’ambito del pensiero della dottrina cristiana.17 V. a p. 69 s.18 Questa tradizione, così come l’origine del ruolo della santa come protettrice deimusicisti, va identificata in un passo della sua Passio, dove si legge: “Mentre Ceciliaveniva condotta alla casa del suo promesso sposo il giorno delle nozze al suono distrumenti musicali (“cantantibus organis”), nel suo cuore ella non invocava che Dio,pregandolo di mantenere senza macchia la sua anima e il suo corpo”. Il terminelatino organum indica qualsiasi tipo di strumento, musicale o altro, ma gli artisti delXVI secolo attribuirono la definizione all’organo contemporaneo (abitualmente unportativo), che pertanto divenne l’attributo di Cecilia. Dopo il ‘500 l’organo porta-tivo venne sostituito nell’iconografia da altri strumenti (clavicordo, arpa, liuto earcofono), che vengono suonati dagli angeli che accompagnano la santa. Cfr. Hall2007, p. 97. Dalla santa prese il nome un movimento che auspicava un ritorno alcanto esclusivamente liturgico, senza gli orpelli del melodramma (v. alla nota 20).19 Vissuto dal 1567 al 1622, famoso, ma non per opere o attività musicali, cer-tamente esercitò una grande influenza sul nostro. Infatti, Marcucci lo presecome punto di riferimento almeno dal 1740 (VC: egidi 1994, pp. 18, 47; Guida,p. 14); ne possedeva diverse opere nella sua biblioteca (RV, p. 158); decise difarsi missionario dopo averne letto la biografia (rossi-Brunori 1917, p. 12);tenne conto di alcune sue opere (Sensi 1995, p. 41; Zenobi 2008, p. 19) e delle sueesperienze in materia per il regolamento dell’ordine cha stava fondando(Cettoli 1995, p. 93); lo considerò sempre un suo speciale protettore (Ultimotestamento, n° 5); commissionò una tela (che usava portare con sé durante lemissioni) nella quale il santo compariva accanto alla Vergine Immacolata e a

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mischiato un minimo che di profano e di lascivo, “Ab Ecclesiis

Ordinarii Musicas eas ubi sive organo, sive cantu lascivum, aut impurum

aliquid miscetur, ardeant” (Sessio 22, Decretum de observandis [et obser-

vandis in celebratione] missae).25 Terzo finalmente, che né il Suono, né

il Canto impedisca o disturbi l’orazione, il raccoglimento e tutto quel

che portano gli obblighi del proprio stato. Quindi qualunque Anima

timorata, che attender voglia alla Musica, scelga per questa Scienza

quei tempi dissoccupati e destinati alla onesta ricreazione ed inno-

cente divertimento. Così ne riceverà utile anche il Corpo, senza

verun pregiudizio dello Spirito, anzi con molto suo vantaggio.a

7.26 Ciò premesso, vengo ora a dar una qualche direzione sopra la

Musica e dividerò questo mio Direttorio in due parti. In una tratte-

rò della Musica Vocale, nell’altra della Istromentale, benché succin-

tamente di amendue.

Viva l’Immacolata Concezione di Maria vergine santissima!

15

detti requisiti farà un Concerto buono per l’Anima e grato a S(ua)

D(ivina) M(aestà). In tal guisa lo dice Sant’Agostino, “Psallere et

orare inter laborandum res est Deo grata” (De operibus monachorum).21

6. Quello però, che nella Musica o sia vocale, o istromentale, deve

diligentemente avvertirsi da ogni Anima Cristiana è che, Primo il

buon Concerto delle voci e de’ suoni vada sempre unito col buon

concerto dell’essercizio delle Virtù Cristiane;22 poiché cantare e sonar

bene e viver male, è cosa abominevole agli occhi Divini, come dice

il sovraccitato Sant’Agostino: “Bene psallere et male vivere Deo abomi-

nabile est” (Super Psalmum 40).23 Secondo che non si faccia mai abuso

della Musica, col servirsene per fini vani, storti e profani: il che è di

gran dispiacere a Dio, al cui solo onore e Gloria deve tendere ogni

suono e ogni canto.24 Avendo perciò il Sagro Concilio di Trento vie-

tato nelle Chiese ogni sorta di canto e di suono in cui vi fosse

14

a Racchiusa tra due parentesi tonde segue la frase “Viva l’Immacolata Concezionedi Maria vergine santissima!”, ripetuta a chiusura del “Discorso preliminare”.

25 Il passo esatto e completo è: “Ab ecclesiis vero musicas eas, ubi sive organo sivecantu lascivum aut impurum aliquid miscetur (Ordinarii locorum) ardeant, ut DomusDei vere domus orazioni esse videatur ac dici possit”. Presente papa Pio IV, la 22masessione venne celebrata il 17 settembre 1562. Il decreto relativo alle cose da fareo da evitare durante la celebrazione della messa richiama Isaia 56: 7 (“io li con-durrò sul mio monte santo, e li rallegrerò nella mia casa d’orazione; i loro olocausti e iloro sacrifizi saranno graditi sul mio altare, perché la mia casa sarà chiamata una casad’orazione per tutti i popoli”) e Matteo 21:13 (“Sta scritto: Il mio tempio deve essereun luogo di preghiera!” grido.”Ma voi ne avete fatto un covo di ladri!“).26 I paragrafi 5-7 sono ripetuti senza varianti.

Marcucci è solito attribuire a un personaggio autorevole frasi virgolettate, chein realtà riportano il pensiero di un autore, non una sua precisa citazione. Questoconcetto è stato ripreso anche da Pio XII nella grande enciclica Musicae Sacraedisciplina, nella quale ha ribadito per la musica sacra le qualità di santità, bontà diforme e universalità, fondate “prima nella essenza della musica quale donum Deie poi nel connubio (oserei dire) mistico della musica con la liturgia e principal-mente con il vertice di questa, cioè il sacrificio eucaristico”: D’Amico 2009, p. 168. 21 In PL 40.22 Per Fedeli 1757, p. 15, “La vita del cantore deve conformarsi alla sua voce”.23 In realtà la frase virgolettata riporta, non alla lettera, il pensiero diSant’Agostino, che trattò sull’argomento in diverse occasione: v. a p. 129.24 “Dal solo abuso de’ musici venali di suono e di canto è nato il proverbio delmusicus ergo asinus; poiché essi, non curando altro, che lucro e guadagno esguazza mento di tavola, null’altro cercano: né Libri, né studio e talvolta nep-pur il Timor Santo di Dio”: Lettera 4, qui in Appendice.

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1. La Musica vocale è quella spezie della Musica artificiale, che

insegna la debita proporzione e concerto delle voci. Bisogna però avver-

tire, che non ogni Voce è buona per la Musica, perché non ogni voce

può esser soggetta al buon regolamento musicale. Sonovi talora

certe voci rauche, aspre e dure che, oltreché offendono assai l’orec-

chio, non si accomodano mai al proporzionato solfeggia mento; e

ciò moltopiù accade in quelle Persone, che non hanno buon orec-

chio, cioè non intendono i tuoni né sanno accompagnarli e perciò

riescono quasi del tutto inabili alla Musica tanto vocale quantoché

istromentale. Quindi stimo necessario spiegar succintamente tutti i

generi delle Voci e notar quali sieno buone per la Musica e quali no.

2. La Voce ha più generi; imperciocché altra è grave, altra è

acuta, altra è aspra, dolce, dura, flessibile, rauca e canora. La Voce grave

è quella che viene dal fondo del petto: e questa può esser buona

per il Basso, per il Baritono e per il Tenore, secondo più, o meno

che essa abbia di gravità. Debbe nondimeno sfuggirsi nella voce

grave quell’articolar colla gola, che offende così bruttamente

l’orecchio. La Voce acuta è quella che viene dalla superfizie del

petto, formandosi quasi nella bocca: e questa può esser buona per

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4. Dopo la notizia de’ diversi generi delle voci attenenti o no

alla Musica vocale, egli è bene saper quante e quali sieno i suoi

segni o lettere o Note, come altri le dicono. Sappiasi dunque che le

Note della musica sono sette, cioè Gsolreùt, Alamirè, Bmi, Csolfaùt,

Dlasolrè, Elamì, Ffaùt. e queste ancora servono alla Musica istro-

mentale. Sono esse talora significate dalle sole Lettere iniziali,

come G, A, B, C, D, e, F, usate nei tasti degli organi, Clavicembali,

Spinette e simili. nel solfeggiare poi si dicono diversamente;

imperciocché Gsolreùt si dice Do, Alamirè Re, Bmi Mi, Csolfaùt Fa

(ed è Fa basso), Dlasolrè Sol, Elamì La, Ffaùt Fa (ed è Fa alto).

ed eccole qui sotto a parte:

5. Questa Musica vocale poi è di due sorti,una si chiama

Musica di Canto fermo o sia Gregoriano; l’altra si chiama Musica di

Canto figurato. La Musica di Canto fermo è quel Canto regolato colle

note, ma senza figure e abbellimenti; del qual Canto si serve la

Santa Chiesa ne’ Messali e ne’ Rituali e si chiama Gregoriano perché

fu istituito e ordinato da San Gregorio Papa. La Musica di Canto

figurato è quel Canto regolato con le note e ripieno di figure, di

accidenti e d’altri abbellimenti e perciò è assai più difficile del

primo; benché quello, qualor sia ben portato, è più tenero e divo-

to.27 ora parleremo del fermo, poscia del figurato.

19

il Contralto e per il Soprano, secondo più o meno ch’è acuta. In

essa però deve sfuggirsi il formarla col naso, con che si rende tanto

disgustosa all’udito, e dee proccurarsi di aprir bene la bocca, par-

ticolarmente nell’articolar l’A, succedendo spesso, che per la bocca

mezzo chiusa si articoli E invece dell’A. Anzi in qualsivoglia

tuono di voce è necessario un tale avvertimento.

3. La Voce aspra, o sia grave, o acuta, o di qualunque altro

tuono, non è buona per la Musica, comecché si rende troppo rigi-

da all’orecchio. Quella dolce è molto propria, ma bisogna allonta-

narla dall’affettato. e qui avvertasi, che è cosa difettuosa quel

tanto scontorcersi e far gesti colla bocca nel canto: la bocca per lo

più deve tenersi come in atto ridente e modesto; e tutto il porta-

mento della vita in atto composto e retto. La voce dura, che sem-

pre è quasi l’istessa sì nei Canti di cose spaventose, che allegre, sì

nelle cose naturali, che in quelle alterate dagli accidenti, non è

assolutamente buona, se non per far ridere. Quella poi flessibile,

che con proporzione si accomoda a tutte le diversità delle materie,

degli accidenti e dei tempi, è assai buona. e qui notisi, che deve

aversi in ciò grande attenzione in fletter ben la voce e farla flebile

nelle cose di pianto, spiritosa nelle cose magnanime, allegra nelle

materie di consolazione, rigida nelle materie di sdegno e simili.

Finalmente la voce rauca debb’esser bandita dalla Musica; al con-

trario di quella canora chiara ed armonioisa, che è l’ottima.

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Chiave di Csolfaùt in diverso sito:

8. Chiave di Ffaùt:

Chiave di Ffaùt in diverso sito:

21

6. Il canto fermo adunque si serve di quattro righe e tre spazi,

come si vede qui sotto:

ed ha due Chiavi, le quali sono come due segni indicanti due

diversi tuoni di voce, uno più basso l’altro più alto. La prima

Chiave sta segnata così e si chiama Chiave di Csolfaùt. L’altra

chiave sta segnata così e appellasi Chiave di Ffaùt. Questa serve

per il tuono più basso; l’altra per il tuono più alto. Tuttedue stan-

no segnate nel principio delle righe o sieno linee e non hanno riga

né spazio fisso; segnandosi alle volte in una riga e alle volte in

un’altra: con questo però, che quella nota che sta registrata nella

riga o spazio, ove sta la Chiave di Csolfaùt sempre sarà Fa basso; e

quella nota registrata nella riga o spazio ove sta la chiave di Ffaùt

sempre sarà Fa alto. eccone gli essempi:

7. Chiave di Csolfaùt:28

20

28 Guido d’Arezzo (c. 975 - 1040), anziché soffermarsi sulle scale inventò unsistema che consisteva nel memorizzare l’intonazione degli intervalli parago-nandoli ad uno schema di riferimento prefissato: l’esacordo (scala di sei suoni).In pratica elaborò un metodo didattico-pedagogico (ne parla nell’Epistola adMichaelem de ignoto cantu e nel Prologus in Antiphonarium) fondato su “la cono-scenza dei fondamenti teorici della musica, la notazione su rigo, la memorizza-zione dei suoni e degli intervalli, che permette di intonare con esattezza lemelodie notate (e, viceversa, di mettere per iscritto una melodiaudita)”(rusconi 2008, p. 10). Tale sistema è alla base della teoria e del metododi solfeggio chiamato solmisazione, consistente nell’applicare ai suoni le silla-be dell’esacordo, da lui ricavate dall’inno gregoriano di San Giovanni. Quandola melodia supera l’estensione di un esacordo, avviene la mutazione, cioè il pas-saggio dalle sillabe dell’esacordo di provenienza alle sillabe del nuovo esacor-do; in tal modo la posizione del semitono era sempre indicata con mi-fa. Il metodo della solmisazione consentiva ai cantori di leggere e intonare cantinuovi o comunque sconosciuti. Per quei canti la cui estensione era compresanell’ambito di un esacordo, i cantori ne affrontarono lo studio applicando adogni suono le corrispondenti sillabe esacordali: quando si erano fissati bene nel-l’orecchio gli intervalli, essi sostituivano alle sillabe esacordali il testo liturgico

27 ecco la differenza fondamentale tra i due canti per Marcucci: mentre il gre-goriano non ha figure (figurae = valori ritmici, dalla teoria musicale medievalee rinascimentale) né abbellimenti (= ornamentazioni), il secondo ha valoridiversi, è ornato, usa gli accidenti (= le alterazioni, il che vuol dire che presen-ta una intonazione più oscillante).

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Salti di Terza:

Salti di Quarta:

ottave:

10. Pruove del solfeggiamento:

23

9. ogni nota poi ha la sua terza, la sua quinta ecc. sino all’ot-

tava; e per darne gli essempi osservisi il qui sotto nella Chiave di

Csolfaùt, in cui ancora daremo le pruove, potendo questa Chiave

servir di regola per l’altra.

22

Le innovazioni didattiche di Guido non vennero accolte pacificamente:l’ostilità suscitata dalla sua insistenza nell’innovare i metodi di apprendimentoe trasmissione del repertorio musicale liturgico lo convinse a spostarsi dalmonastero di Pomposa ad Arezzo (Guido, Le opere, pp. XXIX-XXXVIII). Ma, poiché la possibilità di mutare la base dell’esacordo secondo l’occorrenzaconsentiva di integrare nel sistema le nuove alterazioni che venivano progres-sivamente affermandosi nella pratica musicale, il successo della teoria della sol-misazione fu immediato e duraturo e costituì la base dell’insegnamento dellamusica almeno fino al sec. XVII.

originario. Trovandosi invece ad affrontare una melodia che superava l’ambitodi un esacordo, essi procedevano nello stesso modo, ma applicando la mutazio-ne degli esacordi. Questo continuo riferimento mentale agli esacordi e la preci-sa indicazione dell’altezza delle note con sillabe convenzionali permettevano alcantore di avere sempre presente la posizione del semitono (mi-fa) e di ritrovar-la rapidamente dopo ogni passaggio da un esacordo all’altro (mutazione). Di conseguenza, ovunque si incontrasse un semitono, esso doveva venire indi-cando con le sillabe mi-fa; ma nella pratica musicale esistevano anche altri duesemitoni, corrispondenti ai nostri la-sib e si-do. Per indicarli Guido fece inmodo che tutti i semitoni venissero sempre indicati con mi-fa. Guido d’Arezzoindividuò tre tipi di esacordo: naturale (do - re - mi - fa - sol - la), molle (fa - solla - sib - do - re), duro (sol - la - si - do -re - mi), sulla base dei quali le note veni-vano chiamate (almeno fino all’epoca di Marcucci) G sol re ut (sol), F fa ut (= fa),E la mi (= mi), D la sol re (= re), C sol fa ut (= do), B fa / B mi (= si b/ si N ), A la mire (= la). Pertanto, si ebbero 3 esacordi duri (in cui ut coincide con il nostro sol),

2 esacordi naturali (in cui ut coincide con il nostro do) e 2 esacordi molli (in cuiut coincide con il nostro fa).

L’uso di intonare le note di un canto con l’ausilio di sillabe convenzionali(voces) in luogo delle lettere alfabetiche (litterae o claves), espediente che permet-teva di riconoscere subito la posizione delle note all’interno del sistema musica-le, era comune ad altre civiltà e culture (cinese, indiana, greca). In occidente pre-valse il metodo fondato sulle sillabe ut-re-mi-fa-sol-la, utilizzate da Guido perdesignare i gradi dell’esacordo. La trasponibilità dell’esacordo all’interno delsistema diatonico (Iohannes Afligemensis, Iohannes de Garlandia, secc. XII-XIII)a partire dai gradi do, fa e sol dava come risultato che il semitono risultava indi-cato sempre con le sillabe mi-fa. Cioè: a un sistema esacordale unitario basatosulla struttura dell’ottava la teoria della solmisazione sovrapponeva un modulocostante e trasferibile, le cui sillabe non corrispondevano ad una altezza assolu-ta ma qualificavano la posizione delle note in rapporto al semitono centrale.

La pratica della mutazione presentava considerevoli difficoltà, pertanto iposteri ne agevolarono l’apprendimento con l’ingegnoso sistema della manoarmonica o guidoniana, secondo il quale la successione dei 21 suoni venivafatta corrispondere alle falangi e alle punte delle dita (v. foto a p. 52) In realtà lamano era già nota prima di Guido, ma essendo da questo momento associataalla solmisazione, divenne anch’essa invenzione di Guido.

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13. Altre pruove col canto:

Salmo Mariano

14. Passando poi a discorrere del Canto figurato, per darne una

succinta notizia, sappiasi che esso si serve, non di quattro linee o

righe e tre spazi, come il Canto fermo, ma bensì di cinque righe e

quattro spazi; come si veda qui sotto:

15. Ha poi di ordinario due Chiavi, cioè quella di Csolfaùt e quel-

la di Ffaùt. Dissi di ordinario, perché talora, benché di rado, ne può

avere un’altra, detta di Gsolreùt. La Chiave di Csolfaùt sta segnata

così , e serve per tre Parti della Musica figurata, cioè per la

parte del Soprano, del Contralto e del Tenore; benché posta in diver-

si siti di linee, come vedrassi a suo luogo. La Chiave di Ffaùt sta

segnata così , e serve per la parte del Basso; e talora posta in

diverso sito serve per la parte del Baritono. Finalmente la chiave di

Gsolreùt sta segnata così , e serve per la parte sopracuta o acutis-

sima, qualor vi sia; perciocché di rado si trova più alto del Soprano.

25

11. Altre Pruove col Canto:a

12. Altre pruove col canto:

responsorio della Immacolata Concezione29

24

a Si legga con la chiave di do sulla prima riga.

29 Composizione del Marcucci? nella liturgia cattolica non esiste questoresponsorio; esistono invece quattro antifone mariane: Alma Redemptoris Mater,Ave maris stella, Ave Regina coelorum, Salve Regina. L’esecuzione antifonale si rea-lizza con l’alternanza tra due cori, quella responsoriale prevede l’alternanza traun solista e un coro; Marcucci non accenna a questa tipologia esecutiva.

L’effetto di cromatismo (sib/ siN ) era accettato all’epoca: Peretti 1994, p. 144.

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18. Chiave di Csolfaùt per il Soprano:

19. Chiave di Csolfaùt per il Contralto:

20. Chiave di Csolfaùt per il Tenore:

21. La Chiave di Ffaùt , che serve al Basso, perlopiù sta

segnata nella quarta riga; talora però può mutar sito e star nella

terza e nella quinta riga e può servir per il Baritono.33 eccone gli

essempi.

2726

33 Corrisponde alla chiave di fa nell’attuale setticlavio, sulla terza riga per ilbaritono e sulla quarta per il basso.

16. Dal che si raccoglie, che le parti principali della Musica

figurata sono quattro, cioè Basso, Tenore, Contralto e Soprano. Può

aver anche il Baritono, ch’è quella voce tra il Basso e Tenore e il

Sopracuto30 o Sopralto,31 ch’è quella voce sopra il Soprano che di

rado si canta e perciò di rado si canta nella Musica sulla Chiave di

Gsolreùt; ma sempre si usano le altre due Chiavi, cioè quella di

Csolfaùt e quella di Ffaùt.

17. La chiave di Csolfaùt serve al Soprano, al Contralto e al

Tenore, con questa differenza, che quando serve al Soprano, sta

segnata nella prima riga; qualora serve al Contralto, sta segnata

nella terza riga;32 e finalmente quando serve al Tenore sta segnata

nella quarta riga. eccone gli essempi:

30 Termine usato per descrivere un suono ottenuto mediante una emissionenon a piena voce e che dà luogo ad un timbro proprio (flautato). ne deriva unsuono più acuto di quelli compresi nel registro naturale della voce umana, perlo più femminile (era il suono dei castrati).31 Termine equivalente a sopranista, il cantante di sesso maschile in grado disostenere parti di soprano o perché castrato (sopranista naturale) o, come nellapratica odierna, con la voce di falsetto (sopranista artificiale).32 Corrisponde alla chiave di do nell’attuale setticlavio, che comprende unachiave di sol (per il violino o canto), quattro di do (soprano, mezzosoprano,contralto e tenore), due di fa (baritono e basso). La chiave per mezzosoprano,sulla seconda riga, manca all’epoca del Marcucci: la voce e la figura sarannoindividuate nell’800 nell’ambito del melodramma romantico.

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Salti di quarta con la guida:

Salti di quarta senza guida:

Salti di quinta colla guida:

Salti di quinta senza guida:

Salti di sesta con la guida:

Salti di sesta senza guida:

29

22. Chiave di Ffaùt per il Basso:

23. La chiave di Gsolreùt, che può servir per il Sopracuto o

Sopralto, sta segnata nella seconda riga;34 ed eccone l’essempio:

Chiave di Gsolreùt per il Sopralto:

24. ogni nota poi ha la sua terza, quarta, quinta, ecc. sino

all’ottava. Diamone gli essempi nella Chiave del Contralto, poten-

dosi poscia da questa pigliar regola per le altre Chiavi.

Salti di terza con la guida:

Salti di terza senza guida:

28

34 È l’attuale chiave di sol.

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26.36 I Tempi sono due, cioè Perfetto e Imperfetto. Vi sono in oltre

altri molti tempi, come Triplo o Tripolo, come altri dicono,

Octicuplo, Dodicuplo, ecc. quali tempi si conoscono poi meglio col-

l’essercizio: tanto più che in capire il Tempo bisogna ben essercitar-

si, per esser esso il regolatore di tutta la Musica figurata, tanto

vocale che istromentale. Il Tempo Perfetto o Ordinario è quello che

costa di quattro quarti o sieno sospiri, come altri lo dicono, e sta

segnato così . L’Imperfetto è quello, che costa di due quarti o

sospiri e segnasi così .37 Siane l’esempio:

27. Il Tempo Triplo (che pur si delinea in chiave come gli altri

Tempi), sta segnato così , e vuol dire, che dove ci volevano quat-

31

Salti di ottava colla guida:

Salti di ottava senza guida:

25. Ha ancora la Musica figurata in ogni qualsivoglia Chiave i

suoi Accidenti, i Tempi, le Pause e le Figure. Gli Accidenti sono cin-

que, cioè Diesis, Bmolle, Bquadro, Ritorno e Mostra o sia Chiamata. I

primi tre sono veri e propri accidenti;35 gli altri due no, benché pur

così si chiamano. Il Diesis fa crescere mezzo tuono alla nota, che gli

sta avanti, e si segna così . Il Bmolle fa scemar mezzo tuono alla

nota, che ha innanzi e sta segnato così . Il Bquadro poi fa ritornar

la nota al suo tuono naturale e segnasi in tal guisa . Il Ritorno

vuol dire, che dee replicarsi da capo lo stesso canto e sta segnato

così .La Mostra poi o sia chiamata denota, che ancor seguita il

canto e si segna in fine delle righe così . eccone gli essempi:

30

36 I paragrafi 26, 27 e 28 sono cancellati in Marcucci sia nel testo che nelle musi-che, forse perché utilizzati per appunti successivi.37 Secondo i teorici della notazione mensurale dei secoli XIV e XV il termineperfetto indicava la suddivisione ternaria di un valore di nota o di una misura,mentre imperfetto stabiliva il rapporto 1:2 tra la brevis e la longa e tra questa e lamaxima. Marcucci chiama perfetto quello che chiamiamo ritmo quaternario eimperfetto quello che per noi è il ritmo binario.

35 La semiografia musicale attualmente in uso intende per accidenti solo isegni che alterano l’altezza di una nota: diesis (#), bemolle (b), bequadro (N),doppio diesis (##), doppio bemolle (bb) e doppio bequadro (NN). Tali segni pos-sono avere effetto o temporaneo (quando si incontrano all’interno di una battu-ta) oppure permanente (quando sono posti all’inizio del pentagramma subitodopo la chiave e poi ripetuti su ogni rigo successivo). In questo secondo caso laposizione degli accidenti serve ad identificare la tonalità del brano.

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29. Venendo ora alle Pause, queste non sono altro, che certi

segni, che denotano quelle fermate, che ha da fare il Canto; e sono

sei, cioè Battuta, Mezza battuta, Sospiro, Mezzo sospiro, Semimezzo

sospiro e Bismezzo sospiro.39 Se ne pongono qui sotto i segni: e trat-

tanto basti sapere, che la Battuta è una pausa, che aspetta quattro

sospiri; e la Mezza battuta ne aspetta due.

30. Finalmente discendendo alle Figure della Musica figurata,

queste sono nove, cioè Massima, Lunga, Breve, Semibreve, Minima,

Semiminima, Crome, Semicrome e Biscrome.40 La Massima vale otto

battute. La Lunga quattro. La Breve due. La Semibreve una battuta.

La Minima poi vale due note alla battuta. La Semiminima ne vale

quattro alla battuta. La Crome ne vale otto alla battuta. La

Semicrome ne vale sedici alla battuta. e la Biscrome vale trentadue

note alla battuta. Se ne danno i seguenti essempi de’ segni co’

quali le dette figure sono delineate:

33

tro quarti, o note, se ne debbono porre tre. Questo Triplo altro è

maggiore altro è minore. Il maggiore si segna così ; il minore in tal

guisa e significa, che dove si richiedeva una sola nota semibre-

ve, ce ne vogliono tre;38 e dove ci volevano due note minime se ne

pongono pure tre. Come si vede dagli essempi seguenti:

28. Il Tempo Duplo sta segnato così e vuol dire, che dove nel

tempo perfetto vi si richiedevano quattro note semiminime, ve se

ne pongono due. Il tempo di tre ed otto segnasi così e denota,

che dove ci volevano otto note crome, se ne mettono tre. Il Tempo

di sei ed otto sta segnato così ; quello di dodici ed otto si segna in

questa guisa ; e voglion dire, quanto al primo, che dove richie-

devansi otto crome, se ne pongono sei; e quanto al secondo, dove

ci volevano pur otto crome, se ne mettono dodici. Tutto ciò meglio

si capirà ove parleremo delle Figure delle note. Trattanto eccone

gli essempi:

32

39 I valori delle pause sono gli stessi dei suoni: v. nota successiva.40 Valori equivalenti ai nostri intero o semibreve, metà o minima, quarto osemiminoma, ottavo o croma, sedicesimo o semicroma, trentaduesimo o biscro-ma. Mancava all’epoca, quindi, il corrispettivo del nostro sessantaquattresimoo semibiscroma.38 oggi si parla sempre di ritmo ternario.

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1. La Musica Istromentale è quella spezie della Musica artifi-

ciale, che insegna la debita proporzione e concerto di suoni. Questa

conviene molto colla Musica Vocale Figurata, poiché ha gli stessi

Accidenti, Tempi, Pause e Figure; e perciò qui non si ripetono. Ha

poi essa due Chiavi, una si chiama chiave di Ffaùt e sta segnata così

nella quarta linea o riga; l’altra vien detta Chiave di Gsolreùt e

sta segnata così nella seconda riga.43 nella Chiave di Ffaùt si

3534

43 Il termine organologia deriva da organum, termine per lo più usato in sensogenerico al pari del nostro termine “strumento”, come ricorda S. Agostino:“Organa dicuntur omnia instrumenta musicorum” (Enarratio in Psalmos, 56, 16);“Organum autem generale nomen est omnium vasorum musicorum; quamvis iam obti-nuerit consuetudo, ut organa proprie dicantur ea quae inflantur follibus: quod genussignificatum hic esse non arbitror. Nam cum organum vocabulum graecum sit, ut dixi,generale omnibus musicis instrumentis; hoc cui folles adhibentur, alio Graeci nomineappellant. Ut autem organum dicatur, magis latina et ea vulgaris est consuetudo”(Enarratio in Psalmos, 150, 7).

Marcucci presenta gli strumenti dividendoli in due gruppi secondo la chia-ve utilizzata: il gruppo degli strumenti dal suono grave usa la chiave di fa, l’al-tro, cui appartengono gli strumenti che producono suoni acuti, la chiave di do.È una divisione di comodo, che dimostra la praticità della forma espositiva scel-ta. A Marcucci, evidentemente, non interessa il tema della classificazione, cheall’epoca ricalcava sostanzialmente quella medievale (strumenti a fiato, a corda,a percussione). Attualmente si fa riferimento alla classificazione Sachs-Hornbostel, che prende in esame il materiale che vibra e il modo in cui vienemesso in vibrazione; sono questi due elementi che determinano l’appartenenzaalla classe e alle sottoclassi: negli idiofoni (strumenti a percussione senza mem-brana, sonagli, ecc.) vibra il corpo stesso dello strumento; nei membranofoni(tamburi, timpani) vibrano le membrane tese; nei cordofoni (violino, chitarra,

31. Prove col canto:41

32. Altre pruove col canto: sull’aria di Prigioniera, nella prima

parte42

41 La chiave di do dovrebbe stare sempre sulla prima riga.42 Probabile esempio di contrafactum, cioé dell’uso di musica altrui con paroleproprie. Per la lettura, basta utilizzare la chiave di fa sulla quarta riga.

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2. Chiave di Gsolreùt:

37

suonano tutti i Bassi, come organo,44 Clavicembalo, Spinetta,45

Violoncello,46 Arcileuto,47 Tiorba,48 Chitarra sminuita, Tromba a

fiato,49 Tromba marina,50 Fagotto,51 Corno da caccia52 e simili.

nella Chiave di Gsolreùt si suonano tutti gli Altri, come Violino,

Salterio, Flauto, Buè,53 Traversiero,54 Mandola, Leuto55 e simili.

ecco gli essempi di tuttedue le chiavi.

36

48 Simile all’arciliuto e al chitarrone, si distingue da questo per le minori pro-porzioni. Poiché la lunghezza delle corde determinava tastature troppo distan-ziate tra loro per permettere un uso solistico agile e rapido, venne usata preva-lentemente in funzione di continuo.49 “A fiato” per distinguerla dalla tromba marina.50 La tromba marina non è un aerofono, ma uno strumento ad arco di originemedievale, costituito da una cassa prismatica a sezione triangolare senza mani-co, alta c. due metri, sulla quale erano tese da 1 a 3 corde di budello; l’arco sfre-gava la corda sopra al punto in cui essa era toccata dalle dita in prossimità delcavigliere. nel corso del ‘500 alle corde venne applicato un ponticello, un piededel quale, non aderendo alla cassa, vibrava contro di essa, producendo unsuono aspro simile alla tromba. nel ‘600 dentro la cassa di risonanza venneroposte molte corde (da 21 a 24) che vibravano per simpatia all’unisono con lacorda principale.51 Aerofono ad ancia doppia del gruppo dei legni, dalla estensione medio-grave, succeduto, verso la fine del XVI secolo, alla bombarda bassa. La sua for-tuna aumenta con la comparsa dell’oboe. 52 Il corno da caccia venne invece introdotto in orchestra nei primi anni delSettecento. Successivamente con l’invenzione dei pistoni si ottenne la possibili-tà di alterare l’altezza dei suoni per poter suonare in un maggior numero ditonalità.53 oboe, aerofono ad ancia doppia del gruppo dei legni, affermatosi nel corsodel XVII alla corte di Luigi XIV (dove era attivo Lully) per sostituire le bombar-de negli ambienti chiusi e soddisfare i nuovi bisogni di varietà timbriche, diduttilità e di brillantezza, particolarmente sentiti nei confronti dei fiati.54 È uno dei flauti traversi di epoca barocca.55 Strumento a corde sfregate dall’arco o pizzicate dal plettro o dalle dita, ècostituito da una profonda cassa armonica e da un manico corto, largo e inparte rovesciato distinto dalla cassa. Derivato dall’arabo al ‘ud, ha sei corde (cin-que doppie e la più acuta semplice) accordate per terze e per quarte.

pianoforte, ecc.) il suono è prodotto dalla vibrazione di una o più corde tese; negliaerofoni (trombe, flauti, organo, ecc.) il vibratore primario è l’aria. Il modo in cuiavviene la vibrazione, poi, determina l’appartenenza ad una sottoclasse: la vibra-zione nei cordofoni può avvenire per sfregamento (archi), pizzico (chitarre, liuti,clavicembalo …), percussione (pianoforte). Successivamente è stata aggiunta laclasse degli elettrofoni, dove la vibrazione avviene per via elettroacustica.44 Si ha notizie di un organo in Grecia nel III sec. A. C. funzionante con un siste-ma idraulico. Probabilmente il primo esemplare giunto in occidente fu quellodonato dalll’imperatore di Bisanzio a Pipino il Breve nel 757. nel corso delmedioevo divenne lo strumento liturgico per eccellenza: si trattava di uno stru-mento di piccolea dimensioni con una sola serie di canne, la cui tastiera era costi-tuita da leve. nel corso del XIV secolo venne introdotta la pedaliera e lo stru-mento cominsiò ad assumere la forma attuale. oltre all’organo delle cattedrali,dotato di grandi canne e di enormi mantici (al cui funzionamento erano addet-te decine di persone), furono costruiti anche organi di dimensioni più ridotte: ilportativo (così detto perché facilmente trasportabile: si suonava con la manodestra mentre la sinistra azionava un mantice) e il positivo (poco più grande delprecedente e stabile: si suonava con le due mani, mentre il mantice era azionatoda un’altra persona). Molto probabilmente il Marcucci si riferisce ad un organodi proporzioni abbastanza contenute, con una sola tastiera e un solo corpo.45 Strumento a corde pizzicate e a tastiera, affine al clavicembalo per il funzio-namento ma molto più piccolo, dalle forme più varie (triangolare, rettangolare,pentagonale), con le corde oblique, disposte non verticalmente rispetto ai tasti.46 Cordofono ad arco sviluppatosi dalla viola da gamba, ha quattro cordeaccordate per quinte come nella viola, do-sol-re-la, ma ad una ottava più bassa. 47 Impiegato per l’accompagnamento del canto o in complesso con altri stru-menti (specie per esecuzioni al chiuso), è caratterizzato dalla presenza, oltre allenormali corde da tastare, di una serie di corde aggiuntive di bordone.

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segnati significano le tastature di quel registro o sia corda: con

questo che ove sta segnato il zero, vuol denotarsi che quella corda

va arcata senza tastarla.

Scala del Violino con la dimostrazione dei Tasti

6. Il Salterio,57 come a tutti è manifesto, è uno Stromento gra-

tissimo, benché sia qualche poco manchevole nelle note acciden-

tali. esso è quello Stromento, del quale si serviva, oltre dell’Arpa,

il Santo re Davidde per cantar le lodi Divine: ed è di due sorti,

uno lo diciamo Tedesco,58 altro Romano;59 sono amendue quasi con-

simili e diversificano nella situazione di poche note; ma senza

paragone è assai migliore il Romano, massimamente per l’armonia

grata degli acuti. Di questo perciò solamente porrò la Scala, che

potrà anche servire per il Tedesco, mutata la situazione di poche

note.

39

3. Chiave di Ffaùt:

4. Per discender poi al pratico degli stromenti, ecco varie

Scale di diversi Stromenti in amendue le Chiavi. e per parlar pri-

mieramente di alcuni Stromenti che si suonano nella chiave di

Gsolreùt, qui noterò soltanto le scale del Violino, del Salterio, della

Mandola e del Flauto.

5. Il Violino,56 come ognun sa, è uno strumento di quattro corde

e sieno registri ed essendo ben sonato, egli è uno Stromento dolcis-

simo e abbondantissimo di note sino alle più acute. Vi sono dei

Violini più grandi di forma il doppio de’ violini ordinari e si chia-

mano Viole e servono come per Contralto o Tenore nella musica

istromentale. Per capir poi la Scala del Violino, che porremo in

appresso, convien avvertire, che sotto le cinque righe delle note, se

ne pongono quattro altre per i registri; e quei numeri che ci son

38

57 Cordofono di antica origine orientale a forma triangolare o trapezoidale,introdotto in europa verso l’XI secolo, viene suonato con le dita o con il plettro.Presso l’Istituto delle Suore Concezioniste di Ascoli si conserva un salterio risa-lente all’epoca del Marcucci.58 Chiamato anche dulcimer, si suona percuotendo le corde con due bacchette.59 È quello tradizionale suonato con le dita o con il plettro.

56 Il più acuto, e famoso, cordofono ad arco ha quattro corde accordate sullequinte sol-re-la-mi, rappresenta il punto di arrivo della evoluzione di vari stru-menti ad arco precedenti (di origine medievale o araba) come la ribeca, la fidu-la, la vihuela, ecc.

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8. Venendo poi al Flauto, questo è un’istromento, che ha molto

del nobile; ed ha otto buchi, sette avanti ed uno al didietro. esso

è molto mancante di note basse, onde qualora si incontrano nel

suono, bisogna ricorrere alle ottave. eccone la Scala colla dimo-

strazione dei Tasti: con questo, che ove sono gli aperti, vuol

significarsi, che quei buchi non vanno tastati; ove sono gli chiu-

si, allor vanno tastati; ove sono gli tagliati, allor vanno mezzo

tastati e mezzo no, come si vede qui sotto.61

Scala del Flauto con la dimostrazione dei Tasti.

41

Scala del salterio

Scala del salterio alla romana colla dimostrazione dei registri

7. La Mandola60 è uno Stromento picciolo sì, ma assai spirito-

so e grato; e costa di sei registri ed è copioso di note, potendosi

tastare sino alle note più acute. Qui ne darò la Scala con la dimo-

strazione de’ tasti per via di numeri in ogni registro.

40

61 La diteggiatura corrisponde a quella dell’attuale flauto dolce (o barocco)contralto (in fa).

Avvertasi che il zero vuol dire Corda vuota;gli altri numeri poi denotano a quanti tastideve tastarsi quel registro.

60 Cordofono a plettro della famiglia del liuto, è caratterizzato dal manicocorto, un lungo cavigliere e quattro o cinque corde, che vennero raddoppiatedalla metà del XVI secolo. La sua sonorità venne ricercata, dato che, soprattut-to in Italia, si usarono mandolino (soprano), mandola (contralto), mandoloncel-lo (tenore) e mandolone (basso).

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accidenti perlopiù sono contradistinte con i tasti neri, oltre all’esser

anche in diverso sito fuor della fila dei tasti naturali. eccone la scala.

Scala del Cembalo e dell’organo

11. In questo Stromento del Cembalo e dell’organo (con cui

siamo tanto invitati dal Santo re Davidde a lodare il Signore),

bisogna ben assuefarsi ad accompagnar le note con le terze, le

quinte, ecc., secondo quali ne richiede l’accompagnamento; e le

dette quinte, terze ecc. stan notate nelle carte di Musica per via di

numeri,64 come si può osservare qui sotto.

essempio di quelle note, che vogliono prima la 5. poi la 6. maggiore.

essempio di altre note, alle quali sempre si dà prima la 5. poi la 6.ordinaria.

43

Dimostrazione dei tasti del Flauto con gli accidenti

9. Discendendo ora a parlare di alcuni Stromenti, che si suo-

nano nella Chiave di Ffaùt, qui farò solamente discorso del

Clavicembalo, dell’Arcileuto e della Chitarra in rapporto all’essere

sminuita o pizzicata, come altri dicono.

10. Il Clavicembalo o Cembalo62 è uno strumento attissimo per la

Musica, ed è molto armonioso, essendo in verità il regolatore

del Concerto dei suoni (e lo stesso intendasi della Spinetta e

dell’Organo). esso di ordinario ha ventisette note naturali e dieciotto

con gli accidenti, ond’è copiosissimo di note.63 Le note poi con gli

42

64 La numerazione del basso (detto numerato o cifrato o figurato) indica gliaccordi che vanno suonati sulle note del absso stesso.

62 Cordofono a corde pizzicate con il sistema dei salterelli (plettri innestati suasticciole), citato per la prima volta nel 1397 in ambito germanico. La forma,lunga cassa ad ala, con la tastiera sul lato più corto, è dovuta al fatto che lecorde, di lunghezza scalare dal grave all’acuto, corrono perpendicolarmente aitasti. Almeno fino al 600 condivise con l’organo la letteratura genericamentedestinata agli strumenti a tastiera. Declina a partire dalla metà del ‘700, quan-do la sua funzione di sostegno armonico comincia a diventare superflua anchenella musica operistica (solo in Italia sopravvive fino ai primi dell’800), sia per-ché la musica a tastiera comincia ad orientarsi verso le più duttili sonorità delpianoforte.63 estensione molto ridotta rispetto al pianoforte, ancora non affermato.

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basse quanto acute; ma per altro non è tanto grato, quanto è diffi-

cile il sonarlo bene sopra la parte. Costa questo stromento di sei

registri e cinque bassi. ed eccone la scala:

Scala dell’Arcileuto senza accompagnamento.

Avvertasi che il zero 0 vuol dir Corda vuota; gli altri numeri denotanoa quanti tasti deve tastarsi quel registro.

Scala dell’Arcileuto coll’accompagnamento.

Scala dell’Arcileuto col diesis.

45

essempio di Cadenze. La 4. nelle cadenze va accompagnata con la 5. e risolutacon la 3. maggiore.

essempio di Cadenze doppie.

La 7. va accompagnata con la 3. sola e risoluta con la 6. maggiore.

essempio di note, quando vogliono la 3. maggiore, cioè quando è saltodi 5. per discendere e di 4 per ascendere.

12. L’Arcileuto,65 quanto sia grato, dolce e armonioso non vi è

lingua, che possa esprimerlo: esso è copiosissimo di note, tanto

44

65 Liuto di dimensioni maggiori del solito, in uso dal ‘500 a tutto il ‘700, caratteriz-zato dalla presenza di corde aggiuntive di bordone oltre quelle normali da tastare.

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Scala della Chitarra sminuita coll’accompagnamento.

14. Dopo aver notate le Scale di vari Stromenti spettanti all’una

ed altra Chiave della Musica istromentale, egli è bene chiudere

questo Direttorio con porre i salti di terza, quarta, ecc. e alcuni

Minuetti e Sonate, che serviranno come per pruove nella pratica

del Suono. Addunque:

Salti di Terza con la guida nella Chiave di

47

13. Finalmente la Chitarra, istromento assai noto, essendosi

fatta così comune, sembra oggigiorno un’istromento volgare e di

poca stima. Ma il vero è, che sonata bene con isminuirla66 o pizzi-

carla, riesce uno stromento grato. essa e l’Organo furono i primi

Stromenti ritrovati nel Mondo e il primo Inventore e Sonatore di

amendue fu Iubal prossimo Discendente di Caino figlio di Adamo,

come fu detto in principio.67 Con essa poi siamo invitati a lodare

Dio dal Santo Davidde. Ha la Chitarra due spezie diverse di forma

e di registri. una si chiama Cetera, che si suona a penna, e in mano

di chi la sa suonare riesce assai dolce. L’altra ritiene il nome di

Chitarra e di questa qui parlo. Contiene essa cinque registri ed è

copiosa di acuti, ma è manchevole di bassi, come si può vedere

nella scala infraposta.

Scala della Chitarra sminuita senz’accompagnamento.

46

66 È la chitarra suonata con le dita (pizzicata), senza plettro, come dice al n° 9.67 Il fatto che Marcucci neppure si ponga il problema di quale sorta di chitarrae di organo potesse disporre Iubal appare indicativo dell’acritico ricorso all’auc-toritas.

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16. Minuèt a due, Alto e Basso.

17. Aria pure a due.

Salti di

49

Salti di Quarta senza guida nella stessa chiave:

Salti di Quinta nella medesima chiave:

15. Salti di Terza nella chiave di Ffaùt

48

68 La carta 40 del manoscritto riporta solo l’esempio dei salti di 3a; forseMarcucci aveva previsto di inserire altro, considerato che quella successiva èpiena.

68

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ASC, ms n° 15; mm. 272 x 195; non autografo; pp. 6 non nume-rate, formate da un foglio piegato in due (pp. 1-4) e da mezzofoglio; non costante il numero delle righe di scrittura. Incerta ladatazione.69

Presenti richiami pagina per pagina; il testo è disposto a pienapagina; chiara la grafia, di una suora, con pochissime cancellatu-re. riguardo allo stato di conservazione, si osservano scarsissimetracce di umidità e di inchiostro ferrogallico.

La filigrana, in parte simile al n° 12250 del catalogo del Briquet,è costituita da un cerchio con dentro un uccello sovrastente tremonti ai cui lati vi sono le lettere maiuscole “L” e “M”; sotto, fuoridel cerchio, “ASCoLI”.

Descrizione interna (contenuto):- Incipit: [c. 1]: “Conclusione dell’Apertura”;- explicit: [c. 5]: “Questa Scienza pertanto, eccetera”.

Per interlocutrice va inteso il partecipante ad un dibattito, dialo-go o conversazione, quindi personaggio che prende la parola inun dialogo letterario o filosofico. La forma dialogica si incontraspesso nella produzione marcucciana, spesso utilizzata con l’in-tento di “istruire divertendo”.70

51

Le figure della musica sono nove

La massima vale otto battute , la minima vale mezza battuta,

la semiminima un quarto di battuta, la croma mezzo quarto, la semi-

croma la metà di mezzo quarto, la Biscroma la metà della metà di

mezzo quarto.

Il Tempo o sia Battuta è di due sorti, cioè perfetta ed imperfetta.

La perfetta costa o di due quarti o di quattro; l’imperfetta costa di tre

quarti.

La battuta perfetta di quattro quarti si chiama Tempo ordinario o

sia Battuta ordinaria e sta segnata come un quella

poi di due quarti si chiama Dupla e sta segnata quasi un rovescio

ovvero si conosce dal numero 2. segnato nella prima

riga

La Battuta imperfetta, o sia Tempo imperfetto, che costa di tre

quarti, si chiama Tripola o Tripla e si conosce dal numero 3. nella

prima riga, come

50

69 Ho tentato di datare questo manoscritto, ma inutilmente, ricorrendo al Librodelle defonte 1752-1836, in AAVV 1993, pp. 3-76, l’unica fonte che ci possa per-mettere di controllare i nomi ivi presenti.70 Sermoni 2008, tutto il cap. IX, pp. 543-64.

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Conclusione71 dell’Apertura.

[Ferrucci]72 Compagne mie dilettissime. Vi prema il vostro

decoro, ed anche il mio forte impegno.

Concettina Perdonatemi Mariuccina mia.73 Siccome io per la

musica son poco portata, perciò vi sarò alquanto

contraria. e quel ch’è più, si unirà meco anche la

mia diletta Giuseppina. non è egli vero?

53

71 Forse questa introduzione prevedeva una parte precedente? L’incipit sem-bra rinviare ad un altro testo, forse precedente (se non nel tempo, almeno neiconcetti e nella forma espositiva), certamente più ampio ed elaborato di questo,che però finora non sono riuscito a rintracciare né in ASC né altrove.

Marcucci costruisce la presentazione della sua concezione generale dellamusica ricorrendo allo schema della forma dialogica (più volte utilizzata), sullascia della lunga tradizione classica (basti pensare agli esempi di Platone,Cicerone e Seneca), ma oggi non più in auge: ”Per noi oggi l’opera della retori-ca non ha più, nel suo contenuto, che un interesse storico (d’altra parte sottova-lutato). L’idea di risuscitare il suo codice per applicarlo alla nostra letteraturasarebbe uno sterile anacronismo” (Genette 1969, pp. 201-2). In questa inseriscel’artificio retorico del finto contraddittore usando nomi inventati (non a casonessuno rintracciabile in AAVV 1993), talora espressi nella forma diminutiva(evidente e voluto segno di stima, affetto e familiarità), e quello del cuginoFerrucci in sostituzione del proprio. Chiude con una disputa di stampo scola-stico, attingendo a piene mani da Aristotele, Tommaso d’Aquino e Cartesio.

I commenti messi tra parentesi, sempre segnalati, talvolta sembrano fareriferimento a sviluppi ulteriori. Questo, insieme alla chiusura apparentementebrusca del testo, lascia pensare ad una sua incompletezza. 72 un abate Ferrucci era cugino del nostro (Sermoni, pp. 243, 259).Probabilmente Marcucci finge che sia il cugino a partecipare al dialogo.73 Possibile soprannome che si dà? Vezzo? Perché Concetta lo chiama nonFerrucci ma Mariuccina mia, al femminile?

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debita proporzione75 e Concerto delle Voci e de[‘]

Suoni: non solo è pregievole per la disposizione

armoniosa delle Voci e de’ Suoni, ma perché trae la

sua origine dalla Madre delle Scienze qual appunto

è la Filosofia, anzi è una parte della Matematica.76

55

Giuseppina È verissimo. Anzi sarò tant’unita ai vostri sentimen-

ti, che ripeterò le vostre stesse parole.

Ferrucci e che, volete sgomentarci alle prime? Le ragioni

faran conoscere la verità.74 Intanto apro a tutte la

strada. La Musica è una Scienza, che insegna la

54

superfluum” (Didascalicon, De studio legendi, VI, 3); per onorio d’Autun (XII secolo,autore del De animae exsilio et patria, alias de artibus, in PL, 172, 1241-46): “Non v’è altraautorità che la verità provata dalla ragione” (Le Goff 1979, p. 55) e “l’esilio dell’uomo è l’igno-ranza, la sua patria la scienza (ibidem, p. 61)”; Gilberto di Tournai (? - 1284), ripetendoSeneca (Homines dum docent discunt Epistulae ad Lucilium, XXXIII, 11) afferma: “Necunquam veritas invenietur, si contenti fuerimus inventis… Qui ante nos scripserunt, nondomini nostri sed duces fuerunt. Veritas patet omnibus, nondum est occupata” (De modo addi-scendi, in Gimpel 1975, p. 141). Grazie anche al naturalismo della scuola di Chartres(che allo studio delle voces, delle parole, del trivium aveva preferito lo studio delle cose,delle res, del quadrivium), si è fatta strada l’idea che il pensiero e la cultura (sempre gra-zie e a partire dalla conoscenza del sapere antico) possano e debbano evolvere.

Va aggiunta un’altra considerazione: il cristianesimo, introducendo nella vitadell’occidente il senso dell’attesa, aveva dato alla civiltà europea (insieme ai sen-timenti complementari della decadenza e del progresso) il concetto della storiacome continua creazione umana; ora la cultura delle città fornisce la visione, l’uni-tà e la coerenza di propositi necessari per produrre mutazioni profonde e radicalinella organizzazione economica e politica, producendo una trasformazione per-manente nella divisione del lavoro, nelle relazioni sociali, nella distribuzione dellaricchezza (Moore 2001). La percezione del cambiamento epocale viene testimonia-ta da Matteo da Vendôme, il più grande critico grammaticale e linguistico del seco-lo XIII, che ne raccoglierà i frutti e con legittimo orgoglio potrà rivendicarne i meri-ti: “Nobis advenientibus omnia vetera perierunt” (Chenu 1974, p. 347). 75 È l’estetica greca della proporzione, di stampo platonico-pitagorica, che domi-na la filosofia medievale: conoscere le leggi che regolano i numeri significa riusci-re a comprendere la proporzione tra i dati apparentemente disordinati forniti daisensi. La musica è simbolo o espressione di una armonia superiore che si esplicaper mezzo di proporzioni numeriche per cui essa può ridursi a numeri.

In seguito il termine proportio verrà usato nella notazione mensurale deisecoli XV e XVI per indicare la diminuzione (più raramente l’aumento) dei nor-mali valori di durata secondo determinati rapporti; così la dupla, la tripla e lasesquialtera diminuivano l’usuale valore rispettivamente di 1/2, 1/3 e 2/3.76 L’esordio è classico, nel solco della tradizione: Marcucci è ancorato al para-digma matematico della concezione pitagorica (indifferente alla natura fisica

74 Questo richiamo alle esigenze della ragione posto all’inizio della trattazionecostituisce un voluto impegno programmatico (coscientemente contrappostoall’uso anti-ecclesiastico), confermato dalla frase successiva e presente anche inaltre opere, come: ”Rationes perquirimus non auctoritates, rationibusque quiescimus nonsystematibus arbitrariis” (ASC, Miscellanea 60, p. 40). Si tratta, insomma, di un segnodel tempo: testimonia che Marcucci risente delle idee del tempo, pur non parteci-pando egli direttamente al dibattito culturale (il che sembra valere non solo per lamusica). La frase (che rinvia sorprendentemente ad una analoga di GiovanniBattista Campadelli a p. 20 dei suoi Discorsi del 1757: “cosa sarà mai di noi peccatoriche non potremo in nostra difesa dedur ragioni dall’ignoranza […]?”) da una parte sirivela pienamente rispondente alla strategia portata avanti dalle gerarchie cattoli-che di rispondere con i libri e con la didattica ai polemici attacchi degli illumunisti(come già detto nell’Introduzione), dall’altra si inserisce nel solco di una lunga tra-dizione cattolica, iniziata almeno quando gli intellettuali dei secoli XI-XIII hannotentato di accordare fede e ragione, fede e scienza. Si tratta di intellettuali che final-mente riuscirono a scavare un solco profondo con l’Alto Medioevo, dando così vitacon la loro forma (la “perfecta forma“ di ugo da San Vittore: v. l’immagine a p. 6) ad una civiltà la cui unitarietà venne spezzata solo tra fine ‘600 e prima metà del‘700. e così, se Isidoro (+ 633) aveva raccomandato “Gentilium libros vel hereticorumvolumina monacus legere caveat; melius est enim eorum perniciosa dogmata ignorare quamper experientiam in aliquem laqueum erroris incurrere” (l. I, caput I, De origine artium, inPL, 83, cc. 877-8), per Berengario da Tours (c. 1000 - 1088) “è proprio di gran cuorericorrere sempre alla dialettica: ricorrervi è ricorrere alla ragione e chi non lo fa rinuncia aciò che l’onora maggiormente, perché ciò che lo rende immagine di Dio è precisamente laragione” (De sacra coena, in Mondin 1996, vol. II, p. 55); Anselmo d’Aosta (c. 1033 -1109), il doctor magnificus padre della Scolastica, teorizza la fides quaerens intellectume il credo ut intelligam (credo per capire, e, se prima non crederò, non riuscirò a com-prendere); Adelardo da Bath (1080 - 1152) respinge il principio dell’auctoritas, cuiantepone la ragione come strumento autonomo di giudizio (Müller 1934, p. 11);Guglielmo da Conches (1090 c. - post 1154) dichiara che non gli interessa una “fedesenza intelligenza” (Le Goff 1979, p. 51); ugo da San Vittore (c. 1096 - 1141) senten-zia: “Omnium expetendorum prima est sapientia in qua perfecti boni forma consistit”(Didascalicon, I, caput I, De origine artium) e “Omnia disce videbis postea nihil esse

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Ferrucci Questa Musica poi si divide in naturale80 e

Artificiale81, di cui parlo, che consiste in due Specie,

cioè Vocale che riguarda il Canto, Istrumentale che

riguarda il Suono.

57

Concettina Che la Musica abbia che fare colla Filosofia e colla

Matematica non l’ho sentito mai dire.

Giuseppina neppur’io l’ho sentito dir mai.

Concettina Mi sembra una cosa tutta disparata77 e lontana.

Giuseppina Disce vene.a

Concettina Alegre Giuseppina mia.

Edvige Hob quanto ne sapete poco! Anche la Geometria ha

parte nella Musica, determinando colle sue Linee,

Divisioni e Proporzioni le sue note o sien Segni.78

Girolam[in]a Anzi dovete sapere che anche l’Aritmetica ha parte

nella Musica, poiché essa determina le sue pause, i

suoi tempi e le sue Pulsazioni.79

56

80 Per musica naturale Marcucci intende la musica mundana nell’accezione boezia-na. Boezio (480 c. - 520) lavorò alla costruzione razionale del sistema acustico basa-to sul numero e le sue proprietà e codificò la cosmologia platonico-pitagorica nelciclo delle scienze esatte preparatorie alla teologia (quadrivium: aritmetica, geome-tria, astronomia e musica: v. miniatura a p. XLIX). Questa era, tra le arti liberali inse-gnate nel quadrivium, seconda solo alla aritmetica, che è la scienza dei numeri, men-tre le altre sono scienze dei numeri applicati. La musica era dunque una disciplinamatematica che, vista l’immensità dei numeri musicali applicabili, nella concezionemedievale era da considerarsi più importante delle altre arti in quanto sorgente diconoscenza universale e chiave di spiegazione del cosmo. Conoscere le leggi deinumeri significa soprattutto estrarre la proporzione dai dati apparentemente disor-dinati forniti dai sensi. Queste scienze, unite alle tre discipline del linguaggio(grammatica, retorica, dialettica: trivium) nel più vasto ambito delle sette arti libe-rali, costituiranno il fondamento del sistema educativo medievale. In questa otticadi elevazione dell’anima verso l’astrazione e la contemplazione (di chiara deriva-zione neoplatonica) Boezio servirà da guida a tutta la cultura medievale.

Allo stesso Boezio si deve la canonica tripartizione gerarchica della musica (v. miniatura a p. IV) in: - mundana: l’armonia cosmica; tutti i movimenti ciclici, l’armonia della naturacioè del creato, la musica non udibile prodotta dalle rivoluzioni delle sfere celesti;armonia delle sfere, che istituiva rapporti musico-matematici tra le orbite descrit-te dai pianeti intorno alla Terra, per poi ricavarne affinità simboliche tra questaarmonia del macrocosmo e quella del microcosmo umano fisico e mentale; luogocomune che ritornerà in tutta la trattatistica musicale fino al XVIII secolo; la musi-ca mundana non è soltanto la voce silenziosa, non percepibile dall’ orecchio umano,del movimento dei cieli. È anche nell’ armonia degli elementi, nella varietà dellestagioni. I sensi percepiscono la caotica e incoerente varietà del molteplice, ossia ilcompito di giungere alla verità supremamente armoniosa dell’uno;- humana: armonia dell’uomo, metafora per esprimere i rapporti armonici esi-stenti tra il corpo, l’anima e le loro rispettive parti; la musica della mente;- instrumentalis: musica vera e propria, la pratica strumentale, la composizio-ne poetica, il giudizio estetico, la determinazione dei principi matematici chepresiedono all’instaurarsi del sistema acustico; in seguito musica artificialis.

In questa concezione, andata avanti per secoli, il vero musicista non è colui chesi dedica alla composizione, alla pratica strumentale o al giudizio estetico, ma

a Dici bene, nel dialetto ascolano dell’epoca. b Metatesi, per oh.

del suono), secondo la quale la musica è scienza del numero sonoro e, come arsrazionale e matematica, è propedeutica alla filosofia. Il concetto, derivato dallateoria musicale classica, è presente anche in altre opere del Marcucci, come Ilsaggio dell’enciclopedia, pp. 2-3 (la “vastissima Monarchia Enciclopedica estende ilsuo dominio sopra tutte le sette amene Provincie dell’Umanità, cioè Grammatica o siaPerizia della Lingua, Rettorica, Epistolica, Poetica, Istoria, Logica e Critica”). Ma giàalla metà del Settecento si era affermato il paradigma fisico-matematico, cheriteneva la musica scienza del corpo sonoro: rameau 1722. oggi, infine è inauge il paradigma psico-fisiologico, per il quale la musica è scienza della sen-sazione sonora: Helmholtz 1863.77 Termine non più nell’uso corrente, ma rimasto nel linguaggio filosofico perindicare una affermazione che comprende in sé elementi differenti, tra i qualinon esiste relazione alcuna o contraddittori. È presente anche nel portoghesemoderno con il significato di sciocchezza o affermazione incredibile.78 Qui sembra fare riferimento all’ordine e alla proporzione dell’aspetto grafico.79 L’aritmetica aiuta ad identificare con precisione i concetti di durata e ritmo.

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dirsi la prima Scienza, che dagli uomini fu incomin-

ciata a studiare.

59

Edvige È d’uopo anche sapere, esser la Musica molto antica

nel Mondo, anzi gode tal pregio d’Antichità che può

58

va della cultura classico-cristiana della grande tradizione occidentale. Per luiMedioevo, rinascimento e Barocco sono solo le tre fasi distinte di un unico ciclounitario della storia culturale della Cristianità.

nel solco di questa tradizione di visione olistica della realtà, ancorata al sensoanagogico dell’esistenza umana, si colloca, negli ultimi decenni, l’insegnamentodi raimun Panikkar. nel suo pensiero solo la musica può unire le tre parti del-l’antropologia (corpo, anima e spirito). Concepisce la musica cosmica (la musicamundana di Boezio) come la musica della realtà tutta, che non si può ascoltare senon partecipandovi, e la musica delle sfere (di cui parlava Pitagora) come la musi-ca che conduce a scoprire l’armonia delle cose, poiché è il cuore che scopre le pro-porzioni, anche se poi è la mente che le calcola. L’uomo moderno non è più sen-sibile al ritmo cosmico (che chiama musica), che permette di gioire della vita e divivere ogni momento nella sua sua pienezza. nella sua visione trovano postoaltri concetti, come quello di altro (inteso come parte di noi stessi), tempiternità(“realtà come temporale e come eterna, non separata diacronicamente o ontolo-gicamente. Tempo ed eternità sono le due facce della stessa medaglia”: Panikkar2004, p. 153) e soprattutto cosmoteandrismo (ossia della costitutiva interrelazionefra le dimensioni del divino, dell’umano e del cosmico). riprende da riccardo daSan Vittore la teoria dei tre occhi: oltre l’oculus carnis e l’oculus mentis è solo l’ocu-lus fidei che riconosce e accoglie la presenza e l’azione dello Spirito. Il terzo occhioè l’organo di quella facoltà che ci distingue dagli altri esseri viventi perché ci per-mette l’accesso ad una dimensione della realtà che trascende, ma senza negarlo,ciò che è colto dall’intelletto e dai sensi (Panikkar 2002, pp. 10-1).81 Il primo se non a teorizzare almeno a diffondere la divisione della musica (pro-babilmente derivata dalla retorica) in naturalis e artificialis è reginone di Prüm (? - 915), che intende con la prima la musica nel cosmo e nell’uomo che si realizzanel canto con specifico riferimento alla prassi liturgica, e con la seconda quellainstrumentalis. nell’Epistola de armonica institutione, capp. 7 e 18, reginone sottoli-nea l’importanza della musica artificiale per giungere alla conoscenza di quellanaturale, per passare cioè dal fenomeno sensibile al mondo della ragione. Per alcu-ni nel suo pensiero vi sarebbero influssi di Cassiodoro e di scrittori arabi. Secondoaltri, la distinzione, per quanto riguarda la musica artificialis, risalirebbe a remigiod’Auxerre (830 - 908); inoltre, tutta la parte centrale del suo trattato (l’Epistola sud-detta), quella non riguardante la modalità ecclesiastica, non sarebbe sua, ma di unsuo allievo o successore. Per Ferrari Barassi 1979, p. 76, “la classificazione dellamusica in contemplativa (theoretiké) e attiva (praktiké) e il riconoscimento nellaprima di esse dell’elemento naturale (physikón) e di quello artificiale (technikón)

colui che ne conosce i principi grazie alla ragione e alla speculazione. Poco a pocosi genera una netta contrapposizione tra teoria e pratica, tra musica theoretica (scien-tia speculativa, che trova posto nel quadrivium) e musica practica (ars, come artificio,esercizio di abilità) e, più in generale, tra ars (che si occupa di oggetti contingentie può aspirare solo al probabile) e scientia (che tratta di oggetti astratti che restanocostanti e giunge al vero). La contrapposizione tra arte e prassi viene risolta incampo musicale da Iohannes de Muris in una prospettiva di grande modernità:l’arte concerne l’universale, l’esperienza pratica il particolare (Zanoncelli 2006, p.617). La frattura verrà ricomposta solo in pieno rinascimento, con il concetto dimusica poetica (poetica musicale, che sostiene l’assoluta compenetrazione dei dueambiti della musica, quello spirituale e quello corporeo). Dal sec. XVII, a partiredalla teoria degli affetti, la riflessione teorica ha identificato un più profondo duali-smo insito nella musica, quello tra numerus o logos (razionalità, intelletto) e sensus(emozione), tra la ragione che seleziona e ordina la materia sonora (in note, ritmi,intervalli) e le componenti sensibili ed emotive della musica.

Spitzer 1967, indagando l’armonia del mondo come la storia di un intero camposemantico, nei suoi sviluppi in epoche e in letterature diverse, ha ricostruito labase su cui si è formato in occidente il concetto di armonia universale (Stimmung),la cui storia è la storia della continuità della civiltà classica nel Medioevo cristianoe nella moderna civiltà laica: le sue pagine mostrano il formarsi della solidarietàculturale europea e, al tempo stesso, il suo disintegrarsi dall’Illuminismo in poi. Sututto sovrasta l’idea della genesi insieme classica e cristiana di questa immaginedel mondo che la Commedia di Dante ha rivestito di una forma poetica immortale.Come Virgilio è stato per lui il padre benedetto, così i materiali di base dell’unidi-versità del tutto fondato sull’armonia dinamica delle parti sono stati forgiati dallaclassicità greca e latina. Ma la sapienza etico-religiosa e la filosofia degli antichisono state assunte dal cristianesimo fin dal suo primo apparire, che le ha bilancia-te con la teologia della sua fede e le ha rese patrimonio fecondo su cui costruire sem-pre nuovi discorsi sull’uomo e il suo destino. L’armonia di una verità sinfonica si èconiugata con lo sguardo positivo che la cultura cristiana ha gettato sulla realtà delmondo da salvare. e Spitzer aggiunge con vigore che di questa cultura l’armoniadel mondo ha accompagnato lo sviluppo fino alla grande crisi maturata solo quan-do la coscienza di fondo della cristianità europea ha cominciato a cedere alla pres-sione di una modernità che voleva andare per la propria strada, troncando il cor-done che la teneva agganciata alla sua origine. Anche per Spitzer, come per granparte della cultura umanistica più avanzata del nostro tempo, la vera linea di frat-tura si colloca fra Sei e Settecento. Prevale l’ideale di una lunga continuità creati-

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perché appunto moderato e stabilito da san

Gregorio Papa e si dice anche fermo, perché in tal

Canto la voce va seguita e ferma. (Siete restata per-

suasa?)

Girolami(na) ed io persuaderò Voi. La Musica poi figurata83 fu

inventata nel principio del secolo decimoterzo dal

nominato Guido d’Arezzo, benché egli istituisse le

prime sei note.84

Concettina Le note sono sette e non sei: G. A. B. C. D. e. F.85

Giuseppina e le Figure sono nove: Massima, Lunga, Breve,

Semibreve, Minima, Semiminima, Croma, Semicroma

e Biscroma.86

Ferrucci Ve l’ho detto! che queste due ci avrebbono fatto con-

fondere e perdere il filo. e adesso dove si passava?

Edvige Ah pazienza! Che Guido d’Arezzo istituì le prime

sei note.87

61

Girolami(na) È verissimo: Iubal uno dei discendenti prossimi di

Caino fu l’Inventore. Così ce ne fa testimonianza la

Sacra Scrittura al quarto della Genesi: “Iubal ipse fuit

Pater canentium Cithara et Organo”.82

Concettina e non fu il suo Inventore il nostro celebre Italiano

Guido d’Arezzo Monaco Benedettino?

Giuseppina oibò: ho sempre sentito dire che il primo fosse il

magno Pontefice San Gregorio.

Ferrucci Queste due tanto faranno, che ci faran confondere e

perdere il filo. Adagio. Attente. non confondete.

La Musica è di due sorti. (Aiutatemi un poco: biso-

gna far tante divisioni! …).

Edvige non dubitate. Quando le cose si sono studiate di

fondo si risponde a qualunque difficoltà. La Musica

dunque è di due sorti, Semplice e figurata. La

Semplice è la più antica e più facile ad anche divota,

di cui si serve la Santa Chiesa nelle sue funzioni, nel

Rituale e nel Messale e si chiama Canto Gregoriano,

60

83 La locuzione musica figurata, in uso dal rinascimento, fa riferimento a valoriritmici precisi (figurae, impostesi con la notazione modale prima, mensuralepoi), al contrario della musica plana, eseguita senza rispettare valori ritmici pre-cisi, come allora il canto gregoriano (detto in seguito anche cantus firmus, sacracantilena, ecc.).84 V. alla nota 28.85 equivalgono a sol, la, si, do, re, mi, fa.86 oggi utilizziamo i valori dalla semibreve alla semibiscroma; raramente siincontrano i valori più grandi (maxima, longa e brevis) sul modello della nota-zione musicale antica.87 L’autorità di Guido poggia sulla attribuzione a lui della invenzione delle silla-be per le note, allo strumento didattico per eccellenza, la “mano”, e, per alcuni teo-rici dei valori del canto fermo: longa, brevis, semibrevis e quilisma (Fedeli 1757, p. 8).

risale già al teorico greco di scuola aristossenica Aristide Quintiliano [III-IV sec. d.C.]”. Ma già Laso di ermione (VI a. C.) aveva distinto tre grandi parti del saperemusicale: tecnica, pratica ed esecutiva (Bélis 2005, p. 321).82 Iubal, figlio di Lamech, è menzionato in Genesi IV, 19-22, come l’antenato dicoloro che suonano il salterio e l’arpa: il testo ebraico recita letteralmente: “padredi tutti i suonatori di kinnor e ‘ugav”, strumenti variamente identificati dai tradut-tori. La frase riportata da Marcucci, ripresa dalla Vulgata, è quella preferita ad tuttii trattatisti: Fedeli 1757, p. 2. Isidoro (3, 16) aveva attribuito a Jubal l’invenzionedella musica e Pietro Comestore (Liber Genesis, cap. 28) addirittura gli aveva rico-nosciuto la scoperta delle proporzioni musicali, frutto, invece, del pensiero greco.

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Concettina Aiuto Giuseppina mia.

Giuseppina ecco qua me! non dubitate.

Concettina Nec Hercules contra duos?89 Musica non est Scientia.90

Giuseppina Ergo est Ars.

Ferrucci Musica non est Scientia. Nego Antecedens.91

Concettina Probo Antecedentem: Scientia ex Aristotele est Cognitio

certa et Evidens comparata per discursum.

Giuseppina Atqui eccetera. Ergo eccetera.

Ferrucci Ah! Volete imbrogliarmi col eccetera? Ma distinguo

maiorem cum Sancto Thoma. Scientia est cognitio certa

et evidens aut in se, aut in superiore Scientia.

Concettina92 Mai: In se tantum nego Maiorem.

63

Ferrucci Ah ah! È vero, È vero. Tiramo avanti.

Edvige nel Secolo XIII il famoso dottor Parigino Giovanni

de Muris aggiunse la settima nota. (Se non volete

dar tempo).

Girolami(na) e lo stesso Giovanni de Muris inventò le figure, le

Pause e tempi. (Che fretta!).

Concettina Mi pare che vogliate saltare un Fosso troppo grosso.

Ma io non vorrei farvelo saltare. Sento che chiamate

la Musica Scienza ed io la dico Arte e non Scienza.

Ve la sentite argomentare con me?

Ferrucci e come? Me la sento più di voi.88

62

rispondente (qui lo stesso Marcucci/Ferrucci), che deve mettere a punto tretappe fondamentali: exponere (porre la questione), probare (soluzione del proble-ma), solvere (soluzione delle difficoltà). nella disputa scolastica si usano nume-rose formule, alcune delle quali presenti in questo testo marcucciano: “negoantecedens“ (nego le due premesse che precedono la conclusione); “probo” (eccola mia prova); “distinguo maiorem“ (faccio una distinzione a proposito della pre-messa maggiore del sillogismo, cioè del predicato); “in se tantum nego maiorem”(respingo il predicato del sillogismo); “nego maiorem” (nego la premessa mag-giore; espressione usata per confutare un ragionamento negando la veridicitàdell’assunto iniziale: non bisogna dimenticare che nella sua forma più sempli-ce il sillogismo è un ragionamento in base al quale da una premessa detta mag-giore ed accettata come universalmente vera e da una detta minore se ne dedu-ce una conclusione: negando la premessa maggiore cade tutto il ragionamento)… Per tutta la materia rinvio a La dispute scolastique. 89 “Neppure Ercole può contro due”: proverbio famoso all’epoca, citato, ad es. inDella Casa 1728, p. 246. evidentemente Concettina è sicura di vincere la sfida.90 Fa riportare a Concetta e a Giuseppina la posizione secondo lui errata.91 È il sofisma consistente nel dedurre la negazione del conseguente dallanegazione dell’antecedente.92 rientro del testo.

88 A questo punto Marcucci dà inizio ad una ironica disputa di stampo scolasti-co, sulla quale conviene dire qualcosa. Il tomismo distingue due tipi di logica: lalogica minor o dialectica (ossia la logica formale che espone le regole scolasticherelative alle tre operazioni mentali, quelle fondamentali della ragione: la percep-tio, il iudicium, il ratiocinium) e la logica maior o critica (che garantisce la localizza-zione e la socuzione di problemi che presentano una certa difficoltà e che sorgo-no in queste tre operazioni). La disputa scolastica usa il metodo (= camminoverso) sia analitico (dal complesso al semplice) che sintetico (dal semplice alcomplesso). La conoscenza umana procede prima in modo induttivo dal sensi-bile all’intelligibile (nulla c’è nell’intendimento che prima non sia nel senso;“nihil est in intellectu quin prius fuerit in sensu”: Tommaso d’Aquino, Summa teolo-gica, I pars, Quaestio XVI, De veritate in octo articoli divisa; frase poi ripresa daLocke, Saggio sull’intelletto umano, libro II, cap. 1,5) poi deduttivo, come sintesidell’intelligibile in sensibile (è dall’esperienza che la scienza e il sapere si produ-cono nell’uomo; “per experientiam autem ars et scientia hominibus efficitur”:Aristotele, Metafisica, I, 4). Ma poiché scopo precipuo della filosofia è conoscerele cose dalle loro cause non solo logiche ma anche ontologiche, ecco che nell’or-dine assoluto della natura e della creazione la sintesi ha il primato sull’analisi,cioè il ritorno al complesso è più importante della riduzione al semplice.

In questa disputatio di natura doctrinalis seu didascalica (didattica, tipica delrapporto maestro-allievo, al quale Marcucci tanto tiene) risultano contrappostil’arguens o opponens e il respondens o defendens. Il ruolo principale è attribuito al

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ASC, ms. n° 148/b; pp. 8 non numerate, cucite al centro con filidi cotone senza copertina; mm. 180 x 246.

Il ms. è suddiviso in 17 paragrafi, ed è arricchito con illustrazio-ni di pentagrammi e scale musicali. Sono presenti i richiami pagi-na per pagina, il testo è disposto a piena pagina, la grafia è chiarae le cancellature sono pochissime. riguardo allo stato di conserva-zione si osservano tracce di umidità e qualche traccia di inchiostroferrogallico.

Descrizione internacc. 1 r. - 4 v.

“Musica semplice detta comunemente Canto Fermo o sia Gregoriano”Incipit: “1. La Musica ha sette toni, i quali perché sono notati con

certi segni o sieno cifre”.explicit: “17. Prove di solfeggio in concerto (o sia in contropunto) di

Alto e Basso”.

65

Concettina Atqui Musica nec in se, nec in superiore Scientia est

Cognitio certa et evidens. Ergo non est Cognitio certa et

evidens.93

Giuseppina Ergo. Non est cognitio certa et Evidens.

Ferrucci Probo Antecedentem: Musica est Scientia proprie dicta,

quamvis Principia in Arithmetica tantum evidentia sint.

Concettina Ma via facciam pace.

Edvige Ah! Perché avete torto?

Girolam[in]a Siete restata Convinta?

Ferrucci o via, sia la pace fra di noi. riprendo il discorso

della Musica. e concludo la mia Apertura. Questa

Scienza pertanto ecc.

64

93 Posizione antitetica a quella di Cartesio, il cui metodo, sulla stessa lunghez-za d’onda del razionalismo galileiano, pone costantemente a proprio fonda-mento la certezza evidente come criterio di verità (“omnis scientia est cognitiocerta et evidens“: in Regulae ad directionem ingenii, AT X, 362): Garin 1967, vol. I,p. LXV.

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67

1. La musica ha sette Tuoni,94 i quali perché sono notati con

certi segni o sieno Cifre,95 perciò detti Tuoni vengon comunemen-

te chiamati note.96

94 oggi il termine tono indica un intervallo di seconda maggiore (la distanzatra do e re), ma nella musica greca e medievale è stata utilizzata anche comesinonimo di modo (ad es. nella teoria modale gregoriana) e come nome generi-co delle varie formule esecutive (tono di recita, di preghiera, responsoriale, sal-modico), tipi di recitazione gravitanti su una nota compresa in quel sistema cheutilizzava otto modi.

Contemporaneamente alla nascita del canto gregoriano, in zona franca ini-ziarono a comparire nuovi libri liturgici (i tonari) che classificano i brani delrepertorio sacro per la loro appartenenza ad uno degli otto toni o modi ecclesia-stici. raggruppati nell’octoechos e distinti in autentici e plagali, i modi sonocaratterizzati dalla diversa posizione del semitono, che identifica i modi protus,deuterus, tritus e tetrardus, ognuno dei quali dà origine al corrispondente plaga-le, situato una quarta sotto l’autentico. Le due note fondamentali sono la finalis(propria di ciascun modo e sulla quale si chiude la composizione) e la repercus-sio o corda di recita (attorno alla quale gravita la melodia).

Con l’affermazione della polifonia ad opera della scuola di nôtre-Dame,nella seconda metà del XII secolo, la parola modo viene usata per indicare loschema ritmico applicato alla composizione, al fine di determinare con esattezzai valori ritmici delle diverse linee melodiche. La conseguente notazione modale,basata sui modi ritmici, è una combinazione tra i piedi della metrica classicagreco-latina e i valori musicali, longa (L) e brevis (B), le cui diverse disposizionideterminano un sistema di sei modi ritmici che osservano un principio terna-rio: I modo trocaico (L-B: ), II modo giambico (B-L: ), III modo dattilico(L-B-B: ), IV modo anapestico (B-B-L: ), V modo spondaico (L-L:

), VI modo tribrachico (B-B-B: ). Su tutta la materia relativa alla poli-fonia, v. Gallo 1977.95 Cifra era un termine adoperato nella musica spagnola rinascimentale comesinonimo di intavolatura, sistema di notazione per strumenti a corda e a tastie-ra usato in europa nel ‘500 e ‘600 col quale si usava trascrivere (intavolare), aduso di un solista, composizioni in origine destinate a più esecutori. nelle inta-volature per cordofoni i numeri identificavano le corde, quindi le note.96 Il termine nota, con significato generico di elemento di un sistema di scrittu-ra musicale, si incontra già in Dante e Boccaccio: Battaglia, XI, sub voce.ovviamente, col valore di simbolo grafico designante un suono musicale e allostesso tempo il suo relativo valore di durata si è formato nel corso dell’evolu-zione della notazione musicale.

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5. La Musica è di due sorti, cioè la Semplice, e la Figurata.101 La

Semplice è più antica e più facile ad anche divota, di cui si serve

la Santa Chiesa nelle Funzioni, nel rituale e nel Messale;102 e per-

ciò si chiama anche Musica Ecclesiastica, ovvero Canto Gregoriano

perché moderato e stabilito da San Gregorio Papa: e si dice anche

Canto fermo, perché in tal canto la voce va più seguita e ferma; né

si muta tanto e si varia come nel Canto figurato.

6. La Musica poi figurata fu inventata nel principio del secolo

decimoterzo dal nostro celebre italiano Guido di Arezzo Monaco

Benedettino;103 benché egli istituisse le prime sole sei note, cioè Do

(che chiamò Ut), Re, Mi, Fa, Sol, La.104 nell’anno poi 1330 il famo-

69

2. Queste sette note sono Gsolreùt, Alamirè, Bmi, Csolfaùt,

Dlasolrè, Elamì, Ffaùt;97 e nel canto o sia solfeggio si dicono Do, Re,

Mi, Fa, Sol, La, Si, che i vecchi dicevano pure Fa alto.98

3. Possono talvolta le note perdere il loro tuono naturale e

patire qualche alterazione col crescere un mezzo tuono, o col per-

derlo per qualche accidente od incontro. e questi Accidenti sono

tre, cioè Diesis che fa crescer mezzo tuono alla nota che gli

segue; Bmolle che fa scemar mezzo tuono alla nota; e Bquadro

che fa ritornar la nota al suo tuono giusto e naturale.99

4. Tra le sette note, due solamente non patiscono mai altera-

zione ed accidente e sono Re [e] La, cioè Alamire, Elami. Del resto

tutte le altre possono esser alterate o dal Diesis, come Do, Fa, Sol,

Si, o dal Bmolle, come il solo Mi cioè Bmi ma allora si chiama Bfa.100

68

tica musicale sono rispettivamente la e mi (non re e la). ne consegue che perBmi si intende si N e per Bfa sib.101 La locuzione musica figurata, in uso dal rinascimento, fa riferimento a valori rit-mici precisi (figurae, impostesi con la notazione modale prima, mensurale poi), alcontrario della musica plana, eseguita senza rispettare valori ritmici precisi, comeallora il canto gregoriano (detto in seguito anche cantus firmus, sacra cantilena, ecc.).102 La differenza tra le tre tipologie è di natura liturgica. Il libro delle funzioniriporta le cerimonie liturgiche più o meno solenni (dalla benedizione eucaristi-ca alla settimana santa). Il rituale riporta la liturgia dell’amministrazione deisacramenti, delle varie benedizioni, delle processioni e di varie prescrizioni (ades. sui registri o libri parrocchiali che ogni parroco è tenuto a conservare: il librodei battezzati, dei cresimati, dei matrimoni, dei defunti). Il messale riporta i testiper la celebrazione della messa in ogni giorno dell’anno (il primo messalevenne realizzato nel 492 sotto Gelasio I e fu riveduto ampiamente nel 1570 daPio V, accogliendo i voti del Concilio di Trento, 1545-63).103 ovviamente la musica polifonica, in riferimento alla quale nasce prima lanotazione modale poi quella mensurale, è il frutto di una elaborazione plurise-colare con la quale nulla ha a che fare Guido. Anche per Fedeli 1757 Guido eral’inventore dei valori del canto gregoriano.104 V. a p. 21 nota 28.

97 Marcucci chiama le note anche con il nome previsto dalla tecnica della sol-misazione: v. sotto alla nota n° 28.98 Il nome delle note Guido lo derivò dalle iniziali degli emistichi dell’Inno diSan Giovanni, composto in strofe saffiche da Paolo Diacono, lo storico deiLongobardi: ut queant laxis / resonare fibris // mira gestorum / famuli tuorum //solve polluti / labii reatum // Sancte Iohannes. Le strofe saffiche (cioè formate da treversi saffici e da un adonio) nella metrica italiana corrispondono a tre endeca-sillabi e un quinario; es.: cfr. in Appendice la lettera del 5 maggio 1787.

L’introduzione del si (che rispondeva all’esigenza di denominare il settimogrado col passaggio dal sistema modale, costruito sull’esacordo, a quello tona-le, basato sulla scala di sette note) si affermò dal XVII secolo, dopo essere statoproposto da Anselme de Flandres (fine sec. XVI), da Zacconi (1622) e, secondoF. Sweertius (1628), da Waelrant.99 Per la diversità degli accidenti o dei segni di alterazione in uso nell’epocadel Marcucci rispetto alla nostra epoca, v. nota 190. 100 Poiché Marcucci legge una 4ª sopra, le note non alterabili in quella gramma-

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8. Il Canto fermo adunque per dimostrar le sue note, non già

si serve di cinque Linee o sieno righe, come il Canto figurato; ma

bensì di quattro righe e di tre spazi; come si vede qui sotto.

71

so Dottor Parigino Giovanni de Meurs o sia Muris aggiunse la set-

tima nota, cioè Ffaut, ed inventò le figure, le pause, i segni dei

tempi.105 Questa settima nota fu chiamata nel canto Fa alto.

Sintantoche a nostri tempi, circa il 1725, il celebre Maestro Maire

Franzese,106 invece di più chiamarla Fa alto, istituì e volle che in

solfeggiando venisse detta Si.107 Vi fu al certo del gran contrasto in

sua vita; ma dopo morto, tutti i migliori han lodato e seguitato il

suo nuovo sistema.

7. or di questa Musica figurata, come più difficile ed intreccia-

ta di tante figure, variazioni e abbellimenti, noi qui non parliamo.

Ci contentiamo solo di favellare della Musica Semplice o sia del

Canto fermo e Gregoriano.108

70

importante la struttura modale degli otto modi entro la quale si muovonio quel-le melodie. ogni modo gregoriano ha una finale, una nota con la quale terminala melodia e sulla quale è basata. La sua funzione era simile a quella della toni-ca nella scala maggiore o minore. Inoltre i modi gregoriani hanno una dominan-te, o tonica, cioè una nota sulla quale c’è la maggiore insistenza nella melodia.Gli otto modi, octoechos, sono divisi in due categorie: modo autentico e modoplagale. ogni modo plagale è associato con un modo autentico. entrambihanno la stessa nota finale. La differenza tra il modo autentico e il relativo pla-gale è nella nota dominante e nell’estensione della melodia. I modi plagali sonoquelli ambito melodico meno esteso e gradi più gravi.

I modi esprimono sentimenti? Qualche autore ha preteso di attribuire a ciascunmodo una specifica caratteristica espressiva di un determinato sentimento.Questa qualità è denominata “etica modale”. Per Guido il primo era grave, ilsecondo triste, il terzo mistico, il quarto armonioso, il quinto allegro, il sestodevoto, il settimo angelico e l’ottavo perfetto. Adàm de Fulda così li commenta:“Il primo modo si presta a ogni sentimento, il secondo è adatto alle cose tristi, ilterzo è veemente, il quarto è tenero, il quinto si addice agli allegri, il sesto allepersone di provata pietà, il settimo attiene alla gioventù e l’ottavo alla saggez-za”. Juan de espinosa, autore del secolo XVI, commenta a sua volta: “Il primo èallegro e molto adatto per attenuare le passioni dell’animo …; grave e piangen-te il secondo, molto appropriato per provocare lacrime …; il terzo è molto effi-cace per incitare all’ira …; mentre il quarto prende in sé ogni gioia, incita ai dilet-ti e calma la rabbia...; il quinto produce allegria e piacere a coloro che sono tristi…; lacrimoso e pietoso è il sesto …; piacere e tristezza si uniscono nel settimo …;per forza dev’essere molto allegro l’ottavo …” (Trattato dei principi, del 1520).

L’espressione cantus firmus venne utilizzata a partire dal XII secolo, quando,nella pratica polifonica, divenne abituale prendere melodie gregoriane (nonnecessariamente intere) come base per il gioco contrappuntistico delle altre voci(infatti, tale melodia era detta tenor, in quanto “teneva”, cioè reggeva l’interoimpianto). Ma già nel ‘400 si cominciò a fare ricorso anche a melodie tratte dallamusica profana, come dimostra il celeberrimo caso della popolarissima canzo-ne francese L’homme armé, utilizzata da decine di musicisti.

105 Su tutta la materia, v. alle pp. 84-5.106 non identificato.107 V. a p. 68 nota 98.108 Il canto gregoriano è universalmente noto con l’espressione cantus planus, inriferimento soprattutto al ritmo. Ma sulla interpretazione ritmica dei neumigregoriani sono state avanzate diverse ipotesi: la scuola benedettina diSolesmes ha proposto la teoria del ritmo libero proprio della declamazione (madistinguendo tra ritmo libero e ritmo oratorio), tendente ad assegnare ad ogninota il valore di durata suggerito dalla pronuncia della sillaba. Altri hanno pro-posto una soluzione mensurale. orazio da Caposele (allievo del Cimello), nellaPrattica del 1623 aveva già proposto una triplice possibilità d’interpretazionedel canto liturgico monodico: isocrona, mensurale e secondo l’arte: destinate laprima ai cantori non particolarmente esperti nella interpretazione della nota-zione; la seconda al simbolo degli Apostoli (in particolare al Credo Cardinalis) ead alcuni inni; la terza ad una scansione ritmica accentuativa tendenzialmenteorganizzata in battute a ritmo binario e ternario (Andreotti 2008, p. 222). ritmolibero sta comunque per assenza di simmetrie ritmiche obbligate (per intender-ci, quello delle battute): ma molto più del ritmo inteso nel nostro senso, è

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della Chiave dell’Alto, sempre è Fa cioè Csolfaùt; quella poi che sta

nella riga o spazio della Chiave del Basso, sempre è Si, cioè Ffaùt.109

11. ecco le pruove del Solfeggio o Canto nella Chiave di

Csolfaùt, cioè dell’Alto:

Convien per più Settimane ripeter questo Solfeggio a scala; into-

narlo bene, capirne i tuoni, aprir la bocca, in cantando, cavar fuori

bene la voce, ed in ogni nota trattenersi un pochetto, che talora

vien denotato da un puntino dopo la nota.

12. Tuttoché basti solfeggiarne una sola, cioè la Chiave suddet-

ta di Csolfaut, che sceglieremo sempre per le Pruove; nulladime-

no poniamo qui l’altra Chiave, cioè quella del Basso o sia di Ffaut,

affin si osservi:

13. Avvertasi che il Canto fermo propriamente non è solito di

aver le note fuori delle quattro righe, né di averle tagliate; io ve

73

9. Come debban contarsi queste righe, se da alto in basso,

oppur da basso in alto all’insù, pur vi è lite. L’uso par che voglia

che la prima riga sia l’alta e così si conti all’ingiù. La ragione però

e l’uso di qualche dotto vuole tutto il contrario; cioè che si debba

contari ogni riga all’insù; onde la prima riga sia la più bassa.

ea questa è anche la nostra opinione ed il nostro uso. Imperciocché

è certo presso tutti, che le suddette Linee debbono rappresentare

una Scala di tanti Gradini: or ciascuno sa che il primo gradino della

Scala è il più basso. oltreché chi è che non sappia che le note ed i

Tuoni principiano dal basso in alto; e le note basse sempre stanno

nelle Basse righe: segno evidente che nella Scala la prima riga è la

più bassa. e ciò vale anche per la Musica figurata.

10. Ha il Canto fermo due sole Chiavi, una per chi canta da

Basso, un’altra per chi canta da Alto o Contralto. Queste Chiavi

non sono altro che alcuni Segni o Cifre che indicano i diversi Tuoni

di voce. La prima Chiave si chiama Csolfaùt, e sta segnata talora

nella terza riga così e serve pel Tuono alto; l’altra Chiave si dice

Ffaùt e sta segnata per lo più nella seconda riga così e serve

pel Tuono basso. Vero è però che nel Canto fermo amendue queste

due Chiavi non hanno riga fissa, né stabile spazio: bastando solo

avvertir sempre, che quella nota la quale sta nella riga o spazio

72

109 rifacendosi sempre alla solmisazione, Marcucci propone un suo metodo di let-tura alzando tutto di una 4ª: la riga dove si trova la chiave di do (Csolfaùt) si leggefa; quella occupata dalla chiave di fa (Ffaùt) si legge si, e così via.a è nel testo

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15. Appreso sufficientemente il Solfeggio a scala e quello anco-

ra delle ottave, dei Salti, delle Cadenze e di variazione, è bene

passare alla pruova col Canto. e perciò eccone alcuni esempi:110

75

l’ho poste nondimeno per compire il Solfeggio, ricordando qui solo

che amendue le Chiavi potrebbon segnarsi nella prima, o nella

seconda, o nella quarta riga, secondo che più si vuole abbassare o

alzare il Tuono: ed allora bisogna sempre regolar le note da quella

che corrisponde alla Chiave; dovendo una esser sempre Fa e l’altra

sempre Si, cioè quella della chiave del Basso o di Ffaùt

14. ogni nota poi ha la sua Terza, la sua Quinta, colle quali fa

buon concerto; ed anche ha la sua Ottava, colla quale è unisona.

Imparato pertanto il Solfeggio secondo l’ordine o sia scala; con-

vien apprender alcune ottave ed alcuni salti di Terza e di Quinta.

Diamone alcuni esempi sulla scelta Chiave dell’Alto o sia di

Csolfaùt,

74

110 I due esempi riportati sono cancellati e sono gli stessi utilizzati dal Marcucciai ni 11 e 12 di Della Musica Vocale. Per il confronto tra le due versioni del Pangelingua e dell’Ave Virgo Deipara, v. trascrizione e commento in Appendice.

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16. Fatte le sudette pruove può seguitarsi l’esercizio nel rituale

romano, nel Messale ed in altri libri che vi sono di Canto fermo.

Il tutto però sempre ad onore e gloria di Dio e della sua purissima

Madre Maria sempre Vergine, Concetta senza colpa originale.

17. Pruove di solfeggio in concerto (o sia in contropunto) di

Alto e Basso.

76

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ASC, ms. n° 148/a; fascicolo costituito da 32 fogli, mm. 163 x 238,cuciti al centro con fili di cotone; pp. 64, numerate 1-39, bianche le altre(Regole del canto e suono figurato: 30 per Canto figurato, chiamata erronea-mente 17 la c. 15, e 10 per Suono sopra la parte, mancante di numerazio-ne la c. 40), con numerazione in alto a destra per i numeri dispari, a sini-stra per i numeri pari; copertina in cartoncino rigido, con sulla prima“Regole del Canto e Suono Figurato, ad onor di Gesù e di Maria santissimaImmacolata. Sabbato 2 ottobre 1756” e “31 +”, sull’ultima “Musica figurata”e tre pentagrammi.

La filigrana, posizionata al centro del margine inferiore di ciascunacarta è costituita da un cappelo cardinalizio, non presente nel catalogodel Briquet.

Presenti richiami pagina per pagina; il testo è disposto a piena pagi-na; la grafia è chiara, con alcune cancellature.

Buono lo stato di conservazione, ma si osservano tracce di umidità edi inchiostro ferrogallico.

L’opera si arresta al paragrafo n° 56, rimasto senza testo.Sul piatto anteriore recto della copertina è presente il titolo del-

l’opera e la data topica e cronica “Sabbato 2 ottobre 1756”. Sul piattoposteriore compaiono la dicitura “Musica figurata” e la raffigurazione dipentagrammi con scale musicali.

Descrizione interna

cc. 1 r. - 15 v. (pp. 1-30)

“Parte I. Musica Figurata di canto detta comunemente Canto Figurato”:Incipit: “1. La Musica, come fu detto nelle Regole del Canto Fermo, è di duesorti ”explicit: “giacchè ve ne sono tante delle antiche e delle moderne”.

cc. 16 r. - 20 r. (pp. 31-39)

“Parte II. Musica Figurata di Suono, detta comunemente Suono sopra laParte”:Incipit: “48. Già fu detto al numero 8 che due erano le Chiavi del Suono”explicit: “Del resto tutte le altre possono aver Diesis, e Bmolle. Vedi al nume-ro 42”; p. [40]: pentagrammi.

79

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1. La Musica, come fu detto nelle Regole del canto fermo, è di

sue sorti, cioè semplice, e figurata. Della prima ne abbiamo parlato

sotto il nome di Canto fermo o sia Gregoriano. ora resta a favellar

della seconda.

2. Questa Musica figurata adunque è intrecciata di molte figu-

re, cioè di molte variazioni, cadenze e abbellimenti,111 bisogna per-

ciò usarla con molta moderazione e in cose sode, guardandosi da

certe arie e cadenze teatrali, indegne da esser cantate da religiose

ed in Luoghi sacri.

81

111 Qui Marcucci allarga la definizione che abbiamo dato di questa locuzioneoriginatasi in epoca rinascimentale, quando, contrapponendola alla musicaplana (o cantus firmus, cioè il canto gregoriano), si faceva riferimento ad esattivalori ritmici (figurae). Infatti, oltre le figurae vi comprende “variazioni, caden-ze e abbellimenti”, elementi cioè tipici della musica di uso non liturgico. V. qui al n° 28.

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bre Maire; come fu anche detto nel numero 6 delle Regole del Canto

fermo.114

4. Ha la Musica figurata le sette note Medesime della

Semplice, cioè Gsolreùt, Alamirè, Bmi, Csolfaùt, Dlasolrè, Elamì,

Ffaùt; e nel solfeggio pur si scrive del Do, Re, Mi, Fa, Sol, La, Si o

Faa alto.

5. Per dimostrar poi le sue note, essa non si serve già di quat-

tro righe, come la Semplice, ma bensì di cinque Righe e quattro

spazi, come qui sotto:

83

3. essa è assai più moderna del Canto fermo, perché inventa-

ta circa il 1230 dal celebre Monaco Guido Aretino112 e perfezionata

nel 1330 dal famoso Muris,113 e maggiormente circa il 1725 dal cele-

82

a non sottolineato in A

corte ad un pubblico cittadino), dalla affermazione di nuove tipologie compo-sitive (soprattutto musica di divertimento: cacce, villanelle, madrigali, ecc.) e dinuovi criteri estetici (l’espressione ars subtilior, desunta da un trattato di Filippoda Caserta, fine XIV secolo, viene usata per indicare gli sviluppi più sofisticatidello stile musicale, che diviene sempre più complesso e raffinato: ad es.,Iohannes Ciconia, 1370? - 1412, e Zacara da Teramo, 1350? - 1415?, combinanola complessità ritmica e l’armonia ardita della musica francese con la fluiditàdella scrittura melodica italiana e alternano una densa scrittura contrappunti-stica con gesti solistici quasi operistici, dando così vita a capolavori di costru-zione retorica e di espressività); infine, dall’orgoglio dei nuovi: è lo stessoJohannes de Muris a definire la musica “ars artium domina, continens omniumprincipia methodorum, in primo certitudinis (gradu) confirmata, in natura rerumomnium modo mirabili proportionaliter internata, delectabilis intellectu, amabilis inauditu, tristes laetificans, avaros amplificans, confundens invidos, confortans langui-dos, insopiens vigilantem, evigilans dormientem, nutriens amorem, honorans possesso-rem, si finem debitum assecuta, ad laudem Dei finaliter instituta” (De numeris, quimusicas retinent consonantias, secundum Ptolomaeum de Parisius, GS, 3, 284-6).114 Il passo dimostra che la Musica figurata è stata scritta dopo il Canto fermo.

112 Anche qui occorre apportare diverse precisazioni. Anzitutto su Guido, delquale si è detto alla nota 28. Inoltre, la musica figurata (espressione di epoca rina-scimentale che si riferisce all’uso di valori ritmici precisi, le figurae, che primaovviamente non c’erano) è il frutto di molti successivi interventi: il passaggiodalle antiche notazioni alfabetiche di eredità classica a quelle che sfruttano i simbo-li grafici degli accenti acuto e grave (ecfonetica bizantina e neumatiche del gre-goriano); l’adozione di una linea tracciata prima a secco poi in rosso per indica-re il fa, l’aggiunta di un’altra (spesso in giallo) per indicare il do, espedienti chepermettevano di identificare l’intervallo tra due suoni succesivi, fino al tetra-gramma e al pentagramma; la conquista della durata e del ritmo con la notazio-ne modale dell’Ars antiqua della (scuola di notre-Dame, XI-XII secolo) e, final-mente, con la notazione mensurale dell’Ars nova trecentesca, rimasta in uso finchénon si è imposta la notazione moderna con il suo sistema di battute (c. 1600).113 Johannes de Muris (c. 1290 - post 1351): il suo più importante trattato musi-cale, Notitia artis musice, risale al 1318 e descrive il sistema mensurale arsnovi-stico. L’enorme popolarità di cui godette fino al ‘700 dipese dalla fortuna di duetrattati attribuiti a lui (Libellus cantus mensurabilis secundum J. de M. e Ars contra-puncti secundum J. de M.), ma probabile frutto di compilazioni scolastiche. Fucertamente in contatto con Jacques de Vitry (1291-1361), altro grande innovato-re, ritenuto il padre della notazione noderna per aver sistemato tutta la musicamensurale in un quadro di razionalità scientifica: con il trattato Ars nova (c.1320) propagandò un sistema di notazione che rendeva posibile la combinazio-ne di diverse lunghezze e sottodivisioni del valore delle note, con conseguentesviluppo di un più raffinato stile musicale che divenne sempre più manierato.Le decisive novità introdotte dall’Ars nova sono di carattere tecnico (accanto alconcetto di ternarietà, tempus perfectum, che richiama il divino, si afferma ilbinario, tempus imperfectum, che è dell’uomo) e di carattere filosofico-ideologico(la musica binaria dà più libertà al compositore) e decretano il successo di unanuova mentalità: è lo stesso Iohannes de Muris a sottolineare che la musicadeve essere “delectabilis in intellectu” e “amabilis in audito”.

L’autonomia del comporre musicale. una delle conseguenze più importantidelle nuove tendenze musicali è data dalla nascita del musicista di professione:se alcuni fenomeni erano stati preceduti dalla vivacità della produzione trova-dorica (Monterosso 1956), il fatto che ci si trovi di fronte ad una nuova situazio-ne è dimostrato dal cambiamento dei destinatari (passaggio da un pubblico di

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8. Due di queste Chiavi servono anche pel Suono e per gli

Stromenti Musicali, cioè quella di Ffaùt e quella di Gsolreùt.

nella chiave del Basso, cioè di Ffaùt si suonano tutti i Bassi,

come organo, Cembalo, Spinetta, Violoncello, Controbaso,

Arcileuto,115 Tiorba, Chitarra, Tromba a fiato, Tromba marina,

Fagotto, Corno da caccia.

nella chiave del Sopracuto, cioè di Gsolreùt, si suonano tutti

gli Acuti ed Alti, come Violino, Salterio, Flauto, oboe, Traversiero,

Mandola, Leuto e simili.

9. Ma tornando al Canto figurato, oltreché per ben farlo si

richiede buon orecchio, cioè capir la diversità dei Tuoni, il tempo, e

simili (senza di che non accade stordirsi nel canto e nel suono, per-

ché senza il buon orecchio non si apprenderà mai nulla); oltre a que-

sto, ripeto, si richiede ancora aver voce buona ed atta al canto.116

85

incominciando a contar le righe dalla più bassa; come vuol la

ragione che fu notata al numero 9. delle Regole del Canto fermo.

6. Se la Musica semplice non ha che due sole Parti di Canto,

cioè la Parte da Basso, e quella da Alto e perciò ha due sole Chiavi:

la Musica poi figurata ha di ordinario quattro Parti, cioè la parte da

Basso, quella da Tenore,a quella da Contralto e quella da Soprano.

Dissi di ordinario, perché potrebbe averne anche due altre, cioè la

parte da Baritono (che è quella voce tral Basso ed il Tenore)a e quel-

la del Sopracuto o sia Sopralto (che è quell’acutissima voce più alta

del soprano, che di rado però si trova e si canta).b

7. Quindi la Musica di Canto figurato ha tre Chiavi, cioè quel-

la di Ffaùt, che si segna così e serve per la Parte del Basso e del

Baritono; quella di Csolfaùt, che sta signata così e serve per la

Parte del Tenore, del Contralto e del Soprano, ma posta in diversi

siti; e quella di Gsolreùt, che si segna così e serve per la parte

del Sopracuto o sia Sopralto ed Acutissimo qualor si canti.

84

115 nella terminologia organologica il prefisso arci esprime un significato gene-rale di ampliamento delle caratteristiche foniche di uno strumento.116 La descrizione della voce non come strumento fondamentale della comu-nicazione umana, ma come mezzo di espressione musicale (il più spontaneoe universale!) costituisce un capitolo della fisiologia umana e richiede essen-ziali conoscenze anatomiche (la respirazione, la laringe e il suo comportamen-to fonatorio, le tecniche vocali, l’estensione vocale, il timbro ecc.). nella pras-si musicale i registri vocali (determinati dall’altezza, dal timbro e dal tipo diemissione) vengono così distinti: basso (serioso, caratteristico, comico), bari-tono (eroico, caratteristico, lirico), tenore (drammatico, lirico, di grazia), con-tralto drammatico, mezzosoprano, soprano (drammatico, lirico, di coloratura,leggero).

a una parentesi tonda e una quadra;b due parentesi quadre;

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colar l’A. Benché una tal regola di aprir la bocca e non cantar mai

tra denti a mezza bocca aperta, è una regola necessaria per ogni

voce.

13. La Voce aspra non è mai buona per la Musica, come troppo

rigida e disgustosa all’orecchio. La Voce poi dolce è molto propria

e grata; ma bisogna allontanarla dall’affettato. Quel tanto contor-

cersi e gestir col capo in cantando, fa venire lo sdegno a chi lo

vede. nel Canto si tien la bocca come in atto sorridente; e tutto il

portamento di vita in atto retto, modesto e composto.

14. La Voce dura che sempre è la stessa sì nelle arie allegre, che

tetre e sì nelle stabili e luttuose, che nelle sdegnose; in somma che

non si accomoda a piegarsi secondo le figure e gli accidenti delle

note; non è assolutamente buona, se non per eccitare o alla colle-

ra, o al riso. ottima bensì è la Voce flessibile, cioè quella che si flet-

te e piega, e si accomoda alle variazioni.

15. L’Arte fonica vuole che si usi grande attenzione a fletter bene

la Voce con farla flebile nelle cose di raccomandazione o di dolore,

spiritosa nelle cose di valore e di magnaminità e vittoria, allegra nelle

materie di consolazione e di speranza, rigida nelle cose di sdegno.

Che se i Fonici prescrivono con tanta premura tali regole agli oratori

e Predicatori, con maggiore energia le raccomandano ai Musici.

87

10. Di più sorti è la Voce umana, cioè grave ed acuta; aspra, e

dolce; dura, e flessibile; rauca e canora o sia sonora e chiara. Otto spe-

zie in somma si trovano di voci: tre delle quali bisogna affatto ban-

dirle dal Canto, cioè la voce dura, l’aspra e la rauca e così di fatto le

bandivano i Greci nella loro scuola che a parte tenevano sopra

l’Arte Fonica o sia arte di conoscere e regolar le voci pel Canto:

mentre chi fra loro imparar voleva la Musica di Canto, conveniva

che prima si soggettasse alle regole e prove dei Maestri Fonasci;117

i quali poi rigorosamente rigettavano le voci aspre, dure, e roche.

11. La Voce grave è quella che vien dal fondo del petto: e que-

sta può esser buona pel Basso, pel Baritono e pel Tenore; secondo

che più o meno abbia di gravità. nella voce grave si sfugga rigo-

rosamente l’articolar colla gola, che offende si bruttamente l’orec-

chio e vien rigidamente condannato nell’Arte fonica.

12. La Voce acuta è quella che viene dalla superficie del petto,

formandosi quasi nella bocca: e questa può servir pel Contralto, pel

Soprano e pel Sopracuto o sia Sopralto; secondo che più o meno si

acuisca. Su di questa voce acuta insegnano i Fonaschi, che con

somma diligenza sfuggir si deve il disgustosissimo naseggiare; e

debba procurarsi di aprir bene la bocca, particolarmente nell’arti-

86

117 L’espressione (comprese le varianti Foneschi e Fonici che anche qui compaio-no) veniva comunemente utilizzata per indicare i maestri di cappella.

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[18.] Avvertasi nondimeno che nel Canto di rado esce il Basso

dalle note naturali; ed appena talora cala due o tre note basse, o

ne salisce due o tre delle acute; patendo molto ciascuna nelle note

forzate; e perciò dee starci cauta; contendandosi anche di poter far

solo una nota di più dei sette suoi tuoni naturali.

19. La seconda Chiave, cioè quella di Csolfaùt, che si segna così

, e serve pel Tenore, pel Contralto e pel Soprano, sta perciò segna-

ta in tre diversi siti. Imperciocché la Chiave di Csolfaùt per la parte

del Tenore, si segna nella quarta Riga, così:

La quale considerata colle sue note basse e colle sue Acute, è

come siegue: benché convien avvertire che il Tenore pur esce poco

dalle sue note naturali.

20. La Chiave del Contralto sta segnata nella terza Linea, così:

89

16. La Voce rauca, siccome partecipa dell’aspra, non è buona

pel Canto. Laddove la voce canora o sia sonora, chiara e rotonda,

come la più armoniosa è l’ottima nella Musica, siasi di qualunque

tuono o basso, o tenore, o contralto o soprano.

17. Ma ritornando alle tre Chiavi del Canto figurato, notate di

sopra nel numero 7., la Chiave del Basso, ch’è la prima, cioè quel-

la di Ffaùt, che si segna così e serve per la parte del Basso e del

Baritono; essa sta segnata nella quarta riga o linea così:

Talora però si segna anche nella terza riga e talora nella quinta

ed eccone la scala delle note naturali del Basso, o sia di Ffaùt

La quale Scala, come fu detto al numero 8., serve anche per sonar

l’organo, il Cembalo, la Spinetta, l’Arcileuto, il Violoncello, ecc.

Considerata poi tale Scala colle due note base e colle acute

eccola come siegue.

89

88

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22. Per accomodar poi le voci ed i Tuoni e discerner chi servir

possa di Basso o Baritono, chi di Tenore, chi di Contralto e chi di

Soprano, basta osservar quel tuono naturale di una quando discorre

familiarmente; perciocché quel tuono di voce è il suo primo tuono,

cioè Gsolreùt naturale o sia Do naturale. or di quattro Persone, colei

che ha questo primo Tuono più grave delle altre, può servir per Basso

o per Baritono [giacché tra le Donne il vero Basso difficilmente si

trova]: colei, che ha il primo Tuono più alto delle altre, può servir per

Soprano; colei che lo ha meno alto del Soprano, può servire per

Contralto; finalmente colei che ha il suo primo tuono, superiore

almeno una nota a quello del Baritono, può servir per Tenore.

Sicché l’ordine dovrebbe andar così, cioè il Tenore dovrebbe andar

alto una nota più del primo tuono del Baritono e questo una nota

più del Basso; il Contralto una nota superiore al Tenore; ed il Soprano

una nota più alta del primo tuono del Contralto.

23. Che se vi fosse chi avesse il primo tuono superiore a quel-

lo del Soprano, costei far potrebbe da Sopralto o Sopracuto; la cui

Chiave e Scala nel Suono serve pel Salterio, Violino, ecc., come fu

detto al numero 8., e si chiama di Gsolreùt, segnata così nella

seconda riga.

91

non ostante che il Contralto pur poco esca dalle sue note natu-

rali, nondimeno ecco le sue note basse e le acute:

21. La Chiave del Soprano finalmente sta segnata nella prima

Riga, così:

Anche il Soprano poco esce dalle sue note naturali: perciocché

ciascuna Persona poco più può abbassarsi, od alzarsi fuor delle

sette sue note o sieno tuoni naturali: nulladimeno eccone le sue

note forzate, cioè basse e acute. nel suono è differente, perché

quante note possono toccarsi negli Strumenti, tante se ne possono

abbassare, o acuire; ma non già nel Canto: e chi in questo vuol

troppo forzarsi con uscir da suoi tuoni naturali, oltre al grave

danno che può ritrarne, farà poi un tuono disgustosissimo

all’orecchio.a

90

a frase tra parentesi quadre;

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26. ecco pertanto il Solfeggio del Basso o Baritono nella Chiave di

Ffaùt, il quale principalmente consiste nelle Note Naturali, e nei Salti

di terza, quarta, quinta, sesta, ed ottava con la guida e senza guida:

93

e siccome anche pel Sopralto corre lo steso avvertimento, che

poco esce dalle sue note naturali, così pochi bassi e pochi acuti

convien notare nella sua Scala; a differenza della scala del suono

ove si notano sino a sette in otto bassi ed altrettanti acuti talvolta.

24. osservate tutte le Chiavi e le Scale del Canto figurato, io ben

vedo che ora dovrebbe qui notarsi il Solfeggio su di ciascuna delle

Chiavi. Ma siccome in Monistero conviene aver riguardo anche al

Suono del Cembalo per la chiesa e pel coro e del Salterio per

l’educande, perciò io qui noterò solamente il Solfeggio della

Chiave di Ffaùt pel Basso e Baritono, che potrà servir anche pel

Cembalo ed Organo; ed il Solfeggio della Chiave di Gsolreùt pel

Sopralto, che servirà anche pel Salterio: tuttoché poi a parte porrò a

suo luogo le scale del Cembalo e del Salterio.

25. egli è vero che quasi tutte le Carte del Canto figurato, tutti gli

Inni, tutte le Arie, sono per lo più notate nella Chiave di Csolfaùt o

pel Tenore, o pel Contralto, o pel Soprano: ma rispondo, che per ora

basta averne una semplice cognizione di tali Chiavi; inoltre che facil-

mente si possono trasportare nelle Chiavi del Basso e del Sopralto; e

poi, chi avrà ben appreso il Solfeggio ed il Canto e Suono nelle Chiavi

di Ffaùt, e di Gsolreùt, si assicuri che da se stessa apprender potrà

quanto basti il regolamento del Canto nelle tre Chiavi di Csolfaùt.118

92

118 Le tre posizioni sulle quali all’epoca del Marcucci si poteva incontrare lachiave di do o Csolfaùt. V. sotto a p. 89.

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co), quindi il gran fare della Musica figurata di Canto e Suono,

consiste nell’apprender bene le sue Figure, le sue Pause, i suoi

Tempi ed i suoi Accidenti.

29. Le Figure della Musica sono Nove di numero, cioè Massima,

Lunga, Breve, Semibreve, Minima, Semiminima, Croma, Semicroma e

Biscroma. La Massima vale otto Battute, cioè a dire ove sta segnata

la Massima, si trattiene lo spazio di otto Battute (e ciascuna Battuta,

se è ordinaria, costa di quattro quarti o sospiri, cioè importa il

Tempo ordinario). Questa Massima si segna così:

30. La Lunga vale quattro battute, dando a divedere che dove sta

essa, si deve trattenere per lo spazio di quattro Battute; e sta

segnata, come qui sotto si vede:

ma il primo segno sempre è l’ordinario.

31. La Breve vale due battute e si segna così:

La Semibreve vale una Battuta; e perciò è la stessa che una

Battuta perfetta di quattro Sospiri, ovvero che un Tempo ordina-

rio, e si segna

95

27. Passando ora al Solfeggio del Sopralto nella Chiave di

Gsolreùt, eccolo come siegue:

28. or siccome ogni Solfeggio ed ogni Canto e Suono, deve

esser fatto a tempo, colle sue pause, colle sue cadenze e variazio-

ni di tuoni e colle sue figure e graziosi abbellimenti (e ciò tanto

qualor si canta e si suona solo od unisono in Melodia, quanto qualor

si canta e si suona in unione sotto tuoni diversi in Concerto armoni-

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Quindi facendo la Sintesi o sia Composizione di tali note e figure,

si raccoglie, che due Biscrome fanno una Semicroma; due Semicrome

fanno una Croma; due Crome fanno una Semiminima; due Semiminime

fanno una Minima; due Minime una Semibreve; due Semibrevi una

Breve; due Brevi una Lunga; e due Lunghe fanno una figura Massima.

34. Venendo ora alle Pause della Musica, queste non sono altro

che certi segni per denotar quelle fermate che si fanno talora in

cantando ed in sonando; e sono sei, cioè Battuta, che aspetta quat-

tro quarti o sospiri, Mezza battuta che si ferma due sospiri, Sospiro,

Mezzo sospiro, Semimezzo sospiro e Bismezzo sospiro. eccone i segni:

35. Passando al Tempo della Musica, questo è il più difficile a

ben incontrarsi sì nel Canto, che nel suono; e può chiamarsi bravo

Maestro chi ben lo prende. esso è di due sorti, cioè Perfetto ed

Imperfetto.119

97

32. La Minima vale mezza Battuta, e perciò si richieggono due

minime per una Battuta; e sta segnata così

La Semiminima vale un quarto di Battuta; e perciò ce ne vogliono

quattro per una Battuta; e si segna in tal modo

33. La Croma vale un mezzo quarto cioè un ottavo di Battuta;

quindi ce ne vogliono otto per una Battuta; e sta segnata come qui

sotto con un taglio alla coda:

La Semicroma vale la metà di un mezzo quarto cioè un sedicesimo

di una Battuta; onde sedici di esse compongono una Battuta; e si

segna così con due tagli:

Finalmente la Biscroma vale una quarta parte di un mezzo quarto o

sospiro, cioè un trentesimosecondo di una Battuta; e perciò ce ne

vogliono trentadue per fare una Battuta: e sta così segnata con tre

tagli alla coda:

96

119 Qui Marcucci riprende la terminologia bassomedievale della musica mensu-rale, ma ormai il suo uso è completamente mutato: non solo alcune parolehanno invertito il significato (es.: perfetto e imperfetto), ma lo stesso concetto ditempo ritmico, estraneo alla teoria medievale, è stato nel frattempo ingabbiatonella struttura della battuta.

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pongono pur 3.; così invece di 8. crome, ce ne vogliono 3., il che

sempreppiù denota un tempo più frettoloso in ciascuna battuta.

ecco dunque i segni del Tempo imperfetto Triplo sì maggiore, che

minore.

37. oltre del Triplo vi sono altre due spezie di Tempo imperfet-

to e sono il Sestuplo ed il Dodìcuplo (e così di altra spezie che vi

fosse). Per denotare il Sestuplo si segna nella quinta linea il nume-

ro 6. e sotto or il 4. ed or l’8., per significare che dove nella battu-

ta perfetta ordinaria entravano 4. semiminime, ora ve n’entrano 6.,

e fanno una battuta più lunga; ed inoltre invece di 8. crome, ce ne

entrano 6. ed ora breviano la battuta. Per esprimer poi il Dodìcuplo

si nota nella ultima riga il 12., e sotto si segna l’8., e significa, che

incambio di 8. crome per battuta, ce n’entrano 12. eccone pertan-

to i segni:

38. Due cose qui è bene di notare. La prima è, che tutti questi

Segni del Tempo perfetto sì ordinario, che duplo; com’eppur del

Tempo imperfetto sì Triplo maggiore, che minore, sì Sestuplo che

Dodìcuplo; tutti, ripeto, si pongono dopo il segno della Chiave ed in

99

Il Tempo perfetto si suddivide in tempo ordinario di quattro quar-

ti o sospiri, e in tempo duplo di due quarti o sospiri. L’ordinario si

segna come un nella terza riga e talvolta si truova sotto altre

cifre. Il Duplo poi si segna come un tagliato ed alle volte in

altre guise e particolarmente si conosce da un numero 2. segnato

nella quinta riga, con notarvi sotto un 4., ovvero un 8., oppure un

16.; e significa che in quella Cantata o Sonata, in ciascuna Battuta

invece di notarvi 4. semiminime, ovvero 8. crome, oppure 16.

semicrome, se ne pongono 2. sole per Battuta; la quale sta sempre

divisa una dall’altra da una linea perpendicolare. ecco pertanto i

segni del Tempo perfetto sì ordinario, che duplo:

36. Il Tempo imperfetto poi costa di tre quarti di Battuta, e si chia-

ma Tempo Triplo. Questo Triplo però è di due sorti, cioè Triplo mag-

giore e Triplo minore ed amendue si conoscono dal numero 3.

segnato nella quinta riga; ma con questa differenza, che per deno-

tare il Triplo maggiore, sotto il 3. si segna 1; e vuol dire che laddo-

ve nel Tempo perfetto ordinario si richiedeva 1. sola Semibreve,

ora nel Tempo imperfetto triplo maggiore ci vogliono 3. semibrevi;

per denotar poi il Triplo minore, sotto il 3. or si segna il 2., or il 4.

ed or l’8. e significa primieramente che invece di 2. Minime,

ce ne vogliono 3.; ed inoltre che in cambio di 4. semiminime, se ne

98

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qualche Triplo, rappresenta il polso di una Fanciulla vivace, ovvero

il polo quando va un poco agitato, ma senza irregolarità di febre.

40. egli è bene qui per maggior chiarezza de’ Tempi Musicali,

che ne diamo alcuni esempi colle note. Adunque si osservino qui

sotto:

41. Discendiamo ora agli Accidenti della Musica figurata.

Questi sono propriamente tre, cioè Diesis, Bmolle e Bquadro.

Il Diesis fa crescere alla nota una mezza voce, e si segna così avan-

ti la nota stessa Il Bmolle poi opera tutto l’opposto, cioè fa sce-

mar mezzo tuono alla nota che gli sta innanzi e vien segnato così

. Il Bquadro fa ritornar la nota al suo naturale ed ordinario tuono

101

principio solamente della Cantata, o Sonata. L’altra cosa è, ch’es-

sendo il Tempo una certa Misura del Canto o Suono, fatta da battuta

in battuta, ripartita come si disse da una linea perpendicolare; per-

ciò n’è venuto l’uso che il Tempo sia stato anche chiamato collo

stesso nome di Battuta e che dal batter colla Mano i quarti o sien

sospiri di ciascun Tempo, sia derivato, che invece di dirsi al mae-

stro “Misurate il Tempo”, si dica “Fate la battuta”; che a maraviglia

serve per regolar con tempo sì il Canto, che il Suono. Quindi non

fia maraviglia se la stessa divisione data al Tempo, la troviamo data

alla Battuta, dicendosi Battuta perfetta ed imperfetta; battuta ordina-

ria e dupla; battuta tripla maggiore e minore;a battuta sestupla e

dodìcupla.

39. Per regola poi sicura di conoscere il tempo proprio ch’en-

trar deve tra un sospiro ed un altro di qualsivoglia Battuta, si

osservino le pulsazioni o sieno battute di un polso sano e giusto di

una Donna o di un uomo di mezza età; e quel tempo che si osser-

va scorrere fra una pulsazione e l’altra, appunto è il tempo giusto

ch’entrar deve tra un sospiro e l’altro: onde la Battuta ordinaria di

quattro sospiri, importa il tempo di quattro pulsazioni di un Polso

sano e giusto. Che se il Tempo è più posato dell’ordinario, rappre-

senta il polso di una Vecchia che va lento; se è più frettoloso, come in

100

a maggiore e minore non sottolineati in A;

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natura mezza voce meno, onde solamente possono avere il Diesis;

ed allora esse si chiamano Note maggiori e siccome in tal caso Fa die-

sato partecipa di Sol, avendone due come cioè un mezzo tuono,

essendo lo stesso il dire Fa diesato, che Sol col bmolle, perciò talvolta

potrebbe chiamarsi col nome di Sol; così dicasi di Si diesato rispetto

a Do col bmolle, che vale lo stesso. or tutte le altre note poi, cioè

Gsolreùt, Alamirè e Dlasolrè, son soggette tanto al Diesis, quanto al

Bmolle, con questo che qualor hanno il Diesis si chiamano Note mag-

giori, perché han due come ovvero un mezzo tuono di più dell’ordi-

nario; qualora poi hanno il Bmolle, si dicono Note minori, avendo

due come di meno. Dissi: “due come”, perché in Musica pratica ogni

Tuono vien diviso in quattro particelle o piccioli Tuoni, che si chiama-

no Comme o Come all’uso grammaticale, quasi fossero quattro vir-

gole di un Tuono: cosicché un Semituono o sia mezzo Tuono costa

di due Come; un quarto di Tuono costa di una Coma.121 In Musica

poi speculativa ogni Tuono potrebbe considerarsi diviso in nove e

in dieci Come, ma in pratica non si badano tante minuzie.

103102

121 L’attuale sistema musicale tonale maggiore-minore (che ha sostituito tutti imodi ecclesiastici nel corso del XVII secolo) fa perno sul temperamento equabi-le. L’introduzione di questo sistema permise di eliminare le differenze (commi)delle scale precedenti, dividendo l’ottava in 12 parti matematicamente uguali(il semitono temperato, equivalente alla radice dodicesima di 2, cioè 1,059463).Infatti, il comma calcola l’eccedenza che nei sistemi musicali basati sulla pro-gressione delle quinte perfette (come il sistema greco-pitagorico) si verifica trail suono raggiunto sommando 12 quinte consecutive e quello, vicinissimo, rag-giunto a partire dal medesimo suono di base sommando parallelamente 7 otta-ve consecutive (sistema moderno).

e segnasi in tal modo Si denominano Accidenti, perché fanno

accadere alla nota una qualche alterazione di tuono. Per lo più si

segnano in Chiave, cioè in principio delle righe, o degli Spazi; ed

allora tutte quelle note che ivi si incontrano, restano alterate

(eziandio fossero le ottave basse od acute di tali note, senza segno

innanzi), sinché un Bquadro non le riponga al tuono loro ordinario.

eccone alcuni esempi:120

42. Per intender chiaramente quali note sieno seggette ad un

accidente e quali ad un altro, bisogna ben porsi in capo prima un

principio certo di Musica; ed è che tra le sette note, due ve ne sono

naturalmente maggiori, avendo ciascuna un tuono e mezzo o sia

semituono e sono Bmi ed Elamì; due altre poi sono naturalmente

minori, perché ciascuna costa di mezzo tuono e sono Csolfaùt ed

Ffaùt. Quindi ne viene indispensabilmente che le due Note maggio-

ri, cioè Bmi ed Elamì, non possono mai aver Diesis, perché di lor

natura hanno già la mezza voce di più, onde possono soltanto aver

il Bmolle, cioè cala mezzo tuono; ed allora Bmi si chiama Bfa ed

Elamì si dice Elafà. Quanto poi alle Note minori, cioè Csolfaùt ed

Ffaùt, non possono mai aver Bmolle, a motivo che già hanno di lor

120 Leggere sempre una 4ª sopra, per cui il si diesato è si N e il si naturale è il sib.

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Tuono maggiore e minore, conoscendosi questo dalla Terza maggio-

re o minore, tantoché quella nota che ha una Terza maggiore si

dice che è in Tuono maggiore. Ma di ciò ne parleremo altrove.

44. Tral numero degli Accidenti, alcuni vi pongono il Ritorno o

sia il Da capo, segnato in tal guisa con due linee perpendicolari

puntate nei lati ed anche la Mostra o sia Chiamata che alle

volte si mette in fine delle righe così per significar che la

Sonata o Cantata anche seguita.122 Basta qui di averlo accennato.

45. Spiegate pertanto le Chiavi, le Scale, le Figure, le Pause, i

Tempi, e gli Accidenti della Musica, veniamo alla pratica del

Solfeggio. Porremo prima il Solfeggio unisono di melodia, indi quel-

lo di Concerto armonico sotto tuoni diversi (che il Volgo chiama

Contropunto).

105

43. Dalla precedente Dottrina pratica si cava, Primo non esser

necessario di assegnarsi per ogni nota accidentata una distinta

nota a parte, perciocché le note successive a scala si appoggiano

cosibbene insieme l’una coll’altra, che il Diesis di una serve di

Bmolle all’altra successiva; ed al contrario, purché sia capace di

ricever quell’accidente. Quindi Ffaùt diesato è lo stesso che un

Gsolreùt col Bmolle ed il segno del primo serve anche pel secondo;

così Gsolreùt diesato è un vero Alamirè col Bmolle; in simil guisa

Alamirè diesato è il vero Bfa, il Bmi non può aver altro Diesis, essen-

do naturalmente nota maggiore; Csolfaùt diesato è una vera

Dlasolre col Bmolle; Dlasolre diesata serve anche per Elafà; Elamì non

può aver Diesis, come nota maggiore ed Ffaùt (come Csolfaùt) non

può aver Bmolle, come nota naturalmente minore. eccone uno

schema delle note alterate col confronto:

Secondo si cava, che ogni Nota diesata serve di cadenza e si

appoggia alla sua Nota seguente naturale ed ogni Nota bmollata

serve di cadenza e si appoggia a se stessa naturale, non potendo le

note e Voci accidentate reggersi da sé; quindi se in una Cantata o

Sonata siavi in Chiave un accidente, ver(bi) gr(atia) Do diesato,

subito si vedrà che il Tuono di quel Canto o Suono è in Re ordina-

ria e naturale. Terzo si cava l’intelligenza facile delle Terze maggio-

ri e minori, delle Quarte maggiori e minori, ecc.; comeppure del

104

122 Come già detto, i segni di ritorno o da capo e di mostra o chiamata oggi nonsono più considerati accidenti, intendendosi con questa parola esclusivamentei segni che prescrivono una alterazione del suono.

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e ciò basti in riguardo alla Musica di Canto figurato, potendosi

il resto apprender coll’esercizio nelle Carte Musicali di materie

sacre, o trasportare da profane in sacre, giacché ve ne sono tante

delle antiche e delle moderne.

107

46. Passiamo ora a qualche pruova del Solfeggio Armonico ed in

Concerto e serva per prima pruova un Concertino andante tral

Sopralto ed il Baritono unito sotto diversi tuoni (ci si può cantar

Non voglio no ecc.).

47. un altro Concertino a due può esser l’aria O caro Paradiso,123

con un Recitativo che la preceda.

106

123 Anche in questo caso va letto tutto una 4ª sopra.

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48. Già fu detto al numero 8. che due erano le Chiavi del

Suono, cioè quella di Ffaùt per tutti gli Stromenti da Basso, e

quella di Gsolreùt per tutti gli Stromenti da Alto.

49. Fu anche notato al numero 24., che tra gli Stromenti da Basso

si era prescelto in Monistero il solo Cembalo od Organo, affin servir

potesse pel Coro e per la Chiesa; e tra gli Stromenti da Alto erasi pre-

scelto il Salterio, come proprio per l’educande ed anche per le

religiose. Questi due Stromenti, cioè Organo o Cembalo e Salterio

sono molto encomiati nella Sacra Scrittura; e spesso siamo invitati

dal Santo Davidde a lodare e benedire il caro Dio col suono del

Cembalo, dell’Organo e del Salterio. Lo stesso Davidde era molto

eccellente, non solo nel suono dell’Arpa, ma ancora dei tre riferiti

Strumenti. ora l’Arpa è affatto dimessa. La sua forma era a guisa di

una piccola Piramide triangolare o quadrangolare con due Traverse,

109

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Musica laetificat cor hominis;125 e soggiungeva ch’era molto bene

incominciare a fare quaggiù nel Mondo quel che faremo eterna-

mente in Cielo per Divina Misericordia.

51.a ogni Cristiano pertanto con sì rette intenzioni pigliar

dovrebbe il Suono e il Canto e particolarmente ogni religiosa. Che

perciò con tal animo si intraprenda nel Monistero

dell’Immacolata, in cui sarebbe bene che sempre vi fossero tre o

quattro ben perite nel Canto fermo ed a sufficienza nel figurato; e

così almeno tre o quattro nel Suono sulla Parte, verbi gratia due nel

Suono del Cembalo ed organo, e due in quello del Salterio.126

52. Chi poi volesse per suo onesto diporto attender anche al

suono della Chitarra o ad aria, o sulla nota, non sarebbe riprensi-

bile; maggiormente che il Santo Davidde c’invita a lodare Iddio in

Psalterio et Cithara, che fanno insieme buona lega. Gli altri

Strumenti poi, come Violino, Oboè, Flauto, Mandola, Violoncello e

simili, essendo troppo strepitosi e disturbativi della quiete

111

una al di sopra ed una dirimpetto, talché unite e connese insieme

servivano per sostener le corde; ed insiem colla Piramide rappresen-

tavano un Triangolo scaleno. eccone per curiosità una figura:

50. Anche Santa Cecilia era eccellente nell’Organo e con tal

suono, a cui essa univa il Canto sacro, dava molto gusto a Dio e

molto dispiacere al demonio; e benespesso gli Angeli santi la visi-

tavano, sonando e cantando con Lei.124 Di moltissimi altri santi

leggiamo l’uso lodevole che facevano del Suono e del Canto

Musicale: tantovero che Sant’Agostino giunse a dire, che qualora

in una Persona si univa il Timor di Dio e il piacer della divota

Musica, aveva un segno di eterna Predestinazione alla Gloria.

Quindi San Francesco di Sales attestava di trovar nella divota

Musica quel gaudio di cuore, di cui parla lo Spirito Santo dicendo

110

a Marcucci ripete il n° 50, pertanto da ora in avanti la numerazione viene cor-retta.

125 Come in altri casi, già segnalati, Marcucci o riporta il concetto più che la cita-zione precisa, oppure, come in questo caso adatta la citazione al proprio scopo;infatti, la citazione corretta della Bibbia è: “Il vino e la musica rallegrano ilcuore, ma più ancora lo rallegra l’amore della sapienza” (Siracide, 40, 20).126 Questa limitazione di numero di suore musiciste fa pensare ad una funzionedella musica esclusivamente liturgica o sacra, non ad un godimento intellettuale.

124 Altro esempio di stereotipo. L’autore non si preoccupa di indagare su cosapotesse essere l’organo al tempo della santa.

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54.a or nel darne la Scala, qui non accade ripeter la dottrina

delle Figure, delle Pause, de’ Tempi e degli Accidenti della Musica

figurata di Suono, giacché corrono quelle regole medesime date

nel Canto figurato al numero 28., 29., ecc.

Scala naturale del Salterio alla Romana

55. Ma siccome oltre ai sette registri di note naturali, ha il

Salterio vari altri registri de’ Bassi, degli Acuti e degli Accidenti,

perciocché per ordinario ventinove registri tra tutti ne ha il Salterio

alla Romana e ventissei ne ha il Tedesco (essendovene per altro

qualche romano che ne ha sino 32., e qualche tedesco sino a 27.):

quindi stimo molto proprio porre a parte le Scale de’ Bassi, degli

Acuti e delle note accidentate od alterate.

Scala de’ Bassi del Salterio alla romana

113

religiosa, non debbono esser sonati in Monasteri, come neppur

Timpani, Tamburelli e simili.127 Sarebbe sol permesso per diporto

il Colascione o sia Calascione,128 come lo dicono i napoletani che vi

riescono assai bravi.

53. Ma tornando alle due Chiavi del Suono, consideriamo a

parte quella primieramente di Ggsolreùt …, applicata alla Scala del

Salterio. Convien saper bensì prima, che il Salterio, Istrumento assai

grazioso e noto, egli è di due sorti. Il più antico dicesi Salterio alla

Tedesca ed il più moderno si chiama Salterio alla Romana. Il primo è

mancante di alcune note ed ha gli Acuti pessimi, perché troppo

stretto a capo. Il secondo è più copioso di note ed i suoi Acuti sono

canori ed ottimi, perché più largo da capo. Del resto son quasi simi-

li, eccettuata la mutazione o sia varia situazione di alcune note.

Il secondo però sempre è da scegliersi pel Suono. Amendue si pos-

sono sonare o colle bachette, o colle penne, o coi detalini, o colle

unghie: l’usato tra noi è colle penne; il più grazioso bensì è colle

unghie, particolarmente per l’accompagnamento e per l’arpeggio.

112

a Marcucci ripete il n° 52, per cui da qui in poi la sua numerazione resta indietro di2 unità.

127 Benedetto XIV escludeva i timpani, i corni da caccia, le trombe, gli oboe, iflauti, i flautini, le arpe, i mandolini, ritenendo che rendessero la musica “tea-trale”: v. alle pp. LV s.128 Strumento diffuso soprattutto nell’Italia meridionale, usato per realizzare ilbasso continuo. Si tratta di un liuto con cassa piccola (come quella del mando-lino) e manico molto lungo (tra i 135 e i 200 centimetri con 16-24 tastature). Ilnumero delle corde, inizialmente 2 o 3 nel XVI secolo (con accordatura mi1 la1

re1) giunge nel ‘700 fino a sei (re1 sol1 do2 fa2 la2 re3).

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ciò deriva perché Sol col bmolle è lo stesso che Fa diesato; così La col

bmolle è il medesimo che il Sol diesato; Do col bmolle lo stesso che Si

diesato; Re col bmolle lo stesso che Do diesato; Re col diesis lo stesso

che Mi bmollato; come si dimostra qui sotto:

57. Due sole note non possono aver mai Diesis, cioè Bmi, ed

elamì, a motivo che esse naturalmente son Note maggiori, cioè ha

ciascuna in se stessa una voce e mezza, due altre poi non possono

mai aver Bmolle, cioè Gsolfaùt, e Ffaùt, perché di lor natura son Note

minori, cioè ciascuna costa di un semituono o sia di mezza voce.

Del resto tutte le altre possono aver Diesis e X. Vedi al numero 42.

58. Musica figurata.a

115

Scala degli Acuti del Salterio alla romana

Scala degli Accidenti o sieno note alterate del Salterio romano

una tale mancanza però di Csolfaùt basso diesato, tanto necessa-

rio in alcune sonate, può supplirsi o coll’ottava naturale diesata

che vi è, oppur coll’accordare ed alzar il Csolfaùt baso al tuono die-

sato per quella Sonata. Lo stesso dicasi di qualche altra nota che

mancasse.

56. e qui è bene rammentar ciò che fu detto nel numero 42. e

43., cioè che le note a scala, o vogliam dirle successive, si appog-

giano insieme l’una all’altra; onde se una nota precedente cresce

mezza voce verbi gratia Do Diesato, è lo stesso che la nota seguen-

te scemata di mezzo tuono, verbi gratia Re bmollata. Quindi non

occorre darsi tutte le note accidentate a parte: mentre i segni delle

une servono bene spesso per le altre non segnate, per esser di una

medesima voce. Che perciò se nel Salterio romano o tedesco i

seguenti Accidenti non si vedono, come:

114

a Il paragrafo 58 ( numerato 56 da Marcucci) è rimasto vuoto. I tre pentagram-mi sono ripresi dalla quarta di copertina.

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Registrum gregorii, San Gregorio Magno ispirato dalla colomba (983)Treviri, Stadtbibliothek

Appendice

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I L’Arpa

ASC, ms. n° 15, mm. 190 x 265; autografo, pp. 4 non numerate, formate daun solo foglio piegato in quattro; a [p. 1] è disegnata un’arpa; datazione presen-te: “sabbato 7 ottobre 1769”. Filigrana non riconoscibile.

L’ArPA che appresso gli ebrei fu detta col nome di Hazùr ed ordi Nablùm e che la Volgare traduce ora Psalterium or Cythara, laquale però non era sì copiosa di corde come ora (talché si credecontenesse dieci corde e che fosse il Decacordo Salterio menzionatodal Santo Davidde), l’ArPA, dico, egli è uno Strumento Musicaledella spezie degli strumenti a corde ed è assai grato e dolce.129

È l’Arpa di figura triangolare; ed affin di sonarla, suol tenersiper la punta tra le ginocchia standosi a sedere: che se l’Arpa siasemplice, cioè di quelle di due ottave e sei semituoni, vale a dire di

119

129 Marcucci agisce sotto l’influsso della vecchia tripartizione medievale deglistrumenti musicali (a corde, a fiato, a percussione).

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II Dall’Epistolario

1 ASC, Epistolario, vol. IV n° 189.

Montalto, 22 gennaio 1774Ad una Suora

Viva Gesù.Quanto mi avete fatto ridere, Figliuola mia, con la spiritosa

riflessione dell’organo. Dunque, quando si dovevano porre itromboncini, fui fatto Vescovo. ora che gli si dovevano aggiunge-re i flautini, sono stato fatto Vicegerente. Converrà dunque, che miguardi bene dal più discorrere di farvi accrescere qualche altroregistro. Per altro voi sapete, che dice il Salmista con quel laudateDeum in chordis, et organo. ogni nostra azione tender dee a lodareed onorare Iddio. Le corde sono simbolo delle Lodi interne delCuore, ch’escono dalle viscere. L’organo è simbolo delle divoteLodi esterne. Prima in chordis, poi in organo. una vita privata dasemplice Prete loda Iddio in chordis; onde gli conviene il suonodella Lira. una vita poi pubblica da Vescovo e da Vicegerente lodaIddio in organo; onde gli compete il suono appunto dell’organo.Quindi non vi fate maraviglia, se volend’io accrescer tromboncinie flauti all’organo, mi truovo inaspettatamente destinato ad unavita sempreppiù pubblica in mezzo alla dominante del Mondo.Alti Giudizi adorabili di Dio, sempre intenti al nostro maggiorbene.

Godo poi tanto del vostro Studio, tutto diretto alle lodi di Dio.ogni fastidio svanisce col tempo. Ci vuole umiltà, pazienza, ecoraggio. Il peccato di Adamo rovinò l’opre di Dio, fatte dalla suadivina Mano con tutta la perfezione: Dei perfecta sunt opera. Lenostre proprie attuali colpe poi aggiunser tutto il distruggimentodella perfezione data [da] Dio all’uomo: Opus quod fecisti, destruxe-runt. ne sentiamo continuamente gli effetti cattivi della ribellionedelle passioni, ne patiamo del continuo la pena con lo scatena-mento del fomite. Perciò esclamava Davide: Peccatum meum contra

121

ventuna corde tra tutte, o poco più, può anche tenersi pendente adarmacollo sopra il petto, standosi in piedi, o camminandosi.

L’Arpa però propria per la Musica e per li Concerti egli è quellachiamata Arpa triplice, che ha in tutte settantotto corde di budello,distinte in tre ordini o file. Il prim’ordine ne contiene ventinove cioèquattro ottave coi suoi Bassi ed Acuti, come ha il Cembalo e laSpinetta, e perciò richiede due Chiavi musicali, cioè quella di Ffaùtper li bassi e quella di Gsolreùt per li Acuti. Il secondo ordine fa ilmezzo giro, e credo contenga i semituoni o note alterate. Il terzo ordi-ne poi di corde è in unisono col primo, e mi persuado sia di ottavine.

In tale Arpa triplice vi son due file di chiavette o piroletti nellaparte destra o inferiore, che servono a tenere ne’ lor buchi le cordedi budello ben tese; le quali sono attaccate all’altro capo a tre manidi piroli sul lato superiore.

Si suona dunqua l’Arpa colle dita e con la polpa di ambedue leMani; e si arpeggia a due e tre e quattro corde ancora assai dolce-mente.

La sua nota e Musica è molto simigliante a quella dellaSpinetta, andando tutte le sue Corde da tuono in tuono e da semi-tuono in semituono. Quindi viene chiamata da alcuni Spinettainversa cioè rivoltata per dritto con la punta verso terra. Chi èassuefatto a pizzicar bene il Leuto o Arcileuto ha una prossimadisposizione a pizzicar l’Arpa, tuttoché questa vada pizzicata amani aperte e con tutte le dita. Del rimanente l’Arpa è capace dimolto maggior perfezione di Musica, che non è il Leuto.

Vien comunemente dipinto il Santo re Davidde coll’Arpa nelleMani. Voglion gli ebrei, che in lor lingua propriamente si dicesseChinòr e che fosse di specie diversa dal Nablùm cioè Salterio edall’Hazùr cioè Cetera. La verità però si è che sì il Chinòr, che ilNablùm, che l’Hazùr avean forme di Arpa triangolare, differentimolto dalle nostre odierne Arpe, Cetere e Salteri.

Sabbato 7 ottobre 1769.

120

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e per vieppiù risvegliar l’amore, e la fiducia nei nostri cuori, ci faessa sentire la Celeste Signora, che in Lei tutta bella e tutta santa sitruovan raccolte tutte le grazie del nostro retto cammino, e delleverità divine: in Lei collocate sono tutte le speranze della veravirtù e dell’eterna vita; In me gratia omnis viae et veritatis: in meomnis spes vitae et virtutis (Ecclesiaste 24, 25). oh che consolazione èquesta per chi è vero amante di Maria Immacolata.

Dall’esser giunto Caucci (almeno lunedì 21 del corrente) avreteosservate le pochette cose, che la mia presente povertà vi puòmandare. Gradite il buon cuore.

Questi benedetti Franzesi, ed anche geniali del LinguaggioFranzese, di cui roma è ripiena, mi necessitano a dover spessocoltivare tal Lingua. or vedete, se un povero Vicegerente130 affan-nato da tante varie cose, abbia tempo a parlar Franzese co’Franzesi. essi non la voglion capire. Ma io sostengo e dico: a laveritè l’italien y etait devenù si comun, que chacun vouloit le parler, auprejudice même de sa propre Langue. La signora Aurora nostra, chene capisce la forza, mi darà ragione, e mi compatirà senz’altro.

L’altra sera tenni un’Accademia131 fiorita con concorso diSignori, e vi fu dibattuto il punto, se Davide era il solo Autore di tuttii Salmi. Il nostro Signor Abate Lenti recitò a mente una molto eru-dita dissertazione su tal punto, sostendendo con S. Girolamo, chenon il solo Davide, ma e Mosè, e Salomone, e Asaf, e Iditum, eetan, e esan, e i figli di Core, erano stati Autori di vari Salmi, com-provandolo dagli stessi titoli, ed anche dalle materie storiche.Quasi tutta la virtuosa Assemblea fu del sentimento medesimo, ariserva del Conte Valenti dottor Bolognese. necessitato io a dar il

123

me est semper. e questo è l’intoppo, che si spesso troviamo col nonpoter riscuoter da noi stessi quel che vorremmo quanto alloSpirito. una sola nel mondo fu quella, che non macchiò mai la per-fezione che Iddio le diede: una sola fu senza fomite, senza ribellio-ni, senza inclinazione al male; ma sin dal primo istante dell’essersuo fu sempre propensa e dedita unicamente al Bene: e questa funostra Immacolata Signora: dicendo perciò di Lei ne’ Sacri Canticilo Spirito Santo una est perfecta mea. rallegriamoci noi con nostraSignora, e godiamo, ch’essa sola sia stata la privilegiata perfettis-sima in tutto, tra tutte le pure creature. Del resto, diamoci pace de’nostri pravi sentimenti, e fomiti, che ci sentiamo. Sono tutti effettiora connaturali della nostra guasta natura umana. Il sentirli, epatirli non è peccato, ma è un effetto del peccato; non è male, maè un parto del male. Badiamo dunque a non secondar mai talipravi sentimenti, e a non dar loro retta; e seguitiamo i dettamidella retta ragione e del Santo Vangelo. La grazia di Gesù Cristoperciò dicesi Grazia medicinale, appunto perché ci serve di medici-na e di cura per tutt’i mali, che ci ha fatto il peccato. State dunqueallegra, e coraggiosa, e incoraggite anche altre. Il caro Gesù vibenedica.

Indegnissimo primo Servo Francesco Antonio dell’ImmacolataConcezione Vescovo di Montalto.

2 ASC, Epistolario, busta A n° 69.

roma, Sabato 26 novembre 1774.Alla Molto reverenda Madre Prefetta dell’Immacolata

Concezione, Ascoli.

Viva Gesù.eccoci, Madre e Figliuole mie, alle vicinanze della gran festa

delle nostre tenerezze. La Gran Vergine Immacolata ripone innan-zi ai suoi veri divoti il trionfo, la gloria, la bellezza, la purità, la santità del caro suo Mistero dell’Immacolata sua Concezione.

122

130 Il Vicegerente di Roma esercitava la potestà propria del Cardinale Vicario sui Tribunali nel caso di impedimento o di assenza del medesimo. oggi, ilVicegerente, insignito del titolo di Arcivescovo, esercita la giurisdizione ordinariavicaria in stretta comunione ed in costante raccordo con il Cardinale Vicario entroi limiti stabiliti, avendo cura che le direttive impartite dal Cardinale Vicario ven-gano attuate e promuovendo un autentico spirito di comunione fra tutte le real-tà operanti nella Curia diocesana (cfr. Costituzione Apostolica Ecclesia in Urbe).131 Sull’evoluzione del termine, La Stella 1984, sub voce.

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vari Salmi fu l’Alleluia, ecc. Altri Salmi non hanno titolo veruno.Dunque veruno li compose? Absit hoc.

Conchiusi: dicasi dunque che Asaph fu Prefetto del canto, cosìIditum; cantori furono i discendenti di Core, ed altri; come si racco-glie dai Libri de’ Re e del Paralipomenon. Che se nei titoli si leggonMosè, Salomone, Geremia, dicasi pure che in tali Salmi si toccan coseo istoriche di Mosè, o profetiche di Salomone, Geremia, ecc.: giac-ché il Salmista, come Profeta, vedeva, e scorreva tutti i tempi, sinodei più rimoti, come di Gesù Cristo, degli Apostoli, della Chiesa,e sin della fine del mondo, ecc.

Il fatto fu, che l’Assemblea mutò parere, abbandonò il disserta-tore, e si attenne alla sentenza favorevole a Davide, che credol’unica vera.

e di San Girolamo dissi, che venerando l’autorità di sì granPadre, qui non si trattava di interpretazione di voci ebraiche, né diesposizione; ma unicamente di una mera opinione, che a’ tempisuoi, salva fide, correva nell’oriente, nata da origene; tuttochérigettata da molti. ed eccovi in succinto tutta l’ Accademia.Buonasera a lor Signore, e alla Signora Aurora.

Ieri fui ad inchinare il Signor Cardinal Sersole Arcivescovo dinapoli.133 Buon vecchio, che parla napoletano a maraviglia. Poi fuidal Cardinal de’ rossi.

Questi eminentissimi or con l’eminentissimo Caraccioli,134 orcoll’eminentissimo Vicario, or con l’eminentissimo Panfili, ancornon ci vogliono consolare del nuovo Santo Pontefice.135 Aspettano ilde solis.136 e a me intanto martedì mi ritocca la ruota, e ci è freddo.

125

mio debole voto, dopo fatti i convenevoli elogi e al dissertatore, ed ai suoi dotti aderenti, spiegai il mio sentimento favorevole pelsolo Davide ad esclusione di ogni altro, che fosse l’Autor unicosecondario dei Salmi 150 della Scrittura, giacché il primario fu loSpirito Santo.

Provai la mia asserzione coll’autorità di S. Ambrogio, di S. Giovanni Crisostomo, e di S. Agostino. Inoltre con ragioni adhominem, dicendo, che qualora nel nuovo Testamento vengononominati i Salmi, o si nominano senza l’Autore, o si ascrivono alsolo Davide. Da tal verità ne dedussi altre due, cioè

1. che gli Apostoli, e Gesù Cristo medesimo, non riconobberoaltro Autore dei Salmi, fuorché Davide;

2. che la tradizione di quei tempi presso la Sinagoga era, che ilsolo Davide fosse l’autore dei Salmi: in altro caso gli ebrei avrebbe-ro potuto rinfacciare tal cosa agli Apostoli, trattandoli da imperiti.

Di vantaggio il solo Davide vien nel Vecchio Testamento intito-lato per antonomasia l’egregio salmista: Dixit David Filius Isaiaeegregius Psaltes Israel (2 Samuele 23, 1). unico dunque in Israele fuil Salmista, e questo fu Davide.

Aggiungasi, che per i primi due secoli e mezzo, non si leggeveruno tra i Padri della Chiesa, che altro Salmista riconoscesse,fuor di Davide. Prima di origene non ne troveremo alcuno. Daorigene l’epoca incomincia della molteplicità opinata dei Salmisti.onde l’epoca stessa pruova una pura opinion dell’uomo allucina-to da titoli, ma privo di tradizione, e di altro solido fondamento.

Di più, se da titoli si han da dedurre gli Autori dei Salmi, non puòpiù intitolarsi il salterio Psalterium Davidicum centum quinquagintaPsalmorum. e come dunque così lo intitolò il Sacro Concilio di Trentonel suo Canone? né dicasi, perché della maggior parte ne ful’Autore Davide: attesoché col titolo di Davide soli 71 se ne leggono:onde neppur la metà, che sarebbe di 75, si sarebbe fatta da Davide.

Dissi inoltre, che se i titoli denotano gli Autori, vi si leggonoanche per titoli l’Alleluia, il Canticum Graduum;132 dunque Autor di

124

133 Antonino Sersale (Sorrento, 25 giugno 1702 - napoli, 21 giugno 1775), vesco-vo di Brindisi dal 9 settembre 1743 e di Taranto dal 16 novembre 1750, arcive-scovo di napoli dall’11 febbraio 1754 al 24 giugno 1775: eubel, VI, pp. 132, 304,393; Gams 1957, pp. 863, 905, 930.134 Troiano Caracciolo del Sole fu vescovo di nola dal 27 gennaio 1738 fino al1764: eubel, VI, pp. 312-3.135 Clemente XIV era morto il 22 settembre precedente e Pio VI sarebbe statoeletto il 15 febbraio 1775.136 riferimento al card. Caracciolo del Sole, che forse ambiva a qualche ruolonella gerarchia vaticana.

132 È il salmo 129, che inizia così: canticum graduum de profundis clamavi ad teDomine.

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afflizione) sull’arpa a dieci corde (cioè nell’osservare i precetti deldecalogo) con canto (cioè con la bocca) sulla cetra (cioè, e nello stes-so tempo col lavoro). Quasi la stessa cosa dissero nel Salmo 32:Lodate il Signore sulla cetra, sull’arpa a dieci corde (ecco l’arpa a diecicorde) cantate a Lui. Pertanto David desiderava, e persuadeva glialtri, a confessare e cantare le lodi di Dio, la misericordia di Dio, leverità divine tanto nei giorni prosperi quanto nelle notti avversefermamente e stabilmente senza volubilità d’animo; e voleva chequesta lode, confessione, canto avvenisse sia con canti prodottidalla bocca sia col suono dell’arpa e della cetra fatto a mano. In queltempo l’arpa era costruita solo con dieci corde per significare ildecalogo: la cetra invece era armata di corde di nervi essiccati (vol-garmente di budella) e significava la mortificazione del corpo e lacustodia dei sensi. Il suono di ambedue avveniva con la mano persignificare le opere pie, il compimento della legge, con le quali daifedeli Dio era onorato.

Cosa significa dunque, Figliuola mia, desiderare di suonaresulla cetra e sullt’arpa a dieci corde? Se non voler servire Dio nonsolo con la voce e la bocca, ma anche con le opere e la mano. IlBambin Gesù ti conceda questo. Ti saluto.

Indegno primo Servo Francesco Antonio dell’ImmacolataConcezione Vescovo e Vicegerente.

4 ASC, Epistolario, vol. IV n° 66.

roma, 30 Maggio 1781A Suor Maria emanuele di San Gioacchino.138

Viva Gesù.Lo Spirito Santo sia sempre nel vostro Cuore, mia buona

Figliuola. Voi replicate molto a proposito quella gran sentenza del

127

Benedico e saluto tutte, e tutti.Indegno primo Servo, fedelmente Francesco Antonio

dell’Immacolata Concezione Vescovo di Montalto e Vicegerente.137

3 ASC, Epistolario, vol. III n° 169.

roma, 25 Dicembre 1778Ad una Suora

Viva il Bambinello Gesù nel nostro cuore. Amen.I favori che mi auguri, o Figlia, in queste feste di natale giova-

no al corpo, giovano all’anima, giovano nel tempo, giovano nel-l’eternità. Certo il mio cuore e di qualunque uomo è di infinitapossibilità. Che cosa c’è dunque che possa riempire e saziare ilmio cuore o quello di qualunque uomo? non le ricchezze, non glionori, non tutto il mondo. Queste cose non bastano al cuoreumano. Arricchito di tutte queste, ancora ha fame, ancora ha sete,ancora desidera altro. Solo DIo sazia il cuore, riempie ed appagail cuore. Per questo Agostino nelle sue Confessioni grida: Ci hai fattoper Te, Signore, e il nostro cuore è insoddisfatto finché non riposi in Te.

Poiché dunque mi auguri tutti i favori, che possano riempire ilmio cuore, questi non sono altro che Dio mio, Gesù mio e il pos-sesso di Gesù Cristo Dio mio, che sana il Corpo, salva l’Anima,rende prospero il tempo, fa beata l’eternità. Queste cose ugual-mente per ringraziamento ho intenzione e auguro di ricambiarti.

Certamente rallegra ciò che tu nascondi, vale a dire che tu desi-deri di poter suonare sull’arpa a dieci corde. La stessa cosa certa-mente desiderava il salmista regio cantando (Psalmum 91): È cosabuona confessare al Signore (cioè con confessione di lode) e cantare(cioè cantare devotamente i Salmi alternativamente) al tuo nome, oAltissimo. Per annunciare al mattino (cioè nel tempo della prosperi-tà) la tua misericordia e la tua verità nella notte (cioè nel tempo di

126

138 AAVV 1993, pp. 77-9.137 V. nota 132.

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per piacere a Dio, e per sollevare lo spirito al Cielo; e sieno pur certe,che un tal suono non pregiudicherà allo Spirito, né allo studio, néall’Istituto. onde siate pur benedette tutte voi, emanuele, Teresa,142

Cammilla,143 Teresina, Colombina, Minuccia e tutte le altre. Fatepure in Terra quel che sempre in modo perfettissimo farete in Cielo.evviva. Seguitate pur allegramente la buona cultura di cotestenostre educande.144 Iddio, e l’Immacolata Sua Madre si sceglieran-no quelle secondo il lor cuore. Fidiamoci, e pazientiamo.

rispondo alla buona Signora Lucrezia. Godo, che ancheMaddalenuccia Ciucci sia vostra discepola. un centinaio ridonde-rebbe in Bene di tutta la città. Fate coraggio. Aiutate a salvar cote-ste Innocenti, che Dio vi manda, ed avrete larga ricompensa.

State allegra. Benedico voi e tutte. Buona notte vi dia il caro Dio.Indegnissimo primo ServoFrancesco Antonio Marcucci dell’Immacolata Concezione

Vescovo e Vicegerente.

5 ASC, Epistolario, vol. IV, n° 71.

roma, 22 Giugno 1781.A Suor Maria emanuele di San Gioacchino.

Viva Gesù.Mia buona Figliuola, mi dite, che se poteste sentire il dotto

P. Catalisano145 spiegar con la viva voce i precetti dell’opera suaMusicale, o almeno da me la spiegazione delle relazioni eProporzioni Matematiche, cioè Geometrica, Aritmetica ed

129

Bene psallere et male vivere, Deo abominabile est.139 Ma questa stessasentenza vi pruova, che il suono fatto per glorificare Dio, ravvivalo Spirito, e lo trasporta sopra le cose Terrene verso il Cielo, e fa chelo Spirito faccia quei voli, che talvolta gli impedisce la malinconiae l’appassimento. Infatti, il San Davide per far passare la mania aSaul, gli suonava; così sonava egli stesso per sé per sollevarsi a Dio;ed eliseo non volle profetizzare a quei tre Monarchi, se prima conil suono non si risvegliasse in Dio il suo Spirito. La Santa VergineCecilia non era mai tanto assorta in Dio, che al suono degli organie S. Francesco Solano140 con il suono del violino incominciò la suaMissione ai Barbari Americani. Ah Figliuola mia, leggete i Salmi, edaltri Libri della Scrittura, e troverete aver Dio creato il suono, perfar che le sue Creature vieppiù si risvegliassero ad amarlo e servir-lo con allegrezza, come se stessero in Cielo. Quindi, il Suono fattoper Iddio, serve come di orazione, di raccoglimento, e di eserciziodi una vita celeste. Che però giunse a scrivere il grande Agostino,che in un Cristiano timorato, dilettante di musica, e trasportato alsuono, riconosceva un non so che di contrassegno di essere prede-stinato alla Beatitudine eterna nel Cielo.

non fia dunque maraviglia, se i Santi Padri inveiscano tanto, econ ragione, contra di coloro, che abusandosi di un mezzo datocida Dio per sollevarci alle cose celesti, e distaccarci dalle Terrene,com’è il suono, lo convertono a cose basse, e talora inique, e se neservono per allontanarsi dal Cielo, e attaccarsi al mondo e allacarne, per poi scontarlo con urli eterni all’Inferno.

Dal solo abuso de’ musici venali di suono e di canto è nato ilproverbio del musicus ergo asinus; poiché essi, non curando altro,che lucro e guadagno e sguazza mento di tavola, null’altro cerca-no: né Libri, né studio e talvolta neppur il Timor Santo di Dio.141

Lungi, lungi sia sempre un tal abominevole e diabolico abusodalle mie buone Figliuole. Del resto suonino pur esse allegramente

128

142 Forse si tratta di suor Maria Teresa di San Giuseppe: AAVV 1993, pp. 59-61.143 non riconoscibile.144 richiamo didattico: erano maestre delle educande?145 È Catalisano 1781, opera che Marcucci possedeva ed è ancora presente tra ilibri giuntici della sua biblioteca. Ci sono giunti altri due volumi di argomentomusicale appartenuti a Marcucci: eximeno 1775 e Mancini 1777.

139 La frase sembra riferibile sia a Sant’Agostino (v. alle pp. 13-4), che a SanGeronimo, Adversus Pelagianos.140 1549-1610, di origine spagnola, morì missionario a Lima.141 V. alla p. 14 nota 24.

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apprendiate tutti quei termini, con cui egli spiegherebbe le vostreconsonanze e dissonanze e i vostri concerti. Vi dico tutto ciò,Figliuola mia, perché intendiate bene la verità di quella massima,che la Grandezza dell’uomo si misura più dai fatti, che dalle parole.

Ma lasciam questo. Vi mando l’esemplare, che lo stesso P.Catalisano si è compiaciuto portarmi. egli è un Siciliano, pieno dicompitezza e di sodezza di pietà. È piuttosto giovine, ma asciutto,basso, pallido, e di vista curta, usando degli occhiali.Argomentassimo un poco intorno alla Questione unica da lui pro-posta alla pagina 106, provando io, che l’odierna musica è attissimapiù dell’antica a risvegliar nell’Uomo le particolari specifiche passioni(regolate poi bensì dal libero arbitrio umano). Furono addotti gliesempi di Saul, eliseo ecc., e di parecchi ancora de’ secoli nostri.State allegra. Gesù vi benedica.

[Indegno primo Servo Francesco Antonio dell’ImmacolataConcezione]

6 ASC, Epistolario, vol. IV n° 82.

roma, 19 ottobre 1781Per la Madre organista e Maestra delle educande.

notizie sopra il Pandurino.1 Lo strumento gratissimo musicale, detto comunemente

Pandurino,149 egli è tanto antico, che fu usato dagli antichi Greci, eLatini, che al dir di Varrone, e d’Isidoro lo stilavano a tre soli regi-stri di corde; onde lo chiamavano il Tricordon..

2 Lo accrebbero indi del quarto registro, a simiglianza di unpicciol Liuto e di un Violino sonato a mano; giacché il Pandurino siaccorda, e si regola in tutto nell’accordo, nella chiave, e nel suono,come un Violino, ed un Liutino.

131

Armonica (che in succinto le troverete nella Matematica delPurcozio tom. 2, lib. 5),146 voi capireste tuttobene, e vi troverestespuntata e l’Aurora e il Mezzogiorno.

Vi rispondo quel che diceva il celebre Capomastro romanoZabaglia147 a’ tempi di Benedetto XIV, cioè che l’Uomo non è grandein parole, ma in fatti. Costui non sapeva leggere, né scrivere, né pro-cedere da Galantuomo (poiché quando il Papa si portava a vede-re i suoi stupendi lavori, aveva coraggio dimandargli una presa ditabacco, e il Papa ridendo gliela dava). era però così stupendo nelformar macchine, ruote, carri, armature, e simili, che tutti i piùbravi Architetti romani correvano a farne i disegni. Qualora veni-va dimandato della ragione delle sue stupende Invenzioni archi-tettoniche, non sapeva dir altro, che tutto va per contrasto e relazio-ne: voi altri ve la passate con tante ciarle, che io non intendo; ed io me lapasso co’ fatti, a cui voi non arrivate.

Voi dunque e vostra Sorella148 nel leggere un pochettino pervolta l’opera Catalisana, e nel considerarne in fine le Figure e gliesempi, voglio accordarvi, che di cento cose ne capirete una sola:pur questa è guadagnata, giacché prima non si sapeva: conviencontentarsi e chetarsi. Potrà essere, che quella unica cosa capita viaprirà la strada a capirne un’altra: e questo non è poco guadagno.Lo so, che capir termini e sistemi matematici senza aver studiatabene la Matematica, non è in pratica da sperarsi. Ma che importaquesto? A buon conto Zabaglia fa in pratica, quel che in teoricanon capisce, e non sa i termini architettonici per spiegare e confon-de i più eccellenti Architetti. Così voi nella Musica pratica diSuono fate, forse di più di quel che matematicamente insegna coìsuoi canoni e teoremi il Catalisano. or cosa importa, che non

130

149 oggi bandora.

146 È edmond Pourchot (1651-1734), più noto come filosofo. Il testo è presente nelcatalogo della biblioteca del Marcucci: “Vi ho mandato il Purcozio”, aveva scrit-to da Montalto il 20 marzo 1773 ad una suora: ASC, Epistolario, Busta A, n° 2.147 Si tratta di nicolò Zagaglia, autore, tra l’altro di Ponti e castelli, roma 1743;per ulteriori approfondimenti, renazzi 1808.148 Suor Maria emmanuela di San Gioacchino ebbe altre tre sorelle nel mona-stero ascolano: suor Maria Beatrice della Visitazione, suor Maria Teresa e suorMaria Petronilla (AAVV 1993, p. 78).

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Quanto al mio ritorno, se a Dio piacerà, sarà anche prima diSettembre, seppur non accadesse la preziosa Morte del piissimoCardinal Vicario che va tirando innanzi nel suo lungo e penosomartirio, che soffre con tanta rassegnazione per Amor di Dio.

Dite a Giustinuccia, ch’essendo volata al Cielo Maddalenuccia,150

essa è subentrata vostra compagna nel Pandurino. onde, quandotornerò, bramo sentire pur due Pandurini, come prima.

Benediciamo Dio, e l’Immacolata sua Madre, se le nuoveCostituzioni riescono fruttuose. Assicuratevi, Figliuola mia, cheper l’affollamento di tante cose, le vado tirando e mettendo a sestoa pezzetti per volta, con dovere spesso lacerare lo scritto e rifarlo,perché sconnesso. Basta. nostra Immacolata Signora mi ha assisti-to, e seguiterà ad assistermi, per esser sua l’opera …

Indegno primo ServoFrancesco Antonio dell’Immacolata Concezione

Patriarca di Costantinopoli, Vescovo di Montalto.

8 ASC, Epistolario, vol. II n° 91.

Montalto 5 Maggio 1787.

Viva Gesù.Ho letta con particolar piacere, mia buona figliuola, la vostra

bellissima ode anacreontica,151 e giacchè ciò vi serve per tenervisantamente allegra di spirito, vi ho tirato una Replica curiosa,facendo uscire in campo la vostra Saffo.

133

3 Si distingue il Pandurino dal Liutino o sia Mandolino, inquanto che questi han corde di budello; laddove il Pandurino hacorde di ottone e di acciaio, e si suona a penna; onde riesce ilsuono più sonoro e spiritoso, che in qualunque pieno si scuopre, evuol farsi sentire sopra gli altri strumenti, ancorché da fiato. I suoitasti sono parimenti di ottone, come avevano i Sistri degli antichiGreci e Latini, ed anche degli antichi ebrei.

4 Quanto al nome di Pandurino, questa voce viene dallagreca Pandòron (così in Grecia si chiamava tale strumento), e dallalatina Pandùra. eccone il significato. Sant’Isidoro crede, chel’Inventore di tale armonioso strumento si chiamasse Pandòro, eperciò dal nome dell’Inventore si denominasse Pandòro oPandorino e Pandùra l’Istrumento. Altri poi credon, che piuttostosi chiamasse dai Greci Pandòron dal significato dell’armonia delloStrumento; poiché Pan significa ogni, e Doron vuol dire grato dono;quasi che un tale Strumento ben sonato contenesse in sé ogni grataarmonia.

Sia benedetto il caro Dio, che per richiamar le Anime Cristianeai diletti del Cielo, e distaccarle dalle transitorie e vane delizieTerrene, ha creati i suoni, ed ha dato all’uomo l’intelletto e il mododi fare tanta varietà di grati strumenti musicali.

Tutto dunque sia a Gloria di Gesù e della Immacolata suaMadre. Amen.

[Indegno primo Servo Francesco Antonio dell’ImmacolataConcezione.]

7 ASC, Epistolario, Vol. II, n. 55

roma, 27 Aprile 1785Ad una SuoraViva GesùMi consolo molto, mia buona Figliuola, nel sentirvi in salute, e

ne rendo vive Grazie a nostra Immacolata Signora, che prego aconservarvi sana e robusta per la sua Gloria.

132

150 nessuna delle due compare in AAVV 1993.151 In metrica anacreontiche vengono chiamate odi brevi e canzonette che perstile (cantabilità) e temi (conviviali) si ispirano alle Anacreontee, componimentid’età greco-romana indebitamente attribuiti ad Anacreonte. In realtà, il piùmusicale e sensuale di tutti i poeti greci (575/570 - 490/485) fu tra i primi can-tori cortigiani girovaghi a mettere a disposizione del miglior offerente unaMusa di mero intrattenimento, raffinato abbellimento per feste e simposi di‘prima classe’. Più che i carmi ufficiali, destinati ai cori e alle pubbliche feste e

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Anche Santa Chiesa si serve talvolta de’ versi Saffici in alcunisuoi Inni. Vedete gl’Inni di Matutino, Vespro, e le Laudi nella festadi San Giovanni Battisti a’ 24 di giugno e lì troverete in Metro Safficobellissimo, così nel Vespro

Ut queant laxis resonare fibrisMira gestorum famuli tuorum,Solve polluti labii reatum,Sacte Joannes.Così nel Vespro dell’uffizio nuovo del nostro glorioso Santo

emidio a’ 5 di agosto.Si chiamano anche Endecasillabi cioè di undici sillabe155 i primi tre

versi, come l’eroico del nostro italiano Sonetto, e così potrebbe can-tarsi. Il quarto verso si dice Pentassillabo cioè di cinque sillabe, comeun verso anacreontico di Arietta.

un tal metro Saffico è bello e grazioso in Greco ed in Latino. Ma in nostro Italiano perde di sua maestà e bellezza nel quartoverso, come vedrete nella debole mia replica, in cui parla Saffo.

Del resto, misera Saffo! oltre l’essere stata gentile, fu ancor tuttadedita agli amori profani, e servì di libertinaggio a tutte le stoltedonzelle Lesbiane. Convien cambiarla in un Saffo cristiana, mode-sta, e divota. Forse di voi sarà tale incarico. State allegra. Gesù vibenedica.

P.S. Vi respingo la vostra bella ode per conservarla.Indegno primo Servo Francesco Antonio Patriarca di

Costantinopoli, Vescovodi Montalto.

135

Saffo, non fu favolosa, ma vera e reale Donna Greca della cittàdi Esso nell’Isola Melitene152 o di Lesia nell’Arcipelago, che vissecirca 580 anni prima del nostro Divin Salvador nato, e fu a’ tempiche nella Giudea e nella Caldea vivevano i Santi Profeti Geremia,ezechiele, e Daniele.

Venne, o viene stimata molto da tutti gli antichi poeti greci elatini, che la sopranominavano la decima Musa. non ebbe pari indolcezza e fecondità di metro in poesia greca. Abbiam di lei alcu-ni squarci di odi e di inni in lode de’ suoi bugiardi numi Gentili.

Fu essa la inventrice de’ Versi lirici, cioè atti a cantarsi sulla Lirao Cetra,153 che sonava cantando, come Odi, Canzoni, Inni, Ariette, esimili. essa inventò ancora il Plettro cioè la penna o tacconcino dasonar a mano la Lira (tuttochè in oggi i Poeti pigliano il Plettro perla stessa Catena o Lira). Quindi componeva sonando e cantando.

Il suo comporre Lirico però fu distinto da ogni altro metro poeti-co. Quindi il metro suo perciò si chiama Saffico, e Saffici ancor sidicono i suoi versi.154

Consiste tal poesia Saffica in quattro versi per ogni stanza.In Greco ed in Latino i primi tre versi sono di cinque piedi l’uno: edil quarto è di due piede curto, che lo dicono verso Adonico.

134

155 In realtà il verso endecasillabo si qualifica per la presenza dell’ultimo accen-to tonico (o accento metrico o ictus) sulla decima sede (o sillaba) e accenti prin-cipali mobili (per lo più sulla quarta e sulla sesta sillaba). ne deriva che il versoendecasillabo può essere costituito di dieci (endecasillabo tronco: “van da SanGuido in duplice filar”: G. Carducci, Davanti San Guido, verso 2), undici (ende-casillabo piano: “Dolce e chiara è la notte e senza vento”: G. Leopardi, Canti,XIII, La sera del dì di festa, verso 1) o dodici sillabe (endecasillabo sdrucciolo: “la gallina scotendo l’ali strepita”: G. Carducci, Canto di marzo, verso 23).

celebrazioni, la sua vena poetica alimentava una poesia da simposio di classe edi evasione, sempre sospesa tra l’elogio del vino e della misurata ebbrezza sim-posiale e quello dell’amore omo- ed eterosessuale. Ma non mancano preghiereagli dèi, motivi sapienziali (la vecchiaia), gustose parodie dell’épos e vivaciritratti satirici di volgari parvenus (il ‘villan rifatto’); né sapide, maliziose defini-zioni di alcune figure femminili. 152 Metatesi, per Mitilene.153 In realtà i due strumenti si differenziano: la cetra viene classificata come cor-dofono semplice, essendo costituita da una cassa lungo la quale sono tese dellecorde; la lira rientra tra i cordofoni composti, poiché è composta da una cassaarmonica dalla quale si dipartono due bracci verticali uniti alla sommità da unatraversa (giogo) e le corde corrono dalla tavola armonica alla quale sono fissatecon dispositivi che ne regolano la tensione.154 Il verso saffico ha cinque piedi: il primo è trocheo (LB = ˉ˘), il secondo spon-deo (LL = ˉˉ), il terzo dattilo (LBB = ˉ˘˘), il quarto e il quinto trochei; v. il cele-berrimo “integer vitae scelerisque purus” (orazio, Ad Aristium Fuscum, 1).

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2 Inoltre vorrei che ti ricordassi del parere della Scrittura:“L’uomo non sa se è degno d’amore o odio dinanzi a Dio (Quoelet 9,1)156 e del grido dell’Apostolo (prima di essere informato dallarivelazione divina della sua predestinazione): “Perché dopo averpredicato agli altri io stesso non divenga reprobo” (1 Corinti 9, 27).Poiché dunque ogni servo di Dio ignora senza una particolarerivelazione divina, se sia in Grazia o no, se possieda i Doni delloSpirito Santo in quanto abitudine o no, perché chiedi ancora, oFiglia, se a Dio si chiedono i Doni per sé e per gli altri abitualmente?Certamente si chiedono in quanto abitudine. Basta su questo argo-mento. Tratterò altro.

3 Ho ricevuto con tanto piacere il terzo volume delle Letteredel Dottore Sommo,157 che mi hai inviato; e ho letto e riletto e benesaminato la Lettera 138 indirizzata a Marcella che tratta con estre-ma competenza il Diapsalma.158 Ti ringrazio tantissimo. ricordoinfatti di aver dato una lettera ad un’altra mia Figliuola, MariaSantina del Cuore di Gesù, in riferimento allo stesso vocabolo grecoΔιαψάλμα Diapsalma. non mi sfuggiva affatto che il Divin Gerolamoaveva scritto sapientemente a Marcella sul predetto termine comeindicai alla stessa mia Figliuola. Ma poiché poco prima sentivo lamancanza di quella lettera di Girolamo (infatti non era presso dime), perché meravigliarsi se fiducioso solo della forza della linguagreca, spiegai il vocabolo ΔIαψάλμα Diapsalma come modulazione omutazione o pausa di voce nella recita e nel canto di Salmi, Inni eCanti sacri?

4 ormai ti conosco. Il Maestro Girolamo, tu dici, è contro dite. Scrive infatti a Marcella (Epistola 138): “Alcuni hanno detto cheDiapsalma sia cambiamento di metro, altri pausa del respiro, alcuni unulteriore inizio di significato, altri distinzione di ritmo. E poiché i Salmi

137

9 ASC, Epistolario, Vol. III, n. 164.

Montalto, 2 Giugno 1787.

Francesco Antonio Patriarca di Costantinopoli e Vescovo diMontalto SALuTA Maria emanuele di S. Gioachino sua Figlia eDiscepola.

La richiesta dei Doni dello Spirito Santo e il significato delDiapsalma.

1 La pace di Gesù Cristo e i sette Doni dello Spirito Santosiano nel tuo cuore, dilettissima Figlia. Amen. Con l’avvicinarsi deigiorni di Pentecoste chiedevi, se la memoria non mi inganna, sequando si chiedono a Dio i Doni dello Spirito Santo, o per sé o per glialtri, si chiedano in quanto modi di essere o in quanto atti; e tu rite-nevi che si chiedessero in quanto atti. occupato allora da varie pre-occupazioni per nulla potei in questo darti risposta. ora in brevefarò come vuoi tu. naturalmente si chiedono in quanto atti e inquanto modi di essere. Senza dubbio i Doni dello Spirito Santo vengo-no dati da Dio insieme alla Grazia santificante in modo che non pos-sono esser separati i Doni dalla predetta Grazia. Per cui come laGrazia santificante è data attraverso un’abitudine permanente (finchénon sia espulsa da colpa mortale) così insieme alla stessa Graziasono dati i Doni dello Spirito Santo attraverso un’abitudine perma-nente. ora ti sento dire: dunque quando si chiedono i Doni delloSpirito Santo, salvezza per io servi di Dio, si chiedono solo in quan-to atti. essi infatti, come si suppone, abitualmente sono in Grazia diDio e a questo punto ormai possiedono i Doni dello Spirito Santoin quanto abitudini. Sia pure come dici, rispondo. Cosa ne deduci,o Figlia? Dunque chi è in Grazia di Dio, non può avere e ricevere unaumento di Grazia (che chiamano Grazia seconda)? Certo che puòessere. Dunque quando il servo di Dio riceve un aumento di Graziasulla Grazia abituale, che già ha, riceve anche un aumento dei Donisui Doni abituali che possiede? Vedi dunque che si chiedono a Dioper sé e per gli altri i Doni dello Spirito Santo in quanto abitudine.

136

156 È uno dei Libri Profetici e Sapienziali dell’Antico Testamento. Prende ilnome da un figlio di Davide ed è detto anche Ecclesiaste (da ekklesiastés, “mem-bro dell’assemblea“).157 Si tratta delle Lettere di San Girolamo, il primo tradutore della Bibbia dalgreco e dall’ebraico al latino, vissuto tra il 340 e il 420 circa.158 Letteralmente, interludio.

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vuol dire lodate Dio. Pertanto il Segno è variabile e per così direarbitrario. Il Significato invece, perché intrinseco e naturale allastessa parola è invariabile e costante.164

7 Girolamo dunque parla di Selah ebraico o di DiapsalmaGreco, posto e preso come Segno o di fine, o di pace o di eternità (ilquale Segno è esterno a Diapsalma e variabile, come è chiaro).Pertanto così parlando, dice molto bene e dice il vero.

8 Ma questo perché è contro me? rileggi attentamente la mialettera a Santina165 sul Diapsalma e troverai che io ho preso quelvocabolo non come Segno estrinseco e variabile, ma come significatointrinseco e immutabile.

9 Senti per favore Buxtorfio nel vocabolario ebraico:166 “Selahè una nota musicale o una parola che per sé non significa niente(ecco come Segno) … denota una pausa in cui le voci con regolatoaccordo si fermavano (ecco come significato della parola)”.

10 Leggi Schrevelio nel suo Vocabolario Greco: “Diapsalma è uncambiamento di voce nel mezzo del canto” (ecco il significato deltermine).167

11 Ma ascoltiamo tutte le parole dell’Aquila che vola nei cieli,di Sant’Agostino e vediamo cosa scrive sul Diapsalma questo san-tissimo Maestro. egli infatti sul Salmo 4 “Invocando” dice così:Diapsalma, sia essa una parola ebrea, come vogliono alcuni, chesignifica sia fatto, o una parola greca che significa l’intervallo di can-tare salmi, come Psalma è ciò che si canta: Diapsalma certamente ilsilenzio interposto nel cantare: come l’unione delle voci nel canto si

139

in quel tempo (dell’antica Sinagoga) erano cantati all’organo congiun-tamente, alcuni pensano sia il silenzio di una certa varietà musicale.Nessuna di queste opinioni ci sembra giusta. Continua poi il MaestroMassimo (così anche tu continui) dicendo: nel testo ebraico, doveè scritto Selah (sebbene Girolamo non usi i caratteri Ebraici rotondi,ma i corsivi Rabbinici) gli antichi Interpreti Greci, come Aquila,159

Teodozione,160 origene,161 Simmaco162 e i Settanta,163 da lui citati,leggono Διαψάλμα Diapsalma e lo spiegano come un segno che signi-fica ora Sempre, ora Pace, ora Fine. Pertanto conclude così aMarcella: “del quale (cioè di origene, ecc.) noi in questa discussionepreferiamo seguire solamente la conoscenza, che avere la stolta scienzadegli ignoranti.

5 Credi, Figliuola mia, che io ora canti una Palinodia o ritrat-tazione? Ti sbagli. Girolamo scrisse a Marcella molto bene sulDiapsalma, ma anch’io ho scritto a Santina non male sullo stessovocabolo. Ascolta e vedrai.

6 Ci sono presso gli ebrei, i Greci, i Latini e gli Italiani alcuneParole che suonano doppiamente e possono essere prese comeSegno e come Significato. Per esempio la parola ebraica Alleluja,come Segno significa gioia, gaudio, allegria e simili; come significato

138

164 Per la linguistica moderna, che ha precisato il discorso su comunicazione esignificazione, il segno è una entità a due facce, costituita da un significante esignificato ed ha definito il processo comunicativo come il passaggio di unsegnale (non necessariamente un segno) da un emittente a un destinatario (opunto di destinazione).165 Forse suor Maria Santina del Cuore di Gesù (1761-1843): AAVV 1993, pp. 87-9.166 Buxtorfi 1609.167 Schrevelius 1759.

159 Traduce l’Antico Testamento in maniera pedissequa parola per parola, dal-l’ebraico al greco, durante l’impero di Adriano (117-138 d.C) 160 Teodozione da efeso realizza la sua traduzione dell’Antico Testamento dal-l’ebraico al greco, confrontando il testo dei LXX., sotto l’imperatore Comodo(180-192).161 origene, maestro della Scuola esegetica e teologica Alessandrina nella primametà del III secolo, aveva fatto un’edizione critica dell’Antico Testamento su seicolonne parallele (donde il titolo Esapla).162 La traduzione di Simmaco, in greco, utilizza testi ebraici confrontandoli conla traduzione greca dei LXX. Fu realizzata sotto l’impero di Settimio Severo(139-211)163 La traduzione dei LXX (così detta perche realizzata, secondo una leggenda,da settanta studiosi ebrei) svolta ad Alessandria d’egitto per gli ebrei della dia-spora, venne iniziata fin dal III sec. a.C. e completata nel I sec.d.C., utilizzandoi rotoli in ebraico.

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10 ASC, Epistolario, vol. II n° 99.

Montalto 21 Luglio 1787

Viva Gesù.Ho ricevuti i due ultimi tomi dell’avvocato Mattei.169 Mi piace

sentir la cautela e diligenza, che si tiene da voi e dalle altre, di nonricevere ed ammetter libri esteri, senza mia espressa licenza. Ilmondo odierno, che si dice illuminato, cioè nel libertinaggio enella stomachevole miscredenza e così cieco nella fede viva e nellasanta morigeratezza del costume, è continuamente inondato dalibri, libercoli e libracci francesi e italiani, zeppi di veleno, di falsi-tà, e di galanteria alla moda libertina, che vanno spargento certispiriti forti cioè nella ostinazione e nella derisione delle Verità piùsacrosante, divine, e invariabili. Chi lo crederebbe? Anche ne’Monasteri di Monache si mandano tai libri velenosi. e se la vigi-lanza de’ Vescovi non accorresse a levarli dalle mani delle sempli-cione, ed a sgridar fortemente l’ignoranza e la disaccortezza dicerti Padri Spirituali, sciolotti,a che neppur essi sanno distinguereil grano dal gioglio; chi sa, come anderebbe a finire sì pericolosalettura. Cosicchè e a voi e a tutte presenti e future raccomando ecomando su di ciò la più esatta cautela ed ubbidienza.

141

dice Sympsalma, così si dice Diapsalma la disunione di esse quando simostra una pausa dell’unione sciolta. Fin qui il Maestro Aquilinoche spiega il significato di Diapsalma.168

12 Mi rincresce ora, Figliuola, dopo così grande Maestro chegareggia per il mio parere, usare ancora la penna. Ti saluto. Salutail mio Vicario. Ti benedica Iddio. Di nuovo ti saluto.

Indegno primo Servo Francesco Antonio Patriarca diCostantinopoli, Vescovo di Montalto.

140

a saputelli

è disposta così come per dire: non amate la vanità e non cercate la menzogna.Dopo aver detto questo, segue logicamente: e sappiate che il Signore ha fattomirabile il suo Santo. Ma ci vieta di unire questa proposizione con la preceden-te il diapsalma posto in mezzo; per alcuni si tratta di una parola ebraica, chesignifica: Sia fatto; per altri di un termine greco, con cui si indica un intervallonel salmeggiare, nel senso che salmo è ciò che è cantato, mentre diapsalma è lapausa interposta nel canto; ne segue che come synsalma indica l’unione di piùvoci nel canto, così diapsalma indica la loro separazione, nella quale una certasosta segna un passaggio nella continuità. ebbene, sia questo o quello il signi-ficato, oppure sia un altro, è certamente credibile che è errato continuare a col-legare il senso del concetto laddove si interpone il diapsalma”.169 non identificabile?

168 Enarrationes in Psalmos, Psalmum 4: [v 4.] “Et scitote quoniam admirabilem fecitDominus sanctum suum: quem, nisi eum quem suscitavit ab inferis, et in coelo ad dex-teram collocavit? Increpatur ergo genus humanum, ut ad eum se tandem ab huiusmundi amore convertat. Sed si quem movet coniunctiosuperaddita, quod ait: Et scito-te, facile est ut in Scripturis animadvertat huius locutionis genus familiare esse illi lin-guae qua Prophetae locuti sunt. Nam saepe invenis ita coeptum: Et dixit Dominus adillum: Et factum est verbum Domini ad illum. Quae iunctura coniunctionis, cum sen-tentia non praecesserit cui sequens annectatur, mirabiliter fortassis insinuat prolatio-nem veritatis in voce cum ea visione quae fit in corde esse coniunctam. Quamquam hicdici possit, quod superior sententia: Utquid diligitis vanitatem, et quaeritis menda-cium? ita posita est ac si diceretur: Nolite diligere vanitatem, et quaerere mendacium;quo ita posito, rectissima locutione sequitur: Et scitote quoniam admirabilem fecitDominus sanctum suum. Sed interpositum diapsalma vetat istam cum superioreconiungi: sive enim hebraeum verbum sit, sicut quidam volunt, quo significatur Fiat;sive graecum, quo significatur intervallum psallendi, ut psalma sit quod psallitur, diap-salma vero interpositum in psallendo silentium; ut quemadmodum sympsalma diciturvocum copulatio in cantando, ita diapsalma disiunctio earum, ubi quaedam requiesdisiunctae continuationis ostenditur: sive ergo illud, sive hoc, sive aliud aliquid sit,certe illud probabile est, non recte continuari et coniungi sensum, ubi diapsalma inter-ponitur”. (“e sappiate che il Signore ha fatto mirabile il suo Santo: chi è, se nonColui che ha risuscitato dagli inferi, e ha collocato in cielo alla sua destra? Èdunque rimproverato il genere umano, affinché dall’amore di questo mondo siconverta finalmente a lui. Se qualcuno si stupisce per la congiunzione premes-sa all’inizio, là dove si dice: e sappiate, si può facilmente osservare nelleScritture che questo modo di esprimersi è familiare nel linguaggio dei profeti.Trovi infatti spesso un inizio del genere: e il Signore disse a lui, e la parola delSignore a lui fu rivolta. Probabilmente questa connessione indicata dalla con-giunzione - mentre non precede una sentenza cui sia connessa la successiva -forse suggerisce in modo mirabile che l’espressione della verità con la parola è unita a quella visione che si manifesta nel cuore. Si potrebbe dire peraltro qui che la frase precedente: perché amate la vanità e cercate la menzogna,

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143

Accordo a voi, a Suor Maria Teresa,170 ed a Suor MariaGeltrude171 l’assistere all’organo ed ai tromboncini, sinchè nonverrà il Celani. Imparate bene. Gesù vi benedica.

Indegno primo Servo Francesco Antonio Patriarca diCostantinopoli, vescovo di Montalto.

142

III Trascrizioni e commento

1 O caro Paradiso

Direttorio, Della musica vocale, n° 31; Musica figurata di canto, n° 47.

Dal punto di vista armonico, il brano, in Fa, si sviluppa sullacontinua alternanza di tonica e dominante, con sospensione sulladominante a metà (battuta 8).

La versione al n° 47 della Musica figurata di canto presenta 17battute, con l’evidente ripetizione, con alcune varianti: la quartanota fa invece di mi; ripetuta erroneamente la b. 14; leggermentediversa l’ultima battuta.

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170 Suor Maria Teresa di San Giuseppe, sorella di suor Maria emmanuele di SanGioacchino, è documentata in AAVV 1993, pp. 59-61171 Suor Maria Geltrude della SS. Trinità: AAVV 1993, pp. 95-7.

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145144

A

Abbellimenti LXVIIIaccademia 10, 123

- dell’Immacolata Concezione XIII, XCIX

accidente (b molle, b quadro, die-sis, mostra, ritorno) LXVII,LXVIII, 30, 68, 101 s., 105 s., 113

accordo LXVIIIAdelardo da Bath 54Agostino di Dacia LXXXIVAlessandro VII LVallegoria LXXXIV, LXXXVanacreontica (ode, verso) 133anagogia LXXXIV, LXXXVAndré Y.-M. XCAnselmo d’Aosta 54Anselmo de Flandres 68antropologia LXXV apologetica LXApostolo v. San PaoloAquila 159arbor artium LXXXVIII s.Aristide Quintiliano 60Aristosseno 10Aristotele XCI, 53, 62aritmetica 55 s.

arpa 119ars

antiqua 82nova 82subtilior 83

arti liberali XLIX, 57Asaf 123, 125auctoritas, auctores LXXXIII, CIII Aurora 123 s.Ave Virgo Deipara LXXVIII, 24, 75

B

Bambino, BambinelloBaptista frate LIIbaritono 26 s., 93 s., 106basso 26 s., 92 s.Batteux C. XCI Baumgarten A. G. XCIIBeda LXXVIbello musicale XC s.Benedetto XIV LV, LVIII, LXI,

LXII, 112, 130Berengario da Tours 54Bernalda LIVBibbia 8Boccaccio 67Boezio 8, 57

INDICE

Antroponimi, toponimi, cose notevoli

2 Prigioniera

Direttorio, Della musica vocale, n° 32.

I numerosi trilli generano un effetto di teatralità che Marcucciosteggiava (Musica figurata di canto, 2) e Benedetto XIV aveva con-dannato (v. qui a p. LV s).

Il salto di tritono (b. 17-18), diabolus in musica per i trattatistimedievali (ma già presente nella musica del ‘700, soprattutto inquella strumentale), appare “esagerato” per la musica devozionale.

Il brano sembra più appropriato per una esecuzione solisticastrumentale, per cui è molto probabile che ci troviamo di fronte adun esempio di contrafactum.

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E

ecclesiastica libertas CIIIegidi suor M. C. XCVIeliseo 128, 131enciclopedia XVesacordo LXIXestetica musicale LXVI, LXXXIX etnomusicologia LXXIII, LXXIV,

LXXV, 8eulero CIeuripide 9eximeno D. A. C, CIIezechiele 134

F

febronianesimo LVIII-LXFerrucci 53, 54, 57, 60, 61, 62, 63figura, figure, figurae (biscroma,

breve, croma, longa, massima,minima, semibreve, semicro-ma, semiminima) LXVIII, 20,33, 50, 61, 62, 95 s., 113

filologia LXXIIIfilosofia 54flautini fonasci, foneschi maestri 86 s.fuga LXIXfunzioni 60, 669

G

Galileo CIGanzetti A. XCVIIIGenesi 8

geometria 56Geremia 125, 134Giannone XCVIIgiansenismo LVIII-LIX, LXXXIGilberto da Tournai 55Giobbi sr. M. Paola XVIIIGiovanni de Meurs o de Muris v.

Iohannes de MurisGiovanni XXII LXXXIgiurisdizionalismo LVIII-LIXGiuseppe d’Austria LXIIIGregorio Magno LXVII, LXIX,

LXXI, LXXXIII, 12, 19, 60Guglielmo da Conches 54Guido d’Arezzo 21s., 60, 61, 68,

69, 71, 82 s.

H

hazùr 120Haïk Vantoura S. 9Haydn LXXXIIHuglo M. LXXII

I

Iacobus Palla LIIIIacopo del Pogio Paganello LIIIditum 123Illuminismo LVIII-LXIV, CIVilluministi cattolici CIIIIndice LXIIIinnodia LXXIX s.intavolatura 67intervallo LXVIII

147

Bona V. 7Braga LXXVIBraudel F. XCVIBriquet Ch. M. 3, 51, 79Buxtorfio 139

C

cadenzeCaino 8, 60Caldea canto

ecclesiastico CIIfermo LXVII, LXXXIII, CI, 19,65, 70, 111figurato LXVII, 19, 25, 69, 111gregoriano LIII s., LXVI, LXIX,19, 65, 69 s.

cantor LXXXVIIICaraccioli card. 125 Carhart Zamler S. XIXCarlo il Calvo LXXCarlo Magno LXXCartesio 53, 64Cassiodoro 59Catalisano G. C, 129 s.catechesi CIIICaucci 123 Celani 142censura ecclesiastica LXIICettoli A. XCVChalley J. LXXII Chartres 55Chiaretti mons. G. XIII

chiave/i LXVII, 20, 25, 35, 72 s.,84, 109

chiese locali LVII

chinor 120

Cicerone XCVI

Ciucci Maddalenucia 129

classificazione 35-6

comma 103

concilio di Trento LXVIII, LXXXI,14, 124

Congregazione Pie Operaie dell’Im-macolata Concezione XIII, XCIX,CIV

contrafactum 34

contralto 18, 26 s.

contrappunto XVIII, CI

Core 123

Costantino LXXIX

cromatismo 24

D

Damone 10, 11

Daniele 134

Dante 67

David(e) LXXXIV, LXXXV, 43, 109,120, 123 s., 127, 128

deismo LVIII-LIX

diapsalma 137 s.

dommatica XCIX

dramma liturgico LXX, LXXIX-LXXX

Du Bos J.-B. XC

146

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scienza 54, 55, 62

semplice LXVII, 65, 69 s., 81, 84

strumentale LXVII, 7, 8, 15, 19,35

theoretica LXXXVII, 58

vocale LXVII, 7, 8, 15, 17, 35

musicus LXXXVI, LXXXVIII, 9, 128

N

nablùm 120

nota/e 19, 67 s., 83

notazione LXVII

mensurale LXVII

neumatica LXXIII, CII

quadrata LXVII

notker Balbulus LXIX

O

O caro Paradiso LXXVIII, 34, 106,143

onorio d’Autun 55

orazio da Caposele 70

organologia 35

origene 125, 138

ottava LXIX, LXXIII

P

Panfili, card. 125

Paniagua 9

Panikkar r. 59

Pange lingua LXXVIII, 24, 75

pause 33, 62, 95 s.

Pérès M. LXXIIIPeretti P. XIX, CII, 24Pericle 10pietà popolare CVPietro Comestore 60Pio IV 15Po XII 14Pitagora XCIPlatone XCI, CI, 9, 11predicazione CIIIPrete Serafino LXIIIPrigioniera LXXVIII, XCIII, 34, 143

Q

quadrivio LXXXVII, 57quinte LXXIII

R

rameau J.-P. XCI, CIreginone di Prüm 59registro 113vocale 85remigio d’Auxerre 59 retorica XCIXriccardo da San Vittore 59rituale 19, 60, 69, 75rossi de’, card. 125ruota S. 125

S

sacra rappresentazione LXXXSaffo 134 s.

149

intonazione LXVIIIIohannes

Afligemensis 21Ciconia 83de Garlandia 21de Muris 58, 62, 70, 82

Isidoro di Siviglia 54, 60, 131ison LXXIIIIubal LXVII, 8, 60Iulio de Cesaro LII

J

Jacques de Vitry 82

L

lai LXXLanfranchi v. LanfreschiLanfreschi LIVLaso di ermione 60lauda LXX Lenti, abate 123lingua

latina XCIXspagnola XCIX

lirica religiosa LXXXliturgia LXVI, LXXI, LXXIX s.,

XCVIIIlogica XCIXLucrezia, signora 129

M

madre prefetta 122Maire maestro francese 70, 83

Mancici G. CMaraglino G. XCVIMarca Anconetana XCVIIIMarcella 137 s.massoneria LVIII-LIXmatematica CI, 7, 55 s.Mattei, avvocato 141Matteo da Vêndome 55medioevo LXXVI, LXXX,

LXXXVIII messa novella LI-LIIImessale 19, 60, 69, 75Modena XCVIImodo 67modulazione LXVIIIMonsampolo LVIMosè 123, 125movimento ceciliano LVI, 12mozarabico LXXVMuratori L. A. LVIII, XCVII,

XCVIIImusica

ars LXXXVII s.artificiale LXVII, 7, 17figurata LXVII, LXXXII, 31, 35,61, 69s., 81, 84mundana 10naturale LXVII, 7origini della m. 8plana 61, 69, 81practica LXXXVII, 58scientia LXXXVII s.sacra CII

148

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Maria emmanuele XXMaria emanuele di San Gioac-chino 130, 136Maria Geltrude 142Maria Santina del Cuore di Gesù Maria Teresa 142Minuccia 129Teresa 129Teresina 129

T

Tartini G. B. CITeodozione 138teatralità LVII, LXXXIITemistocle 10tempo (dodicuplo, duplo, imper-

fetto, perfetto, sestuplo, triplomaggiore, triplo minore) 31 s.,62, 95 s.

tenore 26 s., 92 s.teologia CIII

della musica LXVI, LXXXIII s.Tesoriera LXXVIII, 34tetragramma LXVIITiraboschi XCVII

tono LXVIII, 67, 85

Toynbee XCVI

tradizione CIII

tropo LXIX

U

ugo da San Vittore 6, 54

V

Valenti, conte 123

Vico G. B. XCII

visite pastorali LXXXI

voce (acuta, aspra, canora o sono-ra e chiara, dolce, dura, flessibi-le, grave, rauca) LXXXVII, 17,18, 86 s.

Z

Zabaglia n. 130

Zacara da Teramo 83

Zack e. 9

Zamler – Carhart S. CII

Zeno A. XCVI

151

salmodia LXXIX s.

Salomone 123, 125

san/to, /ta

Agostino LXVII, LXXXIII,LXXXV, LXXXVI, LXXXVIII,LXXXIX, 11, 13, 14, 110, 124,126, 128, 139 s.

Ambrogio LXXXIII, LXXXVI,124

Bernardo 3, 110

Cecilia 12

emidio XCVIII, 13

Francesco di Sales XIII, 12, 110

Francesco Solano LXXXVI, 128

Giovanni Crisostomo 124

Girolamo LXXXIII, 123 s., 137 s.

Tommaso d’A. LXXXVIII, 53, 62

Santina 138

Sarum LXXV

sala LXVIII

Saul 131

Schiara, padre LXIII

Schrevelio 139

scienza moderna CIII

Scrittura sacra XCVIII, XCIX, 8,13, 60

scuola CIV

segno 138

Sensi M. XCV

sequenza LXIX

Sersale card. 125

Settanta 138

significato 139

Simmaco 138Solesmes LXVIII, LXXIII, LXXIV solfeggio LXVII-LXVIII, 19solmisazione 22sopracuto/sopralto 26, 85, 92, 106soprano 18, 26Spengler XCVISpitzer L. 58

doni dello S. S.strumenti (arciliuto, arpa, cemba-

lo, cetra, chitarra, colascione/colascione, contrabbasso, corno,corno da caccia, fagotto, flauto,lira, liuto, mandola, mandoli-no, oboe, organo, salterio, salte-rio alla romana, salterio tede-sco, sistro, spinetta, tamburelli,tiorba, traversiero, tricordon,tromba a fiato, tromba marina,tromboncino, violino, violon-cello) LVII, LXXXIII s., 8, 9, 36-47, 60, 85, 88, 92, 109 s., 119, 121,126 s., 131 s., 134

suoreCammilla 129Colombina 129Concettina 53, 56, 60, 61, 62, 63,64edvige 56, 58, 60, 61, 62, 64emanuele 129Giuseppina 53, 54, 56, 60, 61,63, 64Girolamina 56, 60, 61, 62, 64Giustinuccia 133Maddalenuccia 133

150

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Finito di stamparenel mese di novembre 2010

da Fast Edit srlAcquaviva Picena (AP)

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VALTER LAUDADIO

Laureato in Materie Letterarie e diplomato in Paleografia e Filologia Musicale, è Dirigente scolastico dell’Istituto Comprensivo di Cupra Marittima e reggente di quello di Montalto delle Marche.

È autore di diversi studi di storia e cultura del Medioevo, tra i quali:

· Fermenti di autonomia nella Marca meridionaleda Nicolò IV a Clemente V (2006)

· Farfa e le autonomie locali nella Marca meridionale (2006)

· I libri di Ugolino di Nuccio da Santa Vittoria, medico (2007)

· La Biblionomia di Richart de Fournival.Contributo alla storia delle biblioteche medievali (2008)

· Cossignano e i suoi documenti medievali (2008)

· La custodia del fuoco. La musica di Ildegarda di Bingennell’età di Eloisa, Isotta ed Eleonora d’Aquitania (2009)

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