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nu.t.J<.AllUN l NTERNATIONALE DES I NS TITUTS D' ÉTUDES MfDifVALES Présidents honoraires: L. E. BOYLE (t) (Bibl ioteca Apostolica Vaticana e Commi ssio Leo- ni na, 1987-1999 ) L. H OLTZ (Institut de Recherche et d'Histoire des Textes, Paris, 19 99-200 3) Président: ]. H AMESSE (Un iversité Catholique de Louvai n, Louvain-la- Ne uve) Vice-Président: O. MERISALO (University of Jyvaskyl a) Membres du Comité: P BoURGAIN (Ecole Nationale des Chartes, Paris) Ch. BURNETT (The Wa rburg Institute, London) M. C. PACHECO (Uni ve rsidade do Porto , Ga binete de Filosofia Medi eva!) O. PECERE (Un iversi degli Studi di C assi no ) N. VAN DEUSEN ( Claremont College, CA l Medieval Academy of Ameri ca) Sécretaire: ]. MEIRINHOS do Porto) Ti-ésorier. O. WEIJERS (Co n sta ntijn Huygens Inst i tuut, Den Haag) Féderation Imernationale des Instituts d'Études Médiévales TEXTES ET ÉTUDES DU MOYEN AGE, 31 LE FELICITÀ NEL MEDIOEVO ATTI DEL CONVEGNO DELLA SOCIETÀ ITALIANA PER LO STUDIO DEL PENSIERO MEDIEVALE (S. l. S. P. M.) MILANO, 12-1 3 SETTEMBRE 2003 a cura di MARIA BETTETINI e F RANCES CO D. PAP ARELLA LOUVAIN-LA-NEUVE 2005

Giacomo da Pistoia, "Quaestio de Felicitate" (ed. Irene Zavattero)

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“La Quaestio de felicitate di Giacomo da Pistoia: un tentativo di interpretazione alla luce di una nuova lettura critica del testo”, in Le felicità nel Medioevo, a cura di M. Bettettini e F. Paparella, Louvain-la-Neuve: Fidem, 2005, pp. 355-409.

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Page 1: Giacomo da Pistoia, "Quaestio de Felicitate" (ed. Irene Zavattero)

nu.t.J<.AllUN l NTERNATIONALE DES INSTITUTS

D'ÉTUDES MfDifVALES

Présidents honoraires:

L. E. BOYLE (t) (Bibl ioteca Apostolica Vaticana e Commissio Leo-nina, 1987-1999) L. H OLTZ (Institut de Recherche et d'Histoire des Textes, Paris, 1999-2003)

Président:

]. H AMESSE (Université Catholique de Louvain, Louvain-la-Neuve)

Vice-Président: O. MERISALO (University of Jyvaskyla)

Membres du Comité:

P BoURGAIN (Ecole Nationale des Chartes, Paris) Ch. BURNETT (The Warburg Institute, London) M. C. PACHECO (Universidade do Porto, Gabinete de Filosofia Medi eva!)

O. PECERE (Università degli Studi di Cassino) N. VAN DEUSEN (Claremont College, CA l Medieval Academy of America)

Sécretaire: ]. MEIRINHOS Huョ ゥ カ・イウゥ セ 。 、 ・@ do Porto)

Ti-ésorier. O. WEIJERS (Constantijn Huygens Insti tuut, Den Haag)

Féderation Imernationale des Instituts d'Études Médiévales

TEXTES ET ÉTUDES DU MOYEN AGE, 31

LE FELICITÀ NEL MEDIOEVO

ATTI DEL CONVEGNO DELLA SOCIETÀ ITALIANA PER LO STUDIO DEL PENSIERO MEDIEVALE (S. l. S. P. M.)

MILANO, 12-13 SETTEMBRE 2003

a cura di

MARIA BETTETINI e FRANCESCO D. PAPARELLA

LOUVAIN-LA-NEUVE 2005

Page 2: Giacomo da Pistoia, "Quaestio de Felicitate" (ed. Irene Zavattero)

lRENE ZAVATrERO

LA «QUAESTIO DE FELICITATE» DI GIACOMO DA PISTOIA:

UN TENTATIVO DI INTERPRETAZIONE

ALLA LUCE DI UNA NUOVA EDIZIONE CRITICA DEL TESTO

Segnalata per la prima volra nel 1931 da Martin Grabmannl, la Quaestio defelicitate2 di Giacomo da Pistoia venne pubblicata nel 1955 da Pau! O. Kristeller collazionando due manoscrini, il Vat. Lat. 2172 e il 17Jeol.

Quarto 204, quest'ultimo conservato presso la Wi.irttembergische Landesbibliotek di Stoccarda3. Come Grabmann aveva a più riprese sottoli-neato, la quaestio è •Un'esposizione della dottrina aristotelica della felicità,.4 ed è connessa con l'ambiente universitario bolognese della fine del Xlii

1 M. GRABMANN, ·Der lateinische Averroismus des 13. Jahrhunderts und seine Stellung zur christlichen Weltanschauung, Mitteilungen aus ungedruchten Ethikkommentaren .. , in Sitzungsbericbte der Bayeriscben Akademie der Wissenschaften, Philosopbt:sch-Historiscbe Abteilung (Jahrgang 1931) Heft 2. Mi.inchen, Ver!ag der Bayerischen Akademie der Wissenschaften, p. 55.

2 Scegliamo questa dicitura, anziché quella di tractatus, non solo perché traman-data dal ms. vaticano, che è il più antico e autorevole dei tre codici, ma anche per-ché la forma del testo; soprattutto nella parte conclusiva dove sono esposti gli argo-menti contrari con le relative soluzioni, "rispecchia quella delle quaestiones scolasti-che; cf. n. 13 e APPENDICE.

3 P. O. KruSTELLER, ·A Philosophical Treatise from Bologna Dedicated to Guido Cavalcanti: Magister Jacobus de Pistorio.and bis "Questio de felicitate''., in Medioevo e Rinascimento. Studi in onore di Bruno Nardi. Firenze, Sansoni, 1955, I, pp. 427-463, successivamente ristampato in P. O. KRISTELLER, Studies in Renaissance Thougbt ancl Letters (Storia e Letteratura. Raccolta di Studi e Testi 178). Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1993, III, pp. 509-537; per il seguito si citerà da questa ristampa.

4 M. GRABMANN, •L'aristotelismo italiano ai tempi di Dante con particolare riguar-do all'Università di Bologna•, in Rivista di filosofia neoscolastica, 38 (1946), pp. 260-277, in particolare 273.

Page 3: Giacomo da Pistoia, "Quaestio de Felicitate" (ed. Irene Zavattero)

356 !RENE ZAVATrERO

secolo pi\:1 precisamente, è da ritenersi uno dei primi documenti della cor-

rente filosofica dell"averroismo bolognese'. Nella sua edizione Kristeller sot-

tolineò l'importanza del codice di Stoccarda recante nell'incipit una dedica

a Guido Cavalcanti, elemento che permetteva sia di ipotizzare una •Connes-

sione diretta fra i filosofi della facoltà delle Arti di Bologna e i poeti toscani

del Dolce stil nova", sia di fissare come termine di datazione ante quem il

1300, anno della morte del poetaS.

Le scarse notizie biografiche su Giacomo da Pistoia6 -di cui si conosce-

va soltanto, grazie ai codici, il titolo di magister (qualifica che esercitò a

Bologna, dove fu disputata la quaestio)7-furono arricchite da Maria Corti8

che identificò il nostro autore con quel D. jacobus quondam Hugonis de Pistorio presente nell'elenco degli scholares illustres dell'università di Bologna

nell'anno 12909. Ciò permise di assumere il 1290 come terminus post quem di

datazione della quaestio - in quell'anno, infatti, Giacomo è dominus e non

ancora magL-;ter- e di collocarne la composizione fra il 1290 e il 1300*.

La traduzione e presentazione che Francesco Bottin fece della quaestio nel 1989, insieme a Il sommo Bene di Boezio di Dacia, ribadì, da un lato, l 'in-

; KRISTEI.I.ER, ·A Philosophical TreatiSe•, p. 510. 6 Per una presentazione bio-bibliografica dell'autore cf. A. OTIAVIANI, ·Giacomo da

Pisroia", in Dizionario biografico degli itali ani, 54 (2000), pp. 231-233. 7 Nella tabu.!a del ms. vaticano si legge: ·Quaesrio disputata de felicitate per magi-

strum Jacobum de Pistorio Bononie>·; il colophon del ms. di Sroccarda recita: ·Explicit tractatus de summa felicitate humana et in quo consistat magistri jacobi de Pistoria

scriptus p (sic) Bononie-. 8 M. ConTI, Dante a. un nuovo crocevia. Firenze, Sansoni, 1981, pp. 24-31; Io. , La

felicita mentale. Nuove prospettive per Cavalcanti e Dante. Torino, Einaudi, 1983, p. 7; quest'ultimo lavoro è stato ristampato nel volume miscellaneo di M. CoRTI, Scritti su Cavalcanti e Dante. Torino, Einaudi, 2003, pp. 5-175, da cui si citerà per il seguito.

9 Cf. M . SARTI e M. FATrORJNt, De Claris Archigymnasii Bononiensis professoribus a saeculo Xl usque ad saeculum XIV Bononiae 1888-1896, II, p. 329.

• Solo dopo aver consegnato all'editore il manoscritto di questo articolo, ho rin-venuto in un documento del 15 gennaio 1270 un certo dominus Jacobus de Pistorio, testimone, insieme ad altri domini e ad un magistermedicus, del conferimento di una dote ("Memoriale di çagnibellus Alberti Fabri", in Chartularium Studii Bononiensis. Documenti per la storia dell'Università di Bologna dalle origini jìno al secolo XV. Bologna, IstitLIW per la Storia dell'Università di Bologna, 1987, Y:Y, p. 76). La generi-cità della dicitura, owiamente, non permette una sicura identificazione (il dubbi'o, d'altra parte, sussiste anche per il documento del 1290), tuttavia questo dato potreb-be setvire ad allargare il periodo di azione del nostro autore, probabilmente già pre-

sente a Bologna nel 1270.

.a..J'l. ·'-c!uru.: .... Jll"-" uc. rC.l..H.,.II/\II:.a Ul UIJ\LUMU UA ャGャセ@ lUlA j) /

teresse dei ーッセエゥ@ to:cani pe: la filosofia averroistica, conosciuta, probabilmen-

イセL@ ar:raverso l amb1ente umversitario bolognese dove avevano circolato i due

libell1, e dall'altro lato ャ セァ@ indissolubilmente la quaestio, che Bottin preferisce

ch1amare •trattato· con il titolo di De summa felicitate, al De summo bonolO

L'ultima . tappa significativa nella storia della quaestio è stata fornita

ancora 、ZャNkイセウエ・ャャ・Z@ che nel 1993, in calce alla ri stampa della sua edizione, comumco 1l nnvemmento di un terzo codice il ms 110 1

. . · • · conservato presso a bQ「セQッエ・」。@ Comunale e dell'Accademia Etrusca di Cortonall. Si tratta di

una n:uscellanea di :esti medici di notevole interesse che tramanda la quae-ウエZセ@ d1 G1acomo umtamente alla dedica al Cavalcanti redatta in una forma PIU completa rispetto a quella, in parre illeggibile, del manoscritto di Stoccarda.

. In questo contributo ci proponiamo l ) di sottolineare, mediante una

nlettura del testo, le caratteristiche della ·suprema felicità umana .. (ultima セ・ャゥ」ゥエ。ウ@ ィッュセョゥウI@ descritta da Giacomo; 2) di evidenziare l 'importanza del-

l aspetto pratico della sua teoria etica; 3) di mostrare l 'interesse medico della

sezione dedicata alle passiones; 4) di fornire qualche riflessione sulle con-

nessioni della quaestio con l'ambiente bolognese e toscano; 5) di evidenzia-

re 1l valore documentario del codice di Cortona mediante una sommaria

descrizione. In appendice 6), infine, forniamo una nuova edizione critica del

testo basata sui tre codici a noi noti.

10 F. BolTJN, Ricerca della felicità e piaceri dell'intelletto. Firenze, Nardini Editore 1989, tn pat1. a p. 2? sostiene che Giacomo fa ·una ampia rielaborazione• dell'opu-scolo boezta.no. Botun ーイセヲ・ョウ」・@ la formulazione del colophon del ms. di Stoccarda, assente neg!t altn due testtmont: ·Explicit tractatus de summa felicitate humana• che secondo la ConTI, La felicità mentale, p. 12, ·parafrasa anche nel titolo· il trattato 「ッ・セ@セQ。ョッN@ bエウッセョ。N@ セイ・」ゥウ。イ・@ che furono i lavori di Kristeller e soprattutto della Corti (cf. 1b1dem) ad. m.dtvtduare delle similitudini fra i due testi e ad ipotizzare che la quaestio, per la somtg!tanza al De summo bono e per la dedica a Cavalcanti, dimostrdsse la cir-」ッャ。コゥoセ・@ delle dottrine averroiste parigine nell'ambiente bolognese e toscano. Per le cttaztom Haltane オ ウセ イ・ ュッL@ in linea di massima, la traduzione di Bottin, introducendo talvolta delle modiftche basate sull'edizione critica che proponiamo in appendice.

11 Per d · · · una esenziOne sommaria del codice cf. G. MAZZA TINTI Inventari dei ma セ」イゥエエゥ@ delle biblioteche d'Italia . Forlì, Bordandini, 1896, vol. 18 HセゥウエN@ Firenze, oャウ」セセM963), pp. 50-51 e P. O. KruSTELLER, Iter Jtalicum, I: Jtaly. Agrigento to Novara Lo n 、ッョセ@

Letden, The Warburg Institute-E.]. Brill , 1965, pp. 3-4 .

Page 4: Giacomo da Pistoia, "Quaestio de Felicitate" (ed. Irene Zavattero)

358 !RENE ZAVATIERO

l

Secondo Giacomo da Pistoia, la felicità suprema gode di sei proprietà essenziali: è il bene pii:1 grande (summwn bonum) che possa capitare all'uo-mol2; il fine ultimo della vita umana; il totale soddisfacimento del desiderio umano quando sia orientato verso retti fini e secondo la natura dell'uomo; un bene sufficiente a se stesso sotto ogni aspetto; un bene peculiare dell'uo-mo; un bene posseduto e realizzato dall'uomo (rr. 13-47).

Dopo questa esposizione schematica ed elencatoria del tema, secondo

la tipica apertura delle quaestiones e dei trattati medieva!i13, Giacomo pro-

cede alla discussione vera e propria suddividendo il testo in tre parti: l) defi-nizione e natura della felicità (quid sit et in qua consistatfelicitas, rr. 48-200);

2) modalità del conseguimento della stessa (per quam viam et qua/iter agen-do boma possit ad ipsam petvenil·e. rr. 201-273); 3) risposte alle possibili obiezioni Cmlvere quaestiones quasdam probantes oppositwn veritatis deter-

minatae, rr. 274-405).

Nella prima parte, al termine di una serrata dimostrazione, l'autore con-clude che la felicità consiste nell'attività (operaNo) stessa dell'intelletto spe-culativo. Tale intellezione, tuttavia, deve soddisfare quattro condizioni di eccellenza, ovvero che il suo oggetto sia un intelligibile ottimo e nobilissi-

mo, che sia un'operazione continua, che provenga da una virtù nobilissima e che si compia in una facoltit nobilissima. La felicità, quindi, "non è altro

che pensare con continuità, per quanto possibile all'uomo, le sostanze sepa-r<He e soprattutto Dio .. 14 mediante .. un'intellezione che procede dalla Sapienza stessa, della quale è informata la parte più nobile dell'intelletto

12 La prima proprietà non ha bisogno di spiegazioni, su questa 、・ヲゥョゥコゥッセ・@ ·con-cordano tutti coloro che hanno parlato della felicità· (rr. 15-16). Nonostante l espres-sione su.mmu.m bonum richiami il trattato di Boezio di Dacia, tuttavm la fonte espl!-cita per 1a coincidenza del sommo bene con la felicità fu per Giacon:o Ce per_r com-mentatori dal Xlll secolo in poi), in primo luogo, rl pens1ero anstotel!co dr cu1 segue fedelmente le argomentazioni.

13 Per le osservazioni sulla forma del testo, tipica delle quaestiones scolastiche, ma con probabili elaborazioni successi'.·e che la rendono simile ad un trattato, cf. KRtSTELLEH, ·A Philosophical Treatise•, p. 515.

14 Giacomo usa il verbo intelligem e non parla propriamente di unio o 」ッーオャ。セ_@con le sostanze separate come spesso viene descritto il raggiungimento della fe!rcrta speculativa.

LA ·QUAESTIO DE FELICITATE· DI GIACOMO DA PISTOIA 359

speculativo .. (rr. 186-187). La definizione di Giacomo non può che riferirsi alla felicità perfetta.

Giunto a questo punto, dopo aver riassunto fedelmente la posizione aristotelica, l'autore non precisa, come aveva fatto ad esempio san Tommaso15, che questa attività conoscitiva così perfetta e continua possa compiersi soltanto nella vita futura - perché impossibile in questa vi ta in assenza dell'intervento della grazia divina -. bensì allega il famoso passo dell'Etica aristotelica16 riguardante la necessità di una certa prosperità este-riore ed elenca, quindi, le esigenze pratiche di un tipo di felicità che può coincidere soltanto con la felicità terrena e non di certo con la beatitudine esperibile nell'aldilà, per la quale tale preoccupazioni materiali sarebbero assolutamente fuori luogo.

Il nostro autore accenna, inoltre, all'esistenza di altri tipi di felicità per l'uomo, tanti quanti sono i modi di considerare l'individuo (rr. 374-380): il fine ultimo dell'uomo in quanto uomo è la felicità stessa, dell'uomo in quan-to parte della società familiare e civile è la felicità pratica, dell'uomo in quan-to parte dell'intero universo è la generazione di un essere simile a lui. A pro-

posito del primo tipo, Giacomo specifica: "è di tale fine che stiamo trattan-do qui" (de tali fine loquimur in praesenti). L'oggetto della quaestio è, dun-que, la felicità dell'uomo in quanto uomo, vale a dire secondo la sua natu-ra umana, una felicità che l'autore è solito connotare come ·suprema felici-

tà dell'uomo· (ultima jelicitas bominis), ma anche come felicitas nostra (r. 150) o felicitas bumana (cf. explicit del ms. di Stoccarda) o la felicità a cui

inclinano gli bomines existentes (r. 365). Giacomo, quindi, si limita ad inda-gare l'ambito dell'esistenza terrena e della felicità in essa realizzabile.

Il punto di vista adottato dall'autore è unicamente quello filosofico, come dimostrano l'adesione totale alla dottrina etica aristotelica e la defini-zione di felicità come speculazione delle sostanze separate, che è l 'attività filosofica per eccellenza, nonché il riferimento esplicito alla filosofia in un paio di passaggi della quaestio, nel primo dei quali Giacomo afferma esse-

15 TOMMASO D'AQUINO, Summa Theologiae, in S. Thomae Aquinatis Opem Omnia (XN), ed. Leonina. Roma, 1943, Ia Ilae 3.2 ad 4

16 AruSTOTELEs; Ethica Nicomacbea, ed. L. BYWATER. Oxford, Clarendon Press, 1894, X 9, 1178 b32-34: ·la natura non è di per sé sufficiente per speculare, ma bisogna anche che il corpo sia sano, che vi siano cibi e bevande ed ogni altra cosa necessa-ria .. , cf. rr. 197-198. Per il dibattito su pove11à e-eticità cf. L. BIANCHI, Il vescovo e i filo -sofi. La condanna parigina del 1277 e l'evoluzione dell'aristotelismo scolastico. Bergamo, Lubrina, 1990, pp. 161-162.

Page 5: Giacomo da Pistoia, "Quaestio de Felicitate" (ed. Irene Zavattero)

360 !RENE ZAVATTERO

re ·chiaro a tutti i conoscitori della filosofia" (rr. 183-184) che Dio è la più nobile delle sostanze separate, mentre nel secondo passaggio colloca fuori

dalla .. corrente peripatetica .. (r. 153) - o, secondo la variante del rris. di

Cortona, .. filosofica" - chi nega che .la felicità consista nella speculazione.

La scelta di condurre un'indagine di tipo razionale ha portato l'autore

ad escludere qualsiasi preoccupazione teologica e dogmatica, a differenza di quanto accade, ad esempio, nei primi commenti all'Etica Nicomachea (EN)

ancora così legati alla tradizione interpretativa cristianal7, che trattano la

solita distinzione tra felicità perfetta e imperfetta. La quaestio non cita tale

contrapposizione, ma soltanto tre diversi tipi di felicità, quelli a cui abbiamo già accennato, tutti realizzabili nella vita presente e fra i quali spicca, come

migliore e suprema, quella speculativa. Giacomo, tuttavia, benché non asse-

gni alla grazia divina un qualche ruolo nel raggiungimento della felicità, evoca il credo religioso mediante la citazione di Dio in due passaggi che,

anziché aprire ad una riflessione teologica, sono decisivi per l'interpretazio-

ne averroistica della quaestio: nel primo caso Dio è ·l'intelligibile ottimo e nobilissimo", ·la più nobile delle sostanze separate" (rr. 182-183) che si deve

conoscere Cintelligere) per raggiungere la felicità suprema; nel secondo Dio

rende la riproduzione della specie umana perenne per colmare l 'imperfezio-ne umana (rr. 388-389). Entrambi i riferimenti alla divinità si inseriscono in

contesti strettamente filosofici che dimostrano come Giacomo, !ungi dal .. conformarsi - secondo l'affermazione di N. Siraisi - all'ideologia religiosa del tempo·.l8, scelga. piuttosto di esporre la sententia philosophi. Egli, infat-

17 Cf. G. Wm.AND, ·L'émergence de l'éthique philosophique au XIIIe siècle, avec une attention spéciale pour le ·Guide de l'étudiant parisien·•, in L'enseignement de la pbilosopbie au XIII" siècle. Autou.r du ·Guide de l'étudiant• du ms. Ripoli 109 (Studia Artista rum 5), éd. par C. LAFLEUR et]. CARRIER. Turnhout, Brepols, 1997, pp. 167-180. Wieland analizzando i primi commenti all'Etica (prima del Duecento) riscontra, nella trattazione delle vittLI intellettuali, una comune adesione alla tradizione interpretativa cristiana, fuorché nel commento di Robert Kilwarby.

18 N.G. SIRAISI, Taddeo Aldemtto and bis pupils. Two generations of italian medi-ca.lleaming. Princeton, N.J., Princeton University Press 1981, p. 74. Il dato di fede potrebbe servire a Giacomo come ·idea-limite• o ·criterio assoluto• rispetto al quale misurare la perfezione della felicità, per riprendere le parole di L. BIANCHI (•Felicità · terrena e beatitudine ultraterrena. Boezio di Dacia e l'articolo 157 censurato da Tempier·, in Cbémins de la pensée médiévale. Etudes offertes à Zénon Kaluza, éd. par P.J..J.M. BAKKEil. Turnhoult, Brepols, 2002, pp. 193-214) a commento del passo 1.4 del De summo bono di cui propone una nuova interpretazione liberando l'opuscolo boe-ziano da quel sospetto di •appropriazione filosofica del discorso teologico· sostenu-to da D. Piché, ma già introdotto da A.]. Celano che aveva individuato nel testo, in

LA ·QUAESTIO DE FELICITATE· DI GIACOMO lJA セ セセ G ャuャa@ :JU.l

ti , dichiara espressamente, nel secondo caso, a proposito della perpetuità della specie umana 19 che ·Tuttavia questa è l 'opinione del Filosofo, del quale qui cerchiamo l'insegnamento, e che è in contrasto con la verità infal-

libile che la fede presuppone· (rr. 389-391). Nel primo caso, invece, ponen-do in Dio il culmine della contemplazione filosofica, Giacomo sottolinea le immense possibilità dell'indagine razionale, di quel tipo di indagine che ha

scelto per sviluppare la sua quaestio, ma soprattuno completa la descrizio-ne di una felicità perfetta fissandone la piena realizzazione nella conoscen-za dell'ente massimamente perfetto.

L'ammissione del contrasto fra l'opinione di Aristotele e l'insegnamen-to della Chiesa - dottrina che fu impropriamente chiamata della 'doppia verità' - e la teoria di una felicità perfetta realizzabile dall'uomo nel corso

dell 'esistenza terrena mediante l'esercizio delle sue capacità intellettive sono due caratteri distintivi della corrente filosofica del cosiddeno 'aristotelismo radicale' o 'averroismo'20.

L'idea della realizzazione del fine dell'uomo - il conseguimento della ultima felicitas hominis secondo Giacomo, o in termini averroistici ultima

maniera del tutto infondata, delle nozioni teologiche e dei debiti nei confronti di Tommaso d'Aquino (cf. ibidem, pp. 206-212 e bibliografia ivi indicata).

19 Giacomo afferm.a che Dio colma l'imperfezione della specie umana rendendo-la continua (cf. rr. 387-389). Secondo BornN, Ricerca della felicità, p. 92, n. 48 potrebbe trattarsi di -un accenno, molto cauto e prudente, ad una dottrina averroista• e rinvia a SIGERUS DE BRABANTIA , Les quaestiones super librum de causis de Siger de Brabant, éd. A. MARLASCA. Louvain-Paris, Publications Universitaires, 1972, p. 115,238-240 dove Sigieri sostiene che •non est inconveniens· per Aristotele che la ·generatio hominum sit perpetua•.

20 Utilizziamo per praticità queste 'etichette' storiografiche, ·consapevoli dell'am-biguità dei termini e del vivace dibattito storiografico che ha animato il XIX e XX secolo sull'esistenza o meno di una corrente averroista (cf. R. IMllACH, •L'averroisme latin du XIII siècle·, in Gli studi di filosofia medievale fra otto e novecento, contribu-to a un bilancio storiografico. Atti del convegno. internazionale, Roma, 21-23 settem-bre 1989. Roma, Ed. di Storia e Letteratura, 1991, pp. 191-208). Crediamo, inoltre, che l'assenza nella quaestio della teoria dell'intelletto unico (il monopsichismo a cui alcu-ni studiosi hanno circoscritto l'averroismo) e l'adesione stringente alla dottrina etica aristotelica potrebbero imporci, piuttosto, l'utilizzo deJJa categoria di 'aristotelismo radicale' o di 'averroismo etico' secondo la definizione di A. DE LIBERA, ·Averroisme éthique et philosophie mystique, De la félicité intellectuelle à la vie bienheureuse•, in Filosofia e teologia nel Trecento. Studi in ricordo di E. Randi, a cura di L. BIANCHI. Louvain-la-Neuve, FIDEM, 1994, pp. 33 - 55. Anche L. BrANCHI, ·Felicità terrena, p. 194, n. 2 (bibliografia ivi indicata) ha ribadito più volte ·l'impo1tanza dell'etica nella controversia averroista•. Cf. anche PICHÉ, La condamnation parisienne, pp. 227-283.

Page 6: Giacomo da Pistoia, "Quaestio de Felicitate" (ed. Irene Zavattero)

!RENE ZAVAlTERO

perfectio hominis21 - nella visione degli enti metafisicamente più elevati -l'intellezione delle sostanze separate e di Dio - risale all'EN e al commento .

fattone da Averroè, ed era universalmente diffusa fra gli aristotelici del XIII secolo. La qu.aestio di Giacomo si può dunque considerare, come la storie-

grafia piLJ recente ha ribadito22, un documento della larghissima circolazio-ne del tema della 'felicità mentale' proposta non soltanto dai cosiddetti 'aver-roisti latini' - Boezio di Dacia nel De swnmo bono e, secondo la testimo-nianza di Agostino Nifo, Sigieri di Brabante nel perduto Liber de jelicitate23

- , ma anche dai commentatori all'EN24 e da altri maestri delle arti, malgra-do la condanna del 127725.

La quaestio, tuttavia, si distingue da questi testi e, in particolare, dal De swnmo bono

26 - al quale viene spesso, ma impropriamente, abbina-

21 Per la famosa formula di Averroè ·ultima perfectio hominis est ut sit perfectus

per scientias speculativas et hoc est si bi ultima felicitas et vita perfecta• cf. ]. HAMESSE Les Auctoriwtes An:Stotelis. Un jlot1lège mediéval. l:.'tude bistorlque et edition crltique: Louvain-Paris, Publications universitaires, 1974, p. 143, n. 38.

22 Cf. BIANCHI , Il vescovo e i filosofi, pp.156-168 e la bibliografia ivi segnalata; Io.

·filosofi, Uomini e Bruti. Note per la storia di un'antropologia 'averroista'. ゥセ@Rinascimento, II serie, XXXII (1992), pp. 185-201. '

23 cf. B. NARDI, Sigie1·1 di Brabante nel pensiero del Rinascimento italiano. Roma

Ed. Italiane, 1945, pp. 22-29. ' 24

Vista la stretta adesione della quaestio alle argomentazioni dell'EH (citata 32 volte, su un totale di 50 citazioni, nella traduzione del Grossatesta, cf. apparato delle tomi nell'edizione in APPENDICE) crediamo che si debba tenere como anche del vasto repenorio dei commenti aii'EN Per un quadro complessivo dei 16 commenti. risalen-ti al XIII secolo, finom rinvenuti e dell'idea di felicità in essi discussa cf. G. WrEW\ND ·L'émergence de l'éthique philosophique au xrne siècle•, pp. 167-180; lo., ᄋ tィセ@l'erfection of Man. O n the Cause, Mutability, and Permanence of Human Happiness in 13th Cencury Commentaries on the Ethica Nicomachea (EN)·, in Il commento filo-sofi co nell' Occidente latino (secoli XIII-XV). Atti del colloquio Firenze-PiSa, 19-22 ottobre 2000 (Société internationale pour l'étude de la philosophie médiévale, Rencontres de philosophie médiévale, 10), a cura di G. FIORAVANTI, C. LEONARDr, s. peiセf│tイャN@ Turnhout, Brepols, 2002, pp. 359-377.

25 La condanna del Sill aba delle proposizioni ·Quod non est excellentior status

quam vacare philosophiae .. e •Quod sapientes mundi sunt philosophi tantum· si Jive-lò particolarmente inefficace, come dimostra BIANCHI, Il vescovo e i filosofi, pp. 153-168. Per una nuova edizione delle proposiziof'i censurate e per un esaustivo •commento storico-filosofico .. cf. l'ICI-l( La condamnation parisienne, cit. Le due proposizioni cita-te sono rispettivamente la n. 40 e 154, secondo la nuova numerazione di Piché.

26 l' · ' l· · d Il' l b · f e1 un ana 1s1 e opusco o oezmno c . l'ICHÉ, La condamnation part:sienne, pp. 243-261 e la bibliografia ivi indicata.

LA ·QUAESTIO DE FELICITATE· DI GIACOMO DA I' ISIUIA ..JV..J

ta27 - per l'assenza dell'esaltazione del filosofo e dell'elogio della filosofia nei termini entusiastici utilizzati dai maestri delle arti.

Se, infatti, la conoscenza metafisica di Dio e delle sostanze separate non è nient'altro che la filosofia per antonomasia28, allora anche Giacomo esalta la vita intellettuale quando afferma che felicitas consistit in speculari.

Alla quaestio, tuttavia, non solo manca quel pathos che pervade l'opuscolo boeziano" e che si può ritrovare, per certi aspetti, nelle quaestiones sulla

Metafisica del manoscritto di Lipsia29, ma anzi, se confrontata con il •Capo-

lavoro .. del De summo bono, essa assume i caratteri dello ·scolasticismo arido

e meccanico . .30. Giacomo nella sua trattazione non pone espressamente l'ac-

cento sulle qualità del filosofo, la moralità del suo comportamento e la supe-riorità della filosofia, anzi, non usa mai il termine pbilosopbus ma lo sosti-

tuisce con intelligens, così come utilizza il termine philosophia soltanto in due occorrenze.

Inoltre, benché Giacomo condivida con Boezio di Dacia lo stesso ritrat-

to del contemplativo, che entrambi desumono dall'EN, tuttavia il nostro

autore sembra lasciare aperta la strada per la felicità suprema ad ogni indi-

viduo desideroso di conseguirla e sembra non condividere quella prospetti-

27 CoRTI, La felicità mentale, p. 12: .. Il De summo bono oltre ad offrire alla quae-stio il modello strutturale o di genere letterario (fusione di quaestio e tmctatus giit rilevata da Kristeller), insegna il prelievo e il collegamento dei brani aristotelici dedi-cati alle passioni ostacolanti la felicità•. Quest'ultima affermazione non trova riscon-tro nel testo di Boezio che non tratta né degli ostacoli alla felicità, né delle passioni dell'anima.

28 Cf. il cosiddetto Commento Vaticano, q. 170: .. et loquitur de philosophia ista quae est in comemplatione p1imorum emium quae antonomastice dicin.u: philosophia· CVat. Lat. 2172, f. 52ra, Vat. Lat. 832, f. 42vb), citazione da R.A. GAUIHrER, ·Tro1s commenta1res 'Ave1,-oistes' sur l'Ethique à Nicomaque .. , in Archives d'H1:Stoire docttinale et littéraire du Moyen Age, 22-23 (1947-48), pp. 187-336, in part. p. 290, n. 3. Cf. anche il conuibuto, in questo volume, di Iacopo Costa.

29 Cf. G. FIORAVANTI, ·Il ms. 1386 Universitatsbibliothek Leipzig, Egidio Romano, Sigieli di Brabante e Boezio di Dacia .. , in Medioevo 10 (1984), pp. 1-40, per la cit. p. 33. Fioravanti definisce il De sunimo bono ·la punta di un iceberg· e (in ·Desiderio di sapere e vita filo-sofica nelle Qùestioni sulla Metafisica del ms. 1386 Universitatsbibliothek Leipzig", in Histon·a Philosopbiae Medii A erli. Studien zur Gescbichte der Philosopbie cles Mittelalters, hg. v. B. MOJSISCH - 0. PLUfA. Amsterdam - Philadelphia, Gruner, 1991, I, pp. 271-281) un ·bapa:x: legonumon• di cui alcuni testi subirono ·il fascino e la forza teoretica•, come nel caso delle 'questioni di Lipsia' di cui Fioravanti ha dimostrato, nei due !avoli citati, le molte affinità con il contenuto dominale e la struttura testuale del De summo bono.

30 Cf. L. BrANCHI, Il vescovo e i filosofi, p. 160.

Page 7: Giacomo da Pistoia, "Quaestio de Felicitate" (ed. Irene Zavattero)

364 !RENE zavNセtヲero@

va .. aristocratica ed elitaria .. che caratterizzava invece !'·appassionata esaltazio-ne del filosofo proposta dagli 'artisti' parigini .. 31 che vedevano nel filosofo il massimo della perfezione raggiungibile sulla terra. Mentre secondo Boezio la felicità suprema è prerogativa del filosofo32, per Giacomo è l 'inclinazione naturale che hanno tutti gli homines existentes bene dispositi in quibus est concordia inter appetitum et rationem (r. 365), uomini volentes recte vivere come già si leggeva nella premessa iniziale (rr. 5-6), dotati di qualità morali e intellettuali (in bominibus 1·ecte dispositis et excellenter et pure intelligenti-bus, rr. 372-373) per i quali è assurdo pensare che la felicità risieda nel pia-

cere sessuale, anzifugiunt tamquam vitupe1·abiles i piaceri corporali (rr. 366-367). In nessuno di questi casi definisce tali uomini dei 'filosofi', semplice-mente li distingue dagli uomini comuni del popolo (de multitudine popula-1"ium) che sono dediti ai piaceri e partecipano poco alla conoscenza.

A nostro avviso, i due autori svolgono le proprie argomentazioni secondo due diversi punti di vista. Boezio mantiene costantemente l'atten-zione sull'uomo e sulle sue facoltà, mediante il cui armonico esercizio l'in-dividuo giunge alla vera felicità33. Definito così il sommo bene per l'uomo, passa a descrivere le qualità e il comportamento necessari per il suo conse-guimento, che sono però tanto eccezionali da essere praticabili soltanto da paucissimi individui: i filosofi34. La seconda parre del trattato è dedicata al

modello etico del filosofo e al procedimento conoscitivo che egli compie per

giungere alla conoscenza del Primo Principio. Quindi, se per Boezio è l 'uo-mo-filosofo al centro dell'attenzione, per Giacomo è invece la felicità dell'in-dividuo. Le sue argomentazioni, infatti, si fondano sulle sei proprietà essen-ziali, definite in apertura della quaestio, che vengono usate come postulati nel corso della dimostrazione (ad esempio nelle risposte conclusive alle obiezioni, rr. 333-404). Lo sforzo di Giacomo è teso sempre a definire la feli -

31 Cf. L. BIANCHI, ·La felicità intellettuale come professione nella Parigi del Duecento•, in Rivista di Filosofia 78 (1978), pp. 181 - 199, in part. pp. 187-188, l'articolo è stato rifuso con profonde integrazioni nel !V capitolo di BIANCHI, Il vescovo e i filosofi, pp. 149-201.

32 Cf. BOETHIUS DAcus, De swnmo bono, in Boethii Daci Opera. Topica-Opuscula (Corpus Philosophorum Danicorum Medii Aevi 6,2), ed. N.G. GREEN-PEDERSEN. Hauniae, G. E. C. - Gad, 1976, pp. 369-377.

33 Cf. BOETHIUS DACUS, De summ.fJ bono, pp. 370-371, 26-61 e a p. 371, 65-67: •quia summum bonum quod est homini possibile est eius beatitudo, sequitur quod cogni-tio veri et operatio boni et delectatio in utroque sit beatitudo humana•.

34 Cf. Ibidem, p. 373, 111-112: ·paucissimi hominum, de quo dolor est, studio sapiemiae vacant inordinata concupiscentia·, p. 374, 138-139: • ... et isti sunt philosophi·.

LA ·QUAESTIO DE FELICITATE· DI GIACOMO DA PISTOIA 365

cirà, passando dapprima in rassegna, mediante una serrata concatenazione di argomenti, che cosa la felicità non è (rr. 48-154: non è un bene interiore, non è un bene della facoltà vegerativa o sentitiva, non è una substantia aut potentia aut habitus dell'anima intellettiva, non consiste nell'esercizio della volontà, né nel desiderio né nel piacere) e illustrando poi le modalità e i ·mezzi per conseguirla, tenendo continuamente d'occhio la concretezza delle situazioni umane e fornendo soluzioni all'uomo che desidera essere felice.

Altre differenze separano i due resti: l ) la felicità secondo Boezio si raggiunge mediante le due facoltà (potentiae) dell'intelletto umano, la prati-

ca e la speculativa, rispettivamente preposte al compimento del bene e alla conoscenza del vero, mentre per Giacomo l'intelletto è duplice, pratico e speculativo, ma soltanto l'attività di quello speculativo può condurre alla felicità perché l'intelletto pratico è utilizzato dagli uomini practici per scopi particolari e non per raggiungere il summum bonum (rr. 155-160)35; 2) nel De summo bono non c'è la contemplazione delle sostanze separare, bensì il filosofo giunge al Primo Principio, nel quale maxime delectatur, mediante l' indagine degli esseri naturali (speculando entia causata, quae sunt in mundo) che lo inducono a conoscere la prima causa secondo un processo di risalita dagli effetti alle cause; 3) Boezio accenna soltanto ad una generi-ca inordinata concupiscentia36, ma non elenca le passiones fra gli impedi-

menti alla felicità.

2

Giacomo conduce la sua dimostrazione restando sempre fedele al pro-posito con cui apre la quaestio: mostrare a coloro che vogliono vivere イ・エセ@tamente ·che cosa sia la felicità suprema e in che cosa consista affinché non

35 Cf. Ibidem, p. 370, 25-26: ·inte!lectus humani una sit porentia speculativa et alia practica•. La fonte di entrambi i testi è probabilmente il terzo libro del De anima ari-stotelico (in patt. De an. III 10, 433a14-15), ma cf. anche TOMMASO (In De an. Ili, lect. 15, n. 820): ·Duplex est intellectus possibilis, scilicet practicus et speculativus•. Sembra che anche Giacomo stia parlando dell'intelletto possibile, cf. osseJvazioni conclusive del par. (2).

36 Cf. Ibidem, p. 373,110-117

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366 lRENE ZAVATIERO

si comportino da ignorantes e facciano delle scelte convenienti" (rr. 6-7). Il suo scopo è eminentemente pratico: potremmo dire che è quello di fornire un

manuale di istruzioni per la felicità, e i destinatari di questo trattato sono gli bomines existentes che possiedono o desiderano possedere un comportamen-to retto, che sono ·.dotati di una buona indole e nei quali si trova un perfetto

accordo tra il desiderio e la ragione" (rr. 364-365). Gli individui che potranno

raggiungere la suprema felicità sono gli intelligentes che sono •Capaci di usare l'intelletto in maniera eccellente e superiore" e che, come si è detto, sono conoscitori della filosofia e appartengono alla scuola peripatetica. Infine ci sono gli ignorantes, che non conoscono il fine supremo della vita umana: essi sono uomini comuni del popolo (de multitudine popularium), dediti ai pia-

ceri del corpo e poco partecipi dell'attività conoscitiva (rr. 371-372).

È chiaro, quindi, che nella quaestio, non solo è assente la concezione elitaria della vita filosofica, ma che vi si ritrova la distinzione, fondamentale per Aristotele, fra 'uomo' e 'filosofo•37, caratteristiche queste che lasciano riemergere l'aspetto pratico della teoria etica aristotelica sacrificato dalle

interpretazioni di alcuni commentatori, ma rivalutato da Giacomo fin dalle prime battute della trattazione, quando, nella sesta proprietà essenziale, defi-

nisce la felicità come un bene posseduto e operato dall'uomo.

L'aspetto pratico-operativo38 è evidente, inoltre, nella seconda parte

della quaestio, vale a dire nella sezione dedicata alle modalità per il conse-

guimento della felicità, dove Giacomo tratta delle passioni umane e delle

virtù necessarie ad allontanarle.

Il mezzo per controllare e combattere le passioni - i cui effetti, come

vedremo più avanti, sono descritti da Giacomo con competenza medica -

sono le virtù morali, in particolare la temperanza per moderare le passioni veneree e la gola, la mansuetudine contro l'ira, la liberalità contro la brama di ricchezze, e tutte possono essere conseguite dall'uomo mediante la pra-

37 Cf. G. WIELAND, .Happiness: the perfection of man•, in The Cambridge History of Late1· Medieval Pbilosopby, ed. by N. KRETZMANN- A. KENNY - ]. PINBORG. Cambridge, Cambridge University Press, 1982, pp. 673-686, in pa11. p. 681: ·Thus Boethius abo-Jishes the difference between 'man' and 'philosopher', wich was so important in Aristotelian ethics: the philosopher is the epitome of man; al! others simply 'do not lead the right life'•.

38 Cf. C.D.R. GESUALDI, ·La unidad tematica de la Ética Nicomaquea en la recep-cién del aristotelismo del siglo XIII·, in Homem e Natureza no Pensamento Medieval, ed. L.A . DE BoNI = Ve1'itas 44/3 (1999) pp. 695-706, in pa11. p. 704 evidenzia l'aspet-to operativo della teoria di Giacomo da Pistoia.

LA ·QUAESTIO DE FELICITATE· DI GIACOMO DA PISTOIA 367

tica (veniendi in praedictas virtutes est ex actibus ipsorum, rr. 265-266). A queste aggiunge, citando dal commento di Averroè al VII libro della Fisica39, la castità che, fra tutte le virtù, è particolarmente indispensabile ad veritatem speculationem (rr. 259-261). La frase di Averroè si riferisce al detto di Aristotele (Fisica III, 247b20) secondo cui i giovani non possono apprende-

re né giudicare, attraverso le sensazioni, così come non possono gli anziani per via dell'eccessiva commozione o perturbazione che provano. La castità, dunque, serve a frenare quella conturbatio che impedisce ai giovani di giu-dicare rettamente40

Essendo l 'uomo sprovvisto delle virtù, giacché queste non vengono

acquisite nella fanciullezza, l'intelletto non può accedere direttamente agli enti puramente intelligibili, ma deve prepararsi alla loro ricezione mediante alcune

predisposizioni, la dialettica e la retorica, che intellectum rectificant. Ciò fatto si può accedere ad pure speculabilia mediante un graduale processo conosci-

tivo (gradatùn procedere secundum ordinem speculabilium, rr. 217-218) che prevede l'acquisizione degli enti matematici, degli enti naturali ed infine degli

enti divini e separati dalla materia che sono gli intelligibili più nobili .

39 Cf. AVERROES, Physica, in Aristotelis Opera cum Aven·ois commentariis, IV. Venetiis, 1562-1574 [rist. Frankfun: a. M. 1962], 323rG. L'affermazione si trova in quel famoso passo in cui Averroè sostiene che nella pan:e intellettiva dell'anima non cado-no mutamenti e alterazioni e che tante discussioni ha suscitato fra gli stessi averroi-sti fino al secolo XVI a proposito delle species intelligibiles. BorrrN, Rice,·ca delltlfeli-cità, p. 83, n. 29 sostiene che questa cit. ha •certamente lo scopo di mettere in buona luce il filosofo arabo presso i teologi· e ricorda la proposizione 172 (207) del Sillaba: •Quod delectatio in actibus venereis non impedir actum seu usum intellectus•, cf. PrcHÉ, La condamnation parisienne, p. 130-131. A nostro avviso, Giacomo si propo-ne di seguire fedelmente il testo aristotelico piC1 che di difendere il pensiero di Averroè, a cui rimanda soltanto in tre occorrenze.

40 Cf. L. BIANCHI, Il vescovo e i_ftlosofi, pp. 154-155 parla di ·ascetismo intellettua-le· caratteristico degli 'averroisti' che non si limitava all'invito alla morigeratezza e alla continenza, di cui è un esempio la quaestio, ma che, in alcuni casi, giungeva persi-no a negare ogni naturalità al comp011amento sessuale. Ad esempio SrGERUS DE

BRABANTIA , Quaestio moralis quarta, p. 102, 5-11 (SrGER DE BRABANT, ·Quaestiones morales· éd. par B. BAzAN, in Siger de Brabant. Ecrits de logique, de morale et de physique [Philosophes Médiévaux XIV). Louvain-Paris, Publications universitaires, '1974, pp. 98-105) raccomandava ai filosofi la castità, o addirittura la verginità. Sull'ascetismo dei filosofi cf. anche A. DE LIBERA, Penser au moyen Age. Paris, Editions du Seuil 1991, pp. 195-224. BIANCHI nell'ar1icolo contenuto in questo volume e in ·Felicità terrena•, p. 202, n.23 rivede la sua precedente posizione sull'ascetismo intel-lettualistico, distinguendo fra la posizione nettamente ascetica di Sigieri e quella più •complessa e sfumata• di Boezio.

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368 !RENE ZAVATTERO

Nonostante, quindi, la felicità risieda nella contemplazione di enma astratte, le sostanze separate, o meglio nelJ'intellezione della migliore di esse, cioè di Dio, il percorso che conduce a tale sommità non è ascetico bensì è un processus naturae che si compie in due tempi, l) 。ャャッョエ。ョ。ョ、セ@le passioni e 2) procedendo .. gradualmente attraverso l'ordine degli enti

intelligibili", vale a dire attraverso le tre branche della filosofia teoretica, come dice Aristotele (Metaph. VI 1,1026a18-22), la matematica, la fisica e la teologia.

La naturalità di tale processo è comprovata dal parallelo che Giacomo

istituisce fra materia prima e intelletto possibile,41 che conseguono un e:x:i-

tus simile poiché entrambi mirano ad intelligendum l'essere migliore del proprio ordine: la materia prima, che è in potenza tutte le forme naturali,

tende ad nobilissimamjormam che è l'anima intellettiva; l'intelletto possibi-le, che è in potenza tutte le forme intellettive, tende ad summum et nobilis-simwn intelligibile (cf. JT. 204-208)42. Per edurre la materia prima verso l'a-nima intellettiva, la natura si serve di un duplice procedimento: l) rimuo-vere le disposizioni contrarie che sono di ostacolo e 2) procedere con ordi-ne attraverso le varie forme, de extremo ad extremum per. medium43. La

natura offre, quindi, il modello per giungere al ·più nobile degli intelligibi-

li .. , che Giacomo non chiama né Dio, né primo principio o prima causa, così

come non esplicita che questo cammino verso gli intelligibili perfetti sia compiuto dall'uomo mediante l'intelletto possibile44, ma lo si ricava neces-

sariamente dal rigoroso parallelo terminologico istituito fra materia prima e intelletto possibile.

4! La definizione di intelletto possibile come •novum genus materiae• che, Giacomo attribuisce ad Averroè viene più genericamente ascritta ad Aristotele dal flo-rilegio delle Auctoritares Anstotelis, cf. n. 20 dell'edizione in appendice.

42 Interpreto il passo (rr. 204-206) diversamente da BornN, Ricerca della felicità, p. 78, che non si accorge del parallelo fra i due exitus e quindi traduce • ... forma più nobile, che è l'anima intellettiva e l'intelletto possibile ...

43 La gerarchia delle forme elencata da Giacomo è: forma elementi, forma mi.xti, fonna vivi, forma. sensitivi e forma nobilissima quae est anima intellectiva. Si noti che, in quesw parte della quaestio, sono frequenti le citazioni dalle opere di filosofia naturale di Aristotele (Historia animalium, Pbysica) e il commento di Averroè (De caelo et mundi e De anima).

44 Cf. tT. 219-220 •Ad petveniendum igitur ad nobilissimum intelligere ..... dove manca il soggetto e si interrompe l'esplicito parallelo con la materia prima o natura delle linee precedenti, in part. tT. 208-210 •natura ... in educendo materiam -ad nobi-lissimanl forn1an1 ......

LA ·QUAESTIO DE FELlClTATE· DI GIACOMO DA PISTOlA 369

A questo proposito, si può notare che Giacomo non elabora la teoria tipicamente averroista della separazione e dell'unicità dell'intelletto, né in questo passo, né, come abbiamo visto, quando distingue fra intelletto prati-co e speculativo, né quando, scartando la possibilità che la felicità consista

nella sostanza dell'anima intellettiva (per dimostrare che si tratta invece di

un'operazione) afferma che omnes homines habeant in se substantiam ani-mae intellectivae (rr. 100-101). L'attenzione di Giacomo è concentrata sulla felicità e sulle problematiche etiche e non mira ad approfondire la teoria conoscitiva di Averroè45 condividendo, in questo senso, l'atteggiamento di

Boezio di Dacia nel De summo bono46.

Dalle osservazioni fin qui esposte, possiamo concludere che Giacomo, per la formulazione della teoria della •suprema felicità umana .. , attinge soprattutto al pensiero etico aristotelico di cui condivide il ruolo centrale dell'uomo, UI1ico responsabile e prima causa immediata della propria felici-

tà terrena47 raggiungibile mediante un processus naturae che prevede un

perfezionamento sia morale che intellettuale.

3

Il contenuto medico della quaestio emerge chiaramente dall'analisi

della sezione dedicata alle passiones.

Secondo Giacomo gli impedimenti che distolgono dalla speculazione

45 Cf. DE LIBERA ·Averroisme éthique·, p. 39: ·Le monopsychisme averroiste est incompatible avec l,'éthique aven·oiste de la contemplarion. Le paradoxe de I'·averroi-sme éthique" c'est que pour erre éthique il lui faut cesser d' erre 。カ・イイッゥウエ・セ@

46 cf. BIANCHI, .felicità terrena•, p. 208-209, n. 38, sottolinea che l'unico rinvio di Boezio a Averroè è una citazione di seconda mano dalla Metafisica di Alberto Mag_no e che Boezio attinge (almeno per quanto riguarda i passi 1.1-1.4) al testo anstoteltco e ·alla sua tradizione esegetica· (Eustrazio di Nicea e Michele di Efeso); cf. ID., ·New Perspectives on the Condemnation of 1277 and its aヲエ・イュセエィL@ in Rechercbes de T1Jéologie et Philosophie médiévales, 70/1 (2003), pp. 206-229, 111 patt. p. 214-215 e d contributO di BIANCHI in questo volume.

47 Come dicono i commentatori medievali deii'EN, tutti concordi su di un punto, come dice WrELAND, ·The Perfection of Man .. , p. 368: ·Aristotle thinks of man as the immediate, first, or proximate cause of human, earthly happiness•.

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370 IHENE ZAVAITERO

della verità, ovvero dalla felicità, sono di due tipi (rr. 222-224): l'anaccamen-

to e la passione dell'appetito sensitivo (af!ectio et passio appetitus sensitivi) e l'infermità e il disgregamento del corpo (infirmitas et disgressio corporis). In merito a questo secondo ostacolo l'autore cita l 'opinione di Aristotele (Etb. Nic. X 9) secondo cui il corpo deve essere sano per dedicarsi alla spe-

culazione, mentre riguardo al primo impedimento specifica le tre principali passioni dell'appetito sensitivo: il piacere carnale (passio venereorum), l'ira Cpassio irae) e le ricchezze (a.ffèctio ad divicias).

Circa le prime due passioni, poiché sono a noi profondamente conna-

turate e poiché ad esse incliniamo fortemente (rr. 230-231), fin dalla giovi-nezza, come risulta dal VII libro dell'EN, Giacomo afferma che devono esse-re particolarmente evitate. Si deve amovere et detnmcare sive regulare (r. 255) tutte le passioni che ci impediscono di giungere alla speculazione del sommo intelligibile per tre motivi: l) .. perché eccitano fortemente il deside-

rio e l'anima resta intensamente occupata da esse .. , 2) perché .. gli impulsi di

queste passioni sono molto violenti, perciò ottenebrano gli impulsi più leg-geri, cioè gli stessi impulsi intellettuali .. , 3) perché .. corrompono la buona

disposizione del corpo, infatti dall'uso degli atti venerei provengono molte malattie del corpo" (rr. 236-243).

La conseguenza, invece, di "ecceSSIVI e frequenti stati d'ira .. è che .. iJ cuore si infiamma e sopraggiunge la malattia" (ira accenditur cor et superue-nit injìrmitas); ne deriva inoltre "un eccessivo moto dei vapori che rende inadano l'organo della fimtasia e dell'immaginazione e quando esso si trova

mal disposto non si raggiunge l'intellezione" (rr. 246-248).

Le passioni, quindi, se si impadroniscono dell'uomo possono provoca-

re, come Giacomo dice fin dall'inizio, due tipi di 'malattia': l'una dell'anima,

l'af!ectio appetitus sensitivi, che ha il potere di dominare il corpo fino a por-tare alla pazzia (inferunt insanias), a quella mania, cioè, di cui Aristotele nel VII libro dell'EN parla spesso e dice essere determinata da un eccesso di 'passioni naturali'; l'altra del corpo, l'infirmitas, che si può contrarre median-

te gli atti venerei o che deriva da frequenti stati d'ira, colpevoli di infiamma-re il cuore o di provocare "lit i e inimicizie, dalle quali poi si arriva alle feri-

te e alle malattie" (rr. 244-245)48.

48 Cf. B. NARDI, .. L'amore e i medici medievali .. , in Saggi e note di critica dantesca. Mil ano-Napoli, Riccardo Riccardi Editore, 1966, pp. 238-267, in particolare alle pp. 248-263 Nardi tratta della passione amorosa secondo i medici medievali e cita testi di

LA ·QUAESTIO DE FELICITATE· DI GIACOMO DA PISTOlA ::J/1

L'effetto delle passioni sull'anima - ci spiega Giacomo citando un

passo del Liber de anima di Avicenna e riferendosi implicitamente al De somniis et vigilia di Aristotele - non è soltanto la pazzia, ma anche l 'offusca-

mento delle capacità intellettive, idea questa che, come vedremo piì:1 avan-ti condivide con la canzone Donna me prega del Cavalcanti. L'appetitum sol-

lecitato dalle passioni e i modus valde vebementes delle stesse distraggono l'anima dalle operazioni che le sono proprie tanto che l'uomo perde quel controllo di sé necessario ·per potersi dedicare alla contemplazione del vero e al retto giudicare. Anche l'ira, che secondo Aristotele è .. un ribollimento

del sangue o del calore che è nel cuore•.49, oltre a determinare l'i1ifirmitas del corpo, ostacola il giudizio dell'intelletto a causa dei vapori che produce e che, se vi affluiscono intensamente, rendono improportionatum l'organo della fantasia o facoltà immaginativa, il cui buon funzionamento è condizio-ne necessaria per il compimento dell'intellezione, come dimostra il fatto che

,coloro che sono fortemente febbricitanti o ubriachi, che sono simili alle per-sone irate, qualsiasi cosa intendano, la intendono in maniera deforme (intel-

ligunt monstruose) .. (rr. 249-250)50.

L'affermazione ira accenditur cor fa pensare alla dottrina, comunemen-te accolta nelle scuole di medicina e di filosofia51, formulata da Aristotele -

Halyabbas, Avicenna e Arnaldo da Villanova. I medici, per curare le passioni dell'a-nima, prescrivevano solitamente bagni, umettazioni, musica o svaghi eli vario tipo, oppure la somministrazione di panacee come la triaca o la bie1·a. Giacomo, invece, sull'esempio di Aristotele nel II libro deli'EN, consiglia, come abbiamo visto, la prati-ca delle virtù morali.

49 AruSTOTELES, De anima, ed. W.D. Ross. Oxford, Clarendon Press, 1956, I 16, 403a31.

50 La descrizione degli effetti dei motus vaporum scaturiti dall'i ra richiama da vici-no quella delle evaporationes dovute al cibo e che provocano il sonno, di cui parla Aristotele nel De somnis et vigilia III , 456b19-20. Un'interessante corrispondenza si può trovare in TOMMASO D'AQUINO, Summa Tbeologiae I, q. 84, ad 2, dove, trattando dell'assopimento dei sensi che ostacola il giudizio dell'intelletto, egli cita il suddetto passo aristotelico e osserva che a seconda dell'intensità di queste evaporazioni, i sensi possono essere più o meno bloccati: se l'afflusso di questi vapori è intenso (multus motus vapontm) restano assopiti non solo i sensi, ma anche l'immaginativa (ligatur ... imaginatio); nel caso dei febricitantes l'afflusso è più debole e quindi si ha l'intellezione, ma distorta et inordinata.

51 B. NARDI, ·Filosofia dell'amore nei rimatori italiani del Duecento e in Dante", in Dante e la cultura medievale. Roma-Bari, Laterza, 1983, pp .. 10-79, in pan. pp. 16-17 rimanda al commento di Alberto Magno al De animalibus (l, tr.1, c. 5; IX, tr. 2, c. 4; :XX,tr. 2, c. 3) e ai Parva naturalia (De spir. et respir. I, tr.1, cc. 9-10, tr. 2, cc. 1-4; De

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372 rRENE ZAVATIERO

che riteneva il cuore la sede di tutte le virtù - e perfezionata da Galeno -che distinse tre membri principali: fegato, cuore· e cervello - , secondo la quale nel cuore, dove risiede la virtù vitale, si compiono quei moti dell'ani-

mo che si dicono passioni, come la paura, l'ira, la gioia. vale a dire tutti quei sentimenti che provocano una dilatazione e una costrizione del cuore52.

Bisogna precisare, infine, che Giacomo sottolinea, ancora secondo l'in-segnamento di Aristotele, ma anche dei medici antichi e medievali , che i pia-ceri connessi alla pratica sessuale e all'uso del cibo e delle bevande sono

perfettamente naturali (sunt maxime necessariae in vita)53, vale a dire natu-

rali e utili l'uno al perpetuarsi della specie e l'altro alla conservazione del-l'individuo (in usu venereorum per quem perpetuatur species et in usu cibi et potus per quem conseruatur individuum; rr. 145-146). Lo stesso Aristotele, del resto, precisa che •nei desideri naturali sono pochi gli uomini che erra-no e in una sola direzione, in quella dell'eccesso·.54

Le osservazioni mediche di Giacomo si limitano, dunque, alla ripetizio-ne di luoghi comuni aristotelici o provenienti dai testi classici della medici-

na araba, come la Pantegni di Ali ibn al-Abbas (Halyabbas per i medievali) o il Canon medicinae di Avicenna, che erano testi di base per gli studi di

medicina a Bologna e che dedicavano almeno un capitolo alle passioni e

alle loro degenerazioni patologiche. Il Canone, in particolare, ebbe a

Bologna una certa diffusione a cominciare dalla seconda metà del XIII seco-

lo grazie al magistero d i Taddeo Alderotti55.

Nonoslame la loro genericità, crediamo che gli aspetti medici presenti

nella quaestio possano confermare l'ipotesi della professione medica di

Giacomo56, come, del resto, ci sembra dimostrare l'inserimento della quae-

motib. anim. I, tr. 2, cc. 2-6), nonché al commento di Taddeo Alderotti alla Isagoge di Ioannitius e al Conciliator di Pietro d'Abano.

52 C. GALENUS, De placitis Hippocratis et Platonis, ed. l. MùLLER, Lipsia 1874, VI I p. 597 (rist. Amstet·dam, Hakkett, 1975).

53 Giacomo cita l'opera pseudo-aristotelica i Problemata, ma visro l'uso costante dell 'é"N, avrà ben presente i seguenti passi: Eth. Nic. III 11, 1118b8-16; VII 6, 1149b4-6; VII 13, 1153b25-26, 1154a17-18.

54 ARISTOTELES, Etbica nゥ」ッュ。」「・ZMセL@ III 11, 1118bl5-17 (trad. i t. Etica Nicomachea, a cura di C. MAZZARELLI. Milano, Bompiani 2001, p. 145).

55 SJRAISI, Ta.ddeo Alderotto, pp. 96-111;]. AGRJMI- C. CruscrANJ, Edocere medicos. !11edicina scolastica nei secoli XIII-XV Napoli, Guerini e associati 1988, in part. ll -20.

56 CORTI, La felicità mentale, p. 13: ·quasi 」・イエ。ュセョエ・@ medico, sia per il suo tipo

LA ·QUAESTIO DE FELICITATE· DI GIACOMO DA !'!STOlA 373

stio nel codice di Cortona che, come vedremo dettagliatamente più avanti, è una miscellanea medica, collazionata probabilmente per scopi didattici e per la pratica della medicina operativa, contenente gli scritti di magistri che stu-

diarono e insegnarono per lo più all'università di Bologna oppure presso gli studia di Firenze e di Siena, fra la metà del XIII e gli inizi del XV secolo.

Giacomo fu probabilmente un medico-fi losofo formatosi presso la Facol tà di Arti e medicina dell'università di Bologna57, che nutriva interesse, come altri magistri bolognesi (si pensi ad Angelo d'Arezzo, logico con inte-

ressi medici, o a Dino del Garbo, medico con interessi poetici e filosofici),

per entrambe le discipline, e la quaestio ウ・ュ「イセ@ esserne la dimostazione.

Anche i medici, del resto, come i filosofi, descrivevano la felicità per-fetta con toni fortemente intellettualistici58. Pietro d'Abano affermava che la scienza in senso assoluto •est ab anima comprehensio veritatis ... cuius siqui-dem uti!i tas est acquisitio foelicitatis aeternae .. 59, quindi, la medicinalis

scientia è il risultato di un percorso razionale che ha come fine ultimo il con-

seguimento della verità da cui scaturisce una felicità imperitura. Inoltre,

come si può leggere in .un sermone di Tommaso del Garbo, il medico docente che consegue il sapere speculativo, il vir scientificus, è un uomo

perfetto e virtuoso che gode della felicità del sapere ed è vicino e simile a

Dio6°. Per il medico il raggiungimento dell a veritas, ovvero della sommità

di cultura e di fonti sia perché il ms. Vat. Lat. 2172, contiene tre testi [ ... ) secondo il Gauthier provengono tutti dall'ambiente universitario medico·. Questa affermazione può essere vera per quanto riguarda le fonti, in quanto Giacomo rinvia spesso alle opere aristoteliche di filosofia naturale (De anima, Physica, De caelo, De genemtio-ne et corruptione, Historia animalium), ma è errata per quanto riguarda la tipologia dei contenuti nel ms. vaticano (vedi APPENDICE) e soprattutto non è rintracciabile in GAUTHIER, ·Trois commentaires 'Averroistes' sur I'Ethique à Nicomaque· a cui la Corti rimanda.

57 La fusione di Arti e Medicina in un'unica facoltà favorì la circolazione di temi e problemi; per questo, benché si sappia per certo soltanto che le Meteore e il De animalibus erano inseriti nel curriculum della Facoltà di Medicina, possiamo ipotiz-zare che anche altri testi aristotelici fossero conosciuti dai medici, cf. S. NAGEL, ·Sensi ed organi nel commento al De anima/ibus attribuito a Pietro Ispano·. in Micrologus, x (2002), pp. 251-276.

ss Cf. AGRIMI - CrusctANI, Edocere medicos, pp. 105-136 e i testi editi in appendice. 59 PIETRO n'ABANO, Conciliator. Padova, Antenore, .1985 (rist. anast.), f. 6BCa

6o TOMMASO DEL GARBO, Sermo quem jecit primo anno sue lecture fiorentine ·Verbum cecidit interquerentes., ms. Vat. lat. 2484, f. 213rb: definisce il sapiente Deus humanus; cf. anche GENTILE DA FOLIGNO, Sermo !, in AGRIMI - CRISCIANI, Edocere medi-

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:.JI'-t !RENE ZAVAITERO

dell'esperienza conoscitiva "implica, come sue condizioni e conseguenze, l'attivazione di virtù ed il godimento di perfezione, felicità, bellezza.61.

4

Non è nostro proposito affrontare nel dettaglio la vasta problematica dei rapporti che legano Giacomo da Pistoia con l'ambiente dello Stilnovismo

da un lato, e con il cosiddetto 'averroismo bolognese' dall'altro, bensì di for-nire alcune brevi considerazioni.

La dedica della quaestio al Cavalcanti, che i manoscritti di Stoccarda e di Cortona tramandano nell'inctpit, è una prova sicura del contatto fra i poeti toscani del Dolce stil nova e i filosofi della Facoltà delle Arti di Bologna.

Grazie al codice di Cortona possiamo finalmente completare una parola, di

singolare interesse, contenuta nella dedica e rimasta illeggibile nel mano-scritto di Stoccarda: Euripu.s. La dedica recita ·A Guido Cavalcanti dei Cavalcanti di Firenze, uomo di nobili origini, favorito dalla natura e sopra ad ogni altro amico carissimo, il maestro Giacomo da Pistoia, che è guardato da Euripo, [dedica] e, come si conviene, porge i saluti .. (rr. 1-3).

La formula dichiara l'amicizia sincera (prae aliis amico carissimo) e la

stima (a natura dilecto) che Giacomo prova per Cavalcanti, ma sembra tra-

smettere anche un altro sottile messaggio, comprensibile probabilmente sol-tanto ai due amici, contenuto nell'espressione ille quem respicit Euripus. Secondo Kristeller potrebbe trattarsi di un'allusione alla leggenda trasmessa dai biografi medievali di Aristotele secondo cui il filosofo, durante il suo esi-lio in Eubea, si sarebbe suicidato perché incapace di trovare una spiegazio-ne per le maree dell'Euripo62. Non sembra, però, che il cruccio e la morte

cos, pp. 257-261 e Io., Senno VI, in C.C. SCiir.AM, ·Graduation Speeches of Gentile da Foligno", in MecUeval Studies, 40 (1978), pp. 96-119.

6! AGIUMI - CluscJANI, Edocem medicos, p 112. 62

Cf. KHISTELLEil, Studies in Renaissance. cit.; cf. I. DC!RrNG, Aristotle in the Ancient Biogmpbical Tradition (Studia Graeca et Latina Gothoburgensia 5). Gòteborg, Elanders Boktryckeri Aktiebolag, 1957, in part. pp. 345-348. Le prime attestazioni 、セjャ。@ leggenda del suicidio di Aristotele sono dello P s. Giustino, Ad gent. 36 B, PG 6,::>05 e dr GHEGOHIO NAZIANZENO, Contro Giuliano· l'Apostata. Orazione w, a cura di

!A ·QUAESTIO DE FELICITATE· DI GIACOMO DA PISTOIA

violenta di Aristotele abbiano un nesso con la trattazione di Giacomo.

Sembra più probabile, invece, che si tratti di un riferimento al carattere tem-pestoso di quel braccio di mare. In questo senso, infatti, lo troviamo ci tato da Platone, secondo cui •tutto quanto esiste rotola come nell'Euripo avanti e indietro" (Pedone 90c4-6) e ripreso spesso nel Medioevo63. Per estensio-

ne, inoltre, Euripus fu usato da Aristotele come termine di confronto per la volubilità di una persona quando, nell'EN (IX 6, 1167b5-10), trattando della concordia, sosteneva che .. Je volontà degli uomini dirigenti sono stabili e non rifluiscono continuamente come l'Euripo ... A nostro avviso, è in questo senso che Giacomo usa il termine, in riferimento al proprio carattere, in quanto egli è l'oggetto (quem) dello sguardo o delle 'attenzioni·64 di Euripo e quin-di, potremmo dire, della sua instabilità e mutevolezza. Un animo volubile, mutevole come l'Euripo, potrebbe facilmente soggiacere al potere obnubi-lante e seducente delle passioni ad quas ma.xime inclinamur trattate nella quaestio, così come all'amore che ,for di salute giudicar mantene l [ ... ] discerne male in cui è vizio amico .. descritto dal Cavalcanti nella canzone Donna me prega65. Il tema degli effetti dannosi delle passiones in generale

potrebbe costituire, quindi, il punto di contatto, l'interesse comune e forse il motivo della dedica al poeta fiorentino. ·

A parte questo tentativo di decifrare la dedica, il confronto fra la quae-stio e la canzone dimostra la reale condivisione di alcune idee fondamenta-

li66, riconducibili in una certa misura alla comune simpatia per l'aristoteli-

L. LUGARESI. Firenze, Nardini, 1993, pp. 136-137 (Or. IV 72,7). Ma ebbe molta fortuna anche nel Rinascimento, cf. L. VALLA che riprende la leggenda per polemizzare con-tro Aristotele in ·Del vero e del falso bene" e ·Dialogo intorno al libero arbitrio", in Sc1"ittifilosofici e religiosi, a cura di G. RADElTI. Firenze, Sansoni, 1953 rispettivamen-te pp. 145-146 e p. 280, n.4. Cf. E. ACAMPOHA-MICHEL, Liber de pomo. Buch vom Apjel. Frankfurt am Main, Klostermann, 2001, pp. 50-57 accenna anche alla tradrzwne deJJa morte suicida di Aristotele e ne offre qualche altra fonte.

63 Cf. ALBERTUS MAGNUS, Summa theologia.e II l 4 l 2; Borgnet 74a dice, a com-mento del passo del Fedone, ·euripus enim ebuJJitio maris est.sursum et deorsum ver-tens·.

64 Respicere in senso traslato significa 'riguardare' ma anche Gーイセョセ・イウゥ@ cura .di', 'darsi pensiero di', cf. sub voce E. FORCELLINI, Le:x:icon totzus latzmtattS. Bonomae, Forni, 1965, TV, p. 413-414.

65 Per le citazioni del testo cavalcantiano si usa l'edizione GUJoo CAVALCANTI, Rime, a cura di G. FAVATI. Milano-Napoli, Ricciardi, 1957, in particolare pp. 214-216.

66 Il primo ad individuare similitudini fra i due testi fu NARDI, •L'amore e i medi-ci;, pp. 241-248. Kristeller aveva dedicato proprio a Bruno Nardi l'edizione della

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376 !RENE ZAVAITERO

smo radicale, ma riguardanti soprattutto la trattazione della passione amoro-

sa. Maria Corti, in particolare, individuò nel testo di Giacomo, oltre che nel

De summo bono di Boezio e nelle questioni dell'Anonimo di Giele ·l'area

dei prelievi .. operati dal Cavalcanti per la stesura di Donna me ーイ・セ。L@ arri-

vando ad ipotizzare che la canzone fosse una risposta alla quaestio de jeli-

cztate67. Questa ipotesi, tuttavia, non è condivisa da molti studiosi della let-

teratura italiana delle origini che concordano, invece, sulla anteriorità della

canzone rispetto alla quaestio68 In effetti, molte delle corrispondenze pro-

poste dalla Corti non sembrano pienamente convincenti e, comunque, come

vedremo, non dimostrano una dipendenza di Guido da Giacomo69.

Certamente, se si scarta l'ipotesi della Corti e si tiene conto del fatto che

Donna me prega è considerata, dalla maggior parte della critica, una rispo-

qua.estio apparsa in un doppio volume miscellaneo in onore del famoso dantista e storico della filosofia medievale.

67 ConTI, La felicità mentale, p. 17. Secondo G. FAVATI, Inchiesta sul dolce stil nuovo. Firenze, Le Monnier, 1975, pp. 193-194 poiché Guido è detto ·domini Cavalcantis e non quondam (o olim, o simili) domini Camlcantis•, la dedica fu for-mulata quando Cavalcante era ancora vivo, cioè ante 1281, ma Favati non poteva conoscere d documento del 1290 esibito dalla Corti (nel 1982) in cui Giacomo è dominus e non ancora magister.

68 Cf. F. PAPPALAnDo, ·Per una rilettura della canzone d'amore del Cavalcanti• in Studi e problemi di critica testuale, 13 (1976), pp. 47-76, in part. p. 58 ritiene セィ・@Donna me prega abbia spinto Giacomo a scrivere; E. MALATO, Lo fedele consiglio de la mgwne. Studi e 11cercbe di letteratura italiana. Roma, Salerno, 1989, p. 173 ritie-ne, addmttura, la quaestio un commento al pari della glossa di Dino del Garbo· BornN, Ricerca del/a felicità, p. 10 ipotizza che la quaestio sia il •Sigillo delle 。ーー。ウセ@stonate dtscussioni filosofi che e poetiche intercorse tra i due sul senso della vita オュ。ョ。セ[@ G. INGLESE, · ... illa Guidonis de Florentia Donna me prega ... •, in Cultura Neola.tma, 55 0995), pp. 179-210 ripubblicata in L 'intelletto e l'amore. Studi sulla let-temtura italiana del Due e Trecento. Milano-Firenze, La Nuova Italia, 2000, pp. 12-47, 111 part. p. 38 colloca Giacomo fra le ·persone c'hanno intendimento• a cui Cavalcanti rivolge la sua poesia. Inglese ritiene, inoltre, che la definizione di felicità della quaestio si inserisca ·perfettamente nella trama concettuale di Donna me prega. e aggiUnge che ·Il sommo bene, per l'uomo, è nel partecipare all'intellezione nell'u-nire - grazie alla potenza •cogitativa· dell'anima sensitiva - la propria indiv,idualità all'unico intelletto ... ·, come se la felicità perfetta di Giacomo coincidesse con questa definizione 'riduttiva' di sommo bene, inceso, ci sembra, come un qualsiasi atto intel-lettivo di tipo averroistico, il quale, presuppone, però, quell'unicità dell'i ntelletto che Giacomo non professa.

69 Non è nostro proposito passare in rassegna i rinvii alla quaestio offerti dalla ConTI, La ji!licitcì mentale (tist. 2003), pp. 21-41, bensì ci limitiamo ad osservare che sono. ョQ・ョセ@ Nウゥセョゥヲゥ」。セ ゥカゥ@ e _nle.no ョオョQ・イセウゥ@ dei rinvii al trattato boeziano e, soprattut-to, d1 quel !t .111 Anommo dt Gtele e che, m alcuni casi, non sono rintracciabili nel testo

LA ·QUAESTIO DE FELICITATE- DI GIACOMO UA ャGャセ@ lUlA .)Il

sta polemica alla Vita Nuova (1293-94) di Dante70, si può supporre che i due

testi siano stati redatti nel giro di pochi anni, vale a dire tra il 1294 e il1300.

Per la seconda stanza, che contiene il passo nodale e tecnicamente più filosofico della canzone, dove ·Cavalcanti segue il punto di vista non più del

generico aristotelismo, ma di quello radicale·, Maria Corti offre numerose cor-

rispondenze con l'Anonimo di GieJe7l, ma non può fare altrettanto con la quaestio, dove non solo non vi si trova alcuna descrizione di amore - di cui,

invece, il poeta dice ·elli è creato da sensato, nom'è l d'alma costume e de cor volontate• (vv. 19-20) -, ma neanche la nozione di intelletto possibile

eterno e separato, che conosce l'amore ma non ne gode C·resplende in sé perpetuai effetto: l non à diletto ma consideranza,, vv. 26-27), e quindi nem-

meno la conseguenza della separatezza dell'intelletto, ovvero, come si legge

nella terza stanza, che l 'anima sensitiva sia la perfezione dell'uomo (•Non è

vertute, ma da quella vene l ch'è perfezione ché si pone tale•, vv. 29-30). L'assenza di questa teoria-cardine della corrente dell'aristotelismo radicale ha

indotto alcuni studiosi a sostenere che la quaestio non contenga •nulla di spe-

cificamente 'averroistico'• e che l'aggettivo 'radicale', nel caso di Giacomo,

non rivesta un ·significato che vada oltre una lettura di Aristotele libera dalle

di Giacomo. È il caso della n. 34 p. 29 dove si rinvia alla quaestio (ed. K.risteller, p. 452) a proposito dell'unione dell'intelletto possibile universale con l'anima sensitiva mediante i pbantasmata intellecta (teoria del monopsichismo assente nella quaestio) oppure della nota 45 p. 35 dove cita ·il movens duplex in Giacomo• (ed. Kristeller, p. 460) a sostegno dei mutamenti che provoca la passione amorosa (·Move,. cangiando color, riso in pianto•, v. 46) e in parallelo ad un passo dell'Anonimo di Giele (di cui non fornisce le coordinate precise) secondo cui l'anima sensitiva movet corpus per-ché alterata a sensibilibus extra. Tuttavia movens est duplex nella quaestio (cf. r. 344 dell'ed. in appendice) è riferito, in un senso, alla volontà che muove l' intelletto e, in un altro senso, all'intelletto che muove la volontà, quindi Giacomo sta trattando di componenti dell'anima intellettiva (·animae intellectivae sint duae panes, scilicet voluntas et intellectus .. rr. 117-118) e non.della sensitiva come nel passo in oggetto della canzone e nell'Anonimo.

70 Cf. E. FENZI, La canzone d 'amore di Guido Cavalcanti e i suoi anticbi commen-ti. Genova, Il Melangolo, 1999, pp. 9-70: ·Conflitto di idee e implicazioni polemiche tra Dante e Cavalcanti·, in part. pp. 30-35 riassume le varie posizioni sul rapporto Vita Nuova-Donna me prega.

71 Cf. CoRTI, La felicità mentale, pp. 25-31, per la citazione nel testo p. 28. Cf. M. GIELE, ·Un commentai re averro'iste sur !es livres l e II du Traité de l'ame•, in Trois com-mentaires anonymes sur le Traité de l' éime d'Aristate (Philosophes medievaux 11), éd. par M. GrELE, F. VAN STEENBERGHEN, B. BAzAN. Louvain-Paris, Publications universi-taires, 1971, pp. 21-117.

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378 !RENE ZAVATfERO

ipoteche e dai filtri dell'ortodossia religiosa .. 72. In realtà, come abbiamo già

visco, il contenuto averroistico è rintracciabile in altre caratteristiche, in parti-

colare nella descrizione intellettualistica della felicità perfetta per l'uomo, in

quella che Maria Corti ha efficacemente definito .felicità mentale .. , e che ascri-

ve la quaestio a quel tipo di averroismo che si potrebbe definire 'etico'.

Possiamo quindi dire che entrambi i testi sono espressione della cor-rente averroista, ma secondo un diverso aspetto dell'averroismo - la Canzone per la teoria del cosiddetto 'monopsichismo•73, la quaestio per la

teoria della felicità intellettuale -, e che ciò che li avvicina sia piuttosto la

"comune matrice aristotelica-74 dichiarata espressamente da entrambi gli

autori: Cavalcanti formula una dottrina dell'amore per •natura! dimostramen-

to", cioè fondata sui principi della filosofia naturale di Aristotele, Giacomo

segue la sententia Pbilosopbi benché sia contra veritatem infallibilem75. Inoltre, Cavalcanti e Giacomo condividono l'ideale morale aristotelico, ovve-

ro l'idea che se l'uomo si lascia distogliere dal 'bene perfetto' non è più dota-

to di vita, non si può dire che viva da uomo ( .. ma quanto che da buon per-

fetto cort'è l per sorte non po' dire horn ch'aggia vita", v . 39-40) e si allon-

tana dal summum bonum possibile bomini advenire, cioè dalla felicità che

est ultimus fin.is bumanae vitae, come si legge nelle prime due proprietà

della felicità stabilite da Giacomo. Il buon perfetto o summum bonum è l'e-

spressione aristotelica che indica il fine ultimo della vita umana, vale a dire

la felicità suprema76 che, come Giacomo ci ha dimostrato, consiste nell'atti-

72 Cf. FENZI, La canzone d'amore, pp. 43-44, n. 36 sostiene che questa categoria scoriografica abbia subito un ·drastico ridimensionamento" anche grazie a Kristeller di cui cita una frase ( ..... so-called Latin Averroists who tried to interpret Aristotle in his own terms, wirhout adapting him co the requirements of Christian theology .. , KIUSTELLEH, .. A Philosophical Treatise", p. 435) che è, ormai, alla luce delle recenti acquisizioni storiografiche (cfr. sopra la nota 20), una definizione parziale di averroi-smo.

73 Per una sintesi della dibattuta questione dell'averroismo del Cavalcanti cf. FENZI, La canzone d'amore, pp. 150-153.

74 Cf. FENZI, La canzone d'amore, p. 43, n. 36, di cui condividiamo questa affer-mazione: ·Che il breve trattato sia dedicato, con parole che mostrano pa1ticolare ami-cizia ( .. .) a Cavalcanti è cosa in sé assai impanante, ma pochi e ovvi sono i momenti eli consonanza con Donna me prega, e tutti riferibili alla comune matrice aristotelica•.

75 Cf. NAI\01, ,.L'amore e i medici", pp. 242-248 espone alcune delle ·molte idee fondamentali comuni a jacopo e a Guido" che si incontrano, dice Nardi, scorrendo la qu.aesNo.

76 ARISTOTELES, Etbica Nicomacbea I 5, 1097a28-1097b21; si veda il fondamentale

LA ·QUAESTIO DE feliciGjj|ZQGセᄋ@ Ul l.>!Al..UIVIU U/\ r!J>v<n

vità dell'intelletto umano volta alla contemplazione del vero. Quindi non si

può dire vivente quell'uomo che, dominato dalla passione, dimentica il

sommo bene ( .. A simil po' valer, quand'om l'oblia".• v. 42)77 e si discosta dal-

l'uso di ragione.

La causa di tale allontanamento è l'amore che Cavalcanti definisce pas-

sione dell'anima sensitiva (·In quella parte dove sta memora l prende suo stato", vv. 14-15), la quale non solo distoglie dal retto giudicare ( .. for di sal,u-te giudicar mantene", v. 32), ma è spesso causa di morte ( .. Di sua potenza segue spesso morte", v. 35), morte morale per il Cavalcanti, ma fisica per il

medico commentatore Dino del Garbo78. Parimenti Giacomo afferma, come

sappiamo, che le affectiones et passiones appetìtus sensitivi (rr. 224-231), fra

cui annovera la passio venereorum, esercitano il loro potere sul corpo e sulla

mente di chi ne è affetto producendo ìnfirmitas e insania.

Entrambi, inoltre, desiderano sottolineare, in pieno spirito aristotelico,

che tali effetti negativi non derivano dal fatto che l'amore è contrario alla

naturale tendenza dell'animo umano79 ( .. non perché oppost'a naturale sia",

comme.nto di B. NARDI, ,.L'averroismo del ·primo amico .. di Dante .. , in Dante e la 」オゥセ@tura medievale. Roma-Bari, Laterza, 1983, pp. 81-107, 'in part. per il commento ai vers1 in oggetto pp. 102-103 (pubblicato per la prima volta in Studi Danteschi, 25 (1940),

pp. 43-79). . 77 Cf. FENZI, La canzone d'amore, p. S3 per la lettura che dà del verso 42: ·Del

resto, qualcosa di simile accade tutte le volte che l'uomo, per qualsiasi altro_ mot1VO, dimentichi quale sia quel compiuto bene in cui davvero consiste la sua l.ellCit:l"; diver-samente lo interpreta NARDI, .. L'averroismo", p. 105 che nfensce アオ。ョセ@ om l oblia" セャ@bisoano naturale dell'uomo di soddisfare l'amore che, del resta, non e opposto all<t nam7-a, cf. v. 38 ·Non perché oppost'a naturale sia ...

78 L'amore impedisce il funzionamento dell'anima sensitiva che イセーーイ・ウ・ョエセL@secondo la teoria averroista, la perfezione dell'animo umano v1sto che lmtelletto e separato. Di ·mone morale" parla NARDI, ·L'averroismo•, p. 102 e ancora m ·Filosofm dell'amore" pp. 26-36. Si tratta invece di morte fis1ca per Dmo del Garbo: :cu,m 、QWセエ@Di sua potentia· segue spesso morte, vult auctor estendere que s1t potentJa .lmOIJs: idest quid potest amor inducere in corpus [ .. .] Nam adeo potest _hec ー。ウウセッ@ c01pus alterare, quod multotiens inducit mortem, que estulumum ternbJ!n.Im·. pm. s.s (cito da FENZI La canzone d'amore, p. 111; il volume d1 Fenz1 forn1sce la pnma {ALャ、uzioセ@ne ᄋ ゥエ。ャゥ。セ。@ moderna del commento garbiano basandosi sull'edizione d1 G. Favat1 riportata a fronte, pp. 86-133). Secondo N. tッnelセiL N@ ·De. Guidone de Cavalcanti bus physico (con una noterella su Giacomo. da Lentmr ottrco) .. , m Per dッュ・ュセセ@ De Rohertis. Studi o.lfelti dagH allievifiorentJ.m, a cura d1 I. BEClìERUCCI, S: GIUSII, .N. TONELLI. firenze, Le Lettere, 2000, pp. 459-508, in part. p. 495, SI tratta d1 morte fiSI-

ca anche per Cavalcanti. 79 NARDI, ·L'averroismo", p. 88 ricorda che per Andrea Cappellano (De amore, a

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380 !RENE zavNセtヲero@

v. 38; Jstae enim passiones sunt ma:xime nobis connatura/es, r. 231), bensì dall'eccesso di questo bisogno naturale (·[. .. ) lo voler è tanto / ch'altra misu-ra di natura torna .. vv. 43-44; ad quas maxime inclinamur, rr. 231-232; for-titer movent appetitum, r. 238).

Oltre all'idea, espressa nella terza stanza di Donna me prega, secondo

cui la passione offusca la capacità di giudizio dell'intelletto, i due testi con-

dividono la descrizione medico-filosofica della fenomenologia della passio-

ne amorosa. Nella quarta stanza, infatti, ispirandosi probabilmente alla trat-

tatistica medica sulla malattia d'amore - come sembra confermare il com-

mento di Dino del Garbo che mette in risalto gli elementi caratteristici del-l'amore morboso, dell'amore hereosSO-Cavalcanti descrive un amore diven-

tato passione d'altra misura che non riesce a placarsi nell'appagamento

( .. Poi non s'adorna di riposo mai .. , v. 45) e che costringe chi è affetto dalle

passioni a tenere lo sguardo fisso sul proprio desiderio (·e voi ch'om miri 'n

non formato loco .. , v. 51) dal quale si sprigionano le fiamme dell'ira (·destan-

dos'ira, la qual manda foco•, v. 52). Queste immagini richiamano altrettante

espressioni corrispondenti della quaestio: la felicità non consiste in amare perché non totaliter quietat appetitum (r. 140); le passioni fortiter movent appetitum, et intense occupatur anima circa ipsa (rr. 234-5) e frequenti ira accenditur cor (r. 243). Si tratta di consonanze rintracciabili, per lo più, nella

trattazione degli impedimen.ta alla felicità - dove abbiamo notato una certa

competenza medica di Giacomo - , di quelle passiones, cioè, che possono produrre malattia nell'anima e nel corpo.

cura di G. RUFFINI. Milano, Guanda 1980, p. 6) ·Amor est passio innata procedens ex visione et immoderata cogitatione ... • e afferma che Cavalcanti condivide questa defi-nizione ma in chiave pessimistica, cf. pp. 91-93.

so Cf. TONELU, ·De Guidone·, pp. 476-478. N. Tonelli sviluppa nel suo ricco con-tributo gli -elementi chiaramente riconducibili alle topiche mediche della malattia d'a-more· (che NARDI, ·L'amore e i medici•, riconobbe per primo nel commento di Dino del Garbo e nella canzone del Cavalcanti) individuando soprattutto nel trattato De amore bemico di Arnaldo da Villanova il testo di riferimento usato da Dino del Garbo nella sua glossa (pp. 469-479). Per Donna me prega ritiene che le due ·interpretazio-ni più prossime a Cavalcanti• siano quelle di Arnaldo da Villanova e di Pietro Ispano nelle sue Quaestiones super Viaticum, pp. 484-508. Cf. anche Io., ·Fisiologia dell'a-more doloroso in Cavalcanti e Dante: ionti .mediche ed enciclopediche·, in Guido Cavalcanti laico e le origini della poesia europea, a cura di R. ARQUÉS. Alessandria, Edizioni dell'Orso, 2003, pp. 63-117, dove si dimostra la presenza dei temi della pato-logia amorosa anche in altri componimenti del Cavalcanti e soprattutto nella lettera-tura coeva di cui l'autrice propone un'ampia disamina.

LA ·QUAESTIO DE FELICITATE· DI GIACOMO DA PISTOIA 381

Possiamo concludere, quindi, che i due amici, perlomeno in questi testi,

condividono, oltre alla simpatia per l'aristotelismo, l'interesse per le ripercus-

sioni morali e le implicazioni mediche della passione amorosa, pur precisan-do che, mentre il Cavalcanti intende definirne la natura e dimostrarne gli

effetti, Giacomo ritaglia, nell'ampia trattazione sulla felicità, un breve spazio

per la descrizione delle passioni in generale, e non specificamente per le concupiscentiae venereorum81 che sono soltanto un tipo di impedimento alla felicità. Forse per questo motivo, Giacomo, benché dimostri di conoscere la

trattazione medica della patologia d'amore, non scende nei dettagli della sin-

tomatologia della passio 'ereos' e della sua degenerazione nell'ilisci, nella

melancolia o nella frenesia, come, invece, si legge nel Canone (I, 4, par. 23-

24) di Avicenna o nel Liber de bereos morbo di Giovanni Afflacio82

Sarebbe necessario e interessante allargare il raffronto della quaestio

con altri testi dello stilnovismo, ma ci limitiamo, per il momento, a segnala-

re quel passo del terzo libro del Convivio (XV, 2-4) in cui Dante afferma che

guardando, quaggiù sulla terra, negli occhi e nel riso della Sapienza, •l'uma-

na perfezione s'acquista, cioè la perfezione de la ragione .. , .. tanto cioè che l 'uomo in quanto ello è uomo, vede terminato ogni desiderio, e così è

beato .. 83. Sullo sfondo di questo passo, sembra di poter scorgere la presen-

za 'non solo degli elogi della filosofia prodotti dai maestri delle Arti, ma

anche della quaestio di Giacomo, in particolare di quel desiderio di appaga-

mento che solo la felicÙà può soddisfare, come recita la terza proprietà essenziale. Soltanto uh'intellezione perfetta che •procedat ab ipsa sapientia .. (r. 187) è in grado di •quietare appetitum intellectivum qui proprie est appe-

titus bumanus .. (r. 85) e di condurre l'individuo al raggiungimento della sua

perfezione, allajelicitas ultima hominis (r. 189).

Per quanto riguarda i rapporti con l'ambiente dell'università di Bologna, vorremmo ricordare che la datazione della quaestio e la sua appar-tenenza alla corrente dell'aristotelismo radicale fanno di Giacomo da Pistoia

81 Giacomo usa i termini passio, concupiscentia, usu venereorum; Dino del Garbo (par. 72) dirà •passio est proprie circa actus venereos, in quibus actibus est furiositas et intemperantia·, cf. anche TONELU, ·De Guidone·, p. 469.

82 Cf. NARDI, ·L'amore e i medici•, pp. 249-263 e soprattutto TONELLI, ·De Guidone .. , pp. 466-474 che passa in rassegna i capisaldi della più diffusa letteratura medica in materia di amore bereos.

83 Cf. G. FIORAVANT I, ·Dante e Alberto Magno•, in Il pensiero.fì.losofico e teologico di Dante Aligbieri, a cura di A. GH!SAIBERTI. Milano, Vita e Pensiero, 2001, pp. 93-102, in p art. p. l 02.

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382 !RENE ZAVATrERO

un anticipatore della scuola averroista bolognese che, come è noto, cono-scerà il momento di massimo sviluppo nella prima metà del XIV secolo.

Molti studi e ricerche prodotti negli ultimi decenni hanno ricostruito l'ambiente culturale e universitario di Bologna tra il XIII e XIV secolo84 evi-

denziando la .. stretta interpenetrazione tra studio della medicina e studio delle Arti" comprovata dagli interessi medici di maestri di logica come Gentile da Cingoli, Angelo d'Arezzo o Giacomo da Piacenza e dagli interes-si filosofici dei medici della cerchia di Taddeo Alderotti riguardanti non sol-

tanto la filosofia naturale ma anche quella moraJe85.

A questa categoria di medici-filosofi morali appartiene probabilmente Giacomo da Pistoia, ed anzi egli fu un 'pioniere' degli studi di morale a

Bologna86. Infarri la quaestio - che attinge a piene mani dall'EH, nella tra-

duzione di Roberto Grossatesta, e cita anche la Politica- e il volgarizzamen-to di Taddeo Alderotti della Summa Alexandrinorum (una versione abbre-

viata dell'EN, composta probabilmente all'inizio della carriera di Taddeo,

magister a Bologna dal 1260 al 1295) costituiscono le prime testimonianze

della circolazione dei libri morales87 in ambiente bolognese e in un arco di

tempo precedente alla fine del XIII secolo.

I libri mora/es, benché si trovino citati per la prima volta negli statuti

universitari del 140588, vennero letti e forse inseriti nel curriculum molto

84 Cf. i seguenti studi che forniscono un'ampia bibliografia: L'insegnamento della logica a Bologna nel XIV secolo (Studi e memorie per la storia dell'università di Bologna. Nuova Set·ie, vol. III), a cura di D. BuzzErn, M. FERRJANI, A. TABARRONI. Bologna, Istituto per la Storia dell'Università, 1992, in part. pp. V-VI; V. SORGE, Profili c!el/'averToismo bolognese. Metafisica e scienza in Taddeo da Parma, Napoli, Luciano Editore, 2001, in part. ·L'aristotelismo averroistico: una ricognizione storico-critica••, pp. 15-42.

85 Cf. P.!'. GIOHGI, R. LAMBERTINI, A. TABAHRONI , ·Tecniche d'insegnamento nella for-mazione dei medici a Bologna nel XIV secolo: due questioni disputate di Mondino de' Liuzzi da Bologna .. , in L 'insegnamento della medicina in Europa (secoli XIV-XIX). Atti del convegno tenutosi a Siena in occasione d.elle celebrazioni dei 750 anni della fon-dazione dell'Univer-sità di Siena, a cura di F. VANNozzr. Siena, Tipografia senese, 1994, pp. 211-224;]. AcmMI -C. CRJSCIANI, ·Medicina e logica in maestri bolognesi tra Due e Trecento: problemi e temi di ricerca•, in L'insegnamento della logica, pp. 187-239.

86 SJRAISI, Taddeo Aldemtto, p. 74 87 I libri di testo della pbi/osopbia mora/L' nei curricula delle Facoltà delle Arti erano

l'Etica Nicornacbea., la Politica, la Retorica (considerata un libro morale nel XII I e XIV sec.) e gli Oeconomica pseudo-aristotelici, cf. SrRAisr, Taddeo Ald.erotto, pp. 72-77.

88 C. MALAGOLA , Statuti delle Univer-sità e dei Collegi dello Studio bolognese.

LA ·QUAESTIO DE FELICITATE· DI GIACOMO DA PISTOlA 383

tempo prima, come dimostra l'interesse che continuarono a suscitare fra i medici del XIV secolo; basti pensare alle fonti usate da Dino del Garbo nella

glossa a Donna me pr·ega e al commento di Bartolomeo da Varignana agli Oeconomica pseudo-aristotelici89.

Inoltre la quaestio de felicitate è !;unico testo, a noi noto, appartenen-te alla corrente dell'aristotelismo radicale sicuramente prodotto a Bologna alla fine del XIII secolo, in quanto le altre testimonianze, vale a dire il com-mento d i Taddeo all 'Isagog; di Ioannitius90 o alcuni scritti di Gentile da

Cingoli91, non si possono annoverare a pieno titolo nella corrente averroi-sta. Sono tuttavia segnali della nuova atmosfera in cui si diffonde l'insegna-

mento filosofico a Bologna negli ultimi decenni del Duecento al riparo dalle conseguenze dirette della condanna parigina e dal 'controllo' della facoltà

di teologia, assente a Bologna fino al 1364. Fin dall'inizio del XIV secolo si

trovano, invece, testimonianze certe dell'averroismo in vari commenti o

quaestiones disputatae, ad esempio quelle sul De anima di Taddeo da

Parma, Matteo da Gubbio e Giacomo da Piacenza, in cui si legge un inte-

resse particolare per l' interpretazione offerta da Averroè della psicologia ari-

Bologna, 1888, p. 252. Cf. anche D. A. Lines, Ar"istotle's Etbics in tbe italian Renaissance (ca. 1300-1650): T7Je Univer-sities and tbe pmblem of moml education. Leiden, Brii!, 2002

89 Cf. SJRAISI, TaddeoAlderotto, pp. 86-95 e R. LAMBERTINI, ·L'ane ciel governo della casa. Note sul commento di Banolomeo da Varignana agli Oeconomica·, in Medioevo, 17 0991), pp. 347-389. Anche Guglielmo dei Corvi (1250-1326) si preoccupa che, nel Collegio Bresciano da lui fondato a Bologna, si tenessero delle lezioni eli filosofia morale, e che Pietro Torrigiano de' Torrigiani (inizi del Trecento), nel suo commen-to alla Tegni di Galeno, cita spesso !'Etica aristotelica.

90 Cf. M. GRABMANN, •L'aristotelismo italiano al tempo eli Dante con panicolare riguardo all'Università di Bologna·, in Rivista di Filosofia Neo-Scolastica, 38 (1946), pp. 260-277, a p. 270 ritiene che Taddeo esprima una cena simpatia per il monopsichismo averroistico; B. NARDI, ·L'averroismo bolognese nel secolo XIII e Taddeo Alderotto•, in Rivista di Storia della Filosofia, 4 (1949), 11-22, afferma, p. 19, che Taddeo -era, nel-l'interpretazione del pensiero di Aiistotele, averroista•. Invece SIRAISI, TaddeoAlclerotto, p. 149 ammette che parli del monopsichismo, ma (p. 150) ritiene abbastanza impro-babile che l'averroismo bolognese sia stato iniziato da un medico; A. GHISAL!lERTI, Le Quaestiones de anima attribuite a Matteo da Gubbio. Edizione del testo. Milano, Vita e Pensiero, 1981, p. 7: ·siccome egli non indugia sulle dottrine più tipiche dell'aver-roismo, né intende addentrarsi in questioni teologiche, gli studiosi più recenti non lo Iitengono l'iniziatore della scuola averroista bolognese•.

9l Cf. L. MARCHEGIANI, .. L'aristotelismo di Gentile da Cingoli·, in Annali della }àcoltà giuridica di Camerino, 36 (1970), pp. 81-131, in part. pp. 122-123 sostiene che-Gentile non effettuò un'interpretazione averroista dei testi di Aristotele.

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384 !RENE ZAVATrERO

stotelic'a, vale a dire per le problematiche riguardanti l'intelletto, le sue fun-zioni e il suo rapporto di separatezza o meno rispetto al corpo. Questi auto-ri successivi, quindi, a differenza di Giacomo, prediligono innanziturro l 'in-segnamento del De anima senza escludere, tuttavia, i contenuti della mora-le aristotelica. Le dottrine psicologiche ed eriche, infatti, condividono in que-sti testi un rapporto di ·feconda correlazione· a proposito, ad esempio, della discussione sulla conoscenza intellettiva che implica la trattazione di temi come la felicità umana e la vita speculativa92. Bisogna ricordare, infine, un'altra importante testimonianza della circolazione, nell'ambiente universi-tario bolognese, delle tematiche morali contenute nella quaestio: si tratta di

alcuni sennones in lode della filosofia e della logica databili nella prima metà

del Trecento, pronunciati in occasione dell'inizio annuale dei corsi del cur-riculum in arlibus che formulano l 'esaltazione della vita intellectuafis93.

Quanto si è appena detto avvalora la tesi di Kristeller e della Corti, secon-do cui ·doveva esistere un gruppo di amici filosofi, letterati e poeti - e noi aggiungeremmo, medici - fra Bologna e Firenze, intellettuali raffmatissimi di aristocratica formazione europea.,94 che condividevano l'amore per la sapien-za e la simpatia per le posiziorù dell'aristotelismo radicale. In ciò che segue si darà un'ulteriore conferma del ruolo medico della quaestio de felicitate.

5

Il manoscritto cortonese, composto di 199 fogli in parte membranacei (il foglio di guardia e i primi 60 fogli) e in parte cartacei (138 fogli, manca il f. 198) è una miscellanea di testi di medicina, ascrivibili per lo più a Gentile da Foligno e copiati da più mani, pare, di origine italiana95, agli inizi

92 Cf. A. GHISALBERTI, ·Fine ultimo e conoscenza intellettiva: una questione della scuola averroista bolognese del sec. XN•, in Dalla prima alla seconda scolastica. Bologna, Edizioni Studio Domenicano, 2000, pp. 120-142, in part. pp. 122-125 pren-de in esame la ·discussione del problema circa i rapporti fra anima e corpo· in varie questioni degli averroisti come esempio di contenuti dottrinali affini.

93 G. FIORAVANTI, ·Sermones in lode della filosofia e della logica a Bologna nella prima metà del XIV secolo•, in L'insegnamento della logica, pp. 165-185.

94 M. CoRTI, ·Parigi e Bologna: novità filosofiche e linguistiche·, in Dante a un nuovo crocevia, pp. 9-26, ripubblicato in Scritti su Cavalcanti e Dante, pp. 312-326, per la citazione p. 326.

LA ·QUAESTIO DE FELICITATE· DI GIACOMO DA PISTOIA 385

del XV secolo. Il codice fu acquistato nel 1897 dall'Accademia Etrusca di Cortona e farro rilegare perché era scompaginato96

Pur !imitandoci ad un primo e provvisorio studio della composizione del manoscritto, possiamo notare che, probabilmente, gli ultimi fogli (ff. 194-199), contenenti, fra l'altro, la quaestio di Giacomo, sono stati aggiunti suc-cessivamente, come sembrano dimostrare anche le caratteristiche paleogra-fiche (scrittura molto fitta, specchio scrittorio pii:1 ampio, poche annotazioni marginali), diverse rispetto alle altre parti del codice. Il dettagliato indice che si trova ai ff. 187-188, inoltre, non cita i testi copiati in queste carte conclu-sive, mentre elenca rrùnuziosamente gli scritti collazionati fino al f. 168 e ,

grazie alle aggiunte di una mano successiva, completa il sommario fino al f. 190. L'ultima annotazione ·Praticha m. Bartalomej de Varignana abstracta hec est a carta 190 usque ad fi nem libri• lascia supporre che il codice termini con

il f. 193, dove si trova l'e:xplicit della tabula.

In attesa di studiare meglio la fascicolazione, i vari cambi di mano ed alcune significative annotazioni presenti nel codice, ci limitiamo a sottolinea-re che il manoscritto subì probabilmente varie trasformazioni e aggiunte suc-cessive, ma che tuttavia raggiunse presto l'attuale composizione, come dimostra la numerazione antica delle 199 carte, preesistente alla redazione dell'indice.

Gli scritti copiati ai ff. 194-199, nonostante la probabile aggiunta succes-siva, non costituiscono un blocco· tematico unitario, bensì piuttosto una pic-

cola raccolta di consigli pratici di vario tipo ad uso del buon medico. In effet-

ti vi troviamo, nell'ordine, una summula di Mondino de' Liuzzi indirizzata

all'aÙievo Mansueto riguardante il dosaggio dei farmaci97, una breve raccolta

.95 Cf. KRISTELLER, ·A Philosophical Treatise·, p. 535 parla di ·an ltalian hand ... 96 L'acquisto fu probabilmente promosso ·da Girolamo Mancini, bibliotecario

dell'Accademia dal 1870 al 1904 e storico locale, che ebbe il merito di rilanciare il ruolo culturale dell'istituzione cononese e di prowedere all'acquisizione di gran pmte del materiale librario, in alcuni casi anche pregiato, oggi conse1vato dalla biblioteca e da lui recensito in 1 manoscn·tti della Libreria del Comune e dell'Accademia Etrusca di Co11ona. Conona, Stamperia Bimbi, 1884. Del ms. 110, non incluso nell'inventario perché acqui-stato molti anni dopo, redasse un minuzioso indice ril egato all'inizio del codice.

97 ff. 194ra-va: inc. ·Rogasti me fili karissime Mansuete ut dosis possis adinveni-re convenientem in quolibet farmaco•. Potrebbe trattarsi del Tractatus Mundini ad inveniendum dosim tradito nel ms. D Pluteo XXN,3 (ff. 161v-162r) conse1vato pres-so la Biblioteca Malatestiana di Cesena. Cf. SIRAJSr, Taddeo Alderotto, p. 69 e 422, in panicolare su Mondino, pp. 66-69.

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386 !RENE ZAVATIERO

di malattie incurabili98, un breve scritto sulle febbri incurabiJi99, la quaestio di Giacomo da Pistoia, un testo su come curare i dolori delle donne100, un

altro sulle cure contro la gotta e i dolori ai1ìcolarìlOl e, infine, dopo il f. 198 mancante, alcuni franunenti del 17Jesaurus pauperum di Pietro Ispano102.

Ad esclusione della quaestio di Giacomo, si tratta, dunque, di resti che

concei-nono la medicina pratica, sia a livello teorico, in quanto utìlizzabili nell'insegnamento e nella formazione del medico, sia a livello pratico, in

quanto probabili opere di consultazione per il medico di professione.

Questa duplice funzione non caratterizza soltanto i resti copiati nei

fogli conclusivi, bensì il manoscritto nel suo insieme. Vedìamone brevemen-te il contenuto.

Nella prima parte del codice (ff. 1-124) sono copiati i trattati pìi:1 lun-

ghi e dedicati alle parologie delle febbri, vale a dire il commento di Gentile

da Foligno103 al IV libro, jèn I, del Canone di Avicenna (ff. 1-68) - la più

conosciuta e fonunata sezione del commento nota appunto come Defebri-bus - e il II libro della Pratica o Swnma conservationis sanitatis di

Guglielmo da Salicetol04 (ff. 69-100), che circolò separatamente con il ti to-

lo di Liber secundus de febribus105. A questi trattati seguono i Problemata

de venenis di Cristoforo degli Onesti di Bologna compilata in studio Bononiensi per eum 1391106

9:> ff. 194vb-195ra: ·Aggregacio egritudinum incurabilium in quibus laborare medi-cum non oporret ... Mancini nell'indice registra il testo sotto il titolo di De frenesi, in realtà ェゥG・ョ・ウエセ^@ conji'nna.ta è solamente la prima delle malattie elencate.

99 f. 195ra: ·.Oe febribus incurabilibus ve! fere incurabilibus•. !00 f. 196ra-197rb: -De cura passionum matricis ... 101 ff. 197rb-va: ·De cura guttan.n11 et dolorum et aniculorum·. 102 f. 199v: ·Suprascripta experimenta fuerunt extracta de libro Thesauri paupe-

rum compositi a magistro Petro Hispano eminentissimo summo pontifici paupen.Im•. 103 Per un quadro riassuntivo della vita e delle opere di Gentile cf. L. CECCARELLI,

-Gentile da Foligno•, in Dizionan:o biogmfico degli italiani, 53 (1999), pp. 162-167. 104 Guglielmo da Saliceto (1210-1280 circa) ha studiato e insegnato a Bologna, fu

il piC1 famoso chirurgo dell'epoca, autore delia Summa consema.tionis et curationis, scritto di medicina generale.

105 Cf. L. THORNDIKE, P. K!BRE, A Ccuafogue of lnctpits of Mediaeval Scientific. Wt·ftings in Latin. Cambridge, Mass., The Mediaeval Academy ofAmerica, 1963, col. 552. MAZZA'IlNTI, Manoscn'tti d'Italia., p. 51 ha erroneamente identificato il trattmo con il II libro del commento di Gentile al Canone di Avicenna.

106 Cf. L. THORNDIKE, A History of Magie and Experimental Science. New York, Columbia University Press, 19844, pp. 538-540.

LA ·QUAESTIO DE FELICITATE· DI GIACOMO DA PISTOIA 387

Il corpo centrale del codice (ff. 125-183) contiene alcuni brevi tratta-rì107 di Gentile (sulla scansione temporale del decorso delle patologielOS,

sulla durata delle malattie cronichel09 e sui bagni terma)i110); brevi com-menti agli Aforismi di Galeno; molte quaestiones sparse, alcune di chimrgia

(ad es. sulle fratture del cranio o sulla flebotomia), alcune su patologie varie

(febbri pestilenziali, dolori articolari, gotta, artetica etc.) altre sui medica-menti (la triaca, il melitoto, i vari tipi di sciroppo, i bagni in idropica etc.),

ma soprattutto contiene circa duecentonovanta consilia divisi in due partì -

73 copiati nei ff. 140-148 e 218 nei ff. 149-160 - che una mano, probabil-

mente il copista redattore dell'indice, ha riunificato mediante un segno di

richiamo posto nel f. 160, che rinvia pro complemento buius operis Gentilis al f. 148 dove, a chiusura della prima parte di consilia, si legge: expleta sunt

consilia domini magistri Gentilis de Fulgineo, cuius anima requiescat in pace. Anno Domini nostrijesu Chn'sti 1407. Non tutti questi resti sono dei

veri e propri consilia, a volte si tratta di remedia o eli 1·eceptae e non sem-pre sono di Gentile da Foligno, alcuni di essi sono secundum Arnaldo da

Villanova, Bartolomeo da Varignana, Mondino o Gilberto Anglico. Il codice

cortonese può, quindi, essere considerato una delle più complete raccolte

dei consilia di Gentilelll

Si deve, inoltre, segnalare la presenza di due trattati di Tonm1aso del

Garbo sulla teoria farmacologica112, di una delle poche questioni mediche

107 Alcuni testi di Gemile contenùti nel ms. cononese si trovano in GENTILE DA

FoLIGNO, Qu.aestiones [et] tractatus extrauagtmtes." Venetiis, 1526. Per gli incunaboli delle opere di Gentile cf. Gesamtkatalog der Wiegendru.cke, hg. von der Kommission flir den Gesamtkatalog der Wiegendrucke. Berlin, Stutrgart, A. I-liersemann, Akademie, 1991, IX, n. 6515.

108 ff. 125vb-126vb: ·Tractatus de numeratione dierum criticorum .. , cf. GENTILE DA

FOLIGNO, Quaestiones, ff. 96r-97r. 109 ff. 126vb-128ra: ·Tractatus de differemia pronosticationis in morbis chronicis

et acutis·, cf. GENTILE DA FOLJGNO, Quaestiones, ff. 97r-98r. 110 f. 168ra-va: ·Tractatus compendiosus de balneis existentibus in Tuscia secun-

dum Gentilem• dove cita le caratteritiche dei vari bagni termali esistenti fra la Toscana e il Lazio, compresi i famosi bagni di Petriolo da Gentile stesso frequentati.

111 Si conoscono 218 consilia trascritti nel ms. VIII.D.40 della Biblioteca Nazionale di Napoli; 110 consilia sono stampati nell'edizione veneziana realizzata per Ottaviano Scoto: A. CERMISONE, Consilia Cermisoni. Consilia. gentilis. Recepte gentilis de febribus. Tmctatulus de balneis gentilis. Tractatu.m de tyriaca Francisci caba.lli. Venetiis, 1498.

112 ff. 13lvb-133vb: ·De reductione medicinarum ad actuum•; ff. 133vb-135va: •De gradibus medicinarum ... Per il primo cf. TI-IOMAS DE GARBO, Summa Tbome de Garbo: Tbome de Garbo ... Sum[m}a medicinalis, cu[m] duobus eiusdem tractatibus, vnus De

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388 !RENE ZAVATrERO

a noi note di Angelo d'Arezzo113 (Utrum in febribus putridis competat usus

aque frigide) e della già menzionata tabula della Pratica di Bartolomeo da Varignana 114

Di particolare interesse sono, infine, alcuni consilia inediti: uno redat-

to da Niccolò Falcucci per il cardinale Antonio di Aquileia115, un altro di un certo Marco da Siena, magister presso l'università di Perugia nell'anno

1402116, e un consilium ad arteticam passionem di Giovanni da Muglio di

cui, finora, si conoscevano soltanto due commenti di logica117.

Il codice, probabilmente, seiViva all'insegnamento o alla pratica della

medicina operativa, come dimostrano le quaestiones e le expositiones in esso

r·estaumtio(n)e h umidi mdicalis, alter De rechtctione medicina rum ad actu.um ... Lugduni: ab Iacobo de Giunta, 1529. cf. A. DE FERRARI, ·Del Garbo, Tommaso•, in Dizionan:o biografico degli italiani, 36 (1988), pp. 581-585

!13 ff. 164vb-165ra. Angelo d'Arezzo è noto soprattutto per la sua produzione filo-sofica e logica e come repetitor di Gentile da Cingoli, ma l'interesse per i temi medi-ci è stato più volte sottolineato: cf. M. GRABMANN, ·Der Bologneser Averroist Angelo d'Arezzo (ca. 1325) .. , in Mittelalterliches Geistesleben. Abhandlungen zu.r Geschichte der Scbolastik und Mystik, Bd. II, Munchen, Hueber, 1936, pp. 261-271; cf. anche A. taセarroniL@ ·Gentile da Cingoli e Angelo d'Arezzo sul Peryermenias e i maestri di logi-ca a Bologna all'inizio· del XIV secolo .. , in L 'insegnamento della logica, pp. 393-440 e

. pp. 607-608 per le notizie biografiche (voce Angelus de Aretio). 114 ff. 190r-193v. Sulla sua attività medica e di commentatore degli Oeconomica

aristotelici, cf. SlltAISI, Taddeo Aldemtti, pp. 45-49. 115 ff. 183rb-185va: inc.: ·Dispositio reverendissimi domini mei domini Antonii

honorabilissimi Aquilegiensis Cardinalis talis est iudicio meo•; expl. ·Et hoc sunt que vostre reverende magne scripta sunt per minimum servitorem vestrum Niccolum de Falcuciis medicine doctori·. Il cardinale è, probabilmente, Antonio Panciera (1350-1431) per un decennio patriarca e poi cardinale di Aquileia, già segretario di Papa Bonifacio IX, abile poltico e dotto umanista. Nel consilium si legge ·in principio senectutis est prime habens in etate sua annos circiter quadra-ginta tres, qui ab annis xii incurrit passiones has· quindi potrebbe essere stato scrit-to intorno al 1393 quando Falcucci era al culmine della sua carriera di medico a Firenze, cf. M. MuCCILLO, ·Falcucci, Niccolò", in Dizionario biografico degli italia-ni, 44 (1994), pp. 401-404.

116 ff. 167ra-168ra: inc.: ·Reverendissime pater considerantis dispositionibus vestris ex parte capitis et narium et stomaci"; expl.: ·Per vostrum servitorem Marcum de Senis medicum ...

1!7 ff. 164ra-vb: inc.: ·Presuppositis non .pau cis nec exiguis alibi subtilitatem inve-stigandi .. ; expl.: ·fini tu m est consilum secundum M.]. de Mu. ad arteticam passionem•. L'indice al f. 188v esplicita secundum magister johannes de Mu.glio. Questo scritto è l'unico di contenuto medico finora rinvenuto, a quanto ci risulta, di Giovanni da

JU/

contenute - condotte su alcuni fra i testi-base più usati per le lezioni di

medicina pratica, come il Canone di Avicenna o il Defebribus di l saac lsraeli

- , che sono espressione dell'ambiente universitario, o i compendi e i consi-

lia - spesso anche usati per scopi didattici grazie alla loro sistematizzazione

in raccolte ordinatell8-che testimoniano della rinomata esperienza di que-

sti magistri e medici famosi.

Potrebbe dunque risultare valida, anche se non sostenuta da dati con-

creti, l'ipotesi di Kristeller secondo cui il codice fu copiato da uno studente

della Facoltà di Bologna119, un 'apprendista' (anche se dovremmo allargare

l 'ipotesi a più studenti, visto che il codice fu copiato da varie mani) che in alcuni casi esprime la sua ammirazione per Gentile (in omnibus imitari

con or et compellor ad posse), chiamandolo subtilis speculatore di cui racco-

manda, per lo studio del Canone di Avicenna, la lettura delle questioni di

Gentile quae valde bone sunt. A confermare la provenienza bolognese

sarebbe anche il foglio membranaceo di guardia che contiene due rubriche

di argomento giuridico appartenute, secondo il bibliotecario Mancini, .. a[

libro quarto degli Statuti di Bologna .. , attribuzione di cui, tuttavia, dobbiamo

ancora verificare la validità.

Da quanto detto si ricava non soltanto il valore documentario del codi-

ce, ma anche il contesto strettamente medico, e per lo più operativo, in cui si

viene a collocare la quaestio di Giacomo, quel contesto universitario bologne-

se ricco di scambi culturali non soltanto verso l'esterno con la vicina Toscana (e Umbria) ma anche al suo interno fra i due .curricula di Arti e di Medicina .

Rintracciare la quaestio in un codice medico è ancora più significativo

se consideriamo la diversa composizione dei manoscritti vaticano120 e stoc-

cardese12L il primo, degli inizi del XIV secolo, proveniente dall'ambiente

parigino della Facoltà delle Arti, contiene una questione sulla potenza infi-nita di Dio (Utrum primum principium si ve Deus ipse sit potenti a e infinitae)

Muglio, magister artium et medicinae a Bologna, ma anche lettore di medicina dal 1376 al 1413. Per i due commenti di logica cf. TABARRONI, ·Gentile da Cingoli .. , p. 393,n. 2 e p. 613-614 per le notizie biografiche (voce Jobannes Fmncisci de Muglo).

118 AGRIMI - CRJSCIANI, Edocere medicos, p. 158 e n. 2. 119 Cf. KRISTELLER, ·A Philosophical Trearise .. , p. 535. 120 Per la descrizione del codice cf. A. MAIER, Codices Vaticani Latini. Codices

2118-2192, Vaticano, 1961, pp. 13-14. 121 P. O. KRISTELLER, Iter Jta/icum, !IL· Accedunt alia itinera, 1. Australia to

Germany. London-Leiden, The Warburg Instirute-E.]. Brill , 1983, pp. 705 segnala sol-tanto alcuni testi contenuti nel ms. che consta, invece, di 257 ff. Ringrazio il perso-

Page 20: Giacomo da Pistoia, "Quaestio de Felicitate" (ed. Irene Zavattero)

H<r.Nt:. LAVA:ITEKO

di Antonio da Parma 122 e il cosiddetto 'conunento vaticano' all'EN da attri-

bùire, probabilmente, a Radulfo Brirol23; il secondo, della fine del XIV -ini-zio XV sec., di area tedescal24, tramanda il Rosarium di Giovanni Genesio

da Parma 125, il De vita beata di Seneca. i Soliloquia di Agostino, il trattato

Stella clericontm126, una raccolta di sentenze di Padri della Chiesa e varie

altre annotazioni riguardanti la natura dei peccati e le penitenze, alcune delle quali tratte dai canoni penitenziali. Quindi, mentre nel manoscritto

nak della Wl'lmembergische Landesbibliorhek di Sroccarda per avermi fornito le foro-copie del catalogo moderno manoscrirro, l'unico che recensisce accuratamente turri i resti del codice Thol. et l'hilos. 204.

122 Cf. GAIJl'HIER, ·Trois commenraires 'Averroisres'., pp. 216-219 definisce Antonio •Un mairre ès Arrs ere n renanr de l'averroisme le plus radica]., ma ne sottolinea anche la fama di medico. Cf. anche Z. KUKSEWICZ, De Szger de Brabant à jacques de P/aisance. La tbéorie de l' imellect cbez !es aven·o(çtes latins des XIII et XIV siècles, Wroclaw-V,trsovie-Cracovie, Edirions de I'Académie Polonaise cles Sciences, 1968, pp. 148-176 e A. TABAtlRONJ, ·Anronius de Parma" in L'insegnamento della logica, p. 608.

123 Cf. il contributo, in questo volume, di Iacopo Cosra, che ringrazio per le anti-cipnioni dei risultati del suo bvoro e per le stampe del codice vaticano che hanno permesso di portare a termine l'edizione critica.

124 Il codice, che reca la nora di possesso aji'Cltre Matbia }àb1·i d'Augusta bacc. tbeol. anno d. 1478, fu trovato nel convento carmelitano di Heilbronn. La grafia Gwidoni nella dedica al Cavalcanti lascia supporre che il copista fosse tedesco e forse proprio quel Saxo di Braunschweig di cui si legge, in calce al Rosarium di Giovanni Genesio da Parma: per me scriptum Saxon.em de Bnmswig. KntsTELLEll ·A Philosophical Trearise .. , p. 511, iporizza che lo sconosciuto Saxon porrebbe aver copiato e raccolto i vari resti a Bologna, dove forse aveva studiato e conosciuto il testo del Rosa ri t.l1n .

125 Cf. B. PERGAMO, ·l Francescani alla facoltà teologica di Bologna (1364-1500) .. , in rb·cbivum Frcmciscanwn hエセGゥッイゥ」オNュL@ 25 (1934), pp. 15-20. Francescano; insegnò a Bologna verso il 1367, il Rosariu.m (chi<tmaro così perché raccoglie le rose profu-mare contenute nelle opere dei filosofi e dei poeti, minacciate però dalle spine degli errori e dei peccati) ha la funzione di guida per coloro che vogliono vivere santa-mente. Vi si trana, infarti , delle varie condizioni in cui l'uomo può trovarsi a vivere nel peccato, nella virtLt o in uno stato di beatitudine e gloria).

126 Cf. Stella clericonan, ed. from \Vavreumont (Sravelot), Monastère St-Rémacle, MS. s.n. by E.I-I. REJTEH. Toronto, Published far rhe Centre far Medieval Srudies by the Pontificai lnsritute of Mecliaeval Studies, 1997. È un trarraro anonimo dei primi anni ciel Duecento ad uso dei monaci e dei sacerdoti che ebbe un grande successo in Europa occidentale (in particolare nella regione della Mosa, attorno a Treviri e in Boemia) nel XIV e XV secolo tanto (la guadagnarsi un posto in ogni biblioteca dei monastet·i regolari e del chiostro canonico. Tratta principalmente della valorizzazio-ne del sacerdozio e dell'eucarestia in tono spesso ·meditativo, a volte prescrittivo, ramo da sembrare un manuale di spirirualir1t e di morale.

LA -QUAESTIO DE FELICITATE· DI GIACOMO DA PISTOIA 391

vaticano la quaestio e le altre due opere sono - per riprendere le parole di

Gauthier-abbastanza proches d'esprit da rispondere, ognuno a suo modo, ai gusti di qualche fervente dell'aristotelismo, nel manoscritto eli Stoccarda i

resti sono finalizzati all'insegnamemo morale in ambiente religioso.

Quanto detto dimostra che la quaestio riscosse un certo interesse non

solo in ambienti geograficamente lontani da Bologna - in Francia e in Germania - ma anche culturalmente molto distanti fra di loro, come lo erano le Facoltà di Arti e Medicina e i conventi o i monasteri. Questa diffusione, del

resto, non fa che rispecchiare la multiformità della quaestio e della cultura di

Giacomo che si mosse tra la medicina e la filosofia morale aristotelica.

(6) .APPENDICE

Alla luce del rinvenimento del codice di Cortona (C) riteniamo utile

proporre una nuova edizione critica che renda ragione del ruolo decisivo

svolto da C nell'ambito della tradizione testuale della quaestio.

Oltre a fornire, come abbiamo visto, la versione completa della dedica

al Cavalcanti, C contribuisce ad una migliore ricostruzione del testo in quan-

to tramanda la qua.estio in una forma redazionale alquanto simile a quella

del codice vaticano (V). Quest'ultimo è il testimone pii:t antico e autorevole

e offre nell'insieme un testo migliore, secondo la valutazione di K.risteller, che lo usò come manoscritto-guida nell'edizione del 1955127; ma poiché

risulta in alcuni punti quasi illeggibile a causa dello stato di deterioramento

generale del codice, diventa particolarmente importante il raffronto con C.

C e V hanno in comune alcuni errori significativi in base ai quali, ben-

ché sia difficile dimostrarne il carattere congiumivo, è possibile ipotizzare l'esistenza di un archetipo comune, diverso da quello utilizzato dal codice

di Stoccarda (S):

r. 144: "in illis operationibus quae sunt maxime necessariae in

127 KrusTELLER, ·A Philosophical Treatise·, p. 512.

Page 21: Giacomo da Pistoia, "Quaestio de Felicitate" (ed. Irene Zavattero)

392 !RENE ZAVA1TERO

vira .. : necessaria in C e V;

r. 159: ·Aristoteles secundo Metaphysicae .. : tertio in C e V;

r. 176: ·Virtus enim est quod bonum facit habentem et opus eius bonum reddit": suum in C e V;

r. 362: .. licet delectatio quodam modo sit nobilior et melior felici-tate .. : nobilius e melius in C e V.

Bisogna precisare, tuttavia, che C contiene molte lezioni diverse rispet-to a V e ad S. Con S, in particolare, condivide un certo numero di inversio-ni di parole (ad es. r. 74: triplex sit mentre V: sit triplex; r. 151: e:x:presse dicit mentre V: dicit e"'presse etc.) ed altre scelte che rispondono soprattutto ad esigenze stilistiche (ad es. l'alternanza nell'uso del congiuntivo e dell'indica-tivo quietetl quietat, consistat/consistit etc.).

S, infine, è caratterizzato, rispetto a C e a V, da un numero considere-

vole di omissioni e di salti di rigo, determinati dalla distrazione del copista,

dall'uso di espressioni sinonimiche e da un più succinto svolgimento degli argomenti (ad es. rr. 284-286 Ergo ... inte!lectus, che S riassume: Maior patet minor).

Per l'edizione critica abbiamo utilizzato, in linea di massima, C e V come testi di base, salvo preferire, quando necessario, la lezione di S, con-divisa talvolta anche da C o V, per rendere meglio il senso del discorso,

come si può vedere nell'apparato critico 'negativo' dove si riportano tutte le lezioni rifiutate.

In particolare, contrariamente alla scelta di Kristeller, abbiamo seguito S contro C e V per stabilire, nell'ultima parte della quaestio (rr. 374-405), la successione delle risposte alle obiezioni (so/vere quaestiones): infatti, pur non essendoci in S una corrispondenza precisa fra la numerazione delle obiezioni e quella delle risposte - numerazione assente in C e in V - , la suc-cessione delle risposte rispecchia correttamente quella delle obiezioni. Lo dimostrano il contenuto delle stesse e alcune corrispondenze letterali: i rr. 364-367, che C e V pospongono al r. 374, 'rispondono' ai rr. 297-300, dove si discute sulle preferenze per le delectationes corpora/es cui bomines com-muniter inclinantur, mentre i rr. 368-373 'rispondono' ai rr. 301-309 in quan-

to non solo vi si argomenta su q11ale sia l'azione delectabilissima, ma

Giacomo nella risposta corregge l'interpretazione di un passo del Vll libro deii'EN(cf. nn. 37 e 47) erroneamente intesa ed esposta nell'obiezione.

Si riportano qui di seguito le indicazioni bibliografiche sui testimoni e sulle fonti citate nell'edizione critica.

TESTIMONI

V: Città del Vaticano, Vat. lat. 2172, ff. 53rb-55rb;

S: Stuttgart, WUrttembergische Landesbibliothek, cod. Theol. Quarto 204, ff. 92v-98v;

C: Cortona, Biblioteca del Comune e dell'Accademia 110, ff. 195rb-196va.

FONTI

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Page 22: Giacomo da Pistoia, "Quaestio de Felicitate" (ed. Irene Zavattero)

!RENE ZAVA11ERO

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Università degli Studi di Siena

lAC013l DE pistP|セQP@

QUAESTIO DE FELICITATE

Viro bene nato et a natura dilecto et prae aliis amico carissimo Guidoni domini Cavalcantis de Cavalcantibus de Florentia magister Iacobus de Pistorio ille quem respicit Euripus salutem etagere sicut debet.

Quoniam homo omnes suos actus et electiones taliter ordinare debet ut ad 5 beatitudinem et ultimam felicitatem pervenire possit, oportet non latere volentes recte

vivere, quid si t ultima felicitas hominis et in quo consisti t, ut ipsi non ignorantes agant et eligant prout decet. Unde Aristoteles dici t in primo Ethicorum1 quod «cognitio ipsius

ad recte vivendum magis praestat incrementum; quemadmodum enim sagittatores signum habentes magis utique adipiscemur et obtinebimus quod oportet».

10 Ad investigandum autem quid sit et in quo consista! felicitas oportet incipere a condicionibus et proprietatibus eius essentialibus. «Accidentia» enim essentialia «magnam partem conferunt ad cognoscendum quod quid est», sicut vult Aristoteles primo De anima'. Condiciones autem et proprietates essentiales felicitatis, etsi non plures, ad minus sunt sex numero.

l 5 Prima est quod ipsa est surnmum bonum possibile (V f. 53 va] ho mini ad venire. In hoc enim conveni un! omnes qui de felicitate loculi sunt.

Secunda est quod ipsa est ultimus finis humanae vitae. Nam cum finis habeat rationem boni, et per consequens ulterior finis rationem magis beni, quia secundum Aristotelem primo Ethicorum3 semper finis inferi or est gratia finis superioris, sì felicitas

20 non esset ultimus finis, esset aliquod magis bonum felicitate possibile homini advenire.

Sed hoc est impossibile, quia positum est quod felicitas est surnmum bonurn, et summo bono non est maius bonum. Est ergo secunda proprietas felicitatis quod si t ultimus finis

humanae vitae. Tertia autem est quod .totaliter quiete! humanum appetitum recte et naturaliter

25 dispositum, quia cum omne appetibile appetatur sub ratione boni et omne bonum habeat rationem finis, si habita felicitate restare! aliquid appetibile, esset ulterior finis ipsa felicitate et sìc, cum iam probatum est quod felicitas sit ultimus finis, ultimo fine esset

1 ARIST., Eth. Nic.ll, !094a22-24; GAUTHIER !42, 7-9 2 ARIST., De an. I I, 402b2I-22; STRO!CK 9,82-83 3 cf. ARIST., Eth. Nic. l l, l094al4-I6; GAUTHTER l4I,l8-20

1M3 Viro ... debet om. V l a natura: mihi S l carissimo: reverendo C l Guidoni: Gwidoni S 2 de Pistorio om. S 3 Euripus : eurup. (sic) S J debet: debes C 5 pervenire: venire S l recte; ratione S 6 ·hominis om. S l consistit: consista! C l ipsi: ipsam C 7 decet: docet C l Aristoteles: Philosophus S l dicit in primo Ethìcorum: in primo Ethicorum dicit S 8 vivendum: vivendi S IO investigandum: intelligendum C l consistat: consisti! S I2 quod quid: quidquid S l sicut vult: iuxta illud S l Aristoteles: Phil osophi S l Aristoteles add in C I3 autem om. S l et: sive V l essentiales: essentialiter V IS quod ipsa est iter. V I8 ulterior: ultimior S l magis: maioris S I9 Aristotelem: Philosophum S l Aristotelem add. in C 1 inferior: interior C l finis om. S 20 ultimus: ultima C l esset2: est V l magis: maius S l felicitate: felicitatis S 2I quia add cum S, quoniam iam V 22 ergo om. S l sit: est S 24 est: proprielas S l quietet: quìetat V l recte: ratione S 26 aliquid: aliquod S, ad C/ ulterior : ultimior S 27 et: sed C l iam add in marg. m. posi. S l est: sit V

Page 23: Giacomo da Pistoia, "Quaestio de Felicitate" (ed. Irene Zavattero)

11\LUHt UL: l'ISTORIO

ulterior finis, quod est impossibile. Est ergo tertia condicio felicitatis quod totaliter quieta! humanum ap[S f. 93r]petitum recte et naturaliter dispositum.

30 Quarta condicio est quod est bonum per se sufficientissimum. Non esset enim per se

sufficientissimum, non totaliter quietare! humanum appetitum, quia ornne naturaliter

appetii illud quo indiget et in quo non si bi ipsum sufficit. Cum igitur iam probatum sit

quod totaliter quietet humanurn appetitum, relinquitur quod est bonurn hominis per se

sufficientissimum.

35 Quinta autem condicio est quod est bonum proprium ipsius homirus. Nam iam probatum est quod est bonurn per se sufficientissimurn homiru. Sed nullurn bonum

cornmune homini et aliis animalibus est per se sufficientissimurn homini, quia bona

intellectualia quae sunt maxime necessaria homini non sunt communia aliis animalibus

et multo minus plantis et inanimatis ornnibus.

'iO Sexta et ultima proprietas et condicio est quod est bonurn possessum et operatum ab homine. Nam iam probatum est quod est bonurn propriurn hominis. Sed nihil aliud quod non sit possessum et·operatum ab homine est bonurn propriurn ipsius hominis, sicut nec

Deus nec caelurn nec terra, et sic de ornnibus aliis non possessis et operatis ab homine.

Ergo ipsa est bonum operaturn et possessum ab homine.

45 Marùfestum est ergo quod sex sunt proprietates felicitatis per ordinem se habentes,

quarum secunda sequitur ex prima, et tertia ex secunda, et quarta ex tertia, et quinta ex

quarta, et sexta ex quinta. His autem praelibatis non est difficile investigare quid si t et in quo consista! felicitas.

Cum enim ut patet ex condicione prima ipsa sit summum bonum, est aliquod bonum.

50 Aut igitur est aliquid de numero exteriorum bonorum homini aut interiorum.

Sed non potest dici quod sit aliquod de numero bonorum exteriorum, quia nullum

tale est summum bonum homini; et cum bona exteriora appetantur propter bona

interiora, nullum bonorum exteriorum potest esse ultimus fmis humanae vitae. Et sic

discurrendo per omnes proprietates et condiciones felicitatis, nulla ipsarum potest alicui

55 exteriorum bonorum convenire. Relinquitur ergo quod si t aliquod bonorum interiorum. Et sic manifestum est quod ipsa felicitas non consisti! in divitiis, nec in mundana

potentia, nec in honoribus, nec in multitudine filiorum, nec in nobilitate prolis, nec in

28 ulterior: ultimior S l Est' om. S 29 quietat: quiete! C 30 condicio: autem C, om. V l bonurn iter. bonum S l Non: nisi V 30-31 esset ... suflicientissimum: enim esset sic S 31 non: nisi S 32 et in: curn v l non om. s 33 quiete!: quieta! v l hominis: homini c 35 est' om. s l est': sit s 36 esr: sit s 1 suflicientissimum add. ipsius S 37 commune: quod S l animalibus add. in eum S J est add bonum C l homini om. S 38 sunt maxime necessaria: maxime necessaria sunt S l non om. S 39 er add. aliis S l omnibus om. S 41 homine add. quia S l Nam ... Sed om. S l aliud om. S 42 ipsius om. S 44 operatum et possessum: possessum et operaturn S 45 proprietates felicitatis: felicitatis proprietates S 46 sequitur ex prima: ex prima sequitur S l et1 om. S 48 praelibatis: prelegatis C l investigare om. S 1

et in quo consista! felicitas: felicitas et in qua consista! S 49 ex om. C 50 aliquid: aliquod S 1 homini: hominis S 51 aliquod ... exteriorum: primo modo S 53 bonorum: bonum V 54 proprietates et om. V l condiciones add. et bonitates V 55 exteriorum bonorum: bonorum exteriorum S 56 consistit: consistat S l nec: non C

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QUAESTIO DE fEJ.ICITATE 397

multitudine et magnitudine amicorum, cum omnia ista sint de numero bonorum

exteriorum, et iam probatum si t quod felicitas si t aliquod bonorum interiorum.

Si igitur ipsa est aliquod bonorum interiorum, aut est aliquid de ョオイョ・イセ@ 「ッョセイオZo@

corporis aut animae. Sed non potest esse aliquid de numero bonorum corpons, アセエ。@ stc

se videtur habere bonum corporis ad bonurn animae sicut se habet corpus ad antmam.

Sed corpus est propter animam, sicut materia propter formam. Ergo bona corporis sunt

propter (S f. 93v] bona animae, et per consequens nullum bonorum corporis potes: esse ultimus firùs. Cum igitur felicitas sit ultimus fipis, sicut patet ex secunda propnetate

eius, relinquitur quod felicitas non si t aliquod bonorum corporis. Praeterea felicitas est

bonum proprium hominis, ut patet ex quinta condicione eius. Sed nullum 「ッセオュ@

corporis est proprium hominis, ut de se patet. Ergo non est aliquod bonum corpons, et

per consequens est aliquod bonorum arùmae. . . . . . Et sic ex dictis est manifestum quod ultima felicitas non consts!tt m fortttudme

corporis, nec in sarùtate, nec in corporis pulchritudine et membrorum fom1ositate, cum ornnia ista sint de numero (V f. 53vb] bonorum corporis, et iam probatum est quod

felicitas est aliquod bonorum animae. . . Si igitur est aJiquod bonum animae, cum anima tripl ex si t, scilicet amma カセセ・エ。エエカ。 L@

sensitiva et intellectiva, erit aut aliquod bonum animae vegetativae aut senstttvae aut

intellectivae. Sed non potest esse aliquod bonum animae vegetativae, quia sicut arùma

vegetativa non est boni.Im proprium hominis, sed communis omnibus カゥカ・セエゥN「オウ@ et

mortalibus, ita et nullum bonum animae vegetativae est bonum propnum ィュセオセエウN@ Sed

felicitas est bonum proprium hominis, ut patet ex proprietate quinta. Ergo feltc1tas non

est aliquod bonum animae vegetativae. . .. Et per eandem rationem probatur quod non est aliquod bonum antmae ウセセウエエエカ。・N@

Praeterea sicut anima sensitiva est propter intel!ectivam, ita bonum ウ・ョNウエャ エ カセ・@ est

propter bonum inte!lectivae, et sic ョオャャセ@ セッョオュ@ .animae sensitivae ィセ「・「エエ@ イ。エエッョセュ@ultimi fmis. Et nullum bonum animae senstttvae qmetat humanum appetttum. Non ・イオセ@

potest quietare appetitum intellectivum qui proprie e.st. 。ーセ・エゥエオウ@ human.us, c:m: non Stt bonum eius. Curn igitur omnia ista sint propna feltcttatt, ut ex supenus. dtct.ts patet,

marùfestum est quod felicitas non sit aliquod bonum animae sensitivae. Rehnqmtur ergo

per Jocum a divisione, quod est aliquod bonum animae intellectivae.

58 multitudine ... amicorum: magnitudine amicorum et イョオャエゥエオ、ゥセ・@ S l eu m amni a: et エセョ」@ _S_I is_ta: ゥャャ。cセ@58-59 bonorum exteriorum: exteriorum bonorum S l sit: est V l ahquod: de numero C 'O tgJtur. ergo ?-

d er 0

C bonorum2 om y 6 1 pot est ... corporis: primo modo S 63 propter: per _C l propte

セセ@ P セ@ • セー・イ@ セュN@ v 1 potest:.poterit s 65 Cum igitur: Quando ergo C l sicut: ut C 66 ahquod om. セ@

l P. t a s 67 e1"us om v 68 ut· sicut V 1 de se patet: patet de se S 69 bonorum. raeterea: prop ere . . . . 4 s·· s l

bonum s 71 et: nec in S 1 cum: tamen V 72 i sta: ili a C l smt: su n t V l •.am om. C 7 l . . cum igitur: ergo c 1 est ... cum om. s 1 triplex sit: sit triplex V 75 mtcllccttva: セュュ。@ est trtplcx adn. セョ N@ marg. m. posi. c 1 erit aut': aut erit S, aut om. C 1 aliquod om. S 77 セッュュオュウZ@ commumbus S l7t. .m. C, V 79 proprietate quinta: quinta proprietate C 80 bonum add. propnum V . 82 propter: per C ]ila. s.•c S! b dd animae c 83 propter: per C 84 sensittvae add. totahtcr V l humanum appetttum. N[[セエセイオZZL@ ィセュ。ョオュ@ s 85 appetitus om. V 86 eius: est S l igitur: ergo C l ut add. patct S l patet om. S

87 sit: est V, habet C

Page 24: Giacomo da Pistoia, "Quaestio de Felicitate" (ed. Irene Zavattero)

391-l IACOlll DE I'ISTOiliO

Et sic potest patere ex dictis quod ultima hominis felicitas non consisti! in visione

90 pulchrorum et dilectorum nec in perceptione sonorum et melodiarum nec in perceptione odorum, adhuc autem multo minus in usu tactus et gustus, cum isti sensus sint maxime

terrestres et communissimi aliis animali bus.

Et si c marùfestum est quod non consisti t in usu venereorum, nec in usu cibi et potus, ut posuerunt antiqui Epicuri et ponunt plures de rnultitudine popularium, cum omnia ista

95 sint bona animae sensitivae [S f. 94r) et iam probatum sit quod est aliquod bonum arùmae intellectivae.

Si autem est aliquod bonum animae intellectivae, aut est substantia ipsius aut potentia ipsius aut habitus ipsius aut operatio ipsius. Non erùrn est dare plura bona

animae intellectivae possessa ab hornine. Sed non potest dici quod consista! in

100 substantia ipsius, quia cum ornnes homines habeant in se substantiarn anirnae intellectivae, iam omnes hornines et etiam pueri existentes in materno utero essen!

fe!ices, quod est absurdum dicere. Per eandern rationern probatur quod non possit consistere in potentia animae, quia cum potentia animae sit proprietas essentialis

animae, est in omnibus horninibus. Et felicitas est bonum operatum ab homine, sicut

'l 05 patet ex condicione sexta. Sed neque essentia anirnae neque ipsius potentia est bonum operatum ab homine. Ergo felicitas non consisti t nec in substantia nec ·in potentia animae intellectivae. Nec etiam consisti! in eius habitu, quia curn dormientes habeant

habitum animae intellectivae, iam dormientes essent felices, quod absurdurn est.

Praeterea contingit habentem virtutem patì mala et infortunatum esse plurimum, sicut 110 dici! Philosophus primo Ethicorum4

. Sed habentem felicitatem non contingit patì mala

nec infortunaturn esse plurimum, cum sit summum bonum, ut patet per condicionem

primam. Praeterea habitus non est ultimus firùs, cum sit propter suam operationem.

Unumquodque enim est propter suam operationem, ut dicitur secundo Caeli et mundl. Sed felicitas est u!timus firùs. Ergo felicitas non consisti t in habitu animae intellectivae,

115 et per consequens non consisti! in virtutibus. Relinquitur ergo quod consisti! in

operatione animae intellectivae.

セ」ヲN@ ARlST., Eth. Nic. I IO, 1100a6-7; GAUTHJER 155,22-23; I Il, 1101a6-10; GAUTH!ER 157,26-29 cf. ARIST., De cael. II 3, 286a8

90 perceptione add. pulchrorum V 91 usu: visu C l tactus i ter. V j maxirne: magis S 92 communissimi: commissum V 93 sic add. etiam S j est om. C 94 antiqui om. V 1 ista: il la C 95 bona: bonum S l sit: est S 97 autem est1: erge C l aut add. est V 98 aut habitus ipsius2 om. S 1 ipsius3:

eius V l enim om. S IO! iam om. S l etiam om. S l materno utero: utero matris S 102 est absurdum: absurdum est C 103 consistere: existere C 104 omnibus hominibus: hominibus omnibus C 1 Et: etiam V 105 neque1: nec S l neque2: nec S l ipsius potentia: potentia animae C 106 nec in sub;tantia om. S 1 in' om. C 1. potentiaadd. ipsius C . 108 アオ。セ@ absurdum est: quod est absurdum V, om. S 111-112 patet per cond•c•onem pnmam: per cond•c•onem pnmam patet S 113 Unumquodque ... operationem om. S

120

125

130

135

140

QLIM'S'!'IO DE rEL.JCITATE 399

Curn igitur [C f. !95va) animae inte!lectivae sint duae partes, scilicet voluntas et

intellectus, aut consisti! in operatione voluntatis aut in operatione inte!lectus. Sed non

potestconsistere in operatione voluntatis, ergo consisti t in operatione intellectus. Quod autem non possit consistere in operatione voluntatis, probatur, quia felici las est

primurn volitum, curn si t surnmurn bonum et ultimus fmis. Sed nulla operatio voluntatis

est primum volitum, quia per ornnem operationem voluntatis volurnus aliquid ーセゥオセ@ ・セL@

cum ab ipso volito ipsa operatio voluntatis causetur. Ergo felicitas non consrsllt m operatione voluntatis. Praeterea cum felicitas sit bonurn proprium ipsius hominis, felicitas non consisti t in operatione illius quod non est maxime proprium ipsius hominis. Sed voluntas non est [V f. 54ra) maxime propria ipsi homini, cum quodanunodo insit et

aliis animalibus. Ergo non consisti! in operatione voluntatis. Praeterea curn felicitas sit nobilissima et optima operatio, et optima operatio sit ab

optima virtute, ut probat Aristoteles (S f. 94v) primo Ethicorum6, et optima et

nobilissima virtus sit sapientia, ut dici! Philosophus sexto Ethicorum7

, relinquitur quod felicitas consista! in operatione illius partis animae in qua est sapientia tamquam in subiecto. Sed sapientia non est in voluntate tamquam in subiecto, ut omnibus

intelligenti bus clarum est et apertum. Ergo non consisti t in operatione voluntatis.

Praeterea si consisti t in operatione voluntatis, aut consisti t in desiderare aut in amare aut in delectari. Non enim est dare plures actus voluntatis. Sed non potest consistere in

desiderare, quia desiderare est rei non habitae qua indiget ipsum desiderans, et per

consequens desiderare non totaliter quieta! appetitum, nec est bon\Jm per se sufficientissimurn, quae omrùa sunt contra rationem felicitatis, ut patet ex superius iam ostensis. Nec consisti! in amare per eandem rationem, quia felicitas totaliter quieta! appetitum. Sed amare, rùsi habeatur res amata, non totaliter quieta! appetitum, et etiam

res amata videtur esse magis desiderata quam ipsum amare, et per consequens amare non est ultimus ftrùs. Manifestum est igitur quod non consisti! in ipso amare. Nec etiam consisti! in ipso delectari, quia videmus quod natura feci! operationem propter

delectationem. Unde videmus quod in illis operationibus quae sunt maxime necessariae

6 cf. ARIST., Eth. Nic. 16. !098al6-18; GAUTHlER 151,11-13 7 cf. ARIST., Eth. Nic. VI 7, 1141a17-!8; GAUTHlER 259,17-18

117 igitur : ergo C, add. in V 1 animae intellectivae: anima intellect iva V l セXMQQY@ Sed ... ゥセエ・ャャ・」エオウ@ on_' · S 120 possit consistere: consistit S 121 Sed: et S 122 operat1onem カセャセョエ。エ Qウ Z@ カッャオセエ。エゥs@operationem c 123 causetur add. prima C 124 sit add. summum S !25 •IIJUs: voluntatJS S l maxime proprium: proprium maxime S 1 ipsius orr; . C 126 propna: ーイッセョセ@ S l eu m odd. et C l et om. s 128 et' optima2 operatio2 om. S 131 conSIStat: conSJStlt V l dhus: ipSJus セ@ 132 Sed ... ウセ「Q・」エッ@om. S 1 non add. in marg. m. post. V 1 ut om. V 133 est om. V 135 delectan: delectare S / emm est: est enim S 136 desiderare2: desiderium S l desiderans: desiderare V 138-139 supenus 1am ostens1s: ostensis superius C 139 totaliter quieta!: quietat totaliter C 140 sセ、@ ... appetitum om .. s 141 vi_detur esse magis: magis videtur esse S 1 amare1: desiderare C l et ... amare セュ N@ S QTセ@ fims 。セ、N@ et SJC S l igitur om. S 1 quod add felicitas S !43 natura add. non ed. Knsteller l fec1t: fecent V 144 necessariae: necessaria C, V

Page 25: Giacomo da Pistoia, "Quaestio de Felicitate" (ed. Irene Zavattero)

-100 lAC0!31 DE PlSTORlO

H5 in vita prae ceteris fecit delectationem, sicut in usu venereorum per quem perpetuatur

species et in usu cibi et potus per quero conservatur individuum, et hoc expresse innuit

Ar istoteles in libro De problematibus8• Praeterea sicut dicit Aristoteles septimo

Politicorum9, testis sit mihi deus, quod in eisdem sumus felices nos et dii. Sed dii non

sunt felices in volendo, quia magis est proprius intellectus quam voluntas; unde et

J 50 intelligentiae dicuntur. Relinquitur ergo quod felicitas nostra non consisti t .in operatione

voluntatis, sed in operatione intellectus, et hoc expresse dicit Aristoteles in decimo

Ethicorum10, quod felicitas consisti! in speculari, et omnes quicumque intelligentes

fuerunt. Et breviter qui contrarium dicunt a peri patetica secta recedunt. Consisti! ergo

felicitas in operatione intel!ectus.

155 Cum igitur intellectus sit duplex, scilicet practicus et speculativus, aut consistit in

operatione intellectus practici aut in operatione intellectus speculativi. Sed non potest

consistere in operatione intellectus practici, quia felicitas est summum bonum et ultimus

finis. Sed nulla operatio inte!lectus practici est swnmum bonum et ultimus finis quia

quid aliud et propter aliud speculantur practici, ut dicit Aristoteles secundo

160 Metaphysicae11• Ergo non consistit in actu intellectus practici. Consistit ergo in

operatione inte!lectus speculativi, ita quod felicitas nihil aliud est quam intel[S f.

95r]ligere per intellectum speculativum. Quamquam autem felicitas ultima hominis

consista! in intelligere intellectus speculativi, non tamen in quolibet intelligere, quia

cum omnes homines provectae aetatis participent aliquo intelligere, sequeretur quod

165 omnes tal es homines et mali et nefandi viri essent felices, quod est absurdum.

Considerandum est igitur in quo et in quali inte!ligere et in qualiter condicionato

consisti! felicitas. Cum autem ex iam declaratis p(ltet quod ipsa felicitas sit swnmum

bonum, oportet quod ipsum intelligere in quo consisti! felicitas sit summum et

nobilissimum intelligere. Ad hoc autem quod intelligere sit surnmum et nobilissimum

170 requiruntur quattuor condiciones. Prima est quod sit alicuius optimi et nobilissim.i

intelligibilis. Intelligere enim nobilitatem recipit ex nobili intelligibili, sicut patet

8 cf. ARJST .. Probl.IV 15, 878bl0-l3 'cf. ARJST., Polit. VI! l, 1323b24-26 10 cf. ARJST., Eth. Nic. X 7, 1177al7-18; GAUTHJER 359,1-2; X 8,1178 b32; GAUTHJER363,13 11 cf. ARJST., Metaph. Il l, 993b21-25

145 fecit: aliis natura posuit S, appetunt aliis V 1 per quem perpetuatur: proprie perpetua! V 146 et in: cum V 1 quem: quos C l innuit: vult V 147 Aristoteles2 om. S 148 Politicorum: Politicae S l quod: quoniam S 1 sumus felices: felices sumus S 149 est om. C, odd. eis S l intellectus: intel\igentiis add in marg. m. post. V/ et om. C !50 consisti!: consista! V !51 voluntatis ... operatione om. S l et om. C l hoc add. est quod S l expresse dicit: dicit expresse V l Aristoteles: Philosophus S l in om. S !53 fuerunt: sunt V l peripatetica: philosophica C l secta: via S 155 scilicet practicus: practicus scilicet S 155-156 in operatione intellectus om. S 157 est om. S !58 quia: ad C !59 quid om. S l aliud1 add. aliquid in marg. S J Aristoteles: Philosophus S l secundo: tertio C, V 160 actu: operatione C 161 felicitas nihil aliud est: nihil aliud est felicitas C 161-162 intelligere add. et S 162 per: praeter V l hominis om. S 163 intelligere: intelligentia V 164 provectae: perfecte S l intelligere: intellectu S 165 tales om. S 1 et1

om. C 166 est om. C l in2 om. C l in3 om. C, V 167 consisti!: consista! C, add. nostra S l autem add. homini S l patet: pateat S, appare! C l quod om. V 168 bonum add. homini S l oportet: sed C 1 ipsum: illud C, om. V l consisti! add summa C l summum add bonum C 169 nobilissimum: perfectissimum S l quod intelligere2

: ut C J summum: bonum C 170 requiruntur quattuor condiciones: quattuor condiciones requiruntur C 171 intelligibilis: intelligibili V l nobilitatem recipit: recipit nobilitatem S 1 sicut: secundo V

175

180

185

190

195

QUAESTlO DE FEI.ICllAll' 401

secundo De anima11• Secunda est quod sit continuum sicut possibile est homini. Unde

Philosophus dici t primo Ethicorum1) quod una dies temperata non facit ver ョ・セ@ una

hirundo veniens de ultra mare, nec una bona operatio facit hominem felicem. Tertta est

quod sit a nobilissima virtute, quia bona operatio videtur esse ab aliqua virtute. Virtus

enim est quod bonum facit habentem et opus eius bonum reddit, ut dicitur primo

Ethicorum14, unde et optima operatio videtur esse ab optima virtute. Quarta est アオセ、@ sit

in nobilissima potentia. [V f. 54rb] Omne enim accidens trah.it nobilitatem a subtecto. Sunt ergo quattuor condiciones eius intelligere in quibus consisti! ultima felicitas

hom.in.is. Prima est quod sit nobilissimi intelligibilis, secunda est quod sit continuum

sicut possibile est ho mini, tertia est quod si t a nobilissima virtute, quarta est quod sit in

nobilissimo subiecto. Cum igitur nobilissimum intelligibile sit substantia separata et

inter substantias separatas ipse Deus, ut planum est omnibus intelligentibus in

philosophia, et nobilissima virtus sit sapientia, ut dicitur sexto eエィゥ」ッイオイセQU

L@ セ・ャゥョア⦅オゥエオイ@quod felicitas nihil aliud sit quam continue, sicut possibile est homtnt, ュエ・ャィセ・イ・@

substantias separatas et praecipue ipsum Deum, quod intelligere proceda! ab tpsa

sapientia qua informata si t nobilissima pars intellectus speculativi, si partem ィ。「セ。エN@ .

Quamquam autem felicitas ultima hominis essèntialiter ét primo conststat セョ@

intelligere substantias separatas et praecipue ipsum Deum, sunt tamen quaedam alta

quae requiruntur ad felicitatem quasi accidentaliter et ex conse_quenti, ・セ@ ista sunt

duplicia. Naro quaedam decorant felicitatem, quaedam autem ッイァセ」・@ 、・ウ・イZBエセエN@ Quae

autem decorant [S f. 95v] felicitatem, sunt sicut pulchritudo corpons et constmtha, unde

Aristoteles dici t primo Ethicorum16 «quod specie turpissimus et solitarius et sine prole

non est omnino felix». Quaedam autem alia deservientia organice sunt, et ista videntur

esse triplicia sicut sanitas corporis, divitiae competentes et multitudo amicorum. Unde

Aristoteles dici t decimo Ethicorum11, cum conclusi! quod felicitas consisti! in speculari,

"cf. ARJST., De an.!!, 402a1-3 Il cf. AruST., Eth. Nie.16, !098al8-20; GA\ITHlER 151,14-15 14 cf. ARJST., Eth. Nic.l6, 1098al6-18; GA\ITHIER 151,11-13 (cf. n. 6) 15 cf. ARJST., Eth. Nic. VI 7, ll4lal7-1 8; GAI.ITHIER 259,17-18 (cf. n. 7) 16 ARJST., Eth. Nic.19, 1099b3-4; GAI.ITHlER 154,15-16 17 ARJST., Eth. Nic. X 9,1178 b32-34; GAI.ITHIER 363,14-16

172 Unde: ut s 173 Philosophus: Aristoteles C, om. V 174 vcniens: vens V !_mare add. sic C l nec add. si c S 1 Tertia ad d. condicio C 175 a ... esse om. S 176 quod:quoe C l e1us: su un; C, V 177 unde: utrum s 1 Quarta est quod: cum ita C 178 in om. S 1 trah1t nobd1tatem: セィアオ。ュ@ nob1htatem trah1t y 1 3 subiecto: a substantia s 179 ergo: igitur S 1 condicioncs e1us: ッーュQセョ・ウ@ 1pstus S l quibus. qua セᄋy@1 ultima feli citas: felicitas ultima C 179-180 in ... hominis om. S 181 s1cut: prout S l est om. S l a.m v 1 est' om. C, V 182 igitur: ergo C 1 intelligibile: intelligere C, V l ウオ「ウエセエN。⦅ウ・ー。イ。セZ@ substant1as

tas c 183 inter: in v 1 substantias separatas: 1psas C 184 ph1losoph1a. ph•losoph1am V l ut om. セャセゥョアオゥエオイ@ add. ergo S 185 sit: est C, V 1 continue add. sic S l horn in i _om. C QXセ@ Dcum add. Sunt tamen quaedam alia quae requiruntur ad ヲ・ャゥ」ゥエ。セ・ュ@ S l proceda_!: pr?ced1t S 187 mtel[ectus om. V 188 in om. v 189 sunt tamen: tamen sunt S 1 aha om. S 190 1sta: dla C 191 quaedam 。セ、@ quae S 191-192 quaedam' ... sunt om. C 192 sunt om. V 1 consimilia: ウゥセゥャゥ。@ S . 193 mQウエッエセャ・ウ Z@ pセャャセウッーィオウ@s 1 sine prole: si non peiore C 193-194 specie ... felix: non ッュョセョッ@ fehx est G"'. ウーセ」Q・@ turplSSimus et solitarius est s 194 autem om. V 1 alia: aut C J deservientla orgamce sunt: deserv1ent1a sunt ッイセ。ョエ」・@ S, sunt deservientia organicc V Jet ista om. C 195 sanitas: sani V l divitiae: duntur C 196 aイQセエッZ・ャ・セZ@Philosophus s 1 dicit decimo Ethicorum: decimo Ethicorum dicit S l cum conclusi! om. S l concluSI!: 1ta s1t C 1 quod add. ubicumque S l felicitas add. sit S l consistit: consista! C

Page 26: Giacomo da Pistoia, "Quaestio de Felicitate" (ed. Irene Zavattero)

tJUL 11\COBI DE PISTOIUO

dicit quod «natura non est per se sufficiens ad s eculan sanwn esse, et cibwn et reliquwn ç:

1 . p durn, sed oportet et corpus

d . .amu atwn exlstere» non t . ommum terrae et marisiS. Et in octa E

1 . 19 .' . amen oportet 1pswn esse

? . vo t ucorum d1c1t quod <<null 1. -00 sme amicis habens reliqua bona omnia». us e 1geret vivere

Viso autem quid est ultima felicitas hominis et . . investigandwn per quam viam t l' m quo conslstat, videndurn est et

e qua 1ter agendo homo poss't d· hoc autem intelligendurn est quod . .1. .

1 a lpsam pervenire. De fi Slml IS est exltus mate . . . . .

ormam quae est anima intellectiva et intellectus o . . . ョ。セ@ ーセ。・@ ad noblhsslmam 205 nobilissimum intelligibile S. t . . p. sslbllls ad mtelhgendurn surnmurn et

. ICU emm matena pnma est . t . naturales, ita intellectus possibil' t . . m P

0 en!Ja ad omnes formas lS es m poten!Ja ad oiiU1es f; . 11. . .

Commentator in tertio De anima"o d' 't . ormas mte 1g1b1les. Unde

d

ICI 1psurn esse novum · uplicem modurn servat in educe d . genus matenae. Sed natura

. n o matenam ad obT · t: mtellectiva. Primo enim removet d' 't' . n セ@ lSSimam ormam guae est anima . . . 1spos1 1ones 1mped1entes sec d d'

2JO mc1p1endo a prima forma et veniend d ., . , Wl o or male procedi! · d . . 0 a .ormas mtermedias gr d t' p · m uc1t 1psam fonnam elementi et m d' t'b ., . a a 1m. nmo enim . . . , e !an l us .ormls element . d . rmxtl, Slcut dicit Commentator tertl'o C l. -21 orurn m uclt forrnam . a e l el mundz et d. t " mtroducit formam vivi et d' ., . . . ' me 1an e .orma mixti

. . , me !ante .orma VlVl mtroduc't f; ... med1ante mtroducit fonnam n bT .

1 onnam sens1t1V1, qua

o l ISSlmam guae est anima intell f E . 215 formam mixti \lllam forrnam . t d . . ec 1va. t mtroducendo m ro uc1t med1ante alia B ·1 . .

processus naturae, guae gradatim pro d ' t d · rev l er 1ste v1detur esse

d. · . ce ' e extremo ad extre · . ICI! Anstoteles septimo De histol·,·,·s . l' '2 murn per med!Um, S!Cut an1ma zum-. .

no 1 lSSimum mtelhgere spec 1 d . Ad perveniendum igitur ad b'l' . . . amovere impedimenta quae retrahllllt h . . . u an o pnus oportet . ommem a venta!Js speculatione, secundo

::cf. ARIST., Eth. Nic. X 9,1179a4· GAUTHIER 363 20 "ARIST., Eth. Nic. Vllll, 1155a5:6. GAUTHJER 2!Ì8 3-4

AUCTOR. ARIST. 6,n.l84; h。ュ・ウウセ@ 189 8-9· /ocus' . . f,oss•bilem invenit quoddam novum genu; ma;eriae»Jon mventus («Anstoteles adinveniens intellectum

, cf. AVERR., De coel. f. 178vG-L cf. ARIST., Hist. anim. Vll 1, 58Sb4-?

197 dici! add. tamen S l et om. S 198 sanum esse· ' potum S l famulatum: familiatus S l oportet: omne V.J セウウ・@ sanum C l et : oportet etiam S l cibum add. et esse S 199 Vtvere ex corr in mar m l psum om. S 198-199 esse dominum· dominwn eligeret vivere V 200 イ・ャゥアオセ@ bona ッセョゥ。Z@ セZョZ@ S J' 199-200 cl igeret vivere sine amicis: ;ine amicis l ヲ・ャゥ」セエ。ウ@ hominis: hominis felicitas C l ゥセ@ om セLアオ。@ bonaS l 「ッセ。N 。ュN@ C 201 quid est: quae sit C ュカ ・ウオァ。セ、オュ@ add. est C l per: secundum S ィセュッᄋ@ consJstat. conSJStJt S l ・セエR@ add. et in V 202 203 ウセィウZ@ s•mul C 203-204 nobilissimam ャヲッイュ。セ ᄋィッ」@ C l ad •psam ー・イカ・ョセイ・Z@ pervenire ad ipsam S セ ュュ ・@ mtellective s l summum add. bonum s l er om :ormam noblhSSJmam c 204 anima inte!lectiva: mtcndens V l natura: materia C 208 . d , : 206 Unde add. et V 207 in om C l . . . d· . 1n e ucenoo: mduc d C 2 · m tert10. セ@ . ーセイ@ V 211 mducit add. in V 212 sicut dicit· ut en o 09 removet ad d. contrarias S 21 O mducJt C 214 formam nobilissimam· nobiliss . vull S l Commentator add. in C 213 introducit· Anstoteles: Philosophus S 218 . .'tu. •mam formam C l Et om. S 215 alia add. et V 217.

1 d •&• r. autem V erg s 1 • 11. · specu an um V 218-219 prìus oportet amov : o. mte lgere: intellectibile S l speculando· removere C l retrahunt· removent C l l . ere lmpedtmenta: sed prius movere V 219 . . specu atJOne add. sed licet ista S 219-222 secundo ... si ッュセッカ・イ・Z@

' 1\I:J QUi\ESTIO DE FEI.ICIT!\TE

220 gradatim procedere secundum ordinem speculabiliurn, quem ordinem docet Philosophus

in principio PhysicorumlJ. Jmpedientia autem a veritatis speculatione et si multa sint, duo videntur esse

praecipua. Primurn est affectio et passio appetitus sensitivi, secundum est infirrnitas et

disgressio corporis. Unde Aristoteles dicit in decimo Ethicorum24

quod ad [S f. 96r]

225 speculandum oportet corpus esse sanum. Licet autem omnes affectiones et passiones

appetitus sensi ti vi sint praecipua impedientia, passiones principantes videntur esse tres, prima est passio venereorurn, secunda est passio irae. Unde Aristoteles dicit in septimo

Ethicorum25 quod existentes in passionibus irae et concupiscentiis venereorum

manifeste [V i. 54va] transmutantur secundum corpus, quod plus est, et quibusdam

230 inferunt insanias. I stae enim passiones sunt maxime no bis connaturales, ad quas maxime inclinamur, ut patet in eodem septimo26, unde dicit de ipsa concupiscentia venereorurn,

cibi et potus quod coniuncta est no bis a iuventute nostra. Unde in secundo Ethicorum

21

[C f. 195vb] dicit quod maxime abicienda est delectatio corporalis, unde sic nos

debemus habere ad eam sicut senex plebis Troianae se habebat ad Helenam. Tertia

235 autem est affectio ad divitias. !sta enim tria maxime retrahunt hominem a veritatis speculatione. rzetrahunt enim

multipliciter. Primo quia fortiter movent appetitum, et intense occupatur anima circa

ipsa, quo facto anima retrahitur ab aliis suis operationibus, sicut declarat Avicenna

secundo suorum Naturalium28• Secundo quia modus istarum passionum sive

240 inferentium tales passiones sunt valde vehementes, et ideo offuscant minores motus,

scilicet ipsorurn intelligibilium. Tertio autem retrahunt quia corrumpunt bonam

dispositionem corporis. Ex nimio enim usu venereorum inducuntur infirmitates

plurimae in corporeo. Et etiam ex illicita et nimia sumptione ciborum et potuum et ex

illicito usu venereorurn venit homo ad bella et ad ri xas ex quibus accipit vulnera et

ll cf. ARIST., Phys. Il, 184a16-21 14 cf. ARJST., Eth. Nic. X 9, !178b34-35; GAUTHIER 363,14-15 "cf. ARIST., Eth. Nic. Vll 5, 1147al5-17; GAUTHIER 276,24-26 "cf. ARIST., Eth. Nic. Vll\4, 1154al7-18;·X l, l\72al9-21 21 cf. ARI ST., Eth. Nic. Il 9, 1109b9-11; GAUTHIER 177 ,25-27; I!2, 1104b5-6 "cf. A VlC., De an. l 5; V an Riet 92,84-90

220 docet om. C 221 Physicorum add. servat C · 222 a om. C l speculatione: specularionem C l multa sint: sinta multa tamen S l duo add. tamen C 223 praecipua: principia V J affectio: affectis V J appetitus om. C 224 disgressio: distensio V l Unde add. et V l Aristoteles: Philosophus S J in om. S l quod odd. si S 225 corpus o m. C J esse sanum: sanum esse V 226 praecipua: principia V l passi an es add. tamen S J principantes: principalcs C 227 prima est: scilicet C, V J Aristoteles dicit: dicit Philosophus S, dicit Aristoteles C 1 dicit add. in V 228 existentes: existentibus S,C l concupiscentiis: passionibus S 229 corpus: corpora V 1 et om. S 230 enim: autem S l maxime nobis: nobis maxime V 231 in om. S l ipsa om. S 232 potus: potius S 1 coniuncta: mixta S, commixtum C l nobis: nobiscum S l Unde in: et propter hoc dicit Aristoteles S 233 dicit om. S J abicienda: habenda C J corporalis: corporis V 234 habere ad eam: se ad eam habere C l habebat: habet C 235 autem om. S 236 !sta: iste C J tria om. C J maxime retrahunt: retrahunt maxime S 237 intense: inter se C, intentio V 238 ipsa: ipsam C J aliis: illis C 239 secundo: sexto C l modus: motus V 240 inferentium: inferentiis C J motus: minores S 241 scilicet om. C 242-243 infinnitates plurimae: inducuntur multae infirmitates S 243 in corporeo om. C J corporeo: corpore S J illicita ... ex2 om. C J sumptione: assumptione S Jet': etiam S

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404 !ACOBI DE P!STO!UO

215

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265

270

ウッセャゥ」ゥエオ、ゥョ・ウ@ plurimas ad defensionem vitae. Illud autem idem accidit ex ira. Ex nimia

erum et frequenti ira accenditur cor et supervenit infirrnitas. Accidit etiam multus motus

セ。ーッZオoZ@ e: ヲセイエゥウ@ ex qua redditur improportionatum organum phantasiae et iュ。セュ。エAoュセL@ sme quo bene disposito non contingit intelligere29

• Unde et videmus quod

fort1ter febnent:s et セ「イゥゥ N@ qui similes sunt iratis, quidquid intelligunt, inte!ligunt

ュッョウエイオセウ・N@ Ex Qセウ。@ etia:n Ira homo acquirit lites et inimicitias per quas accipit vulnera

et mfirm1tates et tmmerg1tur multis sollicitudinibus ad destruendurn inirnicos et ad sui et

suorum 、・セ・ョウゥッョ・ュ@ .. Idem etiam accidit ex nimio appetitu accumulationis pecuniarurn

(S f. 96v] s1cut de levi patet rationabiliter considerantibus. Manifestum est ergo ex dictis

quod ad hoc ut homo pervenire possit ad speculationem summi intelligibilis oportet

。ュッセ・イ⦅・@ et. 、・エイオョセ。セセ@ si ve regulare in passioni bus venereorum, cibi et potus, in pass10mbus 1rae et d!Yltiarum affectionibus.

Regulans autem hominem in istis est virtus moralis, sicut patet per Aristotelem in

secundo Ethicorum30• Circa autem passiones venereorum et cibi et potus regulat virtus

quae :st temperantia, in passionibus autem irae virtus quae est mansuetudo, et in

affect10ne. ー・」オセ。イオュ@ vi_rtus quae est liberalitas. Volens igitur ad felicitatem pervenire

ultra omma et pnus ommbus conari debet ad habendum temperantiam mansuetudinem

et ャゥ「・イ。ャゥエ。[セュL@ et ウー・」ゥ。ャセエ・イ@ te:nperantiam. Unde et Commentator カセエ@ super septimo Physrcomm quod castltas mter omnes virtutes maxime valet ad veritatis

speculationem. Modus autem veniendi in praedictas virtutes, sicut docet philosophus in

secundo Ethicorum32, est ex actibus ipsorum. Sicut enim aedificator in aedificando fit

aedificator, sic homo in temperate agendo fit temperatus, et faciendo mansueta fit

ュ。ョセオZエオウL@ et liberalis efficitur liberalia faciendo. His autem virtutibus iam acquisitis si

ーセウ ウ Q「セャセ@ esset セョ@ pueritia, tunc accedere debet ad pure speculabilia, et primo praernittere

d!spos!tlones d1sponentes intel!ectum ad receptionem talium speculabilium. T ales autem

dispositiones sunt dialectica et rethorica, quae in suis actibus intellectum rectificant.

Demum accedendum est ad speculabilia mathematica, demum ad speculabilia naturalia,

"cf. ARJST .. De an. Ill7, 43 l al6-17 :cf. ARJST., Eth. Nic. [l 2, 11 04a18-19 "cf. A VERR., Phys. TV, com m. 20, Veneliis 1562, 323rG

cf. ARJST., Eth. Nic. [l l, ll03a3J-33; GAUTHIER 163,20-164,1

245 、・ヲ ・ セ ウゥッ ョ・ュ Z@ destensionem C l 。セエ・ュZ@ enim S 1 idem om. S 1 Ex' add. ira c 245-246 nimia enim: emm mm1aC 246 _cor: corpu_s C l_etlam: emm C l multus: multitudo S 1 motus om. s 247 ex qua: et s Qi ュー イ ッーセイエャッセ。エオュ R Z@ lmproportJ.onaho C 248 disposito: disposita C 249 febrientes: fcbricitantes v 249-250 mtelhgunt ュセョウエイオッウ・ Z@ monstruose intelligunt c 251 et': etiam s 1 immergitur add in s 1 ad: 。ャゥセ、@ V セ@ セ・ウエイオ・ョ、セュ@ ャヲャ ャ セャ」ッウ@ om. :' 252 etiam: enim V 1 nimio ex corr. in marg. m. post. c 253 イ。エQッセ。「 NQィエ・ イ@ 」ッョウj、・ イ 。ョエjセオウZ@ 」ッョウQセ・イ。ョエゥ「オウ@ rationabiliter S 1 ergo: autem s 1 ex dictis om. C, ex praedJctJS S 254 ーセイカ・ュイ・Z@ per.:emat C J possit om. C 1 speculationem: speciem C 255 venereorum add. et S 257 Anstotelem: Ph!losophum S 1 in om. C 258 secundo: tertio s 1 aut · . appetltus autern S l venereorum et cibi et potus: cibi et potus et venereorum C 1 et1 P [ュウーエセセ[オョャZセZ@regulanl S, regulatur C . 2_59 temperantia add. et S l autem om. S 260 pecuniarum: ー・」オセゥ。・@ s 1 カゥイエオセ@セ、、N@ ・セエ@ C l hberahtas: !lhberalitas dicitur V l ig itur: ergo C 261 temperantiam add. et v 262 ィ「・イ。ィエセエ ・ ュZ@ _cast1tater:' S l et' セュ@ .. S l super om. S 263 omnes: que C 263-264 veritatis speculauonem. speculat10nem vental!s S 264 veniendi: perveniendi s deveniend· c 1 · ' s 265 1psorum: !psarum ':l enim om. C l aedificator: aedificatio S 1 in om. C 266 homo ゥセ Z@ et ;l [エセセヲヲゥ」 ゥ エオイ@ v l et セ、⦅、N@ m S l. ヲセセi・ョ、ッ@ mansueta: mansueta faciendo C 267 efficitur add in s 1 iam· sic s 268 セセ[ᄋセャ・ Z@ ー ッウセ 「ャャセ。@ V 1. tunc om. C l debet: oportet S l speculabilia: spiritualia S 269 、ゥウセッョ・ョエ・ウ@ om C

emum. em e emm C l specu!abilia mathematica: mathematica sceculabilia S 1 demum2: deinde c·

275

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295

QliAL'STIO DE Floi.!Cl"l l\1'1::

quo facto ad speculabilia divina et separata a materia quae sunt sumrna intelligibiliurn

nobilissima. Et istum ordinem sumit magister Aristoteles in sexto Ethicorum33

Viso igitur quid sit felicitas et quae si t via idonea perveniendi ad ipsam, residuum

considerationis nostrae in hac quaestione est solvere quaestiones quasdam proban[V f.

54vb]tes oppositum veritatis deterrninatae. Videtur enim quod felicitas non consista! in actu intellectus, sed magis in actu

voluntatis. Nam felicitas est ultimus fmis, et per consequens omne quod est ultimus finis est felicitas, alias essen! plures ultimi fin es, quod est impossibile. Sed delectari est ultimus finis, quia ridiculum est quaerere propter quid homo velit de!ectari, sicut vult

Aristoteles in decimo Ethicorum34• Ergo felicitas consisti! in de!ectari. Cum igitur

delectari si t actus voluntatis, .et non actus intellectus, relinquitur quod felicitas consista!

in actu voluntatis et non (S f. 97r] in actu intellectus. Praeterea felicitas consisti! in actu nobilioris potentiae. Sed voluntas est nobilior

potentia quam intellectus. Ergo felicitas consisti! in actu voluntatis, non in actu

intellectus. Quod autem voluntas sit nobilior potentia quam intellectus probatur, quia

ipsa voluntas movet intellectum ad suum actum. Cum enim volumus, intellectus

intelligit quae habitu tenet. Cum igitur movens semper si t nobilius moto, ut dicitur tertio

De anima35, relinquitur quod voluntas si t nobilior potenti a quam intellectus. Praeterea feli citas magis consisti! in delectari quam in aliquo intelligere. Sed

delectari est actus voluntatis, et intelligere est actus intellectus. Ergo felicitas magis

consisti! in actu voluntatis quam in actu intellectus. Quod autem magis consista! in

delectari quam in quocumque intell igere probatur, quia delectari est perfectio omnis

intelligere, sicut vult Aristoteles decimo Ethicorum36. Cum igitur perfectio sit rnelius

quam ipsum perfectibile, quia se habet sicut forma ad materiam, et felicitas si t sununwn

bonum, relinquitur quod magis consisti t in delectari quam in quocumque intelligere.

Praeterea videtur quod consista! in actu animae sensitivae, quia cum felicitas sit

ultimus ftnis humanae vitae, felicitas maxime videtur consistere in ilio ad quod homines

33 cf. AR!ST .. Metaph. VI l, l 026a 18-22 "cf. ARJST., Eth. Nic. X 4, 1175al0-17; Vll 14, Jl53b30-31 "cf. ARJST., De an. Il lO, 433bl!-13; Metaph.lll5, JO!Ob37-39 "'cf. ARIST., Eth. Nic. X 5, !175al5-17

272 sunt om. V 1 summa odd. et C 273 istum: istam S l sumit: docet S, innuit C l magister om. S l in om. S 274 igitur: ergo C 1 idonea perveniendi: devenienda C 275 considerationis add nostrae V l quaestione: materia S 1 quaestiones om. V l quaestiones quasdam: quasdam rat iones C l quasdam add in hac materia S 276 detenninatae: praetenninatae C, add primo S 277 Videtur enim: enim videtur S l intellectus: intellectivo C 279 impossibile: absurdum S 280 homo velit: vult homo S l velit: vult C l vult: dici t C 280-281 sicut ... delectari om. S 281 in om. C l decimo: quarto S,V l Cum: tum S 282 actus om. V 1 consistat: consisti! C 284 Praeterea: Secundo S l felicitas: voluntas C 285-286 Ergo ... intellectus: maior patet minor S, ut C 286-287 quia ipsa: quod S 287 intel/ectum: intel/ectus C 287-288 Cum ... tenet om. C 288 semper sit: sit semper C l nobilius: nobilior suo C l dicitur: patet S 290 Praeterea: Tertio S l magis ... delectari: consisti! in delectari magis S 291 intelli gere: intelleclus C l intellectus: intelligere C 291-293 Ergo ... probatur: Maior patet S 293 quocumque: aliquo C 294 Aristoleles: Philosophus S, add. in V l decimo: quarto S l melius: melior C 295 forma ad maleriam: materia ad formam V 1 sit: sicut C 296 consisti!: consistat C l quocumque add. alia C 297 Praeterea: Quarto S 297 qua d add. omnes S

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11\COlll DI ' I'ISTORIO

communiter inclinantur. Sed homines communiter . . 30U sensuales, ergo etc. mclmantur ad delectationes

Praeterea felicitas videtur · . . operatio quae est usus consistere m llla operatione quae est delectabilissima. Sed

venereorum est delectabT · E venereorum. Sed usus venereoru t . . I lSSima. rgo consisti t in usu

m es operatw ammae sensifv · sensus tactus, ergo felicitas consisft . . . 1 ae, cum s1t operatio 1 m operatwne arumae sensiti Q d

305 venereorum sit delectabilissimus probatur . d 1

. vae. uo autem usus Philosopho in septimo Ethicorum3' ' セuャ。@ de ・」エ。エイセ@ quae est intelligere ponitur a

max1ma electaho et t b delectationem quae est in usu ven s· . ' amen a sorbetur per

ereorum. lcut emm dicit Aristot 1 · fi septimi Ethicorum38 in ilio usu ho 'hil .

1 . . e es c1rca mem

' mo ru m te hgit et per conseq d 1 delectatione quae consequitur intelligere. ' uens non e ectatur

31 O Praeterea videtur quod consista! in actu arum· . . ae vegetat1vae qui a fì li ·ta 1 · firus, et e converso felicitas est omne illud quod est ulf セ@ . e_ Cl sestu trmus ultimi fines. Sed generare sibi simile est ulf fi . h ャュ⦅オセ@ rms, ahter essent plures

. 1mus m1s om1rus Curn igitu . actus ammae vegetativae relinquitur q d fì 1. . . . • r generare s1t

' uo e lCitas cons1stat m actu anim . Praeterea felicitas consistit in ilio c . h . ae vegetatrvae.

315 secundum naturam agat Sed h Uius causa orno aglt omne quodcumque agit si · orno agens secundum naturam ·d 'd .

genere! sibi simile. «Omnia enim ill d . . qu1 qu1 ag1t, agit ut a un t secun . . . u appetunt, et llhus causa agunt, quaecum ue g dum naturam», Sicut dJc1t Anstoteles secundo D · 39 · セ@

consistit in generare sibi simile C . .1

. e anzma · Ergo fehc1tas . · um 1g1 ur generare s1t actus an· .

rehnquitur quod felicitas consistat in a tu . . 1mae vegetat1vae, 520

p . c arumae vegetatrvae. b raeterea vャ、セエセ@ quod consista! in honoribus quia felicitas est summu . onorum. Cum Igltur summum omnium [S f. 97v] b . m_omruum

Aristoteles quarto Ethicorum•o capitulo de ma nanim· onorun: sit_ honor, Slcu: :Ult consista! in honoribus. Praeterea hoc 'd g ltate, relmqultur quod fehcltas dicit Aristoteles primo Ethicorum'' セオセ@ etm エ・ウセ。ョ⦅エオイャャ@ excellentes et operativi viri, sicut

. r e erea m l o propter quod quaeruntur omnia

:; cf. ARIST., Eth. Nic. Vll!3, 1152b36-l 153al

39 cf. ARIST., Eth. Nic. VII 12, 1152b17-18

"AIUST., De an. Il3, 415b!-2; STROICK 83,65-66 Bセ[M セristNL@ Etll. Nic. IV 7, l 123b20-21; GAUTHIER212,21-22

. RIST., Eth. N!c.J3, 1095b22-23; GAUTH!ER 145,]4. 15

299 communitcr : naturaliter S l homines communiter2 Praeterea: Quinto S 302 quae est usus om S om. S 300 sensuales: sensitivas C 301 カ・ョセイ・ッイオュZ@ etc. C 303 operatio: 、・ャ・」エ。エゥセ@ V [ァセMセPQS@ 、・セGZセNエ。「ゥィウウjュ。@ ᄋZ ᄋ⦅ ・ウセ@ om. S l consisti! in usu septlmo: decimo C l delectatio absorbetur· et d e ・」エセ@ l ISSimus: nobdJssJmus V 306 in om. S l septimi: patet per Philosophum セセーエ↓ュッ@ S .308 」ゥセオセャセッ@ セZセョオエオイ@ セ@ 30? ゥセ@ om. S 307-308 enim ... homo S 308 delectatur add de S 309 conse . . _homo._ hom.o m Ilio usu C l homo nihil: nihil Sexto arguitur sic S l animae add ; ... tellectJ'vae C q/ uャセイ@ ュエ・ャャセァ・イ・Z@ mtellJgere sequitur S 31 O Praeterea·

· . · "' qllla: quomam C 312 · · · seqllltur C l consJstat: consistit C 314 Praeter,·a· S r S l Igltur om. C 313 relinquitur: aga! om. C 3 16 enim o m. C l et: ut V 31J セN@ ep l ュセ@ quodcumque: quodquod V 314-315 si ... generari C V 319 'el" 'ta . . . ICut dJCit Anstoteles: ut dJctum est S 318 .

• 11 ICI s cons1stat 10 actu · m eius 8 tu . . . generare. 320 Praeterea: Ergo S l quod add felicitas S. l ッュョゥオセ@ o conSJStat fehcJtas S l animae vegetativae om. S Anstoteles: Philosophus S l magnanimitate· . . m. S 321 summum add bonum S 322 324 primo Ethicorum: quarto Phisicorum S . セ[ZNセセエオ、ュ・@ S 323 」ッョセゥウエ。エZ@ consisti t C l quidem om. C

7 Praeterea ... hononbus om. s

Hj u O|エᄋZ セ@ t tU lJ l'. I'!"' . LI I... ll / \11".

325 bona consistit felicitas. Sed propter honorem quaeruntur maxima bonorum et per consequens alia bona. Appetimus enim divitias et principatus et potentatus ut honorem. Ergo felicitas consistit in honoribus.

Prae[V f. 55ra]terea videtur quod consista! in divitiis, quia felicitas est status omnium bonorum aggregatione perfectus, sicut dicit Boetius tertio De consolalione42

330 Sed nummus habet in se aggregationem omnium bonorum. Nurnmismate enim ornnia mensurantur, sicut dicit Aristoteles quinto Ethicorum43

• Ergo felicitas consisti! in divitiis.

His autem et consimilibus rationibus videtur quod felicitas non consista! in actu intellectus. Sed istas et alias non est difficile solvere.

335 Ad primum dicendum quod sicut vult Philosophus primo Ethicorum44 aliquid desideratur propter se duobus modis: uno modo ita quod nullo modo propter aliud, et tale desiderabile est felicitas; alio modo aliquid potest quaeri propter se ita etiam quod propter aliud, ita tamen quod, si nihil aliud ex ipso provenire!, adhuc appeteretur propter se, sicut virtus et visio et delectari et similia. Et sic intelligit Aristoteles in quarto

340 Ethicorum4s. Ve! dicendum quod hoc dicit secundum opinionem aliorum, ve! dicendum quod loquitur de de!ectari annexo felicitati ratione eius cui annectitur, quia non quaeritur propter aliquid aliud ultimum.

Ad aliud dicendum quod voluntas non est nobilior potentia quam intel!ectus. Et cum dicitur quod voluntas est movens intellectum, dicendum quod est movens duplex. Nam

315 quoddam est movens in ratione efficientis, et tale movens est voluntas respectu intellectus. Aliud est movens in ratione finis, et sic intellectus movet voluntatem. Bonum enim cognitum ab intellectu movet voluntatem. Cum igitur movens in ratione finis sit nobilius quam movens in ratione efficientis, quia finis est causa causarum, relinquitur oppositum eius quod intendebatur, scilicet quod intellectus sit nobilior

350 potentia quam voluntas.

"BOETH., Philos. cons. lll 2;8IELER 41. 8-10 0 cf. ARI ST., Eth. Nic. IX l, 1164a!-2; GAUTHlER 323,8-10 "cf. ARI ST., Eth. Nic. l 5, l 097a31-b6 "cf. ARIST., Eth. Nic. X 4, 1175a!0-17; Vll 14, l 153b30-31

325 consistit: est C 326 bona om . C l potentatus: provincias C l honorem: honoremur C 328 Praeterea: Nono S 329 sicut dich: ut per S 330 Nummismate enim: quia per pecuniam add; m. post. C 33 l Aristoteles: Philosophus S 1 consisti t: consista! S 333 autem om. S l consista!: consisti! C 334 istas: illas S l alias add rationes V 335 primum: primam C, add autem S 336 nullo modo: non C 337 aliquid om. C, V l quaeri: desiderari C l etiam quod: quod etiam C 338 aliud: alio V l ex ipso om. C l ipso: ilio S 1 proveniret: pervenire! C 339 similia: consimilia C l sic om. S 1 in om. S 341 eius cui: cuius C l annectirur add ei C / non: ut C 342 quaeritur: querit S / aliquid: quid C / ultimum: ultimus C 343 aliud: secundum S, quid C 343-344 cum dicitur: contra V 344 quod1 om. S l est movens: movens est V 345 respectu: in ratione C 346 in om. S 348 nobilius: nobilior C 349 intendebarur odd. eius C

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408 IACOfll DE PISTOJ(JO

Ad aliam dicendwn quod duplex est perfectio alicuius rei: una est quae praecedit

ipsam rem, alia quae sequitur ipsam rem sicut [C f. 196ra) fin.is eius. Modo dicendwn

est quod perfectio consequens sicut finis est melior quam ipsa res quae perficitur, non

autem praecedens. Sed delectatio non perficit operationem primo modo, sed secundo,

355 sicut patet ex verbis Philosophi in quarto Ethicorum40, ubi hoc dicit: «cwn delectatione

enim operantes certius exquirunt», sicut ibidem dici! Aristoteles. Ve! dicendwn quod

licet quaelibet perfectio secundum quid si t nobilior quam ipswn perfecturn, non tamen

omnis est nobilior et melior simpliciter. Ipse enim decor est perfectio ipsius iuvenis, et

tamen simpliciter non est quid perfectius ipso iuvene. Talis autem perfectio operationis

360 est delectatio .. Unde Aristate! es decimo Ethicorum47 dici t quod «delectatio perficit

operationem, non ut habitus qui inest, sed ut superven.iens quidam decor ut in iuvenibus

pulchritudo». Unde licet delectatio quodam modo sit nobilior et melior felicitate, hoc

non repugnat rationi felicitatis de qua loquimur.

Ad aliud dicendum (S f. 98r] quod felicitas consisti! in ilio ad quod inclinantur

365 homines existentes bene dispositi in quibus est concordia inter appetitum et rationem.

Sed tales non inclinantur communiter ad delectationes corporales, sed ipsas fugiunt

tamquam vituperabiles.

Ad aliud dicendwn quod delectatio quae est in coitu non est excellentissima

delectatio. Et cwn probatur per Aristotelem septimo Erhicorum48 quod delectatio quae

370 est in coitu absorbet intelligere et per consequens delectationem existentem in ipso,

dicendwn quod loquitur de hominibus de multitudine popularium, qui dediti sunt talibus

delectationibus et parum participant intelligere. Sed in homin.ibus recte dispositis et

exceUenter et pure intelligenti bus absurdwn esse! dicere.

Ad aliud dicendwn quod homo potest considerari tribus modis: uno modo secundwn

375 quod est homo, alia modo secundwn quod est pars multitudin.is domesticae et civilis,

tertio modo secundum quod est aliquo modo pars totius universi. Et secundwn hoc

triplex est finis eius ultimus. Finis en.im ultimus eius secundum quod est homo est ipsa

... ARIST., Eth. Nic. X 5, 1175a31; GAUTHIER 354,19 47 ARIST., Eth. Nic. X 3, 1174b31-32; GAI.JI"HIER 353,8-10 "cf. ARIST., Eth. Nic. VII12, 1152bl6-18

351 aliam: tertiam 1 est' om. C 352 alia quae sequitur: aliqua consequitur V 353 quam: quod S 354 secundo odd. modo S 355 verbis: dictis C l in om. S 356 operantes: operationes S, add. in marg. m. posi. S dicit Aristoteles alia opera l exquirunt: exquiruntur S 357 licet om. C l secundum quid sit: sit secundum quid C 358 ipsius om. V l et2: qui V 359 !amen add. non C 360 Asistoteles: Philosophus S l decimo: quarto C,S 361 ut: sic V 362 delectatio quodam modo: quodam modo delectatio C l quodam modo om. S 1 nobilior et rnelior: nobilius et melius C, V 363 repugnat: repugnant C l felicitatis: felicitati S 364-367 Ad ... vituperabiles om. sed add. ad /in. 373 posi dicere C, V 364 aliud: quintum S 365 homines existentes: omnes C 366 communiter om. S / ipsas: magis S 368 aliud : sexturn S 368-370 non ... coitu om. V 369 Aristotelem: Philosophum S, add. in C 370 intelligere: intellectum S l existentern: quae est C 371 de1

: in V, quod S 1 hominibus add. qui sunt C 372 intelligere: intellectum S 373 dicere add. Ad ... vituperabiles C, V (cf /in. 364-367) 374 aliud: septimum S 374-375 secundum quod: inquantum C 377 finis eius: eius finis S 377 Finis2 ••• eius2 om. c 1 est homo: homo est C

I.,JLJJ\ 1.-.:>IIU U t. rt:.L.JI. . II/\1 t.:.

felicitas, et de tali fine loquimur in praesenti. Finis autem eius secundum quod est pars

multitudin.is domesticae et civilis est felicitas practica. Finis autem eius secundum quod

380 est aliquo modo pars universi est generare sibi simile. Tota enim causa quare homo

videtur esse finis a natura est ut perpetue! esse speciei in sibi simili , unde Aristoteles

dici! in secundo De anima49 quod «naturalissimwn operwn viventi bus est, quaecumque

perfecta et non orbata et spontaneam habent generationem, facere tale alterwn quale

ipsum, quatenus ipso semper et immortali et divino participent secundum quod 385 possunt». Omnia enim illud appetunt et illius causa agunt quaecwnque agunt secundwn

naturam. Et in secundo De [V f. 55rb] generationeso dicit quod natura semper facit de

possibilibus quod melius est. Sed melius est semper esse quam non esse. Cum igitur

quaedam sint quae non possunt semper esse eadem numero propter longe distare a

primo, reliquo modo compievi t Deus continuam faciens generationem. Quamvis autem

390 haec sit sententia Philosophi, cuius opinionem hic quaerimus, est tamen contra

veritatem infallibilem, quam praesupponit fides. Ad aliud dicendum quod honor non est summum omnium bonorum, sed salurn

bonorwn exteriorum, et sic intelligit Aristoteles. Sed felicitas est summum bonorum

exteriorwn et interiorwn, et ideo non sequitur quod in ipsis consista! felicitas.

395 Ad aliud dicendwn quod quamquam illi viri qui dixerunt feli citatem consistere in

honoribus fuerunt excellentes et operativi, in hoc !amen erraverunt, ut patet ex superius

iam probatis. . Ad aliud dicendum quod licet excellentia bonorum exteriorum quaeratur propter

honorem, tamen non omnia bona queruntur propter honorem, sed ipse etiam honor

400 quaeritur propter aliud. Ad aliud dicendum quod in nwnmismate non (S f. 98v] est aggregatio omnium

bonorwn, sed solwn bonorum venaliwn, et de venali bus intelligit Aristoteles51

cum dici!

quod nununismate omnia mensurantur.

Quid autem si! felicitas ultima, quis modus conveniens veniendi ad ipsam et

405 quomodo rationes contrariwn probantes dissolvantur dicturn si t hoc modo. Amen .

"ARIST., De an. Il3, 415a26-bl; STROICK 83,63-65 "'cf. ARIST., De gen. et corr. Il IO, 336b27-28; De eael. 115, 288a2-3 "cf. ARIST., Eth. Nic. !V 7, 1123b20-21; GAtJfHIER212,21-22

378 et om. S 380 enim om. C 1 quare add. hic C ' 381 speciei: speciem C l Aristoteles: Philosophus S 382 in om. c 1 operum add. in S 1 viventibus est: est viventibus C 383 habent: habeant S l facere tale: tacere v 1 alterum om. C 384 et immortali: tali C l participent: participant C 385 illud appetunt: apperunt illud C SXVセS X W@ semper facit de ーッウウゥ「ゥャゥ「オセ Z@ de ーッセウゥ「ゥャ ゥ 「オウ@ facit ウセュー ・ イ⦅@ C: SセW@ ・ウセ・@ _add. semper V 388 eadem: idem S ! "distare: stare V l イ・ィセオッ Z@ イ・ィョセオッ@ セ@ 39_1 ュセ。ャィ「エャ・ュ Z@ ュヲ。セィ「ウャ ・@ V 392 aJiud: octavum S J omnium: bonum S 393 extenorum et mtenorum: mtenorum et extenorum C 395 Ad aliud: Et S 1 consistere: esse S 396 fuerunt: sicut S l superius: supra C 399 tamen non: non tamen S 1 tamen ... honorem om. C 1 ipse etiam: etiam ipse S l etiam om. C 400 quaeritur propter aliud: propter ali ud queritur C 40 1 al iud: ultimum S

404 quis: qui V 1 veniendi: perveniendi S 405 rationes contrarium probantes om. C l dissolvantur: solvantur apposita C 1 modo ad d. Dea gratias C l Amen o m. C, V, add. Explicit tractatus de summa felicitate humana et in quo consistat magistri racobi dc Pistoria scriptus p (sic) Bononie S