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Gallipoli in Mano, edizioni Proart

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Guida turistica della cità di Gallipoli nel Salento (Italy). Il volume è bilingue, in Italiano e Inglese, con bellisssimi apparati fotografici e schede dettagliate. Tra le rubriche, una sezione dedicata agli itinerari escursionistici fuori porta, uno speciale sui Parchi regionali e una scheda sulle tipicità enogastronomiche

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StoriaArte e architetturaBenvenuti nel Porto Il ponte Il castello La fontana Cappella di Santa Cristina Santuario di Santa Maria del Canneto

Alla scoperta della città isola Cattedrale di Sant’Agata

Chiese e Oratori Oratorio di Santa Maria della Purità Chiesa di San Francesco d’Assisi Oratorio del Santissimo Crocifisso Chiesa di San Domenico Chiesetta di San Giuseppe Oratorio di Santa Maria degli Angeli Chiesa di Santa Teresa Oratorio dell’Immacolata Oratorio delle Anime Oratorio del Carmine Chiesa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo Chiesa di San Francesco di Paola

Architettura civile Palazzo Balsamo Palazzo Romìto Palazzo Doxi Palazzo Pirelli Palazzo Ravenna Palazzo Tafùri

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Progetto curato daCMC per conto diPro.Ar.T.www.proartedizioni.it

Regione PugliaAssessorato alla Trasparenzae alla cittadinanza attiva

Con il patrocinio di:

Provincia di Lecce

Città di Gallipoli

Aiuto alla lettura:

contenuti audio relativi al monumen-to descritto scaricabili gratuitamente dal sito www.proartedizioni.it

racconti e leggende

approfondimenti di storia

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Palazzo Pizzarro Palazzo Munittola Palazzo Venneri Palazzo Pasca Teatro Garibaldi Tra le corti e i vicoli del borgo L’industria sotterranea: i frantoi ipogei Il Frantoio Granafei

Vivere GallipoliMuseiRiti e festeSapori e profumi

Nei dintorni di GallipoliAlezioSannicolaArchitettura rurale nei dintorni di GallipoliItinerari paesaggistici

Consigli di viaggio

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Benvenuti nel Porto

Il colpo d’occhio del porto antico è di quelli che non si dimenticano. Il Castello e la cinta muraria dell’isola, che ne chiudono il lato ovest, fanno da autentica scenografia

a questo luogo immerso in un fascino senza tempo. Il porto venne costruito verso la metà dell’800, relativamente tardi rispetto all’espansione del commercio marittimo dell’olio d’oliva, che fece le fortune di Gallipoli sin dal secolo precedente. In assenza delle banchine le navi mercantili attraccavano presso la città vecchia in attesa di imbar-care l’olio, che veniva trasportato all’interno di botti galleggianti trascinate sull’acqua. Il piazzale, dove un tempo si affacciavano le botteghe artigiane dei bottai, è di fatto un’area monumentale, delimitata da un lato dalla celebre Fontana e, dall’altro, dal San-

Arte e architettura

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tuario della Madonna del Can-neto. Merita attenzione anche la cappella di Santa Cristina,

se non altro per l’enorme significato simbolico che essa ricopre presso i pescatori. A tal proposito... il vero fascino del porto è proprio il fatto di essere comunque un luogo di vita marinara, dove il tempo è perennemente scandito dalle fasi della pesca. Sintesi di tutto ciò è forse il “borsino” del pesce che si tiene la mattina presto nei locali alle spalle del Santuario del Canneto. E’ piacevole assistere alle fasi della compravendita e dell’accordo sui prezzi, che mettono in scena un rituale antico e pittoresco.

Porto

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Sul finire del XV secolo, per isolare la città vecchia dalla terraferma, si proce-dette al taglio dell’istmo che collegava l’isolotto, su cui si sviluppò il nucleo insediativo originario, dal resto della penisola salentina. L’ingresso al centro abitato, presidiato dal castello, venne assicurato attraverso la realizzazione di un ponte levatoio, il cui progetto, se-condo fonti non riconosciute da tutti gli studiosi, fu affidato al noto architetto militare Francesco di Giorgio Martini. Nel XVII secolo il ponte in legno fu sostituito da una struttura in pietra, le cui arcate sono visibili ancòra oggi.

Uno dei simboli di Gallipoli è il castel-lo, che, collocato nella parte orien-tale dell’isoletta su cui sorge la città vecchia, era posto a guardia dell’unico accesso al centro abitato.Allungandosi nelle limpide acque dello Ionio, con le sue mura a picco sul mare, il castello è un gioiello di archi-tettura militare.Antonio De Ferrariis, meglio noto con il nome di Galateo, nei primi anni del ‘500 lo definisce munitissimo; così doveva apparire il castello ancòra agli inizi del XVI secolo.La solida struttura, che è possibile

Il ponte

Il ponte Il castello

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ammirare ancòra oggi, è il risultato di un susseguirsi di interventi architettonici da parte degli angioini prima e degli aragonesi poi, su un complesso originario di epoca bizantina.Il castello è a pianta quadrilatera con possenti torri angolari, la cui progetta-zione sarebbe da attribuire al celebre architetto senese Francesco di Giorgio

Castello e Rivellino

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Martini sul finire del XV secolo. I pro-getti di fortificazione furono invece rea-lizzati, tra il 1507 e il 1534, dal grande Gian Giacomo dell’Acaya che, per le sue straordinarie doti, si guadagnò la stima dell’imperatore Carlo V.Sul finire del XV secolo, il castello era isolato da un fossato ricavato nella roccia, poi colmato. Al suo posto fu edificato, nel 1881, il mercato comu-nale d’impronta neoclassica.

L’elemento di sicuro più caratteristico è il Rivellino, realizzato intorno al 1520, sotto il dominio spagnolo dei viceré di Napoli. Si tratta di una sorta di quinto torrione, la cui forma acuta lo rende assolutamente originale, ancor più se si pensa che si protende nelle acque del mare. Nel progetto originale il Rivellino formava un tutt’uno con il corpo del Castello, ma successivamente fu distac-cato per renderlo autonomo e consen-

Castello, veduta dal mare

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tire la difesa del castello anche in caso di caduta del torrione in mani nemiche.In epoca recente il Rivellino ha cambia-to totalmente la propria identità, ospi-tando una apprezzatissima cine-arena all’aperto, attiva sino agli anni ’80 del secolo scorso.

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Rivellino

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Chiese e Oratori

Il fiorire di un così alto numero di edifici religiosi a Gallipoli è da ricondurre alla presenza e vivacità di congreghe e confraternite. Esistono delle caratteristiche che

distinguono questi due istituti. Le congregazioni sono rette da un padre spirituale, nominato dal vescovo, che governa le attività religiose e devozionali. Le confrater-nite, invece, erano governate dal priore che era eletto dai sodàli e amministrava in assoluta autonomia. Le confraternite potevano avere il patronato di un altare o di una cappella all’interno di una chiesa o addirittura erigere un proprio oratorio, che diveniva la casa della confraternita. La struttura degli oratori, dunque, era funzionale allo scopo, tanto da distinguersi nettamente dalle chiese; ad esempio, gli ingressi degli oratori erano disposti ai margini della facciata perché la parte interna era il

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luogo deputato alla cattedra del priore. Altro elemento tipico era la pianta a unica aula. Da un punto di vista sociale, il sodalizio spirituale di ogni gruppo equivaleva anche a una forma di aggregazione e riconoscimento in uno spirito di classe o categoria professionale, tanto che in quasi tutte le realtà confraternali si assistette, verso il ‘700, alla nascita di vere e proprie congregazioni laiche di mestiere. Per esempio, la confraternita della Purità radunava i lavoratori del porto, i “vastasi”, l’ora-torio dell’Immacolata era il tempio dei muratori, il Crocifisso raccoglieva la gloriosa tradizione dei mastri bottai (fondamentali per il mercato dell’olio), la confraternita di Santa Maria degli Angeli era collegata alla congregazione dei pescatori, il Rosario radunava i sarti e così via.

Oratorio della Purità, stalli

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L’oratorio della Purità venne eretto tra il 1662 e il 1665, in concomitanza con la nascita dell’omonima confraternita, che riuniva gli appartenenti al ceto dei vastasi, ossia gli sca-ricatori di porto. L’edificio, che prospetta sul seno della purità ha una facciata molto semplice, inter-rotta al centro da un trittico in maiolica raffigurante, al centro, la Vergine col

Bambino in gloria e, ai lati, San Giusep-pe patriarca e San Francesco d’ Assisi.

Non ci si aspetta, guardando l’edificio da fuori, che tale

sobrietà celi lo sfarzo scintillante che al

contrario caratte-rizza l’interno. Gli stupendi fregi floreali e rilievi dorati, la sontuosa volta af-frescata, il pavimen-

Oratorio di Santa Maria della Purità

esterno

affresco del controprospetto, San Marco

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interno

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to finemente maiolicato, tutto questo crea un colpo d’occhio armonico che ci avvolge non appena varchiamo la soglia di ingresso. In pratica le genero-se donazioni pecuniarie, da parte della folta comunità dei confratelli, valsero

all’edificio un ambizioso programma di interventi artistici, tanto che la Purità è riconosciuta quale l’esempio più ecla-tante, con la Cattedrale, del barocco gallipolino, ovvero del trionfo di effetti scenografici ottenuti con le sontuose

controfacciata, Moltiplicazione dei pani

Giale e Sisara, particolare

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tele dipinte, e soprattutto con il ricorso a materiali alternativi alla pietra leccese, come il legno, le vernici dorate, i mar-mi, gli stucchi, le maioliche.La sala a navata unica è dominata da grandi tele realizzate dal pittore salentino Liborio Riccio nel 1773: a destra troviamo Mosè che fa scaturire l’acqua dal deserto e Giaele e Sisara, mentre a sinistra possiamo ammirare David e Golia e poi Giuditta e Oloferne. A esse si associa, sul controprospetto, la tela della Moltiplicazione dei pani, sotto la quale si celano quattro preziosi affreschi secenteschi degli evangelisti (un meccanismo di sollevamento della tela permette di ammirarli). La volta è completamente affrescata con scene dell’Apocalisse.Un arco a tutto sesto ci introduce alla zona presbiteriale, dove sull’altare set-

tecentesco fa bella mostra di sé la tela della Madonna della Purità osannata da San Francesco e San Giuseppe di Luca Giordano (1632 -1705). Inte-ressanti i due trittici di tele ottagonali che adornano il registro superiore delle pareti presbiteriali: si tratta di scene desunte dalla vita di Gesù. Vale la pena soffermarsi, infine, ad ammirare gli ot-timi esempi di statuaria posseduti dalla confraternita, tra cui spiccano la statua lignea della Santa Cristina (realizzata dal De Lucrezi nel 1866) e quella in cartapesta della Madonna della Miseri-cordia, popolarmente nota come Deso-lata, che i fedeli portano in giro per la città all’alba del Sabato Santo insieme alla bara dorata del Cristo morto.

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Natività, particolare

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Secondo una suggestiva tradizione fu San Francesco in persona a chiedere alla civitas gallipolina la costruzione di un tempio dedicato all’ordine france-scano. Al di là di questa credenza, di sicuro questo è stato un tempio di rife-rimento per l’ordine; di certo sappiamo che esisteva sin dal XV secolo benché nel tempo abbia poi ricevuto modifiche e rimaneggiamenti: l’impianto attuale a tre navate è di origine cinquecente-sca, mentre risalgono al ‘700 i decori

e gli stucchi barocchi degli interni. La stupenda facciata barocca, interamente in carparo, fu realizzata nel 1736 sui disegni di Manieri e mostra un pregevo-le gioco di volumi fra i due ordini che la compongono. All’interno sopravvivono numerose testimonianze di una “scuola scultorea francescana”, che fu attiva presso questa chiesa alla fine del ‘600. Si tratta delle macchine lignee d’al-tare della cappella dell’Annunciazione e dell’Immacolata, ma soprattutto del

Chiesa di San Francesco d’Assisi

facciata

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retablo ligneo dell’altare maggiore, in cui campeggia una tela raffigurante la Sacra famiglia, sormontata da un pregevole crocifisso ligneo risalente al XV secolo. Vale la pena esplorare le bellissime cappelle lungo i due lati della navata centrale, che custodisco-no altri notevoli capolavori. A destra dell’ingresso, notiamo la Cappella degli Spagnoli, con le due statue dei Ladroni, opere del Genuino, e, in una nicchia dell’altare, la statua del Cristo morto, di un realismo commovente e spaventoso; poi la cappella dell’Annun-ciazione, in cui spicca l’altare in legno con l’omonima tela del Catalano. Più oltre abbiamo la cosiddetta Grotta, in cui è possibile ammirare il presepe cin-quecentesco in pietra leccese, secondo alcuni attribuibile, ma senza nessun riscontro, a Stefano da Putignano, colui che introdusse in Puglia il presepe. Al

di sopra della Grotta scorgiamo l’orga-no realizzato dai Kircher nel 1726. A seguire troviamo la cappella di Santa Francesca Romana con il bell’altare e la statua lignea della santa e, subito dopo, un’altra opera del Catalano, l’As-sunta, che domina l’omonima cappella. Attraversando la zona del presbite-rio ammiriamo gli interni da questa visuale che ci permette di apprezzare la grande tela della controfacciata del Martirio di Nagasaki, che ricorda la persecuzione subìta dai francescani in Giappone nel 1597. Passiamo ora a esplorare il lato sinistro della chiesa. Degna di nota è, ancora, la cappella di Sant’Antonio, dove campeggia la bella statua del santo realizzata dal Genui-no nel 1630; di seguito incontriamo la cappella dedicata a San Diego con la tela, ancora del Catalano, dedicata al santo, in cui sono ritratti anche i com-

interno

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mittenti, la famiglia di Consalvo de Carmona. Dirigendoci verso l’uscita possiamo apprezzare le cappelle dell’Immacolata con una tela raffigurante il Padre-terno e, infine, la cappella della Purificazione che custodisce una delle opere giovanili forse del Catalano.Tante sono, comunque, le parti-colarità che possono attrarre il nostro sguardo in questo luogo carico di significati. Per esem-pio, la presenza delle lapidi e degli stemmi civici ci ricordano che la chiesa fu una specie di pantheon locale, un luogo di memorie civili. Qui ebbero meritoria sepoltura molti gallipo-lini illustri.

Cappella degli Spagnoli

A destra dell’ingresso incontriamo la Cappella del Crocifisso, detta degli Spagnoli, con la celebre crocifissione del buon ladrone Disma e del catti-vo ladrone Misma, che in punto di morte rifiutò di pentirsi dei propri peccati non riconoscendo la santità di Gesù. Sulla base di questo episodio evangelico è radicata, qui a Gallipoli, una cre-denza secondo la quale annualmente le vesti del Malladrone si lacerino tanto da dover essere ogni anno sostituite. Insomma, una sorta di con-trappasso: come il peccato e il mancato penti-mento hanno distrutto l’animo di Misma, così, anche, si consumano le vesti del Malladrone. Le statue dei Ladroni evangelici furono ammirate dal D’Annunzio, giunto a Gallipoli nel 1895;

il vate fu talmente impressionato dalla forza espressiva del Malladrone che vi fece un riferimento nella Beffa di Buccari ricordando proprio “l’orrida bellezza” di Misma.

Dormitio Virginis

Il Malladrone

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Costruita verso la fine del 1600 a cura del vescovo spagnolo Perez de la La-stra (commemorato da un monumento funebre sopra il portale d’ingresso), la chiesa è parte del monastero di clau-sura delle Teresine, ragion per cui non facilmente visitabile. Tuttavia varrebbe la pena approfittare delle rare opportu-nità d’accesso, per godere di uno dei più straordinari tesori dell’arte barocca leccese: il sontuoso retablo d’altare maggiore minutamente scolpito nella pietra leccese. L’impianto, che ci ricorda i trionfi ornamentali della celebre Santa Croce a Lecce, è posto alle spalle di un altare in marmo policromo, e ci rivela la mano del napoletano Genna-ro Cimafonte, e la firma dell’architetto Niccolò Tagliacozzi Canale. Interrompo-no i fregi in pietra i due grandi dipinti:

nel primo ordine la Sacra Famiglia con Santa Teresa, nel secondo la Madonna del Carmine. Non meno significativi gli altari laterali, presso i quali possiamo ammirare altre pitture. Interessante, in proposito, la tela raffigurante i santi Agostino e Ignazio di Loyola.Montato sulla cantoria del presbiterio, sfavillante di dorature, si trova un pre-zioso organo settecentesco, attribuibile al mastro organaro Carlo Sanarica.L’aspetto esteriore dell’edificio non rivela nulla delle preziosità celate al suo interno. Gli ingressi sono due: la porta principale, riconoscibile per la statua della santa che la sovrasta, e una porta lungo la facciata di prospet-to all’altare maggiore, sormontata dallo stemma lapideo dell’ordine dei carmeli-tani scalzi.

Chiesa di Santa Teresa

colonna d’altare, particolareesterno

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57Arte e architettura

altare maggiore

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Architettura civile

Come una miniera misteriosa Gallipoli dischiude al nostro sguardo le sue preziose testimonianze architettoniche. Il borgo sembra volerci mostrare che esistono tre

città in una. La Gallipoli Angioina è evocata dal maestoso impianto militare rap-presentato dai bastioni e dal castello. Esiste poi la Gallipoli Aragonese, che è nel dedalo tortuoso delle stradine, ma soprattutto nella fisionomia austera e massiccia di alcuni palazzi cinque-secenteschi, che si adeguavano al ruolo di piazza d’armi detenuto dalla città, autentico avamposto del regno contro le insidie del turco. Segni inequivocabili dell’estetica di quel tempo sono i portali in stile catalano-durazzesco, presso palazzo D’Aquña (oggi noto come Granafei), o il sontuoso palazzo Balsamo, per citare i principali. Poi, incastonata nella prime due, è l’ultima città: la Gallipoli

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65Arte e architettura 65Arte e architettura

Barocca che, attraverso le scenografie dei palazzi settecenteschi, ci racconta la feb-brile vivacità architettonica di un secolo segnato dai commerci e dall’ascesa di una moderna borghesia. A un occhio attento, tuttavia, non sfuggirà ciò che rappresenta il vero tesoro architettonico di questo luogo, ovverosia la miriade di particolari e soluzioni che impreziosiscono anche i caseggiati più anonimi. Le merlature quattro-centesche, i parapioggia sagomati, le balconate con le figure apotropaiche, sono i simboli di un’idea precisamente “gallipolina” di concepire i pieni e i vuoti, gli spazi interni e i prospetti esterni. Idea che cammina lungo i vicoli della città, e che ha attraversato i diversi momenti della sua lunga storia.

Gallipoli, vista dal mare

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Sorto nel corso del XVI secolo (ma ristrutturato poi nei secoli successivi), questo immenso edificio testimoniava il grande potere del barone Antonio Balsamo e della sua famiglia. Notate-ne la lunga facciata con la sua fuga prospettica di finestre, che pareggia in lunghezza l’intero complesso dirimpetta-io formato da cattedrale, torre campa-naria e palazzo seminariale. Il possente portale durazzesco, che si ricollega allo stile aragonese, è una delle poche testimonianze della struttura cinque-centesca, insieme alla volta lunettata dell’atrio d’ingresso. Affacciandoci all’interno del portone (la discrezione è d’obbligo trattandosi di residenza pri-vata...) noteremo un cortile riccamente caratterizzato da mensole e capitelli.

Palazzo Balsamo

atrio interno

portale

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Non si può restare indifferenti all’impatto scenografico di questa dimora, il cui prospetto sfarzoso ed elegante ci

coglie di sorpre-sa creando un felice contrasto con i ca-seggiati e le strette viuzze circostanti. L’edificio, che si sviluppa su

tre piani (con una scuderia al pian terreno) fu voluto dai Romìto nella metà del

XVIII secolo. Vi riconosciamo i chiari segni di uno stile decisamente “tardo-barocco”, per esempio i mezzi busti, o il portale bugnato delimitato da due colonne con capitelli in stile corinzio, o ancòra i raffinati temi decorativi delle tre finestre che sormontano la balcona-ta frontale. Il palazzo fu successivamen-te acquistato dai De Pace cui apparte-neva Antonietta De Pace, celebre eroina risorgimentale.

Palazzo Romìto

Antonietta De Pace

Fu una rivoluzionaria gallipolina, mazziniana e antiborbonica; nacque a Gallipoli nel 1818 da nobile famiglia di proprietari terrieri. Rimasta orfana di padre, si recò a Napoli, dove divenne una delle più attive figure dei moti Risorgimentali. Dopo l’Unità d’Italia, Anto-nietta s’impegnò per l’affermazione dei diritti delle donne. Morì a Portici nel 1893.

particolare del portale

esterno

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Palazzo Doxi, balcone laterale

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69Arte e architettura

Il palazzo venne edificato intorno alla metà del XVIII secolo per volere di Domenico Doxi. L’edificio ha subìto numerosi rifacimenti, tra cui la realizza-zione di una sontuosa balconata che vivacizza il prospetto altrimenti mono-tono. Lateralmente possiamo ammirare un altro accorgimento scenografico di grande valore dato dal doppio registro di balconi, in cui il superiore, chiuso da un arco a tutto sesto, realizza un ina-spettato effetto di profondità, aprendo al nostro sguardo i “vuoti” del cortile interno. È, questa, una delle cifre più tipiche del barocco gentilizio gallipolino.

Palazzo Doxi

69Arte e architettura

facciata

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85Vivere Gallipoli

Istituito ufficialmente nel 2004, il Museo vuole essere il luogo attraverso cui leggere la tradizione religiosa ed eccle-siale locale. I pezzi delle collezioni sono principalmente costituiti da oggetti pro-venienti dai tesori della Cattedrale e del palazzo Vescovile di Gallipoli. Di grande pregio sono i calici, le pissidi, accanto ai magnifici paramenti sacri; spiccano alcu-ni pezzi: l’enorme baldacchino del vesco-vo Filomarino (1700-1741) o il tronetto eucaristico, in rame e argento, realizzato da Francesco Avellino nel 1733, accanto a tele e suppellettili di pregio.

Per info e prenotazioni:tel./fax +39 0833 [email protected]

Museo Diocesano

baldacchino settecentesco

facciata

Palazzo del Seminario

La costruzione iniziata nel 1752 fu ultimata nel 1760. Il fronte del semi-nario, realizzato in carparo, esibisce un’elegante finestratura barocca.All’interno vi ritroviamo la semplice e solenne cappella dedicata alla Vergine Immacolata con il dipinto dell’altare realizzato da Liborio Riccio.

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86 Vivere Gallipoli

La struttura che oggi osserviamo è il risultato di due edifici sovrapposti. La parte inferiore è costituita dell’antica chiesa di Sant’Angelo (XV secolo), su cui, a partire dal 1615, la Confraterni-ta dell’Immacolata (detta dei Nobili in quanto costituita dall’aristocrazia cittadi-na) costruì il proprio oratorio. L’edificio rappresenta simbolicamente la rigida divisione in classi della società dell’epo-ca, con il piano superiore riservato alla nobiltà. Negli anni si ebbero varie modifiche; l’architetto leccese Mauro Manieri, esponente dell’architettura barocca salentina, curò la ristrutturazio-ne della facciata. Fra il 1789 e il ‘90 la

struttura fu ampliata nel suo impianto scenico da una doppia scalinata d’ac-cesso. Successivamente furono smem-brati gli interni: l’altare settecentesco in marmo fu trasferito nella chiesa di San Francesco d’Assisi; la tela di Francesco de Mura che arricchiva la decorazione del controsoffitto (1742), e la secente-sca tela dell’Immacolata, sono conser-vate nell’Episcopio. La struttura oggi ospita la biblioteca e l’archivio storico comunale.

Per info e prenotazioni:tel. +39 0833 260202/275540

Biblioteca - Ex Oratorio di Sant’Angelo

esterno

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87Vivere Gallipoli

Con la tradizionale focareddha, ovvero il falò che ogni 17 Gennaio si con-sacra a Sant’Antonio Abate, la Città bella spalanca le porte al carnevale. È un’usanza ben collaudata, che con

cerimonia ufficiale sancisce l’arrivo del periodo più colorato e divertente per la città. Nel pomeriggio, dal centro storico, una lunga carovana di majoret-te e maschere segue la festosa banda. L’assaggio corposo dell’allegria carna-scialesca risale lungo il cuore pulsante della città nuova per raggiungere la grande catasta di fascine, costruita nella zona sterrata di fronte al cimitero. Dopo l’accensio-ne della focareddha, intorno al calore della pira, si dà il via a una vivace festa.

Si perde nella storia la tradizione dello spettacolare Carnevale di Gallipoli, che vanta ben oltre sessanta edizio-ni, di cui quattro inserite nel circuito delle lotterie nazionali. Mani-poli di gente attendono con ansia le ormai tradizionali sfilate, con lo spettacolo dei carri allegorici allestiti dai mastri cartapestai e con il tripudio dei gruppi mascherati. Non man-ca mai all’appuntamento con l’ultima delle due sfilate lu Titoru, per-sonaggio simbolo del Carnevale di Gallipoli.

La focareddha di Sant’Antonio

Il Carnevale di Gallipoli

Riti e feste

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88 Vivere Gallipoli

S’affacciano dai balconi, sbucano dalle finestre, s’insinuano sulle tettoie e in-cutono suggestione, ricordando ai pas-santi per il borgo antico, che Gallipoli vive con profondo rispetto i giorni di Quaresima. Sono le caremme, fantocci che hanno sembianze di vecchiette con vestiti e fazzoletto in testa neri, tra le mani reggono fuso e canocchia, riecheggiando vecchie reminiscenze che riconducono alle mitiche Parche greche. I gallipolini, nel primo giorno di Quaresima, appendono le caremme alle proprie case, cariche di simboli-smo e significati: ogni caremma, infatti, ha un’arancia trafitta sempre da sette piume, una per ogni settimana di qua-resima. La domenica di Pasqua, quando anche l’ultima piuma sarà sfilata via, giungerà il tempo, per le caremme, di finire al rogo.

carro allegorico

Le Caremme

Caremma

Lu Titoru

Teodoro era un soldato gallipolino che combatteva lontano da casa, ma coltivava in sé la speranza di poter tornare nella sua Gallipoli prima della fine del Carnevale, per godere di cibi, carni e baccanali, prima del digiuno di Quaresima. La madre Caremma, allora, ottenne una proroga di due giorni alla consueta domenica, e quando Titoru mise piede a Gallipoli il martedì, poté finalmente tuffarsi nel turbinìo freneti-co di balli e gozzoviglie, recuperando il tempo perduto. Ma la gola gli fu fatale e, tra quintali di salsicce e polpette, ri-mase strozzato da un ultimo boccone. Morivano insieme, dunque, Titoru e il Carnevale, e giù lacrime e pianti, come quelli che i gruppi mascherati metto-no in scena, facendo sfilare il feretro, per nulla lugubre, del giovane soldato.

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89Vivere Gallipoli

Nei giorni che precedono la Pasqua, Gallipoli sprofonda nell’atmosfera mistica e surreale della Settimana Santa. Sono i membri delle antiche confraternite, contraddistinte dai colori degli abiti e dagli stemmi, a muovere i fili dell’imponente e impeccabile regia, ognuna con il suo ruolo nella prepara-zione spirituale della città alla resurre-zione di Cristo.La settimana più lunga per i gallipolini inizia il venerdì di Passione che pre-cede la Domenica delle Palme, quando la città si appresta a condividere “i sette dolori di Maria”. A mezzogiorno la statua della Vergine varca la soglia della Chiesa del Carmine in spalla ai confratelli dalla tunica nera, devoti a Maria Ss. del Monte Carmelo e della Misericordia. La processione fa tappa presso la cattedrale di Sant’Agata, per l’esecuzione dell’oratorio sacro. Nel pri-mo pomeriggio, il corteo sacro riprende il lungo tragitto per le vie del centro, fino a sera, quando giunge sul bastione che sovrasta il porto e l’Addolorata è rivolta al mare, per ricevere l’emozio-nante saluto delle sirene dei pesche-recci.Nel giorno del Giovedì Santo le vie di Gallipoli sono in fermento per la visita ai “sepolcri”. I membri delle confraterni-te storiche, vestiti gli abiti del sodalizio, vanno in pellegrinaggio in fila per due, annunciati da secchi colpi di tamburo e un lungo sibilo di tromba: sono le confraternite della Madonna del Ro-sario, di San Giuseppe, del Santissimo Sacramento, della Madonna del Monte

Carmelo della Misericordia e di Santa Maria della Neve. Al mattino del Venerdì Santo è il turno dei confratelli dell’Immacolata an-dare ai sabburchi, seguiti a mezzogior-no da quelli delle Anime del Purgatorio.

Confraternita del Crocifisso, penitente

La Settimana Santanella Città bella

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90 Vivere Gallipoli

Sulle tavole gallipoline, in questo gior-no, si consumano pasti frugali per un “magro” digiuno, giusto in tempo per incamminarsi verso la chiesa del Santis-simo Crocifisso. Nel pomeriggio, infatti, i riti della Settimana Santa culminano con la processione dell’urnia (così è detta la tomba di Gesù) che fa sfilare per le vie del centro i sacri misteri. È un rito puntuale e inviolato da secoli, privilegio della confraternita dall’abito rosso e turchese del Santissimo Croci-fisso. Teatralità e penitenza sono l’es-senza che muove la celebrazione, fino a notte fonda. Il suono della troccola, strumento in legno dal suono secco e crepitante, annuncia il passaggio della processione, seguìto dai bagliori dei lampioni alimentati da candele.

È ancòra buio, nelle prime ore del Sabato Santo, quando dalla chiesa della Madonna della Purità, si apre l’ultimo atto dello spettacolo di fede e suggestione: la confraternita della Purità in bianco e oro di camice, cingolo e mozzetta, dà vita alla processione della Desolata, che si protrae per circa nove ore, fino al rientro, poco prima di mezzogiorno. L’atmosfera luttuosa ha le ore contate: alla veglia notturna, una frase squarcerà il silenzio “perché cercate fra i morti colui che è vivo?”. A mezzogiorno della domenica della resurrezione, Gallipoli ritorna alla sua consueta veracità, e manda al rogo le caremme, simbolo della penitenza ormai conclusa.

Processione del Venerdì Santo, Confraternita di Santa Maria degli Angeli

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91Vivere Gallipoli

Compatrona della città, Santa Cristina è onorata con grandiosi festeggiamen-ti religiosi e civili che per tre giorni, dal 23 al 25 luglio, danno vita a una suggestiva quanto baldanzosa baraonda di luci, profumi e sapori. È un rappor-to speciale, quello tra i pescatori e la santa che morì martire, legata a un tronco e trafitta dalle frecce, mentre un cagnolino ai suoi piedi ringhiava agli aguzzini. La statua, una mirabile opera di maestri cartapestai, riposa per tutto l’anno nell’oratorio della Purità. Alcuni documenti raccontano che il terribi-le colera del 1867 terminò il giorno stesso dell’inizio di un triduo in onore della Santa; da allora, la statua ogni anno percorre le vie della Città bella, sorretta a spalle dai confratelli della Madonna della Purità. Fino allo scorso anno la statua della santa era porta in

processione a mare, a bordo del pe-schereccio più grande, quello che porta il nome di Santa Caterina. La lunga processione accompagnata dalla banda volgeva al rientro toccava il porto, la banchina e la cappella. Nel giorno con-sacrato a Santa Cristina, il 24 luglio, è consigliabile recarsi in anticipo al porto della Città Bella, occupando un posto in prima fila sul molo o facendosi ospitare sulla barca di un pescatore, perché in pieno pomeriggio, giovani e aitanti “lupi di mare” gallipolini danno vita a un’altra tradizione storica, la cuccagna a mare.

La festa di Santa Cristina

La cuccagna

Il lungo palo unto di grasso e proteso in obliquo verso il mare ha all’estremità una ban-diera, da conquistare scalando la difficoltosa barra di legno. È un prestigio per il gallipo-lino, riuscire nell’ardua impresa, guadagnandosi una benedizione in più dalla santa e gli onori riservati ai grandi campioni. I festeggiamenti continuano anche il 25 luglio, tra le bancarelle incorniciate dai preziosi ricami delle luminarie, opere di cui i salentini sono maestri e appassionati cultori. La fiera merita una passeggiata, condotta in musica dalle note dei rinomati concerti bandistici che ogni anno si susseguono sulla cassarmonica, e profumata dalle tipiche essenze delle feste: non si può lasciare la festa senza acquistare qualche etto della pregiata specialità gallipolina, la scapece che ammicca con il suo giallo scintillante dai grandi recipienti di legno. Non da meno sono poi i dolci tipici: la cupeta, fatta di mandorle, zucchero e tanta pazienza, e i scajozzi (‘mostaccioli’), fragranti biscotti al cacao o al limone e aromatizzati con spezie. A chiusura della festa, è imperdibile il grandioso spettacolo di fuochi pirotecnici.

la Cuccagna

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92 Vivere Gallipoli

La festa più bella che si può tributare al meraviglioso, quanto generoso mare di Gallipoli, si concretizza in quattro saporiti giorni di ode dei sensi e del palato, che investono il lungomare Ga-lileo Galilei, dal 2004 scenografia della Sagra del pesce spada. Ogni anno, di solito dopo Ferragosto, l’associazione Altamarea anima il piazzale con la festa del mare e dei suoi tanti sapori, che dalle barche dei pescatori gallipoli-ni passano direttamente alla brace. No-nostante si tratti di una sagra giovane,

è già tra gli appuntamenti con il gusto più attesi dell’estate salentina, soprattut-to per la bontà delle pietanze, freschis-sime e saporite, che accompagnano le migliaia di tranci di pesce spada.

La festa del mare e la sagra del pesce spada

luminarie

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93Vivere Gallipoli

Controversa l’origine di questa ricetta, attribuita da alcuni studiosi agli Arabi per la presenza dello zafferano, da altri persino al grande gastronomo e scrit-tore romano Apicio. Si può descrivere la sua preparazione, ma bisogna tenere ben presente che difficilmente a casa si può ottenere lo stesso risultato di quello ottenuto dagli scapeciari profes-sionisti sempre presenti nelle varie fiere e feste paesane salentine.I pesci che meglio si prestano per questa preparazione sono lo zerro,

localmente conosciuto come pupiddhru, e il garizzo, conosciuto come mascu-laru; possono essere impiegati anche i latterini, denominati minocia, e le pic-cole boghe. Il pesce, che deve essere freschissimo, viene mondato dalle alghe e da altre impurità, quindi infarinato e fritto in abbondante olio affinché galleggi facilmente a cottura avvenuta. Una volta fritto, il pesce viene strati-ficato in righe perfettamente allineate nelle calette, che sono dei caratteristici mastelli in castagno, con la spina per

Scapece gallipolina

La cucina d’ogni città marinara ha le sue specialità gastronomiche derivanti dal particolare ambiente marino e dalla cultura marinara delle genti del luogo, sovente retaggio d’antiche contamina-zioni. Gallipoli, la Kalè Polis dei Greci, è una città ricchissima di storia, è na-turale quindi, che il connubio fra storia e ambiente abbia generato una grande cucina. Il pesce di Gallipoli, come quello di buona parte dello Ionio salentino, ha senza ombra di dubbio caratteristi-che organolettiche uniche, già rilevabili gustando una triglia di scoglio o un pagello semplicemente grigliati. Hanno una colorazione più marcata, più vivida e soprattutto emanano una fragranza intensa e inconfondibile. La regina delle specialità gastronomiche locali è senza alcun dubbio la scapece gallipolina.

La cucina

Sapori e profumi

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94 Vivere Gallipoli

il drenaggio alla base. A ogni strato di pesce ne succede uno di pan grattato che deve essere ricavato da grandi pezzi di pane di grano duro, perfetta-mente decorticati, essiccati e grattugiati, lentamente e rigorosamente a mano. Poi viene setacciato onde eliminare le particelle più grosse.Una volta colmata la caletta (l’ultimo strato deve essere di pane), si alla-ga delicatamente con aceto di vino, precedentemente decolorato. Questa operazione viene eseguita mescolando all’aceto della farina 00 lasciandola decantare lentamente, onde fargli riac-quistare la limpidezza. In questo aceto

vanno posti a macerare gli stimmi di zafferano in quantità tale che gli conferiscano un colore giallo limone. Si ricopre il mastello con un apposito coperchio e si lascia riposare in luogo fresco. In qualche giorno si otterrà la perfetta marinatura della scapece che potrà essere consumata da sùbito.

Scapece

94

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Nei dintorni di Gallipoli

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100 Nei dintorni di Gallipoli

Alezio

A pochi minuti d’auto da Gallipoli, nell’immediato entro-terra troviamo Alezio; conosciuta sin dall’antichità con

il nome di “Alixias” (o “Aletium”), fu uno dei centri della Messapia. Sorto a ridosso delle Serre Salentine e collegato al vicino scalo marittimo di “Kalè Polis” (Gallipoli), si affac-ciava sull’importante via che connetteva i principali centri dell’area ionica da Metaponto a Veretum. Nel medioevo, invece, Alezio fu uno dei luoghi del monachesimo basiliano, come testimonia il bellissimo santuario della Lizza.

trozzella

Nei dintorni di Gallipoli

Il parco offre ai visitatori lo sce-nario suggestivo della necropoli in cui è possibile conoscere le diverse tipologie di sepoltura, dalle tombe a fossa passando per quelle a lastroni innestati, con alcuni esempi di tomba a sarcofago. La necropoli sorse intorno al VI secolo a.C. in posi-zione distaccata rispetto all’abitato, secondo l’usanza mutuata dai Greci, di separare la ‘città dei vivi’ dalla ‘città dei morti’. Anche la presenza di coppe e crateri nei corredi funebri testimonia in loco la presenza di un altro costume tipico dei Greci: il simposio, ovvero il banchetto a base di vino. Monte d’Elìa si raggiunge da via Rocci Perrella; l’accesso all’area è possibile però previa prenotazione presso il Museo Civico Messapico.

Il parco archeologico di Monte d’Elìa

Parco archeologico Monte d’Elìa, tomba a lastroni

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101Nei dintorni di Gallipoli

Nella cornice del settecentesco palazzo Tafùri, il museo offre una ricca colle-zione di reperti funerari, suppellettili ed epigrafi. Nel salone principale si trovano i reperti legati agli scavi della necro-poli di Monte d’Elìa, come le coppe

ioniche, o come il bellissimo cratere con

ansa a fungo, o un esemplare della famosa trozzella messapica, risalenti a un

arco temporale che va dal VI agli

inizi del III secolo a.C. Nella seconda stanza troverete, invece, monili e gioielli di un ricco corredo funebre femminile risalente al II secolo a.C. Un terzo ambiente vi condurrà alla scoperta della fascinosa scrittura mes-sapica, grazie alle numerose epigrafi corredate di un piacevole apparato descrittivo. All’esterno si possono osserva-re esempi di tombe a lastre e a sarcofago.

Il Museo Civico Messapico

Museo civico, esterno

I Messapi

L’origine dei Messapi è incerta, pro-babilmente legata ai flussi migratori del IX secolo a.C., che spinsero po-polazioni della regione illirica nei ter-ritori delle attuali province di Lecce, Brindisi e Taranto. I Messapi nel Sa-lento eressero le loro città su alture, generalmente poco distanti dal mare. I principali centri furono le odierne Ugento, Mesagne, Oria, Nardò, accan-to alle leggendarie Veretum, Basta e Thuria Sallentina.

Aperto dal Lunedì al Venerdì.Per informazioni tel. +39 0833 [email protected]

crete

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102 Nei dintorni di Gallipoli

Il Santuario della Lizza è tra le testimo-nianze più rilevanti della storia medieva-le del Basso Salento. La prima struttura fu eretta sui ruderi dell’antica Alixias intorno al XII secolo, e - a quanto si suppone - fu legata alla diffusione del rito greco-cristiano. Nel corso della sua plurisecolare storia il santuario subì vari rifacimenti e interventi architettonici; documentato è quello successivo al

terremoto del 1230. Durante l’assedio angioino la chiesa fu elevata a cat-tedrale, sostituendo addirittura quella gallipolina. Verso la metà del 1300 il vescovo di Gallipoli, Melezio, iniziò una radicale ristrutturazione dell’edificio, secondo i canoni del gusto gotico-an-gioino, che hanno dato l’attuale aspetto alla chiesa. L’edifico ha pianta a croce latina, il presbiterio absidato e il ma-

Santuario di Santa Maria della Lizza

esterno interno

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103Nei dintorni di Gallipoli

estoso pronao (porticato) avanzato in forma di torrione, che rapisce il nostro sguardo. All’interno potremo ammirare le pregevoli testimonianze di affreschi che un tempo coprivano gli interni e che risalgono a due differenti periodi. Tra il XIII e il XIV secolo si collocano alcuni affreschi d’impronta bizantineg-giante, come l’immagine di Sant’Elena e i resti di una Annunciazione posti nella

controfacciata, o le immagini di Santo Stefano Protomartire e Sant’Elìa, che vediamo nelle due nicchie del transet-to. Lungo le pareti laterali, invece, si osservano alcuni esempi di una fase più “occidentale”, risalente al XV e al XVI secolo: ammiriamo la Vergine col Bambino (a sinistra), che l’iscrizione ci spiega essere Sancta Maria della Licza, titolare del santuario.

transetto destro, Sant’Elìa Madonna in trono

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104 Nei dintorni di Gallipoli

Sannicola

Sorge fra le serre salentine e fino al 1908 è stata frazione di Gallipoli. Si hanno scarsissime testimonianze sul passato di questo affascinante paese; di sicuro si

sa che Rodagallo, l’antica Sannicola, fu un importante centro basiliano. Successi-vamente divenne un fondamentale centro agricolo e residenziale e ciò spiega la presenza delle numerose masserie e stupendi casini di proprietà dei nobili gallipolini sparsi nelle campagne.

L’abbazia sorge sulle Serre dell’Al-tolido, oggi appartenenti al feudo di Sannicola; la sua edificazione è da fissare intorno ai secoli X e XI. L’edificio anticamente ricadeva nel territorio di Gallipoli e fu uno degli insediamenti basiliani più importanti di Terra d’Otranto; dipendenti in qualche modo da San Mauro erano gli altri vicini insediamenti basiliani di San Salvatore (oggi in territorio di Sannicola) e di San Pietro dei Sàmari (nel feudo gallipolino). In origine, accanto all’abbazia, doveva esserci anche un monastero e un sistema di grotte, dimore privilegiate dai monaci basiliani. Una testimonianza del vescovo di Gallipoli del 1567 do-cumenta sulla Serra l’esistenza di un monastero seppur, già allora, in uno stato di assoluto degrado. L’impian-to della facciata si presenta molto sobrio e lineare. Dal punto di vista strutturale San Mauro rispecchia a pieno i canoni di costruzione imposti dal rito greco nel Salento. La pianta è strutturata in tre navate, divise da massicci pilastri e nel fondo della navata centrale si può osservare la caratteristica zona absidale con alcu-

Abbazia di San Mauro

affresco d’arco, particolare

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105Nei dintorni di Gallipoli

ne tracce di affreschi del periodo medievale. Originariamente all’in-terno dovevano esserci tre altari direzionati verso est. Probabilmente l’abbazia in origine doveva essere interamente affrescata; oggi, di questi affreschi sono visibile solo poche testimonianze riconoscibili, tra cui la rappresentazione di San Clemente.

Il parco della Montagna Spaccata e San Mauro

Questo Sito di importanza Comunitaria si estende su più Comuni a comprendere un territorio di straordinaria bellezza naturalistica, come la Montagna spaccata, e di integra bellezza paesaggistica. Vale veramente la pena passeggiare senza meta alla scoperta di testimonianze basiliane, masserie, muretti a secco e paesaggi incontaminati. Nel sito sono stati rinvenuti anche reperti del periodo neolitico.

esterno

interno

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109Nei dintorni di Gallipoli

Situato nei pressi di Santa Caterina, 10 km a nord di Gallipoli, il parco offre al visitatore un territorio costiero in cui colpisce l’eccezionale colpo d’occhio dei suoi panorami. Con i 400 ettari di estensione (percorsi da una rete di camminamenti e viali) Porto Selvaggio offre molte possibilità ricreative, non ultimo il gusto di una nuotata tra le acque cristalline delle incantevoli calette rocciose. Per attraversare i tanti scenari che caratterizzano questo luogo l’ideale è una escursione da sud a nord, che vi impegnerà per non più di 4 ore.Si può partire dal comodo ingresso

Villa Tafùri, che si incontra percorrendo la SP 286 da Santa Caterina a Porto Cesareo.

Il boscoIl bosco di pini d’Aleppo, frutto di una riforestazione avvenuta negli anni ’50, avvolge i visitatori in un abbraccio maestoso. La vegetazione è interrotta qua e là da viali di discesa al mare non troppo impegnativi; ma per una visuale panoramica si può approfittare del belvedere, raggiungibile percorrendo un sentiero perimetrale facilmente rico-noscibile nei pressi del viale d’ingresso.

Porto Selvaggio

Itinerari paesaggistici

La costa ionica ci sorprende con scenari incontaminati dove il mare incontra la multiforme vegetazione mediterranea, e dove le vestigia di epoche passate ci rega-

lano un fascinoso connubio tra natura e architettura. A poca distanza da Gallipoli, i parchi naturali di Porto Selvaggio e di Punta Pizzo rappresentano le mete ideali per escursioni alla scoperta del paesaggio costiero.

Porto Selvaggio e Palude del Capitano

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110 Nei dintorni di Gallipoli

Poco più avanti potremo ammirare la maestosa Torre dell’Alto, che domina l’intera baia.

Serra CicoraIn direzione nord, verso Serra Cicora, la macchia costiera è caratterizzata delle varietà arboree e floreali del mediterraneo. Questa zona, inoltre, cela in sé incredibili tesori archeologici: ad esempio le grotte del Cavallo e Bernar-dini, che hanno restituito testimonianze del periodo paleolitico, ma soprattutto la piana di Serra Cicora, dove sono state rinvenute da poco delle tombe di epoca neolitica.

La Palude del CapitanoL’ultimo lembo del parco, nell’estremità nord, è occupato da una formazione carsica prodotta dallo sprofondamento della roccia, che è nota con il nome di Palude del Capitano, per via della vegetazione acquatica che la caratteriz-za. La singolare presenza di vegetazio-

ne palustre (ad esempio il giunco nero) crea un affascinante contrasto con lo scenario cristallino della vicina baia di Frascone.

InformazioniUfficio ParcoSettore Urbanistica e AmbienteVia Volta, 47 - Nardò (Le)tel: +39 0833 [email protected]

SpeleoTrekking Salentotel: +39 333 [email protected]

Porto Selvaggio, baia

La palude del Capitano

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111Nei dintorni di Gallipoli

Quest’area protetta a sud di Gallipoli si raggiunge percorrendo la strada litora-nea 215 in direzione Mancaversa, per poi imboccare la deviazione costiera seguendo la segnaletica. Sebbene l’auto sia il mezzo più utilizzato, molti non disdegnano la bicicletta, vista la distan-za per nulla proibitiva. Entrando dal versante sud incontreremo la sontuosa Masseria Pizzo, nei cui pressi incro-ceremo il sentiero escursionistico A4, ottimamente segnalato nell’intera area del parco e che ci permette di visitarlo interamente. Il percorso, lungo 3200 mt., è un tracciato di media difficoltà, che potremo percorrere, in 2 ore circa, da sud verso nord. Il Parco, con la sua complessa struttura geografica costa-mare-isola, è un autentico eco-mosaico dove convivono ambienti estremamente diversificati e dove si intersecano rotte di uccelli migratori dal nord Africa ai Balcani.

Il litoraleSi comincia con Punta Pizzo, il vertice più cospicuo del litorale, che ci appare in tutta la sua selvaggia bellezza di costa ventosa. Fa bella mostra di sé la tondeggiante Torre del Pizzo, risalente al ‘500, che interrompe con il suo biancore una distesa di macchia-gariga caratterizzata da orchidee, timo, rosmarino.

La palude e la chiesadi San PietroProseguendo incontriamo un impo-nente sistema di dune contraddistinte dal ginepro e separate dai sistemi di

Isola di Sant’Andrea e Punta Pizzo

Vegetazioni varie

Torre del Pizzo

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112 Nei dintorni di Gallipoli

coltivazione da una fitta vegetazione boschiva di pini d’Aleppo. Nell’estremo lembo a nord, infine, il parco ospita l’ampia area umida de Li Foggi, alimen-tata dal canale Sàmari, e contraddistin-ta dalla tipica vegetazione palustre. Ai margini dell’area, un tempo palude, - a

due passi, ahimè, dal tracciato della superstrada - spicca la chiesa di San Pietro dei Sàmari edificata a cavallo tra il XII e il XIII secolo.La struttura, a unica navata, con il tipico orientamento est-ovest delle chiese di culto greco, è uno splendido esempio di architettura romanica.

L’isola di Sant’AndreaVisibile da ogni punto del litorale gallipolino, anche per l’imponente faro che la caratterizza, l’isola è un luogo di grande interesse naturalistico, essendo ambiente di transizione per le specie marine e per i tanti migratori. Sant’An-drea è punto di nidificazione del gab-biano corso, specie purtroppo a rischio di estinzione.

Per info:Comune di Gallipoli - CEAtel. +39 0833 275584

faro dell’Isola di Sant’Andrea

pulcino del gabbiano Corso

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113Nei dintorni di Gallipoli

Ofride pugliese Ramarro

Le torri costiere

Intorno alla metà del 1500, l’imperatore Carlo V dispose la costruzione di una serie di torri costiere, allo scopo di approntare un sistema difensivo in grado di far fronte alla minaccia turca. Vennero così erette le torri che punteggiano la costa salentina. Nel 1590 il numero complessivo delle torri costiere era di 339, di cui ben 66 in Terra d’Otranto. Due sono le tipologie di torri: una a pianta circolare con forma cilindrica e l’altra a pianta quadrata con forma tronco-piramidale. A dominare la baia di Gallipoli è Torre Pizzo, di forma circolare, anticamente conosciuta come Torre del Co-triero, che comunicava a vista con Torre San Giovanni, la Pe-data a nord e con Torre Suda a sud. Tra Gallipoli e Rivabella si trova Torre Sabea, a pianta quadrata. Molto amata, per la sua posizione panoramica, è la maestosa Torre dell’Alto, po-sta sulla sommità dello spalto roccioso detto la Dannata, nel parco di Porto Selvaggio. Torre dell’Alto

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130 A History of the Town

According to a legend, Idomeneo – king of Crete – founded the town of Gallipoli in 1050 B.C. with the name Kαλε πολις (kale polis – beautiful town). Actually, the Greeks arrived here not sooner than the 2nd century B.C. getting in contact with the Messapians – its former local inhabitants – who adopted costumes and tongue of the con-

querors. The name Kαλε πολις – then become Gallipoli – was originally given to a pre-existent seaport connected with the Messapian town of Alixias (Alezio), also referred to as Anxas in sources never thoroughly verified. Being in contact with Taranto was of great importance for its development, just like it happened in the rest of Messapia, until the year 265 B.C. when the defeat of Taranto by Rome determined the substantial “Romanization” of the whole territory. During the 3rd century Gallipoli became a statio militaris and then a municipium. After the decline of the Ro-man Empire, the town went through its worst period, being constantly exposed to dangers coming from the sea. As far as we know, the Saracens – raging in the coasts of Salento at those times – razed Gallipoli, which was then re-built in the shape of isle-town only in the 8th century A.D. under emperor Leone di Bisanzio.

The Byzantine domination spread over the whole South Italy bringing also in Gallipoli a long period of peace and of civil and economic growth, under the

The Middle Ages, from the Byzantines to the Normans

A History of the Town

Origins and Ancient Times

sixteenth-century map, Piri Reìs

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influence of the greek-oriental culture. During this period the town was central point of reference for the Christian Church in South Italy. About the half of the 11th century an upper class was slowly growing in Gallipoli, being for long affiliated to the Norman-Swabian house. During the struggle between Swabians and Angevins in Puglia, about the half of the 13th century, Gallipoli remained faithful to its ancient lords, but after the defeat by Corradino di Svevia, it underwent the most terrible siege by Carlo I d’Angiò, from October 1268 to the surrender in May 1269.

The Angevin age was a period of economic decline for Gallipoli, but some important town planning changes, which made a fortress of it, also charac-terized it. The Angevin most evident legacy to the town is the Castle, designed from the very beginning as a fortress with a quadrangular base. In 1402 Carlo II started a reconstruction project of the town, having outside wall fortifications built, as still witnessed by the presence of the bastions. He also

The Angevins and the Aragonesi

Gallipoli, eighteen-century map

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132 A History of the Town

tried to encourage the town socio-eco-nomic development, strengthening sea trades. When the Aragonesi invaded Salento (in 1463) Ferdinand I of Aragon wanted it fortified once more, so, unlike the near Otranto, Gallipoli could resist to the Turks, during their invasion in 1480. But soon the Venetians conquered it, after a three-day siege. Again under Ferdinand of Aragon the town got several franchises as reward for its fidelity. Starting from the 16th and up to the end of the 18th century Gallipoli

was a rich trade centre and a point of reference for the hinterland economy and the sea commerce. Oil trade was the main activity of the town - as in the whole hinterland. In winter, olives pressing and their turning into cooking or industrial oils were the most com-mon job of many fisher families (kept away from the sea by cold weather). Gallipoli used to be the main European trade base as far as regard oil com-merce, thus attracting more and more families belonging to the upper class. The rich architectures of the old centre prove it.

The Napoleonic and democratic revolts, which during the 18th century gave the shivers to the traditional elites of all Italy, came up to this end of Salento - may it be in a feeble way. Between the end of the 18th century and the

first decades of the fol-

stone coat of arms

Modern and Contemporary Age

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133A History of the Town

lowing one, the town was often scene of continuous struggles between the liberal and bourgeois component on one hand and the restoring component on the other one. For example, in 1809 the town resisted to the bombing by the Bourbon air force in the attempt to restore the monarchy. The democratic period brought as a consequence to more enlightened ideas, which gradu-ally leaded to the future Risorgimento. Among the most famous patriots it’s worth mentioning the Patitari brothers, B. Mazzarella and A. de Pace. In 1848, during the Carbonarist revolts, Gallipoli occupied an important position. Many intellectuals maintain that the introduc-tion of democratic ideas in Salento – between 19th and 20th centuries – is just due to Gallipoli. Indeed, it was here that one of the first labour parties of Puglia was founded.

Gallipoli Nowadays

top view

Meanwhile the town had gone through deep changes. Its old town planning and the way of living as a fortress slowly wore off. Residences of the upper class started to be built in new districts overlooking the main street, which still divides the town in two.Its modern side, the dry land area, shows the sign of a thoroughly twenti-eth-century city planning. Going towards the beach you can still see some bathing establishments built in the 60’s. Today the heart of the town everyday life is in Corso Italia with its colours, its many shop-windows, its nightspots and restaurants, with the modern hint suggested by the little skyscraper, as the inhabitants call the highest modern palace of the town.

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152 Art and Architecture

Starting to be built in 1629, Gal-lipoli’s Cathedral is one of the most impressive and elegant monuments in Salento. Its majesty and its fine

façade show how keen were the artists who build it, creating a real symbol of Puglia. Many noble families gave their contribution to build the

Gallipoli’s Cathedral

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153Art and Architecture

beautiful altars in its side naves.According to the testimony of several historians the present church was built on the basement of a former

one, which was later dedicated to Santa Agata in 1126.When you arrive in front of the Cathedral you are surprised by its stateliness coming all of a sudden out of the old winding lanes.Its façade, finished in 1699, shows two different orders dated back to different ages and characterized by different building techniques and styles. It is mainly made up of the local stone called carparo, but it also has parts - mainly the statues and the decorations of its upper part - in another local stone called leccese.The lower part presents some false Doric fluted columns giving a strong vertical impulse to the whole building.At its centre the large portal is decorated with a rich frame; over it a niche with baroque decorations preserves the stone statue of Santa Agata. To the side of the portal there are two other niches with San Sebastiano and San Fausto.The middle entablature divides and harmonizes at the same time both the orders. It is decorated with a trabeation enriched with metopes and balustraded motivs rendering less harsh the combination of the two dif-ferent orders. Over the entablature you find – in perfect symmetry – the statue of Santa Marina in the niche on the left and the statue of Santa Teresa in the niche on the right.In the upper part an explosion of creativeness and fantasy character-izes the baroque motives and shapes designed by Zimbalo. Its fastigium is

outside

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154 Art and Architecture

embellished with a refined moulded entablature decorated with crown pinnacles.To the outer sides of the altar you find the two busts of San Giovanni Crisostomo to the left and San Agostino to the right, set on two capitals decorated with volutes and flutes. The five niches give a strict symmetry to the façade, with the statue of Santa Agata – whom the cathedral is dedicated to – dominat-ing from the central niche.The Cathedral has a Latin cross base with a large central nave and two side aisles.A colourful succession of marbles, stones and woods, together with the great number of valuable decora-tions stir up in the visitor a com-bination of emotions and surprise defined as maraviglia, typical of the Baroque trend and therefore highly represented by the Cathedral.Entering the church you are im-mediately impressed by its central nave, with its twelve Doric columns carrying a system of round arches decorated with rosettes.Its architrave is decorated with episodes taken from the history of

the town, like the Venetian capture in 1484, the landing of the Cavalieri di Rodi in 1523 and the Christian troops halting in Gallipoli after the battle of Lepanto in 1571.To the left of the entrance you find the first altar dedicated to Sant’Isidoro Agricola with a painting by the school of Luca Giordano (1634 – 1705) set into a carved wooden frame of great value. It depicts the saint in his making a façade, niche of Sant’Agata

nave

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155Art and Architecture

spring of water gush out from the land at the touch of his lance.Along the nave you see the altar of San Francesco di Paola with a paint-ing by Giovanni Andrea Coppola (1597 – 1659), depicting the Saint saving some women possessed by the Devil. The altar is framed by a carparo round arch and by a carved wooden frame.The theme of the contrast between Good and Evil is represented by a complex scheme of figures; the main

one is that of the Saint who drives the devils out of a woman in fore-ground, while some terrified charac-ters give a strong sense of emotion to the whole scene.After the altar of San Francesco di Paola you find the altar with a paint-ing depicting the Adorazione dei Magi also by Coppola.The scene is set in a classic back-ground with the Virgin Mary and the Infant Jesus in its middle. According to some critics the figure on the left

Sant’Isidoro Agricola, detail San Francesco di Paola

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156 Art and Architecture

with a red hood could be the client of the painting.Then you find the altar of Madonna delle Grazie. Its structure is entirely carved in wood except for the mar-

ble table. In its middle is the painting by Gian Domenico Catalano (1570 – 1636) depicting the Virgin Mary sat on a cloud among angels, San Gio-vanni Battista and Sant’ Andrea. This

Martirio di Sant’Agata, detail

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157Art and Architecture

could be one of the best Catalano’s works both in the elegance of its drawings and its colours. The altar is also embellished with eleven panels (set into the frame) by Catalano depicting episodes taken from the life of the Virgin, of Christ and of other Saints.In the left wing of the transept is set the altar dedicated to Santa Agata. It was bishop Filomarini who had it built in 1724, having as a model Borromini’s design of the altar in the Chapel of Annunciata in Naples.It is of course the most impressive altar of the church, enriched with a sumptuous marble balustrade with polychrome inlays and set between two columns carrying a big tympa-num. In the middle of it is Coppola’s painting depicting Sant’Agata Martire

The Breast Miracle

Gallipoli is connected to Catania by the story of Sant’Agata. In 1100 Gonselmo from Gallipoli and the Frenchmen Gon-salvo leaded together an expedition to bring Sant’Agata’s body back to Sicily from Costantinopoli, since it had been stolen. They succeeded in their task, landing safe and sound in Sicily. Then, coming back to Gallipoli, Gonselmo brought with him a relic of the Saint – actually her breast – as a present for his native land. On the basis of this histori-cal event a legend spread in Gallipoli telling of Santa Agata’s breast miracle. It is said that during the voyage to bring the saint back to Sicily, the expedition stopped in Salento, maybe for a storm. During this halt Sant’Agata’s breast got lost and was later found under mysteri-ous circumstances. A woman going to the sea to wash her robes took her daughter with her. The little girl was playing on the shore when she found the relic. Her mother saw her with the Saint’s breast in her little mouth. At this piece of news clergymen and common people gathered there in prayer. It was only after they invoked Sant’Agata that the relic fell down the mouth of the girl into the bishop’s hands. This episode is depicted in the scenes of the 8 Mal-inconico’s paintings between the nave windows. Since that 8th August 1126, Sant’Agata is patron Saint of the dio-cese and the citizens built a silver reli-quary to preserve her relic. In 1380 it was moved into the monastery of Santa Caterina d’Alessandria in Galatina.

wooden chair

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with great realism. In the heart of the scene you see the martyrdom of the Saint. She keeps on looking defiantly at her torturer while he amputates her breast. Cruelty and ferocity are well represented by the executioners who raise the amputated organ over

the Saint’s head making blood drip on her.

In the two transept wings, side of the high altar, there are two chapels with

similar altars, both embellished with polychrome marbles. The first chapel left of the altar is dedicated to Madonna del Soccorso; at its centre there is a painting named Beata Vergine del Soccorso, while at its side there are two big Malinconico’s (1663-1721) paintings named Sposal-izio della Vergine and Fuga in Egitto. The other chapel right of the altar is dedicated to Santissimo Sacramento. In it you find a central painting entitled Trionfo dell’Eucarestia fra i santi Tommaso d’Aquino e Giovanni Nepomuceno, and two other side paintings entitled Sonno di Saul and Adorazione di un vegliardo, by Francesco Giordano, maybe son of Luca Giordano.Entering from the main portal you are soon impressed by the stateli-ness of its presbytery with its high altar, its paintings and its elegant balustrade.The high altar was built in the first half of the 17th century by architect Cosimo Fanzago (1591-1678); it is similar to another altar built by the same author in Badia di Montecassi-no and destroyed during the Second World War.It truly represents Baroque since it shows a great variety of colours, of pearls and stones.In the apse behind the altar is a choir with 41 wooden seats dated

back to 1707, inlaid by Gior-gio Aver, one of the most important inlayer of those

times.

right transept

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159Art and Architecture

The bishop’s chair is instead of re-cent manufacture.Over the wooden choir there are three big Nicola Malinconico’s paintings named Guarigione del Paralitico, Sepolcro di Sant’Agata, Ingresso di Gesù a Gerusalemme. Together with the paintings on the ceiling of the nave they complete the series dedicated to Sant’ Agata from Catania. Their author was very keen in giving a great sense of deepness to the composition through a careful research of the right perspective.Coming back, right of the transept, you find the altar of San Sebastiano with a central painting depicting his martyrdom, also by Malinconico. As for the structure, this altar resembles the altar of Sant’Agata opposite to it. This persistent symmetry bewil-

ders the visitor, and this is just how baroque architecture works.The second altar in the left aisle is the only stone altar in the church. Ambrogio Martinelli built it in Ba-roque style as witnessed by its spiral columns, its floral decorations and its many putti. The painting in the centre of the altar is called Vergine Immacolata fra i Santi Leonardo e Agata, depicted by Frate Antonio da Copertino, a Counter-Reformation monk who used to sign his works with the acronym Facis (Frater Anto-nius CopertinensIS).Then you find the altar Anime del Purgatorio with the important paint-ing of the same name by Coppola. It depicts the Archangel Michele defeat-ing Devil and his Damned, represent-ing the triumph of Good on Evil with

Anime del Purgatorio, detail

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160 Art and Architecture

great immediacy and sympathy.Some critics believe Coppola found his inspiration from the scenes of Giudizio Universale in the Cappella Sistina. Coppola left his sign on the

Archangel’s staff.Remember that in 1822 the bishop decided to “dress” many of its nudes to give more decency to the painting.In the following span is the altar of

Assunta

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161Art and Architecture

Assunta, whose sides bear the Balsa-mos’ coat of arms.Here you can see another Coppola’s painting maybe depicted between 1642 and 1645. According to some critics its original sketch is preserved in the Gallery of the Uffizi in Flor-ence.In the last altar, Incoronazione di Maria, similar to the other altars of the church, you can see Coppola’s last work, incomplete because of his death. It depicts the Virgin’s crowning with San Nicola and Sant’Oronzo at her feet. It is embellished with some valuable polychrome marble decora-

tions.On the inner part of the front you find the painting Cacciata dei profani dal Tempio, by Malinconico. Many critics maintain that the painter de-picted it as a sign of devotion to his master Luca Giordano, who built a similar work in the Gerolomini Church in Naples. The main figure is that of Jesus in his throwing himself strongly against the merchants outside the temple.Moving your look at the ceiling again you find new spectacular beauties. First of all, the golden false ceiling on the vault, entirely redecorated

inner part of the façade, La cacciata dei mercanti dal tempio

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162 Art and Architecture

at the beginning of the 2nd century by bishop Müller. Then, between the nave windows are set 8 paint-ings with episodes telling The story of Sant’Agata’s breast discovery on 8th August 1126. At the vault centre is the painting Sant’Agata in gloria between two other paintings: San Pietro che visita Sant’Agata and

Eruzione dell’Etna said to be stopped by Sant’Agata’s veil. Among this three group of works are the Filomarinis coat of arms and Müller’s one.In the transept dome, near the high altar, you find the painting Martirio di Sant’Agata conceptually considered preceding the other painting set in the vault which depicts the Saint’s

Baroque in Gallipoli

In Gallipoli there are baroque manifestations different from those you can appreciate in Lecce, where the softness of the pietra leccese allows the creation of wonderful decorations. Here in Gallipoli, being carparo, the local stone, very hard to be worked, the explosion of the baroque creativity is expressed by the polychrome marbles of the altars, the enormous paintings that completely cover the buildings in a narrative unicum and wrap the visitor, in the bold pavement solutions. But the aim to arouse admiration is the same. Really valuable examples of this local adaptation to the baroque aesthetic are the Cathedral and the Church of Santa Maria della Purità.

vault, wooden planking

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163Art and Architecture

glorification. The martyrdom scene is set in a classic background with many women around and a group of angels above letting the palm of martyrdom down on the Saint. Nicola Malinconico depicted all these paintings in the first decade of the 18th century. Carlo Malinconico – son of Nicola – who completed to decorate the Cathedral with his paintings after his father’s death, realized the works on the sidewalls of the transept. Works of his are a Presentazione di Maria al Tempio and the paintings in the episcope called Presentazione di Gesù al Tempio and

Gesù tra i dottori, all dated back to the first half of the 18th century. Worth of mention is also a font, committed by Bishop Filomarini.

vault painting, Martirio di Sant’Agata

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174 Art and Architecture

The Dominicans built this church – in front of the bastion with the same name – at the beginning of the 18th century. Nowadays it is seat of the ancient brotherhood of Santissimo Ro-sario, whose existence is confirmed by documents dated back to the 2nd half of the 16th century. Worth of mention is its convex façade, rendered austere and mysterious by the use of carparo stone. A medial trabeation divides it in two parts; it also has floral decora-tions around the upper windows and several niches. These are all common elements of many baroque churches

in Salento. Inside it you find a large hall with an uncommon perspec-tive created by a series of ten chapels along its perimeter. Walking in anticlockwise direc-tion, you notice that its main iconogra-phy bears the sign of Giandomenico Catalano, a big artist in Salento’s seventeenth-century painting. You can then admire the painting Vergine con bambino e i Santi Giovanni Evangelista e Pietro Martire, set in the chapel de-

The Church of San Domenico

façade interior

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175Art and Architecture

dicated to Madonna delle Grazie, and the Annunciazione, whose beauty is enhanced by a three-dimensional effect created by a putto leaning

out of its sculptured frame. Also in the right side is the painting Vergine con il bambino, con Santa Marina, Santa Irene e San Leonardo with the chiaroscuro play of its drapery. When you arrive in front of the high altar, you can see - on the background wall of the choir at its back – Catalano’s painting dedicated to San Domenico while he’s protecting Gallipoli – well visible at his right. In the left side,

there are, instead, the sumptuous chapel of Madonna del Rosario, with a pain-ting with the same name at its centre, and the portrait of San Tommaso (2nd chapel starting from the altar) showing three episodes from the Saint’s life. But the true value of this church is as much in its paintings as more in the sug-gestive view created by its chapels.

Madonna delle Grazie

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One of them – the chapel Madonna del Rosario – has an interesting stone altar frontal with the painting Il Com-pianto sul Cristo Morto (by Giuseppe Mastroleo). Its floral motives, its angels and its sculptural groups are in perfect Baroque style. Don’t miss then the golden splendour of the altar with a second Catalano’s painting dedica-ted to San Domenico. In the church are also preserved two organs: a first one - built by masters Kircher, from Gallipoli – set in the choir of the nave

and a second one – dated back to the half of the 19th century – behind the high altar.

San Domenico che protegge Gallipoli

Deposizione

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177Art and Architecture

Some historians believe that bishop De Rueda had this church built and dedicated to the Saint after the foundation of the brotherhood with the same name, in 1630. It was built where there used to be an old Byz-antine chapel dedicated to Sant’Elìa – went destroyed in 1581. The brother-hood was initially really active in the town social life and had many adepts, but about the second half of the 18th century its force decreased so much that they even closed the church. They reopened it only in 1887, but – again – its religious activities had a short life and in 1904 the brother-hood moved in the Church of San

Pietro e Paolo, next to the cloister of Santa Chiara. The Church of San Giuseppe has a one-nave base with cross vaults. A central trilobated large window – on the top of the tympa-num over the main door – embel-lishes its sober façade. Inside it you find some stuccoes dated back to the end of the 18th century and beautiful decorations covering its vaults and pillars.

The Small Church of San Giuseppe

interior

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The Oratory dedicated to Madonna degli Angeli was built between 1662 and 1665 by the brotherhood with the same name, which gathered the Fisher-men. They chose to build it in front of the sea so that the Virgin could watch

on them

during their sea trips. To the brother-hood belonged also the Farmers and the Artists. In the sober façade centre of the church is a majolica panel de-picting Santa Maria degli Angeli – dated back to the 19th century. The small one nave church is entirely embellished

with four paintings by Diego Bi-anchi, from Manduria.

These works are named

The Oratory of Santa Maria degli Angeli

façade

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179Art and Architecture

Moltiplicazione dei pani, Moltiplicazione dei pani e dei pesci, Disputa tra i dot-tori della chiesa and Nozze di Cana. The high altar in leccese stone shows some niches preserving four wooden statues, portraying San Giuseppe, Sant’Andrea, Sant’Isidoro and San Giovanni Battista. On the inner part of the front - into a stone singing gallery – is an organ maybe built by master Giovanni Kircher. The brotherhood of Santa Maria degli Angeli takes always part to the procession named Misteri on Holy Week, carrying the statue of the Addolorata.

Nozze di Cana

interior

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182 Art and Architecture

The existence of this brotherhood is attested since 1600. The altar of the Immacolata, in the church of the Francescani Riformati belonged to its brethren. In 1720 they obtained from the Riformati some rooms belonging to the convent, so they turned them into an oratory. In 1768 the number of brethren was so increased that it was necessary to build a new oratory in the garden of the monastery with ac-cess from the convent cloister. In 1864 the boundary wall of the convent was demolished and two entrances were realized on what is now the frontal façade; this was made to avoid the confiscation of the property as some-thing belonging to a religious order.The building has a very simple façade, like many other oratories in the town. It has a single nave base and properly decorated ceiling vaults. Inside you can admire fine paintings represent-ing the Storie di Tobia, by Oronzo Tiso (1729-1800) important painter of Salento. A cornice decorated with ten

lunettes – showing the story of Giuditta and other characters from the Sacred Story – frames the whole structure. The high altar with the painting of the Immacolata con San Francesco is very well worked. On the inner part of the façade is another painting representing the Vergine Immacolata, which stands out for the richness of its colours. Of exquisite workmanship is its singing gallery. The organ – built in 1759 by Carlo Mancini from Naples – is kept in the sacristy. This oratory too contains important papier-mâché works such as the Vergine Immacolata and San Felice.

The Oratory of the Immacolata

façade

interior

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183Art and Architecture

The brotherhood of Santa Maria delle Anime was officially founded in 1660, promoted by 33 nobles from Gallipoli, but it was somehow already active a long time before. In 1642 they commis-sioned to Coppola the painting of the Anime, which was then placed in the homonymous altar of the brotherhood – in the Cathedral. In 1665 they began to build the present oratory following a project by architect Carlo Coi.The building – with two typical lateral entrances – has a simple façade, fra-

med by plane pilasters. It has a single nave base and a barrel vault. On the inner part of the façade is a mason-ry singing gallery with an organ dated 1794, then modified in 1850. Next to it are two ovals of the Adorazione dei pastori and of the Battesimo di Gesù and the painting of the Annunciazione above; all of them are dated back to the 18th century. Four paintings on the wall of the singing gallery and the lunettes below – ascribed to Giovan Andrea Coppola – are contemporary to

The Oratory Delle Anime

outside

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184 Art and Architecture

the construction of the oratory. Then, a wooden triptych, realized around 1760 by Michele Lenti, closes the prior’s throne. Eight paintings on the side walls are attributed to Liborio Riccio (1720?-1785). Between 1749 and 1761

the oratory was subjected to different restorations and in fact to this period are dated back the stuccos of the presbytery and the characteristic stalls of the brotherhood.Another element that stands out is the high altar extensively rebuilt in the 18th century; of the original altar is pre-served today only the golden canopy of the 17th century, produced, among others, by famous Spanish artist Diego Viglieros. The central painting of the altar represents the Anime del Purgato-rio – dated 1684 – while above there is the Vergine col Bambino, by Riccio. It’s interesting to notice also the exquisite workmanship of the majolica pavement, which dates to the end of 1700.

Historical note

To the oratory of the Anime is bounded a great musical tradition. In 1681 Antonio Tricarico – appreciated singer in the court of Emperor of Austria – was appointed Maestro di Cappella a vita, i.e. choir director.

interior

façade, detail

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185Art and Architecture

The church has a single nave base. It’s decorated according to neoclassical canons and preserves some important statues depicting Santa Lucia and the Madonna del Carmine. As soon as you enter you see the high altar, with a painting representing the Deposizione dalla Croce del Cristo Crocifisso, by Gi-rolamo Imparato, an artist working in the 16th century. Then you find other two altars: the north one is conse-crated to Santa Barbara, the opposite one is dedicated to the Concezione and houses a sculpture of the Virgin. The only fragment still preserved of the pre-existing building, demolished in 1836, is an alto-relievo representing the Vergine Immacolata, dated from the 16th century. The brotherhood of Carmelo – housed in this church – has distant origins, mingled between history and legend.The construction of the present build-ing dates from 1836-38, even if the

first nucleus of the church, dedicated to Santa Maria della Misericordia, was already attested in 1530. Then, in 1660, they founded the brotherhood of the Vergine del Monte Carmelo. Be-tween 1660 and 1714, in the ancient temple dedicated to the Misericordia, seat of the homonymous brotherhood, they built a new chapel, with an altar dedicated to Madonna del Carmine. It was only in 1790 that the brotherhoods of Misericordia and of Monte Carmelo merged, originating the current brother-hood of the Beata Vergine del Monte Carmelo, under the name of Miseri-cordia. Among the main tasks of the brotherhood is enumerated, even nowa-days, the celebration of the feast of Madonna Addolorata, that takes place on Friday before Palm Sunday. During the procession the brethren wear sack-cloth and a cowl of white cloth with a white silk mozzetta and, beneath it, the scapular.

The Oratory of Carmine

interior

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186 Art and Architecture

The church was built inside the cloister of Santa Chiara about the end of the 16th century, covering the basement of an old byzantine chapel dedicated to San Teodoro. It became

Municipality property after the monas-tic persecutions. Since 1904 it is seat of the brotherhood of San Giuseppe and of Buona Morte. Despite its linear façade, it hides inside a surprising splendour. Notice the high altar, its polychrome marbles and its altar piece with some valuable Gian Do-menico Catalano’s paintings (1590). Other Catalano’s works are in the minor altars, like the painting named Crocifissione (in the altar with the same name), and the portrait of Santa Caterina d’Alessandria – dated back to about 1590 (interesting for its Flemish influences). Of great value are also an Annunciazione di Maria Vergine (beginning of the 17th century) and a Natività, also by Catalano.On the back wall is the singing gal-lery – which used to be next to the high altar – with its precious wooden organ built by master Carlo Mancini from Naples in 1779. Since the church is seat of a brotherhood there are wooden seats bearing the brethren’ title.

The Church of Santi Apostoli Pietro e Paolo

interior

main portal

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187Art and Architecture

The church overlooking Cristoforo Co-lombo coast towers over the dock. It was built between 1613 and 1621 as an oratory next to the friary of the Minimi-Friars – now in bad condition. It is seat of the brotherhood dedi-cated to Santa Maria ad Nives, also called Cassopo (1647), which used to gather the Blacksmiths.Two baroque elements characterize its façade: a false tympanum on the main door – with a niche preserving the image of the Saint – and a large window on the top.The best pieces of art inside the

church are a sumptuous ceiling lamp in bronze and crystal (18th century), a beautiful organ over the main door (19th century) and the presbytery – limited by a round arch with fine golden decorations.Interesting is also its high altar, with a Romualdo Formosa’s painting named Transito di San Giuseppe (1734).The most important elements in it are however its seven side altars and above all the one dedicated to San Francesco di Paola (1631) with a Gio-van Domenico Catalano’s portrait of the Saint (right of the main door), the leccese stone altar dedicated to San Michele Arcangelo, with its polychrome statue of the Saint, and the 17th century wooden altar dedicated to Madonna di Pozzano with an Oronzo Miccoli’s painting entitled Vergine con Bambino.

The Church of San Francesco di Paola

façade

Morte di San Giuseppe

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188 Art and Architecture

Civil Architecture

Gallipoli is a real treasure of architecture masterpieces. It’s just like the town can be divided into three parts. The Angevin Gallipoli is a sort of big mili-

tary structure, whose most important points are its bastions and the Castle. The Aragonese Gallipoli is instead made up of its many old centre entangled lanes and its imposing and austere sixteenth-century palaces. They perfectly fit the town role of being a war outpost against the Turks. The best exemplars of those time architectural trends are some catalano-durazzesco portals, like the one of Palazzo D’Aquña (now called Granafei), and the majestic Palazzo Balsamo. Set between these two parts is the Baroque Gallipoli, telling us what feverish activity architecture was in that 18th century dominated by trades and the growth of the

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189Art and Architecture

middle class. But the greatest value of the town is in the multitude of details embellishing even the poorest house. Many fifteenth-century battlements, lots of shaped windowsills, numerous balconies with their apotropaic figures, tell you how the local artists conceived the contrast between full and empty, between inner and outer space. Walking along the old town lanes you’ll certainly catch this special sense of art.

Gallipoli, see view

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190 Art and Architecture

The heirs of Antonio Balsamo – baron of Cardigliano and San Nicola dei Caraccioli – owned it.This sixteenth-century palace was enlarged during the 17th century. It is one of the oldest and biggest palaces in Gallipoli and a symbol of the great power of the Balsamos, even able to compete with “religious power”. Its long façade in fact is as long as the opposite set of buildings including the Cathedral, the bell-tower and the seat of the seminary, in the main street axis of the town.Of the former building are still visible some arched windows and the big Catalano-Durazzo-like portal. The portal opens on a large sixteenth-century entrance hall. Then you find a court full of brackets and capitals.

Palazzo Balsamo

inner hall

main portal

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191Art and Architecture

Of clear baroque style this palace was built in the second half of the 18th century. It shows a big ashlar

portal set between two columns with Corinthian capitals. The balcony over it includes three of the most decorated

windows of the whole building. Of great value is also its balus-trade loggia.

The palace was built for the Romitos and then bought by the De Paces, to which belonged Antonietta De Pace, known for taking part in the Italian Risorgimento.The palace has three floors. On the ground floor there used to be the sta-ble, while on the first floor there were the rooms for the family members. Today these rooms are still the most relevant attraction of the building.

Palazzo Romìto

Antonietta De Pace

Anonietta De Pace was a revolutionary, a follower of Mazzini and an anti-reactionary. She was born in Gallipoli in 1818 in a rich landowners family. After her father’s death she moved to Naples, where she became one of the most active figure of the Risorgimento. After Italy’s Unity she fought for women rights. She died on 4th April 1893, in Portici.

main portal, detail

outside

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192 Art and Architecture

Palazzo Doxi, side balcony

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193Art and Architecture

Domenico Doxi had it built about the second half of the 18th century.Of clear baroque style, this building has undergone many changes during the years. The long balcony on its façade is dated back to the 19th century and resulted from the union of all the windows of the first order through a pavement set on slate brackets.The palace had its own oil mill in the basement.

Palazzo Doxi

façade

193Art and Architecture

Page 84: Gallipoli in Mano, edizioni Proart

194 Art and Architecture

Palazzo Pirelli – at the corner between Via De Pace and Piazza Duomo – was built in the 16th century in front of Palazzo di Città and the Cathedral of Sant’Agata. It has a huge carparo an-gular column, carrying a flint bombard-ball. Over its baroque entrance door overlooking the Cathedral is a balcony with a double lancet window. On the other side is instead a fifteenth-century catalonia-durazzo main door. It used to be part of the palace oldest core, then enlarged towards the Cathedral. The old palace entrance is today seat of the Farmacia Provenzano (chemist’s). In-side it you can still admire the original stone decorations with some scenes depicting the goddess Minerva Armata and the Fortune’s goddess.

Palazzo Pirelli

angular column, detail main portal

Provenzano chemist’s

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196 Art and Architecture

The palace, dated back about 1760, was commissioned by Donato Tafùri, a graduate in utroque iure (i.e. lawyer).Actually, the palace resulted from the fusion of several pre-existent build-ings to which a typical baroque façade was added. Decorations are typical on

the whole façade. Worth of mentioning are the oval

windows to the sides of the main portal, which

are a unicum in the local archi-tectures. Of Spanish-like style are in-stead the iron

balconies.The palace shows a sym-metric façade whose central element is the

portal with its pi-lasters, surmount-

ed by a windowsill with a window bearing the family coat of arms. Each ornament embel-lishing the windows, the balconies and the portal is made of carparo, a local soft stone ideal to mould the pompous baroque forms.

Palazzo Tafùri

façade

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197Art and Architecture

This building façade shows contrast-ing architectural elements as a con-sequence of many redecoration works and owner changes. Its portal, which according to Pindinelli was built about the early 1700s, shows some classical elements. Its baroque loggia was built instead in the next century, after some remarkable restoration works.

Palazzo Pizzarro

This palace was built by the Munit-tolas about the beginning of the 17th century. Its portal, dominating the sober façade, is made of fine bugnato and shows some classical elements as its Doric false columns. Of great value is also an angular column bearing the family coat of arms. Although the Munittolas didn’t come from Gallipoli they managed to reach a stable social position in the town.

Palazzo Munittola

Palazzo Pizzarro, balcony Palazzo Munittola, angular column

Palazzo Pizzarro, façade

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Dated back to the first quarter of the 16th century the palace shows a sober façade with a sumptuous loggia deco-rated with fine plant shaped elements over its main door.

It simple façade, sober and elegant, is background for the most important street of the old center, Via De Pace, shutting its view out. Of baroque style, it shows a portal with two decorated pilasters. Above the portal, set on nine artistic brackets, is a long balcony with two symmetric windows.

Palazzo Venneri

Palazzo Pasca

Palazzo Venneri, façade Palazzo Pasca, façade

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199Art and Architecture

The Garibaldi Theatre is a real pearl of elegance and beauty, hidden among the small and labyrinthine streets of the old centre. Luigi Bonaventura Balsa-mo had it built in 1825, but only noble people were admitted in. It was origi-nally dedicated to the Giglio (Lily), symbol of the Bourbon house, whom Re Frances-co I belonged to; in 1860, after the unification of Italy, it was dedicated to Garibaldi. The municipality of Gallipoli acquired it in 1874 and restored it; after about two years it was enriched by a marvellous pro-naos in the same Doric style typical of the entrance.It has a clas-sical bracket horse base, with a double series of boxes and a large vestibule. In its architectural elements it resembles the San Carlo Theatre in Naples. Inside you find a carparo and pietra leccese frontal similar to a Greek theatre in its decorative motifs. On the trabeation set on the façade you can admire the town coat of arms. The interior is really elegant. Its whole hall is paved with durmast. Its fornix front is adorned with a painting of the Nea-

politan school and an elegant golden clock. Its vault shows various decora-tive orders embellishing the structure. You can visit it on demand contacting the Tourism and Culture offices of the municipality of Gallipoli.

Info tel. +39 0833 275569/[email protected]

The Garibaldi Theatre

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200 Art and Architecture

To know the old town’s secrets you must have a walk through its old streets, with the ancient beauty of its case a corte, typical houses of Salento, which in Gallipoli have their own features.They are usually groups of single houses overlooking a common inner square, separated from the street. In Gallipoli instead each house can host different families on two floors and their common square is often open towards the street. A constant element is a balcony over the entrance door called mignano, useful to look at the street.Actually, this kind of house, typical of Gallipoli, is a mix between a classic casa a corte and a dead lane. It developed

The Old Town’s Courts and Lanes

historical centre, series of archs

Casa a corte with mignano

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201Art and Architecture

between the 17th and 18th century af-ter an apportionment of the built areas for shortness of space. Large areas – once private – became therefore semi-public, even if most of them still have their former owner’s name.For example, the scenographic Corte Gallo (near Via Ribera) derived from the sixteenth-century residence of Vincenzo Gallo. Its baroque “canopy” used to be the entrance of the former house.

Case a Corte

These typical houses of Salento called Case a Corte – de-veloped under the Byzantine domination – were groups of houses overlooking a common inner square and departed from the street by a common entrance door. There used to

be a vegetable gar-den (ortale) at the back of each house. They built them like that to be pro-tected by pirates’ assaults.

www.proartedizioni.it

Corte Gallo, false altar

Casa a corte, section

historical centre, view

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202 Art and Architecture

There is a somehow secret part of Gallipoli that tourists must visit.It is its underground part, with its network of special buildings called trappìti. Here they used to produce oil, which has been for long Gal-lipoli’s main economic force. Indeed most of the architectural beauties of the historical centre were built thanks to the money coming from oil mills production.

The word trappitu comes from Latin trapētum, i.e. press. Trappìti were real underground cathedrals carved in rocks in order to have a constant temperature of 20°C, which was ideal for oil making procedures. They were largely used up to the 18th century, until olive oil began to be gradually replaced by whale oil.

Hypogean Oil Mills

Frantoio Granafei, interior

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Near Gallipoli

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224 Near Gallipoli

Alezio

Not so far from Gallipoli is Alezio. Its former name was Alixias (or Aletium) and it used to be a Messapian

centre. It was near the area called Serre Salentine and was connected with the near dock of Kalè Polis (Gallipoli). It was along the main street connecting the most important towns of the Ionic area, from Metaponto to Veretum. In the Middle Ages Alezio was point of reference for the Basilian monks, as witnessed by the beautiful shrine of the Lizza.

trozzella

Near Gallipoli

The park offers its visitors a sugge-stive view of the necropolis of Monte D’Elìa, where you can find several typologies of Messapian tombs. Exca-vations brought to the light findings, which allow the reconstruction of a historical profile of Alezio and its cultural relationship with the near Greece. The necropolis – dated back to the 6th century – is distant from the inhabited centre, according to a Greek tradition, which used to se-parate “the town of the living” from “the town of the dead”. Findings like wine bowls and craters are once more due to a Greek costume: the symposium, i.e. a banquet with wine.

The Archaelogical Park in the necropolis of Monte D’Elìa

archaelogical park Monte d’Elìa, tomb

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225Near Gallipoli

Set inside the eighteenth-century Palazzo Tafùri, the museum preser-ves a big collection of funeral relics, furnishings and epigraphs. In its main hall are some relics resulted from the excavation works in the necropolis of

Monte d’Elìa, for example some Ionic bowls, a

beautiful crater or a typical Messapian vase called trozzella. They are all

dated to a pe-riod between the

6th and the 3rd cen-tury B.C. In the second hall are women jewels dated back to the 2nd century B.C. In the 3rd hall you can see some ancient Messapian scripts on many epigraphs endowed of careful descrip-tions. Outside you find some valuable exemplars of Messapian tombs.

The Museum of Alezio

museum, outside

The Messapians

The origins of the Messapians are uncertain. They may be due to the migrations of the 9th century B.C., which forced people living in the Il-lyrian area to move towards the pre-sent Provinces of Lecce, Brindisi and Taranto. The Messapians used to build their cities on heights, usually near the sea. Ugento, Mesagne, Oria, Nar-dò, as well as the legendary Veretum, Basta and Thuria Sallentina, were all important Messapian centres.

The museum is openfrom Monday to Friday. Info tel. +39 0833 [email protected]

pots

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226 Near Gallipoli

The Shrine of Santa Maria della Lizza, dated back to the Middle Ages, is one of the most important monuments in Basso Salento. Its former version was built on the ruins of the old town of Alixias about the 12th century and – as far as we know – it was connected with the spread of the Christian-Greek rite. The shrine went through several chan-ges during the ages, above all after the

earthquake in 1230. Under the Angevins it became cathedral even taking the place of the present Gallipoli’s Cathe-dral. About the half of the 14th century bishop Melezio, from Gallipoli, began its thorough restyling following the gothic Angevin trends. The building has a Latin cross base, an apse presbytery, and a majestic tower shaped pronaos. Inside it are valuable relics of some

The Shrine of Santa Maria della Lizza

outside interior

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227Near Gallipoli

frescoes once covering its inside walls, dated back to two different periods. Of Byzantine stamp seem to be some frescoes dated back between 13th and 14th century, like the image of Sant’Ele-na and the relics of an Annunciazione – set on the inner part of the façade – as well as the images of Santo Stefano Protomartire and Sant’Elìa – set in two niches in the transept. Along the side

walls are instead some exemplar of a more “west” phase, dated back to the 15th and 16th century, like a Vergine col Bambino (left), whose inscription tells you that her name is Sancta Maria della Licza, whom the shrine is dedicated to.

right transept, Sant’Elìa Madonna in trono

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228 Near Gallipoli

Sannicola

It used to be one of Gallipoli’s hamlets up to 1908. We don’t know much about its past. For certain we know that Rodagallo – old name of Sannicola – used to

be an important Basilian centre. Then it became a great agricultural and residential centre and this is the reason for such a high number of farms and lodges all over its country.

The abbey stands on the area called Serre dell’Altolido, in the countries of Sannicola. It may be built around the 10th and 11th cen-tury. In ancient times the building fell into the territory of Gallipoli and it was one of the most important Ba-silian settlements in Terra d’Otranto; in some way dependent on San Mauro were the other near Basilian settlements of San Salvatore (now in the territory of Sannicola) and San Pietro dei Sàmari (in the countries of Gallipoli). Next to the abbey there used to be a monastery and a sys-tem of caves, favourite residences of many Basilian monks. A testimony of the Bishop of Gallipoli in 1567 docu-ments the existence of a monastery in the Serra, although – even then – it was in a state of total disrepair.The abbey has a really plain and linear façade. From a structural point of view it perfectly reflects the building canons imposed by the Greek rite in Salento. It also has a three naves base, divided by massive pillars. At the bottom of its central nave you can admire the characteristic apsidal area (apse)

The abbey of San Mauro

arch fresco, detail

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229Near Gallipoli

with traces of some medieval fres-coes. Originally there must have been three altars directed towards the east. The whole abbey was probably covered with frescoes, but nowadays you can see only few recognizable traces of them – like the representation of San Clemente.

The Park Montagna Spaccata and San Mauro

This site of European importance spreads over several municipalities and includes lands of extraordinary naturalistic beauty, such as the so-called Montagna Spaccata. It’s worth having a random walk looking for Basilian relics, masserie, old stonewalls, and wild land-scapes. This land also hides some interesting Neolithic relics.

outer view

interior

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230 Near Gallipoli

Rural Architecture near Gallipoli

Beside a major architecture signed by famous architects and having produced precious works is also a minor architecture, mainly grounded on the use of such

techniques as fitting stones together instead of using cement. Works produced in this way are called muretti a secco, i.e. dry-stone walls.

These special buildings are typical of Salento and tell us a lot about this people history, about how they ma-naged to turn abandoned lands into fertile soils. Indeed, there are many muri a secco running all over Salento’s countries, thus resulting to be the main element of these rural landscapes. It’s worth remembering here that we can include in this section also other rural buildings called caseddhri and specchie.The word specchia comes from Latin specula, i.e. raised place. They are artificial hills made up of heaps of stones of different size. As for their function there are se-veral hypothesis. The most probable

one considers they could be tombs. Others believe instead they could just be watching towers. Fixing their chronological setting is very difficult, but some historians be-lieve they may be partially dated back to the Neolithic.Much more complex are instead the buildings called caseddhri. They are spread all over the country and can be of pyramidal or conic shape. They also differ in dimension and inner structure.At the beginning farmers built them as temporary shelters, but they slowly became bigger until they could even host a whole family. They were also enriched with inner niches and out-side stairs leading to the roof, where

Dry-stone buildings

dry stone walls

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Responsabile del progetto/Project DirectorMarco Mazzeo

Testi/Texts byMarco De Paola, Marco Mazzeo, Alberto Nutricati, Lorenzo Rampino

Sezione Sapori e profumi/Section Gallipoli’s cuisineMassimo Vaglio

Sezione Riti e Feste/Section Feasts and FestivalsMarina Greco

Sezione Masserie/Section MasseriePierluigi Caputo

Sezione Itinerari Paesaggistici/Section Geographical ItinerariesLegambiente Gallipoli

Versione inglese/English VersionMarinella Pastore, Valeria Pasca

Foto/PhotosStudio Crusi - Casarano, Archivio Pro.Ar.T.

Referenze fotografiche/Photo creditsIstituto Geografico Militare: pag. 7 pianta di fine ‘800, tavola num. 34 - F525 Sez II; archivio Capone Editore, Lecce: pag. 6 Cartina Piri Reìs; Marco De Paola: pag. 76a, 93, 101a, 102, 107, 108, 109; Paride De Carlo: pag. 87a; Michele Esposito: pag. 50a, 74a, 76b, 87b, 88a, 89, 90, 91; Maria Luce De Ronzi: pag. 94; Grazia Giovannetti: pag. 113; Maurizio Manna: pag. 112b; Fabio Marigliano: pag. 77b, 78/81, 85a, 112a; Marco Mazzeo: pag. 40; Mario Milano: pag. 60a; Elio Pindinelli: pag. 58b; Franca

Piro: pag. 63b; Giancarlo Russetti: pag. 42, 64

Illustrazioni architettoniche/Architecture illustrationsPierluigi Caputo, Linda Tafùri

Foto di copertina/Cover Photo byStudio Immagini - Casarano

Grafica/Graphic work byOrione

Si ringraziano/CreditsAssessorato alla Cultura del Comune di Gallipoli, Associazione Gallipoli Nostra,

Curia di Nardò-Gallipoli, Giuseppe Albahari

Stampato nel mese di marzo presso/Printed in March byMartano editrice

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