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L’Urgente

GENOVA PARANOICA - prime pagine

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GENOVA PARANOICA di Emanuele Habanero Podestà L'erudita (Giulio Perrone) / Habanero

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L’Urgente

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GENOVA PARANOICAEmanuele Habanero PodestàIn copertina: disegno di Alessandro Baronciani

http://alessandrobaronciani.blogspot.it/

I edizione Maggio 2013

ISBN 978-88-6770-054-7

Stampato presso Cimer S.n.c., Roma

L’Eruditaè un marchio della Giulio Perrone Editore S.r.l., Roma

www.lerudita.com

In collaborazione con:

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Prefazione

Come Jolanda nel prologo II di questo libro, EmanuelePodestà cerca un ritmo. Jolanda scrive infatti: Cerco di tene-re un ritmo in quel che faccio... e cadenzare le mie azioni èl'unica cosa che dà un senso a tutto questo. Emanuele dà alsuo lavoro, oltre al senso che è insito nella storia racconta-ta, il senso del ritmo. Le prime pagine lo dimostrano infretta, e da tale impostazione non si allontanerà mai. La sipuò chiamare, volendo, prosa artistica, e si intende, conquesta affermazione, un modo di fare narrativa che deside-ra avvicinarsi alla poesia, sia da un punto di vista formaleche sostanziale. E, di conseguenza, da un punto di vista“tecnico”, poiché la parola (e la sua ricerca) tendono a farsipreziose e potenzialmente insostituibili. Come nella poesia,giustappunto. Per cui ci si ritrova fin da subito catapultatiin un mondo ricco di immagini e suggestioni (oltre a tanteinvenzioni strutturali), porte con un fraseggiare secco(minimalista?) che è tanto la cifra estetica principale deitempi odierni quanto un esito comunque denso di vigore einventiva, dunque non banalmente scabro ed essenziale.Non programmaticamente “semplice”, per meglio dire. Dunque per quel che mi riguarda questo è un libro cui

si può decidere di accordare fiducia e tempo.

Cristiano Godano

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BETA Perpetuo: la versione beta di un software è lapiù nuova concepita. Alcuni programmi vengonoaggiornati così velocemente da essere detti beta perpe‐

tuo. È una metafora sulla storia.

Il tempo è simultaneo, un gioiello dalla struttura

intricata che gli umani insistono a percepire una faccia

alla volta, quando la forma complessiva è visibile in

ogni lato.

Dottor Manhattan, Watchmen

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GENOVA PARANOICA Soundtrack

Gli oggetti nello specchio sembrano più vicini di

quanto appaiano

00. John Paul Young – Love Is In The Air / Ennio Morricone – For A Few Dollars

01. The Smiths – Last Night I Dreamt That Somebody Loved Me

02. Talking Heads – Road To Nowhere03. Joy Division – Decades04. Offlaga Disco Pax – Parlo Da Solo05. XXYYXX – About You06. Crystal Castles – Lovers Who Uncover07. Calibro 35 – Gangster Story08. Soviet Soviet – First Man, Then Machine09. Franco Battiato – Areknames 10. Slowdive – Crazy For You11. Luciano Berio – Point On The Curve To Find12. CCCP Fedeli alla linea – Curami 14. Four Tet – Hands15. Dead Can Dance – Children Of The Sun

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A Norman, vittima di un altro

terrorismo

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Prologo IGUIDO

– Se ti racconto la mia storia giuri che non lo dici anessuno? Silenzio.– Mi voglio fidare - te lo dico solo a te - non so il mo-

tivo - a casa non ne posso parlare - mia moglie pensa chesia impazzito - mio padre sta male tutto il giorno e ieri hovisto mia madre scoppiare a piangere da sola in cucina - dasola - stava apparecchiando e poi lì a singhiozzare - mia fi-glia è troppo piccola e non deve sapere niente - io non neparlo a nessuno - mica posso - amici non ne ho più - mane avrei un gran bisogno - credo che la più grossa disgra-zia che mi sia capitata è non poter dire a nessuno che hopaura di morire - cosa pensi di quello che ho fatto? - sonoun traditore vero? - tanti dicono che io sono un traditore -una spia - forse è vero - vorrei essere un eroe - non avererimpianti - ma se tornassi indietro non so che farei - quel-li mi ammazzano lo so - mi dico che lo faccio per gli altrima ti dico un altro segreto va’ - non me ne frega più uncazzo degli altri - io voglio vivere - voglio vivere - vogliocontinuare a fare alpinismo - baciare mia moglie - giocarecon mia figlia - vederla crescere - laurearsi - avere una fa-miglia - non voglio vedere mia madre piangere per me -qualcuno doveva pur farlo, vero? - non ho mai parlato co-sì tanto con qualcuno in tutta la mia vita, sai? - è buffo -

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Prologo IIJOLANDA

Amor mio,cerco di tener un ritmo in quel che faccio: mangio sola e

sola rido, sola scendo in strada e mi faccio molte docce; vagosenza motivo, ti cerco, sola; a volte piango, piango sotto il cu-scino, in solitudine, anche se sempre meno: seicentoduesimalettera che ti scrivo. Anche se so che non la leggerai mai, que-sta lettera, mai perché impossibile altrimenti, semplicemente.Nonostante tutto ti penso, ti credo, mi fido e proseguire conciò a cadenzare le mie azioni, considerarti qui anche se quinon sei e forse mai sei stato, certamente mai leggerai quantoscritto, è l’unica cosa che dà un senso a tutto questo: senza rit-mo impazzirei; solfeggio: lo faccio dicendomi che ti vorreichiedere tante cose, ma poi, alla fine, una sola basterebbe:adesso, ora che hai raggiunto il tuo obiettivo, ce l’hai fatta,sei felice?

Ti odio.Non risponderai. Non l’hai mai fatto neanche quando

avresti potuto, figurati ora, ora che sei morto.Ti odio.Tradita, ecco cosa sono. Delusa, ferita, abbandonata, vio-

lentata, illusa, poi disillusa, un po’ morta anch’io, io con te, edè come se mi avessi detto che Babbo Natale non esiste. Aspetta:quello che mi sento, soprattutto, ti dirò, è di esser stata tradita.A me hai preferito la morte, sei morto, ti sei ucciso.

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manco ti conosco - eppure ho bisogno di parlare - di direche ho paura - che forse ho fatto una cazzata anche se sobenissimo che qualcuno doveva pur farla - sta cazzata -odio la piega che stanno prendendo gli operai - qualcheanno e le Brigate saranno dappertutto - nel Partito - nelSindacato - bisogna impedirglielo - lo faccio per il Pci? -cosa pensi di quello che ho fatto? - sono un traditore vero?- una spia?– Guido… – silenzio.– Molto bene.

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Prologo IIIMARCELLO

La generazione. Sono la mia generazione. Come SuperTele blu che s’affollano alla foce di una giovinezza consu-mata, una giovinezza che mai più.L’acqua ristagna scura sulle rocce bluastre e crea un

gorgo di spuma, sembra Pepsi, i palloni cozzando l’un sul-l’altro, dementi. Il riverbero delle onde del mare, poco più in là, è una

nenia, il suono che producono certe maracas.Perché nei vortici dei fiumi non ci vedi mai intrappola-

ti bei palloni di cuoio con toppe a pentagoni neri su sfon-do bianco, magari anche solo un Tango o un Telstar?I Super Tele tendono a volare.I Super Tele si perdono più facilmente.L’unica soluzione per uscire da tutto ciò è sgonfiarsi.

Cazzo, mi hanno colpito.Portella della Ginestra, undici di cui due sono bambi-

ni; Melissa, tre; Trieste, sei; Reggio Emilia, cinque: qualco-sa dritto nelle reni, da dietro, infame, bastardo.

You hurt and abuse tellin’all of your lies.1

Piazza Fontana, diciassette; Gioia Tauro, sei;Fiumicino, trentadue: un colpo come mai.

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Ti odio.

Genova, aprile 1978

Con amore imperituro,Jolanda

1 Gli intermezzi sono tratti da Dazed and Confused dei Led Zeppelin.

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ZeroNEW ITALIAN EPIC

ovvero: Ouverture

«Con la mano fuori dal finestrino disegno silhouette sulpaesaggio. L’indice e il medio son due gambine, gambe checorrono lungo una strada dritta, nella mia testa, fuori dalfinestrino. Saltano le ringhiere, si calano dai lampioni,accelerano il passo; sembra tutto così piccolo, ordinato,sotto controllo, tutto così mio. Estintori - pensiline - tom-bini. Poi le due zampette s’inciampano, a terra c’è un canee loro ci ruzzolano sopra, io ci ruzzolo sopra: cadendo,stramazzando, faccio capriole, capitomboli, non riesco afermarmi, non riesco a non finire contro persone, muri,auto. L’ordine è finito, dappertutto.Per questa storia degli uomini sono realmente morti. Mi chiamo Riccardo e sono un brigatista».

In un modo o nell’altro, in un tempo o nell’altro, la guerrasarebbe tornata.

Titoli di testa(un romanzo neoepic scritto da un ragazzo)

DissolvenzaScena Prima

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Run around sweet baby, Lord how they hypnotize.La strage di Piazza della Loggia, otto; l’Italicus, dodi-

ci; l’omicidio di Alceste Campanile, la Magliana e la P2:ho freddo, le gambe non le sento più, io non mi sentopiù.

Sweet little baby, I don’t know where you’ve been.Ustica, ottantuno; Bologna, ottantacinque; Capaci e

via D’Amelio, undici. I numeri sono i morti, tutti i morti. Iosonomorto. Gonna love you baby, here I come again.Benny Hill è sempre più grasso. Quell’ebreo di Charlot

è morto, Carosello è finito ma nessuno riesce più a dormi-re: a me, intanto, fanculo hanno colpito nelle reni.

Been dazed and confused for so long, it’s not true.

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POV#3: “Giorno numero novantuno” pensò ilCommando “oggi regoliamo i conti”. Il thermos a fiori,gerbere rosa, gerbere gialle: caffè bollente. Lunghi jeans aguaina si spalancano dalle cosce per i polpacci, dai polpac-ci sino i malleoli. Camicie, cardigan, giacche di pelle colorcioccolata, come il Mattino. Barba e pelo un po’ dapper-tutto: soprattutto basette come zerbini. Sono due ore cheaspettiamo. La radio trasmette John Paul Young. Love Is InThe Air. Sono due ore che aspettano: ad ammazzare è laroutine, pensano.

POV#4:Love is in the air, love is in the air,Oh, oh, oh, oh, uh,Uh, uh, uh.

Questi, più o meno, i punti di vista dei quattro perso-naggi del capitolo zero: un Mattino di lunedì in gennaio,Guido, il Commando che lo cacciò e John Paul Young.

Fine titoli di testa

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POV2#1: quel giorno fu proprio il Mattino a sceglierquandocomeedove svegliarsi.Dissotterrandosi, una chiazza color fuliggine: scurissi-

mo Mattino di gennaio. Malrasato, malriposato, scapiglia-to e sciatto, sciattissimo: sgranchendosi, venne fuori, ilMattino, un sobbalzo lo pose fuori dalle lenzuola, sofficisull’orizzonte, placide. Dissepolto Mattino, dissoluta emozione. Inopinate sono le luci del Mattino, il sole è un Rosone,

lancia giù dal cielo manciate di spiccioli, gettoni e mone-tine, sono lucine, sembrano quelle che metti intorno all’al-bero di Natale, s’affastellano a intermittenza bolse sul-l’asfalto vergine di liquerizia, accordandosi ai lunghi sbadi-gli in la bemolle. Il cielo si riscoprì di cardamomo quel giorno: marrone,

castano, castano tenue. Le finestre s’accesero una a una,valzer, sirtaki, pas de deux: una danza di watt e neon, unaghirlanda di lanterne, alveare di lampade, premendo forte;tutt’intorno è il Mattino.

È il mattino, sono ancora le sei, la giornata sarà lunga.

POV#2: “Giorno numero novantuno” pensò Guido“spero anche oggi di non essere assassinato, che neancheoggi sia arrivato il mio giorno, neanche oggi si muoia”.Pensò Guido, novantunesimo mantra antiproiettile dellasua vita “al massimo, mal che vada, mi sparano alle gambe”.

2 POV = dall’inglese, Point Of View, ovvero: punto di vista.

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La morte sono tre uomini in una scatoletta di lattaammortizzata, ma non troppo. Un barattolo come quelliche i bambini pongono all’estremità di lunghi fili per poifingere conversazioni lunghissime, serissime. Bocconi diparole, mozziconi spenti di frasi sfatte, sciupate: il gioco ètrovar un senso in tutto questo.Quella mattina di bruma spray nessuna conversazione

sulla 230 in via Ischia.

Hai paura? Sei emozionato? Teso? Pensi solo a quelloche devi fare? Chissà come ci si sente prima.

Prima di che?

Lorenzo Carpi, il palo, l’autista. Vicino a lui Pol Pot,non quello vero, ma un certo Riccardo di cognome faDura. Poi Guagliardo Vincenzo.

We can fight. We, we can fight. Bo bom…

Secondi, pochi.– Ci ha visti, presto. Ci ha visti…Corri. Corriamo. Estrai la pistola, calibro 7,65. Beretta

81. Veloce. Veloce almeno quanto i punti che sistemi inuna stessa frase.

Bastardo, cane, gli insulti che vanno per la maggiore.Li ha visti, presto. Li ha visti. Lui che li ha visti prova ora a ripararsi in macchina, una

8 e 50, altra FIAT, siamo negli anni ’70. Siamo tutti operai. Loro che sono stati visti corrono nel mattino.

Bo bom.Il primo colpo: epifania. Vetro spezzato.

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24 gennaio 1979

Piano sequenza

We can fight. We, we can fight3.Come il ritornello, il refrain di quella colonna sonora,

quella western. We can fight, il suono lacerante, l’alluminiodi una 2 e 30.Ballare un mattino d’ombre nette, svenirci dentro: hai

mai provato a smarrirti in un mattino? L’ego della notte èpassato, l’effetto della rugiada d’ogni cosa: la gloria nanadel mattino. Brina come aghi di pino, come chiodini digarofano e spille, badge. Aghi come spade di siringhe. Congli sbadigli muti di colore, gli ulivi in via Napoli e tutt’in-torno il vento.La gloria minuscola del mattino imperla i cuscini. Lo fa

mentre un uomo, uno qualsiasi, esce di casa, aria circo-spetta. Sveglia presto, si deve andare a lavorare. Intanto,la gente fra poco uscirà di casa, trenibusmetrò si riempi-ranno.

La morte corre su una FIAT 230.

3 Dalla colonna sonora di Per un pugno di dollari di Sergio Leone, pri-mo film della trilogia del dollaro, composta da Ennio Morricone.

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re con loro. “Al mio Franco voleva veramente bene”, dice conun nodo alla gola una vicina, “lo stesso faceva con Alessandroe con tutti gli altri bambini…”4

– Vieni via di là, scappiamo. Gliel’abbiamo fatta paga-re alla spia. Vieni, cazzo!

Pol Pot non si muove. – VIENI!Vincenzo il Freddo, urlando nella bocca dell’intestino

di un mattino color fuliggine.

Quella mattina qualcosa andò storto.

Mercoledì 24 gennaio, alle ore 6,40 un

nucleo armato delle Brigate Rosse ha giusti-

ziato GUIDO ROSSA, spia e delatore all’interno

dello stabilimento ITALSIDER dove, per svolge-

re meglio il suo miserabile compito, si era

infiltrato tra gli operai camuffandosi da

delegato5.

Tra via Fracchia e via Balestrazzi silenzio, morte, tuttisvegli poi un frame di caffè.

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Bo bom.Un altro: balocco. A perdifiato.Bo bom.L’arto. D’ora in poi la gamba non esiste più, il peggio

sembra essere passato.Bo bom.Uno, due, tre, ecco il quarto, appunto: come quando si

conta in un pampano, un pampano di morte, anche seuccidere, questa mattina, non vuole essere l’obiettivo. Quasi spara per ferire, per educare.[Ma in guerra non si spara mai per ferire, questa è la

verità.]

Come in un pampano. Come il gioco del telefono.Come i bambini - come i bambini. In questa storia mancaun particolare: i bambini. Ce n’è una, ora minuscola, ades-so microscopica, raggomitolata nel suo letto, ignara ditutto questo, di quanto stanno facendo poco distante dalei uomini neri. Ce n’è uno, di bambino, accoccolato suisedili in pelle marrone della sua 8 e 50, nel vomito di san-gue a fiotti senza posa, un mississippi di forze, piastrine,autocoagulanti. Quattro colpi esplosigli addosso, troppoaddosso. [Quando si va incontro alla morte si è come un bam-

bino.]Lui, il bambino, si chiama Guido.E di lì a poco verrà ucciso.

Era il più caro amico di tutti i bambini del palazzo di viaIschia, dove abitava. Quando li incontrava nelle scale, tor-nando a casa dal lavoro, si fermava spesso a scherzare e gioca-

4 «Il Secolo XIX», 25 gennaio 1979.5 Dalla rivendicazione delle Brigate rosse.

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Parte primaSi torna giovani