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Gloria Gelmi (Mobility Manager d’area)
27 aprile 2010
PROVINCIA DI BERGAMOServizio Viabilità e Trasporti
(considerazioni tratte da: “Vita e morte dell’automobile”, di Guido Viale)
L’era dell’automobile sta per finire?
Pochi se ne rendono conto, perché manca un approccio storico al fenomeno dell’auto:
cento anni fa il motore a combustione interna soppiantò cavalli, carri e carrozze, ma nessuno pensò di sostenere il traino animale con incentivi e politiche ad hoc!
Lo sviluppo urbanistico del XX secolo è avvenuto in funzione dell’auto e col tacito presupposto che abitare
significhi anche e soprattutto avere un’auto
L’auto alimenta la dispersione urbana (urban sprawl), o città diffusa, che a sua volta alimenta il traffico in un circolo vizioso: per sfuggire alla congestione si allontana la residenza dai centri abitati, moltiplicando il traffico necessario a raggiungerli (per lavorare e accedere ai servizi)
-> circa la metà del suolo urbano è destinato allo scorrimento del traffico e al parcheggio
Si dà per scontato che per muoversi sia necessario possedere un’auto, e chi compra un’auto si ritiene titolare di
un diritto illimitato a invadere le strade.
Le auto hanno progressivamente occupato lo spazio pubblico (piazze, cortili, marciapiedi, aiuole…)
che rappresentava storicamente l’essenza della vita urbana (“il luogo dell’incontro e del confronto”).
Chi compra un’auto è portato a usarla il più possibile, perché i costi fissi sono tali da
indurre a sottovalutare quelli variabili connessi all’uso.
Il TPL non è in grado di rispondere all’attuale domanda di mobilità, fatta di spostamenti “erratici” e imprevedibili (conseguenza della “città diffusa”).
I costi sociali, ambientali ed economici dell’auto: occupazione di spazio inquinamento (il 60-70% delle polveri sottili non è
dovuto agli scarichi, ma è pulviscolo sollevato dal traffico: abrasione dei freni, rotolamento dei pneumatici sull’asfalto), anche acustico ed estetico;
consumo di risorse e sue conseguenze (“Picco di Hubbert”, guerre, “onde nere”…)
cambiamenti climatici; incidenti, malattie; congestione e perdita di tempo; costi privati; distruzione della socialità; costi pubblici (strade, parcheggi, rotatorie, sotto- e
sovrappassi, semafori, vigili…)
In un sistema basato sulla motorizzazione privata, lo spazio a disposizione è scarso
e si trasforma in arena,
in scuola di competizione e aggressività.
Mors tua, vita mea: non si può procedere senza
sorpassare qualcuno, non ci si può fermare senza
bloccare quelli che seguono, solo chi arriva prima trova
posto (nel parcheggio).
Qual è la prospettiva dell’estensione a tutto il mondo di un modello di mobilità basato sulla
motorizzazione di massa?
Se anche solo alcuni dei “paesi in via di sviluppo” (Cina, o India, o Brasile…) raggiungessero il tasso di motorizzazione dell’Italia, l’intera superficie del pianeta non basterebbe a contenere le auto, né l’atmosfera terrestre sarebbe in grado di assorbire le loro emissioni
L’unica strategia per ridurre la congestione stradale è la diminuzione dei
veicoli in circolo e in sosta
Le amministrazioni pubbliche – senza timore di impopolarità – devono promuovere la demotorizzazione privata, rendendo l’uso dell’auto più oneroso (in termini di costi e tempo).
Ma soprattutto bisogna offrire alternative vantaggiose: un sistema di mobilità basato sull’integrazione intermodale tra trasporti pubblici di massa (sulle linee di forza: rapidi, comodi, cadenzati, economici) e servizi pubblici “flessibili” non di massa, ma personalizzati e capillari (taxi collettivo, carsharing, servizi a chiamata).
-> slogan “tram + taxi”
Va superata l’idea che muoversi presupponga comprare un’auto
-> dal possesso del bene all’accesso a un servizio
(oggi reso possibile dalla ICT)
Il coefficiente medio di riempimento delle auto è del 20% (1,2 passeggeri/auto);
30% per il trasporto urbano delle merci
-> su 10 litri di benzina, 8 o 9 servono a spostare il veicolo; solo 1 o 2 il passeggero
OBIETTIVO:
più passeggeri per veicolo meno mezzi in movimento
meno viaggi a vuoto