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1 Ascoltare la Parola di Dio GESÙ: LA LEGGE DELL’AMORE, SEMPRE VI Domenica del Tempo Ordinario 16 Febbraio 2014 «Sia invece il vostro parlare: “sì, sì”, “no, no”» «A nessuno ha comandato di essere empio.» (Sir 15, 20) Commenti al Vangelo Quando Dio fa il “bastian contrario” C’è sempre un però a guastare una frase: «Bravo/a però..., bello/a però..., in gamba però..., intelligente però... capace però...». Quasi che la storia – anche la storia apparentemente più insignificante o più gloriosa – sia sempre ad un passo dall’esplodere, però poi rimane lì, a mezz’aria, sulla cresta. Inconcludente. Il però è una legge dell’umano alla quale nemmeno Cristo osò esimersi dall’applicarla: «Avete inteso che fu detto [...] Ma io vi dico». Ch’è come dire: finora è sembrato giusto così, però d’ora in poi non basterà più. Cristo, il “bastian contrario” dell’Eterno, l’esagerazione ch’è sempre anticipo e preludio della grandezza, la convinzione d’essere l’Uomo definitivo, quello che cambierà la storia:

GESÙ: LA LEGGE DELL’AMORE, SEMPRE

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Ascoltare la Parola di Dio

GESÙ: LA LEGGE DELL’AMORE, SEMPRE

VI Domenica del Tempo Ordinario

16 Febbraio 2014

«Sia invece il vostro parlare: “sì, sì”, “no, no”»

«A nessuno ha comandato di essere empio.» (Sir 15, 20)

Commenti al Vangelo

Quando Dio fa il “bastian contrario” C’è sempre un però a guastare una frase: «Bravo/a però..., bello/a però..., in gamba però..., intelligente però... capace però...». Quasi che la storia – anche la storia apparentemente più insignificante o più gloriosa – sia sempre ad un passo dall’esplodere, però poi rimane lì, a mezz’aria, sulla cresta. Inconcludente. Il però è una legge dell’umano alla quale nemmeno Cristo osò esimersi dall’applicarla: «Avete inteso che fu detto [...] Ma io vi dico». Ch’è come dire: finora è sembrato giusto così, però d’ora in poi non basterà più. Cristo, il “bastian contrario” dell’Eterno, l’esagerazione ch’è sempre anticipo e preludio della grandezza, la convinzione d’essere l’Uomo definitivo, quello che cambierà la storia:

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finanche la convinzione assoluta dei propri mezzi. È legge dell’umano e anche Cristo la sopporta, pur prendendosi il lusso – Lui ch’è per davvero “Figlio di Papà” – di metterci del suo, come quei musicisti geniali che su uno spartito d’autore propongono delle variazioni melodiche: quel tocco di personalismo artistico che sovente il pubblico mostra di gradire appieno. Eppur tra i due però – quello dell’uomo e quello di Dio – scorre la differenza tra il Cielo e la Terra. Perché quando l’uomo armeggia quella particella, spesso lo fa per diminuire la prestanza di ciò ch’è stato detto prima – “intelligente, però tenga conto ch’è figlio di professori” -, o tutt’al più per cercare di darne una ragione che affievolisca la sublimità di ciò ch’era in principio. Quando l’armeggia Dio, invece, quel però si rovescia e produce l’effetto opposto: non tanto di banalizzare ciò che è stato, ma d’annunciare qualcosa di così grande che darà maggior valore a ciò che l’ha anticipato. Come un restauratore di mobilio antiquato: non getta le vecchie assi o il legno di ciliegio divorato dalla tarmi, ma lo prende e con passione di certosino ne ringiovanisce la freschezza e lo rimette nel mercato. Più avvenente, più prezioso, più stimato. Così è d’Iddio: dopo di Lui non basterà più dire di non aver ucciso, ma sarà di chi Lo vorrà seguire nemmeno dare dello stupido al fratello. Non basterà più non andare a letto con un’altra donna, ma servirà addirittura una cura maniacale dello sguardo che le si pone. È serietà del Cielo l’andare alla radice dei problemi per sconfiggerli: dal desiderio dello sguardo inizia l’adulterio, dal considerare stupido o inetto un fratello inizia l’omicidio. È per questo che di Cristo si rimproverò la radicalità: ha la stessa provenienza di radice, ovvero di ciò che sta all’inizio, al fondo, di ciò che fa passare la linfa’, la vita stessa. Tanto vale, dunque, andare alla radice e scovare il male dall’inizio. Per impedirgli poi d’ingrandirsi a dismisura cammin facendo. Anche nel Giardino dell’Eden l’Eterno non s’arrestò alla mela ma andò alla ricerca di chi la mangiò, cioè di Adamo. Giunto da lui, non s’arrestò: andò alla ricerca di chi l’aveva suggerita ad Adamo, cioè Eva. Giunto da lei, non s’arrestò: andò ancor più giù, alla radice stessa di chi, per pura gelosia, tentò di guastare all’inizio la più bella tra le storie d’amore, quella tra Iddio e l’uomo. Laggiù, alla radice, trovò Satana e lo maledisse in eterno. Senza mezzi termini, senza misura, ilare e baldanzoso. Finanche minaccioso per il Demonio. Nei Vangeli non basta trovare un colpevole, Cristo cerca il colpevole; come non Gli basterà trovare un motivo di male ma andrà cocciutamente alla caccia del male per stanarlo, denigrarlo e combatterlo strada facendo. Ciò che conta per il Cielo è l’intenzione, il sentimento, ciò che abita nel cuore delle gesta di quaggiù. Il però d’Iddio: non per umiliare ma per perfezionare, non per redarguire ma per stimolare, non per nascondere ma per additare. L’accusarono d’essere stato l’uomo dei cambiamenti: per certuni bastò questo per dichiararlo reo di morte. Taluni, di questi certuni, mai capirono che per quell’Uomo cambiare non significava disprezzare il passato ma amarlo così alla follia d’arrischiarsi l’esagerazione pur di far splendere appieno il bene che già c’era. Prima di Lui, prima di noi. Laddove batte forte il cuore dell’umano. (a cura di don Marco Pozza)

Fonte: http://www.qumran2.net Gesù è molto, molto di più! Grazie a Dio, c’è lo Spirito Santo... sì, perché altrimenti comprendere «una sapienza che non è di questo mondo» risulterebbe alquanto complicato. Come si può, infatti, con le sole facoltà umane, comprendere «la sapienza di Dio, che è nel mistero, che è rimasta nascosta e che Dio ha stabilito prima dei secoli per la nostra gloria?».

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Almeno, parlando per me, faccio già fatica a comprendere (a partire dal mio...) il modo di ragionare degli uomini: un modo di ragionare che mi dovrebbe essere familiare, evidente, non avvolto dal mistero, e di certo non eterno, in quanto limitato e legato alle categorie dello spazio e del tempo in cui viviamo, per cui dovrebbe essere sufficiente mantenersi un po’ aggiornati per capire come ragiona la sapienza umana. Invece, pure quella è complessa e difficilmente comprensibile, perché mutabile, perché incostante, perché incoerente, perché varia da persona a persona, e soprattutto perché limitata e legata allo spazio e al tempo: per cui, una cosa che per una cultura e un’area geografica è ben comprensibile ed evidente, per un’altra cultura e un altro paese significa tutt’altro. Non parliamo poi del tempo, in una società come la nostra in cui le informazioni viaggiano alla velocità della luce, e gli stili di vita di conseguenza: per cui, in cinque anni ritrovi completamente rivoluzionato il modo di vivere. Se poi ragioniamo per decenni, allora ci terrorizziamo: pensiamo anche solo al cambio di mentalità che hanno creato in venti anni gli SMS... Ora in 3 secondi trasmetti da un capo all’altro del pianeta (con alcune applicazioni, tra l’altro, anche in forma gratuita) informazioni e documenti che vent’anni fa avresti atteso (quando tutto andava bene) almeno una giornata perché potessero arrivare a destinazione, spendendo comunque cifre ragguardevoli in corrieri e Pony Express... e siamo comunque sempre nella sfera dell’umano, del tempo e dello spazio! Comunque, non scherza neppure la Sapienza di Dio, per quanto riguarda i cambiamenti di mentalità: forse perde un po’ in rapidità, perché i tempi di Dio sono davvero “biblici” (nella stragrande maggioranza dei casi) ma di certo il pensare di Dio sovrasta così tanto il pensare umano che quando ne invade la sfera lo sconvolge letteralmente. Basta leggere il brano di Vangelo di oggi per capire quanto la Sapienza divina è capace di sconvolgere la sapienza umana. È vero che il Discorso della Montagna che Matteo mette in bocca a Gesù è tutto teso a fare di Gesù il nuovo Mosè, colui che – dall’alto del monte, come da un nuovo Sinai – fa da mediatore tra Dio e gli uomini per donare loro la legge della Nuova Alleanza (il Nuovo Testamento, in sostanza), per cui cerca di mostrare come l’insegnamento di Gesù non sia la contrapposizione, ma il superamento, il compimento, il completamento dell’Antica Alleanza del Sinai: e di certo, non si supera un tratto di strada senza prima averlo faticosamente raggiunto e percorso. Ma è altrettanto vero che il brano di Vangelo che abbiamo letto contiene una parola che sintatticamente è di un’insignificanza estrema, eppure nella sua insignificanza dà il tono a tutto il brano. Si tratta di una congiunzione [...] ripetuta 5 volte nel brano di oggi: poche, su venti versetti, ma collocate come i detonatori di una carica di dinamite in mezzo alle fessure della roccia, che distruggono la nostra immagine di religione e forse destrutturano anche il nostro rapporto con Dio verso un rapporto più autentico. Queste “cariche di dinamite” si riconducono alla congiunzione “ma”, che sarà senz’altro segno del superamento della legge, ma che a me pare suoni innanzitutto come rottura definitiva con il pensiero, la saggezza umana dell’Antico Testamento. Ha un bel da fare il Gesù di Matteo a convincere la comunità ebraica per la quale scrive il suo Vangelo che lui non è venuto ad abolire, ma a portare a compimento: gli bastano pochi versetti per far capire che con lui non si gioca al ribasso. O prendere, o lasciare: non c’è via di scampo. Giocare la strada del pensiero debole, del minimo comun denominatore, del minimo indispensabile su cui tutti negoziamo un accordo, non è strada per il discepolo. Con Gesù, non si può giocare nemmeno sui principi “minimi”, altrimenti si diviene “minimalisti”, e il Regno ci considererà “minimi”. Con Gesù si va fino in fondo, e la logica è quella del “ma”: prima di lui, la sapienza umana si conformava con le cose minime ed essenziali, ma ora questo non basta più. È giunta una sapienza superiore, che Dio ci rivela per mezzo dello Spirito (come dice Paolo), e con la quale è assolutamente indispensabile dire un “ma” di rottura con il passato e puntare alle cose più alte. Non uccidere è fondamentale per la conservazione della razza umana, ma non basta: per costruire una società giusta occorre creare relazioni giuste e rispettose, e allora tuo fratello non può da te essere considerato “stupido” o “pazzo”. Non tradire la persona che ami è

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fondamentale per la costruzione di un patto solido tra un uomo e una donna, ma non basta: la formalità di un rapporto esternamente perfetto ma interiormente lacerato perché desideroso di trovare l’amore altrove, è ben peggiore di qualsiasi tradimento. Amare è senza dubbio molto, molto di più che non tradire solamente. Non giurare – soprattutto quando si sa bene che non si riuscirà a mantenere fede al giuramento – è fondamentale perché la gente si possa fidare di te, ma non basta: occorre vivere nella sincerità fino in fondo, sinceri con i fatti, più che con le parole, sinceri perché coerenti, come un “sì” detto una sola volta e un “no” a cui si mantiene fede, costi quel che costi. Abbiamo ancora il coraggio di dire che questo “andare oltre” di Gesù non è altro che in continuità con ciò che è il pensiero dell’Antica Alleanza? Sinceramente, a me pare davvero molto di più. È decisamente una frattura con ciò che il popolo eletto stava vivendo; è la sconvolgente novità del Vangelo. È la sapienza di Gesù che, tra l’altro, non è fatta di leggi, di comandamenti e di imposizioni, ma di uno stile nuovo di vivere il rapporto con Dio, basato sulla libera scelta di amarlo o di abbandonarlo. Questo sì, è in continuità con quanto l’Antico Testamento letto oggi nella prima lettura, quella di Siracide, ci ha insegnato: «A nessuno, Dio ha comandato di essere empio e a nessuno ha dato il permesso di peccare». A ognuno, ha dato la possibilità di scegliere liberamente: o con me o contro di me. E siamo solo all’inizio... (a cura di don Alberto Brignoli)

Fonte: http://www.qumran2.net Lo scopo della legge è far fiorire l'uomo Un altro dei Vangeli “impossibili”: se ognuno che dà del matto o dello stupido a un fratello in un impeto d’ira, fosse trascinato in tribunale o finisse all’inferno, non avremmo più un uomo a piede libero sulla terra e, nei cieli, Dio tutto solo a intristire nel suo paradiso vuoto. Gesù stesso sembra contraddirsi: afferma l’inviolabilità della legge fin nei minimi dettagli e trasgredisce la norma più grande, il riposo del sabato. Ma ogni sua parola converge verso un obiettivo: far emergere l’anima segreta, andare al cuore della norma. Il Vangelo non è un manuale di istruzioni, con tutte le regole già pronte per l’uso, già definite e da applicare. Il Vangelo è maestro di umanità, non ci permette di non pensare con la nostra testa, convoca la nostra coscienza e la responsabilità del nostro agire, da non delegare a nessun legislatore. Allora cerco di leggere più in profondità e vedo che Gesù porta a compimento la legge lungo due linee: la linea del cuore e la linea della persona. La linea del cuore. «Fu detto: non ucciderai; ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, cioè chiunque alimenta dentro di sé rabbie e rancori, è già in cuor suo un omicida». Gesù va alla sorgente, al laboratorio dove si forma ciò che poi uscirà all’esterno come parola e gesto: «Ritorna al tuo cuore e guariscilo, poi potrai curare tutta la vita». Va alla radice che genera la morte o la vita: «Chi non ama suo fratello è omicida» (1Gv 3, 15 ). Il disamore uccide. Non amare qualcuno è togliergli vita; non amare è per te un lento morire. La linea della persona: «Se tu guardi una donna per desiderarla sei già adultero»... Non dice: «Se tu, uomo, desideri una donna; se tu, donna, desideri un uomo». Non è il desiderio ad essere condannato, ma quel “per”, vale a dire quando tu ti adoperi con gesti e parole allo scopo di sedurre e possedere l’altro, quando trami per ridurlo a tuo oggetto, tu pecchi contro la grandezza e la bellezza di quella persona. È un peccato di adulterio nel senso originario del verbo ‘adulterare’: tu alteri, falsifichi, manipoli, immiserisci la persona. Le rubi il sogno di Dio, l’immagine di Dio. Perché riduci a corpo anonimo, lui o lei che invece sono abisso e cielo, profondità e vertigine. Pecchi non tanto contro la morale, ma contro la persona, contro la nobiltà, l’unicità, il divino della persona. Lo scopo della legge morale non è altro che custodire,

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coltivare, far fiorire l’umanità dell’uomo. A questo fine Gesù propone un unico salto di qualità: il ritorno al cuore e alla persona. Allora il Vangelo è facile, umanissimo, felice, anche quando dice parole che danno le vertigini. Non aggiunge fatica, non cerca eroi, ma uomini e donne veri. (a cura di padre Ermes Ronchi)

Fonte: http://www.qumran2.net