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10. - VULNERABILITà DEGLI ACQUIFERI ALL’INQUINAMENTO E AREE DI SALVA- GUARDIA DELLE OPERE DI CAPTAZIONE DELLE ACQUE SOTTERRANEE AD USO UMANO La crescente consapevolezza dell’inquinamento ambientale prodotto dallo svolgimento di talune attività antropiche, ha fatto maturare la necessità di intraprendere adeguate misure di protezione delle risorse idriche sotterranee. Attività come la coltivazione delle cave, l’esercizio delle discariche, la depurazione delle acque reflue, lo spandimento di pesticidi e fertilizzanti provocano, infatti, il rila- scio sul suolo di quantità variabili di inquinanti chi- mici e batteriologici, che l’azione dilavante delle acque meteoriche veicola poi in falda. Il problema assume un rilievo particolare in ambito regionale, a causa degli estesi affioramenti carbonatici frattu- rati e carsificati, che, com’è noto, favoriscono il ra- pido assorbimento delle acque meteoriche. La protezione delle risorse idriche sotterranee può essere perseguita attraverso: - il “mapping” della vulnerabilità intrinseca e inte- grata dei sistemi acquiferi all’inquinamento; - la delimitazione delle aree di salvaguardia delle opere di captazione delle acque sotterranee desti- nate al consumo umano. I due approcci sono complementari in quanto caratterizzati da un livello di dettaglio differente. Il mapping della vulnerabilità è finalizzato a for- nire una territorializzazione della suscettibilità al- l’inquinamento di un sistema acquifero nella sua globalità, molto utile nell’ambito di una pianifica- zione preventiva e/o correttiva dell’uso del terri- torio a medio e lungo termine, tesa a minimizzare il rischio di inquinamento delle risorse idriche sot- 423

frontespizioparteprima...strette del bacino del T. Picone, in cui confluiscono le Lame Baronali e Badessa (fig. 10.3) e si sono tra-sferite dall’area collinare e montana, molto a

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  • 10. - VULnERABILITà dEGLI ACqUIFERIALL’InqUInAmEnTO E AREE dI SALVA-GUARdIA dELLE OPERE dI CAPTAzIOnEdELLE ACqUE SOTTERRAnEE Ad USOUmAnO

    La crescente consapevolezza dell’inquinamentoambientale prodotto dallo svolgimento di taluneattività antropiche, ha fatto maturare la necessitàdi intraprendere adeguate misure di protezionedelle risorse idriche sotterranee. Attività come lacoltivazione delle cave, l’esercizio delle discariche,la depurazione delle acque reflue, lo spandimentodi pesticidi e fertilizzanti provocano, infatti, il rila-scio sul suolo di quantità variabili di inquinanti chi-mici e batteriologici, che l’azione dilavante delleacque meteoriche veicola poi in falda. Il problemaassume un rilievo particolare in ambito regionale,a causa degli estesi affioramenti carbonatici frattu-rati e carsificati, che, com’è noto, favoriscono il ra-pido assorbimento delle acque meteoriche.

    La protezione delle risorse idriche sotterraneepuò essere perseguita attraverso: - il “mapping” della vulnerabilità intrinseca e inte-grata dei sistemi acquiferi all’inquinamento;- la delimitazione delle aree di salvaguardia delleopere di captazione delle acque sotterranee desti-nate al consumo umano.

    I due approcci sono complementari in quantocaratterizzati da un livello di dettaglio differente.

    Il mapping della vulnerabilità è finalizzato a for-nire una territorializzazione della suscettibilità al-l’inquinamento di un sistema acquifero nella suaglobalità, molto utile nell’ambito di una pianifica-zione preventiva e/o correttiva dell’uso del terri-torio a medio e lungo termine, tesa a minimizzareil rischio di inquinamento delle risorse idriche sot-

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  • terranee, che, come ovvio, è tanto maggiorequanto maggiore è la vulnerabilità dell’acquifero.La valutazione della vulnerabilità è l’attività princi-pale da svolgere nell’ambito della “difesa a tuttocampo” (CIVITA, 2005), necessaria per supportarei “decision makers”, ovvero i soggetti preposti allatutela del territorio, nello svolgimento di diverseattività, tra le quali:- identificare le zone che meglio si prestano perl’insediamento di attività potenzialmente perico-lose per l’acquifero soggiacente e per l’estrazionedi acqua da destinare al consumo umano; - individuare le risorse idriche sotterranee strategi-che, scarsamente soggette a rischio di inquina-mento, da vincolare preventivamente (aree diriserva); - identificare le priorità degli interventi nelle ope-razioni di disinquinamento degli acquiferi vulnerati(piani di risanamento);- progettare le reti di monitoraggio.

    La delimitazione delle aree di salvaguardia delleopere di captazione per l’approvvigionamentoidrico ad uso potabile è finalizzata a preservare laqualità delle acque, per impedire concretamenteche un fenomeno di inquinamento a carico dell’ac-quifero, possa raggiungere le opere di captazionecompromettendo, in maniera irreversibile e im-provvisa, la qualità delle acque destinate al con-sumo umano. Essa è quindi necessaria al fine diapplicare la cosiddetta “difesa di punto” (CIVITA,2005), ossia quell’insieme di attività che consen-tano, all’Ente Gestore del Servizio Idrico Inte-grato, di intraprendere misure alternative etempestive, per garantire la protezione di detteacque con continuità ed efficienza. è da eviden-ziare, a tal proposito, che la delimitazione delle areedi salvaguardia implica contestualmente l’attiva-zione e la gestione, lungo il perimetro delle areestesse, di un preordinato sistema di monitoraggiodelle acque sotterranee, che consenta un controlloin continuo dei parametri chimico-fisici delle acquee, in caso di variazioni significative dei suddetti pa-rametri, una tempestiva segnalazione dei processidi inquinamento della risorsa da proteggere. Ciòconsente di adottare, in caso di inquinamento, unpiano di emergenza che contempli sia gli interventida attuare, per limitare l’impatto dell’inquinante

    sulla qualità delle acque estratte, sia le fonti alter-native di approvvigionamento idropotabile neces-sarie.

    10.1. - LA VULnERABILITà ALL’InqUInAmEnTOdEGLI ACqUIFERI

    10.1.1. - Definizioni di vulnerabilità intrinseca e integrata

    Secondo la definizione di Civita (1987) la vul-nerabilità intrinseca di un acquifero all’inquina-mento può essere espressa come “la suscettivitàspecifica del sistema acquifero, nelle sue diverse parti com-ponenti e nelle diverse situazioni geometriche e idrodinami-che, a ingerire e diffondere, anche mitigandone gli effetti, uninquinante fluido o idroveicolato tale da produrre impattosulla qualità dell’acqua sotterranea, nello spazio e neltempo” (CIVITA, 2005).

    La vulnerabilità intrinseca si configura dunquecome una caratteristica propria del sistema acqui-fero, la cui valutazione implicherebbe una correttaripartizione in verticale del sistema nelle sue com-ponenti, che la letteratura variamente definisce.Sono così individuate, nell’ordine, la zona epider-mica, quella vadosa e poi quella freatica, fino inprofondità ad una falda profonda, qualora sia ef-fettivamente presente, salvo che non sia confinata.è ben evidente che la situazione effettiva dipende,in particolare, dalla litologia, dalla tettonica e dallebizzarre connessioni idrauliche, in presenza di car-sismo, come del resto già illustrato, ancorché indi-cativamente, nel capitolo 1.

    I riferimenti allo spazio e al tempo contenutinella definizione sono strettamente legati alla ne-cessità di raffigurare la vulnerabilità come qual-cosa di dinamico e non statico, cioè in strettaconnessione ai molteplici fenomeni che interven-gono nel meccanismo di contaminazione, ovveronelle fasi di penetrazione dell’inquinante nel si-stema acquifero e di propagazione dello stesso, apartire dal punto di immissione (COTECCHIA,1982; COTECCHIA et alii, 1974).

    da quanto esposto si evincono la complessitàe la molteplicità dei contenuti scientifici insiti nelconcetto di vulnerabilità intrinseca, che rendono lavalutazione in oggetto particolarmente difficile inquanto multidisciplinare.

    424VULnERABILITà ACqUIFERI ALL’InqUInAmEnTO AREE SALVAGUARdIA OPERE CAPTAzIOnE ACqUE SOTTERRAnEE USO UmAnO

  • Alla definizione della vulnerabilità intrinsecadegli acquiferi all’inquinamento si affianca, dalpunto di vista cartografico-operativo, la definizionedi vulnerabilità integrata. quest’ultima si ottienesovrapponendo alla vulnerabilità intrinseca ilcampo di moto dell’acquifero e l’identificazionegeoreferenziata di: - centri di pericolo (CdP), ovvero produttori di in-quinamento puntuali;- fonti di pericolo (FdP), ovvero produttori di in-quinamento su base territoriale vasta (per esempioinquinanti di tipo agricolo);- soggetti a rischio (SAR), ovvero bersagli dell’in-quinamento.

    nel capitolo 19 sarà riportata l’analisi di alcunicasi di inquinamento concentrato che hanno inte-ressato le risorse idriche sotterranee regionali. Sitratta di casi esemplari che illustrano la modalità concui, a partire da un centro di pericolo, le sostanzeinquinanti possono agevolmente raggiungere siafalde superficiali sia la falda profonda carbonaticacretacea, secondo meccanismi di trasferimento le-gati sia alle caratteristiche della sorgente inquinantesia alle locali condizioni idrogeologiche.

    10.1.2. - Valutazione della vulnerabilità all’inquinamentodegli acquiferi carbonatici fratturati e carsificati

    La valutazione della vulnerabilità intrinseca diun sistema acquifero all’inquinamento presentanon poche difficoltà in contesti idrogeologici comequello pugliese, e ciò a causa delle vicissitudini tet-toniche e dei fenomeni carsici subiti dagli acquifericarbonatici che, nel tempo, hanno alterato local-mente le condizioni geostrutturali delle rocce e ilgrado di vascolarizzazione della rete drenante, con-dizionando fortemente le modalità con cui siesplica l’alimentazione del sistema acquifero e lostesso deflusso idrico sotterraneo.

    In linea del tutto generale, la ricarica degli ac-quiferi carsici può essere di tipo autoctona, ossiaproveniente dall’infiltrazione diretta locale, aventesia carattere diffuso sia concentrato, o alloctona,ossia proveniente da bacini contigui caratterizzatida importanti deflussi superficiali. quando un ac-quifero carsico è ricoperto di terreni porosi discre-tamente permeabili si può poi avere una ricarica

    diffusa per travaso da copertura permeabili (fig.10.1).

    detta schematizzazione delle modalità di rica-rica degli acquiferi carsici, allorché molto generalee semplificata, già indica le difficoltà insite nell’ana-lisi della vulnerabilità degli acquiferi e della sua ap-plicazione agli effetti della salvaguardia delle risorseidriche sotterranee.

    L’assenza di centri di pericolo in corrispon-denza di aree che presentano una elevata vulnera-bilità intrinseca e l’ubicazione degli stessi in areeove invece la vulnerabilità intrinseca è bassa, nongarantisce di per se, in generale, una protezione allerisorse idriche sotterranee. Le aree a bassa vulne-rabilità possono, infatti, contribuire alla ricaricadegli acquiferi ubicati in prossimità delle aree adalta vulnerabilità, anche a notevole distanza, e ciòin ragione della possibilità che la ricarica di questiultimi avvenga in modo alloctono. L’acqua di piog-gia insistente su porzioni di territorio caratterizzateda bassa vulnerabilità intrinseca può quindi, speciein occasione di eventi meteorici particolarmenteintensi, infiltrarsi nel sottosuolo anche a notevoledistanza, con la possibilità di raggiungere acquiferifortemente vulnerabili, e ciò in ragione del ruscel-lamento superficiale facente capo alle forme carsi-che di superficie.

    Il disordine idraulico evidenziato in aree edifi-cate della città di Bari a seguito dell’evento pluvio-metrico dell’ottobre 2005 illustra in manieraesemplare il concetto esposto. nell’ambito del ter-ritorio regionale si osserva infatti un generale in-cremento della piovosità con l’aumentare delladistanza dalla costa. Ciò significa che nell’ambitodei bacini idrografici sottesi dalla città di Bari (fig.10.2; COTECCHIA, 2006), le altezze di pioggia mag-giori toccano alle porzioni dei bacini più interne,poste nella media murgia, in particolare nel settoresud-occidentale, ove sovente si manifestano pioggedi tipo convettivo (cap. 7), caratterizzate da scrosciconcentrati di elevata intensità. A seguito di eventipiovosi particolarmente intensi ed abbondanti,possono verificarsi condizioni di deflusso abbon-dante tale da dare luogo a trasferimenti verso valledi portate significative. Ciò è quanto accaduto inoccasione dell’evento pluviometrico dell’ottobre2005: intense piogge sono cadute su porzioni ri-

    LE ACqUE SOTTERRAnEE E L’InTRUSIOnE mARInA In PUGLIA425

  • strette del bacino del T. Picone, in cui confluisconole Lame Baronali e Badessa (fig. 10.3) e si sono tra-sferite dall’area collinare e montana, molto a montedella città, all’area a quota bassa della Terra di Bari,in maniera analoga a quanto già verificatosi in oc-casione di un altro evento eccezionale, verificatosinel 1926 (ALFIERI, 1927). La natura calcarea, tet-tonicamente fratturata e carsificata, quindi larga-mente permeabile, della Terra di Bari ha quindideterminato la lenta infiltrazione del notevole vo-lume idrico caduto al suolo a notevole distanza.

    mediante la ricostruzione degli afflussi a partiredalle immagini satellitari all’infrarosso e l’applica-zione di un modello afflussi-deflussi a parametridistribuiti, è stato stimato un afflusso meteoricototale nella parte superiore del bacino del torrentePicone pari a 18 milioni di m3, che su un bacino diestensione di 173 km2 corrisponde ad un’altezzamedia totale delle precipitazioni di 104 mm. èstato inoltre stimato in 8.5 milioni di m3 il volumed’acqua riversatosi nella città di Bari (COTECCHIA,2006), evidenziando importanti connessioni idrau-

    426VULnERABILITà ACqUIFERI ALL’InqUInAmEnTO AREE SALVAGUARdIA OPERE CAPTAzIOnE ACqUE SOTTERRAnEE USO UmAnO

    Fig. 10.1 - Alimentazione di un sistema acquifero carsico: a) autoctona, concentrata e diffusa; b) alloctona, concentrata; c) diffusa per travaso da coperture permeabili (mod., da dE WAELE & PICCInI, 2008).

    – recharge of a karst aquifer system: a) autochthonous, concentrated and diffuse; b) allochthonous, concentrated; c) diffuse through permeable covers (modified from DE WAELE &PICCINI, 2008).

  • liche esistenti tra porzioni di territorio murgiano. L’intero territorio murgiano è caratterizzato

    dalla presenza di incisioni morfologiche localmentedette lame, ma del tutto simili a quelle presenti inaltre aree del bacino del mediterraneo e note in let-teratura come “ephemeral stream” (direttrici di de-flusso effimere). Si tratta di incisioni morfologichedi norma asciutte, con andamento planimetrico ab-bastanza irregolare, che danno luogo ad un reticolomorfologico non gerarchizzato, discontinuo ed aluoghi incerto. Esse, pur non essendo dei corsid’acqua, occasionalmente, a seguito di eventi plu-viometrici particolarmente intensi o prolungati,danno luogo a fenomeni di deflusso superficiale,in quanto l’entità degli afflussi supera la capacitàdel terreno di assorbire e/o trattenere le acque dipioggia attivando così i fenomeni di ruscellamento.

    La possibilità di attivazione idraulica di questi

    elementi morfologici e la conseguente entità deldeflusso sono quindi fortemente condizionati,oltre che dalle precipitazioni, anche dalla morfolo-gia locale dei bacini interessati, i quali attraversanoterreni generalmente molto permeabili. Infatti,solo in occasione di eventi di pioggia davvero ec-cezionali, il deflusso riesce a raggiungere le sezionifinali delle lame e riversarsi in mare. Esso spessofinisce per perdersi sia attraverso zone caratteriz-zate da pendenze molto basse a grande capacità diassorbimento sia in depressioni e/o in vaste areeinteressate da attività agricole.

    La letteratura internazionale evidenzia infatticome il coefficiente di deflusso negli “ephemeralstream” sia fortemente variabile e come un vero eproprio deflusso di tipo fluviale si verifichi solo oc-casionalmente a seguito di eventi di pioggia parti-colarmente concentrati nel tempo e nello spazio,

    LE ACqUE SOTTERRAnEE E L’InTRUSIOnE mARInA In PUGLIA427

    Fig. 10.2 - Bacini idrografici delle lame sottesi dalla città di Bari.– Catchments of ephemeral streams in the town of Bari.

  • 428VULnERABILITà ACqUIFERI ALL’InqUInAmEnTO AREE SALVAGUARdIA OPERE CAPTAzIOnE ACqUE SOTTERRAnEE USO UmAnO

    Fig. 10.3 - Confluenza delle lame Baronali e Badessa nel T. Picone (a), con gli effetti dell’alluvione prodottasi sulle sponde delle dette lame (b) e (c). Il grafico (d)indica il diagramma afflussi e l’idrogramma di piena ottobre 2005 del T. Picone laddove confluisce nel canale deviatore che protegge la città di Bari (e).

    – Confluence of the ephemeral streams Baronali and Badessa into the Picone stream (a), with the effects of the flood on the banks of the ephemeral streams (b) and (c). The chart (d)shows the inflow diagram and the flood hydrograph of October 2005 of the Picone stream at the site of confluence in the diversion channel protecting the town of Bari (e).

  • non sempre facilmente rilevabili dalla rete pluvio-metrica ordinaria, se non attraverso una fitta retedi pluviometri ed attraverso analisi satellitari (CO-TECCHIA et alii, 2006; CAmARASA, 2001).

    Si tratta di fenomeni complessi e di difficile mo-dellazione se non con modelli a parametri distri-buiti (GABRIELE et alii, 2006, dOGLIOnI et alii,2012), per i quali, nei prossimi anni, occorreràporre particolare attenzione, specialmente nelleporzioni di territorio caratterizzate da possibilitàdi precipitazioni di tipo convettivo che possonodar luogo a deflussi eccezionali, come quelle veri-ficatisi a Bari nel 2005.

    Altro aspetto ricorrente che può condurre aduna valutazione errata della vulnerabilità, è rappre-sentato dalla non conoscenza delle effettive condi-zioni geostrutturali dei terreni sovrastantil’acquifero, quando impermeabili. La presenza didetti materiali concorre, infatti, all’assegnazione diuna bassa vulnerabilità intrinseca dell’acquifero sot-tostante, in quanto sarebbe lecito ritenere, in dettecondizioni, l’assenza di ogni forma di ricarica. Inrealtà, dette formazioni impermeabili, come adesempio le argille pleistoceniche che spesso sovra-stano gli acquiferi carsici regionali, hanno subitouna tettonica recente che ha spesso determinato laformazione di fratture sub-verticali, che rappresen-tano delle rapide vie di infiltrazione delle acque me-teoriche nel sottosuolo. L’individuazione di dettesingolarità geostrutturali richiederebbe l’attentaanalisi, a scala piuttosto ridotta, delle condizionigeologico-strutturali delle formazioni argillose, ingenere di difficile attuazione negli studi che si con-ducono per la definizione della vulnerabilità. Al-cune situazioni esemplari a tal riguardo possonoritrovarsi in ambienti idrogeologici come quelli checaratterizzano la Piana di Brindisi o il Salento, per iquali verrà data ampia trattazione nei capitoli 16 e18. nel caso della Penisola Salentina vanno poi con-siderati anche i rapporti esistenti tra i terreni mio-cenici e gli acquiferi cretacei. I terreni miocenici,come ad esempio la Pietra Leccese e le Calcarenitidi Andrano, possono presentare, infatti, svariatecondizioni idrogeologiche, in relazione alle vicissi-tudini tettoniche ed al carsismo cui sono state sot-toposte (cap. 18), così come sinteticamenteillustrato nella sezione VI-VI della tavola 4 (Carta

    Idrogeologica, allegata al volume). detti terreni, lacui matrice va considerata sostanzialmente imper-meabile, possono presentare un grado di permea-bilità dovuto alla fratturazione ed al carsismo moltovariabile sia lungo la verticale sia lateralmente, tantoda rendere incerta la valutazione della vulnerabilitàdell’acquifero profondo. nei terreni miocenici pos-siamo, infatti, trovare falde superficiali separate daquella profonda o localmente comunicante con essaa causa di lineamenti geostrutturali. Le acque sot-terranee contenute negli acquiferi miocenici pos-sono poi essere a diretta comunicazione idraulicacon la falda profonda cretacica. Possiamo poi tro-vare situazioni in cui i terreni miocenici presentanouna permeabilità trascurabile tanto da determinarecondizioni di bassa vulnerabilità per l’acquiferoprofondo. è chiara quindi la complessità insita nelladeterminazione della vulnerabilità degli acquifericarsici cretacei a fronte di situazioni idrogeologicheche andrebbero studiate localmente sulla base didati conoscitivi finalizzati a valutare le effettive con-dizioni geostrutturali delle formazioni mioceniche,spesso non disponibili.

    Un ulteriore esempio relativo alla Terra di Baridimostrante l’importanza di tener conto della pre-senza di connessioni idrauliche tra le componenti diun sistema idrogeologico ai fini della valutazionedella vulnerabilità all’inquinamento, è dato dal rin-venimento in falda di acque radioattive di prove-nienza ignota in corrispondenza di una perforazioneeseguita nel 1980 in prossimità della centrale Ter-moelettrica EnEL di Bari; il carotaggio della radio-attività naturale gamma ha rilevato, in particolare, lapresenza di due picchi ad alta radioattività, caratte-rizzati da 5000 e 1500 colpi per secondo, rispettiva-mente alle profondità di 11 m e 17 m dal pianocampagna (fig. 10.4; COTECCHIA, 1982).

    10.1.3. - Metodologie di mapping della vulnerabilità

    I metodi di valutazione e cartografia della vul-nerabilità sono in continua evoluzione. I numerosimetodi disponibili sono in genere molto legati allafisiografia delle zone per i quali sono stati studiati,al numero e alla qualità dei dati disponibili, alle fi-nalità degli studi, e più in generale al quadro in cuisono stati sperimentati (CIVITA, 1994, 2005).

    LE ACqUE SOTTERRAnEE E L’InTRUSIOnE mARInA In PUGLIA429

  • da un punto di vista essenzialmente tipolo-gico i metodi possono essere ripartiti in tre cate-gorie:- metodologie di zonazione per aree omogenee (ad esempioil metodo messo a punto dal Consiglio nazionaledelle Ricerche - GndCI) - si tratta di sistemi divalutazione non troppo raffinati, che individuanole situazioni idrogeologiche-tipo riscontrabili sulterritorio, alle quali è associata la valutazione delgrado di vulnerabilità. Si applicano laddove la den-sità e l’affidabilità dei dati non è molto elevata, percui è possibile restituire una cartografia a denomi-natore di scala medio-alto;- metodologie parametriche – si tratta di sistemi di va-lutazione generalmente più sofisticati rispetto aquelli precedentemente descritti, la cui validità cre-sce nelle aree dove la densità e l’affidabilità dei datiè elevata e dove è possibile produrre cartografie amedio-basso denominatore di scala. Essi perven-gono alla valutazione della vulnerabilità sulla basedi determinati parametri, a ciascuno dei quali vieneassegnato un punteggio in funzione dell’impor-tanza assunta dallo stesso. nell’ambito delle meto-dologie parametriche, le metodologie a punteggi epesi costituiscono una ulteriore evoluzione, in

    quanto consentono di evidenziare, attraverso l’uti-lizzo di un peso moltiplicatore del punteggio,anche la rilevanza assunta da ciascun parametro inparticolari situazioni idrogeologiche e d’impattoantropico;- metodologie matematiche – pervengono alla valuta-zione di un indice di vulnerabilità intrinseca sullabase di espressioni matematiche a variabile gradodi complessità; esse richiedono una grande varietàdi dati specialistici e risultano pertanto applicabiliad aree di piccole o piccolissime dimensioni, moltonote dal punto di vista idrogeologico.

    Alle tre tipologie di metodi di mapping sopra elen-cate corrispondono quindi diversi gradi di affidabi-lità delle relative carte di vulnerabilità intrinseca, eciò in ragione della necessità di approfondire la co-noscenza delle condizioni geologico-geostrutturalied idrogeologiche del territorio. Si ha quindi che lemetodologie di zonazione per zone omogenee, es-sendo applicate ai casi in cui non si dispone di datidi dettaglio ed affidabili, forniscono carte di vulne-rabilità che, nei contesti complessi come quello re-gionale pugliese, sono da ritenere sicuramente pocoaffidabili, o comunque solo orientative. Passandoalle metodologie parametriche e matematiche è pos-sibile ottenere carte di vulnerabilità più efficaci, e ciòin ragione della necessità di indagare maggiormenteil territorio.

    A partire dagli anni ’80 numerosi sono stati imetodi parametrici proposti. Tra i più importantie riconosciuti dalla comunità scientifica internazio-nale ricordiamo:- il metodo SInTACS, nato in Italia su proposta diCIVITA (1994) e CIVITA & dE mAIO (1997, 2000)come adattamento agli scenari idrogeologici nazio-nali dell’americano metodo dRASTIC (ALLER etalii, 1987). Il metodo consente di pervenire ad unavalutazione quantitativa della vulnerabilità sullabase dell’assegnazione, a ciascuno dei 7 parametriutilizzati (Soggiacenza della superficie piezome-trica, Infiltrazione efficace, non saturo, Tipologiadella copertura, Acquifero, Conducibilità idraulicadell’acquifero e Superficie topografica), di un pun-teggio variabile tra 1 e 10 in funzione della magni-tudo del parametro, e di un peso, ovvero unmoltiplicatore del punteggio, variabile tra 1 e 5 infunzione dell’importanza dello stesso parametro

    430VULnERABILITà ACqUIFERI ALL’InqUInAmEnTO AREE SALVAGUARdIA OPERE CAPTAzIOnE ACqUE SOTTERRAnEE USO UmAnO

    Fig. 10.4 - Carotaggio della radioattività naturale gamma dei terreni attra-versati con la perforazione eseguita nel 1980 in prossimità della Centrale

    Termoelettrica Enel di Bari.– Natural gamma ray log of formations drilled in 1980 in the proximity of the Enel

    Thermoelectric Power Station at Bari.

  • nello specifico contesto idrogeologico. Propriol’introduzione delle stringhe di pesi consente di de-finire la situazione d’impatto specifica dell’area(area soggetta ad impatto normale, area soggettaad impatto rilevante, area soggetta a drenaggio,area carsica, area in rocce fessurate) rendendo ilSInTACS un metodo di tipo universale, applica-bile in qualsiasi scenario geologico e idrogeologico.Ad esempio, in presenza di acquiferi fratturati ecarsici quali quelli regionali, il metodo attribuiscela massima enfasi ai parametri acclività, infiltra-zione efficace, caratteristiche dell’acquifero e per-meabilità, mentre attribuisce la minima enfasiall’azione combinata di soggiacenza ed insaturo, inmodo da tenere in conto l’azione di collegamentorapido tra la superficie e l’acquifero operata dallestrutture carsiche. dal momento però che il me-todo SInTACS prevede la riduzione della vulne-rabilità all’aumentare della acclività, esso risultainadatto in presenza di un carso molto sviluppatoe in particolare all’interno dei bacini di ricarica delleforme carsiche, conducendo ad una sottostimamarcata della vulnerabilità. In dette condizioni siha infatti che l’elevata acclività del suolo non con-duce, in generale, ad una riduzione della vulnera-bilità, e ciò in quanto l’elevata capacità diassorbimento delle forme carsiche di superficiepuò essere tale da determinare il quasi totale as-sorbimento delle acque di superficie anche in pre-senza di suoli molto acclivi;- il metodo EPIk, sviluppato in Svizzera espressa-mente per gli acquiferi carbonatici carsici (dOERFLI-GER & zWAHLEn, 1998). Il metodo, che vienenormalmente applicato per il mapping della vulnera-bilità alla scala di 1:10.000, si basa su 4 parametri: losviluppo dell’epicarso (E), l’importanza della coper-tura protettiva (P), le condizioni di infiltrazione (I)e lo sviluppo della rete carsica (k), che vengono ana-lizzati separatamente e quantificati, assumendo unvalore variabile da 1 a 4. I parametri vengono poicombinati per determinare il fattore di protezioneF in ogni punto del bacino, variabile tra 9 e 34;- il metodo PI, nato in Germania per descrivere lavulnerabilità degli acquiferi in generale, ed in parti-colare anche di quelli carsici (GOLdSCHEIdER et alii,2000). L’acronimo PI deriva dai 2 fattori presi inesame: copertura protettiva (P) e infiltrazione (I). Il

    fattore copertura protettiva descrive la funzioneprotettiva espletata dagli strati di terreno sovrastantiil tetto dell’acquifero ossia suolo, sottosuolo e roc-cia non satura, e ciò in funzione del loro spessoree delle relative proprietà idrauliche. Il fattore infil-trazione quantifica il flusso concentrato che si svi-luppa all’interno delle forme carsiche, anche perby-pass della copertura di protezione.

    Recentemente, nell’ambito dell’azione EuropeaCost 620 sono stati proposti numerosi altri metodiper la mappatura della vulnerabilità nei sistemi ac-quiferi fratturati e carsici, concettualmente assimi-labili al metodo PI (metodi COP, LEA, VULk eTime-Input). Tutti questi metodi sono basati sullacostruzione di un modello concettuale “sorgente-percorso-recettore”: la sorgente è il punto della su-perficie topografica in cui avviene il rilascio delcontaminante; il recettore è la risorsa idrica inesame, che deve essere protetta; il percorso è la viadi migrazione che connette la sorgente al recettore,individuabile nel passaggio attraverso gli strati li-tologici sovrastanti la risorsa idrica. In caso di ac-quiferi confinati il recettore è ovviamente il tettodell’acquifero e non la sua superficie piezometrica.

    I fattori di valutazione su cui si basa un modelloconcettuale di base per gli studi di vulnerabilitàsono quindi tre:- “Overlying layers” (O); - “Concentration of flow” (C); - “Precipitation regime” (P).

    Il fattore P rappresenta lo stress esterno applicatoal sistema; a meno delle aliquote di evapotraspira-zione e di deflusso superficiale, esso corrisponde alparametro “infiltrazione efficace” del metodo SIn-TACS. I fattori O e C rappresentano le caratteristi-che interne del sistema: il fattore O valuta il gradodi protezione dell’acquifero dovuto alla presenzadegli strati litologici sovrastanti l’acquifero, mentreil fattore C valuta l’incidenza dei fenomeni di con-centrazione del flusso idrico e di rapida infiltrazionedelle acque in presenza di un epicarso molto svi-luppato (doline, vore, inghiottitoi e fratture moltosviluppate). detto ultimo fattore è quello cheadatta la valutazione della vulnerabilità alle condi-zioni geolitologiche e strutturali specifiche dell’am-biente carsico. Proprio grazie al fattore C, i metodiCOP, LEA, VULk e Time-Input risultano, in so-

    LE ACqUE SOTTERRAnEE E L’InTRUSIOnE mARInA In PUGLIA431

  • stanza, idonei alla valutazione della vulnerabilità incontesti idrogeologici spiccatamente carsici, comedimostra l’applicazione, nell’ambito dell’ApproccioEuropeo (COST 620 Action), dei metodi SIn-TACS e COP ad un’area campione dell’Italia meri-dionale: il sistema carsico degli Alburni. dettaapplicazione ha evidenziato sostanziali differenzenella valutazione della vulnerabilità con i due me-todi; il metodo COP, enfatizzando il ruolo delleforme carsiche, risulta molto più severo, condu-cendo ad una valutazione della vulnerabilità più ele-vata rispetto a quello determinato con il metodoSInTACS (CORnIELLO, et alii, 2005).

    Il modo in cui definire e combinare i tre fattoridà origine ai diversi metodi di mappatura della vul-nerabilità intrinseca illustrati nel Cost 620.

    nel metodo COP, ad esempio, la definizionedel parametro “Concentration of flow” dipende dallaposizione dell’area oggetto di indagine rispetto aibacini di ricarica delle forme carsiche: se l’area ri-cade all’interno dei bacini di ricarica i fattori checoncorrono a definire il parametro C sono la di-stanza dalla discontinuità carsica, la distanza dalcorso d’acqua fossile (se presente), la presenzadella vegetazione e l’acclività della superficie topo-grafica; se l’area ricade all’esterno dei bacini di ri-carica, i fattori che concorrono a definire ilparametro C, sono le caratteristiche di frattura-zione e di permeabilità delle rocce affioranti, lapresenza di vegetazione e l’acclività della superficietopografica. è importante sottolineare che la pre-senza di vegetazione e l’acclività della superficie to-pografica, che compaiono nella valutazione delparametro C sia all’interno sia all’esterno dei bacinidi ricarica, inducono un effetto opposto sulla vul-nerabilità a seconda della posizione dell’area di stu-dio rispetto al bacino di ricarica: all’interno delbacino, l’aumentare dell’acclività della superficie to-pografica e l’assenza di una copertura vegetale ri-ducono la protezione dell’acquifero, in quantofavoriscono la veicolazione dell’inquinante in faldaattraverso la discontinuità carsica; all’esterno delbacino, invece, l’aumentare dell’acclività della su-perficie topografica e l’assenza di una coperturavegetale aumentano la protezione dell’acquifero, inquanto favoriscono il rapido deflusso superficialedell’acqua, limitando la sua infiltrazione.

    A fronte della maggiore attenzione prestata alruolo svolto dalle forme carsiche, i metodi PI, COP,LEA, VULk e Time-Input non tengono conto delflusso orizzontale che si esplica nell’acquifero, dalmomento che essi considerano la risorsa idrica solocome bersaglio e non anche come possibile vettoredel carico inquinante. I metodi infatti non conside-rano alcun parametro rappresentativo delle carat-teristiche della zona di saturazione ed espressivodella suscettibilità dell’acquifero alla diffusione degliinquinanti, al contrario del metodo SInTACS, nelquale dette caratteristiche sono sintetizzate nei pa-rametri “acquifero” (A) e “conducibilità idraulica”(C). In tal senso è possibile affermare che i metodiPI, COP, LEA, VULk e Time-Input permettono divalutare la vulnerabilità intrinseca dell’acquifero ri-spetto alla sola suscettibilità all’ingerimento degliinquinanti, mentre il metodo SInTACS consentedi valutare la vulnerabilità intrinseca rispetto sia allasuscettibilità all’ingerimento sia alla suscettibilità alladiffusione degli inquinanti, pur con tutti i limitisopra illustrati.

    quanto sopra esposto indica quindi la necessitàdi scegliere adeguatamente, in ogni contesto idro-geologico, la modalità con cui cartografare la vul-nerabilità intrinseca degli acquiferi. Le differenzeesistenti tra i vari metodi non sono formali. I varimetodi disponibili consentono, infatti, di esaltarealcuni aspetti, necessari per la corretta rappresen-tazione della vulnerabilità, rispetto ad altri, e lascelta deve ricadere su quelli ritenuti maggiormenterappresentativi nel particolare contesto idrogeolo-gico che si sta esaminando. Le problematiche espo-ste sono quindi di fondamentale importanza, e ciòperché l’errata applicazione dei metodi di rappre-sentazione della vulnerabilità possono condurre apolitiche di pianificazione, gestione e salvaguardiadel tutto avulse dall’idraulica degli acquiferi, con im-portanti conseguenze economiche ed ambientali.

    10.2. - LE AREE dI SALVAGUARdIA dELLE OPERE dICAPTAzIOnE dELLE ACqUE SOTTERRAnEE dESTI-nATE ALL’USO POTABILE

    Per aree di salvaguardia delle opere di capta-zione delle acque sotterranee destinate all’uso po-tabile si intendono quelle aree circostanti i punti di

    432VULnERABILITà ACqUIFERI ALL’InqUInAmEnTO AREE SALVAGUARdIA OPERE CAPTAzIOnE ACqUE SOTTERRAnEE USO UmAnO

  • prelievo nell’ambito delle quali apporre vincoli, di-vieti e regolamentazioni all’utilizzo del territorio,con il fine di prevenire il degrado qualitativo delleacque destinate al consumo umano.

    La disciplina delle aree di salvaguardia viene in-trodotta nella normativa nazionale con il decretodel Presidente della Repubblica del 24 maggio1988, n. 236 (art. 4, 5, 6 e 7), che recepisce la di-rettiva CEE n. 80/778 concernente la qualità delleacque destinate al consumo umano. Successiva-mente essa viene ripresa dal decreto Legislativodell’11 maggio 1999, n. 152 (art. 21), e con l’emen-damento n. 258 del 18 agosto 2000, senza l’ap-porto di modifiche sostanziali a quanto previstodal precedente decreto. Attualmente il riferimentonormativo in materia di delimitazione delle aree disalvaguardia è rappresentato dal decreto Legisla-tivo del 3 aprile 2006, n. 152. L’art. 94 di detto de-creto distingue le aree di salvaguardia in zona ditutela assoluta, zona di rispetto e zona di prote-zione. Con riferimento, in particolare, alle opere dicaptazione delle risorse idriche sotterranee, essesono così individuate:- la zona di tutela assoluta (art. 94, comma 3) è co-stituita dall’area immediatamente circostante ilpozzo, di raggio pari almeno a 10 metri, da adibireesclusivamente alle opere di captazione e alle in-frastrutture di servizio;- la zona di rispetto (art. 94, comma 4) è costituitadalla porzione di territorio circostante la zona ditutela assoluta, da sottoporre a vincoli e destina-zioni d’uso tali da tutelare qualitativamente e quan-titativamente la risorsa idrica captata; essa vieneulteriormente distinta in zona di rispetto ristrettae zona di rispetto allargata, in relazione alla tipolo-gia dell’opera di presa o captazione e della situa-zione locale di vulnerabilità e rischio della risorsa.nei sistemi fessurati o carsificati possono essereindividuate anche una o più zone di rispetto nondirettamente collegate all’opera di captazione (zonedi rispetto aggiuntive), in corrispondenza dellequali siano stati verificati fenomeni di infiltrazionecon collegamenti diretti alle risorse idriche captatenel pozzo;- la zona di protezione (art. 94, comma 7) è costi-tuita dall’area più esterna, che idealmente coincidecon l’area di ricarica dell’acquifero, tale da assicu-

    rare la protezione del patrimonio idrico.La sola delimitazione delle aree di salvaguardia

    non garantisce tuttavia la conservazione nel tempodella qualità delle acque sotterranee, in quanto evi-dentemente non impedisce che al punto di prelievogiungano inquinanti provenienti da porzioni delterritorio esterne alle stesse.

    Si pone dunque la necessità di integrare la pro-tezione statica, attivata attraverso la delimitazionedelle aree di salvaguardia, con misure di protezionedinamica, ovvero con l’attivazione e la gestione diun preordinato sistema di monitoraggio delle acquesotterranee disposto lungo il perimetro delle aree disalvaguardia stesse. Attraverso l’attività di monito-raggio è possibile, infatti, controllare periodicamentei parametri chimico-fisici delle acque e segnalaretempestivamente, sulla base di variazioni significa-tive dei suddetti parametri, eventuali processi di in-quinamento della risorsa, e ciò tenuto conto anchedella vulnerabilità dell’acquifero all’inquinamento.detta segnalazione consentirebbe di adottare unpiano di emergenza, che contempli sia gli interventida attuare per limitare l’impatto dell’inquinante sullaqualità delle acque estratte, sia le fonti di approvvi-gionamento idropotabile alternative.

    è importante osservare che l’adozione delle mi-sure di protezione, tanto statiche quanto dinamiche,presuppone la presenza, nell’ambito degli organipreposti alla tutela delle risorse idriche sotterranee,di tecnici preparati in materia, in grado di aggior-nare la delimitazione delle aree di salvaguardia, te-nuto conto del carattere dinamico del sistemaacquifero, e di decidere, in caso di emergenza, iprovvedimenti urgenti da adottare e gli interventida attuare a tutela della salute pubblica.

    10.2.1. - Definizioni

    Per un’adeguata comprensione dei criteri di de-limitazione delle aree di salvaguardia è necessarioconsiderare alcuni concetti e definizioni di idraulicadelle acque sotterranee, e in particolare di idraulicadei pozzi.

    L’estrazione di acqua sotterranea da un pozzoproduce un abbassamento del livello dell’acqua nelpunto di prelievo, con la conseguente formazionedi un cono di depressione che si raccorda asintoti-

    LE ACqUE SOTTERRAnEE E L’InTRUSIOnE mARInA In PUGLIA433

  • camente alla superficie piezometrica in condizioniindisturbate; ciò determina, in prossimità delpozzo, un incremento della cadente piezometrica,da cui trae origine il moto di filtrazione direttoverso il pozzo stesso (figg. 10.5, 10.6). La depres-sione della superficie piezometrica nell’intorno delpozzo modifica le modalità con cui si esplica ilflusso idrico sotterraneo. In conseguenza di dettadepressione, infatti, alcune linee di flusso conver-gono verso il pozzo, alimentandolo, altre sempli-cemente deviano dalla propria traiettoria incondizioni indisturbate, proseguendo verso valle.Il passaggio dalle une alle altre linee di flusso co-stituisce lo spartiacque sotterraneo, assimilabile

    planimetricamente ad una parabola, il cui fuoco èoccupato dal pozzo e il cui vertice (punto C), de-nominato punto di stagnazione, è caratterizzatodall’annullamento delle velocità di filtrazione. Sidefiniscono raggio di influenza fittizio o ridottoR0 la distanza del punto di stagnazione dal pozzodi captazione, e fronte di alimentazione o di ri-chiamo F l’ampiezza della parabola in direzioneperpendicolare alla direzione del flusso (fig. 10.6).

    434VULnERABILITà ACqUIFERI ALL’InqUInAmEnTO AREE SALVAGUARdIA OPERE CAPTAzIOnE ACqUE SOTTERRAnEE USO UmAnO

    Fig. 10.5 - Cono di depressione della superficie di falda determinato da unpozzo in emungimento con indicazione di tre differenti aree di influenza(zOI) corrispondenti a fissati valori di soglia della depressione piezometrica.– Cone of depression of the water table caused by a pumping well, showing the three differentzones of influence (zOI) corresponding to fixed threshold values of the piezometric drawdown.

    Fig. 10.6 - Reticolo di flusso in prossimità di un pozzo di captazione.– Flow net nearby a pumping well.

  • Si possono definire pertanto, in prossimità delpozzo in emungimento, tre distinte aree: - l’area di influenza (zOI-zone Of Influence); - l’area di contribuzione (zOC-zone Of Contribution);- l’area di trasporto (zOT-zone Of Transport).

    Per “area di influenza” (zOI) si intende la por-zione di acquifero circostante il pozzo entro laquale il pompaggio determina un abbassamento∆h della superficie piezometrica che può ritenersiapprezzabile, superiore cioè ad un valore sogliapreventivamente definito. detta area è pertanto de-limitata dalla curva di iso-abbassamento corrispon-dente a tale valore soglia (fig. 10.5). In un acquiferoomogeneo ed isotropo, nell’ipotesi semplificativadi superficie piezometrica orizzontale in condizioniindisturbate, ovvero di gradiente idraulico dell’ac-quifero nullo, il cono di depressione è simmetricorispetto all’asse del pozzo, e quindi l’aera di in-fluenza è circolare. nella realtà, però, la superficiepiezometrica non è orizzontale, ovvero l’acquiferoè caratterizzato da un gradiente idraulico diversoda zero in virtù del quale si esplica il deflusso sot-terraneo naturale. In detta condizione la pendenzadel cono di depressione a monte è superiore aquella di valle, per cui ne risulta un’area di influenzaasimmetrica rispetto al pozzo. L’asimmetria del-l’area di influenza aumenta quindi all’aumentaredel gradiente idraulico dell’acquifero.

    Per “area di contribuzione” o di alimentazioneo di cattura del pozzo (zOC) si intende la porzionedi acquifero entro la quale le linee di flusso con-vergono verso il pozzo, alimentandolo (fig. 10.7).Essa coincide approssimativamente con lo zOIper bassi valori del gradiente idraulico. In dettecondizioni, infatti, l’area entro cui l’abbassamentopiezometrico assume un valore apprezzabili (zOI)approssima l’area di alimentazione del pozzo(zOC).

    La delimitazione planimetrica di detta area,possibile attraverso l’applicazione di procedureanalitiche o numeriche, risulta particolarmente im-portante ai fini della delimitazione delle aree di sal-vaguardia, in quanto solo nell’ambito di detta areal’acqua affluisce prima o poi al pozzo, sottraendosial naturale deflusso verso valle. nell’ambito di dettaarea vanno quindi apposti vincoli e limitazioni al-l’utilizzo del territorio per preservare la qualità

    delle acque destinate al consumo umano. La con-figurazione planimetrica della zona di alimenta-zione dipende dal valore del gradiente idraulicodell’acquifero: all’aumentare del gradiente, il raggiodi influenza fittizio e il fronte d’alimentazione si ri-ducono, e la zOC assume una forma allungata indirezione monte-valle.

    Per “area di trasporto” (zOT) si intende la por-zione di acquifero, circostante l’opera di captazione,

    LE ACqUE SOTTERRAnEE E L’InTRUSIOnE mARInA In PUGLIA435

    Fig. 10.7 - Cono di depressione determinato da un pozzo in emungimentocon indicazione dell’area di alimentazione (zOC) e dell’area di trasporto

    (zOT) relativa a due diversi intervalli di tempo.– Cone of depression produced by a pumping well, showing the zone of contribution

    (zOC) and the zone of transport (zOT) at two different time intervals.

  • percorsa dalle particelle di un ipotetico inquinanteidroveicolato in falda in un intervallo di tempo as-segnato, denominato tempo di trasferimento (fig.10.7). detta area risulta pertanto delimitata dalluogo dei punti caratterizzati da uguale tempo ditrasferimento dell’inquinante in falda, detto iso-crona. zOT è, per definizione, sempre interna allazOC, ed è caratterizzata da un’ampiezza via via cre-scente all’aumentare del tempo di trasferimentodell’inquinante assunto per la sua delimitazione.

    La valutazione del tempo di trasferimento di uninquinante dovrebbe a rigore essere effettuata te-nendo conto di tutti i meccanismi e i processi im-plicati nel trasporto dell’inquinante stesso. Siosservi, infatti, che il trasporto di un soluto all’in-terno dell’acquifero saturo, avviene sia per adve-zione che per dispersione idrodinamica. Per effettodell’advezione (o convezione) le particelle di solutovengono trasportate dalla massa idrica in movi-mento lungo la direzione del moto, con velocitàpari a quella media effettiva dell’acqua, ve, datadalla nota relazione di darcy:ve = [k]i/n (10.1)ove k è la conducibilità idraulica (m/s), i il gra-diente (adimensionale) ed n la porosità efficace(adimensionale).

    La dispersione idrodinamica si esplica invece at-traverso la diffusione molecolare e la dispersionemeccanica (par. 5.3). La diffusione molecolare èdovuta ai movimenti browniani che si verificano,sotto l’influenza dell’attività cinetica dei costituentiionici o molecolari, nella direzione del gradiente diconcentrazione, anche in assenza di moti dell’ac-qua. La dispersione meccanica è dovuta invece allamiscelazione meccanica del soluto, e può essere di-stinto in longitudinale e trasversale.

    Altri processi, inoltre, intervengono durante iltrasporto in falda dell’inquinante, quali i processidi adsorbimento, di degradazione chimico-fisica edi decadimento radioattivo.

    10.2.2. - Criteri di delimitazione delle aree di salvaguardia

    In materia di delimitazione delle aree di salva-guardia un documento di riferimento su scala inter-nazionale è costituito dalle Linee Guida pubblicatedall’Environmental Protection Agency nel 1987: “Guide-

    lines for delineation of wellhead protection areas” (EPA,1987).

    Tale documento individua cinque criteri per ladelimitazione delle suddette aree, indicandone li-miti e campi di applicazione:a) distanza dall’opera di captazione (distance);b) abbassamento del livello piezometrico indottodal pompaggio (drawdown);c) tempo di trasferimento di un inquinante dallasorgente di contaminazione all’opera di captazione(time of travel);d) limiti del flusso idrico sotterraneo (flow boundaries);e) capacità di assimilazione (assimilative capacity).

    Il criterio della distanza dall’opera di captazione: essoprevede di individuare come area di salvaguardiaun’area, circostante l’opera di captazione, di raggioarbitrario o calcolato mediante il cosiddetto “me-todo del cilindro”, sulla base cioè della portataemunta q, di un tempo di trasferimento prefissatot, della porosità efficace dell’acquifero n e della lun-ghezza del tratto finestrato del pozzo H. A frontedi un’estrema semplicità applicativa ed economi-cità, tale criterio può condurre all’individuazionedi limiti territoriali del tutto privi di significato, so-prattutto nel caso di acquiferi eterogenei, aniso-tropi e caratterizzati da gradienti idraulici elevati,dal momento che esso prescinde completamentedai concetti fondamentali propri dell’idraulica deipozzi. Esso, non garantendo un’efficace prote-zione delle risorse idriche sotterranee, è applicabileessenzialmente in una fase transitoria, in attesa diun più efficace dimensionamento delle aree da tu-telare basato su specifici studi idrogeologici edidraulici.

    Il criterio dell’abbassamento del livello piezometrico in-dotto dal pompaggio: esso prevede di individuarecome area di salvaguardia l’area di influenza delpozzo (zOI) corrispondente ad un assegnato ab-bassamento piezometrico. L’adozione di tale crite-rio implica una stima accurata dei parametriidrogeologici dell’acquifero, quali trasmissività ecoefficiente di immagazzinamento, l’assunzione diun valore soglia di abbassamento oltre il quale lostesso e da ritenere trascurabile e l’individuazionedei valori di portata e di durata del pompaggio daassumere nel calcolo. Esso richiede quindi la de-terminazione di un maggior numero di parametri

    436VULnERABILITà ACqUIFERI ALL’InqUInAmEnTO AREE SALVAGUARdIA OPERE CAPTAzIOnE ACqUE SOTTERRAnEE USO UmAnO

  • idrogeologici rispetto al criterio della distanza pre-cedentemente illustrato. Il criterio, tuttavia, risultaefficace solo in presenza di bassi valori di gradientiidraulici dell’acquifero, circostanza nella quale,come già accennato, l’area di influenza del pozzozOI coincide approssimativamente con l’area dialimentazione del pozzo stesso zOC. In presenzadi gradienti idraulici elevati l’applicazione del cri-terio condurrebbe infatti ad un eccessivo sovradi-mensionamento dell’area di salvaguardia a valle delpozzo e ad un sottodimensionamento a monte,con la conseguenza, da un lato, di apporre vincolisuperflui a valle, dall’altro di non proteggere ade-guatamente il pozzo dalle sostanze inquinanti pro-venienti da monte.

    Sia il criterio della distanza sia quello dell’abbas-samento del livello piezometrico non consideranole effettive velocità di filtrazione, per cui non ri-sulta possibile stabilire l’intervallo di tempo entroil quale un inquinante intercettato in corrispon-denza del perimetro dell’area di salvaguardia possaraggiungere il pozzo in emungimento. Essi nonconsentono quindi una efficace applicazione dellaprotezione dinamica.

    Il criterio del tempo di trasferimento: esso prevede diindividuare come area di salvaguardia l’area di tra-sporto (zOT) corrispondente ad un assegnatotempo di trasferimento di un inquinante dalla sor-gente di contaminazione all’opera di captazione. Ilcriterio risulta essere scientificamente valido ed ef-ficace in quanto basato sull’effettiva velocità di tra-sporto di un inquinante, la determinazione dellaquale necessita la modellazione dei processi diflusso e trasporto e dunque la raccolta di un grannumero di dati relativi alle condizioni di alimenta-zione e drenaggio dell’acquifero, ai suoi limiti alcontorno, ai suoi parametri idrogeologici ed idro-dispersivi, e ad eventuali fattori di ritardo e costantidi decadimento specifici dell’ inquinante, rappre-sentativi dei fenomeni di adsorbimento e degrada-zione dell’ inquinante stesso.

    L’applicazione rigorosa del criterio, tenendoconto di tutti i meccanismi e processi implicati neltrasporto in falda di un soluto, risulta però al-quanto complessa. nell’ambito della perimetra-zione delle aree di salvaguardia è pratica comune,pertanto, trascurare, nell’ applicazione del criterio,

    il meccanismo di dispersione idrodinamica ed iprocessi di adsorbimento, degradazione e decadi-mento, assumendo dunque cautelativamente leipotesi di inquinante conservativo e di trasportoper sola advezione. Tali assunzioni semplificativepossono essere adottate al fine di assegnare alla pe-rimetrazione delle aree di salvaguardia una valenzagenerale, indipendente dalla componente inqui-nante, e di superare al tempo stesso le difficoltàconnesse con la determinazione dei parametri spe-cifici dell’inquinante.

    Il criterio del tempo di trasferimento, nella suaformulazione rigorosa, può trovare invece appli-cazione nella delimitazione dell’area di influenzadei centri di pericolo, ovvero nella definizione delladistanza entro la quale questi ultimi possono far ri-sentire, in modo significativo, i propri effetti, attra-verso la presenza di inquinanti in concentrazionesuperiore ad una soglia ammissibile.

    Il criterio dei limiti del flusso idrico sotterraneo: essoprevede di individuare come area di salvaguardial’intera area di alimentazione del pozzo (zOC).L’applicazione di detto criterio richiede l’individua-zione di tutti i limiti idrogeologici, intesi come ele-menti (stratigrafici, tettonici, geomorfologici) checondizionano la circolazione idrica sotterranea, econduce in molti casi ad un sovradimensiona-mento dell’area di salvaguardia, attraverso una me-todologia spesso soggettiva e non sempre piena-mente determinata.

    dal momento che la perimetrazione delle areedi salvaguardia comporta l’adozione di vincoli chepenalizzano l’uso pubblico e privato del territorioe delle risorse idriche in esso contenute, con unonere sociale ed economico non indifferente, ilsuddetto criterio è applicabile qualora il sovradi-mensionamento risulti accettabile, ossia nei casi didistanza ridotta tra la captazione e i limiti delflusso, o, in alternativa, quando si sia dimostratosu base scientifica l’inapplicabilità nel singolo con-testo idrogeologico degli altri criteri.

    Il criterio della capacità di assimilazione: esso pre-vede di individuare come area di salvaguardia laporzione di territorio circostante l’opera di capta-zione necessaria affinchè avvenga una attenuazionedel carico inquinante. Si osservi, infatti, che unasostanza inquinante rilasciata in superficie subisce

    LE ACqUE SOTTERRAnEE E L’InTRUSIOnE mARInA In PUGLIA437

  • un processo di attenuazione sia nella porzione in-satura, per effetto della capacita autodepurante delterreno, sia nella porzione satura, per effetto deimeccanismi di dispersione e diffusione e dei pro-cessi di adsorbimento, degradazione e decadi-mento che intervengono durante il trasporto infalda. Il criterio comporta o l’introduzione di unfattore di ritardo, variabile in funzione della tipo-logia di contaminante, oppure l’assegnazione apriori della concentrazione che si considera accet-tabile al pozzo, e quindi l’utilizzo di modelli di tra-sporto dei soluti per calcolare la distanza al di ladella quale la concentrazione massima ammessaviene oltrepassata (GORLA, 2005). L’applicazionedi tale criterio risulta complessa in quanto richiedel’ introduzione di un gran numero di fattori speci-fici sia dell’acquifero sia dell’inquinante in esame,e la conoscenza del preciso istante in cui e avve-nuta la contaminazione. Tale criterio, particolar-mente efficace in presenza di contaminazioniprodotte in superficie (ad es. sversamenti acciden-tali), è utilizzabile in caso di una sola tipologia dicarico inquinante, data la difficoltà di definire le ca-ratteristiche chimico-fisiche dell’acquifero in pre-senza di contaminazione multipla.

    10.2.3. - Criteri di delimitazione delle aree di salvaguardiasecondo la normativa italiana

    Abbiamo visto nei paragrafi precedenti i nume-rosi metodi atti, allorché con diverso grado di ap-prossimazione, alla perimetrazione delle aree disalvaguardia, con i relativi campi e limiti di appli-cabilità. La scelta del metodo più idoneo per ogniparticolare contesto idrogeologico e le relative at-tività da svolgere per la sua corretta applicazione,sono il primo passo verso la effettiva soluzione diuna problematica così complessa. A tal riguardo leattuali normative nazionali non forniscono chiareindicazioni, lasciando alla sensibilità del singolooperatore detta scelta.

    Il primo tentativo su scala nazionale di mettereordine in questa materia risale a circa 10 anni fa,quando venivano pubblicate, sulla Gazzetta Uffi-ciale n. 2 del 03.01.2003 le “Linee Guida per la tu-tela delle acque destinate al consumo umano ecriteri generali per l’individuazione delle aree di sal-

    vaguardia di cui all’art. 21 del decreto legislativo 11maggio 1999 n. 152”. dette Linee Guida facevanodunque esplicito riferimento al d.Leg. 152/1999,oggi sostituito dall’attuale dl. 152/2006, che peròè sostanzialmente immutato nelle parti riguardantila definizione delle aree di salvaguardia.

    I criteri generali per l’individuazione delle areedi salvaguardia considerati dalle Linee Guida del2003 sono:- il criterio geometrico, che si può far corrispon-dere al criterio della distanza dall’opera di capta-zione individuato dall’ EPA;- il criterio temporale, che si può far corrispondereal criterio del tempo di trasferimento di un inqui-nante dalla sorgente di contaminazione all’opera dicaptazione individuato dall’ EPA, nell’ipotesi cheil trasporto avvenga per sola advezione;- il criterio idrogeologico, che si può far corrispon-dere al criterio dei limiti del flusso idrico sotterra-neo dell’EPA.

    Esse prevedono, in particolare, che la zona ditutela assoluta venga delimitata attraverso l’appli-cazione del criterio geometrico, la zona di rispetto(ristretta ed allargata) attraverso l’applicazione delcriterio temporale o, in presenza di condizioniidrogeologiche di particolare complessità, del cri-terio idrogeologico, mentre la zona di protezioneattraverso l’applicazione del criterio idrogeologico.

    Il criterio geometrico si basa sul concetto di di-stanza dall’opera di captazione. A fronte di un’estrema semplicità applicativa ed economicità, ab-biamo visto che tale criterio può condurre all’in-dividuazione di limiti territoriali del tutto privi disignificato, soprattutto nel caso di acquiferi etero-genei, anisotrope, caratterizzati da gradienti idraulicielevati, dal momento che esso prescinde completa-mente dai concetti fondamentali propri dell’idrau-lica dei pozzi. Esso dunque non garantisceun’efficace protezione delle risorse idriche sotter-ranee, ed è applicabile essenzialmente in una fasetransitoria, in attesa di un più efficace dimensiona-mento delle aree da tutelare basato su specifici studiidrogeologici, in accordo con quanto previsto dalleLinee Guida del 2003. A tal riguardo si fa notareche le Linee Guida non considerano il criterio del-l’abbassamento piezometrico individuato dall’EPA.Si fa però osservare che detto criterio potrebbe es-

    438VULnERABILITà ACqUIFERI ALL’InqUInAmEnTO AREE SALVAGUARdIA OPERE CAPTAzIOnE ACqUE SOTTERRAnEE USO UmAnO

  • sere utilizzato per le perimetrazioni provvisoriedella zona di rispetto in luogo di quello geometrico.

    Il criterio temporale si basa sul concetto ditempo di sicurezza, attraverso il quale è possibiletracciare la curva isocrona per integrazione delcampo di velocità di filtrazione. Se si ipotizza chel’inquinante si sposti all’interno del mezzo saturodell’acquifero per sola advezione, come per altroespressamente richiesto dalle Linee Guida del2003, il suo tempo di arrivo all’opera di captazione,partendo dal perimetro dell’isocrona, sarà pari pro-prio al tempo di sicurezza. La durata del tempo disicurezza è quindi legata al tempo necessario perricorrere ad un approvvigionamento idrico alter-nativo e/o adottare misure di disinquinamento ocontenimento del plume inquinante.

    Il criterio idrogeologico si basa sulle peculiaritàidrogeologiche del sistema acquifero e sul ricono-scimento dei suoi limiti fisici. Si rende a tal fine ne-cessario determinare l’estensione dell’acquifero ela sua struttura geologica, definire i rapporti esi-stenti tra acque superficiali e le acque sotterranee,tra eventuali acquiferi superficiali e profondi, e de-finire il bacino idrico sotterraneo. La corretta ap-plicazione del criterio idrogeologico richiede,infatti, l’acquisizione di un gran numero di dati perla stesura di diverse carte tematiche (geologica,idrogeologica, geomorfologica, idrochimica) la cuivalutazione congiunta ed interpretazione da partedi tecnici specializzati in materia consentono di tra-sporre il criterio in metodo operativo, giungendoa delimitare concretamente le aree di salvaguardia.Il livello di dettaglio con cui tali dati devono essereacquisiti deve essere necessariamente elevato se ilfine ultimo è quello di delimitare le aree di rispettoe non le aree di protezione, per le quali invece ilcriterio idrogeologico trova una sua naturale col-locazione in base alle già citate Linee Guida. L’ap-plicazione del criterio idrogeologico può portare,infatti, a far coincidere le aree di salvaguardia conla porzione di acquifero alimentante il pozzo, at-traverso l’individuazione dei limiti fisici ed idro-geologici dell’acquifero stesso (spartiacque, bordiimpermeabili). La sua applicazione nella perime-trazione delle zone di rispetto dei pozzi comportaspesso un loro notevole sovradimensionamento,con la conseguente apposizione di vincoli inutili

    sull’uso del territorio, e ciò in modo particolare nelcontesto idrogeologico pugliese, a causa delle dif-ficoltà connesse con la determinazione dei limitifisici dell’acquifero e delle zone di alimentazione.L’applicazione del criterio risulta poi spesso sog-gettiva, non essendo basata su elementi di dimen-sionamento univoci ed in assenza di chiare guidetecniche e metodologiche da seguire.

    Il criterio idrogeologico, nel contesto regionalepugliese caratterizzato da acquiferi presentanti unanotevole estensione areale, comporterebbe, peraltro, problemi non solo in fase di perimetrazionedelle aree di salvaguardia, ma anche in fase di ef-fettiva gestione delle stesse, nell’ottica di una pro-tezione dinamica, ad integrazione di quella statica,che consenta periodicamente, attraverso la predi-sposizione di una fitta rete di monitoraggio, il con-trollo della qualità delle acque sotterranee destinateal consumo umano e l’eventuale aggiornamentodella perimetrazione delle aree di rispetto a seguitodi variazioni intervenute nel tempo.

    10.2.4. - Gli studi di delimitazione delle aree di salvaguar-dia condotti in ambito regionale

    è da rilevare che attualmente la Regione Puglianon ha ancora provveduto, in maniera concreta,alla delimitazione definitiva delle aree di salvaguar-dia e all’applicazione dei relativi vincoli, nonostanteil lungo tempo trascorso dall’emanazione deld.P.R. 236/1988 e nonostante detta delimitazionefosse stata individuata quale obiettivo di prioritàassoluta già nell’ambito della Variante al Piano Re-golatore Generale degli Acquedotti del 1992.

    In assenza di detta delimitazione si consideranoprovvisoriamente come zone di rispetto le aree cir-colari circostanti l’opera di captazione di raggiopari ad un minimo di 200 metri.

    nell’ambito del territorio regionale le difficoltàconnesse alla caratterizzazione idrogeologica suscala locale, in un intorno adeguato dell’opera dipresa, derivanti sia dal disordine idraulico vigentesia dalla diffusa presenza di acquiferi carbonaticifratturati e carsicizzati per i quali l’eterogeneità el’anisotropia variano fortemente nello spazio,hanno per anni ritardato l’applicazione della nor-mativa nazionale in materia di protezione delle

    LE ACqUE SOTTERRAnEE E L’InTRUSIOnE mARInA In PUGLIA439

  • 440VULNERABILITÀ ACQUIFERI ALL’INQUINAMENTO AREE SALVAGUARDIA OPERE CAPTAZIONE ACQUE SOTTERRANEE USO UMANO

    acque destinate al consumo umano, ostacolando laconcreta delimitazione delle aree di salvaguardia inparola.

    Un primo tentativo di delimitazione delle areedi salvaguardia dei pozzi potabili è stato condottonell’ambito di una apposita convenzione, conclu-sasi nel dicembre 1997, tra Regione Puglia e Poli-tecnico di Bari (Dipartimento di Ingegneria delleAcque - Istituto di Geologia Applicata e Geotec-nica, responsabili scientifici i Proff. M. Ranieri e V.Cotecchia). In tale occasione la Regione incaricavail Politecnico di eseguire “Studi ed indagini finaliz-zati all’individuazione delle aree di salvaguardiadelle risorse idriche sotterranee destinate all’usopotabile nella Regione Puglia”. Le indagini veni-vano focalizzate in corrispondenza di specifichearee del territorio regionale (Valenzano (BA), Mo-nopoli (BA), Corigliano d’Otranto (LE) e Galatone(LE)), rappresentative degli acquiferi cretacei dellaMurgia e del Salento. In corrispondenza delle quat-tro aree venivano delineati i lineamenti stratigraficie strutturali e veniva condotto uno studio idrogeo-logico adeguato.

    Il criterio di perimetrazione utilizzato nell’am-bito dello studio è stato quello temporale, che pre-suppone la schematizzazione matematica deiprocessi di flusso idrico e di trasporto, allo scopodi ricostruire, una volta fissate le condizioni al con-torno e individuate le caratteristiche geoidrologi-che del territorio in esame, il reticolo di flussorelativo alla situazione in esame. La schematizza-zione in parola è stata operata con il metodo del“poroso equivalente”, mediante l’ausilio del codicedi calcolo numerico SUTRA.

    Lo studio eseguito è pervenuto ad un risultatoconcreto in termini di delimitazione delle zone dirispetto solo per le aree di Valenzano e Monopoli,caratterizzate da una qualità e una quantità di datitale da consentire un’adeguata caratterizzazioneidrogeologica dell’acquifero. Per le aree di Cori-gliano d’Otranto e Galatone i dati disponibili nonrisultavano idonei ad effettuare un’attendibile rico-struzione della superficie piezometrica della faldaprofonda, impedendo di fatto l’esecuzione di qual-siasi studio di perimetrazione delle zone di rispetto.

    Allo studio citato ha fatto seguito, in ambitoCNR-CERIST (Consiglio Nazionale delle Ricer-

    che Centro di Studio sulle Risorse Idriche e la Sal-vaguardia del Territorio), la redazione di cartogra-fie della vulnerabilità intrinseca degli acquiferi nellearee pilota di Valenzano (COTECCHIA et alii, 1999)e Corigliano d’Otranto (COTECCHIA et alii, 2000).

    Le problematiche riguardanti la definizionedella Vulnerabilità e la perimetrazione delle aree disalvaguardia relativamente al distretto estrattivodi Valenzano, ed in particolare in un’area ricadenteanche nel comune di Casamassima, sono state poiriprese nell’ambito del “Progetto Integrato per laSalvaguardia del Territorio” finanziato dallaFondazione CARIPLO e dal Dipartimento diProgettazione e Gestione dei Sistemi Agro-Zoo-tecnici e Forestali dell’Università degli Studi diBari (COTECCHIA et alii, 2007). Detto lavoro forni-sce un contributo metodologico per la corretta pe-rimetrazione della zona di rispetto dei pozzi inun’area rappresentativa dell’acquifero murgiano,oltre che riproporre le modalità con cui è stata re-datta la relativa Carta della Vulnerabilità, e ciò apartire dai risultati raggiunti negli studi preceden-temente svolti. Stante l’importanza dell’argomentotrattato, i risultati raggiunti in detto progetto di ri-cerca saranno illustrati nel paragrafo successivo,mentre la Tavola 6 allegata riporta la Carta dellavulnerabilità dell’area pilota di Casamassima–Va-lenzano, opportunamente rielaborata ed aggior-nata. Nel paragrafo 15.14 sarà invece affrontato ilproblema della perimetrazione delle aree di salva-guardia in un area costiera della Murgia, ossia deldistretto estrattivo di Monopoli – Polignano aMare ed infine, nel paragrafo 18.5, saranno affron-tate le problematiche riguardanti la definizionedella Vulnerabilità e la perimetrazione della zonadi rispetto dei pozzi potabili per l’area pilota di Co-rigliano d’Otranto.

    10.3. - VULNERABILITÀ ALL’INQUINAMENTO EDELIMITAZIONE DELLE AREE DI SALVAGUARDIA NELDISTRETTO ESTRATTIVODICASAMASSIMA-VALENZANO(AREA IDROGEOLOGICA DELLA MURGIA)

    L’analisi delle problematiche inerenti la defini-zione della vulnerabilità intrinseca e la perimetra-zione delle aree di salvaguarda delle opere dicaptazione potabili nell’area murgiana di Casamas-

  • sima - Valenzano (BA) (fig. 10.8) presenta notevoleinteresse stante l’importanza della stessa ai finidell’approvvigionamento idropotabile della regionee le conoscenze generali ivi già acquisite nell’am-bito di studi pregressi in merito alle caratteristichegeologiche ed idrogeologiche (COTECCHIA et alii,2007), che ha consentito di tracciare un percorsometodologico di validità generale.

    Le incertezze insite nell’assunzione di tutti i pa-rametri di input necessari per la perimetrazionedelle aree di salvaguardia ha suggerito lo sviluppodi analisi parametriche, illustrate in questo para-grafo, finalizzate ad individuare i principali para-metri idrogeologici che in futuro sarà necessarioricercare con il dovuto grado di approfondimento.

    10.3.1. - Inquadramento geologico e idrogeologico

    Il distretto estrattivo di Casamassima – Valen-zano ricade nell’area idrogeologica della murgia,costituita da rocce carbonatiche cretacee dellapiattaforma apula (parr. 1.2, 15.1). Lungo i bordidella murgia ed in talune limitate aree interne af-fiorano, in trasgressione sul substrato carbona-tico, depositi clastici plio-pleistocenici. nell’areadi Casamassima-Valenzano, in particolare, il sub-strato carbonatico è rappresentato dal Calcare diBari, mentre i depositi plio-pleistocenici si iden-tificano con la Calcarenite di Gravina e le Argille

    di Rutigliano.La murgia presenta una morfologia pretta-

    mente tabulare, caratterizzata da una serie di vastiripiani che si ribassano verso mare per il tramitedi scarpate, a luoghi alquanto ripide e a luoghipoco acclivi, alte poche decine di metri.

    Per quanto attiene all’idrogeologia, la murgiacostituisce un ampio e potente acquifero costierocon sede nelle rocce calcaree e calcareo-dolomiti-che del mesozoico (cap. 15). La circolazione idricasotterranea si esplica in pressione, eccetto lungouna ristretta fascia costiera.

    da precedenti studi condotti (COTECCHIA etalii, 1999a, 1999b) risulta che nell’area di Casamas-sima - Valenzano l’acquifero profondo, aventesede nelle rocce calcaree e calcareo-dolomitichedel mesozoico, è frazionato in numerosi livelli, inconseguenza della variabilità dello stato di frattu-razione e carsismo. La porzione di ammasso roc-cioso posta a monte, ricadente nei settori SE e SW,altimetricamente più elevati, presenta una fre-quenza di orizzonti fratturati inferiore rispetto allaporzione a valle (settori nW e nE) dell’area esa-minata. Inoltre si riscontra un aumento della frat-turazione in direzione SE-nW, lungo la qualesembra aumentare anche la conducibilità idraulica(tav. 3, allegata al volume).

    La variabilità dello stato di fratturazione e car-sismo condiziona il deflusso idrico sotterraneo,

    LE ACqUE SOTTERRAnEE E L’InTRUSIOnE mARInA In PUGLIA441

    Fig. 10.8 - Area pilota di Casamassima-Valenzano.– Pilot area of Casamassima-Valenzano.

  • che si esplica secondo due principali direzioni (tav.6, allegata al volume): la prima, S-n devia neipressi di Adelfia, verso nE, seguendo l’ipoteticoasse Adelfia-Capurso; la seconda, SW-nE ad estdi Casamassima, successivamente devia verso nW.è plausibile che, nella porzione centrale dell’areaesaminata, nei dintorni di Casamassima, si risentadi un condizionamento strutturale che si sviluppasecondo l’asse n-S e che, nei quadranti SW e SEdell’area, funge da spartiacque sotterraneo. Lungola fascia di territorio che congiunge Valenzano,Capurso e noicattaro, topograficamente menoelevata, le due linee di flusso principali si unisconoe corrono perpendicolarmente alla linea di costa.

    I valori della conducibilità idraulica sono com-presi tra 10-4 e 10-3cm/s, con valore medio di 1,23 x10-3 cm/s. Le velocità di filtrazione, misurate conl’utilizzo di traccianti, sono comprese tra 0,06 e 5,20m/g, crescenti nel passare dalla zona topografica-mente più elevata a quella meno. Inoltre, frequente-mente, si sono riscontrate correnti verticali direttedall’alto verso il basso, favorite dall’interconnessionedi più livelli idrici conseguenti alla perforazione.

    La presenza di livelli rocciosi fratturati e carsi-ficati a varie altezze stratigrafiche, variamente in-tersecantesi, rende l’acquifero quanto maivulnerabile all’eventuale rilascio in superficie di so-stanze inquinanti.

    10.3.2. - Valutazione della vulnerabilità dell’acquifero al-l’inquinamento

    La valutazione della vulnerabilità intrinsecadell’acquifero in corrispondenza dell’area pilotadi Casamassima-Valenzano è stata effettuata at-traverso l’applicazione del metodo SInTACS, cheha condotto alla redazione della Carta della Vul-nerabilità integrata dell’acquifero all’inquina-mento in scala 1:25000, secondo quanto riportatoin COTECCHIA et alii, 1999b, e rielaborata in occa-sione del presente progetto di ricerca (tav. 6, alle-gata al volume). dall’esame di detta Carta risultache la vulnerabilità dell’acquifero murgiano in cor-rispondenza dell’area pilota di Valenzano è al-quanto variabile. La vulnerabilità è alta in granparte del territorio indagato e tende ad aumentarenel settore centro-settentrionale, raggiungendo il

    valore massimo in corrispondenza di due soli punticoincidenti con delle doline. L’incremento di vul-nerabilità nella porzione centro-settentrionaledell’area pilota è legato prevalentemente alle localicondizioni idrodinamiche dell’acquifero, in quantoattribuibile al parametro Tipologia dell’Acquiferocontemplato nel metodo SInTACS (par. 10.1).mediamente vulnerabile risulta, invece, l’acquiferoin corrispondenza dei principali centri abitati.

    10.3.3 - Delimitazione delle aree di salvaguardia delleopere di captazione potabile

    Per la delimitazione delle zone di rispetto deipozzi potabili l’attenzione è stata focalizzata su unsingolo campo pozzi, sino in agro di Valenzano,composto da 4 pozzi di estrazione di proprietàdell’Acquedotto Pugliese, indicati con le sigle E17,E18, E19 e E20 (fig. 10.9). detti pozzi sono carat-terizzati da una portata di esercizio rispettivamentepari a 15.5 l/s, 16 l/s, 14.5 l/s e 23 l/s, per un totaledi 69 l/s (fonte AqP, 2005). Sulla base di dati re-centi risulta che detti pozzi sono solo occasional-mente attivati dall’AqP.

    dalle stratigrafie risulta che detti pozzi, pro-fondi rispettivamente 330 m, 370 m, 340 m e 302m dal piano campagna (quota piano campa-gna=100 m s.l.m.), sono rivestiti, con tubo presu-mibilmente cieco, nel tratto iniziale di lunghezza200 m, senza cementazione dell’intercapedine trale pareti del foro e il tubo di rivestimento (fig.10.10). Il livello statico misurato nell’ottobre 1988lungo le colonne idriche di detti pozzi si è attestatoa circa 28 m s.l.m.

    442VULnERABILITà ACqUIFERI ALL’InqUInAmEnTO AREE SALVAGUARdIA OPERE CAPTAzIOnE ACqUE SOTTERRAnEE USO UmAnO

    Fig. 10.9 - Ubicazione del campo pozzi appartenente al distretto estrattivodi Casamassima-Valenzano dell’ Acquedotto Pugliese.

    – Location of the well field belonging to the pumping district of Casamassima-Valenzanoof the Apulian Aqueduct.

  • 10.3.3.1. - C a r a t t e r i z z a z i o n e i d r a u l i c ad e l l ’ a c q u i f e r o

    La caratterizzazione del sistema acquifero co-stituisce un passo fondamentale essendo esso pro-pedeutico sia alla scelta sia alla successivaapplicazione del criterio di delimitazione delle zonedi rispetto dei pozzi potabili. nel caso di acquiferipermeabili fondamentalmente per carsismo e/ofratturazione è necessario valutare, in primo luogo,se il mezzo è assimilabile, alla scala del problemadi studio, ad un mezzo poroso equivalente, avva-lendosi dei criteri di valutazione già descritti al pa-ragrafo 2.2. nel caso in esame, secondo quantodettagliamene descritto in COTECCHIA et alii, 2007,risulta che:

    - le prove di portata eseguite in regime permanenteforniscono legami portata/depressione lineari perun ampio intervallo di portata e nella maggiorparte dei pozzi;- la distribuzione spaziale dei coefficienti di per-meabilità dell’acquifero risulta essere log – nor-male;- i carotaggi multiparametrici evidenziano una uni-formità nella distribuzione delle caratteristiche chi-mico-fisiche dell’acqua di falda, confermata dairisultati delle analisi chimiche di laboratorio;- la distribuzione dei carichi piezometrici risulta re-golare;- le velocità di filtrazione misurate con il metododel tracciante in pozzo singolo (par. 9.3) indicanocondizioni di moto laminare.

    LE ACqUE SOTTERRAnEE E L’InTRUSIOnE mARInA In PUGLIA443

    Fig. 10.10 - Schematizzazione dei quattro pozzi AqP desunta dalle stratigrafie, in corrispondenza della sezione verticale la cui traccia è indicata in figura 10.9.– Sketch of four AQP wells, as from the borehole logs, at the section shown in figure 10.9.

  • La valutazione congiunta dei diversi indicatori delcomportamento idrodinamico dell’acquifero con-duce, quindi, ad ipotizzare che le numerose fratturedell’ammasso roccioso siano tra loro intimamentecollegate a formare una rete di drenaggio alquantodiffusa e ben distribuita, almeno alla scala di un ade-guato volume elementare rappresentativo (REV, par.2.2). In tale contesto, le locali condizioni di carsifica-zione e fratturazione dell’ammasso non influenzanoin modo singolare le modalità con cui si esplica lacircolazione idrica sotterranea, che pertanto possonoessere assimilate, con sufficiente approssimazione, aquelle tipiche degli acquiferi porosi.

    I dati disponibili, pur essendo sufficienti a di-mostrare l’equivalenza dell’acquifero fratturato aduno poroso, non sono tuttavia idonei a caratteriz-zare in modo completo l’acquifero dal punto divista idraulico per la perimetrazione delle aree disalvaguardia. Le prove di portata eseguite sui pozzidisponibili hanno consentito di determinare, se-condo quanto verrà più avanti specificato, il coef-ficiente di permeabilità dell’acquifero, da ritenereperò valido solo in un intorno del pozzo. detteprove sono inoltre di incerta interpretazione, e ciòa causa della non perfetta conoscenza delle carat-teristiche costruttive dei pozzi. non sono disponi-bili prove che consentono di determinare laporosità efficace dell’acquifero. Incertezze per-mangono inoltre sulla distribuzione dei carichi pie-zometrici, di fatto non nota se non con riferimentoalle indagini eseguite negli anni ’90 (par. 10.2.3).detti parametri idrogeologici saranno quindi og-getto di un analisi parametrica.

    10.3.3.2. - Sce l t a de l c r i t e r io d i de l imi ta -z ione de l le zona d i r i spet to de i pozz i

    L’ipotesi di assimilabilità dell’acquifero fratturatoe carsico dell’area pilota di Casamassima-Valenzanoad un mezzo poroso equivalente, ha condotto allascelta del criterio temporale ai fini della delimitazionedelle zone di rispetto dei pozzi ad uso potabile.

    La scelta di detto criterio, tra i due suggeriti dalleLinee Guida per la delimitazione definitiva delle areedi rispetto, ossia il criterio temporale ed il criterioidrogeologico, è in generale da preferire, consen-tendo esso di pervenire ad una efficace e razionale

    tutela delle risorse idriche sotterranee, attraverso unaobiettiva perimetrazione della zona di rispetto. nelcaso in esame, l’applicazione del criterio idrogeolo-gico sarebbe, infatti, particolarmente complessa invirtù essenzialmente della grande estensione dell’ac-quifero oggetto di studio e delle difficoltà insite nelladefinizione dei limiti idrogeologici dello stesso. Ledifficoltà sarebbero, per altro, accentuate dal carat-tere prevalentemente confinato dell’acquifero og-getto di studio; tale carattere implica l’alimentazionedell’acquifero a grande distanza dall’area in esame,ovvero in corrispondenza delle zone più internedella murgia, lì dove i calcari fratturati e carsicizzatisono prevalentemente affioranti, e conseguente-mente rende necessaria l’esecuzione di indagini suvasta scala, che comporterebbero sicuramente costielevatissimi.

    d’altra parte, l’applicazione del criterio idrogeo-logico in presenza di una conoscenza non approfon-dita sulla struttura idrogeologica, basata ad esempiosulle informazioni attualmente disponibili e riassuntenella Carta della Vulnerabilità, potrebbe condurre adun eccessivo sovradimensionamento delle aree di ri-spetto, inaccettabile ai fini pratici in quanto estrema-mente penalizzante per l’utilizzo del territorio e losviluppo socio-economico dello stesso.

    10.3.3.3. - mode l l az ione de l f lusso idr i cosot ter raneo in condiz ioni d i moto b id i -mens iona l i

    Una volta selezionato il criterio temporale si èproceduto a definire il “tempo di sicurezza”, in ri-ferimento al quale individuare le traiettorie per-corse da un ipotetico inquinante idroveicolato infalda, nell’ipotesi cautelativa che il trasporto av-venga per sola advezione, ovvero che la velocitàdell’inquinante sia uguale a quella dell’acqua.

    Il percorso metodologico è proseguito poi conl’applicazione del criterio attraverso l’implemen-tazione di codici di calcolo numerici di ricono-sciuta affidabilità, applicabili ai mezzi porosi: inparticolare, il codice mOdFLOW (mCdOnALd& HARBAUGH, 1988), per la modellazione delflusso idrico sotterraneo, e il codice mOdPATH(POLLOCk, 1994), correlato al mOdFLOW, per ilsuccessivo tracciamento delle traiettorie delle par-

    444VULnERABILITà ACqUIFERI ALL’InqUInAmEnTO AREE SALVAGUARdIA OPERE CAPTAzIOnE ACqUE SOTTERRAnEE USO UmAnO

  • ticelle e quindi dell’individuazione dell’isocrona re-lativa al tempo di sicurezza assunto.

    La modellazione del flusso idrico sotterraneo èstata condotta in regime stazionario, inizialmente incondizioni bidimensionali (simulazione base bidi-mensionale), cui ci si riferisce in questo paragrafo,poi in condizioni tridimensionali (simulazione basetridimensionale), secondo quanto verrà illustrato nelparagrafo successivo.

    Le condizioni bidimensionali costituiscono con-dizioni limite di comportamento in quanto ipotiz-zano che il flusso dell’acqua si esplica esclusiva-mente nel piano, assumendo quindi le stesse carat-teristiche del moto su tutte le sezioni orizzontalidell’acquifero. In presenza di emungimenti, tale ipo-tesi è valida, a rigore, solo nel caso di acquifero con-finato, omogeneo ed isotropo, di spessore costanteed estensione illimitata, totalmente penetrato da unpozzo (pozzo completo), il quale dovrebbe quindipresentare uno sviluppo del tubo filtro tale da in-teressare l’intero spessore dell’acquifero (fig. 10.11).L’estensione delle condizioni bidimensionali a con-testi ove non risultino valide dette ipotesi, costitui-sce dunque una semplificazione della realtà fisica,adottabile, entro certi limiti e senza che la soluzioneperda di significatività, solo a valle di considerazioniche consentano di valutare attentamente la validitàdelle semplificazioni apportate. Le condizioni tri-dimensionali, invece, tenendo conto delle reali mo-dalità di flusso della falda, conducono in generale

    ad una soluzione più aderente alla realtà, a fronteperò di una maggiore quantità di dati richiesti e diuna maggiore complessità di calcolo.

    Simulazione Base - Lo studio qui illustrato non èstato finalizzato a delimitare in maniera definitivale aree di rispetto dei pozzi di estrazione, e ciò acausa della carenza dei dati idrogeologici e di usodella falda necessari. Esso è stato quindi finalizzatoad individuare la metodologia da adottare ed il li-vello di dettaglio con cui i diversi parametri idro-geologici necessari devono essere acquisiti, affinchéil criterio temporale possa rappresentare uno stru-mento efficace per la protezione della risorsa idricacaptata. A partire da ipotesi parametriche orienta-tive, comunque credibili, è stata eseguita la model-lazione del flusso, denominata “simulazione base”,utilizzata come punto di partenza per la successivaanalisi parametrica.

    In una fase iniziale è stata simulata una porzionedi acquifero nell’ipotesi di moto di filtrazione pianoal fine di evidenziare con chiarezza l’influenza deisingoli parametri idrogeologici sulla delimitazionedell’area di rispetto del campo pozzi; per la stessaragione sono state inizialmente adottate le ipotesisemplificative di omogeneità ed isotropia dell’acqui-fero, delegando poi ad una fase successiva, quelladell’analisi parametrica, il compito di investigare l’in-fluenza di tali ipotesi. è stato dunque costruito unmodello bidimensionale rappresentante un acqui-fero confinato di spessore unitario, omogeneo edisotropo, totalmente penetrato dai quattro pozzi.

    La portata prelevata da ciascun pozzo, riferita allospessore unitario di acquifero, è stata ottenuta divi-dendo la portata di esercizio per la lunghezza deltratto filtrante del pozzo. In assenza di precise infor-mazioni circa le caratteristiche costruttive delle operedi captazione e le relative modalità di condiziona-mento, si è ipotizzato di far coincidere la lunghezzafiltrante con la lunghezza del tratto compreso tra laquota di rinvenimento dell’acqua nel pozzo, misuratain situ, e la quota del fondo foro (fig. 10.10).

    Tale assunzione relativa allo spessore filtrantedei pozzi è stata suggerita dalla considerazione che,in assenza di cementazione dell’intercapedine trail tubo di rivestimento e le pareti del foro, che isoliidraulicamente la porzione di acquifero sfruttatada quella più superficiale, un’aliquota della portata

    LE ACqUE SOTTERRAnEE E L’InTRUSIOnE mARInA In PUGLIA445

    Fig. 10.11 - Condizioni di moto piane determinate dall’emungimento di unpozzo totalmente penetrante in un acquifero confinato, omogeneo ed

    isotropo, di spessore costante ed estensione illimitata.– Plane flow conditions resulting from pumping through a well penetrating the entiredepth of a confined, homogeneous and isotropic aquifer, with constant thickness and

    unlimited extent.

  • emunta perviene al pozzo per effetto della perco-lazione in detta intercapedine, cui si aggiunge un’al-tra aliquota derivante dal drenaggio attraversoeventuali giunti della tubazione di rivestimento (fig.10.12). è ovvio che la lunghezza del tratto filtrantecondiziona fortemente la risposta idrodinamicadella falda all’emungimento, per cui i risultati otte-nuti nel presente studio sono da ritenersi validi uni-camente sotto l’ipotesi assunta.

    In mancanza di dati più dettagliati, la direzionedel flusso idrico sotterraneo e il gradiente idraulicomedio sono stati valutati approssimativamente apartire dalla ricostruzione della piezometria effet-

    tuata dal Politecnico di Bari nell’ambito degli studidi individuazione delle aree di salvaguardia delle ri-sorse idriche sotterranee ad uso potabile nella Re-gione Puglia (par. 10.2.3). La direzione del flusso,nell’ipotesi assunta di mezzo poroso ed isotropo,per il quale i vettori velocità di filtrazione sono or-togonali alle isopieziche, è n-E, come illustrato intavola 6, con gradiente idraulico medio pari a 3‰.

    In assenza di limiti idrogeologici naturali, o con-dizioni al contorno fisicamente esistenti nella re-altà, in prossimità del campo pozzi, è statonecessario assegnare al modello delle condizioni alcontorno non fisicamente esistenti. In mancanzadi valori noti dei carichi piezometrici in un suffi-ciente numero di punti nell’intorno del campopozzi oggetto di studio, i contorni laterali sonostati schematizzati come impermeabili, avendoorientato il modello nella direzione del flussoidrico, mentre i contorni di monte e di valle sonostati schematizzati a carico costante, imponendouna cadente piezometrica uniforme nell’intero do-minio, pari al 3‰, e dunque una differenza di ca-rico ∆h tra i contorni pari a 3L/1000, dove L è ladimensione del dominio nella direzione del flusso(fig. 10.13). La distanza tra i contorni del modelloè stata determinata attraverso un’analisi di sensiti-vità, in modo da ottenere una risposta del modelloagli stress idraulici indotti dall’emungimento, nellaporzione di acquifero oggetto di analisi, che sia da

    446VULnERABILITà ACqUIFERI ALL’InqUInAmEnTO AREE SALVAGUARdIA OPERE CAPTAzIOnE ACqUE SOTTERRAnEE USO UmAnO

    Fig. 10.12 - modalità con cui l’acqua perviene al pozzo durante l’emungimento.– Modes by which water flows to the well upon pumping.

    Fig. 10.13 - Condizioni al contorno adottate nel modello di calcolo, con in-dividuazione dei quattro pozzi AqP e dei limiti amministrativi del Comune

    di Valenzano.– Boundary conditions adopted in the calculation model, with indication of the four AQP

    wells and the administrative boundaries of the Municipality of Valenzano.

  • essa indipendente (FRAnkE et alii, 1987). L’analisidi sensitività suddetta è stata condotta conside-rando, in particolare, tre distinti modelli, centratirispetto al campo pozzi, di dimensioni planimetri-che pari a 6 km x 6 km, 9 km x 9 km e 11 km x 11m, discretizzati planimetricamente in celle di di-mensioni pari a 50 m x 50 m, opportunamente ri-dotte a 15 m x 15 m in un opportuno intorno delcampo pozzi, in modo da pervenire ad una model-lazione del flusso adeguatamente dettagliata inprossimità di quest’ultimo, senza per altro appe-santire i tempi di calcolo.

    I valori assegnati ai parametri conducibilitàidraulica definiti nei tre modelli sono stati deter-minati con il codice numerico a partire dalle provedi portata disponibili, secondo una procedura dicalibrazione di tipo trial-and-error, consistente nelconfrontare, per ciascun pozzo, le depressioni pie-zometriche misurate in sito nel corso della prova

    di portata (tab. 10.1) con le depressioni calcolatedal codice simulando la prova stessa, e modifi-cando, in conseguenza dell’errore commesso, il va-lore di conducibilità idraulica. La simulazione vienepoi ripetuta assumendo il nuovo valore di condu-cibilità idraulica. Tale procedura è stata ripetuta fin-ché la differenza tra le depressioni calcolate equelle misurate in sito è risultata inferiore ad unvalore prestabilito, assunto pari a 10 cm, e ha con-dotto al valore finale di conducibilità idraulica, perciascun pozzo, riportata in tabella 10.2 per cia-scuno dei domini di calcolo considerati. Il valoredel parametro adottato per ciascun modello è statopoi ottenuto mediando i singoli valori ottenutin