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Gli attrezzi per la cura della vigna Le vigne utilizzate dalle corti contadine rivestivano molta importanza fondamentale nella dinamica della comunità, il vino anche se non di qualità veniva usato principalmente per il consumo famigliare.

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Gli attrezzi per la cura della vigna

Le vigne utilizzate dalle corti contadine rivestivano

molta importanza fondamentale nella dinamica

della comunità, il vino anche se non di qualità

veniva usato principalmente per il consumo

famigliare.

L'impianto del filare avveniva con fatica, ma tuttavia venivano

utilizzati un limitato numero di attrezzi.

I'attrezzo più importante era il “ul pal de fer” che consisteva in una

sbarra di ferro che finiva con un cuneo, e servivano per creare dei

buchi per poi andare a mettere dei pali di castano che andavano a

costituire l'impalcatura del filare.

Ai pali venivano legate dei pali di castano disposte in orizzontale (i

pèrtech) poi sostituiti negli anni con i il fil di ferro (fil de burdiùn).

Poi venivano messe a dimora le barbatelle di vite in buche di 70

centimetri, con un letto di rametti di agrifoglio per far si che

attecchissero più rapidamente.

La vite doveva essere curata per garantire un ottima produzione.

Le barbatelle di vite dovevano essere innestate e per fare questo

lavoro utilizzavano un coltello, delle roncole piccole (ul fulcin) e

anche una pinza apposita (pinza de insedé) con la quale l'innesto

veniva stretto all'interno di un turacciolo.

Tutte le operazioni di potatura venivano eseguite con la forbice (la

fòrbes di vit) che ogni contadino che lavorava nella vigna aveva.

Durante la stagione vegetativa le viti dovevano essere protette dai

parassiti ed irrorate con poltiglia bordolese, veniva usata una

irroratrice a zaino la quale veniva riempita in alcune vasche

presenti nel vigneto.

In autunno arrivava il periodo della vendemmia e si usavano il

forbes o i fulcin.

L'uva una volta raccolta, veniva portata con la gerla nelle corti per

la vinificazione. Dopo di che i grappoli venivano ammucchiati in

mastelli e pigiati con i piedi solo in alcuni casi avevamo macchine

apposite. Il mosto veniva versato nel tino e da li iniziava la

fermentazione grazie brèntal, la fermentazione durava una

settimana e l'operazione piu' importante era la frollatura per

evitare la formazione della crosta che non avrebbe potuto

permettere una fermentazione ottimale.

Passati i giorni della fermentazione il mosto chiamato in questa

fase cruel veniva passato nelle botti con un secchiello in metallo e

un imbuto. E ne frattempo le botti venivano torchiate ottenendo un

vino inferiore che provvedeva al bisogno famigliare.

Il mosto travasato nelle botti continua la sua fermentazione e

subisce alcuni travasi necessari per liberare la massa delle

impurità che avrebbero inacidito il vino.

Con la primavera si poteva finalmente godere il vino e si poteva

spillare nei fiaschi che accompagnavano il contadino nel lavoro dei

campi.

Gli attrezzi per il lavoro dei campi

Il lavoro nei campi, come anche la fienagione erano preceduti dalla concimazione, attraverso lo spargimento del letame proveniente dalla stalla e dai residui delle colture dell’anno precedente e conservato in un cumulo (la mèda del rö)

Questo era portato al campo con un carro a due ruote

oppure una gerla di castagno o nocciolo.

Il letame veniva poi sparso uniformemente sui campi con l’aiuto di una forca a quattro punte (ul furcòn).

L’aratura avveniva, nelle aree di pianura, generalmente con l’aratro

monovomere (aràa) trainato da animali e guidato da un uomo nella creazione

dei solchi.

Seguivano l’erpicatura, effettuata con erpice trainato generalmente da cavalli e successivamente il livellamento del terreno, tramite un rullo di pietra montato su stanghe di legno (ul burlòn).

Dove questi attrezzi non si potevano utilizzare per le

condizioni sfavorevoli di un terreno si ricorreva agli attrezzi

manuali. Il terreno veniva dissodato con la vànga o la zappa (la

sàpa).

Giunta la fine di aprile veniva il tempo della semina, cui

solitamente partecipava tutta la famiglia. Si incominciava

tracciando delle linee sul campo con un grosso rastrello a tre

denti (ul rìgòn), lungo le quali le donne, con un piccolo bastone

ricurvo e appuntito ottenuto tagliando un qualsiasi ramo (ul ficòn)

eseguivano dei fori, entro i quali si poneva il seme.

La crescita della pianta veniva poi seguita assiduamente

fino alla raccolta che avveniva entro la terza di settembre. Le

pannocchie venivano staccate una a una e riposte in delle gerle e

poi svuotate su un carro. Nelle serate successive, sotto i portici,

le famiglie procedevano all’apertura delle brattee. Le pannocchie

più piccole venivano sgranate, invece quelle più grandi venivano

raccolte a mazzi e appese per farle essiccare.

Per la successiva sgranatura potevano essere utilizzate

differenti grattugie (la gratiröla de fa giò ul furmentòn), spesso

costruite in modo rudimentale con una base di legno e alcuni

chiodi e fissate a sgabelli a tre gambe. In alcuni casi vi erano le

macchine sgranatrici, azionate a manovella, che permettevano un

buon risparmio di tempo. L’aia era poi utilizzata per l’essicazione

delle cariossidi, al pari delle stanze da letto o delle soffitte se il

tempo si presentava eccessivamente umido.

GLI ATTREZZI PER LA FIENAGIONE

Il taglio del fieno veniva diviso in

tre tagli: il primo, detto anche

"magéengh", che veniva fatto tra

la fine di aprile e l'inizio di

maggio; il secondo, "ustàn",

veniva effettuato tra luglio e

agosto ed il terzo, "terzöö o

terziröö", veniva fatto verso

settembre.

GLI ATTREZZI PER LA

FIENAGIONE

L'attrezzo principale usato in

questa operazione era la falce

(rànza).

Essa è composta da una lama

(lâma) e da un manico (mànich),

su cui vi sono due impugnature,

"la magnöla", posta circa a metà

del manico e "ul traversìn", posto

in fondo al manico nella

direzione opposta alla prima.

GLI ATTREZZI PER LA

FIENAGIONE

Vi erano poi attrezzi secondari,

come la cote (cuut) utilizzata per

affilare la lame della falce, essa

veniva fatta passare ripetutamente

sulla lama per farne un filo

migliore. Essa era contenuta nel

portacote (cudée), un corno di

bovino al quale si levava il midollo.

GLI ATTREZZI PER LA

FIENAGIONE

Altri attrezzi secondari erano: il

falcetto (seghéz) che veniva usato

per il taglio in prossimità di ostacoli;

la forca (furchèt) per girare il fieno; il

rastrello (restél) impiegato per

raggruppare il fieno in piccoli

mucchietti (maregnöö) per evitare

che l'umidità serale rovini il tanto

faticato lavoro.

GLI ATTREZZI PER LA

FIENAGIONE

GLI ATTREZZI PER LA

FIENAGIONE