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Gammopatie Monoclonali Prof. Valerio Leoni Biochimica Clinica e Biologia Molecolare Clinica IV anno, I semestre

Gammopatie monoclonali - UNIMIB

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Gammopatie Monoclonali

Prof. Valerio Leoni

Biochimica Clinica e Biologia Molecolare ClinicaIV anno, I semestre

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Componente Monoclonale

Le gammapatie monoclonali sono quadri clinico-laboratoristici caratterizzati dalla proliferazione e accumulo nel midollo osseo di un clone di linfociti B e plasmacellule sintetizzanti immunoglobuline (Ig) identiche per caratteristiche isotipiche (stessa classe di Ig) e idiotipiche (stesso sito di legame con l’antigene nella regione variabile), complete o incomplete, rilevabili nel siero e/o nelle urine.

Tali Ig prendono il nome di Componente monoclonale (CM o M protein)

Caratteristica delle gammopatie monoclonali è l’eterogeneità

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Struttura Immunoglobulina Ig

Catene pesanti o heavy chain

Catene leggere kappa o lambda

Regione variabile (V) = riconoscimento antigene

Regione costante (C) = strutturale

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GAMMOPATIA POLICLONALE

Stimolazione di più cloni di PC con incremento di una o diverse classi di Ig che esprimono entrambe le catene leggere

Condizioni cliniche: •epatopatie •mal collagene (LES, AR, Sjogren) •infezioni (TBC, EBV, toxoplasmosi, endocarditi) •sarcoidosi •fibrosi cistica

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GAMMOPATIA MONOCLONALE

Stimolazione di un SINGOLO clone di PC con incremento di un SOLO tipo di catena pesante e di catena leggera

ASSOCIATA A: •MGUS (56%) •Mieloma multiplo (18%) •Amiloidosi (10%) •Linfomi non HDG (5%) •LLC (2%) •Macroglobulinemia Waldestrom (2%)

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Altri disordini caratterizzati da gammopatia monoclonale

•Collagenopatie e malattie autoimmuni: AR, Crohn, polimialgia reumatica, LES, sclerodermia, Sjogren, artrite psoriasica, miastenia gravis

•Malattie cutanee: pioderma gangrenosus, psoriasi, orticaria, scleromixedema

•Malattie endocrine: iperparatiroidismo

•Malattie epatiche: epatite, cirrosi

•Malattie infettive: micobatteri, CMV, endocardite batterica, AIDS

•Neoplasie: carcinomi colon, polmone, prostata, linfomi

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Mieloma Multiplo

Il mieloma multiplo (MM) è una patologia neoplastica avente origine da plasmacellule monoclonali che proliferano e si espandono al livello del midollo emopoietico, provocando un danno all’organismo.

Le plasmacellule monoclonali producono la componente monoclonale, costituita da immunoglobuline identiche tra loro che migrano in modo omogeneo al quadro elettroforetico e formano così il caratteristico picco monoclonale.

Il quadro clinico del MM è caratterizzato da una serie di sintomi, che sono espressione del danno d’organo determinato sia dalla proliferazione delle plasmacellule e dalla loro interazione con l’ambiente circostante sia dalla produzione di immunoglobuline, intere e frazionate.

I caratteristici sintomi del mieloma multiplo sono: il dolore osseo correlato a patologiche anomalie ossee, il danno renale legato all’aumentata produzione di immunoglobuline o a frazioni di esse, la marcata astenia dovuta all’anemia e le infezioni.

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Il MM è attualmente considerato una patologia curabile, ma inguaribile.

Il quadro delle prospettive di vita e di cura del paziente affetto da MM è drasticamente cambiato negli ultimi due decenni grazie all’introduzione di nuovi farmaci e l’adozione di differenti strategie di trattamento hanno profondamente incrementato la qualità della risposta alle terapie, la durata della remissione, la qualità della vita ed in ultimo la sopravvivenza del paziente affetto da MM.

Nuovi farmaci: talidomide e analoghi di seconda (lenalidomide) e terza (pomalidomide) generazione = agiscono sul clone plasmacellulare tramite vari meccanismi d’azione: la citotossicità diretta, l’effetto anti-angiogenico e l’immunità anti-tumorale.

Gli inibitori del proteasoma come il bortezomib e il carfilzomib, che interrompono la degradazione delle proteine e risultano specificamente citotossici per le plasmacellule neoplastiche.

Anticorpi monoclonali diretti verso antigeni di superficie, come ad esempio l’elotuzumab (anti-CS1) e il daratumumab (anti-CD38).

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EPIDEMIOLOGIA

Il MM rappresenta circa l’1-2% di tutte le neoplasie e circa il 10% di quelle ematologiche.Incidenza negli USA pari a 6.6/100.000Il MM è una neoplasia caratteristica dei soggetti anziani, con un’età mediana alla diagnosi di circa 70 anni: circa il 30% dei pazienti ha più di 75 anni alla diagnosi e meno del 10% un’età compresa fra 20 e 40 anni.Le cause dell’insorgenza del mieloma sono ancora largamente sconosciute; è possibile che fattori predisponenti genetici e la loro interazione con l’ambiente giochino un ruolo nello sviluppo della patologia.Un agente eziologico certo è l’ esposizione alle radiazioni ionizzanti. Un altro fattore di rischio correlato a un maggior rischio di sviluppare il MM è l’esposizione a pesticidi, metalli pesanti, fumo di sigaretta e alcool.

Nella maggior parte dei pazienti l’insorgenza della malattia nella sua forma sintomatica (MM attivo o sintomatico) è preceduta da una fase di “gammopatiamonoclonale di incerto significato” (MGUS) (Approfondimento: MGUS ) e da una fase di “mieloma multiplo indolente” o “smouldering”

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PATOGENESI

Il mieloma deriva da una trasformazione neoplastica che avviene a livello della linea B linfocitaria. Modificazioni genetiche e interazioni con il microambiente midollare sono responsabili della proliferazione neoplastica. La trasformazione neoplastica si verifica a livello di cellule B del centro post-germinativo, ossia nelle fasi terminali della maturazione e differenziazione delle cellule B, coinvolgendo con buona probabilità una cellula B memoria o un plasmablasto. Il livello della trasformazione è supportato principalmente dall’identificazione di mutazioni nella regione variabile dei geni delle immunoglobuline. Tali mutazioni sono segnale del transito delle cellule coinvolte nel centro germinativo, mentre quelle somatiche riflettono la pressione selettiva dell’antigene.

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Le alterazioni genetiche implicate nella patogenesi del mieloma sono complesse e sono state riconosciute delle anomalie genetiche primarie e secondarie (prevalentemente traslocazioni).

Le traslocazioni primarie coinvolgono la regione 14q32 (IgH) delle immunoglobuline nel 40-50% dei pazienti e sono comuni al mieloma e alle gammopatie monoclonali di incerto significato.

Queste lesioni sono quindi indispensabili per lo sviluppo della gammopatia, mentre occorre un secondo evento (“second hit”) per l’evoluzione neoplastica.

Le lesioni secondarie compaiono quindi con la progressione della malattia e comprendono la perdita del cromosoma 13, mutazioni attivanti gli oncogeni NRAS e KRAS, mutazioni inattivanti o delezioni di p53 e l’inattivazione di PTEN.

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Fenotipo maligno CD38+,

CD56+, CD19-

IL-6, IGF-1, VEGF

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I pazienti affetti da MM possono essere suddivisi in gruppi che presentano cloni plasmacellulari iperdiploidi e non-iperdiploidi, a seconda del corredo cromosomico delle plasmacellule monoclonali.

Sulla base dell’iper- o ipo-diploidia e delle traslocazioni cromosomiche che coinvolgono la regione 14q32 (regione che codifica per la parte variabile delle catene pesanti dove si trovano i cluster V-D-J) si possono identificare sottogruppi differenti di pazienti a diversa prognosi.

Le caratteristiche cromosomiche/genomiche dei pazienti possono quindi essere utilizzate come parametri prognostici: le traslocazioni t(4;14), t(14;16) o la delezione del braccio corto del cromosoma 17 sono correlate a una ridotta sopravvivenza.

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Il microambiente midollare è fondamentale per lo sviluppo delle plasmacellule monoclonali. L’adesione delle plasmacellule alle cellule emopoietiche induce la secrezione di citochine e fattori di crescita (interleukina-6, fattore di crescita dell’endotelio vascolare, fattore di crescita insulino-simile IGF-1), con la creazione di circuiti autocrini e paracrini che supportano la crescita plasmacellulare. Inoltre, l’adesione delle plasmacellule alle proteine della matrice extracellulare induce la produzione di proteine che regolano il ciclo cellulare e di proteine anti-apoptotiche.

Le lesioni osteolitiche tipiche del mieloma sono il prodotto di uno squilibrio fra la produzione di osso da parte degli osteoblasti e la distruzione da parte degli osteoclasti. L’aumento di attività degli osteoclasti osservabile in pazienti affetti da MM è dovuto a uno sbilanciamento fra il “receptor activator of nuclear factor kB” (RANK) e l’osteoprotegerina (OPG) provocato a sua volta da un aumento della produzione di RANK ligand (RANKL) e da una ridotta produzione di osteoprotegerina. Il danno stromale è così rilevante che raramente si osserva una ricostruzione dell’osso anche in pazienti in remissione completa (Roodman GD, 2009).

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MGUS, SMM E MM: CRITERI DIAGNOSTICI

Pressoché tutti i casi di mieloma sono preceduti da due fasi clinicamente silenti, quella di MGUS e la sua evoluzione in MM smouldering (asintomatico, SMM), che esita infine nella forma sintomatica del MM, caratterizzata dalla comparsa di un danno d’organo correlato alla proliferazione delle cellule di mieloma o alla loro produzione della paraproteina monoclonale Il fatto che molti pazienti ricevano una diagnosi di MM senza un precedente riscontro di MGUS o SMM si deve dunque all’assenza di segni o sintomi clinici che caratterizza questi quadri clinici che precedono l’evoluzione a MM sintomatico.

L’incidenza di MGUS nella popolazione generale è pari a circa il 3%, con un tasso di evoluzione a MM sintomatico che si mantiene costante nel tempo ed è pari a circa l’1% annuo. Al contrario, la probabilità di evoluzione del mieloma da asintomatico a sintomatico cala nel tempo: infatti essa è pari al 5% annuo nei primi 5 anni dalla diagnosi, per diminuire poi al 3% nei 5 anni successivi e ridursi quindi all’1.5% dopo 10 anni.

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Irene M. Ghobrial, and Ola Landgren Blood 2014;124:3380-3388

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MGUS (monoclonal gammopaty of uncertain significance)

•caratterizzata dalla presensa di una CM nel siero o nelle urine senza evidenze cliniche di MM, amiloidosi AL, macroglobulinemia di Waldsenstrom.

•E’ una condizione la cui prevalenza aumenta con l’età : si riscontra nel 3-4 % della popolazione generale >50 anni

Caratteristiche di MGUS:•CM sierica <30 g/L (= 3 g/dL)•Plasmacellule clonali midollari <10%•Assenza di danno d’organo correlabile alla discrasia plasmacellulare (CRAB)

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Criteri CRAB (Rajikumar et al., Lancet Oncol 2014, 15:e538-e548

Ipercalcemia S-Calcio >2.75 mmol/L (>11 mg/dL) oppure >1 mg/dLrispetto al limite superiore di riferimento

Anemia Emoglobina < 100 g/L (= 10 g/dL) o inferiore di 20 g/L (o 2 g/dL) rispetto al limite di riferimento

Insufficienza renale SCr > 177 mmol/L o > 2 mg/dLeGFR (MDRD o CDK-EPI) < 40 mL/min (G3b)

Lesioni ossee Lesioni litiche, osteoporosi oppure fratture patologichePresenza di ≥ 1 lesione litica ≥ 5mm osservata con CT o PET-CT

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Non IgM-MGUS (80%)

•Serum monoclonal protein (non-IgM type) <30 g/L (< 3 g/dL)

•Clonal bone marrow plasma cells < 10%*

•Absence of end-organ damage, such as CRAB, that can be attributed to the plasma cell proliferative disorder

•1% per year will evolve to MM, solitary plasmacytoma, immunoglobulin related amyloidosis (AL, AHL, AH)

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IgM-MGUS (20%)

•Serum IgM monoclonal protein <30 g/L (< 3 g/dL)

•Bone marrow lymphoplasmacytic infiltration <10%

•No evidence of anemia, constitutional symptoms, hyperviscosity, lymphadenopathy, or hepatosplenomegaly that can be attributed to the underlying lymphoproliferative disorder.

•Evolution: 1 - 5% per year

•Waldenström disease, macroglobulinaemia, immunoglobulin-related amyloidosis (AL, AHL, AH)

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Light-chain MGUS

•Rapporto Free light Chain (R-FLC) alterato (<0.26 or >1.65)

•Increased level of the appropriate involved light chain (increased κ FLC in patients with ratio >1.65 and increased λ FLC in patients with ratio <0.26)

•No immunoglobulin heavy chain expression on immunofixation

•Absence of any CRAB criteria or amyloidosis that can be attributed to the plasma cell proliferative disorder

•Clonal bone marrow plasma cells <10%

•Urinary monoclonal protein <500 mg/24 h

•0.3% per year will evolve to Light chain MM, immunoglobulin light-chain amyloidosis

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Smoldering Multiple Myeloma (SMM)

•intermediate clinical stage between MGUS and MM •risk of progression of SMM is ~10% per year for the first 5 years; after 5 years, the risk decreases to 3% per year for the next 5 years, and further decreases to approximately 1% per year thereafter.

•SMM è una categoria biologicamente eterogenea ed una entità clinicamentedefinita che comprende un sottogruppo di pazienti con una condizione dibiological premalignancy (MGUS) ed un sottogruppo di CRAB-negative malignancy (ie, multiple myeloma)

•Serum M protein (IgG or IgA) ≥30 g/L (≥ 3 g/dL)•or urinary monoclonal protein ≥500 mg per 24 h and/or •clonal bone marrow plasma cells 10–60%• Absence of myeloma defining events or amyloidosis

•patients similar to those with MGUS, with a very low rate of progression, as well as patients who develop clinical symptoms and end-organ damage within the first 2 years of diagnosis.

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Mieloma multiplo è un disordine proliferativo clonale citogeneticamenteeterogeneo avente origine da una plasmacellula monoclonale

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Criteri per diagnosi di Mieloma Multiplo:

Plasmacellule clonali midollari ≥ 10% o plasmocitoma extramidollare e almeno 1 dei seguenti segni/sintomi di malattia (myeloma defyining events):

1. Ipercalcemia (C) = S-Calcio >2.75 mmol/L (>11 mg/dL) oppure >1 mg/dLrispetto al limite superiore di riferimento;

2. Insufficenza renale (R) = SCr > 177 mmol/L o > 2 mg/dL , eGFR (MDRD o CDK-EPI) < 40 mL/min (G3b);

3. Anemia (A) = Emoglobina < 100 g/L (= 10 g/dL) o inferiore di 20 g/L (o 2 g/dL) rispetto al limite di riferimento

4. Lesioni osteolitiche (B) = 1 o più lesioni osteolitiche evidenziate mediante Tc, TC, PET/TC

5. Plasmacellule clonali midollari ≥60%6. Rapporto tra catena leggera coinvolta/non coinvolta >100 e FLC > 100 mg/L7. > 1 lesione focale (MRI),

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Sino alla fine del 2014, la diagnosi di MM sintomatico richiedeva quindi la presenza di almeno il 10% di plasmacellule monoclonali midollari (o una componente monoclonale sierica ≥ 3 gr/dL), accompagnata dalla presenza di almeno uno tra i segni o sintomi di danno d’organo correlati al mieloma e comunemente rappresentati (e riassunti) dall’acronimo CRAB: ipercalcemia, insufficienza renale, anemia e lesioni ossee.

Nel novembre 2014, tuttavia, l’International Myeloma Working Group (IMWG) ha pubblicato nuove linee-guida in merito ai nuovi criteri diagnostici per il mieloma. Le novità sostanziali introdotte sono due: una migliore definizione dei criteri CRAB e l’introduzione di tre ulteriori fattori che concorrono a definire il MM come patologia attiva.

Per ciò che attiene alla precisazione dei criteri CRAB:

la definizione d’insufficienza renale è stata perfezionata: creatininemia > 2 mg/dl, è stato aggiunto un valore di clearance della creatinina < 40 ml/min;nella valutazione delle lesioni ossee, sono state aggiunte alla radiografia convenzionale la tomografia computerizzata (TC) e la tomografia ad emissione di positroni (PET-TC), tecniche più sensibili di Rx ossea convenzionale

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Per ciò che concerne i criteri di sintomaticità del mieloma, l’IMWG ha introdotto, accanto ai noti criteri CRAB, tre nuovi myeloma defining events (MDE), ossia quegli elementi clinico-laboratoristici in presenza dei quali si può definire il mieloma come sintomatico e pertanto meritevole di trattamento:

1. ≥60% di plasmacellule monoclonali midollari;2. rapporto tra catene leggere libere sieriche kappa e lambda (catena coinvolta /

catena non coinvolta) > 100 (la catena coinvolta deve essere presente in misura superiore a 100 mg/L);

3. ≥ 1 lesione focale in RMN.

Il motivo dell’aggiunta di questi tre criteri nella definizione di MM sintomatico risiede nel loro valore prognostico.

I MDE circoscrivono un sottogruppo di pazienti affetti da SMM “ad alto rischio “di evoluzione a MM, pari a circa il 40% annuo (significativamente maggiore rispetto al 10% comunemente riportato nei pazienti con SMM), per i quali si ritiene, che sia necessario instaurare un trattamento atto a prevenire una pressoché certa evoluzione del mieloma da asintomatico a sintomatico, prevenendo al tempo stesso le comorbidità.

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Solitary plasmacytomaall 4 criteria must be met•Biopsy-proven solitary lesion of bone or soft tissue with evidence of clonal plasma cells•Normal bone marrow with no evidence of clonal plasma cells•Normal skeletal survey and MRI (or CT) of spine and pelvis (except for the primary solitary lesion)•Absence of CRAB attributed to a lympho-plasma cell proliferative disorder

•Evolution: 10% turn into MM in 3 years

Solitary plasmacytoma with minimal marrow involvement•Biopsy-proven solitary lesion of bone or soft tissue with evidence of clonal plasma cells•Clonal bone marrow plasma cells <10%•Normal skeletal survey and MRI (or CT) of spine and pelvis (except for the primary solitary lesion)•Absence of CRAB attributed to a lympho-plasma cell proliferative disorder

•Evolution 60% bone or 30% soft tissue within 3 years

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POEMS syndrome(Polyneuropathy, Organomegaly, Endocrinopathy, Monoclonal protein, Skin changes)

•Polyneuropathy•Monoclonal plasma cell proliferative disorder (almost always λ)•Any one of the following three other major criteria:

1. Sclerotic bone lesions2. Castleman’s disease: è definita da un’ipertrofia dei linfonodi in presenza di

un’iperplasia linfatica angiofollicolare. Ne esistono due forme: una forma localizzata, limitata a un solo linfonodo, e una forma multicentrica, che colpisce più linfonodi.

3. Elevated levels of vascular endothelial grow factor A (VEGFA)

•Any one of the following six minor criteria:1. Organomegaly (splenomegaly, hepatomegaly, or lymphadenopathy)2. Extravascular volume overload (oedema, pleural effusion, or ascites)3. Endocrinopathy (adrenal, thyroid, pituitary, gonadal, parathyroid, pancreatic)4. Skin changes (hyperpigmentation, hypertrichosis, glomeruloid haemangiomata,

plethora, acrocyanosis, flushing, white nails)5. Papilloedema6. Thrombocytosis/polycythaemia

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Systemic AL amyloidosis

•Presence of an amyloid-related systemic syndrome (eg, renal, liver, heart, gastrointestinal tract, or peripheral nerve involvement)•Positive amyloid staining by Congo red in any tissue (eg, fat aspirate, bone marrow, or organ biopsy)•Evidence that amyloid is light-chain-related by direct examination of the amyloid using mass spectrometry-based proteomic analysis, or immunoelectronmicroscopy, and•Evidence of a monoclonal plasma cell proliferative disorder (serum or urine monoclonal protein, abnormal free light-chain ratio, or clonal plasma cells in the bone marrow)

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DIAGNOSTICA DEL MIELOMA MULTIPLO

•Esami ematici per: emocromo con formula (eventualmente effettuando da parte del laboratorio striscio di sangue periferico e immunofenotipo su sangue periferico per la ricerca di plasmacellule circolanti), esami di funzionalità renale ed epatica, calcio sierico, vitamina D, LDH, proteine sieriche totali, elettroforesi delle proteine sieriche, dosaggio delle immunoglobuline, dosaggio delle catene leggere libere sieriche, immunofissazione sierica, albumina, beta-2-microglobulina.

•Esame urine: dosaggio della proteinuria delle 24 ore, ricerca e dosaggio della proteinuria di Bence-Jones su urine delle 24 ore, immunofissazione urinaria, albuminuria

•Indagine midollare: aspirato di sangue midollare per esame microscopico, tipizzazione, analisi citogenetica e FISH. Biopsia osteomidollare per analisi morfologica ed immunoistochimica.

•Indagini radiologiche: Whole-body low-dose CT; PET-CT; MRI (whole-body o colonna in toto + bacino); se non disponibili, Rx sistematica scheletrica.

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ESAMI SU SIERO E URINE

test per definire la qualità e la quantità della componente monoclonale, sia sul siero che sulle urine: quadro proteico elettroforetico su proteine sieriche, dosaggio delle immunoglobuline sieriche (IgA, IgG, IgM), immunofissazione su siero e urine e dosaggio della proteinuria e della proteinuria di Bence Jones.

Il dosaggio delle catene leggere libere è consigliato in ogni paziente con disordine plasmacellulare alla diagnosi, in particolare nei pazienti con: a) mieloma non secernente (assenza di componente monoclonale, 3% di tutti i pazienti con mieloma; b) piccole quantità di componente monoclonale (mieloma oligosecernente); c) mieloma secernente solo catene leggere.

A completamento diagnostico, è necessario dosare alla diagnosi: emocromo con formula, funzionalità epatica e renale (creatinina sierica e urea), calcemia sierica, livelli di lattico deidrogenasi (LDH), beta-2-microglobulina – che riflette la ‘quantità’ o “burden” di malattia – e l’albumina sierica.

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APPROCCIO AL PAZIENTE CON SOSPETTO MIELOMA

INDAGINI DI LABORATORIO (I)

• Protidemia totale + elettroforesi (iper o ipogammaglobulinemia)

• Dosaggio Ig

• Proteinuria delle 24 ore con dosaggio quantitativo della escrezione delle catene leggere libere monoclonali

• Caratterizzazione della CM (Immunofissazionesierica e urinaria)

• Dosaggio delle catene leggere libere nel siero

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Elettroforesi delle proteine del siero in gel di agarosio. Campioni di siero da 2 controlli, 28 pazienti e 14 con gamopatia monoclonale

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(A) Perpendicular drop (B) tangent skimming

Quantificazione del picco monoclonale

Quantificazione del picco fondamentale per1. classificazione della gammopatia monoclonale: se M < 30 g/L = MGUS, se >30 g/L SMM 2. Valutazione prognostica3. Risposta alla terapia: VGPR se riduzione CM > 90%, PR se >50%, PD se aumento CM>

25%

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PROTEINURIA DI BENCE JONES

La proteinuria di Bence Jones è una proteinuria costituita da catene leggere libere monoclonali in urina. Le catene leggere in eccesso prodotte in eccesso da un clone di plasmacellule neoplastiche superano il filtro glomerulare e sono solo parzialmente riassorbite a livello tubulare. Vanno quindi ad accumularsi nelle urine dove possono essere rivelate mediante elettroforesi oppure immunofissazione dopo elettroforesi.

Normalmente le plasmacellule producono un eccesso di catene leggere rispetto all'aliquota montata sulle catene pesanti.Queste catene leggere policlonali vengono filtrate in modesta quantità (da 3 a 4 mg/die) attraverso il filtro renale e riassorbite in parte dal tubulo contorto prossimale, sede del catabolismo delle proteine a basso peso molecolare.

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La proteinuria di BJ (PBJ) può manifestarsi in diverse situazioni patologiche:

• mieloma multiplo• macroglobulinemia di Waldenström• amiloidosi• malattia da deposizione di catene leggere.

Meno frequente è la presenza di PBJ nei linfomi e nelle leucemie linfatiche croniche. Raramente si manifesta in associazione con neoplasie non linfoproliferative.

La presenza di proteinuria di BJ è un indice prognostico negativo ed è importante nel follow-up

La Bence-Jones è nefrotossica: determina danni al nefrone per la capacità di precipitare nel lume dei tubuli renali oppure negli spazi interstiziali. Può causare:• Rene da mieloma• Malattia da deposizione di catene leggere• Sindrome da alterata funzione dei tubuli renali

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uIEF su urine concentrate non > 10 volte.· Sensibilità SIBioC per la ricerca della BJ: almeno 10 mg/L

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Catene leggere libere•plasmacellule producono un lieve eccesso di catene leggere rispetto alle catene pesanti = catene leggere libere (FLC).•Emivita: 2-4 ore per FLC κ e 3-6 ore per le FLC λ. •Liberamente filtrate dal glomerulo a causa delle loro piccole dimensioni. •La diversa velocità di filtrazione renale comporta che, anche se la sintesi è a favore delle FLCκ, nel siero la concentrazione delle FLCλ è più elevata.

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Un aumento della concentrazione plasmatica delle FLC può essere dovuto :1. depressione o stimolazione immunitaria, insufficienza renale (rapprto κ/λ inalterato2. discrasie plasmacellulari (rapprto κ/λ alterato)

• FLC ratio ≥100 e FLC Z 100 mg/L

•Saggio immunometrico (Freelight Binding Site) per la misura delle FLC nel siero che, utilizzando anticorpi contro gli epitopi nascosti nella immunoglobulina intera.•Non è in grado di distinguere tra FLC policlonali e monoclonali

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Sensibilità e accuratezza nella diagnosi di gammopatie monoclonali: confronto tra SPE, free light chain e loro combinazione

International Myeloma Working Group guidelines recommend use of serum free light chain assays in the initial diagnostic workup for multiple myeloma and related disorders.

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Concentrazioni di κ e λ FLC in condizioni cliniche selezionate

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Indicazioni per la richiesta catene leggere libere•Diagnosi: insieme a SEP e IFE, la misura di FLC è sufficiente per rilevare una discrasia plasmacellulare monoclonale diversa dalla amiloidosi AL. Una volta che la diagnosi è stata posta, la ricerca sulle urine va eseguita su tutti pazienti (Classificazione dell’indicazione: +++).•Prognosi: rilevante valore prognostico e dovrebbe quindi essere eseguita alla diagnosi in tutti i pazienti con MGUS, SMM, MM, plasmocitoma solitario e amiloidosi AL. Una componente monoclonale <15 g/L, l’isotipo IgG e un rapporto FLC κ/λ non alterato identificano i pazienti con MGUS a basso rischio di progressione verso il mieloma multiplo, la macroglobulinemia di Waldenström o l’amiloidosi AL (Classificazione dell’indicazione: +++).•Monitoraggio terapeutico: pazienti con amiloidosi AL e con MM oligosecernente, la misura di FLC per valutare nel tempo la risposta alla terapia. In tutti i pazienti che hanno ottenuto una risposta completa, FLC serve a determinare il raggiungimento di una “stringentcomplete response” (Classificazione dell’indicazione: +++).•Rene da mieloma: la misura di FLC si è rivelata utile nella verifica dell’efficacia della rimozione di FLC mediante emodialisi nei pazienti con MM e grave insufficienza renale (Classificazione dell’indicazione: +).•La misura delle FLC nelle urine non è raccomandata (Classificazione dell’indicazione: –).

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•Quantificare accuratamente le proteine monoclonali quando le bande SPE e IFE sono difficili da interpretare•Quantificare accuratamente le proteine monoclonali a livelli bassi (<10 g/L)•Identificare la malattia residua nel mieloma multiplo•Rilevare precocemente la recidiva di mieloma multiplo

Hevylite® (HLC)

Le Ig intatte presentano degli epitopi nella zona di giunzione tra le regioni costanti delle catene leggere e delle catene pesanti target per the Hevylite® antibodies. Le molecole sono dosate in coppia e.g. IgGκ/IgGλ per quantificare la ratio tra involvedmonoclonal immunoglobulin / background uninvolved immunoglobulin concentrations,

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High Specificity Hevylite® Antibodies

There are 4 Hevylite® epitope regions per immunoglobulin molecule - one on each side of the heavy chain / light chain contact regions and the same on the other arm of the molecule. Because there are 4 epitope regions per molecule, immune complexes readily form with immunoglobulins in the patient's serum.

Heavy chain / light chain pairs of IgG, IgA and IgM molecules showing the target epitopes for Hevylite® immunoassays in black.

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ESAME MIDOLLARE

La presenza di plasmacellule a livello midollare è confermata mediante aspirato midollare e biopsia ossea. La percentuale di plasmacellule può essere misurata con precisione mediante l’uso di anticorpi anti-CD138, mentre la clonalità può essere valutata mediante l’identificazione della catena leggera a livello citoplasmatico. Inoltre, è necessario eseguire la “fluorescent in situ hybridization” (FISH) per la valutazione dell’assetto cromosomico delle plasmacellule in esame (preferibilmente purificate), avvalendosi di sonde per la ricerca delle seguenti alterazioni cromosomiche: del17p13, del13, t(4;14), t(14;16), t(11;14) e amplificazione del cromosoma 1q.

L’analisi convenzionale del cariotipo fornisce invece ulteriori informazioni sulla ploidia delle plasmacellule.

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INDAGINI DI LABORATORIO: Aspirato midollare

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Mieloma multiplo 1/2

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Mieloma multiplo 2/2

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ALTERAZIONI CITOGENETICHE

•Cariotipo iperdiploide: trisomie ricorrenti cr 3,5,7,9,11,15,19,21

•Monosomia-delezione del cromosoma 13

•Traslocazioni coinvolgenti il gene per la catena pesante delle Ig al locus 14q32 (in

particolare t(11;14), t(4;14) e t(6;14)

•Delezione del cromosoma 17 (anti-oncogene P53)

•Amplificazioni del gene CKS1B sul cromosoma 1

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t(11;14)(q13;q32) IGH/CCND1 in multiple myeloma

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FISH markers in MM

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Flow cytometry of BM cells

identification and enumeration of neoplastic versus polyclonal BMPCs. PCs markers: CD38, CD138 and CD45 In addition, expression of CD19, CD56, CD117, CD20, CD28, CD27 and CD81, together with cytoplasmic immunoglobulin LC-restriction, allows a clear discrimination between normal/reactive vs. monoclonal PCs

Due to dilution and the sometimes patchy disease distribution, MFC often underestimates the infiltration but remains important for detection of monoclonal PCs in the peripheral blood and for the detection of MRD in the BM.

inferior progression free survival and overall survival for patients with persistent circulating MM cells before transplantation (The Mayo Clinic group )

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ESAMI RADIOLOGICI

Il coinvolgimento osseo è una caratteristica frequente dei pazienti con mieloma, tra i quali circa il 70-80% presenta lesioni osteolitiche alla diagnosi. Il principale esame per la rilevazione di lesioni ossee è rappresentato dalla radiografia convenzionale estesa a tutto lo scheletro (sistematica scheletrica). Le lesioni osteolitiche rilevabili mediante Rx hanno il classico aspetto litico, in assenza di orletto sclerotico; le lesioni si localizzano preferenzialmente a livello della colonna vertebrale, delle coste, del cranio e del bacino.

Alla Rx sistematica si sono affiancate recentemente metodiche radiologiche differenti che hanno dimostrato una maggiore sensibilità nell’identificare la presenza di malattia ossea: TAC total-body a bassa intensità (WBLDCT), PET-CT e RMN. Tali metodiche sono state pertanto incluse nei nuovi criteri diagnostici del mieloma pubblicati nel 2014 come tecniche di rilevazione di coinvolgimento osseo da parte di mieloma

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• Presente in circa 70% pazienti alla diagnosi, nella quasi totalità in ricaduta

• Può interessare tutte le ossa, per lo più colonna vertebrale e ossa piatte, sedi di mielopoiesi

• Condiziona fortemente la qualità di vita dei pazienti (dolore, rischio di complicanze quali fratture patologiche, crolli vertebrali, compressione midollare)

• Possibilità di sviluppo extra-osseo

• Le lesioni osteolitiche del MM sono causate da

• Aumentato riassorbimento osseo per aumentata attività osteoclastica

• Ridotta neoformazione ossea per ridotta attività osteoblastica

PATOLOGIA SCHELETRICA

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Pattern osteolitico

RX SCHELETRO

• Alterato nel 60-70% dei pazienti circa

• Osteolisi circoscritte senza sclerosi periostale, osteopenia, quadri misti

• Evidenza delle lesioni solo quando la massa ossea è ridotta di almeno il 50%

• Possibile sottostima delle lesioni per incapacità di identificare lesioni piccole e basso potere risolutivo nella colonna vertebrale

Pattern osteoporotico

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WHOLE BODY LOW DOSE-COMPUTED TOMOGRAPHY (WBLD-CT)

La WBLD-CT permette una valutazione globale dello scheletro nella ricerca di lesioni osteolitiche. Non richiede alcun mezzo di contrasto e permette di somministrare al paziente una dose totale di radiazione inferiore di 2-3 volte a quella di una TC convenzionale. Numerosi studi hanno dimostrato che la capacità di rilevare lesioni litiche della WBL-CT è superiore a quella della radiografia convenzionale.

Tale caratteristica può potenzialmente modificare in maniera clinicamente significativa la definizione che viene assegnata al mieloma alla diagnosi, ossia la differenza tra smouldering e attivo. In uno studio retrospettivo, il 61% dei pazienti con una Rx sistematica negativa presentava più di una lesione alla WBLD-CT.I vantaggi di questa metodica sono pertanto la maggiore sensibilità nel rilevare lesioni litiche (in particolare a livello della colonna e del bacino), la migliore definizione di fratture patologiche e lesioni instabili e la maggiore velocità d’esecuzione. Viceversa, i limiti sono costituiti da una dose di radiazione (3,6 mSvper le femmine e 2,8 mSv per i maschi) superiore rispetto alla Rx sistematica e dal maggiore tempo necessario per la refertazione da parte del radiologo.

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MM in a 71-year-old woman with renal impairment, anemia, and hypercalcemia. Anteroposteriorradiograph of the pelvis (a)

coronal T1-weighted fat-saturated gadolinium-based contrast material–enhanced MR image (b) were acquired. Although several aggressive bone lesions (arrows in b) with cortical disruption and extracortical extension are seen on the MR image, only the right iliac lesion (arrow in a) is well characterized on the radiograph

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MM in a 55-year-old man with low back pain, anemia, and a CBMPC percentage of 21%. Coronal (a) and sagittal (b) reformatted WBLD CT images show several osteolytic lesions (arrows) in the axial skeleton.

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Findings in an asymptomatic 57-year-old woman with anemia (hemoglobin level, 7.6 g/dL [76 g/L]) and a serum free light chain ratio of 1138. (a) Coronal reformatted WBLD CT image shows several ill-defined focal nonlyticbone lesions (arrows) in both femora that are visible only in the soft-tissue window. (b, c) At further investigation with WB MRI, findings on coronal T1-weighted (b) and axial DW (c) MR images confirmed the presence of several focal bone marrow lesions (arrows). A CBMPC level of 34% confirmed the diagnosis of MM.

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RISONANZA MAGNETICA NUCLEARE

Pattern focalePattern diffuso

Pattern normale

• Possibilità di valutazione qualitativa del midollo osseo: lesioni tipicamente ipointense in T1, iperintense in T2, fortemente captanti il mdc (gadolinio)

• Alto potere risolutivo nella colonna vertebrale, dove distingue malattia/osteoporosi e identifica le eventuali complicanze neurologiche

• Valutazione di masse extraossee

• Campo di vista limitato

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RMN

Diversamente da quanto accade con Rx e TC, le quali sono in grado di rilevare la distruzione ossea determinata dall’invasione delle plasmacellule, la RMN evidenzia invece l’infiltrazione midollare da parte delle cellule di mieloma.

In ordine di frequenza, sono 5 i pattern d’invasione midollare descritti in RMN:

1. lesioni focali di diametro > 5 mm; 2. invasione diffusa con totale sostituzione del tessuto midollare normale; 3. pattern misto con lesioni focali e invasione diffusa; 4. midollo normale; 5. pattern a sale e pepe con innumerevoli minute lesioni focali.

Dati preliminari suggeriscono che la tipologia del pattern di presentazione in RMN nei pazienti con mieloma alla diagnosi costituisca un fattore prognostico indipendente (in particolare pattern d’infiltrazione diffusa, elevato numero di lesioni focali)

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È stato dimostrato che la RMN è superiore alla radiografia sistematica scheletrica nel rilevare il coinvolgimento osseo in pazienti affetti da mieloma, in particolare nell’individuare le lesioni allo scheletro assiale.

Questa elevata sensibilità ha condotto all’utilizzo della RMN per discriminare tra mieloma smouldering e mieloma sintomatico. È stato infatti riportato come circa il 40-50% dei pazienti con esame radiografico negativo presentasse invece anomalie in RMN (Moulopoulos et al, 1995).

Due studi hanno inoltre dimostrato che i pazienti con mieloma definito smouldering con più di 1 lesione focale in RMN avevano un tasso di progressione a mieloma sintomatico del 70% circa secondo i vecchi criteri CRAB, con un tempo mediano alla progressione di 15 e 17 mesi, rispettivamente (Hillengass et al, 2010; Kastritis et al, 2014).

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La RMN riveste quindi un ruolo fondamentale nella stadiazione del paziente con SMM per una corretta definizione clinica; nella stadiazione del paziente con nuova diagnosi di mieloma sintomatico, specialmente laddove è presente un esame radiografico convenzionale negativo per coinvolgimento osseo; così come nella stadiazione dei pazienti affetti da plasmocitoma osseo solitario. Inoltre, la RMN rappresenta un esame fondamentale sia per discriminare tra cedimenti vertebrali su base osteoporotica o correlati al mieloma, sia per descrivere con precisione la compressione del midollo o delle radici nervose, risvolto essenziale per un eventuale approccio chirurgico.

Il ruolo della RMN nel follow-up del paziente e nella definizione della risposta ossea alla terapia è invece ancora oggetto di studio e dibattito. Una nuova metodica, la Diffusion Weighted Imaging (DWI) RMN, basata sullo studio della diversa diffusibilità delle molecole di acqua nei tessuti esaminati, è oggetto di studio sia per ciò che concerne la rilevazione dell’infiltrazione midollare mielomatosa sia per ciò che riguarda il monitoraggio della risposta alla terapia.

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in a 59-year-old woman who had an acute low-energy trauma injury, with anemia, a serum free light chain ratio of 108, and normal serum creatinine and calcium levels. Coronal STIR (a), sagittal T1-weighted (b), and axial DW (c)WB MRI images show right lower rib fractures (arrows in a), lesions in the T8 and T9 vertebral bodies (arrows in b), and left iliac bone lesions (arrow in c). A CBMPC percentage of 12.8% confirmed the diagnosis of MM.

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(a, b) Coronal reformatted color (a) and inverted gray-scale (b) DW MR images show small lesions (arrows) in the right femur and large lesions (arrowheads) demonstrating cortical disruption and extramedullary extension in the left clavicle and left sacral wing. (c) Axial DW MR image shows the large left clavicle lesion (arrowhead) with high signal intensity. (d) On an apparent diffusion coefficient (ADC) map, the signal intensity of the left clavicle lesion (region of interest 1) is low but higher than that of apparently normal bone marrow. Left clavicle biopsy revealed a plasmacytoma, confirming the diagnosis of MM.

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Il midollo emopoietico rosso e quello grasso giallo presentano diverse caratteristiche cellulari e di perfusione. Il midollo giallo ha un contenuto d'acqua ridotto, grandi cellule lipidiche idrofobiche, poco spazio della matrice extracellulare e scarsità di sistema vascolare, limitando il movimento dell'acqua in misura maggiore rispetto alle cellule ematopoietiche più piccole del midollo rosso. Inoltre, il maggiore flusso sanguigno intramidollare nel midollo ematopoietico aumenta la componente ponderata in perfusione dell'Apparent DiffusionCoefficent (ADC) con valori inferiori di segnale. Le trabecole ossee possono anche contribuire all'aumentata restrizione della diffusione nel midollo normale. Qualsiasi processo patologico che sostituisce il midollo normale e l'osso trabecolare, inclusa l'infiltrazione mielomatosa focale o diffusa, apparirà come un'area di maggiore diffusività dell'acqua (cioè con valori di ADC aumentati) rispetto alla diffusione limitata nel midollo normale.

L'intensità del segnale del midollo osseo alla DW MRI e alla mappatura ADC durante il decorso della malattia a MM è correlata alla percentuale di cellule monoclonali mielomatose. In generale, i valori di ADC sono più alti nelle lesioni focali, seguiti da pattern di coinvolgimento diffuso del midollo osseo, midollo rosso e midollo giallo. Le lesioni da MM appaiono come aree di maggiore diffusività rispetto alla diffusione molto bassa nel normale midollo di fondo. La significativa diminuzione dell'intensità del segnale alla risonanza magnetica T1 si verifica piuttosto tardi nell'evoluzione della malattia.

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PET-CT

La PET-CT combina l’identificazione di lesioni ossee mediante TC con la valutazione funzionale dell’attività metabolica delle cellule tumorali. In primo luogo, la PET-CT ha dimostrato d’essere utile nella stadiazione del mieloma, avendo maggiore sensibilità della radiografia convenzionale nell’identificazione di lesioni osteolitiche. In secondo luogo, la PET-CT si è rivelata efficace nell’identificazione della malattia extramidollare sia come fattore predittivo dell’evoluzione delle forme asintomatiche in mieloma sintomatico, sia come fattore prognostico in corso di terapia.

In uno studio condotto su 188 pazienti con SMM, il 39% presentava una PET-CT positiva, con un tasso di progressione a mieloma sintomatico a 2 anni pari al 75% rispetto al 30% dei pazienti con PET-CT negativa. In un altro studio, condotto su pazienti con mieloma precedentemente definito asintomatico, il 16% dei pazienti con radiografia sistematica scheletrica negativa per lesioni osteolitiche presentava una PET-CT positiva: il tempo mediano di progressione a mieloma sintomatico di questi pazienti era pari a 1.1 anni, significativamente inferiore rispetto ai 4.5 anni dei pazienti con PET-CT negativa (Siontis et al, 2015; Zamagni et al, 2016).

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Nei nuovi criteri diagnostici del mieloma IMWG la presenza di lesioni positive in PET-CT costituisce un criterio sufficiente per impostare un trattamento chemioterapico. L’analisi dell’attività metabolica della malattia mediante PET-CT ha dimostrato di costituire un fattore prognostico statisticamente significativo sia alla diagnosi sia in ambito di monitoraggio della risposta ottenuta con la terapia.Una captazione estesa, un’intensità di captazione elevata (in termini di Standardized Uptake Value, SUV) e una presenza di malattia extra-midollare alla diagnosi rappresentano elementi prognostici sfavorevoli. Per ciò che concerne la valutazione della risposta alla terapia, la soppressione del segnale correla con la risposta biochimica ottenuta dopo la chemioterapia: la persistenza di positività alla PET-CT è significativamente associata ad una sopravvivenza inferiore rispetto ai pazienti in cui la PET-CT risulti essere negativa

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MM in a 68-year-old man with anemia, renal impairment, hypercalcemia, and a CBMPC percentage of 45.8%. (a) Coronal maximum intensity projection PET image shows several hepatic and bone lesions with increased FDG uptake (arrows). (b, c) Axial fused PET/CT images show the hepatic lesions (arrows in b) more conspicuously and a large iliac bone lesion (arrow in c) with extraosseous (paramedullary) soft-tissue disease that is in direct continuity with marrow disease.

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A

B

C D

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MM in a 61-year-old man with decreased serum and urine monoclonal protein levels after induction therapy. (a–c) Axial CT (a), axial fused PET/CT (b), and coronal PET (c) images obtained before treatment show an MM lesion (arrow in a and b) in the right sacral wing. (d–f) Coronal PET (d), axial CT (e), and axial fused PET/CT (f) posttreatment images show reductions in lesion number, size, and FDG uptake. Laboratory analysis and imaging results indicated a partial treatment response. However, the more than three focal lesions and extramedullary involvement in the left external iliac lymph node (arrow in d) indicate a worse prognosis. Although the right sacral wing lesion (arrow in e) appears stable on the posttreatment CT image, it exhibits almost no metabolic activity (arrow in f) on the PET/CT image.

E F

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0

2

4

6

8

10

12

14

< 50 >50 >70 > 90

1

3

4,5

14

ANNI

INCIDENZA DELLA MGUS SECONDO L’ETA’

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•Il riscontro accidentale di una Componente monoclonale all’elettroforesi delle sieroproteine è frequente ed aumenta con l’età, considerando che MGUS > 50% delle gammopatie monoclonali e l’incidenza con l’età passa dall’1% per età < 50a al 14% per età > 90a

•Nel 30% dei casi circa la diagnosi di MM è occasionale, sulla base di esami di laboratorio di routine

•Nel restante 70% dei casi è presente una clinica

•I quadri clinici più frequenti sono:•Patologia scheletrica: da produzione di citochine•Insufficienza renale: da aumentata escrezione di catene leggere libere urinarie (proteinuria di Bence Jones)•Morbilità infettiva: secondaria a immunodepressione

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PRESENTAZIONE CLINICALa clinica del mieloma è cambiata nel tempo: la malattia veniva sovente diagnosticata in stadio avanzato, mentre ora almeno un quarto delle diagnosi venga effettuato casualmente durante esami di routine.

I più comuni segni della malattia sono:

• Dolore osseo. È un sintomo comune (riportato in oltre il 50% dei pazienti) dovuto alle lesioni osteolitiche. Le plasmacellule a livello osseo secernono citochine con attività stimolante gli osteoclasti (“osteoclast activating factors”) e a loro volta gli osteoclasti secernono fattori che stimolano la proliferazione delle plasmacellule (IL6). Essendo il fenomeno di riparazione scarso o assente, le lesioni si presentano a margini netti e di conseguenza rimangono generalmente invariate anche in pazienti che a seguito della terapia raggiungono la remissione completa. Le lesioni osteolitiche sono più frequentemente localizzate nei segmenti ossei in cui è presente midollo emopoietico (vertebre, ossa piatte, cranio). Il dolore è tipicamente localizzato a livello della colonna vertebrale e delle coste, e può essere anche molto intenso e indicare la presenza di una frattura patologica.

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• Ipercalcemia. È direttamente correlata al rimaneggiamento osseo. Può essere sintomatica (anoressia, poliuria e polidipsia, fino a quadri di nausea, vomito, disidratazione e da ultimo segni di encefalopatia ipercalcemica nei casi severi) e in alcuni casi può essere peggiorata da una concomitante insufficienza renale.

• Astenia. La proliferazione delle plasmacellule a livello midollare ne compromette la normale attività emopoietica, portando alla riduzione della produzione di globuli rossi e, di conseguenza, a una progressiva anemizzazione. L’astenia è l’espressione più significativa dello stato anemico dei pazienti.

• Infezioni ricorrenti. L’espansione del clone neoplastico si accompagna alla riduzione delle immunoglobuline normali e i pazienti presentano quindi una significativa immunosoppressione. Si osservano infezioni polmonari e delle vie urinarie, di natura batterica, e riattivazioni di virus, quali l’Herpes Zoster, il virus di Hepstein-Barr e il Citomegalovirus.

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• Insufficienza renale. La patogenesi è multifattoriale, con un ruolo primario svolto dall’eccesso di catene leggere monoclonali nel plasma, filtrate a livello glomerulare e quindi riassorbite e catabolizzate a livello tubulare. Nel corso di questi processi le catene leggere possono precipitare a livello intratubulare, depositarsi a livello della membrana basale dei tubuli o dei glomeruli, oppure determinare un danno alle cellule tubulari di tipo diretto o mediato da enzimi lisosomiali. Il quadro morfo-funzionale più frequente è rappresentato dal rene da mieloma, la cui manifestazione clinica più comune è un’insufficienza renale cronica (un quadro d’insufficienza renale acuta è più raro e in genere si verifica qualora concomitino altri fattori precipitanti quali iperuricemia e disidratazione). Meno frequenti sono la malattia da catene leggere e l’amiloidosi AL.

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INSUFFICIENZA RENALE

• E’ presente in circa il 50% dei pazienti

• Nel 10-20% dei casi è sintomo d’esordio, nei restanti compare in fase di progressione

• Patogenesi multifattoriale:

– Proteinuria di Bence Jones

– Ipercalcamia

– Sostanze nefrotossiche: FANS, antibiotici, mezzi di contrasto iodati

– Infezioni/disidratazione

• Diversi quadri isto-patologici

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Patologia renale: quadri istopatologici e funzionali

RENE DA MIELOMA MALATTIA DA DEPOSITO DI CATENE LEGGERE

AMILOIDOSI AL

SEDE DEL DANNO •Tubulo prossimale

•Tubulo distale

•Tubulo

•Glomerulo

•Glomerulo

MECCANISMO •Danno e atrofia

•Precipitazione di catene leggere (CL)

•Deposizione di catene leggere

•Deposizione di amiloide

QUADRO ISTOLOGICO

•Cilindri ostruttivi tubulari distali (CL e prot. Tamm Horsfall)

•Atrofia dei tubuli prossimali

•CL a livello del mesangio e della membrana basale dei glomeruli e dei tubuli

•Glomerulosclerosi nodulare

•Fibrille di amiloide a livello mesangiale e vascolare

DANNO FUNZIONALE

•Tubulopatia •Tubulopatia

•Albuminuria

•Sindrome nefrosica

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MORBILITA’ INFETTIVA

• Deficit di immunità umorale

• Aumentata incidenza di episodi infettivi (per lo più batterici)

• Poco frequente all’esordio di malattia, progressivamente più rilevante durante il decorso clinico (ricaduta di malattia e immunodepressione post terapia)

Le infezioni sono la principale causa di morte nel paziente con MM

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Insufficienza midollare: anemia “secondaria” da cause multiple

• Invasione midollare

• Deficit di eritropoietina

– IRC

– Inadeguata produzione

• Mielosoppressione post terapia

• Produzione di citochine infiammatorie

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MACROGLOBULINEMIA DI WALDENSTROM

• Il clone linfo-plasmacellulare secerne Ig di classe IgM

• Nel midollo osseo è presente infiltrazione di linfociti maturi, linfociti plasmacitoidi e plasmacellule

• Patologia dell’adulto-anziano (età mediana: 63 anni)

• La diagnosi può essere casuale per occasionale riscontro di incremento delle IgM

• I quadri clinici sono caratterizzati da:

– Sindrome da iperviscosità

– Anemia o citopenie: per infiltrazione midollare

– Linfoadenomegalie-epatosplenomegalia

– Polineuropatia periferica: per attività anticorpale anti-mielina della componente M

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Sindrome da iperviscosità

• Insorge in genere quando IgM> 3 g/dL

• Disturbi visivi (riduzione del visus, emorragie retiniche

• Disturbi neurologici (cefalea, ronzii auricolari, turbe della concentrazione e della memoria, sonnolenza fino al coma)

• Diatesi emorragica per piastrinopenia e deficit dei fattori della coagulazione

• Trattamento di elezione: plasmaferesi

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Manifestazioni neurologiche

• Polineuropatia periferica, prevalentemente sensitiva, a decorso progressivo

• Associata per lo più a IgA o IgM

• 50% casi presente attività anticorpale anti MAG (glicoproteina associata alla mielina)

• Può essere associata a MGUS

• Può essere peggiorata dai farmaci impiegati

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FATTORI PROGNOSTICI

La prognosi del paziente affetto da mieloma è legata principalmente a due categorie di elementi: quelli correlati al paziente e quelli connessi con le caratteristiche biologiche intrinseche alla malattia stessa. I fattori correlati al paziente sono l’età, le comorbidità e le condizioni cliniche (“fitness”). I fattori prognostici correlati alla biologia del mieloma sono costituiti dall’albumina e dalla beta-2 microglobulina, che rappresentano il peso di malattia (“burden”) e le anomalie citogenetiche presenti nelle plasmacellule di mieloma.

Solitamente i pazienti con mieloma venivano suddivisi in categorie a prognosi differente sulla base della stadiazione di Durie e Salmon, la quale suddivide i pazienti in 3 stadi a prognosi progressivamente peggiore sulla base di alcuni semplici dati clinici quali l’entità della componente monoclonale e la presenza o assenza di segni di danno d’organo (Durie e Salmon, 1975).

Oltre il 70% dei pazienti risultava in stadio III, e la capacità predittiva nel singolo paziente non era elevata. Negli ultimi anni, questa classificazione è stata dapprima affiancata e quindi progressivamente soppiantata da un nuovo sistema di stadiazione, ossia l’International Staging System (ISS) (Greipp et al, 2005). L’ISS prende in considerazione esclusivamente 2 parametri sierici: la beta-2 microglobulina, strettamente legata alla funzionalità renale e alla massa tumorale, e l’albumina, definendo così 3 classi di rischio, ISS 1,2 e 3.

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• “Vecchio” sistema classificativo secondo Durie-Salmon (1975) in tre stadi clinici, corrispondenti a una massa tumorale progressivamente più espansa, e due varietà (A e B) a seconda che la funzionalità renale sia normale o alterata

• I parametri su cui si basa la stadiazione di Durie-Salmon sono costituiti da:

– Emoglobina

– Calcemia

– Concentrazione di componente monoclonale

– Numero di lesioni ossee

• I nuovi sistemi classificativi prendono in considerazione l’albumina e la 2 microglobulina

• Le alterazioni genetico-molecolari non sono ancora entrate a formare una precisa stadiazione anche se costituiscono un importante elemento prognostico

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Anche la presenza di determinate anomalie citogenetiche rappresenta uno dei più forti fattori prognostici ad oggi descritti. La presenza della delezione 17p13 (su cui è situato l’oncosoppressore TP53), la traslocazione t(4;14) l’amplificazione 1q21 sono anomalie cromosomiche che conferiscono una prognosi sfavorevole.

La traslocazione t(14;16) e la delezione del cromosoma 13 sembrano essere correlati a una prognosi sfavorevole, tuttavia mancano dati chiari a riguardo.

La (traslocazione t(11;14) rappresenta invece un’anomalia a prognosi favorevole.

In aggiunta ai dati di citogenetica, stanno emergendo negli ultimi anni dati circa il potere prognostico di specifiche “espressioni geniche”. Studi in corso stanno valutando dei “pattern di espressione genica” il cui ruolo nella pratica clinica resta tuttavia in fase di definizione

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L’età costituisce da tempo il criterio fondamentale per l’eleggibilità del paziente alla chemioterapia ad alte dosi ed al trapianto autologo. Tuttavia, è bene precisare come l’invecchiamento non sia un fenomeno biologico omogeneo: il semplice dato anagrafico non tiene in considerazione le condizioni cliniche globali del paziente, la sua precedente storia clinica e le comorbidità presenti. Recentemente, per quanto concerne la valutazione complessiva del paziente con mieloma alla diagnosi, sono emerse numerose evidenze circa la necessità d’integrare l’età con elementi di valutazione della fitness del paziente, passando quindi dal concetto di età cronologica a quello di età biologica. Uno studio IMWG condotto su 869 pazienti, arruolati alla diagnosi di mieloma in tre protocolli sperimentali con nuovi farmaci, ha condotto alla creazione di uno score geriatrico mediante la combinazione di parametri come l’età e parametri derivanti dall’applicazione di strumenti per la valutazione delle comorbidità (Charson Comorbidity Index) e della fitness paziente (ADL – Activities of DailyLiving e IADL – Instrumental Activities of Daily Living). Tale score, noto come IMWG frailty score, si è dimostrato capace di stratificare i pazienti dello studio in 3 gruppi: pazienti fit, unfit e frail, ciascuno con differenti rischi di progressione, morte e incidenza di tossicità correlata al trattamento

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Progression in 1148 patients with MGUS (Rajkumar SV et al. Blood. 2005;106:812–817)

Risk factors: •serum monoclonal protein ≥15 g/L; •abnormal rFLC (<0.26 or >1.66); •non-IgG MGUS.

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Risk stratification scheme for MGUS patients. Mayo Clinic

No. of riskfactors

No. of patients (%) 20-year progression, %

RR

0 449 (38) 5 1

1 420 (37) 21 5.4

2 226 (20) 37 10.1

3 53 (5) 58 20.8

Total 1148 (100) 20 N/A

Risk factors: M-protein >1.5 g/dL, FLC ratio <0.26 or >1.65,Non-IgG MGUS

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Progression SMMThere are 3 subtypes of SMM: IgA → median time to progression 27 monthsIgG → median time to progression 75 monthsLight-chain SMM → median time to progression 159 months

Mayo clinic criteria 1. BMPCs > 10%; 2. M-protein > 30 g/L; and 3. FLC ratio < 0.125 or > 8.0

PETHEMA criteria1. ≥ 95% abnormal plasma cells, including decreased CD38 expression, expression of

CD56, and absence of CD19 and/or CD45; 2. immunoparesis.

•Patients with t(4;14), t(14;16), 1q gain, and/or del(1p) are considered as high-risk SMM (median time to progression (TTP ) of 24 months).•Patients with trisomies are considered intermediate-risk (median TTP 34 months); •t(11;14) and t(6;14) are considered standard-risk (median TTP, 54 months).•SMM patients who have no evidence of cytogenetic abnormalities on fluorescence in situ hybridization (FISH) studies are considered low-risk (median TTP, 101 months).

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IL TRATTAMENTO DEL MIELOMA MULTIPLO

Solo i pazienti affetti da MM sintomatico necessitano di un trattamento chemioterapico. I pazienti affetti da SMM, anche coloro ad alto rischio di evoluzione a MM sintomatico, non devono essere trattati al di fuori di trial clinici.

Storia clinica del MM: posta la diagnosi di MM sintomatico, accertata la necessità di instaurare un trattamento anti-mieloma, il paziente viene trattato con quella che si definisce “terapia di I linea”; a essa segue un periodo di remissione più o meno duraturo, in base all’efficacia del trattamento. Inevitabilmente, il clone plasmacellulare torna a proliferare, configurando quindi un quadro di recidiva. Quest’ultima è definita “biochimica” in presenza della sola proliferazione plasmacellulare a livello midollare e del conseguente incremento nel sangue e nelle urine del suo marcatore specifico, ossia la componente monoclonale prodotta dalle plasmacellule; oppure è definita “clinica” quando la proliferazione è accompagnata da danno d’organo (CRAB). L’intervallo di tempo che intercorre tra l’inizio della terapia e la recidiva è definito “sopravvivenza libera da malattia” (PFS).

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All’occorrenza della recidiva di mieloma è necessario instaurare una nuova linea di terapia. Le linee guida IMWG (International Myeloma Working Group) raccomandano di trattare il paziente nei casi di recidiva clinica o di recidiva biochimica “aggressiva”, ossia caratterizzata da un rapido incremento della componente monoclonale, espressione di una rapida proliferazione cancerosa. All’adozione di una successiva linea terapeutica che risulti efficace, segue quindi un nuovo periodo di remissione, la cui lunghezza è largamente variabile e dipendente da diversi fattori.

La storia clinica del mieloma è caratterizzata da un’alternanza di fasi di latenza e recidiva che connotano un andamento cronico della patologia.

La quantificazione della componente monoclonale, la quantificazione delle catene leggere libere nel siero, il dosaggio di albumina e β2-microglobulina, la quantificazione delle cellule mielomatose a livello midollare con diverse tecniche (biologia molecolare, immunocitofluorimetria, genetica) è fondamentale nella valutazione della risposta terapeutica

Il trattamento del MM è stato rivoluzionato nel corso degli ultimi venticinque anni: sebbene si tratti ancora oggi di una patologia incurabile, l’aspettativa di vita dei pazienti è significativamente aumentata rispetto al passato. Il MM è una patologia estremamente eterogenea da un punto di vista sia biologico che clinico: la sopravvivenza può infatti variare da pochi mesi sino a 10-20 anni.

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Fino all’inizio degli anni Novanta erano usati agenti chemioterapici – quali ad esempio gli alchilanti in combinazione con steroidi – e la prognosi del paziente con mieloma era infausta, essendo la sopravvivenza globale mediana (OS) pari a 2-3 anni. La prima rivoluzione nel trattamento del mieloma è sopraggiunta con l’introduzione del trapianto autologo, procedura che ha consentito la somministrazione di alchilanti ad alte dosi seguita dal supporto di cellule staminali autologhe per consentire la ricostituzione midollare. Tale procedura ha permesso un migliore controllo della patologia a lungo termine, con un incremento della OS. Tuttavia, di tale miglioramento beneficiavano unicamente i pazienti candidabili al trapianto, ossia quelli più “giovani” e in condizioni cliniche tali da poter affrontare tale procedura. All’inizio degli anni Duemila, si è assistito a una seconda rivoluzione, grazie all’introduzione di un nuovo farmaco attivo contro le plasmacellule di mieloma, la talidomide. Si è aperta quindi l’era dei cosiddetti “nuovi farmaci” , di cui la talidomide rappresenta il capostipite; un periodo caratterizzato da una più profonda conoscenza della biologia del mieloma e del microambiente in cui le cellule mielomatose vivono (il midollo emopoietico), e dal conseguente sviluppo di farmaci-bersaglio con meccanismi d’azione specifici e differenti, ma tutti diretti a colpire le cellule cancerose.

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L’approccio terapeutico al MM dipende da 1) lo stadio della patologia, diagnosi o recidiva, e 2) la candidabilità del paziente al trapianto autologo, definita in base all’età e alle condizioni cliniche. Per convenzione, si definisce “giovane” il paziente candidabile alla chemioterapia ad alte dosi e al trapianto di cellule staminali autologhe, mentre si definisce “anziano” il paziente non candidabile a tale procedura. Il limite di età che fa da spartiacque tra il paziente giovane e quello anziano è 65 anni. Tale limite di età, tuttavia, è andato aumentando nel tempo

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Paziente candidabile al trapianto autologo

Il trattamento del paziente candidabile al trapianto autologo, ossia quel paziente di età inferiore ai 65-70 anni e in buone condizioni cliniche, consta di 5 fasi differenti

1. La terapia d’induzione ha lo scopo di citoridurre la massa tumorale al momento della diagnosi, riducendo o eliminando il danno d’organo correlato all’insorgenza del mieloma e permettendo al paziente di procedere alla raccolta delle cellule staminali. Triplette di farmaci: contengano tutti il bortezomib e il desametasone (VD) associato un farmaco immunomodulante, la talidomide in Europa (VTD) e la lenalidomide (VRD) negli USA. Altre due combinazioni possibili sono VD e ciclofosfamide (VCD) o doxorubicina (PAD). Entrambe le combinazioni di un inibitore del proteasoma e di un immunomodulante, sia VTD che VRD, hanno dimostrato d’essere superiori in termini di risposte globali, di risposte complete (CR) e di PFS. Il numero di cicli di chemioterapia somministrati durante la fase d’induzione è pari a 4-6.

2. mobilizzazione e raccolta delle cellule staminali. Questa procedura può essere preceduta dalla somministrazione di un chemioterapico atto a stimolare la “fuoriuscita delle cellule staminali”. Somministrazione del fattore di crescita granulocitario noto come G-CSF (granulocyte-colony stimulating factor) stimola la proliferazione e la fuoriuscita nel sangue periferico delle cellule staminali CD34+, oggetto della raccolta. La conta delle cellule CD34+ permette d’identificare l’aferesi, vale a dire il momento opportuno per la loro raccolta, che oggi viene eseguito da sangue periferico in media in 1-2 sedute aferetiche consecutive.

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3. La terza fase è quella del trapianto vero e proprio. Al paziente viene somministrata una dose elevata di melphalan, generalmente tra i 100 e i 200 mg/m2, con la successiva infusione delle cellule staminali precedentemente raccolte. La somministrazione di alte dosi di melphalan viene considerata mieloablativa, ossia capace di uccidere le cellule staminali midollari in maniera potenzialmente irreversibile. L’infusione di cellule staminali autologhe permette invece una rapida ricostituzione midollare.

4. Successivamente al trapianto, il paziente può ricevere un numero limitato di cicli di terapia d’intensità uguale o simile a quella della terapia d’induzione, al fine di ottimizzare la risposta ottenuta col trapianto. Questa terapia è detta di consolidamento e attualmente i due regimi che si sono rivelati efficaci nell’incrementare i tassi di risposta e nel migliorare la qualità delle risposte sono due: VTD e VRD.

5. L’ultima fase del trattamento di I linea è rappresentata dalla terapia di mantenimento, che deve essere efficace nel mantenere e/o migliorare la risposta ottenuta e nel prolungare il periodo di remissione e potenzialmente anche la sopravvivenza globale. Il mantenimento deve essere agevolmente somministrabile al paziente, ben tollerabile, e non deve interferire con la qualità di vita del paziente. Il primo farmaco ad avere dimostrato un vantaggio in termini di PFS come mantenimento post-trapianto è stata la talidomide. La lenalidomide, analogo della talidomide, è stato ampiamente testato come mantenimento post-trapianto autologo. Ad oggi, il bortezomib non è quindi un farmaco approvato come mantenimento post-trapianto.

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CRITERI DI RISPOSTA AL TRATTAMENTO

Uno dei parametri di valutazione dell’efficacia delle terapie per il mieloma multiplo è rappresentato dalla capacità della terapia di “citoridurre” la massa neoplastica. Tale parametro si basa sulla rilevazione della quantità di proteina monoclonale circolante nel siero e nelle urine, espressione indiretta delle quota di plasmacellule neoplastiche. L’identificazione e la quantificazione della componente monoclonale vengono eseguite mediante rispettivamente l’immunofissazione e l’elettroforesi proteica. Per la valutazione della risposta dei pazienti affetti da mieloma oligosecernente, è stata introdotta invece la misurazione delle catene leggere libere circolanti (kappa o lambda, FLC sieriche). In aggiunta alla ricerca della componente monoclonale nel siero e nelle urine, l’indagine del midollo emopoietico permette la rilevazione e la quantificazione delle plasmacellule monoclonali presenti nell’ambiente midollare.

In base ai criteri di risposta pubblicati da IMWG nel 2006, la risposta al trattamento si divide:1. malattia stabile (SD), 2. risposta minima (MR), 3. risposta parziale (PR), 4. risposta parziale molto buona (VGPR)5. risposta completa (CR). La progressione di malattia (PD), viene definita invece dall’assenza di risposta in corso di trattamento o dalla ripresa di malattia successivamente ad una risposta acquisita in precedenza.

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Al fine di definire correttamente una remissione completa di malattia qualora la componente monoclonale sierica e/o urinaria non fosse più rilevabile mediante elettroforesi ed immunofissazione, è necessario procedere alla quantificazione delle plasmacellule residue a livello midollare. Inizialmente, per la definizione di CR era necessaria una quota di plasmacellule monoclonali midollari residue inferiore al 5%; successivamente, è stata introdotta la definizione di risposta completa stringente (sCR), per la quale sono necessarie sia la totale assenza di plasmacellule monoclonali midollari che la concomitante normalizzazione del rapporto tra le catene leggere libere sieriche (FLC ratio).

E’ stato dimostrato infatti, sia nei pazienti giovani e candidabili a trapianto autologo, sia nei pazienti anziani non candidabili alla chemioterapia ad alte dosi, come l’ottenimento di una risposta completa correli con una migliore sopravvivenza libera da progressione (PFS) e con la sopravvivenza globale (OS).L’ottenimento della CR è diventato così uno degli obiettivi del trattamento del mieloma multiplo, sia nella pratica clinica che nel contesto di studi clinici.

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Le tecniche utilizzate per lo studio della MRD nel mieloma permettono l’analisi contemporanea di centinaia di migliaia, sino a milioni, di cellule midollari o del rispettivo DNA, e la rilevazione della eventuale presenza, diretta o indiretta, della plasmacellule monoclonali nel campione esaminato.Tali metodiche si dividono in metodiche cellulari (multiparametric flow cytometry, MFC), molecolari (allele-specific oligonucleotide-qPCR, ASO-qPCR e next-genereation sequencingdelle sequenze VDJ) o di imaging (PET/CT).L’evidenza generata dagli studi sulla MRD nel mieloma, ossia la presenza di malattia misurabile con tecniche più sensibili rispetto a quelle tradizionali, accanto al valore prognostico di tali risultati, ha condotto alla necessità di implementare la valutazione della risposta al trattamento del mieloma con lo studio della MRD.

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DIAGNOSI DIFFERENZIALE: MGUS/SMM/MM

CM PC midollari

(%)

Restanti classi Ig

Danno d’organo

MGUS < 3 g/dL 10 Normali Assente

SMM ≥ 3 g/dL 10 - 60 Normali Assente

MM sintomatico / >10 + CRAB

>60

Spesso alterate

Presente

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