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Geobiologia (dal greco geo: terra - bios: vita - logos: studio) Introduzione breve a cura di Rudi Toffetti
La Geobiologia, intesa come somma di diverse discipline olistiche, accademiche e sensitivo-medianiche volte allo studio
del rapporto tra esseri viventi e ambiente, ha ormai quasi superato la soglia temporale del secolo di vita. Durante questi
decenni chi se ne è occupato e ha offerto il proprio contributo ha esplorato una zona di confine, tra la scienza e la
metafisica, spesso precorrendo i tempi pur essendo ostacolato dalla cultura ufficiale. Basti pensare che ancora oggi
viene messa in discussione da alcuni la veridicità dell’operato dei rabdomanti, paragonati a coloriti indovini.
Ma fortunatamente gli stati d’essere si evolvono donando nuovi strumenti di comprensione che non possono essere
negati neanche dalle menti più refrattarie. Grazie alla diffusione al grande pubblico di innovative teorie scientifiche
come la meccanica quantistica, molti di quei fenomeni che anche gli operatori radioestesici facevano fatica a spiegare,
hanno ora plausibili attendibilità.
Mi riferisco ad esempio al caso della teleradioestesia, quell’incredibile capacità di percepire emanazioni a distanze
considerevoli, come nel caso di un corso d’acqua sotterraneo rilevato su una planimetria. Questo fenomeno era
spiegato, nella radioestesia tradizionale, come dovuto al “Raggio capitale” o “Raggio fondamentale” o a ciò che veniva
definita come “emanazione dei corpi”. Tutte interpretazioni limitanti e che mal sopportavano gli attacchi di una scienza
ufficiale sempre pronta a demolire qualsiasi cosa in ambito esoterico o parapsicologico, come si diceva una volta.
Ora ci sono prove evidenti che viviamo in una parte di quello che è un universo olografico e multidimensionale, in cui
quantisticamente “2 sistemi messi a contatto e poi separati, al di là di spazio e tempo mantengono una relazione per
risonanza”. Questa teoria definisce come l’entanglement (comprensione, abbraccio) sia alla radice di qualsiasi relazione
nella materia e nella vibrazione, in quanto come dicevano già gli antichi Pan en to Pan (Tutto è Uno e Uno è Tutto).
Così oggi nelle facoltà di medicina, grazie alle sperimentazioni sui sistemi di risonanza, si tenta di specializzare le cellule
staminali affinché riparino un determinato organo, oppure le grandi company della telecomunicazione provano a
trasmettere informazioni criptate in modalità quantistica senza utilizzare ne cavi e portanti elettromagnetiche, e via
dicendo.
Occorre ora destinare alcune righe a quello che fu la genesi di ciò che oggi definiamo come Geobiologia. Mantenere
viva la memoria dei fatti e dei personaggi ci predispone e collega non solo virtualmente in una importante relazione con
chi ci ha preceduto in questa “Arte”, e chi pratica la Radioestesia e le materie affini non dovrebbe mai scordarlo.
Nel 1913 gli abati Bouly e Bayard coniano il termine “radioestesia”, dando inizio a quella evoluzione della rabdomanzia
che sarà l’avanguardia di un movimento in grado di far coesistere la tradizione millenaria iniziatica con le nuove ed
esaltanti scoperte scientifiche di inizio ‘900. Iniziatica perché, come è ben noto, chi praticava questo sapere ad alti livelli
nella maggioranza dei casi apparteneva al clero o meno frequentemente alla nobiltà. Sempre in quell’anno l’abate
francese Alexis Mermet definito dai suoi contemporanei come “il Principe dei rabdomanti”, afferma per la prima volta
al congresso di Parigi circa la possibilità di sostituire la bacchetta rabdomantica con il pendolo. Successivamente a
cavallo del 1928 e il 1935 tra il continente europeo e il nord America si sviluppano quei concetti e quei protocolli
operativi che prevedono la comprensione e l’utilizzo di quelle onde allora definite “invisibili”.
L’abate Alexis Mermet durante un ‘indagine teleradioestesica su mappa.
Il “Pendolo Universale” messo a punto dai ricercatori
francesi A. de Bélizal, L. Chauméry e P.A. Morel.
Una parte di esse inerenti alla sfera elettromagnetica, sia terrestre indotta dall’opera umana che cosmica naturale, e
un’altra relativa a tutte quelle emanazioni definite oggi come “energie sottili”, quest’ultime comprese nella sfera
universale e in quella spirituale.
Questo progresso si deve agli scienziati e ai ricercatori quali Georges Lakhovsky, Gustav von Pohl, Luis Turenne,
Ferdinando Cazzamalli e Albert Abrams, inventore del termine “radionica”, tecnica ancora oggi molto popolare e di
assoluta sperimentalità. Ma anche ad individui non titolati ma dalla grande perspicacia, come quell’Alfred Bovis che
oltre ad impostare la prima scala radioestesica di valutazione nominale si occupò anche dell’energia emessa dalle
piramidi egizie.
Questi personaggi cercarono di applicare al meglio le loro ricerche e conoscenze in campo medicale e per mitigare o
riequilibrare gli effetti geopatogeni dovuti alle onde che analizzavano. Come l’esperienza maturata in questi anni ci
insegna, la linea che divide l’azione malevola o benevola di un irraggiamento vibratorio è assai labile. Lo scoprirono a
loro spese anche i francesi Chaumery e De Belizal, che manipolando negli anni ’30 la pericolosa emissione del “verde
elettrico negativo” purtroppo si ammalarono.
La Geobiologia come la intendiamo oggigiorno viene divulgata al grande pubblico agli inizi degli anni sessanta dal celebre
Dott. Hartmann dell’università di Heidelberg in Germania, questo grazie ai suoi studi sistematici sia in laboratorio che
attraverso l’analisi delle patologie sulla popolazione in riferimento alle loro abitazioni. Nel frattempo anche in Francia
Jean Picard compie medesime ricerche sulla relazione tra incidenze tumorali e luoghi irradiati da forti geopatie.
Anche in Italia già alla fine degli anni ‘60 Faliero Capineri, ottimo rabdomante e maestro elementare della Lunigiana, si
accorse di quei fenomeni deteriori causati dallo scorrimento di vene acquifere sotterranee in prossimità delle abitazioni,
tanto da indurlo a scrivere un testo molto avanti per quei tempi: “L’acqua è il cancro”.
Ed è proprio analizzando ciò che avviene a livello corporeo nel rabdomante-radioestesista durante le sue ricerche, che
emerse fin da subito come le reazioni neuromuscolari inconsce erano dovute ad una serie di emanazioni causate da
stress di natura geopatica. Le stesse emanazioni che oggi il geobiologo cerca di riequilibrare ristabilendo l’armonia
cosmo-tellurica in edifici, luoghi di lavoro etc.
Ma la Geobiologia moderna non può comprendere solo tutte le eventualità connesse agli aspetti maligni dei luoghi, ma
è importantissimo che includa anche il sapere tradizionale ermetico riferito ai “Luoghi Alti”, come li definiva la
compianta svizzera Blanche Merz. Ovvero quegli spazi scelti dall’uomo per celebrare il sacro che posseggono l’unione
di diverse proprietà gebiologiche. Come corsi d’acqua sotterranei spesso radioattivi, incroci di griglie cosmo-telluriche,
bande di energia cosmica, particolari composizioni minerali del terreno, nonché rimanenze e impregnazioni energetiche
dovute ad attività cultuali.
BIOMETRO RADIOESTESICO “Bovis”. Pozzo Sacro di Santa Cristina, Sardegna.
Entrando in questo campo della geobiologia applicata e studiando i luoghi sacri è evidente come gli antichi sacerdoti-
geomanti ben conoscevano e percepivano tutte quelle emanazioni nocive a cui oggi diamo spiegazioni scientifiche. I
nostri avi utilizzavano termini metaforici, magari invocando l’azione di talune entità, ma riuscivano comunque a
sistemare le cose quando necessario.
Mi è capitato di trovarmi nell’antica dispensa di un convento benedettino interessata dallo scorrimento di vene
percepite all’esterno con una vibrazionalità bassa, che invece possedeva un’energia stabile e coerente con la
conservazione dei cibi e dei liquidi.
Oppure in altri casi, grazie all’esperienza maturata sul campo, ho constatato come lo stesso spazio fisico di un luogo
sacro appartenente a tradizioni lontane, sia stato adibito successivamente ad abitazione, nell’inconsapevolezza degli
abitanti. Creando serie problematiche sia in forma psicologica che fisica. All’azione debilitante delle geopatie, dai bassi
valori fisici, vengono a sommarsi quelle alte vibrazioni spirituali non adatte alla quotidianità, senza contare che
frequentemente in questi luoghi sono presenti anche sepolture varie.
In uno di questi interventi mi fu riferito come il bimbo di casa avesse più volte osservato un uomo barbuto con una
tunica bianca uscire dal bagno, e dirigersi in camera da letto (18.000 u.b.r. e 5 sepolture!) mentre i genitori si limitavano
a sentire un pianto di donna provenire dalla canna fumaria…
Contemporaneamente è quindi basilare riconoscere e richiedere al geobiologo odierno non solo competenze tecniche,
ma anche tutte quelle capacità che gli permettono di varcare la soglia del “Mondo Invisibile”. E che gli consentono di
entrare in quella modalità attiva fatta di intuizione, comprensione, medianità e sensitività. Questi sono gli strumenti
indispensabili per risolvere le situazioni più disparate e sono componenti ed elementi integranti del suo personale
percorso spirituale.
Non di meno è utile avere anzitutto la capacità di mettersi al riparo da tutti quei fenomeni che potrebbero destabilizzare
o consumare la sua energia personale. Farsi carico del cambiamento di “qualcuno” implica giocoforza l’essere aperti e
accoglienti al proprio stesso cambiamento. Come pretendere di far sperimentare ad altri ciò che non si è in grado di
sostenere? Gli antichi precursori dei geobiologi, i sacerdoti-geomanti-sciamani erano proiettati costantemente in
questa dimensione, realizzare nel quotidiano le migliori aspirazioni divine, anche nella materia. Esaltando il bello, la
luminosità, la pace, e la fratellanza con ogni cosa che vive.
Rilievo geobiologico di un’abitazione posta su un antico tempio pagano.
Divinità celtica - sciamano. Calderone di Gundestrup.
Un tempo in ogni abitazione, anche la più umile, vi era sempre un piccolo spazio offerto e dedicato alla relazione con
gli Spiriti, con i Geni del luogo, con i propri Antenati. Non credo che oggi si debba abbandonare questo importante
rapporto insito in ognuno. Quando offriamo la nostra attenzione a coloro che ci hanno preceduto riceviamo protezione
e benevolo incoraggiamento a proseguire nel nostro cammino, invocando la collaborazione di chi abita le dimensioni
parallele alla nostra è possibile godere appieno della rivitalizzante connessione con gli elementi.
Credo sia importante aggiungere come la “lettura” di uno spazio e dei suoi abitanti non debba limitarsi alla composizione
canonica geobiologica ma debba integrarsi con tutti gli aspetti dell’esistenza. Vero è che anche in una casa sana ci si
può ammalare per svariati motivi, ma indubbiamente in un ambiente geopatico ci si ammala prima e in modo più
pesante. Fattori intrinsechi e complessi come il destino karmico o i legami famigliari, fino a cose più basilari come
l’alimentazione o la bontà d’animo o meno dei vicini di casa, risultano chiavi interpretative utili ad affiancare il
cambiamento quando possibile e necessario.
Frequentemente modificare in meglio l’energia di una casa oltre a riverberarsi beneficamente sulla salute generale degli
abitanti manifesta un chiaro segno di cambiamento ed evoluzione degli stessi. Confermando come il luogo in cui viviamo
sia la nostra “seconda pelle”, e ci assomigli in molti aspetti esterni ed interni. Quando siamo pronti a cambiare, il
cambiamento giunge e porta oltre i limiti di ciò che ci eravamo autoimposti.
In questi anni ho osservato il malessere di certi individui, purtroppo colti da forti dipendenze, e di come questo
risuonasse perfettamente con le loro abitazioni che seppur molto curate erano immerse in forti geopatie destabilizzanti.
Mentre ho apprezzato e goduto dell’armonia essenziale e sobria di semplici appartamenti o casette abitate da persone
equilibrate e serene. In cui anche se c’era la presenza di un singolo elemento fastidioso, come una piccola vena
sotterranea, era inserito in un contesto di bilanciamento delle forze elementali. Questo per evidenziare come il
geobiologo deve discernere la natura delle cose, senza dare per scontato nulla, in certi casi ciò che per altri non è
necessario e sostenibile per altri lo può essere.