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partner sponsor con il contributo 19 agosto · 4 novembre 2012 INGRESSO LIBERO RIMINI MUSEO DELLA CITTA’

Gli Angeli della Pietà intorno a Giovanni Bellini

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Mostra allestita presso il museo della città di Rimini fino al 4 novembre.

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Page 1: Gli Angeli della Pietà intorno a Giovanni Bellini

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19 agosto · 4 novembre 2012 INGRESSO LIBERO

RIMINIMUSEO DELLA CITTA’

Page 2: Gli Angeli della Pietà intorno a Giovanni Bellini

Francesco Raibolini(detto “Francia”)(Bologna, 1447 ca. | 1517)

Cristo morto in Pietàfra due angeli1490 | olio su tavola | Bologna, Pinacoteca Nazionale

In origine la tavola era collocata nella chiesa di Santa Maria della Misericordia a Bologna. Il Cristo morto, seduto su un sarcofago classico e sostenuto da due angeli fanciulli, si staglia su un fondo scuro che riprende l’invenzione di Giovanni Bellini nel capolavoro di Rimini, a sua volta forse ispirata alla pittura vascolare antica.

Forse il signifi cato fondamentale degli angeli è che essi esprimono la traduzio-ne occidentale del tema dello stupore angelico, che diventa una quasi infan-tile, tra il timoroso e l’attratto, curiosità, la curiosità aristotelica del fi losofo che si chiede il senso di ciò che vede per la prima volta. Da notare che l’angelo a si-nistra ha le braccia incrociate ed è qua-si immobile, anche se è tutt’altro che di-stratto. Quello di destra “non solo tiene la mano di Gesù, ma soprattutto guarda la piaga”. La loro controllata trepidazio-ne - in qualche misura - rispecchia pro-prio lo “stupore di fronte all’evento ina-spettato e incomprensibile della morte di Cristo” e della sua umiliazione.

Nel percorso della mostra sono presenti alcune opere che, affi ancate a questo capolavoro, aiutano a comprendere la fortuna del soggetto: la Pietà di Marco Zoppo (dai Musei Civici di Pesaro) e quelle di Francesco Francia (dalla Pi-nacoteca Nazionale di Bologna) e Bar-tolomeo Bellano, quest’ultima modellata nella cartapesta (Faenza, Pinacoteca Comunale), ma anche una medaglia di Matteo de’ Pasti, scultore che lavorò per Sigismondo Pandolfo nel Tempio Malatestiano di Rimini intorno al 1450, e quindi operoso nello stesso ambiente che, nel giro di due decenni, accoglierà il Cristo morto con quattro angeli di Gio-vanni Bellini.

“Gli Angeli della Pietà”, questo è il titolo dell’esposizione incentrata sul capolavoro riminese del più grande pittore veneziano del Quattrocento: Giovanni Bellini (Rimini, Museo della Città, dal 19 agosto al 4 novem-bre). Chiunque si trovi davanti al quadro di Bellini non può che restare ammaliato dalla sua bellezza. Ma in cosa consiste questa bellezza? Certamente un aspetto importan-te è la sua altissima qualità pittorica, cui si aggiunge la verità del suo signifi cato icono-grafi co e religioso.

Bellini evidentemente affrontò un soggetto a lui caro con la consapevolezza di com-piere, stavolta più di altre, un radicale af-fondo religioso. Lo si deduce dal fatto che il Cristo morto compare al centro del quadro sorretto da quattro angeli che sono diversi dai soliti angeli della Passione. Ciò rappre-senta un’anomalia rispetto all’iconografi a tradizionale, derivata da quella dell’“Uomo dei dolori”, ovvero del Basileus tes doxes, il Re della Gloria, e diffusa in occidente - nel XV secolo - tramite le sculture di Donatello. Di solito Cristo viene raffi gurato da solo, o al massimo sostenuto da due angeli, ed è rappresentato con la corona di spine e con le mani conserte trafi tte dai chiodi. E’ evi-dente che Bellini ha qui voluto sottolineare la presenza angelica in modo più intenso e articolato. Cosa voleva trasmettere?Le interpretazioni sono varie e non tutte at-tendibili. Va però sottolineato che i testi sa-cri tacciono su questo particolare momento della Passione. Tra quelle più convincenti spicca quella che sottolinea l’analogia tra il gesto di un angelo che sostiene o solleva il corpo morto di Cristo, compiendo un atto simile all’elevazione dell’ostia; in tal senso l’interpretazione è che si tratti di un Cristo eucaristico, probabilmente collegato a una antica liturgia.

Secondo altri studiosi gli angeli stanno preparando il corpo del Salvatore alla Ri-surrezione. E’ un’ipotesi di grande fascino, che però non ha trovato fi nora elementi di sostegno teoretico. Ma in occasione della mostra di Rimini viene avanzata una nuova ipotesi avvalorata da profonde basi teo-logiche. L’interpretazione è connessa con l’atteggiamento dei quattro angeli: le loro espressioni, infatti, sono sospese tra la me-ditazione, la contemplazione e lo stupore. Nel dipinto di Giovanni Bellini “potrebbe es-sere presente in fi ligrana un tema classico della liturgia bizantina, anche se riletto alla occidentale, quello dello stupore-sbigotti-mento angelico di fronte alla passione del Logos divino” (Paolo Prosperi).

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La prima notizia documentaria che abbiamo di una “tabulam depictam manu Johannis Bellini in qua est depicta imago domini nostri Iesu Christi Salvatoris mortui et sublati de cruce in formam pietatis” è del 17 febbraio 1499 e la dice collocata nella chiesa di sant’Antonio facente parte dell’allora complesso di edifi ci pertinenti al Tempio Malatestiano riminese (Campana 1962). E’ il testamento del giureconsulto Rainerio di Ludovico Migliorati, consigliere di Pandolfo di Roberto Malatesta, che la intende legare all’altare del proprio sepolcro. Questa la prima collocazione presunta della tavola in parola, nonostante si tratti di un’opera eseguita più di vent’anni prima, intorno al 1475.

Vasari la ricorda, come dipinta da Bellini per Sigismondo Malatesta e questo circoscriverebbe l’esecuzione entro il 1468, anno di morte di Sigismondo, ma la maturità aulica della composizione e la cifra classica delle forme fi siche non sono compatibili con una data così precoce. Si può dire che gran parte degli studiosi concordino per una prossimità stilistica alla pala pesarese (realizzata tra il 1471 e il 1475). Più ancora della magnifi ca e sontuosa “Incoronazione” di Pesaro, l’opera riminese si affi anca ai modi della “Santa Giustina” del Museo Bagatti Valsecchi e al “Ritratto di Giovinetto” di Birmingham, che insistono sulle medesime cronologie e che prestano confronti fi sionomici alle fi gure degli angioletti.E’ l’apparente distrazione di questi giovani angeli a restare un unicum in tutta la produzione del Bellini. Ognuno sembra impegnato a ripassare con la mente la propria parte nell’attesa di un momento liturgico.

Marco Zoppo(Cento, 1433 | Venezia, 1478)

Cristo morto tra due angeli1471 | tempera su tavola | Pesaro, Musei Civici

La resa scultorea delle fi gure attesta la formazione di Marco Zoppo nella bottega di Donatello a Padova. La tavola è riconosciuta quale cimasa della grande “macchina” che il pittore consegnò nel 1471 alla chiesa pesarese di San Giovanni Battista dell’Osservanza. Pochi anni dopo Giovanni Bellini, sempre a Pesaro, realizzerà un altro polittico, mentre a Rimini affronterà, in modo del tutto nuovo rispetto a questo, il tema del Cristo morto sorretto dagli angeli.

Giovanni Bellini (attribuito)(Venezia, 1438 ca. | 1516)

Cristo morto con quattro angeli1475 ca. | tempera e olio su tavola | Rimini, Museo della Città

Matteo de’ Pasti(Verona, 1420 ca. | Rimini, 1467-1468)

D/ Cristo rivolto a sinistracon manto e nimbo

R/ Cristo a mezzo busto nel sepolcro davantialla crocecon due angeli uno dei quali gli sorregge la testa, mentre l’altro piange levando le braccia.

1455·1460 | bronzo fuso | Collezione privata

Matteo de’ Pasti lavorò per Sigismondo Pandolfo nel Tempio Malatestiano intorno

al 1450. La somiglianza tra alcuni bassorilievi nella seconda cappella di destra e i due angeli che

sorreggono il corpo morto di Cristo, al rovescio della medaglia, consente di stringere rapporti anche con il dipinto riminese di Giovanni Bellini, donato nel 1499 alla chiesa di Sant’Antonio Abate, un tempo situata nei pressi del Tempio.

Bartolomeo Bellano (attribuito)(Padova, 1437? | post 1496?)

Cristo in Pietà e tre angelianni sessanta-settanta del XV secolocartapesta su supporto ligneo con rinforzi in telaFaenza, Pinacoteca Comunale di Arte Antica e Moderna

Si conoscono pochi esemplari che, al pari di questo, sono realizzati in cartapesta. Il patetismo della scena è reso attraverso l’espressione dolente degli angeli, uno dei quali costituisce il vertice della composizione, al centro dietro al Cristo. Ancora una volta il modello è Donatello, maestro di Bartolomeo Bellano a cui è attribuita questa opera.

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INGRESSO LIBERO

ORARI:dal 19 al 25 agosto 2012tutti i giorni: 10·23dal 26 al 31 agosto 2012da martedì a sabato: 14·23 | domenica: 17·23martedì e giovedì: anche 10·12,30 | lunedì chiusodal 1° settembre 2012da martedì a sabato: 8.30·13 • 16·19domenica e festivi: 10·12.30 • 15·19lunedì non festivi chiuso

INFO: Museo della Cittàvia L. Tonini, 1 47921 Riminitel 0541 793851www.museicomunalirimini.it

Giovanni Bellini (attribuito)(Venezia, 1438 ca. | 1516)

Testa di San Giovanni Battista1465 ca. | tempera su tavola | Pesaro, Musei Civici

Ormai generalmente ritenuto parte dello stesso polittico che comprendeva anche la Pietà dei Musei Civici di Pesaro, la Testa del Battista è invece un’opera a sé stante, la cui provenienza risale a un dono dei duchi di Urbino alla chiesa di San Giovanni Battista di Pesaro. Per quanto riguarda l’attribuzione, l’altissima qualità del tondo (che si nota soprattutto nella fi nissima descrizione dei dettagli del volto, dalla barba ai capelli), nonché alcuni confronti stilistici pertinenti consentono di recuperare, sia pur con una certa prudenza, l’antica proposta di Roberto Longhi di ascriverla alla mano di Giovanni Bellini, in luogo di quella di Marco Zoppo.