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Fratelli Sgaravatti - Note Di Frutticoltura [by Hammurabi]

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Fratelli Sgaravatti - Note Di Frutticoltura [by Hammurabi]

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Premiato Stabilimento d'Orticoltura

FRATELLI SGARAVATTI SAONARA (Padova)

Note di frutticoltura « Ove la coltura, degli alberi da frutto non forma uno dei rami principali

della rurale economia, ove non è diventata una occupazione favorita, le popolazioni si trovano ancora ad un. grado inferiore di civiltà e lo zelo più o meno grande col quale un paese si occupa della coltura dei frutti è la misura più certa per giudicare dello stato agricolo di una contrada.»

(POHL).

Importanza della Frutticoltura

Il rapidissimo sviluppo che, nel secolo tramontato, la coltura delle frutta ha preso, dove più, dove meno, in tutto il mondo civile, è stato uno dei più notevoli fenomeni Agricolo-commerciali finora verif icatisi. Essa coltura, dalle proporzioni d'industria casalinga, più che altro, al principio del secolo scorso, s'è elevata ad importanza meravigliosa in molte regioni vastissime ed in molte altre è divenuta addirittura la f isonomia dell'agricoltura.

Nelle regioni a grande produzione talune frutta diventavano parte essenziale dell'alimento. Le frutta secche, candite e quelle conservate assumono ogni anno importanza sempre maggiore. Il problema agricolo, divenuto ormai diff icile per le molteplici questioni economico-sociali che ognor più fanno impensierire ed impongono all'agricoltore nuovi e più gravosi oneri, trova la sua naturale soluzione nel passare gradatamente dalle vecchie colture a quelle il cui prodotto non tema la generale concorrenza.

Prima fra tutte è la coltivazione degli alberi fruttiferi la quale ha un'importanza grandissima per le condizioni speciali del nostro clima e del terreno, che permettono di fornire vantaggiosamente paesi esteri in ciò meno fortunati di noi.

Né si tema che dall'aumento di produzione possa arrivare un ristagno commerciale; s iamo assai lontani dal soddisfare ai bisogni dei mercati europei: e quanto più la produzione è grande tanto più il consumo aumenta ed il prezzo ribassa solamente quando il prodotto è cattivo.

Per dare un esempio dell'impulso dato al commercio delle frutta, diremo che mentre nel 1862 dall' Italia si esportavano per

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sole L. 500.000 di frutta fresche, nel 1899 se ne esportavano per L. 42.000.000 e per L. 37.212.000 di frutta secche: un complesso dunque di L. 79.212.000, equivalenti a circa Q.li 805.899 di frutta.

E' una cifra discreta, ma si può affermare che la esportazione italiana risulta inferiore alla potenzialità produttrice. Essa è stata inferiore della metà a quella spagnuola nel 1899. Inoltre noi importiamo delle frutta secche e fresche per un valore di Lire 2.278.559 mentre noi non dovremo aver bisogno delle frutta estere.

Per rendersi conto quale fonte di r icchezza sia la frutticoltura, basti dire che la raccolta delle frutta degli Stati Uniti d'America viene stimata non inferiore a 1500 milioni di lire. Quella della Francia nel 1892 ammontava a milioni 154 escluso il sidro, il quale da solo venne prodotto nel 1899 per milioni 13 di l ire.

Nel 1899 l'Austria produsse Q.li 2.3S6.856 di frutta e l'Ungheria Q.li 3.000.000. L'Austria esporta frutta secche in Germania pel valore di L. 15,000.000 mentre l'Italia persole L. 1.325.000. La Grecia nel 1898 ebbe un'esportazione di frutta secche per Lire 40.755.000 e di frutta fresche per L. 325.000. La Spagna nello stesso anno esportò per L. 124.472.000 di frutta fresche e per L. 20.972.000 di frutta secche.

Dalle cifre f in qui esposte emergono troppo dolorosamente chiare due conseguenze: la prima, che noi non teniamo sui mercati mondiali quel posto, che potremo tenere in ragione della nostra potenzialità produttrice; la seconda che non abbiamo data quell'evoluzione alla esportazione che hanno saputo dare altre nazioni, talune anche sorpassandoci.

E' tempo però di scuoterci dal letargo in cui finora ci siamo beati, se vorremo risparmiarci l'onta ed il danno di essere, in un giorno non molto lontano, soprafatti da coloro che già si trovano a buon punto. Ancora siamo in tempo di evitare il disastroso ed umiliante spettacolo. Coraggio dunque: armiamoci una buona volta di energia e mettiamoci subito all'opera senza alcun indugio. Fissiamo nella nostra mente che le nostre ridenti pendici spiegantisi sotto il nostro invidiato cielo, sognato e cantato dalle muse e baciato dai raggi del più benefico sole, sono stazioni ove gli alberi trovano il loro migliore e favorevole asilo: da questo dono naturale, noi dobbiamo trarne tesori.

Tutto ciò incoraggia, ma non bisogna dimenticare che in alcune regioni italiane le scarse cognizioni e l'abbandono in cui vengono lasciate le più elementari regole di coltivazione fanno spesso riuscire assai poco soddisfacente la produzione e perciò siamo venuti nella determinazione di pubblicare queste note di frutticoltura, dando brevemente le principali istruzioni, indispensabili ad ogni amatore della frutticoltura.

Collocamento del frutteto

Nella scelta del posto per l'impianto d'un frutteto si dovrà dar sempre la preferenza a quei terreni che abbiano un' esposizione non rivolta ai venti dominanti; è raramente consigliabile l'esposizione a tramontana. Qualunque sieno le condizioni del clima, il coltivatore non dovrà dimenticare che il calore è sempre maggiore nei piani sopratutto nelle vallate che nelle montagne e che i venti dominano più nei declivi che alla base delle colline; dovrà dunque preferire queste ultime, evitando bensì la vicinanza dei corsi d'acqua che facilmente raffreddano la temperatura o cagionano brinate.

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Preparazione del terreno

In generale si può affermare che le piante fruttifere prosperano in qualunque sorta di terreno, purché abbia un certo grado di permeabilità ed assorbisca facilmente le acque, essendo l'eccesso d'umidità dannosissimo alla vegetazione. Da ciò si può arguire che il buon esito dell'impiantagione dipenderà da un accurato dissodamento.

Per i terreni molto sciolti, avendo a fare piantagioni isolate, si può adottare il dissodamento a formella aprendo una fossa di circa un metro e mezzo di diametro. Per gli impianti disposti a filare si preferirà il dissodamento a fossa, larga a seconda della compattezza del terreno da un metro a circa due. Quando però si abbia un terreno da impiantarsi tutto a frutteto, sarà da preferirsi lo scasso andante, il quale offre anche il vantaggio di disperdere le cattive erbe.

Questo lavoro si compie dividendo il terreno in tante porzioni larghe da 60 a 70 centimetri e nella parte più bassa di esso, se non è livellato, si apre la prima porzione, mettendo la terra dalla parte opposta alla seconda, collo sterro della quale si chiude la fossa della prima e con lo sterro della terza la seconda e così via via, fino a che si arriverà all'ultima fossa la quale si può chiudere 0 con lo sterro della prima messo in disparte. 0 meglio per non aver trasposti di terra, che sono sempre costosi, togliendo un po' di terra delle ultime divisioni: ed in questo caso la terra scavata dalla prima fossa si può utilizzarla stendendola nella parte più bassa. Per tal modo in un terreno leggermente ondulato, principiando in vari punti bassi, s i può ottenere la livellazione senza alcun trasporto di terra. Col sistema di scasso accennato s' invertono gli strati di terreno in modo che al disopra giunga quello che ha più bisogno dell'aria e dei lavori per esplicare tutta la sua fertil ità. In certi casi però non si possono invertire gli strati, perchè il sottosuolo è di pessima qualità: allora invece si procederà nel seguente modo:

Ammettiamo di dover scassare un terreno per la profondità di 60 centimetri. Lo si divide in tante porzioni eguali di 20 centimetri: s i scassa la prima in tutta la sua lunghezza ed in tutta la sopradetta profondità e si getta la terra in d (vedi f igura 1) parte opposta a quella ove si scasserà la seconda porzione, la quale si scassa per la profondità di due terzi, cioè a 40 centimetri e si getta pure fuori la terra in d. Indi si scassa la terza porzione per un terzo solamente, cioè a 20 centimetri, e la terra si getta sempre in d. si ha così sul principio il terreno scassato da una parte verticalmente, dall'altra a gradinata, di cui ogni gradino risulterà alto e largo 20 centimetri.

A questo punto il lavoro procede spedito. Si scassa il gradino più

basso e s i getta la terra sul fondo della prima porzione c , indi si scassa b' che si getta in b, poi a' che si mette in a.

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Finita questa operazione, il terreno resta con una fossa di forma eguale alla precedente, ma portata più avanti di 20 centimetri, e si procede poi sempre allo stesso modo. Volendo capovolgere la terra soltanto dei due primi strati di terreno, per essere lo strato inferiore di qualità scadente, si mette c ' in c , indi a' in b e b' in a.

Lo scasso andante certo è il più costoso ma. volendo, si può ripartire la spesa in due o più volte, facendo lo scasso a sezioni parziali e precisamente nella larghezza di due metri in tutta la lunghezza del fi lare. Per cui se si dovessero impiantare dei frutti a piramide a quattro metri di larghezza da filare a fi lare si avrà fra questi, e proprio in mezzo, uno spazio di due metri che si dovrà scassare dopo tre o quattro anni. Qualora invece vi fossero degli alti fusti spaziati a dieci metri di larghezza, si scas-serà dopo tre anni dall'impiantagione a destra ed a sinistra del filare una nuova striscia di due metri e dopo altri tre anni gli ultimi quattro metri. In questo modo le radici dei giovani alberi troveranno sempre la terra permeabile e le piante acquisteranno sempre nuova vigoria.

Dovendo fare un impianto in collina (fig. 2) assai pendente, si procederà alla formazione delle banchine, sostenute da muricciuoli a secco (B), 0 più economicamente, da scarpate ad inerbamento (A); basterà una semplice sistemazione con apertura di canali serpeggianti a piccola pendenza per impedire il rapido scorrere dell'acqua in colline di limitata inclinazione.

I sottosuoli molto compatti esigono le fognature, le quali s i fanno mettendo buon strato di calcinacci 0 sassi sul fonde delle formelle e delle fosse dove vanno impiantati i frutti. In quanto alla profondità del terreno da smuovere, il coltivatore deve regolarsi a seconda dello spessore del terreno vegetale e della sua compatezza. — In quei terreni che non ebbero mai arboratura 0 che ne sono privi da molto tempo, lo scasso può farsi meno profondo. Il coltivatore adunque dovrà regolarsi a seconda delle circostanze e non potendo dettare regole f isse, si consiglia in media per i suoli leggeri uno scasso di 60 a 70 centimetri e per i terreni forti da 0.80 a più d' un metro. Affinché

Fig. 2

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le influenze atmosferiche migliorino il terreno, è buona cosa scassare qualche tempo prima della piantagione, lasciando le zolle intere acciò il terreno presenti una superficie scabra; ed il sole, il gelo, le pioggie e l'aria possano così introdursi facilmente a bonificare il fondo. Le formelle e le fosse si chiuderanno all'epoca dell'impianto.

Sarà sempre utile migliorare il terreno, ove si deve collocare la pianta col mescolarvi della terra più fina e più ricca e con dei terricci formati di sostanze che valgono a modificare utilmente la composizione del terreno come sarebbero i concimi chimici, i calcinacci ed i bruciaticci per le terre compatte ecc. ecc.

I concimi chimici saranno bene amalgamati nel terreno con-temporaneamente all' impianto e basteranno circa 10o grammi per pianta della miscela così composta:

45 parti di fosfato di potassa

18 » di nitrato »

37 » di solfato d'ammoniaca

Tempo utile per la piantagione

Sebbene si possa impiantare un albero con buon successo dal momento che si spoglia sino alla nuova vegetazione, pure si preferisce piantar presto nei terreni leggeri ed asciutti, tardi nei terreni umidi ed argillosi. Particolarmente però si preferisce piantare di autunno, perché così alla seguente primavera le piante sono pronte a vegetare di buon'ora ed il loro sviluppo si avvantaggia notevolmente.

Terreni ed esposizioni preferite dalle varie specie di alberi

fruttiferi

Come fu detto più sopra, le piante fruttifere possono prosperare in qualunque sorta di terreno; dovendo però impiantare un esteso pomario, il coltivatore dovrà scegliere possibilmente, con sicurezza di buon esito, quella specie di frutti più adatta alla natura del terreno da impiantarsi. Nei terreni a base calcarea riusciranno di preferenza gli Albicocchi, i Fichi, i Mandorli. In quelli magri, profondi, silicei, cretosi, si può piantare vantag-giosamente il Ciliegio innestato, sul Mahaleb o Ciliegio di S. Lucia: all' incontro di un terreno fresco, compatto, profondo, si sceglie il Ciliegio innestato sul franco (1).

Il melo ama le terre un po' argillose e fresche ed argilloso- calcaree, ma riesce bene anche nei suoli leggeri e secchi, e non teme di molto l'umido purché questo non sia continuato.

Il pero innestato sul Cotogno preferisce i suoli argilloso- calcarei, argilloso-silicei; ma innestato invece sul franco riesce nelle terre secche, leggere, quasi aride, molto calcaree, pietrose ma profonde.

Il Susino è poco esigente sulla qualità del suolo; riesce meglio però nei terreni calcarei o sabbiosi, un poco freschi.

Volendo impiantare dei Peschi si dovrà scegliere quelli innestati sul Mandorlo per le terre molto calcaree, quelli innestati sul Susino per le terre argillose; più vantaggiosamente però si adopera il Pesco innestato sul franco per i terreni secchi calcareo- silicei.

Il Nespolo ed il Giuggiolo prosperano dove le altre piante fruttifere non darebbero alcun prodotto cioè nei suoli poco fertil i, e nei pendii piuttosto scoscesi.

In quanto all'esposizione si può affermare che le piante da frutto a nocciuolo vogliono quella a mezzogiorno: prosperano a tramontana i Nocciuoli, i Lamponi, i Nespoli. Le altre esposizioni sono preferite dalle frutta a granella, osservando di disporne le varietà invernali alle esposizioni più calde, quelle estive alle meno propizie.

Scelta delle piante

Gli alberi sani, robusti, saranno preferiti ed il trapianto riuscirà più facile, la ripresa più assicurata.

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Non si ritenga che basti al suolo d'un vivaio una fertil ità media; ne occorre invece molta e questa non nuoce in nessun caso, essendo un pregiudizio volgare e già condannato dall'esperienza che soffrano le piante allevate in suolo ricco quando, sieno trasportate a dimora in suolo povero.

(1) Dicesi innestare sul franco l'innestare su una pianta della stessa specie.

Ed infatti se il suolo sarà magro e mediocre, i canali linfatici saranno stretti e tali resteranno per tutta la vita dell' albero, mentre se il suolo sarà ricco, i canali suddetti saranno bene sviluppati, e più facilmente assorbiranno le materie nutritive del suolo e del gaz atmosferico. Un albero allevato in suolo ricco e trapiantato in un terreno cattivo prospererà mediocremente, ma un albero stentato e portato in suolo mediocre prospererà ancora meno.

Non s'impianti un albero vecchio; sarà tempo e denaro sprecato.

Quali forme si devono dare agli alberi fruttiferi

A seconda che la coltivazione sarà a campo aperto, grande coltura, che ha per iscopo il prodotto rimuneratore da conseguirsi colla minima spesa possibile, oppure a giardino, piccola coltura, che associa al f ine del prodotto quello dell'estetica e del passatempo personale, si dovranno adottare forme differenti.

Nel primo caso si dovrà scegliere indiscutibilmente le forme più semplici, più naturali, come le più facili ed economiche. Crediamo che non vi sia bisogno di grande studio per riconoscere

che quanto più ci avvicineremo alle forme naturali, tanto più manterremo e renderemo il più possibile, presto e lungamente produttive le piante fruttifere e si formerà la grande e vera frutticoltura razionale.

Nel solo frutteto da giardino si possono ridurre le piante a forme

artificiali, e queste abbisognano dell' indispensabile opera d'un frutticultore intelligente e paziente, che vi consacri lunghe cure continue per il taglio e la mozzatura, e che sappia equilibrare e r ipartire la linfa in tutte le parti della pianta. Nella coltura di esse il tornaconto è posto in seconda linea.

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La forma più propria da preferirsi per la coltura intensiva è l'albero ad alto fusto (fig. 3) cioè un albero con un fusto in media di metri 1.75.

Per la piccola coltura vi sono molte forme fra cui viene utilizzato spessissimo l'alberello o mezzo fusto il quale ha un tronco di circa metri 1.25. Vi è la piramide 0 cono (fig. 4); cioè un fusto guarnito dal basso all'alto di rami la cui lunghezza diminuisce a misura che si avvicina alla parte superiore. Tutte e due le suddette forme spaziano ristrettamente e sono utilissime pei

grandi frutteti da giardino, fruttificando più presto e meglio che gli alti fusti, ma producono meno ed hanno vita più breve. La forma a piramide si adopera maggiormente per i peri; l 'alberetto per quasi tutte le sorta di frutti.

Le altre forme da giardino sono, i vasi, le colonne 0 fusi, le spalliere e contro-spalliere.

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Tutte le piante fruttifere possono assoggettarsi alla forma a vaso; ma è

più specialmente riservata al Pesco ed al Melo innestato sul Paradiso, che dà frutti bellissimi. Esso consiste di un fusto di circa 25 centimetri, da dove partono due 0 tre branche, le quali salgono a forma di calice, e intorno ad esse circolarmente si dispongono i rami. I fusi 0 colonne (f ig. 12), sono fusti guarniti di produzioni fruttifere dalla base alla sommità; sono molto raccomandati, perché, spaziando ristrettamente, possono contenere grande quantità di piante in pochissima area — Le spalliere convengono a tutti gli alberi e si formano ai piedi di un muro facendole sostenere da speciali tutori per allevarle in quelle forme che meglio s'addicono. Le spalliere costano più delle piramidi, ma danno dei frutti assai più belli e succulenti

Le contro-spalliere s i fanno come le spalliere, ma all' aria l ibera. Le spalliere e le contro-spalliere variano molto nella forma. Indicheremo, parlando delle distanze a cui si deve piantare, quali sono le più usitate a seconda della specie di frutti.

Distanze convenienti alle piantagioni

Non è possibile precisare a quale distanza si debbano impiantare gli alberi in un terreno qualunque.

Sapendo che la pianta si sviluppa in ragione diretta della fertil ità del terreno, il coltivatore dovrà impiantare largo nei terreni fertil i, e ristretto in quelli magri. Vi sono poi delle specie e varietà di frutti, che variano nel loro sviluppo come il Pero e il Melo innestati sul franco prendono uno sviluppo maggiore del Pero innestato sul Cotogno e del Pesco. — La varietà del Pero Trionfo di Jodoigne prende uno sviluppo maggiore del Butirra Clairgeau ecc. ecc.

Ciò nonostante si può ritenere in via approssimativa che gli alti fusti (fig. 3) debbano essere spaziati, tenendo conto del loro futuro sviluppo, entro i seguenti termini: da metri 10 a metri 6 in tutti i sensi nei suoli ricchi, profondi e freschi: da metri 9 a metri 5 in tutti i sensi nei suoli sostanziosi e profondi, da metri 8 a metri 4 in tutti i sensi nei suoli meno profondi; da metri 7 a metri 3.50 in tutti i sensi nei suoli leggeri, assai fertil i e profondi: da metri 5 a metri 3 nei suoli leggeri, poco fertili e poco profondi.

Le distanze massime, qui segnate, saranno oltremodo larghe nei primi anni ma possono essere utilizzate piantando tra l' una e l'altra un frutto da coltivarsi a forme basse. Nelle piantagioni ad allea fa un magnifico effetto la disposizione indicata nella fig. 5.

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I mezzi fusti, le piramidi (fig. 4) e le forme a vaso saranno bene spaziati: da metri 4 a 3 in tutti i sensi nei suoli ricchi, freschi e profondi: da metri 3.50 a 2.75 in tutti i sensi nei suoli sostanziosi e profondi; da metri 3 a metri 2.50 in tutti i sensi nei suoli meno profondi; da metri 2.50 a 2.20 in tutti sensi nei suoli leggeri e profondi; da metri 2 a 1.50 in tutti i sensi nei suoli leggeri, poco fertili e poco profondi.

Le forme a colonna (fig. 12) ed a fuso s i potranno spaziare da metri 0.80 a 1.20; si util izzano maggiormente per il Pero innestato sul Cotogno.

Per le spalliere, e così intendasi per le contro-spalliere, le distanze variano

oltre per la natura del suolo e per la specie dei frutti, anche a seconda della loro forma e della larghezza delle loro branche.

Così si consiglia di spaziare la spalliera ad U (fig. 8) metri 0.75 per gli Albicocchi, Ciliegi, Peri, Susini, e circa metri 1.25

per i Peschi. Quella a tridente, (fig. 9) a metri 1 per gli Albicocchi, Peri a Susini; metri 1.25 per Ciliegi e metri 2.40 per i Peschi. Quella a candelabro (fig. 10) e quella a doppio U (fig. 11) a metri 1.40 per gli Albicocchi, Mandorli, Peri e Susini; metri 1.60 per i Ciliegi e metri 2.40 per i Peschi.

La spalliera a ventaglio (f ig. 13) e la spalliera Verrier semplice (fig. 14) di sole cinque branche si spazieranno a metri 1.30 per gli Albicocchi, Mandorli, Peri e Susini, a metri 1 80 per i Ciliegi e metri r.6o per i Peschi. Quando però si voglia loro dare una ramificazione maggiore si spazieranno le piante presso a poco come nella spalliera semplice orizzontale (f ig. 15) cioè; metri 6 a 4 per i Ciliegi, Mandorli, Peri e Susini; e metri 7 a 6 per i Peschi. Ad eguale distanza si spazieranno la spalliera semplice obliqua (fig. 16), la spalliera doppia (fig. 17), la spalliera a lira (fig. 18), e la spalliera Verrier doppia (fig. 19).

Il cordone obliquo semplice (fig. 23), s i spazierà a metri 0.60 per gli Albicocchi, Peri e Susini, metri o 70 per i Ciliegi e Mandorli. Il cordone obliquo doppio (fig. 25) a metri 0.80 per gli Albicocchi, Mandorli, Peri e Susini; metri 0.90 per i Ciliegi. I cor-

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doni orizzontali si spazieranno se unilaterali (fig. 24) da metri 1 a 1.50 e se unilaterali a doppio cordone (fig. 28) da metri 2 a 3: per quelli poi bilaterali (f ig. 27) da metri 2 a 2.50; se bilaterali a doppio cordone (f ig. 29) da metri 4 a 5. — Riescono discretamente in tale forma anche i Peri innestati sul Cotogno, oltre ai meli.

Cure necessarie al ricevimento delle piante.

Appena ricevute, le piante si mettono subito in posto stabile; in caso che ciò sia impossibile, s i dispongono le une presso le altre; colle radici bene interrate, fino al momento dell'impianto. Se il tempo andasse asciutto, sarà buona cosa inaff iarle; se invece sopraggiungesse il gelo si dovrà ripararle col coprire il terreno di concime mezzo spento.

Nel caso che per un lungo viaggio la corteccia sembrasse piuttosto crespa 0 quasi essicata, bisognerà immergere le piante in un bagno per due 0 tre ore, dopo il quale converrà praticare l'apertura d'una fossa profonda 20 cm. circa, ove, orizzontalmente interrate del tutto, sarà necessario lasciarle per 4 0 5 giorni inaffiando la soprastante terra a più riprese, affinché le f ibre possano riprendere quella l infa vitale che difficilmente si potrebbe ottenere senza una tale operazione.

Se l'arrivo delle piante accadesse all'epoca dei geli, sarà d'uopo prima di sciogliere i colli di r itirarli in luoghi ove la temperatura sia alquanto mite, come p. e. una camera, una cantina, ecc., poiché le piante, non devono essere sballate che dopo il loro lento sgelo.

Piantagioni

Allorquando il terreno sarà preparato, si segneranno allineatamente e regolarmente con pali i siti dove saranno poste le piante, e quali, qualunque sia la forma, tranne che la spalliera, saranno disposte a quinconce, avendo in tal modo un eguale spazio da ogni lato. Le varietà dei frutti più vigorose verranno sempre impiantate nei siti centri del frutteto mentre nei lati estremi, ove scorrono più libere l'aria e l a luce, saranno impiantate quelle di minor vigoria.

Prima dell'impianto si dovranno amputare con ferro bene aff ilato tutte le radici guaste 0 lacerate, e sarà buoni cosa spuntare anche le radici sane, per favorirne l'assorbimento ed ottenere prontamente il loro sviluppo. Si dovrà pure raccorciare di circa un terzo della loro lunghezza i rami che compongono la pianta e ciò per ristabilire l'equilibrio di vegetazione fra le radici e le frondi nascenti. Questo taglio non sarà da confondersi con quello che si farà dopo il primo anno di impianto per la forma che si desidera dare al soggetto.

Si porrà quindi la pianta al posto designato avvertendo di stendere bene le radici orizzontalmente coprendole di terra fina e sciolta che si comprimerà leggermente perché sia in contatto colle radici e non lasci alcun vuoto. A far sì che la terra aderisca meglio, consigliamo di immergere le radici in un bagno ove si trovi sciolto dello sterco bovino e del terriccio grasso. Questa cura non sarà da trascurarsi mai negli impianti tardivi.

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Finita la piantagione, il colletto della pianta, ossia il punto che determina la divisione tra la radice ed il tronco, dovrà trovarsi a f ior di terra. Si dovrà però calcolare l' avvallamento che farà il terreno con la pianta dopo un certo tempo, il quale sarà da 8 a 12 cm. per ogni metro di profondità a seconda del terreno forte o leggero, e perciò si dovrà attenersi sempre ad un livello più alto della terra circostante (f igura 6 e lettera B). Raccomandiamo questa regola onde non si incorra nell'errore di impiantare troppo profondamente, massime nelle terre argillose perché ivi, introducendosi diff icilmente l'aria atmosferica, le radici non potranno funzionare e le piante finiranno per trascinare una vita languente e malaticcia producendo frutta scadenti.

Da ciò emerge che una piantagione eccessivamente profonda è assai più funesta di quella contraria, e quando si tema che il vento sradichi ed arrovesci gli alberi si potrà assicurarli con qualche sostegno (figura 7 lettera A).

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Le piante esposte a possibili guasti si dovranno rivestire con rami spinosi come dalla figura 7, lettera B. Qualora si dovesse trapiantare un albero già ricoperto di foglie sarà indispensabile sopprimerle, conservando il loro picciuolo destinato a proteggere le gemme. Si dovranno sopprimere pure le estremità erbacee dei rami per evitare l'evaporazione della linfa.

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Dopo l' impianto è necessario l'inaff iamento, da ripetersi a seconda dei bisogni. Sarà molto vantaggioso ricoprire il terreno occupato dalle piante con uno strato di pagliolo 0 di foglie secche. Questa specie di coperta, util issima per ogni genere di coltivazione, mantiene fresco il terreno durante gli eccessivi calori estivi e per conseguenza risparmia le freguenti inaff iature: trattiene inoltre l'acqua delle rare e brevi pioggie che sovente in estate cadono precipitose, e permette che penetri a poco a poco nel sot-tostante terreno e intorno alle radici delle piante. Nei terreni poveri e mediocri abbiamo visto che sarà necessario fare una leggera concimazione alternata con trasporti di buona terra 0 terriccio al piede di ogni pianta onde mantenerla in fertilità suff iciente e regolare. E' pure molto consigliato sostituire d'inverno la copertura di pagliolo con quella di un buon strato di concime il quale ripara alquanto le radici dai rigidi freddi e fa penetrare nel terreno il sugo nutriente.

Si terrà sempre sarchiato il terreno sulla totale superficie occupata dalle radici, pulito dall'erba e sopratutto esente da altre colture.

Avviene talvolta che si arriva in luglio prima che certe piante fruttifere si dispongano a svilupparsi, quantunque sieno vive 0 con la corteccia verde e fresca. Per provocarne la vegetazione, bisognerà levarle da terra, metterle in un bagno d'acqua fresca per tre 0 quattro ore, e poi ripiantarle, dopo aver loro spuntate tutte le radici, in modo da asportarne quelle estremità che fossero annerite.

Considerazioni generali sulla vegetazione

Cenni sulla fisiologia vegetale

Prima di parlare della potatura sarà necessario conoscere le parti principali della pianta, sopra cui dovrà il potatore lavorare e far calcolo delle sue operazioni.

La pianta si compone: delle radici, del tronco, delle branche, delle foglie, e delle gemme.

La radice è l'organo della pianta che l'attacca al suolo per assorbire il

necessario nutrimento, per f issarla e sostenerla. Essa consta di fittone, la parte più voluminosa, di barbicene formanti la parte essenzialmente assorbente delle radici e del nodo vitale, più comunemente detto colletto, cioè come vedemmo, il punto che determina la divisione tra le radici ed il tronco.

Il tronco è l'organo che cresce in senso inverso alle radici, cioè verso l'insù. Dal tronco partono e ne sono la

continuazione

le branche le quali sono composte degli stessi strati di tronco, cioè: parlando dei principali, canale midollare posto nel centro, a cui, t ien dietro il legno, il libro o sottocorteccia e la corteccia, ultimo rivestimento del fusto.

Le branche s i distinguono in branche a legno, destinate a sviluppare l'albero e formare propriamente lo scheletro e dare nascita ad altre branche più piccole, che si chiamano branche a frutto.

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Tra le branche a legno si distinguono le branche madri, che

formano la prima divisione del tronco (e per la piramide è il tronco stesso) e le branche laterali che si sviluppano sulla branca madre, le quali poi si dicono biforcate o triforcate a seconda che si dividono in due o tre rami.

I rami sono le branche di un anno. Tra le branche a legno abbiamo i papponi o succhioni ed i falsi rami.

Papponi chiamansi i rami che hanno preso un accrescimento sproporzionato ai rami vicini, in qualunque caso, se la mano del coltivatore non vi porta rimedio, minacciano di assorbire in gran parte il vigore dell'albero e distruggere l'equilibrio. I papponi nascono sotto le branche che fanno cubito, ove la circolazione della linfa è lenta. I papponi non si devono tollerare in un albero ben costituito, ma però sono molto utili per rifare i rami a legno negli alberi vecchi e formare presto il nuovo scheletro della pianta.

I falsi rami sono la produzione delle gemme che si sono sviluppate l'anno stesso della loro formazione. Nel tempo della potatura vengono considerati come gli altri rami.

Le branche a legno sono egualmente organizzate in tutti gli alberi fruttiferi: non così si può dire per le branche a frutto.

Le branche fruttifere del Pero, ed in generale delle piante a granella, hanno bisogno di un biennio almeno per giungere a formazione completa, ossia per avere perfette le gemme floreali, mentre le branche a frutto del Pesco e così per tutti i frutti a nocciuolo, nell'anno in cui sorgono si completano fornendosi durante l'estate di buon numero di gemme fruttifere: ed alla primavera successiva si caricano di frutta. Ma se le piante del Pero non hanno così rapido sviluppo nelle loro formazioni fruttifere, continuano almeno a produrre frutti per vari anni. Mentre le branche del Pesco, quando hanno condotto a termine la fruttificazione, diventano inutili e si sopprimono.

Fra le branche a frutto delle piante a granella abbiamo: Il brindil lo, piccolo ramo gracile, allungato, flessibile, avente da 1o a 20 cm. di lunghezza. Esso si trova sopra a tutte le branche delle piante, vegeta poco ed è uno dei primi aiuti per la fruttificazione. Si dovrà dunque conservarlo sulle piante giovani e vigorose per avere una produzione fruttifera abbondante. Negli alberi deboli poi il brindillo è di poca utilità, perché su questi le produzioni floreali abbondano più del bisogno.

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Il dardo è un ramo avente da 1 a 7 cm. di lunghezza; trovas i

impiantato ad angolo retto indistintamente sopra tutte le branche ed è munito d'una gemma terminale allungata e conica, che f inisce ad un tempo indeterminato a prendere i caratteri d'una gemma a frutto, ed allora chiamasi dardo perfetto o lamburda (lambourde).

Una mano abile sopra alberi fertil issimi può anticipare, coi mezzi che vedremo, lo sviluppo del dardo ed in questo caso il dardo si fa perfetto con corteccia l iscia, mentre quello che si forma invecchiando, ha corteccia ruvida, fiorisce ma fruttif ica male. I dardi non devono essere soppressi salvo siano in grande numero sullo stesso punto.

I borsetti sono quegli ingrossamenti sopra i quali sono generalmente attaccati i peduncoli dei fiori e sono carnosi, teneri, troncati alla parte superiore, con parecchie gemme a legno alla circonferenza, disposte Fig. 12 a trasformarsi in bottoni 0 gemme a fiore. Il borsetto è un organo essenzialmente fertile che tende costantemente a dar frutto, ma che può dare legno in caso di bisogno.

Fra le branche a frutto, del Pesco, e così dicasi presso a poco per quelle degli alberi a nocciuolo, abbiamo invece le seguenti due specie; ramo a mazzetto, ramo a frutto comune. Il ramo a mazzetto ha tal nome perché porta all'estremità un nucleo di gemme floreali aventi nel centro una gemma a legno. Alla base di questo ramo stanno alcune gemme, o latenti o poco sviluppate.

Il ramo a mazzetto è corto, varia di lunghezza da due a cinque cm., ed è il solo ramo a frutto del Pesco che possa, vera eccezione alla regola, fruttificare per alcuni anni di seguito, grazie al nucleo suddetto ed alla grande concentrazione di forza derivante dalla sua cortezza. E' evidente che questo ramo non vuole alcuna

Fig. 14 Fig. 15

potatura.

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Il ramo a frullo o comune è i l vero portatore della produzione dei Pesco. Questo ramo di forma slanciata, analoga a quella del brindillo, è lungo da 25 a 60 cm. di colore rosso chiaro e roseo dal lato del sole e verdognolo dal lato opposto. Porta numerosi bottoni alternati ed uniti con gemme a legno. Comunemente nel primo tratto verso la base, mostra gemme in gran parte nascoste ed altre poco sviluppate, insieme a qualche bottone. Sulla parte mediana invece ed in quella alta si mostrano gemme a legno isolato, bottoni semplici, cioè solitari, bottoni due a due, cioè doppi, che generalmente non sono altro che una gemma a legno ed infine bottoni tripli, ossia tre a tre. Di consueto però i bottoni laterali sono bottoni propriamente detti e quello di mezzo è una gemma a legno.

Fig. 16

La foglia è l'organo della pianta che stabilisce lo scambio delle sostanze gazose. Le radici assorbono dalla terra l'acqua e quelle sostanze alimentari proprie alla nutrizione della pianta e costituiscono la linfa che viene sollevata per entro il tronco, diramata in tutte le parti dell'albero con tendenza d'accorrere

principalmente nei rami giovani e verticali fino alla estremità delle foglie. La linfa ascendente non nutrisce la pianta, ma una volta arrivata alle foglie ed in generale alle parti verdi, viene per mezzo dei pori ad eliminare i principii acquosi ed alimentarsi delle sostanze gazose, diventando nutritiva. La linfa così elaborata prende il nome di cambio, acquista maggior densità, discende per altra via, cioè sotto la corteccia, e va a nutrire ed accrescere tutte le parti della pianta.

Le gemme sono gli organi della pianta che contengono i rudimenti delle foglie, dei f iori e delle branche: esse sono quei corpi

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più o meno conici coperti di scaglie, che trovansi ordinariamente alle ascelle delle foglie ed alle estremità dei rami. Il prodotto del loro primo sviluppo chiamasi germoglio. Come le branche, anche le gemme, si dividono in gemme a legno ed in gemme a frutto o più propriamente bottoni. Esse si distinguono facilmente, che le prime hanno una forma appuntita mentre la seconde sono più grosse, più corte, più arrotondate. Le gemme a legno sono di

quattro sorta, cioè laterali, terminali, nascoste, avventizie. Le gemme laterali sono quelle che nascono lungo i rami. Le terminali quelle che si trovano all'estremità dei rami. Le nascoste sono collocate sul vecchio legno, e restano sovente parecchi anni senza svilupparsi 0 lo fanno solamente per una causa favorevole, altrimenti spariscono. Le gemme avventizie sono impercettibili e sbucano dalla corteccia del vecchio legno in seguito ad una forte amputazione.

I bottoni, come abbiamo visto, si distinguono in semplici, doppi e tripli, a seconda del numero in cui si sono uniti.

A seconda poi della specie di frutti, vi sono bottoni che hanno un fiore solo come l'Albicocco, il Ciliegio, il Cotogno, il Mandorlo, i l Nespolo ed il Pesco: mentre il bottone dell'Azzeruolo, del Melo e del Pero dà una grande quantità di f iori. Le gemme a legno ed i bottoni, come vedremo, hanno un effetto contrario nella vegetazione della pianta.

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Potatura

La potatura è l'assieme delle diverse operazioni che si praticano sopra un albero allo scopo:

1. di ridurlo ad una forma regolare e ripartire il più egualmente possibile la l infa fra tutte le sue parti.

2. di farlo fruttare quando vi fosse poco disposto. 3. di mantenerlo in buono stato di produzione. 4. di ottenere dei frutti più grossi, di migliore qualità e più precoci. 5. Di prolungare la sua esistenza. E' adunque indispensabile sottoporre una pianta alla potatura ma a

condizione ch' essa sia eseguita a seconda dei principii di fisiologia vegetale.

Una potatura male applicata compromette la produzione e la vita degli alberi.

Si distinguono due sorta di potature: quella d'inverno e quella d'estate. In via generale si può dire che la potatura d'inverno si può cominciare

dal momento che l'albero è privo di foglie, cioè da novembre a tutto marzo, fatta eccezione dell'epoca dei forti freddi.

Si taglieranno presto le piante deboli, affine di r inforzarle: tardi le vigorose per indebolir le.

Si terrà conto di principiare pure la potatura di quegli alberi che prima si mettono a vegetare e sopratutto quelli a nocciuolo soggetti alla gomma.

L'epoca del taglio d'estate è fra maggio ed agosto. Gli strumenti necessari al potatore sono: il potatoio, lo Svettatoio e la Sega

a mano. Le operazioni alle quali si possono sottoporre gli alberi fruttiferi sono

le seguenti: amputazione, raccorciamento, rinvigorimento, indebolimento, sbrancamento, scapezzamento, incavi o tacche, incisioni longitudinali od obblique, incisioni trasversali, incisioni ad anello, accecamento delle gemme, inclinazione dei ramicelli, sfrondamento, mozzamento, frangimento, sfogliamento, diradamento dei frutti, taglio allo stato verde, taglio d'agosto, palizzamento

Amputazione. — E' operazione consistente nel portar via tutti od in parte i rami sottoposti alla potatura, adoperando possibilmente il potatoio ben tagliente: si farà sempre in senso obliquo

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ed in modo che il taglio cominci dal lato opposto della gemma che si vuol conservare. (Vedi la f ig. 20 al punto A) Qualora l'amputazione fosse indispensabile eseguirla collo svettatoio; si starà lontani alquanto dalla

gemma per non farla soffrire coll'ammaccatura che produce questo strumento. Se invece si dovrà adoperare la seghetta, abbiasi sempre cura di pulire il taglio col potatoio.

Raccorciamento. — Ha luogo quando una pianta diventa debole per cagione di una continua sovrabbondanza di frutta, nel qual caso si raccorciano tutte le branche al disotto dei rami dell'annata precedente, in modo da far rifluire la linfa e far sbucare delle gemme destinate a rivestire i vuoti ed ottenere delle branche a legno più forti. Il taglio si deve fare sopra un nodo 0 sopra una branca che formi cubito per far sviluppare tanto le gemme nascoste, quanto le avventizie. Questa operazione si applica per qualunque sorta di frutti.

Rinvigorimento — Costituisce il richiamo a nuovo vigore di una pianta debole, togliendo in tutto od in parte le produzioni fruttifere.

Indebolimento. — Una pianta che non si dispone a dar frutto in causa di eccessivo vigore si deve indebolirla tagliando corto 0 levando in parte i rami a legno, lasciando intatti i rami a fiore. Si può indebolirla anche tagliando qualche radice. Questo mezzo sarebbe utilissimo se fosse più pratico.

Sbrancamento. — E' la soppressione di tutte le branche e si pratica sopra 1111 albero spoglio, mal diretto 0 mal fatto allo scopo di ottenere nuove branche. Questa operazione si pratica maggiormente per le piramidi e per le spalliere quando però il fusto sia sano. Riesce con successo sopra gli alberi a granella, non così bene in quelli a nocciuolo. Scapezzamento. — Si adopera esclusivamente sulle vecchie piante fruttifere a granella tagliando ogni ramificazione del tronco per gli alti fusti od il tronco stesso a qualche centimetro sopra l'innesto se trattasi di piramidi 0 spalliera. Incavi o tacche. — Non sono altro che incisioni più 0 meno profonde che si fanno sulle piante a granella per intercettare il passaggio della linfa, (fig. 21 B. - C.) Si fanno al di sopra 0 al disotto di una gemma 0 di una branca a seconda se si vuol promuovere 0 diminuire il suo vigore.

Incisioni longitudinali ed oblique. — Si praticano immergendo la punta del potaio nella corteccia senza offendere il legno e facendola scorrere in tutta la lunghezza voluta. Si eseguiscono sul fusto degli alberi e sulle branche dove la corteccia indurita comprime i canali linfatici, e impedisce la circolazione. (Fig. 21 lettera A).

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Le incisioni oblique si fanno quando si teme che la corteccia si apra troppo con l' incisione longitudinale.

Questa operazione si fa anche sulle piante a nocciuolo quando sono in vegetazione per evitare la gomma o per guarire l'albero da questa malattia. In questo caso devonsi fare più parcamente e meno profonde.

Incisioni traversali. — Consiste nel fare un taglio intorno ad una branca o ad un ramo, toccando il legno per interrompere i canali l infatici. E' un mezzo termine degli incavi e s i adopera sui rami e branche deboli. Si

preferisce questa operazione per le piante a nocciuolo.

Incisione ad anello — Si eseguisce levando senza toccare il legno, un anello di corteccia variabilmente largo a seconda del diametro della branca sulla quale viene ese-guita, però non dovrà superare il centimetro (fig. 22 A). Ha per iscopo di arrestare la circolazione del cambio cioè della linfa discendente già elaborata.

Si pratica al disotto della inserzione delle frutta alla distanza di tre cm. per accrescere ed accelerare la loro nutrizione.

Questa incisione si eseguisce nelle piante a granella ed in particolare nella vite, senza abusarne, perché potrebbe indebolire in poco tempo gli alberi più vigorosi.

Accecamento delle gemme. — Quando una gemma è sorta malamente, è utile levarla per evitare dispersione della linfa, la quale farebbe sviluppare un ramo che bisognerebbe poi tagliare.

Inclinazione d e i ramicelli . — Consiste nel curvare all ' i n g i ù i n f o r m a d'arco 0 di mezzo cerchio i rami e le branche allo scopo di rallentare la circolazione della linfa a produrre dei bott o n i . Consigliamo tale operazione solamente per le branche laterali più vigorose 0 pei brindilli. In tutti e due i casi si avrà cura di sopprimere la gemma terminale.

Sfrondamento. — Ha per iscopo di sopprimere i ramicell i (papponi falsi rami e rami inutili) che abbandonati a sé stessi andrebbero ad assorbire la linfa a detrimento dei rami utili.

Quanto più presto verrà eseguita questa operazione tanto più sarà all'albero vantaggiosa. Questa operazione che si usa

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costantemente per le forme da giardino, sarà utilissima per gli alti fusti nei primi loro anni.

Mozzamento. — Consiste nel sopprimere coll'unghia del dito pollice premendo contro l' indice o con uno strumento tagliente, la parte superiore d'un ramicello per arrestare:

1. la sua vegetazione allo scopo di favorire lo sviluppo dei ramicelli util i non mozzati.

2. di ottenere delle biforcazioni sui rami anticipati necessari alla formazione dell'albero.

3. di mettere a frutto la parte mozzata. Il mozzamento è una delle principali operazioni per la regolare

condotta d'un albero. Si mozza al di sopra di cinque o sei foglie quando il ramicello ha preso un po' di consistenza alla sua base, ma che però trovasi sempre allo stato erbaceo. Così non si mozzerà troppo presto se non si vuole che la l infa abbandoni la parte mozzata rendendola debole, non si mozzerà troppo tardi altrimenti le gemme che hanno avuto tempo a ben formarsi si svilupperanno subito costringendo a mozzare una seconda e terza volta a due e tre foglie al più senza ottenere un lavoro vantaggioso. E' con l'aiuto della mozzatura in tempo utile che si mettono a frutto gli alberi rapidamente; allora i ramicelli mozzati ingrossano le gemme a legno, trasformandole sovente in bottoni e molte volte a! primo anno, come per i Pomi innestati sul paradiso.

La mozzatura si fa tanto più rigorosamente quanto più vigoroso è un albero; ma un albero debole si mozzerà poco e più in lungo.

Si dovrà r isparmiare le mozzature sugli alberi che sono forniti di produzioni fruttifere, perché non si riuscirebbe che a farle sviluppare fuori di tempo.

Se tre o quattro ramicelli si presentano sopra un medesimo punto si dovrà conservare solamente due dei più promettenti, di cui uno si mozzerà corto, lasciando il secondo intero e per qualche tempo.

Se i ramicelli da mozzarsi saranno in numero considerevole, si compirà il lavoro in più riprese, mozzando sempre i ramicelli più forti.

Taglio allo stato verde. — E' un correttivo dell' amputazione e si pratica in tutti gli alberi, ma particolarmente sul Pesco, ed ha per iscopo di sopprimere:

1. Le branche che destinate a portare frutto, per qualche accidente non ne avessero, aff ine di lasciar crescere i ramicelli di rimpiazzamento.

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2. Un ramo e quelle branche che hanno preso troppo sviluppo, avvertendo di fare tale operazione sopra un ramicello il quale dovrà servire al prolungamento della branca e del ramo.

3. Quel ramo mozzato il quale abbia fatto sviluppare una quantità di falsi rami, conservando solamente quello inferiore.

Questa operazione deve essere fatta con le maggiori cautele. Taglio d'Agosto. — Si pratica quando la linfa ha rallentato il suo corso

(Luglio-Agosto) sopra gli alberi a granella e specialmente su quelli a piccole forme, sopprimendo, all' altezza di tre 0 quattro foglie, tutti i falsi rami che sono stati conservati interi all'epoca della mozzatura 0 del frangimento. Questa operazione dispone le gemme conservate a trasformazioni a frutto.

Come per la

mozzatura, quando

un albero sarà carico di molti falsi rami da tagliarsi, s i eseguirà il lavoro i n p i ù riprese in modo che le gemme non abbiano a svilupparsi rapidamente e dare dei nuovi rami. Esse dovran-no solamente gonfiare, allungandosi ed arrotondandosi a seconda si che tra- sformeranno in dardi 0 in

bottoni. Frangimento. — Questa operazione, nociva per le piante a nocciolo, è

in uso per quelle a granella, e si pratica da Luglio a Settembre quando i rami sono divenuti forti e non si possono più mozzare. Essa consiste nel rompere invece che tagliare quei rami lunghi e deboli che si vogliono ridurre a frutto. Per fare questo frangimento s'appoggierà il taglio del potatoio contro il ramo al punto che si vuol frangere, rovesciando col pollice questo ramo sopra la lama senza svellerlo. Il frangimento si farà all' a Pezza di 6 a 7 cm. dalla inserzione del ramo. Questa operazione ha per iscopo di rallentare il corso della linfa nei rami infranti, far ingrossare le gemme che trovansi alla base per trasformarle in gemme a frutto. Il frangimento produce una piaga diff icile a cicatrizzare e per quello mette più prontamente a frutto. La parte mozzata sarà al tempo della potatura invernale asportata. Sfogliamento. — Consiste nel levare le foglie, lasciando però il picciuolo, allo scopo d'esporre i frutti a godere maggiormente dell'influenza del sole onde acquistino quel

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colore e quel profumo che non avrebbero se fossero maturati al l'ombra. Tale lavoro si pratica principalmente sul Pesco ed anche sulla Vite, e dovrà farsi solo allorché il frutto è arrivato alla massima sua grossezza.

Diradamento dei frutti. — S'intende levare quelli che sono troppo spessi e che nuociono alla bellezza degli altri ed alla salute dell'albero. Tale operazione, buona per tutti i frutti, viene praticata principalmente per i Peschi e per la Vite. La quantità dei frutti da diradare viene regolata a seconda della natura dell'albero ed a seconda dell'annata più o meno favorevole alla produzione. Si dovranno sempre eliminare i frutti difettosi.

I frutti che presentassero forme voluminose, sarà bene assicurarli con uno speciale sostegno rappresentato dalla fig. 26; per accrescere poi maggiormente il loro volume si potrà, coll' innesto di approssimazione, unire il picciuolo del frutto ad un ramicello sovrastante come dalla fig. 26 lettera A, e ciò per dare al frutto maggior nutrimento.

Palizzamento. — Ha per iscopo di fissare l'albero ad un muro, sia direttamente, sia col mezzo di un pergolato se trattasi di spalliere 0 su pergolato isolato se trattasi di controspalliera per mantenerlo in quella forma che gli si vuol dare.

Si fissa al muro col mezzo di lacciuoli (vedi fig. 1 3 , lettera A) ed ai pergolati legandoli con vimini 0 con corteccia di tiglio 0 meglio con Raff ia.

Il primo metodo è il più difficile e meno speditivo. Un pergolato per sostegno di spalliere o di contro spalliere che sia

solido, economico, duraturo ed elegante si ottiene in questo modo: Si tira orizzontalmente lungo il filare di piante tanti fi li di ferro

quanti occorrono per arrivare a certa altezza, in media di 111. 2.50, tutti ad uguale distanza, che varia da 20 cm. (come pei peschi) a 30 secondo le qualità e la vigoria delle piante. Il f ilo deve rimanere distante dal muro 7 cm., deve essere zincato, del n . 1 5 ; si fanno circa 30 metri di cammino con 10 Chilogrammi di fi lo.

I sostegni, pali di ferro forti, forati, saranno a 4 m. circa di distanza l'uri dall'altro; piantati in terra per le controspalliere, e sostenuti da arpesi trattandosi di spalliere. Ciò fatto si pongono verticalmente, ed obliquamente, alti da terra 23 cm. tanti staggetti di legno di un cm. e mezzo di grossezza, variamente distanti a seconda della forma di spalliera che si vuol apottare. Questi staggetti, pochi per i primi anni della pianta, saranno aumentati di mano in mano che aumenteranno le ramificazioni.

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Per le spalliere più semplici basteranno solamente tre fili di ferro, uno in alto, uno in basso ed uno a metà; e per i cordoni obliqui basteranno i fili di ferro alla distanza di 50 cm.

Per tirare il fi lo di ferro vi sono speciali meccanismi. Perché gli staggetti e i sostegni di legno abbiano a durare molto

tempo, si avrà cura d'immergerli, prima di metterli in opera, per una diecina di giorni, in un bagno, nel quale siano stati sciolti per ogni ettolitro d'acqua 3 chili di solfato di rame.

Il recipiente sarà di legno e il solfato sarà sciolto preventivamente con acqua calda. Si potranno poi colorire ad olio in verde.

La parte dei sostegni di legno che va interrata si dovrà spalmarla a catrame, perché non marcisca facilmente.

I migliori sostegni saranno sempre quelli di ferro a T, i quali si profonderanno per 50 centimetri nel centro di apposito vaso conico di terra cotta il quale sarà riempito di cemento per ottenere la saldezza del sostegno.

Tanto per le spalliere che per le controspalliere specialmente di Peschi, è utile, quasi necessario, premunirsi dai danni delle brine, e questo scopo si raggiunge mediante appositi ripari posti superiormente alla pianta.

Principi fondamentali della potatura

I principii fondamentali della potatura, stabiliti fino da due secoli da Ouintinie furono riuniti succintamente da Boitar nella sua Physiologie vegetale. Sono venti questi principii e crediamo utile riportare testualmente: giacché nessuno potrà essere buon potatore senza averli a memoria e senza saperli convenientemente applicare. Noi cercheremo di svilupparli maggiormente, facendoli seguire da brevi spiegazioni:

1. Il vigore di un albero dipende in gran parte dall'eguale ripartizione della linfa in tutte le sue branche.

Si cercherà per quanto sarà possibile, che le branche di un albero sieno tutte alla medesima distanza e ch'esse occupino rispettivamente la stessa posizione, con quantità non troppo disuguale di gemme, di foglie, di rami e di frutta.

Se una branca prenderà troppo sviluppo, si potrà indebolirla coi tagli corti, con ripetuti mozzamenti, frangimenti, sfogliamenti, lasciandole tutte le produzioni fruttifere. — Se invece converrà rendere vigorosa una branca debole, bisognerà tagliar lungo specialmente se è fornita di gemme a legno, si sopprimeranno le frutta, si lascieranno crescere liberamente i rami e si procederà a qualche incisione. In conseguenza, se un albero presentasse delle ramificazioni forti ed altre deboli, bisogna trattarle differentemente a seconda della loro vigoria. 1. La vigoria e la duratura di un albero dipende, in gran parte dal costante equilibrio esistente tra le sue branche e le sue radici.

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Quanto più un albero è ben fornito di radici, tanto più vegeta vigorosamente; e quanto meno ne ha, tanto più meschino esso resta. Si favorirà lo sviluppo delle radici se si vuol branche forti: dunque buoni dissodamenti, buoni ingrassi; spessi e leggeri lavori superficiali di vangatura e zappatura. La soppressione delle frutta ed il taglio corto sono mezzi pure utili per attivare la formazione delle radici.

3. La linfa tende sempre a salire, dalle radici alle branche più verticali; essa abbonda nelle branche dirette a detrimento delle altre.

Si potrà dunque togliere 0 dare vigoria ad una branca a seconda che si inclina o si pone verticalmente.

4. La linfa sviluppa dei rami molto più vigorosi sulle branche tagliate corte che sopra quelle tagliate lunghe.

Difatti quante più gemme sarà costretta ad alimentare la stessa quantità di linfa, tanto più deboli saranno i rami da esse svi luppati.

Nel caso che a noi ora si presenta, diversamente da ciò che è stabilito nel principio 1, si parla di un albero dal quale siano da tagliarsi tutte le branche e non una sola.

5. La linfa tende sempre ad abbondare all' estremità delle branche; sviluppando i rami terminali con più vigoria dei laterali.

La gemma terminale essendo più sviluppata che le altre attira a se più linfa; si dovrà dunque sopprimerla se non si desidera allungare la branca ed annientare le gemme laterali che sono alla base.

6. Se si sopprime interamente una branca, la linfa va a beneficio dei rami e delle branche vicine.

Interrompendo il corso della l infa con un taglio, è naturale ch'essa affluisca allo sbocco più vicino.

7. Le branche, nelle quali la linfa abbonda, producono molto legno e poche frutta, quelle di poca linfa danno più frulla che legna.

Questo principio non ha d'uopo d'essere dimostrato, essendo in relazione a quanto fu detto precedentemente.

8. Quanto più la linfa è difficoltata nella sua circolazione, tanto più essa produce rami e gemme a frutto.

Abbiamo visto per qual ragione la linfa scorre troppo attivamente, cioè quando i rami e le branche molto vigorose s' innalzano verticalmente dal fusto, causa per cui non si ottiene che legno.

Le branche inclinate che formano delle ramificazioni con le branche verticali r icevendo poca linfa si mettono prontamente a frutto.

9. Tulle le branche già sfrondate o mozzate producono (per l'esuberanza di linfa che non trova più modo a sviluppare del legno) una gran quantità di rami a frutto e di bottoni.

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Difatti se si mozza un ramicello al di sopra di tre o quattro gemme, queste si sviluppano ordinariamente producendo o dardi o brindilli o bottoni, come abbiamo spiegato trattando della mozzatura.

1o. Quanto più si sforza un albero a dare dei frutti, tanto più esso si esaurisce; e quanto più gli si lasciano produzioni legnose, tanto più aumenta la vigoria.

Abbiamo accennato come le foglie concorrono alla respirazione ed all'alimentazione dell'albero. Ora quanto più rami ha un albero tanto più ha foglie; ed in conseguenza più vigoria. Le frutta in luogo di procurare nutrizione all'albero assorbono la linfa a proprio vantaggio, e perciò quanto più un albero ha frutti, tanto più si esaurisce.

11. I bottoni nascono od all' estremità dei rami o lungo le branche a seconda

delle specie dell' albero. Ciascuna specie di frutto dovrà essere portata a seconda del posto

occupato da queste gemme: così il Pero non si taglia come il Pesco. 12. I bottoni nelle specie a granella, nascono più comunemente sul vecchio

legno, mentre nei. frutti a nocciuolo nascono sul legno di. un anno. Questo principio fu già trattato parlando della gemma. 13. Sugli alberi a granella tutte le gemme sono organizzate in maniera che,

sviluppandosi, possono produrre, a seconda dei bisogni, gemme a legno o brindilli o dardi.

Per non ripetere, r inviamo a quanto abbiamo detto, riguardo all'operazione della mozzatura, del frangimentto, e degli incavi 0 tacche.

Fig. 30

14. Negli alberi a nocciuolo, i bottoni nascono ordinariamente sul legno di un anno e non si possono trasformare in gemma a legno.

Anche questo principio ebbe spiegazione trattando della gemma. 15. Quasi lutti i bottoni degli alberi da frutto a nocciuolo restano sterili se essi

non sono accompagnali da una gemma a legno.

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Questo principio è espresso così chiaramente che troviamo inutile qualunque spiegazione.

16. Tulle le branche a frullo del Pesco allorquando esse hanno dato le loro frutta, non ne danno, più.

Questo principio, pur vero, ha bisogno di essere completato. Non bisogna, dopo che una branca ha frutto, tagliarla totalmente, ma

si dovrà r isparmiare in ciascuna potatura, una o due gemme a legno per ottenere due o tre branche a frutto per l'anno susseguente, e tanto meglio se queste abbiano fatto sviluppare anticipatamente dei rami in surrogazione: in tal modo può ottenersi che questa branca porti frutta continuamente.

17. Le foglie servono alla respirazione dei vegetali. Se l'albero ne è spogliato in parte, è perturbata la sua salute; se esso ne è del tutto spogliato, va a rischio di perire.

Questo principio fu altrove spiegato parlando della foglia. 18. Le branche ed i rami, attorno ai quali l'aria, la luce ed il calore non possono

circolare, s'allungano, diventano gracili, e non producono più nè frutta nè legno.

L'aria, la luce, ed il calore fanno parte della nutrizione delle piante, ed

è naturale ch'esse abbiano una vita tanto più florida quanto più possono utilizzare questi elementi.

19. Il vecchio legno non produce dei papponi che allorquando esso vi è forzato dal taglio o dall'indebolimento d'una branca.

Questo principio fu sufficientemente chiarito parlando del rac-corciamento e dello sbrancamento.

20. Tutti i papponi sviluppati nel l 'estate restano spessissimo sterili, deboli ed incapaci di produrre né legno né frutta.

La linfa in primavera, perché a corso rapido, produce più legno che frutta, la l infa d'Agosto, perché più lenta, produce più frutta che legno. I papponi sviluppati fra questi due tempi e che non abbiano ottenuto regolari mozzature mancano di floridezza e non danno punto né legno né frutta.

Norme per formare un alto fusto Abbiamo visto ciò che sia un alto fusto e quando debba essere

segnatamente utilizzato. Ora distingueremo l'alto fusto con ramificazioni a vaso (fig. 3) e l'alto

fusto con ramificazioni quasi piramidali (fig. 7). Parleremo del primo caso, potendo bastare pel secondo le istruzioni date al capitolo «formazione della piramide»

Tolta una pianta dal vivaio, già disposta ad alto fusto con due 0 tre ramificazioni, si dovrà dopo l'impianto amputare queste

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ramificazioni all'altezza di 20 centimetri circa sopra una gemma che guardi all' infuori. Questa operazione si potrà fare nel primo anno d'impianto pei frutti a granella, solamente se il terreno sottostante è fertile; altr imenti, e sempre poi per tutte le piante a nocciuolo, si farà al secondo anno. In quest'ultimo caso si dovrà nel primo anno raccorciare a due terzi circa della loro lunghezza le ramificazioni che fossero eccessivamente lunghe per metterle in correlazione alle radici, tagliando poi, al secondo anno a 20 centimetri, per la prima operazione di formazione.

Il moncone rimasto da tale amputazione darà sviluppo ad una quantità di rami dei quali si lascieranno crescere liberamente i due posti all'estremità, purché guardino all' infuori; tutti gli altri s i mozzeranno.

Nell'anno successivo si mozzeranno queste nuove ramificazioni. per i frutti a granella ad un terzo od un quarto circa della loro lunghezza a seconda della vigoria, cioè, come abbiamo visto tanto più corti quanto saranno più deboli. Gli alberi fruttiferi a nocciuolo ed in specialità i peschi, vanno tagliati più lunghi e precisamente a metà circa, avvertendo sempre che la gemma terminale guardi al di fuori, affinché le successive biforcazioni tendano ad allargare la chioma dell'albero.

I rami laterali saranno sempre mozzati, mentre si sfronderanno quelli che fossero cresciuti nell'interno della chioma.

Nel secondo anno si provocherà una seconda biforcazione e così nel terzo e nel quarto, tagliando sempre i nuovi rami ad un terzo od a metà della loro lunghezza. Dopo tal tempo, l'alto fusto sarà già formato e per il Pesco lo sarà anche prima. Le ramificazioni ottenute che serviranno di branche madri saranno di anno in anno continuate. Si lascieranno crescere le ramificazioni laterali, le quali subiranno alla loro volta lo stesso trattamento delle branche principali. Non si ometterà mai di porre in pratica le principali norme già insegnate per la regolare e robusta conformazione dell'albero e per la messa a frutto. Diciamo principali, perché trattandosi di alti fusti, quali, come abbiamo visto, devono servire di solito alla grande coltura, non occorrerà perdersi in quelle operazioni minuziose proprie alle forme da giardino.

Modo per formare l'alberetto ed il vaso Le forme ad alberetto ed a vaso si ottengono nella stessa maniera

dell'alto fusto differenziando esse solamente per l'altezza del loro tronco. Si cercherà però di essere più limitati nella produzione del loro scheletro, cioè dell'insieme delle ramificazioni.

Qualora non si potessero avere piante in via di formazione si potrà servirsi di una pianta innestata da un anno tagliandola all'altezza che si desidera sopra una gemma situata dalla parte opposta all'innesto.

Norme per formare la piramide o cono

Per ottenere una piramide s'impianterà un frutto d'un anno d'innesto (vedi f ig. 35-36) ed al secondo anno lo si taglierà all'altezza di 60 cm. da terra sopra una gemma situata dalla parte

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opposta all' innesto, e questa gemma di cui si favorirà lo sviluppo in direzione verticale, servirà al prolungamento del fusto. Di tutte le altre gemme, che si svilupperanno al disotto, si conserveranno le 5 o 6 più vigorose e più regolarmente distribuite intorno al fusto a partire da 40 0 45 cm. dal suolo e si accecheranno 0 mozzeranno tutte le altre. Durante la vegetazione sarà necessario equilibrare lo sviluppo dei getti fra loro, e se taluno prendesse un accrescimento sproporzionale agli altri, s i ritarderà con lo spuntare le sue estremità erbacee di qualche centimetro.

Norme per formare la colonna ed il fuso

Sono simili a quelle per la piramide, solamente non dovendo la colonna ed il fuso avere nessuna branca a legno, tutti i germogli che si sviluppano intorno al fusto devono essere mezzati continuamente per trasformarli in produzioni fruttifere.

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La colonna non avrà mai un diametro superiore a 20 cm. mentre il fuso lo si farà crescere con un diametro da 40 a 50 cm. Per questo maggior sviluppo si preferisce il fuso, facendosi sullo stesso conservare intatti tutti i brindilli mentre nella colonna s i è costretti mozzarli. Le colonne ed i fusi, essendo verticali, s'innalzano rapidamente, e si porterebbero a grandi altezze: però si usa, quando essi sono giunti a due metri, di biforcarli e tirare orizzontalmente le loro branche, oppure a forma di archi conti-nuando però sempre il sistema di colonna 0 di fuso.

Si cercherà che i rami formino con l'orizzonte un angolo di 45 gradi. Al secondo anno si farà un secondo taglio allo scopo di determinare la formazione di una nuova serie di rami laterali e favorire il prolungamento di quelli ottenuti nell'anno precedente. Si opera come nel primo caso sul prolungamento del fusto, ma in modo che il germoglio di prolungamento si sviluppi in una posizione opposta a quella dove era nato l'anno precedente allo scopo di mantenere il fusto in posizione verticale. Si opera inoltre a tale altezza da costringere le sviluppo di altr i rami laterali, di-sposti regolarmente ed in maniera che esista uno spazio di 30 cm. fra ciascuno di quelli che sovrastano immediatamente e tutti devono prendere la stessa direzione di quelli sottostanti, affinché l'aria e la luce vi possano circolare, accecando tutte le altre gemme del fusto e prendendo per il suo prolungamento l'ultimo di esse.

In quanto ai rami già ottenuti si dovranno raccorciare anch'essi per far sviluppare tutte le gemme che portano, comprese quelle

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della loro base, dovendo il prodotto di questa vegetazione essere trasformato in produzioni fruttifere ad eccezione dell'ultima gemma che servirà a prolungare i rami. U n a cura da aversi nel taglio dei rami è quella di farlo in modo che la gemma di prolungamento sia sotto il ramo e non sopra. Il raccorciamento sarà in media d'un terzo della loro lunghezza per quelli della base, della metà per quelli di mezzo e dei tre quarti per quelli della cima, salvo che non vi sieno rami più o meno lunghi che si taglieranno in modo da conservare sempre alla pianta la forma di cono. E così per gli anni successivi tanto per ì rami laterali, quanto per il prolungamento.

Se avvenisse qualche volta il deperimento accidentale di un getto destinato ad un prolungamento, si dovrà sostituirgli immediatamente quello inferiore.

Perché la piramide riesca in giuste proporzioni si farà in maniera che il più grande diametro della stessa sia uguale al terzo della sua altezza, cioè per un'altezza di metri sei un diametro di metri due alla base.

Impiantando una piramide (f ig. 32) in via di formazione, al secondo anno dell'impianto si procederà alla continuazione del regolare taglio.

Non bisognerà per la piramidi trascurare nessuna di quelle norme insegnate pel regolare sviluppo della pianta.

Norme per formare la spalliera Anche per la spalliera il s istema di potatura è simile a quello della

piramide. Si tratta sempre di un fusto e di rami secondari che non devono mai essere biforcati né tortuosi, ma sempre disposti con simmetria sulla pianta e rivestiti uniformemente di produzioni fruttifere dalla loro in base

all'estremità. Salvo che si piantino spalliere in via di formazione, le quali saranno continuate, si procederà per formarle, nel modo seguente: Ammettiamo di volere una spalliera semplice obliqua. Si impianterà un fusto d'un anno d' innesto il quale sarà tagliato al secondo anno d'impianto sopra una gemma bene sviluppata posta sul davanti all'altezza da terra di circa 30 cm. Intorno al fusto si svilupperà una quantità di germogli che saranno accecati, escluso quello terminale che servirà di prolungamente al fusto e due laterali collocati possibilmente alla stessa altezza. Questi germogli al loro crescere saranno legati sopra gli staggetti disposti verticalmente, per i germogli di prolungamento, ed obliquamente per quelli laterali. In questo modo si sarà ottenuta una prima serie di rami e non si dovrà cercare d'averne più d'una per anno, aff inché i rami laterali s ieno

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sempre di egual forza, eccettuati talvolta i Peschi, che possono dare due serie di rami all'anno. La seconda, e così le altre serie, si eseguiranno nello stesso modo della prima tagliando il ramo di prolungamento all'altezza di 30 centimetri dalla serie sottostante, conservando i tre germogli estremi, disponendo i laterali sopra nuovi staggetti e mozzando tutti gli altri germogli. — I rami laterali poi vanno tagliati a circa due terzi della loro vegetazione annuale, sempre sopra una gemma posta sul davanti.

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Nello stesso modo che si produce una spalliera semplice obliqua si ottiene qualunque altra spalliera di un sol fusto, legando i tre germogli sopra gli staggetti disposti o verticali od orizzontali, invece che obliqui. Per le forme a due fusti, prima di promuovere la serie di ramificazioni bisognerà ottenere due branche madri, tagliando la pianta sopra pochi cm. dall'innesto per ottenere due getti da disporre verticalmente in forma di U. Indi si procede al taglio come si trattasse di un sol tronco, conservando per ogni serie due soli germogli per fusto, uno dei quali servirà di prolun-gamento al fusto, mentre l'altro servirà di ramo laterale.

Le spalliere a cordone obliquo vengono trattate come la colonna, la forma U come una doppia colonna e così il cordone obliquo doppio. La spalliera a cordone orizzontale si ottiene con piante di un anno di 40 cm. Qualora la pianta fosse tanto forte da non potersi piegare, la si taglierà sopra una gèmma a 40 cm. per ottenere un germoglio facile ad essere disposto. Così per i cordoni unilaterali che saranno sempre tirati da nord a sud; mentre per i bilaterali s i conservano due germogli che saranno disposti a T. Quando le branche tra pianta e pianta si tocchino si possono unire mediante l'innesto d'approssimazione (fig. 34) formando così un solo cordone; oppure si può innalzare il piccolo fusto per 35 cm. formando una seconda serie di cordoni (fig. 29 e 31).

Il cordone orizzontale s'impianta per contorno delle aiuole e tra le piramidi 0 gli alti fusti per usufruire di tutto il terreno ed ottenere un prodotto fino al momento in cui i grandi alberi sieno a fruttificazione.

Dovranno aversi tutte le più minute cure pel buon andamento della spalliera.

Frutti coltivati in vaso Questo sistema di coltura oltre d'essere utile r iesce anche

d'ornamento tanto per giardini come per terrazze e finestre. Non c'è poi più graziosa fruttiera d'un piccolo arboscello elegantemente foggiato carico di frutti, posto sul mezzo di una tavola. — Tali piante sono di facile coltivazione. Ogni due anni si cambierà gran parte della terra, la quale verrà sostituita con altra bene concimata avendo riguardo di non toccare le giovani radici e togliendo invece una parte delle grosse. Queste piante sono coltivate in varie foggie (fra le quali vedasi le f igure 37-38).

Le varietà sono fra le migliori delle nostre collezioni e le più adatte a tale genere di coltura. Si pongono in vaso al loro arrivo e ciò per risparmio di spese di trasporto.

Raccolta delle frutta La raccolta delle frutta a nocciuola si dovrà fare all'epoca della loro

perfetta maturazione, 0 poco prima se devono servire pel commercio; non così si può dire per le frutta a granella, per le quali la maturazione dovrà aver luogo nel fruttaio ( 1

1 Stanza in cui si conservano le frutta.

). Le pere

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che maturano in estate devono essere colte circa 8 giorni prima della loro completa maturazione: quelle d'autunno almeno 12 0 15 giorni prima e quelle di maturazione invernale dopo le prime brine. Le frutta d'inverno, colte troppo presto, avvizziscono, maturano diff icilmente e sono di qualità tutt'affatto inferiore.

Siccome le frutta collocate nella parte inferiore dell'albero ma-turano prima, si riconoscerà essere giunto il momento del raccolto allorquando un cangiamento di colore si manifesterà sulle frutta

della base dell'albero, le quali prenderanno una tinta più 0 meno gialla e si staccheranno facilmente colla mano. Le varie specie di prugne si riconosceranno mature quando saranno appassite intorno al nocciuolo.

Il raccolto delle frutta deve essere fatto con certe cautele, da cui dipende la loro conservazione. Esse devono essere spiccate di-ligentemente ed in giornate asciutte, quindi si porranno in piccoli cesti trasportandoli con delicatezza. Si escluderanno dalla conservazione quelle guaste 0 ammaccate.

Le frutta destinate alla fabbricazione delle bevande possono staccarsi mediante scuotimento, senza recare danno alla pianta, giacché purtroppo comunemente si procede in modo sì barbaro che taluni col raccolto dell'anno danneggiano sensibilmente quello dell'anno venturo.

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Scelta delle varietà di frutta

Facendo una piantagione d'alberi fruttiferi senza rendersi conto esatto del valore delle varietà, cioè operando alla cieca, si corre il r ischio di ottenere delle cattive frutta o maturanti tutte allo stesso tempo. Niente è più importante dunque di fare una buona scelta, aff ine di avere, come amatore, le frutta della prima qualità e per tutte le stagioni, e come speculatore quelle che danno il maggior reddito possibile.

Lo speculatore deve impiantare solamente le varietà di frutta di riuscita certa, e quelle che si prestano al genere di coltivazione che intende adottare. E perché ognuno possa formare meglio la propria scelta abbiamo cercato, per quanto ci fu possibile, di dare nel nostro Catalogo una descrizione più ampia per ogni singola varietà di frutti da noi coltivati: facendo seguire al nome proprio delle varietà i principali suoi sinonimi, non essendo nuovo il caso che sotto nomi diversi si riscontrino le stesse varietà. Sempre più convinti dell' imbarazzo che hanno fatto nascere taluni, avidi di guadagno, i quali fanno comparire come novità innumerevoli piante che di sovente non hanno un merito reale o non sono altro che vecchie varietà con nomi nuovi, fummo obbligati a restringere le nostre collezioni conservando solo quelle varietà che sono veramente degne di coltura.

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Quanto alle novità, molte ci hanno fruttato ed abbiamo potuto apprezzare il loro valore. Quelle che non hanno ancora fruttato, sono accertate, perché provenienti da fonti che noi crediamo sicure, sebbene non possiamo interamente guarentirle.

Raccomandiamo poi in modo speciale agli Onorevoli Comizii e Consorzi Agrari, alle scuole Agrarie, alle Cattedre Ambulanti, ai Signori Studiosi, e Dilettanti, di impiantare lo nostre novità di fruiti per poterle studiare e conoscere in quali siti possano riuscire meglio ed a quali varietà si possano convenientemente sostituire, esprimendo loro f in d'ora la nostra riconoscenza per tutti quei ragguagli che si compiaceranno favorirci circa i risultati delle loro osservazioni.

Conservazione delle frutta

La conservazione delle frutta dipende in gran parte dal fruttaio ove sono collocate.

Il fruttaio non dovrà essere né caldo né freddo, né umido. Esso dovrà ricevere poca luce, mai sole. L'esposizione migliore è la nordica; è necessario però che il muro sia di grosso spessore per impedire ai geli di penetrare all'interno. E' preferibile questa esposizione a quella del mezzogiorno perché nell'estate la temperatura del fruttaio salirebbe ad un grado troppo alto di calore che potrebbe nuocere alla conservazione delle frutta.

Si preferisce il nord anche per essere più facile a combattere il freddo che guarentirsi dal caldo.

La temperatura dovrà essere in media da 8 a 12 centigradi tanto nell'inverno quanto nell'estate. Non si dovrà mai permettere alla nebbia di penetrare in un fruttaio: la sua azione malsana è assai dannosa alle frutta.

Se il fruttaio si impregnerà d'umidità durante un periodo di freddo che impedisca di r innovare l'aria, questa umidità potrà essere distrutta facendola assorbire da un vaso depositato nel fruttaio e contenente del cloruro di calce viva in ragione di 3 a 5 kg. ciascuna volta secondo l'ampiezza del locale, e rinnovando la calce quando essa sia spenta.

Una grotta, una cantina a volta, quando rispondano alle condizioni indicate qui sopra possono benissimo servire da fruttaio.

Se il locale di cui si dispone non ha tutti i requisiti voluti e si desidera medesimamente assicurare un'uniformità di temperatura, si costruirà in quel locale un doppio muro mantenendo uno spazio tra uno e l'altro di 8 centimetri circa e così pure si costruirà un doppio solaio, una doppia porta e doppia finestra, perché l'aria contenuta in questo spazio, essendo essa un cattivo conduttore, s'opporrà alle influenze atmosferiche dell'esterno.

Nel fruttaio verranno collocate delle scansie all' ingiro contro le pareti s'esso è di piccola dimensione ed anche nel mezzo s'esso è vasto. Le scansie saranno sovrapposte le une alle altre e disposte come dalla fig. 39. Tale sistema è ritenuto migliore: primo perché le frutta godono aria da ogni parte e poi perché facilmente presentano all'occhio i guasti che avvengono

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Fig. 40 Fig. 41

Le pere e le mele si collocheranno pulite ed asciutte, ravvicinate fra loro, ma senza però che si tocchino; si disporranno in modo da tener separate le varietà con appositi cartellini.

Le uve saranno attaccate con uncinetti in forma di S a canne 0 listelli che si possano disporre orizzontalmente nella parte superiore del fruttaio la-sciandovi i grappoli l iberi e pendenti (fig. 40).

Staccando i grappoli con un pezzo di tralcio, il quale sarà messo in viva entro una bottiglia contenente dell'acqua (fig. 41) si può conservare l'uva tanto bene che nel mese di gennaio sembra appena ven-demmiata. All'acqua della bot-tiglia si dovrà aggiungere un po’ di polvere di carbone affinché questa non diventi putrida, e rinnovarla di tanto in tanto.

Contro gli insetti e le crittogame

Troppo lunga riuscirebbe la rassegna dei molteplici e svariati insetti che infestano le piante fruttifere e dei conseguenti metodi di cura. Ci l imiteremo soltanto a quelli d'importanza la più assoluta. I Pidocchi di qualsiasi pianta fruttifera si combattono mediante accurate pennellature ed irrorazioni fatte, 0 col r isultato della de-cozione di un chilogrammo di legno quassio, gr. 175 dì sapone ordinario e litr i 15 d'acqua, da ridursi in dieci dopo l'ebollizione, 0 con l'estratto di tabacco fenicato. Il legno quassio prima dell'ebollizione deve subire un bagno nell'acqua per un tempo di 12 - 24 ore.

L'estremità dei ramoscelli sono sempre le più colpite dal pidoc-chio e, per la continua sottrazione degli umori, le foglie non tardano a perdere la loro freschezza, si accartocciano ed in breve muoiono. Qualora il male fosse irreparabile si consiglia di tagliare le parti più colpite e bruciarle.

Anche l'Afide lanigero del Melo si combatte col decotto di legno quassio dianzi citato, ma ancora più efficace è una soluzione al 2 % di olio di Catrame, applicata durante l' inverno. Prima della applicazione si deve ripulire il tronco ed i rami più grossi facendo uso della spazzola metallica per levare la corteccia secca sotto la quale si nasconde ancora l'Afide lanigero, come del resto molte altre larve ed insetti. In seguito a ciò si pennellano quelle parti con acqua di calce.

Un mezzo indiretto di difesa è quello di coltivare varietà di melo refrattarie all'Afide lanigero.

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Durante i mesi di maggio e giugno, in special modo, uno stuolo di bruchi fanno dei danni gravissimi alle gemme, ed al fogliame. Così per esempio, la Tignola del melo, le Bombici, la Sfogliata {Hibernia defoliaria) del pesco e del melo, la Pirode del Biancospino.

Il mezzo più efficace di difesa è quello di raccogliere i bruchi, quando sono ancora piccoli e riuniti intorno alla loro nidiata. Più tardi molti di essi si sparpagliano e ciò rende il lavoro più complicato. Molto spesso essi si rendono visibili da molti fil i di seta. Le nidiate dei Bombici si distinguono sugli alberi anche durante l'inverno. Infatti è un velo di seta che ricopre l'estremità di un ramoscello e generalmente vi resta attaccata anche una foglia. E' questa che svela la presenza del nido.

Contro la Sfogliata si pone nel mese di ottobre all'altezza di un metro intorno al tronco un anello di carta sulla quale si spalma del vischio. Quivi resta presa la farfalla, femmina, perché essendo priva di ali, per deporre le uova sull'albero è obbligata salire lungo il tronco. La Tortrice del melo si combatte distruggendo le mele cadute che contengono ancora il bruco.

Gravi danni vengono cagionati da molti insetti nello stadio della loro forma perfetta. Così: l 'Antonomo del pero e del melo; il Fillobio del melo, il Punteruolo, lo Scolito, il Tagliabottoni ecc. Per lo più sono le gemme ed i fiori che subiscono i danni maggiori. Unico mezzo di difesa è la caccia a mano.

I Licheni ricoprono molto spesso il tronco delle piante fruttifere. Essi intercettano i raggi solari impedendone il loro effetto benefico sulla corteccia ed offrono asilo ad ogni sorta d' insetti: dovranno quindi essere tolti prima della calcinatura del tronco. Il Bianco delle radici è una malattia pericolosa che si previene eliminando dal terreno tutti i pezzi di legno che si trovano nello stesso perché i primi decomponendosi facilitano l'esistenza del fungo.

Il Fusicladio attacca il pero ed il melo, alle foglie, alle frutta e talvolta anche i ramoscelli ne rimangono danneggiati. Si combatte con la soluzione di solfato di rame e calce. Un mezzo indiretto di difesa è quello di piantare varietà di frutta resistenti a questo fungo, tali p. es. pel melo: Charlamowsky, Principe verde, Calvilla bianca d'estate, Imperatore Alessandro.

La Monilia è un'altra crittogama propria delle piante fruttifere a nocciuolo. Essa danneggia i rami, le foglie, i fiori e le frutta. Bisogna raccogliere e distruggere le frutta infette, perché queste ospitano le spore durante l'inverno.

L'Increspamento delle foglie é malattia che attacca principalmente il pesco. La cura preventiva consiste nel trattare l'albero verso la f ine dell'inverno, con la soluzione cupro-calcica al 3 %. Tale trattamento avrebbe effetti caustici sulle foglie se si facesse durante la primavera od estate.

Qualora si volesse farlo bisogna esser cauti e prima di trattare tutte le piante fare degli assaggi su di alcune al 1/2 ed all'1 per cento.

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